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Le Verrine: oratoria, cronaca e letteratura 55 Iste… curabat: «Costui infatti diceva che si erano impadroniti di quegli og- getti grazie alla complicità dei pirati, or- dinava che fossero gettati nelle latomie, provvedeva che le loro navi e i loro cari- chi fossero attentamente sorvegliati». ex piratarum societate: l’altra ac- cusa con cui si potevano far passare onesti commercianti per nemici del- la patria: al paragrafo 72 la compli- cità con i pirati è associata alla mili- tanza sertoriana, di cui si è detto so- pra. – dicebat… imperabat… cura- bat: efficace uso di paratassi e asin - deto , con cui l’oratore rappresenta la fredda successione delle azioni di Verre, finalizzate a soddisfare la sua avidità con implacabile automati- smo. – navis… atque onera… ad- servanda: costruzione del gerundi- vo predicativo dell’oggetto, utilizzata per conferire al verbo significato causativo; si può tradurre anche «fa- ceva sorvegliare…». Nota inoltre, in presenza di un sostantivo f. e di uno n., la concordanza del gerundivo con quello più vicino. periculi, quibus argumentis se ad salutem uti arbitrabantur. Iste enim haec eos ex piratarum societate adeptos esse dicebat; ipsos in lautumias abduci imperabat, navis eorum atque onera diligenter adservanda curabat. Civis Romanus sum: la terribile storia di Gavio di Compsa De suppliciis 159-162 G avio di Compsa, insieme ad altri cittadini romani, è stato ingiustamente im- prigionato nelle terribili carceri delle latomie, a Siracusa; dopo una fortuno- sa evasione, giunge a Messina e, anziché scappare subito dalla Sicilia (come prudenza avrebbe consigliato…), si abbandona alle chiacchiere con gli abitanti della città. Non sa che a Messina Verre ha tanti informatori, che lo denunciano prontamente: il governatore piomba al volo in città, e ordina di frustarlo e di cro- cifiggerlo. Sadicamente fa collocare la croce in modo che il poveretto veda in lon- tananza, al di là dello stretto, la penisola dove avrebbe potuto salvarsi, dove la qualifica di cittadino romano avrebbe avuto un valore. Pagine memorabili, queste, collocate prima della perorazione finale, al culmine di una carrellata di orrori, e pagine tra le più apprezzate di Cicerone oratore: Quinti- liano vi lodava la capacità di unire persuasione e commozione, grazie allo studio accurato sia dei dettagli d’ambiente sia dei pensieri e degli stati d’animo dell’in- felice protagonista, Gavio, il cui grido civis Romanus sum riecheggia fino alla fine. Rem in medio ponam, dichiara preliminarmente Cicerone: vi metterò sotto gli occhi i fatti, senza commenti. In realtà egli adotta una studiata strategia narra- tiva presente anche altrove nelle Verrine: alterna focalizzazione zero e punto di vista interno del personaggio, ora commentando i fatti dall’esterno, ora inducen- do i lettori / ascoltatori a identificarsi nel protagonista, con il mostrarne i pensieri e le aspettative; come in altri casi, accosta verbi al passato e al presente, con effetto di immediatezza rappresentativa. Ma l’aspetto più interessante è un altro, e in questo i racconti dell’oratore si differen- ziano da quelli di un narratore classico: questa vicenda, come tutte le altre con cui vengono dimostrate l’inesauribile avidità o la spietata crudeltà di Verre, non deve chiudersi in modo definitivo, dando il senso di un ordine riconquistato e di un equili- brio ristabilito; l’ultima parola del narratore deve essere ancora di scandalo, di denuncia. La conclusione positiva, il ritorno all’ordine, sta fuori del racconto, nella decisione dei giudici; fuori della ‘finzione’ delle parole, nella realtà dei fatti. Qui sta la differenza sostanziale tra la ‘letteratura’ come attività autonoma e autosuf- ficiente e l’oratoria come genere pragmatico, finalizzato comunque a incidere diret- tamente sulla realtà dei fatti.

