Oriente e Occidente: Culture a confronto
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FONDAZIONE CITTA’ DEL LIBRO – UNIONE DEI COMUNI DEL NORD SALENTOPROGETTO “BIBLIOTECHE IN … COMUNE”
CAMPI 24-27 NOVEMBRE 2005
ORIENTE E OCCIDENTE:CULTURE A CONFRONTO
Gli operatori delle Biblioteche dell’Unione dei Comuni del Nord Salento: Alfredo CARLUCCIO,Annarosa PERRONE, Antonella TAFURO, Osvalda SCALINCI, Paola ERRICO, Sabrina LEONE
I coordinatori del Progetto: Elisa SALVATI, Emilio FILIERI, Gianni DE LUCA
ORIENTE E OCCIDENTE SEMBRANO ESSERE SPECIE IN QUESTIULTIMI ANNI DUE MONDI DIFFICILMENTE CONCILIABILI,DIVISI NON SOLO DA BARRIERE FISICHE, MA SOPRATTUTTODA BARRIERE CULTURALI.
Federico II e lasua Corte
SE INVECE CI SI SOFFERMA A CONSIDERARE QUANTO DELNOSTRO MONDO OCCIDENTALE DERIVI DA QUELLOORIENTALE, ANCHE NELLE COSE PIU’ PICCOLE DEL NOSTROVIVERE QUOTIDIANO, SI SCOPRE CHE ORIENTE E OCCIDENTE,SONO STATI E SONO ANCOR OGGI DUE MONDI CHECONTINUANO A INTERAGIRE IN TANTI MODI DIVERSI.
San Francesco e Al Kamil
LA PENISOLASALENTINA,
TROVANDOSI ALCENTRO DEL
MEDITERRANEOHA, DA SEMPRE,LA FUNZIONE DI
PONTE VERSOL’ORIENTE.
LA NOSTRA E’UNA TERRA DOVE
RAZZE DIVERSEHANNO IMPARATOA CONVIVERE DA
MILLENNI,CATALIZZANDO
CULTUREDIVERSE,
INTERESSI ESCAMBI
COMMERCIALI.
NON E’ UN CASO QUINDI CHE ANCHE LA CULTURA SALENTINAABBIA TANTO DELL’ALTRA PARTE DEL MEDITERRANEO:NELLE TRADIZIONI, NELLA LINGUA, NELLA CUCINA, ESOPRATTUTTO NELL’AGRICOLTURA: VINO E OLIO SONO,FORSE, LE COSE PIU’ SEMPLICI CHE POSSONO UNIRE I DUEMONDI.
Venditori di “scapece”antico piatto di origine
araba
“Così và fatto ! Le nostre opere non devonomirare solo al presente, ma all’avvenire,non a noi soli, ma ai discendenti nostri. Eallora i discendenti, anche lontani,prenderanno un poco d’olio degli ulivi chenoi abbiamo piantato”.
Giovanni Pascoli
“Se qualcuno avrà sradicato o avrà abbattuto unolivo, sia di proprietà dello stato sia di proprietàprivata, sarà giudicato dal tribunale e, se saràriconosciuto colpevole, verrà punito con la penadella morte”.
Aristotele – Costituzione degli Ateniesi
UN ULIVO MUORE
Ulivo in piediLe radici lo sorreggonola vecchia casacome un gigante.
(Taglia lo stelo dell’ulivo)
Ulivo piegatoLa chioma bacia la terra.Le foglie traspaionoonde di luce. (Taglia le radici dell’ulivo)Ulivo sradicatoLe tue ulivenon offriranno piùolio profumato.
