Il bisogno di un cuore nuovo

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La vita di Maddalena sembra andare per il meglio quando, un giorno, una improvvisa quanto temuta notizia sconvolge la sua esistenza, facendola precipitare nella paura e nella disperazione più totale. Nulla sembra aiutarla, né l’amore di Davide, né l’affetto della famiglia. Ma anche quando tutto sembra perduto, anche quando sembra la fine di ogni cosa, ecco che una luce si intravede all’orizzonte: la speranza. Perché anche nel dolore più grande la vita può riservare delle sorprese meravigliose.

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A Tu per Tu

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A mamma e papà, i migliori genitori del mondo, grazie per avermi regalato l’esistenza più bella che avrei mai potuto desiderare.Ad Enrico, grazie per questo pezzo di vita che hai scelto di dividere con me.Ai miei nonni, grazie per l’immenso e splendido amore di cui mi avete fatto dono, lo custodirò sempre nel mio cuore e mi permetterà, anche adesso che non siete più qui, di sentirvi vicini in ogni singolo istante ovunque io vada.

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Giulia Mascaro

Il Bisogno di un cuore nuovo

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Prima Edizione: 2014

ISBN 9788898037438

© 2014 Edizioni Psiconline - Francavilla al MarePsiconline® Srl66023 Francavilla al Mare (CH) - Via Nazionale Adriatica 7/ATel. 085 817699 - Fax 085 9432764Sito web: www.edizioni-psiconline.ite-mail: [email protected]

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Finito di stampare nel mese di Marzo 2014 in Italia da Universal Book srl - Rende (CS) per conto di Edizioni Psiconline® (Settore Editoriale di Psi-conline® Srl)

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INDICE

Capitolo ICapitolo IICapitolo IIICapitolo IVCapitolo VCapitolo VICapitolo VIICapitolo VIIICapitolo IXCapitolo XCapitolo XICapitolo XIICapitolo XIIICapitolo XIVCapitolo XVCapitolo XVICapitolo XVIICapitolo XVIIICapitolo XIXCapitolo XXCapitolo XXICapitolo XXIICapitolo XXIIICapitolo XXIVCapitolo XXV

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Capitolo XXVICapitolo XXVIICapitolo XXVIIICapitolo XXIXCapitolo XXXCapitolo XXXICapitolo XXXIICapitolo XXXIIICapitolo XXXIVCapitolo XXXVCapitolo XXXVICapitolo XXXVIICapitolo XXXVIIICapitolo XXXIXCapitolo XL

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CAPITOLO I

Il suono della sveglia si fa largo nella sua mente. Inizialmente, è solo un brusio indistinto. È come un tuono, che prima parte piano e poi si fa boato. Maddalena cerca di resistere, di aggrapparsi al lembo del suo sonno.

-No…è già mattina…no, ti prego- si lamenta.È tutto inutile. La sveglia continua. Imperterrita e impietosa.

Maddalena allunga un braccio e la spegne. Si tira su a sedere. Rimane per qualche secondo così, le gambe incrociate, gli occhi semichiusi, ancora mezza addormentata. Alla fi ne, si decide a scendere dal letto. Lo fa troppo velocemente. Sente una fi tta al petto, leggera ma non per questo meno allarmante. Maddalena chiude gli occhi e si porta una mano sul cuore.

Calma, cuore, pensa. Da bravo, non fare i capricci.Prende da una sedia i vestiti che ha scelto la sera prima. Li

indossa con calma. I capelli lunghi le cadono davanti agli occhi e lei li sistema dietro le orecchie, inutilmente. Alla fi ne, si decide a raccoglierli in una coda. Indugia a lungo davanti allo specchio. Sa che molte ragazze le invidiano i lunghi capelli neri liscissimi e che i ragazzi la giudicano bella. Ma lei non si piace. Non le piace il viso troppo pallido, gli occhi troppo dilatati e così stanchi, non le piace quel suo cuore troppo debole e sempre troppo pronto a fare i capricci.

Maddalena sospira.A diciotto anni, pensa, dovrei essere spensierata. Dovrei

pensare solo a divertirmi. E invece…il divertimento non so neanche dove stia di casa. Non ho mai potuto condurre una vita normale come gli altri bambini, ho sempre dovuto evitare

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gli sforzi, anche quelli minimi. Non ho mai potuto andare in bicicletta, correre, pattinare o ballare.

Tutte le cose che per gli altri sono scontate…a me sono precluse.

Si avvicina alla fi nestra, che affaccia sulla strada. Vede la città risvegliarsi a poco a poco. Osserva le persone che camminano avanti e indietro nell’attesa dell’autobus, le macchine che sfrecciano, i pedoni che camminano veloci stringendosi nel cappotto. Chissà perché di mattina sembrano tutti avere fretta, pensa Maddalena. Se solo ci fermassimo, di tanto in tanto. Fermarsi a rifl ettere, a godersi le cose, le persone. Gli attimi.

