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" NEAGU DJUVARA
TRAORIENTEEOCCIDENTE
Gli stati romeni agli inizi dell'etl moderna
(1 800-1 848)
taduzione di Clara Mitola e Stefano Ferari
A cura di Mara Chirircscu
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INDICE
Introdxzionc, . ........,Prefaaioneall'edizionerorrena ....,.,,gIntroduzioneall'edizionefrancese.. ....15
Prohgo. ......i9CAPITOLOI..... ........25CAPITOLOI .... ..:... ........45CAPITOLOm.... .......111cAPrTOLOry.... .......163CAPTTOLOV .... .......r87CAPITOLOU.... ,......255CAPTTOLOUI... .......3r5CAPTTOLOVIII ..... ....331
CAPITgLOIX.,.. .;.....:.... .......363
Note... ....:. .....397
Ghssari.o ...:.. .....r...r.....,..,,.,427Riferimenti cronologbi (1800-lUA) . . . . . . r .,. . . r,.,,,..,,49!
Bibliogldrta ...r.,...,.....,,.,,,,,..,437
CAPITOLO I
Un po' di storia
I romeni sotto il giogo ottomano: uno sguardo sui "Principati"' ( alla fini'dell'epoca fanariota.
Chi erano i fanarioti?
Viaggio di un sovrano da Costantinopoli a Iagi, raccontata
da un giovane aristocratico francese: d'Hauterive fa parte delseguito del Voivoda Alexandru Mavrocordato.
"Non nutro piil neanche il dubbio di esagerare, non penso
neanche di calunniare quando affermo che non esiste sulla terra
una stirpe di canaglie piil ignobili dei Fanarioti" - cosi si esprime
il generale conte de l.angerona, emigrato francese enffato al ser-
vizio della Russia, nelsuo diario di campo e continua: "Essi sono
coloro che fanno da tramite, quelli che danno il via, istigano e
spesso portano a compimento tutte le infamie che ogni giornoayvengono a Costantinopoli per conto di un goyerno sangui-
noso, in cui nessun tipo di legge o fede pub placare la ferocia diquelli al suo servizio, tutti (compresi owiamente i piir alti digni-tari) sono di infime origine e non affronrano quesra vita di pas-
saggio se non spingendo i nemici alla morte o assassinandoli.
Unico scopo di tutti questi fanarioti, prefissato fin dalla piirtenera infanzia, i diventare principe regnante in Muntenia o
Moldova. Per arrivarci, nessuna scelleratezza gli sembra ffoppogrande, nessuna bassezza troppo umiliante. Se per caso qual-che fratello, zio, cugino o persino i genitori, li ostacolano nelleloro ambizioni, il veleno o Ia scure del boia li rolgono di mezzo;
quando non li po$sono annientare perchd cid potrebbe danneg-
giarli, li denunciano; ma la denuncia, di qualunque sia la pena,
fino alla morte, a Costantinopoli non i che un passo. La ben
nota ingordigia di questi infami governatori conduce poi ai luo-ghi bramati. E se nel fratteihpo arrivi ad impoverirti, ti rifuaisuccessivamente rubando e depredando.
Un principe di fresca nomina parte da Costantinopoli con
una dote di due, tre milioni di piastre. Dopo quattro, cinque o
.sei anni di regno torna con cinque o sei milioni, qualora gli si
Capitolo
lasci il tempo di metterli insieme: tuttavia solitamente i cacciato,esiliato o decapitato dopo qualche anno di agiatezza, oppure si
viene a sapere che ha raccolto una somma abbastanza grande daportargliela via [...].
Che significa allora per un signore di tal fatta non poter reg-
giungere cib che desidera se non attraverso infamie, sacrifici e
bassezze, e tutto il tempo aver davanti agli occhi, a volte prepa-rato a bella posta per lui, la spada d'un assassino o un qualchestrumento di tortura, a cui raramente sfugge? Un europeo, unuomo nato in un paese civilizzato, non pub capire il perch6 ditutti questi sacrifici, il perch6 di questa vita tormentata, popo-lata dal terrore o dalle macchinazioni di un qualche criminale.['.ppure questa E lavita dei fanarioti: ho visto ragazzl di dieci annidire: <Che mi importa se mi tagliano la testa a trent'anni anni se
sono stato principe a venticinque?>.5
Chi erano dunque quesd fanarioti tanto ingiuriati, e in che modo
giunsero nel secolo XVI[, ad inserirsi alla guida dei paesi romeni?
