Vi a Olgia e e · prio all’inizio dell’Iliade. Racconta che i capi degli Achei sono riuniti in...

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Vita Olgiatese Quindicinale della Parrocchia di Olgiate Comasco Anno 73° - N. 17 - 12 Novembre 2017 - € 1,00 www.parrocchiaolgiate.org Voglio rispondere pro- ponendo di osservare con attenzione due immagini estremamente eloquenti, che permetto- no di capire al volo le motivazioni profonde di ogni agire politico. La prima, classica, ci è offerta da Omero, pro- prio all’inizio dell’Iliade. Racconta che i capi degli Achei sono riuniti in assemblea: si devono confrontare sulla giusta divisione di un ricco bot- tino di guerra, soprattut- to sulla sorte delle donne dei nemici rese schiave. Tutti credono di avere più diritto degli altri a un giusto compenso per le fatiche fatte e per i rischi corsi. E cominciano le liti, gli insulti reciproci, le urla, gli inganni, le men- zogne, le minacce di ricorrere alle armi, le ripicche, la ricerca di alleati, i colpi di mano… Un duro confronto politi- co, volto solo a ottenere più potere e più ricchez- za. La seconda, altrettan- to classica, la troviamo nel Vangelo di Giovanni. Anche qui un’assemblea. C’era di mezzo niente- meno che l’inizio e l’or- ganizzazione di un nuovo Regno e qualcuno dei presenti aveva già tenta- to di brigare per essere il primo, per avere più visibilità e più potere e forse aspettava il momento opportuno per riuscire nel suo intento. Ed ecco il gesto inaspet- tato del leader indiscus- so del gruppo, Gesù di Nazaret. Non grida, non pretende, non impone nulla, non accusa… sem- plicemente si cinge la vita con un grembiule, prende un catino di acqua e si mette a lava- re i piedi ai commensali. Un gesto sconvolgente che spiazza tutti e che suscita anche reazioni di rifiuto. Un gesto che interpreta l’agire politico non più come ricerca ossessiva del potere e della ricchezza ma come umile servizio. * * * Credo che non si fac- cia fatica a capire quale dei due modelli di agire politico sia il più diffuso anche oggi, ad ogni livello. Limitiamoci pure solo all’Italia. Basta guardare la campagna elettorale attualmente in corso: urla, insulti, accuse, derisione dell’avversa- rio… Basta seguire qual- che seduta del parla- mento: sforzi immani per ottenere leggi van- taggiose per la propria parte, tentativi di inseri- re all’ultimo momento nei testi in discussione qualche parolina che fa gli interessi dei vari poteri forti che si hanno alle spalle, difesa a oltranza dei propri privi- legi… Basta prestare attenzione al vocabolario più in voga: vincere, prevalere, conquistare, imporsi, dominare… Basta dare ascolto alle mirabolanti promesse gettate in pasto agli elet- tori con il solo intento di carpirne il voto ad ogni costo... Basta considera- re le tante “furbate” e i numerosi cambiamenti di casacca di molti politici, FARE POLITICA. MA COME? interessati solo a potersi riciclare e a non perdere la poltrona… Basta tene- re il conto dei vari “scan- dali” che emergono, uno dopo l’altro: ormai hanno un ritmo quasi quotidiano. Si ha la netta impres- sione che l’immagine ris- sosa con cui si apre l’Iliade sia peggiorata e moltiplicata migliaia di volte a tutti i livelli nei quali si gestisce la “cosa pubblica”. Ed è così dif- fuso questo modo di fare politica che sembra essere l’unico possibile. Ne deriva immediata- mente che giudizi superficiali, drastici e cattivi sono ormai accet- tati come normali: “la politica è una cosa spor- ca”, “per fare politica devi essere un filibustie- re”, “chi imbroglia e ruba di più ha sempre ragio- ne”, ecc. E poi, cosa ancora più grave, che fasce sempre più nume- rose di cittadini onesti si disinteressano completa- mente della politica e non vogliono in alcun modo mischiarsi con le ambigue azioni dei suoi protagonisti. Forse ci eravamo illusi che la democrazia risol- vesse tutti i problemi e cambiasse definitiva- mente le vecchie menta- lità; invece ci ritroviamo allo stesso punto di prima se non, addirittu- ra, in una situazione peggiore. * * * L'uomo è un “animale politico per natura” - spiegava il grande filosofo greco Aristotele - perché capace di amicizia, biso- gnoso di mettere in comune conoscenze, capacità, tecniche, lavo- ro. E don Lorenzo Milani in Lettera a una professo- ressa scriveva: “Il proble- ma degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insie- me è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia”. Due bellissime defini- zioni di politica che ci aprono gli occhi e ci obbligano a guardare le cose in modo un po’ più completo e a non identi- ficare l’agire politico solamente con quello che mettono in campo i cosiddetti politici di pro- fessione. L’agire politico è ben altro. È l’impegno quotidiano dei genitori per educare i propri figli; è il lavoro di schiere di volontari che dedicano agli altri, nei più svariati campi, tempo e compe- tenze; è lo sforzo del sindacalista per difende- re la dignità dei lavora- tori; è la dedizione di tanti amministratori locali che si prefiggono come unico scopo quello di essere vicini ai proble- mi della gente; è la pre- senza preziosa di gruppi e associazioni che denunciano le storture della società e costrin- gono le autorità ad inter- venire; è il servizio silen- zioso della gran maggio- ranza dei lavoratori, spe- cialmente di quelli che si spendono per le perso- ne… E si potrebbe anco- ra continuare a lungo con esempi di questo Giorgio La Pira, un politico esemplare Siciliano di origine (nasce a Pozzallo, in provincia di Ragusa, il 9 gennaio del 1904. Muore a Firenze il 5 novem- bre 1977), La Pira ricoprì prestigiose cariche istituzionali (sottosegretario al Ministero del Lavoro, sindaco di Firenze per tre volte, membro della Camera dei Deputati). A sei anni dalla morte gli vennero riconosciute le virtù eroiche e la fama di santità che portarono l’arcivescovo di Firenze, Silvano Piovanelli, a presentare, nel 1983, la richiesta per introdurre la causa di beatificazione. Non era strano incontrarlo per le strade di Firenze con le tasche dell’impermeabile piene di fogliettini che la povera gente gli consegnava per chiedergli di essere aiutata. A chi gli obiettava che non era giusto utilizzare i fondi del Comune per fare la carità, La Pira rispondeva: “Non è carità. È giustizia!”. Ancor prima di ricoprire le cariche dello Stato utilizzava il suo stipendio di docente universitario per alleviare le difficoltà economiche di qualche povero sventu- rato. Tanti sono gli episodi che raccontano l’onestà e il senso dello Stato vissuti dall’illustre sindaco di Firenze, sempre ancorato agli ideali di fede cristiana. Per compren- dere – anche dal punto di vista internazionale – la caratura di questo straordinario politico italiano, basterà rileggere ciò che il 29 giugno 1955 il quotidiano francese Le Monde scrisse di lui: “Giorgio La Pira: chi non conosce oggi questo piccolo uomo vivace e dolce, questo ‘cristiano da choc’, che si è lanciato nella vita pubblica senza nulla concedere alla potenza del denaro, né perdere nulla del suo tempera- mento d’asceta? Il fatto è tanto raro che sembra un miraco- lo. Totalmente povero, una camera d’ospedale per casa, votato al celibato, La Pira attraversa gli onori senza vederli. Coltiva due grandi amori: l’amore per gli operai e per gli Ordini contemplativi con i quali intrattiene rapporti costanti”. Terminata la seconda guerra mondiale, La Pira – insie- me a Moro e Togliatti, e ad altri nomi illustri – fu nominato membro della commissione che avrebbe dovuto formulare i principi fondamentali della Costituzione italiana. La Pira si preparò a questo particolare momento storico per l’Italia con grandissima e scrupolosa serietà che lo portò a studia- re per mesi quasi tutte le Costituzioni presenti nel mondo. Il lavoro svolto da Giorgio La Pira, in quella particolare circo- stanza, si rivelò fondamentale per i tantissimi aspetti e le novità che avrebbero cambiato il corso della storia italiana,. Per papa Giovanni Paolo II, Giorgio La Pira era una figura esemplare di laico cristiano: “Fedele al Magistero della Chiesa, ebbe il senso della laicità autentica e della giusta autonomia dei fedeli nell’ambito delle realtà secolari. Intese la funzione pubblica come servizio al bene comune, sottratto ai condizionamenti del potere ed alla ricerca del prestigio o dell’interesse personale”. Ci chiediamo, con struggente rammarico: che cosa sarebbe oggi la politica italiana e l’Italia stessa se l’esempio di questo “santo politico” avesse fatto scuola? Comunque, visto che la causa di beatificazione sta pro- cedendo celermente, tra non molto potremo consolarci leg- gendo sul calendario “S. Giorgio La Pira” …non: papa, vescovo martire, ecc. ma “politico”. E c’è da augurarsi che sia il primo di una lunga serie. tipo: milioni di persone che, senza chiedere nulla, fanno il loro dove- re di cittadini: fanno, appunto, “politica”. Credo che non faccia- mo fatica a vedere in tutto questo ampio e variegato mondo - politi- co a tutti gli effetti - l’im- magine evangelica di Gesù che si fa schiavo e si mette a servire. E non possiamo fare a meno di concludere che se la società vive e progredi- sce è solo per merito di chi agisce così. * * * Certo, c’è sempre la tentazione del potere. Anche Gesù l’ha dovuta affrontare. Per non soc- combere, serve una con- tinua lotta e valori di riferimento ben chiari e solidi, frutto di una edu- cazione seria e rigorosa. Lo scorso 5 novembre si sono ricordati i qua- rant’anni dalla morte di Giorgio La Pira, il “sinda- co santo” di Firenze. Un esempio luminoso di come deve essere l’agire politico anche nelle isti- tuzioni e ai livelli più alti. Forse è proprio guardan- do a lui che papa Paolo VI parlò della politica come della “forma più alta della carità”. L’augurio è che questa bellissima definizione si riveli sempre più vera ad ogni livello della società. E, dobbiamo rendercene conto tutti, un poco dipende anche da noi. don Marco Faenza. Palazzo Milzetti, sala delle feste, “L’ira di Achille” Padova. Giotto, Cappella degli Scrovegni, “La lavanda dei piedi”

