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Teresa Southwick NOZZE TRA LE DUNE

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Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: The Sheikh's Reluctant Bride The Sheikh's Contract Bride

Harlequin Mills & Boon Romance © 2007 Teresa Ann Southwick © 2007 Teresa Ann Southwick

Traduzioni di Raffaella Fontana

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà

Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Serie Jolly

ottobre 2007 Prima edizione Harmony Serie Jolly

novembre 2007 Seconda edizione Harmony Vedogrande

febbraio 2013

Questo volume è stato stampato nel gennaio 2013 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd)

HARMONY VEDOGRANDE

ISSN 1826 - 168X Periodico mensile n. 75 del 28/02/2013

Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 912 del 28/11/2005

Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA

Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI)

Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A.

Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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PROMESSA ALLO SCEICCO

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LA SPOSA DEL DESERTO

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PROMESSA ALLO SCEICCO

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«La paura ti è amica.» A bordo dell'aereo che stava atterrando sulla pista di Bha'Khar, Jessica Leigh Ster-ling incrociò le dita e cercò di convincere se stessa. Eppure il suo caso era insolito. Di norma, era la fase di decollo a creare mag-gior apprensione, non l'atterraggio, anche se quel viaggio non aveva nulla di normale e i motivi di essere agitata non le mancavano. Non era spaventata come quando sua ma-dre era stata male e lei era stata affidata a una casa-famiglia. In questo caso le sembra-va piuttosto di trovarsi davanti al sogno di tutta una vita e temeva di vederselo sgretola-re tra le dita. D'accordo, aveva appena scoperto di con-dividere lo stesso DNA con altre persone, ma questo non significava che queste fossero interessate a conoscerla o disposte ad accet-

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tarla, e di certo non poteva contare sul fatto che si sarebbero fatte avanti qualora avesse avuto bisogno di un trapianto di reni o di midollo osseo. L'idea di essere a un passo dall'incontrare persone che avevano conosciuto sua madre e che avrebbero potuto volerle bene per via di quella connessione la terrorizzava. Forse l'a-vrebbero accolta a braccia aperte, ma Jessica non poteva esserne sicura. Inoltre era ancora un po' sottosopra in se-guito alla scoperta che la famiglia che era venuta a incontrare dalla California viveva all'altro capo del mondo. Certo, la distanza aggiungeva del rischio alla sua impresa, ma Jess aveva un disperato bisogno di conoscere qualcosa sulle sue ra-dici, come da chi avesse ereditato quegli oc-chi color nocciola e gli scuri capelli castani. C'era anche un'altra questione che le stava a cuore. La vita non poteva avere in serbo un lieto fine, una volta tanto? Era proprio ciò che era venuta a scoprire. L'aeroplano svoltò verso l'hangar e Jessica tremò all'idea di essere nel paese di sua ma-dre, il paese di cui aveva ignorato l'esistenza fino a che Mary Sterling era stata in vita. Il quantitativo di documenti necessari per in-

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traprendere il viaggio le faceva ancora girare la testa, ma grazie al cielo il re aveva inviato qualcuno a prenderla per evitarle altri incon-venienti. Per quale motivo sua madre le ave-va nascosto di avere delle connessioni con la famiglia reale? Lei non l'avrebbe mai sco-perto se non fosse stato per la solerzia di un avvocato del distretto giudiziario che aveva ritrovato una vecchia lettera di sua madre conservata tra tante scartoffie. Il re le aveva inviato nientemeno che il jet privato e, quando il pilota ebbe spento la spia delle cinture di sicurezza, Jess si alzò e stiracchiò i muscoli indolenziti. Le era stato annunciato che qualcuno sarebbe andato a riceverla, ma la cosa non riusciva a tranquil-lizzarla. Le tendine nella parte anteriore del velivo-lo si dischiusero e un uomo con indosso un elegante abito scuro le andò incontro. Le sembrava familiare, ma era da escludere che lo avesse già incontrato in precedenza. Doveva avere all'incirca trent'anni e si muoveva con incedere sicuro, aggraziato e allo stesso tempo autoritario. I capelli folti e scuri erano abbastanza lunghi da sfiorare il colletto immacolato della camicia. L'accenno di arroganza che gli incurvava la bocca e il

