VIA SARFATTI 25 - numero 1

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Il potere delle donne I gender studies ci insegnano a comprendere che cos’è e come cresce il pink power in azienda, nelle professioni e nella società. E alla politica suggeriscono come aiutare la famiglia e uscire dalla crisi ❮❮❮ Pubblico-privato: un matrimonio possibile. La lezione dell’Iri ❮❮❮ Manager e tecnologie per assicurare in tutto il mondo l’accesso alla salute ❮❮❮ Digital divide, il ranking delle regioni. Emilia Romagna al top UNIVERSITÀ BOCCONI, OFFICINA DI IDEE E INNOVAZIONE Numero 11 - anno VII Gen/Feb 2012 via

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il primo numero della rivista

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Il poteredelledonne

I gender studies ci insegnano a comprendereche cos’è e come cresce il pink power in azienda,

nelle professioni e nella società. E alla politicasuggeriscono come aiutare la famiglia e uscire dalla crisi

��� Pubblico-privato:un matrimonio possibile.La lezione dell’Iri

���Manager e tecnologieper assicurare in tuttoil mondo l’accesso alla salute

���Digital divide,il ranking delle regioni.Emilia Romagna al top

UNIVERSITÀ BOCCONI, OFFICINA DI IDEE E INNOVAZIONE Numero 11 - anno VII Gen/Feb 2012

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SERVIZI

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Numero 1 anno VII Gen/Feb 2012Editore: Egea Via Sarfatti, 25 - Milano

Direttore responsabileBarbara Orlando ([email protected])

CaposervizioFabio Todesco ([email protected])

RedazioneAndrea Celauro ([email protected])Susanna Della Vedova([email protected])Tomaso Eridani ([email protected])Davide Ripamonti ([email protected])

CollaboratoriMatilde Debrass (ricerca fotografica)Paolo Tonato (fotografo)

Segreteria: Nicoletta MastromauroTel. 02/58362328 -([email protected])

Progetto grafico: Luca Mafechi([email protected])

Produzione, Impaginazione e Fotolito:Digital Print sas - Tel. 02/93902729(www.dgtprint.it)

Stampa: Rotolito Lombarda Spa,via Sondrio 3, Seggiano di Pioltello

Registrazione al tribunale di Milanonumero 844 del 31/10/05

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COVER STORYDonne che si fanno sentiredi Matteo Bassoli e Jasmine LorenziniLe quote fanno bene alla politica (e ai politici)di Paola Profeta e Alessandra CasaricoFlexi time, un sogno nel cassettodi Simona Cuomo e Adele MapelliIl rosa al top. In aziendadi Guido Corbetta, Alessandro Minichilli e Daniela MontemerloL’uguaglianza fa grande la famigliadi Arnstein Aassve, Agnese Vitali e Trude LappegårdInvento, non contratto!di Karin Hoisl e Myriam Mariani

COVER STORY 2Il buono dell’economia? Le donneDialogo tra Paola Dubini (Bocconi)e David Thorne (ambasciatore Usa)di Maria Silvia Sacchi

STORIA D’IMPRESARes publica: la lezione dell’Iridi Andrea Colli

STRUMENTIVieni avanti mediatoredi Angeloantonio Russo

SANITÀPiù salute per tutti. Anche così si supera la crisidi Elio Borgonovi e Amelia CompagniCure sempre più globaldi Eduardo MissoniL’Europa è un paese per vecchi. E si preparaIntervista di Rosanna Tarricone (Bocconi)a Paola Testori Coggi (Commissione europea)Governance: la risposta è localdi Giovanni FattoreBravi manager fanno buoni ospedalidi Federico LegaLa politica della pilloladi Claudio Jommi

TECNOLOGIALe r@gioni del digital dividedi Paolo Pasini

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IN COPERTINA: in Bocconi sono numerosii contributi scientifici al tema delle donne e piùin generale dei gender studies. Tre i centri di ricercache se ne occupano: Dondena, Econpubblicae Osservatorio sul Diversity management della SDABocconi. Nella foto, da sinistra a destra:Alessandra Casarico, Adele Mapelli, Simona Cuomo,Paola Profeta e Paola DubiniFOTO DI: Paolo Tonato

Enrico Cucchiani,bocconiano dell’anno2006, entra nel Cdadella Bocconi

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www.viasarfatti25.itGli articoli di Via Sarfatti 25possono essere commentatisu ViaSarfatti25.it, ilquotidiano della Bocconi,online all’indirizzo

www.viasarfatti25.it. Ogni giornoraccontiamo fatti, persone e opinioni trattati conun taglio che privilegia l’analisi e i risultati diricerca

2 BOCCONI KNOWLEDGE a cura di Fabio Todesco12 IL PIANETA DELLE LEGGI di Anna de Luca21 PERSONE a cura di Davide Ripamonti22 EVENTI a cura di Tomaso Eridani23 LIBRI a cura di Susanna Della Vedova24 OUTCOMING di Giorgio Brunetti

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RUBRICHE

Il poteredelledonne

I gender studies ci insegnano a comprendereche cos’è e come cresce il pink power in azienda,

nelle professioni e nella società. E alla politicasuggeriscono come aiutare la famiglia e uscire dalla crisi

��� Pubblico-privato:un matrimonio possibile.La lezione dell’Iri

���Manager e tecnologieper assicurare in tuttoil mondo l’accesso alla salute

���Digital divide,il ranking delle regioni.Emilia Romagna al top

UNIVERSITÀ BOCCONI, OFFICINA DI IDEE E INNOVAZIONE Numero 11 - anno VII Gen/Feb 2012

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SOMMARIO�

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BOCCONI KNOWLEDGE a cura di Fabio Todesco�

“Ma cos’è questa cri-si?”, ci stiamochiedendo da fin

troppo tempo. “E come uscir-ne?”. La ricerca accademicaaiuta a dare una risposta. Tre re-

centi working paper di RobertoPerotti, Carlo Favero e DonatoMasciandaro ci fanno compren-dere gli antecendenti e i possibilisviluppi della crisi globale diquesti mesi traendo insegna-menti dalle crisi passate, valu-tando la proposta di un Eurobonde suggerendo modifiche al si-stema di supervisione finanzia-ria.Perotti (Dipartimento di Econo-mia) si occupa di consolida-mento fiscale - ovvero del ribi-lanciamento dei conti pubblici at-traverso tagli di spesa e/o aumentidelle entrate – rivisitando quel-li portati a termine da Danimar-ca e Irlanda negli anni ’80 e daFinlandia e Svezia negli anni ’90.Pur non abbandonando la tesiche il consolidamento fiscalepossa essere espansivo se rea-lizzato principalmente tagliandola spesa pubblica, Perotti mostrache in tutti i quattro casi i governisi sono affidati ad aumenti del-le tasse in modo più consisten-te di quanto si pensasse finora eche l’espansione è stata rag-giunta grazie a canali di tra-

Tre ricerche per farci uscire dal tunnel

Una strumentazione avanzata per analizzare il comportamentodi scelta dei consumatori e il processo di decision making di ma-nager e imprenditori. È il Belss, Bocconi experimental laboratoryfor the social science. www.knowledge.unibocconi.it/videobelss

VIDEO Il laboratorio della mente

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smissione non più disponibiliper le nostre economie.Favero (Cattedra Deutsche Bankin Finanza Quantitativa e AssetPricing, Dipartimento di Finan-za) sostiene che la prevalenza, intempo di crisi, del market senti-ment rispetto ai fondamentalifornisce la più forte giustificazioneeconomica all’introduzione di unEurobond, ovvero un bond“emesso da un gruppo di paesidell’area euro e garantito soli-dalmente: ogni emittente parte-cipante sarebbe responsabile perla totalità delle obbligazioni”.Sostiene però che “è difficilepensare a soluzioni alla crisi eu-ropea del debito che prescinda-no da ulteriori passi verso l’inte-grazione politica”Masciandaro (Cattedra BancaIntesa in Economia della Rego-lamentazione Finanziaria e Di-partimento di Economia) ana-lizza i cambiamenti ai sistemi disupervisione finanziaria interve-nuti in tutto il mondo tra la crisiasiatica del 1997 e quella globaleiniziata nel 2007 e osserva una re-altà paradossale: l’unificazione

DonatoMasciandaro hapubblicato TheEconomic Crisis. DidFinancial SupervisionMatter? (con MarcQuyntin, FMI, e Rosaria Vega Pansini) nellacollana di working paper del Fondo MonetarioInternazionale.Leggilo suwww.knowledge.unibocconi.it/masciandaro

Carlo Favero hapresentato SovereignSpreads in the EuroArea. Which Prospectsfor a Eurobond? (conAlessandro Missale,

Università degli Studi di Milano) all’EconomicPolicy Fifty-fourth Panel Meeting, ospitato dallaBanca Nazionale di Polonia.Leggilo suwww.knowledge.unibocconi.it/favero

Roberto Perotti hapubblicato The AusterityMyth: Gain withoutPain? nella collana diworking paper del Cepr,Centre for economicpolicy research .Leggilo suwww.knowledge.unibocconi.it/perotti

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Gennaio/Febbraio 2012��� 3

della crisi

Con cinque progetti di ricerca finanziati dal-lo European research council (Erc), l’Uni-versità Bocconi si è assicurata nel 2011

4.965.000 euro di finanziamenti per la ricerca nel-le scienze sociali e un posto tra le università eu-ropee di maggiore prestigio per la qualità della ri-cerca.I cinque progetti Bocconi rappresentano unterzo dei 15 progetti di università italiane finan-ziati nel 2011 nell’area “social sciences and hu-manities” dall’Erc, il braccio operativo del Pro-gramma Ideas del Settimo programma quadro di ri-cerca dell’Unione europea. Il tasso di successo èstato per la Bocconi del 55,5% (cinque progetti fi-nanziati su nove presentati), mentre per l’area “so-cial sciences and humanities” nel suo complessoè stato di poco inferiore al 9,3% (142 progetti fi-nanziati in tutta Europa su 1.528 progetti presen-tati).I cinque progetti di quest’anno si affiancano ai quat-tro finanziati da Erc negli scorsi anni e ancora incorso di svolgimento alla Bocconi, “per un totaledi nove progetti”, afferma il rettore dell’ateneo, Gui-do Tabellini, “che ci pone, nelle nostre aree di in-teresse scientifico, a un livello paragonabile ai mi-gliori competitor europei”.Guido Alfani, con un progetto sulla misurazione einterpretazione delle dinamiche di lunghissimo pe-riodo della disuguaglianza economica; Alessia Me-legaro, con un progetto sull'impatto che i cam-biamenti demografici hanno sulla diffusione e ilcontrollo delle malattie infettive nei paesi poveri,e Tommaso Monacelli, con un progetto sull’impattodelle imperfezioni dei mercati finanziari sulla si-tuazione macroeconomica sono i vincitori degli Star-ting Grant; Maristella Botticini, con un progetto sul-l’interpretazione dei contratti, delle istituzioni e deimercati in una prospettiva storica, e Marco Otta-viani, con un programma sulla progettazione di isti-tuzioni capaci di valutare le effettive potenzialitàdelle idee innovative, sono i vincitori degli Ad-vanced Grant.

Cinque milioni per la ricerca NOMINE & PREMI

���PIERPAOLO BATTIGALLI(Dipartimento di Econo-mia) è stato eletto fellowdella Econometric Society,l’associazione internazio-nale per lo sviluppo dellateoria economica a basematematica e statistica. Per essere nominatofellow, un membro dell’associazione deve averpubblicato contributi originali alla teoria econo-mica o ad analisi statistiche, matematiche ocontabili che abbiano risvolti importanti per pro-blemi di teoria economica. Nel caso di Battigalli,si sono rivelati decisivi i suoi contributi allo svi-luppo della teoria dei giochi.

