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Vajont 9 ottobre 1963 Cronologia di una morte annunciata

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Vajont9 ottobre 1963

Cronologia di una morte annunciata

Vajont9 ottobre 1963

Cronologia di una morte annunciata

copyright © 2013Stefano Gambarotto

1° edizione 2013

Editrice StoricaTreviso

Grafi ca e impaginazione: uffi cio grafi co ISTRIT

Editrice Storica è un marchio di proprietà di ISTRITIstituto per la Storia del Risorgimento Italiano - Comitato di Treviso

Via Sant'Ambrogio di Fiera, 6031100 - TREVISO

email: [email protected]: www.istrit.org

ISBN 978-88-96674-18-5

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Stefano Gambarotto

VAJONT9 OTTOBRE 1963

Cronologia di una morte annunciata

Editrice StoricaTreviso

2013

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Alla mia famiglia e ai suoi più giovani componenti,i miei nipoti Riccardo e Gabriele

Ringraziamenti:

Museo «Longarone Vajont - attimi di storia»Pro Loco di Longarone

Roberto Sant (Presidente Pro loco di Longarone),Pro Loco di Erto e Casso

Vanni Martinelli (Presidente Pro Loco di Erto e Casso)Italo Filippin (Pro Loco di Erto e Casso)Parco Naturale delle Dolomiti Friulane,

Graziano Danelin (Direttore Parco Naturale Dolomiti Friulane)Rossella Lorenzi (Parco Naturale Dolomiti Friulane)

Associazione Guide Naturalistiche delle Dolomiti Friulane,Franco Polo (Coordinatore Guide Naturalistiche delle Dolomiti Friulane)

1925

Carlo Semenza: la scopertaNegli anni Venti del secolo scorso, c'è un uomo

che peregrina infaticabile tra le montagne del Ve-neto e del Friuli. E' l'ingegner Carlo Semenza, che si rivelerà uno dei più geniali progettisti ita-liani della sua epoca. Nel corso di quelle inter-minabili esplorazioni, scopre la gola del torrente Vajont, una forra stretta e profonda le cui pareti a strapiombo, si innalzano verso l'alto per centi-naia di metri. E' stata l'acqua a scavarle nella roc-cia, con il suo incessante scorrere, protrattosi nei millenni. Le faglie, le fratture e le discontinuità della massa rocciosa hanno poi fatto il resto. Per Semenza, l'incontro con il Vajont è una sorta di rivelazione. Ne resta folgorato, come Paolo di Tarso sulla strada di Damasco. Nato a Milano il 9 luglio 1893, all'età di 26 anni ha conseguito la laurea in ingegneria presso l'Università di Padova. E' il 1919 e il giovane ingegnere, affascinato dall'idraulica, inizia a collabora-re con Vincenzo Ferniani, di cui diviene allievo. Ferniani è un costruttore di dighe. Nel 1929 porterà a termine quella di Ceppo Morelli, sul torrente Anza, in Piemonte. Si tratta della prima opera di sbarramento realizzata nel nostro Paese con una volta a strapiombo verso valle. La costruzione sale verso l'alto protendendosi in avanti e lasciandosi la base alle spalle di modo che, al ter-mine dei lavori, il coronamento sporge sul vuoto. Un soluzione ingegneristica ardita che, nei decenni a seguire, sarà largamente utilizzata nelle dighe ad arco e che proprio in quella della Vaiont, ideata da Carlo Semenza, troverà la sua più spettacolare applicazione. Semenza è un sorta di artista. Affascinato dalla montagna, con i progetti cui da vita, in qualche modo la interpreta, per piegare le forze della natura ad una delle principali esigenze dell'uomo: la produzione di energia. Il futuro del Vajont si delinea subito chiaro nella mente del giovane ingegnere. Quello è il luogo ideale in cui creare un bacino idroe-lettrico. Le potenzialità sono enormi. Per farlo si dovrà chiudere la gola con un diga, ovvero il tipo di opera che rappresenta la vera vocazione di Semenza. Il Vajont diverrà un progetto grandioso. Ad esso egli lavorerà per anni modifi -candolo più volte. L'ingegnere si rende perfettamente conto di avere di fronte l'impegno che può dare senso e coronare un'intera vita professionale.

