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1 TITOLO: La valutazione della dirigenza nelle aziende sanitarie quale strumento di valorizzazione delle risorse umane: l’esperienza della ASL Avellino 2. Introduzione Il contesto attuale risulta caratterizzato da una forte richiesta di trasparenza e di affidabilità nella gestione dei servizi ed un forte desiderio di apprendere a gestire gli strumenti di intervento disponibili. Perciò si pone in primo piano l’esigenza di valutare l’efficacia e i risultati delle politiche e dei programmi, a cui, però, spesso non corrisponde un’adeguata conoscenza dei metodi e una soddisfacente creatività negli approcci. E le ragioni di questi problemi sono sia culturali che organizzative. L’analisi del processo evolutivo che ha riguardato i sistemi di valutazione nell’ambito della pubblica amministrazione, mette in evidenza un quadro normativo di riferimento, anche abbastanza completo, che stabilisce principi ma difficilmente spinge ad agire; la prevalenza dell’osservanza della norma, e non la reiterazione e condivisione della procedura; un certo ritardo nell’applicazione dei criteri di efficacia, efficienza e economicità dei programmi nei processi decisionali o gestionali pubblici, che ha reso nel tempo più difficile l’accumulo delle conoscenze e la capacità di padroneggiare i processi sociali. Favorire la cultura della valutazione, condizione imprescindibile perché si possa lavorare nell’ottica del miglioramento dei processi, significa dunque: far crescere la sensibilità politica alla valutazione, assumere un atteggiamento antiideologico e antiaprioristico (“le cose vanno male ma la riforma cambierà tutto” o “le cose vanno male, ma non c’è nulla da fare”), abituarsi a ricercare l’efficacia delle azioni e l’efficienza delle amministrazioni (quali problemi possono essere affrontati, quali soluzioni possono essere trovate in base all’esperienza accumulata, confrontare i risultati ottenuti con gli obiettivi attesi, utilizzare bene ciò che esiste prima di cambiare), abituarsi a valutare e ad essere valutati. La valutazione deve aiutare a capire dove è necessario intervenire, dove e cosa si può migliorare, dove non si può più tollerare un cattivo funzionamento; in quanto tale è uno strumento di aiuto alla decisione e al buon uso delle risorse. Spesso però il concetto di valutazione è stato avvicinato a quello di controllo e questo per effetto soprattutto della nostra cultura giuridica, a cui è estranea l’idea che una azione pubblica possa essere giudicata in base ai risultati che ha potuto ottenere nell’affrontare problemi e trovare soluzioni, mentre è pervasiva l’idea che occorra giudicare solo in base alla sua corrispondenza o meno alla prescrizione della norma. Così mentre gli attori sociali e istituzionali si sono abituati ai controlli di legittimità, li temono ma si sono anche abituati ad aggirarli, ben poche energie si dedicano ad attività di valutazione che invece dovrebbero abituare a far emergere in quali condizioni concrete è possibile ottenere ciò che si persegue e dovrebbero quindi premiare il risultato ottenuto e/o aiutare ad ottenerlo. Altro punto debole del processo valutativo è il monitoraggio, la lettura cioè della raccolta costante e organizzata del flusso di informazioni su ciò che avviene all’interno delle amministrazioni erogatrici di servizi e implementatici di programmi per tenere sotto

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TITOLO: La valutazione della dirigenza nelle aziende sanitarie quale strumento di valorizzazione delle risorse umane: l’esperienza della ASL Avellino 2. Introduzione Il contesto attuale risulta caratterizzato da una forte richiesta di trasparenza e di affidabilità nella gestione dei servizi ed un forte desiderio di apprendere a gestire gli strumenti di intervento disponibili. Perciò si pone in primo piano l’esigenza di valutare l’efficacia e i risultati delle politiche e dei programmi, a cui, però, spesso non corrisponde un’adeguata conoscenza dei metodi e una soddisfacente creatività negli approcci. E le ragioni di questi problemi sono sia culturali che organizzative. L’analisi del processo evolutivo che ha riguardato i sistemi di valutazione nell’ambito della pubblica amministrazione, mette in evidenza un quadro normativo di riferimento, anche abbastanza completo, che stabilisce principi ma difficilmente spinge ad agire; la prevalenza dell’osservanza della norma, e non la reiterazione e condivisione della procedura; un certo ritardo nell’applicazione dei criteri di efficacia, efficienza e economicità dei programmi nei processi decisionali o gestionali pubblici, che ha reso nel tempo più difficile l’accumulo delle conoscenze e la capacità di padroneggiare i processi sociali. Favorire la cultura della valutazione, condizione imprescindibile perché si possa lavorare nell’ottica del miglioramento dei processi, significa dunque: far crescere la sensibilità politica alla valutazione, assumere un atteggiamento antiideologico e antiaprioristico (“le cose vanno male ma la riforma cambierà tutto” o “le cose vanno male, ma non c’è nulla da fare”), abituarsi a ricercare l’efficacia delle azioni e l’efficienza delle amministrazioni (quali problemi possono essere affrontati, quali soluzioni possono essere trovate in base all’esperienza accumulata, confrontare i risultati ottenuti con gli obiettivi attesi, utilizzare bene ciò che esiste prima di cambiare), abituarsi a valutare e ad essere valutati. La valutazione deve aiutare a capire dove è necessario intervenire, dove e cosa si può migliorare, dove non si può più tollerare un cattivo funzionamento; in quanto tale è uno strumento di aiuto alla decisione e al buon uso delle risorse. Spesso però il concetto di valutazione è stato avvicinato a quello di controllo e questo per effetto soprattutto della nostra cultura giuridica, a cui è estranea l’idea che una azione pubblica possa essere giudicata in base ai risultati che ha potuto ottenere nell’affrontare problemi e trovare soluzioni, mentre è pervasiva l’idea che occorra giudicare solo in base alla sua corrispondenza o meno alla prescrizione della norma. Così mentre gli attori sociali e istituzionali si sono abituati ai controlli di legittimità, li temono ma si sono anche abituati ad aggirarli, ben poche energie si dedicano ad attività di valutazione che invece dovrebbero abituare a far emergere in quali condizioni concrete è possibile ottenere ciò che si persegue e dovrebbero quindi premiare il risultato ottenuto e/o aiutare ad ottenerlo. Altro punto debole del processo valutativo è il monitoraggio, la lettura cioè della raccolta costante e organizzata del flusso di informazioni su ciò che avviene all’interno delle amministrazioni erogatrici di servizi e implementatici di programmi per tenere sotto

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controllo continuo il raggiungimento di determinati indicatori di processo o di risultato, non sempre e sistematicamente garantito. Non è possibile, ancora, valutare senza prima verificare, assumere cioè misure utilizzabili e ripetibili quando si mettono a confronto risultati attesi e risultati ottenuti. La verifica quindi è un metodo e una strategia per garantire basi oggettive a decisioni che comunque investono la soggettività e le responsabilità professionali, gestionali istituzionali e proprio per questo richiede di caratterizzare i problemi, gli interventi, le risorse, gli stessi risultati sotto forma di fattori osservabili, cioè tali da poter essere descritti, misurati e trattati in rapporto fra loro. Il processo di valutazione, e questo è ancor più vero in ambito sanitario, deve avvalersi necessariamente dei risultati del lavoro di verifica per gestire in modo rigoroso, sulla base di criteri espliciti, i giudizi e percorsi di decisione che dipendono dai soggetti coinvolti e dalle loro responsabilità. La valutazione in questo modo prepara decisioni che interpellano e responsabilizzano le parti in gioco. Facilita le successive operazioni quali, ad esempio:

� La selezione degli obiettivi � La selezione delle attività � La loro distribuzione nel tempo � L’interazione tra i soggetti interessati � Il reperimento e l’organizzazione delle risorse � La selezione degli indicatori.

Ed il lavoro di verifica scorre in parallelo con l’intervento e con le operazioni di valutazione.

Sono queste le basi teoriche e metodologiche che hanno ispirato il lavoro di costruzione ed impianto del processo valutativo nell’ambito dell’Azienda Sanitaria Locale Avellino 2.

Il nuovo ruolo della dirigenza pubblica

La dirigenza è retta da una specifica disciplina legislativa e contrattuale, che la distingue dal resto del personale professionale, in quanto essa rappresenta il fondamentale momento di collegamento tra politica e amministrazione.

Fino agli anni settanta ai titolari burocratici degli uffici amministrativi non era concesso nessun margine di autonomia; infatti, agivano sempre ed esclusivamente per conto dell’organo di direzione politica. Tale sistema fortemente burocratizzato finì per entrare in crisi con l’incrementarsi delle funzioni amministrative, in quanto l’organo politico non si configurava più in grado di controllare le decisioni assunte dagli apparati posti alle sue dipendenze; inoltre, il raggiungimento degli obiettivi non influiva in alcun modo sul rapporto di lavoro dei funzionari di vertice.

Con il DPR n.748/1972, si diede vita ad un nuovo ceto dirigenziale dotato di autonomi poteri propulsivi di coordinamento, di indirizzo e di gestione rappresentativa presso terzi

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relativamente agli atti di propria competenza con correlata responsabilità per i risultati negativi del proprio operato.

L’esito della riforma del’72 fu, però, fallimentare a causa della perdurante ingerenza degli organi di governo politico nella sfera di competenza riservata ai dirigenti e della inadeguatezza dei meccanismi di selezione e formazione del ceto dirigenziale.

Si rese, così, necessario un processo di riqualificazione in termini manageriali del ruolo dirigenziale in modo tale che potessero essere effettivamente garantiti gli obiettivi di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza dell’azione amministrativa.

Il Dlgs n. 29/1993, operò una netta separazione tra competenze di gestione amministrativa riservate alla dirigenza e competenze di programmazione, indirizzo e coordinamento attribuite agli organi di vertice politico.

La riforma fu volta non solo a rendere più netta e puntuale la separazione tra politica ed amministrazione, ma anche a valorizzare ed incentivare la professionalità e la managerialità di una classe dirigenziale più preparata e più responsabile, operante in un contesto organizzativo ristrutturato e razionalizzato secondo canoni di ispirazione aziendalistica.

La dirigenza finì, così, con l’assumere un ruolo centrale nell’organizzazione degli uffici e nella gestione delle risorse economiche ed umane; ad essa furono assegnate degli obiettivi e per il mancato conseguimento degli stessi incorreva in responsabilità.

Il dirigente rispondeva non solo dell’attività tecnica (medica, amministrativa, professionale, economica) connessa alla sua qualifica, ma anche delle modalità di utilizzo delle risorse umane e finanziarie per il raggiungimento degli obiettivi.1

La riforma del’93, previde, almeno in embrione, l’insieme dell’attività di controllo interno tese al monitoraggio e alla valutazione dei costi, rendimenti e dei risultati delle attività svolte dalla PA. Si configurava, però, come un sistema di valutazione fortemente burocratizzato che non teneva conto dell’impatto positivo che un corretto meccanismo di valutazione poteva avere ai fini dello sviluppo dei processi di miglioramento organizzativi. Inoltre, era data scarsa importanza agli incentivi non di carattere monetario, e poca attenzione alla valorizzazione e promozione dei comportamenti organizzativi.2

L’articolo 20, comma II del Dlgs. n. 29/1993 e l’art. 3 comma VI del Dlgs 502/1992, così come modificato dal Dgls n. 517/1993 attribuirono al nucleo di valutazione compiti molto ampi, che andavano dalla valutazione dei risultati aziendali alla valutazione del personale.

Le funzioni del nucleo erano quelle di guida, influenza ed interpretazione degli accadimenti aziendali e non di ispezione dei risultati aziendali.

