Vademecum Sicurezza Soluzioni organizzative e innovative ... · la migliore approssimazione...

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VADEMECUM SICUREZZA Soluzioni organizzative e innovative nelle cooperative sociali Progetto di ricerca e sperimentazione realizzato con il contributo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali Centro ricerche Documentazione e Studi vademecum sicurezza Soluzioni organizzative e innovative delle cooperative sociali Vademecum Sicurezza Soluzioni organizzative e innovative nelle cooperative sociali Nonostante i margini economici spesso inadeguati, le difficoltà di operare con lo svantaggio, l’insensibilità di molti committenti, la moltitudine dei cooperatori del sociale convolti nello studio ha mostrato di essere attrezzata per organizzare propri canoni di sicurezza aziendale. Ma è necessario migliorare, sfruttando anche le opportunità offerte dalla recente riforma. lega_er_vademecum_sicurezza_cvr.indd 1 28/05/13 18:16

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VADEMECUM SICUREZZA

Soluzioni organizzative e innovative nelle cooperative sociali

Progetto di ricerca e sperimentazione realizzato con il contributo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali

Centro ricercheDocumentazionee Studi

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Vademecum SicurezzaSoluzioni organizzative e innovative nelle cooperative sociali

Nonostante i margini economici spesso inadeguati, le difficoltà di operare con lo svantaggio, l’insensibilità di molti committenti, la moltitudine dei cooperatori del sociale convolti nello studio ha mostrato di essere attrezzata per organizzare propri canoni di sicurezza aziendale. Ma è necessario migliorare, sfruttando anche le opportunità offerte dalla recente riforma.

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Progetto di ricerca e sperimentazione realizzato con il contributo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali

VADEMECUM SICUREZZA

Soluzioni organizzative e innovative nelle cooperative sociali

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Centro ricercheDocumentazionee Studi

Si ringraziano le cooperative sociali, che hanno contribuito condividendo con noi le loro esperienze e rispondendo ai questionari di rilevazione. Grazie ai testimoni privilegiati che hanno completato il quadro di riferimento e a Marina Atti e Angelo Algieri in qualità di membri del comitato scientifico del progetto.Grazie a Marilena Raule, che ha curato la revisione di tutta la pubblicazione.

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“Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l’amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra: ma questa è una verità che non molti conoscono”.

— Primo Levi, “La chiave a stella”, 1978

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Sommario

Presentazione 9

Introduzione ai temi della ricerca 11

Il progetto di ricerca: il percorso sviluppato 13

Lo strumento quantitativo. L’indagine statistica 14

Gli strumenti qualitativi. Interviste e workshop 15

Dalla ricerca all’azione 16

Indagine conoscitiva: la sicurezza nelle attività delle cooperative sociali 19

Il campione coinvolto e quello effettivo 19

Gestione di servizi esternalizzati 22

Lavoratori svantaggiati, in particolare disabili 32

Organizzazione e gestione della sicurezza nelle cooperative sociali 39

Capitolo 1. Riunione allargata di individuazione dei rischi 43

1.1. Considerazioni e proposte sul modello di gestione della sicurezza nelle cooperative sociali 44

1.2. Politica per la sicurezza sul lavoro 47

1.3. Pianificazione 48

1.4. Struttura e organizzazione del sistema 52

1.5. Compiti e responsabilità 52

1.6. Coinvolgimento del personale 56

1.7. Proposte di procedure operative 65

Capitolo 2. Monitoraggio dei rischi da parte dei lavoratori 71

2.1. Partecipazione, consapevolezza, formazione 712.2. Informazione e flussi comunicativi 73

2.3. Proposte di procedure operative 75

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Capitolo 3. Procedura per il Medico Competente 81

3.1. A partire dalla normativa 81

3.2. Il punto di vista delle cooperative di tipo B e A+B. 84

3.3. Cosa sono le UVH 85

3.4. Lo strumento utilizzato: la Valutazione multidimensionale (VMD) 85

3.5. Che cosa misura la VDM e come funziona 85

3.6. Proposta di procedura operativa per il Medico Competente 90

Capitolo 4. Modalità formative per disabili fisici, psichici ed intellettivi 93

4.1. Borsa lavoro 95

4.2. Convenzione inserimento lavorativo 95

4.3. Clausole sociali ed appalti riservati 97

4.4. Clausole proposte all’interno di convenzioni di inserimento lavorativo per disabili 98

4.5. Formazione e addestramento legati al contesto lavorativo 103

4.6. Tipologie di lavoratori delle cooperative di tipo B 103

Capitolo 5. Valutazione dei rischi per gli operatori addetti all’assistenza domiciliare 111

5.1. Servizi di assistenza domiciliare 111

5.2 Modalità di intervento 112

5.3 Principali contesti lavorativi di riferimento: abitazioni degli utenti e principali rischi 112

5.4 Proposta di procedura operativa 115

Capitolo 6. Possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale, clausole contrattuali e possibili integrazioni delle stesse 117

6.1. Rimando a clausole contrattuali e possibili integrazioni delle stesse 117

6.2. Altri ambiti 119

6.3. DUVRI 119

6.4. Analisi di clausole specifiche in un contratto di appalto-tipo 120

6.5. Scheda rappresentativa del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale 123

6.6. Analisi di un contratto di appalto generico valevole per l’esecuzione di servizi 126

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6.7. Documento unico di valutazione dei rischi di cui all’art.26 TUS (allegato 1) 133

6.8. Estratto del documento di valutazione dei rischi 135

6.9 Tariffe concordate per il servizio appaltato (allegato 2) 137

6.10. Verbale congiunto relativo al sopralluogo ed ai costi della sicurezza (allegato 3) 138

Raccomandazioni relative alle attività di formazione per le cooperative sociali 141

Appendice: Emilia Romagna e cooperazione sociale, quadro legislativo di riferimento 147

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Presentazione

I l lavoro presentato in questa pubblicazione intende essere un contributo e uno stimolo proposto al mondo della cooperazione sociale, alle organizzazioni e alle persone, che si occupano di sicurezza sul lavoro.

È il frutto di una ricerca-azione, finanziata dal Ministero del lavoro e delle politi-che sociali e realizzata da Legacoop Emilia Romagna, Legacoop Bologna e dal CDS Centro ricerche Documentazione e Studi di Ferrara.

Il progetto è stato promosso nella consapevolezza che il lavoro realizzato dalle per-sone che operano nella cooperazione sociale necessita di approfondimenti e rifles-sioni connesse alla peculiare specificità.Si sente parlare molto di lavoro sociale e di lavori svolti nell’ambito del terzo settore e molte volte si corre il rischio di sottovalutare le peculiarità e i vincoli delle diverse organizzazioni.

A volte molti dimenticano che le cooperative sociali sono vere imprese che opera-no su mercati che richiedono efficienza ed efficacia, imprese che non possono per-mettersi gestioni dissennate e che operano nel rispetto della legalità ottemperando agli adempimenti contabili, fiscali e giuslavoristici.

Imprese che applicano un regolare contratto collettivo nazionale di lavoro dispo-nendo di personale qualificato regolarmente retribuito, che partecipa a formazioni permanenti, ben organizzato da adeguate strutture tecniche attente a rispettare le leggi, in particolare il decreto legislativo 81 del 2008.

L’attenzione alla salute e alla sicurezza sul lavoro non è solo connessa al rispetto di un’importante normativa, ma è conseguente ad una sensibilità molto spesso ren-dicontata nei bilanci sociali e propria della cooperazione di lavoro dove i soci, in quanto “proprietari collettivi” della propria impresa e in una dimensione di mu-tualità e di mutuo aiuto, prestano particolare attenzione alle condizioni di lavoro.

La ricerca è stata realizzata per approfondire gli ultimi cambiamenti normativi e le specificità delle attività realizzate dalle cooperative sociali a cui va rivolta la nostra gratitudine per aver fornito, con grande disponibilità e trasparenza, informazioni e dati fondamentali partendo dalla propria specifica realtà e nella consapevolezza che il loro contributo potrà diventare patrimonio comune a tutte le cooperative.

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Le riflessioni e le conclusioni presenti in questa pubblicazione sono quindi una tappa di un percorso che ha già esperienze e radici e che, arricchendosi di ulteriori apporti, intende essere uno stimolo per proseguire permettendo alle lavoratrici e ai lavoratori delle cooperative sociali di svolgere al meglio il proprio importante lavoro.

— Alberto AlberaniLegacoop Sociali

— Roberta Trovarelli Legacoop Emilia Romagna

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Introduzione ai temi della ricerca

È noto che dapprima esiste un fenomeno, poi, a tempo debito, la legge lo disci-plina.Siamo nei primi mesi del 2009 quando alcune cooperative sociali rappresen-

tano a Legacoop Nazionale l’esigenza di regole più specifiche, dettate per il settore, al fine di una migliore gestione della prevenzione e della sicurezza in contesti la-vorativi particolari.

Viene fatto presente, infatti, che norme nate per il mondo produttivo e per quello dei servizi, concepiti in modo tradizionale, mal si adattano al contesto assai diffe-renziato, specifico e diffuso rappresentato dalla cooperazione sociale.Questa istanza viene coltivata. Accade così che il Decreto legislativo n.106 del 2009, correttivo del Testo Unico Sicurezza, recepisce la possibilità per il comparto delle cooperative sociali, di ammettere particolari modalità di svolgimento delle attività che queste devono osservare nell’applicazione del D. Lgs. 81/2008. Uno specifico de-creto avrebbe concretamente reso operante tale particolare applicazione.

Proprio in questa fase, posta tra una normativa esistente ma in anticipo sulla successiva attuazione avvenuta con il Decreto dell’aprile 2011, si colloca tempo-ralmente la volontà di occuparsi di organizzazione e sicurezza nelle attività delle cooperative sociali, procedendo ad una disamina di situazioni organizzative, delle problematiche affrontate, ma anche delle opportunità da mettere a sistema.

In buona sostanza, proprio l’apertura sulle disposizioni prevenzionistiche, ammes-se per il comparto delle cooperative sociali, ha fornito alla nostra piccola equipe lo spunto per ipotizzare un sistema organizzativo più flessibile ed adeguato partendo da una vaga, ma proprio per questo ampia, traccia normativa. Per ottenere tale risultato si è cominciato dall’analisi dell’esistente, sondando problematiche, limiti interni ed esterni tali da ostacolare la strada verso risultati efficaci nelle situazioni lavorative delle cooperative socio-assistenziali e di inserimento lavorativo.

L’analisi di contesto rivolta alle cooperative sociali rientranti nel campione ha con-fermato una forte sensibilità aziendale alla problematica, un’inaspettata capacità di innovazione nel rispettare la normativa standard, seppure coniugata con metodi-che compatibili con le particolarità dei vari contesti lavorativi. In particolare, dal contenuto dei questionari, dalle interviste e dagli interventi di cooperatori sociali

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ai workshop organizzati per la ricerca, emerge lo sforzo di adeguamento sopra rap-presentato. Ma lo sforzo non è garanzia di risultato e il risultato è presidiato da norme penali. Fortunatamente, la cooperazione sociale è nata per farsi carico, in-carnando quel concetto di incredibile volo del calabrone a dispetto delle leggi della fisica, evocato con efficacia da Ivano Barberini.

Proprio per questo, alcuni risultati della ricerca andrebbero raggruppati sotto il titolo “Nonostante tutto”. Ovvero: nonostante i margini economici spesso inade-guati, le difficoltà di operare con lo svantaggio, l’insensibilità di molti committenti, la moltitudine dei cooperatori del sociale, coinvolti nello studio, ha mostrato di essere attrezzata per organizzare propri canoni di sicurezza aziendale.Ma è necessario migliorare! sfruttando anche le opportunità offerte dalla recente riforma.

Ora, lo studio che ci siamo prefissati ha portato all’elaborazione, nonché al rece-pimento di alcune buone pratiche da proporre, nonché all’indicazione di possibili clausole contrattuali da adottare per coniugare la legittimità di comportamento con le particolari modalità di svolgimento delle attività che queste devono osservare nell’applicazione del D. Lgs. n. 81/2008, di cui si è detto più sopra. Il tutto corredato da una rilevante raccolta di informazioni e di metodologie utili ad una ricostruzione dello stato di recepimento della sicurezza del lavoro nel com-parto del sociale.

Un particolare spazio è riservato anche alle metodologie ritenute più efficaci per effettuare l’informazione e la formazione verso i soggetti svantaggiati.Ma gli studi, come quello redatto, non sono per gli scaffali e ancor meno per i ripia-ni più alti. Al contrario, sono fatti per essere utilizzati e divulgati tra i cooperatori e nelle sedi istituzionali preposte alla materia.

Questo è l’invito non formale rivolto al lettore che si accinge alla visione dello stu-dio che qui si presenta. L’invito è ancora più accorato in considerazione del fatto che i committenti e gli interlocutori in genere della cooperazione sociale, dall’esperienza empirica di chi scrive, non sono neppure a conoscenza del DM 13 aprile 2011 e, dunque, non predi-sposti, per così dire, ad accogliere lo spirito fortemente innovativo in esso declinato per le situazioni lavorative fuori dallo standard.

Da un lato, dunque, compete al Movimento cooperativo la diffusione di schemi organizzativi alternativi, ma legittimi, presso gli enti cooperativi, mentre compete agli interlocutori del sociale conoscere e valutare i possibili modelli proposti. Con questo auspicio di reciproca contaminazione, giustificata dal comune fine di ottenere condizioni di lavoro sicure e conformi alla normativa, si augura una buo-na lettura.

— Marco PalmaUfficio Legislazione del Lavoro, Legacoop Bologna

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Il progetto di ricerca: il percorso sviluppato

I l lavoro che oggi presentiamo appartiene, come approccio metodologico, al filo-ne della “ricerca azione”1 applicato ad un problema specifico della cooperazione sociale: la difficoltà di gestire nel proprio ambito, l’organizzazione e la sicurezza,

in virtù di una normativa ancora troppo sbilanciata – nelle sue regole, procedure, modalità di formazione e aggiornamento – su modelli di imprese di tipo privato, o, per meglio dire, tradizionale. In tale contesto emerge il disagio di cooperative di tipo A, B, A+B di affermare, da un lato, le proprie peculiarità di attori del Terzo Settore (il Settore no-profit) e, dall’altra, di garantire i propri lavoratori con sistemi di salute e sicurezza attraverso procedure più idonee al proprio contesto aziendale. Il “Terzo Settore”, rispetto al privato, si caratterizza per il fatto che agisce secondo modalità altamente flessibili e con un forte orientamento ai bisogni di gruppi meno rappresentati e marginali (handicap, tossicodipendenze, immigrati ecc.). Per certi versi, le imprese del terzo settore, svolgono un’azione di estensione della sfera della cittadinanza attraverso at-tività di advocacy2 e di autonoma risposta a bisogni che non rientrano negli obietti-vi e interessi dell’agire pubblico. L’agire di queste imprese è supportato da obiettivi solidaristici, perciò non finalizzato a privilegiare la domanda pagante, il che riduce il rischio di comportamenti opportunistici, come la massimizzazione dell’interes-se personale, mobilitando le risorse di comunità – e favorendo la coesione socia-le – facendo leva su elementi come la fiducia e il capitale sociale che supportano

1 Tale approccio si pone l’obiettivo non tanto di approfondire determinate conoscenze teo-riche, ma: di analizzare una pratica relativa ad un campo di esperienza (ad esempio, come nel nostro caso, l’Organizzazione e la sicurezza nelle cooperative sociali); da parte di un attore sociale (o più attori); con lo scopo di introdurre, nella pratica stessa, dei cambiamenti miglio-rativi.

2 Advocacy significa farsi promotore e attivamente patrocinare la causa di qualcun altro. Nel campo della salute, l’advocacy consiste nell’uso strategico di informazioni e altre risorse (eco-nomiche, politiche, ecc.) per modificare decisioni politiche e comportamenti collettivi ed in-dividuali allo scopo di migliorare il benessere di singoli o comunità. L’Advocacy consiste nello sforzo di modificare gli esiti di politiche pubbliche o di decisioni allocative che hanno un impatto diretto sulla vita delle persone.

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la relazionalità e la socialità, fattori determinanti nella promozione della salute3 e dell’educazione.I rischi a cui sono esposti i lavoratori delle cooperative sociali, in una moltitudine di casi non sono contrattualizzabili. Negli ambiti in cui operano le cooperative di tipo A, e A+B - prevalentemente nei servizi e nei servizi alle persone - frutto, in prevalenza, di esternalizzazione di servizi pubblici, infatti, si riscontrano una serie di situazioni di rischio collegate a diversi fattori: tempistiche sempre più ristrette, flessibilità tendente all’iperflessibilità, spostamenti con mezzi (si pensi ai servizi domiciliari), ambienti a rischio di contagio (si pensi le pulizie in ospedali, sale ope-ratorie...), situazioni stressanti e logoranti per mancanza di integrazione (quando i componenti della cooperativa devono lavorare in modo integrato con componenti di un altro servizio e questi fanno ostruzionismo) o si pensi ai rischi sul lavoro quando la cooperativa opera con personale disabile o con disagio.La scelta della ricerca azione è stata perciò dettata da due fattori: prediligere l’a-scolto dei problemi concreti delle cooperative in relazione all’organizzazione e la sicurezza; il raccogliere dalle cooperative buone pratiche, suggerimenti, idee da formalizzare in risposte operative (clausole, procedure, sistemi partecipati di ri-levazione dei rischi, formazione del personale) da spendere immediatamente nei contesti in cui sono chiamate ad operare.Lo sforzo di Legacoop Emilia-Romagna, Legacoop Bologna e Cds è stato quello di ben dosare strumenti di rilevazione quantitativi e qualitativi per ricostruire un quadro complesso e variegato, cogliendo quante più informazioni possibili sulla realtà esperita dalle cooperative in materia di sicurezza.

Lo strumento quantitativo. L’indagine statistica

Attraverso il contributo del Comitato tecnico scientifico e di un workshop con le aziende cooperative sono stati predisposti quattro questionari (per coop di tipo A, B, A+B e consorzi) da inviare ad un campione di 157 cooperative della regione Emilia-Romagna per indagare su:

• le principali problematiche in merito alla applicazione delle disposizioni del TU;

• la tipologia e le caratteristiche della gestione della sicurezza nel campo degli affidamenti esterni;

• le principali cause di infortuni e malattie professionali;• le organizzazione delle cooperative sociali in materia di SSL.

Del totale delle cooperative sociali contattate ed informate del progetto ha effet-tivamente compilato il questionario un campione di 95 cooperative, ossia il 61% del campione di cooperative sociali contattate ed informate dell’iniziativa. A tale numero, vanno aggiunte altre 5 cooperative sociali provenienti da regioni limitrofe.

3 Borzaga C., Fazzi L. (2006), Il settore non profit e le politiche della salute, in Borzaga C., Fazzi L. (2006), Del non profit sociosanitario, Salute e Società 1/2006, Milano: F. Angeli, pp.25-31.

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Delle 95 cooperative rispondenti Il 42% delle cooperative sociali era di tipo A, il 37% è di tipo B, il 13% di tipo A+B, mentre nell’8% dei casi si trattava di consorzi. Il campione di cooperative sociali indagato era così composto a livello provinciale: Bologna 22%, Ferrara 7%; Modena 7%; Reggio Emilia 18%; Parma 12%; Piacenza 4%; Forlì-Cesena 12%; Ravenna 8%; Rimini 9%.I risultati dell’indagine, hanno portato all’identificazione di:

a. Problematiche comuni alle cooperative sociali riconducibili sia al rapporto con la committenza che alle caratteristiche stesse delle cooperative sociali che de-vono coniugare il proprio essere “impresa” con le finalità solidaristico-pubbli-cistiche che le distingue da tutte le altre imprese, anche cooperative;

b. Punti di forza delle cooperative sociali nella gestione dei servizi in affidamento e legate all’inserimento lavorativo di lavoratori svantaggiati, in particolare, per quanto riguarda: · il consolidato e crescente ruolo della cooperazione sociale nell’erogazione di servizi e prestazioni, in collaborazione e per conto di enti pubblici, che richiede una forte attenzione alla tematiche della sicurezza da parte delle co-operative sociali coinvolte nel progetto e una grande diffusione della cultura della sicurezza;

· il significativo impegno nella predisposizione ed adozione di comportamen-ti, prassi e procedure organizzative volte a garantire un adeguato livello di protezione, declinato in base alle specificità dei lavoratori e delle condizioni e dei luoghi di lavoro;

· il ruolo dell’esperienza nella creazione di strumenti e procedure di SSL anche nel rapporto con la committenza.

c. Clausole contrattuali tipo o prassi organizzative riconducibili a MOG, tratte dal-le buone prassi che ciascuna cooperativa attua per garantire la salute e la sicu-rezza dei propri operatori e che, spesso, in quanto basate sull’esperienza, non sono conosciute né riconosciute;

d. Una rilettura delle buone pratiche contrattuali o di rapporto con la committen-za già presenti o potenziali alla luce delle opportunità offerte alle cooperative sociali dal DM del 13 aprile 2011.

Gli strumenti qualitativi. Interviste e workshop

In parallelo all’indagine quantitativa (raccolta ed elaborazione dei dati) è stata con-dotta un’indagine qualitativa con questionari a domande aperte a testimoni privi-legiati di diverse province della nostra regione: RSPP di cooperative di tipo B; RSPP di cooperative di tipo A; presidenti di consorzi di cooperative; rappresentanti di enti pubblici locali che fanno ricorso all’affidamento di servizi; rappresentanti AUSL (ispettivi e incaricati dell’inserimento lavorativo); rappresentanti delle parti sociali; responsabili provinciali. Tale indagine sulle modalità di applicazione delle norme SSL, ha fatto emergere le principali problematiche ma anche buone pratiche relative ai servizi svolti dalle cooperative sociali in affidamento. La realizzazione di workshop con le cooperative è stata una delle fasi più arricchen-ti del lavoro di analisi, di raccolta delle esperienze e condivisione di procedure e

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proposte. Il workshop del 13 marzo 2013, poi, ha messo in luce come il tema della gestione della sicurezza nelle cooperative sociali e la necessità di individuare nuo-ve prassi e nuove clausole, più vicine alle “caratteristiche e diversità” dei soggetti cooperativi, sia un problema trasversale a tutto il mondo cooperativo sociale. L’in-teresse al lavoro svolto da Legacoop Emilia-Romagna, Legacoop Bologna e Cds ha superato i confini regionali, facendo partecipare al workshop del 13 marzo 2013 un folto e variegato numero di cooperative di diversa provenienza. Hanno partecipato ai gruppi di lavoro: 13 cooperative di tipo A provenienti dalla seguenti province: Bologna, Parma, Ravenna, Reggio Emilia, Firenze e Torino; 6 cooperative di tipo B provenienti dalle seguenti province: Forlì-Cesena, Piacenza, Reggio Emilia, Geno-va, Udine e Torino; 10 cooperative di tipo A+B provenienti dalla seguenti province: Bologna, Forlì, Parma e Bologna; altri stakeholder quali: gruppo di volontariato civile, referenti Legacoop.

Dalla ricerca all’azione

Dato che lo scopo della ricerca azione, come abbiamo ricordato, è quello di intro-durre cambiamenti migliorativi, l’équipe di lavoro di Legacoop Emilia-Romagna, Legacoop Bologna e Cds, rielaborando una pluralità di esperienze, contributi, dati e indirizzi, è giunta alla formalizzazione di strumenti operativi da offrire alle coopera-tive per una loro spendibilità concreta nei contesti in cui sono chiamate ad operare.

Strumento tipo di cooperative a cui è rivolta

riunione allargata di individuazione dei rischi a, B, a+B

monitoraggio dei rischi da parte dei lavoratori a, B, a+B

modalità formative per disabili fisici, psichici ed intellettivi B, a+B

procedura per il medico competente B, a+B

valutazione dei rischi per gli operatori addetti all’assistenza domiciliare a, a+B

Scheda rappresentativa del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale

a, B, a+B

clausole contrattuali e possibili integrazioni delle stesse a, B, a+B

Riportiamo in sintesi la descrizione degli strumenti, auspicando un loro uso utile e diffuso.

Riunione allargata di individuazione dei rischi. Procedura operativa a supporto della strategia di gestione della sicurezza che prevede il coinvolgimento del per-sonale aziendale nell’identificazione, valutazione e gestione dei rischi. Procedura utile nelle attività in affidamento ed in particolare quelle in cui i lavoratori operano all’interno di strutture di altri datori di lavoro.

Monitoraggio dei rischi da parte dei lavoratori. Procedura di monitoraggio dei

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rischi mediante la partecipazione del personale aziendale. Procedura utile nelle at-tività in affidamento ed, in particolare, quelle in cui i lavoratori operano all’interno di strutture di altri datori di lavoro.

Modalità formative per disabili fisici, psichici ed intellettivi. Procedura per la formazione di lavoratori disabili o con disagio. Approccio personalizzato alla for-mazione del lavoratore che tiene conto del tipo di disabilità o disagio; adatta le metodologie e i tempi formativi alla persona, incentiva l’apprendimento nel corso del lavoro e nella pratica quotidiana.

Procedura per il medico competente. Procedura a supporto del medico compe-tente, per una corretta identificazione delle idoneità dei soggetti svantaggiati attra-verso la collaborazione di personale esperto della cooperativa. Il rapporto dialogi-co tra personale esperto e medico competente è a garanzia dell’inserimento della persona giusta, al posto giusto, nella mansione giusta.

Gli ultimi tre strumenti riguardano le buone pratiche contrattuali o di rapporto con la committenza già presenti o potenziali rilette alla luce delle opportunità offerte alle cooperative sociali dal DM 13 aprile 2011. Spesso, nel corso degli workshop, è ricorso il termine “contaminare”. Riprendendo uno spunto dall’intervento di Marco Palma al workshop del 13 marzo 2013 per chiarire lo sforzo propositivo della nostra équipe di lavoro in tal senso: “Lo scopo è quindi quello di “contaminare” gli strumenti legislativi e contrattuali a disposizione e collegati allo svolgimento di attività in affidamento (quindi, sostanzialmente, i contratti di appalto con particolare riferimento all’art. 26 del TUS) con le necessità che le cooperative intendono affermare ai fini di una più efficace gestione della salute e sicurezza nello svolgimento di servizi e prestazioni in affidamento”.

Valutazione dei rischi per gli operatori addetti all’assistenza domiciliare. Pro-cedura di valutazione dei rischi rivolta ai lavoratori delle cooperative presso i do-micili degli utenti in cui spesso è carente la tutela non essendo considerati come luoghi di lavoro.

Scheda rappresentativa del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professio-nale. Procedura mirata alle cooperative che lavorano in appalto per la creazione di una scheda identificativa in cui siano evidenziati, già in sede precontrattuale e di trattativa, il possesso dei requisiti tecnici professionali richiesti.

Clausole contrattuali e possibili integrazioni delle stesse. Analisi di un contratto di appalto generico, ossia valevole per l’esecuzione di servizi in generale, nel quale sono state approfondite le tematiche relative alla personalizzazione delle clausole di sicurezza del lavoro, soprattutto alla luce di buone pratiche in atto presso la coopera-zione sociale e del contesto normativo introdotto, per il settore, dal DM 13 aprile 2011.

— Stefano CapattiRicercatore Cds

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Indagine conoscitiva: la sicurezza nelle attività delle cooperative sociali

A l fine di analizzare, in concreto, le modalità, le difficoltà e le buone pratiche della cooperazione sociale in tema di salute e sicurezza, il progetto di ricer-ca ha previsto l’attivazione di un laboratorio emiliano-romagnolo che ha

portato alla realizzazione di una ricerca quantitativa e qualitativa grazie al diretto coinvolgimento delle cooperative stesse, delle strutture di rappresentanza e di altri testimoni privilegiati attivi nel campo della salute e sicurezza. Scopo principale della ricerca sul campo è stata la definizione delle peculiarità nel-la applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza nelle cooperative sociali, in particolare considerando gli ambiti definiti dal legislatore nel D. Lgs. 81/2008 e 106/2009 e in termini più specifici nel decreto attuativo del 13 aprile 2011.L’indagine è stata focalizzata sulle modalità di acquisizione, gestione e fornitura dei servizi erogati dalle cooperative sociali per conto di enti pubblici e su come queste modalità abbiano ripercussioni sulla salute e la sicurezza dei lavoratori e delle la-voratici e nell’ambito (fisico e relazionale) di lavoro.

Il campione coinvolto e quello effettivo

Le informazioni tratte dalla Banca Dati delle cooperative sociali dell’Emilia-Roma-gna mostrano come, in tutto il territorio regionale, operino 723 cooperative sociali, di cui il 54% è rappresentato da cooperative di tipo A, il 24% da cooperative di tipo B, il 17 % da cooperative plurime e il restante 5% da consorzi di cooperative (2012). Questi dati sono riferiti a tutte le cooperative iscritte negli Albi, indipendentemen-te dalla loro affiliazione a reti di rappresentanza. Le cooperative sociali iscritte alla Lega delle Cooperative sono circa 216 e rappre-sentano, quindi, circa il 30% del totale delle cooperative sociali emiliano-roma-gnole (dati 2012).

a cura di Silvia CavicchiRicercatrice CDS

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Graf. 1 Confronto tra cooperative sociali iscritte a Legacoop ER e totale delle coope-rative sociali operanti in ER , per tipologia di cooperativa sociale

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CONSORZIOA+BBA

TOTALE COOP SOCIALI IN ER

COOP SOCIALI ADERENTIA LEGACOOP

Fonte: Banca Dati Regione Emilia Romagna (settembre 2012), Legacoop ER (maggio 2011)

Rispetto alle varie tipologie di cooperative sociali, il peso di quelle appartenenti a Legacoop risulta più consistente nell’ambito della cooperazione di inserimento lavorativo (B) e nel caso dei consorzi. All’interno di questo scenario, analizziamo il campione oggetto di ricerca.

Fig. 1 Campione di cooperative sociali coinvolto

COOPERATIVE SOCIALISUL TERRITORIOEMILIANO-ROMAGNOLO

TIPO A

TIPO B

TIPO PLURIMO

CONSORZI{9540351208

Del totale delle cooperative sociali informate del progetto ha effettivamente compi-lato il questionario un campione di 95 cooperative, ossia il 13% del totale delle co-operative sociali presenti nella Banca Dati Regionale, il 44% delle cooperative sociali aderenti a Legacoop e il 61% del campione di cooperative sociali contattate del progetto. A tale numero vanno aggiunte altre 5 cooperative sociali provenienti da regioni limitrofe.

