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Verbale della riunione Unitel 4 ottobre 2019 Presenti 1) Benedetti Pierangelo- Presidente 2) Antonio Gnecchi – 3) Pasinetti Gianpietro 4) Ivi Filosi 5) Pedretti G.P.- 6) Candida Sala 7) Seccamani 8) Facchetti Luca 9) Manuela Messali 10) Montini M.G. 11) Laini M.G. 12) Marco Bianchi 13) Bonezzi Giustificati: Bergamini Roberto, Eva Semenzato e altri Argomenti: A - LL. PP. E’’ presente: la dott.sa Meschini dell’ANCE Brescia che ci ha illustrato le novità in tema di LL PP, sia per quanto riguarda il decreto “sblocca cantieri”, n. 32 del 2019, convertito dalla legge 14 giugno 2019, n. 55., che della recente giurisprudenza europea e italiana. N.B. Il materiale che ci ha messo a disposizione Sara Meschini, viene trasmesso separatamente. C - Documentazione da divulgare: ALLEGATO “ 2” a) Circ. A.T. 23 settembre 2019 – Notiziario dal 16 al 21 settembre 2019, b) Circ. A.T. 26 settembre 2019 – Agg. Appalti – Le recenti modifiche apportate con il DM di modifica del principio contabile 4/2 c) Circ. A.T. 26 settembre 2019 – La distanza minima tra pareti finestrate in presenza difronte non lineare, d) Circ. A.T. 30 settembre 2019 – Notiziario dal 23 al 28 settembre 201\9, e) Circ. A.T. 30 settembre 2019 – Agg. Appalti: Notiziario dal 23 al 28 settembre 2019, f) Circ. A.T. 23 settembre 2019: Notiziario dal 16 al 21 settembre 201\9,

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Verbale della riunione Unitel 4 ottobre 2019

Presenti

1) Benedetti Pierangelo- Presidente

2) Antonio Gnecchi –

3) Pasinetti Gianpietro

4) Ivi Filosi

5) Pedretti G.P.-

6) Candida Sala

7) Seccamani

8) Facchetti Luca

9) Manuela Messali

10) Montini M.G.

11) Laini M.G.

12) Marco Bianchi

13) Bonezzi

Giustificati: Bergamini Roberto, Eva Semenzato e altri

Argomenti:

A - LL. PP. E’’ presente: la dott.sa Meschini dell’ANCE Brescia che ci ha illustrato le novità in tema di LL PP,

sia per quanto riguarda il decreto “sblocca cantieri”, n. 32 del 2019, convertito dalla legge 14 giugno 2019,

n. 55., che della recente giurisprudenza europea e italiana.

N.B. Il materiale che ci ha messo a disposizione Sara Meschini, viene trasmesso separatamente.

C - Documentazione da divulgare: ALLEGATO “ 2”

a) Circ. A.T. 23 settembre 2019 – Notiziario dal 16 al 21 settembre 2019,

b) Circ. A.T. 26 settembre 2019 – Agg. Appalti – Le recenti modifiche apportate con il DM di modifica

del principio contabile 4/2

c) Circ. A.T. 26 settembre 2019 – La distanza minima tra pareti finestrate in presenza difronte non

lineare,

d) Circ. A.T. 30 settembre 2019 – Notiziario dal 23 al 28 settembre 201\9,

e) Circ. A.T. 30 settembre 2019 – Agg. Appalti: Notiziario dal 23 al 28 settembre 2019,

f) Circ. A.T. 23 settembre 2019: Notiziario dal 16 al 21 settembre 201\9,

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g) Circ. A.T. 9 settembre 2019 - Agg. Appalti: Notiziario dal 2 al 7 settembre 2019.

h) Circ. A.T. 9 settembre 2019 – Notiziario dal 2 al 7 settembre 2019.

i) DRR Territorio, Urbanistico, difesa del suolo : 20 febbraio 2019, n. 3 – Principi per la pianificazione

delle attrezzature per servizi religiosi.

E – Convegno in programma: il 18 di questo mesi si terrà il Seminario o4rganizzato da ACB in ordine ali temi

riportati sulla locandina divulgata sul loro sito, che avrà come relatore il geom. Gnecchi.

Lo stesso, come aveva promesso, passerà ai colleghi UNITEL il documento illustrativo del programma,

mentre le slide verranno divulgate ai tutti i partecipanti direttamente da ACB.

Se così non fosse, nel breve periodo, il geom. Gnecchi invierà anche le slide ai colleghi UNITEL

Si segnala altresì il Convegno organizzato da ANCE Brescia, come da locandina che già vi è stata trasmessa,,

che si terrà all’ESEB di Brescia il giorno 24 ottobre 2019

F – Da segnalare:

a) Sentenza della Corte Europea (a sezione unite) sul subappalto del 20 settembre 2019, causa C-

63/18,

b) Sentenza CdS ,sez.V, 12 settembre 2019, n. 6160 – Appalti sotto soglia – Procedura di gara

semplificata (ex art- 36, co. 2, D. Lgs. . 50/2016

G – Argomenti trattati:

a) Parcheggi pertinenziali per nuove costruzioni produttive

b) Edifici in zone agricole – IAP “condizionati” e vincoli “non edificazione” e “mantenimento a

destinazione agricola.

ALLEGATO “ 2 a)”

Circ. A.T.23 settembre 2019

Notiziario e notizie quotidiani dal 16 al 21 settembre 2019

Consiglio di Stato: limiti all'accesso civico

Nella sentenza n. 5702 del 13 agosto 2019 il Consiglio di Stato ha fornito una serie di chiarimenti in merito all'accesso civico, accogliendo il ricorso di un Comune contro la sentenza del Tar che aveva giudicato illegittimo il provvedimento con cui l'ente aveva rigettato l'istanza di un operatore commerciale il quale richiedeva copia di tutte le licenze commerciali di qualunque natura rilasciate nel Comune, oltre a copia dei certificati di agibilità di dette attività commerciali nonchè delle domande di condono non ancora evase in relazione ad immobili sede di attività commerciali.

Corte Conti Lombardia: incarichi di progettazione

Con la delibera n. 352 del 12 settembre 2019 la Corte dei Conti per la Lombardia risponde ad un Comune che afferma di disporre di risorse per le sole spese di progettazione (di livello minimo e successive al livello minimo) e non anche per il finanziamento dell’intera opera cui la progettazione si riferisce, per cui chiede, al fine di partecipare a finanziamenti a fondo perduto, se è possibile conferire un incarico per le sole spese relative alla progettazione imputandole al titolo II, nella speranza di reperire in un momento successivo le necessarie risorse per il finanziamento dell’intera opera: la Corte riepiloga la disciplina di settore e fornisce una serie di considerazioni, tra le quali quella che per la contabilizzazione tra gli investimenti delle spese

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per il livello minimo di progettazione è necessario che i documenti di programmazione dell'ente, che definiscono gli indirizzi generali riguardanti gli investimenti e la realizzazione delle opere pubbliche (DUP, DEFR o altri documenti di programmazione), individuino in modo specifico l'investimento a cui la spesa di progettazione è destinata, prevedendone, altresì, le necessarie forme di finanziamento; in conclusione, la progettazione di un’opera pubblica non può costituire un’attività fine a se stessa e svincolata dalle successive fasi di esecuzione dei lavori e finalizzazione dell’opera, con la conseguenza che l’affidamento di un incarico di progettazione va ontologicamente correlato non solo ad un’opera che sia stata programmata, ma anche ad un’indicazione sulla effettiva reperibilità delle risorse necessarie per la sua realizzazione, risultando altresì indispensabile l’accertamento della fattibilità e della finanziabilità dell’opera pubblica quale condizione minima e imprescindibile per il conferimento di un incarico di progettazione.

Niente vincoli per le tende parasole

16/09/2019 – ItaliaOggi Tenda parasole senza autorizzazione grazie al decreto Scia 2. Stiamo parlando di pergotende, ossia la

struttura di copertura che si distingue dalle tettoie in quanto l'opera principale è costituita non dalla

struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, con la

conseguenza che deve qualificarsi in termini di elemento accessorio, necessario al sostegno e all'estensione

della tenda. In tal caso, l'opera viene indicata come attività di edilizia libera nel glossario ad hoc pubblicato

dopo la liberalizzazione introdotta dal decreto legislativo 222/16: l'intervento non può essere considerato

una nuova costruzione laddove l'opera principale è la superficie in materiale plastico che serve a roteggere

l'immobile dagli agenti atmosferici, mentre l'intelaiatura in alluminio anodizzato costituisce un mero

accessorio. È quanto emerge dalla sentenza 1125/19, pubblicata dalla seconda sezione della sede di Salerno

del Tar Campania, che ha accolto il ricorso proposto dal proprietario dell'abitazione in costiera amalfitana.

È vero: la pergotenda non soddisfa esigenze precarie, ma la necessità del titolo edilizio va esclusa per le

caratteristiche di costruzione e la funzione che svolge. E ciò perché non realizza una copertura e una

chiusura perimetrale fissa, stabile e permanente: la tenda è retrattile, dunque manca uno spazio

stabilmente chiuso che crea nuovo volume o superficie. L'intelaiatura, dal canto suo, rappresenta soltanto

un sostegno alla struttura che consente una migliore fruizione dello spazio esterno. Ma cosa dire in merito

all'area vincolata in cui si trova l'immobile? È escluso che l'opera risulti illegittima anche da questo punto di

vista: pesa l'articolo 17, secondo comma, del dpr 31/2017, secondo cui non si può disporre la rimessione in

pristino di interventi realizzati prima dell'entrata in vigore del regolamento, avvenuta il 6 aprile 2017, che

non sono soggetti ad altro titolo rispetto all'autorizzazione paesaggistica.

È irrilevante poi che la tenda sia eventualmente installata in un immobile dove sussistono varie violazioni

edilizie: anzitutto l'amministrazione non lo dimostra, ma comunque la circostanza non potrebbe

trasformare in attività che presuppongono un'autorizzazione opere che per consistenza e dimensioni non la

richiedono.

La svolta, insomma, è arrivata con il decreto del 2 marzo 2018 con cui il ministero delle infrastrutture ha

approvato il glossario delle opere consentite in regime di attività libera. Il catalogo è stato pubblicato sulla

Gazzetta Ufficiale n. 81/2018 ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 222/16 e comprende

ben cinquantotto interventi che possono essere realizzati senza comunicazione al comune e progetto

tecnico, ma osservando comunque i regolamenti urbanistici e le altre normative. Il tutto dalla

manutenzione ordinaria al risparmio energetico, dalla sicurezza alla rimozione delle barriere

architettoniche.

La deregulation è estesa agli arredi da giardino non ancorati stabilmente a terra: gazebo, barbecue in

muratura, ripostigli, stalli per bici, spazi di gioco per bambini, cucce, voliere. E dunque anche a tende,

pergotende e altre leggere coperture di arredo.

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Già prima della liberalizzazione, tuttavia, la sentenza 2110/17, pubblicata dal Tar Lombardia, incrinava il

fronte della fermezza ritenendo superfluo il permesso di costruire per la tenda parasole che è metà

pergolato e metà rivestimento: la struttura aperta sui lati non crea nuovi volumi ma consente al ristorante

di sfruttare appieno il cortile, grazie al telo scorrevole in pvc che ripara i clienti dal sole e dagli agenti

atmosferici.

In precedenza il Tar Salerno, con la sentenza 1170/17, aveva promosso la tenda parasole anche se si era

rivelata non conforme alla delibera condominiale per le strutture aggettanti sulla facciata dell'edificio. La

violazione delle prescrizioni adottate dall'assemblea, ha spiegato infatti la prima sezione, è una questione

privatistica che non può trasfigurare la consistenza dell'intervento rendendo necessario il titolo edilizio più

gravoso. La non conformità dell'opera alla delibera dell'ente di gestione non risulta una questione tale da

assumere una rilevanza qualificata nel procedimento di rilascio del titolo edilizio.

Già in epoca precedente alla svolta, tuttavia, esiste una giurisprudenza che esclude la necessità del titolo

edilizio per la tenda, escludendo l'abuso: la struttura avvolgibile costituisce infatti una pertinenza di utilità.

Non è il comune che può far rimuovere, via ordinanza, l'accessorio che il proprietario dell'immobile ha

montato a servizio della sua unità immobiliare. Così aveva stabilito il Tar Lombardia, prima sezione della

sede distaccata di Brescia, con la sentenza 468/13, secondo cui l'amministrazione della città deve pagare le

spese di giudizio al cittadino.

Il discorso cambia se la struttura in origine amovibile diventa qualcos'altro. Non c'è scampo, per esempio,

per il ristorante che trasforma l'originaria tenda parasole in una struttura in pvc che somiglia sempre più a

un dehors non autorizzato: la sostituzione della struttura preesistente, installata su pali infissi stabilmente

al terreno, costituisce un intervento di manutenzione straordinaria e per farlo serve il titolo edilizio. Lo ha

precisato

la sentenza 2960/14, pubblicata dalla sezione prima quater del Tar Lazio.

Dario Ferrara

Ripartizione incentivo funzioni tecniche

20/09/2019 – ItaliaOggi È necessario un incisivo coordinamento sull'attuazione delle norme sugli incentivi aitecnici delle amministrazioni previsti dal codice appalti per evitare difformità applicative,oltre ad un attento confronto con la disciplina previgente; necessaria anche l'integrazionecon l'analisi di impatto sulla regolazione e con la bollinatura. È quanto ha precisato ilConsiglio di stato nel parere interlocutorio n. 2368 della sezione consultiva per gli attinormativi emesso il 9 settembre 2019 n. 2368 sullo schema di regolamento recante «Normeper la ripartizione dell'incentivo per le funzioni tecniche di cui all'art. 113 del decretolegislativo 18 aprile 2016, n. 50», trasmesso dal ministero delle infrastrutture al Consigliodi stato il 5 luglio 2019. In relazione al fatto che l'art. 113 del Codice determinerà l'emanazione di un numeroprevedibilmente elevato di regolamenti da parte delle numerose amministrazionipubbliche aggiudicatrici di lavori, servizi e forniture, il parere evidenzia in primo luogo«la necessità dell'esercizio di un incisivo ruolo di coordinamento di tali regolamenti daparte della presidenza del consiglio e in particolare del suo Dagl, onde evitare che lesingole amministrazioni affrontino la tematica in esame, per così dire, in ordine sparso». Andrea Mascolini Lo sgombero deve essere ordinato dal dirigente

È violato il principio di separazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo, dicompetenza degli organi di governo, e funzioni di gestione amministrativa, di spettanzadei dirigenti, che trova espressione nell'articolo 107 Tuel, se il Sindaco ordina lo sgomberodegli immobili di proprietà comunale occupati sine titulo, trattandosi di tipico atto digestione, privo di contenuto politico. È quanto si ricava dalla sentenza del Tar Abruzzo,(L'Aquila), n. 434/2019.

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Il Collegio ha premesso che il Sindaco può esercitare il suo potere di ordinanza, medianteprovvedimenti immediati e temporanei, per affrontare situazioni di emergenza nonaltrimenti gestibili con gli atti amministrativi ordinari. Tuttavia, l'ordine di sgombero delleproprietà comunali, ha rilevato il Tar, è un normale atto di gestione amministrativa che, inquanto tale, non è di competenza del Sindaco, ma del Dirigente o del responsabiledell'ufficio a cui tale delega è stata affidata. A sostegno di ciò, il Tribunale ha richiamato anche la giurisprudenza del Consiglio diStato secondo cui l'ordine di sgombero è privo del contenuto di indirizzo politico checaratterizza i provvedimenti di competenza sindacale mentre lo stesso si contraddistinguechiaramente per la natura di atto di conservazione del patrimonio comunale, riservato alleattribuzioni della dirigenza ai sensi dell'articolo 107 del Tuel (Consiglio di Stato, SezioneVI, 26 aprile 2018, n. 2520). La sentenza in commento è di particolare interesse perché attua nella fattispeciel'importante distinzione tra funzione di indirizzo politico-amministrativo, spettanti agliorgani di governo dell'Ente, e gestione amministrativa, tecnica e finanziaria di competenzadei dirigenti (si veda, nello stesso senso, Tar Campania, Napoli, 15 gennaio 2019, n. 210). Sitratta di un principio di carattere generale dell'ordinamento che trova riconoscimento, alivello costituzionale, nell'articolo 97 Cost. (Corte costituzionale 81/2013) e, a livello di legislazione primaria, nell'articolo 107 Tuel e negli articoli 4, 14 e 16 Dlgs 165/2001. Gabriele Gagliardini

ALLEGATO “ 2 b)”

Circ. A.T. 26 settembre 2019- Aggiornamento APPALTI

Le recenti modifiche apportate con i DM di modifica

del principio contabile 4/2

È opportuno, a beneficio dei RUP, riassumere le importanti modifiche apportate dairecenti Decreti Ministeriali al principio contabile 4/2 in tema di programmazione di lavoripubblici e di impegno di spesa. Il D.M. 1 marzo 2019 (“Aggiornamento degli allegati al decreto legislativo n. 118 del 2011,in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni,degli enti locali e dei loro organismi”) e il D.M. 1 agosto 2019 (“Aggiornamento degliallegati al decreto legislativo n. 118 del 2011”) incidono profondamente sul principiocontabile applicato 4/2 concernente la contabilità finanziaria introducendo, tra gli altri, iparagrafi 5.3.12, 5.3.13 e 5.3.14, rispettivamente in tema di “registrazione contabile dellespese per il livello minimo di progettazione richiesto per l’inserimento di un intervento nel programma triennale dei lavori pubblici e nell’elenco annuale”, di “registrazione contabiledelle spese di progettazione riguardanti lavori di valore stimato inferiore a 100.000 euro” edi “registrazione contabile delle spese per gli interventi inseriti nel programma triennaledei lavori pubblici e nell’elenco annuale”. La spesa relativa al primo livello di progettazione

In relazione al paragrafo 5.3.12, si chiarisce che la spesa relativa al primo livello diprogettazione (comprendente, a seconda dei casi, il documento di fattibilità dellealternative progettuali, il progetto di fattibilità tecnica ed economica, il progetto definitivo,esecutivo o una soluzione progettuale che, mettendo l’approvazione di uno o più deilivelli di progettazione precedenti, contenga tutti gli elementi previsti per i livelli omessi),necessario per l’inserimento nella programmazione (per spesa superiore ai 100mila euro),deve essere “registrata nel bilancio di previsione prima dello stanziamento riguardantel’opera cui la progettazione si riferisce”. Perché la spesa per la progettazione possa essere contabilizzata tra gli investimenti,prosegue il paragrafo, “è necessario che i documenti di programmazione dell’ente, chedefiniscono gli indirizzi generali riguardanti gli investimenti e la realizzazione delle operepubbliche (DUP, DEFR o altri documenti di programmazionealtresì le necessarie forme di f), individuino in modo specifico l’investimento a cui la

spesa di progettazione è destinata, prevedendone finanziamento”. La precisazione assume una certa rilevanza, impegnando il RUP/responsabile del serviziotecnico ad avere una cura particolare nella redazione delle “schede” del documento unicodi programmazione.