Carlo Semenza

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1927

Lo studio del geologo svizzero Jakob HugSemenza è un giovane tecnico che collabora con la Società idroelettrica

Veneta (SIV), fondata nel 1910. La SIV è nata con lo scopo di studiare e co-struire l'impianto idroelettrico del Boite ma fi n da subito si dedica all'elabora-zione di importanti progetti per lo sfruttamento dell'energia idraulica prodotta dai bacini montani. E' in questa veste dunque che, nel 1927, la società com-missiona al geologo Jakob Hug, molto noto nella Svizzera tedesca, un'analisi dell'area del Vajont, allo scopo di determinare il punto in cui dar vita ad un lago artifi ciale. Hug è particolarmente esperto nel campo dell'idrologia. Suo, ad esempio, è un corposo studio sulle acque sotterranee del cantone di Zu-rigo1. Hug sentenzia che il punto ideale in cui realizzare una diga si trova in corrispondenza del ponte di Casso.

1 Jakob Hug, Alfred Beilick Die grundwasserverhältnisse des Kantons Zürich, Berna, Kummerly & Freym 1934 (Le condizioni delle acque sotterranee nel cantone di Zurigo). Fa parte di: Beiträge zur geologie der Schweiz. Geotechnische serie. Hydrologie (Contributi alla geologia della Svizzera. Serie Geotecnica. Idrologia). Nel 1907 aveva già dato alle stampe Geologie der nördlichen Teile des Kantons Zürich und der angrenzenden Landschaften (Ge-ologia della parte settentrionale del cantone di Zurigo e dei paesaggi circostanti).

La valle del Piave e la forra del Vajont osservate da piazza Jacopo Tasso a Longarone.

La stretta del Vajont in zona Colomber: uno spuntone di roccia sul quale vi erano un albergo, un paio di fi enili, il ponte e l'antica chiesetta dedicata a Sant'Antonio.

La forra del Vajont prima della costruzioni della diga. In primo piano il ''ponte tubo''progettato dall'ingegner Prearo per condurre l'acqua dei bacini di Pieve di Cadore

e di Valle di Cadore attraverso la valle del Vajont. (Archivio Enel).

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1928

Il primo studio di Giorgio Dal PiazCostruire un bacino artifi ciale non è uno scherzo. Non lo è soprattutto

se l'invaso che dovrà ospitarlo si trova in un'area poco indicata dal punto di vista geologico. La zona che Semenza ha individuato è soggetta a frane e i valligiani che la abitano lo sanno da sempre. Su di essa si eleva una monta-gna che la saggezza popolare ha battezzato in modo inquietante: il Monte Toc. Con i suoi 1.921 metri, sovrasta il confi ne tra la provincia di Pordenone e quella di Belluno. Il termine «Toc» signifi ca «pezzo» ma, soprattutto in Friuli, indica anche qualcosa di marcio, di avariato, di guasto. L'ingegner Semenza è tutt'altro che intimorito dalla sfi da che l'ambiente selvaggio del Vajont gli propone. Da uomo di scienza è convito che l'ingegno possa avere sempre la meglio. Nel corso di quegli anni darà ripetutamente prova delle sue eccezionali capacità, lavorando alla progettazione e alla costruzione delle di-ghe di Sauris2 (1948), della Val Gallina (1951), della Valle di Cadore (1951), del Corlo (1953), de La Stua (1953), del Senàiga (1954), del Fedaia (1955) e dello Schenèr (1963). In buona parte di quelle imprese, al suo fi anco c'è un'altra fi gura di grande spessore. Si tratta dell'illustre geologo Giorgio Dal Piaz. Nato a Feltre nel 1872, da giovane esercita la professione di farmacista, prima di potersi dedicare fi nalmente alle sue vere vocazioni, la geologia e la paleontologia. Si laurea a 25 in scienze naturali e nel 1908 sale in cattedra presso l'Università di Padova. Dal Piaz diviene rapidamente un luminare ed è a lui che Semenza si rivolge per essere supportato nella stesura dei suoi pro-getti di sfruttamento idrogeologico delle aree del Friuli e del Veneto. Quando nel 1928 Giorgio Dal Piaz stende la sua prima perizia sul Vajont, ha 56 anni ed è all'apice della propria carriera. Benché l'ambiente non sia del tutto fa-vorevole dal punto di vista geologico, il professore giudica tuttavia possibile realizzarvi un invaso artifi ciale. La diga, a suo parere, può essere eretta a valle del ponte di Colomber. Nel documento datato 4 agosto, egli scrive che sul fi anco sinistro della valle, «i calcari presentano delle fessurazioni che non si limitano soltanto alla superfi cie della roccia, ma, [… ] sono assai più este-se e interessano, quindi, spessori maggiori». Ciononostante, «le condizioni strutturali dell'intera conca del Vajont, per quanto l'apparenza possa trarre nell'inganno, in sostanza non sono peggiori di quelle che si riscontrano nella grande maggioranza dei bacini montani dell'intera regione veneta»3

