Etica ed estetica Bisogno

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12 Anno XI • gennaio marzo 2006 5,00 Etica ed estetica Bisogno e desiderio

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Anno XI • gennaio marzo 2006

€ 5,00

Etica ed esteticaBisogno

e desiderio

Il benessere

va inventato

Anno XI • gennaio marzo 2006 numero dodici

nonesiste

LA CENTRALITA’ DELLA PERSONA NELLASOCIETA’ DELLA CONOSCENZA“Un'economia basata sulla conoscenza piùcompetitiva e dinamica del mondo, in grado direalizzare una crescita economica sostenibilecon nuovi e migliori posti di lavoro e una mag-giore coesione sociale". Questo in sintesi l’o-biettivo dell’Unione Europea che nel convegnodi Lisbona, nel marzo del 2000, perseguiva uncomplesso e profondo rinnovamento economi-co, sociale ed ambientale. Il riposizionamentodella Persona al centro dell’economia dellaconoscenza rappresenta un obiettivo comuneanche per misurarsi con il sistema economicoattuale, esasperato dalla globalizzazione edalla concorrenza dei nuovi mercati.

CONTRATTAZIONE AZIENDALEIn questo articolo Bruno Vitali ci dice che solodue anni fa sarebbe stato impossibileimmaginare un evento come quello tra laMicron Technology e il sindacato, una storiadifficile, che si snoda lungo questi anni.

EDITORIALEL’editoriale di Roberto De Santis apre con unaforisma di Stendhal “La bellezza non è cheuna promessa di felicità”. Riaccendere lasperanza intorno all’idea di una condizionemigliore rispetto all’attuale è il tentativo checostellerà in modo più marcato ed esplicitol’impegno dell’ APQ nel 2006.

ALIMENTI TRANSGENICI: OPPORTUNITA’ ORISCHI PER IL CONSUMATORE?Il Professore di Economia agrarianell’Università di Bologna e Vicepresidente delConsiglio dei Diritti Genetici, Claudio Malagolice li presenta come l’ultimo regalo dellaglobalizzazione dei mercati. Un cibo altamentetecnologico, che non ha, purtroppo, ancorasubito il vaglio di specifiche ricerche volte averificarne gli eventuali effetti negativi e,perché no, positivi che si potrebbero avere perla salute umana e per l’ambiente. Un cibo chenessuno vorrebbe acquistare (recenti indaginihanno appurato che il 70% dei consumatorinon li vorrebbe acquistare), ma che, di fatto,troviamo già nei nostri piatti. Favorevoli econtrari a questi nuovi alimenti sonoaccomunati dal fatto che con ogni probabilitàgià lo consumano.

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FOCUS: SVILUPPOIncentrato sul tema del Bellessere ovvero laprevalenza dell'estetica sull'etica nelleorganizzazioni.Bontà e bellezza si incontrano - scontrano cosìnelle organizzazioni: una vecchiacontraddizione cui corrisponde un vecchioconflitto. Si tratta di decidere se seguirel'esperienza e le regole che questa ha permessodi formulare o seguire invece la speranza e lepromesse che questa ha permesso di fare. Igreci avevano una frase che esprimeva questodilemma e forse ne dava una soluzione. kalòskài agathòs dicevano i greci. Bello e (quindi?)buono. La bellezza stava alla base della bontà.L'estetica produceva l'etica.

Terza Corsia organo ufficialedell’Associazione Progetto Quadri e Alte Professionalitàaffiliata alla CislApq CislViale Castro Pretorio, 11600185 RomaTel. +39 06 44701884/6Fax +39 06 44701885

Numero 12 - Anno XINuova edizionegennaio marzo 2006

Direzione:Costantino Corbari (responsabile),Roberto De Santis,Enzo Spaltro

RedazioneElisabetta Biliotti,Cristiana Buratti,Angela Cappuccini,Sabrina Rovidotti,Emiliana Alessandrucci,Luisa Chiomenti.

Comitato scientificoAglieri Leandro, AmicucciFranco, Barnabò Livio,Becchetti Enzo Alfredo, BerriniAlberto, Cornacchia Michele,Deiana Angelo, Di Marco Luigi,Famà Fabrizio, FattoriniEmanuela, Guarriello Silvia,Rossi Cinzia, Russo Carmine,Sapelli Giulio, SerpieriRoberto, Spaltro Vincenzo,Stanzani Claudio, Volpe Vito,Zanuzzi Walter

Progetto graficoSabrina Mossetto

ImpaginazionePunto di vista - Torino

StampaMariogros - Torino

Registrazione tribunaleMonza n. 1202 17/10/1996

EditoreCisl Lombardiaviale Italia, 220099 Sesto San Giovanni(Milano)telefono 02 2410111fax 02 241011604

Edizioni lavoro

Chiuso in tipografia28 febbraio 2006

Tiratura5.000 copie

Abbonamenticosto rivista € 5,004 numeri all’anno € 15,00.Per abbonarsi: Punto di vistacorso G. Agnelli, 3810137 Torinotel. 011 [email protected]

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sommario7 EDITORIALE

RIACCENDERE LA SPERANZAdi Roberto De Santis

8 PAROLA CHIAVEBELL’ESSERE, BEN-ESSEREdi Federica Cochi

10 LA PREVALENZA DELL’ESTETICASULL’ETICA NELLE ORGANIZZAZIONIdi Enzo Spaltro

14 DOVE STA IL BENESSERE?di Enzo Alfredo Becchetti

16 LAVORO E BEN-ESSEREdi Luigi di Marco

18 TESTIMONIARE PER ANDARE «OLTRE» di Daniela Franzoni

20 FORMAZIONEPERCHÉ UNA GIORNATA DIFORMAZIONE DEDICATA AL MOBBING?di Isabella Nuboloni

21 UN DIBATTITO APERTOdi Andrea Managò

22 I CENTRI D’ECCELLENZAdi Domenico Trombino

24 DELUSI DAL GOVERNO OPPOSIZIONEDISTRATTA SI SPERA NEL FUTUROdi Emiliana Alessandrucci

26 LA CENTRALITÀ DELLA PERSONANELLA SOCIETÀ DELLA CONOSCENZAdi Nicola Alberto De Carlo e Alessandro Renai

28 VITA APQCOMUNICAZIONE ON LINE: È NATATERZA CORSIA NEWSdi Sabrina Rovidotti

29 MODIFICATA LA BOLKESTEIN GRAZIEALLA PROTESTA SINDACALE di Renzo Bellini

31 SOLIDARIETÀUNIVERSITÀ NGOZI DEL BURUNDIdi Francesco Defalchi

32 LEGALEGLI INTERESSI DELLE BANCHE E QUELLI DEI CORRENTISTIdi Simone Faiella

33 LAZIO: ASSOCIAZIONISMO TRA GLI ENTI LOCALIdi Antonio Di Mico

34 COMPETENZESTRESS MANAGEMENT: CHI ERA COSTUI?di Annamaria Felici

36 INASCOSA SIGNIFICA MOBBING?

37 LA VIA DELLA PARTECIPAZIONEdi Bruno Vitali

39 TEMPO LIBEROMUSEI UN PO’ DIMENTICATIdi Ada Cecilia Ritucci

40 QUALITÀ ALIMENTAREALIMENTI TRANSGENICI: OPPORTUNITÀO RISCHI PER IL CONSUMATOREdi Claudio Malagoli

42 IL LIBROMOBBING: BREVE MANUALE DI AUTO-AIUTOdi Isabella Nuboloni

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no degli aforismi di Stendhal reci-ta: “La bellezza non è che unapromessa di felicità”.Riaccendere la speranza intorno

all’idea di una condizione migliore rispettoall’attuale è il tentativo che costellerà in mo-do più marcato ed esplicito l’impegno dell’Apq in questo 2006. Ce n’è bisogno!Cresce l’insicurezza sulla possibilità di lavo-ro. La distorta declinazione del concetto dinecessaria flessibilità, scaduta in precarie-tà, ha diffuso una sottesa incertezza intornoallo sviluppo del proprio lavoro e della pro-pria professionalità. Anche chi è dotato dicompetenze difficilmente sostituibili viveuna dimensione di oscura prospettiva.Non sono le sfide con altri nuovi competitor,che la globalizzazione chiama alla ribaltadella scena mondiale, a generare timore.Queste sono sfide stimolanti che investonotutto il saper fare e immaginare del nostroPaese. È la mancanza di adeguata prepara-zione, il rifuggire da logiche di sistema, l’as-senza della politica sui temi del lavoro e del-la ricerca scientifica, il deteriorarsi dellestrutture portanti del nostro sistema (scuo-

la, trasporti, ecc), il clima di rissa continuache caratterizza il dibattito politico, il privi-legiare il “furbettismo” rispetto alla corret-tezza morale e l’onestà che germinano unacondizione di obnubilamento della prospet-tiva.Il terrorismo internazionale trova nella vi-cenda delle vignette ulteriore linfa per legit-timarsi e sopravvivere a se stesso.La presidenza inglese dell’Unione europeaha segnato sicuramente un periodo sfortu-nato per il progresso dell’integrazione. Nonè stato fatto molto per superare il traumadeterminato dagli esiti negativi dei referen-dum francesi e olandesi sul nuovo trattato.Eppure, come scrivevamo l’anno scorso nelprimo numero di Terza Corsia, dedicato ap-punto ai temi dell’Europa, la forza, la cultu-ra, la visione europea sono indispensabilinon solo per i suoi cittadini in questa fasestorica, ma anche, come si legge in qualchesaggio d’oltre oceano, ai cittadini del mon-do. Il nostro Paese, uno dei fondatori, è lati-tante rispetto al dibattito necessario Il focus di Terza Corsia, quindi, non potevache inaugurare l’anno nuovo percorrendoin lungo ed in largo il tema della bellezza.

editoriale

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Roberto De Santis

Riaccenderela speranza

Una condizionemigliore rispetto

all’attuale è possibile

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Bell’essere,ben-essere

Occorre evitare l’obsolescenza

delle idee che nella nostra

cultura è molto rapida

Federica Cochi

e abitudini, quando sono buone, vanno si-curamente incentivate. Come consuetudi-ne ormai della rubrica, comincerei dunquecon l’identificare i significati etimologicidei termini che compongono la parola chia-

ve di questo appuntamento: essere, bene, bello. Sono termini che usiamo comunemente, anche per leaccezioni più futili, spesso senza dar loro grande ri-lievo.Essere. In sé contiene già il germe dell’esistenza, dellavita. Dal francese être, spagnolo ser, tedesco sein, in-glese to be, dalla radice AS (nel ramo asiativo indo-ira-nico), che diviene ES nelle lingue del ramo europeo,contenente la nozione di esistenza.Per i greci essere significa stabilità, e ciò in due sensi:il primo è lo stare in sé nel senso del prodursi, il sor-gere e riposare in sé; il secondo è lo stare in sé come ta-le, vale a dire come qualcosa di stabile, che permane.Essere vuol dire per i greci presenza, la possibilità diimporre l’esserne nella sveltezza del suo limite, delsuo termine.E richiamando Heidegger, se ci pensiamo bene, essereè il risultato della fusione di tre diversi significati ba-silari: vivere, schiudersi e permanere.È la vita, la sua essenza, il suo muoversi, comporsi ericomporsi nel tempo.Bene, dal latino Bène, che viene ricondotto anche aBeàre render felice, ricreare, e arricchire. Quello che sidesidera in quanto è conveniente alla natura umana, eche posseduto rende tranquilli, felici: e quello che perse stesso si deve eleggere, in quanto è utile all’umanoconsorzio e morale.Già Socrate affermava che “la causa prima che impedi-sce all'uomo di sapere con certezza è l'incapacità distabilire in modo definitivo il significato di ciò che sivuole sapere. La difficoltà maggiore si presenta quan-do bisogna quantificare in modo certo il significato diun concetto etico, morale o estetico”. Diceva ancora, che per spiegare cos'è il bene, potrem-mo certamente fare un esempio di una azione nel qua-le si manifesti il bene, ma questa azione non sarà maiun bene assoluto, poiché se in una certa situazione eper una certa persona tale azione è un bene, in altri ca-si, in altre situazioni, per altri popoli secondo i loro di-versi costumi, tale azione presa ad esempio potrebbenon essere un bene. Arrivava quindi a sostenere cheper definire cos’è il bene ed il bello bisognava riferirsial loro concetto universale.Bello. Dal francese beau, spagnolo bello, tedescoschön, inglese beautiful, dal latino Béllus. Ma poi an-che pulcher, anticamente polcer. Si potrebbe andareavanti a lungo, uscendo dal campo delle lingue in-doeuropee.Almeno da Platone in poi, il discorso sulla bellezza èuno dei grandi costanti della cultura europea. Impos-sibile anche questo sintetizzarlo nelle poche righe diquest’articolo. Anche per la bellezza, la maggior partedei filosofi hanno riconosciuto un valore assoluto euniversale, per cui bello non corrisponde semplice-mente a “ciò che piace”, ma pretende di essere “ogget-tivamente” riconoscibile da tutti, come la verità e lagiustizia. Se questo è il valore del termine bellezza, al-lo stesso tempo però le lingue forniscono un arcobale-no di parole usate, assai diverse tra loro per origine eriferimento semantico.

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bellessere

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ggi,quando si comincia a parlare diorganizzazione, lo si fa sempre dipiù con ambivalenti sentimenti: daun lato si prova paura e freddezza,da un altro gioia e tenerezza. Paura

perché_ per millenni l'organizzazione è statasinonimo di disciplina, costrizione e dovere,oltre che di razionalità spesso interessata deiforti che potevano comandare i deboli afflittidalle emozioni. Gioia perché siamo ancora in clima di frontie-ra, di cambiamento e di sviluppo. Ed anche di

tenerezza perché è subentrato recentementeil concetto di qualità che noi ora affrontiamosempre nell'organizzazione che richiede tra-mite la qualità, la partecipazione dei soggettimediante il consenso e non solo come assen-so dovuto. La qualità ha rappresentato un'i-dea "traghetto" per effettuare il difficile pas-saggio del fiume. Dall'organizzazione ogget-tiva a quella soggettiva. Dal controllo alla par-tecipazione ed oggi dalla bontà alla bellezza. Il concetto di qualità è stato negli anni il "tra-ghettatore" della dimensione psichica o piùaccettabilmente immateriale. Oggi tuttoquesto non è più una gentile concessionedel dominio vigente, ma una necessità per losviluppo culturale ed economico del nostroPaese, che sconta oggi la propria insensibili-tà alla soggettività emergente, allo psichicoed all'immateriale. In un mondo in cui l'im-materiale prevale sul materiale, lo psichicosul fisico, l'abbondante sullo scarso, il quali-tativo sul quantitativo, il bello sul buono, l'e-mergere della soggettività non può più esse-re considerato un fatto imprevisto ed incon-trollabile, ma deve essere considerata unanecessità, oltre che una potenzialità non ri-mandabile.Pensando alla soggettività occorre evitarel'obsolescenza delle idee che è molto rapidanella nostra cultura. Basti pensare alle rela-zioni umane, all'organizzazione scientifica,alle risorse umane, alla partecipazione, aicontratti, all'etica del lavoro ecc. per rendersiconto di quanto grande sia l'obsolescenza ecome quello che rappresenta un passaggio in-

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La prevalenzadell’estetica sull’eticanelle organizzazioni

Enzo Spaltro

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Ci sono bellezze artistiche e bellezze naturali, c’è la bel-lezza delle cose e quella dei corpi e ancora quella spiri-tuale; la bellezza degli adulti e quella dei bambini, labellezza femminile e quella maschile. L’importanza ge-nerale della bellezza è spiegata estesamente da Platonenel Fedro: “essa è la sola idea per sua natura visibile aisensi e amabile per loro, dunque costituisce la stradaprincipale per raggiungere le altre idee (il Bene e l’Esse-re soprattutto)”.Qui si ricongiungono allora i tre termini e da qui possia-mo ricominciare. La Bellezza potrebbe dunque esserel’espressione esterna, visibile e direttamente apprezza-bile del Buon funzionamento/Ben essere dell’organi-

smo/organizzazione.Diceva Dostoevskij “la bellezza salverà il mondo”. Labellezza può salvare le nostre organizzazioni, il nostromondo, quello professionale quanto quello sociale. Oggi, infatti, non basta più parlare di etica, non è piùsufficiente riferirsi all’'etica tradizionale, che è davantiad una crisi forse irreversibile, dovuta da un lato ad unadisaffezione ai fondamenti del sapere, al politeismo deivalori, dall'altro ad eventi traumatici insuperabili comei campi di sterminio e la possibilità, con l'atomica, del-l'istantanea fine dell'intero genere umano. Etica è un fat-to, sì un fatto. È il fatto di dover rispondere delle nostreazioni a qualcuno.

fica", cioè la scienza intesa come quantità.Oggi usiamo il traghetto qualità per potergiungere ad un'idea qualitativa di organizza-zione. Il traghetto consiste infatti nel passag-gio dall'organizzazione come macchina al-l'organizzazione come stato d'animo e senti-mento.L’organizzazione indica un livello di funzio-namento collettivo centrato sul valore dell’ef-ficienza. L’organizzazione in psicologia coin-cide con il livello macro, in cui il collettivo èconsiderato come composto da un numerodefinito di soggetti riuniti in piccoli gruppi.L’organizzazione è più della somma dei pic-coli gruppi che la costituisce. Da questo pun-to di vista, l’organizzazione può essere intesacome uno stato d’animo. Confina col livellomicro (piccoli gruppi) e col livello mega (co-munità).Un tempo si credeva che l'organizzazionefosse una struttura obbiettiva. Gli organi-grammi erano di moda e facevano impressio-ne. Poi incominciarono i dubbi: molte azien-de bene organizzate fallivano e molte maleorganizzate avevano successo. Si incominciòa pensare che l'entusiasmo fosse più impor-tante dell'organizzazione formale. Così si co-minciò a parlare di clima organizzativo e dibenessere sul lavoro. Finì l'epoca in cui starebene sul lavoro (la gioia del lavoro) rappre-sentava una trappola con cui si rischiava unmaggiore sfruttamento. Cominciò l'epoca in cui chi si sentiva orga-nizzato era in realtà organizzato. Il lavoro apoco a poco uscì dai territori del malessere ecominciò ad abitare nei territori del benesse-

termedio spesso viene considerato negativa-mente. Le bellissime farfalle passano attra-verso allo stadio di larve e si presentano comevermi piuttosto brutti. Così avviene per leidee nuove, spesso permanenti allo stadio dilarva e di pesantezza prima di arrivare allostato di farfalla, anzi di psiche farfalla.L'Italia sta scontando in questo periodo loscarso interesse per l'immateriale e per lasoggettività. Sta scontando la lentezza concui sta avvenendo il passaggio dalla materia-lità dei prodotti (tipica l'automobile) all'im-materialità dei servizi (tipica la sanità). Stascontando il rifiuto della formazione psicolo-gica nella scuola dove non è ancora tornata lapsicologia cancellata dalla riforma gentilianadel 1925 e nelle università dove solo nel 1972si sono potuti iniziare i corsi di laurea in psi-cologia altrove attivi da decenni. La stessapsicologia si è lungamente dilaniata tra la psi-che debole da curare e quella forte da utiliz-zare. Il traghetto dalla psiche debole a quellaforte, la forza di fare le cose che ritroviamonell'idea di qualità e che si è espressa nel con-flitto tra psicologia del malessere e psicologiadel benessere è tutt'altro che compiuto ed ilpassaggio del fiume dell'immaterialità ancoratutto da fare. I clinici accampano diritti aduna qualità non controllabile che sfugge allavalutazione dell'utenza. I neuro fisiologi ac-campano diritti su una quantità metafisicaspesso basata su artifici metodologici. Nelmondo del lavoro ciò produce rallentamenticontinui, incidenti di frontiera e comporta-menti spesso infantili. Un particolare "fiume" attraverso cui traghet-tare l'immateriale tramite l'idea di qualità èrappresentato dall'idea di organizzazione. Sitratta di un modello collettivo di vecchia data,basato su quello che oggi possiamo chiamareun "costrutto" o dispositivo mentale di facilecomprensibilità ma di difficile declinazione.Si basa sull'idea per cui insieme si possonoottenere risultati che da soli non sono possi-bili, ma anche sull'idea per cui a livello collet-tivo valgono regole e relazioni diverse, piùcomplesse e difficili da gestire da cui la mito-logia del controllo e l'organizzazione "scienti-

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bellessere

ETICA = passato

desiderio:moralismo

bisogno: bisogno eticopieno socialerepressione

ESTETICA = futuro

desiderio : desiderio esteticovuoto socialeespressione

bisogno: estetismo

Per ridare Etica al mondo del lavoro, bisogna cercare l'E-stetica, la bellezza. L’estetica infatti, può aiutarci a risol-vere i conflitti, a creare benessere lavorativo, che comeci dice il prof. Spaltro, non esiste e va inventato, in unarealtà sottoposta a continui mutamenti, in un contestoche cambia e apre nuovi spazi. Bisogna allora iniziare a lavorare non solo con la mente,ma anche con gli occhi e con il cuore. E cos’altro se nonla bellezza è capace di parlare a tutti e tre? Il messaggiodella bellezza infatti conserva e arricchisce quella di-versità delle persone che rende ogni individuo impor-tante per la propria organizzazione, con il personale ba-gaglio di conoscenze, competenze ed esperienze.