���EMILIA GARCIAAPPENDINI

(Dipartimento di Fi-nanza) ha ricevuto il“Premio CAIXA CORP almejor artículo CorporateFinance” al Foro de Fi-nanzas dell’Asociación

Española de Finanzas (AEFIN) per il paperFirms as Liquidity Providers: Evidence from the2007-2008 Financial Crisis (CAREFIN WorkingPapers, 5/11, con Judit Montoriol-Garriga,Universitat Autonoma Barcelona).

���VALENTINA MELE(Dipartimento di Analisidelle Politiche e PublicManagement) è una dellevincitrici dell’InternationalGeneva Award 2011 peril paper Pathology of Path-dependency? The ILO and the Challenge ofNew Governance, in fase di pubblicazione suIndustrial and Labor Relations Review (conLucio Baccaro, Université de Genève). Il pre-mio viene assegnato ai tre migliori articoli sutemi legati agli studi internazionali.

���ANNALISA PRENCIPE(Dipartimento di Ac-counting) è stata elettamiglior discussant daipartecipanti alla Reviewof Accounting Studies(RAST) Annual Confe-

rence, ospitata dal Dipartimento di Accoun-ting dell’Università Bocconi, con la primarysponsorship di Ernst & Young. Ha così rice-vuto il Best Discussant Award finanziato daMorgan Stanley.

della supervisione e i migliorimeccanismi di governance sonoassociati negativamente alla ro-bustezza macroeconomica e lostesso vale per la qualità della go-vernance del settore pubblico eper il grado di liberalizzazione fi-nanziaria, mentre il coinvolgi-mento delle banche centrali nel-la supervisione non ha avuto al-cun impatto significativo. Sug-gerisce dunque che sia istituitaun’attività di supervisione ma-croprudenziale, da affidare allabanca centrale.

Un italiano a capo di un Max PlanckAlcune rilevazioni posizionano la Max Planck Gesellschaft, l’organizzazione alla quale fano capo i MaxPlanck Institute, al secondo posto al mondo per citazioni dei lavori dei suoi ricercatori nella letteratura scienti-fica, preceduta solo da Harvard. Marco Ventoruzzo (dipartimento di Studi giuridici) sarà il primo non tede-sco a dirigere un Max Planck institute di diritto, la cui apertura è prevista per il prossimo maggio in Lussemburgo.Il nuovo Max Planck institute for international, european and regulatory procedural law è un’iniziativa con-giunta della Max Planck Gesellschaft e del governo lussemburghese e avrà tre direttori per altrettantearee disciplinari. La responsabilità di Ventoruzzo riguarderà il diritto societario e il diritto dei mercati fi-nanziari europei, mentre gli altri due direttori si occuperanno di diritto procedurale e diritto pubblicoeuropeo.La posizione di direttore di un Max Planck institute è molto ambita nella comunità ac-cademica, sia per il prestigio della società sia perché consente di concentrarsi a tempopieno sull’attività di ricerca. Ventoruzzo costituirà un team di ricercatori provenientidalle maggiori università europee e gestirà un budget di un milione di euro.

Per essere sempre aggiornati sull’attività di ricercache si svolge in Bocconi consultare il sito

www.knowledge.unibocconi.it

Dall’alto: Guido Alfani,Maristella Botticini,Alessia Melegaro,Marco Ottaviani eTommaso Monacelliovvero i cinquedocenti bocconiani chesi sono aggiudicati iprestigiosi Erc

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Collaborazioniche danno fruttiLa collaborazione tra docenti e studentipuò risultare statisticamente perfetta, seporta, come nel caso di Marco Bonetti(a sinistra)e Pietro Tebaldi, a una pub-blicazione scientifica a firma congiunta. Bo-netti (dipartimento di Analisi delle politichee management pubblico) e Tebaldi (allorastudente del biennio di Economics and So-cial Sciences) hanno pubblicato su StataJournal insieme a Marcello Pagano (Har-vard University) M Statistic Commands: In-terpoint Distance Distribution Analysis,frutto del lavoro che lo studente ha svolto,tra Bocconi e Harvard, con la supervisionedei due professori Dopo la laurea, PietroTebaldi sta ora proseguendo i suoi studi aldi Ph.D. in Economics presso la StanfordUniversity.

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L’ idea che il potere politico sia pre-rogativa maschile è molto diffusa,complici due dati incontrovertibili:

la bassa presenza di donne nei partiti e ne-gli organi legislativi (ed esecutivi) e la piùbassa frequenza alle urne. La questione èin realtà più complessa perché le donne nonsono tutte uguali e perché le forme di par-tecipazione sono più articolate. Se si pren-de come punto di partenza l'idea che il ge-nere (la corrispondente sociale al sesso bio-logico) sia socialmente costruito e che le for-me di partecipazione politica siano molte-plici allora forse è possibile cercare di com-prendere anche l'esistenza di un pink po-wer. Sul primo fronte bisogna fare propriol'approccio degli studi di genere che vedela distinzione tra il sesso della persona (at-tributo biologico) e il suo genere (attributosociale). Il genere è in fondo ciò che impa-riamo ad attenderci da noi stessi e dalle al-

tre persone dello stesso o dell’altro sesso:se nasciamo donne saremo educate inmodo tale da diventare più pronte a sacri-ficare la carriera per la maternità, piùpronte ad avere un ruolo riflessivo e di cura.Sul versante politico invece la distinzionefondamentale è sulle diverse forme che pren-de la partecipazione politica. Oltre il voto

di Matteo Bassoli e Jasmine Lorenzini @

Sbagliato pensare che non esista il pink power. Se è vero che la loro presenza negli organilegislativi e alle urne è bassa non è così se si scende in piazza o ci si mobilita con appelli

���Gennaio/Febbraio 2012

@matteo.bassoliunibocconi.it

Matteo Bassoli è assegnista di ricerca presso il dipartimento di Analisidelle politiche e management pubblico della Bocconi.Insieme a Jasmine Lorenzini, ricercatrice presso l’Università di Ginevra, èautore del working paper Disentangling Gender Effects on Youth PoliticalParticipation in Geneva and Turin al centro del loro editoriale. Il loropaper, come gli altri presentati in queste pagine, testimonia l’ampiezzadei temi trattati in Bocconi nell’ambito dei gender studies.

