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1 FABIO TODESCHINI Il Verdecammino Studio sulle figure di Tom Bombadil e Al Khidr “Il più anziano, ecco chi sono. Ricordate, amici, quel che vi dico: Tom era qui prima del fiume e degli alberi; Tom ricorda la prima goccia di pioggia e la prima ghianda. Egli tracciò i sentieri prima della Gente Alta e vide arrivare la Gente Piccola. Era qui prima dei Re e delle tombe e degli Spettri dei Tumuli. Quando gli Elfi emigrarono a Ovest, Tom era già qui, prima che i mari si incurvassero; conobbe l’oscurità sotto le stelle quand’era innocua e senza paura: prima che da Fuori giungesse l’Oscuro Signore.” J.R.R. Tolkien, “Il Signore degli Anelli”, Libro I “Incontrarono uno dei Nostri servi, al quale avevamo concesso misericordia da parte Nostra e al quale avevamo insegnato una Scienza da Noi proveniente. Chiese Mosé: ‘Posso seguirti per imparare quello che ti è stato insegnato a proposito della retta via?’ Rispose: ‘Non potrai essere paziente con me.” Corano, XVIII, 65-67

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FABIO TODESCHINI

Il Verdecammino

Studio sulle figure di Tom Bombadil e Al Khidr

“Il più anziano, ecco chi sono. Ricordate, amici, quel che vi dico: Tom era qui prima del fiume e degli alberi; Tom ricorda la prima goccia di pioggia e la prima ghianda. Egli tracciò i sentieri prima della Gente Alta e vide arrivare la Gente Piccola. Era qui prima dei Re e delle tombe e degli Spettri dei Tumuli. Quando gli Elfi emigrarono a Ovest, Tom era già qui, prima che i mari si incurvassero; conobbe l’oscurità sotto le stelle quand’era innocua e senza paura: prima che da Fuori giungesse l’Oscuro Signore.” J.R.R. Tolkien, “Il Signore degli Anelli”, Libro I “Incontrarono uno dei Nostri servi, al quale avevamo concesso misericordia da parte Nostra e al quale avevamo insegnato una Scienza da Noi proveniente. Chiese Mosé: ‘Posso seguirti per imparare quello che ti è stato insegnato a proposito della retta via?’ Rispose: ‘Non potrai essere paziente con me.” Corano, XVIII, 65-67

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Due libri, un abisso. E una chiglia squarciata per attraversarlo… Stiamo per addentrarci nella foresta. E, per foresta, intendo dire che penetreremo nel verde, in tutti i suoi stati di manifestazione, in tutti i concetti e le idee che esso simbolizza o nasconde, spirituali e cromatici, religiosi, biologici o puramente visivi. Fate i bagagli ma non caricate troppo le vostre povere spalle: hanno sopportato il peso delle vostre anime per eoni, nonostante le continue rigenerazioni. Inoltre, come Viandanti all’inizio di un viaggio pur incerto, di una cosa siamo sicuri: troveremo ospitalità lungo il cammino. Statisticamente, parrebbe strano il contrario, poiché “La Via prosegue senza fine, lungi dall’uscio dal quale parte”. Seguiremo insieme, se ci riusciremo, le orme di due dei più misteriosi personaggi creati dalla letteratura umana; per poterlo fare dovremo però chiedere l’aiuto degli adoratori di Thammuz (il greco Adone) in Siria, rivolgerci agli Orfici e ai seguaci di Dioniso; assistere al sacrificio dei Re-Sacerdoti e comprenderne le più oscure radici archetipiche, così come quelle che determinano la natura delle divinità della vegetazione; troveremo riparo presso bizzarri eretici e ammireremo le gesta di famosi sciamani; fino a quando la Via, in un coro incessante di Dhikr sufici, ci condurrà al Fana’, l’annichilimento, soltanto per riprendere poi il Cammino, il Verdecammino. Fortunatamente, sono pochi gli esseri umani che non hanno avuto l’indubbio piacere di conoscere, all’interno della monumentale (e speriamo eterna) opera di J.R.R. Tolkien (1892-1973), il bizzarro, misterioso ed enigmatico personaggio di Tom Bombadil. Quello che riterremo, in queste pagine, essere il suo equivalente coranico, Al Khidr, nonostante sia stato fatto oggetto d’innumerevoli speculazioni esoteriche, rimane pur tuttavia ignoto al pubblico di uno dei libri più letti al mondo. Svincoleremo quindi abilmente il Dogma della Sharia e degli Ulema, i Dottori della Legge, per descriverlo; e lo faremo appunto per presentare le molte analogie che il personaggio possiede in comune con Bombadil. Il Corano e il Signore degli Anelli: due dei testi più letti della storia, separati da abissi quasi incolmabili di conoscenza, tempo, spazio e cultura. Abbiamo scritto “quasi” di proposito, poiché in quel “quasi” c’è la figura mistica che riunisce questi scrigni di bellezza e sapienza così distanti tra di essi, colmando lo iato nella linea dei Profeti Occulti. Ci rivolgeremo alla frangia estrema, esoterica ed eretica dello Sciismo, poiché “essere Discepolo di Khidr” per un Sufi, significa non avere Maestro, in altre parole, seguire il Maestro all’interno del proprio Cuore, privo d’identità, il Silenzio, il Fana’, l’Iniziazione Suprema che non si può ricevere e per arrivare alla quale non esiste una Via. Strizzando un occhio complice a Krishnamurti1, alla sua “Terra senza Sentieri”, che non è altro che il nostro Verdecammino, seguiamo le gesta dei nostri eroi senza volto.

1 Jiddu Krishnamurti (1895-1986), destinato secondo i capi della Società Teosofica a diventare l’Insegnante

del Mondo, rinnegò questo ruolo sciogliendo l’Ordine che era stato creato per diffondere il suo messaggio. Apolide, viaggiò tenendo conferenze in tutto il mondo, insistendo sulla necessità di non sottomettersi a qualsiasi tipo di autorità.

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Entrambi i personaggi compaiono ai rispettivi interlocutori in modo improvviso, estemporaneo, alla maniera del Trickster, senza tuttavia ingenerare paura e confusione, privi cioè degli attributi “panici” della classica figura folkloristica ma anzi, proprio nel momento del bisogno, quell’istante di terrore, provocato da un ambiente dalle forti sfumature iniziatiche, in cui tutto sembra essere perduto. È il Panico, l’improvvisa consapevolezza che ogni cosa è viva e pregna di significato, un oceano il cui attraversamento richiede il più paradossale dei nocchieri. Al Khidr compare a Mosè e al suo garzone mentre ricercano la “Confluenza tra i Due Mari”, motivo fortemente allegorico che indica fondamentalmente la riunione tra la coscienza trascendente (Allah) e la coscienza immanente del suo Testimone (Shahid), cioè tra il Brahman e l’Atman. Tom Bombadil compare a Frodo, il suo servitore (Sam Gamgee) e suoi compagni di viaggio (Merry & Pipino) mentre si trovano nella “Vecchia Foresta”, uno dei luoghi più antichi della Terra di Mezzo, e sembra quasi inutile ricordare l’analogia simbolica e soprattutto iniziatica tra la Foresta e la Caverna, titolo della XVIII Sura coranica in cui compare Al Khidr. Tuttavia, di questi importanti parallelismi (così come quello tra la Caverna e il Tronco dal quale i compagni di Frodo vengono salvati) discuteremo in seguito, poiché essi ci condurranno alla comprensione “sciamanica” delle qualità dei personaggi in questione. La Vecchia Foresta, come una Caverna (Al Kahf), sembra estremamente ostile e soprattutto viva: agli Hobbit pare che molte volte gli alberi li osservino, tentino di sbarrar loro la strada; ivi si respira un’aria pesante e le loro menti sono irriducibilmente condotte verso il sonno.

Così leggiamo nel celebre Hadith del Profeta: “Questo mondo è il sogno di un dormiente”. E in Proverbi 6, 4-5: “Non concedere sonno ai tuoi occhi né riposo alle tue palpebre; salvati come una gazzella dalla mano del cacciatore, come un uccello dalle mani dell’allevatore”. Nel sogno dell’illusione in cui si trovano, essi percepiscono al risveglio una tragica verità: si accorgono con orrore che due dei compagni sono rimasti intrappolati nel tronco di un vecchio e crudele Salice. Ricordiamo, a proposito di questo particolare albero, il suo simbolismo nell’epopea di Gilgamesh come dimora di Lilith, la “Luna Nera”: la civetta (in sumero “Lilitu”) è il suo uccello notturno, dimorante per l’appunto tra le fronde degli alberi. Nella Sura XVIII del Corano i Fedeli sono indotti a rifugiarsi in una Caverna (Foresta), affinché possano meditare le parole dell’Altissimo e fuggire dai politeisti, dai pagani infedeli. “Rendemmo sorde le loro orecchie, e rimasero nella Caverna per molti anni” (XVIII, 11). Faremo notare di sfuggita a questo punto il diverso ruolo assunto dal simbolismo del ragno nelle due opere analizzate: insidioso in Tolkien con la sua terribile Shelob, figlia di Ungoliant; protettore nel Corano, laddove la tela serve a nascondere il Profeta e il suo fedele servo dagli attacchi dei loro nemici. Al suo comparire a Mosè (la narrazione coranica non è certo lineare come quella tolkeniana, ma ci siamo imposti di paragonare un romanzo fantastico a un Libro Rivelato, opera per la quale necessiteremo una buona dose di benevolenza da parte del Lettore!) Al Khidr mette subito in chiaro a Mosè che (XVIII, 67) “Non potrai

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essere paziente con me”, e infatti il misterioso personaggio inizia a compiere una serie di azioni apparentemente assurde (e anche apertamente deleterie per i compagni), che nascondono però un reale significato occulto e iniziatico. Il senso dell’azione distingue quindi le proprietà dell’Iniziazione da quelle del Misticismo, poiché in quest’ultimo, l’individuo si limita a ricevere una trasmissione, pur procedente da un livello sovrumano, mentre l’Iniziazione richiede una sinergia, spesso metodica, di azioni mirate a una Realizzazione ben precisa. Tom Bombadil, nel comparire al cospetto di Frodo e compagni, non si comporta molto diversamente: danza e canta ritornelli assurdi, almeno all’apparenza, contenenti anch’essi simboli evidenti che riconducono alla natura iniziatica del suo apparire, come la “Figlia del Fiume”, cioè la sua paredra Baccador, entrambi Testimoni del “Fiume della Manifestazione”, cioè i Diecimila Esseri del Taoismo, della Natura o di Allah (La lettera ק, il cui numero nella Qabbalà è 100, cioè la Totalità della Manifestazione, l’Utero della Grande Madre). La descrizione di Tom Bombadil che ci viene fatta da Tolkien lo designa, già visivamente, come un agente della Natura, un essere sovrannaturale, più simile a una creatura mitologica che a un essere umano: “Aveva una lunga barba castana, e gli occhi azzurri e luminosi brillavano in un viso rosso come un pomodoro maturo, ma increspato da centinaia di rughe ridenti (…) ”; egli è “un tipo allegro; ha gli stivali gialli e la giacca blu cielo”, egli calza perciò il sole ed è ammantato dal cielo, è l’ipostasi della Natura stessa, irrazionale e consapevole soltanto di sé, pertanto, del Tutto. In ciò deve essere anche collegato alla figura dell’Imperatore estremo-orientale, che è designato come “Figlio del Cielo”. Il nome esteso di Al Khidr (Al Khadir) significa propriamente Il Verdeggiante; dovremo presto spiegare quali siano i significati religiosi e metafisici di questo colore nell’ambito dell’Islam. Il nome del personaggio presente nella diciottesima Sura è desunto dall’esegesi (Tawil) e, similmente, Tom Bombadil, una volta portati in salvo gli Hobbit nella sua casa, non dona loro alcuna delucidazione sulla sua natura; soltanto Baccador, nella sua innocenza, afferma l’unica cosa che è possibile dire: “E’ lui: è il Messere”. Qui abbiamo, letteralmente, un’affermazione teofanica di divinità, seppur trasposta in terza persona: “Ego sum qui sum” (Esodo, 3, 14). Il compito del Profeta Verde è eminentemente taoistico: egli “agisce non agendo” e, quando lo fa, i risultati delle sue azioni sono imprevedibili, meramente atemporali poiché prescindono dalla durata. Pur non possedendo nulla, incluso il proprio corpo, il Verdeggiante è Signore incontrastato della Terra e i Diecimila Esseri rifulgono del suo splendore. Come vedremo, tutto si svolge intorno a lui, poiché egli ha carpito il potere del principio cosmico attraverso la comprensione del Tao, dell’inesprimibile, e in lui dimora la Grande Pace. È saggio ma si comporta come un bambino, è affascinato dal gioco, dall’ozio, spesso dalla solitudine, cerca se stesso in tutto ciò che lo circonda. Semplice e complesso, mutevole come il cielo e tuttavia stabile come la terra, il Verdeggiante prende il proprio potere da entrambi, “è simile all’uccello che canta spontaneamente e s’identifica con l’universo” (Chuang Tzu), è cioè in grado di raggiungere l’origine del cosmo e, attraverso

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questa, il vuoto del Tao Supremo, ciò di cui non si può parlare perché non esistono parole per descriverlo. Nessuna cosa può avere presa sulla sua mente, nessuna idea e nessun concetto, non ha alcuno schema di giudizio, perché è andato oltre il cielo maschile e attivo e oltre la terra con la sua passività ricevente: nessun oggetto che sia stato forgiato sulla terra può influenzarlo in alcun modo perché egli non possiede nemmeno il proprio corpo, non ha alcun legame. I Profeti Verdi, e in particolare Tom Bombadil, sembrano essere in possesso di quella che nella tradizione islamica è chiamata l’“Alchimia della Felicità”, titolo di un noto saggio di Al Ghazali2. È la chimica interiore che trasmuta l’essere e lo conduce verso stati dell’Essere sempre superiori, sebbene talvolta, come vedremo in particolare nel romanzo di Tolkien, essa possa discendere nei reami prettamente fisico-materiali per sublimare il corpo e renderlo in grado di adempiere particolari missioni, come avviene per Merry e Pipino, ad esempio, nell’episodio della libagione delle pozioni degli Ent. Non si tratta perciò della “chimica volgare” dei cosiddetti soffiatori, termine spregiativo con il quale i Veri Alchimisti si distinguevano dagli operatori sul piano esclusivamente fisico, ma di una peculiare necessità del Discepolo, che per adempiere particolari prove iniziatiche deve rendere il proprio corpo, e di conseguenza la propria psiche, più vicino allo stato spirituale che sarà il fine ultimo della sua Ricerca e la dissoluzione della sua identità terrena. Tali segreti alchemici sono ovviamente connessi con la polvere di proiezione e con gli stati extra-corporei nei quali può manifestarsi l’Adepto, nonché con le descrizioni dell’operato dei Siddha Hindu, i quali, pur vivendo materialmente in altri Dwipa (Mondi) sono in grado, grazie ai “Siddhi”, i poteri miracolosi, di manifestarsi come appendici extra-corporee nel mondo degli uomini. “Essere Discepolo di Khidr”, così come Ibn Arabi 3ci indica la condizione del Sufi, è tanto difficile quanto comprendere l’identità o anche soltanto la “funzione” di Tom Bombadil: è necessaria la pazienza, la qualità del Saggio, per penetrare all’interno di questo segreto. “Multi vocati, electi pauci” (Matteo 20, 16): il vero vino può essere bevuto solo prima che la vigna sia piantata. Sono gli Afrad, i solitari, gli strani e i silenziosi, coloro che hanno più possibilità di approssimarsi a questa entità.

Al Khidr crea una falla nell’imbarcazione sulla quale viaggiano Mosè e il suo servitore: “Hai certamente commesso qualcosa di atroce” (XVIII, 71), gli viene contestato, prima di comprendere che la Barca è il Maestro, e la falla è il dilagare della Coscienza Sovrasensoriale di Allah nella mente del Discepolo. C’è una conoscenza diretta, gnostica, senza intermediari, nonostante la spiegazione coranica del fatto sia invece piattamente pia e redentrice. Tom Bombadil si cura della Vecchia Foresta, preservandola e costruendo nuove vie in essa, nonostante nasconda cose oscure e pericolose; allo stesso modo, Al Khidr aiuta a ricostruire un muro alla 2 Abu Hāmid Mohammad ibn Mohammad al-Ghazzālī (1058-1111), teologo e filosofo persiano. Il trattato

citato è un riassunto della sua opera capitale “Ihya al-'Ulum al-Din”, “La rinascita della Scienza Religiosa”. 3 Muhammad ibn ʿAlī ibn Muhammad ibn al-ʿArabī (1165-1240), filosofo e mistico arabo, soprannominato

“Shaykh al-Akhbar”, “Sommo Maestro”. La sua opera principale è “Le Rivelazioni della Mecca”, vera e propria enciclopedia del Sufismo.

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base del quale è nascosto un Tesoro, senza pretendere per sé alcuna ricompensa. Il Tesoro è metafora frequentissima nella poesia tradizionale: le rovine, i luoghi desolati e deserti, racchiudono spesso tesori nascosti.

“In una roccia scura un antico Tesoro sta obliato dietro a porte di cui nessuno le chiavi ha;

nessuno può varcare quel sinistro cancello. Cresce l’erba verde sopra quel monticello

dove brucan le pecore e le allodole soglion volare e il vento soffia dalla spiaggia al mare.

Quell’antico Tesoro sol la Notte ormai rinserra mentre dormono gli Elfi, ed attende la terra.”

Così verseggia Tolkien ne “Il Tesoro” poesia da “Le Avventure di Tom Bombadil”. A entrambi è stata concessa una Misteriosa Scienza grazie alla quale possono aiutare i bisognosi, con metodi all’apparenza ben poco ortodossi (Tom canta ininterrottamente, Al Khidr arriva perfino a uccidere), ma che celano il Segreto (Al Ghayb) della Conoscenza Finale, la Sapienza Divina. Entrambi conoscono i Nomi della Natura, le Presenze (Hadarat) attraverso le quali Allah si manifesta, a volte cratofanicamente, nel mondo; sono Maestri nel Mundus Imaginalis che separa la realtà trascendente dalla sfera mondana, e attraverso questa conoscenza possono operare atti magici e governare le azioni degli uomini. Agli Hobbit, Tom racconta “molte storie favolose, a volte parlando sottovoce, come a se stesso, a volte guardandoli improvvisamente con i suoi luminosi occhi blu intenso che spuntavano da sotto le folte sopracciglia. Spesso la sua voce intonava un dolce canto ed egli si alzava, danzando per la stanza. Parlò loro di api e fiori, delle abitudini degli alberi, delle strane creature della Foresta, di cose buone e malvagie, di cose amiche e di cose nemiche e ostili, di cose crudeli e di cose gentili, e dei segreti nascosti sotto i rovi aggrovigliati”. In termini psicologici, la natura vivificatrice di entrambi i personaggi dona loro il cosiddetto “insight”, la percezione immediata e netta di qualsiasi fatto interiore ed esteriore; entrambi hanno infatti raggiunto la Confluenza tra i Due Mari (cioè la Terra di Mezzo), possono pertanto muoversi aldilà e al di qua dell’Istmo4 con estrema naturalezza. Altro particolare d’intensa pregnanza è la tendenza alla glossolalia: Tom Bombadil ripete continuamente strofe prive di qualsiasi senso logico (“Ehy Dol, Bella Dol, suona un Dong-Dillo!”) e, nonostante non ci sia traccia nella Sura coranica di tale elemento per quanto riguarda Al Khidr, non dobbiamo dimenticare che per i Sufi, i quali presero a buon diritto la figura di Khidr come ispiratore della loro iniziazione esoterica, la pratica dello Dhikr, la ripetizione incessante dei Nomi di Allah o della Shahada la professione di Fede Islamica (“La ilaha illah Allah; Muhammad ar- Rasul Allah”), rappresenta il mezzo verso l’estasi, la dissoluzione nella Presenza Divina e nel Volto di Allah. Entrambi, grazie alle loro arti e alle loro peculiarità, arrivano a simbolizzare il raggiungimento del Maestro Invisibile (non

4 In arabo “Barzakh”, la barriera tra il mondo fisico e le realtà spirituali, concetto chiave nell’esoterismo di

Ibn Arabi, nella quale l’Immaginazione Creatrice del Sufi può partorire nuovi mondi e nuovi esseri.

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tanto l’Imam Nascosto, il Dodicesimo non ancora venuto, ma il Cuore stesso del Ricercatore Spirituale), del Maestro Interiore che rientra nella pseudo storiografia dei Profeti Occulti come multiforme ierofania del “Primo tra tutti i Viventi”. Il Mantra Hindu, lo Dhikr islamico così come, per certi versi, anche la preghiera esicastica, hanno sempre il medesimo scopo: emanare una vibrazione ritmica che abbia una ripercussione estesa a tutti i Domini dell’Essere, affinché l’Uomo, divenuto ora universale, possa esperirli nella loro totalità. Così, come per quanto concerne il ballo di Tom, il Profeta Verde possiede la “Scienza del Ritmo”, l’alternarsi della respirazione, il battito stesso della vita nelle sue molteplici forme. “Stiamo evocando un’antica melodia o un’antica immagine?” – seguendo l’esempio di Kerényi5, lasciamolo indeterminato e indistinto. L’Acqua, per questo studio e per coloro che vi sono implicati, è un altro elemento d’interesse quasi basilare. Essa è precipuamente simbolo della “Sostanza Universale” dalla quale, per forza di cose, procede qualsiasi purificazione, ma anche dell’anima umida che necessita l’azione del principio igneo per divenire secca e partecipare in tal modo della Natura Divina. Da un punto di vista cosmico, condiviso peraltro da Eraclito, l’anima partecipa del perenne scambio tra gli elementi e delle loro trasmutazioni ad opera del fuoco, condividendo così il principio di essenziale identificazione degli opposti. Escludiamo per un momento le considerazioni sulle divinità della vegetazione, di cui parleremo a breve e che ci condurranno nei meandri delle antiche religioni e dello sciamanismo, concentrandoci invece sull’“Acqua di Vita”, sulla Fontana dell’Immortalità nei suoi rifermenti mitologici e, di conseguenza, alchemici. Al Khidr è associato principalmente con l’Acqua della Vita in quanto egli ha bevuto da questa sorgente, così facendo ha raggiunto il Nocciolo (Luz) del significato dell’esistenza; pertanto, chiunque venga a contatto con lui, si ritrova magicamente orientato verso questo punto d’immortalità, verso il Polo (Qubt) Spirituale dell’Uomo, proiettato, grazie al Maestro Invisibile, in una dimensione trans-storica che supera i concetti abituali dell’Iniziazione. Per Tom Bombadil l’acqua è un concetto altrettanto fondamentale. Egli è il Germe d’Oro (Hiranyagarbha) che feconda la natura, è la lettera Iod nell’alfabeto ebraico, il seme della creazione cioè l’Avatara Primordiale che naviga sulle Acque dell’Abisso Superiore e Inferiore, l’inizio dell’esistenza. Il Messere è appunto il compagno di Baccador, la “Figlia del Fiume”; inoltre, ogni essere che abbia una qualche connessione con l’acqua è posto sotto il suo assoluto dominio. Quest’ultimo, deve essere precisato, non si presenta come una cratofania, una manifestazione d’autorità divina: è attraverso la gentilezza e il magico incantamento del canto che Tom riesce a farsi obbedire da qualsiasi creatura viva nella Vecchia Foresta. Tuttavia, poiché questo argomento conduce inevitabilmente alle pratiche sciamaniche, eviteremo di discuterne per il momento, limitandoci a sostenere la tesi che, in quanto “Esploratori del Piano Sottile”, i Profeti Verdi sono in grado di

5 Kàroli Kerényi (1897-1973), storico delle religioni ungherese, tra i massimi studiosi della mitologia greca.

Pubblicò con Carl Gustav Jung “Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia”, da cui è tratta la citazione.

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guarire il livello più profondo della Natura dagli squilibri che in essa possono celarsi, sia oggettivamente, quindi in una concezione prettamente gnostica, sia a livello soggettivo, nella percezione di coloro che si perdono, volenti o nolenti, nell’organismo spirituale-naturale. “Avete ritrovato voi stessi, sottratti alle acque profonde!” (Il Signore degli Anelli, La Compagnia dell’Anello, Libro I) – esclama Tom agli Hobbit appena salvati dal Tumulo. Cioè, questa è la vostra prima iniziazione nel Verdecammino, siete usciti dallo Sheol, l’Abisso, per trovare la vostra seconda nascita.

Anche Tom Bombadil possiede i segreti dell’Acqua di Vita (come altri esseri della Terra di Mezzo, gli Ent, o Galadriel con il suo acqueo specchio), sebbene trasposti in un piano romanzato e quasi faceto; egli, ospitando gli Hobbit dispersi nella sua casa (che sembra la riproduzione di un ambiente boschivo, perfettamente integrata nella natura circostante), offre loro una bevanda che “pareva acqua fresca e pura, e tuttavia li inebriò come vino, dando loro voglia di cantare. Gli ospiti si accorsero improvvisamente che il canto sgorgava spontaneamente dalle loro labbra, quasi fosse più semplice e naturale cantare che parlare”. Insieme alla sua paredra, Baccador, Bombadil è signore incontrastato della terra, e tuttavia quest’ultima non gli appartiene, essa “sarebbe un fardello troppo pesante”; vedremo in seguito, quando ci occuperemo degli aspetti archetipici di queste vicende, quali siano i significati profondi della terra come Madre e dell’Eroe che si erge nascendo da essa, da un punto di vista d’evoluzione della coscienza.

Al Khidr viene adorato anche in India con il nome di Raja Kidar e il suo santuario principale si trova in riva a un fiume: durante il puja vengono accese numerose luci che sono fatte poi galleggiare sulle acque. Il “Fiume della Vita” è inoltre un concetto basilare nel Buddhismo: come i fiumi della terra conducono verso il mare, così la mente, liberata dalle sovrastrutture del pensiero, può gettarsi nell’oceano dell’Incondizionato. Tom e Al Khidr sembrano perfettamente inseriti nella concezione di Anatta, di Non-Sé, poiché il loro essere non possiede una struttura individuale riconducibile a un unico principio; essi si sono destrutturati “panteisticamente” in ogni immanenza dello spirituale nella Natura, pertanto possiedono una coscienza multipla che li rende in grado di veder scorrere costantemente il Fiume della Vita all’interno di se stessi. Essi praticano una sorta di Vipassana6 ai più alti livelli della Manifestazione: sono capaci di avere un’appercezione immediata e onnicomprensiva di ogni accadimento in qualsiasi momento. Ciò si traduce spesso, soprattutto nel romanzo di Tolkien, in una “visione a distanza” che permette la conoscenza di avvenimenti molto remoti, attraverso la penetrazione eterica nel Fiume della Vita, che si traduce in Anima Mundi per l’Ermetismo o in “Quinta Essenza” in termini alchemici. Non dimentichiamo infine

6 Meditazione buddhista concepita da Shakyamuni, il Buddha storico. Consente di avere diretta

consapevolezza penetrativa del corpo e degli stimoli sensoriali ad esso connessi attraverso la contemplazione.

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la comune iconografia del personaggio-Al Khidr, che lo raffigura vestito di verde mentre naviga in groppa a un pesce sulle acque di un fiume. Occorre qui fare alcune importanti precisazioni su quest’ultima simbologia, poiché il pesce, oltre ad essere, com’è noto, simbolo del Cristo (quando il suo nome greco Ichthus viene considerato formato dalle parole Iésou Christos Theou Uios Soter), diviene, nella tradizione Hindu legata ai Cicli Cosmici, simbolo di Vishnu come forma dell’Avatara all’inizio di un Manvantara, a indicare la provenienza di tutte le specie dalle forme acquatiche e, in ultima analisi, dalla prima sostanza indifferenziata. Come pesce, Vishnu appare al futuro primo Legislatore7 del successivo ciclo, prima che il precedente sia distrutto, per l’appunto, dalle acque; egli è altresì colui che gli ordina di costruire l’Arca nella quale i semi del nuovo mondo dovranno essere conservati, nonché a guidare quest’imbarcazione salvifica. Nel suo noto aspetto di conservatore, Vishnu si adatta in modo quasi perfetto alle figure dei nostri due Profeti Verdi: entrambi sono preservatori dell’armonia naturale (in due modi opposti eppur complementari, nomade e stanziale), tuttavia all’interno di essa conoscono dei segreti accessibili soltanto ai candidati all’Iniziazione. Ciononostante, come vedremo, i Profeti Verdeggianti non portano alcuna Parola, in senso eonico o “Manico”; spetta ai Primordiali Legislatori o ai Rishi8 ricevere il Veda (Conoscenza, in senso non-umano) che sarà la base per tutto l’ordinamento del Manvantara, ed essi lo riceveranno in modo autenticamente tradizionale. Tuttavia, vi è un elemento, nell’apparizione di Tom Bombadil agli Hobbit narrata da Tolkien, che ci potrebbe far supporre che anch’egli sia portatore dei germi di una Renovatio: egli infatti compare reggendo dei gigli su una foglia, fiori che sta portando alla sua consorte Baccador. Il Giglio, equivalente tradizionale del Loto, potrebbe in questo caso essere visto come un simbolo seminale atto a fecondare la propria paredra, cioè la sua stessa Shakti, l’equivalente femminile della sua natura archetipica. In effetti, il pesce è il simbolo caldeo per Oannes, o Dagon, in particolare nell’iconografia che lo designa come delfino, legato nonché per i Greci ad Apollo e all’oracolo di Delfi, cui diede il nome. Il simbolismo del Delfino è in stretta connessione con la “Donna del Mare” (Afrodite Anadiomene) e quest’ultima si presenta, nei vari nomi con cui è stata conosciuta dalle popolazioni arcaiche, come la paredra di Oannes o di Dagon, rappresentazione cioè del principio femminile o Shakti della Divinità. La “Signora del Loto” (o del Giglio) è quindi connessa al simbolismo del pesce in maniera quasi indissolubile ed è singolare notare come questo duplice simbolismo si riscontri diviso in due parti complementari nelle due opere che stiamo studiando. L’Isthar babilonese (la cui associazione con il pianeta Venere e con le sue corrispondenze è ben nota) infatti, significa “Loto” così come il nome Esther ebraico e, se uniamo per un momento le ierofanie letterarie dei nostri due Profeti, vediamo una nuova figura prodotta dalla fusione, contemporaneamente conservatrice e shivaitica, condurre a cavallo di un

7 Manu, figlio del dio creatore Brahma e capostipite dell’umanità. Le “Leggi di Manu” sono uno dei più antichi e importanti testi dell’Induismo. 8 Rishi, cantori e veggenti che ricevettero i Veda ispirati direttamente dalla divinità.

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pesce dei gigli raccolti sulle rive del fiume alla sua Shakti, posti su una foglia che tenta di tenere in equilibrio. Il contatto con il Profeta Verdeggiante riconduce il Discepolo alla Materia Prima, alla Sostanza Universale, rendendolo così indifferenziato e partecipe della medesima natura del Santo Iniziatore. Questa purificazione iniziatica “dissolve le cortecce”, secondo una nota espressione cabalistica, lava via le impurità, i preconcetti psichici e i condizionamenti del mondo profano: i lettori di Tolkien ricorderanno certamente quali connessioni ci possano essere tra le cortecce e l’apparire di Tom Bombadil. 9Allontanarsi dal “Loto dell’Estremo Limite”, designato nel Sufismo con il nome tecnico di Sidrah, significa abbisognare di un Purificatore che metta in atto una verde catarsi.

Quest’ultimo concetto può essere naturalmente interpretato come una preparazione allo studio iniziatico che a sua volta precede l’Illuminazione: dissolvendo il fardello karmico del Discepolo, il Maestro lo rende in grado di affrontare le molte prove che gli si presentano innanzi durante il suo lungo cammino. Tra i tanti esempi che si potrebbero citare, senz’altro significativo è il rapporto che intercorse tra il Discepolo Milarepa10 e il Maestro Marpa, il famoso traduttore, quando il primo scelse di mettersi alla scuola del secondo. L’azione apparentemente incomprensibile e persino crudele del Maestro ha come obiettivo una rinascita su un piano sovra-mondano: Marpa, prima di ammettere Milarepa ai suoi insegnamenti, lo costringe a costruire una torre (ancora ammirabile in Tibet) che poi, secondo il suo capriccio, ordina di abbattere e ricostruire nuovamente (notiamo l’assonanza con il muro di Al Khidr), facendo lavorare il giovane Mila come uno schiavo per diversi anni, tempo durante il quale il suo Karma negativo, accumulato precedentemente attraverso l’utilizzo della magia nera, viene finalmente esaurito e il Discepolo può quindi iniziare l’apprendistato. Affinché tale azione sottile possa essere messa in pratica, è indispensabile che il Discepolo non conosca il fine ultimo del Maestro, così come avviene per Mosè con Al Khidr.

Controbilanciare il Karma negativo accumulato con la pratica della magia nera con quello positivo guadagnato grazie all’ascetismo e a pratiche catartiche in vite precedenti è la norma per alcuni tipi di stregoneria tibetana, in particolare da ascriversi alla setta dei Berretti Rossi o “Dug-pas”, nonché ovviamente alla primitiva religione Bon-Po. La distruzione e successiva ricostruzione della Torre ha come scopo la scoperta del Tesoro, celato in luoghi desolati, pieni di rovine. Non esiste ricompensa materiale, a parte il ritrovamento della Pietra (che giace, non vista, “ai margini delle strade”, una nota espressione alchemica), per questo tipo di azioni, né si può pretendere, come vorrebbe Mosè quando si riferisce ad Al Khidr. L’“Apertura del Petto di Muhammad” (Corano XCIV, 1-3) da bambino rientra nel campo delle “azioni terrifiche” proprie del Tantra, del Lamaismo Mongolo- 9 Nel romanzo di Tolkien, Merry e Pipino rimangono intrappolati all’interno del tronco del Vecchio Uomo-

Salice. 10

Milarepa (1051-1135), saggio, poeta e Illuminato tibetano. Per la sua biografia si veda l’opera di Jacques Bacot: “Vita di Milarepa. I suoi delitti, le sue prove, la sua liberazione”, Adelphi, 1991. Marpa (1012-1097) fondatore della scuola Kagyu del Buddhismo tibetano e famoso traduttore dal sanscrito di testi tantrici.

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Tibetano, dello Sciamanismo asiatico e della religione Bon, laddove il fine è la dissoluzione dei nodi karmici oscuri. Quando anche l’ultima stazione iniziatica è raggiunta, l’ultimo piano della Torre costruito, è proprio su quella vetta che avviene la dispersione, il Fana’, l’annullamento: questo è il significato del Dakhma o “Torre del Silenzio” ancora utilizzata per le pratiche funerarie dai Parsi. Gli avvoltoi che divorano il cadavere (pratica per altro già attestata in Tibet) esprimono nel senso più materiale la Lingua degli Uccelli, l’Io che viene bruciato via insieme ai residui karmici, la vecchia veste del Sufi è abbandonata e ci si riveste del mantello di Al Khidr o di Tom Bombadil.

“Di foglie di fiume mi feci un mantello Un fascio di giunchi verdi come un gioiello; col bastone uno scettro, e un vessillo dorato; i miei occhi brillavan come un cielo stellato.”

(J.R.R. Tolkien, “La Campana del Mare”) Per quanto concerne il linguaggio, alcuni riferimenti sono già stati fatti; è ora necessario però precisare un tratto comune dei due personaggi estremamente importante, perché la sua comprensione rende in grado di abbracciare un concetto che si spiega nel panorama storico dell’esoterismo superando ogni barriera temporale e culturale. La summenzionata “Lingua degli Uccelli”, infatti, è una caratteristica tanto comune, per coloro che hanno raggiunto le vette dell’Iniziazione (si veda ad esempio Salomone), quanto enigmatica, quindi necessitiamo ora di alcuni chiarimenti. Essa è, propriamente, il Linguaggio Primordiale, la lingua-radice dalla quale deriva ogni altro idioma; è la “Lingua del Sole” (Surya) associata tradizionalmente con il Siriano, il linguaggio che il Cristo utilizzò nel più drammatico momento sul Golgotha. È il linguaggio archeometrico11 per eccellenza, polare e solare, associato cabalisticamente alla lettera Yod e, per quanto ci riguarda, sia Tom Bombadil (che ne da prova in modo occultato dalle facezie) sia Al Khidr sono in grado di parlare secondo la Lingua Regale, potendo comunicare in tal modo al Cuore dell’interlocutore, nonostante egli non comprenda apparentemente il senso logico delle parole trasmessegli. Queste considerazioni ci aprono la Via verso la “Scienza infusa dall’Altissimo” ad Al Khidr e a Tom Bombadil, poiché entrambi sono in grado di penetrare all’interno della Sostanza Universale, simbolizzata dall’Acqua di Vita, e l’effetto di tale penetrazione è, per l’appunto, la scoperta di un metodo d’entrare in empatia spirituale con ogni essere vivente. Trasposta su un piano materiale-sociale, la Lingua degli Uccelli rappresenta, per lo sciamano che ha il compito di curare e difendere la sua comunità, la capacità di comprendere il linguaggio degli animali 12e di trarne i dovuti auspici; cosa che in Tom Bombadil si spinge fino alla comprensione del linguaggio degli alberi, mentre in Al Khidr può essere desunta soltanto dall’esegesi, date la brevità e l’ascosità dei versetti coranici 11

Per approfondire, si veda la complessa opera di René Guénon (1886-1951) “L’Archeometra”, edita da Atanòr. 12

L’esperienza dei pony di Frodo e dei suoi compagni, che rispondono ai nuovi nomi loro donati da Tom, e che una volta scappati da Brea ritornano dal Messere, è piuttosto significativa. Si veda “Il Signore degli Anelli”, La Compagnia dell’Anello.

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in cui egli appare. “Non inviammo messaggeri che non parlassero la lingua del loro popolo”- dice tuttavia il Corano (14:4); si comprende bene come questa concezione possa essere ampliata sia in senso apostolico (Il “Fuoco della Pentecoste”) sia in senso occulto, attraverso una pluralità di stati di manifestazione. Tutte queste caratteristiche, descritte come presentazione dei due personaggi, ci servono per comprendere il filo conduttore delle qualità che li caratterizzano: Tom Bombadil, protettore della Natura e ipostasi della stessa; Al Khidr, Maestro Invisibile e Interiore, anch’egli eminente rappresentante della manifestazione e, grazie a questa freschezza e vitalità (il Fiume è simbolo d’elezione per entrambi), Iniziatore Supremo di tutti coloro che hanno lasciato le stazioni “classiche” della Via Esoterica per rivolgersi all’Altrove Assoluto.

“Io sto solo remando per annusare l’acqua” – dice Tom al Martin Pescatore nella lunga poesia di Tolkien – “Messaggi non vo portando.” L’Andare è privo di scopo per il Vero Ricercatore: esiste soltanto la Ricerca in sé, spogliata da qualsiasi desiderio dei frutti dell’azione. E, dato che, essendo ora Discepoli di Khidr nonché di Tom Bombadil, abbiamo bevuto e ci siamo rinfrescati, proseguiamo dunque lungo la Via.

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Vita e morte nei reami del Verde La Via Verde: il Verdecammino. Questo colore, così sacro per l’Islam, rappresenta il “Giardino delle Delizie”, il Paradiso al quale il Fedele può accedere dopo la morte, se in vita è stato obbediente, se ha seguito con ottemperanza i principi della Fede. È il colore con il quale sono vestiti i santi e i maestri, perfino le schiere angeliche in alcuni passaggi, per lo più sufici. Tuttavia, esso assume connotazioni molto più esoteriche se connesso ai nostri due personaggi. Sia Al Khadir, “Il Verdeggiante”, sia Tom Bombadil, “Il Messere” di terra, acqua e cielo, sono perciò i protettori stessi del Paradiso Terrestre, il “Paradesha” o “Contrada Suprema”, il luogo dove “confluiscono i due mari” e dal quale si dipartono i quattro fiumi, la cui Via Mosè stava cercando prima di incontrare il misterioso Pellegrino. È il punto, orientale geograficamente (“Ex Oriente Lux”) e polare metafisicamente, nel quale i Giusti possono riposare; gli Esseni13 che abitavano la costa del Mar Morto ritenevano che dopo la morte sarebbero andati in una regione “orientale” dove non c’era pioggia, neve, gelo o calura ma soltanto una perenne brezza marina. Essi praticavano costantemente il Miqvé o “bagno rituale”, purificazione tramite l’acqua che questi gnostici di Qumran consideravano un precetto da osservarsi con dedizione. I Custodi di questo luogo, nel quale tutti gli Adepti anelano reintegrarsi, sono i Portatori di un’Eterna Primavera, ovunque essi passano l’erba cresce nuovamente fresca.

Troppe parole sono state spese su questa “Contrada” terrestre eppur celestiale, riferimenti che ci porterebbero lontano, a discutere della Gerusalemme Celeste e del suo omologo Paradiso all’inizio di un ciclo cosmico così come essa si trova alla fine, del “recinto sacro” che cela l’Airyana Vaesha, la patria dei popoli eletti nell’Avesta, del Giardino artificiale costruito dalla potenza di Hassan Ibn Sabbah14 dopo la Resurrezione dell’Ismailismo ad Alamut, per i suoi scopi egemonici. Limitiamoci pertanto ad ammettere che, in quanto “colore liturgico” dell’Islam, il verde è anche la connotazione cromatica spirituale dello Sciismo nelle sue forme più esoteriche: il Dodicesimo Imam risiede, infatti, nell’“Isola Verde”, posta al centro del Mar Bianco e che il Maestro Segreto, per i Sufi, il “Muhammad che risiede nel Cuore del Discepolo di Khidr” ha per colore il verde, che ha un’importanza di rilievo anche nella Teosofia della Luce del Sufi Sohrawardi15. Potremmo discutere anche dell’evidente parallelismo con la “Tabula Smaragdina” di Ermete il Tre-Volte-Grande, che esplica efficacemente, in modo Ermetico, la ricongiunzione con il Cuore del Maestro e con la parte trascendente di Allah, quella

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I “Manoscritti del Mar Morto” scoperti a Qumran nel 1947 appartenevano probabilmente a una comunità di questo tipo. Alcuni autori sostengono che lo stesso Gesù possa aver studiato presso questi asceti. 14

Capo degli Ismailiti persiani o Nizariti, più noti con l’epiteto “Assassini”. 15

Shihāb al-Dīn Yaḥyā Sohravardī (1155-1191), mistico e religioso persiano, concentrò la sua filosofia sulla Luce (An-Nur) creando una “Teosofia dell’Illuminazione” dettagliatamente studiata da Henri Corbin, il noto iranista francese.