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naso sottile e dritto suggerivano una passio-nalità che avrebbe potuto travolgere qualsia-si donna. Solo una piccola cicatrice verticale sul labbro superiore e una a forma di mezza luna su uno zigomo affilato guastavano la sua virile perfezione. E guastavano non era certo il termine più appropriato. Al contrario, quelle piccole imperfezioni non facevano che accentuarne il fascino. Le si fermò davanti e le sorrise. «Jessica?» Quel sorriso avrebbe incantato qualsiasi ragazza, ma lei non era una ragazza qualsia-si. «Sono io.» «Benvenuta a Bha'Khar.» Le sollevò una mano e si inchinò davanti a lei. Proprio come il viaggio in aereo, anche quella era una prima assoluta. A chi era cre-sciuto in una casa-famiglia, non capitava spesso di imbattersi in uomini che facevano il baciamano. Quel gesto la fece sentire a di-sagio e fuori posto. Proprio come quella not-te in cui era stata trascinata fuori della stanza d'ospedale di sua madre per essere rinchiusa in un istituto con altri bambini che, come lei, non avevano famiglia. Fu assalita da un sen-so di tristezza e disperata solitudine. Ma quando le labbra delicate di lui le sfio-rarono le nocche, i sentimenti che le si agita-

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rono dentro non ebbero più nulla a che vede-re con l'ansia, quanto piuttosto con un tur-bamento viscerale. «Gra-grazie» balbettò. Lui la studiò con gli occhi scuri e intensi. «Perdoni la mia franchezza, ma devo ricono-scere che non mi aspettavo che fosse tanto graziosa.» «Grazie» ripeté lei imbarazzata. Non le sembrava il caso di essere scortese con l'uomo che doveva essere stato inviato per scortarla presso la sua famiglia, eppure l'istinto le gridava a gran voce che la situa-zione si stava facendo oltremodo pericolosa. Era normale essere sospettosa, dopo un'in-fanzia trascorsa a osservare sua madre di-struggere se stessa con l'alcol e una sequela di uomini sbagliati. Jessica aveva imparato a riconoscere un impostore a un miglio di di-stanza già alla tenera età di dieci anni. E non c'erano dubbi che quell'uomo fosse uno di essi. Ma del resto non doveva essere altro che un braccio destro del re incaricato di svolge-re un lavoro. Una volta portatolo a termine, sarebbe sparito dalla sua visuale. «Spero che abbia fatto buon viaggio» pro-seguì lui senza lasciarle la mano.

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Buon viaggio? Jess si guardò intorno. Quel jet era caratterizzato dal lusso più sfrenato. «Abbiamo attraversato alcune turbolenze.» Anche allora il suo cuore aveva accelerato. «Ma per il resto tutto è filato liscio. Anche se devo ammettere di non avere termini di pa-ragone, visto che era la mia prima volta.» Il suo sguardo luccicò di una luce indeci-frabile. «Così ha perso la sua verginità...» E dopo due interminabili secondi aggiunse: «Intendo dire... aerea». Be', non era andato poi tanto lontano dalla verità, visto che Jessica non era ancora stata a letto con un uomo. In molti sarebbero stati ben felici di accompagnarla in quel passo tanto importante, ma lei non era interessata. Dubitava che ci fosse un uomo fedele sulla faccia della terra, per non parlare di uno ca-pace di travolgerla in un vortice di passione. Era quello il problema di un'inguaribile romantica. L'aspetto razionale e quello idea-le erano in perenne conflitto. Aveva sempre sognato un incontro romantico di un'intensità tale da farle dimenticare l'esistenza del mon-do intero. Per ora stava ancora aspettando. Eppure doveva riconoscere che il contatto delle labbra di quell'uomo sul dorso della mano le aveva fatto sobbalzare lo stomaco