2 La sua costruzione ebbe inizio durante il 1941, in pieno secondo confl itto mondiale. All'inizio dei lavori, per la mancanza di mano d'opera, furono impiegati nel cantiere anche 300 prigionieri neozelandesi.3 Commissione di Inchiesta sulla sciagura del Vajont [nota anche come Commissione Boz-

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Da sinistra, il geologo Giorgio Dal Piaz, l'ingegner Carlo Semenza, progettista del ''Grande Vajont''e il professor Vincenzo Ferniani, primo maestro di Semenza. (E. Semenza, 2001).

La linea ferroviaria che porta a Longarone.

1929: IL PRIMO PROGETTO

Carlo Semenza, basandosi sugli studi di Hug e Dal Piaz, stila nel 1929 il primo progetto della diga che dovrà sfruttare l'energia prodotta dalla corrente del Vajont. Si tratta di uno sbarramento «ad arco» destinato a svilupparsi in altezza per 130 metri, andando a creare un lago artifi ciale capace di imbri-gliare 33 milioni di metri cubi d'acqua. Il progetto viene presentato a nome della già ricordata Società idroelettrica Veneta (SIV). Dovranno comunque passare ancora anni prima l'ambizioso sogno dell'ingegner Semenza possa trasformarsi in realtà. Nella sua mente però, egli già lo vede prendere forma e ingrandirsi sempre più. Ad ogni buon conto, la SIV presenta una domanda per ottenere la concessione di derivazioni dal torrente Vajont, in comune di Erto e Casso, al fi ne di produrre energia elettrica. L'iniziativa non ha seguito e nel frattempo sulla scena fa la sua comparsa una nuova protagonista: la SADE.

zi], Relazione al ministro dei lavori pubblici, Roma, Istituto Poligrafi co dello Stato, 1964. Di seguito: Commissione Bozzi.

L'ingegner Carlo Semenza al congresso sulle grandi dighe di Parigi nel 1951.

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Giuseppe Volpi conte di Misurata.

1934: COMPARE LA SADE

Nel 1934 la Società Adriatica di Elettricità (SADE) ingloba la SIV. La SADE è una creatura di Giuseppe Volpi conte di Misurata. Volpi è un capi-tano d'industria intelligente e determinato con molteplici interessi in vari set-tori dell'economia ma - in particolar modo – in quello del nascente comparto elettrico. E' uno dei creatori di Porto Marghera e della mostra del cinema di Venezia. Il titolo nobiliare se l'è conquistato grazie ai servigi che ha saputo rendere al fascismo. Vi aderisce fi n da subito, nel 1922, anno della marcia su Roma. Da buon capitalista italiano, Volpi sa che la politica è soprattutto un mezzo; è qualcosa di simile ad un autobus: vi si sale fi no a raggiungere la fermata desiderata. Poi, quando la corsa è fi nita, si scende e se ne prende un altro. Sarà fascista fi ntantoché Mussolini avrà ben salde nelle mani le leve del potere; diverrà antifascista nel preciso momento in cui il regime inizierà a dare segni di cedimento. Ad ogni buon conto, da ministro delle fi nanze del duce, promuove la legge che prevede fi nanziamenti pubblici fi no al 60% per la costruzione di dighe e impianti destinati a produrre elettricità. Con l'acqui-sizione della Società idroelettrica Veneta, l'azienda di Giuseppe Volpi fa suo – e amplia - anche il progetto della diga del Vajont che la SIV aveva elaborato.

La strada ''Longarone-Erto''. Sullo sfondo la ''Cartoneria Protti'' .

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1937: UN NUOVO PROGETTODopo una nuova relazione sulla geologia del Vajont, redatta ancora da

Giorgio Dal Piaz, Carlo Semenza presenta il progetto esecutivo della diga. L'opera non deve più sorgere all'altezza del ponte di Casso, come suggerito dal geologo svizzero Jakob Hug, ma nei pressi di quello del Colomber, in base alle nuove indicazioni di Dal Piaz. Perché questo cambiamento? Dieci anni prima, all'epoca della perizia del professor Hug, sarebbe stato impossi-bile impermeabilizzare in modo effi cace il calcare del Vajont. Ora, le nuove tecnologie, hanno reso questo problema superabile. Le dimensioni della strut-tura si possono dunque ingrandire. Adesso la diga è alta 190 metri e il lago che si formerà alle sue spalle, sarà capace di contenere 46 milioni di metri cubi d'acqua.

