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1 Sommario: L'attuale fase di transizione nel Medio Oriente e Nord Africa va di pari passo con importanti trasformazioni economiche e sociali. Quali saranno le immediate ripercussioni sugli investimenti diretti esteri provenienti dai più importanti paesi atlantici? Ci sono già importanti variazioni? Stiamo andando incontro a una stagione di caos o, al contrario, gli attori principali stanno già preparando il terreno per nuovi accordi economici che cambieranno in modo sostanziale la bilancia esistente? Quale sarà il ruolo di Brasile, Russia, India e Cina nel prossimo futuro? Sergio Alessandrini è docente di economia politica presso l'Università di Modena e Reggio Emilia presso la Facoltà di Legge dal 1991 e componente del Comitato Scientifico del FEMISE. Il suo ambito di ricerca riguarda in particolare il commercio internazionale e gli investimenti. Ottobre 2012 Investimenti Diretti Esteri verso il Medio Oriente e il Nord Africa: Sviluppi di medio e lungo periodo di Sergio Alessandrini*

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Sommario:L'attuale fase di transizione nelMedio Oriente e Nord Africa va dipari passo con importantitrasformazioni economiche esociali. Quali saranno le immediateripercussioni sugli investimentidiretti esteri provenienti dai piùimportanti paesi atlantici? Ci sonogià importanti variazioni?Stiamo andando incontro a unastagione di caos o, al contrario, gliattori principali stanno giàpreparando il terreno per nuoviaccordi economici checambieranno in modo sostanziale labilancia esistente?Quale sarà il ruolo di Brasile,Russia, India e Cina nel prossimofuturo?

Sergio Alessandrini è docente di economia politica presso l'Università diModena e Reggio Emilia presso la Facoltà di Legge dal 1991 ecomponente del Comitato Scientifico del FEMISE. Il suo ambito diricerca riguarda in particolare il commercio internazionale e gliinvestimenti.

Ottobre 2012

Investimenti Diretti Esteriverso il Medio Oriente e il

Nord Africa:

Sviluppi di medio e lungoperiodo

di Sergio Alessandrini*

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Trasformazioni economiche e sociali dinatura strutturale

Sono trascorsi due anni dall'inizio delle rivolteche hanno rovesciato le autocrazie in diversistati nordafricani. Un nuovo equilibrio staemergendo nei rapporti tra gli stati e all’internodegli stessi il cui impatto sul processo diintegrazione euro­mediterraneo, in terminieconomici di costi e di benefici, e ancora tutto dascrivere. La crisi politica e sociale ha colpito inprimis le economie di Egitto, Tunisia, Libia eSiria, entrate in recessione a causa dellacontrazione degli introiti delle esportazioni, delturismo e delle rimesse degli immigrati. Glieffetti negativi si sono poi amplificati nell’estatedel 2011 con il progressivo deterioramento deifondamentali economici dell'eurozona, il piùimportante partner commerciale dei paesinordafricani. Le prospettive di lungo periododell'integrazione euro­mediterranea, focalizzatasinora sull'integrazione commerciale e gliinvestimenti diretti, sono state riconsiderate ecriticate sia per la natura1 che per l'efficienza2degli strumenti politici ed economici impiegati.Da entrambe le parti del Mediterraneo laprospettiva di lungo periodo è stata sostituita dauna politica di wait and see. Nel frattempo, lecifre riguardanti gli afflussi di investimenti esterisono cambiate notevolmente. Nel 2011, i 6 paesidella riva Sud del Mediterraneo3 hanno perso$7,2 miliardi in Investimenti Diretti Esteri (IDE)rispetto ai $17,1 registrati nel 2010. L’interessesuscitato nella comunità finanziaria che si ètrovata di fronte a questo crollo tende però a noncogliere, o ad accantonare, la profonda portata