Viviamo nella società della conoscenza, una comunitàda cui strutture sociali ed economiche devono esserecapaci di trarre insegnamento e vantaggio per evitare lospreco di risorse umane qualificate. Un’evoluzione chevoglia essere virtuosa della società della conoscenza e aquesta connessa dell’economia della conoscenza, ri-chiede pertanto un’azione volta ad innalzare il capitaleumano ed a qualificare strutture sociali ed economichein cui gli individui agiscono.Siamo nell’economia della conoscenza, in cui il lavorostatico è stato superato da un approccio dinamico, ac-canto ai capitali tangibili (fabbricati, impianti, macchi-ne) si parla sempre più di capitale intangibile e i Quadri

Noi possiamo a tutt'oggi individuare nellapsicologia delle organizzazioni una storia se-guendo quattro gruppi principali di metafo-re. La metafora della macchina, dell'organi-smo, della famiglia e del sentimento. La mac-china è una metafora, centrata sul controllo,sulla guerra, sulla razionalità e sulla organiz-zazione scientifica.L'organismo è poi una metafora centrata sul-la produzione, sulla ricchezza, sull'equilibriomente-corpo e sul raggiungimento di obbiet-tivi. Il corpo umano è la metafora tipica diquesta cultura organizzativa.Poi è seguita la famiglia che è una metaforacentrata sulla sicurezza, sull'appartenenza,sull'idea di gruppo di riferimento e di delegadi responsabilità. Il clima è la metafora carat-teristica di questa fase dell’organizzazionedel lavoro.Oggi sta diffondendo l’idea di sentimento,che è una metafora centrata sulle relazioni dipiccolo gruppo e sulla piccola industria, oltreche sull'idea soggettiva di organizzazione,centrata su relazioni e dimensioni psichiche edi percezione-sentimento che portano a defi-nire l'organizzazione come stato d'animo.Una doppia distinzione va però fatta prima dicominciare un discorso sul bellessere, la di-stinzione tra desiderio e bisogno da un lato equella tra etica ed estetica dall'altro. Il deside-rio riguarda il possibile soddisfacimento e lascarsa frustrazione, mentre il bisogno riguar-da lo scarso soddisfacimento e la frequentefrustrazione. Così l'etica si riferisce ad unamodalità di comportamento tendente a pre-venire danni già subiti nel passato medianterepressione normativa e minacce per i de-vianti. Invece l'estetica si riferisce ad una mo-dalità di comportamento tendente a realizza-re benessere per il futuro mediante espres-sione e promesse per gli osservanti. Il belles-sere si situa in una tabella a doppia entratanell'area del desiderio estetico.Alcuni esempi voglio qui ricordare per esem-plificare l'idea di traghetto. Esempi vecchi edesempi nuovi. Un esempio vecchio _ quelloche propone un tipo di prevenzione degli in-

re. Questo benessere diventò sempre piùsoggettivo perché ognuno voleva stare benea modo suo. Il mito delle programmazioni siesaurì e si parlò sempre più di progettazioni,cioè di controllo del destino e della casualità.Qualcuno cominciò addirittura a parlare dicaos organizzativo. Così il versante emotivo,anche nelle organizzazioni prese il soprav-vento sul versante razionale. Dall'efficienzasi passò all'efficacia e poi all'eccellenza, cioèalla programmazione limitata. La program-mazione lasciò quindi il posto alla motiva-zione e l'organizzazione, essendo influenza-ta dal clima, dovette essere composta da pic-coli gruppi. Oggi l'organizzazione è un grup-po di gruppi finalizzato al benessere. Semprepiù stato d'animo e sentimento. Quindi un'e-mozione da rendere sempre più gradevolequindi più utile a tutti i soggetti che la vivono

ed alla società in cui costituisceun’occasione di benessere dif-fuso.In definitiva ci si è resi conto chel’organizzazione è una metafo-ra. Questo concetto di metaforasi è molto sviluppato seguendola lunga ondata della soggettivi-tà emergente nella società af-fluente. La soggettività è tuttoraaccettata con molto sospettoper cui la metafora viene sem-pre più usata come una stradasegreta di espressione di sog-gettività. Un modo per esprime-re punti di vista deboli contro ilpotere vigente e forte. Un mododi espressione usato per filtrareattraverso le maglie del potere

che impedisce la soggettività altrui sostenen-do la priorità dell'obbiettività che altro non èche la sua soggettività presentata come og-gettiva. La metafora può anche essere consi-derata come un modo di esprimere la creati-vità ed il pensiero laterale. Così si può com-prendere lo straordinario sviluppo avuto dal-la metafora nella formazione nel cambiamen-to organizzativo.

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più di altri ne sono i portatori.In una concezione siffatta, solo una “bella impresa”,l’impresa in cui l’arte diventa stimolo all’operare, puòessere generatrice di benessere, dello stare bene. Ce nesono di esempi reali: pensiamo alla Barilla, dove ci so-no opere d’arte in ogni ufficio, è il caso della Benetton,o ancora di Fabrika e della cooperativa ceramica di Imo-la.Un’organizzazione, infatti, potrebbe assomigliare ad uniceberg in cui la parte visibile è rappresentata dallastruttura, i ruoli, i prodotti, la tecnologia, ma la parte na-scosta è quella della cultura, dei valori, dei sentimenti,dell’immagine.In questo contesto, il fattore Umano acquista rilevanza

fondamentale e diventa leva imprescindibile per il suc-cesso dell’organizzazione: la capacità di perseguire ilraggiungimento ed il successivo miglioramento del be-nessere organizzativo nelle sue poliedriche sfaccettatu-re rappresenta così un aspetto determinante per il buonsviluppo dell’organizzazione stessa.Qualcuno ancora vedrà strano questo accostamento allavoro del concetto di bellezza. Ma l’estetica come artedi governo è stata diffusamente praticata nella Greciaclassica, nell’Italia rinascimentale ed in Cina da millen-ni viene ancora oggi praticata. Certamente essendonel’espressione più visibile può anche essere simbolodella decadenza, come durante il periodo ellenistico,ma ciò non toglie anzi dà forza all’idea che l’immagine

Si devedistinguere tra desiderio

e bisogno e tra etica ed estetica

Si tratta di decidere se seguire l'esperienza ele regole che questa ha permesso di formula-re o seguire invece la speranza e le promesseche questa ha permesso di fare. I greci aveva-no una frase che esprimeva questo dilemmae forse ne dava una soluzione. kalos kî aga-thos dicevano i greci. Bello e (quindi?) buono.La bellezza stava alla base della bontà. L'e-stetica produceva l'etica.

IL DECALOGO DEL BELLESSERE

Il bellessere si riferisce alla bellezza ed al fu-turo; il benessere si riferisce al passato ed al-la bontà; insieme si basano sui seguenti prin-cipi:

è meglio stare bene che stare male

in compagnia si sta meglio che da soli

il malessere esiste e lo si scopre; il be-nessere non esiste e lo si inventa

è più complesso vivere nel benessereche nel malessere

ognuno vuole stare bene a modo suo,sono finite le feste comandate

le cose che piacciono si fanno meglio-delle cose che non piacciono

di solito è più gradevole pensare al futu-ro che al passato

non c’è gruppo senza futuro e non c'è fu-turo senza gruppo

la bellezza (promessa di benessere) pre-cede la bontà (valutazione di benessere)

non si sta mai bene o male, ma solo me-glio o peggio10

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fortuni mediante una ri-appropriazione dellospazio vitale da parte dei diretti interessati,mediante cioè la creazione di un oggetto d'a-more ed una dilatazione del futuro, promessasperanza ed in definitiva bellezza. Il puntocentrale di questo esperimento è lo spirito digruppo, cioè l'idea di organizzazione comestato d'animo e come promessa di benesserefuturo. I dettagli di una simile esperienza dicirca trent'anni fa sono ancora tutti da analiz-zare e declinare. Un esempio nuovo è invece quello che riguar-da la creazione di un clima e di un'organizza-zione soggettiva, mediante la misura di unclima in un ambiente di lavoro in ristruttura-zione. Una fusione di due grandi aziende in-formatiche facilitata dalla promessa di mag-gior vuoto sociale e di espressione estetica fu-tura. Fondamentale è la compattazione congli elementi emotivi per ottenere un'idea diclima e di creatività di tipo affettivo e non so-lo razionale. La bellezza appare così essereprevalentemente emotiva e come tale da trat-tare nelle produzione di bellessere soggetti-vo. Anche la creatività sfugge alla trappola delpensiero laterale e rivela così la sua naturafondamentalmente emotiva.Un altro esempio è dato dalla rilevanza data ailivelli intermedi, a quei quadri fondamentaliper traghettare l'immateriale ed il pensieroduale con la barca della qualità. In poche pa-role possiamo considerare la qualità come unacompetenza specifica dei ruoli "cerniera" co-me i quadri intermedi dimostrano di essere.Non si può qui parlare di bellessere senza con-siderare la natura emotiva dell'organizzazio-ne, la sua condizione di stato d'animo favore-vole al benessere. Quello che è stato definito ilcaos organizzativo porta ad una concezioneestetica dell'organizzazione, ad una "immi-nenza" altrimenti non raggiungibile. Molti deisuccessi delle organizzazioni si devono a que-sta imminenza di una rivelazione che sta percompiersi e non si compie. (Borges).Bontà e bellezza si incontrano-scontrano cosìnelle organizzazioni: una vecchia contraddi-zione cui corrisponde un vecchio conflitto.

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proposta sia in realtà non solo un’apparenza ma sinte-si di sostanza.E allora perché non pensare che la bellezza possa dareuno speciale contributo allo sviluppo della nostra eco-nomia? Ormai è chiaro che le risorse economiche e quel-le tecnologiche da sole non possono portare profitto emiglioramento, è evidente, al contrario, la necessarietàdella risorsa psicologica, delle relazioni sociali, dellapersona. Ed il Quadro più di qualsiasi altro lavoratoredella conoscenza rappresenta questa risorsa, questoelemento imprescindibile allo sviluppo positivo diun’impresa, di un’organizzazione. Il Quadro, come reci-ta il tema del nostro II congresso, è la chiave di volta del-l’impresa, è il legame di congiunzione. Dunque nessuno

più di lui può capire la complementarietà tra professio-nale e personale, tra fisico e psichico, bene e bello, trabell’essere e benessere.

Riferimenti bibliograficiBorges J., Osservazioni sulla metafora, Opere, Mondadori, Mi-lano, 1989McCormick E., Human factor Engineering, McGraw Hill,N.York, 1986Schneider B., Organizational Climate and Culture, JosseyBass, S.Francisco, 1990Spaltro E., La forza di fare le cose, Pendragon Bologna, 2003Stevens S.S., Handbook of Experimentl Psychology, Wiley,N.York, 1951

Se compri una certa cosa invece di un’altra (bibitagassata o gioiello fa lo stesso), è perché quella cer-ta cosa per te non è solo qualcosa da consumare, èanche un simbolo, rappresenta un modo di vivere.Harley Davidson o Ferrari, Calvin Klein, D&G o Va-lentino. Scegliere una marca di automobile (di be-vande o di abbigliamento) piuttosto che un’altra,significa dichiarare la propria “appartenenza”. In-torno al Prodotto la pubblicità si sforza di crearemondi accoglienti e coerenti, eccitanti e invitanti.Ti trovi a vivere in un mulino bianco, dove si fa co-lazione tutti insieme con tanti cereali, si tira conl’arco per sconfiggere il colesterolo, poi via a scuo-la o al lavoro, entusiasti, saltellanti e sorridenti. Ela sera, tutti a ballare il flamenco salendo sui tavo-li e a sbattersi litri di aperitivo. Con l’adesivo giu-sto, nemmeno la dentiera rappresenta più un pro-blema. E poi, se hai usato la crema giusta hai scon-fitto anche i sette segni del tempo (mica uno solo)e puoi mentire sull’età e farci un pensierino sul pi-schellotto che ti guarda incuriosito.La pubblicità ha smesso di essere solo informa-zione, dura di meno ma dice di più, si dilata in tut-ti gli spazi liberi tra un programma e l’altro e di-venta formazione. Non basta far sapere che il fu-stino contiene il perborato stabilizzato. Bisognafar capire che il perborato rafforza i legami coniu-gali. Lui ti amerà molto di più se le sue camicie sa-ranno più bianche di quelle dei colleghi. E se il ma-rito vi ignora, nonostante il perborato e l’ammor-bidente alla fragola, vendicatevi: fate l’amore conil sapore.

Cerchi il benessere…Dal dopoguerra fino alla fine degli anni ’70 il be-nessere è stato identificato con il livello comples-sivo della vita materiale: la casa, il comfort resopalese dagli elettrodomestici, l’auto, ma anchel’investimento in formazione (tutti all’università),la vacanza, la socialità. Conquistiamo perfino il di-ritto al week-end. Tutto questo in una chiave ge-nericamente interclassista. Anche l’operaio ha lasua macchinina, la sua casetta, la sua lavatrice. Arate. L’American Way of Life era il nuovo mito, va-leva la pena di fare qualche sacrificio. Dal 1952 al1970 il reddito medio degli italiani cresce più del130%. In paesi come Francia e Inghilterra l'aumen-to, nel medesimo periodo, è rispettivamente del36% e del 32%. Nel 1958, i possessori di un televi-

erca il benessere, trovi il piacere. Così recitaun recente spot delle passate cremose diverdura That’s Amore Findus.E che c’entra il benessere con il piacere? E poi

la protagonista dello spot mica stava cercando ilbenessere, cercava il gatto. Ma intanto è passato ilmessaggio di fondo: benessere e piacere sono lastessa cosa e il benessere sta nel consumare i pro-dotti giusti, nell’avere l’auto giusta, nell’usare ildeodorante giusto. Quello tra benessere e piacere è un accostamentoche, sul piano etico, non ha senso. Anzi: è il classi-co punto di vista edonista limitato e soggettivo,semplice stato d’animo individuale, legato al mo-mento. Esattamente il contrario della ricerca delbenessere come condizione umana, come espe-rienza estetica che non può essere vissuta da soli,né contro qualcuno, né a svantaggio di qualcuno.Però è l’unico messaggio che gira con crescente,ossessiva regolarità. Altolà al pudore. Chi vuoleconfondere il benessere con il Prodotto? Lo sannotutti che gli spot pubblicitari sono le nuove favole.Uomini e donne hanno un problema? Il Prodotto lisalva, risolve, li copre di successo e di apprezza-menti, tutti li amano e li invidiano un pò: loro han-no il prodotto giusto. Vivranno felici e contenti. Al-meno fino a quando dura la carta di credito. Il ve-ro Principe-Eroe delle nuove favole è il Prodotto.Stappa lavandini orrendamente ostruiti, fa brillarepavimenti luridi, profuma bucati, cancella mac-chie impossibili, elimina stitichezza ed acari, tin-ge i capelli, raccoglie piccole perdite e le fa scom-parire con discrezione assoluta. Il Prodotto fa tut-to per noi, ti fa vivere senza fatica, così ti resta unsacco di tempo per il sesso ed il divertimento. Per-ché tu vali. Le altre donne ti invidieranno. Loro aspaccarsi la schiena a fare le pulizie, tu passi pochisecondi a fare giravolte leggere con la scopa ultra-leggera, non serve il risciacquo, basta una passata.E poi via a fare jogging, shopping, piercing, spin-ning, ecc. ecc.. Il successo sociale è assicurato.Tutti noi, grandi e piccoli, vecchi e giovani, uomi-ni e donne, vediamo molte favole ogni giorno.Adesso però, rispetto al format originale (princi-pe, principessa, mago cattivo, vince il buono), lefavole sono sempre più spesso avvelenate. Don’ttouch my Breil. Per vendere i Prodotti si svendono i valoriAlla fine degli Anni 80 gli esperti di marketing sco-prono che non basta parlare dei vantaggi concretidel prodotto (più lo mandi giù più ti tira su, piùbianco non si può, contro il logorio della vita mo-derna) per venderlo. Gli esperti di marketing sco-prono che i consumatori sono addirittura “perso-ne”, cioè individui dotati (nientemeno) di capacitàcritiche, aspettative, desideri. Scoprono che l’attodi acquisto è fortemente influenzato dal sistemadi valori, cioè dalle cose in cui crediamo e che pernoi sono importanti. Ed ecco che, nella pubblicità,si punta a creare la massima complicità tra chipropone un prodotto e chi lo usa. Noi la pensiamocome te, sappiamo tutto di te, conosciamo i tuoipensieri e i tuoi desideri. Perciò siamo dalla tuaparte.