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e la militanza partitica, esistono altre for-me per spendersi nella sfera politica: si puòscrivere a politici, scendere in strada a ma-nifestare, comprare o non comprare certi

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Donne che si fanno sentire

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prodotti per motivi politici. E non tutti que-sti modi meno riconosciuti di partecipazio-ne politica sono prerogativa maschile. Adesempio le donne italiane sono politicamen-te molto più attive dei maschi (a parità difattori socio-economici) per quanto riguar-da la partecipazione a proteste, la sottoscri-zione di appelli, il boicottaggio di alcuni pro-dotti, il consumo volontario di prodotti confini politici. Questo iperattivismo femmini-le rappresenta forse un aspetto non margi-nale di pink power.In generale studiare la partecipazione po-litica femminile richiede oggi raffinate tec-niche di analisi che rendano gli studiosi ca-paci da un lato di differenziare le forme dipartecipazione, dall'altro di collegarli in ma-niera coerente alle variabili individualigender-related: presenza di figli piccoli, in-combenze domestiche, presenza di un lavo-ro part-time, impiego in determinati setto-ri. Tutto un insieme di variabili che solo let-to alla luce del genere possono trovare spa-zio in analisi che spieghino la differenza(persistente) nel comportamento tra gli uo-mini e le donne. Ma tali variabili sono for-temente collegate al contesto nazionale. Perquesto motivo la nostra ricerca si sta occu-pando dei casi italiano e svizzero focalizzan-dosi su due realtà urbane comparabili (To-rino e Ginevra). Da una prima analisi ini-

zia a essere chiaro come da un lato gli im-pegni di cura diminuiscano la forma conven-zionale di partecipazione femminile italia-na (quella legata al sistema partitico e ten-denzialmente time-consuming), dall'altrocome tale correlazione sia assente nel con-testo svizzero, più egualitario circa le ore tra-scorse a casa per gestire i figli piccoli.In questo senso appare quindi prometten-te riuscire a spiegare anche le differenze trai singoli paesi partendo dalle specificità cheli contraddistinguono: sia per quanto riguar-

da il mercato del lavoro, che per il caricodegli impegni famigliari. Forse questi stu-di permetteranno di elaborare politichepubbliche che sostengano una maggioruguaglianza tra uomini e donne nelle variesfere della vita: famiglia, lavoro, politica. �

Le quote fanno benealla politica (e ai politici)

5Gennaio/Febbraio 2012���

Lo studio della partecipazionepolitica femminile permetteràdi elaborare politichepubbliche a sostegnodell’uguaglianza tra i generi�

di Paola Profeta e Alessandra Casarico @

Un paper sulle elezioni locali dimostra che aumentando ilnumero dei candidati femminili sale la qualità degli eletti

L’adozione di quote di rappresentan-za di genere suscita sempre un am-pio dibattito sia quando si tratta di

promuovere la presenza femminile nelle po-sizioni rilevanti dell’economia, sia quandosi parla della politica. Da un lato si sotto-linea la necessità di misure d’urto per rimuo-vere le disparità di genere che caratterizza-no il mercato del lavoro, le carriere e la po-litica, dall’altro si temono risultati antime-ritocratici e un peggioramento della quali-tà media dei rappresentanti. In altri termi-ni, dovendo inserire donne ai vertici dell’eco-nomia e della politica per rispondere a unvincolo di legge, non necessariamente si tro-veranno (o cercheranno) donne competen-ti e qualificate, con il risultato che la qua-lità media dei rappresentanti potrebbe di-minuire.Quest’ultima argomentazione è molto diffu-

sa in Italia ed è riemersa nel dibattito che haaccompagnato l’adozione della legge 120 del2011 che impone alle società quotate unapercentuale minima del genere meno rappre-sentato nei cda e nei collegi sindacali. Ol-tre ad apparire singolare in un paese in cuile donne sono ormai più istruite degli uomi-ni e i talenti femminili abbondano (e sonoanzi largamente sprecati), questa argomen-tazione non convince. Perché? Perché nonè mai stata provata empiricamente, forse perla difficoltà di identificare in modo appropria-to in specifici contesti gli effetti dell’adozio-ne di quote di rappresentanza di genere sul-la qualità dei rappresentanti.Nel paper Gender quotas and the quality ofpoliticians scritto con Audinga Baltrunaitee Piera Bello ci proponiamo di stimarel’impatto dell’introduzione di quote di rap-presentanza di genere sulla qualità dei po-

Perché le donne in politica sono così poche? Non certo perché siano meno competenti degli uomini operché in campagna elettorale trattino temi diversi dalla controparte maschile. Lo sottolineano GiovanniFattore (nella foto), professore associato presso il Dipartimento di analisi delle politiche e managementpubblico della Bocconi, e Alice Mattarelli, laureanda presso il corso di laurea in Discipline economiche esociali dell’Università, nell’editoriale La politica che non ama l’altra metà del cielo, basato su una ricerca che guarda algender gap attraverso la lente delle elezioni amministrative 2011. Diverse le ipotesi avanzate dai due autori: la mancanza disistemi di assistenza alle famiglie che consentano alle donne di dedicare più tempo alla politica, ma soprattutto il retaggioculturale dei partiti e dell’elettorato maschile del paese. Servono più servizi di supporto, dunque, ma anche un cambio di passonella mentalità degli italiani.Leggilo su www.viasarfatti25.unibocconi.it/fattoremattarelli

WWW.VIASARFATTI25.IT

Dalla politica all’azienda, dalla professioneall’associazionismo: ecco alcune delledonne italiane che contano.Da in alto a sinistra in senso orario:Susanna Camusso, segretario generaleCgil; Annamaria Cancellieri, ministrodell’Interno; Lorenza Lei, direttoregenerale Rai; Emma Marcegaglia,presidente Confindustria; Paola Severino,ministro della Giustizia; Livia Pomodoro,presidente del Tribunale di Milano;Elsa Fornero, ministro del Lavoro