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stessa unione percepita dagli Yogin e che Mansur al-Hallaj16 estrinsecherà con la famosa affermazione che lo porterà alla forca: “Io sono la Verità”, l’appercezione finale del Fana’. Tuttavia, per quanto riguarda i nostri due eroi, dovremo riferire la connotazione alchemica di questo colore, prima di arrivare a discutere dell’antico culto degli alberi e degli dei della vegetazione: nel procedimento alchemico, infatti, nella “Grande Opera”, la Viriditas si pone subito dopo l’uscita dalla Nigredo, le Tenebre Infernali. Quale colore più adatto per coloro che sono i mezzi stessi, le estemporanee Guide dei Viandanti! Filone Alessandrino sostenne, in accordo con gli Stoici greci, che l’universo era stato creato in primavera e la versione babilonese della Genesi, accettata durante la cattività, fece la stessa cosa, tanto che il capodanno ebraico fu in quel periodo fissato nel primo giorno di Nisan, prima di tornare a essere celebrato in autunno. Frodo e i suoi compagni escono dalla pericolosa Vecchia Foresta grazie al Signore del Verde; Mosè e il suo compagno, perso il loro pasto (un pesce salato) poiché aveva ripreso vita (evidente qui il parallelismo con alcuni passi del Kalevala, il poema mitologico finnico, ma di ciò si discuterà oltre) grazie alle astuzie di Iblis, il Diavolo, trovano un bizzarro aiuto proprio nel più incomprensibile dei personaggi, l’ipostasi della natura irrazionale e cieca, il Verdeggiante che, tuttavia, nel Libro Rivelato obbedisce pur sempre a un occulto disegno divino. “Allorché ci rifugiammo alla Roccia, io dimenticai il Pesce”, narra il Corano nei versi della Sura della Caverna; giunti alla Fonte dalla quale sgorga l’Acqua Divina, i Viandanti escono dal tenebroso mare delle possibilità, per ritrovare la Luce Imperitura. Abbiamo dunque qui a che fare con una sorta di “magia clorofilliana”, nel senso di una trasmutazione alchemico-spirituale operata attraverso il potere del verde, sia nella sua versione più immanente e panica (la Natura), sia nella sua forma più trascendente (il Paradesha), che conduce il Discepolo verso un più alto stato di manifestazione. “Trattenuto in questa prigione, desidero con ardore la fonte dell’acqua dell’immortalità custodita da Al Khidr. Come lui sono vestito di verde, poiché sono il Khidr degli uccelli. Vorrei abbeverarmi alla fonte di quest’acqua, ma non ho la forza d’elevarmi fino all’ala del Simorgh, la fonte di Al Khidr mi è sufficiente.” – Così esclama il pappagallo nel racconto iniziatico di ‘Attar17. Tuttavia il Verdecammino, che la Compagnia dell’Anello deve intraprendere, condurrà (attraverso il superamento di molte prove, come i ripetuti attacchi dei Nove Nazgul) dalla Nigredo della Contea, nel senso di una pacifica, uterina esistenza ciclica e priva di avvenimenti eccezionali, segnata dall’ignoranza (Avidya) delle faccende del mondo esterno, attraverso la sua Viriditas, fino alla Rubedo del Monte Fato, officina alchemica per eccellenza nella quale il “vecchio io” dei protagonisti sarà bruciato per poi rinascere sotto altre spoglie, quelle dell’Iniziazione. Si giunge perciò a contemplare la Fenice. Infine, la Bianca Torre di Minas Tirith celebrerà con una nuova alba (Albedo; non 16

Abū l-Mughīth al-Husayn b. Mansūr b. Mahammā al-Baydāwī al-Hallāj (858-922), poeta e mistico Sufi condannato a morte dai Dottori della Legge a Baghdad. La sua vita e la sua opera sono state spesso accostate a quelle di Gesù Cristo, anche a causa dell’intenso carisma della sua predicazione. 17

Farīd al-Dīn ʿAOār (1142-1220), poeta e mistico persiano. La citazione è tratta dal suo famoso poema “Manṭiq al-ṭayr”, “La Lingua degli Uccelli”.

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sottilizziamo sulla precisione nella consecutio delle fasi) l’inizio di una Nuova Era nel Mondo degli Uomini.

“I poeti camminano tra verdi cespugli zampillando linguaggio solare” (Allen Ginsberg). E questa citazione del tutto astrusa (ma in fondo non troppo), all’ambiente culturale in cui ci siamo addentrati, valga pure come segno indicatore lungo una Via che non esitiamo a continuare, desiderosi di scoprirne le meraviglie. Poiché sono i poeti e Bardi, i “cantori prestigiosi”, di cui soltanto la mitologia (a volte) ricorda i nomi, a descrivere le Bellezze dei mondi immaginifici che si trovano nella nebbiosa regione che si pone tra la sfera mondana delle azioni quotidiane e il Recinto che racchiude le Delizie di una sublimata Visio Smaragdina. Abbiamo in precedenza fatto un flebile paragone con le due figure oggetto di questo studio con il concetto folkloristico del “Trickster”, spiegando come le caratteristiche di quest’ultimo poco si addicano ad Al Khidr e Bombadil perché, come i testi in cui compaiono evidenziano ampiamente, il loro comportamento nei confronti di terzi appare più relegato alla sfera iniziatica e salvifica piuttosto che semplicemente irrazionale e bizzarra, anche se le loro ierofanie (poiché di questo si tratta) appaiono in modo del tutto estemporaneo, causando una distorsione temporale, spaziale e anche psichica nei personaggi. Tuttavia, questa è la caratteristica precipua di ogni ierofania, escludendo quelle che vengono precedute dalla cosiddetta “Annunciazione”, le quali rientrano però molto più spesso nel campo d’azione della genesi di una religione destinata alla istituzionalizzazione. Ora sarà necessario un excursus sui cosiddetti “Dei della Vegetazione” poiché, nonostante le molte aporie presenti in tale parallelismo, è impossibile glissare l’argomento come non pertinente. Gli Dei della Vegetazione sono inevitabilmente destinati alla morte e alla successiva, ciclica resurrezione, poiché incarnano i principi archetipici dell’agricoltura e la concezione psicologica del seme che “muore nella terra” per poter dare nuova vita alla pianta. Infatti, la maggior parte dei riti antichi con i quali questo tipo di divinità era adorato erano prevalentemente malinconici, permeati della tristezza di coloro che assistevano alla morte rituale del dio, spesso impersonato da un sacerdote e, nei casi più estremi, da uno schiavo che era in seguito bandito come l’inverno o addirittura sacrificato. Vi fu un punto, nella storia dell’evoluzione della coscienza umana (ma, antropologicamente e archeologicamente, riconducibile alla cosiddetta “Rivoluzione Neolitica”, cioè la scoperta dell’agricoltura, di cui parleremo nelle ultime sezioni di questo studio), in cui le antiche concezioni magiche relative ai cicli stagionali della natura furono soppiantate da una nuova consapevolezza, di tipo prevalentemente pessimistico. L’accento venne posto sullo sfiorire della vegetazione come ineluttabile morte della Natura, dando vita (perdonate il gioco di parole) a tutta una serie di divinità caduche, dalle connotazioni principalmente maschili. Questi dei, Thammuz in Siria, Osiride in Egitto, Attis in Frigia e Dioniso in Grecia, incarnano il “Figlio della Natura” (di volta in volta rappresentata da Cibele, Astarte, Artemide ecc.), il figlio della Grande Madre, la primordiale divinità ecumenica della fertilità, e vanno a sostituire il primigenio assetto femminile e matriarcale delle concezioni

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rispettivamente religiose e sociali. Il dio morente della vegetazione rappresenta il primo “Io” che si erge dall’Ouroboros primordiale, la prima coscienza che emerge dal mare indistinto dell’indifferenziazione. Questo spiega anche molto efficacemente perché i rituali femminili erano spesso compiuti attraverso l’orgia, il ritorno allo stato indifferenziato, prima della divisione dei sessi, della separazione della terra dal cielo e di tutta una serie di temi mitici pre-cosmogonici. Invece gli dei morenti erano adorati con lunghe lamentazioni, mutilazioni e sacrifici propiziatori della loro successiva rinascita. In ciò, secondo la psicologia analitica, si cela la divisione tra la protostoria e la storia vera e propria poiché, con la nascita dell’Eroe che si erge sulla Natura Indifferenziata, avviene la prima percezione e di conseguenza la nascita del soggetto che assiste all’esperienza della ierofania; la nascita della divisione tra soggetto osservante e oggetto osservato. L’accostamento dell’anima al vegetale non è causale nella storia delle religioni. Porfirio afferma, infatti, che il feto nel ventre materno vive come le piante si nutrono ed è dotato esclusivamente di un’anima vegetativa, priva ancora d’intelletto e di raziocinio. L’umidità è comunque connessa in modo indissolubile alla nascita fisica e alla formazione dell’anima elementare cui in seguito dovrà unirsi un principio igneo che la renderà raziocinante. “Tamarisco che acqua non bevve nel giardino, la cui corona nel campo non diede fiori. Salice che un ruscello non rallegra, salice cui divelsero le radici, erba che nel giardino acqua non bevve…” – Così un Inno Babilonese cantava la dipartita di Thammuz: quanto distanti questi toni dalle caratteristiche che abbiamo visto in Tom Bombadil e Al Khidr! Il primo rappresenta la conservazione perpetua della vegetazione, piuttosto che la sua morte invernale; ha il canto perennemente sulle labbra e con quella voce soave opera miracoli nella Natura per aiutare coloro che sono destinati a vederla oscura e pericolosa. Il suo Giardino, il suo “Pardes”, Paradiso Terrestre, è la Terra stessa, che non gli appartiene e a cui non appartiene. Al Khidr beve dalla Sorgente da cui sgorga l’Acqua di Vita: anch’egli è eterno fanciullo, pur essendo “il più vecchio e senza padre”, anch’egli rappresenta la freschezza di una vegetazione sempre nuova emanante un benefico bagliore verde. Pertanto, le loro figure sono da ascriversi a un passato coscienziale molto più antico della nascita degli dei morenti che daranno i natali alle religioni della sofferenza e dell’espiazione, come il Cristianesimo. Tuttavia, essi non possono nemmeno essere paragonati al concetto di “Grande Madre”, poiché si ergono ben sopra le Acque Inferiori del Caos Indifferenziato e dell’inconscio collettivo; essi hanno una loro personalità e una propria individualità, per quanto incomprensibili ai mortali. Il concetto di “Adon”, di Signore, non si addice a loro se non come epiteto familiare, così come non possono, in definitiva, essere accostati agli antichi dei della vegetazione. La loro collocazione è molto più sottile, e si basa su un livello di “coscienza eterodossa” e perfino eretica, poiché situata a metà strada tra l’ombra di una divinità naturale e la Natura stessa, ricavando gli attributi di entrambi e pur tuttavia non essendo prigioniera di alcuna caratteristica definita o definibile. Non è

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certamente un caso se i Sufi (in particolare della comunità Alawita18) presero Al Khidr (a volte accostato al Profeta Elia) come modello iniziatico precipuo: la sua ambivalenza si addice molto al pericoloso sentiero che l’Immaginazione Creatrice del mistico va formare nel “mondo intermedio” tra coscienza ordinaria, sogno e sovra-cosciente. Tuttavia, siamo ben lungi dall’affermare che Al Khidr possa aver fornito, nello specifico, le basi culturali a Tolkien per la creazione del suo personaggio: la sua genesi è infinitamente più remota e lo scrittore, assai dotto, non avrebbe avuto problemi a ricercare indizi ben più antichi, sebbene la narrazione coranica abbia certamente delle radici molto profonde. Il Culto di Demetra (invocata spesso come Chloe, cioè “Verde Germoglio”) è veramente esplicativo della morte rituale connessa ai Misteri della vegetazione e dell’agricoltura. Ci stiamo riferendo in particolare al mito di Demetra e Persefone, fulcro rituale dei Misteri Eleusini, nei quali al culmine dell’Iniziazione veniva mostrata al candidato, in silenzio, una spiga di grano. Com’è abbastanza noto, Persefone, figlia di Demetra e sua incarnazione giovanile, fu rapita da Ade e condotta nel Regno dei Morti. La terra cominciò dunque a sfiorire a Demetra incessantemente iniziò a cercare la figlia finché lo stesso Zeus, esasperato dalla desolazione in cui versava la terra, mandò Hermes a cercare la dea nel mondo dell’Oltretomba. Tuttavia Ade, costringendola con l’inganno a mangiare alcuni semi di melograno, la condannò a recarsi da lui sottoterra per sei mesi l’anno. Ora, il tema della morte nella terra del seme e della sua successiva rinascita è qui fin troppo palese perché sia commentato oltre, così come la suddivisione dell’anno in due cicli collegati con le stagioni della fioritura, del raccolto e del successivo riposo della terra. Abbiamo già visto quali riferimenti ciclici possano avere i semi (di melograno, in questo caso) accostati a una figura femminile che rappresenti un’energia naturale da liberare o occultare, quando abbiamo parlato dei germi manvantarici collegati con il simbolismo del pesce, del giglio e del loto. Compare qui anche la figura di Hermes, noto come “psicopompo” che, mutatis mutandis, può trovar le debite connessioni con i nostri due Profeti Verdi, in quanto Guide dei Ricercatori, che devono necessariamente discendere nei regni ctoni affinché la loro Realizzazione Spirituale sia completata (gli Hobbit trovano le loro “armi sacre” proprio sottoterra, nei Tumuli infestati dagli Spettri). Hermes, come divinità, è sempre stato duplice e ambivalente: saggio e ingannatore, donatore di conoscenza, scrittura e sapienza ma anche guida nel mondo dei morti. Il suo atteggiamento lo rende simile a Mefistofele, la cui “simpatia” è già stata fatta notare da Mircea Eliade19 quando ha analizzato il celebre “Prologo in Cielo” del Faust, e che è colui che mostra al protagonista del dramma la via che conduce alle Madri, una delle sezioni più importanti e interessanti dell’opera. Accostiamolo pertanto senza timore 18

Gli Alawiti sono un gruppo religioso prettamente esoterico e iniziatico, presente in Siria e Libano, il cui Credo, avversato dall’Islam ortodosso, rimane sostanzialmente segreto. Esteriormente si definiscono Sciiti Duodecimani, il gruppo maggioritario dello Sciismo. 19

Mircea Eliade (1907-1986), noto storico delle religioni rumeno, in gioventù militante dell’organizzazione rumena ultranazionalista e antisemita denominata “Guardia di Ferro”. L’analisi del Prologo del Faust si trova ne “Il Mito della Reintegrazione”.

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alle nostre due figure, in quanto entrambe ammantate del titolo di “Guida” nel mondo delle ombre e delle tenebre, l’unica regione in cui la Luce Nascosta o l’Acqua di Vita possono essere trovate. Questo luogo è il “Cuore del Mondo”, in cui la manifestazione dello Spirito (Ruh) è Luce (Nur), cioè lo svelamento di una nuova vita imperitura. Infatti, la morte e la seconda nascita sono elementi basilari di qualunque sistema iniziatico. Ad esempio, Adolf Jensen 20rintraccia nel primordiale culto dei “Dema” le radici dell’uccisione dello “spirito degli alberi”, della morte rituale del Re-Sacerdote e delle cerimonie connesse ai sacrifici in onore degli dei morenti, che sono, com’è risaputo, il soggetto del famosissimo studio del Frazer21. Il tema dell’“Antenato Mitico” non esaurisce però la questione, poiché la morte del seme nella terra (i Dema erano adorati da una comunità agricola di coltivatori di tuberi della Nuova Guinea), il “tubero radicale” dal quale discendono gli uomini, rientra sempre nell’ambito di quel pessimismo post-cosmogonico che sostituisce il tema dei culti femminili, gli Dei dell’Ombra dalle connotazioni orgiastiche e sessuali che hanno avuto un recente revival nella Magia Occidentale. Quindi, nonostante sia Bombadil sia Al Khidr possano essere considerati antenati degli uomini, un solo fattore, che esclude le modalità della loro natura e della loro adorazione, può ricondurre a questi concetti primordiali (e tuttavia non pre-cosmogonici): il fatto che a entrambi, quali “genitori primordiali” dell’umanità, sia stata donata una Scienza Occulta con la quale riparare eventualmente al Male nel mondo, la Scienza dell’evoluzione spirituale. Quest’ultima passa attraverso le “tre nascite”: la prima, del corpo fisico; la seconda, della rigenerazione psichica al contatto con il Maestro; la terza, infine, il passaggio dallo stato psichico a quello spirituale, l’identificazione stessa nel Profeta Verde. Queste tre nascite presuppongono ovviamente due morti iniziatiche, che precedano la creazione del cosiddetto “corpo glorioso”, “uomo di luce” o “corpo di resurrezione”. Tale Scienza, come vedremo nelle sezioni finali di questo studio, si distanzia dal culto delle divinità-semi, destinato invariabilmente a celebrarne la morte, per quanto misticamente essa possa essere interpretata, in quanto procedente da un’antichissima fase umana pre-agricola, nella quale le iniziali fasi della suddivisione del lavoro, della domesticazione animale, della nascita della gerarchia in seno alle comunità dovevano ancora venire in essere. Questo stadio posteriore, della Caduta, è ben espresso in Giobbe (7,1): “Non ha forse un duro lavoro l’uomo sulla terra e i suoi giorni non sono forse quelli di un lavoratore a cottimo?”. O ancora: “Poiché l’uomo è nato per soffrire” (5,7). Il verde (come, per ragioni ancor più profonde, il nero) è il colore che più di ogni altro ha la capacità di creare una sinestesia percettiva nella mente umana, a causa della sua natura eminentemente archetipica. Esso ha un profumo, - “Ah, il profumo del verde!” – esclama Legolas ne “Le Due Torri” – “E’ meglio di un lungo 20

Adolf Ellegard Jensen (1899-1965), etnologo tedesco. Il tema citato è analizzato nella sua opera principale “Il Mito e il culto presso i popoli primitivi” del 1951. 21

James Frazer (1854-1941), noto antropologo e storico delle religioni scozzese, autore della monumentale opera “Il Ramo d’Oro”, i cui contenuti, sebbene sconfinati per quantità e fautori di un vero contributo alla storia delle religioni moderna, vengono in quest’opera menzionati per pura utilità ed interesse scientifico.

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sonno!” – e una proteiforme molteplicità di corpi con i quali manifestarsi all’occhio umano; ha un suono, poiché è amico dell’aria, dei venti e di tutti gli eventi atmosferici (il flauto o “Siringa” di Pan nacque, per l’appunto, dalla sinergia tra il vento e le canne dei giunchi, in modo del tutto fortuito), quindi concorre nella primordiale creazione della musica. Ha numerosi sapori: chi lo coltiva (il cosiddetto “Pollice Verde”) con amore, infatti, finisce per identificarsi con il suo prodotto e a non arrecare danni al suolo. Il verde che cresce dal nero della terra non ne svilisce la purezza ctonia, pertanto i metodi agricoli “biologici” e “biodinamici” sono semplici rivisitazioni odierne di tecniche antichissime, risalenti alle ultime fasi del Paleolitico, quando l’agricoltura non si era ancora indissolubilmente legata allo stanzialismo e la sua semplice primordialità non impoveriva, ma anzi arricchiva la terra. Il verde è tradizionalmente il colore della speranza, poiché è il tema portante della Renovatio; la clorofilla è alla base della vita stessa sul pianeta Terra, per i motivi che tutti conoscono e che è inutile riportare in questa sede. Macchinari abbandonati ricoperti di verde-ruggine, arnesi inutilizzati, intere aree delle metropoli riconquistate dalla foresta, in una continua lotta per la proprietà della Terra… Città intere divenute musei di un’era folle e in contrasto con il cosmo stesso, mentre il verde avanza, riprende il suo posto su un meraviglioso avamposto di fuoco e acqua, di terra e aria… Verde & Nero sono i due colori associati tradizionalmente e psicologicamente con il Caos, la multiforme varietà cangiante della Natura, bosco e sottobosco, ombre tra il fitto fogliame, mentre i raggi solari tentano di penetrare le fronde degli alberi, creando illusioni e sogni, l’immanente panteismo che ha contraddistinto le popolazioni più a stretto contatto con l’ambiente naturale. La terra come nerezza e la pianta come viriditas possono essere erette a simboli soltanto apparentemente divisi della Sostanza Primordiale, energia orgonica22 e “Nagual23” in sincronicità operante tra gli influssi cosmici e ctoni, “Prana” che è insieme energia chimica vivificante e spirituale, impulso vitale onnipresente nella varietà delle specie, simbolo stesso dell’evoluzione e del mantenimento dell’esistenza sul pianeta Terra. La Linfa o “Quinta Essenza” è sempre e comunque il risultato dello “Ieros Gamos”, Sacro Sposalizio di questi due colori sinestetici, Essenze Primordiali o “Kala”, sacre secrezioni dell’organismo spirituale terrestre, alle quali le culture umane continuano a tendere e spasimare, nonostante nello stesso tempo, con il loro operato, se ne distacchino, adulterando così il loro rapporto con l’origine della vita. La Linfa è insieme Figlia e Madre di queste essenze, perché esse la partoriscono e sono da esse partorite, così come il nero è la Madre del verde e viceversa, poiché la vegetazione, completando il suo ciclo, torna a creare la propria oscura genitrice. Innumerevoli sono i tabù, presso le popolazioni cosiddette “primitive”, che riguardano l’abbattimento di un albero, poiché lo si ritiene abitato

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L’energia orgonica permea tutto lo spazio, secondo le teorie dello psicanalista Wilhelm Reich (1897-1957), è di colore blu e la sua diminuzione nell’organismo umano è responsabile di numerose malattie. 23

“Nagual”, nell’insegnamento di Don Juan riportato dall’antropologo Carlos Castaneda (1925-1998), è il lato sinistro, l’universo non causale, imprevedibile e stocastico, l’energia cosmica pura.

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da spiriti o demoni o, ancor più spesso, dalle stesse anime dei defunti di quella particolare civiltà; così come lo Spirito del Grano o del Riso, ha caratteristiche molto spesso ingannevoli e malevole, come Frazer fece notare con infiniti esempi, frutti di attenta osservazione sul campo, nel suo notissimo e monumentale studio (vedi nota 21). Da ciò si deduce una consapevolezza inconscia dell’errore insito nella distruzione dell’ambiente naturale, poiché uccidendo la Linfa Vitale si abbatte l’Uomo stesso, e le popolazioni che vivono ancora in uno stato “selvaggio” o semi-selvaggio, hanno più di altri la sapienza necessaria al compimento di tutta quella serie di scongiuri rituali atti al mantenimento di un’armonia tra la vegetazione (dal punto di vista spirituale) e l’Uomo, che molto spesso si traduce in divieto assoluto di offesa, e di esistenza sinergica tra Uomo & Ambiente. Quanto detto sopra ci conduce, nell’ambito dello studio che stiamo affrontando, a riconsiderare per un momento l’Iniziazione acquea cui sono sottoposti tutti i candidati alla Realizzazione, in particolar modo gli “Afrad”, coloro che si accostano alla presenza dei Profeti Verdeggianti, ma anche dei Profeti stessi, come vedremo. Infatti, è l’archetipo stesso del Profeta Verde a subire la primordiale, essenziale Iniziazione alla vita nella sua globalità “pleromatica24” e “pneumatica” o spirituale. Così come Al Khidr è il primo tra gli esseri ad aver bevuto dalla “Fonte dell’Acqua di Vita celata nella Regione delle Tenebre”, e ne diventa perciò il Custode, così leggiamo di un’Iniziazione simile cui viene sottoposto lo stesso Tom Bombadil nel lungo poema “Le Avventure di Tom Bombadil” di J.R.R. Tolkien. Anche il Profeta Verde deve subire, per divenire tale, l’Iniziazione al Fiume della Vita, rappresentato dalla Figlia della Regina del Fiume, Baccador, incontro dapprima tumultuoso e in seguito divenuto gioioso “Ieros Gamos” che unirà i due principi, essenze, colori succitati. Leggiamo infatti nella poesia dello scrittore inglese che, mentre Tom sedeva per ore e ore sulla sponda del Sinuosalice, “Mentre la sua barba penzolava sotto l’onda affiorò la Figlia del Fiume, Baccador la Bionda; lo tirò per la barba e lo fece cascare sotto le ninfee del Fiume, rischiava d’affogare”. Vediamo perciò che la “Regione delle Tenebre” in cui si avventurano gli Afrad è in realtà il “Paese Periglioso” di Tolkien, la terra di Feerìa, dove avvengono tutti gli avvenimenti misteriosi intrisi d’incantesimi, luogo fatato e insidioso, nel quale avvengono le prove iniziatiche necessarie al conseguimento dell’Acqua di Vita, lo sposalizio con la Figlia del Fiume. Ciononostante Tom riesce a superare questa prova – “Su scendi e dormi ancora dove l’acque son nell’ombra sotto le radici del salice, oh Signora dell’Onda” – e le seguenti, rappresentate dal confronto con il pericoloso Uomo-Salice (gli Spiriti degli Alberi di cui abbiamo appena parlato) che affronterà anche in seguito per salvare gli Hobbit, e da una catabasi nei regni sotterranei dei Tassi, animali simboleggianti le potenze ctonie abitanti negli oscuri anfratti della Hyle ma anche, grazie alla loro peculiare colorazione, la miscela cosmica delle energie maschili e femminili, lo Ying Yang. Gli Spettri dei Tumuli tentano di acciuffarlo, ma egli se

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Il termine greco “Pleroma” significa “pienezza” ed è molto comune nello Gnosticismo, dove indica la totalità dei poteri di Dio.

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ne libera, come negli altri casi, con il semplice potere della sua voce: “Va’ via, chiudi la porta e non tornar più indietro con gli occhi luccicanti e quel tuo sorriso bieco. Torna al monticello erboso e al tuo guanciale sassoso, posa la testa ossuta, torna al tuo riposo, come l’Uomo-Salice, i Tassi e Baccadoro, torna al tuo dolor segreto, al tuo sepolto oro”. Tom è poeta, è Bardo, è “Cantore Prestigioso”: il suono delle sue rime è sufficiente a superare le prove inflittegli dalla Natura, pur senza mai cercare di dominarla, ma infine sposandosi con essa, divenendo la Fonte dell’Acqua di Vita insieme alla sua consorte Baccador. Quando egli sorprende la Figlia del Fiume, “La prese e la tenne stretta”, cattura la Linfa Vitale del Cosmo per divenire un tutt’uno con essa, per essere contemporaneamente il fiume, l’acqua, la barca che la traversa e il Nocchiero che impugna il timone. Nessuno può sorprendere Al Khidr o Tom Bombadil: essi sono i gioiosi traghettatori del Fiume delle Forme, avanzando su una barca o su un pesce simbolico verso le Terre Occidentali, nel Paese delle Tenebre e nell’Amenta25; non hanno paura degli dei morti né degli Spettri di quei Tumuli, poiché sanno che nell’oscurità è celata la Fonte e coloro che osano seguirli devono avere la perseveranza necessaria a superare le stesse prove che essi hanno traversato. Abbastanza singolarmente, nella poesia “Tom Bombadil va in Barca”, troviamo all’inizio del viaggio il nostro singolare barcaiolo riparare la stessa barca che precedentemente Al Khidr aveva forato mentre navigava con Mosè e il suo garzone26. Sono avvenimenti su cui riflettere attentamente, poiché il Fiume che conduce alla Terra di Mezzo o alla Confluenza dei Due Mari è sempre diverso eppur sempre il medesimo, come Herman Hesse ha fatto notare nel bellissimo dialogo del suo “Siddharta27”. Il Profeta Verde e il suo mezzo (barca o pesce) sono 25

L’Ade o Inferno nella cosmogonia egizia ma anche, per esteso, il subconscio, la dimora della Vera Volontà dell’Uomo. Nell’ambito di questo studio, la regione dove è celata la Fonte di cui il Profeta Verde è il Custode. 26

Il collegamento tra le due opere attraverso l’azione dei due Profeti è ovviamente simbolico. Può essere utile tuttavia per comprendere la natura quantistica di queste particolari entità, in grado di scomparire e ricomparire passando attraverso i fori da loro stessi praticati nel tessuto spazio-temporale. 27 “Hai appreso anche tu quel segreto del fiume: che il tempo non esiste?".

Un chiaro sorriso si diffuse sul volto di Vasudeva.

"Si Siddharta" rispose. "Ma è questo ciò che tu vuoi dire: che il fiume si trova dovunque in ogni istante, alle sorgenti e alla foce, alla

cascata, al traghetto, alle rapide, nel mare, in montagna, dovunque in ogni istante, e che per lui non vi è che

presente, neanche l'ombra del passato, neanche l'ombra dell'avvenire?".

"Si, questo" disse Siddharta. "E quando l'ebbi appreso, allora considerai la mia vita, e vidi che è anch'essa un

fiume, vidi che soltanto ombre, ma nulla di reale, separano il ragazzo Siddharta dall'uomo Siddharta e dal

vecchio Siddharta. Anche le precedenti incarnazioni di Siddharta non furono un passato, e la sua morte e il

suo ritorno a Brahma non sono un avvenire. Nulla fu, nulla sarà: tutto è. Tutto ha realtà e presenza". Siddharta parlava con entusiasmo; questa rivelazione l'aveva reso profondamente felice. Oh, non era forse il

tempo la sostanza di ogni pena, non era forse il tempo la sostanza di ogni tormento e d'ogni paura, e non

sarebbe stato superato e soppresso tutto il male, tutto il dolore del mondo, appena si fosse superato il

tempo, appena si fosse trovato il modo di annullare il pensiero del tempo?”

Herman Hesse, Siddharta, 1922.

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sempre presenti sia alla sorgente, sia alla foce, sia nel bel mezzo della corrente delle forme, poiché sono i “Diecimila Esseri”: lo sono diventati grazie al superamento delle prove nella Terra Perigliosa e chiunque segua le loro orme diverrà un simile Verdeggiante. “Dall’Isola degli Elfi il Vecchio Cigno (Hamsa, concetto chiave nella dottrina vedantica e nello Yoga) venne scivolando, nel becco teneva la cima, la barca stava trascinando, orgoglioso la tirava; le lontre a fianco gli nuotavano, tra le radici dell’Uomo-Salice esse lo guidavano; il Martin Pescatore stava sulla prora, lo scricciolo stava cantando; allegramente quel guscio di noce a casa stavano portando” (“Tom Bombadil va in barca”).

Vediamo dunque come siano ancora i Diecimila Esseri a condurre nuovamente nell’Istmo, nel “Mundus Imaginalis” dove risiedono i Profeti Verdi, il mezzo che essi utilizzeranno per riprendere il largo e recarsi con gli Adepti nelle Regioni Oscure, in cerca dell’Acqua di Vita con la quale rivivificare continuamente il cosmo, assicurandone la conservazione e l’espansione, il ciclico ritorno alle acquee origini del Caos Primordiale, la Sostanza Universale con la quale ormai sono identificati.

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Nella Patria della Luce Come il Dioniso di cui Nonno di Panopoli28 narra le gesta nelle sue “Dionisiache”, nonostante si sia visto come la figura del Profeta Verde non possa essere accostata che di sfuggita agli dei morenti, Al Khidr è protagonista di numerose leggende nell’India, la Dimora per antonomasia dalla quale proviene la Luce che illumina il progresso delle razze e dei popoli. Egli è il “Maestro Errante”, simile in questo al famoso ebreo della leggenda, degli “Afrad”, dei solitari e di tutti coloro la cui esistenza esula, per un motivo o per l’altro, dai dettami ortodossi di una particolare iniziazione. “Tu sei l’Amico di coloro che non hanno amici, soccorrimi!” (Attar). Costoro sono usciti, volenti o nolenti, dalla Tradizione, come si attesta in Geremia: “Una spada su coloro che sono isolati e che perdono il senno”(50,36). Tuttavia, è proprio quest’ultima condizione di follia e di ebbrezza a fare di un semplice mortale uno sciamano. Come Dioniso, Al Khidr porta il “Vino dell’Immortalità” nelle terre più remote, è colui che inizia all’uso del Soma e dell’Haoma avestico, della Bevanda d’Immortalità di cui conosce i misteri e l’altrettanto leggendaria ubicazione. In alcune leggende indiane, sia Hindu sia mussulmane, sono presentati inoltre degli elementi che riconducono in modo impressionante anche alla figura di Tom Bombadil, in maniera tanto palese da chiedersi se, nonostante la sua educazione prettamente occidentale, Tolkien ne fosse mai venuto a conoscenza. Al Khidr è conosciuto in India con i nomi di Khwaja Khadir, Pir Badar e Raja Kidar o semplicemente, in arabo, Seyduna Al Khidr, sempre rappresentato nell’iconografia come un “Faqir29” vestito interamente di verde e accompagnato da un pesce sul quale si muove a suo piacimento sulle acque. È proprio tale indissolubile legame con l’acqua che lo rende assimilabile, a livello macrocosmico, con una delle più primitive divinità indiche, Varuna, nonché a Soma e Gandharva. In una leggenda indiana del Punjab appare la Figlia del Re dei Serpenti Nival Dai, la quale deve andare alla ricerca dell’Acqua della Vita per salvare il padre colpito da malattia. Quest’acqua è naturalmente custodita da Kwaja Khadir, ed è proprio in tale identificazione che si riscontra la sua similarità con Varuna. Secondo Coomaraswami30, “Khidr esplica la sua funzione nei due mondi, l’oscuro e il luminoso, ma soprattutto egli è il Signore del Fiume della Vita che scorre nella Terra delle Tenebre”. La ricerca alla quale si sottopongono tutti coloro che intendono seguire la sua Via è essenzialmente una “Scoperta del Graal”, la Coppa nella quale è custodito il sacro liquido che dona la fertilità e la vita al mondo intero. Ciò è già stato reso noto dal racconto di Alessandro Magno e della sua ricerca della Fonte; la vicenda del pesce essiccato assume invece, nell’ambito della religiosità Hindu, un parallelo con la storia di Manu e del Pesce, laddove il Legislatore

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Poeta bizantino, vissuto nella prima metà del V secolo d.C. 29

“Povero”, in arabo. 30

Ananda Kentish Coomaraswami (1877-1947), uno dei principali studiosi dell’arte indiana, che ebbe sul tema di Al Khidr uno scambio di vedute epistolare con René Guénon.

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dell’Era alleva e conserva lo stesso pesce che condurrà poi l’Arca durante il diluvio che pone fine all’Età in corso. In India la presenza di santi che sono spesso “in bilico” tra diverse tradizioni e oggetto di un continuo sincretismo è spesso attestata, come in Zinda Pir, il “Maestro sempre-vivo”, identificato con il fiume Indo, oppure Pir Jharion, il “Maestro delle Foreste”, di antica e probabile identificazione con le deità dei boschi, che non può evitare di farci pensare al Bombadil di Tolkien e che conduce a tutta una serie di personaggi folkloristici cari alle leggende di tutto il mondo, come nel celebre canto “Ein Männlein steht im Walde31”. Dervisci vaganti furono spesso presi per avatara delle divinità indiane, come nel caso di Lal Shahbaz, considerato reincarnazione di Vishnu e, in quanto tale, conservatore per eccellenza della Natura e dei suoi cicli. Jal Jhulelal è invece considerato l’incarnazione del dio Varuna ed è uno dei santi più venerati dagli abitanti del Sindh. La sua leggenda narra di come una donna, Mata Devaki, partorì un bimbo nella cui bocca fu visto scorrere il fiume Sindhu con un vecchio barbuto seduto a gambe incrociate su di un pesce; il piccolo fu quindi nominato “Colui che è scaturito dalle acque” e fu considerato l’incarnazione sia della luce sia dell’acqua, entrambe sgorganti dalle regioni delle Tenebre, avvenimenti che si adattano perfettamente alla figura del Profeta Verdeggiante. Come salvatore del popolo dalle persecuzioni del tiranno locale, Jhulelal sarebbe intervenuto ogni qual volta la sua azione salvifica fosse stata richiesta e, dato molto interessante, consegnò al cugino Pagad sette oggetti simbolici. Essi erano un anello, che come la famosa lampada avrebbe esaudito, se sfregato, ogni desiderio, un lume inestinguibile, un mantello che come uno scudo avrebbe protetto dai nemici, un tamburo, simbolo di Shiva, una pentola di metallo con il potere di sfamare a volontà, una spada magica e infine una brocca di terracotta da usarsi nei rituali. Vedremo in seguito come l’azione di Tom Bombadil, nel romanzo di Tolkien, possa essere ricondotta anche alla presenza di molti altri personaggi all’interno dell’opera; per ora limitiamoci a considerare l’impressionante somiglianza di quest’ultima leggenda con le vicende narrate dallo scrittore inglese, sottolineando gli elementi-chiave costituiti dai doni magici che molti personaggi ricevono. La Fiala di Galadriel e i mantelli elfici; le spade dei Tumulilande; il lembas, cibo nutriente aldilà di ogni immaginazione umana e che sembra inesauribile; la scatola con la “G” di Galadriel con il cui contenuto Sam Gamgee rende il suo paese nuovamente verdeggiante; lo Specchio della Dama dei Boschi, costituito da un bacile d’acqua purissima, le armi donate alla Compagnia dell’Anello oltre a, naturalmente, gli Anelli del Potere stessi. Gli estimatori di Tolkien non dovrebbero incontrare difficoltà nel ritrovare questi e altri parallelismi con la leggenda indiana appena narrata, seppur per sommi capi. La figura di Al Khidr, con la quale tanti santi Hindu sono identificati, non può necessariamente essere distinta da quella dello Yogin, di colui che possiede i “Siddhi”, i poteri miracolosi che permettono a chi li detiene di operare mutamenti 31

“Un piccolo uomo si trova nella foresta…”

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nella realtà percepibili agli occhi dei profani. In particolare, la via iniziatica dei Natha Siddha, il cui capostipite Matsyendranath è spesso identificato con il sufico Profeta Verde, è la reincarnazione del “Maestro Assoluto” Adinatha, il Paramaguru per eccellenza. Questo primordiale Maestro, secondo il mito, riceve la Scienza Segreta direttamente da Shiva, dalla divinità suprema: mentre quest’ultimo è intento a rivelarla alla sua curiosa consorte, Matsyendranath, nascosto dietro uno scoglio in riva al mare mentre cerca di divincolarsi dalla bocca di un pesce che lo aveva inghiottito, ascolta ogni cosa e memorizza il tutto, divenendo il primo discepolo umano della divinità. Ritroviamo qui il simbolismo del pesce, così importante per l’Induismo poiché metafora della conservazione e della protezione, nonché della trasmissione della Scienza Sacra. Matsyendranath è quindi divinizzato e rappresentato iconograficamente quasi come il primo avatara di Vishnu, con la prima metà del corpo che fuoriesce dalla bocca di un’enorme creatura marina, simbolo evoluzionistico per eccellenza, che ritroviamo ovviamente nelle raffigurazioni di Al Khadir. La trasmissione di queste Scienze Sacre, fondamento di tutto l’apparato gnostico-religioso successivo, è sempre e comunque non-umana: procede da piani ontologici superiori, ai quali l’Uomo, essere tragico per antonomasia, può elevarsi soltanto in seguito, con lo sforzo, la pratica o, in alcuni casi, anche l’inganno. La storiografia, quindi, non può certo essere esaustiva, in nessun caso e per nessuna ragione. Infatti, essa presupporrebbe, tra le altre cose, anche l’attribuzione di un nome o almeno di una definizione, il primo (che in senso pitagorico e cabalistico è ovviamente anche un numero) iniziatico e la seconda profana; tuttavia, è soltanto il nome segreto ad avere una vera e propria importanza, tale nome è riconducibile al “segreto iniziatico” il cui cuore è il Discepolo stesso. Questo “Signore del Pesce” e del Fiume della Vita, che ritroviamo in così tante mitologie, intento a navigare senza sosta, indica in realtà una funzione spirituale che colloca colui che la assume in una zona intermedia tra il mito e la storia, come Gorakhnath, il semi-storico fondatore dei Kanphata Yogi e artefice di un grande rinnovamento dello Yoga Tantrico caduto nella degenerazione, agli occhi dei non-iniziati al Vama Marg, il “Sentiero della Mano Sinistra”, dovuta all’apparente oscenità dei riti a esso connessi32. Vi è quindi un sottofondo sincretistico altamente complesso, intessuto in tutta l’Eurasia, che connette la via sufica con il Tantrismo Hindu e Buddhista, con la primitiva religione tibetana Bon e con le pratiche sciamaniche che, in sostanza, sono la radice e il prolungamento di questa ragnatela. Coloro che vagano per questo multiculturale cammino fanno spesso di tutto per cancellare la loro identità umana, per divenire quei “Maestri Erranti” e contribuire, consciamente o no, a mantenere viva la funzione spirituale assunta da personaggi come Tom Bombadil e Al Khidr. Questi personaggi, così spesso ricondotti alle figure dei Profeti Verdi nonostante siano stati sovente fondatori di scuole e maestri di ashram, hanno comunque una caratteristica in comune: hanno raggiunto uno stato tale da permettere di padroneggiare la Siddhi Suprema, la Liberazione in Vita che è un 32

Imbibizione delle essenze corporee e necrofagia rituale, “Maithuna” o “copula sacra” ecc.

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presupposto imprescindibile per assumere la funzione di vivificatore dell’intera umanità, di Verdeggiante, cioè di colui che “conduce verso il verde”, il colore sacro dal quale ogni forma vivente sgorga e che ne è contemporaneamente il risultato. Come afferma anche Gorakhnath, il fine ultimo è rendere eterna la realtà del corpo, di permanere a tempo indefinito su questa terra non soltanto con il proprio corpo, ma anche con altri corpi, maschili e femminili, assumendo l’assoluta ubiquità in termini spaziali e temporali. Queste considerazioni, di gusto squisitamente tantrico poiché prettamente fisiologiche, dovranno essere ricordate quando andremo ad analizzare la figura di Bombadil nell’ambito dell’opera tolkeniana, poiché ne esplicano con efficacia la funzione. L’Eterna Giovinezza e l’immutabilità dei Profeti Verdi, in tutte le tradizioni che li vedono comparire, sono indici di un grado spirituale accessibile potenzialmente da tutti gli esseri umani che siano in grado di perdere la propria connotazione puramente individuale; essi divengono allora nomadi (come il Profeta Elia) e tendono a lasciare sul loro cammino oggetti miracolosi che possano essere ritrovati da coloro che seguiranno le loro orme. Orme che svaniscono presto sulle rive del Fiume della Vita cavalcato da questi Maestri Invisibili. Non dèi, non uomini: “Se non è dio egli stesso, un dio potente l’ispira” – vergato sotto il ritratto anonimo dell’altrettanto “sempreverde” Conte di Saint-Germain.33

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Alchimista e avventuriero francese, vissuto nel XVIII secolo, protagonista di rocambolesche vicende legate alla leggenda sulla sua presunta immortalità fisica ed oggetto di infinite speculazioni esoteriche.

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Profeti, santi, salvatori o sciamani? Entriamo ora pertanto in un nuovo sentiero, che conduce a una visione Advaitica34, per usare una definizione Vedantica, della Realtà, poiché i nostri personaggi si pongono, sia psicologicamente sia fisicamente, in uno stato che va “al di là del bene e del male”, intoccati e intoccabili da entrambe queste categorie mentali post-cosmogoniche. Tuttavia, come abbiamo già dimostrato, essi non possono nemmeno essere posizionati a un livello pre-esistenziale, poiché possiedono una loro individualità, seppur allegorica, che li distanzia dall’Indifferenziato. In ciò possono forse essere accostati al tema del Paraclito, nella versione gnostica di “Consolatore” di colui che, come vuole l’etimologia, viene “spesso invocato”. Tali attributi si confanno specialmente alla figura di Tom Bombadil, pronto, secondo il racconto di Tolkien, a comparire davanti ai bisognosi, a elargire la sua Scienza anche se difficilmente interpretabile. L’accezione propriamente cattolica del Paraclito come Spirito Santo può calzare soltanto senza addentrarsi troppo nel simbolismo ecclesiastico: lo Spirito Santo (il “Ruach” ebraico) vivifica le acque (Genesi I, 2) primordiali, l’Oceano Esterno o Abzu nella tradizione Caldea e Babilonese; ponendosi quindi nell’istante appena precedente la cosmogonia per effetto della ierofania della Luce Divina, non per questo essendo associato alle “Tenebre Esterne” poste al di fuori della Creazione Demiurgica in testi come il Pistis Sophia35. Ma Al Khidr e Tom Bombadil non sono il Marduk che sottomette alla sua volontà civilizzatrice il drago Tiamat, non sono l’Ordine Divino, maschile e patriarcale, che struttura il Caos dando origine alla civiltà umana, creando il “quid” seminale dei successivi dei morenti dell’agricoltura post-neolitica. Essi si limitano a compiere azioni apparentemente incomprensibili che, una volta emulate, conducono il Discepolo verso una nuova consapevolezza, sovra-cosciente e trascendentale. In ciò risiede, secondo questo studio, il loro carattere eminentemente iniziatico, come se, posto innanzi a una serie di situazioni reali (eppur ierofaniche), l’Adepto sia in grado di operare attraverso esse una “trasmutazione alchemico-spirituale”, dopo la quale l’Iniziatore Supremo semplicemente scompare, per lasciar spazio alla Storia della quale non fa più parte. Non è a essa sottomesso poiché atemporale, non rientrando però neanche nei parametri di una “proto-storia pre-coscienziale” che non può abbracciare a causa della sua individualità. Quest’ultimo carattere è molto interessante, poiché riesce a metterci in contatto con uno “spazio aspaziale” in cui collocare metaforicamente i nostri personaggi. È assai complicato definire chiaramente se i nostri Profeti Verdi possano essere considerati rappresentanti di un Centro Iniziatico Tradizionale che, per una ragione o per l’altra, hanno dovuto operare costantemente in incognito assumendo i tratti caratteristici di una particolare figura non soltanto mitica, come i “Superiori Incogniti” tanto cari alle

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Letteralmente “non-duale”. Il Vedanta è basato sulle Upanishad, testi sacri Indù, e significa il “fine del Veda”, cioè la sua interpretazione finale e il suo scopo. L’Advaita Vedanta ne è la scuola più nota. 35

Vangelo Gnostico in lingua copta risalente al III secolo.