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Enzo Alfredo Becchetti

CCDove sta il

sore erano il 12%, nel 1965 erano quattro volte tan-to. Nel 1958, solo 13 persone su 100 possedevanoun frigorifero e 3 su 100 una lavatrice. Nel 1965 lepercentuali salgono al 55% ed al 23%. Alla fine de-gli anni ’70 l’edonismo reaganiano comincia a far-si strada. Dagli anni ’80 in poi gli spot sono semprepiù spesso avvelenati dal linguaggio della sogget-tività radicale. Quello che volete, desiderate, so-gnate va bene, è giusto ed importante. Prendete-velo. No limits. Perché voi valete (gli altri kissene-frega). Innamorarsi in cucina. Innamorarsi del suc-cesso, degli applausi degli invitati, del colore deicapelli, della morbidezza del maglione e le altrerosicano. Sagra quotidiana dell’autocompiacimen-to. Nessuno sembra capire il peso del fenomeno, ilsuo potere di penetrazione nel linguaggio socialeprima e nei comportamenti poi. Nemmeno la Chie-sa, in quegli anni così attenta a censurare ed oscu-rare, a coprire e tagliare. Pasolini lo scrive già nel1974, che la Chiesa avrebbe dovuto scomunicaregli autori della pubblicità di Carosello. Inveceniente. Ancora oggi non ci sono regole vere per lapubblicità ed il suo linguaggio, parlato e visivo.Chiunque può dire ciò che vuole. Basta guardare ilcontenuto degli spot nelle fasce protette. Protetteda cosa? Parliamo di valori. La libertà? E’ il nuovoS.U.V. coreano, il nuovo modello di orologio sub-acqueo, il nuovo reggiseno. Vi guarderanno tutti.(E allora, che libertà è?). La bellezza. Belli dentro (nell’apparato urogenita-le, per essere precisi) per essere belli fuori. Tantobelli da farsi vedere al videotelefonino mentresguazzate nella Teuco e se non sapete cos’è lascia-te perdere, non è per voi.Amore? La VW fa automobili per amore, natural-mente. La collezione Vagary (I play my way, io gio-co a modo mio) ti seduce con uno sguardo (ma nonsi dice da dove proviene quello sguardo). MarcaCorona, dal 1741 amore per la ceramica. Il massi-mo del fetish? Tutti i profumi parlano del prima,durante e dopo l’amore (inteso come sesso, mache differenza c’è, alla fine?). Amicizia? Bere insie-me. Dopo aver salvato la spedizione, i cavalli, unvaso preziosissimo.

Il Prodotto è tutto intorno a teLa ricerca della propria immagine tirata al massi-mo, questo sì che è un obiettivo, basta un telefoni-no con telecamera. Il tuo benessere. L’immagine di

te, il mondo è tutto intorno a te, dedicato a te,mamma, chi meglio di te può capire una merendi-na, è fatta come la faresti tu (se non dovessi sbat-terti al lavoro dalla mattina alla sera per pagare lababy sitter e l’assicurazione e il telefonino). Motogiusta, orologio giusto, casco giusto, ma bada: sepoi mi cadi sul giubbotto per risparmiare pochieuro, è stato tutto inutile. Avete notato che il nuo-vo SH ha il sottile fascino della seduzione, oppuresiete frigidi? Quando fai l’amore con il motorinoche ti ha sedotto, devo usare lo stesso il preserva-tivo? Oppure basta indossare la tuta di cuoio spal-mata di antigelo? E te la devi levare, per gustare lanuda aggressività del Ducati Monster S2R? Perchéuna moto o uno scooterone è un modo di essereunico, esci dal branco. Non sarai mica uno qua-lunque. Non andrai mica a piedi e per di più senzaTods’. Adesso c’è un ragazzetto di meno di tren-t’anni che vede per strada uno identico a lui. Lo se-gue e lo pedina inquieto (non sia maiche si scambi una parola con il propriogemello) fino al garage. Orrore: ha inmano un apriporte della Bmw, poi peròsale su un modello diverso e se ne va.Meno male, che paura, per un attimo haipensato di non essere unico al mondo. Aproposito, che lavoro fai per poterti per-mettere quella macchina a trent’anni? Ese adesso hai il top della nuova linea, aquarant’anni cosa ti rimarrà da deside-rare?Perché il Prodotto finisce, prima o poi.Anche il più bello e costoso, una voltaacquistato (quando non lo puoi più de-siderare perché ce l’hai dentro casa),perde il suo fascino. La prima settimanati commuove e ti fa gonfiare d’orgoglio,poi diventa un pezzo della banalità fe-riale, da rimettere in discussione appena esce l’ul-timo modello. Non c’è traccia di benessere nel Pro-dotto. Solo piccoli, nevrotici orgasmi mentali dibreve durata. La felicità privata soggettiva, edoni-stica e radicale, dura pochissimo. Ecco perché laricerca di nuovi prodotti diventa un’ossessione. Ilprodotto è l’anestetico contro il vuoto di relazionie di rapporti.

E se il benessere fosse altrove?Molti di noi hanno cercato il benessere sul versan-te opposto, quello della felicità pubblica, del fareinsieme, dell’essere insieme, del progettare ed agi-re insieme. La politica ed il sindacato sono dueparadigmi di questo atteggiamento interiore chesi alimenta di coralità, di collegialità, di comparte-cipazione.Certo, ne abbiamo fatta di strada e ci consola pen-sare che ne possiamo fare ancora tanta. Però, non-ostante molti sforzi e molte conquiste, anche lapolitica non ci fa più sognare. Poca passione. Tan-ta qualità tecnica, progettualità, competenze. Po-ca passione.Basta guardare come il benessere su allontana dalposto di lavoro. Ne parliamo molto, ma più si sca-va nella realtà dei rapporti all’interno del posto di

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benessere?

Per vendere i prodotti

sempre piùfrequentemente

si svendono i valori

avorare e star-ci bene, è possibile?Quali sono i presupposti per una ri-sposta affermativa? Cominciamo dacome ci poniamo di fronte al mestie-re, alla professione, al luogo dove si

opera, ai colleghi con cui condividiamo l’attività.

L’Atteggiamento “Per quando riguarda l’identificazione dei diversiatteggiamenti verso il lavoro, è stata svolta una ri-cerca scientifica dalla quale emerge che, nel mon-do occidentale, in genere il modo in cui la gentevede il proprio lavoro rientra in una delle tre se-guenti categorie: alcuni vedono il lavoro sempli-cemente come un mezzo per guadagnare del de-naro, e in quel caso il salario rappresenta l’inte-resse e la motivazione fondamentale; altri vedonoil lavoro in termini di carriera, e in questo caso l’e-lemento su cui si concentrano è l’avanzamentoprofessionale, la promozione, la scalata alle posi-zioni più alte del loro settore; la terza categoria èquella delle persone che guardano al lavoro comea una vocazione.Le caratteristiche di una vocazione consistono nelvedere il lavoro come un modo per contribuire aun bene più grande, come qualcosa di per sé si-gnificativo.Quindi il concetto di vocazione ha anzitutto a chefare con l’idea di uno scopo più ampio del propriolavoro, forse addirittura con il benessere indivi-duale o sociale di altri”...“Quelli sono i tre atteggiamenti o punti di vistaprincipali che le persone rivelano in merito al pro-prio lavoro. Circa un terzo lo considera comesemplice lavoro, un terzo come carriera e un ter-zo come vocazione.Inoltre lo studio ha dimostrato che coloro checonsiderano le loro attività come una vocazionesono in genere più soddisfatti e felici al lavoro dicoloro che lo vedono semplicemente come un im-piego o anche come carriera.Ciò pare sicuramente confermare l’idea che gli at-teggiamenti delle persone verso il lavoro determi-nino il loro senso di appagamento”. Da “L’arte del-la felicità sul lavoro” Dalai Lama con HowardC.Cutler (Ed. Mondatori 2005 pag. 91).Il Dalai Lama espone una tesi interessante sullapercezione e afferma l’influenza che ognuno sub-isce definendo l’attività come:

occupazionecarrieravocazione

Queste tre categorie influenzano il nostro viverelavorativo, se però continuiamo l’esplorazionevedremo che esistono altre sensazione.

L’AdattamentoIn una ricerca compiuta presso la University of Il-linois, gli studiosi hanno scoperto che nel giro disei mesi successivi ad un evento felice o sfortuna-to, gli individui tornano allo stato consueto di fe-licità e di quell’evento non resta alcuna traccia. Ilbello ed il brutto, nel tempo, tornano allo statooriginale. Se fosse sempre vero,che delusione!

lavoro, più si vede che il benessere (inteso comesituazione generalizzata, diffusa, accessibile atutti in tutti i settori, come spazio libero di espres-sione delle proprie competenze, ecc.) si allontana.Cresce invece la gestione nevrotica dell’insicurez-za e dell’instabilità. C’era più benessere nei ritmilenti degli Anni 50 e 60. C’era più benessere nelledirettrici sicure della carriera e della progressioneautomatica. Oggi cresce l’esercizio dell’equilibrioprecario, mentre si riduce lo spazio della collabo-razione, dell’investimento su “sé stessi al lavoro”.Perché investire, creare legami ed aspettative, per-ché scommettere sul futuro se il futuro è vuoto?Perché impegnarsi a cercare di dare un senso altempo del lavoro, se la vita di lavoro diventa unaserie di episodi privi di senso?Dove c’è brevità, frammentazione, incertezza nonci può essere benessere.

E se il benessere non fosse compatibile con illavoro?Ci viene da considerare la maledizione biblica dellavoro. Il sudore della fronte, associato al doloredel parto ed alla fatica di vivere. Pensiamo davve-ro che si possa introdurre il benessere nel conte-sto del lavoro, se non ce lo abbiamo dentro? E’possibile fare un elenco dettagliato delle condi-zioni che producono benessere in modo automa-tico? Si tratta di una condizione negoziabile, og-gettiva, quantificabile? O non è forse il risultato diuna scelta innanzitutto interiore, di appartenen-za, di fiducia e di “speranza oltre ogni speranza”,come dice San Paolo?Il benessere inteso come pace e gioia dell’animarende compatibile il lavoro con la mia vita, noncerto il contrario.Riprendiamo in mano gli atti degli Apostoli. Pietro e Giovanni escono dalla casa di Maria dopola Pentecoste (vi lascio la pace, vi do la mia pace)ed incontrano un povero storpio. Dicono: “Non ab-biamo danaro, però possiamo darti questo: nel no-me di Gesù, alzati e cammina”. Loro hanno trova-to il benessere vero, infinito, intangibile. Dopo in-certezze e tribolazioni, tradimenti e cadute, passifalsi ed illusioni, sono immersi nella pace e nellagioia dello Spirito. Se avessimo fede quanto un granello di senape, al-lora potremmo dire alle montagne di spostarsi edesse lo farebbero. Se avessimo fede quanto un gra-nello di senape, allora il lavoro e la famiglia, il fu-turo e la storia, la professione e le altre culture ces-serebbero di essere problemi angosciosi e sareb-bero quello che sono davvero: tappe del viaggio diritorno alla Casa del Padre.Il benessere non può appartenere al domani, sa-rebbe un tragico inganno, una beffa assurda. Noiabbiamo bisogno di stare bene qui, oggi, subito.Ma non c’è benessere senza la fede, senza il con-forto della Parola che salva, acquieta, risolve. Pos-siamo contrattare condizioni migliori di lavoro,per noi e per tutti gli altri. Possiamo contrattarecondizioni di civiltà e di cittadinanza, ma il Benedell’Essere non si contratta, si conquista imboc-cando senza riserve la Via della Verità e della Vita.

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LLLuigi di Marco

L’AbitudineQuando qualcuno ottiene un posto di lavoro, nelcorso del primo anno considera l’avvenimento co-me fonte di gioia estrema. Si tratta di un risultatoche può dare un senso di grande appagamento,ma, lo stesso lavoro considerato nel secondo an-no può suscitare nell’individuo una reazione deltutto diversa, anzi opposta. L’abitudine prevale esi comincia a sentire monotonia, si percepiscono icomportamenti dei colleghi e dei dirigenti con lepiù diverse notazioni. L’appagamento è sostituitodall’abitudine e successivamente dalla noia e infi-ne dallo stress da carenza di interesse.Se il lavoro in sé, o meglio la mansione, non dàpulsioni positive, la caduta è inevitabile. Non vi èmotivazione al fare, ciò che circonda la persona,colleghi e ambiente, è causa di negatività. Il tempoè interminabile, lo sforzo insostenibile.

L’Orientamento verso gli altriQuando discutiamo della felicità sul lavoro assu-me grande importanza il come ci relazioniamocon coloro che stanno intorno a noi, colleghi,clienti, capi.Credo che se facciamo uno sforzo particolare percoltivare buoni rapporti con gli altri, se siamo im-pegnati a conoscerli e a portare le nostre buonequalità di base, la differenza sarà molto forte e disegno positivo.I compiti che svolgiamo, quali che siano, divente-ranno fonte di soddisfazione. Andremo in azien-da più volentieri e trascorreremo più felicementequelle ore. Penseremo oggi vado a lavorare pervedere i miei amici.Nell’azione positiva, spesso le persone aspettanoche siano gli altri a fare la prima mossa, ma se-condo me è sbagliato, è opportuno che ognunoprovi e non demorda.

Il Compito dei dirigenti“I dirigenti di impresa hanno la responsabilitàeconomica ed ecologica delle loro operazioni. De-vono considerare il bene delle persone e non sol-tanto l’aumento dei profitti anche se questi sononecessari per assicurare gli investimenti, l’avveni-re delle imprese, l’occupazione e il buon anda-mento della vita economica”. (Compendio del Ca-techismo della Chiesa Cattolica – Parte terzan.516.)Questo l’impegno dei capi. Per comprenderlo edattuarlo occorre tutto il tempo, la volontà e i ta-lenti di cui uno è dotato e forse non basta.

I Doveri dei lavoratori“Essi devono compiere il loro lavoro con coscien-za, competenza e dedizione cercando di risolverele eventuali controversie con il dialogo”. (Com-

pendio del Catechismo della ChiesaCattolica – Parte terza n.517).

Coscienza, quella grande consapevo-lezza e determinazione nel voler es-sere disponibili verso tutti conscidella propria dignità e di quella deglialtri,Competenze, quelle possedute e conumiltà ricercate continuamente peressere adatte al divenire delle cose,dei fatti e degli eventi,Dedizione, quella disponibilità aspendere i propri talenti per il rag-giungimento del Bene Comune.

Sono Compiti e Doveri che, se attuati,darebbero al lavorare insieme una con-notazione eccellente, ma il mondo quo-tidiano non è sempre così e non tutti nesono capaci.Alcuni lo sono e ne sono consapevoli, altri lo so-no, ma non lo sanno, molti non lo sono perché al-tre sono le loro pulsioni. Questi ultimi attendonotutto dagli altri e non ricevendolo lo pretendonocon i modi del sopruso, dell’obbligo e dell’ipocri-sia. Con questi che possono essere Capi, Colleghio Clienti, dobbiamo confrontarci concretamenteogni giorno e mantenere il nostro volere positivoutile a rendere il lavoro un Bel-lavoro.

Il Mondo del FareChi opera nel mondo del Fare trova nel mondo delPensare le leve per migliorare, ma la strada è sem-pre impegnativa perché non è contemporanea lapercezione condivisa dell’utilità del raggiungi-mento del Ben-stare, del Ben-essere, del Bel-vive-re. E’ lecito però operare per spingere al positivogli uomini e le donne che lavorano e che vivononel quotidiano con la volontà di migliorare e dimigliorarsi per valorizzare la Persona Umana.

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bellessere

Lavoro: un terzo

lo consideracome sempliceoccupazione,

un terzo come carriera

e un terzo come vocazione

Lavoro e Ben-essereE’ lecito operare per spingere al positivo

redo che valga la pena di riprendere,almeno in parte, l’articolo del Prof.Spaltro (Terza Corsia, 11, 2005) cheha suscitato in me molto interesse.Ho provato il sentimento della condi-

visione di un pensiero che toccava alcune“profondità” sulle quali anch’io penso valgala pena di lavorare se desideriamo apporta-re (in quanto persone e in quanto apparte-nenti all’Apq) uno speciale contributo allosviluppo della “nostra economia”.Le risorse economiche sono sempre state inrelazione e supportate da quelle psicologi-che, ma oggi, data l’importanza attribuita

all’informazione, alle reti di relazioni socia-li e ai beni “relazionali”, possono essere en-fatizzate e considerate nel loro valore. In questo mio scritto, andrò sottolineandoquelle risorse psicologiche rappresentatenella capacità dello “stare tra”, perché parti-colarmente importanti per i Quadri “specia-listi della negoziazione totale” (Spaltro) el’Apq (“sfumatura” che si spalma su tutte lecategorie), entrambi sensibili a quell’inter-medio che è lo “stare tra” (il fisico/psichico,il personal/professionale, l’organizzativo eil sociale). Posizione che ha in sé diverse po-tenzialità, in quanto quando “maturano, .. sitrasmettono alla comunità in cui si lavora evive”. Proviamo ad approfondire. La capacità di “stare” richiede l’intervento dimolteplici capacità: la capacità negativa,l’integrità, l’intenzione alla relazionalità, laresponsabilità, la testimonianza; mentre il“tra” sottolinea la capacità di tra-scendenza,

ossia la capacità di andare “oltre”, e l’impor-tanza dell’entrare in inter-azione.Lo “stare tra” fa pensare anzitutto allo sta-re in mezzo. E chi sta in mezzo può viveresulla propria pelle le battaglie del conflittoe le ambivalenze dello stare tra due polari-tà: da qui nasce la necessità di negoziare esolo un percorso “superiore”, ossia capacedi andare oltre le polarità e il già noto, per-mette l’uscita dal conflitto e la creazionedel nuovo.Ma lo “stare tra”, nel momento in cui si tra-scendono i “fatti”, salvaguardando i valori eguardando alle possibilità che si presenta-

no nello spazio della relazione, e alle ragio-ni della coscienza che ci supporta nello sta-re, può trasformarsi in progetto. Inoltre, lo “stare tra” quando trasmette ilsenso del: tra me e te succede che... tra noi eil mondo sta avvenendo che... contribuendoalla costruzione di una relazione, acquista ilsenso dell’avvenuta “interazione”. Interazio-ne che testimonia che qualcosa ci accomunaa qualcos’altro, e che una costruzione è nataa partire dallo “stare tra” e dalla sua qualità,dando vita ad un percorso che si può svilup-pare o meno in funzione del “bell’essere”(Spaltro) personale e sociale.Lo “stare tra” non ha quindi nulla a che farecon lo stare fermi e tanto meno con lo staretra poli contrastanti sentendosi schiacciati:almeno quando connotato dall’andare oltree dall’entrare in interazione. Al contrario èrappresentato da una serie di attività (psi-cologiche) che lo rendono più che mai dina-mico. Vediamone alcune:

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Testimoniare per andare «oltre»

CC

Daniela Franzoni

Lo “stare tra”dovrebbe

essere fattoproprio

dai Quadri cheper vocazione

occupano lo spazio

dell’intermedio

La “capacità negativa” (che non è il contra-rio delle capacità positive ma si associaad esse): è capacità di contenimento, ca-pacità di convivere con ambiguità e para-dossi, capacità di tollerare ansia e timori,capacità di restare nello spazio di incer-tezza per permettere la nascita di pensie-ri, strategie, azioni nuove.L’ “integrità”, intesa come atteggiamentodi ricerca di quel valore ‘primo’ che rap-presenta la nostra ‘verità’, ossia l’intimacertezza (che conserva sempre un ragio-nevole dubbio) di stare costruendo unpercorso connotato dalla ‘bellezza’. E’ unatteggiamento che tende al raggiungi-mento del bell’essere personale e sociale. L’ “intenzione alla relazionalità” o allaconciliabilità: accoglie il pensiero rifles-sivo in funzione dell’apertura alla cono-scenza di sé in relazione agli altri. E’ que-sta un’intenzione che tra-scende l’indivi-duo, nel senso che in essa vi sono aspetti

‘istituzionali’ soggettivi (ossia facentiparte della cultura personale e sociale),che vanno necessariamente ri-elaboratinella relazione, sia aspetti propri, delproprio ‘ipse’, nel senso che la soggettivi-tà si sgancia per un momento dalle inten-zioni istituzionali per ‘scegliere’ se raf-forzare, sedimentare o indebolire questistessi aspetti, costruendo un percorsooriginale. La responsabilità delle “conseguenze”(Max Weber): va oltre l’etica della ‘convin-zione’ e si fa carico dell’esito che atteggia-menti, parole e comportamenti hannosulle relazioni interne/esterne (noi inrapporto a noi stessi, noi in rapporti aglialtri e alla nostra comunità). La responsa-bilità delle conseguenze che non è da in-tendersi come capacità di risposta alladomanda e/o al comando dell’Altro (do-vere), ma è risposta che ciascuno dà anzi-tutto a se stesso sollecitato dalla doman-da che nasce dentro di noi in relazione al-l’Altro. E’ supportata dalla logica del godi-mento del proprio diritto ad entrare in re-lazione, ad influire sul mondo, a conosce-re, ad approfondire ...La “testimonianza”, ossia la narrazionedella nostra esperienza “viva”. Testimo-niare lo “stare tra” non ha il senso dellapresa di posizione o dell’esplicitazione di“fatti”, significa piuttosto narrare una pe-na, una difficoltà o una caduta, affiancan-dovi, enfatizzandole, le aperture e le pos-sibilità che nelle situazioni vissute abbia-mo intravisto e costruito.