Alllinizio, il giogo oftomano pl, i ro*"rri era stato meno pesante
.rhe per greci, bulgari, serbi e albanesi, i cui stati furono annichiliti e
trasformati in dominio del pascii. Il paese non fu occupato militar-mente, non fu consentito ai musulmani di stabilirsi qui nd di costru-
ire moschee. E anche il tributo inizialmente fu pin un simbolo disomomissione (o di una "benevolente neutralitX') che un contri-buto al bilancio imperiale 10000 ducati per la Jhra RomAneascS.*,
2000 per la Moldova. Ma le cose peggioreranno molto presto. La
Itrrta approfittb dell'awicendarsi dei principi per aumentarc gru-
dualmente il tributo annuale. Nelfultimo quarto del XVI secolo
rr.ssistiamo ad una crescita brutale: nel 1593 il tributo e di 65000zrcchini per la Moldova e di 155000 per laValacchia.
* Denominazione ufficiale del Principato di Valacchia.
28 Tla Oriente e Occidente
Questo dato trova spiegazione nel fatto che l'irnpero otto-manor proprio mentre i all'apice della propria gloria, vive al disopra delle sue possibiliti e quindi si impoverisce lentamente mainesorabilmente. Come nell'antica Roma, il deficit del bilanciocommercia-le aveva portato all'estero i metalli preziosi. In meno
di due secoli, la moneta turca perde cosi tre quafii del suo valore.6
La situazione peggiora ulteriormente dopo che i portoghesi
scoprono la rotta che passa dal Capo di Buona Speranza, che
man marlo porteri alla rovina il commercio che passava da Siria
ed Egitto, territori diventati anch'essi province ottomane. Per dipiir, lo sfruttamento selvaggio delle regioni piil agricole dell'im-pero porta allo spopolamento e alla trasformazione di intere
regioni nelle province imperiali di Asia e Africa in veri deserti.
\/erranno poi le prime sconfitte: l'impero non vivrl pitr diconquiste e tributi, ma continuerl ad essere costtetto a man-tenere eserciti numerosi e costosi. Sono i principali motivi che
porteranno allo sfruttamento anche delle province piir remote
d'Europa, in particolare gli stati romeni, incomparabilmente ipiii ricchi.
In questo modo non si tramerl solo di denaro, spremuto copio-samente, ma anche di altro, con conseguenze assai gravi: i Princi-pati Romeni sono costretti a partecipare all'approwigionamentodell'impero e, innanzitutto, della capitale, che si ffova pocodisrante. Nel '700 gli autori stranieri sostengono che un terzo
dell'approwigionamento della citti di Costantinopoli provenga
dai Principati. Da qui, sono i turchi a detenere il monopolio sull'ac-
quisto del grano e del bestiame romeno, in base a prezzi imposti dalla
Pona:, prezzi, beninteso, sensibilmente ridotti rispetto a quelli dimercato, nella misura in cui la situazione economica e monetariadell'impero peggiora vieppiii. Alla fine del )OII secolo, le tariffe
decise dai turchi superano appena la meti dei prczzi di rnercato.
Ogni anno, alla data fissata, gli inviati dalla Porta radunavano
migliaia di tonnellate di grano e di orzo, centinaia di migliaia
di bovini e ovini (un documento del 1591 attesta che, nella sola
( )apitolo 29
Moldova, furono requisite 141000 pecore). In tempo di guerra,si ordinano requisizioni supplementari. Si possono solo imma-ginare le conseguenze disastrose di un simile sistema. All'inizio,(lueste misure colpivano soprattutto i boiari, i grandi proprie-rari terrieri, i soli ad avere un surplus per il mercato esterno. Cibcauseri in parte l'awentura di Mihai il Prode, l'uldmo tentativoi,nportanti dei paesi romeni di spyzzare il giogo ottomano.
Tuttavia col tempo, questo sistema finisce col colpire soprat-
tutto il contadino: con la scarsa eccedenza che ha, incapace di farlronte a tasse e requisizioni, il conradino libero si indebita sem-
pre di piir e alla 6ne mette se stesso, insieme alla sua famiglia e al
srro fazzoletto di terra, nelle mani del proprietario dei dintorni.In questo modo, ma la seconda metl del secolo XVI e per tuttoil secolo successivo, si costituiscono immensi latifondi dominatidai grandi boiari, mentre Ia piccola proprietlL terriera del conta-rlino libero, si restringe sempre di piU. E ancora: in seno a que-
sti contadini, che nel corso dei secoli avevano offerto il maggior
contributo alla difesa del paese, ora, trasformati in una massa dischiavi che possono essere messi in vendita e che lavorano per ilpadrone, non ci saranno - quasi per niente - soldati' Larmata diMihai il Prode fu in gran parte un esercito di boiari e di merce-
rrari, come in Occidente.A partire dagli ulrimi trenCanni del'700, anche se in entrambi
i paesi appaiono alcuni principi amanti del fasto, ftrndatori dichiese e difensori dell'ortodossia in tutta l'area del dominio otto-rnano, come furono per esempio Vasile Lupu in Moldova, MateiBasarab, $erban Cantacuzino e Constantin BrAncoveanu inValacchia, la loro importanza militare era divenuta insignificante.