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speculazioni rosacrociane e massoniche. Alcuni elementi, come il Dono delle Lingue, il cosmopolitismo, l’Elisir e l’Acqua di Vita, potrebbero accostarli a questi personaggi, i cui titoli e gradi iniziatici sono stati d’altra parte, nel corso della storia, così usurpati da aver perso in pratica qualsiasi valore, almeno dal punto di vista puramente letterario. Distanziandoci dal neo-tradizionalismo e contemporaneamente immergendoci sia nella più remota fase della coscienza umana, sia nell’accezione eminentemente post-modernista, diremo soltanto che questo tipo di Iniziazione, distaccata in qualche modo dall’ortodossia, è pur sempre esistita nonostante la sua rappresentazione sia piuttosto tarda. Inoltre, la complessa congerie d’influssi psichici che caratterizza la cultura moderna non permette certamente un’interpretazione del tutto patente o univoca; sarebbe follia privare l’umanità anche soltanto di uno solo dei molteplici canali iniziatici che possono condurre gli “Afrad” al Cuore della propria Realizzazione. Si è tentato infatti di ricondurre Al Khidr alla figura di Melqui-Tsedeq, il “Re di Giustizia”, Re di Salem, il “Malik Solem” della Genesi, attraverso tortuose attribuzioni a testi nizariti-ismailiti, come il “Hafi Bab-i-Sayydna” (che conducono perciò a speculazioni “Templari” e rifacentesi al mito del “Re del Mondo”, dell’Agarttha e Shambhala36), mancando tuttavia il bersaglio e avvicinandosi soltanto accademicamente, e non spiritualmente, al Cuore di questo “Iniziatore di Profeti” che fa da Guida perfino a Mosè. Al Khidr e Tom Bombadil sono elementi extra-tradizionali all’interno della Tradizione, senza i quali questo Primigenio Flusso non potrebbe sussistere, sono gli spazi bianchi tra le parole: di ciò avremo ancora modo di discutere. La struttura del Profeta Verde è quella di un’“individualità collettivizzata” (una “struttura destrutturata” quindi), essi sono la manifestazione indistinta eppur reale di un principio dell’inconscio collettivo che desidera fortemente la Salvezza, non in senso storico–religioso, bensì di per sé, per la propria crescita interiore e spirituale. Tom e Al Khidr non sono divinità pantocratiche, non sono né creatori né creature, si muovono semplicemente nel loro ambiente, di cui conoscono l’essenza fondamentale, con la fluidità di un pesce nell’acqua, in ciò riconducendo se stessi al motivo allegorico della salvazione per opera di un individuo non più storico ma eminentemente spirituale e iniziatico, ammantato di un certo docetismo. Essi appaiono all’osservatore esattamente nella misura del loro bisogno spirituale, colmando la lacuna nell’evoluzione animica di coloro con i quali vengono in contatto. Il concetto stesso di “male” è esente dalla loro natura; essi sono però in grado di entrare in empatia con coloro che sono ancora offuscati da una visione duale della realtà, conducendoli verso l’“Unio Mystica” con la Grande Madre, della quale non sono figli ma semplicemente agenti, intermediari tra il mondo di Maya e le sfere più alte della Manifestazione, attraverso il loro potere astrale, ascritto alla Sephira lunare di Yesod, di creare con la volontà dell’Immaginazione

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Agarttha: “l’Inaccessibile”. Il Regno mitico situato al centro della Terra, descritto nel Kalachakra Tantra con il nome di Shambhala, che in Teosofia ne rappresenta il lato spirituale, attraverso il quale i “Raggi” dei Maestri dirigono il corso delle vicende umane. Sul mito del “Re del Mondo” si veda l’omonimo saggio di René Guénon, o le opere di Saint Yves d’Alveydre.

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Trascendentale. Il Tesoro (l’Anello del Potere, l’Acqua di Vita) non ha più alcun potere su di loro, poiché sono essi stessi i tramiti e i canali di un potere superiore. Questo ruolo sociale eppur elitario, iniziatico eppur exoterico rispecchia, soprattutto per quanto riguarda Tom Bombadil, il ruolo del primitivo sciamano. Il gruppo di racconti e di poemi finlandesi che Elias Lönnrot37 riassunse sotto il nome di “Kalevala” era stato per Tolkien una grande fonte d’ispirazione, ed egli stesso lo cita quale proprio riferimento; la figura dell’eroe-sciamano Vainamoinen è molto sovrapponibile a quella di Bombadil, nonostante sia priva della simpatica bonarietà del personaggio tolkeniano. Come Vainamoinen, Bombadil canta per ottenere gli effetti magici di mutamento della realtà circostante; nel poema epico, lo sciamano-eroe compie attraverso il potere della sua voce anche le azioni apparentemente più semplici, come costruire una barca o un’arma, comandare agli spiriti della vegetazione e della terra, senza scivolare però nell’animismo tout court, poiché la temperie culturale in cui il personaggio fu creato si era ormai elevata sopra quello stadio coscienziale. Egli conosce gli scongiuri utili per ogni evenienza ed è in grado di parlare con gli animali; molto spesso lo vediamo impegnato in vere e proprie contese magiche con altri stregoni, dalle quali, uscendone vincitore, apprende nuova scienza. Abbiamo già ricordato come il canto dello Dhikr sia probabilmente il mezzo principale con il quale la comunità Sufi partecipa della “Unio Mystica” con il Divino; oltre all’utilizzo della voce, abbiamo poi la sinergia cinestesica con il ballo, inteso non solo come mero movimento corporeo, ma soprattutto come mezzo per la trance sciamanica, specialmente nella Tariqa Mevlevi38, i cui “Dervisci”, sono ben noti grazie ad una grande quantità di studi e di osservazioni attuali. La danza del Sama’ (in arabo “ascolto) rappresenta il rituale centrale di questo tipo di comunità esoteriche39. Tom Bombadil, tra un ritornello e l’altro, non fa che danzare, saltellare in modo caotico e confuso e spesso, durante una narrazione particolare agli Hobbit, si addormenta: egli va cioè in trance, divenendo mediatore tra il mondo reale e i più arcani misteri delle origini e della Natura. “Canta le lodi di Dio tutto quello che c’è nei cieli e tutto quello che c’è nella terra” – dice il Corano (17:44). Egli è però uno sciamano molto distante dal Vainamoinen del Kalevala: Bombadil si è ritirato nella sua terra, si rifiuta di uscirne, rimanendo nei suoi confini entro i quali nessuno può nuocergli ed ha un potere assoluto. Non viaggia, non combatte, non costruisce armi magiche o aiuta famosi eroi con la sua scienza magica: si distingue dall’eroe del Kalevala proprio per questa sua natura non-civilizzatrice che, per Vainamoinen e i suoi compagni eroi (e talvolta beoni) si

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Elias Lönnrot (1802-1884), medico e filologo finlandese. Esercitando la sua professione viaggiò molto in tutto il territorio finlandese, nonché in Carelia ed Estonia, dove ebbe modo di raccogliere una grande quantità di racconti tramandati oralmente che riuscì poi a riunire nel celebre poema citato nel testo. 38

Confraternita Sufi fondata dal celebre poeta e mistico persiano Jalal al-Din Rumi (1207-1273), nota in occidente con il nome di “Dervisci Rotanti”. 39

Ricordiamo a questo proposito, per quanto concerne l’esoterismo occidentale, la scienza dell’ Euritmia, creata da Rudolf Steiner (1861-1925) e dalla moglie Marie von Sivers. Intesa come “arte del movimento”, ha una grande importanza nell’ambito della pedagogia steineriana (metodo Waldorf) ed ha inoltre varie applicazioni terapeutiche.

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ritorcerà infine contro di loro, quando il cristianesimo occuperà il posto delle antiche terre mitiche e dei loro eroi e oscuri dei, costringendo lo sciamano a partire, poiché il suo tempo è venuto ed egli non appartiene più a questa terra, vicenda simile al definitivo esodo degli Elfi dalla Terra di Mezzo. Tuttavia il canto, nella sua valenza magica, è pur sempre una restrizione, un incanalamento del Soffio (Nafas) nella forma o “stampo” delle lettere; in ciò consiste il suo valore intrinseco di modifica della realtà e di produzione in vari stati ontologici, per non parlare del suo aspetto taumaturgico ben conosciuto dai Sufi, o del suo utilizzo nella magia nera islamica, come narra l’episodio delle Soffianti del Corano, in cui un rabbino, Labid, compì “soffiando sugli undici nodi” fatti in un capello del Profeta, una tremenda maledizione. Al contrario dello stanziale Tom, sciamanicamente parlando, Al Khidr è un viandante, si trova percorrendo la Via. L’esegesi di Bukhari40 narra su di lui un episodio interessante e molto illuminante: “Mosé stava tenendo un sermone, quando uno degli astanti gli chiese chi fosse l’uomo più sapiente tra i presenti. Mosé rispose che era lui stesso, fu quindi rimproverato dall’Altissimo per la sua superbia. Gli rivelò quindi dove trovare colui al quale Egli aveva trasmesso tutta la Sua Sapienza, alla confluenza dei ‘due fiumi’. Mosè non sa come poterlo incontrare e riconoscere, perciò l’Altissimo gli dice di prendere un pesce e di metterlo in un cesto, nel luogo in cui il pesce sarà perso Lui verrà trovato.” – Mosé deve dunque perdere il Tesoro per trovarne uno ancor più eccelso. Il fatto che il pesce sia il simbolo del Cristo non deve stupirci troppo: nonostante gli evidentissimi paradossi temporali, è evidente l’allusione simbolica alla perdita del Profeta Rivelato per ritrovare il Profeta Occulto, il “Muhammad del proprio Cuore”, in questo caso, Al Khidr. Le azioni in seguito compiute da Al Khidr, che Mosè non avrà la pazienza di sopportare né la volontà di comprendere, sono prettamente sciamaniche: egli ricostruisce un muro affinché i due figli del padre deceduto possano trovare il Tesoro seppellito vicino a esso; uccide un uomo colpevole soltanto di avere dei genitori più fedeli di lui, per scongiurare la sventura di una possibile tentazione dei genitori da parte del figlio. Ravvisiamo qui, sebbene contaminati dalla Sunna, dei punti di connessione con alcune pratiche dello Sciamanismo siberiano, nonché con alcuni riti tantrico-lamaisti del Tibet. Il Segreto Iniziatico è per sua natura inesprimibile e incomunicabile; come scrisse Simmel41, “Ogni vero segreto è un segreto vuoto”, poiché in realtà inesistente: è semplicemente specchio della coscienza del Discepolo. Questa particolarità si evince chiaramente nel finale del famoso film di Alejandro Jodorowsky “La Montagna Sacra”. L’Azione, il Segreto e la Parola Perduta coincidono: la Scienza del “vecchio e valoroso” Vainamoinen è quella di Tom Bombadil e di Al Khidr; è la Scienza del Verde, l’Alchimia Spirituale che aiuta ad uscire dalle tenebre del proprio essere apparente. “Queste tenebre,

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Abū ʿAbd Allāh Muhammad ibn Ismāʿīl ibn Ibrāhīm ibn al-Mughīra al-Bukhārī al-Juʿfī (810-870), fu il più autorevole tradizionalista musulmano. La sua opera “al-Jāmiʿ al-Ṣaḥīḥ” (“La sana raccolta”) rappresenta uno dei lavori più corposi della tradizione islamica, dalla quale è tratta la citazione nel testo. 41

Georg Simmel (1858-1918), filosofo e sociologo tedesco.

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dunque, e questo terrore dell’animo, occorre che non i raggi del sole né i dardi lucenti del giorno disperdano, bensì la realtà naturale e la scienza” (Lucrezio). Tom Bombadil, “Il più Anziano”, il Messere, è l’essere più antico che dimori nella Terra di Mezzo (cioè il già citato “Mundus Imaginalis” di Ibn Arabi) e presenta anch’egli le caratteristiche proprie dello sciamano, “il primo uomo”, l’Antenato, il custode della Tradizione dell’intero clan. Oltre alla trance già citata, abbiamo un vero e proprio resoconto, fatto da Tolkien, di una seduta sciamanica eseguita da Tom al cospetto degli Hobbit Frodo, Sam, Merry e Pipino. Durante una lunga narrazione degli eventi della Vecchia Foresta e, più in generale, della Terra di Mezzo agli Hobbit, che ascoltano stupefatti, sembra improvvisamente di aver percorso gli abissi del tempo. “Quando finalmente riuscirono a concentrarsi di nuovo su ciò che diceva il vecchio Tom, scoprirono che aveva percorso molta strada, giungendo in strane regioni al di là della loro memoria e del loro pensiero cosciente, in tempi quando il mondo era più vasto e le acque scorrevano direttamente alla Spiaggia occidentale. E Tom continuava cantando a risalire le epoche, fino all’antica luce stellare, quando solo i padri degli Elfi vegliavano.” Abbiamo qui il motivo classico dello sciamano che, per curare il malato, compie attraverso il canto un’anamnesi verso le epoche più lontane, in modo tale da ricondurre il soggetto all’istante “senza tempo” della cosmogonia, in modo tale che il suo corpo possa essere costruito nuovamente e quindi guarito. Ci troviamo innanzi, senza dubbio, a una comunicazione con stati “sovra-individuali” il cui ordine è soprattutto spirituale, più che semplicemente psichico.

La “Liberazione delle Acque” è un altro tema mitico caro alla tradizione Vedica: le acque primordiali sono infatti tenute prigioniere dal drago Vrtra, che soltanto l’Eroe Indra può sconfiggere affinché cada la pioggia e la siccità possa essere scongiurata; questo motivo si attesta in numerosissime culture tradizionali, troppe per essere elencate. Alla fine dell’Iniziazione che vede implicato, per gli Hobbit, il “Messere” Tom Bombadil, essi fuoriescono dalla Caverna della Nigredo (I “Tumulilande”), grazie all’aiuto che Tom dona loro ancora cantando, sconfiggendo gli Spettri. La connessione tra suono e luce è pressoché un’identificazione completa, come si evince dal “Fiat Lux” principiale; non dimentichiamo inoltre che ogni sciamano prende a modello gli stessi dei, e che Arda fu creata attraverso la musica degli Ainur. Vi sarà inoltre, alla fine di Arda, una “Seconda Musica” degli Ainur, che darà vita a un nuovo mondo, dopo la distruzione della battaglia finale nel “Dagor Dagorath”, la profezia che l’ultima edizione del “Silmarillion” curata dal figlio di Tolkien, Christopher, elimina dall’escatologia. Tale vittoria implica una rinascita per gli Hobbit, simbolizzata dalla perdita dei vecchi vestiti, altro motivo attestato in molteplici mitologie e nell’Ermetismo, con lo “svestirsi della tunica del corpo”, la vecchia vita dissolta dal fuoco, precedente l’Iniziazione che scivola via come un vestito vecchio, lasciando l’uomo nudo in un nuovo mondo, la realtà degli Iniziati, usciti dalla Porta Solstiziale della Caverna Cosmica. Quest’ultimo episodio trova un interessante parallelismo con l’Antro delle Ninfe nel quale Odisseo, di ritorno dal mare e dalle

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sue peregrinazioni, su consiglio di Atena nasconderà i ricchi doni dei Feaci, “bronzo, oro e molte vesti”. Il commento di Porfirio al passo dell’Odissea rappresenta uno dei momenti più alti della letteratura neoplatonica, ricco di simbolismi che, in parte, possono essere riferiti allo studio sui Profeti Verdeggianti. Infatti, sia la parola “Mito” sia la parola “Muto”, hanno la stessa radice “mu” del verbo greco (all’infinito) “muein”, “chiudere la bocca”, “tacere” così ben esplicato iconograficamente dal dio Arpocrate. La Scienza del Verde è, per inciso, la Scienza del Silenzio: il Fanciullo (il Discepolo) nasce da un Fiore di Loto ed esperisce il Silenzio; egli è ora un Santo Iniziatore. Ogni trasmissione cosmica può averlo come tramite: “Cantami, o Musa…” – cioè, “canta attraverso me”, dea del Silenzio. “Chiudi la bocca da questa parte e riaprila dall’altra parte del cosmo, che il tuo canto trionfale risuoni alto nell’Oltrespazio!” (Rumi, “Divan”). Per tornare al mito analizzato da Porfirio, abbiamo già notato che entrambe le figure dei Profeti hanno infatti qualcosa a che fare con il simbolismo della Caverna, così bene esaminato nel celebre commento al passo omerico. Luogo d’iniziazione e di palingenesi per eccellenza, la caverna, il mitreo o comunque ogni luogo sotterraneo è una imago mundi, simbolo del cosmo; le sue pietre umide e oscure sono il simbolo della Hyle, la materia inerte e indifferenziata, la potenzialità assoluta celata nelle tenebre. Vedremo in seguito quale potere abbiano i nostri Profeti su questa oscurità fluida e apparentemente negativa in quanto rappresentante un non-ente, la negazione dell’Essere; soltanto “apparentemente” abbiamo affermato, perché in realtà essa è l’Essere Assoluto, in grado di assumere qualsiasi forma, ricettacolo di ogni influsso modellante proveniente dall’alto. Al luogo di rinascita, pregno come il ventre materno di acque che sgorgano dal sottosuolo, si accede attraversando la Porta degli Uomini, ma si esce dalla Porta degli Dei, simboleggiate dall’orientamento solstiziale (Cancro e Capricorno) di molti templi sacri sotterranei, in cui le Ninfe e Pan, Dioniso e molte altre divinità erano adorati.

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La Quinta Essenza del Verde L’Alchimia vegetale permea continuamente le figure di Bombadil e Al Khidr. Nonostante essi non possano essere paragonati, se non molto vagamente, agli “Spiriti degli Alberi”, poiché questi ultimi sono inevitabilmente votati alla morte e all’uccisione rituale, così come lo “Spirito del Grano”, essi hanno in comune un quid di linfa e essenza che li mette nella posizione di essere i vivificatori del mondo e di coloro che gli si accostano, concetti riassunti nella parola sanscrita “rasa”: l’Albero & l’Elisir della Vita sono due simboli centrali per la comprensione di questi personaggi. Essi sono un “Dono del Cielo”, hanno ricevuto la Scienza Occulta direttamente dall’Altissimo e sono incomparabili per saggezza, poiché ne sono l’ipostasi a livello iniziatico ed esoterico. Due dei più famosi trattati sulla “Quintessenza”, quello attribuito a Raimondo Lullo e quello omonimo di Arnaldo da Villanova42, indicano appunto la “Celidonia” come ingrediente principale per la fabbricazione e la distillazione dell’Elisir, la Quinta Essenza degli Alchimisti. La base terrestre di questo preparato è ovviamente l’Acqua, che assume però nei nostri racconti la duplice nozione metafisica di “Sostanza Indifferenziata” e di “Scienza Divina”, delle quali entrambi i personaggi sono padroni. Quest’Acqua ha un aspetto attivo, vivificatore, e passivo, di potenzialità e sostanza universale, che ci rimandano all’Arké principale nella filosofia di Talete. L’Elisir, l’Essenza Vegetale per eccellenza, è ben personificata sia da Bombadil sia da Al Khidr, poiché è attraverso essi stessi, che sono propriamente l’Albero della Vita, il Pilastro Mediano su cui si reggono le fondamenta della Terra, che questo fluido vivificatore e immaginifico scorre, rendendo coloro che ne vengono a contatto in grado di penetrare in un mondo eterico che permea ogni cosa, dal quale la linearità del “tempo ordinario” è assente, un tempo umbratile che è propriamente l’Anima Mundi degli Ermetici, attraverso la quale è possibile navigare tutti i fiumi interconnessi tra i vari livelli della manifestazione universale. Non un’immanenza del Divino nella Natura quindi, tale concetto è troppo semplice e inadatto al tema; piuttosto, un’“essentificazione” compiuta sugli esseri umani da parte delle Essenze stesse (Haqiqa, la Conoscenza Mistica) che attraverso le ipostatiche Presenze (Hadarat) conduce all’Unio Mystica, nel Sufismo “Marifat” (e “Devequt” nella Cabbala). Quest’azione assume dunque il significato di un Disvelamento Intuitivo (“Post Tenebras Lux”), di una penetrazione nelle realtà, pur intelligibili, che non sono tuttavia palesi alla coscienza ordinaria; è il “Segreto di Dio” (Sirr al-Haqq) che si fonde con il Cuore del Discepolo. Il nome alchemico di Allah, per i Sufi, è Al-Latif,

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Raimondo Lullo (1233-1316), filosofo e teologo catalano. Condusse una vita molto movimentata, all’insegna dell’eccesso, fino alla redenzione che lo porterà a condurre un’esistenza segnata dalla penitenza e dall’attività missionaria. Fu beatificato da papa Pio IX. Arnaldo da Villanova (1240-1312), medico e alchimista catalano. Al pari di Lullo, condusse un’esistenza alquanto agitata, principalmente a causa della censura dell’Inquisizione. Ebbe comunque modo di farsi conoscere, durante la sua vita, dalle corti d’Europa, offrendo i suoi servigi di medico presso alcuni tra i personaggi più illustri della sua epoca.

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cioè “Il Sottile”, ed è proprio questo che Tom Bombadil e Al Khidr divengono: le “essenze sottili” (Latifa) attraverso le quali ogni ente che venga a contatto con esse è sublimato e reso, propriamente, spirituale, cioè la fissazione dello Spirito nel Corpo e viceversa. Tale Alchimia Vegetale ha ovviamente il suo parallelo “minerale” nella creazione della Pietra dei Filosofi, poiché la Scienza elargita alle due figure in questione, nonostante i suoi caratteri essenzialmente iniziatici e spirituali, è pur tuttavia legata sostanzialmente alla terra e al corpo, un “potere seminale” (che vedrà numerosi parallelismi nei Tantra Hindu e Buddhisti43, nonché in alcune eresie gnostiche descritte dai Padri della Chiesa) così come lo attesta Senior nella Turba Philosophorum44: “L’anima loro non viene fuori da questa lapide in un solo momento, ma in molti, e perciò è denominata anime, il fiore dell’anima, il sangue dell’anima, la grandezza dell’anima, e tuttavia è lo spirito vitale che la tira fuori”. Abbiamo dunque un’estrazione dei principi vitali sparsi nell’universo, i trentasei Tattva dello Shivaismo che, descrivendo l’Assoluto (Brahman) rendono extra-ordinaria l’esperienza sensoriale dell’Adepto, suddividendosi in diciotto Kala (“Emissioni”, anche “Secrezioni”) maschili e diciotto femminili che, una volta assunte, ristabiliscono il contatto e l’unione (Yoga) con i Principi Cosmici Universali. Tuttavia, la controparte “minerale” di queste essenze ci porterebbe troppo lontano nel nostro studio, pertanto limitiamoci a questo breve accenno. L’Iniziazione Occulta, parallela a quella “tradizionale” il cui più strenuo difensore fu certamente René Guénon (1886-1951), segue un percorso che si snoda in un tempo-ombra altrettanto parallelo al “tempo ordinario” quanto diverso per natura e attributi, poiché comprende un’essenziale “supersimmetria delle particelle” che lo compongono in grado di moltiplicarne indefinitamente le dimensioni e di abolirne l’unidirezionalità. Nell’universo di Arda, creato dalla fantasia di Tolkien, la differenza è la stessa che corre tra altre due categorie di esseri strettamente connessi con il mondo vegetale, gli Ent (i “Pastori d’Alberi”) e i cosiddetti Ucorni (gli alberi selvaggi, per metà desti e per metà ancora vegetali). Queste due tipologie di esseri rispecchiano simbolicamente la differenza tra ordine e caos ovvero, tra il “Tempo Umbratile”, in cui si svolge l’Iniziazione Occulta elargita da Al Khidr e Tom Bombadil, e il tempo ordinario dell’Iniziazione Tradizionale (svincolandosi perciò dal motto iniziatico “Ordo ab Chaos”) legata dal rapporto Guru/Chela a sua volta connesso a un centro iniziatico la cui antichità corrisponde all’inizio di un Ciclo Cosmico. Questo rapporto svincola dal Patto (Bay’a) ordinario tra maestro e discepolo, che trova, per i Sufi, il suo prototipo nel patto stretto tra Muhammad e i suoi primi Compagni. Nell’ambito di questa Alchimia Vegetale (e spirituale) di cui abbiamo iniziato a comprendere la natura, lo stato iniziatico assunto da coloro che si approssimano ai Maestri Invisibili presenta le stesse caratteristiche “modulari” dell’intelligenza nei vegetali, contrapposte all’intelligenza concentrata in un solo organo, come accade nel caso degli animali superiori, o dell’intelligenza “di

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Per approfondire, si veda il concetto di “Bodhicitta” nel Kalachakratantra. 44

Celebre testo alchemico che si fa risalire in genere al XIII secolo, di provenienza quasi sicuramente araba.

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gruppo” caratteristica degli animali cosiddetti “inferiori”. In questo contesto il sangue, che il celebre passo del Deuteronomio45 consegna alla sacralità per i popoli semitici e caratterizza la loro alimentazione animale, diviene la linfa che comincia a scorrere all’interno dell’organismo una volta assaporata l’Acqua di Vita sgorgante dalla Fonte la cui ubicazione è conosciuta soltanto dai Profeti Occulti che vivono nel Cuore ri-vivificato dell’Uomo, come Tom Bombadil e Al Khidr. Poiché, infatti, “Chi ha reso vivo il suo luogo più interiore vede tutte le cose morte nell’universo vivificate” (Ibn Arabi). L’essenza stessa della vita biologica, intesa in senso universale, è rappresentata in modo eguale da entrambi i Profeti. Essi sono il simbolo vivente della Zoé, indicante nell’antica filosofia greca la vita naturale nel suo insieme, contrapposta a Bios, cioè una forma particolare di vita legata a una qualche specie. Sono i viandanti, i ricercatori più o meno consapevoli, a incontrare lungo il loro cammino il Maestro che li condurrà alla Fonte: nel “Signore degli Anelli” sono gli Hobbit; nella diciottesima Sura coranica è il “Bicorne”, il secondo personaggio misterioso che compare in essa, e che l’esegesi ha sempre individuato in Alessandro il Macedone, colui che si mise in cammino al seguito di Al Khidr alla ricerca della Fonte dell’Eterna Giovinezza, fallendo tuttavia nel tentativo forse perché, come Mosè giunto alla “Confluenza dei Due Mari”, non aveva avuto “abbastanza pazienza” per sopportare le stravaganze del suo occulto Iniziatore. La vicenda del Bicorne e la sua ricerca dell’Acqua Miracolosa trovano inoltre numerosi parallelismi nel ciclo mitico di Gilgamesh e nella tradizione biblica. Nello studio antroposofico inaugurato da Rudolf Steiner (1861-1925) sulle entità spirituali presenti nei regni della Natura, i vegetali possiedono nel mondo fisico soltanto il corpo eterico (oltre, ovviamente, al corpo fisico), mentre il loro corpo astrale si trova più in alto, congiunto nel mondo astrale (Yesod) separato dalla terra (Malkuth) dal “tempo ombra” in cui il Mago può compiere ogni sorta d’incantesimi retroattivi o progressivi, poiché il binario sul quale si muove la sua coscienza sublimata dalla Volontà possiede caratteristiche quantistiche. Tom Bombadil e Al Khidr sembrano comportarsi come esseri animati da una volontà le cui immagini moventi si trovino in una sfera normalmente inaccessibile alla comune esperienza percettiva dell’uomo. Le loro azioni, i loro gesti, hanno il potere di ricongiungere le emanazioni del divino e dell’umano in un regno intermedio (l’Istmo o “Barzah” di Ibn Arabi), la “Terra di Mezzo” la “Confluenza tra i Due Mari”, il Reame degli Iniziati alla linea dei Profeti Occulti, i “senza volto”, i modulari Luther Blissett46 portatori di un’Eterna Primavera, di libertà dai

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"Poiché la vita della carne è nel sangue. Per questo vi ho ordinato di porlo sull'altare per fare l'espiazione per le vostre persone; perché il sangue è quello che fa l'espiazione, per mezzo della vita" (Levitico 17:11). "Guardati assolutamente dal mangiarne il sangue, perché il sangue è la vita, e tu non mangerai la vita insieme con la carne" (Deuteronomio 12:23). 46

Luther Blissett: nome “multiplo” utilizzato da numerosi artisti che negli anni novanta si resero protagonisti di irresistibili beffe ai giornali, pubblicazioni, azioni di sabotaggio tese a demolire il sistema di controllo dei mass media attraverso una “contro guerriglia psichica”. Dalla sezione bolognese del Luther

Blissett project nacque il collettivo di scrittori “Wu Ming”, privo ormai delle connotazioni insurrezionali ed occulte del piano iniziale di sabotaggio della morale comune.

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condizionamenti tradizionali imposti dal Guruparampara e dalla linea ortodossa delle Guide del Mondo. Essi risiedono alla “Soglia”, come ci dice il grande Rumi: “Quindi l’occhio mio è d’altro universo, altra fonte; qui un cosmo, là un cosmo: e io siedo alla Soglia”. Altri profeti giunsero in questo luogo aspaziale, simboleggiato da numerose città mitiche, come Midian (per non parlare della “Via del Mezzo” praticata dal Buddha); “Egli (Mosè) giunse quindi a Midian, v’incontrò le due giovani e attinse per loro acqua dal pozzo, senza chiedere ricompensa” (Cor, 28: 22, 24). Il Profeta è stato iniziato. Ibn Arabi, nei suoi “Castoni della Saggezza” ci ricorda giustamente che questa azione del Profeta è identica a quella compiuta da Al Khidr. In quest’accezione, non sarebbe troppo avventato ascriverli al ruolo Duodecimano di Imam Nascosto, la cui presenza si rivela nell’assenza, conducendo i discepoli verso un’inesorabile anarchia dello spirito, di natura poeticamente rimbaldiana. Un collegamento extra-ordinario alla gerarchia iniziatica per particolarissime personalità che non hanno avuto la possibilità di seguire un Maestro tradizionale. Non è un caso se i più numerosi santuari dedicati ad Al Khidr siano stati eretti dagli Alawiti, il cui Credo, che possiede soltanto le caratteristiche esteriori dell’Islam, rimane tuttavia essenzialmente occulto, impregnato di gnosticismo e neoplatonismo. Anche in Aristotele il pneuma e l’anima pneumatica sono connessi con l’immaginazione (“Phantasia”), che è la potere intermedio tra la percezione e l’intelletto: il contatto con il corporeo, da parte dell’anima, avviene proprio grazie a questa facoltà, senza la quale non potrebbero aver luogo tutte quelle visioni iniziatiche, dominate da figure di Guide, di Demoni e di prove, che sono parte integrante dell’iter che ogni entità deve seguire per divenire Discepolo del Profeta Verde. Tuttavia, per divenire creatrice, l’immaginazione deve sublimare se stessa: non è possibile condurre le anime nella “Terra di Mezzo” senza aver purificato, attraverso il fuoco, le prerogative dell’anima ancora umida e pregna di concetti essenzialmente sensibili, talvolta concupiscenti. Attirata ancora dalla “tunica del corpo”, l’immaginazione deve compiere un altro, definitivo passo per poter anelare alle facoltà divine che possono modellare la materia e finanche crearla ex nihilo. Ai demoni sublunari sono attribuiti i poteri della generazione dei corpi e dell’introduzione di anime in essi; vedremo presto quale incredibile facoltà tale natura doni, nell’ambito delle opere in cui appaiono i Verdi Profeti, a questi mediatori. La Via delle Stelle, che le anime seguono nel loro percorso verso l’involucro carneo, è tradizionalmente la Via Lattea, la via dei morti o degli spiriti, il sentiero iperuranio che collega il mondo degli uomini con quello degli dei, un fascio luminoso che connette due dimensioni e due stati dell’Essere, che immette nel Tempo le anime attraverso il “passaggio lunare” rappresentato dalla stazione nella sfera di Yesod, del corpo astrale e della sfera emotiva, nella quale le immagini generate dal passato Karma formano l’essenza luminosa per introdurla in un involucro umano. Spesso i concetti sono invertiti e le anime scendono dal Sole e risalgono attraverso la Luna, poiché infine entrambi sono considerati, come nei

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Misteri Caldei, “Padroni dell’Iniziazione”, e soprassiedono sia all’ascesa sia alla discesa dell’anima.

Poiché intermediari tra i due mondi, Tom e Khidr risultano essere contemporaneamente all’interno e all’esterno dell’Albero della Vita, potendosi muovere in esso da Kether a Malkuth passando attraverso tutti i Sentieri che collegano le sephiroth, attingendo perfino dall’Ain Soph informazioni sulla Realtà Divina da utilizzarsi in seguito nelle sfere inferiori, vitalizzando la sostanza naturale indifferenziata nel mondo astrale di Yesod in modo da renderla palese alla coscienza dei profani, potendone quindi svelare i segreti più intimi. Com’è noto, l’Albero della Vita aveva una forma diversa prima della Caduta e della famigerata “Rottura dei Vasi”, in quanto la sfera di Malkuth, rappresentante il mondo materiale, non esisteva. Ciò trova senz’altro un parallelismo nella differenziazione tra l’Arda (Universo) “Incorrotta” e l’Arda “Corrotta”, cioè le due diverse manifestazioni del reale prima e dopo la corruzione operata da Melkor 47 nell’immaginario tolkeniano. I “Due Soli”, Daath (ora inabissata e divenuta “Porta dell’Abisso”) e Tiphareth, sono le “Due Lampade” (Illuin e Ormal) la cui distruzione da parte di Morgoth/Melkor da’ vita agli alberi, alla vegetazione e agli animali. I “Due Alberi”, d’Oro e d’Argento, di Valinor completano (se mai ciò sia possibile) questa serie di corrispondenze. Non c’è dubbio dunque, date queste premesse, che entrambi i personaggi rientrino nell’ambito di un “nuovo paradigma” della Magia e dell’Esoterismo in generale, nuovo modello che vide tra i suoi iniziatori il celebre Aleister Crowley seguito dai suoi discepoli. “Osserva! i rituali del tempo antico sono neri. Che quelli maligni siano abbandonati; che quelli buoni siano purgati dal profeta! Allora questa Conoscenza sarà corretta.” Così recita, infatti, il “Liber AL vel Legis” e Tom Bombadil e Al Khidr rientrano perfettamente in questa nuova concezione del mondo sottile. Essi si distanziano, come abbiamo già visto, dalla tradizione “nera” degli dei morenti, Dioniso, Adone, Osiride (il nome egizio di Osiride “Wizr”, ha una significativa assonanza con Khidr, nonostante tutto), per indicare una Via di Rigenerazione prima ignota. Essi sono più simili al “Jack-in-the-Green”, al “Gianni-nel-Verde”, il Re di Maggio, il Portatore della Primavera celebrato nel folklore europeo, piuttosto che allo spirito arboreo che deve essere sacrificato affinché l’inverno possa finire e la terra continuare a germogliare. La Rugiada di Maggio è l’ingrediente simbolico attraverso il quale il mitico Elisir deve essere composto, e i due nostri eroi conoscono non soltanto il momento e il luogo in cui essa può essere trovata (tempo & spazio raffigurati splendidamente dal celebre quadro del Guercino48), ma possono anche condurre il Viandante alla sua preparazione, poiché possiedono questa conoscenza, questa Scienza donata dall’Altissimo.

“O Cuore, fa’ conto d’avere tutte le cose del mondo,

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Il più potente dei Valar, il primo a sfidare Eru il Creatore durante la Musica degli Ainur. 48

Giovanni Francesco Barbieri (1591-1666) detto il Guercino, pittore italiano. L’opera cui si allude è comunemente chiamata “Et in Arcadia Ego”, ed è stata fatta oggetto di numerosissime speculazioni esoteriche.

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Fa’ conto che tutto ti sia giardino delizioso di verde, E tu su quell’erba verde fa’ conto d’esser rugiada

Gocciata colà nella notte, e al sorger dell’alba svanita.” Così il celebre poeta persiano Omar Khayyam (1048-1131) cantava nelle sue notissime “Quartine”. Tuttavia la presenza (Sakinah) dei nostri protagonisti, per quanto apparentemente assurda nelle opere che li descrivono, è comunque affermativa, priva della mesta tristezza associata al culto delle divinità destinate al tramonto, occaso che sfocerà inevitabilmente nel culto della Croce e del Calvario, nonché dell’“ateismo mistico” del condiscepolo di Hasan Ibn Sabbah. Entrambi sono gli Agenti Iniziatori degli “Afrad” i solitari, coloro che vivono nell’anonimato; proprio come gli Hobbit della Contea, dei quali nessuno aveva mai sentito parlare prima delle vicende legate all’Anello del Potere. Nonostante il loro farsi portavoce di una “Nuova Era” nell’ambito dell’Iniziazione Esoterica, tra i due soltanto Tom Bombadil, per le ovvie ragioni culturali, può essere ricollegato al Druidismo e al primitivo culto degli alberi anche se, come abbiamo visto, egli sappia distanziarsene con efficacia. Le differenze geografico-culturali non si fermano, com’è naturale, a questo punto, ma continuano nelle caratteristiche “stanziali” di Tom Bombadil e in quelle “nomadi” di Al Khidr, esemplificative delle primordiali nature rispettivamente ariane e semitiche, che conducono a interessanti considerazioni sullo sviluppo della coscienza nei popoli e nelle razze le quali, tuttavia, sono già state analizzate sufficientemente da Neumann49 (“La Grande Madre”) e dai suoi discepoli perché sia necessario effettuare un’ulteriore digressione. Naturalmente, come Profeta Occulto e Maestro Iniziatore segreto, Al Khidr può possedere il ruolo di “Sacerdote del Fuoco” (Zaotar) designato, pre-islamicamente, dal Libro sacro dello Zoroastrismo, l’Avesta, come Colui che è in grado di accendere il Fuoco del Risveglio nel Cuore del Discepolo. La Rugiada di Maggio, riscaldata dal fuoco, produce la distillazione dell’Elisir, dell’Acqua di Vita di cui soltanto Egli conosce l’ubicazione. In ogni caso, l’eccezionalità di questi personaggi, a livello iniziatico e iniziatore, li pone certamente ai vertici delle gerarchie spirituali. Tuttavia, a ben vedere, l’“irregolarità” che contraddistingue il Profeta Verde nell’ambito della trasmissione iniziatica ortodossa, perciò la sua evidente mancanza di “genealogia esoterica”, unite all’azione auto-iniziatica che pervade necessariamente colui che s’identifica con questa peculiare “forma-dio”, non permettono una classificazione certa: mistici, santi iniziatori, silenti Profeti della Natura… Figure da “Mutus Liber” presenti nei recessi della più remota fase della coscienza umana e cosmica… Certamente, Maestri.

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Erich Neumann (1905-1960) psicologo e psicoanalista tedesco.

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Azoth Lo spirito è presente ovunque nella Natura: un Ricercatore Spirituale può evincere facilmente tale condizione dalla presenza e dalla totale compenetrazione della luce nella materia. La falena che si getta nella fiamma della candela, metafora tanto cara ai Sufi indicante l’annullamento in Allah, non brama tanto la morte quanto la metamorfosi, poiché è stata la luce stessa a causare la complessa serie di mutamenti che l’hanno trasformata da uovo, giacente in un’oscurità ricca di sali, allo splendido essere volante che possiamo ammirare nelle notti stellate o nei pomeriggi d’estate. L’Io degli esseri è Luce, quando si prende consapevolezza di ciò, si arriva al punto iniziatico di poter compenetrare ogni organismo, assumerne la forma persino, proprio come il fascio luminoso proveniente dal Sole rende in grado il nostro organo ricevente di scorgere gli oggetti nella realtà circostante. L’azione vivificante dei Profeti Verdi ha per l’appunto queste caratteristiche, insieme spirituali e fisiche, di un fotismo immaginifico e creatore. Chimicamente, la funzione onnipervadente della luce nella materia è assunta dall’Azoto atmosferico, che occupa gran parte dell’aria che respirano gli esseri viventi. Esso ha la funzione di mantenere e conservare le creature, che in sua mancanza invecchierebbero troppo rapidamente e morirebbero, come nell’eventualità respirassero soltanto ossigeno; i terreni azotati sono favorevoli alla crescita di piante particolarmente utili all’organismo umano e il Sole stesso, per poter esercitare la sua azione vivificante sul nostro organismo, si serve dell’Azoto come suo tramite, il quale diventa un vero e proprio mediatore tra gli influssi celesti e quelli terrestri riceventi. Nella Scienza dello Spirito, di matrice antroposofica, è noto che in tempi primordiali Sole, Terra e Luna non erano separati come lo sono ora, e l’uomo viveva in quelle realtà non con un corpo fisico, ma esistendo nella sua forma animica. L’Azoto terrestre della nostra atmosfera è dunque il residuo di ciò di cui l’uomo viveva nei tempi in cui dimorava su Sole e Luna, rispettivamente acido cianidrico e anidride carbonica; pertanto, quale “mediatore universale” della vita sulla Terra, l’Azoto può essere preso come simbolo di una primordiale nostalgia delle origini, cioè di quando, in tempi antichissimi, le tre forze del Sole, della Luna e della Terra non erano separate tra di esse. In Alchimia, l’Azoth è considerato il Solvente Universale e la “Vera Medicina”, fine ultimo di tutta la Grande Opera; conosciuto anche sotto il nome di Alkaest, il suo simbolo è il caduceo e il suo elemento il Mercurio, che polarizza le due correnti maschile e femminile per sintetizzare la Pietra Filosofale. Non è un caso se molti Maghi e Alchimisti del passato, come Paracelso, diedero all’Azoto un’importanza così rilevante, tanto da scriverne interi trattati; la sua azione è pertanto riconducibile all’opera del Profeta Verde, che porta ogni forma vivente alla sua pienezza, al suo germogliare in uno stato più alto di manifestazione. Condensandosi sulle piante e attratto dalla Magnesia Vegetale, l’Azoth si “sedimenta” in rugiada, quello stesso liquido che sembra essere la base per la

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trasmutazione alchemica, simbolo dell’Acqua di Vita e del Fiume delle Forme attraverso il quale scorre, custodita dal Verde Profeta. La linfa vitale della terra si solidifica nelle piante attraverso la sua assunzione tramite le radici, per poi divenire legno e finalmente germogliare in un’apoteosi di foglie verdi che, a loro volta, spasimeranno verso il cielo per carpirne gli influssi. Nella vita stessa dei vegetali noi possiamo leggere l’intera descrizione dell’azione dello Spirito Vivificante della Natura, così bene evidenziato dalle figure dei Profeti Verdi, che sono sempre strettamente connesse con il mondo delle piante, tanto da non distaccarsene mai. È soltanto quando la linfa terrestre viene assorbita che gli influssi delle stelle e del cosmo possono entrare in sinergia con essa, per dare una forma alla pianta che sta crescendo grazie a questo reciproco rapporto; pertanto, come l’Azoth, il Profeta Verde è Signore della Terra e del Cielo, è mediatore tra questi due principi cosmici ed è colui che è in grado di far sgorgare dall’uno all’altro il Fiume di energie che la Terra necessita per porre in atto gli scambi ciclici attraverso i quali cresce e si rinnova.