dei cambiamenti politici ed economici in atto ele possibile conseguenze. Dando un pesoeccessivo alle variazioni annuali, per altro moltirilevanti nel contesto regionale, si mette inombra quella visione di medio­lungo periodoche deve guidare le imprese nelle loroprospettive di investimento.Infatti, è importante considerare i seguentiaspetti:­ La diminuzione degli IDE originatasi con lePrimavere arabe, al plurale perché diverse permotivazioni e successiva evoluzione, sisovrappone in realtà a un trend di declinoiniziato nel 2008 e continuato negli annisuccessivi;­ Le percezioni e le aspettative degli investitoriesteri dipenderanno anche da come verrannoaccolti nei vari paesi. A questo proposito, degnedi nota sono le rassicurazioni offerte dai nuovileader dei paesi coinvolti nella Primavera araba afavore del mantenimento delle quadro giuridicoa favore degli investitori esteri e delle misureincentivanti ante rivoluzione. Ciononostante, ilbusiness climate è cambiato drammaticamente,all'interno e all'esterno della regione.­ Le economie dei paesi nordafricani sonocaratterizzate da un enorme spreco di risorseumane. La disoccupazione è la più alta nelmondo e colpisce la fascia giovane con livelli diistruzione superiore che non trovano sbocchioccupazionali adeguati nel numero e nellaqualità. A causa dell'insicurezza e dalladiminuzione degli introiti da turismo,

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esportazioni e rimesse degli emigrati, questipaesi dipendono oggi più che mai dagliinvestimenti esteri per sostenere la creazione dilavori e migliorare la produttività. La comunitàinternazionale sta però aspettando i nuoviprogrammi economici prima di prenderedecisioni a lungo termine.

Il processo politico: Percorsi differenti erallentamento degli IDE

La transizione ha preso percorsi molto diversi inogni paese.

La Tunisia ha sostituito molto rapidamente il suogoverno autoritario, evitando ulteriorideterioramenti nella bilancia dei pagamenti dopoalcuni disinvestimenti rilevanti e una fuga dicapitali nel primo trimestre del 2011. Paesi comeEgitto, Libia e Siria, al contrario, sono rimastiintrappolati in una fase di transizione, il che haportato a un pesante deterioramento delle loroeconomie. Un terzo gruppo di paesi, infine,formato da Marocco, Giordania e Libano, sonostati lambiti solo marginalmente dallerivoluzioni e hanno avuto risultati migliori,anche se l’afflusso di IDE in questi paesi è

comunque diminuito nel2011 (con un parzialebilanciamento dei generosiaiuti allo sviluppo concessidai paesi partner del GolfoArabo).4Tutti questi sviluppi sonoavvenuti in un contesto dideterioramento del quadroeconomico mondiale e dopoun decennio di crescitasostenuta. In generale, ilflusso degli IDE èdiminuito dopo la crisiinternazionale del 2008(Tabella 1 e Grafico 1) e isuoi valori sono ancora benal di sotto dei livelli pre­crisi5. Il profilo degli eventiesterni è ben visibile degliafflussi di capitale estero inEgitto, ma ha interessatoanche il Marocco, la TunisiaFonte: UNCTAD, WIR 2012

Fonte: UNCTAD e statistiche dalla Banca Centrale per il 2011

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e la Giordania. E’ stata quindi la recessioneindotta dalla crisi finanziaria e propagatasi percontagio sulle piazze europee a sottrarre allaregione un quota rilevante di importazioni e arallentare i flussi finanziari internazionali.La crisi ha tagliato gli IDE di un 15­20% nei dueanni successivi. Il flusso di investimenti diretti aipaesi MENA è crollato nel 2011 da $21,4 a$11,5 miliardi (­46%). I vari paesi hanno avutoreazioni differenti a causa delle diversità delleloro strutture economiche. I primi stati a esserecolpiti sono stati Egitto e Marocco, fortementeesposti con le banche americane ed europee econ un mercato azionario e delle obbligazionipiù sviluppato. Altre economie ( Tunisia, Libanoe Giordania) si sono mostrate più resistenti,grazie alla loro maggiore abilità di salvaguardarele riserve di valuta estera e di controllare i lorodeficit di budget.6Le rivoluzioni arabe hanno poi causato unulteriore shock che ha modificato le prospettived'investimento in tre paesi: Egitto e Libia,maggiormente colpiti, e Tunisia. Solo due paesi,Marocco e Algeria, hannoevitato la crisi e conosciutouna crescita significativadegli afflussi di IDE (+60%e +13% rispettivamente).Infine, alcuni paesi (Siria,Libano e Giordania) sonostati indirettamentecontagiati dalla situazionedei paesi partner.