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come durante uno di quei maledetti vuoti d'aria. Cosa sarebbe successo se l'avesse ba-ciata sulla bocca? Al solo pensiero sentì uno strano prurito alle labbra, segno che era ora di rimettersi sulla giusta carreggiata. Occor-reva tornare a concentrarsi sulle cose prati-che. Le aveva rivolto una domanda sul viaggio, giusto? Era ora di lasciarsi alle spalle l'osservazio-ne sulla verginità perduta e tornare ad argo-menti più impersonali. «Questo aereo è in-credibile. È come un soggiorno volante.» «C'è anche una stanza da letto» aggiunse lui con un'occhiata maliziosa. Alla faccia dell'impersonale! «Me n'ero accorta.» «Il letto era di suo gradimento?» L'adrenalina che le scorreva nelle vene minacciava di farla andare in tilt. «Era tutto perfetto.» «Eccellente. Una macchina ci sta aspet-tando. La scorterò a palazzo.» «A palazzo?» Il cuore le batteva all'impaz-zata. «Perché, preferisce forse fare qualcos'a-ltro?» Non lo sapeva nemmeno lei, ma di certo

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l'idea di andare a palazzo non la tranquilliz-zava, neanche dopo avere letto la lettera del-la madre. Ne ricordava ancora la calligrafia incerta e il toccante incipit. So di avere sbagliato tutto nella vita, ma non era sbagliato il modo in cui ti ho amato. Jessica aveva letto e riletto quella missiva un'infinità di volte, ma ancora non riusciva a capacitarsi di essere legata in qualche modo alla famiglia reale di Bha'Khar. «Sono certa che il palazzo sia incantevo-le.» Incantevole? E quella da dove le era u-scita? Cosa poteva saperne lei di palazzi, cresciuta com'era a hamburger e patatine fritte? «Ma?» «Speravo di incontrare la mia famiglia.» «E così sarà» le promise lui. «Le debite i-struzioni sono già state impartite, nel frat-tempo immagino le farà piacere darsi una rinfrescata e rilassarsi un po'.» Rilassarmi? Come avrebbe fatto a rilassar-si tra dei perfetti estranei, e di sangue blu per giunta? Quando lui si voltò diretto alla scaletta, Jessica lo fermò trattenendolo per un brac-cio. «Aspetti.» «Qualcosa non va?» le chiese, uno sguardo

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di sincera preoccupazione negli occhi. «Forse farei meglio a stare in albergo.» Lui apparve sorpreso. «Il re e la regina sa-rebbero oltremodo delusi.» Come faceva a spiegargli che non se la sentiva di stare sotto lo stesso tetto con due sovrani? «C'è un detto nel mio paese: meglio apparire stupidi che aprire bocca e dimostra-re di esserlo.» «Questo detto mi piace, ma lei non ha af-fatto l'aria di una stupida, per cui temo di non seguirla.» «Se stessi a palazzo con il re e la regina fi-nirei per fare qualcosa di inappropriato» spiegò ancora. «Non dovrà fare altro che essere se stes-sa.» «È proprio di questo che ho paura.» «Non ce n'è motivo.» «E invece sì» lo contraddisse lei, indi-cando con una mano l'ambiente intorno a sé. «Sono cresciuta in un monolocale a Los Angeles fino a che non sono stata tra-sferita in una casa-famiglia. Non so distin-guere un bicchiere per l'acqua da quello per il vino.» «Ora sta esagerando.» «Forse, ma capisce dove voglio arrivare?»

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«Mi stia accanto e imiti quello che farò io. Prometto che baderò io a lei.» Jessica lo studiò con sguardo scettico. «Nel mio paese, quando qualcuno ti chiede di fidarti, in genere è meglio non farlo.» «Lei è una donna molto cinica» commentò lui. «Ho le mie buone ragioni.» «Non vedo l'ora di ascoltarle.» Le sorrise, scoprendo una fila di denti bianchissimi e producendo di nuovo nel suo stomaco quella sensazione da vuoto d'aria. «Il re e la regina saranno felicissimi di fare la sua conoscenza. La figlia della figlia dei loro carissimi amici. L'hanno cercata a lun-go.» «Mi hanno cercata?» Il suo sguardo si fis-sò in quello di lui. Nella lettera sua madre le spiegava di esse-re rimasta incinta di un diplomatico già spo-sato e di essere fuggita per la vergogna. Jes-sica si sarebbe aspettata che la sua famiglia l'avesse rinnegata e scoprire che invece qualcuno l'aveva cercata raddoppiò la dose di adrenalina che le circolava nelle vene. Gli sorrise. «Grazie...» Si era presentato? Era talmente sconvolta da quella catena di eventi e rivelazioni da essersene già dimenti-

