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    Venezia medievale,tra Oriente eOccidente

    di Giovanni Lorenzoni

    Storia dellarte Einaudi 1

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    Edizione di riferimento:

    in Storia dellarte italiana, II. Dal Medioevo al Nove-

    cento, 5. Dal medioevo al Quattrocento, a cura diFederico Zeri, Einaudi, Torino 1983

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    Che Venezia sia citt eccezionale , di certo, luogocomune. Che tale eccezionalit sia intesa secondo varipunti di vista, lo altrettanto: per la sua strana strut-tura urbanistica, per il fascino che la sua atmosferaemana e che diventa, nelle pagine dei poeti, magia,incanto, meraviglia. Ma, qui, ora, questo fascino vene-ziano non interessa: qui si cercher di individuare ilsignificato o, meglio, un significato della sua storia e delmito che di essa storia fa parte1. Storia e mito non

    appaiono necessariamente n sempre termini contrad-dittori. Il mito, nel momento della sua creazione o dellasua accettazione, prodotto culturale, quindi fatto sto-rico. Cos loperazione della distinzione tra storia e mito,portata avanti dagli storici con molte difficolt e taloracon soluzioni soltanto ipotetiche, ha messo in evidenzail significato simbolico del mito stesso, soprattutto,direi, simbolico-politico. La mitogenesi marciana, ad

    esempio, avvenne in funzione di determinate scelte poli-tiche, a mio avviso ormai ben chiarite, e pertanto ilmito veneziano, e ancor prima aquileiese, di San Marcoappare prodotto culturale di alcune situazioni storiche.Buona parte della storiografia veneziana risulta mani-polata (non tanto nel significato pi specifico di docu-mentazione artificiosamente ritoccata, talora conaggiunte apocrife, quanto perch viziata dal presuppo-sto che si vuol dimostrare: ad esempio che Venezia nac-

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    que indipendente da Costantinopoli). Dal punto di vistadi tale manipolazione, sono esenti quelle fonti che Sch-

    losser2

    chiam fonti primarie, cio i monumenti (e inquesta classe si possono comprendere anche i datiarcheologici, risultati di scavi); grazie a queste fonti possibile spesso ottenere la verifica delle fonti seconda-rie, sempre secondo la terminologia schlosseriana, ciodelle fonti scritte, sciogliendo la storia dal mito e suc-cessivamente interpretando il mito stesso. Sembra dun-que di dover privilegiare il dato monumentale oarcheologico sulla fonte scritta, e in quanto storicodellarte, tale scelta mi pare certamente giustificata. Mamuovendosi nel campo difficile delle origini di una citttanto singolare come Venezia, per la quale le fonti pri-marie, per i tempi antichi, sono assai limitate, non ci sipu permettere di predeterminare regole generali: sol-tanto un procedimento interdisciplinare, non dico onni-comprensivo, ch sarebbe utopia, ma almeno pluricom-prensivo, pu permettere di capire i motivi di certe scel-

    te anche figurative, nellambito della societ che le haassunte.

    Venezia una citt nata su isole e palafitte, qualerifugio di veneti, che ivi ripararono per evitare le inva-sioni barbariche. Ma Venezia sorta nel deserto onellambito di una struttura civile preesistente? Soltan-to confrontando i risultati di varie ricerche si pu, se

    non dare una risposta esaustiva, almeno suggerire alcu-ne ipotesi interpretative. Come ben noto, la Venetiaet Histria era la decima regione nella suddivisione volu-ta da Augusto. La Venezia, delimitata a sud dal corsodel Po, comprendeva, verso occidente, anche parte del-lattuale Lombardia, prima fino allOglio, poi finoallAdda3. Giova qui osservare che recentemente statoipotizzato che il termine Venetia abbia avuto nellanti-chit un duplice significato: una Venezia di terra ferma

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    e una Venezia lagunare-costiera. merito di Mazzari-no avere interpretato in modo nuovo il famoso passo nel

    quale Plinio il Vecchio (Naturalis Historia III 126-31)descrive laX Regio. Egli, Mazzarino, riflettendo appun-to sul testo pliniano, cos conclude:

    In questo testo di Plinio essenziale la distinzione frale aree costiere e larea interna (in mediterraneo) di cui sitratta dopo [...]. Ogni lettore di Plinio intende agevolmen-te la distinzione. Essa corrisponde al consueto procedi-mento dello scrittore comasco nella sua trattazione dellI-talia [...]. Possiamo cos riassumere: la menzione della Vene-tia a III 126, rientrando nella descrizione del litorum trac-tus, indica soltanto una parte marittima dellarea veneta (insenso stretto) compresa nella decima regio. Padova e Oder-zo sono considerate in mediterraneo (III 130), e dunqueappartengono, secondo Plinio, a una parte ben diversa daquella in cui si pone quella Venetia in senso stretto, cheglitrov menzionata dalla fonte del suo paraplous (rotta

    costiera), e indic a III 126. I limiti precisi di questaVenetia marittima non sono dati del tutto esplicitamente daPlinio: ma possiamo ritenere con certezza che essi com-prendono (impliciti nella sua concezione del paraplous) unacitt marittima nel senso stretto. Va notato che il paraplouspliniano, subito dopo la Venetia, menziona il Silis eAltinum:perci, possiamo ribadire che la sua fonte considerava il Silee Altinum limiti, appunto, della Venetia nel senso stretto4.

    Una volta individuata, se si accetta linterpretazio-ne di Mazzarino, lesistenza di una Venezia in sensostretto, costiera e lagunare, si deve passare alla verifi-ca archeologica, per avere o meno la testimonianza sein et imperiale le isole della laguna dove si rifuge-ranno i profughi romani e dalle quali nascer Vene-zia erano centri romanizzati. Il problema non puessere risolto proponendo soluzioni che riguardino tutte

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    le isole e le coste della laguna; conviene limitare laricerca al centro per il quale si hanno le notizie pi anti-

    che e nel quale sono stati eseguiti scavi archeologici:intendo Torcello, confrontandolo, per cercare di esse-re chiari, con Grado. Grado non faceva parte dellaVenetia in senso stretto, ma la scelta caduta ugual-mente su tale citt, perch essa un esempio di sicuraromanizzazione di unisola, in diretta connessione conuna citt illustre, Aquileia. Anche Torcello era in con-nessione con un centro famoso, Altino. Ma al di l ditale analogia, del resto abbastanza generica, vi sono, traGrado e Torcello, differenze notevoli. La prima chiu-deva, e chiude tuttora, la laguna dal mare, la seconda unisola della laguna. Grado fu scalo di Aquileia, conla quale era in comunicazione per via lagunare e flu-viale, e pertanto fu certamente centro romanizzato.Torcello invece, per la sua posizione geografica, nonebbe analoga funzione rispetto ad Altino, ma ci nontoglie che possa essere stata centro romanizzato. Sol-

    tanto i dati di scavi sistematici potrebbero forse risol-vere il problema. Sulla base delle conoscenze attuali, sipu, pur con una certa cautela, prospettare la concretapossibilit di esistenza di un certo insediamento roma-no di et imperiale. Le conoscenze cui ho fatto quiriferimento sono quelle offerte dai risultati di una cam-pagna di scavi stratigrafici limitati a pochi saggi, rea-lizzati, qualche anno fa, da studiosi polacchi5. Tali scavi

    diagnostici hanno portato qualche conoscenza suTorcello in et imperiale. Nello strato VIII dello scavoeffettuato in prossimit della cattedrale si sono preser-vati, tra laltro, frammenti di ceramiche di cucina, diampolle, di vasi e tessere di mosaico. Potrebbe trattar-si di materiale di riempimento, proveniente forse daAltino, ma se si facevano tali lavori, vuol dire che Tor-cello probabilmente, nel momento di maggiore splen-dore di Altino, era abitata; e forse era caratterizzata

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    dalla presenza di ville e giardini6, come luogo di ritiroe di riposo, di villeggiatura insomma, per i ricchi di

    Altino. La probabile esistenza di una Torcello roma-na non significa per che tra questa e la sede di rifu-gio degli altinati forse nel vi e certamente nel vii seco-lo ci sia una continuit ininterrotta: infatti lo stratosuperiore a quello che si pu definire romano, di ori-gine alluvionale:

    Nei secoli v-vi sopravvennero alcune calamit naturaliche resero difficile la vita nellestuario e di cui testimo-nianza lo strato alluvionale scoperto nella Piazza [di Tor-cello]. Tale situazione trova precisi riscontri in simili indi-zi osservati in altre localit: nella vicina Altino vi sonotestimonianze di uragani e alluvioni nello stesso periodo; lacitt di Julia Concordia fu seppellita, nella seconda met delsecolo vi (come hanno dimostrato gli scavi), da una coltrealluvionale prodotta dallo straripamento del Tagliamento;fra il 451 e il 658 le fonti ricordano numerose piene del

    Tevere. Dunque il periodo dalla met del secolo v fino allamet del vii fu, in questa parte dellEuropa, caratterizzatada condizioni climatiche generalmente turbinose. A Tor-cello non ci fu [...] una grande alluvione, ma sottili e fre-quenti sedimentazioni di fango; portate dalle acque delPiave e del Sile, ricoprirono gradualmente la superficie del-lisola, rendendola inadatta allabitazione, anche per lab-bassamento naturale del terreno paludoso. Poich la disor-ganizzazione sociale della terraferma rendeva, in quel perio-do, difficile lattuazione dei lavori che permettessero lacontinuazione dellinsediamento sullisola, la colonizzazio-ne di Torcello rest praticamente interrotta probabilmen-te per pi di un secolo7.

    Le conclusioni tratte dai risultati degli scavi sono, amio avviso, abbastanza interessanti, perch permettonodi affermare che quasi certamente ci fu una colonizza-

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    zione romana (e specificatamente altinate) di quelliso-la che poi assunse il nome di Torcello.