Un sistema più evoluto di controllo interno in grado di consentire il completo coinvolgimento di ciascun dirigente nello sviluppo e nell’attuazione delle politiche aziendali è stato realizzato solo con il Dlgs n. 286/1999. Con la normativa in questione il governo ha dettato norme per il riordino ed il potenziamento dei meccanismi e degli 1 Rocco Galli, “Il pubblico impiego” in Corso di Diritto amministrativo ,Cedam 2004, pag. 451 2 Renato Mele, Paola Adinolfi, “Elementi di Management Sanitario, Organizzazione e gestione delle risorse umane”, Kastalia editore pag.232

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strumenti di monitoraggio e di valutazione di costi, rendimenti e risultati nelle attività delle pubbliche amministrazioni. La materia dei controlli interni risulta così articolata nelle quattro seguenti aree:

-Controllo di legittimità e di regolarità amministrativa e contabile -Valutazione e Controllo strategico -Controllo di gestione -Valutazione dei dirigenti. Il decreto, che può essere considerato, nel panorama della legislazione italiana, la

direttiva più importante sulle procedure di valutazione, ha posto un sistema di controllo tecnico aziendalistico, volto a verificare gli eventuali scostamenti dalle direttive impartite, dagli obiettivi prefissati o dai risultati di gestione attesi dai programmi e dai piani. Le aziende nell’ambito della loro autonomia debbono dotarsi di strumenti adeguati a garantire legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa (controllo di regolarità amministrativa e contabile); verificare efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa al fine di ottimizzare il rapporto costi/risultati (controllo di gestione); valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale(valutazione della dirigenza); valutare l’adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell’indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti (valutazione e controllo strategico).

L’accertamento dei risultati negativi della gestione o del mancato raggiungimento degli obiettivi posti è l’esito di un procedimento di valutazione annuale, svolto in contraddittorio con il dirigente valutato e compiuto sulla base dei risultati sia del controllo di gestione, sia della valutazione del controllo strategico.3

In base all’art. 5 del Dlgs n. 286/1999, il procedimento di valutazione oltre a prevedere la partecipazione del valutato, si svolge in due momenti successivi:

1) una proposta di valutazione fornita da un organo che abbia diretta conoscenza dell’attività del valutato (valutazione di prima istanza);

2) una approvazione o verifica della proposta adottata dall’organo competente (valutazione di seconda istanza).

L’organo di valutazione di prima istanza, costituito con la presenza del dirigente sovraordinato al dirigente valutato, deve avere diretta conoscenza delle attività svolte dal valutato. Il valutato, a garanzia della correttezza del procedimento valutativo, deve partecipare al procedimento fin dalla fase iniziale dello stesso, fase che si identifica nella negoziazione degli obiettivi e degli indicatori utili a valutare, poi, il grado di raggiungimento degli obiettivi medesimi. L’accertamento della responsabilità dirigenziale a seguito dei procedimenti di valutazione, prima della formulazione del giudizio negativo, deve essere preceduto da un contraddittorio nel quale devono essere acquisite le controdeduzioni del dirigente valutato anche assistito da una persona di fiducia. L’esito

3 Elio Casetta, “L’organizzazione amministrativa” in Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè 2001, pag 146

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negativo del procedimento di valutazione comporta per il dirigente l’impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale.

L’attività di valutazione definitiva del dirigente è svolta da strutture e soggetti che rispondono a dirigenti posti al vertice dell’unità organizzativa interessata.

La valutazione del dirigente cosiddetto di vertice, che nel caso delle Asl corrisponde al Responsabile di Dipartimento, viene fatta direttamente dall’organo di vertice politico-amministrativo sulla base degli elementi forniti dall’organo di valutazione e controllo strategico che opera in posizione di staff del Direttore Generale.

Il procedimento valutativo utilizza anche il risultato del controllo di gestione, ma è svolto da strutture o soggetti diversi da quelli cui è demandato il controllo di gestione medesimo.

Con il Dgls. 286/1999, il nucleo di valutazione, posizionandosi a livello di staff, quindi, al di fuori dei dirigenti operatori costituisce una interessante opportunità per le Aziende Sanitarie per governare la complessità del settore sanitario.

In particolare, il contributo del nucleo può concretizzarsi nello sviluppo di un sistema di attribuzione di punti da correlarsi al peso attribuito alle posizioni dirigenziali e all’elaborazione di meccanismi di premi/sanzioni collegati agli obiettivi contrattati tra dirigenti e comitato di budget, previo consenso dell’alta direzione e secondo alcuni del nucleo stesso.

Il nucleo di valutazione è, pertanto, la struttura deputata a costruire il percorso valutativo attraverso il quale si dovranno liquidare le quote incentivanti ai singoli componenti dell’equipe.

A questo punto è utile sottolineare che i c.c.n.l. 1998/2001 dei dirigenti attribuiscono, coerentemente rispetto al Dlgs. 286/99, al nucleo di valutazione la valutazione dei risultati conseguiti dai singoli dirigenti ai fini della retribuzione dei risultati e la verifica annuale dei risultati di gestione dei dirigenti di struttura complessa ed anche di struttura semplice ove sia attribuita la responsabilità di gestire le risorse.

Spetta poi al nucleo quale organo di valutazione di seconda istanza il controllo del rispetto delle regole e della correttezza del processo di valutazione; infine, la composizione del nucleo è strettamente dipendente dal ruolo ad esso attribuito.

Si richiede imparzialità valutativa e competenza a tali soggetti, pertanto, la scelta non potrà che ricadere sulle professionalità rilevanti presenti in azienda che svolgono funzioni di coordinamento integrate con consulenti esterni ed indipendenti esperti nelle aree in cui insiste il nucleo.4

4 Luigi Quagliata, Stefano Lorusso, “L’incentivazione per obiettivi: una logica perseguibile nella sanità” in Sanità pubblica e privata n.10/03, Maggioli edit. Pag.15

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La valutazione dei dirigenti nelle aziende sanitarie La valutazione come necessità

Nel 1993, il Governo degli Stati Uniti ha avviato la politica del “Reinventing Government”, orientata ad una Pubblica Amministrazione in grado di assumere comportamenti imprenditoriali. Il nuovo modo di vedere la PA si è diffuso rapidamente in tutto il mondo.

In particolare, la “Reinvention” suggerisce di ridistribuire più correttamente le risorse, anche mediante ricerche di benchmarking tra amministrazioni, ma anche attuando interventi finalizzati a migliorare l’efficienza, l’efficacia e l’economicità dell’attività amministrativa. Nondimeno, è importante ricordare che la “Reinvention” richiede di focalizzare l’attenzione e gli sforzi sui risultati (controlli di efficienza ed efficacia), anziché sulle regole (controlli di legittimità).

In Italia, all’inizio degli anni ’90, sono stati adottati numerosi provvedimenti che hanno finito per investire anche il settore della Sanità Pubblica.

I notevoli cambiamenti introdotti nel 1992 con l’aziendalizzazione hanno dato luogo ad una piena valorizzazione delle risorse umane. Inoltre, il processo di “privatizzazione del pubblico impiego (dlgs 29/93)” ha introdotto maggiore flessibilità nella gestione del personale.

L’intento del legislatore, che si esaurisce ormai in un cospicuo numero di norme, peraltro spesso novellate, rischia di vanificarsi se i contenuti delle stesse non saranno correttamente assimilate, in primo luogo dai dirigenti delle amministrazioni pubbliche e, a maggior ragione, dai dirigenti del Sistema Sanitario Nazionale.

Una compiuta comprensione dei processi di valutazione dei dirigenti implica dunque, necessariamente, una corretta interpretazione del ruolo ad essi assegnato nel contesto del complesso processo di “Reinventing Government”.

La valutazione può trasformarsi, mediante un processo di feedback, in un importante strumento di miglioramento: è la base su cui edificare e realizzare efficacemente il “cambiamento”.

Il desiderio di essere valutati è istintivo, ancorché sia innegabile l’esistenza di una sorta di conflitto tra tale desiderio e il timore della valutazione. Tale motivazione (in entrambe le componenti, desiderio e timore) diviene ancora più intensa nel momento in cui la “performance” è correlata ad una qualsiasi forma di gratificazione, non necessariamente economica. Le resistenze ad una concreta ed efficace fase applicativa della valutazione dei dirigenti sono da ricercare prevalentemente in tale conflittualità.

La questione è pertanto principalmente culturale, in un contesto in cui dovrebbero essere coinvolte innanzitutto le direzioni politico-strategiche delle pubbliche amministrazioni, che sembrano spesso le prime a non credere alle potenzialità della valutazione, in genere, ma soprattutto allorché riferita alla performance dei dirigenti.

Fertonani ritiene che “prima di chiedere a capi e collaboratori di credere nell’importanza della valutazione, debbano essere le Direzioni aziendali e le Direzioni del personale ad essere convinte dell’importanza di tali metodologie”.

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Al clima di sfiducia contribuisce inoltre la mancanza di “processi valutativi tendenzialmente oggettivi, omogenei, trasparenti e condivisi”.

Le valutazioni di qualità non potranno mai essere totalmente oggettive e indiscutibili. Infatti, la qualità può essere definita come caratteristica propria di un oggetto (sia esso

materiale o immateriale) sulla quale un soggetto valutante può esprimere giudizi di valore positivi o negativi. Tali giudizi di valore sono soggettivi ed opinabili. Sebbene sia impossibile pensare ad una valutazione del tutto oggettiva si può cercare di ridurne l’arbitrarietà ampliando l’area del consenso attraverso l’esplicitazione di criteri, indicatori e standard riferiti a ciò che stiamo valutando.

Valutare e progettare sono i due processi più significativi e necessari per produrre qualità nelle organizzazioni. Valutare non ha senso per chi lavora in una organizzazione di servizi se non in funzione del progettare per realizzare miglioramenti, ma progettare è impossibile senza effettuare continue valutazioni di stato, di processo, di risultato. Parafrasando Lacan si potrebbe dire che le valutazioni senza un progetto sono impotenti, i progetti senza valutazioni sono ciechi.

L’irrompere della soggettività nelle valutazioni deve rendere cauti i soggetti orientandoli ad un rigoroso gradualismo nelle tappe del processo. Qualunque salto di tappe intermedie (così frequentemente date per scontate, implicite, ovvie, mentre non lo sono affatto) genera tensioni e conflitti che ritardano, quando non precludono, il cammino verso la Qualità. In particolare il tempo e l’attenzione dedicata alla ricerca del consenso prima sull’oggetto che si intende effettivamente valutare e poi sui criteri, indicatori e standard, costituiscono la miglior premessa di qualità del processo valutativo.

È necessario quindi creare “un sistema permanente di valutazione delle prestazioni dei dipendenti trasparente, cioè concertato con le rappresentanze sindacali, conosciuto ed omogeneo, quindi, nella sua struttura tecnico-metodologica, uguale per tutti i dipendenti” 5.

Anche secondo Ruffini: “il principale punto critico del processo di valutazione è dato dalla difficoltà di renderlo oggettivo”, considerazione particolarmente valida per la valutazione della dirigenza. 6

L’esigenza di “oggettività” dei criteri valutativi nasce anche dal peculiare eccesso di autostima che caratterizza la maggior parte degli individui, da cui ne deriva l’opinione di avere svolto la propria attività, quali-quantitativamente, in ottemperanza, se non oltre gli standard richiesti dalla Direzione strategica. In realtà, la distribuzione gaussiana della performance dei dipendenti ci informa che solo una metà dei valori può essere considerata oltre la media.7

5 Migliozzi D: “La valutazione del personale degli enti locali, prestazioni, risultati e tecniche” Angeli 2000, Milano 6 R. Ruffini , “I tre pilastri per una più efficace gestione del personale (Risorse umane n. 5/2004)” www.risorseumane.maggioli.it/tid/3940861 - 21k 7 Mohrman Allan M. jr. Lawler Edward E. “ La valutazione dei dipendenti. Come progettare sistemi di valutazione della performance dei dipendenti rispondenti alle vostre esigenze reali Franco Angeli 2005

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La valutazione del personale con incarico dirigenziale nelle aziende sanitarie: la normativa di riferimento

La valutazione del personale con incarico dirigenziale nelle Aziende Sanitarie è ora

disciplinata dagli art.1 e 5 del dlgs 286/99 e dall’art.13 del dlgs.229/99, che modifica l’art.15 del dlgs. 502/92.

Il Decreto legislativo n. 229/1999 ha trasformato radicalmente la disciplina della Dirigenza del ruolo sanitario con la previsione di un unico ruolo, distinto per profili professionali, ed un unico livello (articolato in relazione alle diverse responsabilità professionali e gestionali) per la dirigenza sanitaria.

La normativa, inoltre, introduce la valutazione professionale periodica dei dirigenti sanitari (art. 15, comma 5) e chiarisce che le funzioni tecnico-professionali dei dirigenti aventi incarichi di struttura complessa sono integrate da funzioni di direzione ed organizzazione (art. 15, comma 6). E’ ribadita all’art. 15, ter, la temporaneità degli incarichi dirigenziali, già prevista, in generale, dall’art. 19 del Dlgs.