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Un fiume di luce che conduce al Trono di Smeraldo La forma ierofanica con la quale lo stato iniziatico, successivo all’assunzione dell’Acqua di Vita, si presenta, è Luce; lo stesso fotismo che i compagni dell’Anello esperiscono alla fine della prova sotto i Tumuli, dopo il confronto con gli Spettri. Ciò ci conduce a discutere delle relazioni tra i nostri due personaggi e l’Orfismo, parallelamente al significato che la Luce Verde possiede nella Teosofia di Sohrawardi, nonché alle implicazioni rosacrociane di tale stato dell’Essere. Tuttavia, non si può intraprendere questa strada senza tenere bene a mente che colui che non sente la propria Voce Interiore è perduto, “Colui che si sottrae al Mio Monito, sarà resuscitato cieco nel Giorno della Resurrezione” (Corano XX, 124). I segnali (Ayat) lungo il Verdecammino non devono essere tralasciati, poiché invero è l’Altissimo ad ammonire: “Ecco, ti giunsero i Nostri Segni e li dimenticasti: alla stessa maniera oggi sei dimenticato” (XX, 126).

Il tema della Luce è descritto in maniera sublime nella nota ventiquattresima Sura del Corano (An-Nur), pregna di altissimi contenuti teologici e spirituali, laddove il fotismo che accompagna la manifestazione del Sacro trova compimento nel noto versetto: “Allah è la luce dei cieli e della terra. La Sua Luce è come quella di una nicchia in cui si trova una lampada, la lampada è in un cristallo, il cristallo è come un astro brillante; il suo combustibile viene da un albero benedetto, un olivo né orientale né occidentale, il cui olio sembra illuminare senza neppure essere toccato dal fuoco. Luce su luce. Allah guida verso la Sua Luce chi vuole Lui e propone agli uomini metafore. Allah è onnisciente.” La direzione polare dell’olivo, che fornisce il misterioso e divino combustibile per la lampada, ci riporta al Cuore che è il Polo dell’Essere, il cui colore, nella Teosofia della Luce, è il Verde di cui è circondato il Trono, meta ultima del viaggio ascensionale il cui principio è l’orientazione polare: “E il Trono era circondato da un arcobaleno simile allo smeraldo” – Apocalisse 4:3. E’ significativo che lo stesso olivo che si trova in presenza della lanterna sia localizzato anche davanti all’Antro delle Ninfe analizzato da Porfirio: “Lampada” e “Caverna” sono legate insieme da un sottile simbolismo cosmico e principiale, all’ombra assiale dell’Olivo della Vittoria.

Le metafore proposte da Allah rendono il Ricercatore spirituale in grado di percepire, attraverso la “Vista del Cuore” o Anahita Chakra, i cosiddetti “concetti tra-gli-spazi” (o dettagli atemporali), nei quali si celano i sentieri che conducono alle stelle attraverso un funambolico percorso che è il raggiungimento del Centro nel Labirinto dell’Essere, affinché possa esservi ricongiunzione con la Soror Spiritualis, la Sophia Aeterna scoperta da Ibn Arabi nelle sue notturne circumambulazioni della Ka’aba.

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Gli “ammassi di tenebre” con la cui descrizione la ventiquattresima Sura del Corano prosegue50, rappresentano l’eliminazione alchemica della feccia dal fondo dell’Athanor, così come accade agli Hobbit usciti dai Tumuli e a coloro che osano seguire Al Khidr nella Cerca dell’Acqua di Vita. Il Profeta Muhammad stesso dovette subire questo processo, dimostrando che ogni ierofania è in realtà un’angelofania: sarà infatti l’arcangelo Gabriele a eliminare dal suo Cuore i residui “grumi di tenebra” affinché egli possa continuare la sua missione.

In effetti, a ben vedere, i nostri due personaggi (e in modo particolare Tom Bombadil) possono essere ricondotti con efficacia al tema dell’“Angelo Custode”, noto nell’ambiente occultistico (soprattutto per opera del mago inglese Aleister Crowley) come Augoeides, di derivazione neoplatonica.

La corporeità umana comprende un elemento materiale e un elemento immateriale, iperfisico; questo corpo radiante, “veicolo della luce”, è ampiamente utilizzato nelle tecniche del Sufismo iraniano ed ha trovato sempre un ampio successo in tutto il panorama dell’Esoterismo in ogni cultura. La fisiologia sottile dell’Uomo deve essere purgata attraverso numerose purificazioni e bagni lustrali, metaforici o reali, durante le stazioni che conducono alla Realizzazione. Ma cosa ci induce a pensare in realtà questo termine greco tecnico, così spesso utilizzato in varie accezioni? Nel nostro caso, forse che il Custode e la Guida rappresentati dalle figure dei Profeti Verdeggianti sono compresi di per sé nel corpo umano, e attendono soltanto di essere risvegliati dalla formula corretta, dall’evocazione barbara che possa irrompere nei più remoti recessi della coscienza. Esso è la “Natura Perfetta” propugnata dal Sufi Sohrawardi, la Rivelazione auto-indotta che emana se stessa dal Cuore del Mago attraverso il risveglio delle sue energie latenti, con complessi rituali o con gli scongiuri adatti. Anche Tom Bombadil conosce queste formule e non esita a rivelarle agli Hobbit, da recitarsi in caso di pericolo: “Oh! Tom Bombadil, Tom Bombadillo! Nell’acqua, bosco e colle, tra il salice e il giunchiglio, con fuoco, sole e luna, ascolta il mio richiamo! Vieni, Tom Bombadil, del tuo aiuto abbisogniamo!” Tom è perciò il Messere che conosce il “Sentiero della Luce”, cioè il concetto (per quanto femminino) di Daena nello Zoroastrismo, poiché è padrone del Fuoco, cioè del Principio Spirituale in grado di connettere la mente dell’uomo alle regioni planetarie più remote, come insegna l’Agni Yoga riconsiderato dai Maestri Invisibili della Teosofia, risalendo la corrente del Fuoco nel mezzo (tra il Sole e la Luna, Deva Yana e Pitri Yana nell’Induismo) e varcando i Cancelli delle Stelle per riportare i segreti del Cosmo a coloro che sono tanto arditi

50 39. “Quanto a coloro che sono miscredenti, le loro opere sono come un miraggio in una piana desertica

che l'assetato scambia per acqua e poi, quando vi giunge, non trova nulla; anzi, nei pressi trova Allah che gli salda il conto. Allah è rapido al conto. 40. Oppure [le loro opere sono paragonabili] a tenebre di un mare profondo, le onde lo coprono, [onde] al di sopra delle quali si ergono [altre] onde, sulle quali vi sono le nuvole. [Ammassi di] tenebre le une sulle altre, dove l'uomo che stende la mano quasi non può vederla. Per colui cui Allah non ha dato la luce, non c'è alcuna luce.”

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da prenderli in considerazione. Anche l’Angelo Custode ha la propria Custode o paredra: Baccador è, per l’appunto, la manifestazione umana della “Soror Spiritualis” senza la quale il potere del Messere rimarrebbe monco. Il nostro studio ci conduce quindi a riconnetterci con l’antica religione dell’Iran, lo Zoroastrismo, nel concetto di Fravashi uno dei più noti temi avestici. Ma è il tema dell’uomo, in tutto il corpus di sensazioni fornite dall’incontro con i due personaggi in questione, a essere di vitale importanza: il “Regno dell’Uomo” rappresenta, nell’opera di Tolkien così come nell’esoterismo islamico (Al Insan al Kamil, l’Uomo “reso Perfetto”), il passaggio da un’Era a un’altra, il mutamento dall’Eone di Osiride e degli Dei Morenti (metaforicamente rappresentato dalla Fuga degli Elfi dalla Terra di Mezzo verso Valinor, le “Terre Immortali”) all’Eone di Horus la cui data umana è da ascriversi all’“Operazione Cairo” condotta da Crowley (1904), durante la quale egli ricevette il celebre Liber Al vel Legis. Il Regno dell’Uomo è il Trono del Cuore, pulsante di Luce Verde, la Visio Smaragdina, la cui orientazione è polare poiché è la stessa Luce di Allah a illuminare il percorso verso il Risveglio della Magia, dei poteri latenti nel Cuore, perché ormai, nella Terra, “Non esiste Dio ma l’Uomo” (Aleister Crowley, “Liber Oz”).

Tuttavia, la “Visione del Trono di Smeraldo” porta con sé, oltre al verde, la sua manifestazione spirituale, che è l’Oro, il colore e la sostanza che ogni essere assume nell’accostarsi alla Pietra Ritrovata o, nella sua versione “vegetale”, all’Elisir. Questi concetti alchemici verranno poi interpretati dalla Massoneria Occidentale come la metafora della Ricostruzione del Tempio e del ritrovamento della Parola Perduta, custodita dai saggi della Tartaria e del Tibet. L’Oro gioca un ruolo fondamentale in una branca della Rosacroce che, nonostante debba essere vista come uno stato di spiritualità raggiunta, piuttosto che come organizzazione segreta formale (come ha fatto giustamente notare Guénon nel suo “Considerazioni sulla Via Iniziatica”), ci condurrà comunque a menzionare proprio un gruppo di Adepti Superiori noti come “Confraternita della Rosa+Croce d’Oro”. Il Circolo, legato a Cristina di Svezia, a Palombara e Santinelli, era in possesso di formule per la fabbricazione dell’Elisir, che sono tuttora oggetto di studio da parte degli esperti, soprattutto in quanto connesse alle misteriose attività del più alto in grado (“Imperator”) di quella setta: il tedesco Federico Gualdi, che H.P. Blavatsky51 designa come il “Maestro Veneziano” e che mette a capo di un Raggio (espressione teosofica che descrive, exotericamente, il campo d’azione di uno degli Insegnanti del Mondo) particolare della Grande Fratellanza Bianca o “Loggia Bianca”. Il compito di quest’ultima è guidare i progressi evolutivi e scientifici dell’umanità secondo i principi e le leggi imposti dalla Gerarchia, il cui centro spirituale è Shambalha. La manifestazione terrena di questa, infine, è l’Agarttha, la nota sede del “Re del Mondo”.

L’esegesi sufica ha spesso connesso, come abbiamo già ricordato, il personaggio di Al Khidr con il Profeta Elia; ciò ci conferma l’identità del

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Helena Petrovna Hahn, meglio nota come Helena Blavatsky (1831 –1891), filosofa e teosofa russa, fondatrice della Società Teosofica. Tra i suoi libri più celebri citiamo “Iside svelata” e “La dottrina segreta”.

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Verdeggiante, così come del suo omologo della Terra di Mezzo, con colui che è preposto alla Grande Opera Ermetica, poiché l’Elia Artista è un motivo chiave nella Tradizione Rosacrociana, è l’Uomo preposto all’Ars Regia, che gioca un ruolo escatologico fondamentale connesso con il Polo, la “Cittadella del Sole” o il Centro del Mondo. Dalla nera Croce della Terra sboccia il rosso Intelletto in forma di Rosa, pronto ad accogliere la Rugiada Celeste, il cui Mistero è custodito dal Verdeggiante Profeta. Afferma infatti il Salmista (33, 2-3): “E’ come olio buono sul capo che scende sulla barba, la barba di Aronne, che scende sull’orlo del suo vestito. È come rugiada del Chermon”. Tale Linfa non può essere mai profanata.

L’Oro, manifestazione spirituale del Verde o, più precisamente, suo effetto per l’immanenza del Principio nella Materia, assume posizioni fondamentali nell’Orfismo, le cui connotazioni vegetali non sono certo da tralasciare. Leggiamo infatti nei Frammenti Orfici: “Troverai sulla sinistra della casa di Ade una fonte, e accanto ad essa un cipresso bianco che si drizza; a questa fonte non avvicinarti troppo. Ne troverai un’altra, dalla palude di Mnemosine, fredda acqua dalla forte corrente; dinnanzi stanno i Custodi. Dì loro: ‘Della Terra sono Figlio e di Urano Stellato, la mia stirpe è dunque celeste; ma questo sapete anche voi. Io sono ardente di sete e muoio, ma datemi, presto, la fredda acqua che scorre impetuosa dalla palude di Mnemosine’. Essi ti daranno da bere dalla fonte divina, e allora insieme con altri eroi tu salirai in alto…” Abbiamo qui riassunti, in questo brano di grande poesia orfica, tutti i temi trattati: la Fonte cui soltanto Al Khidr (o chi come lui è un Profeta Occulto) può condurre. L’Uomo, ardente per la Ricerca della Conoscenza Divina. La Casa di Ade, cioè la Foresta o Caverna Cosmica la cui prova l’iniziando deve sostenere. L’Oro, nella sua forma acquea, il cui equivalente minerale è la Pietra. Il tema dell’Albero Cosmico, simbolo di orientamento polare verso il Cuore, nonché il “Ricordo di Dio” (Mnemosine), tema molto caro alla letteratura Sufi, indicante l’anamnesi (in parte frutto dell’estasi indotta dal Dhikr e da altre pratiche esicastiche) verso l’Origine (ab origine). La Reintegrazione nello stato primordiale, prima della divisione dell’Androgino Cosmico e della “separazione dei cieli dalla terra”. Infine, l’ascensione dell’Uomo di Luce, del “Testimone del Cielo”, altro motivo molto ricorrente nel Sufismo iraniano. Nonostante, nel Sufismo in generale, non vi sia spazio per un “catenoteismo” che indichi una successione di divinità regnanti, poiché ciò ci condurrebbe inesorabilmente al politeismo aberrato, in linea di massima, da quasi tutto l’Islam, non c’è dubbio che la successione di tutte le ierofanie fin qui citate abbia una “Guida Occulta”, una misteriosa regia. Una creatura, d’ordine sovrannaturale eppur ben impiantata nel reame degli uomini, che muova i fili dei progressi evolutivi dell’essere umano che si sia dedicato alla Ricerca del suo Essere. Noi individuiamo tali Profeti Occulti nelle figure di personaggi come Tom Bombadil e Al Khidr, “eminenze verdi” che custodiscono la fondamentale spiritualizzazione dell’Uomo. Il loro Oro, la loro “Luce Verde”, sono contenuti nella Coppa di Babalon, colma delle secrezioni (Kala) della Grande Dea, l’unica vera Signora di Arda e matrice di ogni Soror Spiritualis: in quel liquido che il viandante della Terra di Mezzo, colui che

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cerca la Confluenza tra i Due Mari, beve, è contenuta l’essenza della ierofania. Essa contiene la stessa divinità suprema, Phanes, cioè la Luce Creatrice della Manifestazione; è il famoso “ciceone” dei Misteri Greci che Baubo offre a Demetra e che ella accetta dopo che entrambi hanno scoperto i loro attributi sessuali, in modo tale da indicare la Via verso il Maithuna, la “copula sacra” del Tantrismo. “Così dicendo, ella sollevò il peplo, e mostrò tutta la matrice, parte non conveniente: era fanciullo Iacco, e si precipitò, ridendo, con la mano sotto il grembo di Baubo. Sorrise la Dea, sorrise entro il suo cuore, e accettò la tazza variopinta che conteneva la Bevanda”. La caratteristica dell’acqua, infatti, è di prendere il colore del recipiente che la contiene, senza alterare in nulla la sua essenza. “Come una cerva anela ai corsi d’acqua, così la mia anima anela a te, o Dio. La mia anima ha sete di Dio, del Dio che vive” (Salmo 84,3). Bevendo dalla “Fontana di Luce”, l’Oro e il Sole, il Discepolo diviene il Vivificatore, il Profeta Verde, Dio stesso.

“Verde è la terra e stanno cantando gli uccelli tra le foglie ameni.

Per molti giorni l’oro dell’aurora verrà questa terra a illuminare

e molti fiori sbocceranno ancora prima che il grano possa maturare.”

(J.R.R. Tolkien, “L’Ultima Nave”, da Le Avventure di Tom Bombadil) Ma anche la manifestazione fisico-spirituale dell’Oro, infine, è destinata a essere dissolta nella Grande Fornace Alchemica: l’Anello del Potere è gettato tra le fiamme del Monte Fato. Il cerchio d’oro rappresenta propriamente la Ruota delle Rinascite, il circolo ininterrotto del Samsara, nel quale un’entità maligna ha tracciato con linee invisibili un incantesimo per imprigionare l’essere umano, un “nodo occulto” di accumulo karmico-tamasico, un segreto che “soltanto il fuoco può svelare” e che soltanto il Profeta Verde può disciogliere, così come l’oggetto materiale che rappresenta questa stregoneria, fuso fortuitamente dall’Hobbit Frodo, guidato però dalle misteriose influenze dei Profeti Verdeggianti.

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Entità multiple extra-tradizionali

Considerando i molti elementi fin qui proposti a favore dell’identificazione tra queste due figure chiave nell’Iniziazione “occulta”, svincolata dalla Silsila o catena dei Maestri Iniziatori “tradizionali”, è necessario analizzare ora i due personaggi dal punto di vista delle loro qualità metafisiche e dell’effetto che queste ultime hanno sul piano strettamente corporeo, nel punto in cui si trova la Confluenza tra i Due Mari o la Terra di Mezzo. Essendo il Profeta Verdeggiante sempre esistente, poiché ha raggiunto la Fonte dell’Acqua di Vita ed ha bevuto da essa, dopo aver attraversato le tenebre intellettuali (che, come abbiamo già fatto notare, precedono lo stato d’iniziale follia che anticipa la manifestazione dei poteri sciamanici) in cui essa è celata, egli si trasmuta alchemicamente e muta la sua sostanza corporea in “Uomo di Luce”. Assurge perciò alla capacità di manifestarsi in più piani di esistenza, mutando ontologicamente la propria individualità profetica secondo il proprio interlocutore o iniziando.

“Egli ha la capacità di manifestarsi in tutti i mondi: in quello spirituale, in quello delle forme archetipiche e in quello corporeo, così come gli è proprio il fatto di manifestarsi simultaneamente in molteplici luoghi” (Al-Qaysari). I Siddhi Indù si comportano nella stessa maniera e la “Polvere di Proiezione” alchemica ha permesso, nel corso dei secoli, a molti Adepti di mettere in atto simili miracoli. Egli può dunque porgere soccorso a coloro che stanno annegando o, come ci ricorda ancora Al-Qaysari 52nel suo “Tahqiq Ma’ al-Hayyat fi Kasf Asrar al-Zulumat” (“La Conquista dell’Acqua di Vita nello svelamento dei segreti delle Tenebre”), è in grado di portare “salvazione a coloro che stanno per essere annientati, il perfezionamento di coloro che sono imperfetti, la direzione di coloro che lo domandano e la guida a coloro che sono smarriti sia nelle vie dei significati sottili, sia nei cammini del dominio sensoriale.” Ebbene, da questa descrizione del grande Sufi (discepolo della scuola Akbariana), si evince con molta chiarezza non soltanto in quale poliedrico statuto ontologico sia penetrato colui che diviene, al culmine della sua Iniziazione, un vero e proprio “Profeta Occulto”, ma anche come tali tratti si addicano perfettamente al personaggio di Tom Bombadil nel romanzo di Tolkien, consentendoci di fare alcune utili considerazioni. È naturalmente vero che Tom compie questi e altri atti salvifici nel racconto, guidando e salvando i Viandanti, consigliandoli e istruendoli (con un metodo di certo imperscrutabile); ma la nostra analisi non può certamente fermarci a questo punto, poiché non renderebbe merito al nostro scopo ardito. Immaginiamo dunque che Tom Bombadil/Al Khidr si manifesti più volte, all’interno dell’opera tolkeniana, non semplicemente nel breve segmento in cui gli Hobbit si sono smarriti nella Vecchia Foresta e nell’episodio (altamente allegorico) dei Tumulilande. Se i suoi stati spirituali sono gli stessi che la Tradizione Sufi attribuisce al Khidr, non dobbiamo forse supporre che egli, avendo raggiunto uno stato ontologico superiore a quello della formale categorizzazione 52

Sharaf al-din Dawūd al-Qayṣarī (1260-1350), mistico Sufi e filosofo turco.

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dell’Essere, si manifesti ancora, sotto le spoglie di vari altri personaggi che, nel romanzo, hanno tutti le caratteristiche di guida, di salvatore, di consigliere, di “Santo Iniziatore”? Nel corpus letterario di Tolkien ci sono diverse leggende riguardanti quegli Hobbit che venivano presi dalla “follia del vagabondaggio”, e che quando ritornavano in patria erano divenuti strani e taciturni, degli Afrad in cerca del Profeta Verde.

“Limite alcuno non ha questo nostro deserto, pace alcuna non ha questo cuore mio, quest’anima. Universi su universi han preso immagine e forma: quale dunque di queste immagini è l’immagine nostra?” (Gialal ad-Din Rumi, Divan). Passato agli stati sovra-individuali, oltre nama-rupa, egli è divenuto con-dividuale. Lasciamo al Lettore appassionato dell’opera tolkeniana il compito di certificare queste attribuzioni, tenendo presente che (secondo la tradizione islamica), essendo il Khidr in grado di manifestarsi “nella totalità dei mondi” e con corpi di volta in volta adattati ai bisogni di coloro che non possono (o non vogliono) accostarsi a un Maestro Tradizionale, lo stesso Bombadil potrebbe manifestarsi nella Terra di Mezzo attraverso molte altre ipostasi. Una sorta di “Gilgul” in vita, metempsicosi cabalistica possibile soltanto a coloro che sono passati oltre il nome e la forma, secondo diversi stadi di perfezione, o ancor meglio un “Dibbuq” o impregnamento di un corpo vivo da parte di uno spirito. Nel Tibet pre-buddhista si trovano simili spiriti, chiamati Kuei, la cui natura bizzarra e malevola però poco si addice ai nostri Eroi. La ricomposizione del Sacro Nome Segreto di Dio rende possibile l’Unione con la Presenza Divina, attraverso la molteplicità delle sue forme. Ricordiamo, inoltre, che uno dei personaggi principali del libro, Gandalf lo Stregone, una volta cessata la Guerra dell’Anello e sulla via del ritorno verso la Contea, si fermerà proprio, prima di partecipare all’ultimo viaggio verso Valinor con gli Ultimi Custodi degli Anelli, a conversare con Tom Bombadil nel suo regno boscoso, lasciando gli Hobbit, ormai iniziati, a risolvere gli ultimi strascichi che la Guerra dell’Era ormai terminata aveva condotto fin nel loro paese natale. Non dimentichiamo anche che lo Stregone, lungo il Verdecammino, incontrerà il suo omologo Radagast, maestro nella mutazione delle forme e dei colori, nonché conoscitore dei linguaggi di tutte le creature viventi, altro interessante esempio di “Agente Vivificatore” della Natura. L’Elfo Glorfindel, che compare sia nel “Silmarillion” sia ne “Il Signore degli Anelli”, inesplicabilmente reincarnato dopo la morte, aggiunge una prova a queste ipotesi; inoltre, i misteriosi “Stregoni Blu” venuti nella Terra Di Mezzo insieme agli altri Ishtari ma che viaggiarono nelle Terre Orientali, senza prendere parte alle vicende del romanzo (se non evitando, come Tolkien stesso ipotizza, che le popolazioni orientali si alleassero con Sauron), ci possono far comprendere come la Storia del Mondo sia creata anche da Agenti completamente in incognito, “ombre di cui le cronache non parleranno53”. Infine sappiamo che la Vecchia Foresta in cui dimora Tom Bombadil, era un tempo un tutt’uno con il bosco di Fangorn degli Ent; questi luoghi boschivi, iniziatici e pericolosi nello stesso tempo sono gli “ultimi bastioni” rimasti dalle Ere Remote, 53

Luther Blissett, “Q”, 1999.

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pertanto gli esseri che vi dimorano sono strettamente legati tra di essi. Ciò vale naturalmente anche per il grande Bosco Atro e i suoi abitanti, malvagi o benevoli, o per la Foresta Druadana con i suoi “Uomini Selvaggi”. Con le parole di Tom, Tolkien ci spiega che, nella Vecchia Foresta, “vivevano ancora, invecchiando insieme alle brulle colline, i padri dei padri degli alberi, memori dei tempi in cui erano ancora loro i signori”. Sappiamo che gli Ent si trovano nella “foresta gemella” di Fangorn e che, come spiegano a Pipino e Merry che li incontrano, cercano incessantemente le Entesse, le loro femmine, da cui si separarono molto tempo addietro. Pur tacendo sull’argomento Tolkien ci fa sottilmente comprendere che le Entesse si trovano nella Vecchia Foresta, separate dalla loro controparte maschile, nel tema classico della “divisione dei sessi” che è anche un motivo mitico (e metafisico) importantissimo per quanto concerne la cosmogonia e l’Androgino Primordiale. La separazione dall’Unità dei Primordi e la successiva “nostalgia delle origini” trovano un parallelismo nella distruzione dell’organismo naturale, il quale viene percepito come caos da ordinare, il buio che regna tra le fronde degli alberi deve essere rischiarato dalla luce del sole, le vie devono essere spianate agli Uomini.

Partiti gli ultimi Custodi chi rimane? Gli Uomini, certamente, poiché la Quarta Era è la loro; tuttavia, nascosto nel buio della Vecchia Foresta, Custode della Fonte, resta anche il Profeta Verde, il Santo Iniziatore, pronto a fornire il suo bizzarro aiuto a coloro che hanno la ventura di capitare nel suo regno, “ultimo come fu il primo”. Lo accosteremo di sfuggita ad altre leggende iniziatiche, come ad esempio quella di Christian Rosenkreutz: sebbene anche i Profeti Verdeggianti possano essere visti come entità collettive (così ben messe “in opera” da progetti come “Luther Blissett”), come un “Collegio degli Invisibili”, la loro natura precede l’istituzione, dal punto di vista evolutivo, della cultura stessa e quindi del tempo lineare o storico. Perciò, qualsiasi attribuzione storica o personificazione simbolica risulta inevitabilmente riduttiva. Di colui che ha raggiunto l’Identità Suprema o la fine di ogni identificazione rimangono le opere, non certo il nome o gli scritti poiché, come il Sufi o il Rosacroce, la dissoluzione delle, seppur molteplici, identità umane è indispensabile al passaggio a uno stato sovra-individuale.

Sempre restando nell’ambito di questa concezione multipla dei nostri personaggi, dobbiamo ricordare per amore di chiarezza che ai Druidi era attribuito il potere di mutare gli alberi in guerrieri e mandarli a combattere. Ciò rappresenta, almeno nel “Signore degli Anelli”, una rivelazione che merita ogni attenzione poiché il ben noto episodio degli Ent che distruggono Isengard e il potere di Saruman si presta molto bene a questa interpretazione. È ben vero che è lo stesso Barbalbero a riferire agli Hobbit che furono gli Elfi a cominciare a parlare con gli alberi e a risvegliarli dal loro torpore, ma Bombadil, come abbiamo già ricordato, è pur sempre “Il più Antico e senza Padre”; egli precede pertanto, nell’ambito di una cosmogonia immanentista, il ruolo giocato dagli Elfi nella Terra di Mezzo. A questo proposito sarà forse utile ricordare il poema gallese intitolato “Cad Goddeu”, cioè “La Battaglia degli Alberi”, dove il leggendario Mago Gwydion anima gli alberi di

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una foresta per combattere il Gigante Bran. L’interpretazione di Robert Graves54 ne “La Dea Bianca” è estremamente interessante, poiché attribuisce a ogni specie d’albero una lettera dell’alfabeto ogamico. Ancor più interessante è proprio l’incipit del poema, almeno per il nostro studio, poiché recita così: “Sono stato in molte forme, prima di conseguirne una congeniale”. Come abbiamo già affermato, è bene lasciare ai lettori di Tolkien la responsabilità di attribuire a Tom Bombadil un tale potere, che abbiamo visto essere anche una caratteristica metafisica peculiare di Al Khidr, e che ne fa un perfetto “Agente dell’Eone” in cui sono narrate le vicende che scuotono e mutano la percezione dello spirituale dell’umanità intera. È noto che per i tradizionalisti le fasi finali del Kali Yuga sono contraddistinte dalla fine di ogni gerarchia e dal miscuglio di caste e razze; per ritornare ciclicamente all’Età dell’Oro, tuttavia, è pur sempre necessario un “raddrizzamento finale” che riconnetta in senso ascensionale al seme di un nuovo ciclo cosmico. La cosiddetta “inversione dei poli” ha per l’appunto questo significato, e soltanto coloro che sono designati a essere degli Agenti Vivificanti sono in grado di mettere in moto questo complesso ingranaggio universale. Tuttavia, la Tradizione Primordiale è, per definizione, essa stessa gerarchica; perciò le figure dei nostri Profeti Verdi, poiché mete accessibili a tutti in senso certamente egualitario, possono a pieno titolo essere considerate anti-tradizionali, o almeno “para” tradizionali, senza accendere polemiche che potrebbero innescare l’ira esplosiva di studiosi più tradizionalisti. È certo che alcune caratteristiche del Kali Yuga e del Satya Yuga, mutatis mutandis, coincidano. Quello dell’accettazione della Tradizione rimane comunque un problema sempre attuale, soprattutto in epoche in cui il conservatorismo torna a brillare di una dubbia luce, poiché per molti questo concetto primordiale è completamente inconciliabile con quello di libertà, e non è stato certo il cosiddetto “libero arbitrio” a esaurire questo importante quesito. Troppe figure, nel corso della “storia occulta” dell’Iniziazione hanno assunto le caratteristiche extra-tradizionali che tentiamo di attribuire al Profeta Verdeggiante. Per inciso, è bene segnalare anche la presenza di una tale figura-chiave in alcuni Vangeli Gnostici. Ad esempio, per quanto concerne il lato più propriamente “umano” della vicenda, in quello detto “di Giuda55”, nel quale l’anonimo autore dona un’interpretazione del famoso tradimento del tutto innovativa, considerando l’Apostolo non più come lo spregevole “venditore del suo stesso Padre”, ma come il mezzo stesso tramite il quale Gesù si auto-immola, per porre in atto il suo piano eonico, connesso ovviamente alla lunga serie delle divinità morenti e al loro sacrificio cosmogonico, di presunta “palingenesi universale”. Dal momento che, almeno per quanto riguarda i nostri Profeti Verdi, abbiamo preso le distanze da qualsiasi concezione prettamente decadente, collegata con il particolare ciclo cosmico in cui essi si sono 54

Robert von Ranke Graves (1895 –1985), poeta, saggista e romanziere britannico. 55

Il cosiddetto “Vangelo di Giuda” , in lingua copta, è stato ritrovato in una grotta a Minya in Egitto nel 1978 e restaurato a partire dal 2001. Il testo, eminentemente gnostico, potrebbe essere collegato alle dottrine dei Cainiti e dei Seziani, nonché agli insegnamenti di Basilide. Rivoluzionario in molti sensi per quanto concerne le figure-chiave del “dramma del Golgotha”, il testo fu implicitamente condannato in un’omelia da papa Benedetto XVI.

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trovati (tra gli altri) ad agire, possiamo affermare che, in quest’ottica, il “tradito” è certamente divenuto Il Traditore. Nonostante ciò, il ruolo propriamente storico (per quanto occulto) del Profeta Verdeggiante e delle sue ipostasi non può assolutamente non essere preso in considerazione, soprattutto dal punto di vista della sua azione non connessa con una particolare organizzazione iniziatica.

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Al centro o fuori del cerchio? È ora da esaminare attentamente la natura delle azioni compiute dai nostri due personaggi i quali, pur essendo Guide Iniziatiche, sono nondimeno guidati da forze di origine eminentemente sovramondana. Non elencheremo ancora le gesta di Tom Bombadil nel “Signore degli Anelli” e di Al Khidr nel Corano, ma ci limiteremo a fornire alcune delucidazioni sulle descrizioni che, nei due testi, rispettivamente Tolkien e Allah stesso ne donano. Ecco dunque che nel romanzo, con la sua capacità descrittiva che talvolta appare addirittura icastica, il professore inglese narra minimalisticamente ogni dettaglio dei movimenti, dei balli, dei canti e dei saltelli del nostro eroe, come se egli fosse attraversato da un’energia ignota, un flusso verdeggiante che lo rende in grado di compiere qualsiasi miracolo con una naturalezza e un’armonia disarmanti. Ricordiamo che l’Anello del Potere non ha su di lui effetto alcuno e che egli, come uno sciamano, è in grado di guarire con il potere della voce e del canto, così come di farsi obbedire dai regni animale e vegetale. Ugualmente, nell’Al-Kitab, il Khidr afferma (XVIII, 82) “Io non l’ho fatto di mia iniziativa”, dopo aver dato a Mosè spiegazione delle sue azioni apparentemente insondabili, poiché è Allah che agisce attraverso di lui. In entrambe le figure non esiste barriera tra la coscienza divina e quella umana, la Terra di Mezzo o la Confluenza tra i Due Mari è stata raggiunta. Entrambi sono giunti nell’Istmo (il già citato “Barzah”, concetto chiave nel Sufismo di Ibn Arabi), cioè sono divenuti mediatori tra il mondo divino e quello umano, perciò la Natura o “Eru Iluvatar” (nel caso di Tom Bombadil) o Allah stesso (per il Khidr) agiscono direttamente attraverso i loro tramiti umani che, come Giano Bifronte, sono in grado di guardare contemporaneamente in due direzioni. Tom Bombadil è la Terra di Mezzo; Al Khidr è la Confluenza tra i Due Mari. Poiché entrambi si trovano nel Polo e sono il Polo (al-Qutb) non danno nessun conto delle loro azioni, sono gli atti stessi a ruotare intorno a loro. Essi sono il “Mozzo della Ruota”, per utilizzare un’espressione taoistica, e l’interezza della Manifestazione circola intorno alla loro centrale figura, che è anche quella del Volgitore di Ruota o “Chakravartin”, poiché, come abbiamo visto, data la pluralità dei loro stati di manifestazione, sono in realtà loro i gradi fattori degli eventi dell’umanità, profeti occultati sotto una molteplicità di volti diversi. Il simbolismo di Giano, Signore delle Porte (Ianua) e del Tempo, si confà perfettamente alle caratteristiche appena mostrate. I due volti di Giano guardano rispettivamente al passato e al futuro, ed è soltanto il terzo volto, quello che osserva il presente, a essere invisibile. Giano è divinità iniziatica per eccellenza, signore dei passaggi e delle transizioni, cioè delle trans-formazioni, del passaggio aldilà della forma; è in questo stato che il presente, pur solitamente invisibile e inafferrabile, può essere colto, divenendo l’Unica Realtà. Ecco dunque spiegata l’imperscrutabilità delle azioni di Tom e del Khidr: il male non esiste se non quando esso è visto dal profano isolato da un contesto universale; in quest’ambito, non soltanto azioni apparentemente indecorose assumono un significato profondo, ma

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concorrono all’armonia del Tutto. L’Anarchico e il Monarca si sono riuniti in un’unica figura: “L’anarco-re è ora rinato come singola unità; ognuno di noi è il monarca della nostra carne, delle nostre creazioni e di quant’altro possiamo agguantare e tenere” (Hakim Bey56). I significati sottili possono essere compresi da coloro che si accostano a queste figure, in modo tale che i loro stessi centri energetici (“Latifa”) comincino a funzionare eliminando ogni barriera dicotomica tra il mondo dell’Unità Essenziale e la Coscienza Umana. In questo contesto, Tom Bombadil e Al Khidr assurgono alla stessa funzione di Krishna nella Baghavad Gita, laddove l’Avatara di Vishnu consiglia al Principe Arjuna di fare strage dei suoi nemici senza tener il minimo conto dei frutti delle sue azioni, cogliendo così l’occasione per imprimere nella mente dell’umanità un insegnamento basilare, il Karma Yoga, solo metodo per coloro che vogliono rimanere nel mondo di agire senza riportare ferite karmiche conducenti a nuove incarnazioni e, infine, al Samsara.

Nonostante sia Al Khidr sia Tom Bombadil possano essere considerati Profeti, come abbiamo già affermato, si noterà che nel presente studio si è sempre avuta una gran cura nell’aggiungere a questo termine l’aggettivo “occulti”, per i motivi che andremo ora a spiegare, e che forniranno le informazioni necessarie a compiere una distinzione tra la loro natura di santi e quella di profeti. In arabo, la parola “santità” (Walaya) procede dal termine “vicinanza” (Wal’a); infatti, il Santo è propriamente colui che è vicino al Vero (Al Haqq) e diviene Profeta nel caso in cui questa manifestazione d’ordine superiore lo insigni della missione di rivelare questa Verità alla quale egli è prossimo, facendone un Inviato (Rasul) delle realtà presenti nei mondi superiori. Pertanto, ogni Profeta è, per forza di cose, anche un Santo, tuttavia non è necessariamente vero il contrario. Nel nostro caso, sia Al Khidr sia Tom Bombadil non pronunciano alcuna rivelazione, limitandosi, come si è già visto, a porre gli Adepti in una serie di situazioni reali che conducono alle “stazioni” (Maqamat) successive dell’Iniziazione. Essi non pronunciano alcuna parola eonica, in senso storico; non fungono cioè da spartiacque tra la fine di un paradigma religioso-ideologico e l’inizio di una nuova era nel rapporto tra la coscienza sovramondana e quella terrestre. Ciò nondimeno, essi possono essere considerati Profeti per quanto concerne la loro capacità rivelante, la quale si manifesta però nel punto più centrale dell’Essere Umano, il nocciolo di luce attraverso il quale la Conoscenza Iniziatica può diffondersi in tutti gli stati di manifestazione. La loro è pertanto una “Guerra Santa Occulta” (Jihad Hafi) contro le tenebre dell’ottundimento intellettuale che impediscono di raggiungere la Fonte dell’Eterna Giovinezza, di rendere l’Uomo “Completo” (Insan al-Kamil); sono in realtà dei Guru capaci di percorrere l’etere sottile (Akasha) fino a giungere a portare il proprio aiuto a chiunque in qualsiasi mondo, affinché il potere discendente

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Pseudonimo di Peter Lamborn Wilson (1945), filosofo anarchico americano. Teorico delle “TAZ” o “Zone Temporaneamente Autonome”, ha vissuto a lungo in Iran dopo essersi accostato al concetto di “monismo panteista” di Ibn Arabi. È stato spesso criticato per l’introduzione nell’anarchismo di dottrine occultistiche, nonché tacciato di “post-modernismo” da altri filosofi anarchici e primitivisti, primo tra tutti John Zerzan.

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dell’oscurità (Tamas) possa essere sconfitto permettendo all’Uomo di ascendere verso le più pure regioni sattviche. Come Profeti, essi sono costretti a seguire le Leggi implicite nella Manifestazione Universale, poiché sono tramiti di quel Principio Divino che ordina la realtà oltre il velo percettivo del non iniziato; come Santi Iniziatori, come “Profeti Occulti” sono però in grado anche di condurre verso l’estinzione (Fana’) nella luce della Verità, attraversando i significati esteriori (Zahir) delle forme verso un più profondo senso interiore (Batin) che, una volta esploso in tutta la sua potenza rivelatrice, ci svela l’enigma intrinseco nei versi di Tolkien nel “Signore degli Anelli”. “La Via prosegue senza fine”, perché non è rimasto alcun Viaggiatore a percorrerla, la Via e il Viandante si sono fusi insieme nella consapevolezza ultima che è il fine del Sufi dopo le sue dolorose peregrinazioni nelle Tenebre Esterne della propria anima. La “non-legiferazione” di Al Khidr e di Tom Bombadil deve pertanto essere considerata come diretta conseguenza della loro natura (“Il Regno di Dio è dentro di voi57”, versetto preso in prestito da molti anarchici cristiani): sono i profeti tradizionali (Mosè, Muhammad, il Cristo, il “Ruggito del Leone” del Buddha Gautama, ecc.) a pronunciare la Parola che contraddistingue una nuova direzione nel flusso di coscienza umano verso la sede del Re del Mondo. Oppure è il nuovo Regno degli Uomini (dominato da Aragorn II Re di Gondor) nella Terra di Mezzo, a stabilire i dettami con i quali si evolverà una nuova Era e una nuova concezione dello spirituale: Tom e Al Khidr sono eterni osservatori, occultati sotto i molteplici volti degli uomini, sono ombre, cui le cronache non sapranno mai attribuire un’identità storica, sono legione poiché esistono soltanto nel momento in cui colui che li cerca li trova spontaneamente nel proprio cuore.

Talvolta, nel corso della “storia dell’esoterismo” (espressione che è palesemente una contraddizione in termini, un problema che forse sarebbe necessario sottoporre a individui come Antoine Faivre58) anche alcuni esseri umani, “Jiva” incarnati e destinati a mutare il corso della pratica magica in un determinato Eone, hanno assunto sfumature simili a quelle dei Profeti Verdeggianti. È questo il caso ad esempio di Austin Osman Spare, l’ormai noto mago e occultista che, in vita, condusse sempre un’esistenza ai limiti di quell’“istmo”, di cui abbiamo già discusso, che separa (solo apparentemente) la realtà fisico-materiale dal mondo dell’immaginazione creatrice. Di lui scrive Roberto Migliussi, suo traduttore in Italia: “Spare è al di fuori di qualsiasi struttura logica considerata dal punto di vista della fondazione di una religione o di un ordine occulto; il suo metodo è quello di proporre che sia il lettore a creare la sua propria strada senza il peso degli altri, spingendolo a immergersi profondamente nel suo sé interiore, con tutte le complicazioni del caso e senza nessun tipo di risposta facile per proprio uso privato, perché la risposta non gli sarà data da nessun culto né da nessuna 57

Luca 17:21 58

Antoine Faivre (1934), storico dell’esoterismo francese e primo ad essere titolare della cattedra omonima. In realtà Faivre è anche collaboratore dell’organizzazione CESNUR fondata da Massimo Introvigne, avvocato miliardario, che ha lo scopo di controllare la nascita di nuove religioni o sette per conto della Chiesa Cattolica.

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religione, o alcun ordine precostituito, ma solo da se stesso” (Vicoli ciechi e punti di rottura, 2013). Ritroviamo qui tutte le caratteristiche auto-iniziatiche che abbiamo già avuto modo di attribuire sia a Tom Bombadil sia, in maggior misura, al Khidr, per il quale “essere suo discepolo e vestirsi del suo mantello”, rappresenta la pura e semplice metafora dell’anima che trova se stessa in se stessa senza l’aiuto di una Guida Esterna, ma soltanto grazie al lampo intuitivo di un improvviso samadhi dovuto al contatto con entità multiple, stocastiche e aleatorie. “Nella mano non ho che vento e sono la polvere della soglia della Tua Porta, sono lo schiavo e il prigioniero della Tua strada. Spero che non mi venderai e mi rivestirai del mantello del tuo favore” (Attar, La Lingua degli Uccelli).

La “Verde Maschera” sotto la quale questi esseri occultano un volto non più esistente poiché estinto (Fana’) è quella del Rex Nemorensis che fornì lo spunto a Frazer per il suo celebre studio, continuato da Graves con la sua “Dea Bianca”. L’Iniziato deve metaforicamente “Uccidere il Re del Lago” e prenderne il posto; in questo modo quella che potremmo chiamare la “catena iniziatica occulta” non avrà mai fine. I Profeti Verdi non esistono, dal punto di vista della realtà oggettiva, bisogna interiorizzarne la forma-dio per poterli “essentificare”. Diventare il Khidr, diventare Tom Bombadil: ecco lo scopo di chi ricerca la Verità senza sottomettersi necessariamente all’autorità di un Maestro riconosciuto dal paradigma magico-religioso dominante nell’era in cui vive. E “diventare”, grazie alla propria “Himma” o Immaginazione Creatrice Assoluta del Sufi, significa creare ex novo, continuamente, l’entità in questione. E, di volta in volta, ogni iniziando dovrà gettarsi nel lago per recuperare il Verde Gioiello caduto dalla Corona del Re; dovrà cogliere il Ramo d’Oro prima di discendere nelle regioni infere. “Flectere si nequeo superos, Acheronta movebo”: “Se non potrò commuovere gli dèi celesti, moverò Acheronte”. (Virgilio, Eneide, VII, 312). Le creature che dimorano nelle regioni ctonie sono pronte a divorare l’anima dell’Adepto, così come gli “Spettri dei Tumuli” in cui s’imbattono Frodo e i suoi compagni. È questa un’immagine efficace del regno del Sitra Ahra, l’“Altra Parte” dell’Albero della Vita emanato dalla sephirah della collera divina, Geburah, in cui dimorano i gusci o “Qliphoth”, rimasugli di un’antica creazione, così come gli Spettri dei Tumuli sono le ombre degli Antichi Re sconfitti, cioè coloro che non hanno saputo superare l’“Abisso di Daath”, il tenebroso Oceano delle Possibilità, rimanendo sulle sue sponde come fantasmi, larve e vampiri assetati del sangue dei viventi. Tuttavia, Tom Bombadil e Al Khidr si liberano dall’ammonimento coranico: “Tu non potrai far udire coloro che sono nelle tombe!” (Cor, 35:22), poiché è proprio grazie al loro sibillino aiuto che i Viandanti possono superare con successo la prova delle Tenebre. La voce di Tom è propriamente la magia che sconfigge l’incantesimo oscuro degli Spettri dei Tumuli. Una volta uscito dalla Caverna Cosmica attraverso la Porta Solstiziale, l’Iniziato è divenuto il medesimo Re che aveva in precedenza salvato: Orfeo deve perdere Euridice per riaverla come soggetto d’ispirazione poetica. Tale ispirazione è in realtà una co-spirazione, poiché l’Iniziato respira lo stesso “Soffio del Misericordioso” (Nafas Rahmani) che soffia sulle acque (“Abbiamo fatto scendere

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acqua dal cielo” – Cor, 23:18), da considerarsi altresì come simbolo di una Scienza discesa dall’alto, sulle quali “si libra il Trono di Dio” (Cor, 11:7).