    La situazione politico-socio-economica delle isolelagunari nella prima met del secolo vi documentatadalla famosa lettera di Cassiodoro8 ai tribuni marittimidelle Venezie, datata 537-38: le isole della laguna eranoabitate dai salinari, da pescatori e da naviganti dediti alcommercio soprattutto lagunare e fluviale; essi abitava-no in case che apparivano a Cassiodoro quali nidi diuccelli acquatici, costruite su terreno riconquistato alleacque dallintervento umano. Probabilmente Cassiodo-ro vedeva nei veneti della laguna quasi il modello di unavita serena, operosa, ben diversa dalla situazione dram-matica in cui egli viveva, nel contesto della guerra greco-gotica. Ma al di l di questa osservazione, la sua testi-monianza vale come documento. Recentemente Carileha suggerito una nuova interpretazione del testo cassio-doriano: secondo la quale le isole della laguna venetaavevano complessi insediamenti umani e in esse isole, si

    svolgeva unimportante attivit economica, sotto ilgoverno di magistrati, appunto i tribuni marittimi9. Per-tanto, quando, qualche decennio dopo, le isole diventa-no ricettacolo dei profughi, che cercavano rifugio dal-linvasione longobarda, la situazione sembra cambiarepi per quanto riguarda la quantit dellinsediamento,che per la struttura politico-economica. Questa per affermazione piuttosto generica: giova passare alla con-

    siderazione di casi concreti. Scelgo, ancora una volta,Grado e Torcello.In occasione delloccupazione di Aquileia da parte dei

    longobardi, il patriarca Paolo (o Paolino) si rifugiava aGrado, portando con s i tesori della Cattedrale: Gradodiventava di fatto la nuova sede del metropolita. Ilpatriarca Elia, qualche anno dopo, vi fece costruire lanuova Cattedrale (Santa Eufemia, dedicata nel 579) sulluogo di una precedente chiesa. Accanto a Santa Eufemia

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    e al Battistero fu ricostruita anche la chiesa dedicata asanta Maria: Elia, evidentemente, era ben consapevole

    che il suo rifugio gradese non aveva carattere temporaneoe, in questa prospettiva, fece costruire un complesso eccle-siastico degno del prestigio del suo titolo metropolitano.Gli edifici di Grado della seconda met del secolo vi, siaper la tecnica costruttiva, che per limpianto strutturale,e per laspetto figurativo e iconografico dellapparatodecorativo, si inseriscono nella pi scontata tradizionepaleocristiana in generale e, pi precisamente, nellambi-to dei monumenti dellarco dellalto Adriatico, da Raven-na a Parenzo. Dunque in Grado si ebbe, nella secondamet del secolo vi, un insediamento ecclesiastico di pre-stigio in un contesto urbano preesistente, anzi in un pre-cedente insediamento ecclesiastico.

    A Torcello la situazione sembra radicalmente diver-sa, visti i risultati dei recenti scavi. Linsediamentoecclesiastico non sarebbe avvenuto in un contesto urba-no preesistente. La caduta definitiva della citt di Alti-

    no in mano longobarda risale al secolo vii, forse al 639.Dello stesso anno, e precisamente, almeno secondo Per-tusi10, del periodo compreso tra il 10 settembre e il 15ottobre appunto del 639, la dedicazione della chiesatorcellana di Santa Maria Madre di Dio. La notizia ricavata da uniscrizione rinvenuta nella Cattedrale diTorcello. In verit non tutti gli storici sono daccordoche essa debba riferirsi a Torcello: Cessi11, ad esempio,

    ritiene che detta iscrizione possa riferirsi alla chiesa diCittanova. Personalmente non riesco a individuare imotivi per i quali si sarebbe trasportata a Torcello daCittanova uniscrizione incisa su lastra marmorea. Eccoil testo, nella sua edizione integrata, secondo Pertusi12:

    In Nomine Domini Dei Nostri Ihesu Xpisti, ImperanteDomno Nostro Hera

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    clio perpetuo Augusto, Anno XXIX indictione XIII, Factaest Ecclesia Sancte Marie Dei Genitricis ex iussione pio et

    devoto domno nostro Isaacio excellentissimo exarcho patri-cio et Deo volentededicata pro eius meritis et eius exercitu. Hec fabricata esta fundamentis per bene meritum Mauricium gloriosummagistromilitumProvincie Venetiarum, resedentem in hunc locum suumconsecrante sancto et reverendissimo Mauro episcopo huiusecclesie feliciter

    Tale iscrizione non solo cinforma sulla data dellaconsacrazione della Cattedrale di Torcello ma lasciaanche capire quale fosse la struttura organizzativa delpotere a Torcello e perci pure nelle altre zone del ter-ritorio lagunare. Cio almeno nella prima met del seco-lo vii la Venezia lagunare riconosceva come imperatoreil basileus bizantino, nella persona di Eraclio, e comeautorit locali lesarca di Ravenna e il magister militum;

    e pertanto essa appare ben inserita nel sistema politico-militare bizantino.Liscrizione torcellana offre altri interessanti spunti

    interpretativi: evidente, come nota Pertusi13, che iltitolo di Santa Maria Madre di Dio tipicamente bizan-tino (Theotokos, il cui culto si diffuso a partire dalConcilio di Efeso del 431) perci lassunzione di taletitolo ben sinquadra nella struttura illustrata dalliscri-zione; e giova anche riprendere alcune osservazioni sug-gerite da Niero: vale a dire che la scelta di tale titolo puessere interpretata come omaggio allimperatore Eracliodevoto in particolare della Vergine Maria14 e soprat-tutto pu essere interpretata, seppur con una certa cau-tela, in chiave antiariana, e cio antilongobarda15.

    In mancanza di scavi sistematici nellambito dellaBasilica attuale, risulta assai problematico ipotizzare li-conografia della Basilica del secolo vii. Ci su cui in linea

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    di massima si trovano daccordo gli studiosi che si sonointeressati allargomento che loriginaria Basilica aves-

    se le dimensioni dellattuale, eccetto la zona terminale,che doveva avere una sola abside. Quanto in parte rima-ne della struttura del secolo vii il diruto Battistero, checon la sua pianta circolare rappresenta uneccezionerispetto alla tipologia pi diffusa, a partire soprattuttodal secolo iv, dallet ambrosiana16.

    Il complesso della Basilica e del Battistero, che ora,insieme con pochi altri edifici, appare quasi in un deser-to, ritengo sia stato eseguito, date le dimensioni dellaCattedrale, per una comunit notevole, quanto a nume-ro: si pu dunque presumere che laspetto del territoriotorcellano dovesse essere allora, nellalto Medioevo, bendiverso dallattuale.

    Si gi accennato che in et tardoantica Torcello subun processo di sedimentazione alluvionale, perci inoccasione del trasferimento della popolazione, o di partedella popolazione, da Altino, si dovette procedere a

    lavori di consolidamento del terreno. Gli studiosi polac-chi, sulla base degli scavi eseguiti, giunsero a questeconclusioni:

    Verso la fine del vi - inizi del vii secolo, sebbene le con-dizioni naturali non fossero ancora favorevoli, le difficilicondizioni politiche ed economiche sulla terraferma deter-minarono una ripresa della colonizzazione di Torcello: unapoderosa opera di rafforzamento con palafitte sulla spon-da dellisola e la sistemazione progressiva del terreno perle necessit dellabitato segnano una nuova fase dellatti-vit economica; vengono intrapresi, nellarea dellattualepiazza davanti alla Cattedrale, lavori di rassodamento suvasta scala del terreno fangoso; si incrementa gradual-mente la superficie abitabile del settore mediante succes-sivi lavori di ampliamento, attuati con quattro file verti-cali di pali, rafforzate con altri pali posti orizzontalmente

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    e da mattoni e pietre ammassati alla rinfusa negli inter-spazi; anche la sponda dellisola viene rafforzata e si apre

    un accesso al canale che anticamente scorreva attraversolattuale piazza17.

    Gli scavi hanno dato dei reperti di qualche interessenello strato V. A proposito della cronologia di questostrato, cos stato scritto:

    Terminus post quem ci sono offerti dalla fibbia bronzeadi stile longobardo del secolo vii trovata al livello superio-re dello strato VII, nel punto in cui questo giace a contat-to con lo strato V, e, nello strato V, da una lucerna paleo-cristiana dei secoli v-vii d. C., e da alcuni pettini di cornodi tipo longobardo18.

    Se si accetta la definizione di longobardo degli ogget-ti sopra citati si ha la testimonianza dei costruttivirapporti tra popolazione lagunare e il mondo barbarico

    di terraferma19

    . La scoperta pi interessante quellache si riferisce ad una officina vetraria:

    Nello strato V furono interrate, e forse coperte di argil-le, costruzioni di mattoni e pietre nelle quali, in base allastruttura e ai reperti rinvenuti al loro interno, si pu rico-noscere unofficina vetraria20.

    La scoperta di questa officina vetraria interessanteda vari punti di vista: se si accetta la datazione propo-sta, dal secolo vii allviii, forse fino agli inizi del ix21 siha un termine intermedio di documentandone specificatra il tardoantico e le prime notizie di maestri fiolaridei secoli x-xi22, inoltre si ha la prova di unattivit arti-gianale in loco e, probabilmente, connessa con la rea-lizzazione dellapparato decorativo della vicina Basilica.Non credo che tale attivit artigianale abbia rappresen-

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    tato per Torcello una fonte di ricchezza; lattivit agri-cola dovette essere abbastanza sviluppata nellisola: e

    non improbabile che la sistemazione del terreno, cuisi fatto cenno, fosse stata realizzata a scopo appuntoagricolo.

    forse possibile, almeno in via dipotesi, individua-re le modalit dei rapporti sociali esistenti a Torcello.Recentemente il collega Cracco23 ha cercato di trarrealcune interessanti osservazioni dallOrigo Civitatum Ita-lie seu Veneciarum (Chronicon Altinate et Chronicon Gra-dense)24, scritta da pi autori in un arco di tempo che vadalla fine del secolo xi alla fine del xiii. Nella leggendarianarrazione della fondazione di Torcello da parte diAurius, a un certo punto lautore esplicita il rapporto didipendenza del colono dal dominator25: il contadinodipendeva dal vescovo, nessuna iniziativa poteva esse-re assunta senza lautorizzazione vescovile e inoltre allostesso presule era pagata una tassa annuale e a lui spet-tavano i diritti sulla pesca. Tale situazione sociale, al di

    l degli elementi leggendari, dovrebbe rispecchiare quel-la contemporanea agli autori della cronaca; ma non misembra azzardato ipotizzare unanaloga situazione findalle origini. In occasione del trasferimento da Altino aTorcello, non vi sarebbe stata unappropriazione di terreda parte dei fuggiaschi, se non secondo certe regoleimposte dal rapporto gerarchico, ben stabilito dallesta-blishmentpolitico-religioso. Il territorio probabilmente

    venne organizzato soprattutto come insediamento rura-le, con unimpostazione gerarchica ben definita. Che le-conomia dei primi venetici fosse basata soprattutto sul-lagricoltura confermato anche da un provvedimentopreso da Carlo, re dei franchi, verso la fine del secoloviii, quando, per rappresaglia politica, ordin la confi-sca di propriet fondiarie di veneziani, nellagro raven-nate26. A sua volta Torcello divenne centro di coloniz-zazione delle isole vicine. Scrisse in proposito Cessi:

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    Se si spoglia di quanto ha di fantastico e favoloso lan-tico racconto tradizionale altinate, non pu riuscire diffi-

    cile raccogliere in esso qualche aspetto realistico del pro-cesso di colonizzazione e della sua efficienza nellambitolagunare. Chiara lirradiazione da Torcello nelle isole,che di essa costituirono altrettanti vici, Burano, Mazzorbo,Costanziaco, Ammiana, nelle quali col tempo, in concomi-tanza al progressivo impaludamento della limitrofa terra-ferma, si trasfer il centro della vita dellagro altinate, comeattesta la migrazione di chiese e monasteri. Da Torcelloinoltre linfluenza si estese anche sopra i lidi pi setten-trionali, da SantErasmo verso nord, gi lido Mercede, alleVignole, al lido Albo (litus minus), al lido Bovense (litusmaius), che rimasero livellari dellepiscopato altinate27.