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Vita OlgiateseQuindicinale della Parrocchia di Olgiate Comasco Anno 73° - N. 17 - 12 Novembre 2017 - € 1,00

www.parrocchiaolgiate.org

Voglio rispondere pro-ponendo di osservarecon attenzione dueimmagini estremamenteeloquenti, che permetto-no di capire al volo lemotivazioni profonde diogni agire politico.

La prima, classica, ciè offerta da Omero, pro-prio all’inizio dell’Iliade.Racconta che i capi degliAchei sono riuniti inassemblea: si devonoconfrontare sulla giustadivisione di un ricco bot-tino di guerra, soprattut-to sulla sorte delle donnedei nemici rese schiave.Tutti credono di averepiù diritto degli altri a ungiusto compenso per lefatiche fatte e per i rischicorsi. E cominciano leliti, gli insulti reciproci, leurla, gli inganni, le men-zogne, le minacce diricorrere alle armi, leripicche, la ricerca dialleati, i colpi di mano…Un duro confronto politi-co, volto solo a ottenerepiù potere e più ricchez-za.

La seconda, altrettan-to classica, la troviamonel Vangelo di Giovanni.Anche qui un’assemblea.C’era di mezzo niente-meno che l’inizio e l’or-ganizzazione di un nuovoRegno e qualcuno deipresenti aveva già tenta-to di brigare per essere ilprimo, per avere piùvisibilità e più potere eforse aspettava ilmomento opportuno perriuscire nel suo intento.Ed ecco il gesto inaspet-tato del leader indiscus-so del gruppo, Gesù diNazaret. Non grida, nonpretende, non imponenulla, non accusa… sem-plicemente si cinge lavita con un grembiule,prende un catino diacqua e si mette a lava-re i piedi ai commensali.Un gesto sconvolgenteche spiazza tutti e chesuscita anche reazioni dirifiuto. Un gesto cheinterpreta l’agire politiconon più come ricercaossessiva del potere edella ricchezza ma comeumile servizio.

* * *Credo che non si fac-

cia fatica a capire qualedei due modelli di agirepolitico sia il più diffusoanche oggi, ad ognilivello.

Limitiamoci pure soloall’Italia. Basta guardarela campagna elettoraleattualmente in corso:urla, insulti, accuse,derisione dell’avversa-rio… Basta seguire qual-che seduta del parla-mento: sforzi immaniper ottenere leggi van-taggiose per la propriaparte, tentativi di inseri-re all’ultimo momentonei testi in discussionequalche parolina che fagli interessi dei varipoteri forti che si hannoalle spalle, difesa aoltranza dei propri privi-legi… Basta prestareattenzione al vocabolariopiù in voga: vincere,prevalere, conquistare,imporsi, dominare…Basta dare ascolto allemirabolanti promessegettate in pasto agli elet-tori con il solo intento dicarpirne il voto ad ognicosto... Basta considera-re le tante “furbate” e inumerosi cambiamenti dicasacca di molti politici,

FARE POLITICA. MA COME?

interessati solo a potersiriciclare e a non perderela poltrona… Basta tene-re il conto dei vari “scan-dali” che emergono, unodopo l’altro: ormaihanno un ritmo quasiquotidiano.

Si ha la netta impres-sione che l’immagine ris-sosa con cui si aprel’Iliade sia peggiorata emoltiplicata migliaia divolte a tutti i livelli neiquali si gestisce la “cosapubblica”. Ed è così dif-fuso questo modo di farepolitica che sembraessere l’unico possibile.Ne deriva immediata-mente che giudizisuperficiali, drastici ecattivi sono ormai accet-tati come normali: “lapolitica è una cosa spor-ca”, “per fare politicadevi essere un filibustie-re”, “chi imbroglia e rubadi più ha sempre ragio-ne”, ecc. E poi, cosaancora più grave, chefasce sempre più nume-rose di cittadini onesti sidisinteressano completa-mente della politica e

non vogliono in alcunmodo mischiarsi con leambigue azioni dei suoiprotagonisti.

Forse ci eravamo illusiche la democrazia risol-vesse tutti i problemi ecambiasse definitiva-mente le vecchie menta-lità; invece ci ritroviamoallo stesso punto diprima se non, addirittu-ra, in una situazionepeggiore.

* * *L'uomo è un “animale

politico per natura” -spiegava il grande filosofogreco Aristotele - perchécapace di amicizia, biso-gnoso di mettere incomune conoscenze,capacità, tecniche, lavo-ro. E don Lorenzo Milaniin Lettera a una professo-ressa scriveva: “Il proble-ma degli altri è uguale almio. Sortirne tutti insie-me è la politica. Sortirneda soli è l’avarizia”.