Maddalena poggia la fronte sulla fi nestra. Il contatto con il vetro freddo le provoca un piacevole brivido. Lei sì che non è mai di fretta. I medici, da sempre, le hanno imposto un tenore di vita moderato. Nessun tipo di eccesso. Deve stare attenta perfi no a come scende le scale. Per non sforzare il suo cuore. La sua vita dipende dal regolare battito del suo cuore. Da una cosa così banale, scontata per gli altri, per quelli che lei defi nisce normali.

Io non lo sono, invece. Non lo sono mai stata e chissà se mai lo sarò. Fanno presto, i medici, a dire di vivere ogni mio giorno col sorriso. Io ci provo. E, nonostante tutto, sono felice. Davvero. Mi ritengo una persona fortunata perché ho tante persone che mi vogliono bene, in primis mamma e Michela. E ogni sera ringrazio Dio per avermi concesso un altro giorno da vivere accanto a loro. Ma a volte è così diffi cile essere ottimista e positiva. A volte vorrei solo piangere e lasciarmi andare tra le braccia di qualcuno. Ma non posso. Non posso permettere al mio cuore malato di vincere.

Si avvicina alla scrivania e raccoglie i libri sparsi, infi landoli nella Pinko viola che le ha regalato Michela la settimana prima. Ho preso tutto, pensa Maddalena. Dopo che sarò andata in bagno e avrò fatto colazione, non dovrò tornare per niente in camera.

Afferra la borsa e fa per uscire dalla stanza, quando si accorge di aver dimenticato di fare una cosa importante. Si avvicina al letto e alza il cuscino, dove c’è la foto di un bell’uomo dal sorriso dolcissimo. Come il suo.

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-Ciao, papà- sussurra -Mi manchi. Proteggimi anche oggi. Ti voglio bene.

Tecla ha appena fi nito di versare il latte nelle tazze quando sua fi glia Michela entra in cucina.

-Ciao, mamma!-Ciao, tesoro.Tecla si ferma a guardarla. La guarda mentre si siede, mentre

si scosta una ciocca di capelli dal viso, mentre beve la sua tazza di latte.

Maddalena assomiglia a me, pensa, ma Michela è identica a Guido.

Guido. Basta pensare il suo nome perché Tecla senta una stretta al cuore. Sono ormai due anni che suo marito non c’è più. Uno dei tanti pirati della strada se l’è portato via. Ma il tempo non ha cancellato il suo dolore. I suoi ricordi. La sofferenza per quel letto matrimoniale che, senza di lui, è troppo grande e troppo

vuoto.-Buongiorno, mamma.La voce allegra della fi glia maggiore la distrae dai suoi

pensieri.Maddalena. Ogni volta che la guarda si sente riempire

dall’orgoglio materno. Maddalena, sempre così dolce, allegra, sensibile e disponibile verso tutti. Maddalena, che non si lamenta mai. Maddalena, che sembra accettare la sua situazione meglio di come ci riesca lei.

-Mamma? Ti ho salutata.Tecla sorride.-Scusami, cara. Buongiorno anche a te. Bevi subito il latte

che è bello caldo.Tecla guarda le sue due fi glie. Soli tre anni di distanza tra

di loro, ma molte differenze. Maddalena è riservata, rifl essiva. Possiede una forte gioia di vivere, nonostante non possa condurre una vita come tutti gli altri. Quando aveva solo pochi anni, si è ammalata di una rara malformazione congenita. È da allora che vive in attesa di un trapianto. Tecla e Guido hanno sempre

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cercato di trattarla normalmente, di non farle sentire il peso della sua malattia. Guido ci riusciva benissimo, Tecla, ansiosa e premurosa come tutte le mamme, un po’ meno. Michela è sempre stata protettiva nei confronti della sorella, nonostante sia più piccola di lei. Lei e Maddalena a volte litigano ferocemente, ma sono sempre state molto legate. Michela è una forza della natura, sempre in movimento. Nonostante abbia solo quindici anni, è molto matura e ha le idee chiare su molti aspetti del suo futuro. Sa già che dopo il diploma si iscriverà a Giurisprudenza e dopo la laurea studierà per diventare commissario di polizia. Come lo era suo padre. Michela è fi danzata con Alex, compagno di classe di Maddalena e suo coetaneo. Alex le ha chiesto più volte di andare oltre ai baci e alle carezze, ma Michela è stata sempre risoluta. Ancora non si sente pronta. Vuole aspettare il matrimonio. Tecla, quando gliel’ha raccontato, è stata contenta per il modo deciso in cui sua fi glia difende i suoi principi e quello in cui crede.

Tecla guarda le due ragazze che fanno colazione e sente il cuore riempirsi di gioia. Le ama come solo una madre sa fare.