    Ma Torcello non che un centro di colonizzazione;altri centri analoghi sorsero nelle isole della laguna elungo le coste. Venezia dunque non nacque come ricet-tacolo unitario di popolazioni fuggiasche, ma quasi come

    propaggine di singole citt o diocesi, circa dalla secon-da met del secolo vi alla prima met del vii; e pertan-to non si dovrebbe parlare di origine di Venezia, per unperiodo cos alto, ma di origini dei diversi centri vene-ziani, ciascuno con una propria autorit, pur sotto ilgoverno di un magister militum, dellesarca di Ravennae dellimperatore bizantino, appunto in quanto propag-gini di una struttura preesistente. Scrisse Carile:

    Le suggestioni di Cassiodoro potrebbero fornirci lospunto per tratteggiare, in un ampio discorso economico earcheologico sulla linea del Kretschmayr, il quadro ecolo-gico, per cos dire, di una Venezia autoctona che quasinaturalisticamente si svolge dal paesaggio lagunare. Inrealt quando si pone in movimento il processo di forma-zione della citt di Venezia nellambito della provinciaVenetiarum, dalla cesura e definitiva conquista longobar-

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    da (568-69 e 639) alla fissazione rivoaltina della sede loca-le (809-11), lambiente storico cui dobbiamo far riferi-

    mento quello della societ tardo-antica vigente nellapro-vincia nel quadro pi ampio dellimpero romano-costanti-nopolitano. Una societ che non suggerisce certo immagi-ni di origini nel senso aprioristico che familiare allanostra mentalit; e che ci offre invece il quadro di unastruttura politica, ecclesiastica e sociale ben consolidata intradizionali organismi cittadini28.

    Tali organismi cittadini, trasferiti in laguna, assume-vano, dal punto di vista del paesaggio architettonico, la-spetto di veri e propri castra. Cito, a questo proposito,Cessi:

    Nella laguna trovava ospitalit il sistema castrense, chesi diffondeva nella terraferma. Le isole prendevano figuradi castra, di luoghi autonomi, avessero o no mura. Gradoera dotata di alte mura; Bibione era un castrum; un castel-

    lo individuava Equilo; castrum era definito Caorle; di castel-lo, i cui resti forse si appoggiavano al muraglione del rio del-larsenale, era dotata Olivolo; un castello era eretto a Chiog-gia, uno a Brondolo, un altro era dislocato a Loreo, un altroa Cavarzere. Tra questi si allogavano le civitates, le urbes,difese o no da mura. Torcello era una civitas, un grandeemporio, non aveva mura, ma era circondata da una coro-na di isole, da vici, che assicuravano la sua difesa e deli-neavano la sua configurazione urbana. Cittanova nel nomedenuncia origine e struttura; urbs, cui non facevano difet-to opere, che consentirono al tardo annotatore di assimilarloa castrum (Necastrum): e al grado di civitas assurse Mala-mocco, quando divent sede del governo, onore che cedet-te a Rialto nel trapasso dei poteri29.Questi centri citati da Cessi (e che non sono tra loro

    sempre contemporanei, nei limiti delle definizioni dellostesso Cessi) si costituiscono come nuclei fortificati,

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    proprio perch manca ununitariet di politica; anzi essifurono spesso in lotta tra loro, determinando stati di

    tensione, di guerra vera e propria, di altre migrazioni,questa volta allinterno del territorio lagunare. CosCessi riassume la situazione:

    Un ambiente dunque penoso e convulso, che ospitavaaspre lotte, dolorosi episodi di rappresaglia e di guerra,altre migrazioni, e questa volta da isola a isola, sospinte nonda aggressioni straniere, ma da odiosit e rancori interni30.

    Lo spostamento dellautorit locale da Cittanova aMalamocco uno dei risultati pi appariscenti di talilotte intestine. Ma, nellordine del trasferimento di sededi potere, il successivo, da Malamocco a Rialto, quel-lo che segna una svolta decisiva nella storia di Venezia.E per questo avvenimento non pi sufficiente far rife-rimento soltanto a lotte intestine: tra la fine del secoloviii e gli inizi del ix giocano, per Venezia, anche fatto-

    ri di politica estera: essa infatti al centro di scontridiplomatici tra franchi e bizantini. Giova ricordare chela maggior parte dei profughi di provenienza interna,che si erano rifugiati a Rialto, appartenevano alla clas-se tribunizia ed erano soprattutto proprietari terrieri31.La ricchezza del patrimonio permise loro di svolgereuna notevole attivit edilizia.

    Il trasferimento Malamocco-Rialto avvenne con lin-

    tervento del messo imperiale (bizantino) Arsafio e nuovoduca fu Agnello Parteciaco (o Partecipazio). Nel nuovoinsediamento si costru il palazzo, sede del duca e delgoverno. Allo stesso Agnello spetta, tra laltro, la fon-dazione di taluni monasteri: ne ricordo qui due, di SanZaccaria (presso il quale sar costruita pochi anni dopola Basilica marciana) e di SantIlario, in terraferma,approssimativamente nella zona dellodierna Fusina.Nell819 i duchi Agnello e Giustiniano (padre e figlio)

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    donarono la Cappella di SantIlario, con le propriet adessa connesse, allabate di San Servolo, al fine di ren-

    dere possibile il trasferimento della comunit benedet-tina dallisola lagunare nella cappella appunto di SantI-lario, di propriet dei duchi32.

    Annotava Marzemin: Secondo la notizia riportatadal cronista Matteo Corato la prima chiesa dedicata aSantIlario fu fondata da Agnello Partecipazio nellan-no 784, col titolo di Cappella Ducale33. Agnello diven-ne duca nell811, pertanto mi pare ben poco attendibi-le la notizia riportata da Marzemin, in quanto il 784 data troppo anticipata per la fondazione di una cappel-la ducale. Se si vuole tener conto del 784, penso sipossa suggerire soltanto questa possibilit interpretati-va: che in tale anno i Parteciaci abbiano fondato unacappella privata e non ducale: sarebbe potuta diven-tare tale solo dopo l811 , dunque probabilmente unaEigenkirche. I duchi Agnello e Giustiniano Parteciacinell819 trasmisero questa loro propriet ai benedettini

    di San Servolo34, i quali avrebbero allora cominciato ilavori di fondazione del monastero o, per lo meno, diingrandimento del complesso edilizio preesistente; infat-ti un decennio dopo, nell829, Giustiniano, dettando ilsuo testamento, decideva che si dovevano usare le pie-tre di Equilo (Jesolo) di sua propriet per portare a ter-mine (compleatur) il monastero di SantIlario35, che qual-che anno dopo apparir con la doppia intitolazione di

    SantIlario e San Benedetto. Latto di donazione inol-tre prevedeva lesenzione del monastero dalla giurisdi-zione del patriarca di Grado e del vescovo locale. Diquesto complesso edilizio dei secoli viii-ix non c rima-sto nulla, se non qualche frammento musivo di decora-zione pavimentale e scultoreo36. Si ha invece notizia cheivi furono sepolti quattro duchi: Agnello e GiustinianoParteciaci, Pietro IV Candiano e Vitale Candiano. Lasepoltura dei primi due significativa: i due costrutto-

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    ri del Palazzo Ducale, di San Zaccaria, ecc. scelserocome luogo per le loro tombe SantIlario. Perch? Riten-

    go che si possa tener conto, per motivare tale scelta, diquesto fatto: SantIlario rappresentava, nonostante ladonazione ai monaci benedettini, la vecchia Eigenkirchedella famiglia i cui rappresentanti erano divenuti duchi(per questo, lo ripeto, lappellativo di Cappella Ducalepu essere accettato, anche se non per il 784). Il rico-noscimento dellesistenza di una Eigenkirche interes-sante: questo istituto, come accenner pi avanti a pro-posito di San Marco, occidentale e legato spesso allapropriet terriera (la propriet fondiaria la fonte prin-cipale di ricchezza per quei tempi); perci una sceltadi tradizione occidentale, e tale scelta avviene quasicontemporaneamente agli accordi franco-bizantini (810-14)37 con i quali il ducato veneziano risultava apparte-nere allambito bizantino. Tale ambiguit tra Occiden-te e Oriente non sporadica per il secolo ix. Anche lastruttura amministrativa del ducato pu essere definita

    occidentale, anche se il duca era insignito di titoli digni-tari bizantini38.Tale occidentalismo della prima met del secolo ix

    determinato dalla struttura della classe al potere (quel-la dei proprietari fondiari) e non va, assolutamente,interpretato almeno questa la mia opinione , nel-lazione politica, come atteggiamento filocarolingio:infatti nel momento in cui la chiesa veneziana stava per

    essere sottoposta allautorit del patriarca di Aquileia,il che avrebbe significato dipendenza dal Sacro Roma-no Impero, i veneziani si opposero, ben decisi a mante-nersi indipendenti. Da tale scelta politica nacque, tralaltro, la prima Basilica di San Marco.