Lo “stare tra” va testimoniato per meglio es-sere compreso, soprattutto dai Quadri, inquanto per loro vocazione occupano lo spa-zio dell’intermedio, e perciò dovrebbero farproprio, nel profondo, questo atteggiamen-to. Atteggiamento che rappresenta una del-le risorse psicologiche più preziose nei mo-menti di cambiamento e che va a costituirequel patrimonio (forse ereditato ma che vari-conquistato), utile alla gestione ed allosviluppo delle nostre psico-economie.In un momento come l’attuale dove stiamovivendo e percependo le difficoltà che i pe-riodi di transizione comportano, vivificarela funzione dello “stare tra” (punto di forzadi chi aderisce all’Apq e dell’Associazionestessa), testimoniando le proprie esperien-ze ‘vive’, può anche, dando forma a quelbell’essere personale a cui tendiamo, far lu-ce sul bell’essere sociale. La testimonianza che si può considerare an-che trasmissione di “modi” di relazione, po-trà forse incidere sulle strutture (interio-ri/esteriori) dei sistemi con cui ciascuno dinoi interagisce e potrà migliorare la qualitàe/o la direzione di sviluppo di quelle nostrereti relazionali che sono la base per lo svi-luppo di ogni risorsa economica.

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bellessere

l rischio mobbing. Difendere e pro-muovere la qualità della vita neiluoghi di lavoro”. Questo il temadell’incontro promosso da Apq a

fine gennaio scorso a Roma. Perché una gior-nata di formazione dedicata al mobbing? Nonbastano l’abbondanza di seminari, convegni,libri, opuscoli, manuali, i centri d’ascolto, laschiera di avvocati, sempre più corposa, che

scendono in campo e le sentenze che sanzio-nano le aziende? Evidentemente no, se le per-sone che si rivolgono agli sportelli anti-mob-bing riferendo situazioni e sintomi dramma-tici sono sempre più numerose e gli avvocatisi trovano sempre più spesso a dover affron-tare le aule per difendere i loro assistiti. Intanto, in Italia si è cominciato a parlare dimobbing intorno al 1998, grazie all’iniziativaoriginale e innovativa della dott.sa E. Fattori-ni e del dott. R.Gilioli, che introdussero perprimi nel Paese questa “chiave di lettura” delmalessere soggettivo-organizzativo. In menodi dieci anni, di molestie morali nei luoghi dilavoro si parla sempre di più e non solo perconvenienze che vanno al di là del reale inte-resse al fenomeno. Il mobbing, diceva la Fat-torini in un passaggio della sua relazione alconvegno, in fondo ci ha fatto un favore: ci hapermesso di riconoscere in modo indiscutibi-le che il lavoro non è svincolato dalle dinami-che relazionali ed emotive ad esso connesse.E’ ben lontana - o dovrebbe esserlo…! - l’epo-ca in cui l’uomo era considerato una specie dimacchina “avvitabulloni in serie” come nellascena così pregnante resa da Charlie Chaplin

nel famoso film. Si sta, per quanto lentamen-te, estendendo la consapevolezza che l’uomoè persona in qualunque contesto si muova eche non può essere tagliato a spicchi, penauna serie di problemi a catena che ricadonosu tutta la società. Se non è di tutti, di certo questa è la consape-volezza forte che caratterizza l’azione sinda-cale di Apq. Un’azione sindacale aperta ad in-dividuare tutte le forme di tutela da metterein atto per promuovere il benessere del lavo-ratore in quanto persona. Un’azione sindaca-le difficile quanto necessaria, mentre la crisieconomica e sociale che viviamo sembra inar-restabile e capace di produrre un regresso ri-spetto alle conquiste raggiunte nella tuteladei diritti dei lavoratori e in generale della so-cietà. Mettere l’uomo al centro dell’azionesindacale significa rifiutare la logica della“persona a spicchi” e ragionare in termini di“intero”, di un sistema-persona che va cono-sciuto e difeso integrandone sempre meglio idiversi aspetti che lo caratterizzano. Primaconoscendoli, per poi gestirli. Dentro la strut-tura sindacale, dentro l’azienda. Ragionare in termini di “sistema” nel caso delmobbing significa, come è stato fatto nel cor-so della giornata di studio, mettere a fuocoquali sono i diversi fattori che si influenzanoa vicenda, facendo sì che sul lavoro qualcunomolesti qualcun altro e lo danneggi voluta-mente. Fattori soggettivi, socio-culturali, le-gati alla crisi dell’occupazione e alle aspetta-tive del datore di lavoro dai suoi dipendenti,organizzativi e culturali aziendali. Poi, indivi-duare i bisogni di tutela, vecchi e nuovi, cheun sindacato qual è la Cisl vuole promuovere.Forse, la piena azione di tutela della rappre-sentanza non si limita all’azione contrattuale.Con essa, si intercettano alcuni bisogni, nonaltri. Cosa vuol dire tutelare la persona del la-voratore? Non vuol forse dire accogliere e tu-telare anche altri bisogni, come ad esempioquello di permettere a chi è sottoposto ad unabuso grave di interagire con persone ade-guatamente preparate a costruire una solidaed efficace relazione d’aiuto? Non vuol forsedire accogliere e soddisfare il bisogno di gua-rire dal danno psicologico in un contesto dicondivisione con altri, in gruppi qualificati incui ritrovare identità, dignità, professionali-tà? Non ci aiuterebbe questo ad estendere latutela a nuovi bisogni reali e ad aumentare ilpotenziale di rappresentanza?

Perché una giornata di formazione dedicata al mobbing?

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Anno XI • gennaio marzo 2006 numero dodici

formazione

“I

Isabella Nuboloni

egli ultimi mesi, so-prattutto a causa dialcune contingenzepolitiche legate alledifficoltà di ap-

provvigionamento delle ri-sorse energetiche russe ecaucasiche, in Italia si è tor-nati a discutere intensa-mente riguardo allo sfrutta-mento dei combustibili fos-sili, e sugli effetti nocivi chequesti possono causare sul-l’ambiente. Ma anche prece-dentemente ai fatti di piùstretta attualità si potevanotrovare sottotraccia degliinteressanti spunti di rifles-sione relativi a questa tema-tica.Ne è un esempio un artico-lo, pubblicato sul numero 2(agosto/settembre 2005)della rivista Mind, scritto daRoberto Vacca. Docente inautomazione del calcolo econsulente in ingegneriadei sistemi, l’autore attra-verso questo articolo cercadi illustrarci, mettendole aconfronto, le diverse posi-zioni scientifiche esistentiin relazione al riscaldamen-to globale e l’effetto serra.Da anni due scuole di pen-siero si contrappongono inmerito agli effetti nocivi chel’azione dell’uomo starebbecausando sui mutamenticlimatici. Infatti vi sono siacoloro che sostengono co-me i processi di moderniz-zazione ed industrializza-zione abbiano provocatol’attuale riscaldamento del-la temperatura media delglobo, sia coloro che riten-gono che questi fenomenisiano del tutto connaturatialle caratteristiche della su-perficie terrestre, e non ri-sentano dell’azione antropi-ca. Roberto Vacca ci propo-ne questo insieme di teoriecontrapposte, corredandolecon un robusto corpus di

scerà di 4 o 5°C nei prossimi50 anni, e sono convinti chel’aumento del C02 nell’ariasia causato dai combustibilifossili. Ma si stupisce di co-me tali teorie siano state ac-cettate in maniera tanto dif-fusa, visto che solo il 15%dell’effetto serra dipendedal C02.Successivamente infatti ciricorda come Fourier, fisicoe matematico del XIX° seco-lo, sia stato il primo a capireche l’atmosfera produce uneffetto serra sul nostro pia-neta. Questi comprese chese non ci fosse l’atmosferanon vi sarebbe effetto serra,così che la temperatura me-dia della superficie terre-stre sarebbe di 18°C più bas-sa di quella attuale, che è di15°C. Pertanto le variazionidella temperatura sono de-terminate dalla regolaritàdella posizione e del motodella Terra, conseguente-mente questi fattori causa-

valutazioni matematiche eriscontri scientifici, per laverità non tutti facilmentecomprensibili alla primalettura per un pubblico pro-fano delle materie scientifi-che. Inizialmente l’autore cita ilavori di alcuni scienziatiche ritengono che la tempe-ratura dell’atmosfera cre-

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Andrea Managò

Riscaldamento globale, effetto serra, energia alternativa

NNUn dibattito aperto

Sugli effetti nociviche l’azionedell’uomostarebbe

causando sulclima si

contrappongonodue scuole di pensiero

e principali rifor-me che hanno in-vestito la Pubbli-ca Amministra-zione, dal 1990,

hanno trovato fondamentonel principio di sussidiarietà,in virtù del quale la generali-tà dei compiti va collocata allivello di governo più vicinoai cittadini: da un modello dipotere centralistico si passaquindi ad un sistema policen-trico. La maggiore prossimitàalla base sociale, evidente-mente, introduce alla ricercadella massima soddisfazionedel destinatario finale dell’a-zione della P.A., che dipendecomunque, in via diretta, dal-la condotta di altri soggetti,ossia di coloro che concreta-mente operano in tale conte-sto. Ciò posto, è ovvio che se a co-storo sono assicurate condi-zioni di benessere lavorativo,con maggiori probabilità, cre-scono le performances e diconseguenza l’intero sistemadiventa più efficiente.Rileva distintamente, dun-que, anche nelle P.A. il rap-porto di reciprocità necessa-ria tra orientamento alla qua-lità dei servizi pubblici e va-lorizzazione delle risorseumane.Per un soggetto che rappre-senta e/o tutela gli interessidi queste ultime è dunqueutile strutturarsi in coerenzaagli sviluppi in argomento,onde evitare di subirli. Va in questa direzione un’or-ganizzazione modulata inCentri d’eccellenza, ciascunodei quali maturi determinateconoscenze e competenze,che pongano al servizio del-l’insieme nel quale sono inte-grate, ed assumano eventual-mente il ruolo di laboratorioove sperimentare modusoperandi nuovi. Il “Centro d’eccellenza” è una

no le variazioni della per-centuale di CO2 presentenell’atmosfera. Non è quin-di l’aumento dell’effettoserra a produrre il riscalda-mento globale, ma è l’innal-zamento di temperaturache fa crescere la percen-tuale di CO2, questa succes-sivamente contribuisce asua volta all’aumento dellatemperatura. L’aumento an-nuo della percentuale diCO2 atmosferico costitui-sce poco meno del 50% delCO2 emesso nell’atmosferaper effetto di attività uma-ne.A sostegno delle teorie chevorrebbero sminuire l’effet-to delle attività umane sulriscaldamento globale Ro-berto Vacca, dati alla mano,ripercorre numerose epo-che storiche, sia relativa-mente recenti che remote,nelle quali non si utilizza-vano ancora combustibilifossili, illustrandoci comeciascuna di esse abbia vis-suto sia periodi di glacia-zione che fasi di surriscal-damento. Questa sarebbeuna delle dimostrazioni delfatto che gli uomini nonstanno causando dei danniecologici irreversibili, attra-verso l’utilizzo intensivo dicombustibili fossili. Inoltre secondo l’autore nonè possibile fare previsioni alungo termine sul clima,poiché esiste una pluralitàdi fenomeni quali eventi at-mosferici, astronomici, si-tuazioni e circostanze cheinfluisce sul clima. PertantoRoberto Vacca ritiene, an-che alla luce dei calcoli dalui effettuati, che l’effettodelle attività antropiche suimutamenti climatici an-drebbe decisamente ridi-mensionato. Egli anzi con-clude il suo articolo propo-nendo uno spunto quasiprovocatorio, infatti si do-manda se le attuali muta-zioni dei diversi fattori cheregolano il clima non possa-no piuttosto condurci versouna nuova era glaciale.Queste tesi meritano il mas-simo rispetto e ne vanno ul-

teriormente approfondite leragioni, tanto più poichéprovengono da uno studio-so di fama comprovata. Maanche qualora venga prova-to che il dibattito sul riscal-damento globale debba da-re ragione a coloro cheescludono un coinvolgi-mento eccessivo delle atti-vità umane in tale processo,il discorso sulla validità deicombustibili fossili rimaneaperto. Perché non possiamo noncontinuare, specialmente inquesto momento, a doman-

darci per quanto tempo an-cora la nostra società conti-nuerà a dipendere da que-ste tipologie di risorse ener-getiche. La via del progres-so scientifico e dello svilup-po tecnologico dovrebbepassare anche attraverso unprogramma credibile disfruttamento delle fontienergetiche alternative aicombustibili fossili, come ilnucleare, l’eolica, la solare.Negli ultimi anni alcune re-gioni italiane hanno fattoregistrare alcuni passi avan-ti in merito allo sfruttamen-to dell’energia solare peralimentare gli impianti di ri-scaldamento e di illumina-zione. Ma nella percezionedi molti commentatori ri-mane viva l’impressioneche la rilevanza economicadei combustibili fossili con-tinui a frenare il pienosfruttamento delle risorseenergetiche alternative.

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Domenico Trombino

LLRoberto Vacca

ritiene chel’effetto delle

attività antropichesui mutamenti

climaticiandrebbe

decisamenteridimensionato

funzione che può esseresvolta da un gruppo, come daun singolo; non è necessaria-mente qualcosa di struttura-to, può altresì risolversi incontenuti prodotti durantefasi circoscritte di tempo chesi offrano come contributoad un lavoro più ampio e du-raturo. In quest’accezione, rappre-senta un centro d’eccellenzala ricerca condotta dal Cemansu “Le prospettive dell’asso-ciazionismo tra gli enti localidel Lazio”, esposto a Roma il25 gennaio da Di Mico, nel-l’ambito del convegno “Asso-ciazionismo, Esternalizza-zioni e Riorganizzazioni ne-gli EE.LL – gestione del cam-biamento organizzativo e si-stema degli incarichi”.Lo studio, di valenza genera-le, anche se occasionalmentesviluppato con riferimentoalla realtà laziale, ha rilevatoprincipalmente le motivazio-

nella P.A., sparsi su tutto ilterritorio nazionale. La complessità della P.A. ren-de prezioso il contributo dichiunque. Ciascuno in quest’ottica è uncentro d’eccellenza in fieri,con il proprio bagaglio di co-noscenze e di competenze.Non si tratta di creare unalobby del pubblico impiegoma un luogo di informazionee consultazione, di autofor-mazione continua, una sortadi“banca dati della prassi”,centro d’eccellenza dei centrid’eccellenza, governato dauno spirito di scambio soli-daristico fra questi. E’ indubbio che la domandadi lavoro della P.A. contempo-ranea tenda verso le forticompetenze. Sono richiesteconoscenze sempre più ele-vate: la sfida sta proprio nelriuscire a garantirle. Con la rete della P.A., in defi-nitiva, si vuole accompagna-re questo processo, creandovalore aggiunto da “reinvesti-re” nello stesso circuito e ne-gli ambiti esterni nei qualiciascuno gravita: l’ufficio, ilsindacato, la R.su, ecc. Fine mediato: l’affermazionedella figura del…professioni-sta della P.A..La giornata è stata conclusadal segretario confederaleCisl Nino Sorgi, il quale ha in-dicato il punto d’approdo inuna Pubblica Amministrazio-ne che diventi fucina di com-petenze, idonee al proprioruolo di motore dello svilup-po del territorio e che, al con-tempo, sappia fare sistema,nel senso di coordinamentoed integrazione fra le sue di-verse articolazioni, posto chei cittadini, come i mercati,non possono nutrire il mini-mo interesse verso una P.A.frammentaria e disgregata.

responsabile politiche pubblico impiego apq

ni degli Enti Locali verso leforme associative poste in es-sere ed i risultati dagli stessiconseguiti. Notevole lo spessore di tuttigli interventi, che hanno ar-ricchito la riflessione dellagiornata di altri temi: la for-mazione, la comunicazione,il valore del lavorare insieme,il sistema di responsabilizza-zione, la scarsa conoscenzadell’economia da parte dellapolitica.In un contesto adeguatamen-te sensibilizzato da tali con-tributi, oltre che dall’introdu-zione al convegno di De San-tis, ha trovato ideale colloca-zione la presentazione dellaRete della Pubblica ammini-strazione, concepita nell’am-bito relativo alle politiche delpubblico impiego dell’Apa. L’obiettivo è di dare rispostaalla diffusa domanda di colle-gamento stabile fra referentiche operano a vario titolo

Il convegno del25 gennaioorganizzato daApq e Ceman.