Il vento che muove le anime verso l’Amore, forza auto-alimentante che crea il tessuto del cosmo, è Borea, cioè un vento del Nord, che proviene dal Polo, dalla Mezzanotte Spirituale che rappresenta il punto d’intersecazione tra il mondo profano e il sacro. Questo stesso soffio, pneuma, vento, è ciò che spalanca le Porte, simboli di transizione per eccellenza; Borea, o il serpente Ofione, feconda attraverso le porte, spesso rappresentate dalle stelle, la Dea della creazione e della materia inerte. Lo stesso principio ofidico, acqueo e contemporaneamente igneo s’inserisce nel contesto iniziatico che il Discepolo deve seguire, onde diventare anch’egli Demiurgo e Creatore, esattamente come la Stella Polare rappresenta il centro intorno al quale il Principio, il Logos, attua l’effetto della sua auto-manifestazione sul Cosmo. Ecco dunque che, ruotando intorno a questo centro, l’Orsa Maggiore descrive la figura precipua del Principio e della sua azione sulla Manifestazione, lo Swastika, simbolo in teosofia di Fohat, cioè il potere dinamizzante del Logos sulla Materia, la Shakti che è insufflata in tutte le creature e che il Discepolo deve ricercare, come particella di Luce, in se stesso e in tutto il Cosmo.

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Autorità e auto-iniziazione Questo tipo di peculiari e non ortodosse iniziazioni, delle quali personaggi come quelli che stiamo studiando si fanno portavoce e Guide, non hanno incontrato nel corso della storia esoterica l’ammirazione e il favore dei circoli magici. Tom Bombadil e Al Khidr sono i simboli letterari, eppur viventi a livello psichico e iniziatico, di un modello di cammino “proletario” e in un certo qual modo anarchico, aperto a tutti indiscriminatamente e privo di legami con un Centro Iniziatico Tradizionale ortodosso. Questo modello auto-iniziatico, nel corso dei secoli, ha incontrato l’ostilità dei puristi della Magia Tradizionale. È il caso della Teosofia e dell’Antroposofia, della Chaos Magick, del Thelema nell’ambito del tradizionalismo della Golden Dawn, o dello Zos Kia Cultus nell’ambito del Thelema. In ambiente magico, ogni iniziazione che preveda un’auto-realizzazione efficace e consapevole, parallela e talvolta perfino superiore a quella tradizionale, è stata sistematicamente osteggiata e perfino sabotata dal Controllo Occulto, quell’organizzazione umbratile che Jacques Bergier59 chiamava “Gli Uomini in Nero”, responsabili della censura su tutto ciò che potrebbe far evolvere la coscienza umana lungo binari non tracciati dai centri di potere tradizionali. Tuttavia, mentre quasi sempre quest’ostilità è comparsa innanzi ad un sistema ben congeniato di pratiche e teorie magico-spirituali, per quanto eterodosse esse siano state, risulta estremamente difficile combattere un’entità puramente eterea, con la quale chiunque, a qualsiasi strato sociale appartenga, può identificarsi e utilizzarla per compiere su se stesso una trasmutazione alchemico-spirituale. Il pericolo insito nell’avversione da parte dell’autorità tradizionalista (la Sunna o chi per essa), che talvolta sfocia anche in reale pericolo di vita per mano del fanatismo, viene altresì addolcito dalla presenza “tradizionale” (per quanto enigmatica) di Al Khidr nel Libro Sacro: egli, pur essendo collegato con il Centro della Tradizione, ne è contemporaneamente slegato, ed è proprio questa caratteristica a fare dei Profeti Verdi un caso unico nella storia dell’esoterismo: il discepolo di questi può seguire un cammino auto-iniziatico personale pur rimanendo all’interno del sistema ideologico-religioso al quale appartiene per scelta, o per cultura tradizionale.

Tale peculiarità, l’essere Discepolo di Al Khidr o seguire le orme di Tom Bombadil nella Vecchia Foresta, designa anche i candidati a questo tipo d’iniziazione proprio grazie alla sua qualità “socialista”; infatti, essendo aperta al cuore di qualsiasi Ricercatore (poiché Tom e Khidr dimorano esclusivamente qui e non altrove), essa rappresenta anche un utile esame di coscienza e di capacità

59 Jakov Michailovič Berger (1912-1978), giornalista, scrittore e ingegnere francese di origine sovietica, autore insieme a Louis Pauwels del best seller “Il Mattino dei Maghi”. L’espressione cui si fa riferimento nel testo è tuttavia tratta dal suo studio “I Libri Maledetti”.

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attitudinale, al quale chiunque può sottoporsi. Seguire il proprio Maestro Interiore, da questo punto di vista, diviene assai più difficoltoso che sottomettersi all’autorità di uno Shaykh o di un Guru riconosciuti, ai comandi dei quali è sufficiente obbedire mettendo in pratica la propria sopportazione e la propria volontà.

La proprietà che cerchiamo qui di attribuire ai nostri Maestri Verdeggianti risiede nel far germogliare e far crescere, all’interno del Cuore del Discepolo, la sensazione dell’essere un “Vagabondo dello Spirito”, una creatura individualista che crea da sé il proprio obiettivo spirituale, senza tener conto della volontà di un potere costituito ma capace, una volta raggiunto il fine prefisso, di aiutare altri esseri umani a raggiungere il proprio. Tom Bombadil e Al Khidr non “esistono” nel senso propriamente metafisico del termine, la loro ontogenesi è relegata alla Volontà Attiva di colui che li prende a modello d’ispirazione, co-spirando insieme a loro per la creazione di un mondo nuovo, nel quale le differenze spirituali e di conseguenza sociali siano definitivamente abbattute. In ciò risiedono la paura e la diffidenza che essi possono provocare all’interno di un sistema sociale-spirituale istituzionalizzato da parte di chi amministra il suddetto ordinamento. I discepoli dei Profeti Verdi si librano sopra la palude stagnante del Dogma e tornano a essere la cascata e il fiume, nonché, naturalmente, la sorgente dalla quale entrambi provengono; diventano essi stessi il proprio “Centro Iniziatico”, senza curarsi delle conseguenze che ciò potrebbe causare all’interno di un sistema prestabilito, certi che buona parte della loro realizzazione consista nella distruzione di tali condizionamenti.

L’unicità alla quale conducono, a livello psicologico e in seguito spirituale, gli insegnamenti auto-indotti della “Via Verde”, ha come corollario la sensazione di non-appartenenza, che si traduce a sua volta in separazione definitiva dai concetti e dalle categorie mentali tipiche dell’essere umano che viva all’interno di una struttura sociale ben radicata e congeniata gerarchicamente. Ci riferiamo alle nozioni di razza, cultura, paese, linguaggio, ideologia e religione; caratteristiche che, da questo punto di vista, invece di innalzare il discepolo alle vette dell’Iniziazione, lo fanno ridiscendere nel mondo fisico-materiale dominato da Nama-Rupa, nome e forma, categorie precipue del condizionamento che conduce al continuo ciclo di morte e rinascita. Il Discepolo del Profeta Verde, pertanto, è colui che è “sua stessa proprietà”, egli appartiene a se stesso e non ad altri fantasmi creati dal controllo sociale-religioso; proprio per questo egli è libero di vagabondare nell’intero universo superando ogni gerarchia spirituale ed esperendone nel proprio cuore ogni caratteristica, onde sublimarla in una Sapienza di Luce che illumini senza distinzione ogni ente.

“L’uomo che contrae un vincolo matrimoniale, che si fa una famiglia, ne resta legato e perciò dà affidamento, offre una presa sicura; la prostituta, invece, no. Il giocatore rischia tutto al gioco, rovina se stesso e altri: nessuna garanzia. Si potrebbero comprendere sotto il nome di ‘vagabondi’ tutti coloro che appaiono, al borghese, sospetti, ostili e pericolosi, giacché egli disdegna ogni tipo di vita vagabonda. E ci sono anche vagabondi dello spirito, ai quali la dimora degli avi

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appare troppo angusta e opprimente per potersene restare tranquilli in quello spazio ristretto: invece di mantenersi entro i limiti di un modo di pensare modesto e di prender per verità intoccabile ciò che a tanti dà conforto e sicurezza, essi oltrepassano tutti i confini della tradizione e vagabondano in strane regioni del pensiero, sollevando critiche irriverenti e dubitando impudentemente di tutto, questi vagabondi stravaganti”. Così Max Stirner esprime, in modo filosofico e pur tuttavia non certo ortodosso, un pensiero molto simile a quello appena formulato sui Profeti Verdeggianti, nella sua monumentale opera “L’Unico e la sua Proprietà”. È certo che, per chiunque si metta su questa via, che abbiamo denominato in onore dei nostri due personaggi il “Verdecammino”, la percezione della realtà e dei meccanismi psicologici e spirituali che la regolano, muti in modo irreversibile, una volta compiuta questa peculiare Iniziazione. Il “Liberato in Vita”, che nelle dottrine Hindu è lo Yogin che abbia superato ogni dualità e ogni velo illusorio steso sul reale, è in grado di esperire il proprio Atman interiore, immanente altresì in ogni manifestazione della Natura, e il Brahman assolutamente trascendente come un’unica entità nella quale fondere il proprio spirito, dissolvendo le proprie caratteristiche prettamente umane e ascendendo (come l’Uomo di Luce nel Sufismo Iraniano) oltre il Brahma Loka, il mondo più alto nella configurazione degli stati spirituali dell’Essere. In questo movimento ascensionale il Liberato in Vita esprime la sua essenza al più alto dei gradi, poiché esperisce la consapevolezza dell’oltre vita, egli si reca “Aldilà dell’Aldilà” ed esce da questo cosmo e dalle Leggi che lo regolano, non essendo più sottoposto a esse.

La figura del Profeta Verde e della sua azione iniziatica, che come abbiamo visto segue un percorso atipico nel panorama dell’esoterismo nel corso della storia, trova numerosi parallelismi nella figura di Aradia, la figlia di Diana e Dea della Stregoneria che, secondo gli studi di Charles Godfrey Leland (1824-1903), sarebbe stata mandata dalla Madre sulla Terra per insegnare ai più poveri e agli oppressi (dall’autorità ecclesiastica e feudale) la Stregoneria, l’Antica Religione, come forma di resistenza sociale alle angherie di un mondo dominato dal potere dell’Impero e della Chiesa. Nonostante la figura di Aradia, e in generale delle divinità di tutta la Stregoneria e del Neopaganesimo, sia connessa con una visione della Terra e del cosmo di origine matriarcale, in opposizione alle antiche cosmogonie maschili che relegarono le antiche divinità femminili a simboli del Caos e del male, il concetto di “resistenza sociale” applicato a una sfera mondana d’iniziazione, si rileva soprattutto nel romanzo di Tolkien. In esso le autorità malvagie alle quali il povero e l’oppresso si ribellano, divengono il Regno dell’Oscurità di Sauron, combattuto da personaggi appartenenti a un mondo semplice e contadino, il cui rapporto con la Natura è ancora molto forte. Pertanto, si può tranquillamente (sebbene con qualche debita riserva) affermare che la “diabolizzazione” dei culti ancestrali di Diana e di Aradia da parte delle autorità cristiane possa essere equiparato alla metafora del male causato da Sauron alla Terra di Mezzo come accusa verso la distruzione indiscriminata della Natura, metafora del resto già reiterata da Tolkien con il

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racconto delle gesta di Saruman il Bianco, e presente nella letteratura sufica con il concetto delle “tenebre ahrimaniche” dalle quali Al Khidr è in grado di salvare il Discepolo. Spesso però il colonizzatore è sedotto dallo stato selvaggio che ha provato a sottomettere e si rifugia in esso, comprendendolo e mettendolo in pratica il più delle volte in modo distorto: questa è la fondamentale confusione regnante nella psiche umana circa i termini “caos”, “libertà”, “ordine”. Questo accade perché il Profeta Verde è la pulsione sensuale-anarchica che i moralizzatori covano e tentano di sopprimere in se stessi e nell’ambiente che li circonda. Se prevale la verde scintilla, se si riesce ad accendere il fuoco del Caos Verde, Prospero diventa Calibano, si diviene selvaggi e ci si denuda, per rivestirsi del mantello di Al Khidr. Le società represse, moraliste e razziste, desiderano segretamente l’erotismo stregonesco e la “nudità sabbatica”. Tuttavia, per considerarsi pure all’interno dei parametri autoimposti, devono proiettare sugli emarginati e sui deboli le loro repressioni, impulsi alienanti e paranoici che solo una “Volontà di Potenza” e una “Potenza come Scomparsa” possono contrastare efficacemente. L’essenza del Mandala è appunto la scomparsa; lì, nella dissoluzione del segno tracciato sulla sabbia, c’è il suo vero potere. Nulla ci impedisce di pensare al Profeta Verde come un “Mandala Psichico” o una Forma-Dio con la quale identificarsi al momento opportuno. Il Nomadismo Psichico diviene qui la “Riunione Segreta” (Tregenda) compiuta in luoghi desolati dalle congreghe stregonesche, il più delle volte in modo completamente virtuale, cioè attraverso il viaggio astrale-psichico compiuto sotto l’effetto di droghe ipnotiche. Il Profeta Verde scompare in un’opera e riappare in un’altra, lasciando dietro di sé una serie d’indizi che l’Afrad, il solitario, il frequentatore dei luoghi desolati, può eventualmente ritrovare. Aghori, Jaina60, i senza-paura, i vincitori, possono tentare la via estrema che consiste nel deviare dall’ortodossia controllata dai poteri dominanti; il segreto iniziatico diviene qui una forma di “democratizzazione dello sciamanismo”, una “magia bassa” in senso orizzontale, che consenta di contrastare le orde della luce ordinatrice. L’élite non è più un sottogruppo dominatore all’interno di un corpo sociale dalle caste ben distinte, ma rappresenta un atto di Volontà e di affrancamento dal potere costituito, che vede nell’allegoria dell’Abbazia di Thelema il suo coronamento. Nel Vangelo di Aradia, Diana, il fratello Lucifero e Aradia stessa sono considerati divinità cosmogoniche, sebbene tale “teologia”, così come la 60

Una delle sette più estreme del mondo, gli Aghorapanthin o Aghori, fondata storicamente da Kina Ram nel XVIII secolo ma il cui Tantra si fa risalire allo stesso Shiva. Tra le loro pratiche lo smashan sadhana, o meditazione nei campi di cremazione, il consumo rituale di carne umana e animale, l’uso del “Kapala” o teschio umano per bere (anche alcool), il cibarsi della propria urina o degli escrementi, il copulare con prostitute durante la fase mestruale e, si dice, talvolta anche con l’animale sacro per eccellenza dell’India, la vacca. Queste abitudini di estrema e quasi insuperabile impurità sono compiute allo scopo di eliminare ogni illusione della Maya e di conseguenza ogni possibile dicotomia, consumando la Shakti in tutti gli esseri. Jaina: religione fondata da Mahavira, che presuppone l’assoluto panpsichismo di tutto il reale. La forma più completa di non violenza basata sulla convinzione che ogni cosa sia dotata di anima e intelligenza. I Jaina praticano quindi forme di ascetismo estreme, di vegetarianismo ai massimi livelli, filtrando l’acqua e spazzando il terreno davanti a loro per evitare di uccidere anche i più piccoli esseri viventi. Alcuni Jaina sono dediti al digiuno estremo, fino alla consunzione completa della vita e la conseguente morte.

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conseguente escatologia, che comprende anche un primitivo concetto di reincarnazione, sia oltremodo semplicistica, adattata, per l’appunto, a un auditorio non particolarmente dotto e, forse proprio per questo, estremamente affascinante, tanto da superare le barriere del tempo e giungere fino ai nostri giorni, sotto l’aspetto del Neopaganesimo, del Druidismo e della cosiddetta “Wicca”. Gli agenti vivificatori della Natura e dell’Uomo, che abbiamo imparato essere i nostri Profeti Verdi, si situano tuttavia a un livello più umano, quasi nella concezione “Daimonica” greca derivante da Socrate, Platone e dalla filosofia successiva. Com’è noto, i Demoni sono considerati come intermediari tra il mondo degli Dei e quello degli Uomini, tra il “Cammino degli Dei”, Deva Yana, e quello dei “Padri”, Pitri Yana, gli antenati, talvolta resuscitati in elementi naturali, nei quali le streghe antiche e moderne credono di potersi reincarnare. Il duplice aspetto della Luna, regno dei morti e luogo di rinascita, cioè di stazione per la discesa delle anime nei corpi, così com’è nell’Ermetismo e nel Neoplatonismo, si addice particolarmente alla figura di un’entità in grado di resistere agli attacchi del male e, contemporaneamente, di condurre il discepolo lungo le vie dell’Iniziazione, siano pure esse quelle della morte, simbolica o reale, di cui lo psicopompo è maestro. Nel Mitraismo, quella duplice polarità si evince nel rapporto Luna-Toro, l’animale le cui corna rappresentano la falce lunare e la cui morte (“Tauroctonia”) è presupposto fondamentale per la creazione del Cosmo. Tale genesi è talvolta vista sotto un aspetto malinconico, come se il dio uccidesse il toro, sopraffacesse le acque primordiali e il Caos, contro la sua volontà. Ciò è rappresentato paleograficamente dai rilievi in cui Mithra volge il capo addolorato all’indietro durante il sacrificio: egli diviene così Dakruon, il “dio che piange segretamente la genesi”. Dal cadavere del toro nasceranno (Bougonia) le api-anime che, tuttavia, non si dedicheranno, come le mosche, a banchetti indicibili, ma creeranno una società retta dall’ordine e dalla giustizia. Tuttavia, se dovessimo tornare a un modello orientale, potremmo sempre paragonare il loro ruolo a quello che ebbe Mithra nell’ambito di un certo Mazdeismo non propriamente ortodosso, con la sua funzione di mediatore tra il Principio del Bene, Ahura Mazdah, e il Principio delle Tenebre e del Male, Ahriman. Questo ruolo atipico, se non altro in un dualismo assoluto quale quello presente nella religione zoroastriana, pone Mithra (il cui nome, sia detto en passant, significa letteralmente “pioggia”) al livello di una divinità quasi demiurgica. Date le considerazioni fatte in precedenza sui nostri Profeti nelle opere in cui compaiono, e in particolare nel romanzo di Tolkien, forse dovremmo iniziare a considerare la loro natura come contemporaneamente umana e divina, sebbene una tale fusione si sia veduta fin troppo spesso nella Tradizione, sia per quanto riguarda i cosiddetti “Eroi” ellenici, sia nell’ambito degli agenti delle rivelazioni profetiche. Facciamo notare, di sfuggita, la personalissima interpretazione che Aleister Crowley diede del nome Baphomet (da lui stesso assunto quale capo dell’O.T.O.), la divinità androgina e mercuriale, il cui simbolismo è strettamente legato alla funzione del Profeta Verde in quanto agente “trasmutatore” della Natura: il Mago inglese sostenne che “BAPHOMIThr” significava letteralmente “Padre di Mithra”. Da quanto affermato

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sopra, possiamo concludere con sufficiente chiarezza che “Il Padre della Pioggia” altri non è che l’Agente Universale, l’Azoth, il Mercurio vivificante, l’Ermafrodito Primordiale che è il Creatore, il Conservatore e, all’occorrenza, il Dissolutore della Natura e della Hyle originaria. La pioggia che lava via le oscurità presenti nel mondo, restituendolo alla primeva armonia e all’iniziale purezza, l’iniziatore di un nuovo Satya Yuga, l’Era della Verità. Un “fertilizzatore universale”, insomma, capace di far sbocciare il Loto dall’oscura terra di Kemi, l’Agente necessario alla “Confluenza dei Due Fiumi”, la Mesopotamia culla della civiltà, la “mezzaluna fertile” strettamente connessa alle divinità di cui sopra si è parlato61. La resistenza occulta agli artifizi del Male, operata attraverso l’accostamento alle forme più eterogenee di Magia, conduce gli adepti a una visione prettamente gnostica del mondo e delle figure che lo governano. Per la maggior parte delle sette gnostiche antinomiste, infatti, il mondo materiale era stato creato da un essere cosmocratore malvagio, il Demiurgo Ialdabaoth, e governato dai suoi Arconti; quindi i sacerdoti e i seguaci delle religioni ormai istituzionalizzate non erano altro che agenti di queste entità il cui scopo era attirare l’uomo sempre più verso il basso, verso la materia e l’oscurità, impedendo il sorgere e l’ascesa del suo Corpo di Luce verso le altezze della Sophia Aeterna. Tom Bombadil contro il Regno di Sauron e Al Khidr contro le astuzie di Iblis, il Diavolo nell’Islam, assumono così le connotazioni salvifiche e, in un certo senso, “cristiche” (seppur in senso occulto) di cui abbiamo già parlato e di cui ancora discuteremo per quanto concerne l’aspetto femminile degli stati di manifestazione in cui i Profeti Verdeggianti hanno il potere di apparire. Aradia, Tom Bombadil, Al Khidr hanno una caratteristica in comune: sono esseri sovrannaturali mandati da una divinità benevola e, tutto sommato, interessata ai destini umani (caratterialmente opposta, quindi, al concetto di “Deus Otiosus”), allo scopo di farlo ascendere, dopo aver attraversato l’oscurità di cui è pregno il mondo materiale, fino alle luminose vette della conoscenza sovrasensibile. Il solo requisito per ottenere questo valido aiuto è avere pazienza, riuscire a penetrare in una visione del mondo apparentemente assurda, nella quale un gesto, un atto o una corrispondenza stranamente dissonante di oggetti e parole causi in realtà un “effetto farfalla” che possa modificare l’assetto del reale, imposto da chi ne detiene i segreti per i suoi fini egoici. Tutto l’apparato della Stregoneria si basa in realtà su una concezione insieme relativistica e stocastica (quindi quantistica) dell’universo, e il curriculum della strega, del caote o del discepolo di un Profeta Verde deve contenere non tanto la filiazione a un Centro Spirituale retto da una gerarchia sacerdotale, quanto la disponibilità mentale a questo tipo di concezioni, le sole che possano abbattere le recinzioni create dall’Ego umano e responsabili dell’Illusione cosmica.

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A queste si dovrebbe aggiungere, per amor di completezza, la “matrice” di tutte, Shaytan, dio degli Yazidi chiamato “Melek-Ta’us”, “Re-Pavone” o “Dio Pavone”, che sopravvive sia nell’attuale e perseguitata religione degli Yazidi sia come Aiwas o Zivo nei più moderni paradigmi magici, la cui analisi esulerebbe però troppo dalla trattazione in corso.

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Ciò rappresenta, se analizzato nell’ambito dell’opera del Profeta Verde, un’azione di conservazione da parte di quest’ultimo che assume connotazioni nuove, dinamiche, connesse non tanto con la preservazione tout court del cosmo da qualsiasi mutamento, sia esso benigno o deleterio, quanto piuttosto con la difesa ad oltranza dell’ininterrotta creazione della Divinità nei confronti del mondo manifestato, da parte delle figure deputate a questo tipo di azione occulta. Esse sono gli Egregorikoi, i “Custodi” dell’ordine naturale, nel quale il mutamento e la perpetua trasformazione alchemica sono impliciti, al fine di garantire la libera ascesa alle varie stazioni che compongono la scala dell’evoluzione e, quindi, dell’Iniziazione. “Sulla terra ho cura di tutte le creature e proteggo ogni gravida lupa gialla e ogni volpe lucente, e la nidiata implume di ogni madre adornata di penne, e tutti quelli che amano i luoghi verdi e la solitudine…” – Così il noto poeta vittoriano Robert Browning (1812-1889) esplica non soltanto la natura, in un certo qual modo simile a quella di Vishnu (sebbene su un piano microcosmico), di Diana, di Aradia e dei Verdeggianti Profeti, ma anche le caratteristiche precipue di coloro che si accostano al loro modello iniziatico, i solitari, gli “Afrad” del Sufismo, onde fare della propria esistenza una creazione senza fine, protetta dalla Luce Verde. La sacralità dell’esistenza degenera a mano a mano che il ciclo cosmico avanza verso l’Età Oscura, il KaliYuga, allontanandosi sempre più dal candore e dall’innocenza degli inizi, dell’Età dell’Oro, il Satya Yuga o “Era della Verità”, nella quale l’uomo non era separato da essa dal velo dell’Illusione. Spetta pertanto ai Custodi della Natura far sì che il ricordo della beatitudine degli inizi non svanisca, almeno come seme nascosto, nella mente degli uomini. Questo corso discendente si evince dalla qualità dei sacrifici in onore delle varie divinità, così come sono compiuti ancor oggi dalle congreghe stregonesche. Inizialmente, infatti, i sacrifici libatori erano compiuti con semplice acqua, simbolo della prima materia indifferenziata da cui originò il cosmo, in seguito con miele e soltanto nel Kali Yuga con il vino dell’ebbrezza e della sfrenatezza bacchiche, che prelude allo smembramento rituale del dio da parte delle sue adoratrici. Questo modello culminerà poi nell’uso smodato dell’assenzio, la “Fata Verde”, nell’Ottocento, la bevanda che ispirò così tanti artisti e intellettuali. Parallelamente all’evoluzione della società umana, i sacrifici primordiali venivano fatti bruciando semplici semi, e soltanto in seguito si passò ai frutti e infine al sacrificio animale, esecrato, soprattutto nella “new wave” del Paganesimo, come indegno dell’adorazione dei principi lunari e femminili. Il sacrificio di Caino e quello di Abele sono paradigmatici in questo contesto, soprattutto se consideriamo che le figure di alcuni figli di Caino, come Enoch, e di Adamo, come Seth, avranno in seguito un grande successo nell’esoterismo e per alcune sette gnostiche. Ogni Era finale di un Manvantara o ciclo cosmico è contraddistinta da “sprazzi di luce”, da correnti ascendenti che sembrano cozzare con i principi (o piuttosto con gli anti-principi) “tamasici” che rendono la materia sempre più pesante e l’uomo legato a essa. È spesso in questi momenti, che Guénon considerava estremamente peculiari delle fasi finali di un’Era di Manu, che l’opera dei Profeti Verdi appare più utile e addirittura necessaria per particolari uomini.

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Fuoco e tenebre La Vita Vera, quella “degna di essere vissuta” e presa in considerazione nel contesto della Manifestazione Universale, è soltanto l’esistenza che si palesa agli Gnostici, agli Uomini Perfetti, “Al-Insan al-Kamil”: questi uomini, Tom Bombadil, Al-Khidr, Elia, Enoch, Mosè ecc. possiedono un grado di esistenza virtualmente accessibile a tutti gli uomini, procedente da una “genesi sovramondana”. Ciò li rende incorruttibili, sia a livello spirituale, sia nel contesto degli elementi corporei che li compongono; sono gli Immortali presenti in ogni tradizione del mondo, aldilà di ogni barriera culturale e geografica. Poiché essi sono la stessa Fonte della Vita, sono in grado di “far risorgere i morti”, perché possiedono la Chiave della Comunione con Dio. Questi “Portatori di un’Eterna Primavera” conducono al piano ontologico universale che è, propriamente, l’unico-vero-sale, il substrato stesso della terra, dal quale essi possono attingere gli archetipi delle energie circolanti nel corpo fisico degli uomini per poterle risvegliare e liberare. “Se il discepolo riesce a fissare lo spirito cristallizzato in mezzo alla Caverna della Forza, e farvi regnare grandissima quiete, qualcosa nasce dal nulla nelle tenebre fitte: appare il Fiore d’Oro del Grande Uno.” Così Lu-Tzu descrive questo raggiungimento nel suo “Trattato del Fiore d’Oro”, testo chiave per la comprensione dell’alchimia taoistica, della “Circolazione della Luce” a essa connessa, che ci riporta al fotismo ierofanico nelle teorie dei Sufi Sohrawardi e Kôbra62. “Il nostro metodo è il metodo dell’Alchimia”, dichiara quest’ultimo – “Si tratta di estrarre l’organismo sottile di Luce dalle montagne sotto cui giace prigioniero”. Luce liberata dalle tenebre della Caverna o della Montagna, sprigionamento della “Vera Vita Perfetta”, della primavera perpetua nel luogo celestiale eppur terrestre (Paradiso Terrestre/Gerusalemme Celeste, cioè conclusione di un ciclo cosmico) che a essa è adibito. Oro che si libera dalla visione del verde imperituro del Trono della Natura, reso accessibile da colui che gli Elfi della Terra di Mezzo chiamano “Il più Antico e senza Padre”, in grado di trasmutare l’esistenza del Viandante e di rendere i suoi occhi accorti agli inganni che si celano nei luoghi tenebrosi in cui la Vera Luce, la Vera Vita è nascosta.

“Non è tutt’oro quel che brilla, né gli erranti son perduti…” - ammonisce Tolkien nella sua opera: infatti, soltanto colui che ha bevuto l’Acqua di Vita, e che quindi si è trovato miracolosamente a posizionarsi nel Polo, nella “Mezzanotte del Nord”, nel “Sole Nero di Abraxas”, divinità gnostica che sostituì Mithra nel computo numerico della Manifestazione Universale, soltanto costui possiede dentro di sé il Fuoco necessario all’evaporazione dell’Acqua e alla sua trasformazione in un’essenza di vita o Elisir portatore della “Prima Vera Vita” nel Discepolo. Tale

62 Najm al-Din Kubrà Abū l-Jannāb Ahmad ibn Najm al-Dīn, detto Kobrà (1145 – 1221) , mistico sufi

persiano. La sua ricerca si concentrò sullo studio dei corpi sottili nell’uomo (Latifa), secondo la Teosofia della Luce del suo Maestro Sohrawardi.

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potere igneo è dovuto al risveglio della settima “Latifa”, essenza sottile il cui colore è naturalmente il verde, “Il Gesù del Tuo Cuore”, la Vista Perfetta dell’Ajna Chakra o il ciuffo tra le sopracciglia del Bodhisattva, in grado di incenerire un universo o di crearne indefiniti. La sostanza eterica di tale potere risiede nella manifestazione fotica dell’Uomo di Luce, come abbiamo già visto, poiché soltanto il progresso attraverso tutte le stazioni della Luce permette allo gnostico di distinguere tra l’acqua “illusoria”, che simbolizza il piano delle rappresentazioni mentali ed emotive, la sfera astrale di Yesod nell’Albero della Vita, e l’Oceano della Gnosi entro il quale si muovono dei soli immersi, bagliori e luci che preannunciano il dilagare della Coscienza Superiore. Pertanto, avendo raggiunto il potere igneo, il Profeta Verde è in grado di scandagliare con esso le profondità, guidando il Discepolo onde fargli evitare inutili illusioni di luce, visioni di acque e porti in cui potrebbe stazionare per un tempo indefinito, perdendo di vista il vero fine della sua Ricerca. Soltanto lo Gnostico, il “Padre di sua Madre” (contraddizione in termini che, sola, può esplicare la genesi di un Profeta Occulto) possiede la Lanterna (quella stessa lampada di cui narra il “Versetto della Luce” coranico) con la quale scandagliare gli infimi recessi della materia, fin nelle sue inaccessibili, subatomiche regioni, onde ritrovare quelle particelle di luce, quei frammenti della vita originaria, che furono perduti durante la cosmogonia, a causa della demiurgica, “tamasica” creazione del mondo fisico. Bisogna pertanto attraversare le Sette Valli della ricerca, dell’amore, della conoscenza, dell’indipendenza, della pura Unità, del terribile stupore e dell’annientamento per poter risorgere aldilà dell’oscura notte dell’anima. “Dal Pesce alla Luna” è necessario abbracciare con un solo sguardo tutta la manifestazione.

Così come le tenebre fisiche e sensibili hanno una struttura meno spessa delle tenebre intellettuali e spirituali, così anche il fuoco che le deve indagare, scandagliare e illuminare, alla Ricerca della misteriosa Roccia sulla quale si trova la Fonte, ha una natura sovramondana (nonostante la Fonte stessa possa avere natura mondana, si vedano ad esempio le “Piscine di Bethesda63”), la sua efficacia e la sua combustione sono d’ordine spirituale. È il Fuoco che è in grado di illuminare il luogo della terra (nella sua accezione “sottile”) dove la luce del sole fisico e della sua controparte spirituale arriva in modo più indiretto: il Polo. È quest’ultimo, grazie alla difficoltà nel raggiungimento e nel raccoglimento della Luce, il luogo della Prova Finale dello Gnostico che si appresti ad ascendere oltre la Vetta della Montagna Polare, verso l’Estinzione nel Soffio del Misericordioso. I Signori della “Mezzanotte Polare” sono in grado di utilizzare il Fuoco, così come insegna la Teosofia di Morya e degli altri Iniziati della “Grande Fratellanza Bianca”, come agente di connessione tra la Terra e i lontani mondi separati nell’universo da incolmabili distanze di conoscenza, tempo e spazio. È questo il cosiddetto “Agni Yoga”, nella sua accezione più moderna; esso rimane tuttavia privilegio proprio di quegli agenti vitalizzanti e vivificanti che abbiamo imparato a riconoscere nelle figure di Tom Bombadil e Al Khidr, Profeti del Verde da cui comincia ogni ricerca 63

Giovanni 5

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altamente spirituale. Il processo di connessione tra i mondi attraverso il fuoco non può essere messo in atto senza la contemporanea ricerca della Fonte celata nelle Tenebre e l’attivazione del “Circuito Luminoso” nel corpo sottile del Discepolo, attività alle quali sono preposti gli anonimi, multiformi ed enigmatici Profeti Occulti, oggetto delle nostre ricerche. Va da sé, le vie d’accesso al Polo Spirituale dell’Essere sono presenti in ogni essere vivente, più o meno occluse da incrostazioni create dalle rappresentazioni mentali “filtrate” dall’immenso alambicco del mondo fenomenico. Tuttavia, questo passaggio o “stazione” che vede implicato il Fuoco Spirituale è ben distante dalla concezione della finale estinzione, dell’annientamento nel fuoco del Volto Divino, specchio oltrepassato il quale il viaggiatore scompare e “La Via prosegue senza fine”. L’estinzione degli atti che affaticano le spalle del Viandante con il loro fardello karmico avviene proprio “bruciando” le radici degli attributi e delle qualità animiche che sono sepolte nel terreno dell’Anima stessa del Discepolo. Chi se non i nostri Eroi, che sono lo stesso spirito insito nell’alchimia vegetale permeante l’intera manifestazione, possono essere adibiti a tale scopo catartico? Ciononostante, le radici in questione si trovano ancorate a un piano ben più sottile del fisico, nel quale soltanto un fuoco spirituale proveniente dall’aura di luce di un essere perfetto può giungere. È un Tempo Ombra, un “futuro passato” quello che il Mago, il Teurgo, l’agente vivificante che possiede la propria casa nelle buie profondità dei boschi, vuole raggiungere: soltanto in questo luogo, attraversato da stocastici flussi quantici di materia eterica, è possibile risalire alle origini stesse della vita e del cosmo, attraverso la materia oscura che lo permea; in tal modo si consegue il Cuore stesso dell’Iniziato, il quale comincia a respirare in sincronia con l’universo stesso, con il “Muhammad del suo Cuore”. In tali regioni, popolate da singolarità fisiche pericolosissime (ricorderemo, di sfuggita, il famoso Balrog di Tolkien, entità appartenente a un mondo antico e sepolto che, risvegliata, funge in realtà come suprema prova iniziatica per Gandalf, prima della sua “Albedizzazione”), buchi neri che minacciano di ingoiare il Viandante ad ogni passo, simboleggiati nella Via Iniziatica dai numerosi mostri, idre, grifoni, Cavalieri Neri che si debbono pur incontrare e sfidare (le “Dodici Fatiche di Ercole” simboleggiano una fase importantissima nell’Alchimia), la Guida per il discepolo non può che essere una creatura che abbia dissolto in sé nome & forma. Un essere che si sia dunque completamente emancipato dalle categorie dell’Essere, in grado pertanto di manifestarsi (e, all’occorrenza, di occultarsi) in tutti i mondi, incluso quello delle singolarità archetipiche. Egli possiede le chiavi delle Porte attraverso le quali passano i sentieri del Giorno e della Notte, la Porta Aitheria che si apre sull’Etere, il confine tra il mondo dello spazio e del tempo e il mondo dell’aspazialità e dell’atemporalità. Ciò, come abbiamo già avuto modo di far notare, accade grazie alle sue qualità assolutamente eccezionali, alla sua natura di “Profeta non legiferante”, di Arpocrate Silente: il dito che egli pone sulla sua bocca fa tacere l’intero universo, poiché il Maestro Incognito è al di fuori della tradizionale catena di Santi Iniziatori, ne rappresenta la falange estrema, coloro che conducono la “Jihad Hafi”, la Guerra Santa Occulta contro le tenebre dell’Illusione.

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Nomi e forme bruciano lungo il sentiero…

Sull’identità di Tom Bombadil sono stati scritti oceani d’inchiostro. Il solo motivo per il quale tale questione non sia stata esaminata per Al Khidr è l’evidenza, data la sua collocazione essenzialmente religioso-spirituale, della sua natura iniziatica ed esoterica. Del personaggio tolkeniano è stato detto di volta in volta che era l’ipostasi stessa del Dio creatore di Arda, Eru Iluvatar; o un Maia, come Sauron, o ancora uno dei Valar, quelle entità divine create dal pensiero immaginifico di Eru. Si è anche discusso molto, considerando che Tolkien non ha lasciato alcuna spiegazione del suo personaggio, sulla possibilità che esso sia una rappresentazione letteraria dello stesso autore, onnisciente, in grado di apparire e scomparire secondo i fini della narrazione, intrecciando perciò la fabula convenientemente alla diegesi dei fatti raccontati. A ben vedere, considerando gli studi fin qui compiuti sulla natura dei Profeti Verdeggianti, quest’ultima ipotesi è senz’altro quella che si adatta di più alla natura soltanto in parte corporea di un Profeta Occulto: esso ha le caratteristiche sia del Discepolo sia del Maestro, laddove il secondo compare e riappare nel Cuore del primo con un’intermittenza non quantificabile che dimostra soltanto la fondamentale ed essenziale coincidenza tra due soggetti apparentemente separati. Il Profeta Verde è “una figura sullo sfondo dell’affresco” (Luther Blissett); tuttavia, senza lo sfondo, i soggetti dell’affresco si troverebbero a galleggiare in uno spazio vuoto, privati del contesto stesso che li fa esistere e sussistere. La caratteristica principale è la capacità di modificare la propria sostanza corporea e spirituale, grazie al già citato raggiungimento dell’Acqua di Vita, in modo tale da poter impersonare qualunque figura all’interno dell’affresco. Le nostre ipotesi circa la natura di Bombadil all’interno del romanzo di Tolkien troverebbero in questo modo una sorprendente conferma poiché, come creatura unica, così come unico è il Creatore, fondata su questa coincidenza ontologica, esso è per forza di cose in grado di manifestarsi a tutti i livelli della fabula cosmica. Non soltanto, è altresì in grado di alterarla, tracciando un intreccio particolare composto di singolarità perfino subatomiche che possano manifestarsi in segni occulti da ritrovarsi lungo la Via Iniziatica. Nei Numenoreani, Eredi di Re in incognito nella Terra di Mezzo, negli Istari o “Stregoni”, negli antichissimi Ent risvegliati dalla Vala Yavanna, la “Dispensatrice di Frutti” o “Regina della Terra”, nello stesso Eru Creatore dell’Universo, in queste e altre forme il Profeta Occulto è in grado di manifestarsi: la sua natura sovramondana l’ha reso in grado di emanciparsi completamente dalla propria identità animica. Egli ha sconfitto Nama-Rupa, nome & forma, è pertanto al di fuori del Samsara e, come Bodhisattva, può decidere o meno di portare il suo aiuto a chi si trovi in difficoltà, fisiche o spirituali, manifestandosi in molteplici mondi, secondo ciò che la situazione richiede. Egli è inoltre colui che decide di rimanere sulla Terra nonostante la sua anima sia pronta per il Nirvana ovvero la “partenza aldilà del mare”; il suo sacrificio è sempre e comunque indirizzato al benessere degli uomini. Ciò spiega in modo definitivo le parole di Gandalf al

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Consiglio di Elrond, laddove Tolkien ci narra delle discussioni riguardo al destino dell’Anello e la misteriosa capacità di Bombadil di resistere al suo potere. Egli in realtà non resiste per niente al potere del Gioiello, né possiede un potere maggiore: attraverso il vuoto creato dall’annientamento, essendo passato oltre lo Specchio nel quale si rivela la propria vera natura, e conseguentemente essa viene distrutta e annientata, egli è divenuto la Verità, capace di manifestarsi in ogni ente e accidente universale. Un talismano creato da esseri che possiedono ancora una propria individualità e soprattutto un’identità non può avere potere su coloro che sono definitivamente passati sul piano della con-dividualità, la multiforme capacità del Proteo Cosmico di assumere le sembianze d’ogni cosa esistente o perfino non manifestata. Il Profeta Verde distrugge i fondamenti della Metafisica Tradizionale sfuggendo a ogni categorizzazione ontologica: manifestarsi nella non-manifestazione implica l’assunto contraddittorio per eccellenza della Metafisica, cioè sostenere che il Non-Essere possa procedere dall’Essere, mentre dovrebbe essere necessariamente vero il contrario. Eppure, è proprio in tale contraddizione che deve essere situata l’esistenza sottile dei protagonisti di questo studio. Il Profeta Occulto è profeta pur senza manifestare verbalmente la propria presenza; è Santo poiché Profeta e Profeta poiché Santo. Non è possibile descriverlo se non attraverso ossimori, poiché identificarlo significherebbe perderlo, in quanto si manifesterebbe altrove, in un’altra singolarità di volta in volta percepibile per un solo istante, il momento in cui il Cuore è disposto a riceverlo. Sarebbe come voler fotografare l’immagine di due finestre fuse insieme: l’una spalancata sul nostro universo e l’altra aperta su una realtà parallela, un “Universo B” che segue leggi differenti da quelle cui siamo abituati in un contesto causale e deterministico. Non possono essere fissati in una singola idea, il cui valore possa essere applicato ai più vari contesti mondani: i nostri Profeti Verdeggianti sfuggono a ogni definizione per manifestarsi in un altro ambito, di volta in volta descritto dagli scribacchini che tentano di inseguire ciò che in realtà possiedono già nel proprio cuore. Lo spirito può essere fissato nel corpo fisico soltanto a patto che quest’ultimo varchi le soglie dell’Abisso, che guardi oltre le “Montagne della Follia” e sopravviva alla visione dell’inconcepibile: ‘Attar ce ne ha regalato una bellissima immagine nel racconto degli Uccelli che si radunano per giungere dal loro amato signore, il Simorgh, la Fenice; i pochi che riescono a giungere a destinazione scoprono paradossalmente di essere al punto di partenza, e in quello specchio vengono annientati nel Fana’. I Profeti Occulti possiedono in realtà un’Identità Agente (“Nomen Agentis”), sono i Signori (Arbàb) che rappresentano le Presenze, talvolta ipostatizzate, attraverso le quali il Tutto manifesta il suo pathos nei confronti dell’uomo. “Ero un Tesoro nascosto e volli essere conosciuto…” recita il celebre Hadith; tuttavia, per assurgere a questo ruolo, in parte cosmogonico (anche se su un piano inizialmente microcosmico), è necessaria non tanto la rinuncia al proprio “essere precedente”, quanto la consapevolezza della sua presente e passata non-esistenza. Attraverso il passaggio ctonio nei “Tunnel di Seth” colui che fuoriesce dall’Abisso diviene un’“entità quantistica”, il cui flusso può realmente e fisicamente essere

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onnipervasivo e provocare un “effetto farfalla” che coinvolga tutta l’umanità, o l’intero universo di Arda.