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Flexi time, un sogno nel cassettoUno studio dell’Osservatorio sul diversity management della SDA Bocconi rileva un fortegap sull’implementazione della flessibilità in azienda. Un freno per la carriera delle donne

L e e-mail, il Blackberry che pigola an-che la notte, il restare connessi neiweekend e nelle festività: internet e

palmari consentono di lavorare anche da casala sera dopo aver messo a letto i bambini oquando si è malati. È la realtà del lavoro li-quido, che plasma il quotidiano rendendosempre più sottile la cesura tra tempo di la-voro e tempo privato.Se questa è la realtà professionale che si os-serva e sperimenta, le imprese sembranomuoversi con copioni organizzativi non coe-renti.Dai risultati di una ricerca sullo stato del-l’arte delle prassi di diversity managementall’interno delle aziende italiane (Osserva-torio diversity management SDA Bocconi, no-vembre 2011) emerge, in riferimento altema delle pratiche di flessibilità, un imple-mentation gap tra le forme di flessibilità pre-senti in azienda (part-time e flessibilità in en-trata e in uscita) e quella effettivamente adot-tata dai lavoratori: non tutti i dipendenti chevorrebbero ricorrere a pratiche di lavoro fles-

di Simona Cuomo e Adele Mapelli @

litici locali italiani. Utilizziamo un esperimen-to naturale rappresentato dalla legge 81 del1993, secondo la quale nessun genere pote-va rappresentare più dei 2/3 dei candidatitotali nelle liste elettorali comunali. La leg-ge fu abolita inaspettatamente nel 1995 per-ché dichiarata incostituzionale. Poiché le ele-zioni avvengono ogni 5 anni, non tutti i co-muni votarono nel periodo 1993-1995 in cuila legge era in vigore.Questo ci permette di identificare due grup-pi: il gruppo di trattamento rappresentato daicomuni che hanno votato secondo tale leg-ge, e il gruppo di controllo che include glialtri. Possiamo quindi utilizzare una meto-dologia ‘difference in difference’ per stima-re la differenza della qualità media dei po-litici locali eletti nei due gruppi di comuni.Seguendo precedenti studi nella scienza del-la politica, misuriamo la qualità con gli annidi istruzione. I risultati dell’analisi mostra-no che la presenza delle quote si è accom-pagnata a un aumento della qualità media(istruzione) dei politici eletti, non solo per-ché tra gli eletti sono aumentate le donne, che

mediamente sono più istruite degli uomini,ma anche perché sono diminuiti gli uominicon basso livello di istruzione. In altri ter-mini la presenza di donne tra i candidati haportato a un aumento del numero di donneelette, che hanno sostituito gli uomini menoistruiti.Il nostro lavoro si focalizza su un contestospecifico, quello dei politici locali. Il mes-saggio però ha una portata molto più ampia:non è detto che l’introduzione di quote di ge-nere peggiori la qualità dei rappresentanti.Anzi, nel caso analizzato ha portato a un suomiglioramento. In Italia, paese dominato dauna potente gerontocrazia maschile, l’adozio-ne di quote di genere potrebbe rappresenta-re un rinnovamento benefico. �

@paola.profetaunibocconi.it

Paola Profeta (a sinistra) è professore associato discienze delle finanze alla Bocconi. Tra i suoi interessioltre all’economia di genere anche: economia pubblica,sistemi di welfare (pensioni, istruzione) e analisicomparata dei sistemi di tassazione.

@alessandra.casaricounibocconi.it

Professore associato e direttore di Econpubblica allaBocconi, con la Profeta ha pubblicato Donne in attesa.L'Italia delle disparità di genere (Egea, 2010, 130 pagg,16,50 euro). Il libro individua sei punti sui qualiintervenire per riequilibrare le pari opportunità in Italianel mondo del lavoro, della politica e della famiglia

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@simona.cuomosdabocconi.it

Professor dell’ Area Organizzazione & Personale dellaSDA Bocconi, è co - coordinatrice dell’Osservatorio sulDiversity Management della SDA Bocconi

@adele.mapellisdabocconi.it

Professor dell’ Area Organizzazione & Personale dellaSDA Bocconi, è co - coordinatrice dell’Osservatorio sulDiversity Management della SDA Bocconi

CENTRO DONDENA

wwwIl gender gap su guadagni e carriere, le conseguenzeeconomiche e sociali e il ruolo delle istituzioni e dellepolitiche pubbliche sono uno dei filoni di ricerca sui quali siconcentra il Centro di ricerca sulle dinamiche sociali CarloDondena della Bocconi a cui afferisce anche Paola Profeta.www.dondena.unibocconi.it

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sibile, in particolare le donne in posizioni ma-nageriali e gli uomini a tutti i livelli, nellarealtà ne fanno uso.Inoltre, si evince una progettazione organiz-zativa semplificata che dà poco spazio a pra-tiche di flexi time più su misura delle spe-cifiche esigenze dei lavoratori (come la pos-sibilità di accumulare ore di lavoro da uti-lizzare come giornate di riposo, l’home

working o il job sharing per posizioni com-patibili).L’orario di lavoro continua a essere misura-to su base settimanale e a rimanere rigida-