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Graf. 2 Cooperative sociali coinvolte per Provincia

������������������� 22% BOLOGNA

07% FERRARA07% MODENA

18% REGGIO EMILIA

12% PARMA

04%PIACENZA

12%FORLÌ-CESENA

08%RAVENNA

09%RIMINI

Fig. 2 Alcuni dati del campione

{{{

15%18%40%50%20%10%19%74%26%

DIMENSIONEAZIENDALE

FINANZIAMENTO

RAPPORTI DI LAVORO

TRA 16 E 30 LAVORATORI

TRA 31 E 50 LAVORATORI

TRA 51 E 250 LAVORATORI

SOCI LAVORATORI

LAVORATORI SVANTAGGIATI

SOCI VOLONTARI

COLLABORATORI RETRIBUITI

PUBBLICO PREVALENTE

PRIVATO PREVALENTE

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Per quanto riguarda le cooperative di tipo A, i settori di attività più consistenti nel campione sono:

• assistenza ad anziani e degenti, in particolare nell’ambito delle residenze protette e dell’assistenza domiciliare

• servizi educativi e scolastici rivolti a minori.

Le cooperative di tipo A di maggiori dimensioni svolgono un ruolo preminente in tali settori mentre le cooperative di dimensioni più ridotte svolgono con maggiore frequenza attività legate ai servizi pre e post scolastici, animazione, orientamento e segretariato sociale. Le cooperative sociali di tipo B occupano in larga parte persone con svantaggio legato alla disabilità e a condizioni di dipendenza da alcool e sostanze e con vissuti di tipo detentivo. Svolgono con maggiore frequenza servizi di pulizia, sistemazione del verde pubblico e raccolta e smaltimento rifiuti.I consorzi, che nei 2/3 dei casi rappresentano più di 20 cooperative, svolgono pre-valentemente funzioni collegate alla partecipazione a bandi e gare di appalto e sup-porto in ambito normativo e societario. Risultano perciò attori chiave per la coo-perazione sociale, che trae buona parte delle sue risorse da finanziamenti pubblici (2/3 del campione di cooperative rispondenti).Dopo aver delineato le caratteristiche del campione, passiamo ad analizzarlo dal punto di vista della salute e sicurezza relativamente ad alcuni ambiti di indagine che sono risultati essere rilevanti e specifici della cooperazione sociale. In partico-lare, focalizzeremo l’analisi all’interno delle seguenti aree tematiche:

• Gestione di servizi esternalizzati• Lavoratori svantaggiati, in particolare disabili • Organizzazione e gestione della sicurezza nelle cooperative sociali.

Gestione di servizi esternalizzati

La cooperazione sociale svolge un ruolo fondamentale nel progressivo processo di de-pubblicazione dei sistemi di welfare, innescati - da una parte - dalla necessità di riduzione delle disponibilità finanziarie pubbliche e - dall’altra - dalla necessità di fornire servizi articolati e rispondenti ai fabbisogni dei vari territori in termini di assistenza sanitaria, sociale ed occupazionale. Gli enti pubblici hanno richiesto in misura crescente alle cooperative sociali di impegnarsi nella gestione dei servizi alla persona, attraverso procedure di affidamento e, più recentemente, attraverso modalità diverse, quali la creazione di albi di enti accreditati. Il 74% delle cooperative del campione trae buona parte del proprio sostentamento dal finanziamento pubblico, in particolare attraverso la partecipazione ad appalti e tramite il convenzionato con enti pubblici. Significativo appare anche il ricorso ad appalti a procedura ristretta e alla concessione (per le cooperative di tipo A). Il finanziamento pubblico è stato indicato come fonte prevalente da circa l’80% delle cooperative di tipo A e da quasi il 90% delle cooperative di tipo A+B. Il ricorso a finanziamenti pubblici rappresenta la fonte di entrate principale per circa il 60%

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delle cooperative di tipo B. Il 71% delle cooperative sociali del campione dichiara di svolgere attività esterna-lizzate da altri soggetti, indipendentemente dalla tipologia di finanziamento. Per il 62% delle cooperative l’esternalizzazione coincide con un affidamento da parte di enti pubblici. In questi casi solitamente si fa riferimento ad una delle procedure di affidamento e le funzioni e i relativi costi sono determinati in base a parametri definiti dall’ente pubblico. Laddove invece è il soggetto privato ad esternalizzare, le modalità di erogazione del servizio, i costi e lo svolgimento stesso delle attività sono definite in base alla contrattazione tra due soggetti privati.

Graf. 3 Percezione relativa al proprio potere contrattuale con il committente, coope-rative sociali che svolgono servizi esternalizzati

0

20

40

60

80

100

PRIVATOPUBBLICO

SI

NO

OGNI TANTO

Il grafico è indicativo del ruolo della cooperazione sociale nello svolgimento dei servizi esternalizzati, anche quando il soggetto committente è privato. La percen-tuale delle rispondenti che dichiara di non avere potere contrattuale nella defini-zione dei contenuti e nelle modalità di erogazione del servizio (o della fornitura) è ridotta rispetto a coloro che dichiarano di poter contrattare con il committente o di poterlo fare ogni tanto (in quest’ultimo caso la percentuale è maggiore nel settore privato rispetto a quello pubblico). Il fatto che le cooperative sociali abbiamo margini di contrattazione con i com-mittenti è indicativo di come la cooperazione sociale sia protagonista, non solo nella “offerta di manodopera” ma come “serbatoio” di pensiero sociale, culturale e progettuale4.

4 “Esternalizzazioni dei servizi alle Cooperative Sociali in un sistema integrato di interventi e servizi sociali: il punto di vista degli Ambiti Territoriali” Dott. Giuliano Tacchi Coordinatore dell’Ambito Territoriale Sociale n. 1 di Pesaro Convegno Gli affidamenti dei servizi alle coope-rative sociali, Osimo (AN), 2 e 3 febbraio 2010.

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Luogo di svolgimento dei servizi in affidamento

Per quanto riguarda i luoghi di svolgimento dei servizi e la compresenza tra lavo-ratori della cooperative sociali e lavoratori di altri enti, nel campione di rispondenti emerge che:

• Le cooperative impiegano più della metà e spesso tutti i propri lavoratori nell’espletamento delle attività esternalizzate da enti terzi.

• Nel 70% dei casi i lavoratori della cooperativa non solo erogano i propri servizi all’interno di luoghi di lavoro che non appartengono al loro datore di lavoro ma anche a contatto con altri operatori la cui organizzazione e gestione fa capo a soggetti diversi dalla cooperativa sociale.

• Il 50% delle cooperative sociali svolge le attività in affidamento all’interno di strutture gestite dai committenti, un 20% svolge servizi esternalizzati da altri enti ma all’interno di proprie strutture e locali, il 7% svolge attività all’inter-no delle abitazioni degli utenti.

Ne consegue che sono estremamente frequenti le situazioni che comportano spe-cifici rischi di interferenza e diversi livelli di responsabilità e cooperazione tra una pluralità di soggetti (committente, cooperativa sociale e altri enti/organizzazioni presenti).

Graf. 4 Luogo in cui i lavoratori svolgono prevalentemente le attività esternalizzate

0

20

40

60

80

100

120

TOTCONSORZIOA+BBA

APERTO

STRUTTURE DI PROPRIETÀ DELCOMMITTENTE MA GESTITE DALLA COOP

ALTRO

STRUTTURE O LOCALI DI PROPRIETÀ DELLA COOP

ABITAZIONI DEGLI UTENTI

STRUTTURE GESTITE DACOMMITTENTI PUBBLICIO PRIVATI

L’assistenza domiciliare e quella ai soggetti con diverse tipologie di svantaggio all’interno di centri residenziali o semi-residenziali rappresenta, assieme ai servizi educativi e scolastici, l’ambito di attività prioritario delle cooperative sociali di tipo A del campione. Tale dato, confrontato con quelli relativi al luogo di svolgimento delle attività mostrato dal grafico 4, conferma la rilevanza dei servizi prestati presso le abitazioni degli utenti e la gestione di residenze per anziani, disabili e altri sog-getti svantaggiati, che per lo più sono di proprietà della committenza e raramente della cooperativa. Le cooperative di tipo B, che sono attive in una miriade di settori e servizi, con par-

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ticolare concentrazione all’interno del settore delle pulizie, della manutenzione del verde e della raccolta e smaltimento dei rifiuti, operano spesso (30%) in strutture gestite da committenti. È maggiore inoltre, rispetto alle altre tipologie di coopera-tive, la difficoltà ad individuare un luogo di attività prevalente, dal momento che nella maggior parte dei casi si tratta di servizi svolti presso diverse tipologie di strutture (uffici, abitazioni, biblioteche), diversi ambienti (all’aperto, presso abita-zioni, edifici pubblici e privati), che mutano nell’arco della stessa giornata. Nei casi in cui la cooperativa operi all’interno di strutture di proprietà o comunque gestite dall’ente committente (o addirittura da un altro ente diverso dal committen-te), ai fini della erogazione dei servizi dati in affidamento, la gestione della salute e sicurezza assume caratteristiche e modalità attuative diverse che, come emerge dai questionari, comportano alcune problematiche. La previsione normativa (Art.26 D. Lgs. 81/2008) si basa sul principio di coope-razione e coordinamento per la sicurezza e la salute dei lavoratori tanto che la sicurezza dovrebbe essere un elemento fondamentale nella predisposizione del capitolato e del costo complessivo così come nella effettiva gestione dello stesso. Vediamo come questi assunti trovano effettiva applicazione del campione esaminato.

I costi della sicurezza

I costi previsti all’interno di un contratto/convenzione destinati alla sicurezza, oltre a presupporre una preventiva valutazione dei possibili rischi, sono anche un indi-catore della “rischiosità” attribuita dal committente alle attività date in affidamento e alle modalità di gestione delle attività, in ottica di prevenzione e protezione. La quota per la sicurezza presente nelle offerte economiche collegate alle attività svolte in affidamento, nei casi riferiti alle cooperative rispondenti è

• definita dal committente in base al DUVRI nel 35,2% dei casi• definita secondo criteri economici dal committente nel 29,7% dei casi• definita come percentuale del totale nel 32.6% dei casi.

Un quarto delle cooperative dichiara che i costi della sicurezza non sono esplicitati all’interno del contratto che regola l’affidamento di servizi e questo è particolar-mente vero nel caso delle convenzioni, dove i costi per la sicurezza, ricavati a par-tire dai rischi di interferenza rilevati e segnalati nel DUVRI, vengono assegnati in modo “forfettario” senza una effettiva specificazione, essendo, nella maggior parte dei casi genericamente destinati ad attività di coordinamento. 1/3 delle cooperative dichiara che i costi sono esplicitati “ogni tanto” mentre nel 40% dei casi i costi sono sempre esplicitati. Si equivale la percentuale di cooperative che ritiene i costi assegnati alla sicurezza “troppo bassi”(48% delle rispondenti) e la percentuale di quelle che li ritengono adeguanti (52%). I costi non risultano modificabili in corso d’opera, indipendentemente dalla tipolo-gia di affidamento e di cooperativa.

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Cooperazione e coordinamento

Come messo in evidenza a commento del grafico 3, le cooperative sociali dichia-rano di avere un certo margine di potere contrattuale con il committente, senza significative differenze a seconda della tipologia di cooperativa. Si dovrebbe quindi presupporre che tale potere contrattuale sia esercitabile dalle cooperative nei con-fronti dell’ente committente anche in relazione alle tematiche della sicurezza sia al momento della definizione del servizio e delle attività affidate che nel corso della realizzazione delle stesse.Effettivamente, le cooperative sociali del campione, che operano all’interno dei luoghi di lavoro del committente per l’espletamento delle attività e dei servizi og-getto dell’affidamento, nella metà dei casi collaborano con il committente nella definizione delle misure e procedure di sicurezza. Anche laddove non esiste tale cooperazione, il committente informa le cooperative circa eventuali mutamenti nelle stesse, ai fini di adeguamento. Nel 19% dei casi, non risulta esserci nessun tipo di collaborazione, neanche in termini di aggiornamento.

Graf. 5 Esistenza di cooperazione nella definizione delle misure e procedure di sicu-rezza con l’ente committente

������� 53% SI

19% NO

28% NO, MA C’È

AGGIORNAMENTOSUI CONTENUTI

Si è cercato di approfondire eventuali punti deboli nel rapporto di collaborazione, chiedendo alle cooperative di indicare la veridicità o meno di alcune affermazioni, come elencate nella tabella sottostante

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Tab. 1 Cooperazione e collaborazione in materia di salute e sicurezza nel caso in cui la cooperativa sociale operi nell’erogazione delle attività in affidamento all’interno di luoghi non appartenenti alla cooperativa

n. vero

le cooperative/consorzio non hanno influenza sulle decisioni prese all’interno del luogo di lavoro del committente

60%

la committente non informa le cooperative/consorzio riguardo ai rischi presenti nella sede 16%

manca un controllo interno sul rispetto delle norme nei confronti dei lavoratori delle cooperative/consorzio

7%

non c’è cooperazione tra i lavoratori delle cooperative/consorzio e quella dell’ente committente nella esecuzione dei lavori in sicurezza

18%

non è chiara la divisione dei ruoli e compiti della sicurezza tra cooperative/consorzio e committente 31%

le scelte organizzative operate dalla committente non sono funzionali all’effettivo svolgimento delle attività delle cooperative/consorzio.

16%

non vi è una comunicazione tempestiva tra committente e cooperative/consorzio su eventuali variazioni di contesto

37%

I risultati, anche in questo caso, confermano l’esistenza di un effettivo rapporto collaborativo tra cooperazione sociale ed ente committente, salvo la presenza di alcune, seppur contenute criticità. Ne è un esempio il fatto che laddove vengono prese decisioni e operati interventi che creano variazioni nel contesto in cui opera la cooperativa, il 37% dichiara di non essere tempestivamente informata ai fini della sicurezza e, quindi, dell’organizzazione del lavoro e delle procedure. Da segnalare anche, seppur non elevata, la percentuale di cooperative che ritiene non chiara la divisione di ruoli e compiti della sicurezza tra cooperativa e committenza (31%).

Le procedure di controllo relative al rispetto delle norme e delle procedure di sicu-rezza sono un dato importante per comprendere il grado e l’efficienza della collabo-razione tra committente e cooperativa sociale. Dalle risposte date dalle cooperative sociali si evince che, in un terzo dei casi, il controllo viene esercitato da personale della cooperativa in accordo con l’ente committente, il che è sicuramente un dato positivo ed un buon esempio di collaborazione nella gestione delle attività, in ottica di sicurezza. Elevata è comunque la percentuale di cooperative che opera il con-trollo direttamente, pur operando all’interno di ambienti di lavoro di altro datore di lavoro, senza accordo o preciso incarico da parte del committente. Nel 13% dei casi, per contro, il controllo è esercitato esclusivamente da personale dell’ente com-mittente. Tale disparità, è sicuramente dovuta, alla consistente diversificazione di attività e al contesto specifico in cui vengono erogate. Per cui, ad esempio, una co-operativa sociale di tipo B che svolge attività di manutenzione del verde all’interno di edifici od ambienti di proprietà della committenza, pur operando in contempo-ranea con lavoratori di altre organizzazioni, ha sicuramente un maggiore e diretto controllo sulle proprie modalità attuative, mentre una maggiore integrazione nelle attività di controllo può, ad esempio, essere richiesta laddove la cooperativa socia-le operi, in concomitanza con altri lavoratori, all’interno di strutture ospedaliere,

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scuole e residenze protette.

Le modalità attraverso le quali si accolgono, gestiscono e monitorano le attività svolte da lavoratori svantaggiati, qualora questi operino all’interno di strutture e luoghi di datori di lavoro diversi dalla cooperativa e in concomitanza con altri lavoratori, risulta essere un altro buon indicatore del livello di cooperazione tra committente e cooperativa.

Graf. 6 Previsione di misure specifiche ed aggiuntive per i lavoratori svantaggiati che operano in attività e servizi in affidamento

0 5 10 15 20 25 30 35 40

SÌ, SONO CONCORDATE

SÌ, SONO DEFINITE DALLA COOPERATIVA IN MODO AUTONOMO

NO, NON SONO NECESSARIE

NO, NON SONO RICHIESTE

La presenza di lavoratori svantaggiati, richiede misure organizzative, formative e di addestramento specifiche oltre che procedure, ambienti e ritmi di lavoro definiti in base allo specifico svantaggio del lavoratore. Laddove il lavoratore svantaggiato viene inserito all’interno di un contesto in cui è presente rischio di interferenza o comunque in un luogo in cui è altamente probabile l’interazione con l’organizza-zione del lavoro di altri lavoratori, sarebbe necessario predisporre quanto meno una analisi dei possibili rischi, sia per il lavoratore che per gli altri soggetti presenti. Se dalla valutazione emergono rischi potenziali, è necessario predisporre misure preventive e protettive adeguate che coinvolgano sia la cooperativa, in quanto da-tore di lavoro, sia l’ente committente, specie se pubblico e se ospita all’interno di propri luoghi ed ambienti il lavoratore svantaggiato. L’analisi della variabile “attuazione di misure specifiche” per tipologia di utenza, ci mostra come la percentuale più elevata raggiunta dall’item “si, sono concordate con il committente” si riscontra nel caso di detenuti ed ex detenuti, il che è spiega-bile dalle condizioni di restrizione della libertà cui tali lavoratori sono sottoposti. Nel caso di lavoratori con disabilità, per cui normalmente sono quasi sempre ne-cessarie misure specifiche, la percentuale dei casi in cui le misure sono concordate con l’ente non supera, di media, il 6% mentre in oltre il 39% dei casi misure speci-fiche non sono proprio richieste, tanto che si aggira attorno al 40% la percentuale di cooperative che definisce le misure in modo autonomo (nel restante 15% dei casi misure specifiche non sono ritenute necessarie, ai fini dello svantaggio).

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In merito alle clausole di sicurezza presenti nei contratti di affidamento delle attivi-tà, è stato chiesto alle cooperative rispondenti di segnalare, laddove presenti, le ca-ratteristiche di tali clausole. Nel 7,4% dei casi, clausole specifiche legate alla sicurez-za nel contratto/convenzione non sono presenti; si tratta di una percentuale bassa (corrispondente ad un totale di 6 cooperative), ma comunque da tenere presente. Laddove le clausole sono presenti e quindi parte integrante dell’accordo/contratto di affidamento, nel 32% dei casi descrivono i rischi e le misure di prevenzione ed emergenza, mentre nel 68% dei casi risultano imporre in modo generico il rispetto delle norme di legge in materia di salute e sicurezza. Una definizione precisa e con-divisa degli obblighi fin dall’avvio delle attività e legate a doppio filo con l’espleta-mento delle attività, renderebbe sicuramente più agevole la gestione ordinaria (sia da parte dell’ente committente che della cooperativa) e sicuramente più efficace.

In ragione della condizione per cui le attività vengono svolte all’interno di luoghi e ambienti del committente quest’ultimo è tenuto a fornire dettagliate informa-zioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordi-namento, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze. Tale documento è allegato al contratto di appalto o di opera e alle convenzioni, laddove queste comportino interferenza tra le attività e potenziali ri-schi connessi. In caso di affidamento di lavori, il datore di lavoro committente ha, quindi, sempre l’obbligo di redigere il DUVRI (art. 26 comma 3 D. Lgs. 81/2008), anche nei casi di affidamenti in cui non sono presenti rischi dovuti alle interferenze, in quanto la compilazione di tale modello testimonia l’avvenuta valutazione dei rischi5.Il 75% delle cooperative sociali dichiara che il DUVRI è sempre allegato al contratto di affidamento. Tuttavia nelle convenzioni, che rappresentano la seconda modalità di affidamento più frequente per la cooperazione sociale, la presenza del DUVRI non è garantita come parte integrante del contratto di appalto ben nel 50% dei casi. Nel 43% dei casi risulta inoltre che le cooperative sociali e le sue figure della sicu-rezza non vengono coinvolte nella redazione del DUVRI.

Rischi da interferenza e cause di infortunio più frequenti

Vediamo nel concreto che tipologia di rischi interferenziali sono stati indicati dalle cooperative rispondenti e relative alle attività che essere svolgono in luoghi di lavo-ro di altri datori, che sono (limitandoci alla committenza pubblica) in prevalenza scuole, residenze protette, abitazioni di utenti ed uffici pubblici.

5 Guida per la compilazione del DUVRI, Art. 26 D. Lgs. 81/2008 Obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di Somministrazione Ing. Raffaele SABATINO – RSPP ex ISPESL

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Graf. 7 Rischi da interferenza nello svolgimento delle attività in affidamento

0 5 10 15 20 25NESSUNO

VIE DI TRANSITO

PRESENZA DI SOGGETTI TERZI (UTENTI, PASSANTI ECC.)

CARICO-SCARICO, MOVIMENTAZIONE MATERIALI

AMBIENTI CONFINATI

RISCHIO ELETTRICO

RISCHIO INCENDIO

RISCHIO DI INVESTIMENTO DI PERSONE E MEZZI

RISCHIO MECCANICO

RISCHIO DI CADUTA

AGENTI TOSSICI, PERICOLOSI

BIOLOGICO CHIMICO

STRESS LAVORO CORRELATO

RUMORE

Il rischio più frequente, coerentemente con il luoghi di attività e le tipologie di at-tività più frequenti svolte dalle cooperative del campione, è legato alla presenza di soggetti terzi, alle vie di transito nonché alla movimentazione di carichi. Solo in 4 casi non è stata rilevata la presenza di rischi. I rischi da interferenza più frequenti sono solitamente eliminabili o riducibili at-traverso efficaci procedure di formazione nei confronti dei lavoratori e attraverso il coordinamento tra ente committente e cooperativa sociale, anche in termini di monitoraggio e comunicazione tempestiva di mutamenti di contesto, che in alcune occasioni, come abbiamo visto, sembrano mancare. È stato inoltre chiesto alle cooperative di indicare le tipologie di infortuni e le malattie professionali più frequenti verificatesi e direttamente riconducibili ad attività svolte nei luoghi di lavoro della committenza, al fine di analizzare, nel concreto, eventuali problematiche. La maggior parte delle cooperative sociali, in generale, registra un numero di infortuni nullo o basso (da 1 a 5) nei 3 anni prece-denti. È significativo rilevare che il 58% delle modalità di infortunio registrate dalle cooperative negli ultimi 3 anni è da attribuirsi a fattori presenti nel luogo di lavoro del committente, come mostrato nel grafico 8.

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Graf. 8 Confronto tra numero di infortuni generali e numero di infortuni riconduci-bili a luoghi di lavoro del committente.

0

20

40

60

80

100

PIÙ DI 105-101-4

TOTALE

COMMITTENTE

Questi dati non devono portare alla conclusione che i lavoratori della cooperativa che operano in luoghi di lavoro della committenza siano da ritenersi maggior-mente esposti a rischio, soprattutto considerando l’alta percentuale di lavoratori coinvolti in attività in affidamento. Se confrontiamo tuttavia le cause più frequenti di infortuni avvenuti in luoghi di lavoro di committenti e le paragoniamo con i rischi da interferenza maggiormente evidenziati dalla valutazione dei rischi effettuata dai committenti (presenza di sog-getti terzi, carico/scarico e movimentazione di materiale, vie di transito e rischio di investimento), si nota come alcuni fattori di rischio di interferenza dovrebbero essere tenuti maggiormente in considerazione, in particolare quelli relativi alle vie di transito e alla organizzazione delle attività di movimentazione dei carichi, che spesso, data l’attività delle cooperative all’interno di domicili o residenze protette, coincide con la movimentazione di persone non autosufficienti.

Tab. 2 Cause di infortunio più frequenti all’interno dei luoghi di lavoro dei committenti

caduta (dall’alto, in piano…) 10%

urto 11%

scivolamento 24%

taglio 6%

dolore da sforzo 6%

infortuni connessi a movimentazione manuale dei carichi 15%

lombalgia da sforzo 14%

Un’analisi simile può essere effettuata per le malattie professionali, meno frequenti degli infortuni ma significative per valutare la persistenza di condizioni di lavoro disagiate all’interno di luoghi di lavoro dei committenti. Nella quasi totalità dei casi (85 cooperative su 100) le cooperative sociali non registrano casi di malattie pro-fessionali (denunciate) negli ultimi 3 anni. Dei 9 casi in cui sono state denunciate

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malattie professionali, 7 sono riferiti a malattie professionali riconducibili a luoghi di lavoro della committenza. Il numero medio di malattie denunciate è basso (fascia 1-4 negli ultimi 3 anni) anche considerando le dimensioni organizzative delle coope-rative rispondenti. La quasi totalità delle cause di malattia riconducibili a luoghi di lavoro della committenza ricade nell’ambito “patologie muscolo scheletriche” il che richiama le problematiche evidenziate per gli infortuni, che nell’ambito di mansioni riconducibili alla assistenza e cura alla persona possono denotare anche problemi di tipo organizzativo e legati alle modalità, tempistiche e spazi destinati alle attività di movimentazione dei carichi, frutto delle disposizioni della committenza e della qua-lità del coordinamento tra quest’ultima, la cooperativa e l’utenza stessa.

Lavoratori svantaggiati, in particolare disabili

Sono diverse le tipologie di “lavoratori svantaggiati” impiegati all’interno del cam-pione di cooperative sociali, come già evidenziato in precedenza. In particolare, nella maggior parte dei casi, i lavoratori classificati come svantaggiati impiegati dalle cooperative di tipo B (e parte B delle cooperative plurime) del campione sono classificabili nelle categorie di svantaggio legate alla disabilità, psichica e fisica/sen-soriale in particolare, e ad uno svantaggio di tipo sociale e lavorativo, nel caso di (ex)tossicodipendenti ed alcolisti, (ex) detenuti e disoccupati.

Graf. 9 Tipologie di lavoratori svantaggiati impiegati nelle cooperative sociali rispondenti

0

5

10

15

20

25AL

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L’impiego di lavoratori svantaggiati, strettamente connesso alle finalità della coopera-zione di tipo B, porta a concludere che, nell’affrontare il problema dell’inserimento, il processo di valutazione del rischio deve essere declinato in base alle specificità di tali lavoratori. Oltre alla particolarità dello svantaggio in sé, risulta fondamentale predi-sporre una accurata valutazione di tutti gli aspetti della mansione lavorativa, spesso apparentemente non rilevanti ma che possono invece non risultare adeguati con lo

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stato di salute del lavoratore (e la sua evoluzione) e che addirittura potrebbero scom-pensarne ulteriormente l’equilibrio psicofisico. Dovrebbero, pertanto, essere valutate le interazioni che intervengono tra il lavoratore svantaggiato, l’organizzazione del lavoro, gli altri lavoratori, il luogo in cui vengono svolte le attività, nonché altri fattori. Risulta-no primari gli aspetti organizzativi, relazionali e psico-sociali legati alla attività lavorati-va più che i tradizionali fattori di rischio normalmente indagati e quantificati e anche la loro valutazione nel tempo, dato che, specie per quanto riguarda le disabilità psichiche o psicopatologiche lo stato di equilibrio può variare anche rapidamente: una frequen-te comparazione tra attività lavorativa e condizioni psicofisiche risulta fondamentale per garantire adeguati standard di sicurezza. Programmi personalizzati che includa-no anche una sorveglianza sanitaria specifica, laddove prevista, per le problematiche di ciascun lavoratore svantaggiato risultano perciò elementi basilari per garantire un inserimento e uno svolgimento delle attività in sicurezza, tale da tutelare la salute psi-co-fisica dei lavoratori svantaggiati. Ne consegue la necessità di predisporre un sistema organizzativo e di gestione della sicurezza che coinvolga tutte le figure aziendali e si estenda anche a quelle esterne alla organizzazione con la definizione di compiti, ruoli e responsabilità e la definizione di idonee procedure e sistemi di documentazione ne-cessari per una flessibile ed efficace gestione della sicurezza per i lavoratori svantaggiati nell’ambito delle diverse mansioni e settori produttivi. Analizziamo, nello specifico, come viene gestito lo svantaggio all’interno delle coope-rative rispondenti, dal punto di vista della salute e sicurezza.Anzi tutto, vediamo in che attività sono prevalentemente occupati i lavoratori, a se-conda della categoria di svantaggio occupati nelle cooperative sociali rispondenti.

Graf. 10 Lavoratori svantaggiati e attività delle cooperative sociali più frequenti (in cui ciascuna attività viene effettuata da un numero di cooperative del campione di indagine superiore a 8)

RISTORANTI, BAR,CAFFÈ

0 5 10 15 20 25 30

DISABILI FISICI-SENSORIALI

DISABILI

DISBILI PSICHICI

DISOCCUPATI

DIPENDENTI

DETENUTI (EX)ALTRI SERVIZI ALLE PERSONE

RACCOLTA E SMALTIMENTORIFIUTISISTEMAZIONEVERDE PUBBLICO

RIPARAZIONE E MANUTENZIONIVARIE

STAMPE GRAFICHEE SERVIZICONNESSI

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Pur non potendo definire in modo univoco le attività in cui viene maggiormen-te impiegata una tipologia di lavoratori svantaggiati, tale divisione ci permette comunque di avere presenti le principali tipologie di rischi e di luoghi in cui si svolgono le mansioni e come le caratteristiche del lavoratore svantaggiato possono influenzarne la potenziale rischiosità. I lavoratori svantaggiati, rappresentano, all’interno delle cooperative sociali di tipo B e di quelle A+B una quota della forza lavoro almeno del 30%. Considerando il numero totale di infortuni occorsi negli ultimi 3 anni in queste tipologie di coo-perative, in più della metà dei casi l’infortunio ha coinvolto un lavoratore svantag-giato.Il grafico che segue mostra, tra le cause di infortunio più frequenti, la percentuale di rilevanza per i lavoratori svantaggiati. Appaiono anche problematiche le attività legate a sforzi che richiedono movimentazione di carichi e comunque sollecitazio-ni alla schiena, cadute e scivolamenti.

Graf. 11 Principali cause di infortunio riguardanti lavatori svantaggiati nelle coope-rative di tipo B e in quelle plurime

NONSVANTAGGIATI

SVANTAGGIATI

0 20 40 60 80 100

CADUTA (DALL'ALTO, IN PIANO)

URTO

SCHIACCIAMENTO

SCIVOLAMENTO

INVESTIMENTO

TAGLIO

DOLORI DA SFORZO

INFORTUNI CONNESSI A MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI

LESIONI DIVERSE CAUSATE DA CADUTA DI OGGETTI

LOMBALGIA DA SFORZO

IN ITINERE

Come visto in precedenza, nel quaranta per cento dei casi le cooperative che im-piegano lavoratori svantaggiati per lo svolgimento di servizi in affidamento defi-niscono in modo autonomo le misure specifiche necessarie a tutelarne la salute e la sicurezza e solo nel 6% dei casi tali misure sono concordate con il committente. Laddove le cooperative svolgono servizi in affidamento devono presentare idonea documentazione comprovante lo stato di svantaggio dei lavoratori e le loro limita-zioni nello svolgere le attività (52% dei casi) ma nel 32% dei casi tale documentazio-ne non è richiesta , pur se necessaria. Abbiamo inoltre visto che l’analisi dei rischi

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interferenziali non prende in considerazione le specificità portate dalla presenza di un disabile. IL DUVRI non dovrebbe basarsi unicamente sulla analisi dei luoghi di lavoro ma considerare anche le caratteristiche e le necessità delle persone che ven-gono inserite. Soprattutto in nome del fatto che il contratto o la convenzione cui il DUVRI è allegato è esplicitamente finalizzato all’occupazione dei disabili e che tale disabilità (o svantaggio) comunque deve essere comprovata da documentazione ufficiale. Le cooperative sociali del campione dichiarano che, a seguito della valutazione dei rischi, hanno definito ed attuato misure specifiche per i lavoratori svantaggiati nel 56% dei casi. Il grafico sottostante mostra la distribuzione delle risposte per tipo-logia di svantaggio.