Quanto detto sopra assume ora le forme tradizionali del “Sacrificio del Sé” il quale però, se attribuito a un essere il cui destino sia quello di divenire un “Agente Iniziatore” e vivificante come i nostri due protagonisti, perde le proprie connotazioni tradizionali per tramutarsi in qualcosa di diverso, alieno e “non-visto”. Nonostante vi sia una nota formula massonica che spiega il compito dei Maestri con il “Diffondere la Luce e riunire ciò che è sparso”, dobbiamo considerare questo concetto, nell’ambito di questo studio, anche alla rovescia, poiché lo “spargimento della luce” coincide con un primordiale sacrificio che chiunque ambisca al ruolo di Santo Iniziatore deve compiere alchemicamente su se stesso, al fine di perdere, almeno temporaneamente, il proprio nome e la propria forma, come abbiamo già visto in precedenza. Tale “Smembramento Ermetico” di cui l’Alchimia ci ha fornito numerosissime immagini allegoriche, trova le sue origini nella tradizione vedica e in seguito egizia. L’universo, secondo queste concezioni, si è potuto manifestare grazie al sacrificio primordiale di un essere archetipico, il Purusha Hindu le cui membra sparse dai Deva primigeni hanno potuto diffondere la Luce in ogni angolo dell’universo. In questo senso, Purusha è virtualmente identico a Prajapati, il “Signore delle Creature”, cioè degli esseri prodotti proprio da questo primitivo smembramento. Così in Alchimia si dice che bisogna, “essendo molti, tornare a essere Uno” e viceversa: ciò esplica in modo molto chiaro la natura di coloro che sono divenuti con-dividuali, come i Profeti Verdeggianti, ipostatizzati nella molteplicità della Sostanza Universale attraverso l’archetipo dell’Acqua, dei quali stiamo analizzando le caratteristiche. Il processo essenziale è “disintegrazione e reintegrazione” quindi, che manifesta il naturale sussistere dell’universo nell’insieme e nelle parti. Proprio a causa di quest’apparente duplicità possiamo intendere la sua stessa dissoluzione: lo smembrato è lo smembrante, il sacrificato è il sacrificatore e viceversa, in ciò si possono ravvisare i primordiali segni di un’auto-iniziazione che avviene nel Centro dell’Universo, nel Polo o nel Cuore stesso del Ricercatore Occulto. Questa suddivisione, la successiva riunione e il proseguimento del processo di palingenesi sono essenziali per comprendere l’iter iniziatico senza il quale le precedenti note non potrebbero sussistere. Anche queste sono stazioni spirituali o stati di manifestazione che trasmutano infine nel Khidr o in Tom Bombadil, un continuo susseguirsi di Essere e Non-Essere, fino al punto in cui entrambi gli stati ontologici cessano di avere qualsiasi significato, nel momento in cui si percepisce la finale Verità in cui “Nulla è Vero” e quindi “Tutto è permesso” (il motto degli Hashashins di Hassan Ibn Sabbah). Perciò è possibile bandire l’intero universo con una risata o manifestarsi all’interno (o all’esterno) di esso a piacimento, nelle molteplici e infinite forme che possono sussistere, sottoposte o meno alle Leggi Cosmiche che in quello specifico ambiente dominano la Natura Universale.

L’archetipo del sacrificio primordiale troverà numerosissime applicazioni religiose, mistiche e iniziatiche: oltre alla già citata importanza in ambito ermetico e

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alchemico, diverrà determinante per l’Orfismo e per il sacerdozio egizio, laddove il corpo di Osiride, smembrato dal Fratello Oscuro Seth, andrà a costituire i più importanti centri cultuali. La medesima sorte toccherà al corpo di Shakti, quando Shiva lo farà a pezzi e la sua Yoni sarà adorata dai Tantrici come suprema matrice e dispensatrice delle essenze o “Kala” che stanno alla base di tutto il procedimento di trasmutazione tantrico-alchemica connesso con il “Sentiero della Mano Sinistra” e con i culti Kaula e Aghora. Dioniso sarà smembrato dalle Menadi e alla stessa fine sarà destinato il suo principale cantore, Orfeo: vediamo, dunque, che il simbolismo dello smembramento è importantissimo per l’Iniziazione Misterica in toto. Esso trova altresì numerosissimi parallelismi nella Qabbalah, nella frammentazione dell’“Uomo Primordiale” o Adam Kadmon che rende possibile la Creazione dell’Universo, nel quale ogni particella è atomo di questa luce primigenia, pertanto ogni essere ne possiede una favilla, in maggiore o minore quantità, ecco perché le vie d’accesso al Khidr o al Bombadil all’interno del proprio Cuore sono accessibili a tutti, in misura diversa, poiché il Cuore è lo Specchio in cui si riflette il Discepolo.

Il passaggio dall’Unità alla molteplicità, per Tom Bombadil e Al Khidr nell’ambito delle due opere che li vedono apparire, significa rivelarsi con il proprio nome “Verdeggiante” e originario per poi scomparire subito dopo celandosi sotto un’infinità di maschere diverse: se alcuni esegeti di Tolkien hanno ipotizzato che Bombadil potesse rappresentare Eru personificato, il dio stesso di Arda, non dovremmo forse supporre che la stessa sorte sia toccata ad Al Khidr in quanto Allah? C’è almeno un punto però che non ci consente di formulare quest’ardita ipotesi. Al Khidr, nella Sura della Caverna, ammette con candore che tutto ciò che ha compiuto, non è stato fatto da lui, bensì da Colui che lo guidava, Colui che gli ha infuso una Scienza Segreta. Nonostante Al Khidr compaia soltanto nella XVIII Sura, in realtà egli è la Fatiha, l’“Aprente”, poiché è il Santo Iniziatore al Verdecammino, che conduce l’Uomo attraverso tutte le fasi alchemiche. Abbiamo visto che anche Tom sembra talvolta guidato da Potenze d’ordine superiore, o comunque dagli spiriti-guida compagni dello sciamano, peraltro ben evidenziati nelle poesie che formano la raccolta “Le avventure di Tom Bombadil”. Ciò non toglie, per entrambi i casi, che la nostra ipotesi circa la vera natura con-dividuale dei Profeti Occulti possa essere veritiera, e sotto il volto di Tom Bombadil e Al Khidr possano nascondersi molti altri volti e molti altri nomi, attribuiti di volta in volta a personaggi che ne condividono le caratteristiche iniziatico-salvifiche di base. La natura sciamanica dei personaggi è fuori questione: si tratta tuttavia qui di un certo qual “sciamanismo non autoritario” ma autoiniziatico, poiché il Profeta Verde si distingue dalla figura dell’“Uomo della Medicina” al quale sono attribuibili poteri inaccessibili al rimanente della comunità Egli è già nel cuore della comunità, pertanto la via agli spiriti non è di sua esclusiva proprietà, il passaggio dal “Pesce alla Luna” è consentito a chiunque, non soltanto a chi è in possesso dell’adeguata cultura simbolica. Si tratta di una “presa di coscienza” vera e propria. Tom & Al Khidr sono come una meteora che passi nel cielo notturno, attraverso uno spazio e un tempo sufficienti all’occhio attento a individuarla; poi scompaiono nuovamente,

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e rimangono le vecchie costellazioni e galassie, la trama prosegue nel bagliore notturno delle stelle. Nulla di più incognito ed evanescente in ambito cosmico di loro: sono propriamente aeroliti, “Lapsit Exillis” (Ex Coelis) per usare l’espressione di Wolfram von Eschenbach64, esseri “in esilio” sul pianeta Terra ma che hanno la possibilità di viaggiare e di manifestarsi in qualsiasi mondo e piano ontologico. Tuttavia, è possibile per loro compiere anche il movimento inverso, passare dalla molteplicità all’Unità, ed è ciò che compiono nei brani in questione, quando di tratta di manifestarsi con una forma solida in un ambiente naturale, quindi attraverso il fotismo creatore della Luce Verde, per dare aiuto ai bisognosi o a coloro che tendono spasimando all’Iniziazione. Tale passaggio implica il loro essere costruttori: sono in grado di raccogliere le faville di luce sparse nel microcosmo, nell’uomo, per poter riunirle, ricostruire il Tempio del suo Cuore e, contemporaneamente, a livello universale, quello di Salomone, noto simbolismo della Massoneria, che vede nel suo profeta Hiram un’altra vittima di uno smembramento ermetico. In linea teorica, e grazie all’occultamento “silente” della loro voce profetica, i Profeti Verdeggianti sono anche Maestri nell’arte cabalistica della permutazione, o Temurah. Infatti, così com’è possibile riunire lettere sparse per farne una parola sotto la quale soggiaccia un senso profondo, così allo stesso modo è possibile compiere il procedimento inverso, disintegrare una parola e riordinare le cellule-lettere che la compongono secondo un altro schema. Questa tecnica è nota con il nome di anagramma, ma se ne trovano, nella letteratura moderna, degli esempi molto più interessanti; basti pensare al “Cut-Up” di Brion Gysin e di William S. Burroughs, la ricostruzione di un testo “tranciato” in quattro parti che vengono successivamente rimontate. Tom Bombadil, nel “Signore degli Anelli”, sembra del tutto indifferente ai destini della Terra di Mezzo, ma nulla esclude che tutto ciò che si compie nel romanzo sia in realtà opera sua, un suo “rimontaggio” della fabula creato appositamente per collocare ogni personaggio, in altre parole ognuna delle sue ipostasi, al punto giusto. “Questa è la separazione” – afferma Al Khidr perentoriamente a Mosè, prima di dare spiegazione dei suoi strani atti. Cioè il ritornare “a essere molti”, fino al momento in cui sarà necessario, storicamente o individualmente, riunirsi nuovamente nell’Unità.

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Cavaliere tedesco (1170-1220), autore di un poema cavalleresco sul Santo Graal intitolato “Parzifal”.

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Acqua e fuoco posano la prima pietra

L’estrinsecazione della qualità auto-sacrificante implica anche l’ attributo attivo e dinamico della costruzione, come abbiamo appena visto; non soltanto del Tempio Interno, dell’“Intimo Santuario”, per usare le parole di Zosimo il Panopolita65, ma anche dell’Altare stesso sul quale sarà nuovamente compiuto l’omicidio-sacrificio. Il Profeta è pertanto il sacrificato, il sacrificante e la pietra sulla quale si compie il sacrificio, quindi il Sacrificio stesso. L’erezione dell’altare vedico al Fuoco ne è l’esempio più lampante, inoltre, quello che maggiormente ci avvicina alla “dominazione del fuoco66” che è non soltanto una delle qualità dei personaggi in questione, ma anche dello sciamano per antonomasia. Il potere alchemico di trasmutazione dei quattro elementi, terra, aria, fuoco e acqua, si concretizza qui nella capacità di praticare quello che i Maestri Invisibili della Teosofia hanno denominato “Agni Yoga”, cioè il potere sovra-psichico di connettere più mondi attraverso l’energia vitalizzante, carpita dal Principio, e di manifestarsi indifferentemente in ciascuno di essi, data la natura del tutto sovramondana del principio igneo in questione. Nonostante il fuoco e l’acqua siano a tutti gli effetti dei principi opposti, almeno fisicamente, essi assumono un nuovo carattere grazie all’utilizzo che ne fanno i Profeti Occulti per i loro scopi, siano questi ultimi guidati o no da una Potenza Superiore. Infatti, metafisicamente questi due principi sono destinati a ricongiungersi, a formare quella che gli alchimisti chiamavano “Acqua Ignea” (o “Fuoco Liquido”), cioè il loro Mercurio, simbolo chimico del principio onnipervadente dell’Etere o Akasha. Le allusioni ermetiche al “fuoco che non brucia”, all’“acqua che non bagna” ci riconducono all’azione vivificante del Profeta Verde, poiché la purificazione che esso mette in atto nel Cuore del discepolo è, propriamente, un’abluzione alchemica, la stessa utilizzata per “lavare” il Cuore di Muhammad dall’arcangelo Gabriele. È il mercurio “animato” dall’azione dello Zolfo, cioè dell’anima purificata dalla connessione con altri mondi, avvenuta per effetto dell’azione agniyoghica; in sostanza, è lo “Specchio di Fuoco” attraverso il quale passa il tempo “umbratile” e non-ordinario nel quale il Mago guarda per compiere uno “Scrying” nel Sutratma del discepolo, il “filo” che tiene unite tutte le sue esistenze, al fine di rilevare, in questi punti di connessione, d’intercapedini occulte, i nodi karmici da lavare via con il principio acqueo-igneo. Soltanto il Profeta Occulto può dunque immergersi nell’etere senza timore di essere annientato dalla vista della dissoluzione del Grande Ossimoro, la contraddizione universale

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Alchimista egiziano vissuto tra la fine del III secolo e l’inizio del IV secolo d.C. 66

È necessario ricordare anche, a questo proposito, la meditazione in uso nel Tibet Buddhista chiamata “Tummo”, che consiste nella capacità, da parte dei monaci che la praticano, di aumentare la propria temperatura corporea per resistere alle rigide temperature durante i ritiri spirituali. Alcuni riti iniziatici, ancora impregnati dell’originaria religione Bon del Tibet, prevedono la prova, da parte del Discepolo, di dover asciugare, nudi in meditazione sulle nevi Himalayane, un certo numero di panni bagnati con il solo aumento della temperatura corporea.

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insita nella Creazione, quella cioè tra Unità e molteplicità, avendo già superato tale dicotomia e preparandosi a farla superare a coloro che si accostano alla sua “Scienza Segreta”.

Dobbiamo pertanto ritornare a disquisire circa la Bevanda d’Immortalità, quell’acqua ignea mercuriale che sgorga dalla Fonte e dalla Roccia, di cui i nostri due eroi sono i Custodi, così come alcuni Elfi della Terra di Mezzo vigilarono, prima della loro partenza per Valinor, sugli Anelli del Potere. È quest’acqua che vivifica la Terra, cioè il Discepolo; essa è l’Haoma avestico e il Soma Hindu, è l’Elisir che è la summa per eccellenza del mondo vegetale e minerale, considerati entrambi dal punto di vista della Scienza dello Spirito, in grado di far germogliare i semi piantati nell’anima del discepolo dal Maestro Iniziatore e, contemporaneamente, di “estirpare” le radici che affondano nel subconscio della personalità, laddove si celano gli attributi e le idiosincrasie, gli elementi mentali di cui ci si deve disfare, prima di presentarsi al cospetto del Trono di Smeraldo67. Com’è noto, le radici dell’Albero Cosmico, dell’Aswattha Hindu, affondano nel cielo, cioè nel Principio stesso; è soltanto grazie a questo capovolgimento simbolico che i frutti terrestri e microcosmici possono germogliare. Tuttavia, l’etere di cui abbiamo appena studiato le funzioni, è una diretta emanazione del Principio, dunque queste nuove radici fatte crescere dall’iter iniziatico del Profeta Verde devono essere nutrite con un’acqua che non possieda più caratteristiche soltanto fisiche, ma che sia propriamente la “Quintessenza” degli elementi costitutivi dell’universo nel quale si nutrono. I frutti che si potranno cogliere saranno allora i mitici “Pomi delle Esperidi”, le mele d’oro custodite dalle “Figlie della Notte”, poiché abbiamo già visto quale importanza abbia la primordiale putrefactio nella Caverna Iniziatica durante tutto il viaggio esoterico. “Se la cercherai come fosse argento e se scaverai per essa come fosse un Tesoro, allora comprenderai il timore del Signore e troverai la Scienza di Dio” (Proverbi 2, 4-5). Baccador, ad esempio, come il nome stesso implica, sembra essere la Custode del “Santo Giardino dei Pomi” di cui parla metaforicamente lo Zohar. Il “fissare lo spirito nel corpo” diventa allora, grazie alla conquista di questo bene prezioso, microcosmico e contemporaneamente macrocosmico poiché nutrito con la Bevanda che proviene dall’emanazione del Principio, un’astuzia iniziatica, laddove Ippomene riesce grazie ai frutti preziosi a sviare l’attenzione della fanciulla Atalanta, la ragazza più veloce nella corsa, il “volatile mercurio”, battendola sul tempo (ombra) e vincendo la sfida prometeica di divenire “Me stesso reso Perfetto68” o “Insan al Kamil” nella Via Sufica di Realizzazione. I semi dell’Albero della Vita sono ora in possesso del discepolo divenuto Iniziato, il quale è divenuto il seme stesso dal quale l’albero, il Ramo d’Oro dei Misteri Antichi può crescere e germogliare. È divenuto la Morte (Mrityu), poiché è assolutamente necessario che il seme perisca e marcisca nella

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Si veda a questo proposito il concetto buddhista di “Skandha”, i cinque aggregati che compongono l’Essere senziente. 68

“Asan Un Nefer”, nel rituale di ricongiunzione con il Santo Angelo Custode elaborato da Crowley e da lui chiamato “Liber Samekh”, “Theurgia Goetia Summa”, “Congressus cum Daemone”.

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terra (il corpo) affinché possa crescere nell’aria (lo spirito); quindi la Bevanda che lo alimenta lo uccide e lo fa rivivere, l’Iniziato è divenuto Shiva, distruttore dei mondi, Brahma edificatore e Vishnu conservatore, egli è morte e vita e, come tale, padrone di muoversi nel tempo e nello spazio a suo piacimento, avendo superato questi concetti propriamente mentali e mondani. Tuttavia, come abbiamo già affermato all’inizio di questo studio per quanto concerne i nostri Profeti Verdeggianti, la morte nella terra non assume alcuna valenza negativa, al contrario, l’accento è posto sulla crescita e sulla resurrezione spirituale di colui che si accosta al loro potere, anche se l’accostamento agli dei morenti della vegetazione non può assolutamente essere tralasciato, così come abbiamo appena fatto, poiché non vi è resurrezione spirituale senza una preventiva morte iniziatica, l’una essendo necessario complemento dell’altra e viceversa.

L’unicità è l’onnipervasione del Sé Divino, chiamato “Huwa” nella Scienza Sufica, non può sussistere senza la molteplice morte dei semi che la creano nella terra, in altre parole nella Sostanza Indifferenziata cosmica; questo dal punto di vista di chi s’incammina lungo il “Verdecammino” sulla Via dell’Iniziazione Occulta, nella prospettiva del Principio, è la sua stessa emanazione a creare i semi da cui nascerà poi la consapevolezza di un “monismo panteista” nel Cuore del discepolo. Nelle concezioni filosofiche di Giordano Bruno, di Baruch Spinoza, nonché di Ibn Arabi, questa consapevolezza è l’unica in grado di dissolvere l’aporia tra Unità e molteplicità, attraverso l’immanenza del Principio nella materia e nella Natura nelle sue numerose forme. Uno “spirito assoluto” che coincida con un “mondo finito” è un assunto che può sussistere soltanto se inserito nel contesto ciclico della creazione: è la “creazione ininterrotta” che i Sufi vedevano nelle opere di Allah, ripresa poi, sebbene secondo principi diversi, da alcune avanguardie del Novecento, come l’INIsmo69. Questo continuo dinamismo dello spirito nella materia non cozza con la teoria dell’“eterno ritorno” che vede, correttamente, un sistema finito soggetto a un numero indefinito di variazioni nella forma e nella sostanza, poiché tali mutamenti debbono avere un motore agente che vivifichi e dinamizzi il loro movimento, che altrimenti sarebbe stagnante e destinerebbe l’universo a un “Big Crunch”, un addensamento della materia tale da far collassare l’intero sistema, non essendoci sufficiente energia per garantire il principio antropico. Il Profeta Verde risiede nell’Energia Orgonica descritta da Wilhelm Reich, e non si può escludere che l’espressione “Vestirsi del Mantello di Al Khidr” possa riferirsi a un primitivo concetto di “Camera Orgonica”, costruita attraverso i principi dell’Ingegneria Astrale. Nonostante il tempo ciclico sia la costante di molti sistemi religiosi legati al ritorno della vegetazione e alle divinità sacrificate e poi fatte rivivere per assicurare la sussistenza delle comunità, dobbiamo anche calcolare la presenza, in un certo momento della storia evolutiva della coscienza umana, di qualcuno o qualcosa che si sia eretto sopra tale Ouroboros, che sia uscito dal ciclo delle morti e delle nascite, della Ruota del Samsara. Che sia cioè volato via come

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Internazionale Novatrice Infinitesimale (INI): movimento d’avanguardia fondato il 3 gennaio 1980 al Café de Flore di Parigi da Gabriele-Aldo Bertozzi (1939).

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uno sciamano dall’apertura della tenda dalla quale esce il fumo, il foro nella volta della Caverna Iniziatica o la “Porta Stretta70”, divenendo il cosiddetto “superuomo” nietzschiano. Egli diviene dunque lo “Spirito del Mondo” (Ruh al-Alam) e l’Uomo Perfetto; tuttavia, la sua nuova esistenziazione si pone ben aldilà della totalizzazione dal punto di vista manifestato: egli è colui che è passato oltre i “fori delle stelle”, è andato oltre il cielo per le vie extra-cosmiche71 o Brahma Loka, è propriamente questa capacità a fornire le basi per la definitiva ecceità dell’Essere.

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Non ci si riferisce qui alla versione biblica di separazione tra virtù e peccato, ripresa da Gide, poiché chi compie questo cammino può varcarlo con un’iniziazione “destra” o “sinistra”, come si vede, ad esempio, per alcune tipologie di Tantra estremo. 71

Rappresentate fisicamente dalla “Via Lattea”.

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Si scende… O si sale?

Tuttavia, per ergersi oltre la manifestazione, aldilà dell’Essere e del Non-Essere, è necessario esperire il processo della “nascita al contrario”, rientrare cioè nell’utero della terra e reintegrarsi nell’“Uovo del Mondo”, operare su se stessi una “seconda morte” e una “seconda nascita”, basi essenziali di tutti i procedimenti iniziatici in ogni tradizione. Affinché l’uomo reso perfetto possa riunire le parti, gli elementi e le “sostanze sottili” di cui è composto, è prima necessario rientrare, sotto la multipla forma del seme nel calore tellurico della matrice universale, Terra o Caverna; tali simboli si sono manifestati nel corso della storia dello spirito nelle società umane sotto forma di orgia, ritorno allo stato indifferenziato e pre-formale, poiché pre-cosmogonico e precedente alla “divisione dei sessi” così come alla “divisione del cielo dalla terra”. Abbiamo allora l’adorazione delle Dee della Terra, del culto strettamente connesso alla vegetazione e alla fertilità, laddove l’orgia rituale rappresenta per la società un momento in cui ogni legge viene abolita ed è la Prostituta Sacra a condurre questo “Descensus ad Inferos”, che si protrae per il tempo necessario a donare alla Natura il tempo di rinnovarsi. Come ci ricorda Mircea Eliade nel suo “Il Mito della Reintegrazione”, questi riti, peculiari delle società agricole, si sono mantenuti fino ai nostri giorni, nella caratteristica e ben poco studiata setta degli Innocentisti, che compie i suoi misteri in grotte sotterranee e cantine, dedicandosi (secondo l’autore) a sfrenate orge compiute in uno stato di dissolutezza, di sporcizia e di malattia indicibili. Gli Innocentisti anelano a “ritornare a essere semi”, a decomporsi nelle viscere della terra e a reintegrarsi completamente nella condizione preformale e indifferenziata. È un vero peccato che questa interessante eresia sia stata così poco studiata, poiché certamente nasconde segreti che vanno ben oltre l’estremizzazione del principio femminile, così come la descrisse il noto storico delle religioni rumeno. A ben vedere, comunque, anche se i rituali di tale setta fossero stati descritti con preciso e icastico realismo, essi fungerebbero comunque come ottimo paradigma per chiunque tenti di accostarsi alla forma più estrema di questo stato di natura, che oltre al modello del “buon selvaggio”, all’“anarchismo primitivista” di Thoreau, John Zerzan72 e alla rinascita dei movimenti stregoneschi e pagani sul modello della “Wicca”, nasconde dei valori (peraltro già abbondantemente studiati da autori come René Guénon) profondamente immersi in una visione sia occulta sia metafisica del Reale. Non dimentichiamo, inoltre, che lo stesso “Possessore delle Due Corna” descritto nella Sura Coranica della Caverna, cioè Alessandro Magno, ebbe a che fare con altre “ipostasi” del Profeta Verde, oltre al Khidr in persona durante la mitica ricerca dell’Acqua di Vita, proprio come Frodo e compagni ebbero a che fare con altre cellule dello stesso organismo multiplo rappresentato da Tom Bombadil, come

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Henry David Thoreau (1817 –1862), filosofo, scrittore e poeta statunitense. John Zerzan (1943), anarchico e filosofo statunitense, propugnatore del primitivismo.

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abbiamo già fatto notare. Ci riferiamo qui all’incontro con i “Gimnosofisti”, asceti nudi scoperti dal condottiero in India durante la sua campagna militare verso i “confini del mondo”. Quasi certamente Alessandro incontrò dei Sadhu dediti all’ascetismo estremo, a pratiche note altresì in alcune sette tantriche particolarmente antinomiste, come il cospargersi di cenere proveniente da pire funerarie, o mangiare (nel caso degli Aghori ad esempio) la carne bruciacchiata dei corpi. Secondo Plutarco, Alessandro fece arrestare dieci Gimnosofisti che egli considerava fomentatori di ribellione in una delle sue satrapie. Interrogatoli sulla loro saggezza (sotto minaccia di morte), egli ricevette da uno degli ultimi tre, alla domanda “Come può un uomo divenire dio?”, la semplice eppur estremamente azzeccata (almeno per l’argomento del nostro “Verdecammino”) risposta: “Se fa quanto non è possibile che un uomo faccia”.

Quando il seme muore nella terra73 avviene dunque la “seconda nascita” che può veder germogliare l’Iniziato o il Profeta Verdeggiante, oggetto di questo nostro studio. La differenza sta tutta nell’effetto della scalata della Montagna Cosmica, che si erge al di sopra della Caverna Iniziatica nella quale è avvenuta la trasmutazione. Raggiunta la Vetta della Montagna, il discepolo si accorge che essa è cava, è un vulcano, che eruttando (come il Monte Fato nel quale viene distrutto da Frodo l’Anello del Potere) distrugge tutto ciò che si trova intorno ad esso, restituendo una condizione orizzontale all’esistenza, facendo in modo che l’essere umano iniziato possa manifestarsi contemporaneamente in più stati ontologici. Questo simbolismo è ben rappresentato dall’Arcano Maggiore della Torre: essa è scoperchiata da un fulmine che è la stessa coscienza dell’Adepto in congiunzione simmetrica con il dilagare della Coscienza Divina. Il fulmine (Vajra) può provenire dall’alto (abluzione ignea corrispondente, come si è visto, alla rivelazione della “Scienza Segreta” di Al Khidr) o dal vulcano stesso: in questo secondo caso abbiamo l’ergersi dell’Eroe, il “Liberato in Vita” (Jivanmuktha) dalla Sostanza Universale Indifferenziata o Prakriti. Il successivo Fana’ o estinzione nel Volto Divino comprende l’ascensione posteriore al raggiungimento della Vetta: è quest’ulteriore sforzo, letteralmente “sovra-umano”, a partorire un’entità occulta che possa assumere tutte le caratteristiche del “Santo Iniziatore”, creatura auto-generata in grado di essere assolutamente trans-storica, manifestata e occultata di volta in volta in molteplici contesti. Tale stato è espresso chiaramente anche nella Cabbala; dice infatti Mosè Luzzatto74 (Mesilat Jesharim, cap. XXVI): “Chi è Santo (…) è come uno che cammini liberamente al cospetto del Signore nelle Terre dei Viventi, sebbene egli sia ancora un cittadino di questo mondo”.

Nonostante ciò, l’aspetto “terricolo” e “seminale” di cui si è fin qui discusso a livello d’ontogenesi iniziatica, deve essere contraddistinto da una libertà d’azione che il lavoro agricolo non possiede né tradizionalmente né per quanto riguarda lo

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“Quando io divento la morte, la morte è il seme dal quale io cresco.” William S. Burroughs, “Ah Pook is Here”. 74

Mosè Luzzatto (conosciuto anche con l'acronimo ebraico di RaMCHaL, 1707 –1746) rabbino, filosofo e cabalista italiano.

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studio dell’evoluzione della coscienza umana. Infatti, l’agricoltura è una maledizione lanciata da Yawhe, dal grande Elohim biblico, come punizione inflitta alla coppia primordiale per aver trasgredito l’ordine di non mangiare il frutto dell’Albero della Conoscenza del Bene e del Male. In alcune regioni del Medio Oriente i “fellah” sono ancora considerati “schiavi della terra” e i legami che imprigionano l’uomo in un punto prestabilito del pianeta sono invece stati da tempo spezzati da chi ha subito un’iniziazione simile a quella dei nostri due personaggi. Essi sono politicamente “apolidi” e ontologicamente “nomadi dello spirito”; sono proprio queste caratteristiche a far sì che essi possano amare la terra, nel suo insieme. Non conoscono il possesso né la limitazione, concetti come “confine”, “territorio”, “paese” non possono avere presa sulle loro menti, come si evince facilmente dalle descrizioni di Tolkien e dalla natura di Al Khidr.

Al contrario, nel Mito Greco l’agricoltura è rappresentata come una ricompensa per determinate azioni valorose degli uomini virtuosi, o come risultato di un determinato cammino iniziatico. Trittolemo viene, per l’appunto, iniziato ai Misteri dell’Agricoltura da Demetra e mandato per il mondo a insegnare ciò che aveva appreso. Il celebre poeta e studioso di mitologia Robert Graves, ad esempio, è in disaccordo con il cosiddetto “Primitivismo”, poiché i suoi studi si concentrano su un’epoca, eminentemente “matriarcale”, nella quale le donne erano le custodi dei segreti dell’agricoltura, mantenendo il mondo sociale in uno stato di primordiale armonia. Per altri, dalle concezioni più estreme (appunto il Primitivismo), fu proprio la coltivazione del suolo a spianare la via allo sfruttamento del pianeta che condurrà poi alla decadenza post-industriale dell’attuale civiltà, dominata da valori bellici e maschili. Gli antropologi hanno cercato per decenni di stabilire la linea di demarcazione che contraddistingue la fine di una società apparentemente armonica, probabilmente indifferenziata dal punto di vista sessuale, e l’inizio della cosiddetta “civilizzazione” che condurrà alla nascita dei grandi imperi, dominati da sanguinari dei guerrieri che soppianteranno le primitive dee della natura. La verità è che questa linea semplicemente non esiste, poiché ogni evoluzione è contemporaneamente un’involuzione, si sale e si scende nello stesso istante in cui si viene alla luce sul pianeta Terra e i “miti della caduta” hanno come origine il ricordo di uno stadio in cui erano già implicite le cause della decadenza.

Vedremo in seguito quali saranno i “revival” dell’antica religione naturale, in larga parte nati sotto l’egida dell’operato occulto dei Profeti Verdi, poiché la loro essenza non conosce confini, avendo superato le barriere imposte dalle leggi naturali, in modo tale che la stessa categorizzazione concettuale ad opera del pensiero umano arriva soltanto a descriverne un’infima parte. Come Eurinome, la “Vagante in Ampi Spazi”, Tom e Al Khidr danzano sulle acque creando il vento con il quale avverrà l’accoppiamento cosmogonico, sotto la forma del serpente Ofione. “Quando la tua saggezza ti condurrà da questa parte, Al Khidr ti porterà l’acqua della Vita Eterna” (‘Attar). Eurinome diverrà in seguito anche il simbolo della Triplice Dea della Stregoneria, la luna nelle sue tre fasi, più la quarta, occultata e invisibile. Il fatto che la nascente religione dei Patriarchi trasfigurasse

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divinità acquatiche della fertilità, del caos e dell’oscurità come Tiamat e Tehom in concetti astratti come “Tohu” e “Bohu”, “Caos” e “Vuoto”, che difficilmente avrebbero potuto attrarre i miscredenti e i politeisti, allontanandoli dall’ineffabile maestà del Dio Unico, non sfiora minimamente i nostri Profeti Verdeggianti. Essi, pur condividendo la natura di alcune divinità cosmogoniche e precosmogoniche, si sono posti, grazie al peculiare cammino che hanno portato a compimento, in uno stato che è completamente oltre il simbolismo delle divinità tradizionali, con le quali sono pur connessi.

Poiché, in fondo, il mito non è che un meccanismo per convalidare leggi sconvolgenti, e attraverso queste, applicate alla sfera morale, educare gli uomini a un determinato genere d’insegnamenti e norme etiche, Tom Bombadil e Al Khidr sembrano in qualche modo possedere un “meccanismo intrinseco” di demitizzazione nei confronti di se stessi. Sono i “Custodi delle Sale senza Pareti”, le Guide in un mondo privo di leggi, dove un’erba misteriosa porta l’immortalità o in cui la più sconsiderata delle azioni causa un immenso beneficio. Ciò consente pur tuttavia la trasmissione di un archetipo auto-rinnovante con il quale un “sottile insegnamento” è tramandato, non attraverso l’analogia mito-mistero, nella quale il primo è usato come paradigma per lo svelamento del secondo e viceversa, ma attraverso l’azione stessa. In natura abbiamo casi di vegetali che hanno cominciato a rigenerare la propria linfa dopo quattrocento anni passati sotto i ghiacci, o di meduse che sono in grado di riprodurre se stesse per gemmazione. Sarebbe a questo punto completamente inutile tornare a inserire questo contesto particolare nell’ambito delle due opere che stiamo esaminando, poiché entrambe hanno una caratteristica che le accomuna: sono eminentemente tradizionalistiche, l’una per formazione culturale e psicologica dell’Autore (per la quale fu ampiamente criticato dal circolo accademico cui apparteneva), l’altra per la sua stessa natura di Libro Rivelato. Ciononostante, volenti o nolenti, gli autori del “Signore degli Anelli” e del “Corano” hanno inserito nella loro opera un quid di estensione extra-letteraria ed extra-religiosa: un elemento quasi destabilizzante che, preso in considerazione dall’uomo privo di scrupoli etici o morali di sorta, è capace di condurre quest’ultimo lungo la “Terra senza Sentieri” che Krishnamurti designava come unica patria di colui che ricerca la Verità. Questa è per l’appunto la mitica (eppur non mitizzata) “Confluenza tra i Due Mari” o la stessa Terra di Mezzo, simboleggiata nel caso del Profeta Verde dalla Foresta nella quale “Nulla è vero e tutto è permesso”, in cui chi si perde può infine ritrovare il proprio “Santo Angelo Custode” e dialogare con esso riunendo le qualità teopatiche e antropopatiche poiché, infine, perdere ogni cosa e arrivare all’assoluta povertà spirituale75 è l’unico modo per ritrovare il senso più profondo della propria esistenza e liberare le energie latenti negli strati più occulti della Natura.

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L’essere cioè un “Faqir”, o “povero”, termine che inizialmente designava i “Dervisci”.

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L’Amata, il Fiume e infine… l’Oceano

La “Liberazione delle Acque” è motivo religioso strettamente connesso sia ai concetti di cui abbiamo appena discusso, sia alla figura del Profeta Verde in particolare che trova, ad esempio, una splendida descrizione dell’avvenimento nel romanzo tolkeniano, laddove gli Ent (che come abbiamo visto possono essere considerati come manifestazioni del medesimo Principio Verdeggiante cui appartengono Tom Bombadil e Al Khidr) deviano il corso del fiume Isen e abbattono le dighe costruite dai servi di Saruman a scopi bellici. La scontata critica ecologista può avere valore per noi soltanto se trasposta su un piano ben più alto della Realtà; anche l’evidentissimo paragone con il processo strettamente fisiologico della nascita e il simbolismo della placenta sono talmente palesi che meritano qui soltanto un breve accenno. Tuttavia, per comprendere questa caratteristica liberatoria (e come abbiamo visto, poiché riferita all’acqua, eminentemente alchemica) e salvifica dei Profeti Verdeggianti, dobbiamo riferirci alla sua più antica origine vedica, nel noto Mito di Indra narrato nel Rig Veda. La narrazione centrale è incentrata sulla lotta con il drago Vrtra che racchiudeva le acque nella cavità di una montagna; l’Eroe, inebriato dalla “Bevanda d’Immortalità”, il Soma, sconfiggendo il Serpente con il suo fulmine (Vajra), “libera le acque” che vanno finalmente a rendere fertile la terra. Abbiamo qui riuniti tutti gli elementi di cui abbiamo parlato finora, poiché ogni mito cosmogonico è, per forza di cose e trasposto sul piano individuale, un mito iniziatico, quindi successivamente ermetico e alchemico, fino a diventare “paradigma necessario” a ogni sistema che preveda una visione “trans-umaneggiante” del divenire dell’Essere immanente in rapporto al macrocosmico, come il Sufismo. Tuttavia, la Liberazione delle Acque, essendo un tema archetipico, si pone ben prima di altri concetti iniziatici che il discepolo deve necessariamente conoscere ed esperire come stazioni del suo iter formativo. Questi ultimi sono generalmente noti con la generica espressione “passaggio delle acque”, che consiste di solito nell’attraversamento, in diverse direzioni, di un fiume simbolico la cui sorgente è naturalmente il Polo o l’“Asse del Mondo”, o ancora l’Albero della Vita, come nel caso dei quattro fiumi che si dipartono dal Paradiso Terrestre. Il fiume che, come si è già segnalato, rappresenta quasi un “alter ego” di Bombadil, nella figura della sua Dama Baccador, può essere attraversato seguendo la corrente verso il Mare, controcorrente verso la sorgente, oppure da una sponda all’altra76. Nel primo caso, sappiamo che, nella geografia di Arda creata da Tolkien, il mare fu “incurvato” solo molto tempo dopo la creazione di Ea da parte di Eru Iluvatar; in principio esso era piatto quindi, metaforicamente, illimitato, senza possibilità di ritorno a un tempo che si propone come “ciclico”. Seguire il corso della corrente del fiume fino al mare rappresenta il fine ultimo dell’Iniziazione, l’estinzione, il passaggio da una forma

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Per la comprensione di questo complesso simbolismo nell’ambito dell’opera tolkeniana, si veda la lunga poesia dell’autore intitolata “Tom Bombadil va in barca”.

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manifestata al Nirvana, al Fana’. È il passaggio finale che deve compiere Frodo insieme agli ultimi Custodi degli Anelli: la barca salpa dai Porti Grigi verso le Isole Immortali.

Tuttavia l’imbarcazione è stata forata dal Khidr, abbiamo quindi un “abisso nell’abisso”, un’estinzione nell’estinzione, un Fana’ nel Fana’, finanche oltre il Volto di Allah. Il dilagare della Coscienza del Divino in quella del Discepolo è rappresentato dall’Oceano stesso, delimitato soltanto dall’orizzonte che, ovviamente, non è un confine. Il caso contrario è una Via che è comunemente definita “Attiva” e che contraddistingue tutti quei sistemi magici che si propongono una sorta di divinizzazione dell’essere umano: risalendo la corrente del fiume il Discepolo arriva 1- a sostituirsi alla sorgente e a dirigerne il flusso per suo proprio conto, 2- a giungere all’“Asse del Mondo” già citato che è propriamente la Fonte dell’intera Manifestazione; scalandone la Vetta, egli ripropone quel simbolismo assiale di ascesa divenendo l’Uomo di Luce del Sufismo iraniano. Infine, il passaggio da una riva all’altra rappresenta la fase di ricongiunzione che si collega con il simbolismo del ponte e la figura del “Pontifex”nonché del Traghettatore, se ci si riferisce al passaggio sul “Fiume della Morte”. In quest’ultimo caso la Confluenza tra i Due Mari è rappresentata dallo stesso atto di attraversamento, che realizza una congiunzione virtuale con l’“altro mondo”, ricollegandosi con i miti degli dei morenti e con l’imbarcazione di Osiride, per non parlare del simbolico viaggio che il defunto deve necessariamente intraprendere per giungere nell’Amenti, le Terre Occidentali della cosmologia egizia. Abbiamo inoltre la mitica Ogigia omerica, isola posta nei pressi dell’Ultima Thule e talvolta con essa identificata, nella quale, secondo il mito narrato da Plutarco nel suo “De facie in orbe Lunae”, dorme Crono in una “caverna profumata”. Il parallelismo con l’Isola Beata descritta da Tolkien e posta geograficamente nella stessa direzione è qui più che evidente. Coloro che sono stati iniziati all’Ultima Stazione, la Visio Smaragdina del Trono, sono quindi ammessi a unirsi alla Compagnia delle Stelle, la spedizione verso l’Oltre, verso (per usare un’espressione di Pauwels e Bergier) l’“Altrove Assoluto”.

Il Trigono delle Acque Inferiori, la Yoni di Shakti, è tradizionalmente posto sotto il sancta sanctorum, sotto il Tempio in cui dimora la Presenza (Shekinah) della Divinità, cioè la sua ierofania fotica. Questo abisso (Sheol) posto sotto la crosta terrestre, rappresentante il magma indifferenziato e archetipico delle Madri, abitato e protetto da mostri e draghi come Tehom e l’equivalente babilonese Tiamat, rinchiusi qui dagli dei maschili che hanno operato la cosmogonia, è il territorio ideale in cui deve immergersi chi aspira a uscirne privato di una forma o stampo precedentemente creato “a immagine e somiglianza di dio”, perciò in grado di assumere proteicamente ogni forma e immagine. Il Profeta Occulto, attraverso questo “bagno precosmogonico”, uccide l’illusione (Maya) di una forma pre-stabilita attraverso l’illusione di una molteplicità di forme: egli si pone allo stesso livello di una divinità che adori se stessa nel punto più radicale della sua fisiologia sottile, il Muladhara Chakra in cui alcune sette tantriche adorano la Shakti, invece di farla risalire lungo la Sushumna e gli altri Chakra come nel più noto Tantra

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Kundalini. In quest’ultimo caso, la Liberazione delle Acque applicata a questo contesto, rappresenterebbe addirittura un motivo escatologico: l’Abisso (superiore e inferiore) che si riversa sulla terra simbolizza il ritorno delle forze titaniche e telluriche alla fine dei tempi, quelle stesse potenze che sono state relegate al di fuori dello spazio cosmico (come Morgoth alla fine della prima battaglia in Arda), oppure al di sotto della terra stessa, in un regno che sarà destinato a divenire in seguito la Dimora dei Morti, poiché il defunto, privato del corpo fisico, è ritornato a quello stesso stato indifferenziato che si deve raggiungere per poter tornare come Profeti Verdeggianti.