La contrattazione collettiva nazionale ha, poi, previsto criteri generali per la graduazione delle funzioni dirigenziali, per l’assegnazione, per la valutazione, per la verifica degli incarichi dirigenziali e per l’attribuzione del relativo trattamento economico.

Il CCNL 8 giugno 2000 (area della dirigenza medico-veterinaria ed area della dirigenza sanitaria, professionale, tecnica ed amministrativa) dedica una sezione apposita (Capo II, Titolo IV, artt. da 31 a 34 e con ulteriori riferimenti agli art. 28, 29 e 30) alle problematiche della verifica e valutazione dei dirigenti. Con il varo dei CCNNLL della dirigenza del SSN del giugno 2000 viene chiarito che la valutazione gestionale annuale riguarda tutti i dirigenti, si estende il procedimento di valutazione professionale periodica a tutta la dirigenza (mentre il D. Lgs 229/99 prevedeva tale procedimento solo per la dirigenza sanitaria), si definisce la influenza degli esiti della valutazione gestionale e di quella professionale sulla posizione del singolo dirigente e si introducono ulteriori norme a tutela del dirigente valutato.

Le norme varate dal giugno 1999 al giugno 2000 permettono, dunque, un più agevole coinvolgimento di ciascun dirigente nella direzione e nella gestione delle aziende sanitarie facilitando la realizzazione di una direzione fortemente partecipata e perciò molto più efficace e creativa di quella realizzabile prima del 2000. Si può affermare, in particolare, che la completa messa a punto delle norme relative alla valutazione dei dirigenti permette il coinvolgimento di ogni dirigente nell’intero ciclo tradizionale del management, ciclo che attraversa ognuna delle seguenti fasi:

- Definizione degli obiettivi - Pianificazione delle attività - Organizzazione e riorganizzazione - Motivazione e guida dei collaboratori - Controllo dei risultati conseguiti - Adozione delle azioni correttive eventualmente necessarie.

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Il processo di valutazione del dirigente va perciò inteso non come esclusivo momento di controllo delle attività da lui svolte, ma come attività di continua interazione fra dirigente valutato ed organo di valutazione di prima istanza (organo che deve comprendere almeno il dirigente sovraordinato al dirigente valutato) generando così quel circuito virtuoso di collaborazione e confronto fra tutte le possibili coppie di dirigenti valutatori e dirigenti valutati esistenti in azienda.

Questo circuito appare capace di liberare, in modo ordinato, la capacità creativa delle persone e permette, quindi, di esprimere risorse non compiutamente espresse finora nel sistema sanitario italiano; esso può costituire pertanto, proprio in assenza di risorse strutturali e finanziarie adeguate, l’elemento di progresso sostanziale di molte aziende sanitarie oltre a costituire occasione di coinvolgimento, di motivazione e di soddisfatta partecipazione alla vita dell’azienda per la maggior parte dei dirigenti che in essa operano.

L’art. 25 del CCNL 2002/2005 ribadisce che la valutazione è caratteristica essenziale ed ordinaria del rapporto di lavoro.

La contrattazione collettiva pone per le aziende sanitarie l’obbligo di definire i “meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività professionale svolta dai dirigenti, in relazione ai programmi ed obiettivi da perseguire correlati alle risorse umane, finanziarie e strumentali effettivamente disponibili”.

La valutazione dei dirigenti è diretta alla verifica del livello di raggiungimento degli obiettivi assegnati e della professionalità espressa, come indicato.

Essa avviene annualmente ed i risultati finali sono riportati nel fascicolo personale. Tutti i giudizi definitivi conseguiti dai dirigenti annualmente sono parte integrante degli

elementi di valutazione dell’azienda per la conferma o il conferimento di qualsiasi tipo di incarico o per l’acquisizione di altri benefici.

Ricalcando quanto già previsto dal CCNL 1998-2001, la nuova disciplina contrattuale ha stabilito che i criteri generali attinenti ai sistemi di valutazione dell’attività professionale, delle prestazioni e delle competenze organizzative dei dirigenti, devono essere adottati preventivamente e sono oggetto di concertazione.

La contrattazione collettiva fissa anche i principi cui devono ispirarsi le procedure di valutazione:

- trasparenza dei criteri usati, oggettività delle metodologie adottate, obbligo di motivazione e valutazione espressa;

- informazione adeguata e partecipazione del valutato, attraverso la comunicazione ed il contraddittorio nella valutazione di prima e seconda istanza;

- diretta conoscenza dell’attività del valutato da parte del soggetto che in prima istanza effettua la proposta di valutazione sulla quale l’organismo di verifica è chiamato a pronunciarsi.

Sulla base soprattutto di quest’ultimo principio risulta evidente che l’organismo di prima istanza non può che essere o, perlomeno, comprendere il responsabile della struttura (servizio o reparto) presso la quale il dirigente svolge la propria attività. Zerilli sintetizza efficacemente i principi di trasparenza, di informazione, di partecipazione, di conoscenza

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enunciando che “La valutazione è un diritto per lo stesso individuo il quale, quanto maggiori sono le dimensioni dell’organizzazione in cui è inserito, tanto meno è in grado di rendersi conto direttamente di come l’organizzazione lo giudica e di ciò che essa si attende da lui. L’individuo ha il diritto innanzi tutto di essere giudicato in modo obiettivo e secondo una precisa procedura e criteri definiti; in secondo luogo di conoscere tale giudizio e di far valere eventualmente le proprie giustificazioni”. Ancora a riguardo dei principi generali della valutazione, è da ricordare l’art. 5 del D. Lgs. N. 286/1999, dove al comma 2 si dispone che “ Il procedimento per la valutazione è ispirato ai principi della diretta conoscenza dell’attività del valutato da parte dell’organo proponente o valutatore di prima istanza” e “della partecipazione al procedimento del valutato”.

Il principio di trasparenza è attributo proprio della metodologia di valutazione: tutte le fasi della procedura, in relazione alle modalità, ai tempi di attuazione e ai criteri utilizzati, devono essere noti ex ante alla Direzione strategica, a tutti i dirigenti e alle relative rappresentanze sindacali.

La trasparenza è in ogni caso riferita alla metodologia in generale, poiché, allorché richiamati invece i risultati della valutazione, si osserva che ne devono essere a conoscenza esclusivamente l’interessato (già anche per quanto disposto dalla legge n. 241/1990) e la Direzione dell’Azienda (l’art. 6, comma 2, del D. Lgs. N. 286/1999 ricorda, infatti, che gli organi preposti alla valutazione “riferiscono in via riservata agli organi di indirizzo politico”).

Il principio di informazione si concretizza secondo tre modalità: a) la comunicazione circa l’attualità della procedura (ovvero, l’interessato deve

essere a conoscenza che è iniziata una valutazione che lo riguarda); b) la partecipazione al procedimento del soggetto valutato, anche mediante un

eventuale contraddittorio, soprattutto nell’ipotesi di valutazione negativa; c) il risultato finale della valutazione, a carico della Direzione dell’Azienda.

Il terzo principio riguarda la diretta conoscenza del valutato da parte del valutatore che “in prima istanza effettua la proposta di valutazione sulla quale l’organismo di verifica è chiamato a pronunciarsi”.

In base all’art. 26 del CCNL 2002-2005 sussistono due organismi preposti alla valutazione:

il collegio tecnico che procede alla verifica e valutazione di tutti i dirigenti alla scadenza dell’incarico loro conferito in relazione alle attività professionali svolte ed ai risultati raggiunti, di tutti i dirigenti di nuova assunzione a termine del primo quinquennio di servizio, dei dirigenti che raggiungono l’esperienza professionale ultraquinquennale in relazione all’indennità di esclusività.

Il nucleo di valutazione che procede alla verifica e valutazione annuale a) dei risultati di gestione del dirigente di struttura complessa ed anche di

struttura semplice b) dei risultati raggiunti da tutti i dirigenti in relazione agli obiettivi affidati,

anche ai fini dell’attribuzione della retribuzione di risultato.

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E’ nostra opinione che i due organi si possano concretamente differenziare solo per la composizione (assolutamente libera per il Nucleo di Valutazione, mentre il Collegio Tecnico deve essere obbligatoriamente presieduto dal Direttore del Dipartimento) e per la diversa periodicità delle verifiche (annuale nel caso del Nucleo di Valutazione, triennale o a termine incarico per il Collegio Tecnico). Sarebbe comunque opportuno sollecitare una stretta collaborazione tra i due organi, per rendere più efficaci le procedure di valutazione.

La valutazione annuale da parte del nucleo di valutazione concerne per i dirigenti di struttura complessa e semplice, la gestione del budget finanziario formalmente affidato e delle risorse umane e strumentali effettivamente assegnate in relazione agli obiettivi concordati e i risultati conseguiti, l’efficacia dei modelli gestionali adottati per il raggiungimento degli obiettivi annuali ed ogni altra funzione gestionale espressamente delegata in base all’atto aziendale.

Per tutti gli altri dirigenti si tiene invece conto dell’osservanza delle direttive per il raggiungimento dei risultati in relazione all’incarico attribuito, del raggiungimento degli obiettivi prestazionali quali-quantitativi espressamente affidati, dell’impegno e della disponibilità correlati all’articolazione dell’orario di lavoro rispetto al conseguimento degli obiettivi.

La valutazione del Collegio tecnico riguarda tutti i dirigenti e tiene conto: a) della collaborazione interna e livello di partecipazione multi-professionale

nell’organizzazione dipartimentale; b) del livello di espletamento delle funzioni affidate nella gestione delle attività e qualità

dell’apporto specifico; c) dei risultati delle procedure di controllo con particolare riguardo all’appropriatezza e

qualità delle prestazioni, all’orientamento all’utenza, alle certificazioni di qualità dei servizi,

d) dell’efficacia dei modelli organizzativi adottati per il raggiungimento degli obiettivi; e) della capacità dimostrata nel motivare, guidare e valutare i collaboratori e di generare

un clima organizzativo favorevole alla produttività, attraverso una equilibrata individuazione dei carichi di lavoro del personale, dei volumi prestazionali nonché della gestione degli istituti contrattuali;

f) della capacità dimostrata nel gestire e promuovere le innovazioni tecnologiche e procedimentali, in particolare per quanto riguarda il rispetto dei tempi e modalità nelle procedure di negoziazione del budget in relazione agli obiettivi affidati nonché i processi formativi e la selezione del personale;

g) della capacità di promuovere, diffondere, gestire ed implementare linee guida, protocolli e raccomandazioni diagnostiche terapeutiche aziendali;

h) delle attività di ricerca clinica applicata, delle sperimentazioni, delle attività di tutoraggio formativo, di docenza universitaria e nell’ambito dei programmi di formazione permanente aziendale;

i) del raggiungimento del minimo di credito formativo di cui all’art. 16 ter, comma 2 del Dlgs 502/1992, tenuto conto dell’art. 23 commi 4 e 5;

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j) del rispetto del codice di comportamento allegato al contratto collettivo nazionale di lavoro, tenuto conto anche delle modalità di gestione delle responsabilità dirigenziali e dei vincoli derivanti dal rispetto dei codici deontologici ove previsti.

Tali elementi possono essere integrati dall’amministrazione a seguito di concertazione con le organizzazioni sindacali.

Sarebbe auspicabile che gli organismi preposti alla valutazione dei dirigenti, anziché venire considerati semplicemente come interpreti formali delle esigenze di adeguamento interno indotto dall’evoluzione del quadro normativo di riferimento, fossero utilizzati dai direttori generali per concorrere a realizzare un sistema che, oltre a valutare la responsabilità dirigenziale, promuova l’efficacia e l’efficienza delle prestazioni sanitarie orientandole verso sistemi di gestione che valorizzino il raggiungimento degli obiettivi programmati e la responsabilizzazione sui risultati.

Le propensioni manageriali costituiscono ambiti di valutazione per gli stessi dirigenti responsabili in quanto la disciplina contrattuale (art. 28, lettera e, del CCNL 2002-2005) prevede tra i criteri propri di valutazione dell’operato del dirigente quello relativo alla capacità dimostrata nel motivare, guidare e valutare i collaboratori e di generare un clima organizzativo favorevole alla produttività, attraverso una equilibrata individuazione dei carichi di lavoro e la gestione degli istituti contrattuali.

La capacità di motivare e guidare i propri collaboratori assume significato sostanziale solo se accostata al concetto di leadership del dirigente.