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Le Verrine: oratoria, cronaca e letteratura 55

Iste… curabat: «Costui infatti dicevache si erano impadroniti di quegli og-getti grazie alla complicità dei pirati, or-dinava che fossero gettati nelle latomie,provvedeva che le loro navi e i loro cari-chi fossero attentamente sorvegliati».– ex piratarum societate: l’altra ac-cusa con cui si potevano far passareonesti commercianti per nemici del-

la patria: al paragrafo 72 la compli-cità con i pirati è associata alla mili-tanza sertoriana, di cui si è detto so-pra. – dicebat… imperabat… cura-bat: efficace uso di paratassi e asin-deto, con cui l’oratore rappresenta lafredda successione delle azioni diVerre, finalizzate a soddisfare la suaavidità con implacabile automati-

smo. – navis… atque onera… ad-servanda: costruzione del gerundi-vo predicativo dell’oggetto, utilizzataper conferire al verbo significatocausativo; si può tradurre anche «fa-ceva sorvegliare…». Nota inoltre, inpresenza di un sostantivo f. e di unon., la concordanza del gerundivo conquello più vicino.

periculi, quibus argumentis se ad salutem uti arbitrabantur. Iste enim haeceos ex piratarum societate adeptos esse dicebat; ipsos in lautumias abduciimperabat, navis eorum atque onera diligenter adservanda curabat.

Civis Romanus sum: la terribile storia di Gavio di CompsaDe suppliciis 159-162

Gavio di Compsa, insieme ad altri cittadini romani, è stato ingiustamente im-prigionato nelle terribili carceri delle latomie, a Siracusa; dopo una fortuno-sa evasione, giunge a Messina e, anziché scappare subito dalla Sicilia (come

prudenza avrebbe consigliato…), si abbandona alle chiacchiere con gli abitantidella città. Non sa che a Messina Verre ha tanti informatori, che lo denuncianoprontamente: il governatore piomba al volo in città, e ordina di frustarlo e di cro-cifiggerlo. Sadicamente fa collocare la croce in modo che il poveretto veda in lon-tananza, al di là dello stretto, la penisola dove avrebbe potuto salvarsi, dove laqualifica di cittadino romano avrebbe avuto un valore.Pagine memorabili, queste, collocate prima della perorazione finale, al culmine diuna carrellata di orrori, e pagine tra le più apprezzate di Cicerone oratore: Quinti-liano vi lodava la capacità di unire persuasione e commozione, grazie allo studioaccurato sia dei dettagli d’ambiente sia dei pensieri e degli stati d’animo dell’in-felice protagonista, Gavio, il cui grido civis Romanus sum riecheggia fino alla fine.Rem in medio ponam, dichiara preliminarmente Cicerone: vi metterò sotto gliocchi i fatti, senza commenti. In realtà egli adotta una studiata strategia narra-tiva presente anche altrove nelle Verrine: alterna focalizzazione zero e punto divista interno del personaggio, ora commentando i fatti dall’esterno, ora inducen-do i lettori / ascoltatori a identificarsi nel protagonista, con il mostrarne i pensierie le aspettative; come in altri casi, accosta verbi al passato e al presente, coneffetto di immediatezza rappresentativa.Ma l’aspetto più interessante è un altro, e in questo i racconti dell’oratore si differen-ziano da quelli di un narratore classico: questa vicenda, come tutte le altre con cuivengono dimostrate l’inesauribile avidità o la spietata crudeltà di Verre, non devechiudersi in modo definitivo, dando il senso di un ordine riconquistato e di un equili-brio ristabilito; l’ultima parola del narratore deve essere ancora di scandalo, didenuncia. La conclusione positiva, il ritorno all’ordine, sta fuori del racconto, nelladecisione dei giudici; fuori della ‘finzione’ delle parole, nella realtà dei fatti.Qui sta la differenza sostanziale tra la ‘letteratura’ come attività autonoma e autosuf-ficiente e l’oratoria come genere pragmatico, finalizzato comunque a incidere diret-tamente sulla realtà dei fatti.

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Quid nunc agam? Cum iam tot horas de uno genere ac de istius nefaria cru-delitate dicam, cum prope omnem vim verborum eius modi, quae scelereistius digna sint, aliis in rebus consumpserim, neque hoc providerim, ut va-rietate criminum vos attentos tenerem, quem ad modum de tanta re di-cam? Opinor, unus modus atque una ratio est; rem in medio ponam; quaetantum habet ipsa gravitatis ut neque mea, quae nulla est, neque cuius-quam ad inflammandos vestros animos eloquentia requiratur.Gavius hic quem dico, Consanus, cum in illo numero civium Romanorumab isto in vincla coniectus esset et nescio qua ratione clam e lautumiis pro-fugisset Messanamque venisset, qui tam prope iam Italiam et moenia Re-ginorum, civium Romanorum, videret et ex illo metu mortis ac tenebrisquasi luce libertatis et odore aliquo legum recreatus revixisset, loqui Mes-sanae et queri coepit se civem Romanum in vincla coniectum, sibi recta iteresse Romam, Verri se praesto advenienti futurum. Non intellegebat misernihil interesse utrum haec Messanae an apud istum in praetorio loquere-tur; nam, ut antea vos docui, hanc sibi iste urbem delegerat quam haberet