Attori principali

EgittoGli IDE in entrata in Egitto sono decisamentecrollati, passando dal picco del biennio 2008­2009 (più di $10 miliardi di dollari l'anno) a $6,4(2010). Nel 2011 il flusso di capitali in uscita haaddirittura superato il valore di quello in entrata,rendendo negativo (­$483 milioni, Grafico 2) ilsaldo netto per la prima volta nella sua storiarecente. La capacità attrattiva e il riconoscimentointernazionale che ha sostenuto gli investimentiesteri in Egitto nell'ultimo decennio è stata erosa,o addirittura perduta. A un esame più attento,però, sembra che la perdita di competitivitàdell'Egitto abbia molto più a che fare con la crisifinanziaria del 2008, piuttosto che con laPrimavera Araba, nonostante i due shock sianoadesso interconnessi.Una consistente fuoriuscita di capitali è avvenutanella seconda metà del 2008 con il ritiro da partedegli investitori esteri delle loro posizionidetenute nel mercato azionario e delleobbligazioni; sono fuoriusciti capitali per piùdell'1% del PIL. Nei successivi due anni questapercentuale è raddoppiata. Le statistiche

Fonte: Banca Centrale Egiziana, Bollettino Statistico Mensile

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riflettono anche un cambiamento strutturalenella bilancia dei pagamenti: gli investimentidelle compagnie egiziane in uscita, specialmenteverso altri paesi nordafricani (cemento in Algeriae Siria, telecomunicazioni in Tunisia), sonodivenuti più consistenti, mentre gli investimentiin entrata si sono ridotti (da 3,1% del PIL nelbiennio 2007­2008 a meno dell'1% nel 2011).Per quanto riguarda i settori di destinazione delcapitale, mentre gli investitori esteri hannomostrato un alto livello diresistenza nei settori dellerisorse naturali ed energia(Grafico 3), diminuzionipiù consistenti sonoriportate nel settoremanifatturiero, nelturismo e nei progettiimmobiliari, guidati inparticolare da investitoriarabi e domestici. Ilrisultato è uncambiamento nella“nazionalità” degli IDE.

Le aziende statunitensi,che garantivano più di unterzo degli IDE inentrata, hanno ridotto leloro posizioni dopo lacrisi finanziaria del 2008.Il declino degliinvestimenti statunitensiè stato però compensatodai maggiori investimentieuropei nei settorienergetico (in particolarein quello petrolifero),

della manifattura e bancario. Nel 2011, su untotale di $8,1 miliardi di investimenti in entrata,quasi due terzi erano di origine europea (Grafico4).Nonostante il fatto che anche gli stati BRIC(Brasile, Russia, India e Cina) considerinol'Egitto una destinazione attraente per gliinvestimenti, il loro ruolo in tal senso è ancoramarginale, subordinato invece alla promozionedel commercio bilaterale che ha segnato una

Fonte: Banca Centrale Egiziana, Bollettino Statistico Mensile

Fonte: Banca Centrale Egiziana, Bollettino Statistico Mensile

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progressiva espansione nell’ultimo decennio.Alcune grandi industrie indiane hanno apertodelle filiali o acquistato quote in aziendeindustriali, specialmente nei settori dell'energia,dei beni di consumo e dei prodotti chimici.L'India rimane però un investitore di piccoledimensioni, nonostante il fatto che sia divenutoil quarto partner commerciale del paese. Anchela Cina è un partner dinamico, con circa $200milioni investiti nel paese e con grosseaspettative di riprendere gli investimenti dopo laflessione dell'economia globale. Va ricordato chenel 2009, l'Egitto è stato scelto dalla Cina comeuno dei cinque stati africani di interessestrategico, orientando i propri investimenti nellaSuez Economic and Trade Cooperation Zone(SETCZ). Nel marzo 2012 risultavano insediate38 imprese, per tre quarti manifatturiere, con unaoccupazione complessiva di 1000 addetti e $ 356milioni di capitale registrato7.Da un punto di vista politico, i disordini seguitialle elezioni legislative e presidenziali non sonoincoraggianti, in quanto hanno distolto

l'attenzione dai temieconomici. Gliinvestitori stannocominciando achiedersi se sitornerà mai allaprecedente gestioneeconomica, solida ediversificata. Unaprolungataincertezza politica eun peggioramentodelle condizioni di

sicurezza richiesta dagli investitori esteripotrebbero comunque intaccare la fiduciainternazionale, ritardando ulteriormente ilrecupero dell'economia e lo sviluppo dell’ampiopotenziale economico del paese.