Due bellissime defini-zioni di politica che ciaprono gli occhi e ciobbligano a guardare lecose in modo un po’ più

completo e a non identi-ficare l’agire politicosolamente con quelloche mettono in campo icosiddetti politici di pro-fessione. L’agire politicoè ben altro. È l’impegnoquotidiano dei genitoriper educare i propri figli;è il lavoro di schiere divolontari che dedicanoagli altri, nei più svariaticampi, tempo e compe-tenze; è lo sforzo delsindacalista per difende-re la dignità dei lavora-tori; è la dedizione ditanti amministratorilocali che si prefiggonocome unico scopo quellodi essere vicini ai proble-mi della gente; è la pre-senza preziosa di gruppie associazioni chedenunciano le storturedella società e costrin-gono le autorità ad inter-venire; è il servizio silen-zioso della gran maggio-ranza dei lavoratori, spe-cialmente di quelli che sispendono per le perso-ne… E si potrebbe anco-ra continuare a lungocon esempi di questo

Giorgio La Pira,un politico esemplare

Siciliano di origine (nasce a Pozzallo, in provincia diRagusa, il 9 gennaio del 1904. Muore a Firenze il 5 novem-bre 1977), La Pira ricoprì prestigiose cariche istituzionali(sottosegretario al Ministero del Lavoro, sindaco di Firenzeper tre volte, membro della Camera dei Deputati). A seianni dalla morte gli vennero riconosciute le virtù eroiche ela fama di santità che portarono l’arcivescovo di Firenze,Silvano Piovanelli, a presentare, nel 1983, la richiesta perintrodurre la causa di beatificazione.

Non era strano incontrarlo per le strade di Firenze conle tasche dell’impermeabile piene di fogliettini che la poveragente gli consegnava per chiedergli di essere aiutata. A chigli obiettava che non era giusto utilizzare i fondi delComune per fare la carità, La Pira rispondeva: “Non ècarità. È giustizia!”. Ancor prima di ricoprire le cariche delloStato utilizzava il suo stipendio di docente universitario peralleviare le difficoltà economiche di qualche povero sventu-rato. Tanti sono gli episodi che raccontano l’onestà e ilsenso dello Stato vissuti dall’illustre sindaco di Firenze,sempre ancorato agli ideali di fede cristiana. Per compren-dere – anche dal punto di vista internazionale – la caraturadi questo straordinario politico italiano, basterà rileggere ciòche il 29 giugno 1955 il quotidiano francese Le Mondescrisse di lui: “Giorgio La Pira: chi non conosce oggi questopiccolo uomo vivace e dolce, questo ‘cristiano da choc’,che si è lanciato nella vita pubblica senza nulla concederealla potenza del denaro, né perdere nulla del suo tempera-mento d’asceta? Il fatto è tanto raro che sembra un miraco-lo. Totalmente povero, una camera d’ospedale per casa,votato al celibato, La Pira attraversa gli onori senza vederli.Coltiva due grandi amori: l’amore per gli operai e per gliOrdini contemplativi con i quali intrattiene rapporti costanti”.

Terminata la seconda guerra mondiale, La Pira – insie-me a Moro e Togliatti, e ad altri nomi illustri – fu nominatomembro della commissione che avrebbe dovuto formulare iprincipi fondamentali della Costituzione italiana. La Pira sipreparò a questo particolare momento storico per l’Italiacon grandissima e scrupolosa serietà che lo portò a studia-re per mesi quasi tutte le Costituzioni presenti nel mondo. Illavoro svolto da Giorgio La Pira, in quella particolare circo-stanza, si rivelò fondamentale per i tantissimi aspetti e lenovità che avrebbero cambiato il corso della storia italiana,.

Per papa Giovanni Paolo II, Giorgio La Pira era unafigura esemplare di laico cristiano: “Fedele al Magisterodella Chiesa, ebbe il senso della laicità autentica e dellagiusta autonomia dei fedeli nell’ambito delle realtà secolari.Intese la funzione pubblica come servizio al bene comune,sottratto ai condizionamenti del potere ed alla ricerca delprestigio o dell’interesse personale”.

Ci chiediamo, con struggente rammarico: che cosasarebbe oggi la politica italiana e l’Italia stessa se l’esempiodi questo “santo politico” avesse fatto scuola?

Comunque, visto che la causa di beatificazione sta pro-cedendo celermente, tra non molto potremo consolarci leg-gendo sul calendario “S. Giorgio La Pira” …non: papa,vescovo martire, ecc. ma “politico”. E c’è da augurarsi chesia il primo di una lunga serie.

tipo: milioni di personeche, senza chiederenulla, fanno il loro dove-re di cittadini: fanno,appunto, “politica”.

Credo che non faccia-mo fatica a vedere intutto questo ampio evariegato mondo - politi-co a tutti gli effetti - l’im-magine evangelica diGesù che si fa schiavo esi mette a servire. E nonpossiamo fare a meno diconcludere che se lasocietà vive e progredi-sce è solo per merito dichi agisce così.

* * *Certo, c’è sempre la

tentazione del potere.Anche Gesù l’ha dovutaaffrontare. Per non soc-combere, serve una con-tinua lotta e valori di

riferimento ben chiari esolidi, frutto di una edu-cazione seria e rigorosa.

Lo scorso 5 novembresi sono ricordati i qua-rant’anni dalla morte diGiorgio La Pira, il “sinda-co santo” di Firenze. Unesempio luminoso dicome deve essere l’agirepolitico anche nelle isti-tuzioni e ai livelli più alti.Forse è proprio guardan-do a lui che papa PaoloVI parlò della politicacome della “forma piùalta della carità”.L’augurio è che questabellissima definizione siriveli sempre più vera adogni livello della società.E, dobbiamo renderceneconto tutti, un pocodipende anche da noi.

don MarcoFaenza. Palazzo Milzetti, sala delle feste, “L’ira di Achille”

Padova. Giotto, Cappella degli Scrovegni, “La lavanda dei piedi”

2 Vita Olgiatese

Consiglio PastoraleSeduta del 6 novembre 2017

12 Novembre 2017

Si è celebrata da giovedì26 a domenica 29 ottobrealla Fiera di Cagliari la4 8 e s i m a S e t t i m a n asociale dei cattoliciitaliani.

I delegati di tutte le dio-cesi italiane si sono confron-tati sul tema del “Lavoroche vogliamo: libero, crea-tivo, partecipativo e soli-dale”. Si tratta di quattroaggettivi che papaFrancesco ha utilizzato nellaEvangelii Gaudium perdescrivere le condizioniattraverso le quali il lavoropuò diventare l’attività nellaquale “l’essere umano espri-me e accresce la dignitàdella propria vita”.

Le Settimane sociali deicattolici italiani - pensatecome “riunioni di studio perfar conoscere ai cattolici ilvero messaggio sociale cri-stiano” - nacquero nel 1907per iniziativa dell’economistae ora beato GiuseppeToniolo. La prima si tenne aPistoia e poi regolarmenteogni anno fino alla primaguerra mondiale affrontandoi temi del lavoro, della scuo-la, della famiglia e della con-dizione della donna. Dal1927 un ruolo importantenell’organizzazione delleSettimane sociali fu assuntodall’Università Cattolica. Inepoca fascista, a causa deicontrasti con il regime, leSettimane furono sospese eripresero solo nel 1945, pro-seguendo poi fino al 1970,quando vi fu una nuovalunga sospensione. Ripresee rinnovate nel 1991, leSettimane sociali si tengonoora a cadenza pluriennale.

Nei lavori preparatori

della Settimana sociale sonostate individuate 6 criticità inparticolare: la disoccupazio-ne e l’inattività giovanile;l’eccessiva precarietà dimolti rapporti di lavoro; lapiaga dello sfruttamento edel caporalato; i l lavorodelle donne ancora tropposcarso e mal pagato; l’ina-deguatezza del sistemaeducativo nel preparare allavoro e, infine, le attivitàpericolose e malsane per ilavoratori e per i territori suiquali esse insistono.

Però sono state indivi-duate anche alcune “buonepratiche”. I cosiddetti“cercatori di LavOro”, infatti,hanno censito oltre 400esperienze positive in parti-colare riguardo al funziona-mento di consorzi e coope-rative in grado di valorizzareil lavoro dei singoli produttorie le specificità dei territori.Ma anche di imprese che sisono distinte perché attenteal tema della conciliazionetra vita e lavoro per i dipen-denti o nella loro tutela attra-verso forme di welfareaziendale oppure ancoracreando valore in modo

socialmente e ambiental-mente sostenibile. E infinelegami virtuosi tra istituzioniscolastiche, formazione, bot-teghe artigiane e mondo dellavoro.