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G li studi sulla diversity di genere sot-tolineano l’importanza di rafforza-re la presenza femminile nel top ma-

nagement, sulla base sia delle peculiarità del-lo stile di leadership delle donne, riconosciu-te come particolarmente efficaci nel conte-sto attuale, che dei positivi riscontri empi-rici circa le relazioni tra donne al vertice erisultati economici.Con riguardo alle imprese familiari medie egrandi, le ricerche sulla diversity di generee sul ruolo e l’efficacia dei top managementteam sono ancora poche e focalizzate sulledonne appartenenti alle famiglie proprieta-rie. E non è ancora chiaro se la proprietà fa-miliare favorisca o ostacoli la crescita fem-minile in ruoli di vertice: secondo alcuni stu-di, essa offre alle donne maggiori opportu-nità di carriera e di conciliazione tra carrie-ra e famiglia; secondo altri, essa replica inazienda le gerarchie familiari e rende arduoper le donne l’accesso a ruoli di responsa-bilità. Appare ambivalente anche il ruolo del-le donne nelle aziende familiari (e in verità

in tutte le aziende): le donne già al verticepossono favorire l’ascesa di altre, ma nonsempre lo fanno.Ci siamo prefissati di andare più a fondo del-l’ambivalenza sia della proprietà familiareche delle leader donne.Abbiamo quindi esplorato l’impatto della na-tura familiare dell’impresa (misurata in ter-mini di quota detenuta dalla famiglia proprie-taria e di appartenenza alla famiglia stessadell’amministratore delegato) e del generedell’a.d. sul coinvolgimento delle donne, fa-miliari e non, nel team di vertice di 75 im-prese familiari con fatturato superiore ai 50milioni di euro.Tre i risultati principali. In primo luogo, laproprietà familiare è risultata una determi-nante positiva della presenza delle donne, esoprattutto delle non appartenenti alla fami-glia, nel top management team: un’eviden-za, questa, del senso di responsabilità cheporta tante famiglie proprietarie a premiareil merito indipendentemente dal genere e dalcognome.

di Guido Corbetta, Alessandro Minichilli e Daniela Montemerlo @

Diversity management, ovvero lo studio e l’applicazione di pratiche manageriali per gestire la diversità(che sia di genere, di orientamento sessuale, di etnia o cultura) presente all’interno delle aziende odelle organizzazioni. Molti gli studi in merito e, di recente, in particolare per quanto riguarda l’impattoche le pratiche di diversity management possono avere sulle attitudini al lavoro dei dipendenti. Uneditoriale (Clima positivo in azienda col diversity management) di Stefano Basaglia, ChiaraPaolino e Zenia Simonella, tutti e tre dell’Osservatorio sul Diversity Management della SDA Bocconi,considera proprio questo aspetto. Secondo gli autori, l’attivazione di pratiche di diversity managementcontribuisce a modificare la percezione del clima aziendale e di conseguenza agisce positivamentesull’engagement del lavoratori e sul loro orientamento al cambiamento, ovvero sul loro impegnocostruttivo nel miglioramento del contesto lavorativo e delle prestazioni. Tuttavia, tale legame positivotra percezioni e work attitude non è assoluto, ma varia in funzione della generazione cuiappartengono i lavoratori: è più forte nei worker di vecchia generazione, i cosiddetti baby boomer,mentre è più debole tra i lavoratori della generazione Y, quella dei nati negli anni Ottanta.Leggilo su www.viasarfatti25.unibocconi.it/basaglia

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mente ancorato al luogo fisico dell’impresacosì come regolamentato dai contratti di la-voro. Così come continuano a esistere i tor-nelli e le timbrature in ingresso e uscita. Ilmodello di lavoro riconosciuto e premiato dalsistema culturale è ancora quello del lavo-ro full time e del long hour, di chi non ha im-pegni di cura o sociali al di fuori dell’orariodi lavoro.Nella maggior parte delle aziende in Italia,la presenza equivale a risultato. Il presen-zialismo è un valore molto radicato e solo chirimane fino a tardi in ufficio viene valutatocome performante e come dedito al lavoro.Per contro, chi adotta forme di flessibilità èconsiderato meno produttivo, meno motiva-to e diventa immediatamente un cittadino diserie b nel riconoscimento organizzativosia informale sia formale del sistema pre-miante.Alle volte è sufficiente uscire alle 17,30 (cosìcome previsto da molti contratti di lavoro) persentirsi fare la battuta “Ti sei preso una mez-za giornata di ferie?”.E la diffusione di uno stile manageriale pocoincline alla delega, molto orientato al con-trollo e alla possibilità di avere a portata dimano i propri collaboratori per qualsiasi eve-nienza ed emergenza non fa che acuirequesta distorsione.Ma siamo proprio sicuri che questo model-lo ancorato alla presenza sia ancora il più ef-ficace, in grado di ascoltare i bisogni diver-

sificati presenti nella popolazione organiz-zativa? E che stare con il fiato sul collo deipropri collaboratori sia l’unico modo per ot-tenere risultati? O che escludere a priori dal-lo sviluppo di carriera un lavoratore part timesia una buona scelta?Il progetto di ricerca Le diverse facce dellaflessibilità che l’Osservatorio sta realizzan-

do grazie alla sponsorship di Nestlè Italia eIntesaSanpaolo, si colloca in questo percor-so di riflessioni. Pensiamo infatti che sia ne-cessario un serio ripensamento dell’organiz-zazione del lavoro per incidere sulla possi-bilità di offrire ai lavoratori forme di flessi-bilità più ampie e diversificate.L’obiettivo è di analizzare la relazione tra ado-zione di forme di flessibilità e performanceindividuale, per verificare in quale misurachi è flessibile è escluso dai percorsi di svi-luppo e di riconoscimento organizzativo, e diindividuare best practise organizzative nel-le imprese per cercare di diffondere una cul-tura del tempo determinata dal raggiungimen-to dell’obiettivo e non dalla necessità di ren-dersi visibili agli occhi del capo. �

Il rosa al top. In aziendaUn’indagine della cattedra Aidaf sui team di 75 impresefamiliari mette in luce le sfide per gli a.d. del gentil sesso

DIVERSITY MANAGEMENT

wwwL’Osservatorio sul Diversity Management della SDA Bocconipromuove il dibattito sui temi della diversity e sviluppa unospecifico know how sulla gestione delle diversità in termini digenere, fasi del ciclo di vita, cultura, abilità, e promuove ildibattito e il confronto su questo tema nel mondo aziendalewww.sdabocconi.it/diversity

CENTRO ECONPUBBLICA

wwwL’economia e la politica di genere è tra le aree di studio diEconpubblica, centro di ricerca sul settore pubblico dellaBocconi. In particolare si studia, tra l’altro, la partecipazionefemminile al mercato del lavoro, gli effetti macroeconomiciche ne conseguono e le politiche a supporto delle donne.www.econpubblica.unibocconi.it