    La lotta tra il patriarcato di Aquileia e quello diGrado riguarda anche la storia di Venezia. Il patriarcadi Aquileia, Massenzio, fece ogni sforzo per riuniresotto un unico patriarcato ovviamente il suo anche

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    le diocesi suffraganee del vescovo di Grado e Gradostessa. Nel giugno dell827 fu convocato a Mantova un

    sinodo di vescovi delle province di Emilia, Liguria eVenezie, per dirimere la questione della duplice esi-stenza dei titoli patriarchini. Massenzio riusc nellin-tento di far riconoscere che Grado era soltanto unaplebs di Aquileia. Tale deliberazione, ratificata dai dele-gati papali e imperiali (franchi), abolendo lautonomia diGrado, comportava di fatto lingerenza dellautoritaquileiese sulle chiese lagunari. La reazione dei venezianinon fu di protesta diretta contro la deliberazione sino-dale; ma si concret in un atto che di fatto superava lasituazione di contrasto tra Aquileia e Grado, o megliopi che superare il contrasto tendeva ad annullare nelconcreto le decisioni mantovane. Alludo al trafugamen-to del corpo di san Marco e al suo trasporto a Veneziaad opera di due tribuni, Buono e Rustico. Il significatostorico di questo avvenimento ben noto: segna lini-zio della mitogenesi marciana. Massenzio, nel sinodo di

    Mantova, aveva portato come prova, a sostegno dellasua tesi di unificazione, il fatto che san Marco sarebbegiunto ad Aquileia, su mandato di san Pietro, per evan-gelizzare la citt: da qui avrebbe portato a Roma con sErmagora, che sarebbe stato fatto vescovo dallo stessosan Pietro (il condizionale, ovviamente, mio; nel testosinodale si scrive allindicativo). I veneziani, con il tra-sporto nella loro sede del corpo di san Marco, afferma-

    vano, in modo molto concreto, che il fondatore dellaloro chiesa era stato appunto san Marco, che era passa-to per le terre lagunari, dove avrebbe avuto il sogno chegli preannunciava la finale dimora in quelle terre39.

    Il trafugamento avvenne, secondo la tradizione,nell828 e si concluse con il collocamento del corpo del-levangelista nel Palazzo Ducale. Il che potrebbe signi-ficare che tutta loperazione fu portata a termine dal-lautorit politica e non da quella ecclesiastica. Ci

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    avvalorato anche dal fatto che la committenza dellaBasilica che doveva contenere le spoglie del santo

    ducale. Infatti nell829 il duca Giustiniano Parteciaco,nel suo testamento40, affidava alla moglie limpresa dicostruire una chiesa in onore di san Marco nel territo-rio di San Zaccaria: cio nel luogo dellattuale Basilica.

    San Marco nacque come Basilica del Palazzo Duca-le, sulla cui struttura originale giova spendere qualcheparola. da dire subito che non ci sono resti n sihanno documenti del primo Palazzo Ducale. Lunicoresto di un monumento antico potrebbe essere il trat-to di muratura, dello spessore di circa due metri, esi-stente tra la Porta della Carta e lArco Foscari dellat-tuale palazzo. Purtroppo questi pochi resti non sem-brano sufficientemente qualificanti per una determi-nazione cronologica, anche perch si deve tener contodi un uso molto diffuso a Venezia, e non solo a Vene-zia, di reimpiegare il materiale di precedenti costru-zioni. , per, un dato di fatto che la struttura di que-

    sto tratto di muro diversa da quella di tutto il restodel palazzo attuale. Potrebbero essere i resti di uncastrum tardoantico.

    La cosa non stupisce scrisse Forlati se si ricorda chei Bizantini si trovarono nel secolo vi a dover difendere illitorale veneto appena riconquistato ai Goti e di nuovopericolante per linvasione dei Longobardi gi padroni delretroterra: naturale abbiano pensato a erigere opera didifesa in punti strategicamente importanti valendosi dicostruttori del luogo ancora maestri della tecnica romana41.

    Per, se si riflette sullipotesi di Carile sulla situa-zione lagunare ai tempi di Cassiodoro, non si pu esclu-dere la possibilit che gi prima dellinvasione longo-barda del retroterra veneto si fosse costituito nella stes-sa zona lagunare un sistema di difesa: non pertanto da

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    escludere a priori la possibilit dellesistenza di uncastrum romano o meglio, tardoromano anche nel

    luogo ove sarebbe poi stato costruito il primo PalazzoDucale. Purtroppo non possediamo elementi conosciti-vi sufficienti per suffragare questa ipotesi, che rimane,come ho appena scritto, soltanto una possibilit; comenon da escludere che quei resti, cui ho fatto cenno,appartengano agli inizi del secolo ix, cio al primo Palaz-zo Ducale, fatto costruire da Agnello Parteciaco.

    Questo probabilmente ebbe la forma del palazzo-castrum, secondo la tipologia, per esempio, del Palazzodi Diocleziano di Spalato, con torri angolari. Nono-stante la mancanza di notizie e lincertezza di repertisicuramente attribuibili al secolo ix, forse possibileavere unidea delle caratteristiche essenziali di questaprima importante sede del potere ducale in zona realti-na: si pu ipotizzare, tra laltro, la presenza, nel palaz-zo-castello nel suo complesso, di almeno tre torri ango-lari42. Un altro fatto degno di nota questaltro: che il

    castello era circondato da acque. In ogni modo per sug-gerire una seppur generica ricostruzione del palazzo-castello, riporto quanto ebbe a scrivere la Bassi:

    Si pu quindi concludere, sulla base delle pochissimetestimonianze, che il castello aveva per lo meno tre torri,congiunte da muraglie di cinta non altissime, ma robuste,bagnate da canali su tre lati e dalla laguna su quello meri-dionale. Dentro vi erano vari edifici, adibiti a dimora, aduffici, a difesa, e vi era la chiesa; tutte le costruzioni inter-ne erano prevalentemente in legno43.

    Conviene ora accennare ai vari problemi, o, almeno,ad alcuni di essi, relativi alla prima edizione della Basi-lica marciana. Secondo la vecchia ipotesi di Cattaneo44

    questo primo edificio era a pianta longitudinale, secon-do la tipologia pi diffusa delle costruzioni derivanti

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    dalla tradizione ravennate e postravennate: la cosiddet-ta esarcale45. La Basilica sarebbe stata costruita tra il

    Palazzo Ducale e la chiesa di San Teodoro: questulti-ma dedicata al primo, presunto, patrono di Venezia, einnalzata nella zona dellattuale piazzetta dei Leoncini.Forlati ha effettuato in loco alcuni saggi di scavo chenon hanno dato esito positivo; ci, tuttavia, non esclu-de la possibilit, come osserva lo stesso Forlati, che l siastata eretta una chiesa:

    Raffaele Cattaneo ha supposto, seguendo GiovanniSaccardo che per primo se ne occupato, che esso [SanMarco] sia stato preceduto [...] da una chiesetta dedicataa san Teodoro eretta dove ora trovasi la Piazzetta deiLeoncini e avente la forma basilicale propria della terra-ferma. Per i saggi di scavo da me condotti in detta Piaz-zetta non hanno finora dato conferma sicura, quantunqueuna simile ipotesi sia stata accettata anche dallultimoimportante studioso che se ne occupato, il Demus. Del

    resto non mi nascondo che gli scavi possono anche nonaver dato risultati soddisfacenti perch dopo la demoli-zione della chiesetta, avvenuta secondo il cronista Magnonel 1063, al suo posto furono costruiti nuovi edifici, comerisulta chiaramente dal dipinto di Gentile Bellini, la Pro-cessione in piazza San Marco, ora alle Gallerie dellAcca-demia. E questi possono aver distrutto le tracce delledi-ficio precedente46.

    Qui non interessa approfondire chi sia stato questoTeodoro, il cui nome certamente bizantino; si pu soloricordare che lesistenza di un tale patrono veneziano frutto di leggenda e che per quanto riguarda una chiesaa lui dedicata, il primo documento che la menziona del97647. Pertanto, essendo dubbia lesistenza di una SanTeodoro del secolo ix, sarebbe del tutto improprio,almeno in questa fase storica, suggerire ipotesi inter-

    pretative sulla sua tipologia.

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    Dicevo dunque che Cattaneo prospett la possibilitche la prima San Marco fosse a pianta longitudinale: tale

    ipotesi fu, in linea di massima, accettata, se non altroperch, come appena accennato, tale tipologia ben sa-dattava alla tradizione della terraferma dellalto Adria-tico. Forlati, negli anni intorno al 50, comp una seriedi scavi ai piedi di alcuni pilastri dellattuale Basilica,giungendo a queste conclusioni:

    Anzitutto ho eseguito uno scavo ai piedi dei due pilastriche reggono il grande arcone di destra tra lattuale cupola del-lascensione e quella di San Leonardo: se mai fosse esistitoun primo San Marco a forma basilicale, si sarebbero dovutetrovare le fondazioni dellasserito muro perimetrale. Di talifondazioni non rinvenni traccia alcuna, n a destra n a sini-stra, dove pure vennero eseguiti degli assaggi. I pilastri sor-gono da robustissime basi di grandi massi di pietra squadra-ta di Aurisina, evidentemente nate con essi48.

    Da queste osservazioni Forlati concludeva che i pila-stri attuali, almeno quelli da lui considerati, non sareb-bero contariniani (cio della seconda met del secoloxi), bens parteciaci: il che non mi sembra dimostrato.Il fatto che non si siano trovate tracce di fondazioniproprio in vicinanza di pilastri, presso i quali furonoeffettuati gli scavi, non vieta di ipotizzare la preesi-stenza di una struttura basilicale, mancando ogni ele-

    mento sicuro per definire il luogo esatto della possibi-le costruzione dei muri perimetrali; in secondo luogoperch gli eventuali muri perimetrali potevano averavuto fondamenta poco profonde, dovendo sosteneresoltanto un tetto a capriate lignee, pertanto essi potreb-bero essere scomparsi in seguito ai lavori successivi.Che poi le fondamenta dei pilastri esaminati da Forla-ti siano da attribuire al secolo ix da dimostrare: sivedano, in ogni modo, queste altre osservazioni su tale

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    problema. Aggiunge Forlati una seconda prova a soste-gno della sua tesi:

    Di pi, esaminata con cura la tecnica costruttiva di tuttii muri perimetrali del nostro primo San Marco, cio diquanto resta sotto la quota del pavimento attuale, essihanno dimostrato un identico tipo specialmente nel fiancosettentrionale, che del resto anche Cattaneo attribuisce inparte alla chiesa del secolo ix. Queste murature sono infat-ti formate da mattoni romani, interi e frammentarii, dellaconsueta misura 0,30 x 0,15 x 0,08, disposti in piano e uniticon malta. [...] Aggiungo un altro particolare: nel suo testa-mento il doge Giustiniano Partecipazio dice che per lacostruzione di San Marco si dovevano usare le pietre diEquilo che fossero rimaste inutilizzabili in quel monasterodi SantIlario in cui egli volle essere sepolto. Ora tra que-ste pietre vi possono essere le sculture tardo-antiche [...].Ma vi erano anche, e soprattutto, le pietre usate nelle fon-dazioni che hanno ancora il taglio proprio della tecnica

    romana e che si ritrovano identiche nella torre eretta nellostesso periodo a difesa dellAbbazia di SantIlario, sia nellefondazioni del Campanile, universalmente riconosciutocome opera del secolo ix49.