Pirago di Longarone negli anni Cinquanta.

Il ponte del Colomber.

DIGA DEL VAJONT

19DIGA DEL VAJONT

1939: L'INIZIATIVA DELLA «SOCIETÀ IDROELETTRICA DOLOMITI»

Qualcosa di nuovo – nel frattempo - sta prendendo forma. Nel 1939 infatti, Carlo Semenza presenta a nome della Società Idroelettrica Dolomiti (nata nel 1925) un progetto che prevede lo sfruttamento delle acque del torrente Boite e del fi ume Piave. Questa idea già contiene in nuce alcuni degli elemen-ti che poi, ulteriormente sviluppati, daranno vita ad un disegno di portata ben più ampia. La Società Idroelettrica Dolomiti non riuscirà però a dar corso ai suoi intendimenti. E' infatti destinata a scompartire. Larghe fette del suo pac-chetto azionario vengono acquisite da un'altra grande azienda del comparto energetico: la Società idroelettrica Piemontese. Quest'ultima ha strettissimi rapporti commerciali con la SADE del conte Volpi, una holding che sta ormai assumendo le dimensioni di un vero e proprio monopolio. Grazie a questi collegamenti, anche la SID, come già un precedenza la Società Idroelettrica Veneta, con tutte le sue attività, viene assorbita dalla SADE.

Il profi lo della diga del Vajont tratteg-giato sulla forra del torrente omo-nimo. La costru-zione dell'opera comportò la per-dita di un ambien-te naturale unico. (SADE).

21Longarone: la chiesa arcipretale di Santa Maria Immacolata.

1940

20 gennaio 1940 La SADE presenta una nuova istanza, con la quale chiede di sfruttare le ac-

que del Piave, degli affl uenti Bojte e Vajont e di altri minori.4 Il progetto della SID, proposto appena l'anno precedente, è stato ora ampliato. Carlo Semenza sta sviluppando un disegno visionario e ardito che, anni più tardi, verrà iden-tifi cato con il nome di Grande Vajont. Di che cosa si tratta? L'idea è quella di creare sul Vajont un impianto il cui funzionamento sia integrato con quelli delle valli che lo circondano. In pratica, si tratta di realizzare un gigantesco sistema di vasi comunicanti, destinati a sfruttare la forza prodotta dalle acque del Boite, del Piave, del Maè, del Vajont e del bacino della Val Gallina. Il complesso di impianti avrebbe fornito energia suffi ciente a Venezia e a tutto il Triveneto anche durante la stagione secca. Come doveva funzionare? Si trat-tava di «immagazzinare» le acque del Piave all'interno del nuovo bacino che sarebbe stato realizzato sul Vajont. Qui l'acqua doveva defl uire dopo essere stata già sfruttata dalla diga di Pieve di Cadore. Al Vajont inoltre, erano col-legati, grazie ad un complesso sistema di condotte e di ponti-tubo, i due laghi di Vodo e Valle di Cadore - alimentati dal torrente Boite – quello di Pontesei – il cui invaso era riempito dal fl usso del Maè – e il bacino della Val Gallina che serviva la centrale di Soverzene, capace di 220 MW e a quel tempo la più grande d'Europa. Tutta l'acqua necessaria a muovere le turbine di Soverzene, nel momento in cui raggiungeva il bacino della Val Gallina, era stata già sfrut-tata a monte da un sistema di piccole centrali costruite a Pontesei, a Gardona e sul Colomber (per il Vajont). Nella sua istanza, la SADE «chiede di utilizzare i defl ussi del Piave, degli affl uenti Boite, Vajont e altri minori per scopi idro-elettrici. Con tale domanda era prevista fra l'altro l'utilizzazione dei defl ussi regolati da un serbatoio della capacità di 50 milioni di metri cubi, creato mediante la costruzione, nel Vajont, di una diga alta 200 metri sottendente un bacino imbrifero di 52 chilometri quadrati»5.

5 giugno 1940Il professor Giorgio Dal Piaz presenta una nuova relazione geologica sul

Vajont.