TunisiaL'evoluzione dell'economia tunisina è statadifferente, in quanto i settori coinvolti eranomaggiormente integrati con le economieeuropee. La distribuzione degli IDE nei diversisettori ha molto in comune con il caso egiziano,con una larga parte di investimenti nel settoredell'energia, ma con un settore manifatturiero edel re­export più ampio.La Tunisia ha conosciuto nel 2011 un crollo del21% negli IDE in entrata (Grafico 5), ma solo153 imprese (su più di 3.000) hanno lasciato ilpaese: tali disinvestimenti sono limitati a unpiccolo numero di aziende e non possono essereconsiderati un rischio sistemico. Inoltre,l'eccezionale valore di deflussi di capitali nelprimo trimestre del 2011 è spiegato dalla vendita

Fonte: Banca Centrale Tunisina, Bollettino Statistico Mensile

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della filiale tunisinadi una compagniaegiziana operante nelcampo delletelecomunicazioni,piuttosto che da ungenerale disimpegnodelle imprese estereche hanno investitoin Tunisia nell'ultimodecennio.Il rallentamento degliinvestimenti nelsettore dell'energiadurante la recessione del biennio 2009­2010 èstata compensata da un incremento degliinvestimenti nel settore manifatturiero, lacomponente più dinamica dello sviluppotunisino all'interno dei settori codificatidall'EMFTA (Euro­Mediterranean Free TradeArea). Il “Codice per gli Incentivi”8 ha unapproccio positivista, in quanto determina isettori in cui gli IDE sono permessi, nonostantela presenza di diverse authorities abbia creatomolte ambiguità nel processo di approvazione.

Ad esempio, mentre il terreno agricolo non puòessere acquistato da soggetti esteri, quello a finiindustriali è disponibile. Dagli anni '80, questeopportunità hanno attratto un numero consistentedi aziende dall'Europa continentale e, in misuraminore, da Gran Bretagna e Stati Uniti (Grafico6). Una gran parte di investimenti è realizzata dapiccole e medie imprese (PMI) cheesternalizzano la produzione di alcuni importantisettori labor­intensive a medio livellotecnologico, dall'abbigliamento all'elettronica.

Ciò che si è potutoosservare è che laPrimavera Araba hasospeso quasiinteramente i nuoviinvestimenti nel settoreturistico e immobiliare,con una riduzionecumulativa di oltre il50% nel settoremanifatturiero(Grafico 7, pagina

Fonte: FIPA, Report sugli IDE in Tunisia, Dicembre 2011

Fonte: FIPA, Report sugli IDE in Tunisia, Dicembre 2011

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precedente).I disinvestimenti sono in parte attribuibili aidanneggiamenti degli impianti di alcune impreseche hanno abbandonato il progetto, comunquecircoscritti ad alcuni governatorati, e alle disputesindacali in due grandi imprese di cavi elettriciin fase di ristrutturazione alla fine del 2011 e2012. Ci sono segnali di tensioni fra i sindacati ele imprese estere dovute alla paura di perderecommesse durante la recessione nell'area euro,di squilibrio interni fra le regioni costiere finoraprevilegiate dagli investimenti esteri e quelle piùinterne, i cui effetti sono però confinati aspecifiche regioni e/oimprese.

MaroccoLa Primavera araba hatoccato solomarginalmentel'economia marocchina,che è profondamentediversa da quella diTunisia ed Egitto. Lepolitiche di sviluppo

locali si eranoconcentrate sulraggiungimento di altilivelli di investimenti, siadomestici cheinternazionali, destinati aisettori non­agricoli;l'obiettivo principale èstato quello dipromuovere la crescita edi diversificare lastruttura economica,

ancora fortemente focalizzata sull'agricoltura.Il bilancio netto fra IDE in entrata e in uscita èaumentato nel 2011 da $1,57 a $2,52 miliardi, unvalore sostanzialmente in linea con la media2007­2008 (Grafico 8).La riduzione di $1,4 miliardi di capitali dallaFrancia, dovuti alla fine del programma diinvestimento nel settore della comunicazione, èstato compensato da un aumento del 40% degliinvestimenti dagli Emirati, l'Arabia Saudita e gliUSA. Al contrario di altri paesi nordafricani, isettori di punta del 2011 sono stati turismo ecostruzioni (più della metà degli IDE in entrata),