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Risulta oramai consolidato – nell’esperienza della contabilità armonizzata – che la primaparte della sezione operativa del documento unico di programmazione (che contiene laprogrammazione operativa dell’ente, avendo a riferimento un arco temporale sia annualeche pluriennale) deve contenere, tra gli altri:

- la programmazione dei lavori pubblici svolta in conformità al programma triennale eai suoi

aggiornamenti annuali di cui all’art. 21 del d.lgs. 50/2016 (secondo la modificaapportata dal DM del 1° agosto 2018);

- la programmazione degli acquisti di beni e servizi svolta in conformità al programmabiennale di

forniture e servizi di cui all’art. 21, comma 6 del d.lgs. 50/2016 (secondo lamodifica apportata dal DM del 1° agosto 2018).

Si afferma – o, se si preferisce, si ribadisce - pertanto la centralità del DUP tra gli atti diprogrammazione, come documento che precede ed “informa” il bilancio. Documentounico, quindi, che non deve essere considerato solamente sotto il profilocontabile/finanziario, rilevato il ruolo sostanziale della programmazione dei lavoripubblici (ed ora anche della programmazione degli acquisti di beni e servizi) e, diconseguenza, l’impegno che i RUP / responsabili del servizio tecnico devono profondere. Solo se insistono le condizioni predette, verificata la natura della spesa, nel caso diprogettazione esterna relativa alle fattispecie di cui all’articolo 24, comma 1 (esclusa lalettera a)), la contabilizzazione può avvenire al Titolo II della spesa, alla voceU.2.02.03.05.001 “Incarichi professionali per la realizzazione di investimenti”. Investimenti e centrale di committenza

I principi contabili riguardanti la progettazione esterna si applicano anche alle ipotesi diricorso a una centrale di committenza o a soggetti aggregatori qualificati. In tali ipotesi, si precisa che:

- la firma della convenzione o dell’accordo riguardante il ricorso ad una centrale dicommittenza per l’aggiudicazione di appalti, nonchè la stipula e l’esecuzione di contrattiriguardanti la progettazione per conto di un’altra amministrazione o ente, determinano laformazione di obbligazioni giuridiche tra le parti, a seguito delle quali l’amministrazione oente destinatario della progettazione registra gli impegni di spesa concernenti il compensoa favore della centrale di committenza o gli eventuali rimborsi previsti contrattualmente eprenota le spese riguardanti la progettazione;

- a seguito della formale attivazione delle procedure di affidamento della progettazioneda parte della centrale di committenza, nei casi previsti dai principi contabili,l’amministrazione o ente appaltante destinatario dell’opera può conservare il fondopluriennale vincolato stanziato in bilancio;

- salvo il caso di esecuzione anticipata prevista dall’art. 32, comma 13, del d.lgs. 50/2016(in cui si puntualizza che “l’esecuzione del contratto può avere inizio solo dopo che lostesso è divenuto efficace, salvo che, in casi di urgenza, la stazione appaltante ne chiedal’esecuzione anticipata, nei modi e alle condizioni” fissate dallo stesso articolo), a seguitodella stipula del contratto riguardante la progettazione da parte della centrale dicommittenza per conto dell’amministrazione o ente destinatario della stessa, sonoregistrati gli impegni riguardanti le relative spese, imputati contabilmente nel rispetto delprincipio della competenza finanziaria.

Nel caso di progettazione interna, secondo la natura della spesa, la contabilizzazioneavverrà nel Tit. I o nel Tit. II. A titolo esemplificativo, ricorda il principio: “gli stipendi alpersonale dell’ente incaricato della progettazione sono classificati tra le spese di personale(spesa corrente), mentre l’acquisto di macchinari necessari al personale che provvede allaprogettazione è classificato tra gli “Impianti e Macchinari” (spese di investimento)”. Il principio chiarisce anche il caso in cui l’intervento da realizzare risulti contabilmentecoperto da un contributo comprensivo della spesa di progettazione: se il contributoviene concesso nell’esercizio finanziario successivo a quello in cui è stato registratol’impegno per la progettazione, la quota di finanziamento relativa a questa (allaprogettazione) “è gestito come entrata libera, in quanto il relativo vincolo è già statorealizzato, e può essere destinato alla copertura di spese correnti”. La registrazione contabile delle spese per gli interventi inseriti nel programmatriennale dei lavori pubblici

e nell’elenco annuale

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Per effetto delle modifiche apportate con il DM del 1° agosto 2019, ora il paragrafo 5.3.14chiarisce che l’inserimento dell’investimento nel programma delle OO.PP. esige lapreventiva approvazione della progettazione di primo livello (prima della modifica ilprincipio si esprimeva in termini di “validazione”) “e le relative spese sono stanziate nelTitolo II del bilancio di previsione” . In questo caso, l’inserimento di un intervento nel programma triennale dei lavoripubblici permette “l’iscrizione nel bilancio di previsione degli stanziamenti riguardantil’ammontare complessivo della spesa da realizzare, nel rispetto del principio dellacompetenza finanziaria cd. potenziata”. Nel paragrafo si prosegue distinguendo:

Entrate esigibili nello stesso esercizio

finanziario in cui sono esigibili le spese Entrate esigibili anticipatamente rispetto alla esigibilità delle spese

Nei casi in cui la copertura delle spese risulti costituita da entrate esigibili nel medesimo esercizio in cui sono esigibili le spese correlate, nel bilancio di previsione gli stanziamenti di entrata e di spesa sono iscritti distintamente con imputazione ai singoli esercizi di esigibilità.

Nei casi in cui la copertura delle spese risulti costituita da entrate esigibili anticipatamente rispetto all’esigibilità delle spese correlate, nel bilancio di previsione è iscritto il fondo pluriennale vincolato di spesa

La prenotazione e l’impegno di spesa

Le prenotazioni di impegno (che avvengono per il tramite della determinazione acontrattare/contrarre), dispone il principio, sono “via via” autorizzate/disposte nelle fasi diavvio delle procedure (il principio prevede che “Ogni procedimento amministrativo checomporta spesa deve trovare, fin dall’avvio, la relativa attestazione di coperturafinanziaria ed essere prenotato nelle scritture contabili dell’esercizio individuato nelprovvedimento che ha originato il procedimento di spesa”). L’impegno di spesa (è questo è un chiarimento che da “implicito” diviene ora “espresso”)seguirà la “stipula

dei contratti concernenti le fasi di progettazione successive al minimoo la realizzazione dell’intervento”. Il collegamento impegno/stipula del contratto rappresenta il chiarimento necessario perfugare tutta una serie di dubbi che propendevano per far ritenere possibile la coincidenzadell'impegno di spesa con la sola aggiudicazione. L’impegno, quindi, può essere assunto solo dopo la stipula del contratto, ovvero nelmomento in cui si

perfeziona l’obbligazione giuridica (dall’aggiudicazione, comeconfermato anche da tanta giurisprudenza, non sorge alcun vincolo giuridico che legittimal’impegno). La stipula avverrà, pertanto, sulla base della prenotazione di impegno di spesa cheassicura la “copertura” finanziaria della spesa “potenziale” prevista per il nuovo contratto. Non valgono, quindi, considerazioni/dubbi sul fatto che la stipula avverrebbe senza unaidonea copertura:

il responsabile dei servizi finanziari, nel procedimento di affidamento,ha già espresso il parere sulla

copertura in fase di avvio dell’intervento (e ciò vale perogni appalto e non solo per i lavori) e la risorsa

finanziaria, in questo modo, risulta già“blindata”, nel senso che non è più disponibile se non per effetto

di cancellazione diimpegni ad opera dello stesso responsabile del procedimento di spesa. Pertanto, la stipula avviene in condizioni di perfetta sicurezza per il responsabile di serviziointeressato (e per lo stesso segretario che intervenga quale funzionario rogante). Gli impegni di spesa, prosegue il principio, “sono imputati contabilmente nel rispetto delprincipio della competenza finanziaria cd. potenziata. La spesa di progettazioneriguardante i livelli successivi a quello minimo richiesto per l’inserimento di un interventonel programma triennale dei lavori pubblici è registrata nel titolo secondo della spesa, conimputazione agli stanziamenti riguardanti l’opera complessiva, sia nel caso diprogettazione interna che di progettazione esterna”. I principi contabili riguardanti la registrazione contabile degli interventi inseriti nelprogramma triennale dei lavori pubblici si applicano anche alle ipotesi di ricorso a unacentrale di committenza o a soggetti aggregatori qualificati, secondo quanto già dettosopra.

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La registrazione contabile delle spese di progettazione riguardanti lavori di valorestimato inferiore a 100.000 euro Le spese di progettazione, che il RUP abbia stimato di importo inferiore ai 100.000 euro,non necessitano di programmazione (programma triennale) neppure a livello di DUP,pertanto verranno contabilizzate in bilancio per intero e direttamente in conto capitale (Tit.II). Nel principio si legge, a tal proposito, che la contabilizzazione avviene “con imputazioneagli stanziamenti riguardanti l’opera complessiva, sia nel caso di progettazione interna chedi progettazione esterna, in attuazione dell’art. 113, comma 1, del Codice”, norma cheprevede che “Gli oneri inerenti alla progettazione, alla direzione dei lavori ovvero aldirettore dell'esecuzione, alla vigilanza, ai collaudi tecnici e amministrativi ovvero alleverifiche di conformità, al collaudo statico, agli studi e alle ricerche connessi, alla progettazione dei piani di sicurezza e di coordinamento e al coordinamento dellasicurezza in fase di esecuzione quando previsti ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008n. 81, alle prestazioni professionali e specialistiche necessari per la redazione di unprogetto esecutivo completo in ogni dettaglio fanno carico agli stanziamenti previsti per isingoli appalti di lavori, servizi e forniture negli stati di previsione della spesa o nei bilancidelle stazioni appaltanti”.

ALLEGATO” 2 c)”

Circ. A.T. 26 settembre 2019 -

La distanza minima tra pareti finestrate in presenza di fronte non lineare

Dovendo trattare della distanza minima tra pareti finestrate, occorre prendere le mossedagli elementi oggettivi la cui presenza impone il rispetto degli obblighi previsti dall’art. 9del DM 1444/1968. Nelle definizioni tecniche uniformi (allegato A al Regolamento Edilizio Tipo del20/10/2016), i termini “parete esterna” e “fronte” non vengono trattati distintamente, masono sovrapposti nell’ambito della interpretazione data all’altezza del fronte. Il punto n. 27 delle menzionate definizioni chiarisce: «L’altezza del fronte o della parete esterna di un edificio è delimitata: - all’estremità inferiore, dalla quota del terreno posta in aderenza all’edificio prevista dalprogetto; - all’estremità superiore, dalla linea di intersezione tra il muro perimetrale e la linea diintradosso del solaio di copertura, per i tetti inclinati, ovvero dalla sommità delle struttureperimetrali, per le coperture piane.» La parete esterna, che secondo la disposizione normativa deve essere posta a distanzaregolamentare, è quindi quell’elemento verticale di delimitazione della costruzione che,secondo l’opzione architettonica prescelta dal committente dei lavori, può anche non avereun andamento lineare. Nella presente circolare affronteremo pertanto il caso in cui gli uffici tecnici siano innanzialla valutazione di un progetto di nuova costruzione che prevede la realizzazione, perl’edificando manufatto, di pareti esterne non lineari ma con rientranze che creano unangolo di novanta gradi e spezzano il fronte dell’edificio (c.d. “zig zag”). Principi e definizioni cardine da utilizzare nella valutazione

In linea teorica, i presupposti di applicabilità del disposto di cui all’art. 9 del DM1444/1968 sono semplicemente due, ovvero:

- la sussistenza di due pareti che si fronteggiano; - la presenza anche solo su una di queste di finestre.

Pertanto, l’istruttoria del progetto presentato deve muovere dal riscontro alle seguentidue domande, che verranno trattate distintamente.

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Quando una parete può considerarsi frontistante e quale è il criterio di misurazionedella distanza ?

La previsione normativa contenuta all’art. 9 del DM 1444/1968 ha lo scopo di evitareintercapedini dannose, e le distanze tra fabbricati, in questo previste, non si misurano inmodo radiale, come avviene per le distanze rispetto alle vedute, ma in modo lineare,perpendicolare ed ortogonale (ex pluribus cfr. Cassazione civile, sez. II, 7 aprile 2005, n.72859 – Cass. civ. sez. II n. 10580/2019). In un recente intervento, la Corte di Cassazione civile (sez. II, 10580/2019) ha nuovamenteribadito che le «distanze tra edifici non si misurano in modo radiale come avviene per ledistanze rispetto alle vedute, ma in modo lineare; anzitutto lo scopo del limite impostodall’art. 873 c.c. è quello di impedire la formazione di intercapedini nocive, sicché la normacennata non trova giustificazione se non nel caso che i due fabbricati, sorgenti dabande opposte rispetto alla linea di confine, si fronteggino, anche in minima parte, nelsenso che, supponendo di farle avanzare verso il confine in linea retta, si incontrinoalmeno in un punto” (così Cass. 2548/1972, più di recente cfr. Cass. 9649/2016).». Ne consegue che la frontistanza viene definita, in pratica, con l’ipotetico avanzamentodelle pareti degli edifici antistanti esistenti rispetto alla nuova costruzione, al fine diappurare se vi sia anche solo un punto di queste che si sovrapponga. Non rileva l’entità della sovrapposizione, tanto che in alcuni casi (Cass. n. 9207/1991), insede giudiziale, è stato imposto l’arretramento di un fabbricato edificato a distanza nonregolamentare in quanto per un tratto di soli 82 centimetri risultava frontistante ad unaltro edificio. Da quanto sopra deriva che la disciplina in discussione non trova applicazione “quando ifabbricati sono disposti ad angolo e non hanno fra loro pareti contrastanti perché ciò cherileva è la distanza fra opposte pareti” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 5 ottobre 2005, n.5348; TAR Veneto 1063/2017; TAR Emilia Romagna n. 600/2017). Va tuttavia rammentato che è irrilevante che le pareti che si fronteggiano, ai finidell’applicazione del decreto ministeriale, siano di due distinte proprietà e di due distintiedifici (es. costruzioni a ferro di cavallo; TAR Lombardia Brescia 2461/2010), ovvero che levedute si trovino a diversa altezza. Per quanto attiene al punto di partenza da cui effettuare la misurazione della distanza,rileva poi che, qualora il fronte presenti delle sporgenze non a carattere ornamentale, ladistanza dovrà tenere conto di queste (cfr. sul punto, ex plurimis, Cass. Civ., Sez. II, 26gennaio 2005 n. 1556; 25 marzo 2004, n. 5963; 2 ottobre 2000, n. 13001; 29 marzo 1999, n.2986; ma, ad es. e più recentemente, id. 27 novembre 2018, n. 30708). Infine, la pianificazione locale può imporre distanze maggiori ma non diversi criteri dimisurazione. Quando la parete può considerarsi finestrata ?

Secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza amministrativa, costituiscenecessario presupposto, ai fini dell’applicazione del decreto ministeriale, l’esistenza dipareti, di cui almeno una finestrata, che effettivamente si contrappongano, non risultandocoerente con la ratio della norma l’applicazione della stessa anche ad ulteriori parti degliedifici, ovvero pareti in riferimento alle quali non si pone la suddetta questione disalubrità degli spazi in quanto pareti cieche (v. Cons. Stato, sez. IV, 31/3/2015 n. 1670; TarAbbruzzo –AQ- sez. I, 23/2/2017 n. 109; Tar Puglia –BA- sez. III, 3/12/2015 n. 1572; TarCalabria –CZ- sez. I, n. 1462 del 2014). In merito, l’art. 900 c.c. stabilisce che le finestre o altre aperture sul fondo del vicino sonodi due specie:

- luci, quando danno passaggio alla luce e all’aria, ma non permettono di affacciarsi sulfondo del confinante;

- vedute o prospetti, quando permettono di affacciarsi e di guardare di fronte,obliquamente o lateralmente.

La giurisprudenza maggioritaria (Consiglio di Stato, sez. IV, 5 ottobre 2015, n. 4628;Cassazione civile, sez. II, 20 dicembre 2016, n. 26383, TAR Lombardia, Milano, sez. II,23/05/2019 n. 1168, Tar Lombardia, Milano, sez. II, 26 giugno 2019), anche se non mancanopronunce in senso contrario, ritiene che per parete finestrata si intenda unicamente quellamunita di veduta ovvero in cui è presente un’apertura atta a prospicere ed ispicere sul fondodel vicino. Da ultimo va precisato che, al fine di considerare una parete come finestrata, oltre allapresenza di aperture sul fronte rileva anche la sussistenza di altre vedute quali balconi eterrazzi.

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I principi generali sopra esposti sono applicabili anche nel caso in cui il fronte dell’edificioabbia un andamento non regolare (cd. zig zag), rispetto a cui si ritiene utile l’analisi di uncaso concreto recentemente risolto dal Consiglio di Stato (sez. II del 26/08/2019, n. 5859). Caso pratico: fronte a zig zag

Come anticipato poco sopra, la distanza prevista dall’art. 9 del DM 1444/68 deve esseremisurata: - con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano; - con riferimento a tutte le pareti finestrate e non soltanto a quella principale; - prescindendo dal fatto che le pareti frontistanti siano o meno in posizione parallela; - indipendentemente dalla circostanza che una sola delle pareti fronteggiantesi siafinestrata e che tale

parete sia preesistente o di un nuovo edificio da realizzarsi; - indipendentemente dalla circostanza che le pareti si trovino alla medesima od adiversa altezza l'una

rispetto all'altra. Il contenzioso risolto dalla sentenza citata vedeva contrapposta l’Amministrazione ad unterzo confinante del lotto in cui era stata assentita la realizzazione di un nuovo edificio. Lo stato di fatto dei due lotti era il seguente: - nel lotto A (ricorrente) erano presenti due edifici con fronte cieco sul contrapposto allanuova costruzione; - nel lotto B (resistente e committente dei lavori di nuova costruzione) era stata assentitala realizzazione di un nuovo edificio con un fronte non lineare, rispetto a cui solo alcunisegmenti dello stesso erano dotati di vedute. Il permesso di costruire veniva impugnato sostenendo che la parete del nuovo edificio,pur presentando un andamento non lineare, fosse unica essendo irrilevanti le rientranzedella stessa. Come tale, la distanza minima di 10 metri doveva essere mantenuta sia nella partefinestrata, sia rispetto al segmento non finestrato, in forza del principio sopra esposto cheimpone il rispetto della distanza da ogni punto della parete, con misurazione delle stessadal punto di sporgenza massima (ovvero dalla parte in maggior avanzamento). Il Consiglio di Stato chiarisce che la verifica della distanza in discussione deve in primoluogo partire dagli edifici esistenti sul fondo del terzo ricorrente, consideratiseparatamente rispetto alla facciata del nuovo edificio. Viene poi ricordato che la giurisprudenza ha avuto modo di affermare che il presuppostonecessario dell’applicazione dell’art. 9 del DM 1444/1968 si identifica – sempre ecomunque – nell’esistenza di pareti: 1) di cui almeno una finestrata; 2) contrapposte. Ne consegue che non risulta coerente con la ratio della relativa norma d’interesse l’utilizzodi metodi di misurazione che portino all’applicazione della stessa anche a parti degliedifici per le quali non si pone la suddetta questione di salubrità degli spazi tra edifici adestinazione abitativa. L’art. 9 del d.m. 1444 letteralmente dispone che la distanza di m. 10 deve intercorrere tra“pareti finestrate” e “pareti di edifici antistanti”, ed impone pertanto ex sè la misurazionedella distanza “da parete a parete”, “nei limiti di estensione” delle medesime. Inparticolare, la distanza va calcolata considerando il singolo “segmento” di parete, checostituisce la partizione di una linea retta delimitata dai due suoi punti estremi (angoli delsingolo segmento). Se tale partizione corrisponde nella nuova costruzione ad una singolaparte (cioè ad un “segmento”) dell’intera facciata (a sua volta porzione più estesa di unalinea continua), deve concludersi che la distanza tra edifici frontistanti deve esserecalcolata con riguardo alle singole parti di facciata che sono prospicienti, e cioè dai diversi“segmenti”, ovviamente in considerazione della natura finestrata – o meno – della paretesingolarmente considerata rispetto alla correlativamente singola parete prospiciente. Nel caso di specie, con riguardo alla tipologia costruttiva prescelta composta da un frontedi linea spezzata (c.d. “zig-zag”), il Consiglio di Stato ha ritenuto che le sporgenze e lerientranze dovessero essere considerate, al fine del computo della distanza con l’edificiofrontistante, in via autonoma, ossia per ogni spigolo della costruzione che inprolungamento risulta antistante con l’edificio opposto. Il Consiglio di Stato ha pertanto concluso che non poteva ragionevolmente condividersi latesi dell’appellante che – viceversa – pretendeva di considerare per tutta la lunghezzadell’edificio, sempre e comunque, il punto del fronte collocato più in profondità.