10 giugno 1940Mussolini, illudendosi che la Germania nazista l'abbia già vinta anche per

lui, dichiara guerra alla Francia e all'Inghilterra. L'Italia entra così nel secon-

4 Commissione Bozzi, cit., p. 18.5 Commissione Bozzi, cit., p. 18

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do confl itto mondiale. Sul Vajont i piani della SADE subiscono un'improvvi-sa battuta d'arresto. Si tratta però soltanto di un rinvio. Il denaro non dorme mai recita il titolo di un famoso fi lm e, come un ragno al centro della tela, la creatura del conte Volpi, se ne resta in paziente attesa, pronta a sfruttare ogni occasione utile a realizzare i suoi disegni.

Il primo treno transita per la stazione di Longarone-Zoldo. Sotto: Piazza Umberto I°.

1943

15 ottobre 1943L'occasione che la SADE sta aspettando si presenta nel 1943. Il 25 luglio è

stato approvato l'ordine del giorno Grandi che ha sancito la fi ne del fascismo. L'8 settembre l'Italia ha fi rmato con gli alleati l'armistizio di Cassibile. Il re è fuggito al sud, l'esercito si è dissolto e nel Paese regna il caos assoluto. Il 16 ottobre gli ebrei del ghetto di Roma vengono deportati dai nazisti eppure il giorno prima, la SADE riesce a far convocare nella capitale una riunione della IV° Sezione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, l'organi-smo che deve rilasciarle la sospirata autorizzazione a costruire la diga del Vajont e da cui dipende il futuro del suo faraonico progetto. Il denaro non dorme mai: lo abbiamo ricordato qualche riga più sopra. Possiede innata la capacità di sopravvivere ad ogni situazione. Un istinto di sopravvivenza, dal fascino sinistro, che sembra guidarlo anche quando il resto del mondo gli sta crollando intorno. I membri della IV° Sezione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici sono 34 ma alla riunione del 16 ottobre si presentano solo in 13. Il numero legale non viene raggiunto.6 Le deliberazioni dell'assemblea non sono dunque valide ma la cosa non ha molta importanza. In un momento storico come quello non si può badare troppo alle forme e il provvedimento tanto atteso dalla società di Giuseppe Volpi viene adottato.7 Sembra incredi-

6 Le cause e le responsabilità della catastrofe del Vajont. Relazione presentata alla Com-missione d'inchiesta parlamentare / dai parlamentari del Partito comunista italiano, on. Bu-setto e altri, Roma, Bardi, 1965.7 Giuseppe Volpi era stato nominato da Mussolini Presidente della Confi ndustria nel 1934. In quella veste si era fatto portavoce degli interessi degli industriali, garantendo la loro colla-borazione al fascismo. Il sostegno di Volpi al disegno mussoliniano comincia a vacillare nel corso del 1943. I rovesci subiti dalle forze italiane sui diversi fronti nei quali sono impegnate, hanno fatto aprire gli occhi al conte di Misurata. Il fascismo sta imboccando la via del tra-monto. Destituito da Mussolini, alla vigilia della seduta del Gran Consiglio che avrebbe san-cito la caduta del «duce», Volpi tenta per due volte di riparare in Svizzera ma viene arrestato dalle SS e incarcerato a Regina Coeli dove rimarrà per due mesi. Sarà liberato – anche in ra-gione delle sue condizioni di salute - grazie all'intervento del maresciallo Graziani e riuscirà, fi nalmente, a riparare nella confederazione elvetica. E' ormai un uomo malato e stanco. Dalla Svizzera allaccia contatti con il mondo dell'antifascismo e con l'area democratico-cristiana. Grazie ad esse si costituirà una serie di benemerenze che gli consentiranno di far dimenticare la sua lunga collaborazione col fascismo. In proposito si veda Merlin, Vaiont 1963…, cit., n. 3, pp. 36-37. Dopo la guerra grazie all'Amnistia Togliatti e alle testimonianze a suo favore di autorevoli personalità antifasciste, è prosciolto da ogni accusa. Muore a Roma nell'autunno del 1947. Come si legge nella biografi a scritta da Sergio Romano, soffriva da anni di diabete e nel referto medico presentato in occasione dei procedimenti che lo videro coinvolto dopo la fi ne della guerra, si parla anche di «grave arterosclerosi con manifestazioni importanti» il

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bile ma, ai massimi livelli, il cammino amministrativo del Grande Vajont ha inizio, «con un atto illegale».8

che fa supporre che fosse affl itto anche dal morbo di Alzheimer. Cfr.: Sergio Romano, Giu-seppe Volpi, Venezia, Marsilio, 1997.8 Tina Merlin, Vaiont 1963, La costruzione di una catastrofe, Venezia, Il Cardo, 1993, p. 34.