56 Cronache romane

I TE

STI

159. Quid… dicam?: «Che cosa dovreifare adesso? Se sto parlando ormai datante ore di un unico argomento e del-la devastante crudeltà di costui, e se hoesaurito in altri argomenti praticamen-te tutto il vigore oratorio di un generetale che fosse degno della scelleratezzadi costui, e non sono riuscito a tenerdesta la vostra attenzione con tanta va-rietà di imputazioni, in che modo do-vrei parlare di un argomento così gra-ve?».– Quid nunc agam?: interrogativaretorica, con verbo al cong. dubitati-vo. – Cum… dicam, cum… con-sumpserim, neque… providerim:cum narrativo, di valore oscillantetra il causale e l’ipotetico: «dal mo-mento che», «se è vero che»; notal’opposizione tra il pres. durativo di-cam e i pf. puntuali consumpserim eproviderim. L’affettazione di mode-stia serve naturalmente ad accresce-re l’attesa per il racconto appena an-nunciato.– ut… tenerem: completi-va dichiarativa, dipendente di se-condo grado da providerim.

Opinor… requiratur: «A mio parere c’è ununico metodo, un unico sistema: met-terò davanti ai vostri occhi il fatto; essoha tanta forza in se stesso che per in-fiammare i vostri cuori non c’è bisognoné della mia eloquenza, che è di nessunvalore, né di quella di nessun altro».– gravitatis: gen. partitivo retto, se-condo il costrutto consueto, dal pro-nome n. tantum. – ut neque… ne-que… requiratur: proposizioneconsecutiva; nota le congiunzioni ne-gative correlative neque… neque, ri-ferite all’attributo mea e al gen. dispecificazione cuiusquam, entrambida collegare a eloquentia. Anche quiun’ostentazione di modestia, che au-menta ulteriormente l’attesa per

quanto si sta per raccontare. – ad in-flammandos vestros animos: pro-posizione finale al gerundivo.

160. Gavius… venisset: «Questo Gaviodi cui parlo, di Compsa, dopo esser sta-to gettato in carcere da costui, conquel gruppo di cittadini romani, evasoin gran segreto, non so con quale si-stema, dalle latomie e giunto a Messi-na».– Gavius hic… Consanus: PublioGavio, originario della città irpina diCompsa (odierna Conza in Campa-nia), la cui storia è stata preannun-ciata al paragrafo 158. – in illo nu-mero: dei molti cittadini romani pre-testuosamente arrestati e sottopostia pene indegne Cicerone aveva giàparlato in particolare al paragrafo144. – nescio qua ratione: proposi-zione incidentale.

qui… revixisset: «e che vedeva ormaicosì vicine l’Italia e le mura di Reggio,abitata da cittadini romani, e, libero daquel terrore della morte e da quelle te-nebre, e rinfrancato dalla luce della li-bertà e da una sorta di profumo di le-galità, era, per dir così, resuscitato».– qui… videret… et… revixisset:proposizioni relative improprie, chemantengono il cong. con lo stessovalore temporale dei cum narrativiprecedenti. Da notare, proprio dopola dichiarazione di semplicitàespressiva, l’accumularsi di subordi-nate in un periodo ampio ed elabo-rato. – Reginorum, civium Roma-norum: i reggini avevano avuto lacittadinanza romana nel 90 a.C., altermine della guerra sociale. – qua-si luce libertatis et odore… legum:da notare la doppia metafora, visivae olfattiva, che impreziosisce ulte-riormente la frase e al contempo

rende più immediata ed emotiva-mente intensa la narrazione.

loqui… futurum: «a Messina cominciò achiacchierare e a protestare che lui, uncittadino romano, era stato gettato inprigione, che andava dritto a Roma, chequando Verre fosse arrivato egli sareb-be stato pronto ad affrontarlo».– se civem Romanum… coniectum(esse): se è soggetto dell’oggettiva;civem Romanum è apposizione, a cuisi può dare una connotazione con-cessiva: «pur essendo un cittadinoromano». – recta: avverbio, rappre-senta bene tutta l’ingenua precipita-zione di Gavio, che confida a scono-sciuti i suoi propositi e le sue incon-grue minacce.– se praesto… futu-rum (esse): qui praesto esse ha si-gnificato ostile: Gavio lancia una sfi-da molto imprudente, segnando co-sì la propria fine. – advenienti: part.congiunto con valore temporale.