Nelle aziende sanitarie la leadership si può esprimere nella capacità di mobilitare le energie delle persone che ne fanno parte.

I leader, pertanto, inducono le persone a voler fare piuttosto che a dover fare. Tra le caratteristiche essenziali della personalità di un leader vengono elencate quelle

relative: - capacità di guardare avanti ed avere fiducia nel futuro; - elevata credibilità presso i suoi interlocutori (risulta importante credere in

un leader, nelle sue parole, nella sua visione del futuro, nelle sue capacità di guidare gli altri);

- capacità di rischiare in prima persona, rendendosi artefice di cambiamenti innovativi per l’organizzazione;

- capacità di ascoltare, ammettendo di non essere infallibile dimostrando di avere sempre qualcosa da imparare dalle persone che lavorano con lui;

- capacità di far leva sul cuore delle persone, in quanto le persone seguono i leader che hanno scelto perché ne condividono la passione e non perché si aspettano di ottenere gratifiche ed incentivi.8

8 S. Baraldi, Leadership: questione di stile,cit., l’autore fornisce inoltre una classificazione degli stili di leadership come di seguito:

a) Stile autorevole: il leader è un visionario, indica la strada da intraprendere per portare l’organizzazione verso un futuro migliore, convince le persone che quella (e non altre) è la strada giusta e riesce a motivarla spiegando quale sarà il ruolo (essenziale) che dovranno giocare nel corso del viaggio;

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Il punto qualificante del leader tende verso l’attenzione al miglioramento della performance dei collaboratori, riuscendo a motivare le persone a fare di più di quanto esse avessero intenzione di fare e spesso di fare di più di quanto esse ritenessero possibile fare, facendo leva sui bisogni più elevati delle persone quali la stima e l’autorealizzazione. Modelli di valutazione

Nella sanità è emerso un quadro di scarsa attenzione alla risorsa umana e di scarsa comunicazione tra amministrazione e dipendenti.

In generale si è riconosciuta l’esigenza di garantire una sorta di benessere organizzativo diretto a promuovere un clima aziendale che stimoli la creatività e l’apprendimento, la piacevolezza e la sicurezza degli ambienti di lavoro, permettendo agli operatori di lavorare in un’organizzazione che favorisca gli scambi, la trasparenza e la visibilità del lavoro, come fattori essenziali per lo sviluppo e l’efficienza delle stesse amministrazioni.9

La contrattazione collettiva definisce in modo dettagliato gli effetti della valutazione sia positiva, sia negativa.

La valutazione positiva, operata dai collegi tecnici, dà luogo alla conferma o al conferimento di nuovi incarichi di rilievo professionale o gestionale.

Per i dirigenti neoassunti (operata al termine del quinto anno) la valutazione positiva può portare all’attribuzione di incarichi di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, studio e ricerca, ispettiva, di verifica e di controllo, nonché incarichi di direzione di struttura semplice.

La valutazione positiva operata dal nucleo di valutazione dà luogo al riconoscimento per il dirigente della retribuzione di risultato e concorre alla formazione della valutazione operata dal collegio tecnico.

L’eventuale valutazione di tipo negativo comporta l’assunzione di provvedimenti commisurati alla posizione rivestita dal dirigente nell’ambito aziendale, all’entità degli scostamenti rilevati rispetto agli obiettivi e compiti professionali attribuiti.

b) Stile paternalistico: l’azione de leader, in questo caso, è orientata non tanto ad una visione da

realizzare nel lungo periodo quanto verso la motivazione e l’armonia che regna all’interno dell’organizzazione; lo scopo è creare una comunità, una squadra vincente ed affiatata, caratterizzata da un forte senso di appartenenza;

c) Stile democratico: il leader si prodiga nel raccogliere e nel valorizzare “il punto di vista” delle persone con cui lavora, costruendo in questo modo fiducia reciproca e rispetto.

d) Stile imitativo : il leader definisce degli standard di performance assolutamente sfidanti e non solo si impegna in prima persona a rispettarli, ma impone alle persone che lavorano con lui di fare altrettanto;

e) Stile coaching: il leader concentra la propria attenzione sulla necessità di sviluppare il talento. 9 Benessere Organizzativo – per migliorare la qualità del lavoro nelle amministrazioni pubbliche, a cura del Dipartimento della funzione pubblica, Rubbettino Editore, 2003

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L’accertamento della responsabilità dirigenziale operato dal nucleo di valutazione può determinare la perdita della retribuzione di risultato o revoca dell’incarico prima della sua scadenza.

Nei servizi sanitari, come in generale nei servizi alla persona, emerge ancor più che negli altri contesti organizzativi la centralità del fattore risorse umane nella gestione per la qualità.

I processi di lavoro sono, infatti, largamente rappresentati dai comportamenti professionali ed organizzativi delle risorse umane coinvolte, cioè dal modo in cui si rapportano con l’utente, esprimono la loro professionalità tecnica e si integrano con i colleghi nell’erogazione del servizio.

Il fattore umano resta la variabile più critica all’interno dei processi di lavoro. Infatti, persiste, come sottolinea Mintzberg, una “discrezionalità considerevole” da parte

dei professionisti e degli operatori, la continua necessità, pur a partire da conoscenze e capacità di base, di formulare valutazioni e di prendere decisioni sul campo10.

La qualità di una ASL dipende largamente dai valori, dalle conoscenze, dalle capacità, e, in ultima analisi, dai concreti comportamenti del personale che in essa lavora.

Per l’azienda è necessario avere a disposizione risorse umane dotate di conoscenze e capacità professionali coerenti con:

• la domanda ed i bisogni dell’utenza • le strategie produttive e clinico-assistenziali dell’azienda • le politiche di qualità aziendale • le aspettative professionali degli operatori.

Per ottenere professionalità idonee alle strategie di sviluppo aziendale occorre che

l’azienda adotti politiche e sistemi di gestione/sviluppo delle risorse umane che si articolino nelle seguenti fasi e nei relativi strumenti:

• “reclutamento”/selezione, • inserimento • gestione e stile di leadership, • valutazione, • formazione/sviluppo, • politiche retributive.

Tra le leve citate assume un ruolo centrale la valutazione delle prestazioni Gli ambiti della valutazione sono dati dalla posizione, dalla prestazione e dalle

competenze. La valutazione delle posizioni si basa sull’oggetto della prestazione lavorativa

prescindendo dalla persona che ricopre il posto di lavoro. Rientrano in quest’ambito i sistemi di job evaluation, ossia i modelli oggettivi di

valutazione del lavoro. Il processo di job evaluation si articola in 4 fasi.11

10 Mintzberg H : “La progettazione dell’organizzazione aziendale”, il Mulino, Bologna, 1985

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La prima fase, detta job analysis, consiste in un esame approfondito delle posizioni di lavoro in relazione all’ambiente di riferimento e agli obiettivi tipici della posizione e delle attività svolte.

La fase successiva, detta job description, si occupa della descrizione analitica dei compiti, metodi, attrezzature e responsabilità delle singole posizioni.

Si passa poi all’analisi dei fattori caratterizzanti la mansione (peso che riveste nell’ambito dell’organizzazione aziendale, il grado di autonomia conferito, il livello di responsabilità).

A tale fase, detta job specification, segue l’effettiva individuazione del valore relativo della posizione (job evaluation).

I metodi utilizzati per la job evaluation sono il metodo della graduatoria (job ranking), della classificazione e del punteggio.

Il metodo della graduatoria stila una classifica raggruppante in ordine di importanza le diverse mansioni, sulla base di parametri quali la difficoltà o la rilevanza per il ciclo produttivo o per l’azienda.

Tale sistema non può però essere utilizzato come base per la differenziazione retributiva in quanto fornisce solo una graduatoria di compiti e non la distanza tra essi.

Il metodo della classificazione consiste nella redazione di una griglia di “classi e sottoclassi”.

Si tratta anche in questo caso di un metodo non quantitativo e quindi scarsamente utilizzabile ai fini della differenziazione retributiva.

Il metodo più utilizzato è quello del punteggio, consistente nella scomposizione di una mansione in fattori (requisiti professionali, responsabilità, sforzo materiale e fisico richiesto, le condizioni ambientali) cui viene attribuito un punteggio.

La valutazione delle prestazioni è volta a controllare il personale al fine di ottenere una prestazione più elevata e a supportare il processo di sviluppo del personale.

Per tale processo di valutazione si possono utilizzare metodi soggettivi, basati sulla personalità dell’individuo, e metodi oggettivi tendenti a valutare le prestazioni sulla base di standard di risultato prefissati. È su questa dimensione che si sono concentrati finora gli sforzi delle aziende sanitarie, anche se per lo più con risultati deludenti.

La valutazione delle prestazioni si estrinseca in un insieme di tecniche e di procedure finalizzate alla rilevazione della performance quantitativa e qualitativa dell’individuo.

Il livello della performance dipende, in assenza di ostacoli nel contesto organizzativo, dal livello di professionalità e dal grado di attivazione motivazionale.

La valutazione può anche avere ad oggetto prestazioni future, in tal caso si parla di valutazione del potenziale.

Essa si basa su elementi astratti, quali la creatività, il talento, la capacità di relazionarsi con superiori, collaboratori e soggetti esterni.

11Gabriella Piscopo,“La valutazione delle posizioni, delle prestazioni e del potenziale”,www.labeconomia.unisa.it/GRU/ Piscopo6.html

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L’affermarsi di sistemi valutativi focalizzati esclusivamente sui risultati ha portato alla necessità di adottare strumenti metodologici atti a fornire elementi che consentano di immaginare il collaboratore proiettato su posizioni più “pesanti” e di prendere in esame le probabilità di successo, mediante una diagnosi delle capacità, caratteristiche professionali, attitudini in lui potenzialmente presenti, anche se non utilizzate nella posizione attualmente ricoperta.

Il presupposto è che non tutte le energie possedute dal lavoratore sono utilizzate in azienda e che il surplus prodotto dal dipendente possa essere valorizzato grazie ad opportuni interventi.

Il potenziale di un individuo può essere considerato in “assoluto”, cioè senza un riferimento ad un tempo di sviluppo predefinito o ad uno specifico ruolo da ricoprire.

Si tiene conto della generica predisposizione alla crescita professionale e di carriera. Il potenziale può essere considerato anche in una dimensione relativa, con un giudizio

che, sebbene sia riferito al futuro, si ricollega a due o tre posizioni ben identificate. Il secondo orientamento è senza dubbio il più consolidato, in quanto è ancorato ad

elementi più certi e basato su un confronto più puntuale tra i tratti emergenti dell’individuo e i requisiti richiesti per la specifica mansione da ricoprire.

La modalità più semplice di valutazione del potenziale è il giudizio dei superiori gerarchici, ma esso oltre a non essere facilmente controllabile è condizionato fortemente dal tipo di rapporto che viene ad instaurarsi tra capo e collaboratore.

Nelle aziende sanitarie la valutazione del potenziale è scarsamente utilizzata in quanto lo strumento è poco gradito ai sindacati a causa della sua ampia discrezionalità manageriale.

Inoltre sussistono forti vincoli sui meccanismi di impiego del personale ed avanzamento di carriera.

Le procedure di valutazione possono essere un’occasione importante per conoscere le proprie risorse professionali, il loro potenziale, le loro aspettative.

I procedimenti di valutazione costituiscono anche per il valutato un modo per prendere piena consapevolezza dei punti di forza e di debolezza, al fine di orientare la propria formazione professionale sulle carenze riscontrate e, soprattutto avere riconoscimento morale da parte del dirigente immediatamente sovraordinato dei risultati positivi raggiunti.

In sanità il metodo più seguito è la valutazione delle prestazioni. Sussistono però diverse possibili opzioni.

Un primo metodo si sofferma sul modus agendi complessivo del valutato posto a confronto con un modello comportamentale creato dal valutatore in base alle proprie esperienze e percezioni.

Si fa riferimento ad una scala di valori e ad essa si riportano le caratteristiche del dipendente tenendo conto della personalità, capacità, attitudini, atteggiamenti.

Per l’estrema soggettività che caratterizza un giudizio così formulato tale sistema è scarsamente adottato.

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Un secondo metodo considera l’individuo analiticamente, attraverso il confronto tra il suo modo di operare ed una serie di fattori predefiniti, riferibili a comportamenti operativi, organizzativi e gestionali attesi nel contesto aziendale.

