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Vanzulli Laura

INFORMATICA NEI PAESI EMERGENTI O PER I PAESI

IN VIA DI SVILUPPO:L’INDIA

Didattica della MatematicaProf. Lariccia Giovanni

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STORIA DELL’INDIA

LE PRIME POPOLAZIONI:I PROTO-AUSTRALOIDII primi uomini capaci di sviluppare una certa civiltà, seppur primitiva, nell'area indiana sembrano essere popolazioni proto-australoidi organizzate in piccoli gruppi a loro volta uniti in tribù e che vivevano di caccia e raccolta nella foresta. I loro discendenti sono quelli che gli Hindu chiamano Adivasi. Presso queste antiche tribù pare vigesse il matriarcato . La religione di queste popolazioni era basata sull'animismo e su un continuo rapporto con la natura. Questi primi abitanti, che parlavano una lingua di tipo Munda, furono scacciati dagli invasori successivi e si ritirarono nelle foreste e sulle montagne dove vivono ancora oggi, lasciando comunque un'importante influenza sulle successive civiltà.

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LA SECONDA CIVILTA’ INDIANA: I DRAVIDI

Popolo brachicefalo, di colore scuro, capelli neri e lisci, parlante lingue agglutinanti si diffuse in India accanto alle popolazioni munde. A loro si deve nel III millennio a.C. lo sviluppo della cosiddetta Civiltà della valle dell'Indo: tale civiltà sviluppò una religione che, per vari aspetti, mostra una stretta parentela col successivo Induismo.

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LA TERZA CIVILTA’ INDIANA: GLI ARII

Popolazioni di lingua indoeuropea che vivevano approssimativamente nella regione compresa tra il Mar Nero e il Mar Caspio furono costrette ad abbandonare le loro terre, probabilmente in seguito ad un disastro naturale (ondate di gelo, malattie, siccità…) o sotto la pressione di altre popolazioni, e a sospingendosi verso meridione propagandosi gradualmente in ogni direzione. Si stima che queste tribù, gli indoarii, o più semplicemente gli arii (Arya), giunsero nel subcontinente indiano attraversando i passi montani dell'Hindukush (nord-est dell'Afganistan) in un periodo compreso tra il 1600 e il 1500 a.C.

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L’INDIA CONTEMPORANEA:DAL 1947 A 0GGI.

Dopo la conquista delle dinastie turco-afgane e il loro stabilirsi nella pianura gangetica, nel corso del XIV e XV secolo, il sub-continente subì una frammentazione tra i sultanati del nord e i regni del Deccan. Al sud, invece, fu il regno di Vijayanagar ad essere protagonista indiscusso della scena politica, regno che abbagliò i primi navigatori portoghesi per lo splendore della città e i fasti dell’esercito.Sulla costa ovest della penisola, gli stati del Malabar conobbero la nascita di una classe mercantile molto attiva nel traffico delle spezie nell’oceano Indiano, in particolare del pepe e dello zenzero. Sull’altra costa, la dinastia dei Gajapati (maestri di elefanti) portò l’Orissa, oggi uno degli stati più poveri dell’India, all’apice della sua potenza tra il 1435 e il 1568, grazie alle culture del riso, della canna da zucchero, delle spezie e del sale. Fu proprio questa l’India che attirò sul suo suolo i mercanti stranieri, dapprima arabi e successivamente europei.

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Con l’arrivo degli inglesi l’India conobbe due fasi distinte. La prima (1757 – 1858) fu la fase della East India Company: il ristagno agricolo, combinato ad un aumento accelerato della popolazione, si nutrì dell’instabilità amministrativa dato che la nuova potenza s’interessò essenzialmente all’esportazione delle ricchezze commerciali del paese. La seconda fase (1858 – 1947), cominciò con l’estensione del dominio britannico al sub-continente per concludersi con la partizione del 1947. Mentre l’artigianato e la piccola industria rurale sparivano di fronte alla concorrenza della grande industria sviluppata in un primo momento dai britannici, le comunità mercantili indiane come i Parsi, i Banya del Gujarat, i Marwari cominciarono ad accumulare dei grossi capitali e una capacità tecnica che permise loro di prendere progressivamente l’ascendente economico sui colonizzatori.

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Dopo la seconda guerra mondiale, per merito della lotta non violenta del Mahatma (grande anima) Gandhi, l’India conquistò l’indipendenza, ma si divise in Pakistan (mussulmano) ed India (a maggioranza Indù, ma con un 13% di mussulmani).