Non… consciam: «Il poveretto non ca-piva che non c’era alcuna differenza tradire queste cose a Messina o in faccia acostui nel palazzo del governo; perché,come vi ho già mostrato, costui si erascelto questa città da avere come col-laboratrice dei delitti, ricettatrice deifurti, complice di tutti i misfatti».– nihil interesse utrum… an: inte-rest ha qui il significato di «essercidifferenza», e regge l’interrogativaindiretta disgiuntiva. – ut antea vosdocui: precisamente nell’orazioneDe signis, paragrafo 17. – quam ha-beret: relativa finale. – adiutri-cem… consciam: nel brano ricorda-to della De signis Messina è già defi-nita, con termini simili a quelli usatiqui, tuorum adiutrix scelerum, libi-dinum testis, praedarum ac furto-rum receptrix. In quella città, in po-

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adiutricem scelerum, furtorum receptricem, flagitiorum omnium consciam.Itaque ad magistratum Mamertinum statim deducitur Gavius, eoque ipsodie casu Messanam Verres venit. Res ad eum defertur, esse civem Roma-num qui se Syracusis in lautumiis fuisse quereretur; quem iam ingredien-tem in navem et Verri nimis atrociter minitantem ab se retractum esse etadservatum, ut ipse in eum statueret quod videretur.Agit hominibus gratias et eorum benivolentiam erga se diligentiamque con-laudat. Ipse inflammatus scelere et furore in forum venit; ardebant oculi,toto ex ore crudelitas eminebat. Exspectabant omnes quo tandem pro-gressurus aut quidnam acturus esset, cum repente hominem proripi atquein foro medio nudari ac deligari et virgas expediri iubet. Clamabat ille mi-ser se civem esse Romanum, municipem Consanum; meruisse cum L. Rae-cio, splendidissimo equite Romano, qui Panhormi negotiaretur, ex quo haecVerres scire posset. Tum iste, se comperisse eum speculandi causa in Sici-liam a ducibus fugitivorum esse missum; cuius rei neque index neque ves-tigium aliquod neque suspicio cuiquam esset ulla; deinde iubet undique ho-minem vehementissime verberari.

sizione altamente strategica, Verreaveva stabilito il quartier generaledei suoi traffici illeciti.

Itaque… venit: «Quindi Gavio viene su-bito trascinato davanti all’autorità su-prema di Messina, e – che coincidenza!– proprio quel giorno Verre arriva aMessina».– ad magistratum Mamertinum:tutte le città siciliane avevano unproprio senato, presieduto in alcune(oltre a Messina, Agrigento, Catania,Siracusa e Tindari) da un sommomagistrato, chiamato «proàgoro»con termine greco. I Mamertini trae-vano il loro nome dal dio osco Ma-mers, identificato con il latino Mar-te. Mercenari di origine campana,dapprima assoldati da Siracusa sierano poi impadroniti della città diMessina: da qui, stanchi della domi-nazione cartaginese, avevano chie-sto aiuto a Roma scatenando così laprima guerra punica nel 264 a.C. –casu: occorre appena rilevare l’iro-nia della puntualizzazione.

Res… videretur: «Gli viene riferito ilfatto: c’era un cittadino romano che de-nunciava di essere stato nelle latomiedi Siracusa; mentre già si stava imbar-cando e lanciava minacce troppo seriecontro Verre, era stato trattenuto a for-za e posto sotto sorveglianza, perché ilgovernatore in persona prendesse neisuoi confronti i provvedimenti che gliparessero opportuni».– esse… retractum esse et adser-vatum: inf. richiesti dal discorso in-diretto, che è stato reso nella tradu-zione con un indiretto libero. –quem iam ingredientem… et… mi-nitantem: nesso relativo con part.congiunti di valore temporale. – vi-

deretur: videor ha qui senso delibe-rativo («sembrare opportuno»,«sembrare bene»). Il cong. si giusti-fica con l’oratio obliqua.