D'altra parte, per soffocare fin dal principio ogni spinta dilndipendenza, i turchi mantengono guarnigioni all'interno diuna vera e propria collana di "teste di ponte", enclave ottomanerl nord del Danubio; ciot, da ovest a est e da nord a sud del raia:'lirrnu, Giurgiu, che si trova a soli 60 km da Bucarest; Briila, ai
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confini con la Moldova; inoltre un grande triangolo nel sud est
della Moldova, popolato daTatari e che viene chiamato Bugeac o
Bassarabia (nome che i russi estenderanno a tutta la parte orien-tale della Moldova e che annetteranno col ffattato di Bucarest nel
1812); infine, nell'alto Dnestr, i raiaTighina, per i turchi Bender* dove per tre anni, Carlo XII vorri. attendere ad ogni costo l'a-iuto dei turchi dopo [a sconfitta di Poltava; e nell'estremo nord,Hotin, davanti alla fortezza polacca di Camenitza.
In firturo, i Principati non saranno altro che pedine nel gioco
delle grandi potenze, che man mano iniziano ad intervenire negli
affari ottomani.Lora dei fanarioti B arrivata.
Subito dopo la presa di Costantinopoli da parte di MaomettoII (o per meglio dire Mehmet II, come piace fare ai turcologi),la prestigiosa capitale bizantina si svuotb della sua popolazione
greca. Decine di migliaia di morti, alue decine di migliaia ridottiin schiavitti: tutto il mondo cristiano rabbrividi quando venne a
conoscenza della catastrofe, che tuttavia era da aspettarsi. Nell'o-riente cristiano, la caduta della seconda Roma fu sentita come uncataclisma senza precedend, a cui era quasi impossibile credere,
(Non B pure sintomatico vedere che in alcuni affreschi dei monasteri
della Bucovina, la roccaforte imperiale, una sorta di farezza divina,
un secolo piir tardi d raffigurata come un luogo inconquistabile dale
armate del Maligno, rappresentate col rurbante turco in capo?)
Rimarranno solo i contadini nei villaggi citcostanti che gra-
dualmente iniziano ad apprbwigionare Ia nuova citti con i pro-c{otti dei loro poderi. Diranno di portarli elq r(v n6i[w, alla cirti,da cui il nome turco Istanbul.
La cittl dovette comunque essere ripopolata con genti fatte
vcnire da tutte le province dell'impero. Arrivarono anche i greci
Capitolo 3L
c fra loro, beninteso, i "collaborazionisti". Questi ultimi non ie-rano forse anche prima della caduta della cittl? Ioan VI Can-tacuzino non aveva dato una delle sue figlie in sposa al sultanoOrkhan, e gli sfortunati Comneni delle enclave di tebisondanon si erano forse imparentati con i principi musulmani? Non si
crano forse visti greci e altri cristiani tra gli scribi e gli architettidel sultano e naturalmente anche tra i suoi generali e ammiragli?
Il potere ottomano eutorizzb il ritorno del patriarca di Costan-
tinopoli in citth - non nella cattedrale di S.Sofia, trasformata inrnoschea, bensl in una chiesa pit modesta dove, ai giorni nostrisi trova ancora la sede del Patriarca Ecumenico. La politica otto-rnana volle realmente che i raia si amministtassero con l'aiuto dei
capi spirituali dei sudditi cristiani. In questo modo il patriarca
di Costantinopoli acquisterl gradualmente una grande impor-ranza politica, paradossalmente maggiore rispetto all'epoca in cuii popoli del sud est europeo erano guidati da capi che limitavanoil potere politico della Chiesa, Intorno a questo patriarcato dun-que, investito per il futuro di funzioni non soltanto religiose, ma
anche polidche e culturali, si radunerl progressivamente, insieme
Leligiosi di ogni rango - i rappresentand dei patriarcati d'oriente
tlci grandi monasteri, i metropoliti sottoposti al patriarca, bulgari,
serbi, romeni, russi -, un'intera amministrazione il cui responsa-
lrile sari il gran cancelliere del Patriarca (ftai titolari di questo
prestigioso impiego vi satanno moltissime delle principali fami-
glie fanariote, come le famiglie dei Hrisoscoleu, Rosetti, Caragea,
Manu). Vi sono fra essi uomini istruiti, poichd vi sono diverse
scuole ed una Accademia rinomata in tutto l'oriente ortodosso.
lnoltre molto presto troveremo fra loro anche uomini d'affari,
tlrrl momento che i turchi disprezzano il commercio e non cono-scono le lingue straniere al di fuori della lingua santa e di quelle
tkrtte che si usano a Istanbul: l'arabo e il persiano.'Iutti costoro si stringono attorno al patriarca che nel 1601
si t installato definitivarnente in un quartiere di Istanbul, tra i[tnuro che circonda [a citt]r e la riva sud del Corno d'Oro, nelle