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Nella pronuncia si specifica che il principio in forza di cui per la misurazione delladistanza assumono rilevanza le sporgenze non ornamentali poste sul fronte, di cui sidiceva poco sopra, trova applicazione nel caso in cui le stesse insistano su un fronte linearee non come nel caso trattato in cui sussisteva la diversa ipotesi di un fronte composto dapiù pareti. Merita da ultimo evidenza, utile nei casi in cui nella valutazione del progetto si sianocommessi degli errori e si sia assentita la realizzazione di un parete a distanza nonregolamentare, il fatto che il contenzioso si è concluso riconoscendo la legittimità del titoloedilizio rilasciato dall’Amministrazione Comunale perché i segmenti di parete chefronteggiavano gli edifici esistenti erano entrambi ciechi, anche se tale caratteristica erastata di fatto raggiunta, per uno specifico segmento di parete, attraverso la presentazionedi una variante progettuale. Nella formulazione originaria del progetto era infatti prevista la realizzazione di unterrazzo che, seppur realizzato su diverso fronte, consentiva l’affaccio anche dal latoprospiciente il fondo del ricorrente. nell’ipotesi specifica si è considerato che la presentazione di una variante in corso d’operain cui veniva prevista la realizzazione di una schermatura sul parapetto del terrazzo, taleda non consentire più l’affaccio, potesse essere considerato un accorgimento utile al finedell’eliminazione postuma della problematica relativa alle distanze tra pareti finestrate.

ALLEGATO “ 2 d)”

Circ. A.T. 30 settembre 2019

Notiziario e notizie quotidiani - dal 23 al 28 settembre 2019- Regolamento nazionale per gli incentivi funzioni tecniche

24/09/2019 – ItaliaOggi La bozza di nuovo regolamento risulta dall'applicazione dell'articolo 113 del Dlgs 50/2016e, ovviamente, è attanagliato alle specificità di un ministero: detta norme sulla possibilitàdi ricorrere a dipendenti di altri ministeri o di altre amministrazioni in generale, disciplinai movimenti che devono attuarsi nella contabilità dello Stato per il pagamento aidipendenti interessati e richiama i pareri del ministero dell'Economia e delle finanze e delConsiglio di Stato. Alcune indicazioni, però, hanno valenza generale. I soggetti che svolgono le funzioni incentivate, ben specificate, devono essere individuaticon formale provvedimento, che, nel caso, assume la veste di decreto direttoriale. Nellostesso atto sono indicati non solo i tecnici ma anche i dipendenti con funzioniamministrative ai quali deve essere riconosciuto il compenso. Per l'individuazione di tali soggetti, il regolamento elenca una serie di criteri: l'integrazione tra diverse competenze professionali, le esperienze passate, l'autonomia e laresponsabilità dimostrate, la capacità di collaborare con i colleghi. Ma prima di tutto deveessere garantita la rotazione e l'equa ripartizione degli incarichi. Sono, in ogni caso, esclusii dipendenti con carichi pendenti di natura corruttiva. Nelle modalità di ripartizione del fondo distingue i lavori, dove risultano maggiormentepremiati il Rup e il direttore lavori, dai servizi e forniture, dove la parte del leone la fannoil Rup e il direttore dell'esecuzione, unitamente ai rispettivi collaboratori. Per la maggiorparte degli stessi viene individuata una fascia, rimettendo alla contrattazione integrativaterritoriale la fissazione della percentuale puntuale. Molto interessante il relativo parere del Consiglio di Stato. Tra l'altro si legge come lanormativa, nelle finalità e nelle linee portanti, non risulti radicalmente mutata e, pertanto,sia opportuno un paragone fra il vecchio e il nuovo. Da questo emerge un'interessanteindicazione, vale a dire l'inversione nell'ordine dei lavori. In altre parole, mentre nelregime precedente, il regolamento era posteriore alla contrattazione decentrata,dovendone recepire i contenuti, nella nuova disciplina, il regolamento rappresenta ilpresupposto da cui devono prendere il via le relazioni sindacali. Tiziano Grandelli - Mirco Zamberlan

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Natura delle strade private gravate da servitù per impianti pubblici

26/09/2019 – IlSole24ore Non scatta automaticamente la natura pubblica delle strade di comparto dove sonocollocate impianti di raccolta fognaria, anche se la manutenzione ordinaria e straordinariaè a carico del Comune. Le strade private, come quelle di natura condominiale, restano,quindi, solo gravate da servitù pubblica per l'attraversamento delle condotte comunalirelative alle opere di adduzione dell'acqua potabile e di raccolta fognaria e, in quanto tali,non devono essere necessariamente cedute dai lottizzanti al Comune. Ciò è quanto ha stabilito il Consiglio di Stato, Sezione 4, con la sentenza n. 6204/2019. Il fatto che le strade private possano essere attraversate dalla rete idrica e di raccoltafognaria non vale, dunque, a estendere l'obbligo di trasferimento, in base - per la singolafattispecie trattata - della convenzione di lottizzazione che disciplina la zona diriferimento. Per i giudici amministrativi risulta rilevante - anche in vista di un'ottimale gestione delservizio e dell'attività di manutenzione delle opere - una dissociazione tra il dirittodominicale della strada e la proprietà dei «sottoservizi» pacificamente acquisiti alla "manopubblica". Quindi i possibili problemi di carattere tecnico, derivanti dalla dissociazione trail diritto di domicale della strada e la proprietà dei sottoservizi, non possono incidere sullarelativa titolarità. Resta naturalmente ferma la possibilità che su tali strade private possa essere ravvisata, ocostituita, una servitù di uso pubblico anche per quanto concerne il transito. Trattandosi di strade private, quindi, i relativi oneri manutentivi e gli obblighi di custodiasaranno a carico dei proprietari privati (o meglio, dei condòmini), mentre le infrastrutturerelative alle reti interrate saranno, quanto alla manutenzione ordinaria e straordinaria,poste a carico del Comune. Rosario Dolce La prescrizione del reato di lottizzazione abusiva non impedisce la confisca

26/09/2019 – IlSole24ore La prescrizione in appello del reato di lottizzazione abusiva non fa venir meno ipresupposti per l'adozione della confisca. Pertanto, se nonostante l'estinzione del reato visiano gli elementi oggettivi e soggettivi che consentono al giudice di verificare l'effettivasussistenza della lottizzazione abusiva, deve essere disposta la confisca urbanistica, inmaniera proporzionale alle parti del territorio interessate e senza tener conto dell'attualeoffensività della condotta. Questo è quanto afferma la Cassazione nella sentenza n. 39320, depositata ieri. La Cassazione condivide la tesi dell'accusa e ritiene che revocare il provvedimentoablatorio, sulla scorta della rimozione dell'insediamento, della cessazione dell'offensivitàdella condotta e dell'attuale conformità del territorio alla legge, «non sia giuridicamentecorretto». Ebbene, i giudici di legittimità ricordano innanzitutto che l'estinzione per prescrizione«non è fattore di per sé ostativo all'applicazione della sanzione della confisca», in baseall'articolo 44, comma 2, del Dpr 380/2001 (testo unico). Ciò posto, la confisca in questione ha natura di sanzione amministrativa accessoria e nondi misura di sicurezza, la cui adozione, pertanto, si verifica ogni volta il giudice accerti chevi sia stata una lottizzazione abusiva, senza che vi sia la necessità di verifica dell'«attualeperdurante offensività della condotta». Ad ogni modo, prosegue il Collegio, nel rispetto del diritto di proprietà di cui all'articolo 1del protocollo n. 1 Cedu, la misura sanzionatoria non dovrà essere applicataindiscriminatamente, «dovendo la sua ampiezza essere, in ogni caso, commisurata, con uncriterio di proporzionalità, alle parti del terreno che siano state effettivamente interessatedalla attività lottizzatoria». Andrea Alberto Moramarco

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ALLEGATO “2 e)”

Circ. A.T. 30 settembre 2019 - Aggiornamento APPALTI

Notiziario e notizie quotidiani dal 23 al 28 settembre 2019 Tar Lombardia: escluso il concorrente che non indica a parte tutti i costi dellamanodopera

Nella sentenza n. 1955 del 9 settembre 2019 il Tar di Milano ha giudicato legittimal'esclusione dalla gara di un concorrente il quale ha indicato separatamente in offertasolamente i costi della manodopera tecnica impiegata nella commessa, mentre i costi delpersonale amministrativo sono stati inseriti nella voce “spese generali”: i giudicistabiliscono che così facendo l’aggiudicataria ha apertamente violato la disposizione contenuta nel comma 10 dell’ar. 95 del D.Lgs. 50/2016, a mente del quale il concorrentenell’offerta economica deve indicare, tra l’altro, i propri costi della manodopera, in quantoil fatto che una parte di questi costi (segnatamente, quelli del personale amministrativo)sia stata inserita, insieme ad altre voci di costo, in una categoria più generale, equivale anon averli indicati, perché la norma presuppone un’indicazione separata di modo daconsentire un controllo da parte della stazione appaltante sul rispetto dei minimiretributivi; l'irregolarità in oggetto rende quindi incompleta l’offerta, senza che siapossibile attivare il soccorso istruttorio in quanto non si tratta della carenza di merielementi formali della domanda di partecipazione. Illegittima la trattativa privata per il reliquato stradale

23/09/2019 – IlSole24ore In caso di delibera del Consiglio comunale di sdemanializzazione, declassificazione econtestuale vendita di una porzione di terreno qualificabile come 'reliquato stradale', èillegittima la procedura di vendita dello stesso senza pubblicità e mediante trattativaprivata con uno o più proprietari dei fondi confinanti. È quanto afferma il Tar Campania,Sezione staccata Salerno, con la sentenza n. 1490/2019. Tale operazione economica, rammenta il Collegio, «comportando una entrata per l'entepubblico, deve necessariamente essere preceduta da un'adeguata e congrua pubblicità econseguente gara tra gli eventuali interessati all'acquisto alla stregua delle disposizioni dicui ai citati articoli 3, comma 1, del Rd n. 2440/1923 e 37, comma 1, del Rd n. 827/1924; conla conseguenza che la violazione delle citate regole procedurali comporta il vizio dellasuccessiva determinazione comunale, ove da tale atto non si evincano particolari e serieragioni per derogare i principi sanciti da dette disposizioni». L'evidenza pubblica è e rimane la regola generale, e pertanto come chiarito ingiurisprudenza «costituisce principio comune, in tema di gare pubbliche, il fatto che, perricorrere alla trattativa privata (cosiddetta procedura negoziata), peraltro senza garainformale, è necessario l'accertamento rigoroso dei presupposti per procedere in derogaall'evidenza pubblica, motivi che devono risultare con chiarezza dagli atti determinatividella stazione appaltante» (si veda Tar Lombardia, Sezione III Milano, 3 novembre 2004 n. 5575). Pur essendo l'evidenza pubblica un principio cardine dell'attività negoziale della Pa, intalune ipotesi esso può subire delle alterazioni. È il caso ad esempio, del contratto disponsorizzazione passiva, disciplinato dall'articolo 19 del Dlgs 50/2016. In tale ipotesi,quando la Pa è il soggetto sponsorizzato (cosiddetto sponsee) e lo sponsor è il soggettoprivato, tale contratto che comporta un vantaggio per la Pa e che assume le vesti dicontratto 'attivo', «resta fuori dalla disciplina comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici» (Consiglio di Stato, Sezione VI, 31 luglio 2013, n. 4034). Veronica Gaccione Avvalimento tecnico e di garanzia

24/09/2019 – IlSole24ore Con la pronuncia n. 6066 del 2 settembre scorso, la Sezione V del Consiglio di Stato haaffrontato la questione sulle differenze tra avvalimento tecnico ed avvalimento di garanziae sul tipo di avvalimento mediante il quale comprovare il requisito del fatturato specificorichiesto dal bando di gara.

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Il Consiglio di Stato ha operato una prima distinzione nell'ambito del genus costituitodallo strumento dell'avvalimento, nei confronti del quale il requisito qualificante delfatturato specifico è l'elemento che definisce le specifiche fattispecie qualificatorie; ilpossesso di tale requisito può assumere finalità differenti a seconda di quanto indicatonegli atti di gara e, quindi, se il fatturato specifico è inteso confermativo di una certasolidità economico-finanziaria dell'operatore economico (avvalimento di garanzia) ovverodella capacità tecnica che viene dimostrata mediante il richiamo a pregresse esperienzelavorative, alla propria organizzazione aziendale e le competenze tecniche a disposizione(avvalimento tecnico-operativo). I Giudici di Palazzo Spada - in richiamo ad un preciso orientamento giurisprudenziale -hanno precisato la già non agevole distinzione tra avvalimento 'tecnico operativo' eavvalimento 'di garanzia', ritenendo necessario accertare la validità del contratto diavvalimento mediante l'esame delle risorse che ne sono oggetto ed il grado dispecificazione di tali risorse, riferendosi, più che alla tipologia di requisito prestato (capacità economico-finanziaria o capacità tecnico-professionale) alle finalità per le quali lastazione appaltante ha chiesto sia posseduto il requisito stesso, anche in considerazionedelle modalità con le quali ne è richiesta la dimostrazione come pure dell'oggettodell'appalto (così, Consiglio di Stato, Sezione III, 10 luglio 2019, n. 4866; nonché,ampiamente, V, 19 luglio 2018, n. 4396). Il Consiglio di Stato ha, quindi, ritenuto che la stazione appaltante negli atti di gara abbiaadeguatamente precisato che intendeva il requisito del fatturato specifico in servizianaloghi come dimostrativo dell'esistenza di un'organizzazione aziendale adeguata e delpossesso dei mezzi essenziali ad eseguire il servizio da affidare. L'avvalimento aveva,dunque, natura di avvalimento cosiddetto tecnico-operativo e la società appellante avevacorrettamente prodotto un contratto di avvalimento necessario per dimostrare il possessodel requisito di capacità tecnica previsto dal disciplinare di gara. Nel caso in cui la lexspecialis richieda il requisito del fatturato specifico in servizi analoghiè doveroso l'esame degli atti di gara per stabilire le finalità assegnate dalla stazioneappaltante al suo possesso; se il fatturato specifico è inteso confermativo di una certasolidità economico-finanziaria dell'operatore economico - per aver, dai pregressi servizi,ottenuto ricavi da porre a garanzia delle obbligazioni da assumere con il contrattod'appalto - ovvero della capacità tecnica, per aver già utilmente impiegato, nelle pregresseesperienze lavorative, la propria organizzazione aziendale e le competenze tecniche a disposizione, il requisito va comprovato mediante avvalimento cosiddetto tecnicooperativo. Adriano Peloso Cristallizzazione della soglia di anomalia

25/09/2019 – IlSole24ore Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 6013/2019 chiarisce che la cosiddettacristallizzazione della soglia di anomalia e quindi la sua immodificabilità (comma 15dell'articolo 95 del codice dei contratti) si verifica dopo la chiusura della fase diammissione delle offerte, e che solo le «modifiche soggettive successive all'esperimento delsoccorso istruttorio sono soggette al canone di invarianza». Il giudice rammenta che il cosiddetto principio di invarianza «è stato introdotto ( ) perevitare che le variazioni sulle ammissioni/esclusioni dalle gare, ancorché accertategiurisdizionalmente, sortiscano effetti in punto di determinazione delle medie e dellesoglie di anomalia, da ritenersi ormai cristallizzate,( ), al momento dell'aggiudicazione». La regola mira a «sterilizzare» l'alterazione della trasparenza e della oggettività delconfronto tra Appaltatatori dovute a mere partecipazioni «di fatto», rendendo irrilevante«la promozione di controversie meramente speculative e strumentali da parte diconcorrenti» che non sono collocati utilmente in graduatoria e che sono mossi dalla solafinalità, «una volta noti i ribassi offerti e quindi gli effetti delle rispettive partecipazioni ingara sulla soglia di anomalia, di incidere direttamente su quest'ultima traendone vantaggio (Consiglio di Stato sentenza n. 4664/2018)». Secondo il giudice, la norma è chiara nell'individuare il momento della «cristallizzazione»della soglia di anomalia «nella definizione, in via amministrativa, della fase diammissione», momento questo che riguarda anche le eventuali fasi di regolarizzazionerelative alle situazioni in cui sia stato attivato il soccorso istruttorio. In questo senso,discende, dalla norma, che l'eventuale «fase di regolarizzazione rientra ancora nella fase diammissione (tanto che l'offerta ammessa al soccorso istruttorio deve ritenersi ammessa "con riserva")» e solo le modifiche soggettive «successive all'esperimento del soccorsoistruttorio sono soggette al canone di invarianza».