Fonte: Ufficio di Cambio, Bilancia dei pagamenti trimestrali, Rabat

Fonte: Ufficio di Cambio, Bilancia dei pagamenti trimestrali, Rabat

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con importanti partecipazioni da parte degliinvestitori francesi, svizzeri, inglesi e arabi.In aggiunta, il completamento dei grandi progettinella free zone di Tangeri e il Tangeri­MEDhanno aumentato il valore e la quota sul totaledel settore manifatturiero (Grafico 9, paginaprecedente). In solo cinque anni, lo sviluppodelle infrastrutture portuali e la presenza didiversi grandi progetti hanno attratto più di 450imprese estere, con importanti ricadute positivesu occupazione ed export. Come risultato diquesti trend, è possibile notare una contrazionedella quota Ue nel totale degli IDE in entrata dal76,8% al 58,3% nel 2011, e l'incremento dellaquota di partecipazione dei paesi arabi nelsettore immobiliare e turistico, saliti al 29,4%dal 15,2% del 2010 (Grafico 10).La quota investita dalle imprese statunitensi,così come quelle dei paesi BRIC, rimanemarginale nonostante la presenza attiva di alcuneaziende pakistane, indiane e brasiliane nelsettore minerario (fertilizzanti e acido fosforicopurissimo per le esportazioni) e del commercio

al dettaglio.Recentemente, ungruppo indiano hadiversificato i suoiinvestimentitradizionali ad altreopportunità dibusiness, comel'outsourcing e ilsettoreautomobilistico,avvantaggiandosi dallaposizione geografica e

dalla storia linguistica del Marocco perraggiungere l'Europa francofona. La Cina èpresente nel settore delle telecomunicazioni, masi osserva anche una penetrazione indiretta daparte delle banche cinesi che, in alternativaall’investimento diretto, hanno accordato deifinanziamenti a titolo liberale ad una importantebanca marocchina per sostenere la suainternazionalizzazione nel continente africano ogli investimenti delle PME.

Altri Paesi mediterraneiPer gli altri paesi mediterranei, l'impatto è statomolto diversificato. Anche se in dimensioniridotte, gli investimenti esteri hanno continuatoad affluire nel settore energetico algerino. Lematerie prime, il petrolio e l'estrazione di gasrimangono i settori più importanti per gliinvestitori, nonostante qualche tentativo didiversificare in industria e servizi (bancari efinanziari).Un'indagine che ha coinvolto il managementdella Compagnia nazionale algerina per gli

Fonte: Ufficio di Cambio, Bilancia dei pagamenti trimestrali, Rabat

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idrocarburi e la sua conseguente sostituzione nel2010 non hanno fermato i progetti diinvestimento in corso né da parte di soggettinordamericani ed europei né da parte di nuoviarrivati (Brasile, Argentina e Cina).Una serie di riforme ha evitato il deterioramentodel business climate in Giordania, una piccolaeconomia fortemente sensibile agli shock esternia causa della sua dipendenza dalle importazionienergetiche, rimesse dei lavoratori e investimentiesteri. In ogni caso, gli IDE in entrata sonodiminuiti per due anni di fila fino al minimo di$1,5 miliardi nel 2011 (dai $2,5 nel 2009). Da unpunto di vista geopolitico, ma anche per le sueconseguenze immediate, è opportuno notare chea settembre 2011 la Giordania è stata invitata afar parte del Gulf Cooperation Council9,rafforzando le sue relazioni con gli investitoriarabi. Il risultato immediato è stato l'impegnodel governo del Qatar a finanziare i progettiinfrastrutturali giordani per $2,5 miliardi.Infine, anche il Libano è stato colpito daglieventi recenti. Gli IDE in entrata sono calati a$3,2 miliardi nel 2011 dai $4,8 del 2010.Ciononostante il Libano rimane il maggiorcollettore di IDE nel mondo arabo, con unapercentuale sul PIL pari al 12%.L'impatto economico: La politica europea sul

Mediterraneo a rischio?Escludendo Egitto e Libano, l'Ue continua aessere l'investitore più importante nella regioneMENA, con una media superiore al 50%.

