Varanasi, India. Dove tutto risorge

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Yoga Maggio 2013

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Ogni viaggiatore ha i suoi clichè, salvo poi contraddirsi nella realtà. «L’India è un po-sto tranquillo - con la mia amica Wilma

atterriamo in una Delhi blindata per le manifestazioni contro la violenza di gruppo ai danni di una ragazza di 23 anni - il caldo è insopportabile (a gennaio la temperatura è come a Napoli d’estate e nelle case non c’è né riscaldamento né acqua calda). Non si può risparmiare più di tanto sugli alloggi (www.airbnb.com è arrivato anche qui, anche se gli annunci sono solo di uomini)». Sentivo, e in verità speravo, che inizia-re il nostro passaggio in India da Varanasi (l’antica Benares o Kashi) avrebbe capovolto molti stereotipi sul continente indiano. Come succede nel film “Holy Smoke” (Fuoco Sacro) in cui la regista Jane Campion racconta il viaggio di una casalinga australiana sulle tracce della figlia ribelle sedotta da un carismatico guru. Peccato che quando li trova è la ragazza ad aver plagiato il baba e non viceversa.

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viaggiindia

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Varanasi Dove tutto è vita

Un mondo a parte, dove il caos primordiale si ripete qUotidianamente da migliaia di anni

testi di Monica Piccini / foto di Wilma Massucco

Sotto. vista dal gange della sponda occidentale della città, con palazzi, ghat (scalini che scendono fin dentro il f iume) e barche.In basso a destra. religioni a con-fronto: un monaco buddhista e un sadhu (asceta induista).

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Arrivato adolescente 30 anni fa come volon-tario delle suore di Madre Teresa di Calcut-ta, Stefano ha conosciuto sua moglie, Vrinda, al l’Università di Delhi. Oggi lavorano nella cooperazione internazionale e hanno tre figli dagli 11 ai 30 anni, tutti più o meno residenti a Varanasi. Nel luogo che i turisti occidentali in-dicano come “l’India dura e pura” cui dedicare pochi giorni di permanenza. Troppo faticosa, troppo estraniante. E questo è il suo bello. Va-ranasi è la città più originale del Paese: la vita di tutti i giorni, dall’alba al tramonto, si svolge sui suoi ghat, i gradini che scendono fin dentro al fiume Gange. Gli uomini si dedi-cano alle abluzioni, rimanendo spesso meno che in mutande, le donne vestitissime lavano chilometrici sari e li stendono ad asciugare al sole, i bambini giocano allo sport nazionale, il cricket, chiedono soldi e con gesti secchi e ripetuti fanno volare gli aquiloni i cui fili di nylon ti si attorcigliano alle caviglie quando passeggi sui circa tre chilometri pedonali di lungo fiume. Per le preghiere serali l’appun-tamento è al ghat Dasaswamedh (i nomi dei ghat sono scritti sui palazzi) dove su sottofondo di canti trasmessi dagli altoparlanti, i brahmini danzano tenendo in mano sculture di luce.

Welcome to varanasiLo stesso effetto sorpresa fa di Varanasi la capitale del fascino e del mistero indiano. La città sacra degli indù, per esempio, pur non van-tando monumenti illustri, è meta ogni giorno di migliaia di pellegrini. È il più grande luogo di cremazione dell’India e ciò nonostante la morte non è vissuta come qualcosa di tragico o doloroso. È una città (nello Stato dell’Uttar Pradesh a nord) da più di un milione di abitan-ti in cui volendo si può fare a meno dei “tuc tuc”, taxi ape, per giorni. È sporca, poiché i rifiuti si buttano in strada e si raccolgono solo all’alba del giorno dopo, e spirituale insieme. «Ci sono molti livelli per conoscere la città più anticamente abitata del Pianeta, da quello turistico al mistico», ci accoglie dicendo Ste-fano De Santis, fondatore di Kautilya (www.kautilyasociety.com) la guest house dell’omonima organizzazione no profit che promuove il dialo-go e l’integrazione fra culture diverse. E anche tra differenti forme di vita, vien da pensare, leggendo il cartello appeso in bacheca in cui si avvisa che gli ospiti di questa tipica residenza con vista sul Gange sono tutti una sola famiglia (ragni, topi e scarafaggi compresi).

Sopra. scorci di vita quotidiana lungo la riva sacra del gange: chi prega, chi si riposa, chi guarda e chi fa le abluzioni ( foto a destra ) .

In basso a destra. quel che resta delle barelle di bambù su cui sono trasportati i morti al luogo delle cremazioni.

la morte è vissutacome una liberazioneOgnuno dei presenti può comprare una can-delina a simbolo dei propri desideri, da fare galleggiare sul Gange (che qui viene declinato al femminile, “Ganga” o “Madre Ganga”). Più la corrente del fiume porta lontano queste pre-ghiere e più possibilità avranno di av verarsi. Proseguendo lungo il fiume verso nord, ovvero verso il ponte inglese per intenderci, si incontra il Manikarnika Ghat. L’unico punto della riva occidentale del Gange (quella orientale non è sacra, per questo è sempre deserta e priva di umanità) dove il buio non esiste mai, rischia-rato dal fuoco eterno delle cremazioni che bruciano ininterrottamente. Sulla sabbia ci sono infinite pire di legna accese con quel che resta dei cadaveri cremati ricoperti da drappi bianchi, oltre ai corpi dei defunti adagiati su barelle di bambù in attesa del loro turno. Tut-t’intorno i parenti maschi assistono pazienti, mentre le donne, almeno in questa ultima fase, sono tenute lontane: potrebbero commuoversi. Un segno di rispetto (non si capisce bene) se nei confronti del morto, di chi è più sofferente o della situazione veramente molto composta.