Nonostante queste ultime affermazioni, il particolare più significativo che differenzia i due Profeti Verdi è la presenza, nel caso di Tom Bombadil, di una donna, la sua sposa e compagna Baccador, di cui non è possibile rintracciare, almeno per il momento, un equivalente nella tradizione di Al Khidr. Su questa “Misteriosa Dama” abbiamo già comunicato alcune importanti informazioni, connesse con gli archetipi del fiume e dell’acqua prevalentemente; sarà ora necessario donare al Lettore qualche delucidazione sul suo rapporto con l’anziano consorte e sulla probabilità che essa possa condividere la sua stessa natura multipla e ipostatica nell’ambito della diegesi del romanzo. La natura del rapporto di Tom Bombadil con Baccador è eminentemente sufica: ella è l’“Amata” della poesia Sufi, in particolare di quella persiana, è la divinità stessa dalla quale l’Amante non può sopportare il distacco, una relazione inscindibile che trova il suo archetipo letterario nella leggenda dell’amore di Majnun per Layla, narrata da Nizami77, nella quale il fuoco della passione dei due amanti è metafora dell’amore (Ishq) che fa ardere il Cuore di chi anela a Dio. Ciononostante l’Amata può essere anche causa di perdizione, come nel bellissimo racconto di Attar (“La Lingua degli Uccelli”) sullo Shaykh San’an, in cui si dice che “Lo stato normale non può allearsi all’amore, ma l’infedeltà gli è favorevole”. La perdita della Fede è soltanto una conseguenza dello stato di ebbrezza che contraddistingue un altro tema caro a questo tipo di poesie, il vino, nettare stesso dell’Amore Divino. Solo in quest’ultimo risiede la Comprensione Suprema. Leggiamo infatti nel celebre “Inno a Venere” con cui Lucrezio apre il suo splendido poema: “Poiché tu solamente governi la natura delle cose, e nulla senza di te può sorgere alle divine regioni della luce, nulla senza di te prodursi di lieto e di amabile, desidero di averti compagna nello scrivere i versi che intendo comporre sulla natura di tutte le cose…” – Il rapporto con l’Amata è sempre pericoloso, poiché è la condizione che precede il ritrovamento della Via Iniziatica. In Tom e Baccador tuttavia abbiamo una reciprocità perfetta78, uno scambio sinergico delle correnti che contraddistinguono il duplice flusso di Hida e Pingala, le Naadi principali del Tantra Kundalini, simbolizzate dai due serpenti del caduceo di Mercurio, la cui unione al “Polo dell’Essere” rappresenta il conseguimento della Grande Opera. Proprio in quanto aspetto femminile e

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Neẓāmi-ye Ganjavī (1141–1209), poeta epico-romanzesco persiano. 78

La quale sembra essere l’esatto contrario della misoginia imperante nella società attuale, dominata inoltre da vincoli del tutto superficiali. Come scrisse Rimbaud: “L’Amore è da reinventare, si sa.”

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controparte essenziale di Bombadil, Baccador potrebbe assumerne le stesse caratteristiche che abbiamo già ricordato nel romanzo dello scrittore inglese. Sono infatti numerosissime le figure femminili che nel “Signore degli Anelli” assumono il ruolo di Guide e di attenti protettori di coloro che sono messi in marcia per assolvere la difficile Missione dell’Anello. Su tutte ricorderemo Galadriel, la Dama dei Boschi che svolge una funzione molto importante nel Bianco Consiglio dei Saggi che si oppongono al potere di Sauron, nonché, ovviamente, Arwen Undomiel, la futura sposa di Re Aragorn che, poiché condannata dal suo stesso amore a una vita mortale, partecipa in modo molto penetrante a una possibile ipostasi di Baccador la quale, pur essendo umana, è pur tuttavia compenetrata dalla stessa essenza del suo consorte regale (Messere=Re). In tutta l’opera di Tolkien c’è un’attenzione particolare alla funzione femminile: raramente essa è considerata, anche dal punto di vista di un organismo naturale onnicomprensivo, di natura malvagia; le figure femminili assumono molto spesso una connotazione salvifica, nei loro stessi confronti o verso terzi, raramente troviamo “donne comuni”, mentre tale caratteristica abbonda tra le comparse maschili. L’identificazione di Tom Bombadil e Baccador alla “coppia primordiale”, ai “genitori dell’uomo” trova veridicità soltanto se sostituiamo la “prima moglie di Adamo”, cioè la ribelle Lilith, con il principio acquatico/passivo di Eva: ciò nondimeno, ammettiamo che il lato oscuro di questo principio femminile, che rifiuta la sottomissione (simbolizzata dalla forma “consueta” dell’atto copulativo, la cui inversione fu stigmatizzata, per motivi occulti, dallo stesso Muhammad in un famoso Hadith79) nei confronti dell’uomo, possa manifestarsi in altre figure femminili nell’opera di Tolkien. La stessa Galadriel, infatti, una dei Noldo più potenti nella Terra di Mezzo, dovrà superare la Prova che consiste nel resistere al potere dell’Unico Anello, che spinge chiunque ne venga a contatto a rivendicarlo per sé. Si manifesta in questo modo pertanto la presenza, anche nelle ipostasi più alte e nobili dell’opera letteraria di Tolkien, una “duplice natura” la cui parte oscura corrisponde agli influssi violenti e “marziali” emanati dalla Sephirah Geburah nell’Albero della Vita, laddove questa partorisce l’“Altro Lato”, il Sitra Ahra, il lato ombra dell’Albero Sephirotico, abitato dalle malvagie Qliphoth collegate tra loro dai “Tunnel di Seth”.

Tom Bombadil e Baccador sembrano quasi rappresentare l’istante successivo alla primordiale separazione dell’Androgino, il congelamento di quell’istante in una duplice estensione del principiale Purusha, i cui occhi sono “il sole e la luna” e le cui membra sono rappresentate dall’universo stesso. I due compagni della Foresta ricreano, pur rimanendo sostanzialmente separati, quella primitiva armonia, precedente la famigerata colpa originaria che prelude alla “Caduta” e allo stato di separazione dei sessi, quindi, la creazione di due polarità opposte ormai al di fuori della totalità pleromatica, del Brahmanda, l’“Uovo del Mondo”. I due aspetti,

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“Non fate della donna cielo e dell'uomo terra preziosa.” E’ quasi universalmente riconosciuta, tra gli occultisti, la conoscenza da parte del Profeta Muhammad di alcuni Tantra Indù basati sulle emissioni fisiologiche o “Kala”. Tali poteri, nell’ambito della creazione di una religione istituzionale, politica, avrebbero potuto portare alla destabilizzazione, pertanto non vennero rivelati.

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Hiranyagarbha o “Germe Aureo” (Tom Bombadil) e “Utero Primordiale” (Baccador) continuano a sussistere in un istante atemporale costituito dalla zona da essi prescelta come “Terra Sacra”, invalicabile limite per il profano, Tempio Iniziatico per l’ardimentoso che aneli a conoscere i due principi originari nella loro essenziale purezza.

Il Primordiale Androgino ritrova il proprio equilibrio nelle figure complementari dei due personaggi creati dalla penna di Tolkien: esso è “Il Signore delle Creature”, cioè Prajapati prima dello smembramento che diede vita al Cosmo. Leggiamo infatti nel “Taittirya Aranyaka”: “Questo mondo era acqua, nient’altro che proluvie: solo Prajapati era comparso alla vista, su un petalo di Loto.” Ciò è abbastanza significativo, soprattutto considerando le nostre precedenti affermazioni sia sull’importanza che il simbolismo dell’acqua ha per questo studio, sia per quanto concerne la “situazione primordiale” di cui stiamo discutendo. I versi appena citati non possono, inoltre, non farci pensare all’iconografia del dio egizio Arpocrate, raffigurato come fanciullo su un fiore di loto, il dito indice sulla bocca a indicare il Silenzio Iniziatico, la “Predica del Fiore” del Buddha, o l’epopteia nei Misteri di Eleusi. Le “Nozze Divine” di Tom e Baccador80, che trovano un parallelo (soprattutto riguardo la Caduta e la successiva Redenzione) sia nel biblico “Libro di Osea”, sia nel mito di Simone ed Elena di Tiro, ricostituiscono il Primo Essere, cioè “Proteo il Multiforme”, signore delle trasformazioni e della profezia, temi importantissimi per le qualità che il personaggio assume, come abbiamo visto, all’interno dell’opera tolkeniana. Il loro “Hieros Gamos” è, dal punto di vista letterario, una poiesi dell’intera opera, poiché l’ermetica Coniunctio tra sole & luna crea il mondo stesso in cui si muoveranno tutti i successivi (e precedenti) personaggi, in un crescendo “mercuriale” che compenetra, come l’Acqua di Vita, Etere, Akasha o “Quinta Essenza”, tutte le ipostasi dall’aspetto propriamente benigno e conservatore (Vishnu, Manu e il simbolismo del Pesce, di cui abbiamo già discusso) che compaiono nell’opera.

D’altra parte, il simbolismo di Baccador potrebbe riferirsi alle Ninfe, le figlie di Oceano secondo la genealogia orfica, il cui rapporto con l’elemento liquido è più che evidente, essendo esse create dal vivo scorrere delle acque. Il loro culto, di origine molto antica e probabilmente pre-ellenica, le associa spesso a fiumi designandole come loro “figlie”, e di certo per Baccador il nostro Autore scelse di ispirarsi a queste particolari creature, che sono spesso associate al culto di varie entità, come Hermes, Pan, Apollo, Dioniso e Artemide, rappresentando le forze della Natura ovvero le Shakti di ogni potenza divina particolare. Tradizionalmente le Ninfe sono suddivise secondo l’ambiente naturale in cui vivono come Driadi, Oreadi e Nereidi; esse rappresentano comunque il manifestarsi delle forze naturali nei boschi, o nelle acque dolci e salate. Partecipando del complesso simbolismo dell’acqua, di cui si è già discusso, esse ci ricordano il potere mistico della rigenerazione, poiché colui che tocca l’acqua subisce sempre, in un modo o

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Si vedano in merito “Le avventure di Tom Bombadil” di J.R.R. Tolkien, per il complesso rituale iniziatico cui lo stesso Tom si deve sottoporre prima di giungere alle Nozze Divine.

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nell’altro, questa trasmutazione, il passaggio verso un nuovo stato dell’Essere rappresentato dalla “seconda nascita” iniziatica.

“Avevo un compito da svolgere,” – canta Tom Bombadil in estasi – “Coglier tanti gigli, verdi foglie e gigli candidi per la mia dolce dama, per conservare gli ultimi, prima della fine dell’anno, al riparo dalla neve, a fiorire ai suoi piedi. Ogni anno sul finire dell’estate li vado a cercare per lei, in un limpido stagno profondo, lontano dal Sinuosalice; lì, in primavera, sono i primi a sbocciare, e lì i più lunghi a durare, e lì, tanto tanto tempo addietro, trovai la Figlia del Fiume, dolce Baccador seduta in mezzo ai giunchi…” Baccador sembra essere dunque una Nàiade, e più specificamente una Limniade, una ninfa dei laghi e degli stagni, con tutte le caratteristiche salvifiche attribuite a questi bizzarri esseri. Tuttavia, è certo che definire una figura così complessa in modo mitologicamente schematico è estremamente riduttivo.

Il “divenire Regina” (e Baccador è la Figlia della Regina del Fiume Sinuosalice), come passaggio allo stato sovramondano e di manifestazione multipla, è mostrato con un’interessante metafora scacchista dallo stesso Rumi (Divan): “Fin quando andrai, come Torre, solo in due direzioni? Fin quando sarai debole come pedina? Fin quando andrai storto come Alfiere? Diventa Regina! Diventa Regina!”.

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I venti spazzano via l’oscurità e gonfiano le vele… Il sacrificio è compiuto e il cavallo può abbeverarsi alla Fonte, essendo stato previamente sacrificato esso stesso (Asvamedha) e rinato attraverso la “riunione di ciò che è sparso”, i semi periti nella Terra Madre e germogliati in una seconda nascita; resurrezione che non è soltanto palingenesi alchemica ma crescita ciclica, rinnovamento perpetuo del cosmo che collasserebbe senza questa continua catarsi. Quest’ultima può essere di natura epicurea, “Dunque ogni cosa visibile non perisce del tutto, poiché una cosa dall’altra la natura ricrea, e non lascia che alcuna ne nasca se non dalla morte di un’altra” (Lucrezio), oppure monistico-panteistica. Tuttavia, l’Iniziato che ha compiuto questo ciclo di stazioni esoteriche è ora innalzato al di sopra dell’Ouroboros di Fuoco, del Drago del Caos Indifferenziato, stato simbolizzato nell’opera di Tolkien dalla distruzione dell’Anello del Potere; egli può ritornare nell’ambiente naturale in tutte le forme che esso contiene e sostiene, come abbiamo visto. È divenuto gli elementi costitutivi della Materia Indifferenziata stessa, cioè i tre Guna ai quali nel sistema Hindu del Samkhya possono essere ascritte tutte le “presenze sottili” occultate dal velo della percezione ordinaria all’occhio non dischiuso. Così scrive pertanto Walt Whitman (1819-1892) in “Foglie d’Erba”: “Il mio spirito pieno di compassione e determinazione ha attraversato tutta la terra, ho cercato fratelli, sorelle, amanti e li ho trovati che mi aspettavano ovunque. Penso di essere sorto con voi, Nebbie, e di essermi spostato verso lontani continenti, ed essermi calato lì, con le mie buone ragioni. Penso di aver soffiato con voi, voi venti. Penso, acque, di aver accarezzato ogni sponda insieme a voi, penso di aver solcato quanto ogni fiume o ogni stretto del globo ha solcato, penso di aver preso posizione sul fondo delle penisole e in ogni incavo della roccia. In ogni città penetrata da luce o calore, in quelle città sono penetrato anch’io, in ogni isola dove gli uccelli seguono il loro percorso, anch’io mi alzo in volo seguendo il mio percorso. Trovo la mia casa ovunque vi siano dimore di uomini.” – E, a ben vedere, ben pochi altri versi esplicherebbero in modo altrettanto toccante e definitivo la natura dei due esseri che abbiamo preso come soggetti di questo studio.

Vediamo pertanto come lo “Spirito di Compassione” (Nafas al-Rahman), sia in grado di abbracciare tutte le terre, l’intera geografia di Arda, grazie al già citato incurvamento dei mari, connesso ovviamente al potere sulle acque che i nostri Profeti possiedono. Proprio come la Compassione di un Bodhisattva può essere estesa a numerosi universi, che sono chiamati nelle dottrine Mahayana Buddhaksetra cioè “Campi di Buddha”, creazioni immaginifiche sulle quali la misericordia dei Risvegliati (e tuttavia auto-privatisi dell’ingresso nel Nirvana per il bene degli uomini) può giungere. È detto che come esistono numerosi Bodhisattva, così esistono altrettanti campi d’azione di questi ultimi: alcuni di essi sono “puri”, creazioni simili al modello del Paradiso Terrestre, altri estremamente impuri, dove l’immanenza del dolore rende il ciclo del Samsara veramente veloce e meschino per

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via degli accumuli karmici, quegli stessi “granelli di polvere nera” che i Profeti Verdi hanno il compito di eliminare dal cuore di ogni uomo che si dedichi alla Ricerca della Verità. Queste terre oscure (Mordor, Minas Morgul, Gorgoroth ecc.), che pur tuttavia appartengono comunque alla “geografia spirituale” sulla quale si estende, nei molteplici stati di manifestazione già veduti, l’opera degli Agenti Vivificatori, rappresentano il lato panico, oscuro e bizzarro della Natura, così spesso erroneamente identificato dai commentatori cristiani come “malvagio”. Le confluenze tra i mari o i fiumi, nelle quali si rinviene l’Acqua di Vita, possono nascondere pericoli inattesi: “Ecco, io sono contro di te, o Faraone, re d'Egitto, grande dragone, che giaci in mezzo ai tuoi fiumi, che hai detto: Il mio fiume è mio e l'ho fatto io stesso” (Ezechiele 29:3). Il motivo del mostro marino, Tehom o Tiamat, la prigionia delle acque, è già stato esaurito; tuttavia dobbiamo pur ricordare il simbolismo del coccodrillo e dell’ippopotamo, in agguato presso il fiume la cui corrente il Discepolo sta seguendo (nelle varie direzioni in cui ciò è possibile, come abbiamo visto). Leggiamo dunque come in ’Attar siano presenti sia i concetti delle stazioni iniziatiche (le “Tappe” del Cammino” o “Mesilat” nell’interpretazione cabalistica di Luzzatto), sia i pericoli che il loro attraversamento comporta: “Per arrivare a questo (l’Unione Misteriosa con Allah) ci sono da attraversare sette oceani di luce e sette oceani di fuoco e c’è da percorrere una strada molto lunga. Quando avrai superato questi sette oceani, allora un pesce ti attirerà a lui in un istante; questo è un pesce tale che quando respira con il suo petto attira i primi e gli ultimi. Questo pesce meraviglioso non ha testa né coda, si tiene in mezzo all’oceano calmo dell’indipendenza, come un coccodrillo, trascina i due mondi in un istante e attira senza eccezione tutte le creature.” Il pericolo mortale è dunque insito in tutto il Viaggio Iniziatico, anche se le Guide Verdi sono pronte, incarnate nelle loro molteplici forme, a salvare il Viandante troppo curioso o sprovveduto. L’albero di salice potrebbe sempre nascondere una Lilith uscita dai deserti vicini al Mar Rosso dopo aver copulato con i demoni che ivi dimorano. La sua progenie si diffonde nel mondo sotto forma di orchi e goblin, coboldi, leprechaun e pixies, folletti di ogni genere e natura di cui le letterature scandinave abbondano, la cui essenza elementale è imprevedibile anche per un Saggio sovrannaturale il cui potere sia immanente nella Natura e nella terra stessa. Tuttavia, il Soffio del Misericordioso può ammansire gli animali selvaggi e le semi-divinità totemiche fuoriuscite dai più antichi Culti dell’Ombra, il cui potere può essere controllato soltanto dai Veri Iniziati. Ricordiamo il concetto di “Mannenbunden”, società totemiche dedite all’identificazione assoluta con alcuni principi naturali, che comporta spesso il mutamento della forma, come avviene per Beorn ne “Lo Hobbit”, reminiscenza delle leggende sui “Berserker”. Il dio Pan, i cui flauti possono deliziare ma anche condurre all’estasi sciamanica, è pur sempre figlio di una ninfa e del dio degli inganni Hermes. Possiamo dunque osservare in questa figura paradigmatica l’apparente duplicità dell’organismo naturale; “apparente” soltanto dal punto di vista di una psiche i cui “residui tamasici” non siano stati

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mondati con l’issopo81colto dalla compassionevole mano di un Profeta Verdeggiante. Quest’ultimo è propriamente il “Vento che porta nel suo ventre” il Mistero insito nelle brevi righe della Tavola di Smeraldo, il cui svelamento è il fine di tutto l’Ermetismo. Sono i semi di una Vita Nova che colonizzano nuove terre, rendendole fertili grazie al vento che li trasporta: laddove Naamah prediligeva le rovine sabbiose di Edom, ora crescono ampi boschi, tra i quali mormorano i ruscelli e i torrenti nelle vallate, dai quali i risvegliati vegetali bevono e si rivivificano.

Vi è qui un’importante considerazione da fare, la quale potrà forse esserci utile per dipanare le nebbie che avvolgono il concetto illusorio dell’aspetto “ahrimanico” nel mondo naturale. C’è certamente un’oscurità, un velo di nerezza “tamasica” (I “Settecento Veli del Cuore”) che impedisce di vedere il Vero Volto della Divinità così come esso si manifesta nelle molteplici forme della Natura; tuttavia, così come insegna il Sufi Lȃhȋjȋ, non bisogna confondere questa tenebra “satanica” con la cosiddetta “Luce Nera” che invade il cosmo agli occhi del Discepolo allorquando egli si accinge a percorrere il suo cammino iniziatico. La Luce Nera nella quale egli viene riassorbito, rappresenta l’“inessenza dell’essenza” degli esseri, quando le Tenebre che circondano il Polo sono finalmente visibili all’occhio dischiuso. La Luce Nera è ciò che rimane nella materia quando essa viene “de-tamasicizzata” dalle pratiche spirituali in cui i nostri Profeti Verdeggianti sono Maestri. “Non sfugge al mio animo quanto la materia sia oscura” – ci dice Lucrezio – “Ma una grande speranza di gloria ha percosso il mio cuore con la punta del tirso…” – È la Pura Essenza, invisibile alla percezione prettamente fisica, che rivela l’Ipseità Divina occultata in precedenza dalle “tenebre ahrimaniche” che il Maestro ha il potere di dissolvere attraverso un lungo e periglioso percorso “cromatico-spirituale” che tocca tutte le stazioni del Verdecammino. Si esperisce qui dunque, attraverso questa nuova luce, il cui colore è percepito come “nero”, la Presenza Assoluta della Forza il cui potere consiste nel far essere tutte le cose, poiché, almeno metafisicamente, la Vera Luce rimane invisibile all’occhio umano, mentre soltanto gli oggetti e i soggetti che essa illumina sono percepibili. “Porre in essere” il mondo significa per l’appunto farlo vedere, quindi la Luce che il Volto di Allah emana rimane virtualmente invisibile e oscura; perciò, quando la Luce Nera irrompe con violenza in tutto lo spettro percettivo, ampliato dalle tecniche e dai Sadhana spirituali del Maestro, l’intero cosmo raggiunge lo stato di “presenza assoluta e simultanea”, un’esperienza difficilmente sopportabile dall’uomo comune che non sia stato previamente ammaestrato a subire. Nei più moderni paradigmi magici, la materia emana costantemente un’energia eterica attraverso la quale è possibile operare dei mutamenti essenziali nel mondo visibile. Tale “materia oscura” rappresenta la quadrimensionalità ipotizzata dalla fisica delle particelle e dalle teorie sulla “supersimmetria”. È appunto nella Zona d’Ombra, nel luogo aspaziale creato da questa emanazione che è possibile divenire padroni assoluti del tempo e dello spazio, poiché qui le consuete leggi che regolano l’universo perdono il loro valore e avvenimenti passati possono ripresentarsi nel futuro all’occhio del 81 “Purificami con issopo e sarò mondo; lavami e sarò più bianco della neve.” Salmo 51, 9.

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Discepolo. “Ugualmente il tempo non esiste di per sé, ma dalle cose stesse deriva il senso di ciò che è trascorso nei secoli, di ciò che incombe, o poi seguirà nel futuro” (Lucrezio). Ciò non può essere descritto che dall’ossimoro di un “futuro passato”, nel quale, come disse il genio del surrealismo cinematografico David Lynch, “Il Mago desidera vedere”. Questa via stocastica permette al Ricercatore di operare quelli che, nella letteratura tradizionale religiosa, sono percepiti come miracoli, e il potere di risanare il mondo naturale, così spesse volte colpito dalle emanazioni sinistre della psiche umana, per non parlare delle violenze fisiche che essa progetta e mette in atto su di esso, risiede nella comprensione della “nerezza spirituale” la cui qualità è in realtà luminosa. A questo livello si accede, come abbiamo già visto, attraverso un potente “Scrying” del proprio Fuoco Interiore, che dona le facoltà chiaroveggenti necessarie a questo tipo di esperimenti. Possiamo qui parlare a pieno titolo di “Ecologia Spirituale”, messa in atto da chi ha attraversato le Tenebre Esteriori del mondo fisico fino a giungere alla profondità abissale della propria oscurità interna, il “superamento dell’Abisso di Daath” nella via cabalistica, la rinascita spirituale che permette di operare magicamente nel mondo naturale. Il volto “tamasico” di quest’ultimo è percepito unicamente da una mente dicotomica che non può evitare di vederne il lato “panico”; ma una mente albedica (o non-mente) riesce a scorgere l’orizzonte degli eventi dal quale si può osservare il dispiegarsi delle energie oscure nell’universo.

Rimanendo “in bilico” su questa linea virtuale, l’Iniziato può portare a compimento qualsiasi impresa. Il Pneuma delle Sacre Scritture, dell’Orfismo, dell’Ermetismo e del Neoplatonismo è sempre attirato verso un oceano infinito immerso in una profonda oscurità, poiché anela a modellare il Caos umido e primordiale essendo, insieme con esso, uno dei principi fondamentali grazie ai quali il Cosmo è creato. È l’azione del Nous, dell’Intelletto agente, che insuffla dall’alto il principio purissimo grazie al quale la Vera Luce può essere scorta, e grazie al quale ogni successivo risanamento della degenerazione (il cui concetto è eminentemente gnostico) nella Creazione può essere attuato. In termini cabalistici, ciò può essere tradotto con l’espressione “Letaqqen ha-Shekhinah”, cioè “Rettificare la Santa Shekhinah”, la Presenza del Divino, attraverso gli atti e le devozioni che implicano un modello etico dal quale un certo ecologismo non è certamente assente.

Il mondo distrutto dalle fiamme dell’industria, dalle opere di personaggi eminentemente malvagi come Sauron, o corrotti dal potere come Saruman, è sanato dalla ciclica apparizione dei Profeti Verdi, gli “Agenti dal Vestito Verde”, che pongono le basi archetipiche agli ideali ecologisti, giunti tuttavia talmente in ritardo in rapporto alla produzione industriale da apparire microscopici se raffrontati a quanto abbiamo studiato finora. I mari di Arda, come abbiamo visto, s’incurvano proprio per permettere questo ciclico ritorno, rappresentato dalla fuga elfica e dalla permanenza del Messere. Tuttavia, è vero anche il contrario, perché gli Elfi non sono che una manifestazione di luce eterica molto pura e sottile, in forma semiumana, del potere del “Primo e Senza Padre”, non più soltanto il Custode della

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Fonte, ma l’Acqua di Vita stessa, nonché il vento che la incresperà e feconderà con i suoi semi, condotti dai centomila uccelli in cerca del Simorgh di cui Egli conosce il Linguaggio Primordiale. Una “Pace” (As-Salȃm) Verde permea il fruitore del contatto con l’azione vivificatrice di questi Eroi che, come abbiamo visto, arriva a estendersi ciclicamente su tutti i lidi. Lo stesso concetto si ritrova nel termine ebraico Shalom, che esprime il compimento delle attese messianiche, quando i rapporti tra gli uomini, gli animali e l’intero pianeta saranno improntati ad armonia, non soltanto a una banale “assenza di conflitti”. È significativo che la più nota associazione ecologista abbia assunto questo nome. Il suo simbolo, l’arcobaleno, rappresenta la piena manifestazione del potere dei Profeti Verdi: quando la goccia di rugiada si posa sulla foglia, i primi raggi del’alba, penetrandola, si scindono come attraverso un prisma nei colori principali dello spettro. Ecco dunque che il protettore e conservatore della Natura diventa un “Guerriero dell’Arcobaleno”, così com’è narrato nella leggenda che gli indiani nordamericani Kwatkiutl rivelarono ai fondatori della famosa organizzazione ambientalista: “Ci sarà un giorno in cui gli uccelli cadranno dal cielo, gli animali che popolano i boschi moriranno, il mare diventerà nero e i fiumi scorreranno avvelenati. Quel giorno, uomini di ogni razza si uniranno come guerrieri dell’arcobaleno per lottare contro la distruzione della Terra”. Ispirati dall’opera di creature salvifiche, per quanto sovrannaturali, come Tom & Al Khidr, gli uomini veramente illuminati potranno vigilare sulla corretta permanenza dell’essere umano sul pianeta Terra, in modo sostenibile per entrambi: sono i regni di Elessar, la “Gemma Elfica”, il Verde Gioiello e di Alessandro il Grande, il “Possessore delle Due Corna”, giudicato dall’oracolo di Siwa figlio di Zeus-Amon; entrambi venuti a contatto con il Profeta Verdeggiante attraverso vie diverse ma che comunque hanno condotto alla “Confluenza tra i Due Mari”. Qui si giunge con un lume che è bene non perdere: “Il mondo, palazzo di dolori, è tutto oscurità, ma la Scienza vi brilla come una lampada che mostra la strada. Difatti, ciò che guida la tua anima in questo luogo oscuro è il gioiello della scienza, di quella Scienza che dilata il Cuore. In queste tenebre, che non hanno inizio né fine, sei rimasto senza guida come Alessandro, ma se da questo prezioso gioiello ritiri il vantaggio conveniente, sentirai il pentimento del male che hai fatto” (‘Attar). La permanenza dell’uomo sulla Terra è garantita dall’operato occulto di questi Agenti Vivificanti, i cui simbolismi abbiamo a lungo studiato ma che, proprio a causa della loro natura onnicomprensiva, sono assai difficili da spiegare in modo definitivo ed esaustivo, se non attraverso le azioni degli uomini che sono ispirati dalla loro essenza. Questi partecipano pertanto (co-spirazione) alla Confraternita degli Iniziati Sufi, guidati dalle manifestazioni del Verdecammino nelle stazioni delle loro anime anelanti al metaforico (benché reale) “Ritorno alla Casa del Padre”, all’annullamento nel bruciante Volto di Allah. Questo tipo di opere è ricordato nella Bibbia: “Ogni uomo è erba e ogni atto di bontà è simile al fiorire del campo” (Isaia 40,6).

In effetti, a ben vedere, considerando la facoltà generatrice del Profeta Verde, la sua connessione indissolubile con l’acqua, con il fuoco e con i principi metafisici

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che rappresentano, il suo potere d’intermediazione tra i mondi e la sua capacità di manifestazione multipla, non dovremmo forse affermare che ogni uomo e ogni donna, per il solo fatto di esistere fisicamente e spiritualmente e di procreare altrettanti involucri fisici per le anime, partecipi necessariamente, volente o nolente all’azione di queste sante entità? Il solo modo per uscire da questo ciclo infinito di nascita, crescita, morte e rigenerazione è l’apogenesi o rifiuto di questo procedimento: tuttavia, coloro che hanno tentato di metterlo in atto hanno fallito sia attraverso la mortificazione e l’astinenza sia seguendo la via inversa. I Sentieri della Realizzazione, che spesso sono divisi dal simbolismo della Mano Destra e della Mano Sinistra, provengono entrambi dal corpo, che è il tempio unico, la Prima Materia di ogni processo, sia esso magico o prettamente fisiologico. Pertanto, qualunque tentativo di estraniarsi da questa realtà è destinato al fallimento, poiché non vi è campo d’azione, sia in ambito cosmico sia esclusivamente fisico, nel quale l’intento del Profeta Verde non possa penetrare, non possa comprendere e riportare alla luce. “Più Luce!” – urlò Goethe sul letto di morte. Ogni Via passa attraverso il Verde, la Natura, il corpo, il cosmo.

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Cospiratori per l’evoluzione umana

Le correnti culturali, ideologiche, spirituali e religiose dovute all’impatto di questo operato occulto sono riconoscibili nell’età moderna dall’avvento di movimenti come la cosiddetta “New Age”, il neopaganesimo e i vari revival in ambito magico-occultistico attraverso gli innovatori che contribuirono a farli nascere. Ciò avviene sia sotto l’aspetto “benigno”, ecologista e ambientalista delle associazioni per la tutela del patrimonio naturale, sia attraverso l’aspetto “oscuro e “umbratile” dell’immanenza del Principio Divino nella manifestazione naturale, in opere simili ai quadri di Rosaleen Norton (1917-1979), che vedono nel simbolismo del “Dio Cornuto”, il celtico Cernunnos, un principio vitale ed essenziale per il rinnovamento (esteriore) della Natura e la palingenesi (interiore) delle facoltà latenti nell’essere umano, portate alla luce dalla pratica magica. Abbiamo già menzionato l’Insegnamento dei Maestri della Grande Fratellanza Bianca nella Teosofia (che trova un eco nel Bianco Consiglio presieduto dal traditore Saruman nell’opera tolkeniana82), facendo notare come a ogni “Raggio” emanato dal Logos attraverso la Gerarchia di Shambhala, corrisponda un preciso mutamento nel corso delle attività umane, diretto e presieduto da uno di questi Alti Iniziati. Tuttavia, l’Insegnamento dei nostri Profeti Verdeggianti è di natura diversa e, in qualche modo, anarchica e antinomista rispetto ai dettami della Tradizione Primordiale. Esso deve essere ascritto (per quanto possibile) a un mutamento singolo e individuale, di natura eminentemente iniziatica, che avviene nel Cuore stesso del Discepolo che vi si accosta. Correnti ideologiche come il Primitivismo, personaggi come Thoreau e Zerzan, così come l’“Anarchismo Ontologico” di Hakim Bey, possono essere accostati, con le dovute cautele, a queste modalità operatrici, poiché esse avvengono in modo svincolato dalle catene iniziatiche tradizionali, in modo per così dire “eversivo” e di tanto in tanto sdegnato dai puristi dell’Esoterismo. Movimenti come la Chaos Magick e gli “Illuminati di Thanateros” (fondato da Peter J. Carroll, il celebre autore del “Liber Null”), così come i loro modelli che arrivano fino a Austin Osman Spare, le cui dottrine furono inizialmente rifiutate perfino da Aleister Crowley, che nel suo ambito era certamente un innovatore, possono essere stati influenzati da questa atipica cerchia di Profeti Verdi e Silenti, che hanno la capacità di manifestarsi oltre il normale spazio conosciuto dall’ambizione del loro stesso Ego. La “natura occulta” (più del normale) di questa azione a raggio cosmico è resa possibile dall’immissione in un “luogo aspaziale” simboleggiato dalla “stasi tra i venti”, dal luogo in cui “confluiscono le acque della vita”. Un principio contemporaneamente disgregatore e riunificatore, percepito dal Ricercatore Spirituale nel cosiddetto “Mundus Imaginalis” che Ibn Arabi considerava come l’Istmo in cui il Fuoco della Volontà può creare realtà parallele fungenti da “palestre iniziatiche” e attraverso il quale è possibile ascendere per comunicare con

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Abbiamo qui un’evidente mescolanza di principi benigni e maligni, iconograficamente esemplificata dal simbolo estremo-orientale dello Yin Yang.

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Intelligenze Sovrasensibili. Questi “Vagabondi Verdi dello Spirito” possiedono pertanto una natura tale da rendere chiunque in grado di assumerne l’identità. Essi “fanno di ogni uomo il suo stesso Re”; sono i possessori delle corna nel loro simbolismo regale, le divinità, per metà totemiche e per metà uranie, che sovrintendono al Karn, l’“Alto Luogo” o l’alta vetta che simboleggia il Polo, rappresentato dalle culture antiche attraverso costruzioni simili ai betili o all’Omphalos di Delfi, i Tumuli presso i Celti e le costruzioni megalitiche di Stonehenge. “Chi salirà il Monte del Signore e chi si ergerà nel suo Santo Luogo?” (Salmo 24,3). Essi sono sia i prosecutori dell’Antica Tradizione, sia i suoi innovatori. A loro, consciamente o inconsciamente, si rivolgono tutti coloro che, non sentendo di poter seguire una Via Iniziatica tradizionale, ambiscono nondimeno a penetrare nei “punti di connessione” con i centri energetici del pianeta Terra. Desiderio, quest’ultimo, che non può non comportare un sentimento di profonda armonia e sinergia con il pianeta considerato come organismo insieme fisico e spirituale, che sprona pertanto alla sua preservazione e conservazione, come fanno coloro che si mettono alla ricerca dell’Acqua di Vita o che emulano l’opera di protezione, “onde mantenere ogni cosa immacolata”, degli Alti Elfi di Tolkien. Vi sono però anche i Ricercatori interessati, appartenenti alla cultura del dominio e della sottomissione, che ricercano la Fonte per il loro interesse, come il celebre Ponce de Leon, condottiero spagnolo.

I venti, fatti circolare dapprima all’interno del corpo (secondo le regole dell’alchimia spirituale taoistica) e poi all’esterno, in modo che sconvolgano tutta l’umanità, dai Profeti Verdi rivoluzionano le scelte e il cammino degli esseri, creando, come abbiamo visto, nuove correnti di pensiero che conducono verso una più alta manifestazione dell’Essere. Rivolgiamoci pertanto alle avanguardie per comprendere i rischi insiti in un’errata concezione di tali imprese e, poiché l’unico artista vivente che abbia voce in capitolo su questo argomento è Gabriel-Aldo Bertozzi, il fondatore dell’INIsmo e della cosiddetta “Rivoluzione Rivoluzionata” (unico movimento d’avanguardia a essere penetrato nel ventunesimo secolo), citiamo dalla sua “Guida del Rivoluzionario” del 1999: “La ricerca di raggruppamenti, di sette, di false forme filosofali o religiose, di ‘rinnovamenti’ sostenuti da speculazioni commerciali, di ‘società paradisiache’ (ebetaggini della pace, del verde e del silenzio), di interventi più o meno cruenti sul proprio corpo, è molto spesso il risultato di una mancanza d’identità che indica la necessità di una rivoluzione”. Orbene, ci troviamo qui dinanzi al monito di una persona che ha compreso la necessità di “andare oltre” la rivoluzione, rivoluzionando il concetto stesso che soggiace a essa. Tuttavia, la “mancanza d’identità” deve essere considerata, date le affermazioni fatte in precedenza sulla natura di questi particolari Profeti, come un rifiuto secco e decisivo della “sterilità intellettuale” che ripropone, adeguandole ai paradigmi della società attuale, le antiche credenze riconducibili alla reintegrazione in uno stato amorfo e indifferenziato della non-coscienza umana. È perciò necessario discernere con accuratezza quali “rivoluzioni” siano in realtà cresciute nell’attuale coscienza del genere umano dai semi portati dal vento del

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Profeta Verdeggiante, eliminando quelle che sono in realtà “residui tamasici” da ascriversi più a una “restaurazione” che a una vera e propria rivoluzione. Per quanto riguarda in particolare il nostro studio, diremo soltanto che la perdita d’identità è una condizione assolutamente necessaria che non è possibile omettere dal proprio cammino iniziatico, il primo passo verso la già citata con-dividualità che è la natura essenziale del nostro Shaykh, rappresentata dal “sempreverde archetipo” (evidente contraddizione in termini che, unica, può esplicare una complessità ontologica così palese) del Profeta Verdeggiante. Questa perdita, o piuttosto questa distruzione dell’identità di nama-rupa, operata attraverso il Fuoco, conduce alla nascita di quelle che possono essere considerate veramente le espressioni alternative dell’arte e del pensiero umani. La “mail art” e le “identità multiple” come Luther Blissett, la guerriglia psichica, le “Zone Temporaneamente Autonome” di Hakim Bey e le performance post-situazioniste, l’“irruzione nella Stanza Grigia” e le tecniche “cut-up” e “fold-in” di William S. Burroughs, la riscoperta dell’arte parietale aborigena e simili innovazioni rientrano tutte nel campo di quella genesi “senza nome” che, unica, può sconfiggere il mercimonio post-capitalistico dell’espressione umana che ha reificato un’immagine proveniente dall’“Istmo” per poterla trasmettere a pagamento attraverso ogni canale disponibile. Pertanto, ogni qual volta ci troviamo innanzi ad un evento, sia esso considerato a posteriori artistico o semplicemente esteriorizzato, che destruttura le fondamenta del pensiero logico e temporale della mente, “mattone primordiale” di ogni costruzione, fisica o psichica, atta a governare lo spirito umano verso direzioni pre-stabilite, sappiamo che il vento dei Profeti Verdeggianti ha spirato a nostro favore. Esso condurrà la nostra imbarcazione verso litorali non mappati dal Controllo, verso “Poli d’Inaccessibilità” raggiungibili soltanto da nocchieri ebbri di luce, il cui sestante è rappresentato unicamente da un’incitazione urlata attraverso la Compagnia delle Stelle: “Vai ardito legno, ardi il tuo ingegno!” (Bertozzi, “La Signora Proteo”).

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Ambiente ed evoluzione, libertà e potere Avendo già dimostrato che l’azione del Profeta Verde può essere ascritta non soltanto a una situazione storica, quindi rappresentativo-simbolica di “vitalizzazione dello spazio naturale”, ma anche (e soprattutto) all’effetto reale e non certo allegorico di alcuni elementi chimici nonché prettamente fisiologici presenti nel pianeta Terra, dobbiamo ora chiarire quali siano le connessioni della figura del Profeta Verde con le reali necessità dell’ecologia. Quando, cioè, esse siano sorte nel corso dell’evoluzione umana e quali siano i motivi per i quali, all’interno della strutturazione della psiche e della coscienza, a un certo punto sia stato necessario imporre un “nome e una forma” a questo Principio del tutto naturale, poiché infine di questo, e non di altro, si tratta. È ormai constatato dalle più recenti ricerche antropologiche e archeologiche che la fase pre-agricola (pre-neolitica) della società umana non fosse contraddistinta, come vollero i filosofi dell’Illuminismo e i fautori della fisiocrazia, da cieca brutalità, ottusità, ignoranza e violenza normalmente definite “primitive”. Al contrario, questo tipo di cultura pre-rituale, pre-civile e, in fin dei conti, pre-simbolica, era caratterizzato da uno stato egalitario basato sulla condivisione, la raccolta senza accumulo, tempo libero da dedicarsi all’ozio o al gioco, un modello comunicativo molto probabilmente non-verbale o comunque proto-verbale, le cui forme (forse basate su una sorta di “telepatia” di cui siamo ora privati dalla crescente alienazione e dal progressivo distacco sociale) sono ancor oggi riscontrabili presso gli ultimi gruppi umani non ancora sterminati dalla cosiddetta “civiltà” e ancora dediti a caccia e raccolta83. La vita pre-neolitica sembra a tutti gli effetti pervasa da un libertarismo paleo-taoista: “Gli Antichi vivevano in uno stato di confusione, e per questo condividevano con tutti la pace e il distacco. A quel tempo l’Oscurità e la Luce si equilibravano armoniosamente; i mani e gli spiriti non turbavano nessuno; le quattro stagioni si succedevano regolarmente; gli esseri non cercavano di nuocersi; nessuno moriva prematuramente. Benché dotati di intelligenza, gli uomini non se ne servivano. Era l’epoca dell’Unità perfetta: nessuno agiva, tutto si svolgeva naturalmente” (Chuang Tzu). Il “Santo” che inizia a praticare la “bontà e la “giustizia”, rovinando la spontaneità del Tao primevo, coincide con la nascita della cultura e della civilizzazione, del pensiero verbale e dell’arte come rappresentazione del sacro e intermediazione tra il mondo invisibile e la realtà visibile; in un tipo di società egalitaria, lo sciamanismo è democratizzato, in seguito sarà privilegio di quella che sarà destinata a divenire la classe sacerdotale, le cui armi saranno Tempo e Parola. In termini globali, è più che evidente che il progresso ha provocato più danni che benefici, e i risultati ottenuti nei campi apparentemente più legittimi (medicina

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Sarebbe preferibile invertire i termini che compongono questa definizione, affermando cioè che “raccolta e caccia” hanno contraddistinto il vivere armonico dell’uomo, poiché la raccolta senza accumulo è stata probabilmente la prima fonte di sostentamento della società.