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familiare in decisioni da parte dell’ammini-stratore delegato familiare sembra sfavorirele donne non appartenenti alla famiglia, for-se perché l’a.d. non riesce nei fatti a dare spa-zio a tutte le donne e dà priorità alle fami-liari; oppure non ha alcun effetto se l’a.d. èdonna, forse anche per una maturità di ge-nere non completa. L’indagine indica alcu-ne sfide importanti: per le donne familiari,non cadere nella trappola dell’autolimitazio-ne e cogliere le opportunità offerte dall’azien-da di famiglia; per la proprietà familiare e glia.d. familiari, tradurre i valori meritocrati-ci in sistemi di recruiting e carriera coeren-ti; per le donne a.d. aiutare le altre donne me-ritevoli e sforzarsi di risparmiare loro le dif-ficoltà che esse hanno probabilmente vissu-to in prima persona. �

8 ���Gennaio/Febbraio 2012

La prima decade del millennio non sembra aver mostrato unmiglioramento nella presenza femminile nelle pmi italiane.Lucrezia Songini, docente della SDA Bocconi, e Luca Gnan,professore associato alla facoltà diEconomia dell’Università di Roma-TorVergata, in un loro articolo (Donne inazienda. Poche ma buone) effettuanola ricognizione di una serie di ricerchedalla SDA Bocconi sul tema edevidenziano come, ad esempio, tra il 2003 e il 2010 le donneazioniste siano addirittura diminuite. Ma cosa succede quandofinalmente il soffitto di vetro viene rimosso? Gli effetti si vedonosulla managerializzazione e sulle performance delle imprese.Leggilo suwww.viasarfatti25.unibocconi.it/songini

Uno strumento per valutare l’impatto sociale, ambientale edeconomico, la cosiddetta responsabilità sociale d’impresa, dellepiccole aziende artigiane: è quello messo a punto nell’ambito diun progetto che ha coinvolto artigiani e, soprattutto, artigianelombarde. Ne scrive Francesca Calò,collaboratrice del Centro di ricercaCergas dell’Università Bocconi, nel suoeditoriale Artigiane sulla via dellaresponsabilità, descrivendo il‘cruscotto’ attraverso il qualemicroimprenditrici e microimprenditori avranno la possibilità dimisurare il proprio grado di adeguatezza ai dettami della Csr. Escoprire quanto è potente il girl effect.Leggilo suwww.viasarfatti25.unibocconi.it/calo

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di Arnstein Aassve, Agnese Vitali e Trude Lappegård @

L’uguaglianza fa grande la famigliaPiù uomini e donne godono degli stessi diritti e doveri al lavoro e in casa, più la coppia èfeconda. A dimostrarlo il caso della Norvegia dove si misura l’indice di equità di genere

L’uguaglianza di genere fa aumentarela fecondità? Nei paesi Ocse, questaidea sta acquistando popolarità. Le

donne oggi raggiungono un grado di istruzio-ne pari, se non superiore, a quello degli uo-mini e le loro aspirazioni familiari sonospesso legate a un nuovo e sempre più impor-tante fattore: una brillante carriera lavorati-va. Nonostante l'aumento dell'istruzionefemminile in quasi tutti i paesi Ocse, la par-tecipazione femminile al mercato del lavororimane bassa.Spesso la causa di questa discrepanza è daricercare nella mancanza di uguaglianza di

genere. Sebbene siano ormai molte le coppiein cui l’uomo e la donna percepiscono entram-bi reddito da lavoro, c’è ancora molta stradada fare per raggiungere una equa distribuzio-ne all’interno della coppia delle responsabi-lità di cura della casa. Infatti, laddove non cisono istituzioni appropriate, le donne rappre-sentano ancora la maggiore figura di riferi-

mento per il lavoro di cura della casa e deifigli. Eppure in alcuni paesi il modello ba-sato sull’uguaglianza di genere è diventato lanorma e questi stessi paesi registrano ancheun elevato tasso di fecondità. La Norvegia nerappresenta un perfetto esempio. Il tasso difecondità totale norvegese è leggermente aldi sotto alla soglia di sostituzione di 2,1 fi-gli per donna (1,96 nel 2008, contro 1,4 re-gistrato in Italia) e l’uguaglianza di genere ri-sulta anch’essa elevata. Il concetto di ugua-glianza di genere è talmente radicato nellacultura norvegese che nel 1999 l’ufficio na-zionale di statistica ha cominciato a misurar-

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@guido.corbettaunibocconi.it

Guido Corbetta è titolare della cattedra Aidaf - AlbertoFalck di strategia delle aziende familiari della Bocconi

@alessandro.minichilliunibocconi.it

Assistant professor presso il dipartimentodi Management e tecnologia della Bocconi

@daniela.montemerlosdabocconi.it

Professore dell’ Area di strategia e imprenditorialitàdella SDA Bocconi e associato all’Università dell’Insubria

Il caso del paese scandinavoevidenzia che all’aumento deiservizi per l’infanziacorrisponde anche un aumentodel tasso di fecondità�

In secondo luogo, la presenza sia di un am-ministratore delegato familiare che di un am-ministratore delegato donna (da notare chetutte le a.d. del campione fanno parte dellafamiglia proprietaria) appaiono determi-nanti positive della presenza di donne fami-liari nel team di vertice. In terzo luogo, gliamministratori delegati familiari determina-no in negativo la presenza di donne non fa-miliari, mentre le donne a.d. non hanno al-cun impatto su tale presenza.L’ambivalenza sembra dunque chiarirsi perle donne top manager, e aspiranti tali, appar-tenenti alla proprietà: la natura familiare del-l’impresa gioca a loro favore. Non altrettan-to chiaro è l’impatto della stessa natura sul-la componente femminile non familiare neiteam di vertice: la traduzione della cultura

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Gennaio/Febbraio 2012��� 9

di Karin Hoisl e Myriam Mariani @

Invento, non contratto!Le inventrici guadagnano meno dei colleghi uomini perchénon si impegnano come loro nella contrattazione