Graf.12 Definizione di misure specifiche per lavoratori svantaggiati a seguito della valutazione dei rischi

0

20

40

60

80

100

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NUTI-

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NO

Un lavoratore in condizioni di limitazione della libertà necessita di tempistiche, carichi di lavoro e modalità lavorative dipendenti dalla specificità del luogo di la-voro e dai requisiti di sicurezza; inoltre bisogna considerare che tale tipo di svan-taggio spesso si affianca ad altri. Per quanto riguarda le misure specifiche adottate nei confronti di tossicodipendenti ed alcoolisti esse potrebbero essere riferite alle condizioni psico-fisiche in cui si trova il lavoratore, che possono influire sullo svol-gimento delle attività e sulla percezione dei rischi (soprattutto nel caso in cui il sog-getto svantaggiato stia seguendo un trattamento di disintossicazione), includendo anche l’eventuale rischio di ricaduta nella dipendenza; alle cure riabilitative, che possono inibire lo svolgimento di alcune attività e necessitare di una sorveglianza e di un tutoraggio più intensivi (con ripercussioni anche legate ai rischi da stress lavoro correlato per i lavoratori e operatori che si occupano della sorveglianza e del tutoraggio); alla organizzazione del lavoro, delle tempistiche e della tipologia

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di mansione che potrebbero essere tali da creare sintomi da stress lavoro correlato, minare l’equilibrio psico-fisico o/e generare comportamenti lesivi .Le misure preventive e protettive più frequenti attuate dalle cooperative rispon-denti e relative a queste due tipologie di svantaggio sono elencate nella tabella sot-tostante.

Tab.3 Principali tipologie di misure adottate per la tutela dei lavoratori appartenen-ti alle categorie di svantaggio “(ex) detenuti” ed “(ex) alcoolisti-tossicodipendenti”.

toSSicodipendentialcoliSti

detenuti-ex detenuti

adeguamento attrezzature di lavoro 7% 11%

adeguamento postazioni o luoghi di lavoro 9% 7%

attività di info-formazione aggiuntive 11% 7%

esenzione da particolari tipologie di attività 20% 22%

aumento supervisori 5% 7%

sono soggetti a continuo controllo da parte di uno o più preposti

11% 11%

vengono sottoposti ad una più frequente sorveglianza sanitaria

16% 15%

altro (specificare) 7% 11%

adeguate pause e non eccessivi carichi di lavoro 13% 7%

Le misure più frequenti consistono nell’evitare di attribuire ai lavoratori tipolo-gie di attività potenzialmente pericolose e di evitare situazioni troppo stressanti (specie per i dipendenti o ex dipendenti da sostanze) definendo pause adeguate e carichi di lavoro non eccessivi, a conferma che le misure specifiche sono rivolte a persone con rischio di ricaduta o che stanno seguendo cure e percorsi riabilitativi. A questo proposito mettiamo in evidenza il fatto che, in circa il 15% dei casi, per entrambe le tipologie di svantaggio i lavoratori vengono sottoposti ad una maggio-re sorveglianza sanitaria. Analizziamo ora le misure previste in caso di disabilità che, indipendentemente dalla tipologia, si conferma come un fattore determinante nella predisposizione di misure specifiche rispetto alle altre categorie di svantaggio.

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Tab.4 Principali tipologie di misure adottate per la tutela dei lavoratori appartenen-ti alle categorie di svantaggio legate alla disabilità mentale, psichica e fisica

diSaBili fiSici e/o SenSo-riali

diSaBili mentali

diSaBili pSichici

totdiSaBili

adeguamento attrezzature di lavoro 4% 6% 6% 6%

adeguamento postazioni o luoghi di lavoro 6% 9% 8% 8%

attività di info-formazione aggiuntive 15% 3% 11% 10%

esenzione da particolari tipologie di attività 21% 24% 21% 22%

aumento supervisori 6% 9% 6% 7%

sono soggetti a continuo controllo da parte di uno o più preposti

10% 9% 11% 10%

vengono sottoposti a una più frequente sorveglianza sanitaria

17% 21% 19% 19%

altro (specificare) 6% 6% 3% 5%

adeguate pause e non eccessivi carichi di lavoro 15% 15% 13% 14%

100% 100% 100% 100%

In generale, una delle misure più frequenti consiste (nel 22% dei casi) nel non asse-gnare determinate tipologie di attività e nella definizione di misure organizzative e del lavoro tali da concedere adeguate pause e carichi di lavoro non eccessivi. I lavo-ratori disabili vengono inoltre sottoposti ad una più intensa sorveglianza sanitaria, con frequenza maggiore nel caso dei disabili mentali. È interessante notare come aggiuntive misure di info-formazione siano ritenute attuabili solo per il 10% delle cooperative rispondenti, con una percentuale estremamente bassa (3%) riferita ai disabili mentali. Il che è sicuramente indicativo del fatto che, più che attività forma-tive in quanto tali, siano necessarie misure di accompagnamento e supervisione, come dimostra il fatto che l’aumento del numero dei supervisori ed il controllo operato dai preposti coprono, assieme, il 17% delle risposte. La non assegnazione di particolari tipologie di attività e una organizzazione del lavoro tale da prevedere pause adeguate e carichi di lavoro non eccessivi sono mi-sure coerenti con un altro degli obblighi che il TU sulla sicurezza assegna al datore di lavoro, ossia “affidare i compiti ai lavoratori, tenendo conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e sicurezza” (c. 1, punto c, art. 18 D. Lgs. 81/2008 e smi). Tale disposizione, pensata dal legislatore per tutti i lavoratori, risulta particolarmente confacente alle specificità che caratterizzano i lavoratori svantaggiati, soprattutto per quanto riguarda la disabilità. Per i soggetti disabili, la definizione dei compiti è in genere indicata nella convenzione tra la cooperativa ospitante e l’ente promotore sulla base delle indicazioni date dai comitati tecnici (come da legge 68/99) o dalle commissioni che stabiliscono il grado di disabilità dei singoli e indicano l’ambito e le mansioni a cui possono o non possono essere destinati. Spesso tali indicazioni sono generiche e non calibrate in relazione alla

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specifica organizzazione in cui vengono inseriti e ai rischi ivi presenti. In base alla valutazione dei rischi e alle specifiche caratteristiche del lavoratore, il datore di lavoro è invece in grado di stabilire se una specifica mansione o parte delle attività previste per una mansione siano potenzialmente pericolose. Abbiamo visto come, tra le misure specifiche adottate per eliminare o ridurre i rischi per i lavoratori svantaggiati, non siano tra le più frequenti quelle relative a formazione ed informazione aggiuntiva. Si presuppone quindi che siano adottate misure per la gestione delle emergenza volte a ridurre la presenza di tali lavoratori (anche in termini di orario giornaliero) in situazioni potenzialmente pericolose, a predisporre misure organizzative tali da mettere in salvo i lavoratori in caso di necessità di evacuazione, anche in base alle funzioni di supervisione e controllo da parte dei preposti e dagli addetti alla gestione delle emergenze.Come dato generale, le cooperative sociali che impiegano lavoratori svantaggiati, svolgono esercitazioni di emergenza meno frequentemente rispetto alla totalità del campione. All’interno di questa tendenza tuttavia, forse anche grazie alle spe-cifiche norme in materia, le esercitazioni per la gestione delle emergenze sono più frequenti laddove sono presenti lavoratori disabili che potrebbero avere difficoltà ad eseguire le procedure, sia a causa di handicap fisici o sensoriali sia per reazioni non prevedibili che potrebbero emergere in situazioni di pericolo generalizzato.Rimane comunque significativa (40%) la percentuale di cooperative che non svolge esercitazioni di emergenza. Tale dato migliora se prendiamo in considerazione la totalità del campione delle cooperative, come mostrato dal grafico sottostante.

Graf.13 Periodiche esercitazioni di emergenza

������� 54%SI 16%

SI, SALTUARIAMENTE

30%NO

Ultimo obbligo che trattiamo in questa specifica sezione è quello per cui il datore di lavoro deve “adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestra-mento” (c. 1, punto l, art. 18 D. Lgs. 81/2008 e smi). Tale obbligo è declinato, sia in termini di contenuti che modalità e soggetti di erogazione, nell’Accordo Stato Regione del 21 dicembre 2011. Inoltre, la formazione, informazione e l’addestramento di lavoratori affetti da disa-

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bilità operanti all’interno delle cooperative sociali, in base all’articolo 7 decreto 13 aprile 2011, devono essere programmate e realizzate, compatibilmente con il loro stato soggettivo. A seconda della tipologia di svantaggio, i singoli lavoratori devono essere (info)formati e addestrati sulle norme di salute e sicurezza generali e in rela-zione alla singola mansione. Il che, per i soggetti con difficoltà gravi può richiedere diverso tempo (in relazione alla durata dell’inserimento) e modalità di erogazione differenziate a seconda delle necessità, specie quando si tratta di inserimenti a sco-po terapeutico e riabilitativo, per cui spesso diviene difficile definire i contenuti della formazione “specifica” e veicolare quelli della formazione generale (così come definito dall’Accordo Stato-Regioni del 22 dicembre 2011 sulla formazione in ma-teria di sicurezza) nonché esplicitarne il contenuto nella documentazione richiesta (libretto formativo etc), specie nei casi in cui la permanenza del soggetto è limitata (es. borse lavoro). Come abbiamo visto in precedenza, interventi integrativi e aggiuntivi di forma-zione ed informazione non appaiono tra quelli prioritariamente scelti per garan-tire una maggiore tutela ai lavoratori svantaggiati. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, le cooperative coinvolgono tutte le tipologie di lavoratori nelle attività di formazione sulla sicurezza prevista dalla legge, anche quindi i lavoratori svantag-giati e, nel 32% dei casi, dichiarano di ricorrere per la formazione dei lavoratori svantaggiati a formatori specializzati, specie nei casi in cui la formazione risulta diretta a disabili sensoriali e psichici.

Organizzazione e gestione della sicurezza nelle cooperative sociali

Poiché tra le principali finalità del progetto di ricerca vi sono l’analisi, la raccolta e la definizione di buone pratiche relative alle Procedure e modelli organizzativi interni alle imprese cooperative, il presente paragrafo ha lo scopo di analizzare se e come le cooperative sociali applichino alcune delle fondamentali attività e procedure che stanno alla base di un modello di organizzazione efficace, anche in relazione alle specificità collegate alla presenza di lavoratori svantaggiati, ai luoghi di lavoro e alla gestione dei servizi in affidamento. È interessante notare come ben 56 cooperative su 100 dichiara di applicare un modello di gestione e organizzazione della sicurezza e 43 cooperative su 100 dichiarano di essere dotate di un sistema di qualità certificato (ISO9000, EMAS ecc). Solo in 3 casi le cooperative dichiarano di possedere ed applicare un sistema di gestione della sicurezza certificato (OSHAS 18000). Pur non escludendo che, in alcuni casi, la dichiarazione circa l’applicazione di MOG sia da intendersi “limitata” alle attività previste dalla normativa (valutazione dei rischi e predisposizione ed applicazione di procedure preventive e protettive) più che in termini di esimenza dalla responsabilità di cui al D. Lgs. 231/2001, fin da questi primi dati si nota l’importanza del fattore organizzativo e gestionale all’interno delle cooperative sociali. Ciò è vero in particolare considerando il fatto che, tra coloro che hanno dichiarato di non possedere nessuno dei 3 strumenti di gestione sopra citati, circa 1 cooperativa su 2 dichiara di avere intenzione di adottarlo, avendo scelto la risposta, tra le 3 possibili, “non ancora” relativamente alla adozione di un MOG o di un sistema di gestione della qualità, quest’ultimo sempre più necessario per la

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partecipazione a gare di appalto o per accedere al sistema di accreditamento. Solo 1 cooperativa su 4, tra quelle che non sono dotate di un sistema certificato per la sicurezza, intende dotarsene in futuro. Mentre non si rileva, tra le 3 tipologie di cooperative, una differenza significativa nelle percentuali di applicazione o meno di modalità gestionali di prevenzione e protezione, per quanto riguarda la classe dimensionale, come era facile prevedere, al crescere del numero di dipendenti, aumenta anche il ricorso a tali protezioni organizzative: il 73% delle cooperative sociali che dichiara di applicare un MOG ha un numero di lavoratori superiore a 30 e stessa percentuale si ritrova tra le cooperative che intendono dotarsene.

Come in qualsiasi impresa, anche nelle cooperative sociali, l’efficacia delle proce-dure di prevenzione e protezione deriva da una organizzazione aziendale, in ter-mini di sicurezza, consapevole delle proprie responsabilità ed efficiente nella indi-viduazione dei potenziali rischi e delle misure correttive. Nelle cooperative sociali, questo è soprattutto vero poiché, come poc’anzi ricordato:

• supervisione e controllo rappresentano una delle misure messe in atto a sup-porto dei lavoratori svantaggiati per ridurre o eliminare il rischio di infortunio o malattia professionale;

• nella gestione ed erogazione dei servizi in affidamento, specie se presenti rischi interferenziali, l’identificazione di figure operative, all’interno della coopera-tiva, preposte al coordinamento e al controllo in raccordo con l’ente commit-tente è, non solo richiesta dalla documentazione di affidamento, ma necessaria nell’effettivo svolgimento delle operazioni.

Praticamente in tutte le cooperative vengono identificati addetti alle emergenze e al primo soccorso e praticamente in tutte le cooperative i lavoratori hanno iden-tificato (per lo più all’interno della azienda) il proprio responsabile alla sicurezza. Nelle cooperative di tipo A, che solitamente hanno dimensioni maggiori e il cui finanziamento è per lo più di tipo pubblico (appalti e concessioni), troviamo, oltre alle figure “standard” della sicurezza i cui ruoli sono ricoperti (a parte nel caso di RSPP esterno) da lavoratori che svolgono altre funzioni, anche figure completa-mente dedite alla gestione della sicurezza quali “risk manager” e coordinatore alla sicurezza, pur in un numero di casi molto limitato. Non si notano in genere grandi differenze tra le cooperative di tipo A e le cooperative di tipo B. Alcune leggere differenze si notano nella consistenza del numero di preposti che è maggiore nella cooperazione di tipo B, in virtù del ruolo di supervisione, controllo e affiancamen-to ai lavoratori svantaggiati. Possiamo quindi affermare che nelle cooperative sociali, l’organigramma aziendale è, a livello di presenza di figure preposte alla sicurezza, tale da garantire una gestio-ne adeguata delle procedure di sicurezza. Questo accade in particolare nelle im-prese più strutturate. Nelle imprese con un numero di lavoratori che va da 1 a 10 le sole figure indicate sono quelle del datore di lavoro, RSPP, e addetti alle emergenze. Non sono indicate né preposti né medici competenti.

La definizione di procedure o comunque di “modelli di comportamento” è, quindi,

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un atto conseguente alla valutazione dei rischi (anche da interferenza), poiché, una volta identificato un rischio si predispongono misure e attività tali da ridurlo ed eli-minarlo. Le procedure rappresentano una metodologia di azione che, all’interno di un protocollo operativo, è di supporto a proteggere la Cooperativa, quale persona giuridica e autonomo centro di imputazione di responsabilità, dalle gravose pene previste dal D. Lgs. 231/2001 (es. interdizione dell’attività, sanzioni economiche). Il fatto che l’88% delle cooperative dichiari che non esistono procedure scritte ri-portanti istruzioni di lavoro e relative misure di sicurezza, conferma l’ipotesi avan-zata in precedenza, ossia che la dichiarazione circa l’applicazione di MOG (60%) sia per lo più da intendersi “limitata” alle attività previste dalla normativa (valutazione dei rischi e predisposizione ed applicazione di procedure preventive e protettive) più che in termini di esimenza dalla responsabilità di cui al D. Lgs. 231/2001. Solo 7 cooperative su 90 dichiarano infatti di essersi dotate di procedure scritte per le attività più pericolose.

Date le tipologie di attività svolte in genere dalla cooperative sociali e dei rischi ad esse collegati, si è presupposto, al momento di redazione del questionario, che larga parte dei lavoratori utilizzasse Dispositivi di Protezione Individuale, supposizione confermata dai dati dal momento che nel 54% dei casi i DPI sono utilizzati da tutti i lavoratori e nel 31% da alcuni. L’analisi delle risposte relative alla figura incaricata di controllarne l’effettivo utilizzo risulta quindi indicativa delle modalità organiz-zative preposte alla attuazione delle procedure.

Graf. 14 Figure preposte al controllo dell’utilizzo dei DPI da parte dei lavoratori

0

20

40

60

80

100

120

ALTR

I LAV

ORAT

ORI

PREP

OSTORL

S

RSPP

DATO

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I LAV

ORO

A

B

A+B

Il fatto che più dell’80% delle cooperative individui nel preposto la figura addetta al controllo è particolarmente significativa, poiché mostra, non solo il rispetto delle norme e degli obblighi che la legge assegna a questa particolare figura della sicurezza, ma il fatto che il controllo avviene in modo continuativo e direttamente sul luogo di lavoro.

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Se da una parte le procedure e istruzioni di lavoro e le relative misure di sicurezza non hanno forma scritta ma risultano piuttosto basate sull’addestramento e il con-trollo in itinere, dall’altra, le cooperative sociali utilizzano, in caso di inosservanza delle norme di sicurezza, richiami sia scritti (nel 56% dei casi) che verbali (nel 27% dei casi). I richiami scritti sono più frequenti al crescere della dimensione della cooperativa, nelle cooperative di tipo B e, nella maggioranza dei casi, sono rivolti, ai lavoratori svantaggiati, a (ex) tossicodipendenti /alcolisti ma anche a disabili psichici, fisici e in misura minore a disabili mentali. L’utilizzo di richiami scritti è anche da intendersi funzionale alla rilevazione di eventuali ricadute o difficoltà di inserimento. Il controllo è, inoltre, utile ai fini di una verifica circa l’efficacia delle procedure di sicurezza. L’esistenza di attività volte a verificare periodicamente l’efficacia delle misure e procedure di sicurezza è quindi sintomatico di un modello funzionante di gestione ed organizzazione. Solo 5 cooperative sociali dichiarano di non effettuare verifiche periodiche, il 73% le effettua, il 21% le effettua solo in caso in cui si verifi-cano problematiche, senza particolari differenze nella composizione di risposte tra le varie tipologie di cooperativa o classe dimensionale.

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Capitolo 1. Riunione allargata di individuazione dei rischi

Documenti presi a riferimento:

• Linee guida per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro- Parte I, Parte II; Manuale del sistema, Guida Operativa UNI-INAIL.

• Decreto 1757 del 1.03.2013 Regione Lombardia “ Sperimentazione di una stra-tegia partecipativa, strutturata e coordinata per lo sviluppo di un sistema di gestione per la salute e la sicurezza negli ambienti di lavoro (strategia sobane- Gestione dei rischi professionali).

• La predisposizione di Modelli organizzativi preventivi dei reati in materia di salute e sicurezza del lavoratore- Indicazioni per le piccole e medie Coopera-tive a cura di Legacoop.

Obiettivi

• Identificazione dei pericoli, valutazione dei rischi e successiva gestione (coor-dinata e partecipata) degli stessi da parte di committente e cooperativa sociale.

• Definizione di modalità di gestione funzionali alla specificità delle attività svolte, dei lavoratori impiegati e delle modalità di erogazione dei servizi.

• Valorizzazione dell’esperienza delle cooperative sociali nella identificazione e gestione e suo riconoscimento a livello istituzionale (committenza e organi di controllo).

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Metodologia

SPECIFICITÀ DELLA COOPERAZIONE SOCIALE

CARATTERISTICHE E METODOLOGIE PREVISTE

DAI MOG O SGSL PER AZIENDE “TIPO”

ADATTAMENTO DEL MOG ALLE SPECIFICITÀ DELLA COOPERATIVA

SOCIALE

COOPERAZIONE NELLA IDENTIFICAZIONE DEI

RISCHI E NELLA DEFINIZIONE DELLE

MISURE PREVENTIVE CON LA COMMITTENZA

ADATTAMENTO DELLE PROCEDURE AI RISCHI

DA INTERFERENZA

IDENTIFICAZIONE DI PROCEDURE E PROTOCOLLI

ORGANIZZATIVI SPECIFICI

Concetti base

• Specificità delle cooperative sociali• Esperienza delle cooperative sociali • Coordinamento tra diversi soggetti• Partecipazione diretta dei lavoratori e dei vari soggetti coinvolti (individuazio-

ne partecipativa del rischio e sua gestione quotidiana)• Attivazione di prassi semplici, poco costose e adattabili a vari contesti • Semplificazione e maggiore efficacia del rapporto committente/appaltatore • Attivazione rapida ed efficace di interventi preventivi e protettivi

1.1. Considerazioni e proposte sul modello di gestione della sicurezza nelle cooperative sociali

Dall’analisi dei dati raccolti tramite questionario dal significativo campione di co-operative sociali emiliano-romagnole affiliate a Legacoop Emilia-Romagna risulta che l’applicazione delle norme di salute e sicurezza riveste un ruolo primario nella gestione aziendale e le cooperative sociali in molti casi elaborano prassi organiz-zative, derivate dall’esperienza, che permettono di garantire un adeguato livello preventivo e protettivo anche in quelle situazioni che, data la natura dei servizi e delle prestazioni che erogano, esulano dalla casistica generale. Ci riferiamo, in particolare, allo svolgimento di servizi dati in affidamento dagli enti pubblici e alla consistente presenza di lavoratori svantaggiati. Di fronte a “situazioni tipo” indivi-duate come problematiche dal punto di vista della salute e sicurezza, le cooperative sociali mettono in atto strumenti e procedure (interne o nel rapporto con la com-mittenza) non espressamente previste dalle norme che regolano lo svolgimento delle attività, né dalle specifiche norme in materia (es. formazione), ma funzionali

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e necessarie al raggiungimento dello scopo. Tali strumenti e prassi organizzative, se formalizzate e riconosciute (sia dalla committenza che dagli organi ispettivi) permetterebbero una gestione dei rischi aziendali ed interferenziali più efficace e efficiente.L’adozione di MOG (se non di un SGSL) rappresenta quindi uno strumento appro-priato (basato sulla attribuzione delle responsabilità e la collaborazione dei vari membri della cooperativa) per applicare in modo efficiente le disposizioni del TU, pur nelle specificità proprie della cooperazione sociale e per salvaguardare la coo-perativa stessa nei confronti del D. Lgs. 231/2001, specie in quelle occasioni in cui svolge le proprie funzioni sociali in supplenza o a supporto degli enti Pubblici o privati (dall’assistenza agli anziani presso i loro domicili o l’assunzione di disabili a fronte di commesse da parte di aziende in obbligo di legge 68). Il Modello orga-nizzativo infatti costituisce un sistema di regole e procedure che hanno lo scopo di prevenire la commissione di reati da parte di amministratori o dipendenti dell’im-presa.Esistono altri strumenti, propedeutici alla adozione di sistemi di gestione alla sicu-rezza che rappresentano, da una parte, modalità di identificazione del rischio e di identificazione delle procedure da attivare per la sua riduzione/eliminazione, par-tecipate e condivise nelle occasioni in cui la cooperativa opera all’interno dell’or-ganizzazione di altro datore di lavoro; e, dall’altra, causa ed effetto del rapporto con il committente per quanto riguarda l’identificazione delle misure (e dei cor-rispondenti costi) di sicurezza per quanto riguarda le interferenze, anche in sede di definizione dei contenuti contrattuali. Uno di questi strumenti è, ad esempio, la strategia sobane per la gestione dei rischi professionali6 che può essere adottata sia nella gestione dei rischi interni alle attività delle cooperative sociali che nel loro rapporto con la committenza, inserendo, nel processo di identificazione partecipa-ta dei rischi, figure della committenza e della cooperativa sociale (e anche l’utente/famiglia nel caso di servizi domiciliari). Le risultanze delle analisi sul campo, nonché la raccolta di prassi organizzative sviluppate dalle singole cooperative sociali, sulla base della loro esperienza, sono quindi riconducibili alle caratteristiche e ai vari punti caratterizzanti un modello di gestione dei rischi classico o adattato, così come definiti dall’art. 30 D. Lgs. 81/08 che indica:

1. i parametri normativi affinché il Modello Organizzativo sia idoneo ad esclude-re la responsabilità amministrativa dell’impresa;

2. l’obbligo di introdurre procedure idonee per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello.

3.

6 “Strategia SOBANE- Gestione dei rischi professionali” prof. J Malchaire, Università Cattolica di Louvain, strategia sviluppata nell’ambito della ricerca SOBANE co-finanziata dal Servizio Pubblico Federale Impiego, Lavoro e Concertazione Sociale e dal FSE (www.deparisnet.be; http://sobane-sgsl.fsm.it/ ).

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L’art. 30 prevede che il Modello Organizzativo idoneo ad esonerare l’impresa da responsabilità amministrativa “deve essere adottato ed efficacemente attuato”.In ogni caso il Modello Organizzativo si fonda in parte sulle procedure del Siste-ma di Gestione per la sicurezza sul lavoro ( procedure previste dalle Linee Guida UNI INAIL o dalle OHSAS 18001:2007), in parte su procedure obbligatorie previste dall’art.28 del D. Lgs. 81/08, in particolare per quanto attiene a:

• valutazione dei rischi e identificazione delle figure dell’organigramma della sicurezza;

• indicazione delle misure di prevenzione e protezione attuate;• il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento

nel tempo dei livelli di sicurezza;• l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare,

nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate com-petenze e poteri;

• l’individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, speci-fica esperienza, adeguata formazione e addestramento.

Inoltre il Modello Organizzativo prevede un sistema disciplinare e di vigilanza ido-neo a garantire il rispetto da parte di lavoratori e subappaltatori delle regole della sicurezza. Per avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa e comunque per garantire una effettiva tutela della salute e della sicurezza, il MOG deve essere adot-tato ed attuato assicurando l’adempimento di vari obblighi giuridici che, come sopra accennato, rientrano nelle previsioni normative dell’art. 28 (valutazione dei rischi) ma che qui vengono sviluppate e intese come parte di un sistema condiviso di gestione, monitoraggio, controllo e sanzione a livello organizzativo. Vediamo alcuni adempimenti in relazione alle specificità della cooperazione socia-le e alcune proposte di protocolli operativi desunti dall’analisi documentale e sul campo sviluppata nell’ambito del progetto di ricerca. I protocolli applicati e riferiti ai MOG devono, quanto meno, garantire l’identifi-cazione delle responsabilità delle azioni e la tracciabilità di queste ultime. Il che presuppone:

1. di mettere nelle condizioni di operare correttamente chi ha la responsabilità di attuare i compiti assegnati;

2. di predisporre strumenti adeguati e di facile ed immediato utilizzo per ga-rantire efficacia del sistema e per evitare ulteriore burocratizzazione: lo scopo finale è garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori.

Vediamo di seguito alcuni dei principali ambiti di attività di cui si compone un modello di gestione della sicurezza, declinandolo in base alle specificità proprie della cooperazione sociale, identificando, di conseguenza, proposte di protocol-li operativi funzionali e con rimandi alla gestione di attività esternalizzate svolte all’interno di luoghi di lavoro di altro datore di lavoro. Prendiamo a riferimento,

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come documento base su cui effettuare l’analisi, le Linee guida UNI-INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (2011) e i manuali operativi.

1.2. Politica per la sicurezza sul lavoro

La politica per la sicurezza sul lavoro deve essere definita e documentata dal vertice aziendale (ma trattandosi di cooperative è fondamentale una diffusa conoscen-za e consapevolezza della politica aziendale di sicurezza da parte di tutta la base sociale) ed è volta a dimostrare l’impegno della azienda alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, sia nei confronti degli stessi lavoratori e della base sociale che verso l’esterno. In quest’ultimo caso, l’importanza assegnata dalla cooperativa nei confronti della SSL e il fatto che l’organizzazione aziendale tende all’obiettivo di miglioramento continuo è volta ad acquisire valore specifico sul mercato, quindi anche in veste di potenziale appaltatore, sia a caratterizzare l’azienda al momento della acquisizione e svolgimento di una prestazione in affidamento.Come più volte ribadito, le cooperative sociali sono, da una parte, vere e proprie strutture imprenditoriali che, tuttavia, non hanno come obbiettivo primario la re-alizzazione del profitto economico bensì ricercano la solidarietà sociale come bene collettivo. Per raggiungere questa finalità, le risorse di cui dispone una cooperativa sociale devono, al pari di una società commerciale, essere organizzate imprendi-torialmente, ottimizzandone l’impiego, sotto l’aspetto economico, dell’efficacia e dell’efficienza, prestando, al contempo, la massima attenzione alla qualità del servi-zio fornito, che ha finalità di tipo pubblico. L’attenzione alla tutela e al benessere dei propri lavoratori nonché della utenza a cui si rivolgono è quindi insita nella propria natura e molto spesso ribadita anche all’interno del Bilancio Sociale di impresa. La definizione della politica di SSL, deve necessariamente partire da una “Analisi di avvio” 7 preliminare per evidenziare i punti focali della organizzazione in relazione alla salute e sicurezza sul lavoro. L’analisi risulta particolarmente utile per identifi-care eventuali pattern di comportamento, prassi organizzative ed individuali messe in atto e portare a sistema quelle più efficaci, nonché per identificare problemati-che ricorrenti ed inquadrare gli ambiti (organizzativi, legislativi e normativi) di riferimento dal punto di vista della salute e sicurezza. Le linee guida UNI-INAIL suggeriscono come l’Analisi di avvio debba essere un processo partecipativo da effettuarsi tramite colloqui/interviste con le funzioni aziendali interessate. Il che permette anche di effettuare una ricognizione della tematica da diversi punti di vista. Data la specificità delle cooperative sociali, sarebbe sensato estendere l’analisi anche a quei soggetti esterni alla cooperativa che ne influenzano la gestione della salute e sicurezza. Tale approccio di sistema dovrebbe essere anche alla base del riesame della politica di SSL, in base ai risultati di monitoraggio. Lo svolgimento di servizi con finalità pubbliche (socio-sanitari ed educativi) e il ruolo svolto a sostegno della occupazione di soggetti svantaggiati sono anche gli stessi elementi che stanno alla base delle diverse modalità di affidamento che la PA

7 Linee guida per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) – Manuale del sistema.

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riserva alle cooperative sociali. Nel valutare l’idoneità tecnico professionale della cooperativa sociale nonché nella predisposizione del sistema di gestione coor-dinata della misure preventive, la PA dovrebbe quindi considerare tali premesse, tanto più se la cooperativa sociale è dotata di esplicitata politica della sicurezza che poi applica nelle pratiche aziendali e quindi, anche nella erogazione dei servizi su incarico/concessione. In questo senso, la logica dell’appalto al massimo ribasso, risulta, per l’affidamento delle attività alle cooperative sociali (specie se di tipo B), divergere dalle motivazioni stesse che spingono la PA ad affidare i servizi alle co-operative sociali. Questo è ancora più vero nel caso degli appalti riservati e nelle clausole sociali, tipologie contrattuali appositamente pensate con finalità sociali e attinenti a quelle della cooperazione sociale.