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Più in generale, si legge in sentenza, si è affermato che la fase di ammissione non possaritenersi conclusa «almeno finché non sia spirato il termine per impugnare le ammissioni ele esclusioni» e comunque «finché la stessa stazione appaltante non possa esercitare ilproprio potere di intervento di autotutela ( ) e, quindi, sino all'aggiudicazione (Consigliodi Stato sentenza n. 2579/2018)». Stefano Usai Indicazione dello stesso subappaltatore

26/09/2019 – IlSole24ore Non si può supporre l'esistenza di un collegamento tra partecipanti a una gara, se unoperatore economico è indicato come subappaltatore di uno o più concorrenti. Il Consigliodi Stato, con la sentenza n. 6234/2019, ha esaminato l'applicazione dell'articolo 80, comma5, lettera m) del Dlgs n. 50/2016. In base all'articolo 80, comma 5, lettera m) del Dlgs n. 50/2016 le stazioni appaltantiescludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in unadelle circostanze da esso elencate, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cuiall'art. 105, comma 6, del Codice. E tra queste quella in cui esso si trovi, rispetto ad un altropartecipante, in una situazione di controllo di cui all'articolo 2359 del codice civile o in unaqualsiasi relazione, anche di fatto, «se la situazione di controllo o la relazione comporti chele offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale». Il legislatore vuole evitare che le offerte siano concordate tra operatori economici,formalmente distinti, aumentando le possibilità di ottenere l'aggiudicazione. La giurisprudenza ha spiegato come la fattispecie di collegamento sostanziale siainquadrabile come di «pericolo presunto» (sentenza Consiglio di Stato n. 4959/2016) ecome sia da provare l'astratta idoneità della situazione a determinare l'accordo sulleofferte. Secondo il Consiglio di Stato, determina la esclusione la situazione di controllo o larelazione rilevante in base all'articolo 2359 del codice civile soltanto ove le offerte deiconcorrenti risultino imputabili a un unico centro decisionale. Occorre la prova in concretodi elementi, precisi e concordanti, che devono essere tali «da ingenerare il pericolo per ilrispetto dei principi di segretezza, serietà delle offerte e par condicio tra i concorrenti». L'onere della prova della distorsione del confronto concorrenziale ricade sulla parte che neaffermi l'esistenza. La dimostrazione deve fondarsi su elementi di fatto univoci, desumibili sia dalla strutturaimprenditoriale dei soggetti coinvolti, sia dal contenuto delle offerte presentate (Consigliodi Stato, sentenza n. 58/2018), che evidenzino un collegamento diretto e immediato traoperatori in apparenza concorrenti. Il fatto che un subappaltatore sia designato da due opiù concorrenti configura un elemento insufficiente a far supporre una simileconcertazione nella formulazione delle offerte. Anche l'Anac, del resto, nei bandi tipo n. 1/2017 e n. 1/2018, per affidamenti di forniture eservizi di importo superiore alla soglia comunitaria, ha evidenziato che è consentital'indicazione dello stesso subappaltatore in più terne di diversi concorrenti. Maria Luisa Beccaria Stop al limite al subappalto

27/09/2019 – ItaliaOggi Secondo la Corte di giustizia della Ue (sentenza C-63/18 di ieri) la normativa italiana inmateria di appalti pubblici, secondo la quale il subappalto non può superare il 30%dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture, non è in linea con lenormative europee. «La direttiva Ue 2014/24/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014sugli appalti pubblici» deve essere interpretata nel senso che «osta a una normativanazionale», come quella italiana «che limita al 30% la parte dell'appalto che l'offerente e'autorizzato a subappaltare a terzi», scrive la Corte nella sentenza che riguarda la causadella Vitali contro Autostrade per l'Italia. Nel passaggio chiave la sentenza dice che è contrario al direttive europee qualsiasi limiteche vieti «in modo generale e astratto il ricorso al subappalto che superi una percentualefissa dell'appalto pubblico». Più in dettaglio la Corte non nega che l'Italia, come gli altri Stato europei, possano renderepiù rigidi i paletti previsti dalle direttive europee con l'obiettivo di combattere leinfiltrazioni criminali negli appalti pubblici. «Tuttavia anche supponendo che unarestrizione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere

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considerata idonea acontrastare siffatto fenomeno, una restrizione come quella di cui trattasi nel procedimentoprincipale eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo» Certificato esecuzione lavori prima del bando

27/09/2019 – ItaliaOggi Anche per lavori di importo inferiore ai 150 mila euro la prova dell'avvenuta realizzazionedei lavori analoghi nel quinquennio va fornita con un certificato di esecuzione lavori (Cel)emesso prima della pubblicazione del bando di gara; l'analogia va valutata in concreto enon con la mera corrispondenza rispetto alle categorie Soa. Lo ha affermato l'Autoritànazionale anticorruzione (Anac) nel parere del 17 luglio 2029, n. 698. I giudici hanno confermano la legittimità dell'esclusione dell'impresa precisando chesolamente l'operatore economico che sia in possesso, al momento della presentazione delladomanda, del certificato esecuzione lavori può dichiarare il possesso del requisito, poichésolo quell'impresa è in grado di comprovarlo. La normativa conduce infatti ad affermare che l'impresa acquisisce il requisito tecnicoorganizzativo, costituito dall'aver svolto lavori per un certo importo in una certa categoria,col rilascio del certificato di esecuzione lavori, poiché in esso si dà atto dell'avvenutaesecuzione in maniera regolare e con buon esito dei lavori, nonché del risultato dellecontestazioni reciprocamente mosse dalle parti contrattuali in seguito all'esecuzione deilavori. «In ultimo, allora, il requisito dell'esecuzione dei lavori coincide con quello del possesso del certificato di esecuzione dei lavori». Infine, per la valutazione inerente l'analogial'Anac ha chiarito che per appalti di valoreinferiore ai 150 mila euro i lavori eseguiti non possono che avere caratteristiche similari aquelle che connotano i lavori da affidare, seppure non esprimibili in termini di categoriasecondo il sistema unico di qualificazione, dal momento che quest'ultimo non riguarda gliappalti di importo pari o inferiore a 150mila euro. La conoscenza degli altri concorrenti non viola la segretezza

27/09/2019 – ItaliaOggi In una gara d'appalto l'avvenuta conoscenza dei concorrenti in occasione del sopralluogonon viola principi di segretezza di cui all'articolo 53, comma 2 del codice appalti. Lo haaffermato il Consiglio di stato, sezione terza, con la pronuncia del 4 settembre 2019, n. 6097in relazione a una gara per la quale la lexspecialis aveva previsto che «la richiesta disopralluogo deve essere inoltrata, tramite un portale della stazione appaltante utilizzandola funzionalità Chiarimenti con l'indicazione del nominativo e della qualifica della personaincaricata del sopralluogo» e, al precedente punto 2.6.1., aveva anche chiarito che «lerisposte a eventuali quesiti in relazione alla presente gara saranno pubblicate sul portale». Ad avviso del collegio, secondo la stessa prospettazione dell'appellante, la sola conoscenzadei nominativi dei partecipanti al sopralluogo può influenzare negativamente lapresentazione delle offerte «sicché delle due l'una: o l'effetto perturbatore della gara èimmediato, con la conseguenza che le previsioni della lexspcialis dovevano essereimmediatamente impugnate, o non sussiste perché la presentazione delle offerte non puòessere influenzata dalla mera conoscenza dei nominativi delle imprese che hanno chiestodi partecipare al sopralluogo prima e con il mero intento di partecipare alla gara». Nel merito, quindi, la mera conoscenza dei nominativi dei soggetti che hanno chiesto dieffettuare il sopralluogo nelle procedure aperte non rileva poiché la richiesta disopralluogo o la proposizione di quesiti circa le sue modalità alla stazione appaltante,«non costituisce elemento infallibilmente sintomatico anche per altri soggettieventualmente interessati a partecipare, di certa futura partecipazione alla gara né, ancor meno, immediata manifestazione di volontà partecipativa o forma equipollente di offerta». Possibili le modifiche soggettive dell'operatore in fase di aggiudicazione

27/09/2019 – IlSole24Ore Anche con il nuovo Codice sono ammissibili le modifiche soggettive dell'operatoreeconomico nella fase di aggiudicazione. Lo dice il Consiglio di Stato con la sentenza6216/2019, che esamina come l'articolo 51 del Dlgs 163/2006 prevedesse l'ammissionedell'affittuario di un'azienda o solo di un ramo, subentrato a un concorrente, alla gara,all'aggiudicazione e alla stipulazione del contratto, dopo l'accertamento dei requisiti previsti dalla normativa e dalla legge di gara. La prescrizione non è stata riformulatanell'articolo 106 del Dlgs 50/2016, che si occupa solo della modifica del contraente. Nondimeno il principio della modificabilità soggettiva dei concorrenti può ritenersiancora applicabile.

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L'articolo 106 del Dlgs n. 50/2016, comma 1, lettera d), n. 2 riconosce la possibilità dimodifica del contratto in corso qualora all'aggiudicatario iniziale succeda «per causa dimorte o per contratto, anche a seguito di ristrutturazioni societarie, comprese rilevazioni,fusioni scissioni acquisizione o insolvenza, un altro operatore che soddisfi i criteri diselezione qualitativa stabiliti inizialmente, purché ciò non implichi altre modifichesostanziali al contratto». Nella delibera n. 244/2017, l'Anac ha accolto questa impostazione sostanzialistica e haritenuto ammissibile il subentro di altro soggetto nella posizione di mandatario delraggruppamento di imprese aggiudicatario in caso di cessione di azienda, purchè lacessione sia comunicata alla stazione appaltante e non sia strumentalizzata per eluderel'applicazione del Codice. La stazione appaltane deve verificare l'idoneità del cessionario ei requisiti richiesti per la partecipazione alla gara, che devono permanere per l'interadurata del contratto. Dovrà controllare, inoltre, i requisiti di carattere generale dellecedenti, per accertare che la cessione non sia diretta a eludere l'applicazione del Dlgs n.50/2016. Maria Luisa Beccaria

ALLEGATO “ 2 f)”

Circ. A.T. 23 settembre 2019 - Aggiornamento APPALTI Consiglio di Stato: apertura buste economiche prima della fase di ammissione

Nella sentenza n. 6013 del 2 settembre 2019 il Consiglio di Stato accoglie il ricorso contro lasentenza del Tar che aveva ritenuto violato l’ordinato svolgimento della gara sulpresupposto che l’apertura delle buste economiche sarebbe stata effettuata prima ancoradella conclusione della fase di ammissione delle riserve, con una potenziale alterazione delmeccanismo di aggiudicazione: il Consiglio di Stato respinge tale rapporto temporale tra lafase di ammissione dei concorrenti e la fase di apertura delle buste economiche, cheappare smentita: a) dalla possibilità che il riscontro della carenza dei requisiti dipartecipazione avvenga “in qualunque momento della procedura” (art. 80, comma 6, d.lgs.50/2016) e quindi anche a buste aperte; b) dalla possibilità di attivare il soccorso istruttorioin qualunque fase della procedura (art. 85, comma 5); tali previsioni dimostrano che la fasedi ammissione (e/o regolarizzazione e/o esclusione) si estende per tutta la durata dellaprocedura, a nulla rilevando che nelle more si sia proceduto alla apertura delle buste contenenti l’offerta economica. Consiglio di Stato: apertura anticipata della busta contenente la documentazioneamministrativa

Nella sentenza n. 6017 del 2 settembre 2019 il Consiglio di Stato afferma che non vi è alcundubbio che sussista l'obbligo di seguire un preciso ordine di apertura delle bustecontenenti l’offerta (prima la busta con la documentazione amministrativa, quindi quellacontenente l’offerta tecnica, infine la busta contenente l’offerta economica); tuttavia, mentrel’inversione che interessa i profili economici e quelli tecnici altera inesorabilmente laregolarità della procedura, ciò non accade nel caso in cui l’inversione riguardi l’aperturadella busta contenente la documentazione amministrativa, che non compromette in modosostanziale i valori in gioco e che (anche alla luce dell’art. 21-octies della legge 241/1990,che preclude di conferire attitudine invalidante a vizi di ordine meramente formale) deveessere classificata come mera irregolarità (anche quando costituisca violazione di unaprecisa prescrizione del capitolato). Obbligatorio specificare i costi manodopera e sicurezza

16/09/2019 – ItaliaOggi È tutta da rifare la gara d'appalto con relativa aggiudicazione perché il raggruppamentotemporaneo d'impresa risultato vincitore non ha specificato nell'offerta i costi relativi allamanodopera e alla sicurezza su lavoro. L'indicazione risulta necessaria perché a benvedere la fornitura messa a gara è con posa in opera, il che fa scattare l'obbligo in baseall'articolo 95, comma decimo, del codice dei contratti pubblici. È quanto emerge dallasentenza n. 1680/19, pubblicata dalla quarta sezione dal Tar Lombardia. L'indicazione degli oneri per il personale e l'antinfortunistica è doverosa perché nel nostrocaso il bene fornito non può essere fruito dal destinatario in modo immediato dopo laconsegna: la locazione di prodotti

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informatici, infatti, prevede anche la posa in opera dalmomento che sono poste a carico dell'appaltatore tutte le operazioni necessarie a farfunzionare le apparecchiature. E il fatto che l'offerta glissi sui costi per manodopera esicurezza non è un'omissione che può essere sanata con il soccorso istruttorio, vale a dire la procedura con cui l'amministrazione concede al privato un termine di 10 o 15 giorni permettersi in regola con i documenti necessari: in questo caso l'obbligo viene previsto dallalegge e l'eventuale mancata riproduzione nel capitolato e dal bando di gara non rendescusabile l'errore dell'impresa, che deve saperlo in qualità di operatore professionale; unatesi, questa, confermata dall'adunanza plenaria del Consiglio di stato. Inutile invocare l'inadeguatezza dei moduli di gara: l'azienda risultata sconfitta ha potutoesporre i costi nell'offerta prima della conversione in pdf e della firma digitale. E si potevafare altrettanto sulla copia cartacea facoltativa. Insomma: fa un buco nell'acqua chi invocala sentenza 309/19 della Corte di giustizia europea che ha promosso la normativa italianaladdove esclude il soccorso istruttorio, ritenendo necessaria la sanatoria soltanto quandosono le disposizioni della gara d'appalto che non consentono alle imprese partecipanti diindicare i costi nelle offerte. Non sempre, però, lo stop alla gara arriva prima che l'amministrazione committente firmiil contratto con l'aggiudicatario. Poniamo che l'impresa vinca l'appalto ma nei documentinecessari alla partecipazione non abbia indicato gli oneri aziendali di sicurezza. Allora lasocietà seconda classificata fa annullare l'aggiudicazione. Ma i lavori, ormai, non sipossono più fermare. Che succede? Il comune che li ha commissionati sarà costretto arisarcire alla seconda in graduatoria il mancato profitto. Lo stabilisce la sentenza n. 337/18,pubblicata dalla prima sezione del Tar Calabria. Non conta poi se il bando di gara preveda o meno l'indicazione dei costi necessari per ilpersonale e l'antinfortunistica. Con il nuovo codice dei contratti pubblici, infatti, l'obbligoscaturisce direttamente dalla legge che indica come elemento economico essenziale glioneri sostenuti dell'azienda per tutelare la salute dei lavoratori. È quanto emerge dallasentenza 2358/17, pubblicata dalla terza sezione del Tar Campania. Dario Ferrara Pubblicazione elenco aziende richiedenti il sopralluogo

16/09/2019 – IlSole24Ore La pubblicazione dell'elenco delle imprese che hanno richiesto il sopralluogo, perpredisporre l'offerta di gara, costituisce solo un «sintomo» dell'interesse manifestato divoler prendere parte alla competizione ma non si traduce in una autentica manifestazionedi volontà di partecipazione. In questo senso, pertanto, la pubblicazione dei nominatividelle imprese non determina in automatico violazione del principio della segretezza deipartecipanti alla gara e violazione dell'articolo 53 del codice dei contratti. È questol'approdo a cui giunge il Consiglio di Stato, sezione III, con la sentenza n. 6097/2019. Pur essendo vero che la conoscenza anticipata dei soggetti che partecipano alla gara puòsicuramente condizionare la stessa qualità (e decisione) della partecipazione – haevidenziato il giudice - potendo incidere, evidentemente, anche sullaformazione/predisposizione delle offerte. È altresì vero, però, che la "semplice" richiesta dieffettuare il sopralluogo (ma allo stesso modo anche la semplice istanza di un chiarimentosul procedimento/contenuto degli atti), di per sé non equivale a una manifestazione di volontà. Non può desumersi, in particolare, da un normale contatto la decisione di volerpartecipare alla gara. Sotto il profilo pratico/operativo, bisogna evidenziare che è bene che il Rup eviti lapubblicazione di dati che possono portare a una "conoscenza" anticipata delle impresecomunque interessate. Come dimostra la sentenza, simili comportamenti determinanoimmediate censure da parte degli operatori e anche costi per la stazione appaltante. Lasentenza in commento infatti, compensa le spese di giudizio. Stefano Usai Nuove procedure per gli acquisti della PA

18/09/2019 – IlSole24ore Pubblicate le procedure di accreditamento dei canali di comunicazione web services eSFTP per trasmettere e ricevere attraverso il Nodo smistamento ordini, dal prossimo 1°ottobre 2019 e salvo proroghe dell'ultimo minuto, i documenti correlati agli ordini diacquisto effettuati dalle aziende del Servizio sanitario nazionale: le relative istruzioni,disponibili da ieri nella sezione «Documenti» del sito dedicato, completano il quadro

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regolamentare di riferimento del più generale e ampio processo di dematerializzazionedelle procedure di acquisto delle Pa. Le metodologie operative sono analoghe a quelle già utilizzate e conosciute per laveicolazione delle fatture elettroniche attraverso il Sistema di interscambio: così come ildocumento che certifica fiscalmente l'operazione nasce in formato elettronico strutturato, eviene veicolato attraverso un nodo costituito dal sistema di interscambio, anche l'ordine ele relative risposte viaggeranno in formato UBL attraverso Nso. L'obbligo, il cui avvio è stato anticipato salvo proroghe al 1° ottobre per le aziende delServizio sanitario nazionale, sarà esteso a tutte le pubbliche amministrazioni. Alessandro Mastromatteo - Benedetto Santacroce Apertura postuma della busta amministrativa

18/09/2019 – IlSole24ore Con sentenza n. 6017/2019, il Consiglio di Stato ha chiarito che l'inversione nell'esamedelle buste contenenti la documentazione amministrativa e quelle contenenti l'offertaeconomica/tecnica - qualora non comprometta in modo sostanziale i principi di parcondicio, trasparenza, segretezza delle offerte - si sostanza in una «mera irregolarità». Il Consiglio di Stato, in particolare, ha preliminarmente specificato come il principio diseparazione tra offerta tecnica ed offerta economica (che impone che le offerte economichedebbano restare segrete per tutta la fase procedimentale in cui la Commissione compie lesue valutazioni sugli aspetti tecnici della proposta negoziale) trae fondamentodall'obiettivo di «evitare che elementi di valutazione di carattere automatico possanoinfluenzare la valutazione degli elementi discrezionali e costituisce presidio all'attuazionedei principi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa, per garantire il lineare e libero svolgimento dell'iter che si conclude con il giudizio sull'offerta tecnica el'attribuzione dei punteggi ai singoli criteri di valutazione». A tal proposito, i Giudici di Palazzo Spada hanno precisato come detto principio si decliniin una «triplice regola», vale a dire: (i) la componente tecnica dell'offerta e la componenteeconomica della stessa devono essere necessariamente inserite in buste separate eidoneamente sigillate; (ii) è precluso ai concorrenti l'inserimento di elementi economicoquantitativiall'interno dell'offerta tecnica; (iii) l'apertura della busta contenente l'offertaeconomica deve necessariamente seguire la valutazione dell'offerta tecnica. Ciò premesso, il Giudice di seconde cure ha, successivamente, evidenziato come ilprincipio di separazione - unitamente alle relative regole operative - trovi applicazione neisoli in casi in cui sussista effettivamente il pericolo di compromissione della garanzia diimparzialità della valutazione, il che accade solo laddove «concorrano elementi di giudizioa carattere discrezionale (inerenti l'apprezzamento dei profili tecnici e qualitativi dellaproposta negoziale articolata dagli operatori economici in concorrenza) ed elementi di giudizio a rilevanza obiettiva ed automatica (quali sono quelli della componenteeconomica dell'offerta)» . Alla luce di quanto sopra, dunque, i Giudici amministrativi hanno sottolineato come«mentre l'inversione che interessa i profili economici e quelli tecnici altera inesorabilmentela regolarità della procedura», ciò non accade nel caso in cui l'inversione riguardil'apertura della busta contenente la documentazione amministrativa, «che noncompromette in modo sostanziale i valori in gioco e che (anche alla luce del canoneantiformalistico di cui all'articolo 21 octies legge n. 241/1990, che preclude di conferireattitudine invalidante a vizi di ordine meramente formale) deve riguardarsi (anchequando prefiguri violazione di una precisa prescrizione capitolare) quale merairregolarità». Gianluigi Delle Cave Illegittimo ammettere l'operatore non invitato

19/09/2019 – ItaliaOggi Illegittimo ammettere nelle procedure semplificate sotto soglia l'offerta di un operatoreeconomico non invitato alla gara. Il Consiglio di stato, con la sentenza della sezione sez. V,12 settembre 2019, n. 6160, rivede un proprio precedente orientamento contrario espressodalla sentenza sempre della sezione V 28 giugno 2018, n. 3989 e conseguentemente riformala sentenza del giudice di prime cure, secondo il quale un operatore economicodisporrebbe del diritto di presentare offerte anche se non invitato.