Ciononostante, è difficile considerare il NordAfrica e il Medio Oriente come un soggettopartner risultante da una “comune esperienza dicooperazione politica ed economica”. A maggiorragione, la Primavera araba ha aperto nuoviscenari e nuovi rischi.È ancora possibile continuare con la stessalogica del Partenariato Euro­Mediterraneo, cheha effettivamente contribuito a migliorare ilbusiness climate negli ultimi dieci anni,chiedendo un allineamento degli incentivi aglistandard internazionali, o promuovendo accordicommerciali più liberali e comprensivi? Inrealtà, il quadro evidenziato dalle PrimavereArabe, oltre ad una legittimazione degli esclusirappresentati dai partiti islamisti centristi10, hafatto emergere che l'occupazione e la creazionedi posti di lavoro sono divenuti una prioritàmolto più importante del commercio e dellamodernizzazione ottenuta attraverso tecnologia,gli scambi di conoscenze e di competenzemanageriali. Ad oggi, l'obiettivo comune a moltigoverni è non solo quello di creare più posti dilavoro, ma anche di migliorare la qualità deilavori per giovani con alto grado di istruzione.L'Egitto è definitivamente il paese che, durantel'ultimo decennio, è meglio riuscito ad attrarreun ammontare significativo di investimenti esterimarket­seeking o resource­oriented. Tunisia,Marocco, Giordania e Libano, d'altra parte, sisono mossi su sentieri differenti. A causa dellaloro dimensioni ridotte, non erano in grado dicompetere per investimenti market­seeking ehanno quindi aperto a investimenti efficiency­seeking, specialmente nel tessile, abbigliamento,

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metallurgico e, più recentemente, elettronica eaeronautica. In questi casi la dimensione delmercato è meno rilevante, a tutto vantaggio dellecondizioni operative, la regolamentazioneinterna, la governance, la stabilità politica, lostato di diritto e gli accordi bilaterali con ipartner principali.A livello regionale, attrarre imprese estere non èsoltanto questione di migliorare l'investmentclimate riducendo i costi di fare impresa,eliminare le asimmetrie informative e le rigidità,abbassando il costo del credito, introducendo taxholidays o riforme economiche market­friendly.Si tratta di un problema politico e non soloeconomico: la realizzazione di un contestoliberale/liberista di regole che stimolal'incremento della competitività e dellaproduttività del settore privato, crea anche unflusso di denaro e di capitali indipendente dalsistema patronale del regime, e questo, di fatto,costituisce una sfida alla posizione di controllogerarchico e autoritario.È essenziale conoscere le opportunità e i rischiche le imprese estere affrontano quandodecidono di avviare negoziati con i partner localie le autorità nella regione del Mediterraneo. Gliinvestimenti esteri sono protetti da legginazionali (con diversi gradi di restrittività fra ivari paesi) e nessuno degli stati nordafricani haancora modificato il proprio sistema di incentividopo l’avvio della Primavera Araba. Alcuniprogetti sono stati sospesi dagli investitori esteristessi, altri (come in Egitto o in Tunisia) dallesentenze delle corti di giustizia. Quello che ècambiato, e le corti l'hanno messo in chiaro, è

che i vecchi governanti e i loro regimi autoritarisono stati travolti dalla società civile e che laloro sostituzione ha indebolito tutti gli accordiinformali con le vecchie elite politiche erispettivi affiliati.11

Nuove opportunità e responsabilità sarannocreate per i nuovi arrivati, ma questo richiederàtempo. Le leggi sulla proprietà sono un temaaltrettanto importante. A parte le grandi aziendestatali, che sono state largamente privatizzatenegli ultimi dieci anni (unica eccezione èl'Algeria), la grande maggioranza di aziendesono di proprietà familiare, con forti contatti conla classe dirigente.12 Per paesi con bassi livelli dirisparmio interno e che si affidano agli IDE perle loro politiche di crescita, il deterioramentodegli introiti derivanti dal turismo e dallerimesse degli immigrati tende ad esaltare lecaratteristiche “finanziarie” degli IDE, fino alpunto di mettere in secondo piano il nesso dicausalità della relazione economica “risorse­produzione­reddito”, ovvero l’intrinseca capacitàdegli IDE di migliorare la crescita di produttivitàe lo sviluppo dell'occupazione. Unastabilizzazione sui livelli del 2011 porterebbe anuove recessioni se gli IDE andassero a settoripoco produttivi, speculativi o protetti.Al contrario, gli aspetti non finanziari richiedonouna rinnovata attenzione sulle caratteristicheimprenditoriali, sulle potenzialità delleinterdipendenza settoriali e sul livello dicompetitività nella regione. Le aziende locali inEgitto, Tunisia, Marocco e Libano, anche le piùgrandi, sono aziende a conduzione familiare,cresciute nell'ultima decade e che tendono a