1.3. Pianificazione

Rappresenta la concretizzazione della politica aziendale di sicurezza e dovrebbe essere necessariamente coerente, per essere efficace, con il sistema di gestione aziendale adottato, poiché gli obiettivi della sicurezza sono da considerarsi parte integrante degli altri obiettivi aziendali. L’esperienza delle cooperative sociali nello svolgimento delle proprie attività statutarie rappresenta un decisivo valore aggiun-to, quindi, nella pianificazione delle misure di SSL da applicare, sia quando la coo-perativa opera all’interno dei propri luoghi di lavoro che, in particolare, all’esterno, come ha ribadito il legislatore al c. 1 art. 7 DM 13 aprile 2011. La pianificazione, secondo le linee guida UNI-INAIL, deve rispondere ad alcuni re-quisiti chiave, quali:

• Definizione e graduazione degli obiettivi finalizzati al mantenimento e miglio-ramento del sistema e la conseguente determinazione di criteri di valutazione idonei a dimostrare l’effettivo raggiungimento degli stessi.

• Predisposizione di un piano per il raggiungimento degli obiettivi contenente anche le tappe intermedie nonché l’individuazione delle figure/strutture coin-volte nella realizzazione del piano, l’attribuzione di compiti e delle responsa-bilità relative.

• Definizione delle risorse necessarie, anche economiche.• Previsione delle modalità di verifica dell’effettivo ed efficace raggiungimento

degli obiettivi.

Nella erogazione dei servizi, specie se derivanti da una concessione, convenzione o un contratto di appalto, la cooperativa si trova a dover raggiungere gli obiettivi e gli standard di qualità previsti dal capitolato e dal contratto con la committenza. Parallelamente, la cooperativa sociale, proprio in quanto tale, mette in atto azioni e metodi per tutelare i propri dipendenti, gli operatori e gli utenti, secondo le proprie finalità sociali, che punta al raggiungimento di un utile solo in quanto funzionale ad esse. Entrambe le prospettive, sviluppate in modo congiunto, dovrebbero essere considerate nella definizione, da parte della committenza, degli obiettivi e degli standard di riferimento e, da parte della cooperativa sociale, degli obiettivi di SSL e nella predisposizione di prassi e procedure per gestire al meglio il rapporto con

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la committenza. Una nota specifica va dedicata alla cooperazione di tipo B, per quanto riguarda obiettivi e criteri di valutazione. La cooperativa, grazie alla propria specifica profes-sionalità in materia, definisce modalità organizzative e di gestione delle attività la-vorative in base alle caratteristiche e allo stato soggettivo dei lavoratori svantaggiati che impiega, ciascuno dei quali presenta proprie necessità e capacità di azione (es. frequenti pause sul lavoro, orari ridotti, non destinazione ad alcune attività lavora-tive, gruppi di lavoro misti e commisurati alla tipologie di attività e caratteristiche dei lavoratori ecc). Allo stesso modo, tutto ciò che attiene alla sicurezza sul lavoro deve essere calibrato, non chiaramente in termini di obiettivi finali, quanto di me-todologie, procedure e criteri di valutazione da attivare per raggiungerli, in base alle specificità dei singoli o quanto meno di gruppi omogenei che si discostano dallo standard del lavoratore “normodotato”. Anche in questo caso, il legislatore, focalizzandosi sulla parte (fondamentale) di formazione ed addestramento, in base all’art. 7 del DM 13 aprile 2011, prevede che le cooperative eroghino la formazione ai lavoratori affetti da disabilità fisica (grave), psichica ed intellettiva secondo il loro stato soggettivo. Ne consegue che, al momento della aggiudicazione di un contratto o dell’avvio di una prestazione (tramite convenzione), la definizione delle caratteristiche del ser-vizio e le conseguenti clausole in materia di SSL debbano necessariamente tenere conto del piano delle modalità organizzative, formative e gestionali che la coope-rativa mette in atto al fine di una completa integrazione del soggetto svantaggiato, che avviene, materialmente tramite lo svolgimento dei servizi oggetto dell’appal-to/convenzione e operativamente tramite la definizione di un ambiente di lavoro adatto allo scopo, anche dal punto di vista della salute e sicurezza; ancor più se i lavoratori svantaggiati operano all’interno di ambienti di proprietà della com-mittenza ed in presenza di rischi di interferenza. Anzi tale prospettiva, dovrebbe, laddove possibile, influenzare la stesura stessa del contenuto dell’affidamento e la definizione dei potenziali rischi a cui i lavoratori della cooperativa possono trovar-si esposti nell’ambito dell’organizzazione del committente (DUVRI e conseguente stima dei costi di sicurezza). Dove questo non è possibile e proprio in ragione delle finalità sociali alla base della aggiudicazione della commessa, è fondamentale che entrambe le parti contrattuali (PA e cooperativa sociale) abbiano voce in capito-lo nella definizione non solo degli effettivi rischi presenti (approfonditi rispetto a quelli evidenziati dal committente, anche in base alle caratteristiche dei lavorato-ri effettivamente impiegati nella attività) nonché nella predisposizione di misure preventive e protettive specifiche, nonché delle risorse economiche necessarie a garantire efficacemente la salute e sicurezza dei lavoratori della cooperativa e degli altri presenti, obiettivi intermedi e modalità di verifica dell’effettivo ed efficace rag-giungimento degli obiettivi, che devono essere necessariamente commisurati alla reale situazione lavorativa. Tutto questo ha chiaramente ripercussioni sugli elementi di cui la pianificazione interna ed esterna della cooperativa (in particolare nello svolgimento di attività all’interno dell’organizzazione di altro datore di lavoro) deve tenere conto, secondo quanto stabilito dalle linee guida UNI-INAIL, ossia:

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elementi da pianificare

Specificità cooperative Sociali (Svolgimento attività preSSo luogo di lavoro di altri e/o impiego di lavoratori Svantaggiati)

attività lavorative ordinarie e Straor-dinarie

(compreSe le emer-genza)

oltre ai rischi propri delle attività e delle mansioni svolte dai lavoratori, la cooperativa sociale deve pianificare le proprie attività tenendo conto che:

• le attività ordinarie vengono svolte in luoghi di lavoro su cui la cooperativa non ha diretta competenza e spesso in presenza di lavoratori che fanno capo ad altri datori di lavoro;

• la definizione dei rischi di interferenza, le misure preventive conseguenti nonché il costo ad esse associato, viene di norma stabilito dal committente senza un effettivo coinvolgimento della cooperativa sociale anche per quanto riguarda la formazione e pianificazione delle misure di emergenza;

• per le cooperative di tipo B), la presenza di lavoratori svantaggiati, specie se disabili, influenza necessariamente lo svolgimento delle attività, la loro orga-nizzazione e tempistica e, quindi, anche l’ambiente in cui le attività vengono svolte, incidendo pertanto anche sulla entità e caratteristiche dei rischi da interferenza e le misure preventive e protettive conseguenti (anche per quanto riguarda le emergenze).

attività di tutto il per-Sonale che ha acceSSo al luogo di lavoro e/o interferenza con le attività lavorative

Si tratta, in questo caso, di dirimere, attraverso la pianificazione aziendale alcuni dei punti qualificanti delle attività svolte dalle cooperative sociali di tipo a), ossia quelle relative allo svolgimento di servizi agli utenti, in nome e per conto della committenza pubblica, che delle cooperative di tipo B), ossia l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati.

per quanto riguarda lo svolgimento delle attività all’interno di luoghi di lavoro di altri datori di lavoro, la principale problematica deriva dal necessario coinvolgimento, affinché la pianificazione risulti efficace, della committenza specie quando le attività vengono svolte all’interno di ambienti di sua proprietà o per suo conto all’interno della proprietà di terzi (es. domicili privati o altri ambienti destinati ad un uso che fa capo alla committenza, ma di proprietà di altri). nella maggioranza dei casi, inoltre, le cooperative sociali operano in ambienti in cui sono presenti soggetti terzi (utenti, fa-miliari, altre figure di supporto alla utenza o professionali ecc) in modo continuativo.

nello specifico caso delle cooperative di tipo B), la presenza di lavoratori svantaggiati può avere influenza sulla valutazione dei rischi da interferenza (come detto nel riquadro precedente) e quindi è fondamentale la definizione di comuni misure di coordinamento tra cooperativa e committenza. Spesso, inoltre, accade che la coope-rativa sociale di tipo B) ospiti per periodi più o meno prolungati soggetti svantaggiati, tramite forme di convenzione e contratto particolari (es. le borse lavoro) e che, quindi, si trovi a dover pianificare misure specifiche su soggetti di cui non conosce talvolta l’intera storia (personale e clinica) e su cui sarebbe necessaria un maggiore integrazio-ne con l’ente o gli enti invianti.

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Strutture, luoghi di lavoro, macchine, im-pianti, attrezzature, SoStanze utilizzate, Sia proprie della azienda che fornite da terzi.

per le strutture, impianti, mezzi e materiali relativi allo svolgimento di attività all’in-terno di luoghi di lavoro in cui il riferimento datoriale è la cooperativa stessa, valgono gli stessi obblighi e normative a cui sono soggetti tutti i datori di lavoro nel garantire lo svolgimento in sicurezza delle proprie attività. Sarà cura della cooperativa, specie se di tipo B, coniugare le necessità produttive con le caratteristiche, le potenzialità e le limitazioni dei lavoratori svantaggiati impiegati.

come è emerso dall’analisi sul campo e dai workshop che hanno direttamente coin-volto le cooperative sociali, le problematiche principali derivano dalla pianificazione di attività protettive e preventive laddove i lavoratori si trovano ad operare in ambien-ti di lavoro non di proprietà della cooperativa, in cui, quindi, la valutazione dei rischi e la conseguente predisposizione di misure preventive e protettive fa capo ad altri soggetti, che mettono i lavoratori della cooperativa a conoscenza dei potenziali rischi interferenziali, che richiedono per essere efficaci la collaborazione di tutti i soggetti presenti.

modalità più ade-guate per preSidiare i proceSSi aziendali, coSì da prevenire le inefficienze nonché individuare le attività di modifica organiz-zativa, Strutturale, procedurale, pro-duttiva, tecnologica, tenendo conto delle eSigenze di tutela della SSl.

a questo proposito risulta particolarmente critica, la situazione in cui, non essendo la cooperativa sociale nella condizione di poter intervenire direttamente laddove si presentino problematiche nello svolgimento di attività effettuate all’interno della organizzazione di altro datore di lavoro, gli interventi e le inefficienze organizzative possono essere risolti solo tramite l’intervento del committente o comunque del soggetto terzo.

le procedure e le misure di prevenzione del committente, così come quelle della cooperativa sociale, devono essere strettamente integrate, sia a livello di finalità che procedurale, per essere realmente efficaci.

La pianificazione delle attività deve, quindi, per essere efficace, basarsi su una comunità di intenti, ma soprattutto su procedure e modalità di comunicazione e intervento tra committente e cooperativa sociale. Nella definizione quindi, del proprio modello di organizzazione e gestione, la cooperativa sociale, sulla base della propria esperienza dovrà cercare modalità operative, indicare responsabi-lità e metodi di lavoro tali da gestire al meglio tutte le “problematiche” riportate nello schema soprastante, attivando canali di collaborazione con la committen-za, se non al momento della stesura del contratto, quanto meno nel corso della gestione dello stesso, prevedendo anche modalità di intervento da attivare per ridurre al minimo i rischi anche nel caso di uno scarso livello di collaborazione o non immediata risposta del committente. Di converso, la committenza, nella definizione delle clausole di sicurezza all’interno degli appalti, nonché nella iden-tificazione dei potenziali rischi interferenziali e delle conseguenti misure pre-ventive e protettive dovrebbe necessariamente tenere conto delle specificità che contraddistinguono le cooperative sociali e “contaminare” le procedure standard di valutazione e gestione della SSL con le procedure e protocolli di azione delle

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cooperative sociali. Nel contratto di appalto, per quanto attiene alle clausole di sicurezza, questo si traduce, in sostanza, negli impegni tra le parti che:

a. cooperano all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi;b. coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono espo-

sti i lavoratori; informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze.

Inoltre il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordina-mento elaborando il DUVRI allegato al contratto . La responsabilità di elaborazione del DUVRI è in capo alla committenza che è tenuta a valutare e tenere informata la cooperativa che opererà all’interno della propria organizzazione del lavoro. Tut-tavia è chiaro che, ad esempio per quanto riguarda le cooperative di tipo B, una valutazione dei rischi da interferenza limitato al luogo di lavoro e allo svolgimento delle attività non può essere sufficiente laddove sono-saranno impiegati lavoratori con svantaggio legato alla disabilità.La comunicazione e la collaborazione tra committente e cooperativa sociale risulta fondamentale anche per la necessità di aggiornamento e modifica della valutazio-ne dei rischi. È fondamentale infatti sia per la cooperativa che per il committente disporre di una valutazione aggiornata nel caso in cui vi siano modifiche norma-tive o negli accordi di erogazione del servizio e della prestazione, degli elementi della attività svolta e/o dei prodotti e servizi, modifiche dell’ambiente di lavoro e, in genere, del lay out organizzativo. Procedure e prassi volte a garantire una adatta-mento delle misure preventive e protettive a far seguito a mutamenti devono essere condivise tra le parti e supportate da idonea documentazione.

1.4. Struttura e organizzazione del sistema

Per dare attuazione alla strategia aziendale di sicurezza e forma alla pianificazione della stessa, l’azienda può dotarsi di un modello (sistema) di gestione ed organiz-zazione della sicurezza che, funzionalmente alla gestione generale della impresa, prevede diversi elementi, tutti convergenti al raggiungimento degli obiettivi di SSL, declinati in base alle specificità aziendali. Nello specifico, le linee guida UNI-INAIL definiscono alcuni concetti chiave per l’or-ganizzazione del sistema e che vediamo nello specifico.

1.5. Compiti e responsabilità

La definizione di ruoli, compiti e responsabilità è basilare per una corretta organizza-zione aziendale e deve essere funzionale allo svolgimento delle attività e agli obiettivi aziendali da raggiungere. Coerentemente anche i ruoli, i compiti e le responsabilità in materia di salute e sicurezza devono essere chiaramente definiti, esplicitati, presenti in tutto l’organigramma aziendale sia tra coloro che partecipano a vari livelli alla attività produttiva o alla erogazione dei servizi, sia tra coloro che ricoprono precisi incarichi

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previsti dalla norma (DDL, RSPP, ASPP,MC, RLS, dirigenti e preposti). Ognuno quindi all’interno della impresa ha precisi ruoli e responsabilità per quanto riguarda la SSL, e questo acquista ulteriore valore nel caso delle cooperative (sociali) laddove i lavoratori sono anche soci della cooperativa. È fondamentale quindi che i contenuti propri di ciascuna mansione siano strettamente collegati con quelli di SSL, che non deve quindi risultare un “ambito a se stante” ma parte integrante delle attività lavorative (il che ri-chiama le attività di addestramento e formazione). Oltre alla designazione delle figure di sicurezza “classiche” quali quelle sopra richiama-te (RSPP, MC, RLS, ASPP), quelle designate ufficialmente dal DDL per le emergenze così come previste dalla norma di sicurezza (addetti antincendio, alle emergenze, al primo soccorso ecc), la specificità delle cooperative sociali ci impone di focalizzare l’atten-zione su alcune figure particolari che rivestono un ruolo fondamentale nella garanzia della salute e sicurezza, con precisi compiti e responsabilità in merito, talvolta non pie-namente percepiti. Lo svolgimento di attività presso strutture appartenenti ad altri datori di lavoro, investe i lavoratori che ivi operano ed in particolare quelli identificabili come preposti di re-sponsabilità particolarmente significative anche in termini di monitoraggio delle attivi-tà e della conseguente comunicazione circa problematiche ed eventuali mutamenti di contesto, che possono, in alcuni casi sopperire alla mancanza di informazioni da parte della committenza, laddove la comunicazione non risulti ottimale. L’identificazione precisa dei preposti, la responsabilizzazione di tutti i lavoratori che operano in contesti di altri datori di lavoro diviene quindi fondamentale per un corretta gestione delle atti-vità e un pronto intervento nel caso si verifichino problematiche o potenziali pericoli. Laddove l’operatore interviene ad erogare il servizio individualmente (es. presso i do-micili degli utenti), acquista, nel sistema di gestione del rischio, un “avamposto” ancora più focale per garantire un corretto svolgimento della attività in ottica di SSL. È fonda-mentale quindi prevedere modalità organizzative e procedurali (nonché info-formati-ve) tali da metterlo nelle condizioni di essere messo a conoscenza e di saper riconoscere i rischi presenti e quelli potenziali nell’ambiente di lavoro al momento di attivazione del servizio, nel corso dello svolgimento dello stesso e essere dotato di (e saper utiliz-zare) procedure e prassi per la comunicazione di eventuali problematiche per la salute e sicurezza alle figure (aziendali e della committenza) preposte ad intervenire, senza dover aspettare le verifiche periodiche o trovarsi nelle condizioni di dover intervenire in situazione di emergenza.Per quanto riguarda, nello specifico, le cooperative di tipo B, l’analisi sul campo e i workshop svolti con la partecipazione delle cooperative sociali hanno messo in eviden-za il ruolo fondamentale degli educatori come punti di riferimento e “modelli” per i lavoratori svantaggiati. Gli educatori operando come “tutor” o “capi squadra” ricalcano sostanzialmente la figura del “preposto” così come definito dalla normativa e devono, quindi, ricevere una formazione specifica e adeguata alle attività che svolgono. È quindi di primaria importanza che essi vengano formalmente identificati come preposti, sia per chiarire le responsabilità (anche penali) associate al ruolo, sia per svolgere le proprie funzioni in modo adeguato alle specifiche caratteristiche dei lavoratori svantaggiati con i quali operano anche sul fronte formativo e di addestramento alla sicurezza. Da una parte, quindi la cooperativa sociale dovrebbe prevedere protocolli e procedure orga-nizzative che supportino gli educatori/preposti a monitorare ed intervenire in modo efficace per tutelare la salute e sicurezza dei lavoratori svantaggiati loro affidati, dall’al-

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tro gli educatori/tutor dovrebbero poter contare su una struttura organizzativa tale da supportarli nello svolgimento del proprio compito, il che ricomprende, chiaramente, oltre alla struttura organizzativa del proprio datore di lavoro, anche quella della com-mittenza. Voci specifiche del budget aziendale dovrebbero essere dedicate a supportare operati-vamente (anche dal punto di vista di una formazione mirata) tali figure. Anche le figure “tradizionali” della sicurezza nelle cooperative sociali, in ragione delle specificità che ne caratterizzano l’organizzazione, devono declinare le proprie responsa-bilità e ruoli in funzione delle specifiche situazioni lavorative in cui operano. L’RSPP deve anche declinare le proprie conoscenze tecniche in merito alle attività svol-te in appalto e alle caratteristiche dei lavoratori svantaggiati, laddove presenti; devono supportare il datore nella valutazione dei rischi, declinando l’analisi tecnica con fat-tori di tipo socio-relazionale (soprattutto nelle cooperative di tipo B) e all’interno di frequenti contesti di affidamento, che impongono all’RSPP di attivare più canali di co-municazione e mediare tra le richieste della committenza e le specifiche necessità e caratteristiche della cooperazione sociale. Il Medico Competente che opera per una cooperativa di tipo B, oltre alle attività di sor-veglianza sanitaria e supporto al datore di lavoro nella identificazione dei rischi e nella predisposizione di misure preventive e protettive efficaci, che richiamano in qualche modo le particolarità aggiuntive già sottolineate per l’RSPP, si confronta con lavoratori svantaggiati affetti da differenti disagi che possono influire a vario livello sullo svolgi-mento delle attività e quindi anche sulla SSL. Spesso vengono indirizzati alla cooperati-va sociale lavoratori svantaggiati inviati da strutture di cura che attivano convenzioni, tirocini e borse lavoro il cui scopo, oltre che occupazionale, è anche riabilitativo. Qua-lora il lavoratore venga destinato ad attività per cui è prevista la sorveglianza sanita-ria, è necessario realizzare la visita pre-assuntiva a cura del Medico Competente della cooperativa per stabilire l’idoneità, nonché le visite periodiche, in base alla normativa e alle caratteristiche del soggetto. Risulta quindi necessario un raccordo tra il Medico Competente e l’ente promotore della convenzione, tramite i professionisti che seguono lo specifico caso, nonché delle indicazioni specifiche a supporto del medico stesso per supportarlo nella analisi di ciascun caso per il quale ha bisogno di informazioni il più dettagliate possibile. Tale passaggio informativo può avvenire tramite la consegna di una relazione sanitaria o di documenti relativi al soggetto svantaggiato che il Medico Competente può esaminare per giungere ad una valutazione più completa. La rela-zione medica o le informazioni fornite al Medico Competente, dovrebbero contenere tutte le informazioni relative alla patologia fisica, psichiatrica o tossicologica utili per la valutazione della idoneità per la mansione; in particolare dovrebbero essere riportati il programma riabilitativo (e farmacologico) in atto e le modalità di monitoraggio della patologia nel corso dell’esperienza in borsa lavoro – tirocinio. A tal proposito si ricorda che non possono esprimere giudizi di idoneità, in quanto non conoscono i luoghi di lavoro ed il DVR, né il medico di fiducia né un medico dell’ASS se soggetto inviante. La norma prevede che la sorveglianza sanitaria, ove obbligatoria, sia effettuata dal Medico Competente della ditta presso cui il lavoratore sarà impiegato. Per le visite mediche preventive pre-assuntive la norma prevede che possano essere effettuate anche dai di-partimenti di prevenzione delle ASS che per farle dovranno chiedere alla ditta una serie di documenti e, se del caso, svolgere anche un sopralluogo.

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Le maggiori difficoltà in questo processo riguardano:

• la non tempestiva comunicazione della documentazione necessaria per realizzare la visita di idoneità alla mansione;

• la ridotta collaborazione tra il Medico Competente e il soggetto promotore nella ge-stione della salute del tirocinante nello svolgimento delle mansioni affidatigli;

• le incomprensioni nei giudizi di idoneità o nei contenuti delle diagnosi;• la mancata chiarezza sugli obblighi del soggetto ospitante nel farsi carico dei costi

della sorveglianza sanitaria, qualora la valutazione dei rischi abbia evidenziato un rischio per la salute del borsista/tirocinante nello svolgimento delle attività previste.

Per quanto riguarda il datore di lavoro, che nelle cooperative, dal punto di vista delle responsabilità relative alla salute e sicurezza, coincide normalmente con il rappresen-tante legale (o con il C.d.A), i compiti e i ruoli ricalcano quelli di un datore di lavoro di imprese non cooperative. L’articolo 2 del D. Lgs. 81/2008 definisce infatti il “datore di lavoro”: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. ...;[…]È quindi da individuare nel potere di autonomia finanziaria e di spesa la caratteri-stica distintiva del datore di lavoro all’interno della impresa cooperativa in termini di applicazione delle norme di sicurezza, abbinato, chiaramente al potere decisionale, suddiviso tuttavia tra i soci e, in particolare, i consiglieri di amministrazione. Nelle sen-tenze più recenti della Corte di Cassazione8 (Cass. N. 31385 del 6 agosto 2010), l’identi-ficazione del datore di lavoro coincide con il “rappresentante legale della cooperativa” e quindi, di norma, con il Presidente mentre i soci lavoratori sono equiparati a lavoratori subordinati9, privilegiando quindi, dal punto di vista della sicurezza e salute, il rap-porto di lavoro come criterio identificativo, piuttosto che l’adesione alla cooperativa in qualità di socio, anche qualora i diritti e i doveri del socio vengano effettivamente esercitati10. È quindi da ritenersi come regola generale che nelle “società cooperative

8 Si veda al proposito, Sentenza n. 31385 del 6 agosto 2010.

9 Cass, N° 2228 del 28 febbraio 2000, Cass. n.32958/04

10 Vi sono infatti casi in cui il rapporto di socio viene instaurato nonostante non sussista un ef-fettiva partecipazione alla gestione cooperativa. Esempio; Sentenza Tribunale di Trani n° 266 del 29 gennaio 2001 “peraltro il ricorrente, a dispetto della sua formale qualifica di socio, di fatto non ha mai assunto detta qualità, non avendo mai partecipato, nel breve periodo in cui è stato “socio” della cooperativa resistente, ad una assemblea della stessa, ovvero esercitando il suo diritto di voto e rimanendo quindi completamente estraneo alla vita della cooperativa stessa e questa qualità di lavoratore subordinato del ricorrente è sostanzialmente avallata dalla stessa esistenza della domanda riconvenzionale formulata a suo carico, dove, sia pure in subordine, si afferma che, ove si dovesse riconoscere al La Fortezza la qualifica di lavoratore subordinato (oltre che di socio) della cooperativa di produzione e lavoro resistente, allo stesso va chiesto il pagamento dell’indennità di mancato preavviso, che è un’obbligazione risarcito-ria pacificamente esistente solo ed unicamente in rapporti di lavoro subordinato e non certo in rapporti aventi la loro radice in contratti societari.

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i compiti e le responsabilità del datore di lavoro devono attribuirsi al legale rappresen-tante anche nei confronti degli stessi soci” (Corte di Cassazione pen. 20 ottobre 2000, in causa Cera). Ai soci lavoratori di cooperativa con rapporto di lavoro subordinato si applica lo Statuto dei lavoratori ( L. 300/70), con esclusione dell’articolo 18 ogni volta che venga a cessare, col rapporto di lavoro, anche quello associativo. Si applicano altresì tutte le vigenti disposizioni in materia di sicurezza e igiene del lavoro, come peraltro previsto dall’art. 2 D. Lgs. 81/08 sopracitato. Soprattutto nella organizzazione aziendale della sicurezza e di conseguenza nella defi-nizione dei compiti, ruoli e responsabilità in materia, non bisogna dimenticare che il socio lavoratore è “qualcosa di più” di un lavoratore subordinato. È quindi coerente con la struttura decisionale delle cooperative prevedere una distribuzione di ruoli e compiti che individui responsabilità specifiche per i vari soci della cooperativa, in un’ottica di collaborazione verso un medesimo obiettivo. Il che si ricollega al seguente punto esa-minato, fondamentale per la creazione e il funzionamento di un modello di organizza-zione e gestione della sicurezza.

1.6. Coinvolgimento del personale

Un modello di organizzazione e gestione della sicurezza, per essere efficace, deve poggiare in tutte le sue parti su un deciso e strutturato coinvolgimento di tutti i lavoratori. E questo è ancora più stringente nel caso delle cooperative (sociali) dove il lavoratore è spesso anche socio e quindi ha potere decisionale e per il fatto che il frequente e costante svolgimento di attività all’interno di ambienti non della coo-perativa richiede un “presidio” costante da parte degli operatori e un loro apporto in ottica di miglioramento continuo. Secondo le Linee guida UNI-INAIL, l’azienda dovrebbe definire modalità adeguate per realizzare il coinvolgimento dei lavoratori e/o dei loro rappresentati ed in par-ticolare per attuare:

• la consultazione preventiva in merito alla individuazione e valutazione dei ri-schi ed alla definizione delle misure preventive;

• riunioni periodiche da effettuarsi con frequenza e modalità che tengano conto almeno della tempistica fissata dalla legislazione vigente.

Dalla ricerca e dalle problematiche emerse durante gli incontri con le cooperati-ve, emerge con chiarezza che tali metodiche sono necessarie ma non sufficienti a garantire una valutazione approfondita dei rischi (anche in divenire) e la messa in opera di misure preventive e protettive sempre efficaci. La varietà delle situazioni lavorative, il rapporto con la committenza, la specificità che caratterizza la forza lavoro delle cooperative sociali (soci svantaggiati, volon-tari, borse lavoro ecc.) richiedono procedure, metodiche e un coinvolgimento non solo più approfondito ma anche strutturato e parallelo rispetto allo svolgimento delle attività lavorative (che coinvolga se non i singoli lavoratori quanto meno gruppi omogenei e i preposti). Per ottenere tale coinvolgimento è fondamentale che ciascun lavoratore ne abbia precisa convinzione e si senta direttamente coin-volto, ciascuno secondo il proprio ruolo e responsabilità.

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Le linee guida UNI-INAIL elencano alcuni item fondamentali per applicare un dif-fuso coinvolgimento del personale ed, in particolare:

• procedure di consultazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti in merito alla individuazione dei rischi e alla definizione delle misure preventive;

• riunioni periodiche (di frequenza, come minimo, pari a quelle previste dalla normativa);

• formazione, addestramento e consapevolezza;• comunicazione, flusso informativo e cooperazione;• documentazione.

Ciascun ambito di azione viene analizzato nello specifico attraverso la proposi-zione di modelli e procedure standard fornite come esempi. Prima di procedere ad una analisi declinata in base alle specificità delle cooperative sociali di quanto proposto dalle linee guida UNI-INAIL per quanto riguarda le modalità di coinvolgi-mento dei lavoratori, si ritiene opportuno fare un passo indietro, prevedendo mo-dalità di collaborazione (e non semplice consultazione) attiva del personale anche in sede di valutazione dei rischi. Prendiamo a riferimento, in questo caso, la strategia sobane - Gestione dei ri-schi professionali (sperimentazione dell’approccio realizzato dal prof. J Malchaire dell’Università Cattolica di Louvain- Belgio ed implementata, a livello sperimenta-le, nella Regione Lombardia). Tale strategia si basa sul presupposto che, per l’azien-da, “collaborazione” significa soprattutto sfruttare al meglio le competenze, la co-noscenza e l’esperienza dei lavoratori non solo per una gestione efficace ma anche, a monte, per una valutazione accurata dei rischi (reali e percepiti). L’apporto attivo da parte dei lavoratori nella valutazione, identificazione e monitoraggio dei rischi (e quindi nella identificazione di misure preventive e protettive) è anche funzionale alla creazione di quel clima di convinzione, coinvolgimento e responsabilizzazione del personale basilare per un sistema di gestione della sicurezza funzionante. L’ap-proccio integrato sobane permette l’identificazione dei pericoli, la valutazione dei rischi e la loro successiva gestione determinando, grazie alla partecipazione attiva del personale, cambiamenti nell’approccio alla problematica della salute e sicurezza , aprendo la strada al miglioramento continuo e, attraverso un percorso partecipa-to, alla valorizzazione della esperienza delle cooperative sociali, “istituzionalizzan-dola” a livello di gestione interna ma anche nei confronti della committenza e degli organi ispettivi. Il metodo proposto, risulta anche indicato, pur con adattamento di materiali e processi agli specifici contesti e caratteristiche della cooperazione sociale, per quelle situazioni lavorative particolarmente problematiche come il ser-vizio presso i domicili privati o comunque presso luoghi di lavoro di altro datore di lavoro o le attività (fuori sede della cooperative) svolte da lavoratori svantaggiati ed in particolare disabili, anche come strumenti di monitoraggio, valutazione e comunicazione continua.