Dai lavori della 48esimaSettimana sociale dei cattoli-ci italiani sono emerse alcu-ne proposte concrete; quat-tro per il governo italiano etre per l’Unione Europea. Alpresidente del ConsiglioPaolo Gentiloni, intervenutosabato 28, sono state fattequeste richieste:

1) “Rimettere il lavoro alcentro dei processi formati-vi”. Per ridurre la disoccupa-zione giovanile occorreintervenire in modo struttu-rale, rafforzando la filieraformativa che prepara alleprofessioni nel sistema edu-cativo italiano.

2) “Canalizzare i risparmidei piani individuali di rispar-mio” Cioè indirizzare le risor-se anche verso le piccoleimprese che rispondano aprecise caratteristiche dicoerenza ambientale esociale.

3) “Riforma del codicedei contratti pubblici”. Vanno

potenziati i criteri di sosteni-bilità ambientale; inserendotra i criteri di valutazioneanche i parametri di respon-sabilità sociale, ambientalee fiscale; in sostanza, nonpiù il “massimo ribasso”come avviene ancora ogginel 60% dei casi.

4) “Rimodulazione dellealiquote Iva”. Il riassettodelle aliquote che oggi sonoal 4, 10 e 22 per cento,dovrebbe essere finalizzatoa premiare le imprese cheproducono rispettando criteridi rispetto ambientale esociale.

Ed ecco le tre richiestefatte all’Unione Europea,consegnate al presidentedel Parlamento EuropeoAntonio Tajani, presente aCagliari nel giorno conclusi-vo dei lavori.

“L’armonizzazione fiscaleed eliminazione dei paradisifiscali interni all’Ue”; l’invitoad “accrescere gli investi-menti infrastrutturali e pro-duttivi (anche privati)”; “l’in-tegrazione nello statuto dellaBCE del parametro dell’oc-cupazione accanto a quellodell’inflazione come riferi-menti per le scelte di politicaeconomica”.

Per la nostra diocesihanno partecipato il vescovoOscar Cantoni, donGiampaolo Romano e donAndrea Del Giorgio per laPastorale sociale e del lavo-ro, il presidente delle Acli diComo Emanuele Cantalup-pi, il sindacalista valtellineseGiorgio Nana e, infine, il sin-daco di Gemonio SamuelLucchini in rappresentanzadell’Associazione deiComuni.

CI HA LASCIATO DON RENZO LIVIO

Domenica 5 novembre, nel primo pomeriggio, è morto, pressol’ospedale S. Anna, don Renzo Livio. Nato a Olgiate il 6 febbraio 1939, aveva seguito le orme delfratello don Pierangelo e, dopo il regolare curriculum di studiin seminario, era stato ordinato prete nel duomo di Como damons. Felice Bonomini il 28 giugno 1964.Il suo ministero è iniziato nella parrocchia di san Bartolomeoa Como, dove dal 1964 al 1974 ha lavorato come vicario inte-ressandosi, soprattutto, dell’oratorio. Dal 1974 al 1983 hasvolto il suo ministero come parroco di Acquaseria, dal 1983al 2003 come parroco di Bregnano S. Giorgio e dal 2003 al2014 come parroco di Albiolo. Raggiunta in quell’anno l’età della pensione, è tornato adOlgiate. Fino a poco più di un mese fa si è reso disponibile perle confessioni (soprattutto il sabato pomeriggio) e per l’assi-stenza religiosa di un buon numero di malati e anziani. Alcunigiorni della settimana era impegnato per le confessioni anchenella cattedrale di Como.Il funerale è stato celebrato martedì 7 novembre nella nostraparrocchia con la presenza del vescovo Oscar Cantoni ed èstato sepolto nella cappella di famiglia nel nostro cimitero.

SETTIMANA SOCIALE DEI CATTOLICI ITALIANI

NON AMIAMO A PAROLEMA CON I FATTI

«Figlioli, non amiamo aparole né con la lingua, macon i fatti e nella verità» (1Gv 3,18). Queste paroledell’apostolo Giovanni espri-mono un imperativo da cuinessun cristiano può pre-scindere.. L’amore nonammette alibi: chi intendeamare come Gesù haamato, deve fare proprio ilsuo esempio; soprattuttoquando si è chiamati adamare i poveri.

«Questo povero grida e ilSignore lo ascolta» (Sal34,7). Da sempre la Chiesaha compreso l’importanza diun tale grido. Possediamouna grande testimonianzafin dalle prime pagine degliAtti degli Apostoli, là dovePietro chiede di sceglieresette uomini «pieni di Spiritoe di sapienza» (6,3) perchéassumessero il servizio del-l’assistenza ai poveri. È cer-tamente questo uno deiprimi segni con i quali lacomunità cristiana si pre-sentò sulla scena delmondo: il servizio ai piùpoveri. Tutto ciò le era pos-sibile perché aveva compre-so che la vita dei discepoli diGesù doveva esprimersi inuna fraternità e solidarietàtali, da corrispondere all’in-segnamento principale delMaestro che avevaproclamato i poveri beati ederedi del Regno dei cieli (cfrMt 5,3).

Ci sono stati momenti,tuttavia, in cui i cristiani nonhanno ascoltato fino infondo questo appello,lasciandosi contagiare dallamentalità mondana. Ma loSpirito Santo non ha manca-to di richiamarli a tenerefisso lo sguardo sull’essen-ziale. Ha fatto sorgere, infat-ti, uomini e donne che indiversi modi hanno offerto laloro vita a servizio dei pove-ri. Quante pagine di storia,

in questi duemila anni, sonostate scritte da cristiani che,in tutta semplicità e umiltà, econ la generosa fantasiadella carità, hanno servito iloro fratelli più poveri!

Tra tutti spicca l’esempiodi Francesco d’Assisi, che èstato seguito da numerosialtri uomini e donne santi nelcorso dei secoli.

Conosciamo la grandedifficoltà che emerge nelmondo contemporaneo dipoter identificare in manierachiara la povertà. Eppure,essa ci interpella ogni giornocon i suoi mille volti segnatidal dolore, dall’emarginazio-ne, dal sopruso, dalla violen-za, dalle torture e dalla pri-gionia, dalla guerra, dallaprivazione della libertà edella dignità, dall’ignoranzae dall’analfabetismo, dall’e-mergenza sanitaria e dallamancanza di lavoro, dalletratte e dalle schiavitù, dal-l’esilio e dalla miseria, dallamigrazione forzata. Lapovertà ha il volto di donne,di uomini e di bambini sfrut-tati per vili interessi, calpe-stati dalle logiche perversedel potere e del denaro.Quale elenco impietoso emai completo si è costretti acomporre dinanzi allapovertà frutto dell’ingiustiziasociale, della miseria mora-le, dell’avidità di pochi e del-l’indifferenza generalizzata!

Ai nostri giorni, purtrop-po, mentre emerge semprepiù la ricchezza sfacciatache si accumula nelle manidi pochi privilegiati, e spessosi accompagna all’illegalità eallo sfruttamento offensivodella dignità umana, fascandalo l’estendersi dellapovertà a grandi settori dellasocietà in tutto il mondo.Dinanzi a questo scenario,non si può restare inerti etanto meno rassegnati. Allapovertà che inibisce lo spiri-to di iniziativa di tanti giova-ni, impedendo loro di trovare

un lavoro; alla povertà cheanestetizza il senso diresponsabilità inducendo apreferire la delega e la ricer-ca di favoritismi; alla povertàche avvelena i pozzi dellapartecipazione e restringegli spazi della professionalitàumiliando così il merito dichi lavora e produce; a tuttoquesto occorre risponderecon una nuova visione dellavita e della società.