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Icentri d’eccellenzaOrganizzazione a rete nel pubblico impiego

Intervista al presidente

del ColapGiuseppe

Lupoi

uali erano le aspettative nel2001, quando il centro destravinse le elezioni?Le aspettative erano alte, e nonperché fossimo dei visionari, maperché era stato messo tutto nero

su bianco. Ho ancora sulla mia scrivania ilprogramma elettorale della Cdl “Professio-ni Libere” presentato alla sala del Refetto-rio della Camera dei Deputati il 28 Febbraio2001. Questo documentodice che: “gli ordini esi-stenti vanno migliorati, re-si pienamente funzionali,né soppressi né aumentati”e il governo a dicembre neha invece approvati di nuo-vi! Relativamente alle pro-fessioni non regolamenta-te enuncia “che possonoorganizzarsi mediante lacostituzione di associazio-ni non esclusive e non ob-bligatorie, che potrannorappresentare agli occhidel pubblico dei punti di ri-ferimento per un’attesta-zione di qualità delle pre-stazioni rese dai propriiscritti”, il documento continua dicendoche si prevede nella prossima (ormai scor-sa) legislatura un disegno di legge che rico-nosca la funzione sociale delle associazio-ni professionali rendendone ufficiale laistituzione.Alla luce di quanto detto in campagna elet-torale come potevamo non sperare chequalcosa sarebbe accaduto? Che finalmen-te avremmo ottenuto il riconoscimento?Che le riserve degli ordini non sarebberoaumentate? Purtroppo nulla di tutto questoè stato fatto!

C’e’ rammarico nelle sue parole?Forte delusione, verso un governo che si di-chiarava liberale e che, nei confronti delmondo delle professioni, si è mostrato as-solutamente illiberale.

Sono rammaricato per il paese e per quasi 4milioni di liberi professionisti che sono sta-ti ignorati in questi 5 anni.I nostri richiami e la nostra disponibilità aldialogo, al confronto è stata sempre ampia,ma le lobby oligarchiche di questo paesesono ancora molto forti per permettere aduna richiesta “giusta” come la nostra di po-ter essere ascoltata!

E l’opposizione?Assente, per circa 3 anni, conla sola, lodevole, eccezionedella Margherita. All’inizio della legislatura èstato elaborato il testo unifi-cato della grande riformadelle professioni (Cavallaro-Federici) e quello del sempli-ce riconoscimento delle as-sociazioni (Ruzzante-Manti-ni), ma poi tutti e due sonocaduti nel dimenticatoio. Nel 2004, in occasione deglistati generali del Colap, Fas-sino si è impegnato a sup-portare le nostre istanze, manei fatti nulla è accaduto. Una posizione più netta riap-

pare nel 2005 in occasione del Dl sullacompetitività dove i senatori del centro si-nistra (insieme anche ad alcuni del centrodestra, Udc in particolare) presentano incommissione bilancio del senato il nostroemendamento al decreto sulla competitivi-tà che viene approvato all’unanimità.Emendamento poi caduto dal ritiro del maxiemendamento del governoQuesto episodio è coinciso con un nuovointeresse per le nostre problematiche daparte dei Democratici di sinistra, che cihanno convocato per redigere il program-ma, ci hanno invitato alla Conferenza pro-grammatica e hanno supportato le nostrerichieste anche durante la finanziaria.Occorre però dire che i nuovi ordini sonopassati con l’appoggio di tutti, maggioran-za e opposizione!

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Emiliana Alessandrucci

Associazionismo professionale inascoltato

QQ

Delusi dal governoopposizione distrattasi spera nel futuro

In questi ultimicinque anni

nel nostro Paesequattro milioni

di liberiprofessionisti

sono stati ignorati

Ma insomma da che parte sta il Colap?Il Colap naturalmente fa politica, ma è rigo-rosamente apartitico. Non si è mai schiera-to per una parte, né lo farà. Noi portiamoavanti una battaglia civile e soprattutto digiustizia, non un credo politico. Abbiamo anche subito una piccola diasporaper tale motivo, ma la nostra coerenza etrasparenza ci hanno premiato e tutti oggici riconoscono come unico interlocutoredel mondo dell’associazionismo professio-nale.Detto questo, è chiaro che è nostro dovereprendere atto di quello che le forze politi-che fanno per noi e contro di noi!

In questi cinque anni di governo fattidi tante proposte si è mai illuso chene stava per passare qualcuna, che fi-nalmente la riforma si poteva fare?

Va detto che il Colap è stato soddisfatto dinon aver visto realizzarsi né la propostaVietti e né la proposta Castelli. Questo, pur-troppo è il solo potere che siamo riusciti adesercitare. Siamo stati in grado di bloccaredelle proposte assurde che avrebbero raf-forzato le oligarchie e tra-sformato i nostri professio-nisti in professionisti di se-rie B o C. Forse non è poco,certo speravamo molto dipiù.Devo però ammettere chedopo il voto unanime allaCommissione Bilancio delSenato ho pensato che ilprovvedimento di ricono-scimento delle associazionipoteva passare!Oggi non chiediamo più laRiforma, ma prima di tuttoun provvedimento che rico-nosca le associazioni, affin-ché si possa realizzare quelsistema duale e sinergicobase necessaria per iniziare qualsiasi dis-cussione e concertazione sulla riformacomplessiva. Le associazioni si dovrannosedere a quei tavoli con la stessa dignitàdegli ordini.

L’Europa vi ha aiutato?Gli indirizzi e i richiami europei sulla con-correnza (come quelli dell’antitrust del re-sto!) sono assolutamente in linea con le no-stre posizioni, quindi credo che fino ad og-gi l’Europa abbia dato forza alle nostre ideee si sia opposta al regime oligarchico a cuiè legato l’esercizio delle professioni in Ita-lia. Non è un caso che l’Italia sia il paese eu-ropeo con il maggior tasso di protezione econ la minor capacità di esportazione diservizi professionali. All’inverso l’Inghil-terra, la Danimarca e l’Olanda, hanno la

maggior capacità di esportazione e il mino-ri tasso di protezione, senza, peraltro, evi-denziare segnali di malfunzionamento deimercati.Se parliamo della direttiva qualifiche, glistravolgimenti (deroga al paese ospitante)apportati da Zappalà non faranno certo be-ne al libero mercato.La direttiva pone le associazioni e gli ordi-ni nella stessa posizione, ma Zappalà sa be-ne (e ho avuto occasione di ricordarglielo!)che in Italia le associazioni non sono rico-nosciute, staremo a vedere come verrà re-cepita e spero vivamente che per quella da-ta ci avranno riconosciuto!Sono molto più preoccupato per il Dl LaLoggia sul ruolo delle Regioni sulle profes-sioni, che, se non venisse cassato dal nuo-vo governo, frantumerebbe il mondo asso-ciativo professionale e rafforzerebbe gli or-dini!

Ha già avuto modo di vedere i pro-grammi elettorali? Che ne pensa?

Ho ricevuto il programma dell’Unione. Nonancora quello del Polo.

Le pagine del programmadell’unione che riguardanoil settore dei servizi profes-sionali sono inserite nellaparte in cui si tratta dellepolitiche di liberalizzazionea tutela degli effettivi inte-ressi dei cittadini. Già que-sta è una buona notizia perchi si augura una vera rifor-ma del sistema.Il programma prosegue pro-ponendosi di realizzare unsistema duale, come abbia-mo sempre richiesto.Altro elemento positivo èche, sin dalle prime righedel programma, si affermache il settore è stato fin ad

oggi sottratto alle dinamiche concorrenzia-li, enfatizzando la natura delicata delleprestazioni offerte e le garanzie di profes-sionalità, di fatto favorendo protezionismiingiustificati e difese delle posizioni di ren-dita. L’abnorme numero di ordini e collegiprofessionali, oltre trenta con i nuovi arri-vi, dimostra da solo che non tutti sono mo-tivati da esigenze di tutela dei diritti costi-tuzionalmente garantiti. Insomma il programma mi sembra buono,ma la storia ci insegna ad aspettare i fatti.

Quindi cosa chiede al prossimo go-verno?

In primis, nei primi 100 giorni, il riconosci-mento delle associazioni, la realizzazionedel sistema duale. E poi una riforma com-plessiva delle professioni.

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Siamo stati ingrado di bloccareproposte assurde

che avrebberotrasformato

questi lavoratoriin professionisti

di serie B

stiere non sarà quindi suffi-ciente ma esso andrà valo-rizzato con un costante ag-giornamento formativo.I dati Istat del 2005 testimo-niano questo trend: sonoquasi quindici milioni, nelnostro paese, i cittadini im-piegati nel settore dei servi-zi contro i sette milioni circadell’industria ed i novecen-tomila dell’agricoltura. Cifre

che testimoniano come at-tualmente siano occupatinel Terziario circa i due terzidella popolazione attiva ita-liana con una crescita annuapari ad oltre il 2 per centonell’ultimo decennio. I nu-meri relativi al contesto in-ternazionale sono ancorapiù esplicativi, basti infattipensare agli Stati Uniti dovecirca l’87 per cento della for-za lavoro è impiegata in que-sto settore. Si evince quindi l’importan-za della qualità dei servizi edella centralità della perso-na. “Il servizio – ha afferma-to Philip Kotler, professorealla Northwestern Univer-sity, considerato la maggiorautorità mondiale in materiadi marketing sociale – è unaqualsiasi attività che unaparte può scambiare conun’altra, la cui natura sia es-senzialmente intangibile”.Un’attività quindi che non

zionale che si inserisce unavisione più ampia e proget-tuale che vede la Persona alcentro dell’economia dellaconoscenza in un insieme dirapporti, orientati al soddi-sfacimento di nuovi bisognie nuove necessità, che ri-chiedono risorse umane pre-parate e motivate.Nei paesi occidentali si stainfatti verificando una pro-

fonda e significativa inver-sione di tendenza rispetto aimodelli lavorativi tradizio-nali: la forza lavoro delle at-tività produttive è impiega-ta, in maniera sempre mag-giore, verso il settore deiservizi a scapito del compar-to manifatturiero. Un muta-mento causato da una seriedi fattori, tra cui lo sposta-mento della manodopera neipaesi stranieri, in particolarmodo asiatici e dell’Est euro-peo, e lo sviluppo delle tec-nologie che permette di au-tomatizzare quelle opera-zioni che richiedevano finoad ora l’intervento direttodell’uomo. Scelte mirate chepermettono di diminuire icosti di produzione e chehanno inevitabili ricadutesul mercato del lavoro, dovecompetenze e conoscenzerappresentano la qualità es-senziale di ogni profilo pro-fessionale. Imparare un me-

n'economia basatasulla conoscenza piùcompetitiva e dina-mica del mondo, ingrado di realizzare

una crescita economica so-stenibile con nuovi e miglio-ri posti di lavoro e una mag-giore coesione sociale". Que-sto in sintesi l’obiettivo del-l’Unione Europea che nelconvegno di Lisbona, nelmarzo del 2000, perseguivaun complesso e profondorinnovamento economico,sociale ed ambientale.Una società della conoscen-za, quindi, che può essererealizzata attraverso l'as-sunzione della istruzione edella formazione come dirit-to individuale da supportarecon adeguate e costanti poli-tiche pubbliche. Una forma-zione continua che non siesaurisce con i tradizionaliperiodi formativi ma che ne-cessariamente accompagnal’individuo, in modalità e ti-pologie differenziate, lungotutto l’arco della vita lavora-tiva. Una strategia necessa-ria che ha lo scopo di fornirestrumenti professionali ade-guati alla società odierna,caratterizzata da modelliproduttivi in costante muta-mento. Un percorso lungo egraduale che prevede, se-condo gli accordi europei,che nel 2010 almeno il 12,5per cento della popolazioneadulta dovrà essere coinvol-ta in iniziative di formazio-ne permanente: una “life-long learning” indispensabi-le e che costituisce la sfidadei sistemi educativi delnuovo millennio.Progetti complessi ed ambi-ziosi che vedono purtroppoattualmente il nostro paesein una posizione molto arre-trata: in Italia infatti soltantoil 5 per cento degli adulti fre-quenta corsi di differentenatura, mentre la media eu-ropea si attesta ad oltre l’8per cento con picchi del 20per cento se si consideranopaesi quali il Regno Unito, laFinlandia o la Danimarca.E’ in questo contesto ed inquesto panorama interna-

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La centralitàdella personanella societàdellaconoscenza

UUNicola Alberto De Carlo, Alessandro Renai

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dente, valorizzare la sua Per-sona, significa infatti coin-volgerlo direttamente nelledinamiche decisionali dell’a-zienda, promuovendo la for-mazione permanente ed ele-vando conseguentemente laqualità della vita. Sfruttare tutte le potenziali-tà e le competenze dei lavo-ratori rappresenta quindiuna scelta vincente, non uni-laterale, che stimola al tem-po stesso le risorse umane erafforza l’identità e la com-pattezza dell’azienda.Vengono ora in gioco ade-guate politiche organizzati-ve che coinvolgono tutti gliattori, finalizzate al benes-sere comune, sia a livello in-dividuale (come ad esempiola soddisfazione, l’armonia,la gestione del rapporto fravita lavorativa e privata) siaa livello logistico (relativequindi all’ambiente ed all’or-ganizzazione del lavoro, agliaspetti propriamente ergo-nomici o inerenti a valoricondivisi). Promuovere la qualità dellavita è inoltre il migliore stru-mento per prevenire le situa-zioni di disagio che possonoverificarsi nell’ambiente oc-cupazionale e professionale.Evitare quindi quelle situa-zioni, come lo stress , il bur-nout o il mobbing che sem-pre con maggiore frequenzasi verificano, purtroppo, neisistemi lavorativi.Il riposizionamento dellaPersona al centro dell’econo-mia della conoscenza rap-presenta un obiettivo comu-ne anche per misurarsi con ilsistema economico attuale,esasperato dalla globalizza-zione e dalla concorrenzadei nuovi mercati. Un pro-getto condiviso, una ricon-versione generazionale, chenecessita del ruolo attivo edeterminante della associa-zioni sindacali, chiamate apromuovere e guidare, as-sieme alle aziende compe-tenti, una riqualificazionegenerale del lavoratore inse-rendolo in un contesto otti-male ed in un ambiente gra-tificante.

fornisce prodotti materiali eche si basa essenzialmentesulla contemporaneità dierogazione e fruizione e pre-sume il coinvolgimento di-retto del cliente: variabili le-gate inevitabilmente ad unacomponente personale cheinsiste sulla centralità del-l’individuo per elevare l’effi-cacia ed il valore della pre-stazione. Fattori sempre piùimportanti e decisivi per ri-spondere a bisogni non ele-mentari, ma complessi, det-tati da nuove contingenzesociali e dai mutati modellicomportamentali singoli ecollettivi.Nel nuovo scenario produtti-vo, caratterizzato dalla pre-valenza di attività legate aiservizi, risulta evidente co-me la sfida esenziale perl’impresa, pubblica e priva-ta, sia quella di disporre dipersonale capace e compe-tente che rappresenta, oggi,

una delle principali risorsestrategiche su cui contare.La formazione, in questa se-rie di processi e profondimutamenti, non è comunquel’unico strumento da utiliz-zare ma deve essere correla-to da dinamiche normativeche favoriscano la partecipa-zione dei lavoratori alla go-vernance dell’organizzazio-ne, decisioni condivise, cheresponsabilizzano la Perso-na, stimolano la crescita pro-fessionale elevando l’indivi-duo dalla tradizionale acce-zione di forza lavoro; un mo-dus operandi che vede anco-ra una volta, purtroppo, ilnostro paese agli ultimi po-sti dell’Unione Europea.Lo sviluppo della bilateralitàfra lavoratore ed impresa co-stituisce la valorizzazionedella dimensione personalee della qualità della vita pro-fessionale degli individui.Responsabilizzare il dipen-

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vita apq

el mese di Gennaio 2006 nasce unservizio complementare alla no-stra rivista: Terza Corsia News,strumento di informazione on line

di facile consultazione per ciò che riguardagli eventi (seminari, convegni, master, giorna-te di studio, convenzioni, polizze, diretta-mente promosse dall’associazione o da sog-getti con i quali l’Apq sviluppa una sinergiaoperativa e strategica).Chiunque fosse interessato a ricevere TerzaCorsia News può segnalare il proprio indiriz-zo e-mail alla segreteria dell’Apq.

Accordo tra Cisl Emilia Romagna eApqIl 5 dicembre 2005 a Bologna si è svolto l’in-contro di presentazione dell’accordo realiz-zato tra la Cisl dell’Emilia Romagna e l’Apq dalquale è emersa la seguente linea di azione.Ai lavoratori verranno offerti, ad integrazionedei servizi esistenti, su specifiche esigenzedelle fasce ad elevata professionalità e attra-verso l’attività dello sportello Quadri, in par-ticolare: consulenza e assistenza giudizialeed extragiudiziale nelle situazioni di disagioo conflitto o di cessazione del rapporto di la-voro (25% dei casi trattati dallo sportello), se-vizi alla carriera con possibilità di check- upprofessionale e bilancio delle competenze,outplacement individuale per la rioccupazio-ne (altro 25% finora), formazione professio-nale, offerta di servizi convenzionati qualifi-cati. Per le strutture territoriali e per le categorie, ilcoordinamento regionale dell’Apq sviluppe-rà, direttamente o attraverso soggetti specia-lizzati e convenzionati e in collaborazionecon servizi, uffici ed enti della Cisl , una effi-cace azione di supporto per le politiche e leiniziative di strutture e categorie in particola-re per seminari per approfondimento suinuovi scenari (es. globalizzazione, privatiz-zazioni, cambiamento organizzativo, ecc.)che la contrattazione e l’esercizio della rap-presentanza debbono affrontare. Di partico-lare importanza può essere, tra l’altro, per ilsettore pubblico e privato, la messa a punto e,con le collaborazioni di cui sopra, la condu-zione di azioni mirate di formazione e consu-lenza per contrattazione di secondo livelloquando questa debba misurarsi con le temati-che della competitività, dello sviluppo, dellaflessibilità, delle ristrutturazioni, della for-mazione, non nella logica della emergenzaper situazioni di crisi, ma in quella di un ap-proccio preventivo e partecipativo.

NE’ in programma l’organizzazione di ulterioriincontri per l’attuazione del protocollo di cuinel riquadro sottostante sono indicati i puntipiù salienti.

Il Coordinamento regionale Apq promuovetra l’altro:

l’adesione e la fidelizzazione alle categoriedella Cisl;

i rapporti e le collaborazioni con le Univer-sità, coinvolgendo nella propria attivitàlaureandi e laureati stagisti;

la diffusione del trimestrale Terza Corsia;

l’individuazione della popolazione degliiscritti in collaborazione con le Federazio-ni;

la distribuzione della tessera Apq (ai quadrie alle alte professionalità iscritti alla Cisl);

l’approfondimento di tematiche in incontridi riflessione (con partecipazione di esper-ti, docenti, managers, ecc.) – diffusione del-la cultura della gestione del Cambiamento.

Comunicazione on line:è nata Terza Corsia News

Sabrina Rovidotti

Particolare importanza riveste la colla-borazione del coordinamento Apq conUfficio formazione dell’Usr per attivitàrivolte alle rappresentanze sindacaliprotagoniste della contrattazione di 2°livello proiettate sulle tematiche con-nesse alla partecipazione (il cambia-mento organizzativo, la flessibilità, lacompetitività, ecc...), sviluppando leiniziative già attuate recentemente intale direzione (corso sul cambiamentoorganizzativo) e promuovendo ogniutile collaborazione con gli Uffici for-mazione di altre Usr, con Apq naziona-le, con il Centro studi della Cisl.