Sono la mia vita, pensa, la sola ragione per cui mi alzo ancora la mattina. Che farei se non avessi loro?

-Madda, per caso hai appunti sui “Promessi Sposi”? -chiede Michela alla sorella.

-Bè, sì…ho i riassunti di tutti i capitoli e relazioni varie…perché?

-Non è che me li presteresti per oggi? Ho compito di italiano su Renzo e Lucia e non so nulla…per me Manzoni è una marca di carne in scatola!

-Sì…e il Lazzaretto è una macelleria!Scoppiano a ridere e Tecla si sforza di mantenere un’espressione

seria.-Ragazze, non scherzate su questo capolavoro. È un romanzo

storico, Manzoni fu il massimo esponente del panorama letterario milanese ottocentesco e…

-Sì, sì, guarda che qua non sei a scuola…cara professoressa!-esclamano quasi in coro le sue fi glie.

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Mentre Tecla sparecchia la tavola, si trova a pensare che potrebbe far fare compito di italiano a sorpresa ai suoi alunni sui “Promessi Sposi”… Sorride. No, non sarei mai capace di una cattiveria simile, pensa.

Le fi glie tornano in cucina, Michela con gli appunti della sorella sottobraccio e Maddalena con le chiavi del motorino in mano.

-Mamma, noi andiamo. Ci vediamo più tardi.-Va bene, ragazze. Buona giornata. Mi raccomando,

Maddalena, vai piano. Non farmi pentire…-…di avermi comprato il motorino! -continua ridendo per lei

la fi glia.

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CAPITOLO II

Maddalena e Michela si avvicinano al motorino. Entrambe indossano subito il casco. Maddalena sale sul motorino e attende che Michela faccia altrettanto. Mentre la sorella si siede dietro di lei, Maddalena nota i suoi jeans.

-Ehy…sbaglio o questi sono i miei jeans della “Diesel”?Michela assume un’aria colpevole.-Ehm…un po’ i tuoi sono.-Come diavolo fai ad averli tu?-La mamma li ha stirati questa mattina. Erano in soggiorno,

soli soletti, sull’asse da stiro…e allora…-Allora hai pensato bene di prenderteli. Michela, sai che non

ho niente in contrario se usi le mie cose, vorrei solo che prima mi chiedessi il permesso.

-Hai ragione, scusa. Posso?Davanti alla faccia tosta della sorella, Maddalena scoppia a

ridere.Che me lo chiedi a fare se ormai ce li hai addosso…Ti prego

solo di farci attenzione. Ci tengo molto. Me li ha regalati papà.-Sì, lo so. Stai tranquilla, Madda.Maddalena mette in moto e parte. Adora andare in motorino.

Anche se non può accelerare troppo, ovviamente. Ma perché dovrebbe accelerare? C’è già il suo cuore che lo fa abbastanza…

Andare in motorino. Con il vento che entra attraverso il casco e le fa lacrimare gli occhi. Vede la città sfrecciarle accanto e sente sua sorella, di dietro, stringersi più forte.

Andare in motorino. Essere sulla strada, tra le macchine, gli altri motorini, gli autobus, lo smog. Essere in mezzo agli altri.

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Essere come gli altri. Maddalena da sempre non sogna altro.Ricorda come da piccola invidiava Michela che saliva sulle

giostre. Michela che andava alle feste a ballare. Michela che correva spensierata col vento che le scompigliava i capelli.

Su questo mezzo a due ruote Maddalena si sente un po’ più simile a lei. Si sente un po’ più libera e simile agli altri.

Arrivano a scuola. Parcheggia all’entrata del Liceo. La campanella suonerà tra circa dieci minuti.

-Che fai per occupare il tempo, Madda? Vuoi assistere a come io e i miei compagni copiamo spudoratamente dai tuoi appunti?

Maddalena sorride.-No, vado a citofonare ad Angela ed entriamo insieme. Ci

vediamo all’uscita. In bocca al lupo per il compito!-Spero che crepi tra atroci torture!Michela schiocca un bacio sonoro sulla guancia della sorella e

si avvia saltellando verso i compagni.Maddalena resta a guardarla per qualche secondo. Poi si

sistema meglio la sciarpa attorno al collo. A dire la verità non fa freddo, ma lei deve coprirsi bene. Soprattutto quando è in moto. Si passa una mano sul cuore. I battiti sono regolari.

Coraggio, bello mio, lo incita mentalmente, che ce la fai anche oggi.

Fa per andare a casa dell’amica, ma prima lancia un’occhiata alla palestra che c’è là vicino. A quest’ora è ancora chiusa. Quanto le piacerebbe iscriversi! A volte, quando si trova a gironzolare senza fare nulla, si ferma all’entrata per spiare le persone all’interno. Sogna di essere anche lei con loro, a sudare e a farsi gli addominali. Sogna addirittura di partecipare alle Olimpiadi e di vincere.