    Se veramente potessimo dimostrare che le pietre dellefondazioni dei pilastri sono da attribuire, per il taglio,al secolo ix, non si pu scartare lipotesi che dette fon-

    dazioni risalgano alla costruzione contariniana, per laquale si sarebbe potuto usufruire del materiale, giacen-te in loco, che poteva essere servito di fondamenta allaeventuale e problematica costruzione basilicale. Perquanto riguarda parte del muro settentrionale, databileal secolo ix, non assolutamente chiaro se sia opera direimpiego di materiale precedentemente usato, o, se ori-ginale del secolo ix, quale rapporto abbia avuto con ilresto della struttura architettonica. Se queste osserva-

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    zioni mi inducono a ritenere non sufficientemente dimo-strata lesistenza di una prima San Marco a pianta accen-

    trata, come lattuale, certamente esse non portano adimostrare che il primo edificio fosse a pianta basilica-le. Nellambito delle ipotesi sulla prima San Marco, mia opinione che ci si possa muovere esclusivamente suricerche di ordine tipologico. Ci premesso, ritengo piprobabile che la prima San Marco avesse forma accen-trata, come vuole Forlati, ma non necessariamente didimensioni analoghe allattuale. Tale ipotesi si basa sulfatto che essa nacque come basilica ad corpus, in pi peril corpo di un evangelista, che poteva essere equiparatoa un apostolo (basilica Apostolorum): dunque dovrebbetrattarsi di un martyrium, per la cui tipologia la piantaaccentrata la pi comune, e facendo rimando allapo-stolicit, tra le piante accentrate quella a forma di croce la pi diffusa50. Se poi si considera che fu cappella pala-tina, ci avvalora lipotesi che fosse a struttura accen-trata51. questa soltanto una possibile ricostruzione

    tipologica della prima San Marco e la si suggeriscecome ipotesi di lavoro. Infatti, una volta proposta taleipotesi, le considerazioni da farsi sono numerose. Peresempio, si tratta di un apporto bizantino, come vuoleForlati52, o del risultato della tradizione paleocristiana epoi altomedievale, svoltasi in loco, cio nel territorioveneto? Poich non si conoscono con sicurezza n lastruttura n le dimensioni delledificio, difficile dare

    una risposta esauriente a questo interrogativo. Ammes-so si trattasse di una basilica cruciforme, potrebbe esse-re illuminante, per taluni aspetti, conoscere quale tipodi copertura fosse stato usato: per esempio se allincro-cio dei bracci cera una autentica cupola in muratura ouna pseudocupola di legno. Se i pilastri attuali, esami-nati da Forlati, sono del secolo ix, si dovrebbe conclu-dere che essi erano in funzione di una cupola autentica;uno xylotroulos non dovrebbe aver avuto bisogno di

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    pilastri cos grossi. La presenza di unoxylotroulos por-terebbe anche al riferimento al Santo Sepolcro di Geru-

    salemme, citato da alcune fonti53

    . assai arduo il ten-tativo di individuare il significato preciso del rimandoalla pi famosa costruzione gerosolimitana: si tratta diun rimando simbolico o propriamente di aspetto tipo-logico? Ritengo che una risposta a questo interrogativopu essere suggerita generalizzando il problema. NelMedioevo e in molti casi in et carolingia sono assainumerosi gli esempi di edifici che si rifanno al SantoSepolcro di Gerusalemme: tali riferimenti sono docu-mentati da fonti scritte; ma quando si voglia passare allaverifica copia-modello, ci si rende conto che il rapportoinstaurato molto approssimativo. Il problema genera-le stato studiato anni fa da Krautheimer54: egli presein considerazione alcune costruzioni che rimandavanoappunto al Santo Sepolcro ed osservava che laggancioa tale modello, documentato dalle fonti, in pratica siriduceva soltanto a pochi particolari che, evidentemen-

    te, devono essere interpretati come simbolicamentesignificativi. Non v infatti altra possibilit dinterpre-tazione, quando si accettino queste osservazioni, moti-vate, di Krautheimer:

    These copies [del Santo Sepolcro] were built all overEurope from the fifth to as late as the seventeenth century.Yet although the intention of imitating the Rotunda of theHoly Sepulchre is expressly stated in many istances, thebuildings vary surprisingly from each other; they are alsoastonishingly different from the prototype which they meanto follow55.

    Pertanto allampia casistica citata da Krautheimer sipu tranquillamente aggiungere anche la prima Basilicamarciana, insistendo sul fatto che ammissibile, al mas-simo, un rapporto simbolico, anche se riesce difficile

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    individuare i particolari che possano giustificare il rap-porto stesso: non si trascuri la possibilit che uno di que-

    sti elementi, o, al limite, lunico, possa essere stata lacopertura lignea a cono (xylotroulos).Per quanto riguarda il modello della San Marco par-

    teciaca, Demus56 suggerisce lipotesi che esso sia statola basilica Apostolorum di Costantinopoli, portando asuffragio della sua ipotesi queste motivazioni: la cono-scenza diretta dei Parteciaci dei monumenti costanti-nopolitani e lo stretto rapporto tra Venezia e Bisanzionel secolo ix, attestato dalle fonti che ricordano chealcuni monumenti veneziani (come per esempio SanZaccaria) furono eretti grazie allintervento dellimpe-ratore dOriente. Tale ipotesi parte dal presuppostoche la Basilica del secolo ix avesse, almeno approssi-mativamente, la forma e le dimensioni di quella con-tariniana del secolo xi, cio dellattuale; e poich lafondazione contariniana fu esemplata sullApostolion diCostantinopoli, anche la precedente, del secolo ix,

    avrebbe avuto lo stesso prototipo. A mio avviso il rifa-cimento, totale, contariniano non si potrebbe com-prendere se si fosse concretato nella realizzazione diuna costruzione tipologicamente analoga, in forma e indimensioni, alla precedente, che fu abbattuta per fareposto alla nuova.

    Sembra ipotesi pi ragionevole prospettare la possi-bilit che la prima San Marco fosse un martyrium a

    croce libera, con copertura, allincrocio dei bracci, acupola o axylotroulos, di dimensioni pi limitate del-lattuale (la chiesa di San Teodoro sarebbe stata abbat-tuta nel 1063 per poter costruire la nuova Basilica con-tariniana: ci non sarebbe stato necessario fare se la SanMarco del secolo xi avesse avuto le dimensioni dellaprecedente, che almeno per un certo periodo di tempo San Teodoro, come si gi notato, documentata nelsecolo x ebbe accanto appunto la chiesa di San Teo-

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    doro). Nel vano centrale, sotto la ipotizzata cupo-la di questo martyrium, si apriva la cripta. Gi Catta-

    neo e pi recentemente Demus, Bettini e Forlati sonoconcordi nel riconoscere in una parte dellattuale crip-ta marciana i resti di quella del secolo ix e, secondo Bet-tini57, questultima rimanderebbe a tipologie carolinge.Certamente la presenza della cripta induce a riferimentioccidentali e rimanda soprattutto al culto delle reli-quie. Mentre gli heroa antichi e tardoantichi hannotalora un vano sotterraneo (esempio tipico in proposi-to il Mausoleo di Diocleziano nel suo palazzo pressoSalona, e ora Duomo di Spalato), questo vano non uti-lizzato per la sepoltura: il sarcofago doveva trovarsiben visibile entro la costruzione sopraterra. Nellusocristiano, la cripta diventa luogo riservato al culto dellereliquie; ed in et carolingia che fiorisce la tendenzaa strutturare cripte molto complesse e articolate; e inqualche misura anche quella del secolo ix di San Marcorientra nellambito di questa tendenza. Pertanto se la

    tipologia del martyrium diffusa sia nella parte occi-dentale sia nella parte orientale del vecchio imperoromano, la presenza della cripta rimanda a prototipioccidentali pi che bizantini.

    Unaltra osservazione non va trascurata: la presenzain San Marco di sculture cosiddette carolinge pu avereun preciso significato. Laggettivo carolingio, quantomai generico, va pertanto specificato. Sintende qui far

    riferimento alla diffusione di una tipologia figurativa, aintreccio vimineo, che occupa pressoch totalmente la-rea del piano decorato, in una sorta di horror vacui; ma da aggiungere anche che tale intreccio si realizza secon-do moduli compositivi che si ripetono in costante ana-logia, suggerendo un senso di chiarezza composita. Con-stato un fatto: essa, tipologia, presente in et carolin-gia anche nella terraferma veneta, cio nelle zone occu-pate dai franchi, in modo talmente perentorio e gene-

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    ralizzato da poterla definire propriamente carolingia epertanto inserire nellambito occidentale. A Venezia, e

    precisamente in San Marco e nel chiostro-museo diSantApollonia (dove da qualche anno sono depositatealcune opere provenienti da San Marco), presente unaserie di plutei e di frammenti scultorei che si inserisco-no bene nella classe di opere alle quali si appena accen-nato. Intendo, per San Marco, i plutei pubblicati daZuliani58, che dovettero far parte dellapparato decora-tivo della San Marco del secolo ix e che manifestanochiaramente il legame culturale con la terraferma caro-lingia.

    Ho cos proposto un altro elemento occidentale,questa volta nellambito della tipologia figurativa scul-torea. E, nella ricerca dei vari coefficienti culturali checontribuirono a definire la prima San Marco, ne vatenuto presente un altro: secondo Demus59 la San Marcodei Parteciaci si riallaccia allistituto della Eigenkirche,istituto di estrazione senzaltro occidentale.