Tale valutazione, più oggettiva della precedente, si avvale di un sistema di fattori e gradi: con esso viene fissato un insieme di fattori comportamentali, collegati alle esigenze dell’organizzazione (ad esempio impegno, disciplina, rendimento, contegno) suddivisi in livelli di maggiore o minore presenza. Non è previsto un sistema di comunicazione diretta al valutato, ma solo una generica informativa sui criteri generali cui si ispira il sistema.

La terza metodologia si focalizza sui risultati prodotti dall’individuo, in coerenza con la valorizzazione di concetti come l’efficacia e l’efficienza.

Per l’applicazione di siffatto metodo è necessaria un’analisi delle posizioni. Si possono, infatti, valutare i risultati solo chiarendo “chi fa che cosa” all’interno

dell’organizzazione. Tale sistema richiede, inoltre, un consolidato sistema di pianificazione e controllo di

gestione, ed un assetto organizzativo che favorisca un orientamento ai risultati. A differenza delle metodologie precedenti, va data comunicazione al valutato del

giudizio che lo riguarda. Il quarto metodo detto “valutazione per obiettivi”, proposto per la prima volta in modo

sistematico da P.F. Drucker, si concentra sul risultato raggiunto a fronte di un obiettivo negoziato. Secondo Drucker tale metodologia dà piena forza all’azione e alla responsabilità individuale e nel contempo configura un indirizzo comune di visione e di sforzi.12

La scelta del sistema management by objectives consente l’applicazione di un sistema premiante collegato alla produttività del personale e può contribuire ad accelerare l’auspicato processo di aziendalizzazione del sistema sanitario.

La sua utilizzazione richiede però almeno inizialmente un certo grado di flessibilità, in rapporto ai cambiamenti culturali che la sua introduzione necessariamente implica.

La Direzione per obiettivi può essere definita come l’approccio globale alla direzione e che in ultima analisi sta a significare: che cosa ci si attende da ogni persona coinvolta nell’organizzazione, da ciascuna unità operativa e la valutazione dell’effettivo risultato ottenuto in rapporto a quello teorico atteso.

Il sistema Mbo costituisce una visione globale del management, una filosofia manageriale, che si applica a tutte le funzioni primarie del management e in particolare a:

- Programmazione: il Mbo induce ad adottare il sistema della programmazione favorendo uno schema operativo di carattere pratico.

- Organizzazione: il Mbo favorisce un processo di articolazione organizzativa dell’azienda attraverso la precisa identificazione di ruoli e responsabilità.

- Staff: il Mbo suggerisce non solo il tipo di professionalità necessario a una determinata organizzazione, ma aiuta ad identificare i bisogni formativi (in termini di conoscenze teoriche e capacità operative) del personale.

- Motivazione: il Mbo fornisce indicazioni sui processi motivazionali

12 Drucker P: “The practice of management”, Horpe & Row, New York 1954

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- Controllo: il Mbo fornisce metodi e standard di riferimento per la valutazione della performance operativa dei dirigenti.

Purtroppo il Mbo è stato spesso considerato semplicisticamente come mezzo di valutazione delle performance.

Tale visione miope e riduttiva deve essere sostituita da una concezione più ampia in grado di abbracciare tutte le sfaccettature di questo potente strumento di direzione manageriale.

G.Odiorne con parole semplici ha mostrato l’essenza del sistema Mbo: 1. Se non si ha uno scopo preciso non è possibile stabilire se si è sulla strada giusta 2. Non è possibile valutare i risultati se non si sono posti in anticipo degli obiettivi

definiti 3. Per non deviare dalla strada giusta è necessario conoscere le tappe intermedie

indispensabili per arrivare a destinazione 4. Le persone non possono agire in maniera efficiente ed efficace se non conoscono

con chiarezza gli scopi dell’organizzazione per la quale lavorano e se non sanno se stanno operando bene in rapporto agli obiettivi dell’organizzazione.

Per un’organizzazione che sviluppi i propri obiettivi è necessario che vi sia coerenza tra gli obiettivi stessi, il che implica una logica interna, una relazione gerarchica.

È inoltre indispensabile che le persone coinvolte nel processo siano motivate a raggiungere gli obiettivi.

Coerenza senza responsabilità risulta sterile, mentre responsabilità senza coerenza è improduttiva. Solo l’intreccio tra questi criteri può produrre risultati significativi in termini di motivazione delle persone ai fini del raggiungimento degli obiettivi.

Le caratteristiche della coerenza e della responsabilità sono correlate ai due differenti tipi di approccio di sviluppo degli obiettivi: approccio dall’alto (top down) e dal basso (bottom up).

Nell’approccio dall’alto, il vertice aziendale, inizialmente, sviluppa in maniera autonoma i propri obiettivi organizzativi per poi calarli lungo la struttura organizzativa a cascata, verso i livelli sottostanti. A questo livello i dirigenti nel recepire gli obiettivi (macro) fissati dal livello gerarchico sovraordinato, ne fissano a loro volta di ulteriori (per quanto possibile coerenti con quelli generali) per i livelli a loro sott’ordinati.

Nell’approccio verso il basso, gli obiettivi sono, invece, sviluppati autonomamente dai dirigenti stessi (di line o di staff) collocati ai livelli sottostanti il vertice direzionale e poi riversati verso l’alto. I livelli sovrastanti assumono così la funzione di integrazione verticale.

Va sottolineato che l’approccio dall’alto garantisce un maggior grado di coerenza degli obiettivi, mentre l’approccio dal basso tende a favorire la crescita diffusa di responsabilità all’interno del management aziendale.13

Il metodo della valutazione per obiettivi opera in due momenti14: 13 La direzione per obiettivi nel management in Il Sole 24 ore 13-19 luglio 1999 pag 3. 14 May: “Il controllo organizzativo: il ruolo di regole, mercato e cultura”, in Problemi di gestione, n.2, vol.XVIII,1988

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- ex ante, focalizzando il comportamento dei soggetti incentivati, tramite un meccanismo feed forward basato sulla comunicazione anticipata di aspettative e incentivi

- ex post, tramite un meccanismo di feed back basato sul controllo degli output (risultati ottenuti) e sull’erogazione degli incentivi.

L’introduzione del sistema di incentivazioni per obiettivi presuppone la presenza di alcune condizioni organizzative indispensabili per ottenere un’efficace implementazione.

Sono, infatti, precondizioni indispensabili per il successo di tale metodo: l’adozione di sistemi di pianificazione e controllo della gestione con un adeguato feed back sulle prestazioni, l’adeguata analisi delle posizioni organizzative all’interno dell’azienda, la sussistenza di una struttura organizzativa che favorisca la responsabilizzazione a livello di risultati significativi per la performance dell’organizzazione, una cultura aziendale che promuova orientamenti coerenti con la filosofia del management by objectives.

Il sistema Mbo richiede un continuo dialogo tra capo e collaboratore, previsto sia all’inizio sia al termine del processo valutativo.

La determinazione degli obiettivi è tesa a stimolare le capacità dei professionisti e degli operatori allo scopo di migliorare l’efficienza e l’efficacia dei servizi resi.15

Assume, pertanto, notevole importanza la fase preparatoria per il raggiungimento di un dato obiettivo, al fine di rendere partecipe il personale su quali sono le finalità, le azioni da svolgere ed i tempi per garantire un miglioramento qualitativo o quantitativo.

Tale fase preparatoria risente, oggi, della difficoltà di accostare preventivamente all’obiettivo il relativo compenso economico, ciò in ragione del fatto che il fondo per la produttività collettiva o per la retribuzione di risultato (per l’area dirigenziale) risente direttamente ed è alimentato da nuovi contratti nazionali e relativi rinnovi che vengono ormai stipulati con notevoli ritardi, raggiungendo il paradosso che spesso il biennio economico di riferimento contrattuale viene stipulato quando è già scaduto il periodo di riferimento.

Al fine di superare questa tempistica, è necessario studiare delle metodologie alternative che assegnino una quota ben definita e visibile all’atto di definizione dell’obiettivo, con riferimento alla spesa storica e con la previsione di adeguati conguagli ponderati in percentuale da attribuire alla stipula dei relativi contratti collettivi nazionali di lavoro.

Importante è, pertanto, dare valore alle persone che collaborano, coinvolgendo e motivando su quello che le aspetta e su quello che le attende.

Altro momento importante sono le verifiche intermedie, i cosiddetti report periodici, che consentono di monitorare l’andamento della produttività sul raggiungimento degli obiettivi.

In tale circostanza ci possono essere i correttivi per aggiustare il tiro al fine di portare nella giusta direzione l’andamento della performance verso il raggiungimento dell’obiettivo.

15 Luigi Quagliata, Stefano Lo Russo, “L’incentivazione per obiettivi : una logica perseguibile nella sanità”, in Sanità Pubblica e Privata n 10/2003

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La fase finale di raggiungimento o meno dell’obiettivo, risulta di importanza notevole per dare valore alle risorse umane.

A raggiungimento positivo dell’obiettivo, oltre che comunicare l’incentivo ad esso collegato, occorrerebbe comunicare la propria soddisfazione per la riuscita del progetto.

E’ stato detto che una delle importanti funzioni del management concerne la capacità di discutere con i collaboratori dei risultati raggiunti rispetto a quanto programmato e di prevedere vantaggi per gli operatori che sostengono attivamente le iniziative intraprese.

Gli sforzi e i suggerimenti su come migliorare la qualità dei servizi dovrebbero essere apertamente riconosciuti dal top management e considerati nel sistema delle ricompense.16

Infine, l’incentivazione, al fine di dare valore alle risorse umane e far crescere il senso di appartenenza, deve prevedere delle iniziative per stare bene in azienda e per fare sentire ogni persona appartenente ad un gruppo vincente.

Con riferimento all’individuazione di parametri obiettivi, il rischio più elevato è la tendenza ad allocazioni dei fondi incentivanti a cascata e secondo logiche perequative.

In particolare i problemi possono sorgere sia quando gli obiettivi prefissati sono percepiti dai soggetti incentivanti troppo difficili o troppo facili, od estranei alla loro responsabilità, sia se si negoziano obiettivi generici e non facilmente misurabili.

Questo è un rischio abbastanza diffuso che di fatto snatura lo strumento incentivante riconducendolo a semplice integrazione dello stipendio.

Il management by objectives può nel momento applicativo comportare, specie in ambito sanitario, facili distorsioni.

Le organizzazioni sanitarie, infatti, a causa della loro natura burocratica, rischiano di restare imbrigliate nel rispetto di quanto fissato in sede di negoziazione, dalla norma contrattuale e dalle procedure.

In particolare l’incentivazione per obiettivi può portare a focalizzare l’attenzione soltanto sui due momenti topici del processo di Mbo (definizione degli obiettivi e controllo dei risultati), con il rischio di attenuare la tensione nei confronti dei problemi urgenti che si presentano durante il periodo di riferimento.

Sussiste, inoltre, il pericolo che l’enfasi sui risultati induca un’eccessiva attenzione sul breve periodo, con la conseguenza di frenare gli investimenti tecnologici, in comunicazione e sul capitale umano.

È possibile che si presentino distorsioni in fase di programmazione e controllo soprattutto in un contesto come quello sanitario caratterizzato da una diffusa tendenza a distribuire i fondi in modo tendenzialmente perequativo.17

Il soggetto incentivato potrebbe tendere a formare delle “riserve di risultato” negoziando con il proprio superiore obiettivi inferiori a quelli realmente perseguibili.

16 E. Krczal, M. Del Vecchio, “ Leadership collettiva e processi di cambiamento nelle aziende sanitarie”, in Mecosan –Management e Economia Sanitaria, anno XI, n.41, gennaio-marzo 2002,pagg. 135-146 17 Luigi Quagliata, Stefano Lo Russo, “L’incentivazione per obiettivi:una logica perseguibile nella sanità”,in Sanità Pubblica e Privata n 10/03, Maggioli editore pag 15

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Tale disfunzione è favorita quando sussistono carenze nel processo di programmazione e controllo e gli obiettivi sono stabiliti senza tener conto dei risultati del periodo precedente e del quadro epidemiologico di riferimento.

Tutti i modelli di valutazione proposti in letteratura conducono alla costruzione di una scheda di valutazione, come atto finale di un percorso progettuale di tipo “top down”. Difficilmente si configura la simmetricità delle parti coinvolte nella generazione dello strumento, anche se spesso emergono aperture al cosiddetto “parere del valutato”.