Analizziamo ora i principi proposti dalla strategia sobane (Screening- Observa-tion- Analysis – Expertise) confrontati con le specificità della cooperazione sociale di tipo A e B.

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Strategia SoBane cooperative di tipo a) cooperative di tipo B)

processo di identificazione dei pericoli multifase.

le problematiche vengono af-frontate con livelli di complessità via via crescenti in relazione alle effettive esigenze, il che permette sia una metodologia più corretta che più economica.

le cooperative di tipo a) sono sog-gette a tutte le categorie di rischi riconducibili ai settori di attività socio-assistenziali ed educativi, pre-senti in tutte le imprese che operano in questi settori, pubbliche e private che siano. per la valutazione di questi rischi, si può procedere ad una analisi di mansione, processo e funzione sulla base delle attività e dei servizi erogati, specie laddove questi vengono erogati all’interno di ambienti di proprietà o ad uso esclusivo della cooperativa. una analisi multifase quale quella prevista dalla strategia SoBane permette di declinare l’identificazione dei pericoli all’interno delle varie casistiche di operatività della cooperazione sociale di tipo a), predisponendo in questo modo anche le basi per una gestione e un monitoraggio adattati alle varie situazioni operative (luoghi di lavoro del committente, domicili privati, case appartamento, lavoratori protetti ecc.) per cui si richiede una valutazione più approfondita ed ampliata e che deve necessariamente coinvolgere, per essere efficace, i lavoratori che in tali situazioni operano.

per ottemperare alla propria funzione sociale, le cooperative sociali intraprendono attività imprenditoriali estremamente differenziate, aggregabili secondo le macro-categorie previste dalla l. 381/91: attività agricole, industriali, commerciali, di servizi.

nella identificazione dei rischi e nel-la predisposizione di misure preven-tive e protettive si dovranno quindi costantemente tenere presente i due aspetti: quello specificamente legato alla sfera produttiva e quello legato alle specifiche caratteristiche della forza lavoro, rappresentata da soggetti svantaggiati. inoltre, la valutazione dei rischi e le misure preventive e protettive conseguenti, debbono tenere presente le speci-ficità legate alle varie tipologie di svantaggio (disabilità fisica, psichica ed intellettiva, svantaggio sociale, lavorativo ecc.).

anche in questo caso, quindi una identificazione dei pericoli multi-fase, in grado di gestire i vari livelli di complessità, risulta quanto mai pertinente, soprattutto se poggiata sull’attivo coinvolgimento degli operatori (educatori, tutor, capi squadra) che operano direttamente con i lavoratori svantaggiati nei vari contesti produttivi.

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Strategia SoBane cooperative di tipo a) cooperative di tipo B)

indispensabilità della partecipa-zione dei lavoratori all’avvio e al mantenimento.

i lavoratori (tutti o gruppi rap-presentativi per età, sesso, ruolo ecc., a seconda della dimensione aziendale) sono dapprima informati e formati circa lo svolgi-mento delle attività di screening poi direttamente coinvolti, allo scopo di individuare i pericoli percepiti con l’aiuto di apposite schede guida.

il coinvolgimento dei lavoratori per-mette di approfondire e specificare ulteriormente la valutazione dei rischi, in base alle specifiche situazioni lavo-rative in cui sono coinvolti, specie nel caso in cui operino al di fuori di luoghi di lavoro della cooperativa (es. domicili privati) andando a cogliere anche la specifica percezione del rischio.

laddove possibile, specie se la coope-rativa è di dimensioni ridotte, sarebbe bene coinvolgere il maggiore numero di lavoratori. in ogni caso, la decisione circa i gruppi di lavoratori da coin-volgere nella fase di Screening deve essere coerente, oltre che per variabili demografiche, anche per mansione, luogo di lavoro, tipologia di rapporto con la committenza, in modo da creare una rete significativa di punti di osser-vazione che tenga conto delle varie ti-pologie di servizi/attività, dei principali “ambiti problematici” e consenta un aggiornamento costante, soprattutto delle attività su cui la cooperativa non ha potere di intervento diretto.

per le cooperative di tipo B), oltre a quanto riportato nella cella a fianco relativa alla cooperazione di tipo a), la partecipazione dei lavoratori alla identificazione dei rischi, delle soluzioni e al monitoraggio e man-tenimento del sistema, risulta de-terminante per quanto riguarda la specificazione delle problematiche di SSl riconducibili alla presenza di lavoratori svantaggiati e volta alla valorizzazione della esperienza di educatori ed operatori a riguardo, anche nella definizione di strategie e modalità di coordinamento con la committenza, ad esempio per quanto riguarda la determinazione e l’analisi dei rischi da interferenza.

in questo caso, il coinvolgimento degli educatori e degli operatori che lavorano a contatto con i soggetti svantaggiati deve essere assoluta-mente contemplato per cogliere a pieno le problematiche ma anche elaborare soluzione e prassi fun-zionali, sia rispetto alla categoria di svantaggio che di attività lavorativa/mansione/luogo di lavoro.

la cooperativa può decidere, anche grazie alla valutazione degli educatori-operatori, di coinvolgere direttamente nelle attività di scre-ening i lavoratori svantaggiati ( a seconda del loro stato soggettivo) o di coinvolgerli indirettamente, tra-mite gli educatori, appunto (raccolta di impressioni/pareri oppure giudizi professionali).

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Strategia SoBane cooperative di tipo a) cooperative di tipo B)

processo di miglioramento continuo

un aspetto caratterizzante della strategia SoBane, consiste nella volontà di individuare, già nel tavolo di discussione, gli inter-venti di miglioramento possibili, rinviando le soluzioni tecnica-mente più complesse agli esiti dei vari approfondimenti di indagine previsti dallo screening. il tutto secondo un metodo concreto e propositivo che mira ad interventi diretti.il che innesca un processo di miglioramento continuo, infatti le competenze, le analisi e le sen-sibilità dei partecipanti (al tavolo e allo screening) si incrementano nel tempo realizzando un ciclo di deming. ogni fase può essere infatti interpretata come momen-to formativo.

per quanto riferibile alla cooperazione di tipo a), ed in particolare alle atti-vità, servizi e prestazioni erogate al di fuori delle sedi della cooperativa, il processo di miglioramento continuo (attraverso l’individuazione di ma-cro-ambiti via via specificati grazie alla collaborazione degli operatori che operano direttamente nelle vari realtà lavorative) è funzionale non solo ai vertici della cooperativa e alla figure aziendali della sicurezza per un moni-toraggio continuo della SSl, ma anche al rapporto con la committenza. l’identificazione delle problematiche direttamente sul luogo di lavoro della committenza da parte degli operatori consente inoltre di raccogliere una notevole mole di informazioni mirate, anche per quanto riguarda la soddisfa-zione dei lavoratori, nonché le dinami-che partecipative e di coinvolgimento. ciascuna delle schede per lo screening previste dal metodo SoBane per l’individuazione dei rischi da parte dei lavoratori riguarda un particolare item riferito sia ai rischi fisici – meccanici – biologici che agli aspetti trasversali come l’organizzazione del lavoro, gli infortuni professionali, l’autonomia e la responsabilità. Queste schede potrebbero integrare quelle realizzate dalle cooperative so-ciali e dalla committenza al momento dell’attivazione del servizio domici-liare, che di solito considerano i rischi legati ai locali e alle zone di lavoro, ai rischi elettrico e incendio a quello di movimentazione dei carichi. in questo modo l’raa della cooperati-va e le figure aziendali della sicurezza avrebbero non solo un quadro più ap-profondito, ma anche periodicamente aggiornato, tale da consentire efficaci interventi preventivi e da supportare il rapporto di coordinamento con il committente.

il miglioramento continuo è alla base di ogni inserimento lavorativo, sia dal punto di visto sociale che professionale e, di conseguenza, anche di SSl. come emerso da alcune buone pratiche, alcune cooperative sociali, sulla base della propria esperienza, hanno elaborato delle prassi orga-nizzative coerenti con questo meto-do, in quanto consistono, una volta individuate problematiche tali da richiedere interventi correttivi, in un risolutivo scambio comunicativo tra educatore- figure della SSl e datore di lavoro. Questo sia per quanto riguarda l’efficacia della formazione che lo svolgimento delle attività in sicurezza. l’utilizzo di schede o di metodi di registrazione e valuta-zione permette non solo di avere uno “storico” delle problematiche e definire interventi a medio-lungo termine, ma anche di intervenire in modo mirato ed efficiente, in base allo stato soggettivo dei lavoratori svantaggiati, specie se disabili.

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Partendo dallo schema riportato dal documento del 2008 che illustra la Strategia sobane e guida per l’individuazione dei rischi deparis del Prof. J. Malchaire11, ripor-tiamo due esempi concreti; uno riferito alla cooperazione di tipo A)- in particolare per quanto riguarda i servizi domiciliari- e uno relativo alla cooperazione di tipo B) – per quanto riguarda la formazione e l’addestramento dei lavoratori affetti da disabilità (psichiche ed intellettive).

livello 1individuazione

livello 2 oSServazione

livello 3valutazione

livello 4valutazione SpecialiStica

Quando? in tutti i casi Se c’è un problema casi difficili casi complessi

coop aservizi domiciliari

• avvio del servizio• durante lo svolgi-

mento del servizio

• problematiche con utente e familiari

• non collaborazione della committenza

• pericoli percepiti dall’operatore e presenti nel luogo di lavoro

• mutamenti nelle condizioni dell’u-tente

• mutamenti nel luogo di lavoro (abitazione) e/o delle attrezzature

• infortunio/malattia professionale

• non intervento da parte della committenza in presenza di po-tenziale pericolo

• resistenza da parte di utente e familiari

• mancanza di accordo sugli interventi nelle abitazioni

• persistenza di lamentele e stato di disagio espres-so dall’operatore

• problematiche connesse a rischi professionali spe-cifici, di tipo chi-mico, biologico, fisico e psico-fisi-co non risolvibili con interventi organizzativi

11 Strategia sobane gestione dei rischi professionali - Direction générale Humanisation du travail. La pubblicazione originale è stata realizzata con il sostegno dell’Unione Europea - Fondo sociale europeo. Traduzione integrale del testo originale - Versione 1.2 del 25/09/2008

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livello 1individuazione

livello 2 oSServazione

livello 3valutazione

livello 4valutazione SpecialiStica

coop Battività lavorative con disabili psichici e intellettivi me-dio-gravi

• ingresso in azienda• inclusione in spe-

cifica mansione/attività lavorativa

• mutamenti stato soggettivo di salute psico-fisica

• mutamenti nell’at-tività lavorativa e del contesto di lavoro

• rilevazione di comportamenti scorretti di SSl nello svolgimento delle attività

• infortunio

• ricorrenza di comportamenti scorretti

• aumento del nu-mero di infortuni/malattie

• peggioramento delle stato di salute psico-fisica del lavoratore

• problematiche particolari connesse a rischi professionali spe-cifici, di tipo chi-mico, biologico, fisico e psico-fisi-co non risolvibili con interventi organizzativi o misure protettive “standard” (es. utilizzo dei dpi)

come? Semplici osservazioni osservazioni qualitative

osservazioni quantitative

misurazioni specialistiche

coop aservizi domiciliari

• impressioni e valutazioni circa il livello SSl congiun-tamente al monito-raggio della presta-zione e inclusione degli stessi in forma scritta (es. tramite breve scheda) nella cartella utente e trasmissione al raa della cooperativa

• elenco dei muta-menti organizzativi da introdurre (turni, minutaggio ecc)

• coordinamento con committente

• definizione di misure protettive per ridurre /eliminare pericoli (es. introduzione di sollevatori)

• intervento figure della sicurezza aziendali per de-finire tempistiche e caratteristiche degli interventi protettivi

• verbalizzazione e comunicazione alla committenza e al ddl della cooperativa

• intervento figure della sicurezza aziendali e della committenza e, se necessario, dell’utente/famiglie per defi-nire tempistiche e caratteristiche degli interventi protettivi

• verbalizzazione e comunicazione alla committenza e al ddl della cooperativa

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livello 1individuazione

livello 2 oSServazione

livello 3valutazione

livello 4valutazione SpecialiStica

coop Battività lavorative con disabili psichici e intellettivi me-dio-gravi

• impressioni e valutazioni circa lo svolgimento delle attività lavorative in sicurezza da parte degli educatori/tutor/capisquadra. Sia relativamente alle attività/am-biente di lavoro, che ai lavoratori disabili impiegati per quel-la attività. – Brevi schede, forma scrit-ta, compilazione periodica

• in caso di compor-tamento scorretto nello svolgimento delle attività, blocco attività ed intervento for-mativo sul posto, con conseguente comunicazione della motivazione e tipo di intervento sul posto

• riorganizzazione della squadra di lavoro, dei tempi, delle attività con conseguente co-municazione scritta al ddl o dirigente, della motivazione e tipo di intervento

• intervento figure della sicurezza aziendali per de-finire tempistiche e caratteristiche degli interventi protettivi

• introduzione di misure aggiuntive di protezione individuale e collettiva

• interventi forma-tivi e di addestra-mento aggiuntivi

• verbalizzazione e comunicazione alla committenza e al ddl della cooperativa

• intervento figure della sicurezza aziendali della committenza e se della struttura di cura/assistenza pubblica inviante il soggetto svan-taggiato, per de-finire tempistiche e caratteristiche degli interventi protettivi

• verbalizzazione e comunicazione alla committenza e al ddl della cooperativa

da chi? persone dell’impresa persone dell’impresa persone dell’impresa + consulenti della prevenzione

persone dell’impresa + consulenti della prevenzione + esperti

coop aservizi domiciliari

operatore che opera al domicilio

• responsabile del servizio della coo-perativa

• responsabile del caso (es. assistente sociale) per conto della committenza

• responsabile del servizio della cooperativa

• responsabile del caso (es. assistente sociale) per conto della committenza

• rSpp della coo-perativa

• responsabile del-la committenza

• responsabile del servizio della cooperativa

• responsabile del caso (es. as-sistente sociale) per conto della committenza

• rSpp della coo-perativa

• responsabile del-la committenza anche sul fronte della sicurezza

• eventuali spe-cialisti in campo medico, ergono-mico ecc.

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livello 1individuazione

livello 2 oSServazione

livello 3valutazione

livello 4valutazione SpecialiStica

coop Battività lavorative con disabili psichici e intellettivi me-dio-gravi

educatore, tutor, capo squadra

• educatore, tutor, capo squadra

• rSpp/aSpp• dirigente/ddl

• rSpp/aSpp• dirigente/ddl• mc • eventuale coin-

volgimento del responsabile del caso, in caso di ente inviante

• rSpp/aSpp• dirigente/ddl• mc • eventuale coin-

volgimento del responsabile del caso, in caso di ente inviante

• coinvolgimento struttura di cura/assistenza pubblica inviante il soggetto svan-taggiato

competenza • Situazione

lavorativamolto alta alta media Bassa

• Sicurezza e salute

Bassa media alta Specializzata

costo? Basso(10 minuti)

Basso(2 ore)

medio(2 giorni)

alto(2 settimane)

Il livello di screening e individuazione dei rischi deve essere realizzato, secondo il metodo partecipativo sobane, qualunque sia la natura del problema (lamentela, incidente, problemi di coordinamento degli interventi con la committenza ecc.) che attiva l’interesse per la situazione lavorativa. In questo modo il problema viene contestualizzato e ne vengono analizzati i vari fattori che condizionano la salute, la sicurezza e il benessere dei lavoratori. In questo modo le soluzioni adottate sono di tipo partecipativo.I livelli successivi alla identificazione (Osservazione, Valutazione e Valutazione specialistica) dei rischi e dei problemi attinenti alla sfera di SSL vengono attivati solo nel caso in cui in fase di individuazione non siano state trovate soluzione ef-ficaci. In questo modo si gestisce meglio la complessità organizzativa, si dà valore all’esperienza lavorativa e si attivano misure che richiedono un investimento (an-che economico) maggiore solo nel caso in cui risulta realmente necessario. L’Art. 20 (Obblighi dei lavoratori) del D. Lgs. 81/08 afferma che “Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro”. La partecipazione richiesta dalla strategia sobane è molto differente e va parecchio al di là dell’esigenza strettamente legale, il che risulta particolarmente confacente con il doppio ruolo (di dipendente e socio) che i lavoratori hanno all’in-

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terno della cooperativa a cui si aggiunge la “finalità pubblicistica” delle attività, che porta in sé caratteristiche di partecipazione, impegno e sensibilità sociale. Per rendere efficace la comunicazione, anche attraverso la strategia partecipativa di individuazione del rischio, prevista dal modello sobane, è fondamentale, quin-di, che la cooperativa sociale si doti di flussi comunicativi, formativi e relazionali efficaci, affinché gli operatori, gli educatori, coloro che erogano i servizi al di fuori dei luoghi di lavoro della cooperativa possano contare su un assetto organizzativo pronto a rispondere nel caso in cui si verifichino problematiche, ma anche nella gestione quotidiana delle attività secondo i principi di SSL e secondo lo schema sopra riportato.

1.7. Proposte di procedure operative

Per dare forma a quanto sopra esposto e sulla base della analisi dei risultati dell’in-dagine nonché delle buone pratiche messe in campo dalle cooperative sociali coin-volte nella indagine, indichiamo, schematicamente, alcune proposte di procedu-re operative a supporto della strategia di gestione della sicurezza che prevede il coinvolgimento del personale aziendale, sia nella identificazione e valutazione dei rischi che nella gestione e monitoraggio degli stessi. Le procedure sono presentate per la gestione delle attività in affidamento ed in particolare quelle in cui i lavo-ratori operano all’interno di ambienti di altri datori di lavoro, ma possono essere facilmente utilizzate per la totalità delle attività della cooperativa sociale.

Riunione allargata per individuazione dei rischi

FinalitàDiversa dalla riunione periodica prevista dalla normativa, potrebbe essere organiz-zata e predisposta al fine di coinvolgere direttamente i lavoratori per:

• Individuare i principali pericoli e situazioni rischiose nelle varie aree e nelle situazioni lavorative aziendali che si svolgono all’interno di ambienti e luoghi di lavoro di altri datori di lavoro.

• Analizzare, per ciascuna tipologia di rischio potenziale, ciò che, a seconda delle professionalità e mansioni dei lavoratori “va bene così com’è”, “potrebbe andare meglio”, va male” , “deve assolutamente essere risolto”.

• Individuare, dal punto di vista pratico, le possibili soluzioni (definendo tempi-stiche e responsabilità) alle problematiche evidenziate.

Modalità di svolgimento• Individuazione (a cura del datore di lavoro, RSPP, ASPP -se presenti-, RLS) di

gruppi omogenei di lavoratori che siano rappresentativi delle varie situazio-ni in cui la cooperativa opera all’interno di ambienti di altri datori di lavoro (committenza);

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• identificazione, sulla base dei rischi rilevati nel DUVRI, dei potenziali pericoli di cui discutere;

• specificazione dei rischi estratti dal DUVRI con tematiche emerse dalla valutazio-ne dei rischi aziendali che contemplino anche l’area organizzativa e psico-sociale (formazione, organizzazione del lavoro, relazioni interpersonali tra lavoratori della cooperativa e altri lavoratori o soggetti presenti sul luogo di lavoro);

• predisposizione di semplici schede di analisi;• invito del DDL (o suo rappresentante) ai lavoratori individuati, specificando i

motivi e l’importanza del loro coinvolgimento per il buon esito dell’incontro.

Nel corso della riunione verranno analizzati, punto per punto, gli item identificati nelle schede di rischio:

• viene definito, per ciascuna delle problematiche individuate, un programma di intervento che definisca tempistiche, modalità, mezzi e responsabilità;

• viene stabilita una nuova data di riunione per verificare quanto fatto;• viene tenuta la documentazione emersa, anche come approfondimento della

valutazione dei rischi (RSPP, DDL, MC, RLS) e che può anche essere oggetto di discussione in sede di riunione periodica o coordinamento con la commit-tenza.

Se a seguito del monitoraggio degli interventi previsti, una o e più problematiche permangono, sarà necessario focalizzarsi su quelle, allargando le figure preposte alla risoluzione (RSPP, consulenti, specialisti ecc). In questo modo si gestisce me-glio la complessità organizzativa, si dà valore all’esperienza lavorativa e si attivano misure che richiedono un investimento (anche economico) maggiore solo nel caso in cui risulti realmente necessario.

Partecipanti Per essere agevole ed efficace, la riunione dovrebbe prevedere un numero ristretto di partecipanti (max 10). Nel caso in cui l’individuazione dei lavoratori da coinvol-gere (a seconda delle funzioni, delle attività e della tipologia di ambiente di lavoro) porti alla individuazione di gruppi più ampi, sarebbe bene pensare a riunioni spe-cifiche per tipologia di attività o luogo di lavoro.

Alla riunione dovrebbero partecipare: • DDL (o suo rappresentante che abbia potere gestionale);• RSPP (nelle imprese di medio-grande dimensione);• lavoratori che conoscono perfettamente l’attività lavorativa.

Per quanto riguarda i lavoratori, essi dovrebbero essere scelti considerando: • attività lavorative svolte;• professionalità ed esperienza nel campo esaminato; • capacità di operare direttamente all’interno dell’ambito di lavoro di altro da-

tore di lavoro.

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Non è necessario che i lavoratori coinvolti siano figure della sicurezza, l’importante è che abbiano una approfondita conoscenza dei contenuti lavorativi e della man-sione.

Strumenti Lo strumento principale è rappresentato da schede di analisi delle eventuali pro-blematiche. Per riportare esempi di schede, riprendiamo quelle proposte all’inter-no della strategia sobane già citata, pur considerando che le tematiche e gli item possono essere definiti dalla cooperativa in base:

• alle specificità delle attività lavorative di riferimento; • al luogo/ambiente di lavoro in cui si svolgono le attività in affidamento;• alla valutazione dei rischi da interferenza (DUVRI); • alla tipologia di soggetti presenti sul luogo di lavoro e con cui i lavoratori ven-

gono in contatto.

Ad ogni item dovrebbe essere dedicata una propria scheda, in modo da rendere più agevole l’analisi congiunta e focalizzare meglio le problematiche. Anche in questo caso facciamo riferimento alle schede previste dal metodo DEPARIS della strategia sobane:

• Luogo di lavoro (es. vie di circolazione, gestione tecnica e manutenzione, su-perfici dei pavimenti, uscite di emergenza, posti di lavoro e di passaggio ecc.).

• Organizzazione del lavoro (modalità di lavoro, tempistiche, dotazioni stru-mentali, comunicazione, mezzi di comunicazione, adeguatezza degli interventi, raggiungimento degli obiettivi e degli standard di qualità ecc.).

• Rischio elettrico (materiali, attrezzature, sostanze infiammabili, conoscenza degli addetti e procedure di emergenza del committente ecc.).

• Comandi e segnaletica (presenza e comprensione delle segnalazioni, localizza-zione, caratteristiche ecc.).

• Movimentazione dei carichi (movimenti e sforzi, caratteristiche dei carichi, attrezzature meccaniche, luogo di movimentazione, tempistiche ecc).

• Altri.

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Esempi di scheda

Scheda n. XXXX MOVIMenTaZIOne ManUaLe deI caRIchI

argomento da discutere valutazione emersa cosa si può fare:

chi :

come:

entro quando:

• i movimenti e gli sfor-zi fisici

• no movimenti bruschi né sforzi intensi

• no assunzione di posizioni instabili nel tempo

Pva bene così com’è

P�potrebbe andare meglio

Pva male

P�deve assolutamente essere risolto

• caratteristiche dei carichi

• portati solo su brevi distanze

• alla giusta altezza, ecc.

Pva bene così com’è

P�potrebbe andare meglio

Pva male

P�deve assolutamente essere risolto

cosa si può fare:

chi :

come:

entro quando:

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Scheda n. XXXX Le ReLaZIOnI dI LaVORO

argomento da discutere valutazione emersa cosa si può fare:

chi :

come:

entro quando:

• comunicazione du-rante il lavoro

• i lavoratori della co-operativa parlano tra loro di sicurezza

• gli operatori della cooperativa e gli altri presenti sul luogo di lavoro parlano tra loro di sicurezza, ecc.

Pva bene così com’è

P�potrebbe andare meglio

Pva male

P�deve assolutamente essere risolto

ripartizione del lavoro

ciascuno sa esattamente il suo lavoro e il suo ruolo

Pva bene così com’è

P�potrebbe andare meglio

Pva male

P�deve assolutamente essere risolto

cosa si può fare:

chi :

come:

entro quando:

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Capitolo 2. Monitoraggio dei rischi da parte dei lavoratori

Riprendiamo l’analisi delle Linee Guida UNI-INAIL, integrandole sia rispetto alle specificità della cooperazione sociale, sia rispetto alla prospettiva di individuazio-ne, valutazione e gestione partecipata dei rischi professionali.

2.1. Partecipazione, consapevolezza, formazione

Secondo le linee guida UNI-INAIL, l’azienda dovrebbe definire e mantenere attive le modalità per assicurare che il personale sia ad ogni livello consapevole:

• dell’importanza della conformità delle proprie azioni rispetto alla politica ed ai requisiti del SGSL;

• delle conseguenze che la loro attività ha nei confronti della SSL;• delle possibili conseguenze dovute ad uno scostamento da quanto fissato in

materia di SSL.

Il processo sopra descritto, che coinvolge direttamente il personale della azienda nella identificazione dei rischi e nella gestione quotidiana degli stessi, è decisa-mente funzionale a tale intento poiché prevede un coinvolgimento dei lavoratori in quanto esperti del proprio ambiente di lavoro e l’attivazione delle figure di sicu-rezza avviene laddove necessario e sfruttando le specifiche competenze in materia di sicurezza. La competenza è quindi da definirsi sia in termini di adeguata formazione, adde-stramento ma anche di esperienza. L’azienda si deve attivare affinché i lavoratori e i loro rappresentanti siano sufficientemente competenti per partecipare realmente al funzionamento del sistema di gestione e deve incoraggiare questa loro parteci-pazione.L’azienda deve organizzare la formazione e l’addestramento secondo i fabbisogni

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rilevati periodicamente, anche attraverso la consultazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti. Allo stesso modo dovrebbero essere previsti momenti di consulta-zione e informazione condivisi e specifici a seconda della situazioni, programmati ma anche attivabili in caso di bisogno. A quest’ultimo proposito, le linee guida UNI-INAIL, prevedono che il personale debba essere:

• consultato, anche attraverso i suoi rappresentanti, sulle questioni afferenti la SSL e soprattutto quando sono previsti cambiamenti che influenzano la SSL, oltre che nella successiva fase di attuazione;

• informato su chi ed in quale misura detiene responsabilità per la SSL e chi sono i soggetti che hanno incarichi specifici inerenti la SSL in azienda.

Abbiamo già evidenziato che oltre alle prassi di consultazione, certamente basilare per una corretta gestione della sicurezza, sarebbe necessaria l’attivazione di mo-dalità di partecipazione alla individuazione e gestione del rischio, specie nei casi in cui la cooperativa sociale operi presso l’organizzazione di altro datore di lavoro e impieghi lavoratori svantaggiati, specie affetti da disabilità. In questi casi è inoltre fondamentale considerare che, come evidenziato anche dal DM 13 aprile 2011, il compito di informare e formare i lavoratori circa i rischi pre-senti nell’ambiente di lavoro, ricada certamente sulla cooperativa ma “ove il lavo-ratore o il socio lavoratore svolga la propria prestazione nell’ambito dell’organizza-zione di un altro datore di lavoro, questi e’ tenuto a fornire al lavoratore o al socio lavoratore adeguate informazioni sui rischi specifici esistenti negli ambienti in cui egli e’ chiamato ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività”.Le prassi organizzative delineate e implementate dalla cooperativa devono quindi contemplare anche questa specificità, per far si che non si creino distorsioni infor-mative. Per questo è necessario un apporto del committente che talvolta (specie laddove vengono impiegati lavoratori disabili) vada oltre quanto emerge dal DU-VRI, specie se basato sui soli rischi “standard” e non tiene conto di fattori trasversali quali l’organizzazione del lavoro, le caratteristiche dei lavoratori, che dovrebbero comunque essere variabili incluse nella valutazione rischi (anche da interferenza), così come stabilito dall’art. 28 del D. Lgs. 81/08. A questo scopo si dovrebbe realizzare:

1. una adeguata comunicazione interna per sviluppare la cooperazione fra tutti i livelli aziendali, realizzando una corretta raccolta e diffusione (dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto) di informazioni pertinenti, attraverso l’utiliz-zo di strumenti adeguati in funzione delle specifiche esigenze e dimensioni dell’impresa;

2. un’opportuna comunicazione esterna rivolta: · al personale esterno (committenti, fornitori, collaboratori esterni); · al pubblico (clienti, visitatori, soggetti interessati); · alle autorità.

A ciò si aggiunge, nei casi in cui la cooperativa operi all’interno dell’organizzazione

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del committente (se non di terzi), la predisposizione (meglio se in cooperazione con l’ente stesso) di prassi, procedure, documentazione che garantiscano (o favori-scano) un aggiornamento costante delle informazioni e la rilevazione di eventuali asimmetrie. Vediamo alcuni esempi di prassi di informazione e comunicazione interne che supportano la strategia partecipativa di individuazione, valutazione e gestione dei rischi, sopra esposta che, come ribadito si basa su:

a. coinvolgimento attivo dei lavoratori (nonché delle figure di sicurezza);b. logica del miglioramento continuo.

Il coinvolgimento dei lavoratori significa sfruttare al meglio le loro conoscenze e la loro esperienza in ambito lavorativo, sia a livello di individuazione dei rischi che nella gestione degli stessi.Per ottenere una collaborazione efficace e prolungata nel tempo, è necessario che i lavoratori siano propensi a partecipare, messi nelle condizioni di offrire il proprio contributo, consapevoli delle proprie responsabilità e della politica aziendale in tema di SSL. Questo richiede:

• informazione e flussi comunicativi efficaci sia a livello strategico che operativo;• una organizzazione del lavoro e procedure lavorative di SSL snelle e stretta-

mente correlate allo svolgimento della attività lavorativa;• momenti istituzionalizzati o attivati prontamente in caso di necessità di con-

sultazione e collaborazione;• una formazione e un addestramento in tema di SSL efficaci e strettamente le-

gati al contesto lavorativo.