Invito la Chiesa intera egli uomini e le donne dibuona volontà a tenere fissolo sguardo, in questo giorno,su quanti tendono le loromani gridando aiuto e chie-dendo la nostra solidarietà.Sono nostri fratelli e sorelle,creati e amati dall’unico

Padre celeste. QuestaGiornata intende stimolarein primo luogo i credenti per-ché reagiscano alla culturadello scarto e dello spreco,facendo propria la culturadell’incontro. Al tempo stes-so l’invito è rivolto a tutti,indipendentemente dall’ap-partenenza religiosa, perchési aprano alla condivisionecon i poveri in ogni forma disolidarietà, come segnoconcreto di fratellanza. Dioha creato il cielo e la terraper tutti; sono gli uomini,purtroppo, che hanno innal-zato confini, mura e recinti,tradendo il dono originariodestinato all’umanità senzaalcuna esclusione.

Francesco

LA GIORNATA MONDIALE DEI POVERIDomenica 19 novembre si celebrerà per la primavolta una nuova Giornata Mondiale, voluta diretta-mente da papa Francesco: la prima GiornataMondiale dei Poveri. Riportiamo alcuni passaggi del messaggio scrittodal papa per questa giornata, invitando tutti aleggerlo per intero.

Dopo la preghiera iniziale, don Marco ricorda brevementela figura di don Renzo Livio, scomparso nella giornata didomenica 5.

Si passa quindi a seguire l'ordine del giorno, che prevede,al primo punto, il commento al primo capitolo del documentodel nostro Vescovo, “Orientamenti Pastorali: Perché siamocristiani?”.

Dopo la rilettura del capitolo, sorge una breve discussione,dalla quale emerge che siamo poco abituati a raccontare, nei nostriincontri, i motivi del nostro essere cristiani, lasciando spazio allapreoccupazione di organizzare gli incontri e le attività, senzascambiarci i motivi profondi da cui queste stesse attività nascono.Da qui dipende poi la mancanza di svolgere pienamente il compitodi annunciatori del Vangelo che spetta ad ogni cristiano.

Ci si augura che in Olgiate tanti cristiani si dicano tali ancheperché vi trovano una comunità viva, che li ha fatti crescere e incui è stato possibile inserirsi. Da qui l'esigenza di migliorare lanostra attenzione e capacità di accoglienza verso i nuovi arrivatinella nostra comunità.

Il secondo punto all'ordine del giorno riguarda la consuetaverifica delle attività svolte nel mese precedente.

La festa della Madonna del Rosario, iniziata con la ricorrenzadegli anniversari di ordinazione sacerdotale, è stata ben parteci-pata, e ha goduto finalmente di buone condizioni meteorologiche.

I sacerdoti presenti alla serata di festa del sabato hanno rin-graziato per l'occasione di tornare a Olgiate e rivedere volticonosciuti.

La festa della Castagnata, a Somaino, ha visto una partecipa-zione notevole, sia in termini economici che di partecipazioneall'organizzazione. Si è notato che i presenti hanno passato buonaparte del tempo a socializzare, non solo a sfruttare la possibilitàdi cenare. Resta il fatto che nonostante i grandi numeri dellafesta, la partecipazione alla Santa Messa sia decisamente piùbassa (si fa notare che ciò succede anche in chiesa parrocchiale).

La veglia vicariale per la giornata Missionaria mondiale, tenu-tasi a Maccio, ben preparata, ha avuto una partecipazione scarsa.Purtroppo, nonostante sia stato più volte portato all'attenzionel'argomento, nella stessa serata vi erano altre attività a livello par-rocchiale all'interno del vicariato e a livello diocesano.

Il terzo punto faceva riferimento alla I Giornata dei poveri,indetta da papa Francesco per domenica 19 novembre. Avendo lanostra parrocchia una Caritas ben avviata e gestita, viene propo-sto, pur con tempi stretti, di unire la giornata Caritas a questa,cercando di organizzare una sensibilizzazione con cartelloni ointerventi durante quella domenica e in una serata precedente.

Prima di concludere, don Marco comunica che al momentogli iscritti al primo anno di catechesi di Iniziazione cristianasono 45 e che al corso di preparazione al matrimonio sonoiscritte 11 coppie.

Con la preghiera termina l'incontro, dandosi appuntamento alprimo lunedì di dicembre.

Per prepararci allacelebrazione della

giornata dei poveri:

Venerdì 17 novembreore 20.30

INCONTROin Casa Parrocchiale

con

ROSSANOBREDA

Operatore CaritasDiocesana

TUTTE LE OFFERTE RACCOLTE DURANTELE S. MESSE DI DOMENICA 19 NOVEMBRE

SARANNO DEVOLUTE ALLA NOSTRA CARITAS PARROCCHIALE

L’enciclica Pacem in Terris:un messaggio per tutti gliuomini di buona volontà

A livello politico, i primi anni sessanta sono caratterizzatida numerose situazioni difficili: vi sono conflitti in Algeria,nel Congo e nel Laos; viene eretto il “muro” di Berlino; nel1962 si arriva sull’orlo di un conflitto mondiale con la crisidi Cuba, dove il tentativo sovietico di installare missili sull’i-sola caraibica provoca il braccio di ferro tra le due superpo-tenze dell’epoca, USA e URSS. A tutto questo si aggiungel’esistenza di massicci arsenali nucleari in grado di distrugge-re l’intero globo.

Papa Giovanni, consapevole dei rischi derivanti da que-sto clima di tensione, si spende in prima persona per richia-mare tutti alla ragione. L’11 aprile 1963 pubblica l’enciclica“Pacem in Terris”, un testo che si rivolge non solo al clero eai fedeli laici appartenenti alla Chiesa cattolica, ma “a tuttigli uomini di buona volontà”.

L’eco che suscita il documento è enorme. Negli anni im-mediatamente successivi numerosissime sono le pubblicazio-ni che lo commentano. Nascono anche organismi, istituti,centri studi che si rifanno alla Pacem in Terris.

L’enciclica, pur ispirandosi all’insegnamento tradizionaledella Chiesa, contiene spunti di sorprendente novità, fruttocertamente della riflessione personale del papa. Si tratta dinovità che influenzeranno sia il Concilio appena iniziato cheil magistero dei successori di papa Giovanni.

Un breve articolo non è certo sufficiente per commenta-re adeguatamente l’enciclica. Evidenzierò solo alcuni temi,invitando tutti ad una lettura attenta e meditata della Pa-cem in Terris che contiene ancora temi di grande attualità.

Trattandosi di un testo che tratta della “pace”, è impor-tante definirne il concetto. Papa Giovanni individua il nessoche intercorre tra pace e sviluppo integrale delle persone edei popoli. Ecco che, allora, tutta l’enciclica ci aiuta a com-prendere come la pace altro non sia se non sviluppo globaledi ogni uomo, di ogni popolo. Non è quindi solo assenza diguerra; non è neppure equilibrio fra arsenali militari con-trapposti. È soprattutto un percorso e una costruzione col-lettiva che coinvolge tutti e che si fonda su quattro “pila-stri”: verità, giustizia, amore e libertà.

Papa Giovanni sviluppa poi la definizione di “difesa giu-sta”, introdotta dal suo predecessore Pio XII, arrivando anegare l’esistenza di una “guerra giusta”. Al numero 67 dellaPacem in Terris troviamo infatti questa frase: “riesce quasiimpossibile pensare che nell’era atomica la guerra possa es-sere utilizzata come strumento di giustizia”. È un’importanteinnovazione che supera un concetto presente da secoli nelpensiero cristiano.