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La sentenza 6160/2019 esamina con chiarezza un elemento fondamentale: le procedureregolate dall'articolo 36, comma 2, del dlgs 50/2016 sacrificano certamente il favore per lamassima partecipazione possibile; tuttavia, rileva Palazzo Spada, «il sacrificio dellamassima partecipazione che deriva dal consentire la presentazione dell'offerta ai solioperatori economici invitati è necessitato dall'esigenza di celerità, essa, poi, nonirragionevole in procedure sotto soglia comunitarie». Sotto soglia si ammette una parziale chiusura al mercato, giustificata da due elementi: ilprimo è la celerità procedurale. Il secondo è il principio di rotazione, che costituisce unodei contrappesi (l'altro è la motivazione delle scelte degli operatori) alla sceltadiscrezionale dell'amministrazione appaltante della short list delle aziende da invitare. La pronuncia di palazzo Spada dovrebbe portare, però, ad una logica conseguenza: poichéla rotazione è definita condivisibilmente come «contrappeso» alla possibilità offerta allestazioni appaltanti di restringere il mercato limitando la possibilità di presentare offertealle sole ditte invitate, allora nell'ipotesi opposta, allorché la procedura di cui all'articolo36, comma 2, sia attivata senza restrizioni al numero di coloro che possono presentareofferte, sì da considerare la gara aperta al mercato, la rotazione non ha ragione di essere. Inquesto senso di recente si è espresso il Tar Calabria Catanzaro Sezione I con sentenza 20luglio 2019, n. 1457, che evidenzia, in armonia con le linee guida 4 dell'Anac, che larotazione non è necessaria quando l'affidamento avvenga con procedura aperta al mercatonella quale la stazione appaltante non operi alcuna limitazione in ordine al numero dioperatori economici tra i quali effettuare la selezione. È auspicabile una definitiva armonizzazione tra le pronunce amministrative per daredefinitiva chiarezza al quadro d'insieme. Luigi Oliveri Inversione delle buste

20/09/2019 – ItaliaOggi L'inversione procedimentale nell'apertura delle buste di offerta non inficia la regolaritàdella procedura di gara a condizione che si tratti di una gara al massimo ribasso e laviolazione riguardi la busta contenente la documentazione amministrativa. Lo haaffermato il Consiglio di stato, con la pronuncia della quinta sezione n.. 6017 del 2settembre 2019 relativa a una gara con procedura negoziata nella quale era stata aperta prima la busta economica e poi la busta amministrativa. Il Consiglio di stato ha ribaltato il giudizio di primo grado che aveva accolto il ricorsoritenendo l'alterazione dell'ordine di apertura delle buste lesivo del principio generale ditrasparenza dell'azione amministrativa. I giudici di appello hanno motivato sul fatto che ilrischio di commistione tra le diverse offerte sussiste effettivamente nel caso di pericolo dicompromissione della garanzia di imparzialità della valutazione. Ciò accade però soltantoquando il criterio di aggiudicazione è quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa,individuata sulla base del miglior rapporto qualità-prezzo, e non con il minor prezzo doveil confronto avviene in ordine a profili economici e non tecnici. Nessun dubbio, hanno rilevato i giudici, che sussista, quindi, un preciso ordine di aperturadelle buste: prima la busta amministrativa; quindi la busta contenente l'offerta tecnica;infine la busta contenente l'offerta economica. La differenza è che mentre l'inversione cheinteressa i profili economici e quelli tecnici altera inesorabilmente la regolarità dellaprocedura, ciò non accade nel caso in cui l'inversione riguardi l'apertura della bustacontenente la documentazione amministrativa, «che non compromette in modo sostanziale i valori in gioco e che deve riguardarsi quale mera irregolarità». Andrea Mascolini Digitalizzazione delle procedure di acquisto

21/09/2019 – ItaliaOggi Sempre più vicina al traguardo la digitalizzazione delle procedure di acquisto da partedelle pubbliche amministrazioni. Sulla piattaforma telematica per la certificazione deicrediti (Pcc) sono state rese disponibili alcune nuove funzionalità che, prima in ambientedi test e poi con piena efficacia giuridica, consentiranno di gestire su tale canale tutti gliordini di acquisto. La novità risale alla legge di bilancio 2018 (l. 205/2017), la quale al comma 411 ha previstoche «al fine di incentivare l'efficienza e la trasparenza del sistema di approvvigionamentodella pubblica amministrazione,

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l'emissione, la trasmissione, la conservazione el'archiviazione dei documenti attestanti l'ordinazione e l'esecuzione degli acquisti di beni eservizi devono essere effettuate in forma elettronica». L'infrastruttura creata dal Mef per gestire i flussi è il c.d. Nodo di smistamento degli ordini(Nso). Per gli enti del Servizio sanitario nazionale è previsto che il sistema entri inesercizio nel 2018, l'uso sarà successivamente esteso ad altri settori della p.a. Matteo Barbero ALLEGATO “ 2 g)”

Circ. A.T. 9 settembre 2019 - Aggiornamento APPALTI

Consiglio di Stato: tetto massimo per il punteggio economico nella procedura negoziata

Nella sentenza n. 5628 dell' 8 agosto 2019 il Consiglio di Stato ha ritenuto infondato ilricorso contro la decisione di una stazione appaltante di superare il tetto massimo per ilpunteggio economico oltre il limite del 30 %, nell’ambito del criterio di aggiudicazionedell’offerta economicamente più vantaggiosa, attribuendo lo stesso punteggio all’offertatecnica ed a quella economica: i giudici affermano che appare preclusa, e comunquealtamente dubbia, l'applicabilità della disposizione di cui all’art. 95, comma 10-bis (tettomassimo per il punteggio economico entro il limite del 30 %) alla procedura negoziatasenza previa pubblicazione di un bando di gara, caratterizzantesi in termini di urgenza,finalizzata ad assicurare il servizio nelle more dell’espletamento della gara CONSIP. Tar di Aosta: esclusione per ribasso sul costo della manodopera

Nella sentenza n. 44 del 9 agosto 2019 il Tar della Valle d'Aosta è stato chiamato adesprimersi in merito ad una gara, da aggiudicare con il criterio del prezzo più basso, perl’affidamento del servizio di pulizia degli stabili comunali, il cui disciplinare stabiliva cheil costo del lavoro non fosse soggetto a ribasso, motivo per cui era stata esclusa una dittache aveva invece formulato un’offerta contenente un ribasso in relazione a tale parametro,sul presupposto dell’inderogabilità della clausola in oggetto: i giudici hanno stabilito l'illegittimità di tale esclusione, in considerazione della impossibilità di ritenere anomalaun’offerta per il solo fatto che presenti un costo della manodopera inferiore a quelloindicato dalla stazione appaltante, dovendo necessariamente lo stesso essere valutatonell’ambito della verifica di congruità, tenuto conto che di regola siffatte tabelle, redattedal Ministero competente, esprimono un costo del lavoro medio, ricostruito su basistatistiche, per cui esse non rappresentano un limite inderogabile per gli operatori economici partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici, ma solo unparametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che loscostamento da esse, specie se di lieve entità, non legittima di per sé un giudizio dianomalia. Uso improprio della somma urgenza

06/09/2019 – ItaliaOggi Spesso mancano i presupposti di urgenza nelle procedure attivate dalle stazioni appaltantiper interventi ex art. 163 del codice appalti; frequenti i frazionamenti artificiosi degliinterventi al fine di sottrarli alle procedure ordinarie. Sono queste le risultanze dell'attivitàdi vigilanza condotta dall'Autorità nazionale anti corruzione (Anac) e concretizzatasi inverifiche a campione e su segnalazione relative all'utilizzo della cosiddetta «sommaurgenza» prevista dall'art. 163 del Codice dei contratti pubblici. In base al codice appalti le due circostanze che rappresentano i presupposti necessari perricorrere all'art. 163, sono, in primo luogo la somma urgenza «non consente alcunindugio» e quindi deve essere relativa a circostanze impreviste, imprevedibili e comunquenon preventivamente note all'amministrazione e comportino uno stato di imminente econcreto pericolo di pregiudizio alla pubblica incolumità. In secondo luogo deve trattarsi di fattispecie di calamità naturali o connesse con l'attivitàdell'uomo, o comunque una ragionevole previsione dell'imminente verificarsi di talieventi, che richiedono l'adozione di «misure indilazionabili». In presenza di queste circostanze la legge consente alla stazione appaltante di intervenirein deroga a qualsiasi altra procedura disciplinata dal Codice, senza previa negoziazionecon operatori economici ed

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evitando la verifica della copertura della spesa e la preventivaprogettazione dei lavori da eseguire (basta la mera predisposizione di una periziagiustificativa da parte del Rup o di un tecnico dell'amministrazione, da redigersi entrodieci giorni dall'ordine di esecuzione dei lavori). È però necessaria una verifica deipresupposti normativi e la redazione di un verbale di somma urgenza in cui venganoriportati e dichiarati gli esiti di tale verifica e la presenza delle circostanze eccezionali. All'esito delle verifiche effettuate l'Autorità ha rilevato che le stazioni appaltanti spessorichiamano sia la disciplina sugli affdamenti diretti fino a 40 mila euro (artt. 36 e 37 oggiportata a 150 mila per i lavori e alla soglia Ue per servizi e forniture) sia quella relativa alleprocedure di somma urgenza. Questo nonostante vi siano sostanziali differenze esistentitra l'utilizzo della procedura di affidamento diretto prevista dagli artt. 36 e 37 del Codice ela medesima procedura consentita dall'art. 163. Da un lato vi sono infatti diversi massimalidi importi previsti (40 mila euro per la prima e 200 mila euro per la seconda) e dall'altrolato ricorre la necessità, per la «somma urgenza», della sussistenza delle specifichecircostanze previste dalla norma, della predisposizione di apposito «verbale di sommaurgenza» in cui tali circostanze devono essere esplicitate e della possibilità di procedereall'affidamento dei lavori senza effettuare la preventiva progettazione degli stessi. Dall'esame degli esposti pervenuti nonché dalla verifica a campione effettuata, l'Anac harilevato che, in alcuni casi, il tempo trascorso tra la redazione del verbale di sommaurgenza e l'inizio dei lavori ne etermina l'assenza dei presupposti di urgenza di cuiall'art. 163 del Codice. In altri casi tale istituto viene utilizzato in modo distorto attraverso un artificiosofrazionamento dell'appalto, erroneamente giustificato da motivi di urgenza e salvaguardiadella pubblica incolumità non riscontrabili, di fatto, dagli atti esaminati. Andrea Mascolini Acquisti sul mercato elettronico e verifica dei requisiti

07/09/2019 – IlSole24Ore È acclarato che, dopo la fase istruttoria delle procedure negoziate svolte sul mercatoelettronico, prima dell'aggiudicazione è necessario svolgere la verifica dei requisiti. Questafase è fondamentale in quanto, in base all'articolo 32, comma 7, del codice Appalti, èprevisto che l'aggiudicazione diventi efficace dopo la verifica del possesso dei prescrittirequisiti. Per quanto riguarda le procedure aperte, ossia quelle in cui il valore d'appalto è oltre lasoglia comunitaria, il possesso dei requsiti richiesti dall'articolo 80 del Codice appaltivanno controllati tutti dalla stazione appaltante tramite la piattaforma AvcPassdell'Anac. Per gli acquisti di beni e servizi sotto-soglia e cioè fino a 221mila euro Iva esclusa c'è unanovità, non molto pubblicizzata ma che sta creando numerosi problemi, dopo l'entrata invigore definitiva dello «Sblocca Cantieri». Il comma 6bis, articolo 36, del nuovo codiceappalti recita: «Ai fini dell'ammissione e della permanenza degli operatori economici neimercati elettronici di cui al comma 6, il soggetto responsabile dell'ammissione verifical'assenza dei motivi di esclusione di cui all'articolo 80 su un campione significativo dioperatori economici. omissis». Molto particolare e fuorviante sembra essere il comma successivo, il 6ter dell'articolo 36. Nelle procedure di affidamento effettuate nell'ambito dei mercati elettronici (comma 6) lastazione appaltante verifica esclusivamente il possesso da parte dell'aggiudicatario deirequisiti economici e finanziari e tecnico professionali ferma restando la verifica delpossesso dei requisiti generali effettuata dalla stazione appaltante qualora il soggettoaggiudicatario non rientri tra gli operatori economici verificati a campione ai sensi delcomma 6-bis. Il problema nasce con la seconda parte del comma: qualora il soggetto aggiudicatario nonrientri tra gli operatori economici verificati a campione in base al comma 6-bis, la verificadei requisiti generali è fatta dalla stazione appaltante. Come fa a sapere la stazioneappaltante se l'operatore X è stato sottoposto alla verifica a campione di cui al comma6bis? Questa è l'aspetto problematico, in quanto non possiamo sapere a priori sel'operatore economico X è stato sottoposto alle verifiche a campione. Quindi come si fa? Abbiamo due possibilità: nell'istanza di partecipazione alla nostra procedura negoziatapredisponiamo una dichiarazione simile: l'operatore economico è stato oggetto di controllia campione da parte del mercato elettronico di riferimento? Così facendo, sappiamo apriori se detta verifica dobbiamo farla noi o richiederla al gestore della piattaforma.

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Oppure una volta individuato l'aggiudicatario, oltre alla verifica dei requisiti economici etecnici, dobbiamo richiedere al gestore se ha effettuato controlli all'operatore economico inquestione. Fino a che i gestori dei mercati elettronici non creano sistemi per sapere inanticipo se i controlli sono stati fatti, abbiamo unicamente le possibilità sopra elencate perpoter concludere l'istruttoria delle procedure negoziate, in linea con la normativa. Luca Leccisotti ALLEGATO “ 2 h)”

Circ. A.T. 9 settembre 2019

Notiziario e notizie quotidiani dal 2 al 7 settembre 2019

Corte di Cassazione: aumento dell'indennità di espropriazione

Pubblichiamo il testo della sentenza n. 21339 depositata il 13 agosto 2019, nella quale laCorte di Cassazione afferma due importanti principi in materia di indennità di esproprio;innanzitutto, ribadisce che l'azione di determinazione della giusta indennità di espropriopuò essere esperita anche in difetto di stima definitiva e nonostante l'iniziale assenza deldecreto di esproprio, che è tuttavia condizione dell'azione e deve sopravvenire nel corsodel giudizio; in secondo luogo, afferma che l'aumento dell'indennità di espropriazione diun'area edificabile, previsto dall'art. 37, c. 2, del Dpr 327/2001 come modificato dalla L. 244/2007, nella misura del 10 % trova applicazione indipendentemente dalla riduzionedell'indennità del 25 % prevista per le ipotesi in cui l'espropriazione sia finalizzata adattuare interventi di riforma economico-sociale, e va riconosciuto in via automatica dalgiudice (anche ove ciò comporti il superamento del tetto del valore di mercato nellaquantificazione dell'indennizzo) allorchè emerga dagli atti la presenza di uno dei presupposti previsti dalla norma (ossia quando l'amministrazione abbia offertoun'indennità provvisoria inferiore agli otto decimi di quella definitiva), mirando adincentivare la definizione del procedimento espropriativo in via consensuale e nongiudiziale, sanzionandone l'ingiustificata attesa, imposta al proprietario, della suaconclusione, così stimolando comportamenti virtuosi della P.A., la quale ha la possibilità dievitare di pagare tale maggiorazione offrendo una somma non inferiore agli otto decimi di cui sopra. Contributi per il risparmio energetico

02/09/2019 – IlSole24ore Con la circolare 26/2019 il ministero dell'Economia ha fornito le indicazioni operative perl'accreditamento dei soggetti incaricati del monitoraggio degli interventi finanziati con ilFondo Sviluppo e Coesione. In attuazione dell'articolo 30 del decreto crescita, con decreto direttoriale n. 406011 del 10luglio il ministero dello Sviluppo economico ha definito le modalità di erogazione delcontributo a fondo perduto diretto a tutte le amministrazioni comunali. I 500 milioni sonostati ripartiti fra i Comuni in funzione del numero di abitanti residenti al 1° gennaio 2018(la quota varia da 50mila euro per i Comuni fino a 5mila abitanti a 250mila euro per quellicon oltre 250mila abitanti). Il contributo è utilizzabile per la realizzazione di interventi di efficientamento energetico,tra cui l'illuminazione pubblica, risparmio energetico degli edifici pubblici, installazione diimpianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e sviluppo territoriale sostenibile tracui mobilità sostenibile, adeguamento e messa in sicurezza di scuole, edifici pubblici epatrimonio comunale e abbattimento delle barriere architettoniche. La norma prevede che i Comuni beneficiari monitorino la realizzazione finanziaria, fisica eprocedurale delle opere realizzate attraverso il sistema di monitoraggio previsto dalcomma 703 della legge 190/2014, classificando le opere sotto la voce «Contributo Comuniper efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile - Dl crescita». Per il monitoraggio dei progetti, comunica il Mef, è stato registrato sul sistema InformativoRgs-Igrue il Programma con descrizione «Contributo ai Comuni per interventi diefficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile» e codice identificativo«2019MISEDLCRE01» a cui dovranno essere associati, con codice Cup, tutti gli interventi.