    Dopo quanto s qui scritto, mi sembra che, in uncalcolo statistico, gli elementi occidentali abbiano laprevalenza su quelli orientali, dubbi, o, per lo meno,problematici. Ma come si pu spiegare questo filooc-cidentalismo con la politica di stretto rapporto deiduchi veneziani con Costantinopoli? Il trattato franco-bizantino dell814 riconosceva Venezia provincia bizan-tina. Con ci i veneziani si mettevano al sicuro da pos-

    sibili ingerenze carolinge. Con Giustiniano Parteciaco,nell824, nella ratifica decennale dei patti franco-bizan-tini, si insisteva sul carattere di provincia bizantina diVenezia; ma ci non significa che fosse spenta la ten-denza autonomista della citt lagunare. E quando, peropporsi ad Aquileia, fiorisce il mito marciano, proprioil monumento architettonico marciano segna simboli-camente ladesione a una cultura occidentale, vale a direcarolingia: quasi in un raffinato gioco di equilibri insta-

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    bili, tra Oriente e Occidente, gioco che sar il motivodominante della politica del ducato. La scelta filocci-

    dentale potrebbe dunque essere interpretata come scel-ta di equilibrio tra le due grandi potenze del momento:rispetto ai franchi era provincia bizantina, di fronte aibizantini era di cultura occidentale. Un discorso siffat-to potrebbe essere ipotesi pi verosimile se suffragatoda prove pi concrete; non posso, infatti, esimermi dalpresentare unaltra possibilit: che la scelta dei motivioccidentali rientri in un generico gusto culturale deltempo e del luogo vicino, senza motivazioni pretta-mente politiche.

    Ma v pure una terza motivazione, per la quale devoproporre qualche osservazione di ordine pi generale. Lascelta operata dalla corte carolina della tipologia che quiora cinteressa pu rientrare nel contesto della questio-ne delle immagini sacre. Nel 787 a Nicea si tenne il Con-cilio che abrog il divieto delle immagini sacre deciso nel754. Carlo conobbe le deliberazioni del Concilio di Nicea

    attraverso una traduzione non certo perfetta, che gli per-mise di prendere posizione contro le decisioni nicene efece scrivere i cosiddetti Libri Carolini, che sembranoattestare lo sforzo del re franco di opporsi a Bisanzio,anche attraverso il disaccordo sul problema delle imma-gini sacre. La scelta figurativa, che, come ho accennato,rifiuta qualsiasi rimando a iconografie, potrebbe con-figurarsi come risultato di tale atteggiamento.

    Questo legame, suggerito soltanto come ipotesi dilavoro, tra scelta figurativa e problema delliconoclastia,potrebbe ripresentarsi nel momento dellacquisizione daparte dei veneziani di tale tipologia. I duchi venezianiavevano stretti rapporti politici con la corte imperialebizantina, presso la quale era emersa una maggioranza dipotere filoiconoclastica (Concilio di Costantinopolidell815): pertanto la scelta veneziana pu essere dipesaanche dal fatto che tale tipologia figurativa, pur essendo

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    di origine e di significato occidentali, bene si adattavaalla politica iconoclastica della corte bizantina.

    Non v dubbio che queste siano proposte assai labi-li di interpretazione, ma per questo non indegne diessere approfondite, tenendo conto che le tre possibi-lit qui proposte non necessariamente sono in contrap-posizione tra loro. Ribadisco qui quanto ebbi gi mododi scrivere:

    Laccoglimento, dunque, di tale struttura figurativa aVenezia negli anni intorno all829, potrebbe essere il risul-tato di un tentativo di reperire al proprio mondo una strut-tura figurativa di origine occidentale, che per non si oppo-neva alle direttive costantinopolitane60.

    La costruzione del Palazzo Ducale con lannessaCappella Palatina (San Marco) in zona rivoaltina puessere assunta a simbolo di una nuova situazione sto-rica: segna linizio del processo di centralizzazione del

    potere della nuova e definitiva sede. Se lecito par-lare della nascita non di Venezia ma di una federazio-ne di centri veneziani, con il periodo carolingio si avviaappunto il processo di centralizzazione che tende acostituire uno stato pi unitario: e appunto PalazzoDucale e San Marco sono i simboli del processo intra-preso. Cessi ha bene messo in evidenza questo feno-meno:

    Rialto, che era diventato attivissimo quartiere di con-centrazione, arricchito da rapido incremento demografico,aveva esteso la sua forza espansiva e con metodica azioneaveva avvicinato e collegato al nucleo primigenio le isolecontermini, Olivolo, Luprio, le Gemini, Dorsoduro, Spi-nalonga, preconizzando la civitas61;

    e ancora:

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    Il riflusso demografico del gruppo delle isole realtine,aveva aiutato come inevitabile conseguenza il concentra-

    mento politico in Rialto, assurto a naturale convegno del-luniversus populus Venetiarum. Tribuni eprimati delle isoledel gruppo realtino convennero in Rialto nel palatium,accentrando in esso la vita isolana, e nellunificato nucleosi riassorb la funzione politica dianzi dispersa nelle comu-nit periferiche. Automaticamente risult limitata in misu-ra maggiore o minore la loro partecipazione alla vita poli-tica del ducato e diminuita la loro autonomia, da Torcelloa Malamocco, a Equilo62.

    E verso la fine del secolo, il ix, il nucleo realtinotrov una nuova sistemazione urbana: anche se, ancorauna volta, impossibile verificare in loco una tale ristrut-turazione, e pertanto le misure e il significato pratico diessa; le fonti ci permettono di ricordare appunto che,intorno all897, si cominci ad edificare una citt, pres-so Rialto63.

    Let carolingia di notevole importanza per la situa-zione economica: in essa infatti prende sviluppo unanuova attivit, che sar poi una delle principali per le-conomia veneziana. infatti nel secolo ix che docu-mentata una vera e propria flotta e militare e mercanti-le64; e, parallelamente allo sviluppo mercantile per viamare, emerge anche quello per via terrestre: Venezia,cio, tende a diventare il ponte dei rapporti commercialitra Oriente e Occidente65.

    Allo sviluppo economico-commerciale corrisponde unosviluppo urbanistico, come si gi notato, per la zonarivoaltina: ma non esclusivamente in essa; e anche perquanto riguarda il processo di centralizzazione del pote-re nella stessa zona, si deve parlare, giova ripeterlo, solodi inizio di processo. Un esempio, a prova di tale affer-mazione, viene offerto, ancora una volta, da Torcello.Negli scavi eseguiti negli anni 1961-62 dalla missione

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    polacca66 si sono trovati (nella zona prossima alla Basili-ca) un denaro di Carlo Magno della Zecca di Milano e un

    dirham arabo della fine della II Egira (secoli viii-ix). importante notare che queste due monete assai probabil-mente si trovavano originariamente in un unico sacchet-to67, e tale ritrovamento pu essere interpretato comeelemento significante della nuova situazione economicamaturatasi appunto nel secolo ix. Anche a Torcello dun-que doveva essere avviato il processo di ristrutturazionedelleconomia, che da prettamente agricola passava a com-merciale. Condivido, pur con qualche riserva, le conclu-sioni alle quali sono pervenuti gli studiosi polacchi:

    Nei secoli viii-ix lisola di Torcello va lentamente per-dendo, come le altre della laguna, il suo carattere esclusi-vamente rurale e acquista laspetto di un centro di abita-zione, dotato di mercato che sar definito da CostantinoPorfirogenito (secolo x) emporion mega dellAdriatico68.

    Anche Torcello, dunque, nei secoli ix e x, dovettepartecipare al rinnovamento economico in direzionemercantile e godette di un certo prestigio, come ciattesta limperatore bizantino Costantino VII Porfiro-genito: il che comporta, sul piano dello sviluppo urba-no, lipotesi che lisola avesse un paesaggio architetto-nico di una certa rilevanza. Anche se dunque avvia-to il processo di centralizzazione del potere in Rialto,

    ancora nei secoliix

    ex

    Torcello si presentava come uncentro mercantile importante; sar solo verso la finedel secolo x e gli inizi dellxi che Torcello perder que-sta sua prerogativa economico-commerciale, a vantag-gio di Rialto, diventando a sua volta soprattutto cen-tro religioso. La scoperta di una zona cimiteriale com-presa tra la Cattedrale e Santa Fosca, databile agliinizi del secolo xi, e nata nella zona del mercato,potrebbe significare la fine della rilevanza commercia-

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    le dellisola, come, credo correttamente, propongonogli studiosi polacchi:

    Il terminus post quem del cimitero fissato dalla crono-logia delle monete ivi rinvenute. Sembra, tuttavia, che leprime tombe (o, almeno quelle della seconda fase) risalga-no alla fine del x - inizi xi secolo e corrispondano cronolo-gicamente alla costruzione della chiesa di Santa Fosca. Poi-ch nei primi anni del secolo xi furono anche effettuate dalvescovo Orso Orseolo innovazioni nelle basiliche di SantaMaria e pressoch contemporaneamente fu elevata la torrecampanaria, sembra evidente che alla fine del x - inizi xisecolo il centro storico di Torcello abbia acquistato unaspetto completamente nuovo, anche per lallargamento inquel periodo dellarea dietro la cattedrale. Questi muta-menti bene si accordano con landamento generale dello svi-luppo dellisola attestato dalle fonti scritte: Torcello, cio,va lentamente perdendo il carattere commerciale a vantag-gio di Rialto e acquista, in compenso, laspetto di un cen-

    tro religioso69.