Sente il cellulare vibrare. Solito sms della mamma.“Tutto apposto? Siete arrivate? Risp.”Uguale ogni mattina. Non cambia neanche di una parola. E

basta questo per ricordarle che lei non potrà mai iscriversi in una palestra. Non può, perché lei non è come gli altri. Lei ha un cuore debole e malato che deve essere sostituito con un altro al più

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presto. E forse, solo allora potrà essere come tutti gli altri, potrà fare le cose che le spettavano di diritto e le sono sempre state negate.

Maddalena a volte si sente come Fiona, la principessa del cartone animato “Shrek”. Come Fiona è prigioniera in una torre sorvegliata da un drago, lei è prigioniera della sua malattia. E la sua guardiana è una bellissima e dolcissima donna: sua madre.

Mentre risponde al messaggio della mamma con le solite parole (“sì, siamo arrivate. Tutto ok.”) pensa a come sarà la sua vita, quando arriverà il cuore nuovo, di cui ha tanto bisogno. Se fi nalmente potrà essere davvero come tutte le altre ragazze di diciotto anni. Ma non vuole pensarci. Quel pensiero le fa troppo paura. La spaventa.

Con un sospiro, rimette il cellulare in tasca e si avvia verso casa della compagna.

Michela scrive il suo nome sul foglio piegato a metà. Si avvicina alla cattedra per consegnarlo e poi torna al suo banco strisciando i piedi. Si lascia cadere di peso sulla sedia.

-Ehy, Michy, come è andata? -le chiede il compagno seduto davanti a lei.

-Spero bene…era una traccia davvero impossibile…senza gli appunti di mia sorella mi sarei buttata dalla fi nestra!

Prende da sotto il banco la foto del padre, dove è stata per tutta la durata del compito.

-Che ne dici, papà, è andata bene?-bisbiglia-Di certo in letteratura italiana non sono brava come Madda…ma per i compiti di fi losofi a lei ha sempre studiato dai miei appunti! Siamo complementari, come dicevi tu.

Sente salirle le lacrime agli occhi. Con un gesto rapido posa la foto nel portafoglio. Come mi manchi, papà, pensa. Era tutto più semplice quando c’eri tu. Anche la malattia di Maddalena.

Quando erano più piccole, il padre diceva a Michela che tutto ciò che la sorella non poteva fare, lei doveva farlo per tutte e due. In questo modo era come se si divertisse per entrambe. Il padre

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diceva anche che nonostante fosse più grande, Maddalena era come se fosse più piccola ed era compito di Michela proteggerla.

E Michela l’ha preso in parola. Da quando erano piccole, si è autonominata paladina della sorella. Bastava che qualcuno tentasse di prenderle un giocattolo per farla diventare una furia. Nessuno ha mai osato importunare la sorella in sua presenza. Michela è da sempre peggio di un cane da guardia.

E il padre ne andava così in fi ero! E lo sarebbe stato anche ora…se quella maledetta macchina non lo avesse investito, proprio davanti alla sua scuola, proprio davanti ai suoi occhi…

Il suono della campanella la strappa bruscamente dai suoi pensieri.

È ricreazione. Mentre esce dalla classe, Michela pensa che è inutile rivivere quel momento ancora una volta. Tanto non si può cancellare. Tanto suo padre non ritornerà. Tanto il dolore non passa.

Michela si guarda intorno.Dove diavolo è Alex?, pensa. Vede passare Maddalena.-Ehy, Madda…sai dov’è Alex?Maddalena fa spallucce.-Appena è suonata la campanella si è precipitato fuori, come

fa ogni giorno. Per venire da te, immagino. Non è qui?-No, ancora non si è visto.-E allora non so che dirti. Io e il tuo ragazzo siamo in classe

insieme ma non sono a conoscenza di ogni suo spostamento, sorellina.

Maddalena si allontana.Passa qualche minuto e Alex arriva quasi di corsa.-Ehy, ciao, piccola. Scusa il ritardo, ma dovevo dire una cosa

ad un mio amico che ha la classe giù. Alex attira a sé Michela e le dà un bacio.-Non ti preoccupare, non fa nulla.Alex la guarda e fa un fi schio.-Wow…sono bellissimi questi jeans. Ti stanno una favola.