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I Comuni beneficiari sono invitati a richiedere l'autorizzazione ad accedere al sistema dimonitoraggio - SiMonWeb inviando, tramite la propria casella Pec, la scheda anagraficaallegata alla circolare (contenente i dati relativi al personale addetto alla gestione deiprogetti) all'indirizzo [email protected]. Se gli utenti che dovranno utilizzare il sistema sono già registrati su una struttura del Mef(ad esempio al sistema informativo Igrue), la scheda anagrafica sarà sufficiente ai finidell'abilitazione all'utilizzo di SiMonWeb. Per gli utenti non registrati, invece, è necessarioottenere anche una utenza Spid che sarà utilizzata come credenziale di accesso al sistema. Entro novembre il ministero renderà noto il link a cui connettersi per accedere aSiMonWeb. E soprattutto, entro il 31 ottobre 2019 occorrerà aver iniziato i lavori, pena ladecadenza dal beneficio. Patrizia Ruffini Incentivi tecnici sugli atti di pianificazione

05/09/2019 – IlSole24ore Tra gli incentivi di progettazione la normativa all'epoca ha incluso anche la possibilità, peri dipendenti tecnici, di liquidare gli importi per gli atti di pianificazione urbanistica«comunque denominati», includendo anche la definizione e l'approvazione delregolamento urbanistico, nel limite del 30% dell'importo che l'ente avrebbe dovutocorrispondere in caso di affidamento degli atti a professionisti esterni. La Corte dei conti della Toscana (sentenza n. 32/2019), non tenendo conto dell'assoluzionein ambito penale, ha condannato per danno erariale i due responsabili tecnici che si eranoliquidati degli incentivi aumentando la base di calcolo della tariffa esterna. Sul tema degli incentivi tecnici agli atti di pianificazione si è recentemente pronunciata laCassazione (ordinanza n. 21424/2019), precisando il principio di diritto secondo il qualesono remunerabili esclusivamente gli atti di pianificazione urbanistica qualorastrettamente collegati alla realizzazione di una opera pubblica, quindi nel caso di specienulla avrebbe dovuto essere corrisposto ai due dipendenti tecnici. A seguito del complesso iter di approvazione dei piani urbanistici e del regolamento,alcuni responsabili tecnici si erano liquidarti importi per incentivi loro dovuti nel limitedel 30% della tariffa che sarebbe stata applicata ai professionisti esterni. Tuttavia, nelcalcolo della tariffa, in ragione della complessità delle attività svolte, i dipendenti non sisarebbero attenuti alla circolare del ministero dei Lavori pubblici 1° dicembre 1969 n. 6679secondo cui la maggiorazione dell'onorario professionale, in caso di progettazione interna,non avrebbe potuto essere superiore al 50%. I dipendenti hanno, invece, proceduto amaggiorare la tariffa del 70%, tanto che la Procura ha chiamato i responsabili a risponderedel danno erariale pari alla differenza della percentuale applicata rispetto a quellamassima. Il giudice di legittimità è stato di recente chiamato a verificare due diversi indirizzi assuntidai giudici contabili, il primo (Corte dei conti Veneto) che ha ritenuto incentivabili gli attidi pianificazione «comunque denominati» non necessariamente collegato allarealizzazione di un opera pubblica, mentre il secondo riteneva incentivabili i soli atti dipianificazione strettamente collegati alla realizzazione dell'opera pubblica, tanto che laSezione delle Autonomie, con la deliberazione n. 7/2014, ha chiuso il contrasto precisando l'obbligatorio collegamento con la sola realizzazione dell'opera pubblica. La Cassazione,che ha aderito al medesimo orientamento della nomofilachia contabile, ha stabilito che gliatti di pianificazione comunque denominati devono obbligatoriamente prevedere, ai finidella remunerazione degli incentivi, la realizzazione dell'opera pubblica, risultandodirimente la precisazione del legislatore secondo cui l'incentivo inerente l'atto dipianificazione è ripartito fra i dipendenti dell'amministrazione aggiudicatrice, termine quest'ultimo che evoca il legame fra l'atto stesso e la successiva aggiudicazione dei lavorifinalizzati alla realizzazione dell'opera pubblica. Vincenzo Giannotti Condizioni per le ordinanze di sgombero

06/09/2019 – IlSole24Ore È legittima l'ordinanza sindacale contingibile e urgente di sgombero di un immobile arischio crollo anche se la situazione di pericolo perdura da tempo, atteso che ai fini dellacorretta applicazione dell'articolo 54 del testo unico degli enti locali (Tuel) rilevaesclusivamente la dimostrazione dell'attualità del pericolo e della idoneità delprovvedimento a porvi rimedio. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con la sentenza n.5150/2019,

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che ha riformato la pronuncia con cui il Tar Campania aveva accolto il ricorsoproposto per l'annullamento dell'ordinanza del sindaco di Ottaviano con la quale ilComune aveva intimato lo sgombero di un edificio pericolante e aveva diffidato laproprietaria (già destinataria di analoghe ordinanze alle quali non aveva mai ottemperato)a mantenere l'intero manufatto libero da persone, onde non metterne a repentagliol'incolumità. Il Consiglio di Stato ha confermato l'indirizzo giurisprudenziale secondo cui ilpresupposto della situazione eccezionale posto a base dell'articolo 54 del Tuel « Il sindacoadotta, quale ufficiale di governo, provvedimenti contingibili e urgenti al fine di preveniree di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana»,deve essere interpretato nel senso che non rileva la circostanza che il pericolo sia correlatoa una situazione preesistente ovvero a un evento nuovo e imprevedibile; mentre rileva lasussistenza della necessità e dell'urgenza attuale di intervenire a difesa degli interessipubblici da tutelare, «a prescindere dalla prevedibilità della situazione di pericolo che il provvedimento è rivolto a rimuovere». Con la conseguenza che «la dimostrazionedell'immediatezza dell'intervento urgente del Sindaco va rapportata all'effettiva esistenzadi una situazione di pericolo al momento di adozione dell'ordinanza» (Tar Campania,sentenza n. 678/2015; Consiglio di Stato, sentenze n. 7411/2010 e n. 5807/2009). La giurisprudenza ha costantemente ribadito che la situazione di pericolo posta alla basedelle ordinanze contingibili e urgente deve fondarsi su prove concrete e non su merepresunzioni, sicché si richiede almeno la presenza di indici presuntivi idonei, precisi econcordanti (si veda Consiglio di Stato sentenza n. 425/2005 e Tar Piemonte, sentenza n.1680/2009), e ciò anche qualora l'obiettivo sia di prevenire gravi pericoli che minaccianol'incolumità dei cittadini (Tar Lazio sentenza n. 5726/2009; Consiglio di Stato sentenza n. 1831/2003; Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 490/2002). Pietro Verna

ALLEGATO “2 i)”

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ASSESSORE A TERRITORIO E PROTEZIONE CIVILE PIETRO FORONI

Piazza Città di Lombardia n.1 20124 Milano Tel 02 6765.1 www.regione.lombardia.it [email protected] .it

Ai Sindaci della Provincia di Brescia

Oggetto :Attrezzature per i servizi religiosi in applicazione dei principi della l.r. 12/2005.

Gent.mo Sindaco,

porto nuovamente alla Sua attenzione la disciplina in materia di pianificazione edestinazione d’uso delle

attrezzature per i servizi religiosi prevista dalla l.r. n. 12/2005, artt. 52, 71 e 72.

Sono con la presente a ribadire e richiamare quanto già espresso nelle mieprecedenti comunicazioni del

16/05/2018 e del 18/09/2018, in ordine all’eserciziodi culto in immobili non aventi la idonea destinazione

urbanistica come da normativa regionale vigente.

A tale proposito, appare di notevole rilievo la recente sentenza del 30 agosto 2019n. 36689/2019 della

Corte di Cassazione Penale - Sezione 3 pronunciata sul ricorso proposto dal rappresentante di una

Associazione culturale avverso la condanna del Tribunale di Milano (confermata anche in Corte d’Appello)

per il reato edilizio consistente nell’aver realizzato un mutamento di destinazione d'uso con opere edilizie

per la creazione, senza permesso di costruire, di un luogo di culto in locali originariamente destinati a

magazzino.

La sentenza offre, con estrema chiarezza, una puntuale rassegna degli elementiche i Comuni debbono

tenere in considerazione laddove sia necessario valutare se si sia o meno verificata una modifica della

destinazione d’uso di un immobile in luogo di culto, in assenza del necessario titolo abilitativo.

La Suprema Corte pone la propria decisione nel solco della giurisprudenza piùrecente, avallando la

legittimità delle scelte operate dal legislatore regionale in materia. Si rammentano, a tale proposito, anche

gli indirizzi e le indicazioni fornite nella Circolare regionale 20 febbraio 2017 - n. 3 “Indirizzi per

l’applicazione della legge regionale 3 febbraio 2015, n. 2 «Modifiche alla legge regionale 11 marzo 2005, n.

12 (Legge per il governo del territorio) - Principi per la pianificazione delle attrezzature per servizi religiosi”,

circolare che nuovamente si allega.

1

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Da ultimo si segnala che la Corte, con articolata argomentazione, ha altresìrespinto la richiesta, avanzata

dalla difesa del ricorrente, di sollevare questione di legittimità costituzionale, oltre che di norme del D.P.R.

n. 380/2001, anche dell’art. 52, c.3 bis, l.r. n. 12/2005, per contrasto con gli artt. 19, 25, c.2 e 117 Cost.

In particolare, con specifico riferimento alla norma regionale, la Suprema Corte hastatuito che “non si

riscontra alcuna discriminazione derivante dall'applicazione della legge regionale, essendo il permesso di

costruire richiesto a prescindere dal culto professato, ovvero dall'esistenza o meno di una intesa con lo

Stato”.

Non solo, per la Corte la norma regionale risponde “positivamente al test diproporzionalità richiesto dalla

Corte Costituzionale (e dai giudici di Strasburgo): la limitazione della libertà fondamentale di esercizio del

proprio culto viene ad essere fondata sull'esigenza per la P.A. (nella specie, il Comune) di avere conoscenza

dei mutamenti di destinazione d'uso degli immobili i quali, dato l'utilizzo per fini religiosi, possono

comportare un aggravio del carico urbanistico non di scarso rilievo, incidendo sul territorio e sulla

pianificazione urbanistica, considerati anche i possibili risvolti rispetto ad interessi di pari dignità giuridica

quali l'ordine pubblico e la pubblica sicurezza”.

Pertanto, conclude il giudice, “la richiesta di sollevare la questione di costituzionalità deve essere ritenuta

inammissibile”.

Alla luce di quanto sopra esposto, in un’ottica di leale collaborazione tra enti dellaP.A., Le rinnovo l’invito a

verificare la presenza sul territorio comunale di luoghi di culto, sale di preghiera, scuole di religione e di

centri culturali secondo anche quanto espresso dagli orientamenti giurisprudenziali nonché in base alle

indicazioni fornite dalla Circolare regionale 20 febbraio 2017 - n. 3, ai fini dell’attivazione delle procedure

sanzionatorie previste dalla legge nei casi di accertato abuso edilizio.

In ragione del fatto che, come detto, la situazione di specie concreta, oltre cheuna illiceità di tipo

amministrativo, anche una fattispecie penale, desidero rimarcare come la omessa verifica della sussistenza

o meno dell’abuso edilizio e delle conseguenti procedure sanzionatorie e di ripristino, potrebbero

configurare specifica responsabilità, anche penale, in capo agli amministratori ed agli uffici di competenza.

Le chiedo, altresì, di comunicare a Regione, Direzione Generale Territorio eProtezione Civile, gli esiti di tali verifiche al fine di completare ed aggiornare l’attività dicensimento dei luoghi di culto e dei centri culturali avviata in questi anni.

Cordiali saluti.

L' ASSESSORE

PIETRO FORONI

Allegati:

File Circolare regionale n. 3-2017 BURL.pdf

2

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N.B. La circolare regionale 20 febbraio 2017, n. 3 del D.G. Territorio, urbanistica, difesa e città

Metropolitana, inerente gli indirizzi per l’applicazione della LR 2/2015 “Modifiche alla legge LR n. 12/05 –

Principi per la pianificazione delle attrezzature per servizi religiosi”, ‘ pubblicata sul BURL S.O. n. 8 del 22

febbraio 2017.

ALLEGATO “3 a)”

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

26 settembre 2019*

«Rinvio pregiudiziale – Articoli 49 e 56 TFUE – Aggiudicazione degli appalti pubblici – Direttiva 2014/24/UE

– Articolo 71 – Subappalto – Normativa nazionale che limita la possibilità di subappaltare nella misura del

30% dell’importo complessivo del contratto»

Nella causa C-63/18,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267

TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Italia), con ordinanza del 13 dicembre 2017,

pervenuta in cancelleria il 1° febbraio 2018, nel procedimento

Vitali SpA

contro

Autostrade per l’Italia SpA,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da E. Regan (relatore), presidente di sezione, C. Lycourgos, E. Juhász, M. Ilešič e I. Jarukaitis,

giudici,

avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da C. Colelli e V. Nunziata, avvocati

dello Stato;

2

- per il governo norvegese, da K.H. Aarvik, H. Røstum e C. Anker, in qualità di agenti;

– per la Commissione europea, da L. Haasbeek, G. Gattinara e P. Ondrůšek, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

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ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 49 e 56 TFUE, dell’articolo

71 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti

pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU 2014, L 94, pag. 65), come modificata dal regolamento

delegato (UE) 2015/2170 della Commissione, del 24 novembre 2015 (GU 2015, L 307, pag. 5) (in prosieguo:

la «direttiva 2014/24»), nonché sul principio di proporzionalità.

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Vitali SpA e l’Autostrade per l’Italia

SpA in merito alla decisione adottata da quest’ultima, in qualità di amministrazione aggiudicatrice, di

escludere la prima da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3 I considerando 1, 41, 78, 100 e 105 della direttiva 2014/24, così recitano:

«(1) L’aggiudicazione degli appalti pubblici da o per conto di autorità degli Stati membri deve rispettare i

principi del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e in particolare la libera circolazione

delle merci, la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi, nonché i principi che ne derivano,

come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la

trasparenza. Tuttavia, per gli appalti pubblici con valore superiore a una certa soglia è opportuno elaborare

disposizioni per coordinare le procedure nazionali di aggiudicazione degli appalti in modo da garantire che a

tali principi sia dato effetto pratico e che gli appalti pubblici siano aperti alla concorrenza.

(...) VITALI

3

(41) Nessuna disposizione della presente direttiva dovrebbe vietare di imporre o di applicare misure

necessarie alla tutela dell’ordine, della moralità e della sicurezza pubblici, (...) a condizione che dette misure

siano conformi al TFUE.

(...)

(78) È opportuno che gli appalti pubblici siano adeguati alle necessità delle [piccole e medie imprese (PMI)].

Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero essere incoraggiate ad avvalersi del Codice europeo di buone

pratiche, di cui al documento di lavoro dei servizi della Commissione del 25 giugno 2008, dal titolo “Codice

europeo di buone pratiche per facilitare l’accesso delle PMI agli appalti pubblici”, che fornisce orientamenti

sul modo in cui dette amministrazioni possono applicare la normativa sugli appalti pubblici in modo tale da

agevolare la partecipazione delle PMI. A tal fine e per rafforzare la concorrenza, le amministrazioni

aggiudicatrici dovrebbero in particolare essere incoraggiate a suddividere in lotti i grandi appalti. (...)

Gli Stati membri dovrebbero mantenere la facoltà di andare oltre nei loro sforzi intesi a facilitare la

partecipazione delle PMI al mercato degli appalti pubblici estendendo agli appalti di entità minore la

portata dell’obbligo di esaminare se sia appropriato suddividere gli appalti in lotti per appalti di entità

minore, obbligando le amministrazioni aggiudicatrici a fornire una motivazione della decisione di non

suddividere in lotti o rendendo la suddivisione in lotti obbligatoria in determinate condizioni. Allo stesso

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fine, gli Stati membri dovrebbero anche avere la facoltà di creare meccanismi per il pagamento diretto ai

subappaltatori.

(...)

(100) È opportuno evitare l’aggiudicazione di appalti pubblici ad operatori economici che hanno partecipato

a un’organizzazione criminale o che si sono resi colpevoli di corruzione, di frode a danno degli interessi

finanziari dell’Unione, di reati di terrorismo, di riciclaggio dei proventi di attività illecite o di finanziamento

del terrorismo. (...)

(...)

(105) È importante che l’osservanza, da parte dei subappaltatori, degli obblighi applicabili in materia di

diritto ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dal diritto dell’Unione, dal diritto nazionale, dai contratti

collettivi o dalle disposizioni internazionali in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro di cui alla

presente direttiva, sempre che tali norme, e la loro applicazione, siano conformi al diritto dell’Unione, sia

garantita dalle autorità nazionali competenti, ad esempio gli ispettorati del lavoro o le agenzie per la

protezione dell’ambiente, mediante azioni adeguate entro i limiti delle loro responsabilità e del loro

mandato. SENTENZA DEL 26. 9. 2019 – CAUSA C-63/18

4

(...)

(...) Inoltre, dovrebbe essere indicato esplicitamente che gli Stati membri dovrebbero poter imporre

condizioni più rigorose, ad esempio estendendo gli obblighi in materia di trasparenza, consentendo il

pagamento diretto ai subappaltatori, oppure permettendo o imponendo alle amministrazioni aggiudicatrici

di verificare che i subappaltatori non si trovino in una delle situazioni che giustificano l’esclusione

dell’operatore economico. (...)

Si dovrebbe inoltre stabilire espressamente che gli Stati membri restano liberi di prevedere disposizioni di

diritto interno più rigorose in materia di responsabilità o norme più avanzate in materia di pagamenti

diretti ai subappaltatori».

4 Conformemente all’articolo 4, lettera a), della direttiva 2014/24, la stessa si applica agli appalti con un

importo, al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), pari o superiore alla soglia di EUR 5 225 000 per gli

appalti pubblici di lavori.

5 L’articolo 18 di tale direttiva, intitolato «Principi per l’aggiudicazione degli appalti», al suo paragrafo 1,

primo comma, dispone quanto segue:

«Le amministrazioni aggiudicatrici trattano gli operatori economici su un piano di parità e in modo non

discriminatorio e agiscono in maniera trasparente e proporzionata».

6 L’articolo 57 di detta direttiva, intitolato «Motivi di esclusione», al suo paragrafo 1 prevede che le

amministrazioni aggiudicatrici escludano un operatore economico dalla partecipazione a una procedura

d’appalto qualora abbiano stabilito attraverso una verifica ai sensi degli articoli da 59 a 61 o siano a

conoscenza in altro modo del fatto che tale operatore economico è stato condannato con sentenza

definitiva per uno dei motivi elencati in tale disposizione.

7 L’articolo 63 della medesima direttiva, intitolato «Affidamento sulle capacità di altri soggetti», al suo

paragrafo 1, primo comma, così dispone:

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«Per quanto riguarda i criteri relativi alla capacità economica e finanziaria stabiliti a norma dell’articolo 58,

paragrafo 3, e i criteri relativi alle capacità tecniche e professionali stabiliti a norma dell’articolo 58,

paragrafo 4, un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle

capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. Per quanto

riguarda i criteri relativi all’indicazione dei titoli di studio e professionali di cui all’allegato XII, parte II,

lettera f), o alle esperienze professionali pertinenti, gli operatori economici possono tuttavia fare

affidamento sulle capacità di altri soggetti solo se questi ultimi eseguono i lavori o i servizi per cui tali

capacità sono richieste. Se un operatore economico vuole fare affidamento sulle capacità di altri soggetti,

dimostra all’amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante

presentazione dell’impegno assunto da detti soggetti a tal fine».

8 L’articolo 71 della direttiva 2014/24, intitolato «Subappalto», prevede quanto segue:

«1. L’osservanza degli obblighi di cui all’articolo 18, paragrafo 2, da parte dei subappaltatori è garantita

mediante azioni adeguate delle autorità nazionali competenti che agiscono nell’ambito delle rispettive

responsabilità e competenze.

2. Nei documenti di gara l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere o può essere obbligata da uno Stato

membro a chiedere all’offerente di indicare, nella sua offerta, le eventuali parti dell’appalto che intende

subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti.

3. Gli Stati membri possono prevedere che, su richiesta del subappaltatore e se la natura del contratto lo

consente, l’amministrazione aggiudicatrice trasferisca i pagamenti dovuti direttamente al subappaltatore

per i servizi, le forniture o i lavori forniti all’operatore economico cui è stato aggiudicato l’appalto pubblico

(il contraente principale). Tra tali misure possono rientrare idonei meccanismi che consentano al

contraente principale di opporsi a pagamenti indebiti. Gli accordi concernenti tale modalità di pagamento

sono indicati nei documenti di gara.