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cata? «Mi dispiace, temo di ignorare il suo nome.» «Mi scuso. Sono imperdonabile.» Fece un leggero inchino. «Sono Kardahl, il figlio di re Amahl Hourani di Bha'Khar.» Quel nome le suonava familiare. «E così siamo parenti?» Lui scosse la testa. «I suoi antenati sono collegati alla famiglia reale, ma i rami dell'albero genealogico si sono separati più di un secolo fa.» Non c'era motivo di sentirsi sollevata, ep-pure Jess non poté farne a meno. Ma subito dopo realizzò perché quel nome le sembrava vagamente familiare. Aveva già visto quell'uomo in fotografia, anche se doveva ri-conoscere che di persona era molto meglio. «Lei è il principe playboy.» Lui la guardò incuriosito. «Legge la cro-naca rosa?» «Non compro mai quel genere di riviste.» Era una sottigliezza, ma si sentì in dovere di precisarlo. «Ma è difficile evitarle dal par-rucchiere o nella sala d'attesa del dottore.» «Forse farebbe meglio a cambiare medico e sceglierne uno che non foraggi certa stam-pa.» «Non ho scelta.» Ecco un'altra prova del

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fatto che vivessero su due pianeti diversi. «I miei bambini vanno da dottori convenzionati con lo stato e non abbiamo voce in capitolo quando si tratta di scegliere il genere di lettu-re da proporre in sala d'attesa.» «Ha dei figli?» chiese Kardahl, tradendo un lampo di stupore nello sguardo. «Non ho mai partorito, se è a questo che si riferisce. Sono un'assistente sociale e mi oc-cupo di bambini senza famiglia.» «Capisco.» «Ne dubito. Non credo che abbia mai do-vuto preoccuparsi dell'assistenza sanitaria o di cosa mangiare per cena, dal momento che è cresciuto in un palazzo.» «Ha ragione.» «Come dovrei chiamarla? Sua Altezza Re-ale? Vostra Maestà?» «Signore dell'universo è il mio titolo prefe-rito.» Lei batté le palpebre. «Stava cercando di fare lo spiritoso?» «A quanto pare senza riuscirci» mormorò lui. Ma le sorrise in ogni caso, un sorriso talmente irresistibile che Jessica sentì il bi-sogno di sedersi. Nota mentale: il playboy era fornito di senso dell'umorismo, il che lo rendeva anco-

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ra più insidioso. Per fortuna che il suo radar per impostori era sempre all'erta. Non aveva nessuna intenzione di fare la fine di sua ma-dre. Sognava di incontrare l'uomo capace di coinvolgerla in una relazione appassionata, ma aveva bisogno di potersi fidare di lui e del fatto che sarebbe rimasto al suo fianco. E un playboy non era certo la persona più indicata. Il principe le aveva appena confermato di essere l'opposto dell'uomo che desiderava nella sua vita e del resto dubitava che le a-vrebbe prestato la minima attenzione, visto che, a quanto riportato dai giornali, predili-geva modelle, attrici e bellezze di fama mondiale. In altre parole, l'esatto opposto di lei. «La mia famiglia e i miei amici mi danno del tu e mi chiamano soltanto Kardahl» pro-seguì lui. «Va bene, allora. Kardahl. Vado a recupe-rare la mia valigia e...» «Non ti preoccupare. Se ne occuperà qual-cuno dello staff.» Così dicendo le appoggiò una mano sulla schiena e il calore sprigiona-to da quel contatto sembrò attraversarle la giacca, minacciando di farla squagliare. Do-veva essere dovuto al suo profumo delizioso.