La tua legnaarderà nel focolare.Il tuo fumobrucerà per semprela devozione della terra. (Taglia il cuore dell’ulivo)Ulivo del ricordoIl cuore dell’uomofisserà il tuo cuorenei sentieri confluentidel mistero e della consapevolezza. (Ricomponi il cuore dell’ulivo)
Da: “Canzoniere Oritano” di BrunaMicelli
OLIVISoldati scarmigliatiin fila, in marcia,
olivi straziatidalla bufera
combattono con noisu questa terradi sangue rossa
Anonimo
L’olivo, alberosimbolo del
Mediterraneo, haorigini remote. Lasua coltura passò
dal Norddell’attuale Siria,
all’Egitto, all’AsiaMinore ed alla
Grecia, sopratuttoalle sue isole Cipro,
Creta e Rodi.
La coltivazione e l’ utilizzo dell’olio di oliva assunsero,per tutti questi paesi, un ruolo importante sia culturalmenteche commercialmente. I Babilonesi, nel codice diHammurabi, regolamentarono il commercio dell’olio.
HAMMURABI
Per gli Egizi l’olio era un dono degli dei, e veniva usato anche nelprocesso di mummificazione, per ungere la pelle del corpo(disidratato dal sale detto natron) e conservarne l’elasticità primadi avvolgerlo nelle bende.
Imbalsamazione diOsiride
Gli Ebrei usavano l’olio per l’unzione del loro re, ed in tutta laBibbia l’olivo è citato più volte e usato come simbolo di pace edi speranza : la colomba dopo il diluvio universale torna all’arcadi Noè portando un ramoscello di olivo nel becco.
Nel NuovoTestamento Gesù (il
cui nome Christòsvuol dire “l’unto” )
viene accoltofestosamente aGerusalemme
mentre la folla agitapalme e rami
d’ulivo.
I Greci consideravano l’olivo un simbolo di pace, dono delladea Atena, talmente importante per gli scambi commercialiche costruirono navi adatte a trasportarlo in apposite anforeolearie.
Tipi di anfore olearie
Sempre nell’anticaGrecia, agli Ateniesivincitori era offertouna corono fatta di
rami d’olivointrecciati . L’olio era
usato dagli atleti(specie dai lottatori)
che se necospargevano il corpo
per riscaldare imuscoli.
La coltura dell’olivo si propagò anche in Italia , specialmentenel sud della penisola, grazie ai Greci (che avevano trafficicommerciali e loro insediamenti sulle nostre coste), ed aiRomani che seppero sfruttare al meglio sia la sua coltura chel’immagazzinamento e la commercializzazione dell’olio cheveniva usato per la cucina, la cosmesi, la medicina el’illuminazione.
Antiche lucerne adolio
Qui nel Salento, grazie all’opera dei monaci Basiliani, vastearee di macchia mediterranea furono trasformate in estensioniolivate, così che oggi più del 40% dell’intera superficieagraria e forestale è occupata da oliveti.
Chiesa di Cerrate,antico cenobio
basiliano nel Salento
Tra olivo e territoriosalentino esiste un
legame antico einscindibile.
Distese di olivi sisusseguono a perditad’occhio, ed i grandialberi plurisecolari dai
tronchi contorti e nodosisono , insieme agli
antichi frantoi ipogei,strettamente intrecciatialla nostra cultura e alle
nostre tradizioni.
Gli oliveti hanno avuto da tempo immemorabile, grandeimportanza nello sviluppo dell’economia del territorio, tant’è cheimportanti autori dell’antichità come Plinio, Catone e Columella ,parlarono, nelle loro opere, dell’importanza della produzionedell’olio del Salento.
Catone Plinio
Nel corso deisecoli la
coltivazionedell’olivo ebbealterne vicende,ma fu soprattuttosotto il regno di
Carlo III diBorbone, re di
Napoli e di Siciliadal 1735 al 1759,che l’olivicoltura
salentina riebbe unruolo di
preminenza.
Il settore dell’olivicoltura e della commercializzazionedell’olio divenne così importante che il mercato di Gallipoliarrivò a determinare il prezzo dell’olio di oliva anche a livellonazionale.