Nella parte iniziale dell’enciclica possiamo trovare unelenco completo dei diritti e dei doveri dell’individuo chepapa Roncalli desume in gran parte dalle encicliche socialidei precedenti pontefici. Tra questi diritti troviamo anchequello di “onorare Dio secondo il dettame della retta co-scienza e quindi il diritto al culto di Dio privato e pubblico”(Pacem in Terris nr. 8). Questa affermazione, per noi sconta-ta, in realtà rappresenta un grande passo in avanti: si sanci-sce il diritto alla libertà religiosa per tutti, superando l’inse-gnamento del precedente magistero che la prevedeva soloper i cattolici. Papa Giovanni anticipa la dichiarazione conci-liare Dignitatis Humanae e scardina un vecchio principio di-scriminatorio, inconcepibile per una società che da due seco-li aveva già elaborato il pensiero illuminista.

Un’altra considerazione di particolare importanza la pos-siamo trovare nella parte finale dell’enciclica dove, prose-guendo la riflessione iniziata nella Mater et Magistra, Gio-vanni XXIII affronta il tema della cooperazione tra cristiani enon cristiani. Il papa distingue tra “false dottrine filosofichesulla natura, l’origine e il destino dell’universo e dell’uomo,con movimenti storici a finalità economiche, sociali, culturalie politiche, anche se questi movimenti sono stati originati daquelle dottrine e da esse hanno tratto e traggono tuttoraispirazione” (Pacem in Terris, nr. 84). Con questa afferma-zione si apriva uno spazio completamente nuovo alle rela-zioni con paesi che, a quel tempo, erano collocabili oltre lacosiddetta “cortina di ferro”. Attualizzando queste parole,notiamo come non si condanni più una società in quantoderivante da una certa dottrina: è necessario invece osserva-re concretamente i movimenti sociali che in essa si sviluppa-no e cercare tutti i mezzi possibili di contatto e di azione.Siamo insomma in presenza di un evidente cambiamentonei rapporti tra credenti e non credenti che, negli anni suc-cessivi alla pubblicazione dell’enciclica, ha portato ad instau-rare un proficuo dialogo tra mondi fino ad allora contrap-posti. Si trattava inoltre del riconoscimento dell’azione digruppi concreti di persone, atteggiamento questo che feceottenere all’enciclica una grande attenzione che andò benoltre la comunità cattolica.

Sono questi solo alcuni elementi di novità che possiamotrovare nella Pacem in Terris, un testo dal contenuto davve-ro profetico che ha anticipato e influenzato sia gli esiti delConcilio Vaticano II, sia l’insegnamento dei pontefici succe-duti a papa Giovanni. (4 – continua)

erre emme

Vita Olgiatese12 Novembre 20173

STORIA DELLA DIOCESI…

A cura di Gabriella Roncoroni

Lungo il secolo XV, men-tre al vertice della Chiesa ci sitrastullava in un aureoOlimpo di vita spensierata,dalla base si inerpicava unampio movimento di riforma.Predicatori infiammati masempre sinceri battevano lepiazze d’Italia suscitandodesiderio di conversione per-sonale e chiedendo con forzal’improrogabile riforma dellaChiesa.

Tra questi predicatoriincontriamo Michele daCarcano. Il luogo di nascita èoggetto di contese tra Milanoe Como e, a sua volta, traBregnano S. Giorgio eLomazzo. Nell’incertezza deidocumenti, gli storici si orien-tano a una soluzione salomo-nica: sarebbe un discendentedei Carcano del ramo diBregnano i quali, stanziatisi aMilano avevano un castello aLomazzo, dove nacqueMichele. Poveri santi: cosìassetati di universale, finirefrantumati tra contese di vil-laggio! Forse, chissà, c’è ungioco di Provvidenza in quelnascere tra confini di unuomo fatto per superarli.

Anche nella vocazione èda ritenere figlio di duepatrie. A Milano si converte,ascoltando un confratello di

San Bernardino e in conventoentra a Como, a Santa Crocedove era sorto un convento diFrancescani dell’Osservanza.Dopo aver conosciuto, da gio-vane, San Bernardino, loimitò nell’apostolato itineran-te e nella predicazione.

L’opera sociale per cui siricorda a Como il beatoMichele è la fondazione del-l’ospedale Sant’Anna nel1468.

Esistevano in Como, giàdal XII secolo, vari ospedalet-ti sparsi nella città e nei sob-borghi. Tuttavia questi picco-li enti erano dispersivi e i red-diti – come ricorda la Bolla diPaolo II per il riconoscimentodel nuovo ospedale unificato– “per la maggior parte vannoal mantenimento dei Rettori edei Ministri di detti ospedali”anziché servire a una “decen-te ospitalità”.

L’erezione dell’ospedaleSant’Anna coinvolse sia laChiesa sia il Comune. Così silegge nelle disposizioni delPotestà Maffeo De Salvaticis:“In seguito alla predicazionedel signor frate Michele daCarcano dell’Ordine deiMinori, intervenendo anche ilconsenso del reverendo Padrein Cristo signor BrandaCastiglioni vescovo di Como,

Profetidel nostro

tempoL’UNIONE DELLE FORZE

Il beato Michele da Carcano (XV secolo)

fu creata una commissione didodici cittadini che debbonoprovvedere all’unione degliospedali di questa città”.

Il vescovo e il beatoMichele guidarono una solen-ne processione sul luogo dovesarebbe sorto l’ospedale (l’at-tuale Conservatorio a Como)e qui piantarono una crocecome richiamo per l’operainiziata. L’unificazione ditanti ospedaletti ormai insuffi-cienti era una scelta necessa-ria e lo stesso beato Michelel’aveva già realizzata aMilano e l’avrebbe poi solle-citata in altre città. Era un’i-dea adeguata ai tempi: unirele forze disperse per un’unicacausa permette di risparmiareenergie e di offrire un serviziomigliore. Ci si scontrava però,naturalmente, con resistenzedi campanile: enti e istituzio-ni, anche morenti, tenuti inpiedi a tutti i costi, solo perorgoglio o per vago amore ditradizione. Qualcuno ricorse a

Roma e, alla fine dello stessoanno, Michele fu nominatoVisitatore dell’Osservanzaaddirittura in Austria, inBoemia e in Polonia.Promosso perché rimosso:una tecnica ben nota.

Como, già in difficoltà perpoter vantare il luogo dinascita del beato Michele,non può neppure, a ragione,rivendicare il luogo della suamorte. Concluse infatti il fratela sua operosa giornata aLodi. Là fu sepolto e a Comonon pervenne che una suamano, ora conservata nell’o-spedale da lui voluto.

Peccato che la reliquia siatenuta quasi nascosta.

Una mano capace di rac-cogliere forze inutilmentedisperse farebbe ancoracomodo, a Como!

(da: Saverio Xeres –Passato futuro della Chiesa

di Como. 19. Continua)

A servizio degli emarginati nel silenzio enell’obbedienza

Il ricordo, a 130 anni dalla scomparsa, di madre Gérine, fondatrice delle suoredomenicane di Santa Caterina da Siena

A Saint Genier d’Olt, unpaesino della Francia meri-dionale nasce il 22 aprile1811 Françoise CatherineFabre. Appartiene ad unafamiglia modesta; è secondadi sette figli. I Fabre abitanoa Saint Martial, una localitàche dista 173 chilometri daSaint Genier, perché ilpadre, pur di trovare lavoro,si sposta frequentemente daun paese all’altro dellaFrancia. La famiglia è nume-rosa a la piccola Françoise,dopo i primi anni di scuola, ècostretta ad abbandonarlaper aiutare la mamma nellacura dei fratelli.

La Francia di quel tempoè caratterizzata da profondimutamenti socio–politici, dauna rapida trasformazioneindustriale con gente chedalle campagne migra versole città. Notevole è lo sfrutta-mento della manodoperaoperaia, molto diffuso è illavoro minorile; c’è scarsaattenzione all’educazione edalla salute. È in questo con-testo sociale che viveFrançoise che, nel corsodella sua adolescenza conle sorelle, frequenta il movi-mento laicale domenicanoentrando a far parte dellafraternità diChaudes–Aigues fino ademettere la professione conil nome di MargueriteGérine.