2.2. Informazione e flussi comunicativi

Anzitutto, tutto l’organigramma aziendale, indipendentemente dalle specifiche funzioni attinenti alla sicurezza, deve necessariamente conoscere la strategia azien-dale relativa alla prevenzione e protezione dai rischi derivanti dal lavoro. Questa informazione può essere veicolata in vari modi: al momento dell’assunzione, co-niugandola con la presentazione della cooperativa, nel bilancio sociale, nel cor-so delle riunioni e assemblee della base sociale, veicolata (anche periodicamente) tramite i consueti o nuovi canali comunicativi della azienda (newsletter aziendali, sito web, informative in bacheca, depliant, manifesti, comunicazioni in busta paga ecc.). Dato che, come sopra evidenziato, è da considerarsi funzionale alla indivi-duazione e gestione dei rischi professionali una gestione partecipata del rischio, corollario necessario alle informazioni circa la politica aziendale di sicurezza, i la-voratori debbono essere informati anche circa le modalità di tale coinvolgimento, di cui vedremo a seguire alcuni esempi.Per quanto riguarda l’informazione circa i rischi associati alle varie mansioni lavo-rative, emersi dalla valutazione dei rischi, dovrà essere personalizzata secondo non solo le tipologie di rischi ma anche l’ambiente/gli ambienti di lavoro (quindi dedi-care una parte delle informazioni all’organizzazione del lavoro) ed essere integrata

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con un parte specifica relativa ai rischi da interferenza laddove i lavoratori operano all’interno dell’organizzazione o in ambienti di altro datore di lavoro. Per quanto riguarda le cooperative di tipo A, le schede di rischio possono essere consegnate ai lavoratori secondo diverse modalità (riunioni, assemblee, comu-nicazione faccia a faccia, opuscoli, comunicazioni in bacheca o in busta paga) e, comunque, secondo le modalità ritenute più efficaci ai fini del recepimento dell’og-getto della informazione. La distribuzione di schede di rischio durante le attività formative e di aggiornamento sulla sicurezza rappresenta sicuramente un metodo efficace per contestualizzare le informazioni e associarle a comportamenti e proce-dure preventive e protettive. Per quanto attiene alla presenza, nelle schede informative, dei rischi da interferen-za è necessario che questi siano estratti dal DUVRI e che siano aggiornati. È quindi fondamentale la collaborazione del committente. Le schede di rischio dovrebbero anche riportare brevemente, a titolo informativo:

• le norme comportamentali principali da seguire• le misure di prevenzione previste dalla cooperativa

così come riportato nell’esempio di scheda per informazione/mansione dei lavo-ratori nelle linee guida UNI-INAIL, e a cui si suggerisce di aggiungere (in caso di attività svolte presso altro datore di lavoro):

• le misure di prevenzione previste dal committente (in caso di DUVRI)• i referenti per la SSL o i riferenti a cui rivolgersi in caso di problematiche (se-

guendo il metodo sobane) sia della cooperativa che della committenza.

Le schede dovrebbero contenere la firma di presa visione del lavoratore (o dell’edu-catore/preposto nel caso non sia ritenuta opportuna la distruzione della scheda in presenza di disabilità). Per quanto riguarda l’informazione circa i rischi professionali associati alla man-sione e al luogo di lavoro per i lavoratori svantaggiati affetti da disabilità di tipo psichico ed intellettivo di media-grave entità, è a discrezione degli educatori ed operatori che li seguono giudicarne la necessità o meno. In ogni caso, l’educatore o comunque l’operatore che segue questi lavoratori nello svolgimento operativo delle attività, deve esserne in possesso, anche ai fini di monitoraggio. Poiché l’informazione deve essere periodica, è fondamentale anche che il DDL di concerto con le figure chiave della sicurezza (RSPP, RLS) nonché di quelle organiz-zative (referenti di area, dirigenti, quadri ecc.) stabilisca un programma di infor-mazione che sia collegato a quello formativo ma sia anche autonomo, in coerenza con le modalità e risultati del coinvolgimento e consultazione dei lavoratori, non-ché dei risultati della valutazione dei rischi.Oltre alle informazioni che dal vertice vanno alla base, è necessario, al fine di ga-rantire un efficace flusso informativo, garantire anche modalità e procedure che permettano alla base di far giungere informazioni al vertice. Questo aspetto è fondamentale a garantire non solo un approccio partecipato ma anche un monitoraggio costante. In particolare, direttamente o attraverso figure intermedie (quali RLS o, a seconda della organizzazione del lavoro nonché della

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tipologia di informazione, il referente d’area, l’ASPP, il preposto, o una figura di coordinamento) il lavoratore deve poter comunicare informazioni, specie se opera al di fuori delle sedi della cooperativa, su:

• Eventuali richieste o informazioni circa mutamenti o problematiche relative al proprio lavoro.

• Interventi correttivi e preventivi attuati.• Questioni personali/organizzative.• Questioni relative agli utenti/lavoratori svantaggiati.

Anche di queste informazioni è necessario che rimanga traccia, a cura del lavorato-re stesso o del soggetto incaricato di trasmettere l’informazione al vertice.

2.3. Proposte di procedure operative

Monitoraggio dei rischi da parte dei lavoratori

Per quelle situazioni lavorative non facilmente controllabili dalle figure di sicurez-za interne (es. servizi presso i domicili dei privati o apprendimento della formazio-ne di sicurezza per i lavoratori svantaggiati disabili) è possibile prevedere metodi di monitoraggio che prevedano il coinvolgimento diretto degli operatori, sfruttan-do la loro conoscenza delle attività lavorative e la loro esperienza. In particolare, possono essere previste per le attività emerse come problematiche nel corso della riunione di individuazione dei rischi.

Per renderla efficace, è necessario prevedere una procedura semplice, snella e che non richieda un aggravio ulteriore delle attività lavorative.

È ad esempio possibile prevedere che, in specifiche occasioni in cui il lavoratore/operatore deve rendicontare le proprie attività, oppure con una cadenza predefi-nita (es. bimestrale), vengano compilate a cura del lavoratore schede di monito-raggio che ne riportino una valutazione su alcuni aspetti emersi come problema-tici o potenzialmente problematici, da consegnare poi al preposto, al coordinatore di servizio o all’ASPP a seconda della tipologia di attività o organizzazione del servizio che, in caso di segnalazione di problematiche, si attiverà di conseguenza (si veda in proposito il riquadro successivo Procedura di segnalazione dei pericoli da parte dei dipendenti).

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Esempio di scheda di monitoraggio per servizio domiciliare

Scheda dI MOnITORaGGIO - SeRVIZIO dOMIcILIaRe | OPeRaTORe xxxxx

luogo di lavoro

pavimenti A F Kvie di circolazione A F Kecc. A F Kmovimentazione manuale dei carichi

tempistica a disposizione per la movimentazione A F KSforzi e torsioni A F Kdistanza percorsa con il carico A F KriSchio elettrico e di incendio

esistenza di fili e cavi scoperti A F Kfunzionamento dell’impianto elettrico A F K

Esempio di scheda di monitoraggio per acquisizione norme di sicurezza da parte di lavoratori con disabilità medio-grave

Scheda dI MOnITORaGGIO - SQUadRa XXX | POTaTURa aLBeRI

attrezzature di lavoro

utilizzo corretto del decespugliatore A F Kaccensione e spegnimento della attrezzatura in sicurezza A F Kecc. A F Kutilizzo dei dpi

utilizzo dei guanti A F Kutilizzo degli occhiali protettivi A F Kecc. A F Kecc.

Una organizzazione del lavoro e delle procedure lavorative di SSL snelle e strettamen-te correlate allo svolgimento della attività lavorativa Un flusso comunicativo efficace e biunivoco (dall’altro verso il basso e viceversa) permette, oltre a facilitare l’unità di intenti anche di monitore lo svolgimento delle

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attività svolte presso l’organizzazione di altri datori di lavoro e di attivare gli even-tuali canali con la committenza per risolvere le problematiche che mano a mano si presentano nello svolgimento delle attività in affidamento. Ciascun lavoratore, per essere stimolato (anche sul medio-lungo periodo) ad una partecipazione attiva alla gestione del sistema deve sapere (e verificare) che il suo apporto vada effetti-vamente a buon fine, ossia che l’organizzazione risponda ai suoi stimoli in modo pronto ed efficace. Per garantire questo tipo di relazione, è necessario predisporre prassi e procedure di lavoro che siano:

• estremamente snelle (ossia che non comportino eccessivo lavoro aggiuntivo);• integrate con l’attività lavorativa (non devono richiedere al lavoratore compe-

tenze che non possiede);• facilmente applicabili a situazioni ricorrenti ma anche funzionali in occasioni

“anomale” (la procedura da attivare deve essere immediatamente associabile a determinate situazioni e/o comportamenti che il lavoratore sa immediata-mente riconoscere).

Procedura di segnalazione dei pericoli da parte dei dipendenti

FinalitàLa presente procedura definisce:• le modalità e le responsabilità relative all’obbligo di segnalazione, da parte di

Dirigenti, Preposti e Lavoratori, di eventuali carenze riscontrate in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro in cui operano (e nello specifico nei casi in cui il luogo di lavoro sia di altro datore di lavoro o un luogo particolare, es. all’aperto);

• le modalità con cui dette segnalazioni vengono prese in carico e portate a soluzione;

• le modalità con cui vengono definite le azioni correttive da porre in atto per la risoluzione della problematica posta o per contenere nell’immediato il ri-schio in attesa di definitiva risoluzione della carenza evidenziata.

Modalità operative 1. Rilevazione della problematica

Le problematiche possono essere rilevate da chiunque:· durante lo svolgimento della normale attività operativa;· in occasione delle verifiche ispettive a cura SPP;· durante la normale e ordinaria attività di vigilanza e controllo a cura dei

Dirigenti e dei Preposti;· in seguito a segnalazioni provenienti dalle parti interessate (lavoratori, RLS);· in seguito a segnalazioni della committenza.

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2. Gestione delle Segnalazioni

PROBLEMARISOLTO

PROBLEMANON RISOLTO

PROBLEMARISOLTO

ARCHIVIAZIONE SCHEDA DI

SEGNALAZIONE CON BREVE DESCRIZIONE

DELL’INTERVENTO

La procedura riportata, citando le sole figure lavorative e della sicurezza della co-operativa, è da intendersi attivata in relazione alla committenza, le cui figure di riferimento dovrebbero far parte del processo se non esserne propulsori, laddove la problematica riguardi l’interferenza tra attività.

Strumenti e documentazioneLo strumento principale è una Scheda di segnalazione e di presa in carico dei peri-coli che deve essere a disposizione del lavoratore o facilmente ottenibile.

Le schede potrebbero essere incluse nella documentazione di lavoro (es. cartelle degli utenti per i servizi a domicilio, nella intranet aziendale, consegnate assieme alle schede di rischio, compilate a cura del RLS, SPP, preposto).

Tutte le segnalazioni ed il successivo processo di gestione sono in sintesi riportate sull’apposito modulo in allegato; esso deve essere compilato in tutte le sue parti e riportare:

• La segnalazione e la firma del Responsabile UO relativa.• Le eventuali azioni correttive messe immediatamente in atto dal Responsabi-

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le UO.• Le azioni correttive eventualmente suggerite dal SPP con indicata la figura

deputata alla loro attuazione.• La funzione tecnica indicata dal SPP per approfondire e valutare la proble-

matica.• La soluzione finale di cui si richiede l’autorizzazione al DG a firma dell’Uff.

preposto ad attuarla.• I tempi necessari previsti .• Autorizzazione da parte del DG.• Chiusura intervento e comunicazione a DG e RSPP.• Valutazione dell’efficacia da parte del Responsabile UO che ha fatto la segna-

lazione.

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Capitolo 3. Procedura per il Medico Competente

3.1. A partire dalla normativa

La Legge 68 del 12 marzo 1999 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili) ha rap-presentato uno strumento innovativo, attraverso il quale si ha il superamento del-la precedente normativa (Legge 482/68) e, nello stesso tempo, dell’impostazione strettamente assistenzialistica che la caratterizzava. All’interno della legge 68/99 si pone in evidenza l’istituzione di un “collocamento mirato”, intendendo con questa espressione l’inserimento lavorativo del disabile attraverso un’attenta valutazione delle capacità residue in relazione alla disabilità (a cura degli organismi sanitari competenti) e prevedendo, dove necessario, percorsi di formazione, stage e tuto-raggio aziendali. La persona disabile come lavoratore è l’aspetto più interessante della nuova legge. Viene cambiato l’approccio: non si esamina più ciò che il sogget-to non è in grado di fare, ma si analizza la sua abilità, quello che egli può produrre; si considera, in altre parole, prima di tutto la Persona, poi il suo handicap. Il con-cetto di “collocamento mirato”, si innesta sul principio dell’uomo giusto al posto giusto, un passo avanti verso un innegabile diritto (e dovere) di tutti i cittadini : quello al lavoro12. Per misurare le sue abilità e accedere al collocamento mirato “dell’uomo giusto al posto giusto”, il richiedente è sottoposto a visita medico legale (ad esempio da parte dell’Azienda USL –U.F. Medicina Legale per la categoria in-validi civili) che accerta l’idoneità al lavoro, indica le mansioni compatibili con lo stato invalidante e la necessità di eventuali interventi di supporto per consentire l’inserimento lavorativo.

12 www.servizisocialionline.it

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aventi diritto Soglia di acceSSo ente a cui Spetta il riconoScimento

invalidi civili 46% azienda uSl

invalidi sul lavoro 34% inail

non vedenti cecità assoluta o residuo visivo non superiore ad un decimo da entrambe gli occhi

azienda uSl

Sordomuti azienda uSl

invalidi di guerra. invalidi civili di guerra. invalidi per servizio

dall’ottava alla prima categoria ministero del tesoro

Fonte: www.servizisocialionline.it

Talvolta può risultare utile l’inserimento dei soggetti con handicap particolarmen-te grave in un “ambiente guidato” al fine di consentire loro l’apprendimento della mansione alla quale saranno successivamente adibiti; tale “ambiente guidato” è in-dividuato nelle cooperative sociali. La procedura prevista dalla legge 68/99 è la seguente:

• assunzione del disabile da parte del datore di lavoro;• trasferimento del disabile in cooperativa per lo svolgimento dell’attività for-

mativa necessaria (per un termine di 12 mesi prorogabili per ulteriori 12);• il datore di lavoro si impegna a fornire alla cooperativa presso la quale il disa-

bile è occupato commesse di lavoro utili allo svolgimento dell’attività formati-va (e tali da ricoprire i costi contrattuali e normativi del CCNL, assieme a quelli contributivi);

• la cooperativa sociale provvede al versamento dei contributi previdenziali per il disabile. Il ruolo delle cooperative sociali può essere svolto anche da un libe-ro professionista disabile.

La Legge 68 del 12 marzo 1999 viene perfezionata, dal punto di vista della valuta-zione del livello di disabilità, attraverso la legge regionale dell’Emilia-Romagna 19 febbraio 2008, n. 4 (e successive modifiche) “Disciplina degli accertamenti della di-sabilità - ulteriori misure di semplificazione ed altre disposizioni in materia sanitaria e sociale”, di cui riportiamo stralci significativi, con alcuni nostri commenti.

Art. 1

Oggetto e finalità 1. Il presente Titolo disciplina l’esercizio delle funzioni di accertamento e di valu-

tazione della disabilità, spettanti alle Aziende Unità sanitarie locali (di seguito Aziende Usl o Azienda Usl) del Servizio sanitario regionale (di seguito Ssr), coerentemente con i principi di semplificazione, omogeneità delle procedure e di tutela del cittadino con disabilità. Restano ferme le funzioni di verifica delle valutazioni effettuate dalle commissioni delle Aziende Usl e le funzioni

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di concessione ed erogazione delle provvidenze economiche spettanti ad altri enti, secondo quanto disposto dalla normativa statale e regionale vigente.

Art. 3

Commissione di accertamento1. L’esercizio delle funzioni di accertamento e di valutazione dello stato di disa-

bilità è svolto dalle Aziende Usl del Ssr, attraverso apposite commissioni co-stituite con provvedimento del Direttore generale, che devono rappresentare le diverse professionalità, al fine di esprimere una adeguata valutazione dei bisogni socio-sanitari derivanti dalla disabilità.

2. Per le finalità di cui al comma 1, le commissioni sono composte:a. da un medico specialista in medicina legale, dipendente o convenzionato

con l’Azienda Usl, in qualità di Presidente;b. da un medico specialista nella patologia prevalente oggetto della valutazio-

ne, dipendente o convenzionato con l’Azienda Usl;c. da un operatore sociale dei servizi pubblici territoriali competenti; d. da un medico in rappresentanza dell’associazione di categoria del richie-

dente.3. Agli accertamenti finalizzati anche al collocamento mirato al lavoro delle per-

sone con disabilità partecipa, come componente aggiuntivo, il medico del la-voro, dipendente o convenzionato con l’Azienda Usl.

4. Le commissioni sono riunite e deliberano validamente in presenza del Presi-dente e di due componenti. In caso di parità di voti, prevale quello del Presi-dente.

5. All’accertamento può assistere, su richiesta della persona interessata e con onere a suo carico, un medico di fiducia del richiedente.

6. La certificazione del riconoscimento della disabilità da parte delle commissio-ni di accertamento di cui al comma 1, è il documento comune per l’accesso a tutti i percorsi agevolanti e di integrazione riguardo le condizioni di disabilità, di cui al comma 2 dell’articolo 1.

7. La partecipazione alle commissioni di accertamento da parte degli opera-tori dei servizi pubblici territoriali competenti avviene in orario di lavoro e nell’esercizio delle proprie competenze istituzionali. Con il provvedimento di cui all’articolo 5, la Giunta regionale stabilisce i compensi spettanti ai medici rappresentanti delle associazioni di categoria dei richiedenti, prevedendo una quota fissa per la partecipazione ad ogni seduta della commissione ed una quota ulteriore per ogni accertamento effettuato.

La legge, pur indicando i componenti della commissione, non si pronuncia sull’ap-proccio alla valutazione dei livelli di inabilità, lasciando ampi margini operativi e organizzativi e, allo stesso tempo, anche la documentazione prodotta appare più un sommarsi (rispetto all’integrarsi) di pareri certificati, piuttosto che una valutazione integrata e completa che descriva la persona nella sua “complessità” ai fini di un efficace inserimento nell’ambito lavorativo o riabilitativo.

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Art. 5

Disposizioni attuative1. Con deliberazione della Giunta regionale, da emanarsi entro novanta giorni

dall’entrata in vigore della presente legge, oltre a quanto indicato al comma 8 dell’articolo 3, sono stabiliti:a. il modello unico di domanda di riconoscimento della disabilità presentata

dall’interessato;b. la documentazione e le certificazioni mediche da allegare alla prima istan-

za ed alla domanda di adeguamento della valutazione, individuando gli elementi essenziali che esse devono contenere;

c. la documentazione sanitaria specialistica (esami clinici, strumentali e di laboratorio) da produrre per documentare le patologie ed i relativi deficit funzionali già certificati;

d. i compiti della segreteria amministrativa a supporto delle funzioni di ac-certamento di cui all’articolo 3;

e. le indicazioni operative ai fini dell’informatizzazione delle procedure di ac-certamento e valutazione della disabilità;

f. le modalità di svolgimento delle visite per delega e di effettuazione delle visite domiciliari;

g. le modalità di presentazione dell’istanza di riesame e dell’espletamento dei relativi accertamenti;

h. le modalità e gli obiettivi per l’eventuale contenimento dei tempi di attesa per l’effettuazione degli accertamenti, anche in termini abbreviati rispetto a quelli previsti dall’articolo 3, comma 6.

3.2. Il punto di vista delle cooperative di tipo B e A+B.

Pur nell’evolversi e nel migliorarsi della normativa, appare una certa asimmetria tra le valutazioni di inabilità da parte degli enti competenti (complessità della per-sona, problemi e abilità) e il riscontro esperienziale delle cooperative sociali che accolgono persone disabili. Tale asimmetria e disagio, come dimostrano i pareri del workshop svolto il 14 marzo 2013, hanno riflessi negativi sia sulle persone da inserire, che sulle cooperative, vanificando il principio “dell’uomo giusto al posto giusto”. Infatti, sul tema dell’idoneità dei soggetti disabili è stata fatta questa osser-vazione: spesso i medici del lavoro non hanno indicazioni sufficienti (da parte degli enti invianti) relative alle effettive capacità dei lavoratori nello svolgimento di attività specifiche svolte all’interno della cooperativa. Il che chiaramente comporta rischi ag-giuntivi e talvolta la non destinazione di un lavoratore a determinate attività è det-tata più dal “buon senso” che da valutazioni specifiche. In tal senso vengono richieste prassi per la predisposizione di indicazioni che supportino il medico competente nel valutare i vari gradi di idoneità dei soggetti (specie quando inviati da altri enti, come nel caso delle borse lavoro) relativamente a sotto mansioni specifiche. Così come per gli anziani esistono le Unità Valutative Geriatriche (UVG), si propo-ne di istituire in ogni AUSL, per i casi più complessi le Unità Valutative Handicap (UVH).

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3.3. Cosa sono le UVH

È composta da diverse professionalità con l’obiettivo di valutare in maniera con-giunta, sanitaria e assistenziale, progetti individuali destinati a persone disabili. Spesso, infatti chi convive con una disabilità ha bisogno di cure ma anche di un’as-sistenza socio-economica, gestita in maniera integrata dalle Asl e dal Comune. In primo luogo, deve essere fatta una richiesta al Comune di residenza. Solo dopo la definizione di un piano assistenziale individualizzato, che definisca l’intervento o gli interventi necessari per soddisfare il bisogno della persona, il piano viene poi sotto-posto all’approvazione dell’Unità Valutativa Handicap, composta da una pluralità di medici e specialisti dell’Asl e da rappresentanti dei Servizi sociali del Comune.

3.4. Lo strumento utilizzato: la Valutazione multidimensionale (VMD)

La Valutazione Multidimensionale (VMD) consiste in una procedura diagnosti-co-assistenziale di tipo globale e funzionale che sostituisce il modello e le categorie della medicina tradizionale: diagnosi/assessment; terapia/definizione e attuazione del programma; guarigione/autonomia e qualità di vita. La VMD è lo strumento che, immediatamente, porta ad identificare, da una parte i bisogni, e dall’altra, la rete dei servizi. Oggi il problema cruciale è quello di superare il semplice screening generale della popolazione con disabilità e di precisare i sottogruppi che possono trarre maggior beneficio dai programmi di valutazione e successiva gestione del piano di cura, al fine di stabilire gli obiettivi raggiungibili per quel target. Quindi non è efficacie valutare indistintamente, ma occorre “guardare dentro la scatola nera dell’assessment globale”, per identificare i bisogni, definire gli obiettivi e atti-vare il programma selezionando le persone disabili secondo i criteri di ammissione prestabiliti per i percorsi assistenziali. Infine occorre determinare quali componen-ti dell’assessment sono responsabili dei benefici ottenuti.

3.5. Che cosa misura la VDM e come funziona

Come è indicato dall’OMS i piani della salute, della prevenzione e quindi la tutela della salute stessa debbono essere letti attraverso un approccio bio-psico-sociale a cui si può aggiungere anche l’aspetto ambientale. L’interazione tra queste parti con-diziona il livello di salute, disagio, malattia, disabilità e cronicità di una persona. Il deteriorarsi di una o più aree concomitanti mette la persona in una situazione di bisogno sociale, sanitario o socio-sanitario.

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Schema dell’approccio alla salute

AREA BIO

AREA SOCIALE

AREA PSICO

AREA AMBIENTALE

Per esemplificare il contenuto di ogni area e del perché esista una connessione tra di esse nel determinare il livello di salute, disagio, malattia, disabilità e cronicità di una persona, rimandiamo alla visione della prossima tabella dove è facilmente intuibile, che il sovrapporsi di due o più problematicità di area, o anche l’insorgere di un solo elemento, può generare fasi di invalidità, disagio o cronicità. In ciò, l’ap-proccio e la lettura multidimensionale dei processi di salute, appare più flessibile e dinamico, secondo una logica combinatoria dove cicli biologici, cicli sociali e cicli psicologici concorrono a definire lo sviluppo umano come un processo che dura tutta la vita e che manifesta, in ogni sua fase, più o meno profonde modificazioni. La salute dell’individuo poggia su un equilibrio dinamico, dove un’alterazione di uno di diversi sistemi (i cicli) porta ad alterare la complessiva omeostasi. A volte vi potrà essere una retroazione di compenso, attingendo a riserve proprie del sistema nel suo complesso. A volte lentamente, altre volte no. Dove si avrà la risposta com-pensatoria creerà nuovi equilibri, nuove interazioni tra sistemi, nuove risorse. In tal senso il monitoraggio assume un ruolo importante: immaginando una persona con disagio inserita in un contesto lavorativo, questa potrà trovare motivazioni o nuove energie che potranno apportare miglioramenti al proprio stato di salute e alla propria qualità di vita; di contro, un inserimento sbagliato potrà aggravare il disagio o incrinare i fragili equilibri di salute raggiunti dalla persona.

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Esempio dei contenuti delle aree della salute

area Bio Stato di salute e qualità della vita, ma anche di livello di autonomia o limitazioni fisiche. in tale ambito si parla in modo ambivalente di menomazione o impairement, che descrive la perdita di funzione di uno o più organi, secondaria a malattia, tale tuttavia da non compromettere la globa-lità delle usuali funzioni dell’individuo. la grande limitazione fisica o psichica (handicap): descrive soggetti con gravi limitazioni fisiche o psichiche che condizionano (o possono impedire) la parte-cipazione alla normale vita di relazione. la disabilità (disabillity) è considerata presente quando uno o più indebolimenti sono di tale rilevanza da ridurre tutte le funzioni; le incapacità o disabilità riguardano il parlare, il sentire, il vedere, camminare, o il comportamento del soggetto (categorie distinte dall’omS).

area pSico Strettamente connessa alla prima area, ne indaga il benessere psichico cognitivo ed il modo di porsi e gestire le relazioni, ma si estende a tutti i lavoratori attraverso il concetto di well-being che si intende comunemente il risultato del processo di percezione e valutazione soggettiva del benessere personale da parte degli individui. Quest’ultimo concetto si amplia ulteriormente con il binomio well-being cognitivo/well-being affettivo: in particolare il well-being in cui prevalgono le componenti cognitive (soddisfazione), comportando un processo di comparazione tra le proprie aspirazioni e le condizioni di vita di fatto raggiunte, implicherebbe anche uno sforzo dell’indivi-duo teso a considerare e valutare unità temporalmente/territorialmente differenti. il well-being, principalmente basato su circostanze affettive (felicità), viceversa, non presupporrebbe questo tentativo di razionalizzazione, perché la sua natura preminentemente emozionale, porterebbe l’individuo a godere o soffrire rispetto al manifestarsi di quotidiane situazioni più o meno positive indipendentemente dalla distribuzione sociale del fenomeno.

area Sociale è l’ambito in cui una pluralità di elementi si combinano e condizionano non poco il lavoro e l’ap-prendimento: scolarizzazione; tipo di educazione; solitudine ed abbandono; assenza di relazioni sociali; esperienze di vita negative (tossicodipendenze, alcolismo, carcere); emarginazione; pro-blemi familiari prolungati; essere straniero con problemi di lingua e integrazione sociale; disporre o meno di una rete amicale e sociale soddisfacente; sentirsi parte di un gruppo e condividere le finalità; propensione al mutuo aiuto e alla collaborazione.

areaamBientale

Sia l’ambiente esterno (quello in cui si è chiamati ad operare, con i suoi pericoli), ma anche l’am-biente organizzativo, il clima presente sul lavoro, la tempistica, il ripetere ossessivamente determi-nate operazioni, la confusione dei ruoli, la scarsa comunicazione, i livelli di conflittualità, l’incom-patibilità caratteriale, il livello motivazionale. l’insorgenza di patologie depressive o di stress. alti tassi di burn-out (con il termine burn-out è stata definita una sindrome tipica degli operatori che si occupano direttamente, in prima persona, dei problemi della gente e che hanno una respon-sabilità personale sulla vita degli altri; si manifesta come perdita di interesse per gli altri, scarsa motivazione al lavoro, distacco emotivo, tensione, abbandono, fuga). forte turn-over (sono lavori che non si possono fare per un periodo molto lungo, per tutta la vita; sono frequenti le richieste di trasferimento ad altro servizio, ecc).

Se per i casi semplici di disagio, disabilità o problematicità bastano le professiona-lità della commissione indicate dalla legge regionale dell’Emilia-Romagna 19 feb-braio 2008, per casi molto complessi è necessaria un’analisi multidimensionale che chiami in causa l’esame integrato di altre professionalità con scale di misurazione più sofisticate e in grado di ricostruire la storia personale del soggetto e misurare con più precisione le abilità residue. Da qui si creeranno target omogenei di inter-vento.

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Esempi professionalità della UVH per casi complessi

area Bio medico di medicina generale di famigliamedico legalemedico fisiatraSertmedico specialista per altre patologie

area pSico psichiatrapsicologo

area Sociale assistente sociale (responsabile di caso) che ricostruisce il caso a partire dalla famiglia o dalla storia personaleeducatoreSociologo

area amBientale

responsabile della cooperativa sociale a o a+B che concorre alla valutazione multidimensio-nale valutando il percorso più adatto alla persona.

L’UVH compilerà in modo integrato un’unica scheda in cui dati quantitativi e dati qualitativi completino il profilo del soggetto per creare:

a. un percorso personalizzato e mirato di inserimento o riabilitazione;b. un sistema dinamico in grado di misurare nel tempo l’evoluzione del problema

o il superamento (o regressione) del disagio.

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Esempio di strumenti di misurazione che possono comporre una valutazione multidimensionale13

aree Scala di miSurazione coSa miSura

area Bio

Scala adl funzionalità fisica ed autonomia nello svolgimento delle seguenti funzioni:• fare il bagno• vestirsi• servizi igienici• spostamenti• controllo sfinterico• alimentazione

Scala iadl funzionalità fisica ed autonomia nello svolgimento delle seguenti attività:• usare il telefono• fare la spesa• cucinare• fare le pulizie• lavare la biancheria• autonomia di trasporto• gestione della propria cura medica• autonomia nella gestione economia

nudS (north Western uni-versites disability Scale)

estensione delle scale adl e iadl dove si ha un ampliamento dell’a-rea cognitiva, motoria e dell’orientamento. particolare attenzione viene prestata alla capacita manuale (manipolazione) e alla capaci-tà di comunicazione (deficit del linguaggio).