C he tasso di occupazione e salari diffe-riscano tra uomini e donne non è unanovità. Il nostro studio dimostra che dif-

ferenze di genere nella remunerazione esisto-no anche nelle professioni knowledge-basedcome quelle legate alla produzione di inven-zioni tecnologiche, senza che a queste corri-spondano differenze in termini di qualità del-l’output prodotto.I dati su 12.129 inventori di brevetti registra-ti presso l’Ufficio brevetti europei e localizza-ti in 23 paesi inclusi Stati Uniti e Giapponerivelano che le donne rappresentano il 5% de-gli inventori del campione. In Italia sono il 6%;in Israele raggiungono la percentuale più alta,il 12%. Oltre a esseremeno numerose, le don-ne inventori ricevono una remunerazione in-feriore a quella degli uomini, senza che il di-vario salariale corrisponda a performance di-verse in termini di importanza tecnologica del-le invenzioni che gli inventori donne produ-cono rispetto agli uomini. Quindi, mentre uo-mini e donne sono bravi in egual misura nelloro lavoro, la loro retribuzione è sistematica-mente diversa. Ed è diversa a parità di carat-teristiche di inventori donne e uomini, cioè,ad esempio, a parità di abilità e grado di istru-zione, produttività passata, numero di ore la-vorate e ruolo ricoperto all’interno dell’impre-sa che ospita gli inventori. Un quadro più pre-

ciso emerge considerando lo “stato di fami-glia”: le donne inventrici sono penalizzate inmaniera particolare nelle retribuzioni quan-do sono sposate (o vivono con un partner) ehanno figli piccoli (conmeno di 12 anni). Per-ché? Le informazioni raccolte attraverso la sur-vey consentono di escludere alcune spiegazio-ni. Non è, ad esempio, solamente una questio-ne di differenza negli input che uomini e don-ne inventori utilizzano per produrre invenzio-ni, come il numero di ore lavorate, il livellodi istruzione, o la diversa produttività, espe-

rienza o talento. Non è nemmeno una questio-ne di “discriminazione” nei confronti delledonne: il fatto di essere una donna inventri-ce, di per sé, non è correlato con una differen-za salariale significativa rispetto agli uomini.E non è un problema di avere minori “outsi-de option” (ossia alternative lavorative) quan-do si ha famiglia e bambini piccoli. Il peggio-re trattamento salariale non dipende nemme-no da una maggiore probabilità di lasciare ilposto di lavoro quando si hanno bambini pic-coli, tanto che le donne inventrici non sposa-te e con bambini piccoli non sono penalizza-te quanto quelle con bambini e partner. Unaspiegazione che trova supporto nei dati rac-colti è che le donne inventrici, quando sonosposate e hanno bambini, contrattanomeno de-gli uomini rispetto alla loro retribuzione. Lacombinazione “cura dei bambini” e “redditodel coniuge”, che di norma rappresenta quel-lo più consistente all’interno del nucleo fami-liare, riduce l’utilità marginale che le donnehanno dal proprio reddito, e con questo anchegli sforzi e l’impegno necessari alla contrat-tazione per alzarlo. Più semplicemente, le don-ne inventrici sembrano comportarsi coeren-temente con la teoria di Babcock & Lasche-ver's (2003) che sostiene che le donne (spo-sate/con partner e con bambini piccoli nel casodegli inventori) chiedono o “contrattanomeno” degli uomini. �

lo attraverso un “indice di equità di genere”,con il fine di stilare una classifica dei comu-ni più egualitari. L’indice di equità di gene-re comprende sei diversi aspetti propri del-l’uguaglianza di genere: differenze di gene-re nell’istruzione superiore, nella partecipa-zione al mercato del lavoro, nel reddito me-dio lordo e nell’influenza politica (misuratacome proporzione di donne nelle amministra-zioni comunali), oltre che il rapporto dei ses-si per età e l’offerta di servizi per l’infanzia(proporzione di bambini negli asili tra gli unoe i cinque anni).Si è soliti pensare che la Norvegia e gli altripaesi scandinavi rappresentino una popola-zione omogenea sia in termini di comporta-menti riproduttivi, sia per quanto riguarda at-teggiamenti e valori. Sbagliato. Adottando unaprospettiva territoriale, infatti, emerge unagrande eterogeneità. Mentre in alcuni comu-ni il tasso di fecondità totale è al di sopra dei3 figli per donna, in altri è addirittura al disotto del cosiddetto livello di bassissima fe-condità, pari a 1,3 figli per donna.Una simile variabilità tra i comuni emerge an-che guardando all’indice di uguaglianza di ge-nere. I dati norvegesi rappresentano quindiun utile strumento per valutare fino a che pun-to l’uguaglianza di genere porti a una mag-giore fecondità.Una volta disaggregate le sei componenti del-l’indice di equità di genere, l’analisi sugge-risce che l’offerta di servizi per l’infanzia rap-presenta il motore più importante per la fe-condità. Se pensiamo che questa associazio-ne esista anche in altri paesi oltre che in Nor-vegia, allora aumentare l’uguaglianza di ge-nere attraverso un aumento dell’offerta di ser-vizi per l’infanzia potrebbe portare ad un au-mento della fecondità. �

@arnstein.aassveunibocconi.it

Professore associato della Bocconi, si occupa, tra l’altro,di demografia economica, povertà, politica sociale.Aassve è direttore del centro di ricerca Dondena a cuicollabora anche Agnese Vitali (nella foto), sua co-autriceinsieme a Trude Lappegård, ricercatrice allo StatisticsNorway, Research department, del working paper Aspatial analysis of gender equality and fertility.

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@myriam.marianiunibocconi.it

Professore associato di politica economica, fa parte del KitesBocconi (Knowledge, Internationalization and TechnologyStudies). Con Karin Hoisl (Ludwig Maximilians University)è autrice del paper The gender gap in inventive jobs

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I brevetti rosa sono solo il 5%del totale (il 6 in Italia).Tecnologicamente non hannonulla da invidiare. Tranne cheper la retribuzione