Apq garantisce un servizio di consulen-za di livello professionale sulle temati-che organizzative e gestionali sullequali sempre più sarà impegnata lacontrattazione di 2° livello.

ste della commissione e, l’ul-teriore ritorno all’Europarla-mento.Infine il testo lascia una dis-creta mano libera ai singoliStati e bisogna evitare chequanto “non entrato dallaporta entri dalla finestra”.Detto questo sulla Bolkesteinoccorre dar senso alla mobili-tazione sottolineando queglielementi che danno origine almalessere europeo di cui ladirettiva in questione era eresta un semplice esempio.Il malessere europeo è figliodell’ambiguità esistente trachi vuole un’Europa Politica echi vuole un’Europa-Mercato;tra chi pensa ad una Politicadi cooperazione e chi pensaad una Politica di competizio-

4 La direttiva non può avereeffetto sulle leggi e sui con-tratti relativi al lavoro e allesue condizioni.

A fronte di tale risultato lamobilitazione non perde peròla sua importanza. Innanzi-tutto perché rimane un’ambi-guità per quanto attiene aiservizi economici di interessegenerale che restano copertidalla direttiva (ad esclusionedei trasporti urbani, taxi, am-bulanze e dei servizi ricondu-cibili ad obiettivi di Welfar). Inoltre va mantenuta la pres-sione sia sull’Europarlamen-to, affinché approvi gli emen-damenti, sia sul resto del per-corso relativo alla discussio-ne nel Consiglio dei Ministri,alle eventuali nuove propo-

l 14 febbraio si è tenuta aStrasburgo una manifesta-zione indetta dalla Confe-derazione dei SindacatiEuropei, il cui obiettivo

era incidere per un cambia-mento radicale della. diretti-va Bolkestein, discussa ilgiorno successivo dal Parla-mento Europeo.La tesi del cambiamento si in-serisce nella logica del perse-guire, anche per i servizi, lapossibilità di prestazionenell’intera area UE, ma taleobiettivo di costruzione delmercato unico europeo, deveessere coerente con il poten-ziamento della dimensionesociale europea.Questa iniziativa, le altre mo-bilitazioni fatte e il grande la-voro di lobby attivato dallaCes hanno prodotto continuirisultati che si sono concre-tizzati (ad ora) in un accordo,tra i grandi partiti del Parla-mento europeo (Ppe- Pse) suuna serie di emendamentiche intendono rispondere al-le richieste sindacali. Per co-glierne l’importanza è utilesottolinearne qualcuno:1 viene abolito “il principio

del paese di origine” e si fariferimento alle varie legi-slazioni nazionali che do-vranno essere modificateaffinché: “… uno Statomembro assicuri il liberoaccesso all’esercizio diun’attività di servizi sulsuo territorio”.Queste modifiche debbonoperò rispettare i principi dinon discriminazione, pro-porzionalità e necessità (si-curezza pubblica, prote-zione della salute e del-l’ambiente).

2 Si prevede che questa ar-monizzazione sui principigenerali debba durare per5 anni e poi, sulla base diquanto avvenuto e speri-mentato, si ipotizza un ul-teriore processo di armo-nizzazione.

3 Si stabilisce che i servizi diinteresse generale, sianoesclusi dalla direttiva, cosìcome le agenzie di lavorointerinale e i servizi privatidi sicurezza.

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Renzo Bellini

Modificata la Bolkesteingrazie alla protestasindacale

II

ne tra Stati.Da ciò ne consegue una para-lisi sia nell’evoluzione politi-ca, sia nell’avanzamento diuna politica economica-indu-striale-sociale dell’Unione Eu-ropea.Questa mancanza di “massacritica” europea disarma l’in-tera Europa sia nello “scac-chiere geopolitico” mondiale,sia nella competizione globa-le, che lasciata alla mercè del-la “mano invisibile” del mer-cato produce povertà edesclusione sociale.Le proposte sindacali debbo-no quindi partire da questevalutazioni e sviluppare ri-vendicazioni che sappianoalimentare una Politica di co-operazione. Fino a quandol’Europa sarò in affanno e icittadini europei avranno“paura dell’Europa” sarà diffi-cile proseguire nella costru-zione europea.Il movimento Sindacale Euro-peo si assuma quindi il com-pito di rilanciare il “senso del-l’Europa proponendo e riven-dicando un progetto compiu-to di integrazione sul pianoeconomico e sul versante so-ciale che ridia speranza for-nendo risposte essenziali chela società richiede in tema disviluppo, lavoro, qualità del-la vita e dell’ambiente, sicu-rezza, ecc.L’agenda esiste e si chiama“strategia di Lisbona” che do-po un periodo di arresto èstata ridefinita, ancorandolaalla presentazione, da partedei 25 paesi, di un pianotriennale funzionale al rag-giungimento degli obiettiviin essa contenuti.La rivendicazione da fare èquella di trasformare e riela-borare tali piani in un pianodi priorità di sviluppo coope-rativo europeo.Per rilanciare questa metodo-logia di crescita e di competi-tività servono investimentipubblici coordinati a livelloeuropeo.Una volta precisato che le ri-sorse debbono servire per fi-nanziare spese comuni e diutilità condivisa per la cresci-ta, non ci dovrebbero essere

Anche in questo caso per cer-care risposte occorre essereconsapevoli che la discrepan-za tra l’orientamento econo-mico del mondo e gli obietti-vi sociali non li può risolverenessun Governo nazionale dasolo.Soltanto l’Europa possiede la“massa critica” per protegge-re dai nuovi rischi generatidalla globalizzazione.Infatti lo stato sociale non èpiù solo protezione economi-ca dei lavoratori, bensì devecoprire, per tutta la popola-zione, un insieme di rischi:da quelli economici, all’emar-ginazione, all’invecchiamen-to, alla convivenza tra cultu-re, religioni, etnie; alla quan-tità e qualità dell’occupazio-ne ecc.Tutti aspetti che necessitanodi cooperazione comunitariae più partecipazione. Non si può quindi pensareche i risultati conseguiti sia-no soddisfacenti e dati unavolta per tutti e consequen-zialmente pensare esclusiva-mente alla competitività tra-scurando la politica sociale opeggio ancora ipotizzare direcuperare risorse economi-che da un suo ridimensiona-mento. Se si vuole seriamente unifor-mare il modello sociale in unparadigma europeo, bisognaipotizzare un processo ten-denziale di omogeneizzazio-ne della politica fiscale e con-tributiva, che è l’esatto con-trario di quello che sta avve-nendo e cioè l’utilizzo di que-sti elementi come forme dicompetizioni fra paesi euro-pei. Ritengo quindi sia matu-ra una riflessione su una pro-spettiva di standards di “Wel-far europeo” anche in relazio-ne ai paesi di nuovo ingresso.Quanto ipotizzato nei dueaspetti trattati consentirebbeun salto di qualità rispetto al-le politiche europee, che at-tualmente esistono solo perla politica monetaria e agrico-la, estendendole quindi an-che alla politica economica esociale attivando un grande“processo federatore”.

segretario confederale cisl

problemi nell’individuare lemodalità tecniche.Infatti la scelta politica difondo da fare è quella di inci-dere sull’offerta con una poli-tica produttiva-industriale e,sulla domanda, con una ma-novra di espansione degli in-vestimenti pubblici, ed infunzione di questo, agire sul-le flessibilità della politicamonetaria e sulle politiche dibilancio (quantità-qualità).Ritengo infatti che, pur nel ri-spetto della stabilità moneta-ria, la teoria di Keynes sia an-cora attuale. Diversamente, ènoto che se si continua a sot-tostare a vincoli monetari(soprattutto nelle fasi di con-giuntura negativa) tutti gli al-tri riferimenti di sistema: oc-

cupazione, retribuzione, tu-tele sociali diventano variabi-li negative. Questi ragionamenti non de-vono essere intesi come un’i-dea di smisurata espansionedegli indebitamenti, ma de-vono sdrammatizzare il qua-dro angoscioso per cui non sipuò aumentare la spesa pub-blica senza aumentare l’im-posizione fiscale o senza ri-durre la spesa sociale. Se questi aspetti vogliono in-dividuare un’Europa efficacesul piano della crescita, dellosviluppo e della politica eco-nomica, bisogna anche iden-tificarsi in un modello socialeeuropeo che sappia proteg-gere, tutelare in una logicaevolutiva cogliendo le sog-gettività della persona.

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Soltanto l’Europapossiede

la massa criticache può

proteggere dai rischi

dellaglobalizzazione

na affermazione piuttosto ovvia èche chiunque, e sicuramente unaorganizzazione, deve rendere con-to degli impegni che assume così

come delle attività precedentemente messein programma. Altrettanto ovvio è che è ne-cessario, una volta lanciata una iniziativa, cu-rarne la realizzazione fino alla sua completaesecuzione. Spesso invece dobbiamo constatare che, spe-cie in questi tempi in cui le informazioni e lesensazioni o emozioni si susseguono a ritmisempre più veloci, veniamo stimolati o anchecoinvolti in iniziative, eventi o notizie di cuipoi, dopo qualche tempo, non sappiamo piùnulla (e non solo perché sopravvengono altrenotizie, iniziative od eventi più importanti).Quanto sopra accennato ci suggerisce di tor-nare su queste pagine per una informazionecirca lo stato di avanzamento dell’impegnoche Apq ha preso all’inizio della primaveradel 2004 di raccogliere ed inviare un aiuto al-l’Università Ngozi. Ricordiamo (come già scritto nel n° 6 di TerzaCorsia – luglio/settembre 2004) che Ngozi èuna cittadina che si trova a nord del Burundi,molto lontana dalla capitale Bujumbura doveesiste una Università statale. Per molti giova-ni è impossibile raggiungere la capitale e fre-quentare corsi universitari. Ngozi dispone diuna Università privata, appunto l’UniversitàNgozi, voluta da alcuni privati con l’appoggiodella diocesi, che dà la possibilità a molti gio-vani di completare gli studi e potersi laurea-re. Questa università si autofinanzia con lerette che pagano i giovani universitari. L’Apq contribuisce offrendo al Vicario genera-le della Diocesi, che è anche presidente delConsiglio direttivo di questa Università, lapossibilità di alimentare un fondo che per-mette, a studenti in difficoltà ma meritevoli,di attingere a dei microcrediti che si impe-gnano poi a restituire non appena trovano la-voro.

In sintesi le informazioni sullo statodi avanzamento dell’iniziativa.Apq ha potuto effettuare i seguenti invii perun totale di 2.550 euro- febbraio 2004 750 euro- gennaio 2005 800 euro- settembre 2005 1.000 euro

Inoltre, il sottoscritto, componente dell’ese-cutivo Apq con delega per la solidarietà, ha ri-cevuto, a dicembre 2005, dal Vicario dellaDiocesi la seguente lettera di ringrazia-mento ed informazione:

Caro Francesco,cari e fraterni saluti. Ho ricevuto il tuo mes-saggio. Ti ringrazio di cuore per la vostra ge-nerosità. Cinque studenti hanno già benefi-ciato del vostro aiuto.

Il signor Baryumeko Arsène: 200.000 FbuIl signor Bigirimana Jean Népomusceène: 200.000 FbuIl signor Rivuzimana Amédée: 300.000 FbuLa signorina Ntirandekura Prisca: 500.000 FbuLa signorina Habarugira Spès: 400.000 Fbu

Uno solo ha già iniziato a restituire: il signorArsène Baryumeko.C’è un altro studente il Sig, Nziruwitonze Bo-nite che chiede 500.000 F ma non ha ancorafirmato la domanda di iscrizione.NB. Per quel che riguarda le somme elevatesono comprese le spese di vitto e alloggio.Ti auguro un Buon Natale ed un Felice Anno.

Antoine Pierre MadaragaVicario Generale di Ngozi

U

Università Ngozi del Burundisolidarietà

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Francesco Defalchi

Studio Legale Pierotti-Bellucci

00192 Roma viale G. Cesare 71

telefoni063243546/0645438690

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egli ultimi anni l’anatocismo attua-to dalle banche e gli istituti di cre-dito in genere in danno del consu-matore, segnatamente sugli sco-

perti di conto corrente e sui cd. “fidi” è più vol-te salito agli onori della cronaca suscitandonel predetto vive aspettative di rivalsa. L’o-rientamento che la giurisprudenza ha seguitosul tema non è stato, però, univoco. Anzi, pro-prio l’alternarsi di segnali negativi e positivisulla azionabilità del diritto alla ripetizionedell’indebito, oltreché al risarcimento del dan-no, ha ingenerato nel consumatore una pro-fonda incertezza, sulla stessa possibilità diportare la propria posizione alla cognizione diun giudice. L’anatocismo operato dalle bancheconsiste nella capitalizzazione trimestrale de-gli interessi. La capitalizzazione degli interes-si comporta la possibilità che questi ultimi,ove già maturati, generino a loro volta altri in-teressi. La giurisprudenza ha in passato aval-lato la capitalizzazione trimestrale degli inte-ressi nel solo caso in cui questi fossero dovutidai clienti. In altre parole, la capitalizzazionetrimestrale valeva in favore solo delle bancheverso il loro cliente e non viceversa. L’art. 1283 c.c. dispone in materia permetten-do detta pratica solo al ricorrere delle se-guenti condizioni: a) se gli interessi sono do-vuti per almeno sei mesi; b) se esiste un ac-cordo fra le parti di data posteriore alla sca-denza degli interessi ovvero che la parte inte-ressata abbia iniziato una causa civile, e in talcaso gli interessi anatocistici decorrono dalladomanda giudiziale.L’aggancio normativo in cui veniva scorta lalegittimazione della anzidetta capitalizzazio-ne trimestrale era rinvenuto nell’inciso di cuiall’art. 1283 c.c.: “in mancanza di usi contra-ri”. Si sosteneva, in favore delle banche, vifosse un uso normativo capace di legittimarel’anzidetta pratica, con ciò ritenendosi che ildivieto stabilito dall’art. 1283 c.c. fosse supe-rato proprio dal ricorrere di un contrario “usonormativo”.Finalmente, nel marzo del ’99, la stessa Cas-sazione ha affermato che l’uso di cui trattasinon ha i crismi dell’uso normativo. Si tratte-rebbe, come in effetti si tratta, di un “merouso negoziale”, come tale non dotato dellaidoneità a normare con efficacia erga omnes,e, dunque, di disporre, anche rispetto a rap-porti contrattuali riguardo ai quali non ne vie-ne fatta alcuna previsione. L’uso di cui tratta-si non sarebbe sorretto dalla cd. opinio iurisac necessitatis. Oltre, infatti, all’uniforme ecostante ripetizione di un comportamento, è

necessaria nella collettività la convinzioneche esso sia dotato di giuridica pregnanza(Vd. al riguardo Cass. 2374/99; 3096/99;n.12507 del 11/11/99). Non era il caso degliusi sulla capitalizzazione degli interessi. Nederivava il diritto alla restituzione e al risarci-mento del danno da parte di tutti quei consu-matori che lo avevano subito.Il Governo a seguito della legge delega n.128/99 “disposizioni integrative e correttive”nel T.U. bancario, è intervenuto con il d.lgs342/99 (art.25) modificando l’art. 120 T.U.bancario 385/93, di fatto legittimando la pra-tica dell’anatocismo. In base all’assetto nor-mativo così tracciato, l’anatocismo avrebbepotuto continuare ad essere applicato ovefosse assicurata dalle banche la capitalizza-zione sia degli interessi creditori sia di quellidebitori. In altre parole si sarebbe dovuto ap-plicare un regime di reciprocità che, apparen-temente, avrebbe dovuto favorire un rappor-to di pari condizioni banca – cliente. In senoallo stesso d.lgs. veniva introdotta una normatransitoria, atta a sanare le vecchie clausolenegoziali di capitalizzazione trimestrale avantaggio delle sole banche. Per tali ragionidetto decreto prese il nome di “decreto salva-banche”.La Corte Costituzionale ha dichiarato illegitti-ma tale disciplina per mancato rispetto dellalegge delega menzionata. In particolare laCorte ha ritenuto non vi fosse possibilità di ri-condurre la norma nell’ambito dei principi ecriteri direttivi della legge delega. Dalla stessanon si evince, infatti, né una sanatoria per ilpassato né una violazione per il futuro delleclausole illegittime.Allo stato, dunque, è possibile agire giudizial-mente contro le banche e gli istituti di creditoin genere che abbiano operato la capitalizza-zione trimestrale degli interessi, spesso an-che all’insaputa dei propri correntisti. Al ri-guardo vale la pena sottolineare che l’even-tuale impossibilità del correntista di rico-struire documentalmente il proprio rapportodi c/c, magari di lunga data, può essere supe-rato attraverso una semplice richiesta, da in-viarsi alla banca, affinché questa ponga a dis-posizione del cliente copia di tutta la “storiacontabile” del rapporto con essa intrattenuto.Ove questa non adempia, può essere esperitaazione legale d’urgenza, affinché il giudice leordini di mettere a disposizione del clientequanto dallo stesso richiesto. Ottenuta dettadocumentazione si può iniziare la cd. “causadi merito” per ottenere indietro quanto dallabanca indebitamente percepito.