    Non c dubbio, dunque, che Torcello nel secolo ix enel successivo abbia avuto unimportanza notevole sulpiano economico, il che, come gi osservato, dovrebbeessersi riflesso sulla struttura urbana, che tuttavia non ci nota. probabile che nel secolo ix si sia posto manoad un restauro della Cattedrale: il Lorenzetti avanz li-

    potesi che il passo della cronaca di Giovanni Diacono(ecclesia Sancte Dei Genitricis et Virginis Marie, quevetustate pene consupta manebat, a Marini Patrici filiisconsolidata est70) si debba attribuire alla Cattedrale tor-cellana. Tale consolidamento dovrebbe riferirsi alvescovado di Adeodato II, tra l864 e l867, secondo latestimonianza dello stesso Giovanni Diacono. Linter-vento pi cospicuo potrebbe essere stato quello relativoalla zona presbiteriale: costruzione della piccola cripta

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    anulare (senza la calotta centrale e la relativa piccolaabside esorbitante dalla grande abside) con innalzamen-

    to del piano del presbiterio e rifacimento dellabside cen-trale, che sarebbe da riconoscersi in quella attuale (senza,come si detto, labsidiola della cripta) almeno fino a unacerta altezza. Allo stesso momento potrebbe risalire ilrifacimento del pavimento della navata: i pochi fram-menti musivi che ancor oggi si vedono, al di sotto di circatrenta centimetri dallattuale, possono essere attribuiti alsecolo ix. Non mancano poi elementi scultorei attribui-bili allo stesso periodo: alcuni frammenti qua e l sullemurature e soprattutto gli stipiti del portale maggiore,che riecheggiano motivi occidentali, genericamente caro-lingi, e che vanno interpretati come esempi di diffusio-ne di cultura occidentale, alla pari dei manufatti di SanMarco e di SantApollonia, ai quali si fatto cenno.Questi stipiti sono di riporto, certamente eseguiti nonper lattuale destinazione; si tratta, in qualsiasi caso, diopere veneziane, da aggiungere appunto al gruppo gi

    esaminato trattando della Basilica marciana71.Il secolo x caratterizzato dalla grande crisi italica:Venezia solo marginalmente risente di tale situazione.Anche se pu apparire irrilevante puntare su un unicoevento disastroso per la storia artistica di Venezia,giova insistere, a mio avviso, su tale fatto. Nel 976buona parte della zona rivoaltina venne incendiata. Larivolta popolare, che si concluse proprio con lincendio

    del centro di potere, Palazzo Ducale e San Marco conla zona adiacente, fu il risultato di un lungo processopolitico, imperniato sulla figura di Pietro IV Candiano.Questi favor una scelta politica continentale ( assaisintomatico, in proposito, il fatto che egli avesse abban-donato la moglie Giovanna, relegata in un monastero,per Waldrada, sorella di Ugo marchese di Toscana): maaddurre tale politica a motivo del risentimento popola-re sarebbe limitazione ingiustificata. Molto pi com-

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    plessi furono i motivi della rivolta, che si concluse conluccisione di Pietro IV Candiano e del suo figlioletto,

    avuto da Waldrada, mentre tentava di fuggire dal palaz-zo incendiato; il fuoco appiccato al palazzo e a SanMarco si estese su unarea abbastanza grande: pi di tre-cento case furono distrutte, case, probabilmente, anco-ra tutte di legno72.

    assai probabile che il fuoco abbia trovato facile escanelle case di legno, mentre nel Palazzo Ducale e nellaBasilica abbia coinvolto solo le parti lignee, cio, perquanto riguarda San Marco, la parte alta (ammesso checi fosse unoxylotroulos): certo, in ogni modo, che i dueprincipali edifici ducali non ebbero a subire danni gra-vissimi. Ne fanno testimonianza Giovanni Diacono ealtre fonti, dalle quali si evince che lopera successivaallincendio fu soprattutto di restauro, pi che di rifa-cimento totale (tale opera va ascritta agli Orseolo, e inparticolare al duca Pietro I). Scrisse Demus:

    The terms redintegrare, redifichar, reparare, restaurare,complere, seem to indicate that the work done by Orseoliwas, more or less, a restoration of the original church andnot a complete rebuilding (reparavit, ubi combusta erat)73.

    Unaltra prova portata da Demus74 questa: loperafu sovvenzionata dagli Orseolo e fu realizzata entro dueanni, dunque non dovette trattarsi di grandi lavori, per-

    tanto da escludere che le strutture fondamentali degliedifici ducali siano state grandemente danneggiate.Sulla base di queste osservazioni, a mio avviso moti-

    vate, si pu concludere che la seconda San Marco nonabbia rappresentato una nuova edizione della Basilica,quanto a struttura di fondo, ma solo un grande restau-ro, che certamente coinvolse anche lapparato decorati-vo. A questo proposito condivido quanto ebbe a scrive-re Zuliani:

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    I radicali restauri dellOrseolo, dopo lincendio del 976,furono anche pretesto per un completo rinnovo dellarredo

    scolpito: sulle pareti, esterne ed interne, dovevano correrelunghi fregi in terracotta o in pietra con la fauna fantasti-ca intrecciata al riscoperto tralcio classico; vennero tolte omesse in secondo piano le lastre ad intreccio vimineo, men-tre importanza essenziale assumono le lastre bizantine a fet-tuccia e le loro prime repliche veneziane. Il gusto muta,dunque, si rivolge ai moduli orientaleggianti di questa fasedellarte bizantina, ma gi traspaiono indicazioni verso queldeciso revival paleocristiano che trover la sua qualifi-cazione pi organica nellambito della basilica contariniana,alla fine del secolo xi75.

    Se il restauro della struttura edilizia della Basilica siconcluse entro due anni, probabile che tale arco ditempo non sia stato sufficiente per la realizzazione ditutto lapparato decorativo, cui si appena accennato,per la quale realizzazione si pu pensare genericamente

    al periodo corrispondente agli ultimi anni del secolo x.Si giunge cos alla fine del secolo x e allinizio delsecolo successivo, lxi, che pu essere ricordato per unaserie di interventi di notevole rilevanza. Ucciso nel 976Pietro IV Candiano, il nuovo duca Pietro I Orseolo, chegovern per breve tempo (976-78), cerc la riappacifi-cazione degli animi e, come si gi notato, commissionla ricostruzione del Palazzo Ducale e della Basilica mar-ciana. Dopo il breve ducato di Vitale Candiano (978-79)e quello di Tribuno Menio (979-91), divenne duca Pie-tro II Orseolo (991-1009), figlio di Pietro I.

    Il secondo Orseolo scrisse Cessi sent, come primodovere della sua vita politica, impellenti bisogni di unalarga azione diplomatica a Oriente e a Occidente: riallac-ciare i contatti con il governo costantinopolitano per unamigliore regolazione degli scambi, normalizzare i rapporti

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    con gli stati mediterranei saraceni, le cui relazioni eranostate notevolmente compromesse dai precedenti divieti;

    parallelamente disperdere lequivoco nei rapporti con lacorte occidentale, sopravvissuto alla morte del secondoOttone76.

    Accenno ad alcuni fatti che possono esemplificare laposizione politica di Pietro II Orseolo. Nel 992 si rin-novavano i patti tra Venezia e limpero dOccidente,con giovamento per i veneziani. Nel 996 il giovaneOttone III, nella sua discesa in Italia, attraverso il Bren-nero, prese contatto con Pietro II Orseolo (quasi a sug-gellare tale contatto e il successivo accordo Ottone IIIinstaur un rapporto di parentela spirituale con ilduca veneziano; chiese ed ottenne che il duca inviassea Verona il giovane figlio per fargli da padrino nella cre-sima, imponendogli il nome di Ottone)77.

    Nel 992, dunque nello stesso anno del patto otto-niano, limperatore bizantino Basilio II, con il figlio

    coregnante Costantino VIII, concedeva ai venezianialcuni privilegi riguardo le imposizioni fiscali sul com-mercio marittimo78. Nota Pertusi79 che in questo docu-mento i veneziani sono definiti cives extranei ciocome persone straniere che hanno rapporti con le auto-rit fiscali e giurisdizionali dellimpero. Tale ricono-scimento segna un punto di rilievo nel processo di auto-nomia anche formale di Venezia dallimpero bizantino,e contemporaneamente una situazione di privilegiorispetto agli altri stranieri. Alla fine del secolo x dunque documentata la politica di equilibrio tra Occi-dente e Oriente, che non viene compromessa dallin-contro tra Ottone III e il duca, incontro segreto avve-nuto in Venezia stessa. Ben poco si sa dei risultati diquesto incontro, ma certo che Ottone nulla ottenne daPietro II Orseolo80.

    Nel 1008 fu consacrato vescovo di Torcello Orso

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    Orseolo, figlio di Pietro II. Quattro anni dopo Orso,divenuto patriarca di Grado, fu sostituito nellepisco-

    pato torcellano dal fratello Vitale. Nello stesso anno 1008 della consacrazione a vescovo di Torcello diOrso, Pietro II commission i lavori di restauro dellaCattedrale del figlio, Cattedrale che appariva vetusta-te consumpta.

    Come si pi volte ripetuto, licnografia della Basi-lica dovette rimanere costante dalla sua fondazione:unica eccezione laggiunta delle absidi laterali, attri-buibili ai lavori degli Orseolo. Per quanto riguardainvece lalzato della struttura basilicale, non si hannodati confortanti. Ci si muove in un campo di mere ipo-tesi.

    Si tenga conto di una possibilit: che i mosaici del-labside centrale e dellabside meridionale siano da data-re alla met circa del secolo xi. questa ipotesi abba-stanza recente: Demus81 ha suggerito, mi sembra inmodo attendibile, che gli Apostoli dellabside maggiore

    siano da datare agli anni intorno al 1050, in questoseguito dalla Andreescu82; Furlan83 ha ipotizzato che ilCristo dellabside meridionale sia opera di un maestrobizantino della met del secolo xi; la Andreescu84 ha evi-denziato la possibilit che il programma unitario delladecorazione della Cattedrale comprendesse della deco-razione attuale gli Apostoli dellabside maggiore, tuttala decorazione della cappella meridionale (ora del Sacra-

    mento) e la decorazione del muro ovest (cio dellinter-no della facciata), della quale la prima scena (la Croci-fissione) opera di completo restauro, mentre le duescene sottostanti, lAnastasis e il Giudizio, sarebbero inbuona parte originali. A distanza di circa un secolo(seconda met del xii) si sarebbe proceduto a un ampiorestauro della primitiva decorazione85. Lipotesi dellaretrodatazione alla met circa del secolo xi non trovaostacoli dalla lettura delle iscrizioni86.