161. Agit… eminebat: «Ringrazia lepersone e colma di elogi la loro affe-zionata sollecitudine verso di lui; quin-di va di persona nel foro, inferocito dalfurore criminale. Gli occhi erano arden-ti, da tutto il volto traspariva cru-deltà».– Agit… conlaudat… venit: come inaltri casi, il pres. storico conferisce vi-vacità rappresentativa e il rapido sus-seguirsi di verbi esprime la velocitàfulminea dell’azione. – benivolen-tiam… diligentiamque: la traduzio-ne ha reso la coppia di sostantivi co-me un’endiadi. – scelere et furore:ancora un’endiadi. – ardebant ocu-li… crudelitas eminebat: chiasmo. Ilverbo ardeo prosegue la metafora delfuoco, consueta per esprimere le pas-sioni, già suggerita dal part. inflam-matus. L’immagine di Verre è più fe-rina e mostruosa che mai.

Exspectabant… iubet: «Tutti aspettava-no di vedere fin dove infine si sarebbespinto, o che cosa mai avrebbe fatto,quando di punto in bianco ordina ditrascinar fuori l’uomo, di denudarlo inmezzo al foro e di legarlo, e di prepara-re le verghe».– quo tandem progressurus (esset)aut quidnam acturus esset: inter-rogative indirette esprimenti poste-riorità. L’avverbio tandem e il pro-nome composto quidnam esprimonobene lo stato d’animo della popola-zione, sospesa tra curiosità e ansia.– repente: è stata osservata l’e-spressività dell’avverbio quando è ri-ferito alle azioni di Verre, a render-

ne il carattere di furore impetuoso,al di là di ogni ragionevole aspettati-va. – nudari ac deligari: i condan-nati a morte erano legati a una co-lonna per la flagellazione: ma il sup-plizio nel 200 a.C. fu proibito per icittadini romani. Ennesima violazio-ne della legge da parte di Verre.

Clamabat… posset: «Gridava, il pove-retto, di essere cittadino romano, delmunicipio di Compsa, di aver prestatoservizio militare sotto Lucio Recio, illu-strissimo cavaliere romano, che eserci-tava il commercio a Palermo, dal qualeVerre poteva averne conferma».– se civem esse Romanum: è il mo-tivo fondamentale della narrazione,su cui Cicerone insiste: la crudeltà diVerre si è esercitata su un cittadinoromano, quindi minaccia tutto il po-polo romano. – meruisse: dal signifi-cato di «meritare», «guadagnare» ilverbo si specializza nel senso tecnicodi merere stipendia, «guadagnare ilsoldo», quindi fare, appunto, il «sol-dato». – negotiaretur… posset:cong. richiesti dall’oratio obliqua.

Tum… verberari: «Allora costui dice diaver saputo per certo che era stato man-dato in Sicilia dai comandanti deglischiavi ribelli a scopo di spionaggio –benché di ciò non vi fossero alcun indi-zio né prova e nessuno ne avesse il so-spetto – quindi ordina di frustare l’uomocon la massima violenza da ogni lato».– Tum iste: efficace ellissi di un ver-bum dicendi, che rende lo scambiodi battute con l’immediatezza di undialogo teatrale. – speculandi cau-sa: proposizione finale con il gerun-dio. – cuius… ulla: la relativa con-cessiva inserisce nel dialogo un com-mento del narratore «onnisciente».

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Caedebatur virgis in medio foro Messanae civis Romanus, iudices, cum in-terea nullus gemitus, nulla vox alia illius miseri inter dolorem crepitumqueplagarum audiebatur nisi haec, «Civis Romanus sum»! Hac se commemo-ratione civitatis omnia verbera depulsurum cruciatumque a corpore deiec-turum arbitrabatur; is non modo hoc non perfecit, ut virgarum vim depre-caretur, sed cum imploraret saepius usurparetque nomen civitatis, crux, –crux, inquam, – infelici et aerumnoso, qui numquam istam pestem viderat,comparabatur.

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I TE

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– cuiquam: dat. di possesso. – undi-que: per colmo di sadismo vendica-tivo, Verre ordina ai suoi carnefici dicircondare Gavio in modo da fru-starlo da ogni parte del corpo.