Nella costruzione usuale del modello di scheda di valutazione, perdono di significato le aperture al ruolo autodifensivo del valutato, mancano reali contenuti nelle conseguenze delle verifiche periodiche, a volte manca la certezza del rapporto biunivoco tra valutato e valutatore per l’introduzione non definita di “elementi estranei” (nucleo di valutazione o NdV, controllo di gestione o CdG, altri). Sull’importanza degli elementi estranei alla relazione valutato/valutatore vale la pena riflettere, poiché nessuno riconosce ruoli e funzioni a questi speciali e specifici strumenti della valutazione, se non nel momento della traduzione economica del risultato.

Numerose aziende del Nord Italia (Ospedale Maria Vittoria-Torino, Ospedale Borgo Trento-Verona) nella compilazione delle schede hanno opportunamente posto indicatori, dotati di numericità e appartenenti specificamente all’ambito del fattore tanto da esserne rappresentativi.

Questo approccio vale sia per le attività che, soprattutto, per le attitudini manageriali. La numericità di cui si è detto è prerogativa indispensabile per poter applicare il

modello valutativo. Essa risponde a una esigenza fondamentale: quella di trovare, costruendone una mappa o glossario, una corrispondenza biunivoca tra fattore, espresso in termini linguisticamente complessi e qualitativi, e indicatore (anche più di uno), dotato di misurabilità. 18

Nella costruzione di un sistema valutativo assume notevole importanza l’adozione di scale di valutazione idonee a definire la performance del dirigente in termini qualitativi e quantitativi (a titolo esemplificativo: performance “insufficiente”, “sufficiente” e “ottima”). In proposito, sarebbe opportuno, come osservato dal Migliozzi, evitare l’uso di scale con un numero eccessivo di gradi (per le difficoltà di distinzione tra due misurazioni successive). Dovrebbe evitarsi anche l’utilizzo di scale con un numero troppo limitato (per ipotizzabili difficoltà di scelta tra due misurazioni successive). Secondo Fertonani “Se il numero è elevato spesso non si riesce ad individuare agevolmente le differenze fra l’uno e l’altro; se, al contrario, il numero è ridotto può diventare imbarazzante per il valutatore effettuare una scelta che comporta giudizi troppo tranchants.

Generalmente non si scende sotto il numero di tre né si supera il numero di sette gradi. Se sono dispari può esserci la tendenza ai giudizi medi; se, al contrario, sono pari, il valutatore è costretto a scegliere sempre fra un grado più positivo ed uno più negativo, e la valutazione può essere quindi distorta”. 19 18 A. Brunetti, F. Buonocore, M. Faini, G. Faragli, F. Pes, F. Praticò, P. Roncarlo, “La valutazione della dirigenza sanitaria: tecniche e strumenti operativi – la scheda di valutazione” in Mecosan ,2000, pag 79 19 Mauro Martini, “La metodologia di valutazione dei medici dipendenti del SSN”, Ferrara

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L’esperienza della valutazione e dell’autovalutazione nella ASL AV/2 Questo lavoro descrive il percorso di progettazione ed applicazione del sistema di valutazione della dirigenza dell’Azienda Sanitaria Locale AV2, svoltosi nel corso del quinquennio 2002-2006, nel rispetto di quanto suggerito dalla letteratura, dalle norme e dalle altre esperienze in materia. L’organizzazione dell’ASL AV/2

L’ASL Avellino 2 è una Azienda a prevalente vocazione territoriale, vi afferiscono 65 Comuni per una popolazione complessiva di 275˙108 abitanti (tab. 1).

Tab. 1 Popolazione e comuni afferenti all’ASL AV/2 Popolazione servita al 31/12/2004 275˙108 Comuni serviti 65 L’attuale organizzazione aziendale prevede un’articolazione in nove macro-strutture: sei

distretti (Avellino, Atripalda, Cervinara, Montoro, Baiano e Lauro) con tre Aree Sanitarie di Base ( Mercogliano, Altavilla e Montemiletto), un Dipartimento di Salute Pubblica, un Presidio Ospedaliero ed una Area Servizi Centrali, a cui si affiancano un Dipartimento di Salute Mentale, sette Aree di Coordinamento Territoriali: Materno Infantile, Assistenza Anziani, Medicina di Base, Riabilitazione, Dipendenze, Farmaceutica, Medicina Legale ed una struttura, il Centro Australia, Presidio di riabilitazione a gestione diretta.

Le risorse umane attualmente dedicate sono rappresentate nella tab. 2 (personale dipendente) e nella tab. 3 (personale convenzionato).

Tab. 2 Personale dipendente al 24/11/2005 AREE Territorio: 646 Presidio Ospedaliero 284 Unità Centrali 52 Totale 982

Tab. 3 Personale Convenzionato al 24/11/2005 PERSONALE Medici di medicina generale 211 Pediatri di libera scelta 30

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Medici di continuità assistenziale 119 ٭ (Titolari 80 + sostituti 39) Medici dell’emergenza sanitaria territoriale 18 + 44 ٭٭ dip Specialisti ambulatoriali interni 51 (titolari 43 + sostituti 8) Medicina dei servizi 3 Totale 476 ex Guardia Medica ٭ Medici del 118 ٭٭ E’ un assetto organizzativo che si configura come dipartimentale e distrettuale,

costituendo pertanto un ambiente idoneo al governo clinico, poiché indica l’assistenza integrata e multidisciplinare come uno stabile coordinamento tra i responsabili delle Unità Operative, e afferma il principio di un approccio assistenziale centrato sull’utente e sul percorso diagnostico-terapeutico e non su singoli momenti assistenziali.

Atti e prerequisiti messi in campo nell’ASL Avellino/2 per facilitare l’implementazione del sistema valutativo. In una prima fase occorreva “abituare” la dirigenza alla misurazione di attività e prestazioni; la delibera del 27 agosto 2002 e la successiva del 7 febbraio 2003, aventi ad oggetto: programma annuale delle attività, venivano adottate soprattutto con questa finalità. L’Azienda ha operato delle precise scelte in merito alla valutazione delle prestazioni e dei comportamenti organizzativi, alcune delle quali sono di seguito indicate:

� Costituzione del Nucleo di Valutazione Aziendale con delibera del Direttore Generale n. 719 del 28/03/2002. Il Nucleo è composto di 5 componenti, di cui uno è presidente, tutti esterni all’Azienda e con significative e multiformi esperienze di direzione di sistemi sanitari pubblici complessi ma anche lunghe esperienze di direzione di grandi organizzazioni o rappresentanti il mondo accademico. Collabora con il NVA un componente interno all’Azienda, individuato nel responsabile dell’U.O. Qualità e Accreditamento.

� Intensa attività informativa/formativa , con incontri ripetuti in plenaria e singolarmente con dirigenti e rappresentanti sindacali, sulla metodologia valutativa e le sue finalità. In particolare e sin dalla fase di avvio della metodologia sono stati coinvolti il responsabile dell’Ufficio Qualità aziendale, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali aziendali, i dirigenti di struttura complessa. Attraverso una serie di riunioni, con simulazioni pratiche, si è cercata la condivisione della metodologia e nello stesso tempo si sono poste le basi per la costruzione del Regolamento e degli strumenti di valutazione. Il consenso sul percorso da avviare e sui principi da rispettare (diretta conoscenza del valutato da parte del valutatore di prima istanza, possibilità del

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contraddittorio, ecc.) è stato ottenuto anche grazie alla costante presenza e partecipazione dei componenti del Nucleo.

� Approvazione del Regolamento sulla metodologia valutativa dei dirigenti con delibera n. 58 del 23/01/2003. Primo anno sperimentale - anno 2003 – obiettivi concordati tra direzione e dirigenti sulla base degli obiettivi assegnati al Direttore generale dalla Giunta Regionale della Campania, oltre che del PSR e del PSN.

� Approvazione delle linee di indirizzo della ASL AV/2 per l’anno 2004 con delibera n. 317 del 27/04/2004. Secondo anno sperimentale – anno 2004 – obiettivi concordati tra direzione e dirigenti sulla base delle suddette linee di indirizzo. Le normative di riferimento per la stesura del documento sono: il PSN, il PSR, l’Atto Aziendale e normative regionali.

� Modifica alla delibera n. 58 del 23/01/ 2003; a seguito delle criticità evidenziatesi nel corso dei primi due anni di sperimentazione, si individua il Collegio di Direzione, nella composizione stabilita dall’art. 17 del D. Lgs. 229/1999, quale Organo di Valutazione di Prima Istanza (OVPI) per i direttori delle macroarticolazioni aziendali e per i direttori che riferiscono direttamente alla Direzione generale.

� Approvazione delle linee di indirizzo per l’anno 2005 : oltre i documenti di programmazione nazionali, regionali e locali, si riporta la deliberazione di Giunta Regionale della Campania n. 15 del 14.01.2005 avente ad oggetto: “Fissazione obiettivi per i direttori generali delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere”.

� Approvazione delle linee di indirizzo per l’anno 2006: si dà grande enfasi agli obiettivi di contenimento della spesa contenuti nella deliberazione di Giunta Regionale n. 1843 del 9 dicembre 2005.

� Intensa attività della direzione di reingegnerizzazione organizzativa (dall’assetto distrettuale alla definizione delle aree di coordinamento delle attività distrettuali, dal dipartimento amministrativo centrale al dipartimento di salute mentale, dai dipartimenti ospedalieri alle funzioni di staff, ecc.), tutte azioni finalizzate anche a fare chiarezza circa i riferimenti/dipendenze e le relazioni organizzative: ciò risulta fondamentale per definire “chi valuta chi” e se sono necessarie doppie valutazioni, come nel caso di doppie dipendenze (ad es. gerarchica e tecnico-funzionale) tipica nelle organizzazioni a matrice. (tavola 1 Schema generale – Valutazione di prima istanza (O.V.P.I.) 2004).

La metodologia valutativa

Le modifiche del contesto politico economico e sociale verificatesi negli ultimi anni,

alla luce delle recenti riforme della sanità, hanno indotto, anche nella nostra ASL, il doveroso passaggio da un ambiente privo di controlli sulla produzione e sulla concorrenza esterna ad un ambiente più dinamico, orientato all’utenza e attenta all’equilibrio

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economico. Diventa ora rilevante la misurazione del grado di efficienza ed efficacia dell’azione del sistema sanitario. La presente e sempre più pressante necessità di ridurre la spesa ottimizzando i processi di erogazione dei servizi impone al management aziendale la capacità di agire, prima che sui processi, sulle persone, incentivandone adeguati comportamenti. La retribuzione di risultato è sicuramente una delle leve strategiche al cambiamento culturale da prendere in considerazione. L’introduzione di sistemi incentivanti presuppone però non solo un’adeguata cultura organizzativa, ma anche l’implementazione di appropriati sistemi valutativi insieme ai sistemi di programmazione e controllo. Questa sinergia tra sistema formativo, valutativo e premiante è una delle caratteristiche distintive della metodologia adottata dalla ASL AV/2.

La contrattazione collettiva pone la valutazione dei dirigenti, diretta alla verifica del raggiungimento degli obiettivi assegnati e della professionalità espressa, come caratteristica essenziale del rapporto di lavoro. L’adozione di un sistema valutativo adeguato nell’azienda sanitaria assume particolare importanza in quanto esso consente un miglior uso delle risorse e un’ equa retribuzione del lavoro. Si rafforza, inoltre, la responsabilizzazione degli operatori, orientandone i comportamenti e accrescendone il senso di appartenenza all’azienda, riducendo quelle sacche di inefficienza che restano nel servizio pubblico. Nel settore sanitario, purtroppo, l’esperienza della valutazione, sebbene sia stata ben strutturata dal punto di vista teorico, non sempre ha raggiunto gli obiettivi preposti. Il perdurare, infatti, della logica giuridico burocratica ha impedito al sistema valutativo di diventare un effettivo mezzo di governo dell’amministrazione.

Il modello burocratico, rivolto all’imparzialità dell’azione amministrativa, ha comportato la difficoltà di riconoscere attraverso la valutazione un risultato positivo di un attore a discapito di un altro, essendo essa rivolta piuttosto a rilevare e sanzionare eventuali difformità individuali rispetto al modello impersonale prescritto.