Il cimitero di Casso. Ottobre 1963. (Photo Missinato Pordenone)

1948

24 marzo 1948: la fi rma del decreto di concessioneNell'autunno del 1947, è morto a Roma Giuseppe Volpi, conte di Misurata.

Era malato da lungo tempo. Alla presidenza della SADE subentra Vittorio Cini. Il parere favorevole alla costruzione della diga del Vajont, concesso 5 anni prima alla SADE, dalla IV° Sezione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, pur in assenza del numero legale dei membri della commissione medesima, viene comunque ritenuto valido e il 24 marzo 1948, il presidente della Repubblica, il liberale Luigi Einaudi, fi rma il relativo decreto di con-cessione. Costruire un diga non è impresa da poco e, almeno sulla carta, i controlli sono severissimi. Molti organismi pubblici sono chiamati vigilare. In primis il Genio Civile che, in base alle normative allora vigenti, dispo-ne di poteri molto ampi e rappresenta sul posto il potere di controllo del-lo Stato. Può far sospendere i lavori, se accerta che questi non offrono le garanzie necessarie alla riuscita dell'opera, può autorizzare invasi parziali a titolo sperimentale e prendere tutte le misure urgenti che siano necessarie alla tutela dell'incolumità pubblica. Altra fi gura centrale è poi quella dell'As-sistente Governativo nominato dal Genio Civile. Si tratta di un tecnico che dovrebbe essere presente in cantiere fi n da prima dell'inizio dei lavori allo scopo di sottoporli a continua sorveglianza e di riferire all'autorità pubblica sul loro andamento. Fra gli organi di controllo è anche la più volte ricordata IV° Sezione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, dalla quale dipende il Servizio Dighe che vigila sulla costruzione e sul successivo funzionamento dell'opera. Esso deve inoltre esprimere il proprio parere sui progetti e sull'ini-zio delle operazioni di collaudo e rilasciare il nulla osta alle operazioni di invaso parziale. Il presidente della °IV Sezione del C.S. LL.PP. nomina infi ne la Commissione di Collaudo.9

25 marzo 1948: nuova perizia di Dal PiazIl giorno dopo la ratifi ca della concessione da parte del Presidente della

Repubblica. Il professor Dal Piaz deposita una nuova relazione geologica nella quale spiega che «i numerosi sopralluoghi effettuati in sito, i sondaggi e i cu-nicoli eseguiti avevano confermato che la diga, nella sezione prescelta, veniva ad impostare per tutta la sua altezza e, cioè, fi no al nuovo livello massimo asse-gnatole, nella zona in cui la roccia, generalmente ottima, si presentava, nel suo complesso, più compatta». L'opera di Carlo Semenza e ora alta 202 metri.

9 Per più dettagliate indicazioni relative agli organi di controlla si veda: Relazione Bozzi, cit., pp. 6-7.

La passerella sull'«orrido» del Vajont. (www.vajont.info).

29La diga di Valle di Cadore, uno degli impianti SADE destinati a far parte del «Grande Vajont. (SADE).

15 maggio 1948: domanda di varianteNon sono passati nemmeno due mesi dal momento in cui ha ottenuto la

sospirata concessione al progetto della diga sul Vajont, che la SADE già pre-senta una domanda di variante destinata ad accrescere ancora le potenzialità dell'impianto. Ora, sfruttando le acque del Piave, del Boite e del Vajont, esso dovrà dare vita ad un serbatoio della capacità di 58 milioni di metri cubi. Dovranno comunque passare quattro anni prima che alla SADE sia rilasciata una nuova concessione.

5 ottobre 1948: pratiche di esprorioMentre attende che le autorità competenti approvino la variante al progetto

della diga, la SADE, forte della concessione appena ottenuta, stringe i tempi. Poiché non può realizzare l'impianto su terreni che non sono di sua proprietà, deve iniziare le pratiche per l'esproprio, cominciando con quelle relative alle terre di proprietà comunale. In agosto trasmette dunque le pratiche relative alla giunta comunale di Erto, che le prenderà in esame, approvandole, il 5 ottobre 1948. Ogni cosa era pronta già da tempo: lista delle superfi ci da espro-priare, intestazioni catastali e relative perizie di stima. In tutto il comune deve cedere oltre 88 ettari di terre. La delibera viene trasmessa al consiglio comu-nale per la defi nitiva approvazione.