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Sono nuovi?-Magari…sono di Maddalena.-Allora dovrò dirle di prestarteli più spesso. Ti stanno troppo

bene.Una luce brilla negli occhi del ragazzo.-Sei così sexy che mi fai venire in mente certe idee…-Alex, ti prego…poi così davanti a tutti…-Non mi pare che quando siamo soli mi concedi più di tanto,

amore.Michela è delusa.-Amore, sai come la penso. E sai anche non mi piace che parli

così. Togli tutta la poesia. E rendi tutto…squallido.-Hai ragione, amore, scusami. È che ogni tanto l’animale che

è in me prende il sopravvento.A Michela scappa un sorriso.-Pranziamo insieme, oggi?-le chiede Alex.-Oh, amore…mi piacerebbe…ma ho promesso a Sabrina che

avrei mangiato con lei.Un lampo di nervosismo attraversa lo sguardo di Alex.-E dille che avevi già preso un impegno con me e che mangerete

insieme domani.-E dai, amore, non posso…Sabrina è la mia migliore amica…

ci rimarrà male…Non possiamo mangiare tutti e tre insieme? Pensavo ti fosse simpatica.

-Ma certo che mi è simpatica. Siamo in classe insieme da cinque anni. E poi è la tua migliore amica. Ma a dire il vero io volevo stare un po’ da solo con te, ultimamente non ci vediamo quasi mai. Ma se per non fare scontenta la tua migliore amica preferisci far soffrire il tuo ragazzo, non importa.

Suona la campanella. La ricreazione è fi nita.-Ok, ok, va bene…non sopporto quando metti il broncio. Le

dico che mangeremo insieme domani.Alex le dà un bacio sulla fronte.-Ti adoro. A dopo, piccola.

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Tecla sente suonare la campanella. La ricreazione è fi nita, pensa. Butta la sigaretta nel cestino del bagno dove si è chiusa. Un giorno di questi mi arrestano, pensa con un sorriso. Fumare nel bagno, proprio io, una professoressa, che dovrei dare il buon esempio.

Esce e percorre il lungo corridoio che la porterà alla sua classe. È pieno di professori, bidelli, studenti, ognuno che ha terminato la propria pausa e sta per ritornare al suo dovere.

Giunta in classe, la professoressa dell’ora prima le chiede dieci minuti in più.

-Devono fi nire di copiare in bella. Hanno avuto compito di storia -spiega.

Si siede sul davanzale della fi nestra davanti alla classe. In un attimo il caos di prima è sparito e tutto intorno è silenzio. Sotto la giacca della collega, aperta sul davanti, intravede una bella maglietta bianca “Guess”.

Michela mi aveva chiesto di accompagnarla oggi pomeriggio a comprarne una, ricorda. Ma non so se posso. Dovrò dirle di andare da sola.

Subito dopo ci ripensa. No, devo andare. La settimana scorsa sono stata con Maddalena al centro commerciale. Voleva degli stivali. Devo comportarmi allo stesso modo con Michela.

Tecla non ha mai voluto che la fi glia più piccola si sentisse trascurata e diventasse gelosa delle attenzioni che i genitori avevano verso la sorella, anche se giustifi cate dalla sua malattia. Lei e il marito hanno cercato sempre di comportarsi con entrambe allo stesso modo.

E tu eri bravissimo, Guido, pensa Tecla. Le tue fi glie ti adoravano. E anche io ti adoravo. Oh, Guido…

-Tecla…puoi venire. Abbiamo fi nito. Ti ringrazio molto. Ma ti senti bene?

La collega la guarda un po’ stupita. Tecla si asciuga rapida gli occhi che si sono riempiti di lacrime.

-Si, tutto bene…è un po’ di allergia…Entra velocemente in classe. Per oggi basta con i cattivi

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pensieri, si ammonisce.

Le labbra di Alex sul collo di Michela fanno vibrare il giovane corpo della ragazza. Le mani di Alex sono sempre più insistenti sotto la maglia di Michela. Lei, accaldata e rossa in volto, lo allontana da sé.

-Alex, amore…ti prego…-Sono io che prego te, amore. Stai sempre così rigida, riempi

tutto di paletti. Oltre a baci e qualche casta carezza, non mi concedi niente. Oggi siamo anche da soli.

-È proprio questo. Quando mi hai chiesto di rinunciare al pranzo con Sabrina, pensavo mi proponessi qualcosa di più romantico.

-Cosa c’è di più romantico di stare da soli a coccolarci a casa mia, che è anche libera? Ma tu non mi fai neanche avvicinare. Comunque lasciamo stare che è meglio. Che cosa hai detto a Sabrina?

-Che cosa avrei dovuto dirle? Le ho chiesto se le dispiaceva pranzare insieme domani, visto che tu mi hai chiesto di stare insieme dato che ultimamente ci siamo visti poco.

-E lei cosa ti ha risposto?-Che andava bene, ovviamente.-Come ti è sembrata? Arrabbiata?-Non ha fatto commenti, ma sembrava molto delusa. Del resto

è normale, non credi? Comunque cos’è questo interrogatorio?-Niente, hai ragione, scusa. Ti va di andare a mare?-Oh, Alex…dici sul serio? Sai che adoro il mare d’inverno…-Te lo sto proponendo proprio per questo. Ti va?Michela annuisce, felice. In macchina, mentre Alex guida, lei si perde nei suoi pensieri.