Della storia, un po’ parti-colare ma certamente digrande attualità, di questasuora, in occasione del 130anniversario della suamorte, ha parlato la giornali-sta e saggista RosariaMarchesi nel corso di unincontro che si è svolto aComo in via Rezia.

Nel 1842 madre Gérine aToulouse fonda la primacomunità di terziarie dome-nicane. Sono un gruppo didonne che vivono assiemenell’assistenza ai poveri enel servizio a domicilio pergli ammalati, secondo leregole di San Domenico esecondo la mente, il cuore el’esempio di Santa Caterinada Siena. Nel 1852 madreGérine si stabilisce ad Albi,

dove ancora c’è la casamadre, dando vita allaCongregazione della suoreDomenicane di SantaCaterina da Siena.

In quegli anni intanto lecomunità si moltiplicano nonsoltanto in Francia maanche in America Latina.Anche in Italia sorge unacomunità: a CivitanovaMarche con il compito dellaassistenza all’infanzia e atutti coloro, specialmenteanziani, che si trovano incondizioni precarie o biso-gnosi di assistenza. Nel1865 madre Gérine diventasuperiora generale dellacongregazione ma questoincarico non durerà a lungo,perché nel settembre del1879, per varie ragioni, ècostretta a rinunciare al suocompito di guida, presentan-do le dimissioni al vescovod’Albi.

Da quel momento lecomunità d’Italia decidono dicostituirsi in una famigliareligiosa distinta da quellafrancese. Una specie dicorto circuito della fede conl’elezione di una priora italia-na a Bologna nel 1882. ACarcassone dopo otto annitrascorsi nel silenzio e nellasolitudine muore madre

Gérine: era il 31 dicembre1887. Non c’è un suo scritto,non ci sono testimonianzecirca i motivi di quella divi-sione, certamente accettatacon tanta sofferenza.

Malgrado la divisione, inquegli anni e in quelli suc-cessivi le due comunità, siaquella italiana sia quellafrancese, crescono in ognicontinente. Con il trascorre-

re del tempo è però sentital’esigenza di una federazio-ne, fino ad arrivare al 2005,anno in cui le due priore siaccordano per rifondare laCongregazione. È così san-cita l’unione con la rifonda-zione della Comunità: il tor-rente che è stato diviso permolti anni in due tronconi daun enorme masso, è statoliberato finalmente da quelgrosso impedimento.

La comunità di questesuore domenicane, oggisparse con le loro case in 13Paesi del mondo, si è apertaa nuovi e diversi carismi,soprattutto nelle aree piùpovere, emarginate o inpreda a disordini o a guerrepiù o meno dichiarate. Inquelle località, le più proble-matiche, le suore ed il per-sonale laico di madre Gérinecercano di annunciareall’uomo di oggi la passionee la misericordia del Padre,con l’apertura ad un dialogoecumenico non sempre faci-le. “Contemplare e rivelare ilvolto materno della miseri-cordia di Dio che in Gesùlibera e salva“ è il fonda-mento che ispira le modalitàdella presenza missionariadelle Suore domenicane diSanta Caterina da Siena.

P.D.

Ragazzi in preghiera per i defunti

Preghiera del santo Rosario con i ragazzi e gli adolescenti in suffragio dei fedeli defunti dall’oratorio

al cimitero la sera del 1° novembre.

IL MONDO IN UNA TAZZAIncontri di degustazione

Iscrizioni entro il 10 novembreContributo: 6 euro a persona

Il contributo comprende la partecipazione a entrambi gli incontrie la degustazione di blend selezionati.

12 NOVEMBREUn sorso di giadaBreve storia del tè19 NOVEMBRETra acqua e foglie

Preparazione eproprietà del tè

Per informazioni e iscrizioni: 031 946557 – [email protected] incontri si svolgeranno alle ore 16

presso la Bottega Koinè, via Carducci 23, Olgiate Comasco

4 Vita Olgiatese12 Novembre 2017

Vita OlgiateseEsce la seconda e la quarta

domenica del mese

Autorizz. Tribunale Como n. 10/82.

Con approvazione ecclesiastica.

Direttore responsabile:Vittore De Carli

Redazione:Marco Folladori, Romeo Scinetti,Francesco Orsi, Paolo Donegani,Rolando Moschioni, GabriellaRoncoroni, Chiara Spinelli.

Impaginazione grafica:Francesco Novati, Tarcisio Noseda.

Abbonamento annuale:

ritiro a mano: € 20,00spedizione postale: € 50.00

Stampa: Salin S.r.l. - Olgiate C.

Redazione e impaginazione:

Casa ParrocchialeVia Vittorio Emanuele, 522077 Olgiate ComascoTel. / Fax 031 944 [email protected]

sot to i l campanile del f icoBattesimi

Di Pierro Agata di Luca eTomassini DeniseP. Vitteritt i Ivan e BaggiAnnaTettamanti Riccardo diMassimo e Piazzoli GiuliaP. Tettamanti Fabio ePiazzoli ElenaCarlucci Lavinia diDaniele e Pedraglio GiorgiaP. Sannuto Fausto eAmoruso RitaPalumbo Samuele diGiovanni e Bollino AnnaritaP. Palumbo Chiara

MortiBulgheroni Flavia di anni91 – via Volta , 11Salomone Angela di anni87 – Casa AnzianiGuffanti Iginio di anni 86 –via Salvo D'Acquisto, 25Artaria Augusto di anni 82– via Roma 139Livio don Lorenzo di anni78 – via Luraschi, 5

Per i bisogni della Chiesa

Per uso sala € 30+10 – per ibisogni della chiesa € 28 –funerale di BernasconiEgidio € 250 – PeppinoRossi e Felicia € 500 – N.N.€ 20+80+300 – battesimi del5/11 € 143 – malati€ 95+190 – offerta per B.V.di Lourdes € 100 – offertegruppo pellegrinaggi terzaetà € 250 – funerale diGuffanti Igino € 50 – offertacoscritti classe 1947 € 50(Santa Messa per vivi edefunti il 6/12/17 ore 18.15)

Chiesa di SomainoOfferta per la chiesa € 20

Chiesa di San GerardoPer esposizione reliquia € 50

Restauro organoN.N. € 50+50+50

Dai registriparrocchiali

A mezzanotte si alzò ungrido: "Ecco lo sposo!Andategli incontro!" (Mt25,6)

Il nostro è un mondo checorre. Ogni giorno bisognaaffrettarsi per stare dietro aorari, tabelle di marcia, cam-panelle, riunioni,…Presi dauna frenesia di impegni, sco-lastici ed extra-scolastici,sportivi e lavorativi, nonsappiamo più fermarci pergodere del panorama, senti-re i rumori, guardare il cielo.Arriviamo a casa stanchi e ciafflosciamo sul divanodavanti alla TV o perdiamoore davanti al piccolo scher-mo del nostro telefonino.Arriva finalmente ilweekend, in cui corriamo alcentro commerciale più vici-no per comprare i nuovivestiti, corriamo a farci belliper la serata di divertimentoche ci attende. Facciamo leore piccole saltando di localein locale, e - stravolti - arri-viamo a casa per dormirefino al pomeriggio del gior-no dopo. E lunedì si ricomin-cia.

Tra qualche giorno, però,cercheremo di vivere unasettimana diversa.

Con i ragazzi e le ragazzedelle superiori ci “ritirere-mo”.. Ritirarsi, in questocaso, non significa abbando-nare il campo di battaglia,ma, anzi, iniziare una vera epropria lotta. Ritirarsi nonsignifica isolarsi in modo ste-rile dal mondo, ma coglierela dimensione più vera eprofonda del mondo stesso,ovvero la dimensione delloSpirito. Tutto ciò avverrà inun piccolo angolo di paradi-so, a Cassano Valcuvia (VA),presso i frati dell’Eremo delCarmelo. Qui, oltre al sugge-stivo paesaggio autunnale

delle valli varesine, indaghe-remo e rafforzeremo ilnostro rapporto con Dio etra di noi, aiutati da alcunicatechisti.