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Il governo Indiano ha ricoperto, e ricopre tutt'ora, un ruolo fondamentale per il boom dell’Information Technology grazie ai sostanzioni incentivi economici profulsi in questi anni. Il primo ministro indiano, Atal Behari Vajpayee, ha costituito nel 1998 una Taskforce nazionale dedicata allo sviluppo delle tecnologie informatiche. Dal 1998 ad oggi l’industria dell’hardware e del software è in continua crescita. Questa tecnologia serve al paese per risollevare la propria economia e per entrare a tutti gli effetti nel mercato globale dell'Informatica.

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Secondo alcune fonti americane il volume annuale delle esportazioni di software dall’India si aggira intorno al miliardo di dollari l’anno, se si pensa che l'India per molti aspetti è ancora in via di sviluppo.

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L'EMBARGO ECOMICO E LA DOPPIA FACCIA DELLA MEDAGLIA

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Il dinamismo dell’India e la sua capacità di raggiungere, in tempi brevi, grandi risultati nel campo dell’informatica sono stati d’aiuto anche in momenti difficili come quello dell’embargo economico imposto dagli Stati Uniti. A causa dei test nucleari portati avanti da India a Pakistan, gli USA decisero di sanzionare i due paesi con un embargo economico delle tecnologie che sarebbero servite all’India per alimentare le ricerche sul nucleare. Questo provedimento sortì l'effetto contrario, dal quel momento l'India non potendo più contare sull'importazione decise di sviluppare in maniera autonoma i Software.

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Da una restrizione dunque scaturì un grande sviluppo. Ed è così che le aziende di informatica dei paesi occidentali, hanno cominciato a guardare all’India come ad un nuovo possibile mercato.

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L'INDIA ENTRA NEL MERCATO GLOBALE

E così l'India comincia ad entrare nell'orbita delle grandi case produttrici che iniziano ad investire in questo paese. A Calcutta e New Delhi nascono le prime succursali di Ibm, HP, Texas Intruments, Computer Associates. Ma il vero cuore dell'Informatica Indiana si sviluppa a Bangalore, più comunemente conosciuta come la Silicon Valley indiana.

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PROGETTO "One Laptop Per Child"

Grazie al progetto "Un computer per ogni bimbo",l'India ha presentato il suo pc da 8 euro prodotto nei laboratori universitari di Chennai e Bangalore che verrà messo in commercio tra qualche mese.Il computer fa parte di un progetto dal più ampio respiro, messo in cantiere dal governo indiano per rilanciare le tecnologie in ambito educativo, con un miglioramento delle infrastrutture e delle proposte di e-learning.

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Per la sua demografia e per il progressivo e rapido inserimento nelle rotte del commercio globale, l'India è uno dei mercati di riferimento di qualsiasi progetto di alfabetizzazione tecnologica su larga scala. Un mercato che le aziende occidentali, sempre a caccia di nuovi territori d'espansione, ora rischiano di vedersi contendere da una concorrenza locale agguerritissima. Non a caso, l'iniziativa del pc a cinquecento rupie è stata lanciata ufficialmente dal governo indiano proprio come una risposta nazionale al "computer da 100 dollari" di Negroponte.

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Il PC (very) low-cost è stato chiamato in codice Rs 500. Rs 500 è dotato di 2 GB di RAM, connettività Wi-Fi ed Ethernet. L’iniziativa è stata patrocinata da un gruppo di studenti del Vellore Institute of Technology di Bangalore, che hanno voluto rispondere così allo scetticismo che il governo indiano ha mostrato in merito al progetto One Laptop Per Child di Nicholas Negroponte.

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SOFTWARE GRATUITI NELLE SCUOLE

L'India rilancia le applicazioni libere ribadendo l'impegno della nazione per il pluralismo informatico. A partire dal 2008 in tutte le scuole secondarie indiane è stato imposto l'uso di software libero. Il ministero dell'istruzione ha indicato in Linux il sistema operativo su cui basare lo svolgimento pratico degli esami della scuola secondaria, ed ha avviato inoltre una serie di iniziative per promuovere il software libero nel paese.Che l'India sia uno dei principali produttori di software al mondo, è cosa nota, meno noto che la nazione asiatica sia anche tra i principali promotori e sviluppatori di prodotti a codice aperto.

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CONCLUSIONE

Nonostante l’India sia stata in grado di sviluppare in maniera autonoma una sua industria tecnologica e sia diventata un punto di riferimento per il mercato dell’It, avrà sempre bisogno di un dialogo con l'occidente. E’ per questo che la recente ripresa della sperimentazione di missili in grado di trasportare testate nucleari non favorisce certo questo tipo di dialogo. L’India ha bisogno dell'aiuto sia dei paesi dell'occidente che degli altri paesi asiatici come Giappone e Pakistan. E' importante che il successo del boom tecnologico non resti un caso isolato, partendo innanzitutto dalla formazione di una nuova generazione di tecnologi ed evitare che i capitali dell’occidente migrino verso altri paesi.

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