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essere conglomerati estremamente diversificati,tipiche di mercati con forte crescita economica,basso livello di competitività e nessunamancanza di capitali. Sono condotte dallafamiglia per la famiglia. L'esperienza mostra chegli investitori esteri potrebbero trovare ostacolinel competere con loro e che devono accettare leregole e le condizioni “locali”13, che sono spessoimprevedibili e discrezionali.L'assenza di un vibrante settore privato dipiccole e medie imprese è un fallimentoregionale, non semplicemente dei singoli paesi.La regione mediterranea rimane frammentata inunità geograficamente isolate con limitaticontatti economici fra loro, nonostante gli sforzicompiuti attraverso l'Agadir Agreement el'EMFTA. Ci sono pochissimi esempi diinvestimenti MED­MED nel settore industriale(carta e cartone, prodotti chimici e farmaceutici)o nei servizi (di distribuzione e bancari) e conimpatto minimo, mentre l'attenzione dei policymakers si è spostata verso i BRIC. Una taleframmentazione porta con sé pesanti costi perl'economia regionale.

ConclusioniLa lezione appresa dalla recente esperienza è chele politiche di attrazione degli IDE devonomuoversi verso nuovi obiettivi. Gli investimentidevono generare lavoro e opportunità d'impiego.Questo è importante per l'Egitto, la Tunisia e laLibia, dove gli investimenti sono concentrati nelsettore gas e petrolio, a bassa intensità di lavoro,mentre una migliore distribuzione nei settori

manifatturieri o dei servizi ha migliorato estabilizzato Marocco e Libano.Una seconda domanda è se la decrescita degliIDE nei paesi nordafricani sia stata esacerbatadalla crisi finanziaria nell'eurozona. Questo èvero per il Marocco, dove la quota degli IDEeuropei è caduta al 58% del 2011 dal 76% deglianni precedenti, ma non per Egitto e Tunisia,dove la quota europea è aumentata a causa dellacontrazione degli investimenti arabi estatunitensi.Questa posizione più “leggera” degli investitoriamericani, soprattutto in Egitto, non è comunquestata del tutto compensata da maggiori apportifinanziari provenienti da investitori arabi edeuropei, e le pesanti statistiche per il 2011giustificano l'obiettivo del governo didiversificare dai partner tradizionali. Ci sono deisegnali, negli accordi economici e i contrattibilaterali, che la regione cerca di ridurre ladipendenza dai paesi europei e che è interessataad attrarre maggiormente gli investitori di paesidel Golfo (in particolare Marocco e Giordania) ogli investimenti brasiliani e cinesi (in Marocco,Egitto e Algeria). I trend degli IDE indicano chei BRIC sono destinati a diventareeconomicamente più importanti in futuro.Tali paesi sono economie emergenti che hannobeneficiato della globalizzazione e i loro recentiinvestimenti sono definitivamente orientati aipaesi nordafricani ricchi di materie prime, inparticolare in Marocco (fosfati e industriachimica), Egitto (industria chimica) e Algeria(energia e costruzioni). Questa strategia, chemira ad assicurarsi una stabile fonte di

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importazioni, potrebbe evolversi in settori menotradizionali in modo da guadagnare quote neimercati locali (come la Cina intende fare graziealla SETCZ in Egitto o la Russia nel settoreegiziano delle telecomunicazioni). Questoapproccio “incrementale” porterà probabilmentea ulteriori sviluppi – la cui destinazione finalepotrebbe essere l'enorme mercato unico europeo.

Note1 Si veda Joel Peters (2012), The European Unionand the Arab Spring: promoting democracy andhuman rights in the Middle East, Lexington Books,Plymouth U.K.2 Si veda il rapporto FEMISE (2010), The Euro­Mediterranean Partnership at Crossroads, Marseille.3 Algeria, Egitto, Giordania, Libano, Marocco, eTunisia. La contrazione è molto più grave se siconsiderano anche la Libia e la Siria.4 Gli stati aderenti al Consiglio di Cooperazione delGolfo hanno approvato nel summit del 20 Dicembre2011 uno stanziamento di $5 miliardi a garanzia del“Gulf development fund” con l’obiettivo difinanziare progetti di sviluppo in Giordania eMarocco, (ANA News Agency, December 21, 2011).L’importo è più del doppio di quanto autorizzato allaBEI nel settembre 2011 dai cinque paesi dellaDeauville Partnership come risposta europea aicambiamenti politici in corso ($1.28 miliardi per ilfondo speciale destinato agli investimenti in Egitto,Marocco, Tunisia, Libia e Giordania).5 Si veda UNCTAD (2012), World Investment Report2012: Towards a New Generation of InvestmentPolicies, Geneva6 Si veda FEMISE­FEMIP (2011), The crisis and