L’olivo si adatta bene alle diverse situazioni situazioni pedo-climatiche, così che la specie si è integrata completamente nelpaesaggio salentino, con varietà autoctone prevalenti come la“Cellina di Nardò” e l’ “Ogliarola di Lecce”.
Oggi la riscopertadella dieta
mediterranea hariportato l’attenzionesul prodotto dei nostrioliveti, l’olio, ricco di
innumerevoli ebenefici effettisull’organismo
umano.
Seguendo le traccedell’antica via Traiana(che collegava il portodi Brindisi a quello di
Otranto), si puòdelineare una via
dell’olio partendo daSurbo, passando poiTrepuzzi, Novoli,
Squinzano e Campi perarrivare fino aGuagnano.
Questo serve sia perfar conoscere quantoancora sia importanteper i sei comuni del
Nord Salento lacoltivazione dell’olivoe la produzione e lacommercializzazione
dell’olio, sia perperseguire un’economia
di mercato che nondimentica l’identità e le
tradizioni del nostroterritorio.
Grappoli di stelle, fra pampini rossi, i mille occhi dellevillanelle, depredatrici d’uve arrubinate: sangue strappato allamia terra della ritorta forza dei ceppi. Canto d’innamorate ifuochi attenua dell’arsa estate. Rosso liquore, sangue e fatica,amor della mia terra, grazia di mani che t’han colto, attesasperanza!!!! Scintilleran le stelle degli occhi belli dellevillanelle, il riso e la bellezza, il canto e la dolcezza, domani,nei cristalli……Gocce di rosso pianto i figli ti berranno e forsenon sapranno che sei costato tanto.
“Salento : Dove i sogni non muoiono mai” di Lorenzo Calogiuri I.T.E.S.Lecce.
Cantano all’uve ed inneggiano ai vini: il Redi con i suoiversi faceti, il Medici, il Chiabrera ed il Parini, il Giusti, ilCavallotti, il Cavalcanti, lo Stambetti, il Marino ed altritanti..
E’ lo Squinzano l’eccellente vino, alcolico, frizzante,predefinito che nel bicchier scintilla, qual rubino,apprezzato da ognun, da ognun gradito; esso dovunquegode grande stima, ed è tra i vini più pregiati in cima.
“L’ode al vino” di Francesco Morelli
…E per tratturi, e per vie sterrate, nel buon tempo antico,traini e cavalli, grani d’un rosario, scandito dal pazientesilenzio di lunghe processioni di botti, ribollenti di aciniparlanti, a buon diritto reclamanti la mutazione in mosto evino negli austeri stabilimenti, celebranti l’orgoglio di unmarchio “DOC”, garanzia, nel Nord, di un primatoinvidiato:Squinzano, il Sud, capitale del vino, cantina in perennecorsa sulle rotaie dell’economia nazionale …
Antonio CARLUCCIO
L’enologia è la disciplina che sioccupa del vino e delle suecaratteristiche chimiche e
organolettiche. Il termine “enologia”deriva dal greco òinos (vino) e logos
(studio), quindi l’enologiacomprende le tecniche di produzione
del vino stesso.Nella mitologia greca fu Dionisio, dio
del vino e della vita naturale, adinsegnare ai mortali la viticoltura e
la vinificazione.Dal V secolo a.C. fu conosciuto anche
come Bacco e godette di un cultoparticolare, che si diffuse ben presto
anche presso i Romani.
Le prime testimonianze della coltivazione della viterisalgono al IV millennio a.C. nell’antica
Mesopotamia, mentre un’anfora contenente tracce divino trovata in Iran, è datata intorno al 3500 a.C. Inseguito, la cultura del vino ha raggiunto l’Europa
tramite l’Egitto, la Grecia e la Spagna.Il vino aveva un ruolo importante nei costumi della
civiltà greca e di quella romana.I Greci portavano le proprie viti e iniziarono laproduzione del vino nelle loro colonie del sud
dell’Italia: i Romani, poi, praticarono la viticolturadurante tutta la durata dell’Impero. Dopo la caduta
dell’Impero Romano e la dominazione di popolazionigermaniche, nei territori precedentemente occupati dai
Romani la produzione di vino diminuì. Divenne, inalcuni casi, un’attività riservata ai monasteri, in quanto
il vino era considerato indispensabile per lacelebrazione eucaristica.