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legaleSimone Faiella

Gli interessi delle banchee quelli dei correntistiN

o sviluppo di formestabili e durature dicollaborazione tra entilocali ha assunto unruolo importante sia in

Italia, sia in altri paesi euro-pei, nell’intento di superarela frammentazione politicaed amministrativa per favori-re l’efficienza e migliorare iservizi pubblici.Il tema è stato l’oggetto diuna recente ricerca volta a ri-levare le motivazioni chestanno alla base della costitu-zione di forme associative trai comuni del Lazio, i principa-li risultati conseguiti dallestesse, nonché gli aspetti cri-tici e le condizioni per il lorofunzionamento e consolida-mento.In secondo luogo, attraversol’individuazione dei princi-pali punti di forza e di debo-lezza delle forme associativesviluppate tra i comuni lazia-li, l’indagine ha evidenziatogli strumenti di sostegnomaggiormente in grado di fa-cilitarne lo sviluppo.L’ampia analisi sul camposvolta dalla ricerca ha fattoemergere elementi molto in-teressanti riconducibili prin-cipalmente agli aspetti cheseguono.1. Il questionario, inviato atutti i comuni e le comunitàmontane del Lazio, ha vistouna risposta molto elevata (il28% dei comuni e il 48% dellecomunità) a testimonianzadel notevole interesse delleautonomie alle forme asso-ciative per la ricerca di nuovesoluzioni organizzative ingrado di contribuire alla ridu-zione dei costi ed all’aumen-to della qualità dei servizi.2. La partecipazione non si èlimitata ai comuni più piccolima ha registrato anche l’inte-resse dei comuni con popola-zione superiore ai 10.000

nizzativo in considerazionedel diffuso giudizio positivoad esso attribuito.Le interviste dirette effettua-te ad esperti e protagonistidel riordino delle autonomielocali del Lazio hanno fornitoidee, soluzioni e convergen-ze utili alla individuazionedelle linee che portano alla

creazione di un sistema re-gionale di enti locali sinergi-co ed operativo in grado diimplementare al meglio prin-cipi e norme della riformaamministrativa avviata quin-dici anni fa.Il modello che ne emerge pre-figura una funzione di regiadel sistema delle autonomielocali da parte della regionecon il coinvolgimento, miratoe non rituale, di tutti gli attori,istituzionali e non, in grado difornire un contributo utile almiglioramento della efficaciadell’azione pubblica territo-riale nel suo complesso.

abitanti.3. Quasi la metà dei questio-nari è stato compilato diretta-mente dagli amministratori,prevalentemente sindaci.Non si è assistito, come spes-so avviene, ad una burocrati-ca fornitura di dati affidata apersone poco esperte; si trat-ta di un risultato di qualitàche consente, pertanto, didisporre delle opinioni deiprotagonisti principali delgoverno degli enti locali.4. Gli incentivi statali e regio-nali hanno contribuito allacreazione delle gestioni asso-ciate anche se il loro svilup-po, come tutti i processi chenascono dal basso, non èesente da duplicazioni, dis-persioni e contraddittorietà.5. La cooperazione non hacomportato una forte riorga-nizzazione dei servizi e deglienti a testimonianza del defi-cit di moderna cultura orga-nizzativa che impedisce laprogettazione e la gestionedel cambiamento organizza-tivo. La scarsa attenzione da-ta alla valutazione della vali-dità delle esperienze associa-tive ne rappresenta una espli-cita conferma.6. E’ diffusa la consapevolez-za che la “riforma sul campo”delle amministrazioni localirichiede: forte volontà politi-ca, fiducia tra politici, culturacollaborativa, integrazione“progettuale” delle risorseesistenti sul territorio e all’in-terno degli enti, a cominciareda quelle professionali.7. Integrazione e riorganizza-zione degli enti necessitanodi incentivi finanziari comepure di assistenza, coerenzanormativa, e formazione diamministratori, dirigenti epersonale.8. Nonostante i problemi e lecriticità denunciate, c’è fidu-cia in questo processo riorga-

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Antonio Di Mico

Lazio: associazionismotra gli enti locali

LL

Annamaria Felici

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competenze

o stress è qualsiasi cosa voi gli con-sentiate di essere: può agire comefonte di motivazione o può far per-dere milioni di euro in perdita di

produttività, errori sul lavoro e costi medici.Fortune Ottobre 1990

Lo stress è una risposta a pressioni, responsa-bilità e problemi reali o immaginari che pro-vengono dall’ambiente che ci circonda. E’ unarisposta, non la causa scatenante.

David R. Frew – management of stressStress e qualità della vita, beldualismo !E’ indubbio che chiunque sitrovi in posizioni di manage-ment debba combattere gior-nalmente con questo proble-ma, dovunque egli sia e do-vunque lavori. Sia la letteratu-ra che la quotidianità sonopieni di esempi pratici sulleconseguenze di situazionistressanti che si manifestanosempre più frequentemente;anzi, una ricerca sul problemafatta dall’università di Balti-mora, afferma che questo po-trebbe anche condurre all’al-colismo, all’abuso di droghe, aproblemi coniugali, ad assen-teismo. Perché questa crescita del fenomeno,perché tanto se ne discute? Proviamo ad esa-minare l’ambito lavorativo del fenomeno, la-sciando la privata quotidianità a valutazionipiù qualificate .

Tra le sorgenti di stress D. Verma, uno deimaggiori esperti sul tema della gestione dellerisorse umane in ambito Pm, considera:

Ambiguità di ruoloConflitti di ruoloSovraccarichi di lavoroRelazioni interpersonaliMancanza di soddisfazioniProblemi legati allo sviluppo di carriera

Tra le relazioni interpersonali , personalmenteaggiungerei i problemi comportamentali ditroppi manager, che considerano il luogo di la-voro come una palestra nella quale scaricare leproprie frustrazioni, utilizzando comporta-menti e linguaggi che probabilmente sarebbe-ro deprecati anche dai ‘Camalli’ di Genova.

Guardiamo ora le possibili cause. Se osservia-mo in modo critico i cambiamenti organizza-tivi avvenuti in questi ultimo anni, e tra questicitiamo

Globalizzazione delle impreseFusioni e riorganizzazioni massiveAppiattimento delle organizzazioniRichiesta di risultati a breve termine

In tutti questi casi le occasioni di stress sonopalesi e le conseguenze quasi inevitabili. In-fatti questi ultimi fattori vanno a incidere pe-santemente sui ruoli, comportano sovraccari-chi di lavoro e stravolgono le relazioni inter-personali. La stessa tecnologia, se da una par-

te aiuta tantissimo lo svolgi-mento del lavoro, dall’altracomporta tantissimi fattori didestabilizzazione fra i quali:la poca affidabilità delle ap-plicazioni, i continui cambia-menti delle interfacce utentee, se vogliamo ben vedere, icontinui mutamenti di ruoli eresponsabilità.Aggiungiamo anche la pre-senza mentale sui problemidi lavoro, 24 ore su 24, domi-nati come siamo dai cellulariche oramai ci tengono a por-tata di e-mail ovunque.Tutto questo va ad aggiunger-si ad un’insicurezza econo-mica dilagante. Il profitto è

l’obiettivo primario delle aziende e l’attenzio-ne all’uomo va scemando.La stessa formazione, anche se spesso mettel’accento su temi della crescita personale, ra-ramente agisce su temi di management che al-lo stress sono strettamente correlati: la gestio-ne delle risorse umane intese come persone, ilrispetto e la motivazione intesa come una del-le componenti che portano allo ‘star bene’ insenso generale.Purtroppo i manager non sanno gestire le per-sone!!! Quante volte ci troviamo di fronte a ‘ca-pi’ che ostentano comportamenti eccessivi,soprattutto di fronte ai problemi che, soprat-tutto nella gestione dei progetti, sono all’ordi-ne del giorno? Citiamo a questo proposito una ricerca fattanell’ambito della comunità dei Project mana-ger che ci aiuta ad inquadrare il fenomeno.

Nel 2004 il Northern Italy Chapter del ProjectManagement Institute (Pmi – Nic) ha deciso, dicondurre una indagine empirica sulle compe-tenze dei Project manager in Italia.Nell’impostazione della ricerca si era scelto dipartire dal testo “Project manager compe-tency development framework (Pmcdf)” pub-

Stress Management:chi era costui?

L

La formazioneraramente

agisce su temi di management

strettamentecorrelati

allo stress

blicato nel 2002 dal Projectmanagent institute. Sulla ba-se di questo sono state estrat-te 70 domande , basate su in-dicatori di performance rela-tivi alle cosiddette ‘soft skill’o ‘personal competencies’cioè quelle caratteristichepersonali che fanno partedelle capacità personali nelgestire progetti; tra questecomportamenti, attitudini eefficienza nel gestire se stes-si. Hanno partecipato all’in-dagine:138 professionisti nelsettore del Project manage-mentIl Pmcdf specifica e concre-tizza le singole competenze personali tramitedei “performance criteria” ossia delle descri-zioni di comportamenti attesi in relazione aduna competenza.La competenza che ci interessa è l’ efficaciapersonale nella sua componente di autocon-trolloTra le domande fatte su questo tema c’erano 1. In situazioni in cui la pressione è elevata odi stress, mantengo la calma riconoscendo econtrollando le emozioni (ad esempio, rabbiae frustazione)2. Gestisco lo stress efficacemente facendouso di tecniche di stress-management percontrollare le risposte e i comportamenti; evi-to di perdere il controllo nelle situazioni in cuila pressione è elevata.I risultati dell’indagine hanno messo tra i cin-que comportamenti meno “popolari” , cioè traquelli che hanno collezionato la maggior per-centuale di “raramente” , il secondo..Questo può voler dire due cose, o che consi-deriamo poco importante la gestione dellostress o che non lo sappiamo, o non lo voglia-mo gestire, come penso sia più probabile.Quali sono le conclusioni che possiamo trarreda questa analisi? Che manca, da un punto di

vista manageriale, una vera at-tenzione al fenomeno. Il ‘ram-pantismo’ dilagante, la pres-sione fatta sui giovani con ora-ri di lavoro massacranti, lascarsa attenzione ai compor-tamenti dei manager, la preca-rietà dei lavori, il sottoutilizzoper alcune persone , la scarsoequilibrio tra ciò che si preten-de e ciò che è veramente rag-giungibile, porteranno sem-pre di più all’aumento del fe-nomeno, con conseguente au-mento delle malattie collega-te.Sarebbe bello invece se si ri-uscisse a ‘frenare un po’ la cor-

sa’ utilizzando meno l’acceleratore e se nonrincorressimo il nuovo a tutti i costi non la-sciando a nessuna la possibilità di farsi quellache si chiama ‘esperienza’, parola oramaiscomparsa dal vocabolario. Così corriamo il rischio di andare a sbattere edi sfasciare la macchina, guidata da un neopa-tentato, con tutti i passeggeri . Cerchiamo in-vece di fare in modo che il manager impari agestire, non ad usare, le risorse a lui affidate emisuriamolo anche su questi obiettivi, non so-lo su quelli economico/finanziari, aumentan-do il coinvolgimento delle persone e passandodalle responsabilità concentrata su una solapersona, alla responsabilità di team; dalla mo-tivazione singola alla motivazione collettiva.Potremo così valorizzare gli aspetti positividello stress, che conducono a prestazionisempre migliori per crescita aziendale.E’ la storia delle nostre vittorie e quindi dei no-stri punti di forza, che ci dà il coraggio di lan-ciare sfide, e non l’analisi del conto economicoe del capitale da investire; costruiamo quindiun’ azienda “uomo-centrica” e ‘ricavo-centri-ca’. Non vi pare che le vicende finanziarie de-gli ultimi anni dimostrino che in questa pro-spettiva valga la pena di lavorare?

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Si deve fare in modo che il manager

impari a gestire,non ad usare,

le risorse umanea lui affidate

osa significa mobbing?Il termine mobbing (dal verboinglese to mob = attaccare) èstato usato per la prima volta

dall'etologo Konrad Lorenz per descrivereil comportamento di animali della stessaspecie che si alleano contro un membrodel gruppo.Il termine è stato poi utilizzato da HeinzLeymann, il primo e più autorevole studio-so del fenomeno, per indicare tutti queicomportamenti di vero e proprio terrori-smo psicologico posti in essere nell'am-biente di lavoro dai superiori o subalterni(mobbing verticale) o dai colleghi di lavoro(mobbing orizzontale) con chiari intentidiscriminatori, finalizzati ad emarginareprogressivamente un lavoratore per indur-lo alle dimissioni o facilitarne il licenzia-mento. In Svezia, dove il problema è statoaffrontato da tempo, è considerato addirit-tura reato contro la persona.

Perché è importante parlarne?Il fenomeno del mobbing sta assumendodimensioni sociali di notevole rilievo, tan-to che, secondo valori sottostimati, almenoil 6% della popolazione attiva (circa un mi-lione e mezzo di lavoratori) ne sarebbe vit-tima. Non si tratta di un fenomeno completa-mente nuovo, però oggi ha assunto dimen-sioni preoccupanti. Il mobbing è un atteggiamento persecuto-rio, realizzato tramite una serie di violenzepsicologiche perduranti nel tempo, esegui-te ad arte da un superiore gerarchico (mob-ber) o/e da colleghi, al fine di danneggiareil lavoratore (vittima), per estrometterlodall’attività lavorativa.

Ma quali sono le cause?Tale strategia può essere posta in atto perragioni emozionali (cattivi rapporti perso-nali, prepotenze, richieste illegali, molestiesessuali, personalità introverse, conniven-ze aziendali e cattiva organizzazione dellavoro) o per ragioni strategiche (riduzionedel personale). Nella realtà è sempre unmix delle due, in varie percentuali. Generalmente le figure più aggredite sono imeno giovani, ed in particolare gli alti li-velli professionali, divenuti esuberi a se-guito di fusioni e razionalizzazioni azien-dali. Infatti, le più alte percentuali di mob-bizzati riguardano quadri e dirigenti. Ciònon toglie che, ultimamente, si è notato unaumento notevole della percentuale dei la-voratori appartenenti a categorie impiega-tizie ed operaie.

Cosa succede al lavoratore in questi casi?Lo stress, a cui il lavoratore è sottoposto perun periodo più o meno lungo (arbitraria-mente valutato in circa 6 mesi), porta inevi-tabilmente all’insorgere di malattie sia di na-tura psicosomatica (depressione, angoscia,stati ansiosi, attacchi di panico ecc.) che dimalattie di natura organica (cardio-vascola-ri, gastriche, respiratorie, cutanee, ecc., chespesso colpiscono il sistema immunitariocon il calo delle difese dell’organismo).

E quale può essere la soluzione?Innanzitutto non isolarsi, chiedendo consi-glio a persone esperte. Purtroppo, per ora,non esiste una legge specifica sul mobbing,ciò non toglie che numerose leggi (Costitu-zione, codice civile, codice penale,L.626/94, statuto dei lavoratori) se ben ge-stite, possono far ottenere giustizia e uneventuale risarcimento dei danni subiti. Sul-l’argomento, inoltre, sono state emesse nu-merose sentenze a favore dei lavoratori. Unalegge specifica, sull’esempio di quanto av-viene in altri Paesi europei, potrebbe frenareil proliferare del fenomeno: infatti, sono indiscussione in Parlamento diversi disegni dilegge. E’ auspicabile che essa sia onnicom-prensiva di quanto già previsto dalla giuri-sprudenza, con l’aggiunta di argomenti san-zionatori specifici, altrimenti potrebbe esse-re interpretata in maniera limitativa, produ-cendo più danni che benefici.

Cosa può fare l’Inas per il lavoratoremobbizzato?L’Inas-Cisl sta seguendo in maniera attiva l’e-volversi della situazione, raccogliendo, tral’altro, documentazione di vario tipo, perdisporre di un suo archivio in materia. Dopol’emanazione del D.Lgs.38/2000, che hasancito l’indennizzabilità del danno biologi-co a carico dell’Inail, il patronato infatti puòattivarsi a livello giudiziario nei confronti didetto ente, anche per il riconoscimento deldanno biologico subito dal lavoratore vitti-ma del mobbing.

Per aiutare le vittime del mobbingL'Inas ha attivato uno Sportello di ascolto ingrado di fornire risposte esaurienti ai dubbidei lavoratori. Chiamando, infatti, il numero 06/84438364,ogni mercoledì dalle 9.00 alle 17.00 (fax068547856), o tutti i giorni lavorativi in ora-rio di ufficio il 330967012, oppure scriven-do un’e-mail a: [email protected], troveraiesperti che sapranno consigliarti sulle inizia-tive da prendere per contrastare il fenomeno.

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inas

Cosa significa mobbing?

C

Per la consulenza e l’assistenza

necessarie, ci si puòrecare presso

la più vicina sededell’Inas- Cisl.

Gli indirizzi si trovanosu www.inas.it,

oppure chiamando il numero verde

800 001 303.Ricordiamo che

la consulenza offertadall’Inas

è assolutamentegratuita

olo due anni fa sarebbestato impossibile im-maginare un evento co-me questo. Infatti quel-la tra il sindacato e laMicron Technology è

una storia difficile, che sisnoda lungo questi anni.Micron Technology subentraalla Texas Instruments nel1999 ed immediatamente lerelazioni sindacali diventanodifficilissime. Da subito ilconfronto è conflittuale e l’a-zienda sceglie il rapporto di-retto con i lavoratori, scaval-cando la mediazione del sin-dacato. Questa tattica con-sente alla compagnia ameri-cana di “forzare” lo statusquo organizzativo per arriva-re all’accordo sui turni gior-nalieri di 12 ore.Micron si muove su un mer-cato molto particolare, carat-terizzato dalla rapidissimaed esasperata evoluzione tec-nologica, dalla forte concor-renza. La casa madre in Idaho(Usa) si distingue per essereuna “no union company”,rappresentando in sé diritti edoveri, totalizzando in séprofitti e tutele: Micron è ma-dre e figlia allo stesso tempo.Per il sindacato italiano lamultinazionale è un oggettomisterioso mentre, agli occhidegli americani, i sindacatisono tutti uguali tra di loro.Questo approccio complicaulteriormente i già difficilirapporti.La necessità di consolidare lacredibilità e l’impianto diAvezzano fanno attuare poli-tiche gestionali contestatissi-me: pratiche spesso antisin-dacali, richiesta alle personedi totale disponibilità, con-trasto allo sciopero, penaliz-zazione dei delegati sindaca-

“colletti bianchi e colletti gri-gi”, cioè impiegati, alti livelliprofessionali ed operatorimolto coinvolti in un proces-so produttivo già di per semolto vincolante alla posta-zione.Una sfida per il sindacato:cambiare o diventare via viaresiduali, modificare la men-talità e l’approccio alle tema-tiche sindacali. Ma è ancheuna sfida per la Direzione

aziendale: deve cambiare an-ch’essa, pena il diventareinaffidabile nel sistema Mi-cron vista la persistente con-flittualità.La scelta che alla fine operia-mo è quella di provare a cre-scere con l’impresa. E’ unascelta che scommette sull’op-zione “Win-Win” che, a diffe-

li nel sistema retributivo in-terno, ecc.Accanto a tali pratiche, tutta-via, si manifesta una gestionetrasparente ed “oggettiva” deipercorsi di carriera e retribu-tivi, così come una certa de-mocrazia nella definizionedegli organigrammi: il caporeparto infatti è sottoposto asondaggio tra i sottoposti.Siamo nel solco della “nounion company”.

La situazione si presenta in-somma come una grande sfi-da per il sindacato, una sfidaassolutamente non tradizio-nale sul terreno della rappre-sentanza e dell’azione di tu-tela.L’azienda ruota su un’orga-nizzazione del lavoro moltoparticolare ed è composta da

Comunicazionesvolta da Bruno Vitalinell’ambito del convegnosvoltosil’8/11/2005 ad Avezzano

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La via dellapartecipazione

Contrattazione aziendale: il caso Micron

SS

Bruno Vitali

renza del solito “uno vince-uno perde” consente di vince-re tutti.L’accordo sindacaledel 19 gennaio 2004 segna unconfine tra prima ed oggi. Hacaratteristiche piuttosto par-ticolari:

E’ un importantissimoevento territoriale tantoche viene controfirmataanche dalle istituzioni lo-cali il 21 gennaio e prevede400 nuove assunzioni.E’ un accordo unitario. Ilnegoziato viene svolto tral’estate del 2003 e il gen-naio del 2004, nel pienodella rottura sindacale cul-minata con la firma del ccnlmetalmeccanici senza laFiom. La trattativa vieneistruita a livello nazionalema si sceglie di concluderlacon la firma al solo livelloterritoriale, così da risulta-re unitaria.E’ un accordo gestionale o,piuttosto, co-gestionale.Esso prevede importantinovità nelle relazioni indu-striali quali un comitatostrategico (disponibilità aduna gestione comune dellaformazione professionalenel rapporto col territorio);una commissione pariteti-ca consultiva (turnistica,

cron Technology dall’Italia.E’ un accordo alla cui realiz-zazione hanno creduto dav-vero pochissime persone, sianella parte sindacale che nelcampo dell’impresa; non sicredeva infatti che si poteva-no porre le basi per cambiarei rapporti in azienda.E’ un accordo che rappresen-ta anche una soddisfazionepersonale per chi, come ilsottoscritto, ha remato a lun-go controcorrente per arriva-re a questa intesa.Ci sono voluti tre anni di pa-ziente lavoro di ricerca di unaccordo, di determinazioneverso la Micron ma anche ver-so il fronte contrario dentroal sindacato che era presentein tutte le sigle.Attualmente siamo di frontealla sfida più difficile: quelladi entrare davvero in una pra-tica di gestione che altro nonè che una sorta di negozia-zione permanente. E quella diottenere risultati condizio-nando i processi aziendali,creando valore competitivoattraverso il miglior coinvol-gimento delle persone e diportare nuovi consensi al sin-dacato. Come si può ben im-maginare la strada da fare èancora lunga.

condizioni lavorative, pre-stazioni collegate alla retri-buzione, percorsi di carrie-ra, ecc.). Prevede inoltreimportanti migliorìe nel-l’attività delle rsu. In pocheparole consente la possibi-lità, ad un sindacato prepa-rato, di incidere sui proces-si aziendali.Prevede consistenti inve-stimenti produttivi per l’e-voluzione tecnologica de-gli impianti di Avezzano.