ways out of it in the Mediterranean countries,Marseille.7 Fonte Ministero del Commercio Cinese,http://eg2.mofcom.gov.cn/aarticle/biography/201204/20120408090576.html8 Si vedahttp://www.investintunisia.tn/site/en/article.php?id_article=7899 Il GCC è un’organizzazione politica ed economicafra Unione Emirati Arabi, Bahrain, Arabia Saudita,Oman, Qatar e Kuwait.10 Si veda Jeremy Salt (2012), Containing the “ArabSpring”, Interface: a journal for and about socialmovements, Volume 4 (1): 54 ­ 66 (Maggio 2012)11 Si veda Grant C. (2011), A new neighbourhoodpolicy for the EU (Policy Brief). London: Centre forEuropean Reform. 3 and 4.12 Le caratteristiche degli imprenditori e gli effettinegative sulla crescita sono stati oggetto di studi e diun rapporto della Banca Mondiale, pubblicato benprima dell’esplosione delle rivolte popolari e dellasocietà civile. Si veda “From Privilege toCompetition. Unlocking Private­Led Growth in theMiddle East and North Africa” Washington, DC,2009. A pagina 187 del rapporto si legge: “Althoughcountries across the region have reformed at differenttimes and paces, the business elites share similarcharacteristics in the way that they emerged — theirprivileged relation to the states that often ensuredtheir prosperity and to the successive waves of newentrants”.

Page 14: verso il Medio Oriente e il NordAfrica - CORE · componente del Comitato Scientifico del FEMISE. Il suo ambito di ricerca riguarda in particolare il commercio internazionale e gli

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Paralleli ­ Istituto Euromediterraneo delNordOvest è un istituto senza fini di lucrofondato a Torino nel luglio del 2005.Nasce dalla volontà di contribuire allacostruzione di uno spazio euro­

mediterraneo di libertà, sviluppo economico e sociale. L’Istitutoopera a livello locale, nazionale e internazionale con l’intento dirispondere alle sollecitazioni del Nord Ovest d'Italia rispetto allesue relazioni con le diverse rive del Mediterraneo. L’attivitàdell’Istituto si inserisce nel processo di partnership euro­mediterranea avviato dalla Unione Europea nel 1995 aBarcellona e dal luglio 2008 in via di forte rilancio attraversol’”Unione per il Mediterraneo”. Intende quindi contribuire alrafforzamento delle relazioni politiche, della cooperazioneeconomica e dei flussi culturali e umani tra i Paesi europei equelli delle sponde Sud ed Est del Mediterraneo. Il suo obiettivocentrale è: promuovere il dialogo culturale, sociale, politico tra lesocietà dei Paesi delle molte rive del Mediterraneo, al fine difavorire e di attivare relazioni economiche più solide, orientatealla sostenibilità, con particolare attenzione al cosviluppo. Perquesto si propone di coinvolgere la società civile nello sviluppo direlazioni euromediterranee, di creare e sostenere networking, divalorizzare il meglio della ricerca per suggerire le policies piùefficaci agli attori locali, nazionali, internazionali.

Il German Marshall Fund degli Stati Uniti (GMF) èun’istituzione americana super partes di policy pubblica e chesostiene, inoltre, la realizzazione di progetti finalizzati apromuovere una più grande cooperazione tra il Nord America el’Europa.Il GMF, per propria mission appoggia individui ed istituzionitransatlantiche, riunendoli per discutere i temi transatlantici piùpressanti ed esaminando i modi con cui la cooperazionetransatlantica può trattare una pluralità di sfide di politicaglobale. Il GMF supporta iniziative atte a rinforzare ledemocrazie. Oltre alla sede centrale a Washington, DC, ha ufficiin Europa: Berlino, Bratislava, Parigi, Bruxelles, Belgrado,Ankara e Bucarest.