11-15 ottobre 1948: scambio di lettere Semenza-Dal PiazLa procedura per gli espropri è partita. Nella mente di Carlo Semenza, il

progetto del Vajont sta diventando qualcosa di sempre più grandioso. L'in-gegnere è cosciente del fatto che quella sarà l'opera più importante della sua intera vita. Una sorta di monumento destinato ad eternarne il nome. Le sue ambizioni di tecnico si sposano con quelle economiche della SADE. L'11 ottobre 1948 egli indirizza una lettera al professor Dal Piaz con la quale lo rende partecipe del suo sogno. «Si tratterebbe ora – scrive - di esaminare la possibilità di elevare il livello del serbatoio oltre la quota attualmente prevista (677), eventualmente fi n verso la 730. [...] Gradirei anche qui il suo parere». L'ingegnere vuole rassicurazioni sull'effettiva tenuta dell'invaso. Se-menza infatti è certamente un progettista geniale, ma il parere di Dal Piaz gli è indispensabile per confermare che costruire non è rischioso. Il professore ha ormai 76 anni ma la sua credibilità scientifi ca è indiscussa. Tuttavia, di fronte a questa nuova richiesta di Semenza si dimostra dubbioso e – nella missiva con cui 15 ottobre gli risponde – confessa che «i nuovi problemi prospettati – gli – fanno tremare le vene dei polsi».10 Lo sbarramento che Semenza im-

10 Armando Gervasoni, Il Vajont e le responsabilità dei manager, Milano, Bramante, 1969,

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magina raggiunge ora i 266 metri di altezza e il bacino che si riempirà alle sue spalle potrà contenere 150 milioni di metri cubi d'acqua. Alla fi ne sarà la diga a volta a doppio arco più alta del mondo. Nella sua risposta Dal Piaz scrive comunque di non vedere ostacoli ad un innalzamento dell'opera. Naturalmen-te, poiché «dalle quote dei primitivi progetti del 1940 si salirebbe di non poco più elevati – questi – dal punto di vista geologico, richiedono un esame scrupoloso». Il professore sostiene che si dovrà prestare attenzione ai fi anchi della valle ed in particolare a quello destro. «Altro problema - scrive – è quel-lo della stabilità del paese di Erto, le cui condizioni vengono naturalmente peggiorate dal considerevole innalzamento della quota di invaso.

21 dicembre 1948: ancora una perizia di Dal PiazAderendo alle richieste di Semenza, il professor Dal Piaz presenta una

nuova perizia che ha per oggetto «La struttura geologica della Valle del Va-jont agli effetti degli smottamenti dei fi anchi che possono derivare dal pro-gettato invaso e dalle oscillazioni del livello del lago». Il problema è in realtà molto semplice: il Monte Toc è simile ad un gigantesco scivolo di roccia levigata e fortemente inclinata. Sopra a questo «scivolo» se ne sta appoggiata da millenni un superfi cie di materiale detritico di varia natura. Un «carico» enorme e pronto a precipitare a valle se sollecitato nel modo sbagliato. La diga darà vita a un lago artifi ciale proprio alla base del monte. Che accadrà un volta che l'invaso sarà riempito d'acqua? Quali saranno gli effetti sulla parete del Toc? Al suo salire, il liquido impregnerà i fi anchi dell'altura? Si insinue-rà fra lo «scivolo» e il «carico»? E come reagirà la montagna nel momento in cui il livello del bacino dovesse essere abbassato? Le diverse perizie del professor Dal Piaz pongono l'attenzione soprattutto su tre zone della valle: Erto e Pineda dove, a suo parere, i detriti sarebbero meno stabili e il versante sinistro fra Pineda e la diga. «I1 prof. Dal Piaz concludeva che non erano da temersi - nonostante l'aspetto delle zone - smottamenti di enti-tà maggiore di quelli che, normalmente, avvengono nei bacini artifi ciali, in conseguenza delle variazioni del livello delle acque. Per quel che riguardava il tratto del Toc compreso fra Pineda e la diga, esso ''si presentava come una parete di roccia in posto [cioè solida] , sia pure interessata da fessurazioni di varia natura; la spianata sovrastante (ripiano della Pozza) era in gran parte coperta da una coltre di terreno vegetale''. […] Lo studio geologico del

pp. 23-24. Il carteggio intercorso tra Semenza e Dal Piaz – sequestrato dopo la sciagura – è citato nella Sentenza del Giudice Istruttore Mario Fabbri, Tribunale di Belluno, n. 85-64 - G.I. – 20 febbraio 1968. E' naturalmente ripreso da numerosi autori. L'originale sta in: Elenco dei documenti processuali, Documento 5103, Raccoglitore 149.