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Ufficio Nazionale Turismo Indianotel. 02/804952

www.indiatourismmilan.com

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Non senza un perchè. Morire a Varanasi (Be-nares) secondo la religione induista garan-tisce il massimo beneficio, quello di venire accompagnati dal dio Shiva verso la moksha ( l’unione con il divino) riuscendo così a libe-rarsi una volta per tutte dal ciclo karmico di nascita e rinascita, fonte di sofferenza. Da qui è impossibile andare all’inferno così come rinascere nuovamente. Ecco il motivo per cui migliaia di persone da Jaipur o Chennai ven-gono a finire i loro giorni proprio a Varanasi, appena in tempo per essere cremati (70mila corpi l’anno) e per far disperdere le proprie ceneri in queste acque placide sotto gli occhi dei passanti. La cosa incredibile è che chiun-que può assistere, pregare, ma anche fare tutt’altro. È vietato solo scattare foto. Con il viso accaldato, schivando un cane che giron-zolava tra le cataste di legno ho approfittato anche io di questo rituale liberatorio. Fissando il viso di una donna di mezza età, con il corpo interamente ricoperto di fiori, ho celebrato un personale saluto a mia mamma morta qualche anno fa in una fredda stanza di ospedale. Tra i l fuoco e l’acqua, tra la speranza di non tornare a soffrire e l’abbraccio di Shiva , divinità simbolo dell’energia creativa.

il bagno purificatoreCoreani con la mascherina a proteggersi da chissà cosa, israeliani in vacanza dal servizio militare, spagnoli capaci di spendere in un an-no quel che in patria guadagnano in un mese. Nessuno dei turisti che passa la giornata sui caratteristici ghat, si sognerebbe mai di fare i l bagno nel Gange. Come invece fanno le migliaia di indiani che ogni giorno si accalcano sulle barche che navigano lente sul fiume. Il bagno nel fiume sacro ha un effetto miraco-loso, quello di purificare tutti i peccati. La procedura non è immediata: prima di entrare in uno dei fiumi più inquinati al mondo biso-gna recarsi in un tempio (in città ce ne sono 1500) e scegliere un brahmino che si impegni, a fronte di un contributo economico, a ripulire il karma negativo. Decise a migliorare la nostra vita anche io e Wilma ci siamo messe in fila. Il nostro “prete” non ha granché di spirituale, a parte l’abbigliamento: una coperta di lana cotta sulle spalle. Per 700 rupie (10 euro) agita sulle nostre spalle una specie di mattarello di corda intrecciata, recita dei mantra sottovoce e a conferma dell’avvenuta purificazione ci lega al polso un braccialetto colorato.

Dopo non resta che attraversare gli stretti vi-coli della città vecchia (che di notte fanno da amplificatore all’abbaiare di cani randagi), fare la gimkana tra moto trifamiliari, risciò a peda-li, scimmie e barelle, fino in riva al Gange per l’immersione, testa compresa. Io non ne ho intenzione, soprattutto per il clima non proprio estivo. Wilma, invece, culla l’ipotesi fino alla vigilia del ritorno. Quando finalmente decide di farlo, si accorge che il volo per Delhi è fissato per le 8 di mattina del giorno dopo. Decisa a lasciare andare i blocchi del passato è, quin-di, costretta a svegliarsi alle 5 e incamminarsi al buio (di notte non c’è illuminazione) verso il ghat più vicino. Un indiano la tiene gentilmente per mano per via del fondo scivoloso. Quando mi racconta la sua avventura non mi trattengo dal sorridere, al pensiero di quando tre giorni prima, guardando per aria, aveva pestato la cacca di una vacca (sacra come il fiume). Si era lavata la suola nel fiume, mentre una vecchietta la additava per oltraggio alla religione. Per for-tuna il bagno non ha avuto controindicazioni per la salute della mia amica. C’è chi dice che l’enorme tasso di argilla in esso contenuto lo rende inoffensivo. Magari bastasse un tuffo per la trasformazione del karma.

Sopra. dopo il bagno nel gange: un vecchio sadhu si asciuga prima di rivestirsi (gli abiti sono nel sacchetto di plastica).

Sopra. il bucato di un’intera famiglia steso all’aria nei pressi della riva del fiume.

Dove alloggiare Ganges Viewassi ghat, varanasi

www.hotelgangesview.com

il “quasi lussuoso” hotel amato da tiziano terzani

è uno dei pochi ad affacciarsi sul gange. le stanze

sono arredate in stile coloniale, alcune più belle e

silenziose, altre meno. atmosfera d’altri tempi e

posizione incantevole. costo di una camera doppia

con colazione circa 80 euro. ma, se lo chiedete, il

proprietario è disponibile a uno sconto.

Kautilya Society Residenced 20/21, munshi ghat, old varanasi

www.kautilyasociety.com

molto più di un alloggio, una comunità di viag-

giatori, su tre piani con una terrazza vista fiume

per scambiarsi opinioni e una cucina in cui si può

cucinare per sé. la stanza (colazione e cena) costa

6-14 euro per notte, in base a tipologia, bagno più o

meno condiviso e periodo dell’anno.

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Sotto. Un uomo si è cosparso il capo con l’argilla contenuto nelle acque del gange.

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