162. Caedebatur… sum: «Era frustatocon le verghe, in mezzo al foro di Mes-sina, un cittadino romano, o giudici, enel frattempo non si sentiva nessun la-mento, nessun altro grido da parte diquell’infelice, tra lo strazio e il sibilodelle sferzate, se non questo: “Sono uncittadino romano!”».– in medio foro: Cicerone insistecon enfasi sul luogo, altamente sim-bolico, dell’esecuzione: tutto accadenel centro cittadino, sotto gli occhidi tutti, in aperto spregio per le leg-gi e l’umanità. – iudices: il voc. haqui particolare afflato patetico, e

suona come un invito a rappresen-tarsi la scena in tutti i suoi racca-priccianti dettagli, a immedesimar-si in un cittadino romano come loro.– cum interea: formalmente unasubordinata temporale, ma l’avver-bio interea aggiunge la sfumatura diuna coordinata avversativa: «men-tre d’altra parte». – civis Romanussum: ulteriore ripetizione del moti-vo ossessivamente ricorrente nelracconto.

Hac… comparabatur: «Con questo ri-chiamo alla propria condizione di citta-dino credeva che avrebbe evitato tuttele frustate e respinto la tortura dallasua persona. Egli non solo non ottennedi scongiurare la violenza delle verghe,ma mentre lui a più riprese invocavapiangendo e si appellava alla sua con-

dizione di cittadino, la croce – la croce,dico! – veniva allestita per un poverosventurato, che mai aveva visto questoflagello».– hoc… ut: ut introduce una comple-tiva volitiva, anticipata dal dimostra-tivo hoc. – deprecaretur: dopo de-pulsurum e deiecturum, è il terzo ver-bo composto con il prefisso de, cheindica allontanamento; in particolaredeprecari qui significa «allontanarecon le preghiere». – crux, – crux, in-quam: epanalessi enfatizzata dall’in-quam parentetico, che anticipa lo stu-pore del pubblico romano di fronteall’intollerabile e sadico abuso di Ver-re. La croce, come si è detto, era sup-plizio riservato agli schiavi. – istampestem: la banale metafora forse è ditroppo, certamente a questo puntonon è necessaria.

La crocifissione di un cittadino romano fa gridare Cicerone allo scandalo: per i cittadiniaccusati di gravissimi reati c’era caso mai la suspensio a un albero, sul quale i condan-nati erano immobilizzati per subire la fustigazione. Che invece gli schiavi potessero es-sere inchiodati a una croce lo testimoniano diversi passi della commedia di Plauto: nelMiles gloriosus lo schiavo Sceledro dichiara: «So che la croce sarà la mia tomba. È là cheriposano i miei antenati, padre, nonno, avo, bisavolo e trisavolo» (vv. 372 ss.) e unoschiavo nelle Bacchides si permette il gioco di parole tra Crisalo, il suo nome, e «Cruci-salo», «colui che salta sulla croce» (v. 362).La crocifissione era una pena alquanto caratteristica di Roma, non priva di significativevarianti: il palo verticale era detto stipes mentre il legno orizzontale era chiamato pati-bulum. Lo stipes poteva essere humilis o sublimis: nel primo caso il palo era poco più al-to del condannato, che si trovava così a tiro di lupi e animali d’ogni tipo, da aggiunge-re agli avvoltoi che scendevano attirati dal sangue; nel secondo il palo poteva essere co-sì alto da rendere il condannato visibile alla distanza, e lo scopo in questi casi era pro-prio di esaltare la funzione esemplare, al contempo deterrente e infamante, della pena.È il caso della crocifissione di Gesù. Il patibulum era caricato sulle spalle del condannato, e veniva montato sullo stipes almomento dell’esecuzione della pena: se il patibulum era poggiato sullo stipes in corri-spondenza di un incavo praticato in precedenza si parlava di crux commissa, se inveceera collocato all’altezza di un incavo dello stipes, in modo che l’estremità superiore diquesto sporgesse, si aveva una crux immissa o capitata.I seimila schiavi ribelli guidati da Spartaco, sconfitti nel 71 a.C. e sopravvissuti all’ulti-ma battaglia con il futuro triumviro Crasso, furono crocifissi sulla via Appia, tra Capua eRoma: uno spettacolo certo impressionante, che però non creò il turbamento provocatodalla crocifissione, più o meno contemporanea, del solo civis Romanus Gavio di Compsa. Alcuni anni dopo Cicerone parlerà di crocifissione nell’orazione Pro Rabirio (53 a.C.): GaioRabirio era stato accusato dal generale cesariano Labieno di perduellio, cioè di tradi-

La crocifissione a Roma