Il tema sarà, chiaramente,proiettato sull’avvento delSignore, lo Sposo che vieneper attirarci a lui con amoreinfinito. Un aiuto potràvenirci da Adamo Scoto

(1140-1212), un monacomedievale che scrisse:“Corriamogli incontro! Diandare, infatti, anche unpigro talvolta è capace; cor-rere - invece - lo può solocolui che si affretta. Noi dun-que corriamo incontro a Lui,perché anch’egli è il primoche ha corso a causa nostra:il fatto di correre designal’ardore dello Spirito!”.Lasciando ogni pigrizia, dun-que, correremo incontro alSignore, certi che Lui ci acco-glierà, nonostante tutto, abraccia aperte.

Clerici Ernesto di anni 79– via Michelangelo, 6

Arrighi Irene vedovaAcampora di anni 91 – viaRoccolo, 6

Il gruppo “Cafarnao”al monastero di Piona

Domenica 22 ottobre noi del gruppo Cafarnao siamo andati all’ab-bazia di Piona insieme alle nostre famiglie, alle catechiste e a donRomeo. Siamo partiti dall’oratorio con il pullman e il viaggio è statomolto divertente anche se alla fine, sulle strade strette che portanoall’abbazia, sembrava che il pullman non ci passava. L’abbazia diPiona sorge in un posto bellissimo, immersa in un bosco, sulla riva dellago di Como, proprio dove nasce il lago. I monaci abitano qui dal1.100 circa e la chiesa ha più o meno 900 anni, infatti i muri sono fattidi grosse pietre e gli affreschi sono rovinati, però si capisce bene chec’è Gesù con in mano un libro e sotto di lui i dodici apostoli (abbiamoriconosciuto solo Pietro, che aveva in mano le chiavi). La predica èstata lunga e noiosa, secondo noi i preti di Olgiate sono molto meglio.Quando la Messa è finita, attraverso una porta, don Romeo e il capodei monaci ci hanno portati in due posti che qui a Olgiate non ci sono:la sala del capitolo, che è dove i monaci si ritrovano a discutere dellecose importanti, dove ci sono tante poltrone di legno e ogni monaco hail suo posto, e il chiostro, da non confondere con il chiosco. Il chiosco èdove si comprano i gelati, il chiostro invece è una specie di giardinoquadrato con intorno dei corridoi dove i monaci possono passeggiareanche quando piove, senza bagnarsi, e mentre camminano pregano. Lacosa strana del chiostro di Piona è che non è quadrato: un lato ha 12colonne, uno ne ha 11, uno 10 e uno 8. Quando i monaci camminanosul lato con 12 colonne, meditano sulle 12 tribù di Israele, quando cam-minano sul lato con 11 colonne pensano al fatto che gli apostoli erano12 ma poi Giuda ha tradito Gesù e quindi sono rimasti in 11, quandosono sul lato con 10 colonne pensano ai dieci comandamenti e infinesul lato con 8 colonne pensano alla Resurrezione di Gesù, che è avve-nuta nell’ottavo giorno. I monaci sono persone che pregano tutto ilgiorno: si alzano tutti i giorni alle 5 del mattino e alle 5,30 c’è la primapreghiera. I monaci non pregano mai per loro stessi, ad esempio perchiedere a Gesù di fargli guarire da una malattia, ma pregano sempreper le altre persone: questo è bello. Durante la giornata i monaci si tro-vano insieme a pregare per ben sette volte, l’ultima è alle 20,30 circa,poi alle 21 vanno tutti a dormire. 7 x 365 fa 2.555, vuol dire che imonaci in un anno pregano 2.555 volte. Quando non pregano, i monacilavorano: hanno un orto, la vigna, il frutteto, gli ulivi… domenica scor-sa avevano appena raccolto le olive per fare l’olio e fanno anche deiliquori. “Prega e lavora” è la loro regola: l’ha inventata San Benedetto.Noi pensiamo che la vita dei monaci sia veramente dura e faticosa eanche se a Piona c’è un bel paesaggio, noi non vorremmo andarci avivere per sempre. Secondo noi i monaci riescono a vivere così perchésono in tanti e stando insieme si aiutano: infatti anche don Francesco lasera della veglia missionaria ci aveva spiegato che la missione è andaresempre a due a due e che nessuno crede a un cristiano che dice solodelle belle parole, invece se due cristiani si vogliono bene, allora tutticapiscono che sono cristiani davvero e non solo a parole.

I bambini del Gruppo Cafarnao

Nelle nostre Messe cantia-mo spesso, ormai da moltianni, un Santo chiamatosemplicemente “ i l Santodel Bonfitto”. Forse non cisiamo mai chiesti chi è que-sto Bonfitto. Bonfitto non èaltro che padre MicheleBonfitto, l’autore del notobrano. Il religioso combo-niano, di origini pugliesi, èmorto venerdì 13 ottobrescorso, all’età di 95 anni,nella sede dei combonianidi Firenze dove risiedevada circa vent’anni.Compositore e missionarioal tempo stesso, apostolodegli “ultimi” e dei sofferenti,aveva scelto anche il penta-gramma come “via” perannunciare il Vangelo.E il suo Santo è uno deipiù significativi esempi dellariforma liturgica scaturita dalConcilio Vaticano II, tradottain musica sacra. Una melo-dia ben più ritmata rispettoa quelle del passato, maaccompagnata da paroleche sono di una fedeltàassoluta al testo delMessale. E il brano puòessere facilmente cantatodall'intera assemblea favo-rendo quella partecipazionecara proprio alla riformaliturgica.Non è un caso che padre

Bonfitto è stato consideratouno dei più importanti «rin-novatori» della musicaliturgica nel post-Concilio.Il Santo che lo ha resocelebre è stato pubblicatonel 1971 nella raccolta deicanti originali da lui compo-sti per la Messa dal titolo“Sei grande nell’amore.Canti per celebrazioni litur-giche”. Canti che hannoavuto una grandediffusione. Ecco i titolicompleti: Nella Chiesa delSignore, Signore pietà,Gloria a Dio, Beati quelliche ascoltano, Alleluja, Sequalcuno ha dei beni,Santo, Mistero della fede,

È morto padre Michele BonfittoCon il suo Santo cambiò la musica della Messa

Tuo è il regno, Agnello diDio, Padre santo, Rimanicon noi.Per ricordarlo, in alcunenostre Messe di domenica15 ottobre abbiamo cantatoproprio il suo famoso Santonella versione completa,cioè anche con quella ripeti-zione finale che l’ha resoinconfondibile e unico.L’augurio è che, guardandoa figure esemplari comequella di padre Bonfitto, lenostre comunità riescano arealizzare in modo comple-to la riforma liturgica conci-

“Corretegli incontro”“Corretegli incontro”Ritiro delle SuperioriRitiro delle Superiori

20 ottobre- Da Piazza Volta alla chiesa parrocchiale. Lafiaccolata dei bambini e ragazzi è stata l’espressione di un pic-cola Chiesa che crede ancora nella forza trasformante delVangelo. La buona Notizia può e deve essere annunciata atutti: ai lontani e ai vicini. Nell’indifferenza della nostra città,noi, abbiamo voluto far sentire la nostra preghiera che nonoffende nessuno ma strappa grazie dal cielo per tutti indistin-tamente coscienti che la voce innocente ha ancora più effettoal cospetto del Padre.

“LA MESSE È MOLTA”“LA MESSE È MOLTA”

Data:partenza sabato

25 novembre ore 16.00rientro domenica 26novembre ore 18.00

Dove:Eremo del Carmelo,

via dei Crotti 125, 21030Cassano Valcuvia (VA)

COSTO 30 €Iscrizioni entro

domenica 19 novembre

liare, curando anche consempre maggior attenzionee scrupolo la parte musicale