Pensieri giovani come lei. Ingenui come lei. E spaventati. Come lei.

È normale che Alex mi desideri. È un uomo e noi stiamo insieme da quasi un anno. Io non gli concedo quasi nulla e lui è tanto paziente con me. È normale che di tanto in tanto manifesti il

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suo disappunto. Anche io lo desidero, nonostante lui sia convinto del contrario. Ma io ho dei principi, degli ideali. E non posso tradirli. Nemmeno per lui, che amo più della mia stessa vita.

Michela stringe la borsa che ha poggiata sulle gambe. Dentro, nel portafoglio, c’è la fotografi a di Guido.

Non ho fatto in tempo a parlarti di me, papà. Non come avrei voluto. Tu eri così attento…così presente…sono sicura che non avrei provato vergogna a parlare con te di una cosa così privata, così intima. Mi manchi, papà…mi manchi così tanto…

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CAPITOLO III

Maddalena odia l’ora di educazione fi sica. È l’unico momento in cui si sente davvero diversa dagli altri.

Gli altri. Ma perché, in fondo, ognuno di noi sente il bisogno di essere uguale agli altri? Perché non si riesce mai ad accettarsi per come si è e non si smette di desiderare di essere come non si è?

Come non si potrà mai essere, pensa Maddalena. Io, se non subirò il trapianto, non potrò mai rincorrere una palla, saltare e fare gli esercizi fi sici. Oh, come vorrei semplicemente iscrivermi in palestra…per tutti è una cosa così normale…perché per me non può esserlo?

Guarda i suoi compagni ridenti e spensierati mentre si infi la le cuffi e dell’Ipod nelle orecchie. “Stop Crying Your Heart Out” cantano gli Oasis…la sua canzone preferita… “Smetti di far piangere il tuo cuore a dirotto”. Suona quasi come una sentenza. Magari dipendesse da lei. Magari potesse far smettere il suo cuore di piangere e di torturarla così tanto.

Maddalena approfi tta sempre dell’ora di educazione fi sica per dedicarsi alla sua tesina. Con la musica di sottofondo si concentra meglio. Quest’anno ho gli esami e io ancora non ho la più pallida idea di che argomento portare, si rammarica. La morte? La follia? La religione? Le sembrano tutti temi affascinanti, ma per il momento si è limitata ad abbozzare qualcosa su ognuno di essi, senza approfondirne nessuno. Non riesce proprio a decidersi.

Una pallonata sul suo ginocchio la fa sussultare. Un attimo e tutti sono vicino a lei, per primo il ragazzo che l’ha tirata, rosso in volto e imbarazzatissimo.

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-Maddalena…Dio mio, scusa…non l’ho fatto apposta…ti ho fatto tanto male?

Lei fa un sorriso per rassicurarlo.-Ma no, mi hai appena sfi orata…stai tranquillo, non mi sono

fatta niente.Interviene la professoressa.-Maddalena, sei sicura di stare bene? Posso accompagnarti

in infermeria.-Sto bene, non si preoccupi. Davvero.Dopo qualche secondo di nuove rassicurazioni, si allontanano.Maddalena sospira. Non basta la mamma. Ci si mettono anche

loro.All’inizio la loro preoccupazione la infastidiva, poi ha

imparato a farci l’abitudine. È normale preoccuparsi per qualcuno quando lo vedi così fragile. Maddalena sa che oltre che con preoccupazione, gli altri la guardano con ammirazione e rispetto.

Purché non sia pietà, pensa con amarezza. Sopporterei tutto, ma mai la pietà.

Tecla sta tornando a casa. Anche questa giornata di scuola è fi nita, pensa.

Ferma la macchina al semaforo. Un ragazzino, tenendo uno strofi naccio, le chiede se può pulirle il vetro della macchina. Tecla acconsente con un gesto della mano. Quando il ragazzo fi nisce, lo ricompensa con delle monete che aveva in tasca.

Tecla sente una stretta al cuore.Questo ragazzo avrà l’età di Michela, se non più piccolo,

pensa. È incredibile come, in una piccola cittadina come questa, ci sia un tasso così alto di povertà e di sfruttamento dei minori.

Il semaforo diventa verde. Tecla riparte.Dal sedile posteriore, le arriva il profumo del pane appena

sfornato. Prima di tornare a casa, ogni giorno, Tecla compie le stesse azioni: compra il pane fresco e i giornali. Il panifi cio e l’edicola sono l’uno vicino all’altra. La signora del panifi cio è una graziosa vecchietta che profuma perennemente di lavanda,

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l’edicolante è un ragazzone sempre sorridente. Entrambi non mancano mai di chiedere notizie delle sue fi glie, in particolare di Maddalena.