Le origini millenarie della viticoltura in Pugliaaffondano radici nel mito e nella letteratura,
oltrechè nell’arte: Orazio, Marziale, Virgilio eColumella celebrano la copiosità e generosità del vino.Non per nulla il nome greco “Enotria” (Terra del vino,
o meglio Terra dei pali della vite), identificava unaparte della Puglia.
Durante la colonizzazione greca, la Puglia è interessataa una fase di sviluppo della viticoltura e il vino viene
esportato in anfore, via mare, da Taranto. Infatti,invadendo i litorali pugliesi, i Greci si prodigarono per
la diffusione della vite. Dopo la crisi economica,specialmente enologica, del periodo tardoromano, le
aree agricole verranno di nuovo valorizzate daiBizantini e dai monaci brasiliani. A partire dal 272 a.C.,
la Puglia diventò prevalentemente una regione dipassaggio per i collegamenti con l’Oriente e il territorio
fu, così, trasformato in “ager publicus” perdendo ilprimato del traffico con l’Oriente.
Con l’età imperiale si consolida il deturpamento delterritorio e si perde l’ultima identità culturale, con essa,
la viticoltura. Con la conquista bizantina la Pugliariprende la coltivazione della vite. Da alcune pergameneantiche si evince che l’uva veniva lavorata presso alcunieremi esistenti nel Salento. Il vino prodotto dai monaci
acquisì ben presto un alto valore commerciale inOriente. Ai Bizantini si deve non solo il rifiorire
dell’agricoltura, ma anche la tipizzazione dei prodotti,la struttura e la gestione organizzativa delle aziende.
Poco sensibile alle variazioniclimatiche, il vigneto compare con più
frequenza nelle zone a ridosso dellelocalità urbane rurali come coltura
specializzata, praticata in appezzamentichiusi al passaggio delle greggi e
protetti da muri a secco, elevati con lepietre affioranti dal terreno calcareo
degli stessi fondi e detti, perciò,“chiusure”. Essa veniva piantata bassa
e rasente al suolo, per assorbirnemeglio il clore di riverbero e matuarere
a dovere, senza sostegni, in filariordinati. Una creatura “cittadina” lavite, al contrario dell’ulivo che è,invece, “campagnolo” e isolato.
La vite è una pianta di antichissimaorigine, diffusasi dapprima nellaregione del Caucaso e a sud del
Caspio e quindi introdottaattraverso l’Egitto in tutta
l’Europa. Le zone più favorevoliper la crescita di questa piantasono quelle asciutte e molto
soleggiate. La coltivazione vieneeffettuata disponendo le viti in
vari modi: a raggi, ad alberello, apergola. La coltivazione della vite
richiede molto lavoro:concimazione, potatura,
irrorazione per combatteremalattie e parassiti.
L’esposizione della vite al sole e lanatura del terreno determinano la qualità
del frutto e dei vini che da esso siricavano. Infatti, la luce del sole
determina la quantità di zucchero degliacini; un terreno calcareo dà un vino ad
alta gradazione alcolica, mentre unterreno argilloso offre un vino dolce. Lavite ha un fusto contorto (ceppo) e i rami
(tralci) che si afferrano con facilità aisostegni per mezzo dei viticci. Le foglie(pampini) sono larghe, palmate, lobate
(divise in tre lobi) con contornodentellato. La vite produce grappolid’uva scura o bionda. Ogni raspolo è
composto di un raspo e di acini tondi oallungati. La polpa dell’acino è rivestitad’una buccia resistente e contiene alcuni
semi detti vinaccioli.