4. I paragrafi da 1 a 3 lasciano impregiudicata la questione della responsabilità del contraente principale.

5. Nel caso di appalti di lavori e per servizi da fornire presso l’impianto sotto la diretta supervisione

dell’amministrazione aggiudicatrice, dopo l’aggiudicazione dell’appalto e al più tardi all’inizio

dell’esecuzione del contratto l’amministrazione aggiudicatrice impone al contraente principale di indicarle

nome, recapito e rappresentanti legali dei suoi subappaltatori coinvolti in tali lavori o servizi, nella misura in

cui questi sono noti al momento della richiesta. L’amministrazione aggiudicatrice impone al contraente

principale di comunicare all’amministrazione aggiudicatrice eventuali modifiche a tali informazioni

avvenute nel corso del contratto nonché le informazioni richieste per eventuali nuovi subappaltatori

coinvolti successivamente in tali lavori o servizi.

Fermo restando il primo comma, gli Stati membri possono imporre direttamente al contraente principale

l’obbligo di trasmettere le informazioni richieste.

Ove necessario ai fini del paragrafo 6, lettera b), del presente articolo, le informazioni richieste sono

accompagnate dalle autodichiarazioni dei subappaltatori come previsto all’articolo 59. Le misure di

esecuzione di cui al paragrafo 8 del presente articolo possono prevedere che i subappaltatori presentati a

seguito dell’aggiudicazione dell’appalto forniscano i certificati e gli altri documenti complementari invece

dell’autodichiarazione.

Il primo comma non si applica ai fornitori

Le amministrazioni aggiudicatrici possono estendere o possono essere obbligate dagli Stati membri a

estendere gli obblighi previsti al primo comma, ad esempio:

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a) ai contratti di fornitura, ai contratti di servizi diversi da quelli riguardanti servizi da fornire presso gli

impianti sotto la diretta supervisione dell’amministrazione aggiudicatrice, ovvero ai fornitori coinvolti in

contratti di lavori o di servizi;

b) ai subappaltatori dei subappaltatori del contraente principale o ai subappaltatori successivi nella catena

dei subappalti.

6. Al fine di evitare violazioni degli obblighi di cui all’articolo 18, paragrafo 2, possono essere adottate

misure adeguate quali le seguenti:

a) se la legislazione nazionale di uno Stato membro prevede un meccanismo di responsabilità solidale tra

subappaltatori e contraente principale, lo Stato membro interessato provvede a che le norme pertinenti

siano applicate in conformità delle condizioni stabilite all’articolo 18, paragrafo 2;

b) le amministrazioni aggiudicatrici possono, conformemente agli articoli 59, 60 e 61, verificare o essere

obbligate dagli Stati membri a verificare se sussistono motivi di esclusione dei subappaltatori a norma

dell’articolo 57. In tali casi le amministrazioni aggiudicatrici impongono all’operatore economico di

sostituire i subappaltatori in merito ai quali la verifica ha dimostrato che sussistono motivi obbligatori di

esclusione. Le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre o essere obbligate da uno Stato membro a

imporre che l’operatore economico sostituisca i subappaltatori in relazione ai quali la verifica ha dimostrato

che sussistono motivi non obbligatori di esclusione.

7. Gli Stati membri possono prevedere disposizioni di diritto interno più rigorose in materia di

responsabilità, anche nel quadro del diritto interno in materia di pagamenti diretti ai subappaltatori, ad

esempio prevedendo pagamenti diretti ai subappaltatori senza la necessità che questi ultimi facciano

richiesta di pagamento diretto.

8. Gli Stati membri che hanno scelto di prevedere misure a norma del paragrafo 3, 5 o 6 specificano, in

forza di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e nel rispetto del diritto dell’Unione, le

condizioni di attuazione di tali misure. In tale contesto gli Stati membri possono limitarne l’applicabilità, ad

esempio in relazione a determinati tipi di appalti, a determinate categorie di amministrazioni aggiudicatrici

o operatori economici ovvero a determinati importi». VITALI

7

Diritto italiano

9 L’articolo 105, paragrafo 2, terza frase, del decreto legislativo n. 50 – Codice dei contratti pubblici, del 18

aprile 2016 (supplemento ordinario alla GURI n. 91 del 19 aprile 2016; in prosieguo: il «decreto legislativo n.

50/2016»), così prevede:

«Fatto salvo quanto previsto dal comma 5, l’eventuale subappalto non può superare la quota del 30 per

cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture».

10 L’articolo 105, paragrafo 5, del decreto legislativo n. 50/2016 è formulato come segue:

«Per le opere di cui all’articolo 89, comma 11, e fermi restando i limiti previsti dal medesimo comma,

l’eventuale subappalto non può superare il trenta per cento dell’importo delle opere e non può essere,

senza ragioni obiettive, suddiviso».

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Procedimento principale e questione pregiudiziale

11 Con bando di gara pubblicato nel mese di agosto 2016, la Autostrade per l’Italia ha indetto una

procedura ristretta per l’affidamento, mediante gara, dei lavori di ampliamento della quinta corsia

dell’autostrada italiana A8 tra la barriera di Milano Nord (Italia) e l’interconnessione di Lainate (Italia), per

un importo a base di gara pari a EUR 85 211 216,84, IVA esclusa.

12 La Vitali è stata esclusa dalla gara per avere superato il limite del 30% previsto, in materia di subappalto,

all’articolo 105, paragrafo 2, del decreto legislativo n. 50/2016.

13 La Vitali ha proposto dinanzi al giudice del rinvio un ricorso diretto, in particolare, alla sua riammissione

alla procedura di gara.

14 Con sentenza parziale del 5 gennaio 2018 il giudice del rinvio ha respinto tutti i motivi dedotti dalla Vitali

a sostegno di tale ricorso, salvo quello secondo il quale il limite del 30% in materia di subappalti, previsto

dal diritto italiano, non sarebbe conforme al diritto dell’Unione.

15 Il giudice del rinvio nutre dubbi sulla compatibilità di siffatto limite quantitativo con gli articoli 49 e 56

TFUE, con l’articolo 71 della direttiva 2014/24 nonché con il principio di proporzionalità.

16 Tale giudice sottolinea che il Consiglio di Stato (Italia) si è pronunciato nel senso che il legislatore

nazionale può legittimamente porre, in materia di subappalto, limiti di maggior rigore rispetto a quelli

previsti dalle pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione, laddove essi siano giustificati, da un lato, alla

luce dei principi di sostenibilità sociale e, dall’altro, in considerazione dei valori declinati dall’articolo 36

TFUE, tra cui compaiono l’ordine e la sicurezza pubblici. Inoltre, detto giudice rileva che, secondo il

Consiglio di Stato, la giurisprudenza della Corte riguardante i limiti quantitativi al subappalto in materia di

appalti pubblici, la quale giurisprudenza verte sulla direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del

Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti

pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU 2004, L 134, pag. 114), non si applica in relazione alla direttiva

2014/24.

17 Tuttavia, il giudice del rinvio osserva altresì che, al pari della direttiva 2004/17/CE del Parlamento

europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di

acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (GU 2004, L 134, pag. 1) e

della direttiva 2004/18, la direttiva 2014/24 non prevede limiti quantitativi al subappalto. Secondo il giudice

del rinvio, la previsione di un limite generale del 30% per il subappalto, con riferimento all’importo

complessivo del contratto, può rendere più difficoltoso l’accesso delle imprese, in particolar modo di quelle

di piccole e medie dimensioni, agli appalti pubblici, così ostacolando l’esercizio della libertà di stabilimento

e della libera prestazione dei servizi. Tale limite è fissato in maniera astratta in una determinata

percentuale del contratto, a prescindere dalla possibilità di verificare le capacità di eventuali subappaltatori

e senza menzione alcuna del carattere essenziale degli incarichi di cui trattasi.

18 Di conseguenza, il giudice del rinvio si domanda se la normativa nazionale di cui al procedimento

principale non ecceda quanto necessario per conseguire gli obiettivi perseguiti.

19 In tali circostanze, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Italia) ha deciso di sospendere

il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 [TFUE],

l’articolo 71 della direttiva [2014/24], il quale non contempla limitazioni quantitative al subappalto, e il

principio [di diritto dell’Unione europea] di proporzionalità, ostino all’applicazione di una normativa

nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell’articolo 105, comma 2, terzo

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periodo, del [decreto legislativo n. 50/2016], secondo la quale il subappalto non può superare la quota del

30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture».

20 La domanda del giudice del rinvio diretta al trattamento accelerato della sua domanda di pronuncia

pregiudiziale conformemente all’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte è stata

respinta con ordinanza del presidente della Corte dell’8 marzo 2018, Vitali (C-63/18, non pubblicata,

EU:C:2018:199).

9

Sulla questione pregiudiziale

21 Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 49 e 56 TFUE e la direttiva

2014/24 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella di cui

trattasi nel procedimento principale, che limita al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a

subappaltare a terzi.

22 In via preliminare, occorre rilevare che, poiché il valore dell’appalto di cui al procedimento principale, al

netto dell’IVA, è superiore alla soglia di EUR 5 225 000 prevista all’articolo 4, lettera a), della direttiva

2014/24, è con riferimento a quest’ultima che occorre rispondere alla presente domanda di pronuncia

pregiudiziale.

23 Occorre ricordare che tale direttiva, come risulta in sostanza dal suo considerando 1, ha l’obiettivo di

garantire il rispetto, nell’aggiudicazione degli appalti pubblici, in particolare, della libera circolazione delle

merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, e dei principi che ne derivano, in

particolare la parità di trattamento, la non discriminazione, la proporzionalità e la trasparenza, nonché di

garantire che l’aggiudicazione degli appalti pubblici sia aperta alla concorrenza.

24 In particolare, a tal fine, la predetta direttiva prevede espressamente, al suo articolo 63, paragrafo 1, la

possibilità per gli offerenti di fare affidamento, a determinate condizioni, sulle capacità di altri soggetti, per

soddisfare determinati criteri di selezione degli operatori economici.

25 Inoltre, l’articolo 71 della medesima direttiva, che riguarda specificamente il subappalto, al suo

paragrafo 2 dispone che l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere o può essere obbligata da uno Stato

membro a chiedere all’offerente di indicare, nella sua offerta, le eventuali parti dell’appalto che intende

subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti.

26 Ne deriva che, al pari della direttiva 2004/18 abrogata dalla direttiva 2014/24, quest’ultima sancisce la

possibilità, per gli offerenti, di ricorrere al subappalto per l’esecuzione di un appalto, purché le condizioni

da essa previste siano soddisfatte (v., in tal senso, per quanto riguarda la direttiva 2004/18, sentenza del 14

luglio 2016, Wrocław - Miastonaprawachpowiatu, C-406/14, EU:C:2016:562, punti da 31 a 33).

27 Infatti, secondo una giurisprudenza costante, e come risulta dal considerando 78 della direttiva 2014/24,

in materia di appalti pubblici, è interesse dell’Unione che l’apertura di un bando di gara alla concorrenza sia

la più ampia possibile. Il ricorso al subappalto, che può favorire l’accesso delle piccole e medie imprese agli

appalti pubblici, contribuisce al perseguimento di tale obiettivo (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2017,

Borta, C-298/15, EU:C:2017:266, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

10

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28 Inoltre, al punto 35 della sentenza del 14 luglio 2016, Wrocław - Miastonaprawachpowiatu (C-406/14,

EU:C:2016:562), che riguardava l’interpretazione della direttiva 2004/18, la Corte ha stabilito che una

clausola del capitolato d’oneri di un appalto pubblico di lavori che impone limitazioni al ricorso a

subappaltatori per una parte dell’appalto fissata in maniera astratta in una determinata percentuale dello

stesso, e ciò a prescindere dalla possibilità di verificare le capacità di eventuali subappaltatori e senza

menzione alcuna del carattere essenziale degli incarichi di cui si tratterebbe, è incompatibile con tale

direttiva, applicabile nell’ambito della controversia che aveva dato luogo a tale sentenza.

29 A tal riguardo, occorre rilevare che, sebbene l’articolo 71 della direttiva 2014/24 riprenda, in sostanza, il

tenore dell’articolo 25 della direttiva 2004/18, esso elenca tuttavia talune norme supplementari in materia

di subappalto. In particolare, tale articolo 71 prevede la possibilità, per l’amministrazione aggiudicatrice, di

chiedere o di essere obbligata dallo Stato membro a chiedere all’offerente di informarla sulle intenzioni di

quest’ultimo in materia di subappalto, nonché la possibilità per l’amministrazione aggiudicatrice, a

determinate condizioni, di trasferire i pagamenti dovuti direttamente al subappaltatore per i servizi, le

forniture o i lavori forniti al contraente principale. Inoltre, il suddetto articolo 71 dispone che le

amministrazioni aggiudicatrici possono verificare o essere obbligate dagli Stati membri a verificare se

sussistano motivi di esclusione dei subappaltatori a norma dell’articolo 57 di tale direttiva relativi in

particolare alla partecipazione a un’organizzazione criminale, alla corruzione o alla frode.

30 Tuttavia, dalla volontà del legislatore dell’Unione di disciplinare in maniera più specifica, mediante

l’adozione di siffatte norme, le situazioni in cui l’offerente fa ricorso al subappalto, non si può dedurre che

gli Stati membri dispongano ormai della facoltà di limitare tale ricorso a una parte dell’appalto fissata in

maniera astratta in una determinata percentuale dello stesso, al pari del limite imposto dalla normativa di

cui trattasi nel procedimento principale.

31 A tale riguardo, il governo italiano sostiene che gli Stati membri possono prevedere misure diverse da

quelle specificamente elencate nella direttiva 2014/24, al fine di garantire, in particolare, il rispetto del

principio di trasparenza nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, poiché a tale

principio è dedicata una particolare attenzione nel contesto di tale direttiva.

32 Più specificamente, tale governo sottolinea il fatto che la limitazione del ricorso al subappalto di cui

trattasi nel procedimento principale è giustificata alla luce delle particolari circostanze presenti in Italia,

dove il subappalto ha da sempre costituito uno degli strumenti di attuazione di intenti criminosi. Limitando

la parte dell’appalto che può essere subappaltata, la normativa nazionale renderebbe il coinvolgimento

nelle commesse pubbliche meno appetibile per le associazioni criminali, il che consentirebbe di prevenire il

fenomeno dell’infiltrazione mafiosa nelle commesse pubbliche e di tutelare così l’ordine pubblico.

11

33 Come osserva il governo italiano, è vero che i considerando 41 e 105 della direttiva 2014/24, nonché

alcune disposizioni di quest’ultima, come l’articolo 71, paragrafo 7, indicano espressamente che gli Stati

membri rimangono liberi di prevedere, nel proprio diritto interno, disposizioni più rigorose rispetto a quelle

previste dalla predetta direttiva in materia di subappalto, a condizione che tali prime disposizioni siano

compatibili con il diritto dell’Unione.

34 Come deriva, in particolare, dai criteri di selezione qualitativi previsti dalla direttiva 2014/24, in

particolare dai motivi di esclusione dettati al suo articolo 57, paragrafo 1, è altresì vero che il legislatore

dell’Unione ha inteso evitare, mediante l’adozione di tali disposizioni, che gli operatori economici che sono

stati condannati con sentenza definitiva, alle condizioni previste in tale articolo, partecipino a una

procedura di aggiudicazione di appalti.

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35 Parimenti, il considerando 41 della direttiva 2014/24 prevede che nessuna disposizione di quest’ultima

dovrebbe vietare di imporre o di applicare misure necessarie, in particolare, alla tutela dell’ordine, della

moralità e della sicurezza pubblici, a condizione che dette misure siano conformi al TFUE, mentre il

considerando 100 di tale direttiva precisa che è opportuno evitare l’aggiudicazione di appalti pubblici, in

particolare, ad operatori economici che hanno partecipato a un’organizzazione criminale.

36 Oltre a ciò, secondo una giurisprudenza costante, va riconosciuto agli Stati membri un certo potere

discrezionale nell’adozione di misure destinate a garantire il rispetto dell’obbligo di trasparenza, il quale si

impone alle amministrazioni aggiudicatrici in tutte le procedure di aggiudicazione di un appalto pubblico.

Infatti, il singolo Stato membro è nella posizione migliore per individuare, alla luce di considerazioni di

ordine storico, giuridico, economico o sociale che gli sono proprie, le situazioni favorevoli alla comparsa di

comportamenti in grado di provocare violazioni del rispetto dell’obbligo summenzionato (v., in tal senso,

sentenza del 22 ottobre 2015, Impresa Edilux e SICEF, C-425/14, EU:C:2015:721, punto 26 e giurisprudenza

ivi citata).

37 Più specificamente, la Corte ha già dichiarato che il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della

criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo legittimo che può

giustificare una restrizione alle regole fondamentali e ai principi generali del TFUE che si applicano

nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre

2015, Impresa Edilux e SICEF, C-425/14, EU:C:2015:721, punti 27 e 28).

38 Tuttavia, anche supponendo che una restrizione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere

considerata idonea a contrastare siffatto fenomeno, una restrizione come quella di cui trattasi nel

procedimento principale eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo.

39 A tal riguardo, occorre ricordare che, durante tutta la procedura, le amministrazioni aggiudicatrici

devono rispettare i principi di aggiudicazione degli

12

appalti di cui all’articolo 18 della direttiva 2014/24, tra i quali figurano, in particolare, i principi di parità di

trattamento, di trasparenza e di proporzionalità (sentenza del 20 settembre 2018, Montte, C-546/16,

EU:C:2018:752, punto 38).

40 Orbene, in particolare, come ricordato al punto 30 della presente sentenza, la normativa nazionale di cui

al procedimento principale vieta in modo generale e astratto il ricorso al subappalto che superi una

percentuale fissa dell’appalto pubblico in parola, cosicché tale divieto si applica indipendentemente dal

settore economico interessato dall’appalto di cui trattasi, dalla natura dei lavori o dall’identità dei

subappaltatori. Inoltre, un siffatto divieto generale non lascia alcuno spazio a una valutazione caso per caso

da parte dell’ente aggiudicatore (v., per analogia, sentenza del 5 aprile 2017, Borta, C-298/15,

EU:C:2017:266, punti 54 e 55).

41 Ne consegue che, nell’ambito di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento

principale, per tutti gli appalti, una parte rilevante dei lavori, delle forniture o dei servizi interessati

dev’essere realizzata dall’offerente stesso, sotto pena di vedersi automaticamente escluso dalla procedura

di aggiudicazione dell’appalto, anche nel caso in cui l’ente aggiudicatore sia in grado di verificare le identità

dei subappaltatori interessati e ove ritenga, in seguito a verifica, che siffatto divieto non sia necessario al

fine di contrastare la criminalità organizzata nell’ambito dell’appalto in questione.

42 Come sottolinea la Commissione, misure meno restrittive sarebbero idonee a raggiungere l’obiettivo

perseguito dal legislatore italiano, al pari di quelle previste dall’articolo 71 della direttiva 2014/24 e

richiamate al punto 29 della presente sentenza. D’altronde, come indica il giudice del rinvio, il diritto

italiano già prevede numerose attività interdittive espressamente finalizzate ad impedire l’accesso alle gare

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pubbliche alle imprese sospettate di condizionamento mafioso o comunque collegate a interessi

riconducibili alle principali organizzazioni criminali operanti nel paese.