La valutazione, in generale negli ambienti sanitari, è stata perciò avvertita dai dirigenti più come strumento di “controllo” del loro operato che come effettiva leva di sviluppo professionale. Inoltre, l’attenzione dei responsabili dei sistemi di valutazione si è soffermata soprattutto sul formale e rigoroso rispetto delle regole, mentre è stata tralasciata la fase più propriamente applicativa. Nella nostra esperienza si è data invece maggiore enfasi alla fase formativa, di crescita culturale degli operatori, ed alla fase applicativa, dalla costruzione del Regolamento fino alla continua revisione degli strumenti di valutazione come testimoniano gli innumerevoli incontri tra i dirigenti finalizzati ad una vera partecipazione e condivisione.

L’ASL AV/2 ha cercato di mettere a punto un sistema valutativo che fosse in grado di gestire il cambiamento, con l’assegnazione di obiettivi gestionali e di comportamento organizzativo volti a stimolare le capacità dei professionisti e degli operatori e a garantire prestazioni sanitarie con adeguati livelli di efficienza e di efficacia.

Gli obiettivi gestionali vengono assegnati ogni anno all’inizio del periodo di valutazione e subito dopo l’approvazione dell’atto di indirizzo, dall’Organo di Valutazione di prima istanza ai responsabili dei Centri di Responsabilità e quindi, “a cascata” da ciascun responsabile di struttura a tutti i dirigenti in essa inseriti. Nella predisposizione delle

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schede e nella assegnazione degli obiettivi gestionali è necessario considerare che gli obiettivi devono avere le seguenti caratteristiche:

- devono essere ben definiti; - devono essere quanto più possibile congruenti con gli obiettivi generali

dell’Azienda e, “a cascata”, con quelli attribuiti alla struttura gerarchicamente sovraordinata;

- devono essere significativi per la “posizione” ricoperta dal valutando e per le responsabilità allo stesso affidate;

- devono essere raggiungibili nei tempi e con le eventuali risorse (umane, tecniche, finanziarie) disponibili;

- devono essere misurabili; - devono essere motivanti. Sin dal primo anno di sperimentazione (2003), il Direttore generale dà la delega all’Ufficio Qualità per la pattuizione annuale degli obiettivi con i Direttori di struttura complessa dell’Azienda; obiettivi che devono essere in linea con l’atto di indirizzo. Quest’ultimo tiene conto del Piano Sanitario Nazionale, del Piano Sanitario Regionale, delle ulteriori indicazioni regionali e di specificità locali. Quindi il delegato della Direzione generale ed il soggetto valutato sottoscrivono il patto valutativo (scheda obiettivi e verbale di pattuizione).

La scelta degli obiettivi da perseguire e dei risultati da raggiungere diventa quindi di tipo “bottom up”, cioè gli obiettivi specifici vengono scelti dal basso, ma sulla base di un atto “top down”, le linee di indirizzo, emanato dalla Direzione generale.

In una prima fase (anno 2003), l’organo di valutazione di prima istanza era sempre costituito dai due superiori gerarchici direttamente sovraordinati al dirigente valutato. Nell’ipotesi in cui il valutato riferiva ad un solo dirigente sovraordinato la collegialità era assicurata dalla partecipazione all’OVPI del Direttore sanitario o amministrativo, in relazione alla collocazione organizzativa del dirigente valutato. Nell’ipotesi in cui il valutato dipendeva solo da uno dei componenti della Direzione generale, l’OVPI era costituito con la presenza contemporanea dei Direttori sanitario e amministrativo. Successivamente (anno 2004, 2005 e 2006), si sono apportate alcune modifiche in ordine alla individuazione dell’organo di valutazione di prima istanza, in quanto la regola che fissava rigidamente la valutazione di prima istanza ai due superiori gerarchici direttamente sovraordinati al dirigente valutato, non sempre poteva essere applicata. Dal 2004 si è deciso pertanto che:

a) La valutazione di prima istanza è fatta, di norma, dal valutatore diretto, sovraordinato al soggetto valutato, ed individuato nelle procedure operative, annualmente modificabili, relative al sistema di valutazione, quando il valutato ha un solo dirigente aziendale sovraordinato.

b) La valutazione di prima istanza dei dirigenti che operano presso più distretti , o dei dirigenti che, pur operando presso un solo distretto, rispondono anche al responsabile di dipartimento o di area di coordinamento, è fatta da un organismo collegiale costituito dai superiori direttamente sovraordinati (possono

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anche essere tre se il dirigente opera su due distretti): il direttore del distretto per gli aspetti gestionali, il direttore di dipartimento/area di coordinamento per gli aspetti tecnico-scientifici.

c) La valutazione di prima istanza per i direttori delle macroarticolazioni aziendali e per i direttori che riferiscono direttamente alla Direzione generale, è fatta dal Collegio di Direzione nella composizione stabilita dall’art. 17 del D. Lgs. 229/1999. (Es. Direttore Sanitario, Direttore Amministrativo, Direttori di distretto, di dipartimenti, di presidio ospedaliero, ecc.). La scheda degli obiettivi dei direttori di struttura complessa, sottoscritta dal valutato, viene visionata e sottoscritta dai componenti del Collegio di Direzione. La pattuizione degli obiettivi viene fatta un momento prima tra direttore di struttura complessa e direttore della Unità Operativa Qualità e Accreditamento, quest’ultimo delegato dalla Direzione generale sia a sottoscrivere il verbale di pattuizione sia a presidiare tutto il processo valutativo.

Gli obiettivi predisposti sono contenuti in un’apposita scheda compilata a seguito di negoziazione tra il “valutatore” ed il “valutato” e riportante la data del colloquio e la sottoscrizione delle parti. La firma del valutato implica consapevole e responsabile accettazione degli obiettivi posti. In mancanza di tale sottoscrizione la scheda non è valida.

Il regolamento disciplinante la metodologia valutativa dei dirigenti per l’ASL AV/2 prevede che gli obiettivi assegnati siano ben definiti e facilmente misurabili, per evitare che lo strumento incentivante sia ricondotto ad una mera integrazione dello stipendio. E’ previsto, inoltre, che gli obiettivi siano realizzati nei tempi stabiliti e con le eventuali risorse disponibili o da acquistare. Essi devono essere congruenti con gli obiettivi generali dell’azienda e “a cascata” con quelli attribuiti alla struttura gerarchicamente sovraordinata. E’ poi previsto che essi devono essere significativi per la posizione ricoperta dal valutando e per le responsabilità allo stesso affidate. La scheda si compone di due parti, una relativa agli obiettivi gestionali ed un’altra relativa agli aspetti organizzativi e comportamentali. (Tavola 2 Scheda assegnazione degli obiettivi gestionali – Anno 2006).

Nell’ipotesi in cui non vi sia condivisione degli obiettivi gestionali fra OVPI e valutato in fase di assegnazione degli stessi, il Presidente del Nucleo di Valutazione su segnalazione dell’Organo di Valutazione di prima istanza, designerà un collegio arbitrale composto da due membri uno dei quali scelto fra i componenti del nucleo di valutazione ed un altro scelto fra i dirigenti aziendali. Tale collegio dirimerà le controversie, ascoltate le parti ed eventualmente una persona di fiducia del valutato. L’apposita scheda si limita ad indicare gli obiettivi assegnati, gli indicatori, il sistema di misurazione ed il peso attribuito a ciascun obiettivo; ai fini dell’efficacia del processo è opportuno che, per ogni obiettivo, il “valutatore” concordi con il valutato, un apposito programma di azione descrittivo delle attività da compiere e delle tappe intermedie, per monitorare in itinere l’andamento della situazione. Sono indicati inoltre gli obiettivi riferiti a comportamenti organizzativi, posti tenendo conto di parametri generali, fissati dal regolamento sulla metodologia valutativa dei dirigenti. I fattori da prendere in considerazione per l’assegnazione degli obiettivi organizzativi sono:

• specificità professionale

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• motivazione, guida, sviluppo, valutazione dei collaboratori • clima e organizzazione interna • promozione e gestione del cambiamento • integrazione con le altre strutture • sicurezza, igiene e qualità.

La motivazione concerne le modalità con le quali si stimolano i collaboratori riconoscendo il loro impegno, incoraggiando la loro iniziativa, sollecitando idee e contributi professionali e valorizzando le loro competenze e professionalità. La guida attiene alla capacità del dirigente di indirizzare i collaboratori sostenendoli quotidianamente ed entusiasmandoli affinché raggiungano gli obiettivi. Lo sviluppo riguarda le attività di addestramento, formazione, comunicazione rivolte alla crescita dei dipendenti. La valutazione attiene alle modalità adottate dal responsabile per premiare i risultati ottenuti dai propri collaboratori.

I parametri adottati per premiare possono ad esempio essere il livello di delega adottato, i riconoscimenti di merito individuale, la gratificazione mostrata per gli sforzi prodotti. Nell’attività valutativa è importante la raccolta dei dati sulle prestazioni erogate dal personale, la comunicazione ai collaboratori dei risultati conseguiti, la predisposizione di un piano di miglioramento a seguito del colloquio di valutazione di fine anno con il personale. L’atteggiamento adottato dal responsabile relativamente a questo criterio si desume da alcuni indici, opportunamente indicati in regolamento (la presenza di mappe e griglie di competenza, le ore pro – capite di formazione/addestramento, i tassi di assenteismo, i reclami interni e dei cittadini, le domande di trasferimento da e per la struttura diretta). Tra i fattori indicati per l’assegnazione degli obiettivi di comportamento assume indubbia importanza il clima e l’organizzazione interna. Tale parametro allude all’atmosfera regnante all’interno della struttura. Elementi da tenere presenti per considerare il clima sussistente sono: la fiducia e la solidarietà tra colleghi, la piena libertà di espressione, l’assenza di timori per la valutazione, lo spirito di gruppo, la qualità di rapporti interpersonali, il sentirsi apprezzati ed impiegati al meglio, la fiducia nella possibilità di migliorare ancora.

Indicatori diretti o indiretti possono essere così individuati: - Numero di conflitti - domande di trasferimento - indici di clima (misurazione ad hoc) - indici di assenteismo - reclami interni e dei cittadini - scostamenti da obiettivi attesi - percentuale di partecipazione a lavori di gruppo/progetti - numero idee/proposte di miglioramento per persona. L’aspetto relativo all’organizzazione attiene alla capacità dimostrata nell’attività di

pianificazione e programmazione. Si presta attenzione soprattutto agli sforzi profusi per la realizzazione contestuale di una pluralità di attività, per la gestione delle cosiddette fasi critiche (che non consentono scostamenti o ritardi), per la prontezza nel dotarsi

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dell’opportuna strumentazione. Devono, inoltre, prendersi in considerazione le modalità di gestione delle riunioni di lavoro.

Indicatori diretti e indiretti per la valutazione della gestione delle riunioni di lavoro in termini di metodo, preparazione, ordini del giorno, regolazione degli interventi, verbalizzazione puntuale) e di dinamiche sono:

- utilizzo delle tecniche di programmazione (Gantt, Pert) - gestione agenda - presenza di indici di saturazione (es. carichi di lavoro) - conoscenza dei tempi unitari per attività e prodotto - metodi di gestione delle riunioni - scostamenti dai tempi previsti per la realizzazione degli incarichi assegnati. La valutazione concerne anche la capacità del dirigente di essere flessibile, creativo,

incline alla ricerca di possibili alternative, nel rispetto del tessuto normativo sussistente. I vincoli legislativi apposti devono essere considerati come tali e non devono

rappresentare il fine dell’attività posta in essere dal responsabile. Ovviamente l’agire del dirigente può essere condizionato dal contesto ambientale in cui si trova ad operare. Indicatori diretti ed indiretti impiegabili per la valutazione possono essere: interventi non realizzati/bloccati rispetto alle altre UU.OO. analoghe, dove invece sono stati realizzati, numero di alternative fornite per il superamento di casi difficili, soddisfazione dei clienti interni (Direttore generale, Direttore sanitario, Direttore amministrativo, Dirigenti di altri settori), formalismi ed adempimenti mantenuti anche se superabili.

Rientra tra i parametri previsti dal regolamento per l’assegnazione di obiettivi anche la promozione e gestione del cambiamento. Tale fattore allude alla capacità di promuovere e sostenere il cambiamento organizzativo e tecnologico, individuando e introducendo nuovi metodi di gestione, nuovi modelli organizzativi. Il dirigente dovrebbe svolgere il ruolo di attore principale del cambiamento rimovendo le naturali resistenze e comunicando continuamente con i collaboratori. Indicatori diretti ed indiretti possono essere così sintetizzati:

- livello di adesione alle innovazioni introdotte nell’U.O. - presenza di dichiarazioni, impegno, sostegno ad iniziative innovative - partecipazione ad iniziative anche esterne all’U.O. per lo sviluppo

dell’innovazione - articoli, saggi, pubblicazioni su riviste specializzate e di settore.