bacino aveva [dunque] portato a conclusioni nell'insieme favorevoli.»11 Dal Piaz insomma, non esclude la possibilità di smottamenti ma si dichiara con-vinto che essi saranno «meno ingenti di quanto si poteva sospettare, a prima impressione.» Il geologo consiglia infi ne lo «scavo di cunicoli esplorativi e di qualche pozzetto nella zona di Erto, per una conoscenza più approfondita delle condizioni locali.» 12

11 Commissione Bozzi, cit., p. 20.12 Commissione Bozzi, cit., p. 18.

La stazione ferroviaria si Longarone-Zoldo prima della tragedia

La chiesetta di Sant'Antonio.

35Erto - Val Vajont - Ponte nuovo sul Vajont.Erto - Val Vajont - Ponte nuovo sul Vajont.

1949

23 gennaio 1949: l'esproprio delle terreIl Consiglio Comunale di Erto e Casso si riunisce il 23 gennaio 1949.

All'ordine del giorno c'è un argomento di grande importanza: la ratifi ca della cessione delle terre di pubblica proprietà, già approvata dalla giunta, sul fi -nire dell'anno precedente. La somma che la SADE offre in base alle perizie di stima che ha prodotto e che sono state realizzate da un suo dipendente, è di 3.500.000 lire dell'epoca. Il prezzo al metro quadro ammonta a 3 lire e 94 centesimi. Non si tratta certo di un'offerta generosa senza contare il danno che ne deriverà ai cittadini. Inoltre, poiché quelle terre sono «sottoposte ad usi civici», il denaro dovrà essere vincolato in titoli di stato presso il Ministero dell'Agricoltura e Foreste. Da questa operazione insomma, il comune e i suoi abitanti ricavano solo danni. Ma non è ancora fi nita. Dopo qualche tempo si scopre che – a causa di un errore – sono stati ceduti alla SADE anche terreni di proprietà privata, ovvero appezzamenti che nel 1908 erano stati assegnati ad in gruppo di cittadini di Casso. Il passaggio di proprietà però non era stato trascritto al catasto e quindi la SADE, nel compilare l'elenco dei terreni rite-nuti pubblici da espropriare, si è basata su dati errati. E' un pasticcio cui se ne aggiunge ben presto un altro. I 3.500.000 di lire che la società di Venezia ha versato al comune per entrare in possesso delle terre pubbliche, dovrebbero essere girati al Ministero dell'Agricoltura e Foreste. L'Amministrazione comu-nale però li ha già spesi per altre necessità indifferibili. Inoltre dovrebbe anche restituirne una parte alla stessa SADE, avendoli incassati per la cessione di terreni non suoi. Come uscire da una simile impasse? Nessun problema: è la stessa SADE che interviene prestando la cifra necessaria al Comune.13

13 Si veda in proposito: Merlin, Vajont 1963…, cit., pp. 32-33.

La sala macchine di un impianto SADE.

37Longarone 1962.Longarone 1962.

1952

18 marzo 1952: la passerella sul lagoNel suo quotidiano confronto con l'Amministrazione Comunale e con i

cittadini di Erto e Casso - che ormai cominciano a comprendere quali conse-guenze avrà per loro la costruzione della diga - la SADE si serve del vecchio e collaudato metodo del bastone e della carota. A volte i suoi rappresentanti alzano la voce, altre volte invece si presentano portando doni. I valligiani che sono proprietari di terre sul fi anco del Toc, con la comparsa del lago non po-tranno più raggiungerle se non compiendo un lungo giro. Il 18 marzo 1952, la società promette dunque la costruzione di una passerella sul lago che colle-gherà la valle con la sponda sinistra del bacino.

18 dicembre 1952: il decreto del PresidenteNel frattempo la società resta in paziente attesa che la sua domanda di

variante al progetto della diga – presentata ormai quattro anni prima - venga approvata. Il cammino della pratica è lungo ma alla fi ne il sospirato decreto del Presidente della Repubblica che ratifi ca la concessione alla variante, viene fi rmato il 18 dicembre 1952.

La festa di San Giorgio sul Colomber negli anni Trenta. A destra la chiesetta dedicata al Santo.