43 Pertanto, una restrizione al ricorso del subappalto come quella di cui trattasi nel procedimento

principale non può essere ritenuta compatibile con la direttiva 2014/24.

44 Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomento dedotto dal governo italiano,

secondo cui i controlli di verifica che l’amministrazione aggiudicatrice deve effettuare in forza del diritto

nazionale sarebbero inefficaci. Invero, siffatta circostanza, che, come pare evincersi dalle osservazioni

stesse di tale governo, risulta dalle modalità specifiche di tali controlli, nulla toglie al carattere restrittivo

della misura nazionale di cui al procedimento principale. Peraltro, il governo italiano non ha affatto

dimostrato, nell’ambito della presente causa, che le diverse disposizioni previste all’articolo 71 della

direttiva 2014/24, con le quali gli Stati membri possono limitare il ricorso al subappalto, nonché i possibili

motivi di esclusione dei subappaltanti ai sensi dell’articolo 57 di tale direttiva, e ai quali fa riferimento

l’articolo 71, paragrafo 6, lettera b), di

13

quest’ultima, non possano essere attuate in modo tale da raggiungere l’obiettivo perseguito dalla

normativa nazionale di cui al procedimento principale.

45 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione pregiudiziale

dichiarando che la direttiva 2014/24 dev’essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale,

come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita al 30% la parte dell’appalto che

l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi.

Sulle spese

46 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato

dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per

presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

14

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

La direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti

pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, come modificata dal regolamento delegato (UE) 2015/2170

della Commissione, del 24 novembre 2015, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa

nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita al 30% la parte dell’appalto

che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi.

Regan LycourgosJuhász

IlešičJarukaitis

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 26 settembre 2019.

Il cancelliere Il presidente della Quinta Sezione

A. Calot Escobar E. Regan

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ALLEGATO “3 b)”

Consiglio di Stato, Sezione 5

Sentenza 12 settembre 2019, n. 6160

Data udienza 20 giugno 2019

Integrale

Appalti sotto soglia - Procedura di gara semplificata - Ex art art. 36 co. 2, lett. c) d.lgs. 50/2016 -

Partecipazione di operatore economico non invitato dall'amministrazione venuto a conoscenza degli

inviti - Inconfigurabilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 10312 del 2018, proposto da

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Provveditorato Interregionale per le opere pubbliche

per il Lazio, l'Abruzzo e la Sardegna, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso

dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (...);

contro

Ab.So. del Comm. Geom. di Fr. Lo. & C. s.a.s., in persona del legale rappresentante, rappresentata

e difesa dall'avvocato Ca. Sc., con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;

nei confronti

On. Co. Ge. s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato An.

Mo., con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;

per la riforma della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo Sezione Prima n.

00397/2018, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della On. Co. Ge. s.r.l. e di Ab.So. del Comm. Geom. di Fr.

Lo. & C. s.a.s.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2019 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le

parti gli avvocati Ca. Sc., An. Mo. e l'avvocato dello Stato Eu. De Bo.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

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FATTO e DIRITTO 1. Con lettera di invito del 2 agosto 2018, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti -

Provveditorato interregionale alle opere pubbliche per il Lazio - Abruzzo e Sardegna avviava una

procedura negoziata ex art. 36, comma 2, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 per l'affidamento dei

lavori di consolidamento per il ripristino della transitabilità di un tratto della S.P. (omissis).

1.2. La Ab.So. del Comm. Geom. di Fr. Lo. & C. s.a.s., in associazione temporanea con la Tr. C Co.

s.r.l., non destinataria di lettera di invito della stazione appaltante, presentava, comunque, domanda

di partecipazione alla procedura, formulando un'offerta secondo le prescrizioni della normativa di

gara.

1.3. Nella seduta del 5 settembre 2018, la commissione giudicatrice non procedeva all'esame

dell'offerta della Ab. So. s.a.s., in quanto impresa non invitata a presentare offerta. La procedura di

gara si concludeva con l'aggiudicazione a favore della On. Co. Ge. s.r.l..

2. La Ab. So. s.a.s. impugnava al Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo l'aggiudicazione

disposta a favore dell'A.t.i. On. Co. Ge. unitamente al verbale della commissione giudicatrice del 5

settembre 2018 con il quale la sua offerta era stata accantonata e non esaminata.

2.1. Si costituiva in giudizio il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la controinteressata On.

Co. s.r.l.; il giudizio si concludeva con la sentenza sez. I 24 ottobre 2018 n. 397, di accoglimento

del ricorso e compensazione tra le parti delle spese di lite.

3. Propone appello il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; nel giudizio si è costituita la Ab.

So. del Comm. Di Fr. Lo. & C. s.a.s. e la controinteressata On. Co. s.r.l.; quest'ultima ha concluso

per l'accoglimento dell'appello proposto dal Ministero. Le parti hanno depositato memoria ex art. 73

Cod. proc. amm.

All'udienza del 20 giugno 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. La sentenza di primo grado ha accolto il ricorso proposto dalla Ab. So. del Comm. Di Fr. Lo. &

C. s.a.s. con la seguente motivazione:

- la disposizione di cui all'art. 36, comma 2, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 delinea una

procedura speciale nella quale, pur nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di

trattamento, proporzionalità e trasparenza, è rimessa alla sola amministrazione l'individuazione

degli operatori economici astrattamente idonei ad eseguire la prestazione, che vengono, pertanto,

invitati a presentare offerta;

- simile procedura è, dunque, ispirata ai principi di snellimento e celerità che, per essere derogatori

dei principi di pubblicità e limitativi del principio di massima partecipazione, devono essere

interpretati restrittivamente pena la violazione del principio di concorrenza;

- in una precedente pronuncia (sentenza sez. V 28 giugno 2018, n. 3989, i cui passi salienti sono

integralmente riportati), il Consiglio di Stato ha affermato che, se è vero, per le ragioni

precedentemente esposte, che un operatore economico non può vantare alcun diritto ad essere

invitato a partecipare a tale tipo di gara, non può negarsi che nel caso in cui sia venuto comunque a

conoscenza della procedura e si ritenga in possesso dei requisiti di partecipazione previsti dal bando

di gara, possa presentare la sua offerta, salvo il potere dell'amministrazione di escluderlo dalla gara

per carenze dell'offerta ovvero perché l'offerta non è pervenuta tempestivamente (rispetto alla

scadenza del termine indicato nella lettera di invito) e sempre che la sua partecipazione non

comporti un aggravio insostenibile del procedimento di gara, determinando così un pregiudizio alle

esigenze di snellezza e di celerità che sono a fondamento della procedura semplificata dell'art. 36

comma 2, lett. c) d.lgs. n. 50 del 2016.

5. Con un unico motivo di appello, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti censura la

sentenza di primo grado per "Violazione e falsa applicazione dell'art. 36 comma 2 D.lgs 50/2016".

5.1. L'appellante sostiene che il giudice di primo grado, ammettendo la partecipazione alla

procedura di gara anche dell'operatore economico non invitato dall'amministrazione, abbia tradito la

ratio ispiratrice della procedura negoziata di all'art. 36 comma 2 lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50,

che è quella di consentire all'amministrazione, per il modesto valore dell'affidamento, di procedere

alla scelta del contraente in maniera celere e semplificata; aggiunge l'appellante Ministero che la

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parità di trattamento, effettivamente comprimibile da una scelta discrezionale dell'amministrazione,

sarebbe poi garantita dal principio di rotazione che assicura una turnazione negli inviti.

5.2. Il Ministero contesta anche la pertinenza alla vicenda oggetto del giudizio del precedente del

Consiglio di Stato richiamato in sentenza per essere relativo ad un caso in cui era stato escluso dalla

partecipazione alla procedura di gara un operatore economico presentatosi quale cessionario di

ramo di azienda di un'impresa regolarmente invitata dall'amministrazione; rileva l'appellante che il

cessionario, di avente causa già invitato alla procedura, non potrebbe essere considerato "estraneo",

onde non vi sarebbe identità con la situazione ora esaminata.

6. Il motivo è fondato.

6.1. L'art. 36 (Contratti sotto soglia) comma 2, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 prevede che: "...le

stazioni appaltanti procedono all'affidamento di lavori, servizi e forniture inferiore alle soglie di cui

all'articolo 35, secondo le seguenti modalità :...c) per i lavori di importo pari o superiore a 150.000

euro e inferiore a 1.000.000 di euro, mediante procedura negoziata con consultazione di almeno

quindici operatori economici, ove esistenti, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti,

individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici".

E' prevista, dunque, una prima fase - di individuazione degli operatori tramite indagine di mercato

ovvero consultazione di elenco di operatori economici precedentemente costituito - e una seconda

fase, di vera e propria contrattazione, nella quale sono esaminate le offerte degli operatori

precedentemente invitati a partecipare.

6.2. La procedura descritta si distingue, pertanto, dalle ordinarie procedure di affidamento per

essere l'amministrazione ad avviare il dia con il singolo operatore economico attraverso la lettera di

invito individuale a presentare la sua offerta e non, come normalmente accade, l'operatore

economico a proporsi con la domanda di partecipazione in adesione al bando di gara.

Consentire, come ritenuto dal giudice di primo grado, ad ogni operatore economico, non invitato

dall'amministrazione, ma che sia venuto a conoscenza degli inviti (e, dunque, dell'esistenza di una

procedura), di presentare la propria offerta significa, di fatto, ribaltare la sequenza descritta e

ripristinare l'ordinarietà, ma in palese contrasto con le indicazioni normative.

6.3. Le quali, poi, si giustificano perché la procedura - di valore inferiore alle soglie comunitarie

(anche se, invero, non certo modesta in senso assoluto) - possa svolgersi più rapidamente; rapidità -

inutile negarlo - che deriva anche dal numero, che si vuole limitato, dei partecipanti.

Se, dunque, si consentisse quel che il giudice di primo grado auspica, il numero degli operatori

presenti in gara sarebbe destinato ad aumentare, teoricamente senza limiti, poiché non è

preventivamente immaginabile quanti operatori possano venire a conoscenza della procedura ed

avere interesse a prendervi parte, ed una procedura ipotizzata come di rapida conclusione finirebbe

con il richiedere tempi (per l'esame dei requisiti di ammissione e delle offerte proposte, ma anche, è

possibile pensare, per le eventuali contestazioni dell'operato della stazione appaltante) molto più

lunghi di quelli preventivati; sicuramente, ad ogni modo, l'amministrazione non sarebbe più in

grado di governare i tempi della procedura.

6.4. Le predette considerazioni inducono il Collegio a non condividere i principi affermati dal

precedente di questo Consiglio di Stato ampiamente richiamato dal giudice di primo grado - ove si

ritenga che ivi siano stati affermati principi generali applicabili anche oltre lo specifico caso

esaminato - e per questo motivo: ammettere che l'operatore non invitato possa, comunque,

presentare la sua offerta, e che, però, proprio allo scopo di salvaguardare l'esigenza di celerità cui è

ispirata la procedura in esame, la stazione appaltante possa negare la partecipazione (id est. non

esaminare l'offerta) se "la partecipazione (...) comporti un aggravio insostenibile del procedimento

di gara e cioè determini un concreto pregiudizio alle esigenze di snellezza e di celerità che sono a

fondamento del procedimento semplificato delineato dall'art. 122, comma 7, e 57, comma 6 d.lgs. n.

163/2006", dimostra che il principio generale che si è inteso affermare - l'apertura alla

partecipazione di tutti gli operatori economici anche se non invitati - soffre un'eccezione - la

possibilità di accantonare l'offerta dell'operatore non invitato qualora comporti un aggravio

insostenibile - che contraddice il principio stesso poiché è in re ipsa che l'apertura a tutti gli

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operatori economici comporta maggior aggravio per la stazione appaltante anche se, per ipotesi,

l'operatore aggiuntosi sia soltanto uno.

6.5. D'altronde l'orientamento che qui si avversa impone l'introduzione della predetta eccezione - il

caso dell'aggravio insostenibile per la procedura che giustifichi l'accantonamento dell'offerta

dell'operatore non invitato - pena il già descritto ribaltamento della procedura semplificata e il

ripristino dell'ordinaria, certamente più complessa, sequenza per la scelta del contraente.

Né vale a modificare i termini della questione precisare che l'offerta dell'operatore non invitato è

accantonata solo se l'aggravio che ne possa derivare alla procedura di gara sia "insostenibile", e ciò

per due ragioni: in primo luogo, poiché è così introdotto un criterio di ammissione alla procedura di

gara che risulta eccessivamente generico ed ampiamente discrezionale a fronte dell'effetto che la

sua applicazione produce, vale a dire l'esclusione dell'operatore economico che avrebbe, nella

ricostruzione data, il diritto a prendere parte alla procedura di gara.

In secondo luogo, perché l'aggravio che la partecipazione di altri operatori economici oltre a quelli

invitati dall'amministrazione può comportare sulla procedura dipende inevitabilmente dal numero,

ma di questo si è occupato il legislatore - con la previsione di un numero di operatore economici da

consultare diverso per ciascuna procedura di cui all'art. 36, comma 2, d.lgs. n. 50 - e così definendo

una volta e per tutta il numero di partecipanti conciliabile con l'esigenza di celerità della procedura.

6.6. Contrasta con il favor partecipationis la regola che il numero degli operatori economici sia

limitato e fa temere per il principio di parità di trattamento che la loro scelta sia rimessa

all'amministrazione e, tuttavia, il sacrificio della massima partecipazione che deriva dal consentire

la presentazione dell'offerta ai soli operatori economici invitati è necessitato dall'esigenza di

celerità, essa, poi, non irragionevole in procedure sotto soglia comunitarie; quanto, invece, alla

scelta dell'amministrazione il contrappeso è nel principio di rotazione.

6.7. Il principio di rotazione è l'unico principio espressamente richiamato per le procedure di gara

relative ai contratti sotto soglia dal primo comma dell'art. 36, che, quanto agli altri principi, rinvia

agli articoli 30, comma 1, 34 e 42 del medesimo codice e, per l'attuale formulazione, ha portata più

ampia di quella della previgente norma.

E', infatti, ora previsto che la rotazione abbia ad oggetto "gli inviti e gli affidamenti"; si vuole,

dunque, che l'alternanza tra gli operatori economici avvenga proprio e già al momento della scelta

di coloro che dovranno essere invitati a partecipare alla procedura di gara.

Ricorre, dunque, nel sistema delineato dall'attuale codice dei contratti pubblici un adeguato

bilanciamento tra potere di scelta delle amministrazioni degli operatori economici da invitare e

rotazione degli inviti; l'introduzione dell'eccezione per l'operatore non invitato che sia, però, venuto

a sapere della procedura e nutra interesse a prendervi parte, introdurrebbe una inevitabile distonia

rispetto al descritto impianto normativo, e certo sarebbe elusa la necessaria rotazione degli operatori

sin dalla fase dell'invito dei partecipanti.

6.8. Resta da precisare - a contrasto di un argomento speso dall'appellata nella memoria depositata -

che l'esito descritto, di esclusione dell'operatore economico non invitato, non contrasta con il

principio di parità di trattamento, che imporrebbe di considerare tutti gli operatori, invitati o meno,

sullo stesso piano per aver presentato un'offerta, per l'evidente ragione che le situazioni di partenza

sono diverse: l'uno è stato scelto dall'amministrazione affinchè presentasse la sua offerta, l'altro si è

insinuato nella procedura senza esservi stato chiamato.

6.9. In conclusione, l'operatore economico che, non invitato alla procedura di gara indetta ai sensi

dell'art. 36, comma 2, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, ne sia venuto a conoscenza e che abbia

presentato la propria offerta, è legittimamente escluso dalla stazione appaltante.

7. L'appello va, dunque, accolto e la sentenza di primo grado riformata con il rigetto del ricorso

introduttivo del giudizio proposto dalla Ab.So. del Comm. Geom. di Fr. Lo. & C. s.a.s..

8. La peculiarità della questione giustifica la compensazione delle spese del doppio grado del

giudizio.

P.Q.M.

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Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie

e, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, n. 397/18,

respinge il ricorso di primo grado proposto da Ab.So. del Comm. Geom. di Fr. Lo. & C. s.a.s..

Compensa tra tutte le parti in causa le spese del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2019 con l'intervento dei

magistrati:

Francesco Caringella - Presidente

Raffaele Prosperi - Consigliere

Valerio Perotti - Consigliere

Federico Di Matteo - Consigliere, Estensore

Alberto Urso – Consigliere

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ALLEGATO “ 4 a)”

Parcheggi pertinenziali per nuove costruzioni produttive.

Si è chiarito che, in assenza di precise disposizioni normative dello strumento

urbanistico, si deve osservare l’art. 41 sexies della legge 1150 del 42 così come

modificata dall’art. 2 della legge “Tognoli”, ovvero nella misura di 1 mq per ogni 10

mc. di nuova costruzione produttiva, poiché la norma richiamata non esclude

nessuna tipologia di edificio.

Nelle nuove costruzioni produttive (compreso gli ampliamenti), rientrano i

capannoni artigianali, industriali, agricoli, nonché gli immobili direzionali

commerciali, tenuto conto che, per questi ultimi, valgono anche le speciali norme

regionali per la dotazione delle aree a standard.

A questo proposito si precisa che i parcheggi pertinenziali (sia esterni che interni,

compresi quelli contenuti in apposite pertinenze chiuse), non si devono confondere

con gli “standard” che i PGT possono prevedere per l’assoggettamento all’uso

pubblico.

La consuetudine di determinare la dotazione dei parcheggi produttivi industriali o

artigianali, legati al calcolo della Slp per un’altezza di 3 metri non è legittimata da

nessuna disposizione legislativa o regolamentare, né tanto meno dalla

giurisprudenza amministrativa.

Val la pena regolamentare tale aspetto nel Piano delle Regole del PGT, così da

renderlo effettivamente efficace per l’applicazione della norma sopra citata, in

occasione della prima variante allo strumento urbanistico.

ALLEGATO “4 b)”

IAP – “Condizionati” e vincolo già esistente nel caso di ampliamento di immobili

destinati all’attività agricola, anche a carattere residenziale.

Nel caso in cui un soggetto si iscriva all’Albo degli IAP, è giusto che assumano uno

stato “condizionato” dal momento che non può dimostrare già da subito di

possedere i requisiti richiesti dalla norma.

Altra precisazione riveste un eventuale ampliamento degli immobili (produttivi e

residenziali) che lo IAP vuole realizzare, in presenza di un precedente vincolo di “non

edificazione”.

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Nulla vieta, infatti, che lo IAP, nel rispetto dei parametri di PGT, abbia la possibilità di

ampliare le attuali costruzioni su aree già, in parte vincolate.

Precisato che l’art. 60 della LR 12/05 stabilisce che “tale vincolo decade a seguito di

variazione urbanistica, riguardante l’area interessata, operata dal PGT”, nel

momento in cui sull’intera area agricola, compreso l’eventuale potenzialità agricola

concessa da altri proprietari di comuni contermini, consenta l’ampliamento,

secondo gli indici degli strumenti urbanistici in esame, sarà costituito il vincolo di

“non edificazione”, tenendo conto delle Slp (produttivo) e dei volumi (residenziale)

già realizzati e quelli nuovi da edificare, presentando inoltre, nello stesso atto di

vincolo, l’impegno al mantenimento della destinazione dell’immobile al servizio

dell’attività agricola.