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ecc.) sono soltanto parziali soluzioni a problemi da esso stesso provocati. D’altra parte, se consideriamo il problema dal punto di vista del “tempo ciclico” e delle ere cosmiche, la prospettiva dell’eschathon va intesa soltanto in rapporto all’inevitabile distruzione che precede la rinascita; pertanto, ogni e qualsiasi episodio e/o rapporto disarmonico nella dicotomia uomo-natura è prettamente caratteristico dello Yuga Kali. In ciò va inclusa la rappresentazione figurativa di un Principio Cosmico vitalizzante percepito dal primitivo come puro animismo o “panpsichismo” e dalla cultura posteriore alla Caduta (in quest’ottica, ogni precedente paragone fatto circa il “Paradiso Terrestre” et similia va inteso come genetica e subcosciente “nostalgia delle origini”, dello stato libertario pre-agricolo) di volta in volta come “Grande Madre”, “Salvatore” e, nel nostro caso Profeta Verde. In termini prettamente ontologici, il Profeta Verde è sempre esistito, anche prima della nascita di una cultura simbolica (che come hanno dimostrato recenti studi antropologici non significa “attribuibile a un’umanità di superiore intelligenza”), poiché senza di esso la vita stessa stagnerebbe e imputridirebbe velocemente, o in alternativa si consumerebbe troppo presto, come nell’eventualità si respirasse esclusivamente ossigeno. “Di dove le fonti native e i fiumi lontani ristorano il mare, o l’etere nutre le stelle? Tutte le cose, difatti, che sono di essenza mortale, l’infinito dei giorni e del tempo dovrebbe averle già estinte” (Lucrezio). Tuttavia, non ha senso parlare d’ontologia laddove non v’era distanza tra l’Essere e il percettore di tale Essenza, ergo, tutta la successiva “gnoseologia di un errore primordiale” dovrebbe, se proprio volesse, ricercare il Profeta Verde nella “Natura non simbolizzata”; ma per farlo occorrerebbe un “pensiero silenzioso”, un’audizione profondamente ricevente, dove ora c’è solo il chiasso che una cultura completamente estraniata dai processi naturali ha partorito. Naturalmente, il nostro santo-profeta può essere efficacemente ritrovato nella primitiva arte parietale, la nascita della cultura funzionante attraverso rappresentazione, il primordiale distacco (anche se questa interpretazione non tiene conto di cicli evolutivi precedenti a quelli conosciuti dalla scienza “ortodossa”) dalla Realtà. Questo bisogno di “imporre un nome e una forma”, e quindi di interpretare, di controllare, di dominare, sembra essere quasi un malfunzionamento ancestrale della mente umana, come se essa anelasse a distaccarsi dal silenzio e dall’ascolto, dalla comprensione e soprattutto dall’appercezione del reale. L’estremizzazione del concetto di dominazione si ritrova nella psicosi semi-divina, cannibalesca e omicida, del personaggio di Kurtz in “Cuore di Tenebra” di Conrad: la potenza dell’uomo bianco lo fa assurgere al titolo di divinità agli occhi del “selvaggio”. Comunque, anche tale giudizio rimane “apodittico”, poiché, anche se in termini strettamente temporali la decadenza dell’essere umano è relativamente vicina, il groviglio di leggi e di abitudini mentali che impediscono una veloce risoluzione del problema si è innalzato al rango di “organo mentale” stesso, andando di fatto a sostituire l’organismo naturale preposto. Pertanto Tom Bombadil, Al Khidr e tutti gli altri Eroi Verdeggianti sono lì, proprio perché la nostra mente decaduta lo necessita, a ricordarci, con il simbolo

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della loro stessa essenza, chi eravamo e come vivevamo, senza il bisogno di chiedercelo. Ecco allora come, forse, possiamo unificare sotto un’unica “figura non figurativa”, l’Afrad, il solitario, colui che, non potendosi accostare per la sua iniziazione a un Guru ortodosso, segue il “Profeta del proprio Cuore”, l’uomo paleolitico “conscio eppur inconsapevole” di un principio vitale e di un agente vitalizzante che permea tutta la Natura e, per certi versi, l’uomo contemporaneo che, per una ragione o per l’altra, tende a rompere i legami con una cultura vuota e distruttrice della biosfera, per darsi a un’ardimentosa per quanto troppo spesso inconcludente “ecologia”. In un senso molto più prosaico, il seguace del Profeta Verde può essere benissimo chi si rende conto delle proprietà anti-ossidanti del The Verde. È certo che, almeno per quanto concerne questo determinato argomento, uno spirito meramente “primitivista” escluderebbe troppe variabili, come ad esempio (in un’ottica palesemente gnostica) le cause dei grandi mali del mondo che devono essere imputate a una strutturazione e gerarchizzazione che hanno origini ben più lontane della Rivoluzione Neolitica. In verità, sono a tutti gli effetti da ascriversi alla creazione stessa della materia, carcere primario della Luce Primordiale e abisso non raggiungibile né dalla storia né dalle discipline a essa collegate, alle quali i Primitivisti, tanto negatori e spregiatori della cultura, fanno così spesso riferimento, decadendo nella perpetua citazione caratteristica del pensatore post-moderno, da essi stessi osteggiato. È proprio grazie a un “peccato originale”, a una colpa primordiale che l’uomo si trova oggi a vivere un’esistenza così alienata e distaccata dai ritmi e dalle armonie della Natura, distorta dallo “spazio verbale” che una cultura simbolica ha disposto tra la Realtà e l’uomo che vive in essa. Che questa interruzione dello stato edenico originale non sia accaduta improvvisamente è ormai chiaro: il distacco da una non-struttura embrionale e pleromatica avviene per gradi, proprio come attraverso fasi successive la Natura non fu più considerata come un unicum indivisibile, ma strutturata (attraverso un nascente pensiero verbale-simbolico a sua volta auto-strutturatosi) in modo tale da poterne suddividere il rapporto tra membri di una stessa comunità e, di conseguenza, sfruttarne al meglio le risorse. Colui che anela a distaccarsi da questa prigione, il “pneumatico” gnostico, l’Afrad seguace del Profeta Verde, si sente automaticamente “straniero in terra straniera”; questo mondo gli appartiene soltanto per quanto concerne il corpo, mentre il suo spirito, la parte più elevata del suo essere, brama alla ricongiunzione con la purezza delle origini. La Luce che egli intravede ancora celata nei meandri della materia gli ricorda dio84, la totalità nel trovarsi congiunto al Padre, prima che questo mondo abbietto, divorato ora dalle fiamme dell’industria, avvelenato dalla radioattività, fosse creato. In questo senso lo Gnosticismo, come corrente iniziatico-ideologica, ha più senso di esistere ora, nella nostra epoca post-moderna dubitante di tutto e onnisfruttatrice, piuttosto che in una temperie culturale, anche se già inficiata dal pensiero religioso-simbolico e all’apice dell’esperienza dinastica, che non aveva ancora conosciuto la degradazione pressoché completa del pianeta, pur avendo già da tempo cominciato 84

“Per scampare la sua anima dalla fossa e per illuminarlo con la Luce della Vita” – Giobbe 33-30.

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a sfruttarne la terra. Proprio in questa terra, nelle regioni ctonie in cui quelli che un tempo erano naturalissimi principi di rapporto tra Uomo e Natura ora sono divenuti ciechi e confusi atavismi, il Profeta Verde, con la sua opera (giacché egli è “uomo d’azione”), è in grado di ritrovare le faville perdute della primitiva Creazione. Nonostante le grandi religioni “secolari”, storiche e quindi istituzionalizzate auspichino un mondo fatto su misura per l’uomo, che l’uomo può utilizzare a suo piacimento, così come gli esseri viventi che lo popolano, è necessario, per amore di giustizia, chiarire che in alcuni ambienti esoterici in seno all’Islam (come abbiamo finora ampiamente dimostrato), al Cristianesimo, in particolare primitivo, gnostico e apostolico, e all’Ebraismo, sono esistite delle correnti ideologiche che hanno posto l’Essere Umano quale “Guardiano” di questo mondo, con il compito divino di proteggerlo e preservarlo. Ci si riferisce qui in particolare al pensiero di Ramchal, al secolo Rabbi Mosè Chajjm Luzzatto, cabalista padovano del XVIII secolo, ferocemente perseguitato dall’ambiente rabbinico veneziano per le sue idee eterodosse. Tali concezioni morali, magnificamente espresse nella “Mesilat Jesharim”, “Il Sentiero dei Giusti”, pongono l’Uomo, quale Creatura, nel Giardino del Mondo affinché lo coltivi e non lo distrugga, attraverso un iter iniziatico per gradi, che corrispondono alle più alte mete dell’ordinamento morale. Pur nella sua limitata mentalità religiosa, composta di dogmi e asservita completamente alla sottomissione a una divinità pantocratica e onnipotente, Luzzatto espone nella sua metafora del “Giardino” una varietà di simbolismi e d’insegnamenti che in parte corrispondono a quanto abbiamo affermato all’inizio di questo lavoro, per quanto concerne il ruolo del Profeta Verde all’interno dell’organismo naturale. “A cosa è simile tutto ciò? È simile a un Giardino a struttura di Labirinto, di quelli costruiti dagli aristocratici a scopo di divertimento. In tali giardini gli alberi sono disposti come pareti tra le quali scorrono molti sentieri che s’intersecano e confondono, tutti simili l’un l’altro” (Capitolo III). Evidentemente lontano dalla non-etica anarco-paleo-taoista (come l’abbiamo precedentemente definita) delle società pre-neolitiche, in quanto esponente di una religione dell’“azione”, fatta di atti e devozioni (Mizvà) da espletarsi come obblighi per meritarsi una ricompensa futura extra-terrena, extra-mondana, Luzzatto non poteva certo magnificare la “beata pigrizia” dell’uomo selvaggio, delle società che precedettero la divisione del lavoro e la nascita della gerarchizzazione. Tuttavia, egli si pone, nell’ambito di un pensiero religioso il più delle volte atto alla sottomissione della Natura (inclusa quella meramente istintiva dell’uomo), come un rappresentante di quella “moralità” religiosa che implica un sentimento armonico di Unio Mystica con il Principio Creatore, sia nella sua trascendenza celeste, sia nell’immanenza dello Spirito Divino nella Creazione. Quello stesso Spirito d’Amore che abbiamo compreso essere uno dei principi basilari che muove l’azione evolvente e contemporaneamente conservatrice del Profeta Verde. “Quando il Santo creò il primo uomo, lo sollevò e lo accompagnò in mezzo a tutti gli alberi del Giardino dell’Eden, e gli disse: ‘Guarda le mie opere, quanto sono belle e degne di lode, e tutto ciò che ho creato

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l’ho creato per te. Fa’ attenzione a non danneggiare e a non far seccare il mio mondo” (Qohelet Rabbà, 7, 28). Probabilmente un buon esempio di sintesi tra “Transumanesimo” & “Primitivismo” può essere fornito dal coniatore del primo tra questi due termini, il biologo Julian Huxley, fratello del più noto Aldous. Citiamo queste due correnti ideologiche, impegnate nel direzionare il cammino dell’uomo verso la rinascita o la disfatta, poiché sono apparentemente le più estreme e, altrettanto superficialmente, ai due lati opposti della barricata; ma anche perché la duplice funzione del Profeta Verde, “conservatore e evolvente”, si riassume in una sola parola, che racchiude in sé il dissolvimento di ogni possibile discordanza ideologica: Iniziazione. Come abbiamo visto, il Primitivista vede nella rivoluzione neolitica dell’agricoltura il “seme del male” piantato nella suolo, che condurrà allo sfruttamento pressoché globale del pianeta Terra. Di pari passo, si forma una “cultura simbolica” che va a sostituire un corretto rapporto, diretto e non mediato, con la Natura, conducendo a ciò che ora possiamo ben osservare accendendo la televisione o navigando in internet85 e che i Situazionisti, comunque, avevano già profetizzato86, facendo inoltre affermazioni altrettanto penetranti sul tempo cosiddetto “lineare” e sulla parola scritta come strumento di dominazione e base stessa della creazione dinastica. Per il Transumanesimo, invece, è auspicabile che la tecnologia, nel suo progressivo avanzamento, riesca supplire a ogni bisogno umano, a curare ogni sorta di malattia e di difetto (Huxley fu soprattutto un genetista) e a rendere, secondo la nota teoria nietzschiana del superomismo, l’uomo infine praticamente “immortale”. Ovviamente questa è un’utopia radicalmente impiantata dalla nascita della cultura simbolica in poi, poiché è ovvio che l’uomo del paleolitico inferiore non era immortale, ma la nostalgia delle generazioni successive per un “paradiso perduto” è semplicemente la consapevolezza che il tempo e la morte biologica una volta non toccavano minimamente la felicità dell’uomo, che viveva pertanto in un eterno presente. Per il Transumanesimo anche la mente umana e i suoi meccanismi un giorno saranno superati, attraverso la realtà virtuale, alla quale ogni procedimento atto alla risoluzione di problemi potrà essere ascritto, “liberando” l’uomo dai vincoli non soltanto biologici, ma anche psicologici. Sebbene possa sembrare pura follia, è altrettanto pazzo chiedersi in continuazione che cosa sia “naturale” e che cosa non lo sia, perché dal momento della “rivelazione” della teoria darwiniana ogni passo dell’evoluzione può essere considerato come perfettamente consono allo sviluppo della mente umana nel tempo. Julian Huxley (1887-1975), coniatore del termine “Transhumanism” (1957), e ricercatore eugenetico (termine che fin troppo spesso viene accostato a concetti quali “razza”, “purezza”, “ordine mondiale” e via dicendo, lasciando al Lettore arrivare alla mal celata meta), fu anche un forte 85

L’utopia che la Rete potesse essere utilizzata per una “libera informazione” è stata ben presto sfatata dagli utilizzi che i governi hanno fatto di essa e continuano a compiere attraverso la censura. Un caso simile si trova anche nell’opera di Tolkien: i “Palantir” le sfere che permettono di comunicare a distanza e che furono in passato utilizzate dagli uomini per mantenere la pace nella Terra di Mezzo, possono essere assoggettate per fini di controllo dalle forze del Male, in questo caso, Sauron. 86

Si veda “La Società dello Spettacolo” di Guy Debord.

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sostenitore della conservazione delle culture primitive, soprattutto dopo i suoi viaggi in Africa, tanto da farsi promotore della fondazione di numerosi parchi naturali in un’epoca ancora fortemente satura di colonialismo sfruttatore ma tuttavia anche “civilizzatore”. Il punto (che il nostro Profeta Verde può forse espandere in cerchio) è naturalmente una distorta idea di evoluzione, distorta proprio perché “idea”, quindi per forza di cose, grazie a platonismo e nominalismo, eminentemente distaccata dall’oggetto, pur esistente, che dovrebbe descrivere o di cui sarebbe il virtuale predicato. C’è un disappunto fondamentale, un errore primordiale, un “peccato originale” che consiste nel dover attribuire un significato oggettivo alla Natura e a tutto ciò che a essa è più o meno consono. Tuttavia la semantica non può essere mai “oggettiva”; questo stato delle cose è esperibile soltanto attraverso il Silenzio. Il Profeta Verde non è soltanto un prodotto (per quanto egregio) della mistica e della letteratura iniziatica; se così fosse non potremmo distinguerlo da tutto ciò che viene dopo il limen rappresentato dalla nascita stessa della cultura, ma in questo contesto egli è semplicemente la rappresentazione di un principio naturale obliato che, pur profondendosi nell’uomo e donandogli una perfetta armonia con tutto ciò che lo circonda, nondimeno esso lo libera da tutto ciò che è potenzialmente dannoso, di fatto aumentando così il suo tenore di vita e, di conseguenza, la durata e la qualità, sebbene tali concetti non possano che inficiarne i risultati, almeno a livello meramente psichico. In altre parole, l’utopia Primitivista, essendo inattuabile così com’è nel mondo contemporaneo (causerebbe ovviamente la morte di milioni di persone rinunciare improvvisamente alla tecnologia in toto, anche se il processo dovesse essere graduale), deve essere presa come modello vivente, come “esempio biologico” cui attingere, continuamente sotto l’egida iniziatica, fondamentalmente anarchica o almeno antinomista, del Profeta Verde visto come “Santo Iniziatore” di coloro che non si sottomettono all’autorità spirituale e materiale della cultura e del linguaggio dominanti. “In quanto partigiano della libertà, questa condizione primaria dell'umanità, penso che l'eguaglianza debba stabilirsi attraverso l'organizzazione spontanea del lavoro” – disse Michail Bakunin, e dal punto di vista di questo particolare studio, il “lavoro” può essere inteso anche come “lavoro su se stessi”, cioè come Alchimia Spirituale cui, come abbiamo visto, i Maestri degli Afrad, dei solitari, sono preposti anche se soltanto in modo rappresentativo, conducendo al Cuore dell’Iniziazione che coincide con il “Vero Centro dell’Essere” del cosiddetto “Discepolo”. Nella sua accezione meramente antropologica, la gerarchizzazione del lavoro trova senz’altro le sue origini “terrene” nella divisione dello stesso attraverso l’instaurazione dell’agricoltura eretta a sistema assoluto, da cui deriva ovviamente il concetto di proprietà insieme a tutta una complessa congerie di malattie mentali e di alienazioni che stanno raggiungendo proprio ora il loro culmine. I Profeti Verdi s’inseriscono in una diversa prospettiva: quella dello sciamano. Tuttavia, non abbiamo qui a che fare con il privilegio di un singolo rispetto alla comunità in cui vive, la possibilità di comunicare con i mondi invisibili che gli concede un potere superiore; non ci troviamo nemmeno allo stadio

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precedente, quando parliamo di “Profeta Verde”, lo stato pre-neolitico di “democratizzazione dello sciamanismo”, concetto ostico sia all’antropologia sia alla filosofia “radical”. No, il Profeta Verde è lo sciamano asceso al cielo, che ha superato il manto punteggiato di stelle del cosmo e ora può ritornare sulla Terra in molteplici forme. La sua natura ormai “semidivina” e la sua capacità di passare indiscriminatamente tra stati della Manifestazione formali e sovra-formali, lo rendono ovviamente “protettore e ispiratore” sia del Cielo sia della Terra. In termini propriamente utilitaristi, la corsa sfrenata (tuttavia “distorta”, come abbiamo visto) verso l’evoluzione di tecnologie atte al miglioramento (per quanto, il più delle volte, mirate al soddisfacimento di bisogni del tutto privi di valore) della vita umana non può non continuare ad libitum ma, affinché non conduca alla scomparsa di ogni specie vivente sul pianeta Terra (incluso l’uomo), deve prendere a modello il “primitivo di pari intelligenza”. Deve far sì che l’essere umano “decaduto” divenga (come in realtà potenzialmente già è) un “più che uomo” (Paleolitismo Psichico) consapevole dell’errore causa della presente decadenza, pronto perciò a non ripeterlo, e contemporaneamente reso (fisiologicamente e psicologicamente) “perfetto” grazie a tutte quelle tecnologie atte all’abbattimento di ogni e qualsiasi difetto possa esistere in natura che contrasti l’esistenza, dalla malattia all’invecchiamento. Come abbiamo già affermato, è completamente inutile discutere su che cosa sia “naturale” e che cosa contrario ai cicli di un supposto “organismo naturale”, poiché di fatto tale organismo non esiste più e l’uomo non può certamente essere preso ad esempio di questo, quand’anche fosse scomparso recentemente. Se la tecnologia ha causato la maggior parte delle malattie degenerative che essa stessa tenta ora di curare, non si vede perché un accrescimento illimitato di tale tecnologia, privata di ogni restrizione morale ed etica, non possa condurre nuovamente a un punto iniziale, da cui riprendere, grazie al già citato “modello primitivo” e alla consapevolezza di un’ecologia completa e non palliativa, a creare quell’Eden ora perduto e così spesso agognato. La mediazione simbolica è superata “divenendo il simbolo”, attraverso l’auto-iniziazione. Evolvente e Conservatore, il Profeta Verde inizia alla comprensione della Ricerca, che è raggiungimento e contemporaneamente perdita, e a come “liberarsi in vita” da questo apparentemente malvagio ciclo, abbattendo il tempo lineare, ritornando a considerare un Tutto, il nostro pensiero e il pensiero del mondo, sublimati nella visione spirituale non più nominalista. Il “simbolo” non è che strumento per distruggere il “Simbolo”, nelle mani di uno sfrenato Ricercatore di Silenzi; demolito il Simbolo archetipico-psicologico, anche il simbolo-strumento si autodistrugge. In ciò l’opera degli Afrad si distingue nettamente dall’ideologia simbolista, in particolare quella di Ivanov87, con la sua teoria "a realibus ad realiora" e "a realioribus ad realia" che indica come compito dell’artista sia "liberare e trasfigurare la realtà in modo tale che l’arte si dispieghi in un mondo di simboli che rivelino l’inesauribile pienezza della realtà interiore". Senza tener conto minimamente che il mito e il simbolo sono mezzi per avvicinarsi non tanto a 87

Vjačeslav Ivanovič Ivanov (1866–1949), poeta e drammaturgo russo.

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una realtà d’ordine “superiore”, quanto alla realtà stessa, dalla quale la simbolizzazione in sé ci aveva separati. Gerarchizzando i gradi della vita sociale, è indubbio che anche la realtà cosiddetta “trascendente” sia suddivisa per ordine d’importanza, così come le emanazioni gnostiche creano, infine, il tempo “eonico” dal quale l’escatologia non può ovviamente prescindere. Vedendo il problema da un punto di vista cosmico, è naturalmente vero anche il contrario, poiché a ogni emanazione dell’“Eterno Femminino” o Sophia (Rivelazione finale secondo Solov’ev88) le “Ombre delle Idee” del duplice universo platonico si stratificano creando fitte tenebre d’autorità e controllo.

Forse un esempio di ciò che tentiamo di spiegare, a livello sociale, può essere ritrovato nel comportamento dell’“Uomo di Marte” protagonista del celebre romanzo di Robert Heinlein (1907-1988), “Straniero in Terra Straniera”, prima che l’invitabile distorsione provocata dal contatto con la cultura umana inficiasse la naturalezza e il “silenzio auditivo” di un uomo che “è nel mondo ma non è del mondo”, proprio come Tom Bombadil che non si accolla il peso della proprietà della terra, nonostante ne sia il Signore, il “Messere”. Perché non ricordare anche “Bomb”, famoso poema di Gregory Corso (1930-2001), nel quale il poeta, che come abbiamo visto è il “Bardo” destinato a seguire le orme del Profeta Verdeggiante, nel suo “amore universale” arriva ad amare perfino la bomba atomica, chiedendosi, infine, quale differenza vi sia tra essa e un’“amigdala” o a qualsiasi altro strumento creato dall’uomo in qualsiasi tempo. La Bellezza diviene l’unico criterio per analizzare e giudicare qualsiasi oggetto si presenti alla percezione. L’esplosività iniziatica, che noi attribuiamo all’incontro con il Profeta Verde, appare in questi versi del succitato poema, dispiegandosi pertanto anche all’interno dei prodotti, per quanto mortiferi, dell’essere umano: “Sboccia la rosa finale – O Bomba Primavera – Vieni con la tua veste verde dinamite – Libera dalla minaccia l’occhio inviolato della Natura”.

Lo “Stato Intermedio” in cui dimora l’essenza di Al Khidr parte dunque dal Guna “Tamas” o Nigredo Alchemica per condurre all’espansione del “Rajas” e infine all’ascensione del “Sattva” o Albedo. Negli anni ’70 nacque, nell’ambito della fotografia, la cosiddetta “Archeologia Industriale”, in Italia ad opera di Gabriele Basilico (1944-2013); nelle immagini di questo nuovo filone espressivo si può spesso notare la “riappropriazione” degli spazi dedicati alle venefiche fabbriche da parte del verde, riappropriazione dello spazio urbano che i Situazionisti avevano già eletto a fondamento del loro sistema di sabotaggio della “morale comune”. Il ritorno allo “stato di natura”, che sembra dividere profondamente il Primitivismo da altre filosofie, quali ad esempio l’Estropianesimo, è sempre e comunque frainteso, poiché si attribuiscono al termine “Natura” i significati più disparati. L’Alta Tecnologia utilizzata da un “pensiero paleolitico” è certamente già avvenuta, come dimostrano le leggende, ormai divenute speculazioni di mercificato esoterismo, sulle tecniche Atlantidee, Lumuriche e Paleo-Egizie. Comunità isolate e radicate nella “Zona d’Ombra”, al di fuori del raggio d’azione dell’Occhio-che-Tutto-Vede, 88

Vladimir Sergeevič Solov'ëv (1853 –1900), filosofo, teologo, poeta e critico letterario russo.

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il Controllo, possono aver operato già in passato esperimenti di trasmigrazione e metempsicosi attraverso l’utilizzo psico-sessuale della “Sostanza dell’Ombra”, procedimenti che, visti da un futurologo, si tramutano in passaggio completo e definitivo nella realtà virtuale dell’intero processo di autocoscienza.

L’ormai obsoleto concetto dell’“Uomo Nuovo” ritrova una sua attuale ragione d’essere nell’incontro con il Verdeggiante: azione distaccata, pertanto, superamento del corpo a partire da una “base purificata”; non “spiritualità” ma “Scienza dello Spirito”. Questo nuovo straniero impara a vedere il mondo che pensava di conoscere già come una “Ininterrotta Creazione”, rinnovandosi completamente a ogni istante di poiesi universale. Esso non è più un ambientalista ma è ambiente, realizzando perciò, con grande naturalezza, le tesi anti-speciste di Bentham89 (ma anche il detto Thelemico: “Non esiste Dio ma l’Uomo90”) e il “sogno nel sogno”, cioè l’apertura multidimensionale che avviene nell’istante di completa auto-coscienza onirica, fatta dell’unione intrinseca tra interiorità ed esteriorità. Si pone così in atto quella che può a pieno titolo essere definita come una “polifunzionalità non invasiva dell’uomo”. Ritroviamo in quest’ambito il “Dreamtime” & il “Walkabout” degli aborigeni australiani, altra cultura che la colonizzazione “bianca” ha sterminato senza pietà. Il problema della libertà, in questo contesto, assume nuove e non-predeterminate risoluzioni. Il motto “Nulla di troppo” del Tempio di Delfi assume i connotati della quaestio summa che il filosofo pensa di risolvere con il verbalismo: fino a quale punto può spingersi la tecnologia? Chi impone i limiti (se vi è ancora qualcuno in grado di farlo) riguardo ciò che si può fare e ciò che, palesemente, rappresenta un suicidio biologico? Rispondendo: “La Politica”, assumiamo un funzionario vecchio e corrotto, ormai del tutto insensibile all’originaria “nobiltà” (se mai è esistita) della funzione. Il filosofo tenta pertanto di sottomettere la Politica all’Etica, ritrovandosi ancor più impastoiato di prima, poiché gli si presentano i vincoli indissolubili (o quasi) dell’appartenenza a una determinata tradizione religiosa o sociale. Per citare Wittgenstein: “L’unico scopo che rimane alla filosofia è l’analisi del linguaggio”. Un’ottica epicurea è pur sempre valida e in grado di scavalcare i secoli che ci separano dal celebre “Inno di Venere”, incipit del poema di Lucrezio incentrato, per l’appunto, sulla conoscenza delle “Cose di Natura”; tuttavia tale visione, applicata al mondo della realtà virtuale, della guerra dei droni e della fisica quantistica, rischia inevitabilmente di dimenticare l’essenza umana con un degradante “post-umanesimo” ancor più indifferente alle sorti del pianeta. Qui s’inserisce la figura del Profeta Verdeggiante, il vitalizzante, il rinvigorente, il Palingenetico. Infatti, l’ecologia promossa dalla politica è non soltanto mossa da interessi prettamente egoistici, poiché tenta falsamente di curare il malato mentre di nascosto i suoi sottoposti (liberando pertanto il mandante da ogni responsabilità) continuano ad avvelenarlo in modo invisibile o, al contrario, sfacciatamente palese, ma anche perché agisce su uno strato estremamente superficiale del problema.

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Jeremy Bentham (1748-1832), filosofo inglese, tra i primi sostenitori dei diritti degli animali. 90

Nel “Liber OZ” di Aleister Crowley.

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L’azione del Verdeggiante tocca invece l’essenza stessa della Natura, la Sostanza Universale o “Prakriti”, in modo tale che chiunque si identifichi (quindi si auto-inizi) nella prima si trova inevitabilmente immerso completamente nella seconda. L’aporia fondamentale tra “conservazione” (ecologia), “ritorno alle origini” (Primitivismo) e “sfrenata evoluzione tecnologica umana” (Transumanesimo, Estropianesimo) crolla nel momento in cui il seguace del Profeta Verde è in grado di operare sui piani sottili, liberando l’uomo dalla sottomissione alle “Leggi Naturali” senza distruggere in corso d’opera l’organismo naturale. A che pro, infatti, distruggere completamente le risorse di un pianeta quando non ve n’è un secondo ove fuggire e, nel caso l’eventualità si presenti, compiere su di esso (come accadrebbe certamente) la medesima azione di sfruttamento?

“Etica” e “Morale” vengono simultaneamente abbattute, come concetti, dalla consapevolezza che il Transumanesimo, partendo da un errore psichico-sociale post-neolitico, conduce alla distruzione fisica e all’alienazione psicologica soltanto se il suo fine rimane “avviluppato” alle sue stesse cause, in modo tale che dove c’è l’uno ci sono necessariamente anche le altre. I seguaci del Profeta Verde, essendo gli Gnostici per eccellenza, sono inseriti perfettamente nella Sostanza Universale e, attraverso questa, hanno risolto il fondamentale problema del male come “mancanza di libertà” causato dalla morte e dai problemi affini dell’uomo, apparentemente legati alle cosiddette “Leggi” con le quali la Natura costringe l’uomo a un’esistenza limitata. Questi solitari o Afrad, Discepoli dei Verdeggianti (perciò Evolventi), arrivano spesso a divenire “Abissi di Potere” (Bythos Exousias) e “Abissi di Libertà” (Bythos Eleutherias) contemporaneamente e, il più delle volte, raggiungono questa “pienezza” grazie al loro incessante studio delle Tenebre che avvolgono il mondo. Così come anche in natura è il verde, accumulandosi, a concepire il nero, come avviene per i depositi vegetali che, con il passare delle ere, producono i combustibili fossili ora colpevoli di buona parte della distruzione ambientale, i seguaci del Profeta Verde sono in grado, attraverso la loro viriditas, di concepire un “abisso” o Buco Nero nel quale ingoiare tutte le “cose immonde” o immondizie che la Gehenna cela, inclusi i sacrifici umani ivi compiuti da Re Ahaz. Essi divengono pertanto una singolarità all’interno della quale le leggi naturali e fisiche cessano di avere ragion d’essere, includendo perciò anche il tempo cosiddetto “lineare” responsabile di una distorta percezione psichica della realtà, nonché dello spazio concepito come “indefinitamente limitato”, cioè passibile di perpetua, incessante limitazione, di recinzione, perciò di proprietà e di assoggettamento.

È proprio attraverso l’eliminazione della contraddizione tra potere e libertà, quindi agli infiniti vincoli verbali e di conseguenza sociali che questi due concetti implicano, che i Veri Discepoli, divenuti ora pertanto Verdeggianti Profeti, sono in grado di trasformare essi stessi nel cambiamento di cui il mondo abbisogna91 in ogni

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“Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo.” – Mahatma Gandhi.

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istante della sua esistenza e creazione e che, sebbene in modo alquanto riduttivo, può essere definito “evoluzione”.

Il Profeta Verde è colui che “sbuca fuori” improvvisamente dall’opera letteraria più classica, mozzando le teste dell’Idra, il Controllo Tradizionale, costituite dagli archetipi che segnano, con la loro esistenza e il loro raggio d’azione l’evoluzione “ortodossa” della Storia. Filo d’erba che buca l’asfalto delle strade degli uomini con infinita pazienza, cantilenando “non potrai essere paziente con me…” – Ed è proprio così, perché la loro azione si mantiene nell’ombra che avvolge il significato interiore, iniziatico del racconto, della vita stessa dell’Uomo sulla Terra. Sei stato minerale, vegetale, animale, uomo: prendine ora consapevolezza e diventa Verdeggiante Profeta. Ogni creazione artistica umana, a ben vedere, presenta (e deve presentare) questa stocastica, intrinseca caratteristica, poiché senza di essa verrebbe a mancare il collegamento con qualsiasi significato esoterico; la cultura umana, già distaccata per sua stessa natura dal reale, stagnerebbe definitivamente marcendo nella concrezione assoluta della Coscienza. Ciò vale, naturalmente, anche per l’utilizzo “liberatorio” della tecnologia che, lungi dall’essere neutra, può essere usata sia per opprimere sia per aiutare, se adeguatamente “sabotata” e condotta verso fini auto-realizzanti. Così com’è esistito un “Imperialismo Magico”, di cui si sono serviti gli inglesi per la colonizzazione del Nuovo Mondo, attraverso il consigliere spirituale di Elisabetta I, John Dee92 (operazione che “infettò” un’intera generazione di occultisti, da cui nemmeno lo stesso Crowley fu esente), nello stesso modo può esistere un’“Insurrezione Magica” fondata dal Profeta Verde. Un’Operazione Occulta di radicale mutamento dell’Essere Umano: Prospero e Calibano coabitano in una nuova Prima Materia sublimata da questa Alchimia contemporaneamente “primitiva” e “indefinitamente progressiva”. “Ciò che è ‘naturale’ è ciò che immaginiamo e creiamo”, se assumiamo che “autorità” e “controllo” non siano immaginazione e creatività. L’Uomo è ancora “Terra Vergine” e il suo stato naturale è propriamente indefinibile; questa sua caratteristica lo rende particolarmente atto alla Liberazione e alla Realizzazione. Ogni individuo che vesta il “Mantello di Al Khidr” può divenire un’enclave di libertà totale, “caos verde” partoriente oro, un Eldorado di abbondanza (anche economica), perpetua esplorazione e psiconautismo, “Guardiano e Liberatore della Natura”.

Il semaforo è verde: avete grokkato93?

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John Dee (1527–1608), occultista, matematico, alchimista, astrologo, negromante e navigatore inglese. Creatore di sistemi che ebbero in seguito grande fortuna presso gli esoteristi, come il “Linguaggio Enochiano” ricevuto grazie al suo medium Edward Kelley, o il simbolo chiamato “Monas Hieroglyphica”. 93

Nel romanzo fantascientifico di Robert Heinlein “Straniero in terra straniera”, la parola marziana significa letteralmente “bere”. Per esteso, “comprendere pienamente”, in profondità.

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E si torna a casa…

Si alza dunque la vela che riconduce il Profeta, Al Mustafa, il Prescelto, l’Eletto e l’Amato, alla sua terra. La sua Dimora è l’Eterno Ritorno, poiché la sua essenza permane sull’orizzonte degli eventi dal quale, a piacimento, egli può scatenare i venti gravitazionali dal Buco Nero verso il mondo degli uomini, sconvolgendone la quieta esistenza, arroccata nella Contea degli Hobbit o nelle affollate e apparentemente caotiche metropoli. L’Uomo Universale che ha perduto la sua identità ha raggiunto l’Identità Suprema e può manifestarsi ora in altri mondi, con altre, infinite manifestazioni, essendo passato aldilà del Nome e della Forma. Egli è l’Eletto nella stessa élite intellettuale, poiché è andato oltre il Nous, l’Intelletto Agente, è uscito in modo extra-cosmico dalla Caverna Iniziatica, ha seguito il corso del fiume per trovare l’oceano e contemporaneamente ne ha risalito la corrente per giungere alla sorgente, in cima alla vetta della Montagna Sacra. L’Illusione è caduta per sempre e il riso sgorga dalle sue labbra per creare nuovi mondi. Il simbolismo della barca ci conduce al mezzo con il quale gli dei egizi e le anime dei morti attraversavano gli spazi siderali verso la Dimora dell’Aldilà: come abbiamo avuto modo di studiare, il Profeta Verde è in sostanza un “mezzo” attraverso il quale stabilirsi su un piano ontologico sempre più alto. Egli deve perciò simbolicamente partire una volta eseguito il compito per il quale lo si aveva evocato; il Profeta Verdeggiante non può mai, in nessun caso e per nessuna ragione, privarsi della sua intrinseca, eterna dinamicità. Questa azione energizzante è assicurata anche dal fatto che la “Barca del Sole”, di cui narra anche Giamblico, riunisce in sé le caratteristiche di umidità e di secchezza, quindi di “genesi” e di successiva, ignea “intelligenza”, o Nous: la partenza del Profeta rappresenta sempre e comunque una nuova genesi, attuata per mezzo del contrasto tra gli elementi e la loro sublimazione alchemica, generazione che può tradursi in altezza iniziatica o nascita nel senso fisiologico del termine. Spesso, nei rilievi mitriaci, il dio cosmogonico e il toro sono raffigurati su una barca; questo primitivo sacrificio, di cui abbiamo già discusso, che è ripetuto a livello iniziatico e psico-fisico da chi si accosta all’opera vivificante del Verde Profeta, porta in essere il passaggio tra due diversi stati di manifestazione, separati da un oceano di possibilità. Ci troviamo qui di fronte alla duplice immagine dell’uomo che ritorna dal mare, come Odisseo, e di colui che invece parte verso il mare, per perdersi in esso, nell’estinzione e nella dissoluzione del Fana’ sufico. Gli Elfi di Tolkien salpano dalla Terra di Mezzo per non tornarvi mai più, avendo in essa portato a termine il loro compito, mentre Odisseo ritorna dal mare e dalle fatiche in esso racchiuse. Il mare assume la sua doppia connotazione: luogo iniziatico, di prove e pericoli da superare, nel caso del ritorno; metafora del “Volto di Allah” nel caso della partenza, e di mezzo con il quale perdersi completamente in esso. Sappiamo tuttavia che, almeno nel caso dei nostri Profeti, l’andata e il ritorno coincidono, poiché vi sarà sempre un’entità verdeggiante, preposta cioè a “rinverdire” a “condurre verso il

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verde”, verso il colore sacro, a “porre in essere il verde”, in ogni luogo da cui essa stessa sembra essersi allontanata. “Andata e ritorno”, l’originario titolo del “Libro Rosso dei Confini Occidentali”. Dall’unità alla dispersione e viceversa, in un continuo movimento che è il respiro stesso del Cosmo, che è la vita. “Verdeggiare” significa non soltanto “vivere” ma anche generare, condurre verso la vita, mantenerla in atto e farla evolvere attraverso una continua sublimazione. Ci si spoglia della propria tunica d’ignoranza e si viene investiti del “Mantello del Khidr”, si è salvati dalle Tenebre dal canto di Tom Bombadil e, una volta tornati in patria dopo lunghe traversie, ci si ferma davanti all’ulivo, nei pressi dell’Antro Sacro alle Ninfe (cioè a Baccador), a discutere con la saggezza acquisita, a parlare con Atena. E, all’interno della grotta sacra, attendono le anime, sotto forma di api, per essere condotte attraverso la volta, in luoghi che esulano dal contesto cosmico rappresentato dall’antro. Queste “uscite mistiche”, provocate dall’opera verdeggiante e che rappresentano il superamento delle condizioni fisico-spirituali umane, avvengono quando i cancelli stellari sono aperti, durante i Trigoni e le grandi congiunzioni, capaci di provocare mutamenti nell’assetto delle intercapedini cosmiche, Giove e Saturno incrociano i loro flussi opposti e scatenano un passaggio oltre le stelle. I Profeti Verdeggianti fanno vela verso nuovi lidi, portando seco nell’Arca consistente nel loro stesso Essere i semi con i quali rinvigorire nuove terre, verdeggiare i deserti della sterilità dei nostri tempi, cui tanti uomini hanno votato le loro anime.

“Lontano l’ultima strada solcando, i Porti Grigi dell’Ovest lasciamo

i mari d’ombra sfidando. Alla Terra degli Elfi stiamo tornando

dove l’Albero Bianco cresce sulla spuma ove la stella risplende che l’ultima spiaggia lambisce94.”

Al loro arrivo su una nuova riva, la loro presenza sconvolge, spesso terrorizza; tuttavia si tratta più di un inconsulto guizzo del cuore che di un’improvvisa cratofania. Alla loro partenza, le folle piangono, poiché temono che nessun nuovo vento scompiglierà ancora la loro vita. Come narra Kahil Gibran (1883-1931) nella sua opera eccezionale e fuori dal tempo, soltanto una donna, una Sacerdotessa rimane a guardare la nave che fa vela dal porto senza piangere, con un lieve sorriso sulle labbra. Ella è la Coppa in cui il Profeta ha versato il proprio seme, la Grande Dea e la Suprema Sacerdotessa della Terra; in una parola, la Terra stessa, che sa bene che dal suo ventre rinascerà un Profeta Verdeggiante per assicurare nuovamente il dinamismo immanente della Natura e la prosecuzione del disegno divino. “Ancora un poco, un attimo di quiete nel vento, e un’altra donna mi

94 J.R.R. Tolkien, “L’Ultima Nave”, da Le Avventure di Tom Bombadil, 1962

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partorirà95” – E’ la “stasi tra i venti” della quale abbiamo già parlato, il luogo aspaziale, reso palese dalla più intima immersione nell’organismo naturale della Terra, nel quale il “Vero Figlio dell’Uomo”, cioè il frutto della sublimazione spirituale dell’Uomo, può essere partorito. Esso ha bevuto il miele dal cratere delle anime e in lui piacere e dolore si sono estinti così come fuoco e acqua sono divenuti un unico, potentissimo Principio. Il Rito è compiuto. L’Iniziato ha bevuto dalla costellazione del “Cratere di Dioniso”, posta tra il Cancro e il Leone, là dove inizia la discesa dell’anima. Sorge un nuovo giorno in cui le piante mistiche di una coscienza ormai sovrannaturale possono crescere e ripopolare, dopo l’ecpirosi, tutto il pianeta. Il Discepolo, divenuto ora il “Profeta Verde del suo stesso Spirito”, è il “Figlio di se stesso”, è il “Senza Padre” e il “Padre di sua Madre”, il “Primo e Senza Padre”, così come viene chiamato da Tolkien nella sua opera qui analizzata. Il frutto della Grande Opera, che illumina di Luce il laboratorio dell’Alchimista costituito dall’Intimo Santuario del suo Essere, esce dall’Uovo Filosofico e pigola le sette note della scala musicale: il suo canto regola ora l’intera Creazione, poiché egli è divenuto Dio, il Primo e l’Ultimo, l’Alpha e l’Omega, il suo Soffio Misericordioso abbraccia tutte le terre e sospinge la sua stessa vela verso i porti dei Cuori di tutti gli uomini. “Il Figlio delle tue viscere, lui li conoscerà” – recita il Liber Al vel Legis ricevuto da Aleister Crowley nel 1904; con ciò intendendo la Conoscenza Suprema dei Misteri dell’Universo e di ciò che si trova oltre i suoi confini. Il Discepolo dunque muore per divenire il suo stesso Sé “reso perfetto”, partorito dal vento nel ventre della terra e germogliato nella molteplicità delle sue ipostasi. Nella Vecchia Foresta, irta di pericoli e d’insidie, il Pellegrino troverà la Via che conduce al Verde Profeta del suo Essere. Nello splendido poema sufico di ‘Attar, “La Lingua degli Uccelli”, i trenta uccelli (Si Morgh) sopravvissuti al lungo e periglioso viaggio iniziatico per raggiungere il loro Signore (Simorgh), scoprono, paradossalmente, di essere ritornati al punto di partenza, e contemplano nel volto del loro Re se stessi, per essere consumati dal Fuoco che finalmente brucia via i residui della loro vecchia individualità, il loro Io dissolto si annienta nella fiamma come la falena brucia le sue ali nella fiamma, vogliosa di resurrezione, bramando l’annullamento. Infatti “Il sole della mia maestà è uno specchio, colui che viene ci si vede dentro, ci vede la sua anima e il suo corpo, ci si vede tutto intero”. È questa l’esperienza-picco che soltanto pochissimi esseri nel corso di un ciclo cosmico sono in grado di superare, rinascendo in uno stato superiore dell’Essere, avendo superato l’Oceano stesso della Potenzialità Infinita. Il Profeta Verde ritorna a casa, ma la sua dimora è l’Essere: egli ovviamente ritornerà con il nome e la forma consoni all’istante della sua apparizione. Le ombre si sono inevitabilmente dissolte nella Luce del Sole, poiché tutto ciò che abbiamo pensato di aver visto e sentito non è in realtà ciò che avevamo pensato, la nostra stessa conoscenza è annullata da questa “Visione della Luce”, di cui abbiamo già fatto notare l’importanza nel Sufismo iraniano. Il Profeta 95

Kahil Gibran, Il Profeta, 1923.

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Verdeggiante ci pone davanti allo specchio della nostra stessa anima, precedentemente celato dal medesimo mantello con il quale ci aveva rivestiti durante la nostra Iniziazione, superficie riflettente che è “Eternità” o, come volle Rimbaud, “la mer mȇlée au soleil”, il Libro Dorato dell’Esistenza Assoluta che, paradossalmente, siamo noi stessi a scrivere e a concludere con un perpetuo Incipit. “La Fonte del Sole” è un’espressione frequente nella lirica persiana: il sole è spesso paragonato a una “Fontana di Luce”, metafora che trova nella bevanda, nel vino dell’Amato la sua realtà iniziatica. “Quand’anche raggiungessi con la mano il Trono Glorioso, non cessare un istante di pronunciare queste gloriose parole del Corano: ‘Non c’è niente di più?” – Sì, “La Via prosegue senza fine”. Sebbene non si possa certamente affermare che il “Verdecammino” abbia una meta, di certo ci ha condotti a un’unica sostanza: la Natura, l’Uomo, l’intero Universo. Eppure, come Faust, “con la forza della Verità, da vivi, ” siamo riusciti a superare anche questo simbolico “Uno”. “Se il mare fosse inchiostro per scrivere le parole del mio Signore, di certo si esaurirebbe prima che fossero esaurite le parole del mio Signore, anche se noi ne aggiungessimo altrettanto a rinforzo.” Corano XVIII, 109

“È triste incontrarsi soltanto in questo modo, alla fine. Perché il mondo sta cambiando, lo sento nell’acqua, lo sento nella terra e lo odoro nell’aria. Credo che non ci rivedremo più.” E Celeborn disse: “Non lo so, Antico.” Ma Galadriel disse: “Non nella Terra di Mezzo, non prima che le terre sommerse dalle acque emergano nuovamente. Allora forse nei boschi del Tasarinan c’incontreremo in un giorno di Primavera. Addio!” J.R.R. Tolkien, “Il Signore degli Anelli” – Il Ritorno del Re, libro VI