Sf-36 • funzionalità fisica• limitazioni di ruolo fisico• funzionalità sociale • limitazione di ruolo emozionale• Salute mentale• dolore• percezione generale di salute

Sf-20-hiv • percezione globale di salute• dolore• funzionalità fisica• funzionalità sociale• funzionalità di ruolo• Salute mentale• energia/fatica• Stress per la salute• funzionalità cognitiva• Qdv• modificazione della salute

13 Labbrozzi D. (1995), Misure di salute e di vita, Il Pensiero Scientifico Editore, Roma

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aree Scala di miSurazione coSa miSura

area pSico

inventario Beck della depressione (Bdi)

Sviluppato per rilevare i disturbi depressivi

Scala di depressione Stati d’umore, atteggiamenti che riguardano la perdita di interesse, l’apatia, la negazione di esperienze piacevoli

mmSe (mini mental state examination)

capace di esplorare più aspetti cognitivi e comportamentali, in grado di fornire in pochi minuti un quadro d’insieme del livello di compromissione mentale e di autonomia del soggetto, scarsamente viene influenzato dal livello di istruzione e dall’assunzione di ansiolitici

area Sociale

Questionario sulla rete valuta il grado di sostegno sociale, rispetto al numero di persone (familiari, amici, vicini) che frequenta abitualmente o con le quali rimane in contatto tramite telefono o posta

relazione assistente sociale

ricostruzione della storia personale del soggetto. esperienza fami-liare, educazione, eventi, fasi della vita, cambiamenti, problemati-che. Quadro qualitativo del soggetto.

area amBiente

responsabile della coope-rativa B e a+B

interfacciamento esperto tra il quadro complessivo di tutti gli spe-cialisti e gli ambiti di inserimento più coerenti e compatibili con lo stato della persona.

3.6. Proposta di procedura operativa per il Medico Competente

Presentare un progetto all’INAIL per finanziare una ricerca-sperimentazione tra cooperative di tipo B e A+B e commissioni di valutazione del grado di inabilità, in relazione all’inserimento di persone disabili nel lavoro attraverso l’adozione di più idonei sistemi di misura di disabilità (UVH, Unità Valutative Handicap). Le sche-de di valutazione multidimensionali saranno sperimentate in diverse cooperative per definire target omogenei di bisogno e percorsi più coerenti e personalizzati di inserimento.

Procedura per il Medico Competente

Come viene indicato dalle cooperative di tipo B e A+B, spesso i medici competenti non hanno indicazioni sufficienti (da parte degli enti invianti) relative alle effettive capacità dei lavoratori nello svolgimento di attività specifiche svolte all’interno della cooperativa. Appare perciò necessario, tenendo conto di quanto descritto sopra, in relazione alle aree di salute e abilità, che un responsabile della cooperativa compili sche-de che descrivono l’offerta di tipologie di inserimento (cura del verde, lavanderia, ecc.).

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Esempio di scheda dell’offerta di tipologie di inserimento

tipologia di lavoro

Sapere Saper fare Saper essere

funziona-lità fisica richiesta (area bio)

funzionali-tà cognitiva richiesta (area psico)

funziona-lità sociale richiesta (area so-ciale)

elementi critici(area am-bientale)

Attraverso la compilazione e il dettaglio dei saperi, delle funzionalità e degli ele-menti critici per ogni tipo di lavoro, il responsabile della cooperativa può interfac-ciarsi con il medico del lavoro guidandolo in una lettura più articolata del soggetto da inserire in relazione al lavoro. Il parere del responsabile della cooperativa è un parere esperto, maturato nella pratica quotidiana e parametrato sull’esperienza con diversi target di lavoratori. Dal confronto tra medico del lavoro e responsabile della cooperativa su item concreti è possibile attivare i seguenti processi:

• un rapporto dialogico tra cooperativa e medico del lavoro, in cui l’azienda non è più soggetto passivo dell’esame clinico, ma corresponsabile della valutazione;

• l’accoppiata responsabile della cooperativa e medico del lavoro potrebbe avere un futuro nella valutazione del soggetto da inserire. Il responsabile della coo-perativa assumerebbe il ruolo di assessment. Assessment deriva da “assideo” (sedere vicino, assistere, coadiuvare nel governo, consigliare) in cui è implicito il significato di parere autorevole specialistico/professionale dato a chi ha poi il potere di decidere. Assessment sembra quindi riferirsi ad un “parere che spie-ga”: la parola suggerisce una valutazione qualitativa, di contenuto, il risultato di un’analisi competente, che si fonda su una misura, ma che non si esaurisce in essa14;

• le eventuali asimmetrie tra lavoro e item possono far richiedere al responsabile della cooperativa e medico del lavoro un ulteriore accertamento specialistico o ulteriori informazioni presso assistenti sociali;

• la scheda può essere adatta a livello personale (per ogni lavoratore, con nome, cognome e principale problema) e utilizzata come strumento di monitoraggio una volta che il soggetto è stato inserito per valutare nel tempo l’evoluzione del percorso.

14 Levati W., Saraò M.V. (1993), Assessment Center, F.Angeli, Milano, pp.31-34.

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Capitolo 4. Modalità formative per disabili fisici, psichici ed intellettivi

Come già specificato nel capitolo relativo al modello di organizzazione e gestione della sicurezza, è necessario, unitamente alla definizione di procedure e documenti interni diretti ad assicurare piena conoscenza da parte dei lavoratori svantaggiati (così come indicato dall’ art. 7 del DM 13 aprile 2011), produrre documentazione che permetta alla cooperativa di dimostrare agli organi ispettivi quanto realizzato in merito, pur discostandosi dal sentiero previsto dalla normativa. Dall’analisi svolta, risulta, infatti, che fra le misure specifiche adottate per eliminare o ridurre i rischi per i lavoratori svantaggiati, non sono le più frequenti quelle relative a formazione ed informazione aggiuntiva. Come risulta da alcuni testimoni privilegiati e dalle cooperative coinvolte, si agisce di norma più sui contenuti e sulle metodologie di erogazione: presenza di formatori conosciuti (piuttosto che di enti o formatori accreditati), coinvolgimento degli operatori da cui sono normalmente affiancati, durata della formazione maggiore e più diluita e graduale nel tempo, leva sul senso di appartenenza alla cooperativa, modalità pratiche di formazione, contenuti formativi maggiormente legati allo specifico contesto e attività piuttosto che quelli relativi alle norme, enfasi sull’acquisizione di comportamenti corretti, anche semplici (es. indossare guanti, scarpe, utilizzare in modo corretto le attrezzature).

Le schede descrittive delle buone prassi organizzative fornite dalle cooperative di tipo B riguardano in prevalenza la formazione dei soggetti svantaggiati, che ri-chiede spesso, a seconda della tipologia di svantaggio, metodologie specifiche per raggiungere il fine ultimo della formazione, ossia interventi formativi e di adde-stramento specifici finalizzati a correggere e ad evitare che vengano messe in atto pratiche scorrette di lavoro. Le cooperative che hanno collaborato alla raccolta di buone pratiche sono attive all’interno dei due settori risultati (anche dalla ricerca sul campo) come quelli in cui più frequentemente operano le cooperative di tipo B, ossia la manutenzione del verde, raccolta di rifiuti e attività di pulizia presso diverse sedi produttive.

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Le prassi messe in atto per garantire una reale comprensione dei contenuti forma-tivi ed una loro effettiva applicazione nello svolgimento delle attività lavorative da parte di soggetti affetti da diverse tipologie di disabilità (in particolare psichiche ed intellettuali) agiscono su due livelli interconnessi:

• La metodologia di trasmissione dei contenuti.• Procedure organizzative che garantiscono un monitoraggio costante e, se del

caso, un tempestivo intervento correttivo.• La costruzione di un clima collaborativo e comunicativo.

Illustriamo di seguito due esempi significativi.

A) Interventi formativi e di addestramento specifici finalizzati a correggere e ad evitare che vengano messe in atto pratiche scorrette di lavoro

I preposti o altre figure aziendali (RSPP, datore di lavoro, educatori ecc.) ve-rificano, nel corso dello svolgimento delle attività, che i lavoratori indossino sempre correttamente i DPI previsti e che eseguano le attività operando se-condo quanto appreso nell’addestramento e formazione svolta.Qualora si rilevino mancanze sia nell’uso dei DPI o comportamenti scorretti, le attività lavorative vengono interrotte e si esegue un brevissimo intervento formativo, incentrato su quanto rilevato, senza colpevolizzare i lavoratori ma cercando di far capire l’importanza di ciò che viene loro detto.Successivamente, si da comunicazione al Datore di Lavoro della cooperativa e in brevissimo tempo (solitamente 1-2 giorni) si organizza un evento forma-tivo ad hoc per sensibilizzare sulla problematica tutti i lavoratori della man-sione e non solamente quelli coinvolti nell’occasione specifica.Ovviamente l’incontro viene verbalizzato.L’introdurre tale prassi ha dato buoni risultati e i lavoratori si dimostrano maggiormente consapevoli dei comportamenti corretti da adottare.Così facendo i soggetti preposti alla sicurezza riescono a mantenere un otti-mo rapporto personale e un ottimo livello comunicativo coi lavoratori, i quali imparano a conoscere i ruoli e interagiscono in modo efficace spiegando alla figura di riferimento le loro problematiche e valutando insieme cosa fare per risolverle.

B) Modalità di formazione ad operatori affetti da disagio psichicoIl corso è stato organizzato per ottemperare agli obblighi formativi richiesti dal D. Lgs. 81/08 ed ha avuto la durata di 12 ore (4 ore in più rispetto a quanto richiesto dall’Accordo Stato Regioni del 21/12/2011).Esso è stato così strutturato:• 1 modulo di 4 ore di formazione generale come previsto da Accordo Stato

Regioni• 4 moduli di 2 ore ciascuno di formazione specifica sui rischi propri della

mansione e dell’ambiente di lavoro.La peculiarità del corso sta nel fatto che per garantire una efficace compren-sione da parte dei discenti dei vari argomenti trattati, sono stati somministra-

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ti numerosi test di verifica sollecitando, in questo modo, la partecipazione attiva degli operatori alle lezioni in fase di correzione. I test somministrati al termine di ogni modulo di 2 ore sono stati corretti direttamente dai parteci-panti ai quali veniva chiesto di motivare la risposta e riportare un esempio pratico “vissuto” in prima persona.La modalità interattiva utilizzata ha dato ottimi risultati di apprendimento ed è stata molto apprezzata dai lavoratori.Il corso è stato svolto da un docente in possesso dei requisiti richiesti dall’Ac-cordo con esperienza educativa nel settore del disagio psichiatrico di cui sono affetti alcuni lavoratori.

4.1. Borsa lavoro

Si richiama un’interessante esperienza portata avanti dal Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche di Bologna (AUSL-Bologna) che ha dato vita ad un intenso lavoro di rete al fine di riorganizzare le attività ed i percorsi d’inse-rimento lavorativo dell’utenza del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche. Il risultato è la ridefinizione delle Borse Lavoro Occupazionali (non chiaramente definite a livello normativo) e il loro superamento tramite un nuovo tipo di “Intervento Sociale Riabilitativo Attivo (ISRA)” e la formulazione di nuo-vi termini riabilitativi, sanitari, amministrativi economici e procedurali. L’ISRA è stato concepito come uno strumento flessibile e personalizzato con possibilità di intervento graduale, conforme ai fabbisogni dell’utenza e al livello di disabilità e fragilità sociale.

4.2. Convenzione inserimento lavorativo

La provincia di Udine ha realizzato nel giugno di 2010 il Vademecum - Strumenti per l’inserimento socio- lavorativo15 che dedica ampio spazio alle tematiche della sicurezza e della salute partendo dalla definizione di lavoratore e datore di lavoro presente nel T.U. Il documento stabilisce delle procedure tra soggetti inviante/ricevente tali da fa-vorire l’inserimento tenendo presenti le reciproche responsabilità e doveri all’in-terno della Convenzione di Inserimento stessa. Si prevede, nello specifico che il soggetto inviante (e pertanto anche i Servizi sociali e sanitari) debba avere i seguenti compiti:

15 Vademecum - Strumenti per l’inserimento socio-lavorativo, Documento realizzato con la colla-borazione di: Giulia Bigot – Osservatorio Politiche Sociali, Provincia di Udine; Adriana Bressan – Dipartimento per le Dipendenze ASS3 “Alto Friuli”; Loredana Ceccotti – Servizio Politiche Sociali, Provincia di Udine; Morena Conte – Centro per l’Impiego di Udine, Provincia di Udine; Fernando Luisi – INAIL Udine; Daniela Merlo – Sil CAMPP; Fabiana Missio – Centro per l’Impie-go di Udine, Provincia di Udine; Antonella Nazzi - Ambito distrettuale 3.1 Gemonese; Claudia Zuliani - Dipartimento di Prevenzione, ASS4 “Medio Friuli”; Anna Zenarolla, Sabina Puppo, Paolo Molinari - IRES – FVG .

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• ricordare all’azienda ospitante l’obbligo di garantire al borsista le condizioni di sicurezza e la sorveglianza sanitaria previste per ogni lavoratore dalla nor-mativa vigente riguardanti il miglioramento delle sicurezza e della salute dei lavoratori nel contesto lavorativo;

• redigere un relazione sanitaria (ove le competenze professionali lo prevedano) ovvero procedere alla raccolta della documentazione sanitaria che il tirocinan-te consegnerà al Medico Competente per agevolare la sua valutazione, qualora debba sottoporsi a sorveglianza sanitaria e la borsa lavoro sia stata attivata da un servizio sanitario ( Ser.T e DSM). Si specifica che la relazione medica dovrebbe contenere tutte le informazioni relative alla patologia psichiatrica o tossicologica utili per la valutazione della idoneità per la mansione. In parti-colare dovrebbe riportare il programma farmacologico in atto e le modalità di monitoraggio della patologia nel corso dell’esperienza in borsa lavoro;

• può eventualmente farsi carico dei costi della sorveglianza sanitaria prevista dal D. Lgs.81/08 qualora la valutazione dei rischi effettuata dalla Ditta/Ente ospitante abbia evidenziato un rischio per la salute del borsista nello svolgi-mento delle attività previste; ricordare all’azienda che la visita medica deve sempre essere eseguita dal Medico Competente dell’azienda stessa (ovvero dal personale autorizzato dei Dipartimenti di Prevenzione delle Aziende per i ser-vizi sanitari ai sensi dell’art. 41 comma 2 bis D. Lgs. 81/08) e deve precedere l’avvio della borsa lavoro (la visita deve essere fatta in fase preventiva) e che, in attesa della stessa, se tardiva, si può adibire transitoriamente il borsista a mansioni per le quali non sia prevista la sorveglianza sanitaria. A tal propo-sito si ricorda che non possono esprimere giudizi di idoneità, in quanto non conoscono i luoghi di lavoro ed il DVR, né il medico di fiducia né un medico dell’ASS se soggetto inviante. La norma prevede che la sorveglianza sanitaria, se obbligatoria, sia effettuata dal Medico Competente della ditta presso cui il lavoratore sarà impiegato. Per le visite mediche preventive pre-assuntive la norma prevede che possano essere effettuate anche dai dipartimenti di pre-venzione delle ASS che per farle dovranno chiedere alla ditta ospitante una serie di documenti e, se del caso, svolgere anche un sopralluogo;

• acquisire dal borsista il giudizio espresso dal Medico Competente; • controllare che vengano attuate le visite periodiche, se previste dalla sorve-

glianza sanitaria; • eseguire un monitoraggio costante delle condizioni tossicologiche e psichia-

triche e in caso di ripresa dell’uso di sostanze psicoattive o di recrudescenza dei sintomi psichiatrici, per la sottesa responsabilità, è opportuno che la borsa lavoro venga sospesa e riattivata al recupero delle condizioni adeguate a garan-tire la sicurezza del borsista e del contesto lavorativo;

• ricordare all’azienda che per i minori che svolgono borsa lavoro in regione il percorso relativo alla sicurezza sul lavoro è identico a quello degli adulti, fer-mo restando che alcune attività restano sempre ad essi precluse.

L’azienda ospitante, per quanto riguarda nello specifico le norme di sicurezza, si impegna, nella convenzione a:• garantire al tirocinante le condizioni di sicurezza adottate per i propri dipen-

denti, nonché informarlo ed istruirlo sugli aspetti relativi all’igiene, alla sal-

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vaguardia della salute e della sicurezza dell’ambiente di lavoro, all’utilizzo di materiali ed attrezzature e dei dispositivi di protezione individuale;

• garantire al tirocinante la sorveglianza sanitaria prevista dal D. Lgs. 81/08 qua-lora la valutazione dei rischi abbia evidenziato un rischio per la salute del bor-sista nello svolgimento delle attività previste.

4.3. Clausole sociali ed appalti riservati

La possibilità di individuare “clausole sociali” nell’esecuzione del contratto è previ-sta, in linea generale, dall’articolo 69 del Codice dei contratti; tale disposizione pre-vede che “le stazioni appaltanti possono esigere condizioni particolari per l’esecuzio-ne del contratto, purché siano compatibili con il diritto comunitario e, tra l’altro, con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, e purché’ siano precisate nel bando di gara, o nell’invito in caso di procedure senza bando, o nel capitolato d’oneri. Dette condizioni possono attenere, in particolare, a esigenze sociali o ambientali”.Le clausole sociali inserite nel contratto non devono quindi pregiudicare i prin-cipi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, compatibilità. Proprio al fine di valutare tale compatibilità, l’articolo 69, comma 3, del Codice dei contratti ha previsto la possibilità per le stazioni appaltanti di richiedere all’Autorità un pronunciamento su tale aspetto delle clausole del bando contemplanti “particolari condizioni di esecuzione del contratto”, al fine di evitare, come evidenziato dal Consiglio di Stato in sede di parere sul Codice (n. 355/2006), che tali clausole incidano negativamente sulle condizioni di concorrenzialità del mercato “in modo tale da discriminare o pregiudicare alcune categorie di impren-ditori, determinando così un’incompatibilità delle previsioni del bando o dell’invi-to con il diritto comunitario”.L’Autorità, ad esempio, ha ritenuto che l’impiego di persone con disabilità, quale condizione di esecuzione dell’appalto, e’ conforme al disposto dell’art. 69 del Co-dice dei contratti sia in quanto modalità di prestazione del servizio finalizzata al perseguimento di obiettivi sociali, sia in virtu’ della compatibilità con il diritto co-munitario e con i principi del Trattato CE richiamati (cfr. pareri sulla normativa 4 aprile 2012, n. 7; 14 maggio 2009, n. 8).È stato inoltre ritenuto compatibile un protocollo d’intesa stipulato tra regione ed aziende sanitarie mediante il quale veniva individuata, a monte, una quota di servi-zi da affidare mediante il convenzionamento con le cooperative sociali di tipo B ov-vero con inserimento di clausole sociali come condizioni di esecuzione (cfr. parere sulla normativa 10 marzo 2011, n. 6). In altri termini, la compatibilità delle clausole sociali è soddisfatta se la stazione appaltante le prevede nel capitolato d’appalto e nel bando di gara, adeguatamente evidenziate, al fine di soddisfare gli obblighi di pubblicità previsti dalla norma.

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4.4. Clausole proposte all’interno di convenzioni di inserimento lavorativo per disabili

L’art. 4 della Legge 381/99 stabilisce che le persone affette da svantaggio devono costituire (nella cooperazione di tipo B) il 30% dei lavoratori della cooperativa e che “compatibilmente con il loro stato soggettivo, devono essere socie della coo-perativa”. È la norma stessa quindi a stabilire un obbligo per le cooperative di tipo B ad associare i soggetti svantaggiati, riconoscendo però, allo stesso tempo, che vi possono essere condizioni particolari legate alla condizione psico-fisica-intellettiva che permettono diverse tipologie di inclusione. Dato che le cooperative sociali, in quanto imprese, devono realizzare dei profitti per ottemperare alle finalità sociali, il legislatore viene loro incontro prevedendo la riduzione a zero delle aliquote com-plessive della contribuzione sociale per l’assicurazione obbligatoria previdenziale ed assistenziale16 . Quando la persona svantaggiata viene inserita con contratto di lavoro dipendente (indipendentemente dalla compresenza del rapporto associativo), le modalità ap-plicative della contrattualistica e quelle collegate all’ambito della salute e sicurezza sul luogo di lavoro sono quelle già esposte per il socio-lavoratore e ricadono co-munque nella definizione di “lavoratore” di cui al D. Lgs. 81/08 e successive modi-fiche. Salvo le specifiche introdotte relativamente ai lavoratori con disabilità psichi-ca, fisica17 ed intellettiva (art. 7 decreto 13 aprile 2011), specie per quanto riguarda la personalizzazione delle attività di formazione, informazione ed addestramento. La presenza di soggetti svantaggiati è spesso giustificata dalla attivazione di tiroci-ni, borse lavoro e convenzioni di inserimento che vengono spesso utilizzati dalle cooperative sociali (poiché coerenti con le finalità delle stesse) ma, allo stesso tem-po, pone specifiche problematiche in termini di sicurezza e salute e, in particolare, di applicazione delle norme ad esse riferite. Il legislatore prevede che gli stage per soggetti portatori di handicap possano avere una durata fino a 24 mesi. Tali soggetti devono avere la prescritta documentazione medica che ne riconosce lo stato di handicap. Si prevede, inoltre, che le persone svantaggiate (invalidi, tossicodipendenti, alcolisti, minori in situazione di difficoltà familiare) possano essere inserite in tirocini formativi per un massimo di 12 mesi. Tali tirocini formativi avendo la natura, le finalità e la regolamentazione consue-ta, non prevedono al loro termine alcun obbligo di instaurazione di rapporto di lavoro.Gli enti locali con delega alla formazione professionale (Provincie) o altri soggetti pubblici e privati titolati (Istituzioni carcerarie, riabilitative, centri di formazione e reinserimento ecc.) inoltre, al fine di individuare il modo migliore per l’inserimen-

16 Parziale agevolazione viene riconosciuta nel caso di persone detenute o internate in istituti penitenziari, ex degenti ospedali psichiatrici giudiziari, condannati o internati per cui sia pos-sibile il lavoro all’esterno delle strutture penitenziarie.

17 Il comma 2, articolo 7, decreto 13 aprile 2011, indica, come parametro per disabilità fisica la riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% o la presenza di minorazioni ascritte dalla prima alla terza categoria di cui alle tabelle annesse al decreto del Presidente della Repubbli-ca 23 dicembre 1978, n. 915.

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to di soggetti svantaggiati, possono prevedere la stipula, con le aziende interessate, di apposite convenzioni finalizzate all’inserimento lavorativo dei disabili, ma che possono prevedere un adeguato periodo di tirocinio formativo.Per la categoria generale “svantaggio”, le tipologie di convenzione dipendono dalla normativa o dalle prassi localizzate e in capo ai vari enti, pur facendo in generale riferimento alle convenzioni di inserimento lavorativo, anche temporaneo con fi-nalità formative (ex art. 12 Legge 68/99, modificato dall’ art. 1 comma 37 punti a e b Legge 247/2007) e alle convenzioni di programma o di integrazione lavorativa (Convenzione di integrazione lavorativa ex art. 11 comma 1 e 4 Legge 68/99); art. 14 D. Lgs. 276/03 (Convenzioni quadro su base territoriale). Tali Convenzioni, stipulate tra gli “uffici competenti” e le cooperative sociali (ma anche altre tipologie di impresa) sono finalizzate all’inserimento temporaneo dei disabili appartenenti alle categorie di cui alla legge 68/99 presso i soggetti ospitanti, ai quali i datori di lavoro si impegnano ad affidare commesse di lavoro. È possibile che le leggi regionali che regolano lavoro e formazione, prevedano l’utilizzo di tale tipologia di convenzione anche per i soggetti con diverse tipologie di svantaggio 18. Sostanzialmente le tipologie di Convenzioni possibili sono le seguenti19:

• Convenzione di programma Ai sensi dell’art. 11 comma 1 Legge n. 68/99, i Centri per l’impiego possono stipulare con i datori di lavoro, pubblici o privati (anche non obbligati) delle convenzioni aventi ad oggetto la determinazione di un programma mirante all’inserimento lavorativo di persone con disabilità. Attraverso tali convenzio-ni, invece di avviare direttamente gli iscritti alle liste speciali, si attua un gra-duale inserimento della persona con disabilità nel contesto lavorativo, semmai predisponendo momenti formativi propedeutici all’ingresso del lavoratore nel mondo del lavoro e/o verificando le soluzioni organizzative adottate per tale momento (vedasi periodi di prova o contratti a tempo determinato). Le con-venzioni, infatti, possono prevedere:1. i tempi e le modalità delle assunzioni che il datore di lavoro si impegna ad

effettuare;2. lo svolgimento di tirocini con finalità formative o di orientamento;3. lo svolgimento di periodi di prova più lunghi rispetto a quelli previsti dal

contratto collettivo di riferimento;4. facoltà di scelta nominativa dei lavoratori da assumere;5. assunzioni a tempo determinato.

• Convenzioni di integrazione lavorativa

18 Si veda ad esempio, la Legge regionale dell’Emilia Romagna del 25 febbraio 2000, n.14 Pro-mozione dell’accesso al lavoro delle persone disabili e svantaggiate; legge regionale del Veneto n. 3 del 2009 Disposizioni in materia di occupazione e mercato del lavoro.

19 Inserimento Lavorativo Manualetto di S.AI.? Anfass Milano, Realizzato a cura del S.A.I.? Na-zionale Anffas Onlus S.A.I.? Anffas in-rete - Progetto cofinanziato dal Ministero della Solidarietà Sociale - ex legge 383/2000 - bando anno 2006

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Ai sensi dell’art. 11 comma 4 Legge n. 68/99, i Centri per l’impiego con i datori di lavoro, pubblici o privati, stipulano convenzioni per persone con disabilità che abbiano particolari caratteristiche e difficoltà di inserimento nel ciclo la-vorativo ordinario. Tali convenzioni si adattano maggiormente alle persone con disabilità intellettiva e/o relazionale che, oltre ad avere difficoltà ricollega-bili alle loro capacità funzionali potrebbero avere anche difficoltà relazionali con i colleghi di lavoro. In queste convenzioni, oltre ad essere stabiliti i tempi, i periodi di prova e le modalità di assunzione, sono previste forme di sostegno, tutoraggio e di consulenza da parte dei servizi competenti per l’inserimento ed il mantenimento del posto di lavoro. A tal proposito, un’importante previ-sione è quella delle periodicità delle verifiche circa l’andamento del percorso formativo.

• Inserimento temporaneo in cooperative sociali, imprese sociali, ditte individuali Ai sensi dell’art. 12 della Legge n. 68/99 (così come modificato dall’art. 1 com-ma 37 della Legge n. 247/07), i datori di lavoro privati, obbligati ad assumere persone con disabilità, possono stipulare una convenzione con i Centri per l’impiego e una cooperativa sociale di tipo B o un’impresa sociale o un libero professionista con disabilità (anche costituito in ditta individuale) o altro dato-re di lavoro privato (anche non obbligato), definiti “soggetti ospitanti”. In virtù di tale convenzione il lavoratore con disabilità, assunto a tempo indeterminato dal datore di lavoro obbligato, sarà inserito, a fini formativi, presso i soggetti ospitanti per un periodo massimo di 12 mesi, eventualmente prorogabili per ulteriori 12 mesi. In contropartita il datore di lavoro obbligato si impegna ad affidare al soggetto ospitante commesse di lavoro per un ammontare non in-feriore a quello che consenta a quest’ultimo di applicare la parte normativa e contributiva dei contratti collettivi nazionali di lavoro.

• Condizioni di inserimento lavorativo Ai sensi dell’art. 12 bis della Legge n. 68/99 (introdotto dall’art. 1 comma 37 della Legge n. 247/07), i datori di lavoro privati, obbligati ad assumere persone con disabilità, definiti “soggetti conferenti” possono stipulare una convenzio-ne con i Centri per l’impiego e una cooperativa sociale di tipo B o un’impresa sociale o altro datore di lavoro privato (anche non obbligato), definiti “soggetti destinatari”. In virtù di tale convenzione il lavoratore con disabilità che pre-senti particolari caratteristiche e difficoltà di inserimento nel ciclo lavorativo ordinario, è assunto dai soggetti destinatari, che si impegnano, per almeno tre anni, ad averlo alle loro dipendenze a fronte dell’obbligo da parte del datore di lavoro obbligato di affidar loro commesse per un ammontare non inferiore a quello che consenta di applicare la parte normativa e contributiva dei contratti collettivi nazionali di lavoro.