In ambiente sanitario i risultati sono il frutto di attività “orizzontali”, che attraversano una molteplicità di funzioni; è perciò più che mai rilevante adottare una coerente logica di processo interfunzionale in modo da esaltare il gioco di squadra. E’, perciò, necessario prendere in considerazione la capacità del dirigente di evitare i “compartimenti stagno”, di adottare strumenti e meccanismi di integrazione tra i quali la gestione per processi, la gestione per progetti, i Comitati guida. Gli indicatori diretti ed indiretti così individuati sono:

- presenza e partecipazione nei meccanismi di integrazione; - indicatori e strumenti di rilevazione dei bisogni dei clienti interni;

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- controllo dei processi per la soddisfazione dei clienti interni; - livelli di conflittualità con le altre strutture.

La scheda per la valutazione dei comportamenti organizzativi contiene l’indicazione dei fattori di valutazione e dei parametri generali da prendere in considerazione. In corrispondenza di ciascun fattore il valutatore indica il livello con il quale il valutato ha espresso quella particolare modalità comportamentale. In calce sarà poi segnata la valutazione complessiva.

La valutazione finale viene effettuata al termine del periodo di valutazione che, per la valutazione gestionale, è di un anno. Ogni tre mesi i dirigenti, che riferiscono alla Direzione generale, redigono un rapporto valutativo per l’OVPI che verrà poi trasmesso al Nucleo di Valutazione. La valutazione gestionale ha luogo con un colloquio finale tra “valutatore” e valutato nel corso del quale si verifica il grado e le modalità di raggiungimento degli obiettivi posti. Il colloquio in questione assume indubbia rilevanza in quanto consente, al valutato di indicare le cause e le ragioni che hanno influito sul raggiungimento degli obiettivi concordati. Esso è non solo utile ai fini della formulazione del giudizio, ma rappresenta anche un importante momento di confronto per la promozione e lo sviluppo delle risorse umane.

La valutazione non ha fini sanzionatori; infatti, il giudizio sarà negativo solo nell’eccezionale ipotesi in cui il valutatore non sia riuscito a cogliere alcuna positività nell’operato del dirigente.

Nell’apposita scheda verrà riportato per ogni obiettivo il risultato effettivamente raggiunto, cui verrà attribuito un punteggio tenendo anche conto del risultato atteso. Il valutatore segnerà la valutazione complessiva come sintesi delle valutazioni parziali precedentemente effettuate. La scheda, debitamente sottoscritta dal valutato, sarà poi trasmessa agli organi di supporto preposti.

Il momento di sintesi di tutto il processo valutativo è rappresentato dalla valutazione complessiva finale inerente sia all’area dei risultati sia all’area comportamentale.

La valutazione finale va comunicata dal valutatore al valutato mediante il colloquio, tenuto al termine del periodo di valutazione, nel corso del quale sono esaminati in maniera trasparente tutti gli elementi che hanno prodotto la performance complessiva. Successivamente il fascicolo sarà trasmesso agli organi preposti. Ove non si raggiunga un accordo tra “valutatore” e valutato sulla valutazione complessiva finale, il Nucleo di Valutazione convoca i soggetti interessati, sia valutatori che valutati, ascoltando le motivazioni che hanno portato al mancato accordo ed esprimendo un giudizio definitivo. L’intervento del Nucleo di Valutazione Aziendale, sia nella fase iniziale laddove non vi sia accordo sulla assegnazione degli obiettivi, sia nella fase finale laddove non vi sia accordo nella valutazione finale, è di notevole salvaguardia della dirigenza aziendale, per la imparzialità del giudizio e per le finalità principali che non sono certamente sanzionatorie, ma orientate alla valorizzazione delle risorse umane.

Tra gli elementi più significativi e caratterizzanti di tutto il processo valutativo adottato dalla ASL AV/2 c’è sicuramente la modalità con la quale si svolge la valutazione finale di prima istanza. Tutti i direttori di struttura complessa (direttori di distretto, di dipartimento,

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di presidio ospedaliero, di staff), che sono valutati dal Collegio di Direzione, si riuniscono in seduta plenaria riferendo allo stesso Collegio circa i risultati raggiunti rispetto agli obiettivi prefissati ed attribuendosi un punteggio finale che è la risultante dei punteggi parziali raggiunti per ogni obiettivo conseguito. L’OVPI esprime poi, al termine della relazione, la sua valutazione confermando o meno quella espressa dal valutando. La presenza contemporanea di un alto numero di dirigenti aziendali dà un valore aggiunto al processo valutativo, sia in termini di informazioni, conoscenze che di modelli, tecniche, ecc. che diventano patrimonio di tutti. L’autovalutazione, alla pari, diventa così operativa arricchendo di significato un processo che poteva diventare burocratico e statico. Il Nucleo di Valutazione Aziendale, quale organo di valutazione di seconda istanza, approva o meno la correttezza del procedimento, verifica un comportamento valutativo omogeneo di tutta la dirigenza aziendale, dirime le controversie che si verificano nelle varie fasi del processo valutativo.

La valutazione professionale dei dirigenti è effettuata dal Collegio Tecnico (per i dirigenti dell’area medico-veterinaria e sanitaria) e da un Organo equivalente per l’altra dirigenza. I due organi hanno composizione analoga. Sono costituiti da tre membri uno dei quali è designato dal dirigente valutato ed un altro scelto dal presidente. Il presidente è il Direttore del dipartimento del valutato. Le valutazioni effettuate dal Collegio Tecnico o Organo equivalente sono formulate con l’impiego di apposita scheda, tenuto conto anche del giudizio espresso dal Nucleo di Valutazione sul dirigente valutato, in modo da assicurare correttezza e coerenza con quanto già valutato dall’Azienda stessa.

Cascata valutativa: difficoltà e scelte dell’ASL AV/2

Particolarmente significative sono alcune scelte operate in merito alla cascata valutativa; in primo luogo il ruolo dell’Ufficio Qualità che si trova ad operare durante tutto il processo, nella fase iniziale di costruzione dell’atto di indirizzo, nella pattuizione con i direttori di struttura complessa, nell’interfaccia con il Nucleo di Valutazione. E’ un ruolo di guida, di raccordo e di coordinamento, ma sta anche a testimoniare la finalità principale del processo di valutazione che è quella del miglioramento dell’efficacia delle prestazioni e dei servizi offerti, oltre che della valorizzazione del capitale umano. Il dirigente preposto all’Unità Operativa Qualità e Accreditamento, programma una serie di incontri con i dirigenti delle articolazioni aziendali, sia per illustrare i contenuti dell’atto di indirizzo del Direttore generale, sia per dare suggerimenti sulla corretta compilazione della scheda e sulle modalità di svolgimento del processo valutativo. In tale occasione vengono proposti ai dirigenti ulteriori obiettivi “di qualità”, inseriti nel programma qualità aziendale.

Altra scelta originale è la individuazione del Collegio di Direzione, quale organo di valutazione di prima istanza dei direttori di struttura complessa. Si crea come è stato già detto in precedenza, una sorta di autovalutazione da parte di ciascun direttore (alcuni dei quali anche componenti di diritto del Collegio di Direzione) in un contesto che potremmo definire “alla pari”, dove il valore aggiunto è dato dalla comunicazione e dalla conoscenza

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costante di quello che ognuno fa in Azienda. Se c’è lo svantaggio di una valutazione spinta verso i valori positivi, c’è l’opportunità di creare momenti di discussione sempre più necessari in organizzazioni complesse come le aziende sanitarie.

Infine, nel 2006, si è operata una ulteriore scelta, quella di presentare le linee di indirizzo annuali a tutti i dirigenti a prescindere dall’incarico di posizione, attraverso riunioni con ogni singola struttura ed alle quali hanno partecipato tutti i dirigenti aziendali. Già da tempo si avvertiva la necessità di allargare a macchia d’olio la comunicazione per un argomento così importante, dato che gli anni di esperienza precedenti avevano più volte messo in luce una criticità: la scarsa conoscenza di tutto quello che si stava realizzando soprattutto da parte dei dirigenti con incarico professionale o responsabili di struttura semplice. Gli incontri, coordinati dal responsabile dell’Ufficio Qualità e dal referente per le attività sindacali, tutti verbalizzati da una segretaria, hanno riscosso un notevole successo, sia come presenze che come effettiva partecipazione alla discussione. (allegato esempio di verbale delle riunioni).

Sono state illustrate le linee di indirizzo, si è discusso della necessità di contenimento della spesa e delle azioni efficaci per il contenimento, di ulteriori impegni che i dirigenti devono assumere per l’anno in corso e della loro traduzione in obiettivi specifici, validi ai fini della valutazione annuale del dirigente. Le discussioni allargate hanno evidenziato ulteriori criticità, quali le difficoltà di integrazione tra distretti e dipartimenti o la mancanza di omogeneità nella raccolta dati dal territorio; allo stesso tempo si è diffusa la concezione di un processo valutativo non come atto formale e burocratico o di controllo e sanzione, ma come un processo di crescita di tutto il personale dell’Azienda.

Sempre nel 2006 si è fatto un primo tentativo di coniugare il processo valutativo della dirigenza con il processo di programmazione e controllo della gestione; controllo di gestione e valutazione delle prestazioni “condividono” infatti in pieno l’area della formulazione e della valutazione degli obiettivi di risultato. Questa coabitazione non è peraltro da intendersi una duplicazione di funzioni in quanto gli obiettivi si fissano e si negoziano una volta sola, così come unica è la misurazione e la valutazione. La valutazione delle prestazioni presta maggiore attenzione a tutte le variabili e aspetti di natura organizzativa e comportamentale della prestazione, che il controllo di gestione per le sue finalità trascura.

La sintesi tra i due processi potremmo trarla dalle seguenti considerazioni: “Gli obiettivi si possono raggiungere più facilmente se sono contrattati con un’autorità

sovraordinata e se c’è un meccanismo che ci dà soddisfazione qualora li raggiungiamo, e se, una volta raggiunti, fossimo in grado di dimostrarne il raggiungimento. Questo processo è un buon percorso partecipato e condiviso, fra l’alta dirigenza e le Unità operative, e poi a cascata, fra dirigenza delle unità operative e loro componenti, di fissazione del budget.

Il budget, in francese, era la borsa che teneva l’argent e che era appesa alla cintura delle braghe del viandante. Tanto aveva in tasca tanto poteva gironzolare per l’Europa. Per arrivare a Santiago de Compostela c’era bisogno di conoscenza delle strade, fiato,

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gambe, coraggio e soldi. Lo stesso per far rimettere in piedi una persona affetta da ictus cerebrale ischemico o da infarto miocardio acuto.

Tutti debbono prendersi degli impegni, per raggiungere gli obiettivi di budget, relativamente al proprio ruolo nel processo assistenziale, e debbono rispettarli, possibilmente testimoniando con la raccolta di dati su indicatori predefiniti il rispetto di questi impegni.

Su questi dati dovrebbe fondarsi la valutazione dei dirigenti e dei dipendenti. E su questi dati dovrebbero basarsi sia la corresponsione dell’indennità di risultato sia la conferma o meno dell’incarico a termine. Non su altro. O per lo meno non solo sul rispetto di vincoli economici più o meno imposti dall’alta dirigenza senza sottoporre a valutazione critica il mandato ogni volta che ce ne sia bisogno, e senza collegare tali vincoli a precisi obiettivi specifici di salute”28.

Conclusioni “Negli ultimi anni le Aziende sanitarie hanno dovuto affrontare cambiamenti epocali

nelle modalità di gestione, soprattutto delle risorse umane. Tali cambiamenti, per essere portati a compimento con successo richiedono non solo l’introduzione di strumenti e tecniche, ma anche una serie di pre-requisiti quali la cultura, la sensibilità. La valutazione delle prestazioni non si sottrae a questa regola e necessita, come e forse più di altri aspetti della gestione delle risorse umane, di potenti “dosi” di formazione e addestramento, informazione e comunicazione all’interno della struttura, prima di produrre gli effetti sperati.

28 Andrea Gardini : “Verso la qualità”, Centro Scientifico Editore.

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