In ultima analisi è un accordopartecipativo che si pone co-me alternativo alla via dellaconflittualità e, quindi, al pe-ricolo di disimpegno della Mi-

La scelta del sindacato

è stata quella di provare

a crescere con l’impresa

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i Musei dimenticati, non conosciu-ti o poco visitati a Roma ce ne sonodiversi. Quelli di maggior richiamonon riescono a contenere la richie-

sta.. e basta una mostra fotografica, oppureuna retrospettiva con un battage pubblicita-rio ad hoc ed il gioco è fatto! Non si riesce avedere bene né il museo ospitante la mostra,né la mostra stessa perché fa molto tendenzaandare a vedere “quella mostra”Consentitici però di dire che alcuni museinon sono proprio onorati, e questo è un ma-le, eppure sono ricchi oltre ogni misura diopere importanti.Parliamo per esempio del Museo Nazionaled’arte orientale, in Via Merulana, 48. Solo delPalazzo Brancaccio potremmo parlare a lun-go prima ancora di inoltrarci nelle numerosesale. Attraverso testimonianze archeologichee artistiche, raccolte – circa 4000 - si possonoseguire percorsi storici che partono dall’Asiaper esempio da manufatti Sumeri (diverse so-no le tavolette cuneiformi esposte e altri in-teressantissimi reperti), alla Siria, lo Yemen,percorso che va dall’Oriente fino all’estremoOriente. Sale che ospitano testimonianze e ricostru-zione della “Via della Porcellana”, e l’evolu-zione di quest’arte. L’ itinerario nasce dallaCina del Nord e prosegue anche al Sud con lascoperta di una particolare argilla, il caolino,che da vita ad una ricca produzione di cera-mica (argilla invetriata) - parliamo del 1170d.C. - , soprattutto lungo la valle del FiumeGiallo. Questa nuova e raffinata produzionedell’uomo, veniva incanalata lungo le rottecommerciali, solcate da giunche mercantiliche rifornivano navi che dalla Cina, toccava-no le coste del sud-est asiatico continentale,delle Filippine, dell’Indonesia, partivano ver-so i porti dell’India cariche di ceramiche pre-ziose, fatte nelle fornaci della Cina, prima,poi in Corea ed in seguito in Vietnam, Thai-landia e infine in Giappone.Questo, sintetizzato al massimo è un accen-no alla ceramica, mentre in tantissime sale sipossono ammirare opere d’arte indiane, dal-la statuaria, ai gioielli e mille altri manufatti,così pure per quanto riguarda l’arte cinese,giapponese in generale e di tutta l’area indo-nesiana.

Planetario e museo astronomicoSono passati circa 20 anni da quando è statachiusa la Sala della Minerva all’interno delleTerme di Diocleziano, ma dal 2004 Roma hafinalmente riavuto il suo Planetario dove èpossibile assistere all’incredibile spettacolodell’universo all’interno di una grande saladel museo. L’Assessorato alle politiche cultu-

rali del Comune di Roma ha ridato a noi tuttiun importantissimo strumento scientifico-didattico dove è possibile, in un curatissimoambiente sonoro e visivo, godere delle im-magini, suoni e luci come in un Teatro astro-nomico, dandoci nel contempo qualche noti-zia in più circa l’insondabile mistero dell’uni-verso.

Museo della civiltà romanaPiazza G. Agnelli, 1° - Eurwww.comune.roma.it/planetarioinfo 06/82077304

Museo di Roma in TrastevereOltre alla visita del Museo, vi segnaliamo cheancora per pochi giorni ospiterà nelle sue sa-le le tre Mostre dedicate a Pier Paolo Pasolini,ripercorrendo il suo itinerario di scrittore,giornalista, regista e testimone dei nostri dif-ficili tempi!

La casa dei teatriAltro spazio voluto dall’Assessorato alle Poli-tiche Culturali del Comune di Roma situato,nello storico Villino Corsini di Villa Pamphili.Il progetto è dedicato allo spettacolo dal vivoin una prospettiva multidisciplinare che co-niuga percorsi di studio e formazione conquelli del “fare” e “vedere” spettacolo; vi sonospazi per mostre, collezioni, incontri e proie-zioni e nei prossimi mesi vi sarà una sala po-lifunzionale che fanno di questa sede, unastruttura unica a Roma. Arco dei Quattro Venti - 06/45440707

Museo nazionale delle pastealimentariStoria della pasta, macchinari di produzionee didattica delle tecnologie produttive, infor-mazioni nutrizionali, la pasta nell’arte anticae contemporanea. La visita è di sicuro inte-resse per le scuole di ogni ordine e grado e inparticolare per gli istituti tecnici e professio-nali.P.zza Scanderbeg, 117 (06/6991109) aipiedi del Palazzo del Quirinale e a duepassi da Fontana di TreviSperiamo di segnalarne sempre meno e buonapprofondimento!

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tempo libero Ada Cecilia Ritucci

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Musei un po’ dimenticati

li alimenti transgenici sono l’ulti-mo regalo della globalizzazionedei mercati. Un cibo altamentetecnologico, che non ha, purtrop-

po, ancora subito il vaglio di specifiche ri-cerche volte a verificarne gli eventuali effet-ti negativi e, perché no, positivi che si po-trebbero avere per la salute umana e perl’ambiente. Un cibo che nessuno vorrebbeacquistare (recenti indagini hanno appuratoche il 70% dei consumatori non li vorrebbeacquistare), ma che, di fatto, troviamo giànei nostri piatti. Favorevoli e contrari a que-sti nuovi alimenti sono accomunati dal fattoche con ogni probabilità già lo consumano.Qualcuno potrà pensare ad una frode ali-mentare, una delle tante; purtroppo non ècosì! Infatti, la vigente legislazione, anche senon esistono metodologie di analisi quanti-tative affidabili, prevede che un alimentopossa essere venduto come “cibo vero” secontiene meno dello 0,9% di questi nuoviprodotti della tecnologia. Per quale motivo?Ufficialmente perché da quando questi“nuovi organismi” sono stati introdotti è im-possibile garantire la loro completa assenzadalla filiera produttiva, che porta l’alimentodall’azienda agricola al nostro piatto (inqui-namento genetico).Prima di affrontare le problematiche relativeall’accettabilità del transgenico da parte delconsumatore, dobbiamo chiederci: abbiamorealmente bisogno di questi nuovi alimenti?La risposta è negativa! Per tre motivi princi-palmente:

- nell’Unione Europea ci sono problemi di ec-cedenze produttive. Gli agricoltori sono pa-gati per non coltivare i terreni (set-aside),per gran parte dei prodotti sono applicatequote di produzione che non devono esseresuperate (latte, barbabietola da zucchero,ecc.) e, a volte, si è costretti a ritirare, a stoc-care o a distruggere parte delle produzioniin eccesso (pomodori, burro, riso, latte, zuc-chero, ecc.), al fine di non far crollare i prez-zi di mercato;- la domanda di prodotti alimentari è semprepiù orientata verso cibi caratterizzati da unelevato standard qualitativo, intendendocon questo termine tipicità e naturalezza,assenza di residui di antiparassitari e di ma-nipolazioni genetiche; - siamo in presenza di rischi alimentari, inquanto la comunità scientifica è ancora divi-sa in merito agli effetti degli ot sulla saluteumana, sulla salute degli altri animali e sul-l’ambiente. A proposito del consumo di alimenti trans-genici, dobbiamo rilevare che il consumato-re ha le idee ben chiare; secondo le ultimeindagini sembra che i tre quarti dei consu-matori non abbia alcuna intenzione di ac-quistare alimenti transgenici. Qualcuno af-ferma che questo atteggiamento sia dovutoa cattiva informazione, che tende a crimina-lizzare il cibo transgenico. Purtroppo la ra-gione è molto più semplice ed è dovuta adun comportamento tutto sommato raziona-le del consumatore, il quale si è accorto cheper il momento, a fronte di un aumento dei

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Alimenti transgenici:opportunità o rischioper il consumatore

Claudio Malagoli

rischi (anche solo potenziali) legati al consu-mo di ot, egli non ottiene alcun tipo di van-taggio. In particolare, da un punto di vistastrettamente economico il consumatore ten-de sempre più a risparmiare nelle operazio-ni di acquisto dei singoli beni, al fine di otte-nere con il medesimo reddito un aumentodei consumi totali. Pertanto, non vi è alcundubbio sul fatto che egli potrebbe rivolgerel’attenzione verso i cibi transgenici (ct) se es-si avessero le stesse caratteristiche qualita-tive di quelli convenzionali ed avessero unprezzo di acquisto inferiore. In una situazio-ne di questo tipo si potrebbe determinare unincremento di benessere per la società, in re-lazione alla possibilità di consentire alle po-polazioni più povere di poter acquistare conlo stesso reddito una maggior quantità di be-ni alimentari e alla possibilità da parte deiconsumatori dei Paesi ricchi di risparmiarenell'acquisto di alimenti, per poi destinare larestante parte del loro reddito ad altri con-sumi di livello superiore. Nella realtà, però, ifatti dimostrano il contrario, ovvero che l’in-troduzione di alimenti transgenici non haportato ad una riduzione dei prezzi dei ri-spettivi prodotti, ma ha determinato un au-mento dei prezzi dei corrispondenti prodot-ti “non transgenici”. Tale effetto, sotto moltipunti di vista paradossale, è dovuto al fattoche nei Paesi industrializzati, dove lo scetti-cismo nei confronti di questi alimenti è mag-giore, sono state create due filiere di distri-buzione per il medesimo prodotto: una perquello transgenico ed una per quello nontransgenico. Questa suddivisione, effettuataal fine di consentire al consumatore di ope-rare una scelta consapevole, comporta deicosti di distribuzione (di segregazione, diconservazione, di lavorazione, di etichetta-tura, di analisi, ecc.), che riducono sensibil-mente i vantaggi economici ottenibili duran-te la fase di produzione agricola. Il consumatore potrebbe correre qualche ri-schio nel consumo di ct se, a parità di prez-zo di acquisto rispetto a quelli convenziona-li, essi manifestassero migliori caratteristi-che qualitative (nutrizionali, di modalità diconsumo, di reperibilità ecc.). A questo pro-posito, occorre rilevare che al momento at-tuale la ricerca genetica ha lavorato solo edesclusivamente alla creazione di piante sem-plici da ottenere (pochi geni specifici) e ingrado di massimizzare i profitti delle impre-se che detengono il brevetto su questi vege-tali (piante resistenti ai diserbanti, agli at-tacchi di insetti, ecc.). Il consumatore, fino-ra, non ha ottenuto alcun vantaggio da que-sti prodotti, in quanto ai fini nutrizionali es-si non comportano nessun beneficio rispet-to a quelli non modificati.Relativamente ai ct, occorre poi rilevare cheessi aumenteranno le incertezze nutriziona-li dei consumatori. Tale affermazione è sup-portata dal fatto che esteriormente essi sono

identici a quelli convenzionali, per cui po-trebbe accadere che al consumatore sianovenduti come alimenti non transgenici, ali-menti transgenici. Trattasi di un aspettomolto importante, in quanto, per esempionel caso di alimenti che contengono più vi-tamine (per il momento non esistono, ma so-no in corso di sperimentazione), è risaputoche è dannoso per la salute umana sia unacarenza di vitamine, sia un eccesso dellestesse (soprattutto quelli liposolubili). Per-tanto questi prodotti dovranno essere segre-gati da quelli convenzionali e venduti sottostretto controllo. Il consumatore potrebbe accettare i ct nelcaso in cui essi aumentassero la variabilitàdegli alimenti presenti sul mercato, al fine diavere a disposizione una maggior scelta dicibi e, quindi, una maggior variabilità nutri-zionale. A questo proposito occorre rilevareche, al contrario, l’introduzione di ot deter-minerà, con ogni probabilità, una riduzionedella variabilità genetica e, conseguente-mente, una perdita in termini di variabilitànutrizionale. Tale situazione sarà determi-nata dal fatto che le poche piante trasforma-te, in relazione all’automazione del proces-so produttivo che metterannoin atto, saranno utilizzate suvasta scala dagli agricoltori. Inquesta situazione, anche lepiante migliori da un punto divista di talune caratteristichequalitative (cultivar locali, cul-tivar con sapori particolari ocon contenuti nutrizionali par-ticolari, ecc.) potrebbero esseresostituite da quelle transgeni-che.La perdita di variabilità qualita-tiva determinerà poi una modi-ficazione ed una omologazionedei gusti del consumatore, chenon sarà più in grado di distin-guere i sapori tradizionali (i re-lativi alimenti saranno più rarie con ogni probabilità con un prezzo supe-riore), dai sapori tecnologici (alimenti mag-giormente diffusi e con prezzi, forse, infe-riori). Del resto la globalizzazione dei mer-cati svolge in questo senso un ruolo trainan-te, in quanto i sapori sono legati ai luoghi diproduzione con le relative cultivar locali erappresentano un limite alla globalizzazio-ne delle aree di produzione. E’ in relazione alle precedenti affermazioniche appare evidente la razionalità del com-portamento del consumatore, che ha mani-festato la sua contrarietà al consumo di ali-menti transgenici. La tecnologia è potente,facciamo qualcosa per le future generazioni,aspettiamo che la ricerca fornisca le dovutecertezze.

professore economia agraria università di bologna e vicepresidente del consiglio dei diritti genetici

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qualità alimentare

L’introduzione di alimentitransgenici

non ha portato ad una riduzione

dei prezzi dei prodotti

“Contro il mobbing.Breve manuale

di auto-aiuto”di Fernando Cecchini

Editore: MaggioliPrezzo: Euro 15,00

il libro

ontro il mobbing. Breve manualedi auto-aiuto”. E’ il libro manegge-vole e di facile lettura creato di re-cente dal Coordinatore della rete

orientamento mobbing Cisl, referente mob-bing per Apq Cisl e responsabile dello spor-tello nazionale Inas Cisl, Fernando Cecchini,che del fenomeno se ne intende e ne è credi-bile testimone, avendone sperimentato sullapropria pelle tutta la durezza, la violenza el’ingiustizia. Come spiega Cecchini nel libro“il mio impegno è rivolto a tutelare il lavora-tore, stimolando la ‘vittima’ a reagire e ad ave-re fiducia in se stessa; suggerendo soluzionicomportamentali dettate dall’esperienza;fornendo supporto e consigli pratici; a preve-nire le violenze morali, stimolando l’impegnodelle organizzazioni sindacali; illustrando al-le aziende che il mobbing non paga; eviden-ziando il mobbing quale causa di disservizi

ed incidenti sul lavoro; a divulgare la cono-scenza, descrivendo la negatività del feno-meno mobbing; stimolando un movimentod’opinione contro quest’ignobile sistema; fa-cendo distinzione tra solidarietà, business,palcoscenico, improvvisazione” (pag.18). Dal 1999, spiega Cecchini, l’attenzione versoil mobbing si è moltiplicata per varie ragioni,tra cui interessi politici, interessi di “parroc-chia”, interessi economici. Infatti, il mobbingrappresenta sempre più rilancio di alcuneprofessioni, ottimo terreno per civilisti e pe-

nalisti, fertile argomento per la scrittura di li-bercoli, palcoscenico per i più disparati pro-fessionisti, tema per trasmissioni televisive ecarta stampata, campo di reclutamento perdozzine d’associazioni, argomento di baseper costosi seminari, convegni, corsi d’auto-difesa. Insomma, sembra proprio sia giunto ilmomento di arrivare a definire una linea diconfine chiara tra interessi egoistici e perse-guimento del bene della persona del lavora-tore sottoposto a molestie morali sul luogo dilavoro. Esiste infatti “molta improvvisazione,promesse inconsistenti, poca conoscenza delfenomeno, assolutamente nessuna sensibili-tà al problema né voglia di risolverlo; tuttoquesto, spiega Cecchini, confonde le ideeostacolando gli sforzi di quanti, e non sonopochi, realmente e con alto senso di respon-sabilità e di sacrificio portano avanti una dif-ficile crociata”.L’articolazione del libro. Dopo l’introduzionedi Enzo Nocifora, presidente dell’Irsea, unpiccolo test per l’autovalutazione sulla pro-pria eventuale esposizione a mobbing. Seguene primo capitolo l’illustrazione delle finalitàdel libro, delle ambiguità e delle questioniequivoche oggi sul tappeto. Nel secondo ca-pitolo, definizioni di mobbing sul piano ter-minologico, le fasi del mobbing e il fenomenodel branco. Il terzo capitolo è dedicato ai dan-ni generati dal mobbing, focalizzando attra-verso il metodo della problematizzazione leragioni emozionali e le ragioni strategiche delmobbing. Nel quarto capitolo il mobbing innumeri, con stime e considerazioni tratte dal-l’esperienza fatta dall’Autore. Nel quinto ca-pitolo vengono presi in esame i danni alla sa-lute, con riferimento allo stress e alle sue con-seguenze. Il sesto capitolo è dedicato alla le-gislazione, per quanto concerne la Costitu-zione della Repubblica italiana, il Codice civi-le, il Codice penale, lo Statuto dei lavoratori(legge 300/1970) e il decreto legislativo626/1994. Nel settimo capitolo è descritta l’e-sperienza dello sportello d’ascolto e descrittala possibile tutela giuridica, i possibili dannida mobbing, il risarcimento di danni alla sa-lute da “costrittività organizzativa” e moltis-simi suggerimenti pratici su come orientarsie affrontare concretamente la situazione.L’ottavo capitolo è dedicato alla prevenzione,in particolare agli accordi di clima e ai con-tratti collettivi. Nel capitolo nove alcune te-stimonianze di persone mobbizzate. Segueuna ricca appendice, che contiene una varie-tà di documenti, un elenco di centri diagno-stici del disadattamento lavorativo, un glos-sario e siti internet utili.

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Isabella Nuboloni

“C

Mobbing: breve manuale di auto-aiuto