Tecla sospira.In questi giorni devo chiamare l’ospedale per fi ssare la visita

medica di Maddalena, pensa. L’ennesima. Speriamo che vada tutto bene, che le sue condizioni continuino a rimanere stabili. Anche se non si sa fi no a quando lo saranno. Non si sa fi no a quando il suo cuore potrà reggere.

Tecla sa che nessun medico ha potuto stabilire con certezza quanto le resti da vivere senza il trapianto. Può essere un mese così come dieci anni, le avevano detto. Quello che è certo è che ogni sera Tecla ringrazia Dio per averle concesso ancora un altro giorno con la sua bambina.

Arriverà mai il cuore nuovo?, si chiede. E quando arriverà, come reagirà Maddalena? Che esito avrà l’operazione? Cosa succederà?

Tecla è arrivata a casa. Parcheggia la macchina.Smettila di farti domande senza risposte, impone a se stessa.

È pomeriggio. Maddalena è appena uscita da casa di Angela. Oggi hanno fi nito di studiare presto, sono appena le cinque. La mamma è andata con Michela a comprare una maglietta della “Guess”. Pensando alla mamma e alla sorella, Maddalena sorride con tenerezza. Quanto si preoccupano per me, pensa. Se non avessi detto che sarei andata a studiare da Angela, non mi avrebbero mai lasciata sola a casa. Avrebbero insistito perché andassi con loro.

Le viene voglia di un gelato. Quelle voglie improvvise e un po’ pazze che vengono senza motivo, ma che hanno bisogno di essere accontentate. Maddalena va nel bar là vicino. Dopo qualche secondo esce con un cono. Si sofferma sull’uscio della porta della solita palestra. Dentro c’è l’istruttore con una ragazza, sicuramente vicina all’età di Maddalena; la sta aiutando a sollevare pesi. Con un nodo alla gola, Maddalena si gira di

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scatto. Non vede il ragazzo a pochi passi da lei e gli fi nisce contro, il gelato gli cade tutto addosso.

Maddalena rimane a guardarlo, la bocca spalancata. Poi comincia a prodigarsi in scuse.

-Oddio…scusami…ero soprappensiero…mi dispiace.Il ragazzo continua a guardarla con espressione seria.-Mi dispiace davvero…la maglia ti si è rovinata? Mi offro di

portartela io in lavanderia…o te la posso lavare a casa…se te la togli…

Si ferma subito, accortasi di quello che ha appena detto.Il ragazzo fi nalmente sorride.-Bè, ma questa è una proposta un tantino indecente…Ha una voce calda e ben modulata. Maddalena arrossisce.-Scusa, hai ragione…Non solo ho combinato un guaio, ma

sto dicendo una marea di sciocchezze…non ti avrei mai chiesto di toglierti la maglietta, qui, in mezzo alla strada…cioè, non te l’avrei mai chiesto neanche se eravamo al chiuso…ma che sto dicendo?

Ora il ragazzo ride di gusto.-Non lo so, ma ti assicuro che sei spassosissima. Stai tranquilla,

non è mica caduto il mondo. Ho un cambio nel borsone, sai, stavo giusto entrando in questa palestra qui.

Solo ora Maddalena nota il borsone che tiene in mano.-Ah…-Per la maglia non ci sono problemi, la porto a casa mia dove

ci penserà mia sorella a lavarla. Piuttosto, mi dispiace per il tuo gelato. Dall’aspetto sembrava buonissimo.

-Sì…lo era…-Allora devi permettermi di offrirtene un altro stasera.Maddalena lo guarda. È molto alto, magro, con capelli neri e

occhi grandi color nocciola. Sono dolci. Sembrano occhi incapaci di fare del male.

Quant’è carino, pensa. Ha un sorriso da perderci la testa.-Allora? Ci vediamo qua appena esco dalla palestra?Solo ora lei si rende conto che lui le sta chiedendo un

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appuntamento. La paura prende il sopravvento.-No, grazie.Lui la guarda deluso.-Perché no? Ho fatto qualcosa che ti ha dato fastidio? Ti ho

offesa in qualche modo?-No, no…è che non esco con gli sconosciuti!Appena fi nisce di dirlo, si morde la lingua. Stupida! Non potevi

inventarti un’altra scusa? Ora ti avrà presa per una bambina!-Bè, a questo possiamo rimediare subito. Mi chiamo Davide.Davide. Anche il nome è bello come lui.-Mi dispiace, ma non posso proprio. Ora devo andare. Scusa

ancora per la maglietta. Ciao!A passo veloce, si dirige verso il motorino, senza mai voltarsi

indietro. Parte subito. Non accelera, ma è come se avesse fretta. Come se volesse scappare da qualcosa.

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CAPITOLO IV

La sera a tavola Maddalena è stranamente silenziosa. Continua a pensare a Davide, ai suoi occhi, al suo sorriso. Michela invece racconta con mille particolari e colorite espressioni della maleducazione della commessa del negozio.