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Ricordava di avere letto da qualche parte che l'olfatto era la più potente delle armi di sedu-zione. In ogni caso, il principe si era imbat-tuto nell'unica donna al mondo immune al suo fascino da tabloid. A Kardahl non era sfuggita la freddezza nello sguardo color nocciola di Jessica nel momento in cui si era presentato, e tale rea-zione lo aveva sorpreso. «Andiamo» le disse lui, facendole strada verso la limousine. Osservò con curiosità il bagaglio che un assistente stava sistemando nel baule. Consisteva in una semplice vali-gia, il che contrastava con la sua esperienza. Per quel che ne sapeva lui, le donne si porta-vano dietro sempre più del necessario. Dav-vero strano, soprattutto se si considerava che Jessica stava per lasciarsi la sua vecchia vita alle spalle e ripartire da zero. Kardahl si infilò al suo fianco nel retro della vettura, quindi incontrò lo sguardo di lei. Lo scandalo che aveva accelerato l'arrivo di quella donna era scoppiato a causa sua. Aveva perso l'unica donna che avesse mai amato, e da allora era passato da un'avventu-ra all'altra. Non c'erano dubbi che con il gen-til sesso non fosse avaro di complimenti, ma

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quando le aveva detto di trovarla molto bella non stava esagerando. I capelli castani con riflessi dorati le arrivavano alle spalle e le ciocche che le incorniciavano il viso mette-vano in evidenza gli zigomi perfetti, retaggio delle sue nobili origini. Anche le labbra era-no notevoli. Piene e carnose, di gran lunga le più attraenti che avesse mai visto. «Parlami di te» le propose. «Sono delusa.» «Non hai che da dirmi chi è il responsabile della tua delusione e farò di tutto perché pa-ghi a caro prezzo la sua leggerezza.» «Basta che ti guardi allo specchio» rispose Jess asciutta. «Sono certa che tu sappia fare di meglio per rompere il ghiaccio. Posso fornirti io alcuni esempi. Ce l'hai un cerotto? Mi sono sbucciato le ginocchia quando ti sono caduto ai piedi. O ancora, il mio prefe-rito: credi nell'amore a prima vista, o devo uscire dalla stanza e rientrare un'altra vol-ta?» «Non credi che sia davvero interessato, è così?» «Per quale motivo dovrei crederti?» Quella donna era un vero enigma. Non ap-pena aveva scoperto la sua identità, il suo at-teggiamento era cambiato e della ragazza

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aperta e cordiale che aveva riconosciuto in un primo momento non era rimasta traccia. Adesso Jessica si comportava in maniera scettica e spigolosa, addirittura sospettosa. Era la prima volta che una donna lo trattava a quel modo e per qualche strana ragione Kardahl trovava la cosa molto interessante. Le sorrise. «Eppure ti assicuro che di soli-to funziona. Quando chiedo a una donna di parlarmi di sé, di solito lei mi ricompensa con alcune informazioni personali.» «D'accordo. Vorrà dire che starò al gioco.» «Non sapevo si trattasse di un gioco.» «Di cos'altro, se no? Tu mi sembri fatto così.» Lui annuì. «Come vuoi. Se credi che sia un gioco, giocherò con te.» «Proprio come immaginavo.» «Allora, vuoi parlarmi di te?» Jessica sospirò. «Sono nata a Los Angeles, in California. Mia madre è morta quando a-vevo dodici anni. Sono cresciuta in una casa-famiglia, sono andata al college e ho conse-guito una laurea in scienze dell'istruzione.» Si strinse nelle spalle. «Questi sono i punti più salienti.» Kardahl era convinto che ci fosse molto di più. Suo padre aveva fatto condurre delle ri-

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cerche sul suo conto e ora rimpiangeva di non avere letto il rapporto, ma non era riu-scito a sconfiggere l'indifferenza e l'apatia. Mentre la macchina avanzava spedita ver-so il palazzo, lui riprese la conversazione. «Sono certo che ci sia dell'altro.» Jess aggrottò la fronte e si mise a guardare fuori del finestrino. Sembrava molto tesa ed era incapace di smettere di giocherellare con le dita. «Sono molte le cose che non ti ho raccon-tato, ma non sono importanti.» Tornò a in-contrare il suo sguardo. «E adesso dimmi di te.» Visto il legame che li univa, la sua reticen-za era davvero inspiegabile, ma Kardahl non aveva fretta. C'era tutto il tempo per cono-scerla meglio. «Sono il secondo nella linea di successione al trono di Bha'Khar...» «L'erede di scorta?» «Se vuoi metterla così.» «Sei un po' come il vicepresidente nel mio paese.» «Immagino di sì.» «Se sei sempre impegnato a rendere felici le donne di tutto il mondo, come lo trovi il tempo di prepararti?» «Per cosa?»