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    Pertanto se i mosaici absidali sono da datare allamet circa del secolo xi, le absidi stesse non possono

    essere posteriori a tale data. La parte inferiore dellab-side maggiore stata attribuita al cantiere che lavornella Cattedrale nella seconda met del secolo ix; esarebbe stata rimaneggiata non prima degli inizi delsecolo xi, dato che nella zona inferiore al registro degliApostoli vera una decorazione della quale conoscia-mo un piccolo brano forse analoga a quella successivapi alta, a pittura murale, databile non oltre gli inizi delsecolo xi. Il rimaneggiamento al quale ho alluso, sareb-be consistito nellinnalzamento del semicilindro absida-le, collegato con quello delsyntronon (la scalinata che siconclude nella cattedra vescovile), il quale a sua volta collegato con la cupoletta della cripta, la quale si legaallabsidiola che esorbita dallabside centrale. A mioavviso i resti della pittura murale dovrebbero attribuir-si a un momento precedente la realizzazione del presentesyntronon, che nella sua ampiezza avrebbe coperto buona

    parte della decorazione pittorica87. Secondo me, non cdubbio che dettosyntronon sarebbe stato troppo alto perunabside pi bassa dellattuale; ritengo pertanto cheesso sia da datare al momento dellinnalzamento del-labside centrale; in questa fase di lavoro si sarebbeposto mano alla cripta, con la costruzione della calotta,il cui estradosso nascosto dalsyntronon medesimo e chesi lega strutturalmente allabsidiola esorbitante dallab-

    side centrale. Questi lavori di rimaneggiamento del-labside centrale e la costruzione delle due absidiolelaterali potrebbero risalire allimpresa degli Orseolo, apartire dal 1008. Linnalzamento della zona presbiterialeporta con s, direi logicamente, linnalzamento anche delnaos. Alcuni capitelli del naos sono stati riconosciutianaloghi a quelli della Basilica marciana88. Che essi sianostilisticamente vicini a quelli cosiddetti contarinianidella Basilica di San Marco, credo non ci sia dubbio. Se

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    dunque la novit di questo apparato decorativo va asse-gnata alla terza fabbrica marciana, lesecuzione di quel-

    li di Torcello non pu essere retrodatata oltre il settimodecennio del secolo xi. Si dovrebbe dunque ammettere se non si conviene con Buchwald per un inserimentotardivo, nel secolo xiii, di capitelli marciani nella Cat-tedrale di Torcello che questi non fecero parte del-limpresa iniziatasi sotto il vescovo Orso nel 1008; sidovrebbe invece supporre un intervento edilizio con ilcambiamento dei capitelli in unet non antecedente aiprimi decenni della seconda met del secolo xi. A mesembra che linnalzamento dellabside maggiore (nonposteriore alla met del secolo, se i mosaici sono di que-sto periodo) porti necessariamente allinnalzamento delnaos come gi proposto e invece non mi sembraaltrettanto giustificato ipotizzare un ulteriore interven-to nella Basilica per cambiare i capitelli tecnicamentecerto la possibilit esiste, ma si tenga conto delleleva-to costo necessario alloperazione, senza alcun plausibi-

    le motivo , qualche anno dopo lintervento orseoliano.Conviene dunque concludere con unipotesi nuova: chei capitelli cosiddetti contariniani di Torcello non sianostilisticamente di derivazione marciana, e pertanto nonsi possano definire contariniani, ma siano invece i pre-cedenti di quelli di San Marco. I capitelli contarinianidi San Marco sono, in qualche misura, bizantini: se siaccetta la mia proposta, si deve anticipare ai primi

    decenni del secoloxi

    questa influenza bizantina e cinon mi sembra impossibile, dati i frequenti rapporti tragli Orseolo e Costantinopoli. Nella politica di equilibriotra Est e Ovest, non fa meraviglia un aggancio cultura-le con lOriente, sia perch Costantinopoli supera, quan-to a cultura, ogni centro occidentale, sia perch nellaprima met del secolo xi si riprende con forza la lottatra Grado e Aquileia, per risolvere il problema dellunitdel patriarcato, e Roma ben coinvolta in questa lotta:

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    pertanto un rapporto culturale con Costantinopolipoteva significare una netta distinzione dallOccidente

    Aquileia, con la politica filoimperiale e pure daRoma. Ma su questo tema ritorner tra poco, quandoaccenner alla rifondazione della Basilica marciana.

    Lipotesi di retrodatazione del complesso edilizio edecorativo della Cattedrale di Torcello alla prima metdel secolo xi pu essere cos riassunta: se buona partedella decorazione musiva da far risalire agli anni 50,necessariamente la struttura muraria sottostante ad essanon pu essere posteriore a tale data. Il mosaico dellaparete ovest copre due finestre oblunghe della facciatae la muratura della medesima facciata presenta chiarisegni di un suo innalzamento. Sulla base di queste dueosservazioni si pu meglio specificare lipotesi. Nel1008, con sovvenzione ducale, si diede inizio alla rico-struzione della Basilica. Qualche anno dopo, sotto ilvescovado di Vitale Orseolo (si tenga conto che OrsoOrseolo, patriarca di Grado, poteva appoggiare il fra-

    tello Vitale a fare di Torcello un centro della politicadella famiglia; mentre ci era difficile realizzare aGrado, troppo vicina ad Aquileia, e mentre quivi pon-tificava il patriarca Poppo, acerrimo nemico di Grado),si sarebbe proceduto ad un ulteriore progetto di ristrut-turazione della Cattedrale, con la decorazione musiva.Ci sarebbe potuto accadere negli anni 30 o 40 e a que-sta occasione andrebbe attribuita lesecuzione dei capi-

    telli e forse anche quella dei plutei delliconostasi dellaCattedrale stessa, plutei che nella storiografia pi accre-ditata vengono attribuiti alliconostasi marciana delle-dizione contariniana89. Questi plutei, chiari esempi diquel revivalche viene di solito riconosciuto al cantierecontariniano, potrebbero rientrare in questa sistema-zione della Cattedrale di Torcello, con unanticipazionedi circa un cinquantennio sulla cronologia tradizionale.

    Il cantiere edilizio orseoliano (il primo sovvenziona-

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    mento avvenne a opera del duca Pietro II, ma limpre-sa dovette continuare anche dopo la morte del duca,

    prima con Orso e poi con il fratello Vitale, che fu vesco-vo di Torcello fino alla met del secolo) forse fu impe-gnato anche nella costruzione di Santa Fosca, conside-rata tradizionalmente come opera postcontariniana edatabile al secolo xii90. Le notizie documentarie essen-ziali relative a Santa Fosca sono queste: nel secolo ix pi volte ricordata una chiesa dedicata a Santa Fosca inTorcello, dipendente dal monastero veronese di SanZeno91. Nel 1011 due sorelle di Torcello lasciano alcu-ne propriet alla chiesa di Santa Fosca92.

    Secondo la leggenda, forse verso la fine del secolo x,un certo Vitale avrebbe trafugato da Sabrata il corpo disanta Fosca, insieme con quello di santa Maura, marti-re ravennate, e trasportato a Torcello i corpi stessi.

    Fin qui le poche notizie documentarie e una leggen-da. Lattuale edificio di Santa Fosca si trova in prossi-mit della Cattedrale e precisamente nella zona pi vici-

    na allantico cimitero. Gi si osservato che gli scavidella missione polacca hanno messo in evidenza lesi-stenza di un cimitero, le cui tombe pi antiche risali-rebbero agli anni tra la fine del secolo x e gli inizi del-lxi, nel sito gi occupato dal mercato: tra la Cattedra-le e Santa Fosca.

    Santa Fosca ha un impianto iconografico del tutto sin-golare per Venezia: essa dominata da un ampio vano

    centrale, a pianta quadrata, sul quale si aprono sul latoest un ampio presbiterio e, sugli altri, tre arconi (che sug-geriscono allinsieme la forma di croce) al centro, men-tre allestremit, dietro i pilastri e colonne di sostegno diquella che doveva essere la cupola (forse mai costruitama, certamente, prevista), vi sono vani a pianta quadra-ta, coperti da volte a crociera. Il presbiterio diviso intre navate, terminanti in absidi: la centrale ampia,alquanto ridotte le laterali. Il raccordo tra la pianta qua-

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    drata del vano centrale e la muratura di impostazionedella cupola realizzato da una singolare doppia cuffia,

    o tromba dangolo. Che si tratti di unopera di influen-za bizantina penso non ci sia dubbio: i confronti porta-ti gi da Bettini93 reggono la verifica. A parte la propo-sta cronologica, concordo con la sua conclusione:

    [...] Santa Fosca, dove tutto, dalla pianta allequilibrio dellemembrature e degli spazi, tradisce quel deciso e profondointervento del gusto bizantino, che divenne (ma non prima,direi, del secolo xii) una delle determinanti del gusto vene-ziano, innestandosi sulla precedente, e sempre viva, tradi-zione dellEsarcato94.

    La datazione del secolo xii dipende dal fatto cheSanta Fosca viene considerata opera di derivazione dalcantiere di San Marco, della seconda met del secolo xi.Che in Santa Fosca siano presenti allinterno (vedi peresempio la cornice che corre nellabside centrale) e alle-

    sterno (vedi la decorazione della stessa abside centrale)elementi cosiddetti contariniani, a mio avviso non cdubbio alcuno. Ma come ho anticipato la datazione deicapitelli della Cattedrale, cos ora tendo ad anticiparelesecuzione di tali apparati decorativi (e perci anchedelledificio), che diventerebbe precontariniana, cioante il cantiere di San Marco.

    Lanticipo alla prima met del secolo xi viene pro-

    posto, pur in via ipotetica, con varie motivazioni. Primadi tutto da dire che i confronti con le costruzionigreco-bizantine non vietano tale anticipazione. In secon-do luogo, tenuto conto della documentazione dellesi-stenza di una chiesa di Santa Fosca di propriet delmonastero di San Zeno di Verona nel secolo ix, sembradifficile accettare che un martyrium (ch di un tale edi-ficio dovrebbe trattarsi), cos strettamente legato allaCattedrale, fosse di propriet di un monastero stra-

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    niero; converrebbe forse ipotizzare lesistenza di unedificio sorto in luogo diverso dallattuale (sembra tut-

    tavia ostare a questa ipotesi il fatto dellassunzione di untitolo gi esistente nella zona da parte di unaltra chie-sa). Daltronde, se si potesse dare credito alla leggendadel trafugamento del corpo di santa Fosca (con quello disanta Maura) e il trasporto a Torcello nel secolo x, sidovrebbe coerentemente concludere che lesistenza diun martyrium sarebbe possibile solo dopo tale evento, ein questo caso si potrebbe far risalire la costruzione diSanta Fosca agli inizi del secolo xi, il che sarebbe avva-lorato dal fatto che il martyrium fu costruito in zonacimiteriale: giova ripeterlo, il cimitero fu costruito trala fine del secolo x e gli inizi dellxi. In altre parole, misembra si possa avanzare la proposta che il martyrium diSanta Fosca sia sorto successivamente al trasporto delcorpo della santa a Torcello e che la zona pi adatta perla costruzione di tale edificio sia la zona cimiteriale,accanto alla Cattedrale95.

    Ritengo che fino a che non si effettuino scavi archeo-logici al di sotto della chiesa, sia impossibile suggerireproposte sorrette da prove attendibili: la mia soltantouna possibilit interpretativa; niente di pi. Nemmenoil documento del 1011 illuminante in merito: forse, macon una notevole anticipazione, si potrebbe correlarlocon la nuova costruzione; se si tiene conto che gi a