-Una tale scorbutica, Maddalena! Dovevi esserci. Non riesco a capire come facciano a tenere commesse così maleducate. Faranno perdere tutti i clienti!

Tecla si accorge subito che Maddalena è strana. E la sua natura di madre la mette subito in allarme.

-Maddalena, tesoro, come mai stai così zitta stasera? È successo qualcosa? Non ti senti bene?

Maddalena vede lo sguardo preoccupato della madre e tenta di rassicurarla.

-No, sto bene…sono solo un po’ tesa per l’interrogazione di domani.

Bugia. Non ha nessuna interrogazione. Ma sa che frasi come “sono stanca”, “non mi sento molto bene”, “ho un po’ di pensieri”, con sua madre si devono evitare. Servirebbero solo ad agitarla. Ma quello che più dà fastidio a Maddalena è che se fosse Michela a pronunciarle, la mamma non si preoccuperebbe più di tanto. Perché Michela è normale.

-Allora, Michy, come è andato il compito? - chiede alla sorella.Cerca di parlare e di ascoltare per apparire come sempre.

È diventata molto brava a fi ngere. Ma sua mamma non si fa prendere in giro facilmente. E Maddalena si accorge che continua a fi ssarla di sottecchi.

Appena fi nisce di cenare si precipita in camera sua. Tecla

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aspetta che esca dalla cucina per rivolgersi alla fi glia minore.-Non trovi anche tu che sia strana? Di solito parla sempre…

non vorrei che non stesse bene e non volesse dircelo.Michela sorride maliziosamente.-Stai tranquilla, mamma, Maddalena sta benissimo. A meno

che il suo problema non sia alto un metro e ottanta circa, non abbia gli occhi scuri e non sia carino da morire.

Tecla la guarda con aria interrogativa, ma ora è più serena.-Che vuoi dire, tesoro?-Che oggi pomeriggio quando stavamo tornando a casa e

siamo passate vicino scuola con la macchina, l’ho vista parlare con un ragazzo. Non volevo dirtelo perché non sono pettegola, ma ora ti ho visto così preoccupata che mi sono sentita in dovere di rassicurarti.

Tecla sorride con affetto. Mi sei cresciuta sotto gli occhi, piccola mia, pensa. Mi sei cresciuta troppo in fretta e io neanche me ne sono accorta.

-Comunque -continua la fi glia- non credo venga a scuola da noi perché non mi sembra di averlo mai visto. Uno così me lo sarei ricordato!

Mentre la fi glia lascia la stanza sorridendo, Tecla tira un sospiro di sollievo.

Michela bussa alla porta della camera della sorella.-Posso?-Ma certo.Michela non si perde in chiacchiere.-Chi era quel bellissimo ragazzo con cui parlavi oggi

pomeriggio?Maddalena si sente avvampare.-E tu come lo sai?-Ti ho vista mentre passavo in macchina con mamma. I miei

complimenti, sorellina. I tuoi ex erano carini, ma questo li batte tutti.

-Non è come pensi.

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-Allora com’è?In poche parole, Maddalena racconta alla sorella dell’incontro.

Michela scoppia a ridere.-Ma che fai…certo che sei proprio imbranata, oh!Maddalena sbuffa.-Comunque -continua la sorella- da quello che mi hai

raccontato, oltre ad essere carino ha un bel nome, ci tiene al fi sico ed è simpatico. Perché diavolo non sei voluta uscire con lui?

Domanda da un milione di euro.-Dai, Michy…lo avevo appena conosciuto e già mi invita ad

uscire. Mi ha dato l’idea di uno che ci prova con tutte.Guarda Michela negli occhi e capisce che non le crede. Per

forza, pensa. Mi conosce meglio di chiunque e capisce subito quando mento.

-Dai, ora fammi dormire, per favore. Ho sonno. Ti prometto che se lo incontrerò di nuovo proverò a conoscerlo meglio. Ok?

Michela sorride.-Guarda che me lo hai promesso. Buonanotte, Madda.Rimasta sola, Maddalena si infi la sotto le coperte.Se è riuscita a fuggire da Davide e dalle domande di Michela,

sa benissimo che non può fuggire da sé stessa. E quindi è costretta ad ammettere che quel ragazzo l’ha colpita e che le piacerebbe rivederlo e parlarci di nuovo. Che vorrebbe tanto specchiarsi nei suoi occhi e perdersi nel suo sorriso. Perché è scappata in quel modo? Semplice. Perché ha paura. Ha sempre paura di affezionarsi troppo a qualcuno e che questo l’abbandoni perché non riesce a stare dietro al suo cuore malato, debole…al suo cuore anormale.

Maddalena scuote la testa, come per cercare di scacciare via un pensiero molesto. Spegne la luce e preme il capo contro il cuscino. L’ultima cosa che vede prima di addormentarsi sono gli occhi dolci e il sorriso di Davide.

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