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«Per governare il paese. Nel caso in cui diventasse necessario.» Kardahl lo sapeva, non aveva una gran bella reputazione. In gran parte la sua fama era meritata, per il resto era stata abbellita a regola d'arte dalla stampa scandalistica. «Se dovesse essermi richiesto farò il mio dovere, ma prego perché non avvenga, poiché un giorno mio fratello Malik diventerà re.» «Certo. Raccontami qualcos'altro.» «Cosa desideri sapere?» «Vorrei sapere come è possibile che una persona nata in mezzo ai privilegi e con la facoltà di fare qualcosa di nobile per gli altri si trasformi in un egoista alla ricerca del proprio piacere personale e di nient'altro.» Il suo tono era amichevole, leggero, ma era ovvio che lo disprezzava. «Non mi stimi molto.» «Non vedo come potrebbe essere altrimen-ti. Le tue avventure galanti sono sulla bocca di tutti.» Aveva smesso di provare qualsiasi emo-zione due anni prima, quando aveva seppel-lito la sua amata, e quasi faticò a riconoscere la rabbia che sentiva crescere dentro di sé. «Credi sempre a tutto quello che leggi?» «Se non ci fosse almeno un briciolo di ve-

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rità, non si azzarderebbero a pubblicare certe notizie. Incorrerebbero in guai giudiziari per diffamazione. Pertanto, sì. Credo a buona parte di quello che leggo.» Jess lo fissò dritto negli occhi. «Anche se devo riconoscere che in foto sembri molto diverso.» «Ai paparazzi non interessa scattare dei bei ritratti, sono piuttosto quelli infamanti che prediligono.» Né si preoccupavano delle persone che ferivano nel tentativo di procu-rarsele, rifletté lui con amarezza. «E tu non li deludi mai, dico bene?» «Se è questo che pensi di me, non capisco per quale ragione tu abbia accettato di venire fin qui.» «Conosci già la risposta. L'emissario di Sua Maestà mi ha promesso di farmi cono-scere la mia famiglia. Subito dopo averli in-contrati, farò ritorno al mio lavoro. Social-mente importante, cosa che tu forse non ca-pirai mai.» «Ti sbagli.» Dopotutto Kardahl era il Mi-nistro della Difesa. «Le questioni sociali mi appassionano.» Lo stava giudicando senza neanche cono-scerlo e la cosa iniziava a infastidirlo. Se quello era il suo intento, sarebbe rimasta de-lusa. Dopo avere perso l'amore, la passione e

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l'entusiasmo erano appassiti a loro volta den-tro di lui e l'avevano lasciato come svuotato. Si trattava soltanto di fare il suo dovere. Visti gli importanti negoziati intrapresi dal governo di Bha'Khar per sedere al tavolo con i grandi della terra, la famiglia reale non po-teva permettersi l'ennesimo scandalo. Come i suoi consiglieri avevano sottolineato a più riprese, il pubblico, più ancora degli scanda-li, gradiva una bella storia d'amore, magari coronata da giuste nozze. Ma non era quella l'unica ragione per la quale l'arrivo di Jessica era stato sollecitato. Dal momento che aveva perso l'unica donna a cui tenesse davvero, per giunta incinta del loro bambino, per Kardahl ormai una donna valeva l'altra. Il suo cuore era diventato di pietra e non riusciva nemmeno più a ribellar-si all'idea che il re avesse scelto la sua sposa quando lui era ancora bambino. Il suo stupore, però, non faceva che cre-scere. Che cos'era quella storia che, dopo a-ver incontrato la sua famiglia, sarebbe torna-ta al lavoro? Questo spiegava l'essenzialità del suo bagaglio, ma sollevava altre doman-de. Kardahl aggrottò la fronte. «Una persona pronta a prendere dei voti tanto solenni non

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dovrebbe essere accusata in maniera gratui-ta.» «Voti? Di che voti stai parlando?» «Di quelli che abbiamo preso per procu-ra.» Lei spalancò gli occhi. «Continuo a non capire.» Nemmeno lui, ma di una cosa era certo. «Tu sei mia moglie.»

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