Le convenzioni, quindi, in generale devono contenere specifiche indicazioni rela-tivamente alle commesse (nel caso ex art. 14 D. Lgs. 276/03) o alle attività che ci si impegna ad affidare ai soggetti ospitanti. Non devono essere inferiori a quanto con-sente ai soggetti ospitanti di applicare la parte normativa e retributiva dei contratti collettivi nazionali di lavoro, ivi compresi gli oneri previdenziali e assistenziali, e di

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svolgere le funzioni finalizzate all’inserimento lavorativo dei disabili; la descrizio-ne del piano personalizzato di inserimento lavorativo; indicare dettagliatamente le mansioni attribuite al lavoratore disabile e le modalità del loro svolgimento; preve-dere le forme di sostegno, di consulenza e di tutoraggio da parte degli appositi ser-vizi regionali o dei centri di orientamento professionale e degli organismi deputati, prevedere verifiche periodiche sull’andamento del percorso formativo inerente la convenzione di integrazione lavorativa, da parte degli enti pubblici incaricati delle attività di sorveglianza e controllo.Per quanto riguarda le convenzioni quadro territoriali, esse, oltre ad essere valida-te a livello regionale, devono contenere indicazioni relativamente alle modalità di adesione da parte delle imprese interessate, ai criteri di individuazione dei lavorato-ri svantaggiati da inserire al lavoro in cooperativa (l’individuazione dei disabili sarà curata dai servizi per l’impiego, in raccordo con i servizi sociali, sanitari, educativi e formativi del territorio), alle modalità di attestazione del valore complessivo del lavoro annualmente conferito da ciascuna impresa e la correlazione con il numero dei lavoratori svantaggiati inseriti al lavoro in cooperativa; alla determinazione del coefficiente di calcolo del valore unitario delle commesse, secondo criteri di congruità con i costi del lavoro derivati dai contratti collettivi di categoria applicati dalle cooperative sociali; alla promozione e lo sviluppo delle commesse di lavoro a favore delle cooperative sociali; ai limiti di percentuali massime di copertura della quota d’obbligo da realizzare con lo strumento della convenzione.Le convenzioni di inserimento lavorativo stipulate ai sensi dell’art. 14 del decreto legislativo 30 settembre 2003, n. 276, insieme alle convenzioni di cui all’art. 11 della Legge 12 marzo 1999, n. 68, hanno di fatto maggiormente consentito l’inserimento di persone disabili nei contesti lavorativi20.Se si analizzano alcuni schemi di convenzione ex Legge n. 68/99, si notano alcune caratteristiche comuni.L’azienda ospitante deve essere in regola con gli eventuali obblighi di cui alla L.68/99 e non aver fatto ricorso in tempi recenti (solitamente 12-24 mesi) ad am-mortizzatori sociali per attività equivalenti né aver effettuato licenziamenti collet-tivi per giusta causa. Scopo di tali disposizioni è impedire l’utilizzo dei tirocini per sostituire il personale dell’azienda nei periodi di malattia, maternità o ferie né per ricoprire ruoli necessari all’organizzazione aziendale . Viene ribadito che il tiroci-nio non è un rapporto di lavoro. Mentre, per quanto attiene più da vicino le norme di salute e sicurezza, specie nelle versioni più recenti delle convenzioni, si assiste ad una distinzione tra gli obblighi “assicurativi” (di solito in capo all’ente promotore) e a quelli “gestionali” (di solito in capo al soggetto ospitante) relativi alla salute e sicurezza sul lavoro: formazione, informazione, addestramento, tempestiva se-gnalazione di eventuali incidenti agli organi competenti. Piuttosto frequenti, nelle convenzioni più recenti sono clausole simili alla seguente “ l’impresa ospitante si

20 Analisi degli strumenti di convenzionamento per favorire l’inserimento lavorativo delle persone disabili ai sensi della L. 68/99. Un’ipotesi di riformulazione ed estensione della convenzione di inserimento lavorativo ex art 14 D. Lgs. 276/2003 Ricerca azione finanziata dalla Provincia di Bergamo – Unione Provinciale delle Cooperative di Bergamo -2011 disponibile su www.federsolidarieta.confcooperative.it

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impegna a garantire ai tirocinanti le condizioni di sicurezza e di igiene nel rispetto della vigente normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, sollevando da qualsiasi onere il soggetto promotore” oppure specifici arti-coli dedicati alle disposizioni del D. Lgs. 81/08, simili al seguente: “Nell’ambito del piano di valutazione dei rischi, l’azienda si impegna ad effettuare una valutazione del rischio in relazione alle mansioni svolte dal tirocinante fornendogli la corretta informazione e la dovuta formazione in proposito”. Altro strumento utilizzato a scopi formativi e terapeutico-riabilitativi è la cosiddet-ta “Borsa-Lavoro”. La Borsa Lavoro è strumento di socializzazione e di inserimen-to per fasce deboli e soggetti con handicap anche grave, in circostanze di partico-lare debolezza socio-lavorativa. La Borsa Lavoro svolge, per lo più, una funzione di reinserimento sociale per il tramite di un’azienda e non costituisce un rapporto di lavoro. L’attivazione di una Borsa Lavoro non corrisponde, quindi alle stesse finalità di tirocinio che, come sopra descritto, è un istituto di carattere formativo funzionale all’assunzione o comunque, all’apprendimento di competenze socia-li, relazionali ma anche professionali. L’utilizzo delle Borse Lavoro risulta quindi maggiormente funzionale per i soggetti con difficoltà di reinserimento anche gravi (ossia non pronti per il lavoro) e ai soggetti ospitanti che non hanno vincoli di assunzione. La borsa lavoro può assumere quindi diverse forme, a seconda della finalità, del soggetto svantaggiato cui è erogata, dell’ente proponente e del soggetto ospitante. Se ne possono individuare tre tipologie principali:

• a stage: in questo caso la durata è circoscritta e può essere inquadrata come attività di formazione tirocinio (non produttivo);

• a termine: sono finalizzate all’assunzione e possono avere durata variabile (ma maggiore rispetto alla tipologia precedente) e possono inquadrarsi come atti-vità lavorative e tirocinio applicativo alla formazione e al reinserimento;

• a tempo indeterminato: hanno come finalità la permanenza sul luogo di lavoro dov’è avvenuta la formazione e il processo di accompagnamento/inserimento (vedi ad esempio all’interno dei laboratori protetti gestiti dalle cooperative di tipo A o all’interno di altri enti).

La Borsa Lavoro ha, quindi, una durata variabile e la prestazione lavorativa del borsista è gratuita o retribuita in genere dall’ente proponente tramite forme di so-stegno al reddito. È prevista una copertura RCT e INAIL a carico del soggetto pro-ponente (in genere ente pubblico) ovvero del soggetto ospitante (ferma restando l’erogazione della Borsa quale sussidio da parte pubblica). L’utilizzo delle Borse Lavoro richiama le disposizioni normative nazionali di inse-rimento di soggetti svantaggiati e disabili, così come il tirocinio: Legge n. 381/1991, Legge n. 68/1999, Legge n. 328/2000 oltre che interventi regolativi a livello regiona-le e provinciale. In realtà la Borsa Lavoro, a differenza del tirocinio, non possiede, se non per quanto attiene le finalità, una cornice normativa lavoristica e contrat-tuale definita e questo chiaramente comporta indefinitezza nella applicazione delle disposizioni collegate a tale cornice, tra cui le garanzie in termini di salute e sicu-rezza sul lavoro. Proprio a causa di tale indefinitezza, la Borsa Lavoro si è mostrata, da una parte, strumento flessibile e con forti caratteristiche adattative nell’incrocio tra contesto lavorativo e competenze/disabilità e, d’altra parte, oltre alla sovrappo-

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sizioni degli operatori e all’assenza di tutele certe per l’utenza, ha alimentato nella sua applicazione una certa confusione tra gli ambiti riabilitativi-sanitari e formati-vi-lavorativi, tra lavoro e non lavoro.

4.5. Formazione e addestramento legati al contesto lavorativo

Come è emerso dalla ricerca, le cooperative di tipo B si caratterizzano per piccole dimensioni rispetto alle cooperative di tipo A e A+B. Tale dimensione e la percen-tuale di lavoratori invalidi (30% nelle cooperative b, ma come indica la ricerca si ar-riva a circa al 30% anche nelle A+B del campione), comportano un costo formativo oneroso, soprattutto quando sono necessari accorgimenti specifici (es. disabilità sensoriale o disabilità intellettuale o psichica con gradi di disabilità fino al 100%). Spesso le difficoltà economiche ed organizzative condizionano la disponibilità ad accogliere soggetti disabili, sia pur momentaneamente e a scopo terapeutico e ri-abilitativo. Coloro la cui permanenza nella cooperativa è breve, inducono spesso le cooperative ad essere inadempienti sia per quanto riguarda un percorso forma-tivo completo, sia per ciò che concerne la visita pre-assuntiva, in quanto i costi da sostenere graverebbero troppo sui bilanci delle cooperative di tipo B, i quali sono normalmente ridotti e basati sullo svolgimento di attività a basso valore aggiunto.In tale senso, dato che le cooperative di tipo B ricevono lavoratori svantaggiati di diverso tipo, con diversificati livelli di comprensione e di apprendimento, si rende necessaria l’introduzione di clausole che riconoscano il costo della formazione alla sicurezza in ingresso, sia per garantire il buon sostentamento dell’impresa, sia in relazione alle finalità pubblicistiche-solidaristiche:

• sia nei contratti tra privati, provincia e cooperative sociali;• sia nelle convenzioni tra Enti Pubblici (Comuni e ASL) per la gestione dei per-

corsi di inserimento lavorativo;• sia nei regolamenti comunali per gli affidamenti sopra soglia.

4.6. Tipologie di lavoratori delle cooperative di tipo B

Nelle cooperative di tipo B, almeno il 30% dei soci lavoratori ricade nella cate-goria di “persona svantaggiata”. Nello specifico, possono essere soci lavoratori di cooperativa sociale di tipo B (o del ramo B di una cooperativa a scopo plurimo), compatibilmente con il proprio stato soggettivo, coloro che ricadono all’interno delle seguenti categorie di “svantaggio”, specificamente indicate dalla legge 381/01: 1. Invalidi fisici, psichici e sensoriali2. Ex degenti di istituti psichiatrici, soggetti in trattamento psichiatrico3. Tossicodipendenti4. Alcolisti5. Minori in età lavorativa in situazione di difficoltà familiare 6. Condannati ammessi alle misure alternative di detenzione (affidamento in

prova ai servizi sociali, affidamento in prova in casi particolari- persona tossi-

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codipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma di recu-pero- detenzione domiciliare, in regime di semi-libertà)

7. soggetti indicati con DPCM su proposta del Min. del Lavoro e previdenza sociale di concerto con il Min. dell’interno e degli affari sociali, sentita la com-missione centrale per le cooperative

8. Si sono aggiunte nel tempo, anche a seguito del recepimento dei regolamenti comunitari da parte del legislatore nazionale e dei legislatori regionali, ulterio-ri categorie di svantaggio, in particolare quelle che generalmente possono es-sere definite in stato di emarginazione (su segnalazione di enti locali, aziende sanitarie, servizi sociali).

L’accordo Governo, Regioni e Province autonome del 25 luglio 2012 fa emergere un impianto sulla sicurezza, sulla tutela della salute e sulla inerente formazione, tarato principalmente su imprese manifatturiere, grandi o piccole, e poco flessibile nel cogliere le diversità aziendali, anche presso i lavoratori normodotati, perché trop-po standardizzato e troppo definitorio sulle modalità di erogazione la formazione, con limiti nel cogliere le specificità delle realtà aziendali, ma anche nel cogliere le realtà dei singoli lavoratori: (docenti che devono dimostrare tre anni di esperienza di insegnamento e/o in relazione all’attività di prevenzione della salute […] i corsi devono essere organizzati in modo che sia individuato un responsabile dei corsi, che può essere anche docente, e non vi partecipino più di 35 persone, le quali sono tenute a frequentare il 90% delle ore di formazione previste. I corsi di formazione ex articolo 37 devono essere strutturati in modo che venga individuato un soggetto organizzatore del corso e che si tenga conto della declinazione dei contenuti) […] obbligo di aggior-namento, si ritiene che una parte non superiore al 1/3 del percorso di aggiornamento (pari a 2 ore) possa essere validamente svolta anche per mezzo della partecipazione a convegni, seminari, a condizione che essi trattino delle materie di cui al punto 7 (accordo ex articolo 34) e 9 (accordo ex articolo 37) degli accordi e che prevedano la verifica finale di apprendimento. In relazione alla restante parte del percorso di aggiornamento, pari a 4 ore, essa dovrà comunque essere svolta nel rispetto delle regole (quali ad esempio quelle relative al numero massimo di partecipanti ) di cui gli accordi.Appare evidente come tali disposizioni possano essere applicate agli educatori, ai volontari o al personale normodotato delle cooperative di tipo B, mentre per altri tipi di lavoratori subentrino difficoltà di comunicazione, comprensione, apprendi-mento e partecipazione motivazionale (vedi tabella che segue) che possono essere recuperati solo attraverso il ricorso del Decreto 13 aprile 2001, art. 7 comma 2: Che le attività di cui al comma precedente siano svolte da soggetti che abbiano una ridu-zione della capacità lavorativa superiore al 79% o minorazioni ascritte dalla prima alla terza categoria di cui tabelle annesse al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n.915, o a lavoratori con handicap intellettivo e psichico, le attività di formazione, informazione e addestramento sono programmate e realizzate compati-bilmente con il loro stato soggettivo.

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target di lavoratori problematicità nella comunicazione, comprensione, apprendimento e partecipazione motivazionale

toSSicodipendenti - ex alcooliSti • condizioni psico-fisiche in cui si trova il lavoratore• eventuale rischio di ricaduta nella dipendenza• cure riabilitative che possono inibire il livello di attenzione, com-

prensione, motivazione• rischi da stress

diSaBilità fiSica (motoria e SenSoriale)

• insorgenza di disturbi legati allo stress e altre manifestazioni col-legate (sia nei confronti dei lavoratori disabili che a quelli normo-dotati: es. docenti, tutor)

diSaBilità intellettive e/o pSichiche

• livello di attenzione nello svolgimento nell’apprendere, in relazio-ne alle tipologia di disturbo psichico

• cure medicinali o psichiatriche/psicologiche a cui possono essere sottoposti i lavoratori affetti da disabilità psichica

• capacità di internalizzare e riprodurre in modo consapevole e continuativo i contenuti e le procedure trasmesse attraverso gli interventi di info-formazione ed addestramento

• possibili ricadute, aggravamenti o mutamenti improvvisi nel com-portamento o nello stato psichico

• insofferenza verso determinate modalità comunicative

ritardo mentale e Quindi da diSaBilità intellettiva

• limitata capacità di comprensione ed interiorizzazione dei conte-nuti che potrebbe influenzare l’efficacia dei contenuti trasmessi attraverso l’informazione, la formazione e l’addestramento

• distorta o assente percezione delle informazioni e/o dei contenuti delle mansioni

• insofferenza verso determinate modalità comunicative

Non si può nascondere che anche le categorie di svantaggio, in particolare, quelle che generalmente possono essere definite in stato di emarginazione (su segnalazio-ne di enti locali, aziende sanitarie, servizi sociali) soffrano un tipo di formazione come indicata dall’ Accordo Governo, Regioni e Province autonome del 25 luglio 2012. Questi i target di dette categorie:

a. non ha un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi; (se l’assenza di occupazione è superiore ai 24 mesi, il lavoratore si definisce “molto svan-taggiato”);

b. non possiede un diploma di scuola media superiore o professionale (ISCED 3);c. lavoratori che hanno superato i 50 anni di età;d. adulti che vivono soli con una o più persone a carico;e. lavoratori occupati in professioni o settori caratterizzati da un tasso di dispa-

rità uomo-donna che supera almeno del 25% la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici dello Stato membro, se il lavoratore interessato ap-partiene al genere sottorappresentato;

f. membri di una minoranza nazionale all’interno di uno Stato membro che hanno necessità di consolidare le proprie esperienze in termini di conoscenze linguistiche, di formazione professionale o di lavoro, per migliorare le pro-

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spettive di accesso ad un’occupazione stabile;g. ex carcerati.

Rimane perciò il problema, dal punto di vista delle cooperative B e A+B e per i suoi lavoratori, che la formazione tradizionale è poco discriminante e adattabile alla eterogeneità degli ambiti, contesti e tipologia dei lavoratori; non tiene conto in modo personalizzato dei vari ambiti organizzativi nei quali deve essere calata; non conosce i problemi routinari o le imprevedibilità dei fattori che entrano in gioco nel corso dei lavori; non conosce i tempi, non conosce la complessità bio-psico-so-ciale-ambientale dei lavoratori. La formazione rischia di rimanere “in superficie” se non nelle aule della formazione, cioè, fuori dal lavoro. Laddove non vi è la pos-sibilità (economica, organizzativa) di modulare la formazione per soggetti inseriti nella cooperativa di tipo B sotto forma di tirocini/borse lavoro, ma la formazione avviene in aule “standard” secondo quanto previsto dall’Accordo stato Regioni, le cooperative hanno la chiara percezione che la formazione non sia efficace, per cui è necessario un maggiore sforzo a livello di organizzazione del lavoro (monitoraggio, controllo, tutoraggio).

Un contributo interessante al tema della formazione flessibile è contenuto nelle Linee Guida UNI-INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL), Esempio 02/PGSS02. L’introduzione alla scheda proposto induce a proget-tare la formazione secondo modalità più flessibili e personalizzate: La progettazio-ne delle attività formative deve tener conto dei bisogni e della definizione degli obiet-tivi, prevedere la scelta dei soggetti destinatari, dei contenuti della formazione, delle metodologie didattiche da utilizzare. Occorre evidenziare i punti salienti, ovvero: chi sono le persone che si devono formare, in quali contesti operano, cosa prevede il loro ruolo, quali sono le finalità educative, quali e quante risorse possono essere impiegate.Definire le aree del sapere:

• Sapere: Esempio: conoscere cosa prevedono le norme in materia di sicurezza e salute e le conseguenze.

• Saper fare: Esempio: saper operare seguendo le procedure di sicurezza.

• Saper essere: Esempio: essere fortemente motivati al lavoro “sicuro” per sé e per gli altri.

Una volta individuati i contenuti in relazione alla mansione, al lavoro e alla tipo-logia del lavoratore, vengono proposte le metodologie didattiche “attive” che pre-vedono il coinvolgimento diretto dei partecipanti. Da ridurre al minimo le lezioni frontali, che lasciano passivo il partecipante a fronte di conoscenze/nozioni che gli vengono trasferite, a favore di:Discussione; Lavori di gruppo; Apprendimento cooperativo; Analisi di caso; Simu-lazioni e role playing; Problem solving; addestramento on the job.Nel corso della ricerca presso le cooperative di tipo B e A+B ed i successivi wor-kshop, sono state messe in rilievo diverse problematicità associate a proposte che

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possono diventare clausole:• Quale formazione? Non può esistere “una formazione”, ma “diverse forma-

zioni” per target omogenei di lavoratori con difficoltà di comunicazione, com-prensione, apprendimento e partecipazione motivazionale. In base al target di riferimento si dovranno calibrare contenuti, metodologie e tecniche di trasfe-rimento.

• Metodologie. Formatori: è fondamentale che coloro che veicolano le informazioni e i comportamenti relativi allo svolgimento in sicurezza delle attività siano le stesse persone che operano in concreto con i destinatari della formazione (educatori, operatori, tutor) e magari richiedere, su tematiche specifiche, l’intervento di esperti che, passando per la cooperativa, mettano la struttura e non tanto i singoli svantaggiati a conoscenza dei rischi, delle procedure e delle metodologie preventive, in modo che queste vengano poi mediate e veicolate nel modo più efficace possibile ai singoli.

• Apprendere dalla pratica per creare una formazione più efficace. Il ricono-scimento delle buone pratiche e loro validazione21. Definizione di clausole che riconoscono le buone prassi frutto dell’esperienza della cooperativa socia-le nell’approccio allo svantaggio e quindi, per quanto riguarda la formazione, nella scelta dell’approccio più efficace all’apprendimento (es. tramite l’utilizzo di docenti ad hoc – come già detto meglio se sono gli stessi educatori che poi operano con i destinatari della formazione - oppure con tempistiche differen-ziate, anche per gestire operativamente gruppi omogenei di destinatari)

• Contenuti. Maggiormente legati allo specifico contesto e attività, ridotti i con-tenuti relativi alle norme, previsioni legislative e sanzionatorie, enfasi sull’ac-quisizione di comportamenti corretti, anche semplici (es. indossare guanti, scarpe, utilizzare in modo corretto le attrezzature). Per quanto riguarda i con-tenuti della formazione specifica, più che citare i riferimenti normativi o fare riferimento a casistiche astratte, è fondamentale collegare quanto più possibile le informazioni alle effettive attività svolte, alle modalità organizzative della impresa, ai ruoli e agli ambienti di riferimento.

• Durata. La durata può essere variabile, e modulata secondo le caratteristiche dei partecipanti, valutando il grado di comprensione, prevedendo adeguate pause ecc.

• Quando la formazione? La normativa prevede la realizzazione della forma-zione anzitutto al momento della assunzione. Quando si tratta di lavoratori affetti da disabilità (in particolare psichica od intellettiva) al momento di in-gresso nella cooperativa, viene spesso svolto un momento di accoglienza dove

21 Una cooperativa romagnola pota la propria esperienza di inserimento di disabili psichici. La cooperativa ha prima organizzato una formazione molto approfondita sugli operatori che vengono percepiti come “modelli” dai lavoratori svantaggiati e poi ha messo in atto attività formative differenziate che hanno convogliato i lavoratori con disagio meno grave nei per-corsi “normali” con affiancamento da parte degli operatori “modello” e qualche accorgimento durante la formazione (pause più frequenti, ad esempio). Mentre per i lavoratori con disagio più grave si preferisce una formazione più vicina all’addestramento e modulata, nel tempo e nei contenuti, anche su un periodo molto ampio.

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il lavoratore svantaggiato viene introdotto nell’ ambiente (relazionale e lavo-rativo) della cooperativa. Una prima fase viene quindi destinata a mettere il nuovo lavoratore a conoscenza dei meccanismi della cooperativa, del suo essere socio, all’illustrazione del lavoro, dell’organizzazione dello stesso e del suo funzionamento da parte di personale interno alla cooperativa. Avreb-be senso di integrare le tematiche della sicurezza con la spiegazione circa le modalità di svolgimento del lavoro e della cooperativa, senza aspettare un momento separato (prima o dopo l’accoglienza) in cui un’altra persona (formatore con le caratteristiche previste dall’accordo) affronti le tematiche della sicurezza, che verrebbero così percepite come “cosa a parte” rispetto alla attività lavorativa.

• Documentazione. È fondamentale, soprattutto laddove le attività si “discosta-no” da quelle previste dalla norma per essere adattate alle esigenze dei singoli, mettere in piedi un’attività di tracciabilità delle azioni, un intensivo coordi-namento con la committenza, la predisposizione di strumenti di verifica e di controllo.

• Proposta di valutazione22. Il lavoro di valutazione sia essa Valutazione ex ante, Valutazione in itinere e Valutazione ex post si avvale, nella maggioran-za dei casi, di formulari con indicatori o scale di misura. Gli indicatori sono numeri sintetici che misurano, ma non spiegano. Perché un indicatore abbia valore deve essere legato al contesto in cui è misurato. In relazione all’espe-rienza riportata in nota, e per la tipologia di lavoratori delle cooperative B e A+B, appare maggiormente efficace la Valutazione osservante partecipata. L’osservazione sul campo è proponibile per valutare servizi o interventi a dimensione collettiva. È praticata nella valutazione di: case protette per an-ziani, centri diurni per portatori di handicap, case famiglia per adolescenti problematici, centri educativi estivi per i ragazzi, centri di aggregazione per adolescenti ecc […]. Pensiamo a tutti i casi di utenti che per limiti fisici o psicologici o di età, sono impossibilitati ad esprimere informazioni e giudi-zi compiuti e comprensibili23. La Valutazione osservante partecipata non si affida al libero arbitrio o soggettività dell’osservante, ma parte da una griglia di valutazione “a larghe maglie” precedentemente predisposta che, impara-ta mentalmente dall’”osservante” coglie aspetti in just-in-time, colloca gli eventi in un contesto e ne dà una lettura, coglie pressioni, momenti di crisi, progressi e regressioni. Tale valutazione trascritta offre una più esaustiva pa-noramica dei fenomeni osservati. Le potenzialità e flessibilità di questa me-todologia valutativa appare particolarmente adatta alle cooperative di tipo B

22 Una cooperativa di tipo A+B oggetto della ricerca, che svolge lavorazioni del verde, ha ri-portato questa testimonianza. Nel corso di un intervento, l’operatore-educatore ha colto un momento di difficoltà-conflittualità e tensione. L’operatore ha fermato il gruppo di lavoro, concedendo una pausa. Successivamente ha cercato di individuare con il gruppo le cause e le modalità per cui è nato il problema. Il problema è stato successivamente analizzato in azienda attraverso un seminario formativo per individuare le eventuali soluzioni.

23 Altieri L. (2009), Valutazione e partecipazione. Metodologia per una ricerca interattiva e negozia-le, F. Angeli, Milano, p. 332.

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e A+B in quanto consente di: · analizzare i comportamenti non verbali dei soggetti studiati; · osservare l’evento quando accade; · esaminare i soggetti per lunghi periodi di tempo (a differenza di quanto ac-

cade per gli esperimenti di laboratorio e le interviste) e, quindi, stabilire se determinanti comportamenti siano frutto di un’abitudine o della casualità;

· verificare ipotesi riguardanti il rapporto tra atteggiamenti e comportamenti; · validare altre tecniche di rilevazione (i risultati di questionari, test o altro)24.

Programmazione e individuazione delle modalità formative per disabili fisici, psichici ed intellettivi

Esempio di scheda operativa

Quando? Quando viene realizzata la formazione?

• analizzare i comportamenti non verbali dei soggetti studiati;• osservare l’evento in cui accade;• esaminare i soggetti per lunghi periodi di tempo (a differenza di quanto accade per gli

esperimenti di laboratorio e le interviste) e, quindi, stabilire se determinanti comporta-menti siano frutto di un’abitudine o della casualità;

• verificare ipotesi riguardanti il rapporto tra atteggiamenti e comportamenti

come? come viene erogata o realizzata la formazione?

• analizzare i comportamenti non verbali dei soggetti studiati;• osservare l’evento in cui accade;• esaminare i soggetti per lunghi periodi di tempo (a differenza di quanto accade per gli

esperimenti di laboratorio e le interviste) e, quindi, stabilire se determinanti comporta-menti siano frutto di un’abitudine o della casualità;

• verificare ipotesi riguardanti il rapporto tra atteggiamenti e comportamenti

da chi? da chi è erogata la formazione?

• analizzare i comportamenti non verbali dei soggetti studiati;• osservare l’evento in cui accade;• esaminare i soggetti per lunghi periodi di tempo (a differenza di quanto accade per gli

esperimenti di laboratorio e le interviste) e, quindi, stabilire se determinanti comporta-menti siano frutto di un’abitudine o della casualità;

• verificare ipotesi riguardanti il rapporto tra atteggiamenti e comportamenti

24 Ivi, p.335.

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miSure Sintetiche finali

Sapere

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Saper fare

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Saper eSSere

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Tale scheda può essere usata sia in itinere che ex-post.

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Capitolo 5. Valutazione dei rischi per gli operatori addetti all’assistenza domiciliare

5.1. Servizi di assistenza domiciliare

I servizi di assistenza domiciliare sono estremamente diffusi tra le cooperative so-ciali di tipo A che li svolgono in regime di appalto o accreditamento.

Utenza tipo• Anziani non autosufficienti • Disabili• Malati• Minori

Principali tipologie di attività riconducili a tale macro-categoria• Per quanto riguarda le persone svantaggiate (anziani non autosufficienti, di-

sabili, malati), le attività di assistenza domiciliare sono per lo più di carattere sanitario o parasanitario oppure relativi alla pulizia ed igienizzazione, igiene e cura della persona: · servizi di tipo infermieristico (es. Cicli di iniezioni, flebo, clistere, clismi

evacuativi, medicazioni semplici, medicazioni post operatorie integre, me-dicazioni piaghe da decubito, medicazioni complesse, cateterismi vescicali, prelievo di sangue, raccolta urine o feci, somministrazione terapie e dei far-maci, misurazione parametri vitali, bendaggi arti inferiori ecc.);

· servizi di tipo fisioterapico (es. Riabilitazione ortopedica, post chirurgica, rieducazione posturale linfodrenaggio manuale, massoterapia, elettrotera-pia, Ionoforesi, Tens, Correnti dinamiche, Ultrasuoni ecc.);

· servizi di accudimento, sorveglianza (movimentazione, assistenza al ba-gno settimanale, igiene personale di soggetti allettati o parzialmente non autosufficienti, prevenzione e medicazione piaghe da decubito, prestazioni

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fisioterapiche e infermieristiche);• Per quanto riguarda i minori, l’assistenza domiciliare si identifica, in base all’a-

nalisi delle attività delle cooperative sopra rilevata in Emilia Romagna, in atti-vità di baby sitting o attività di tipo ricreativo/educativo e di custodia.

5.2. Modalità di intervento

La programmazione, realizzazione e gestione dei servizi di assistenza domiciliare, anche a seconda della tipologia di utenza cui sono rivolti, possono essere svolti in modo autonomo dalla cooperativa (il che comporta un finanziamento di tipo pri-vato) oppure in base alla esternalizzazione di servizi da parte di enti pubblici (sulla base di appalti, convenzioni e concessioni), in base a specifici standard. Le modalità di intervento che l’assistenza domiciliare può assumere sono diversifi-cate: può essere occasionale anche di solo una o due ore una sola volta, o collegata ad una emergenza; può essere invece programmata per gli interventi persona-lizzati per un periodo determinato fino al raggiungimento di obiettivi prefissati. Il servizio di assistenza a domicilio può anche essere continuativo per un lungo periodo secondo le necessità dell’assistito e della famiglia.

5.3. Principali contesti lavorativi di riferimento: abitazioni degli utenti e principali rischi

Per quanto riguarda lo svolgimento di attività di assistenza domiciliare, risulta fon-damentale considerare, prima di analizzare le principali tipologie di rischio, il luo-go in cui questi incidenti possono avvenire: ossia le abitazioni di privati cittadini. Ciò comporta ripercussioni, sia in ottica di prevenzione e protezione dei lavoratori da rischi collegati allo svolgimento delle loro mansioni, che di garanzia di qualità del servizio erogato. Le figure coinvolte nella gestione del servizio sono in genere tre: l’utente, il committente pubblico e il personale della cooperativa. I rischi a cui possono essere sottoposti i lavoratori delle cooperative sociali che erogano le proprie prestazioni all’interno di domicili privati sono, da una parte, riconducibili a quelli tipici del personale sanitario, socio-sanitario ed infermieri-stico, dall’altra al fatto che la mansione viene svolta in ambiente che, a differen-za di strutture preposte alla cura e alla degenza, può non essere “attrezzato” sia strutturalmente che- spesso- strumentalmente per lo svolgimento delle attività di assistenza, trattandosi, appunto, di domicili privati. Bisogna inoltre considerare che l’operatore si può trovare, nell’arco di una giornata lavorativa, a fronteggiare ambienti diversi, tanti quanti sono i domicili in cui opera. Le problematiche che emergono, dal punto di vista della salute e sicurezza, sono quindi molteplici e collegati alle seguenti questioni.

• Identificazione delle responsabilità e ruoli nella valutazione dei rischi per la sa-lute e sicurezza e delle misure preventive e protettive (proprietari del domicilio, cooperativa sociale, ente pubblico che esternalizza il servizio).

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Per quanto riguarda il personale ASA, ad esempio, la valutazione relativa alla si-curezza e salute del domicilio, è normalmente contenuta in una scheda di osserva-zione, compilata dal coordinatore (firmata anche dall’operatore) durante la visita preliminare con l’assistente sociale o l’operatore di riferimento dell’ente pubblico committente. L’analisi dei rischi è tuttavia limitata alla presenza di eventuali barrie-re architettoniche e allo stato dei servizi igienici. Tale procedura tende ad assegnare l’individuazione di ulteriori rischi eventualmente presenti nell’ambiente di lavoro all’operatore” e comporta numerosi punti deboli sia nella predisposizione di misure preventive e protettive, sia nella individuazione delle responsabilità in caso di in-fortunio o insorgenza di malattie professionali25.

• Identificazione del/i soggetto/i su cui grava la responsabilità di implementazione delle misure necessarie a garantire un adeguato livello di sicurezza.

La problematica non è di poco conto, dal momento che spesso le abitazioni private non presentano caratteristiche strutturali tali da poter garantire un servizio di qua-lità e allo stesso tempo non lesivo della sicurezza o salute dell’operatore (impianti non a norma, ambienti fatiscenti, distanza tra il paziente allettato e i servizi igie-nici, mancanza di spazio per sollevatori meccanici , vie di fuga insufficienti, ecc). La predisposizione di misure preventive e protettive è strettamente collegata alla realizzazione di interventi (più o meno invasivi) da svolgere all’interno del domi-cilio. Se la famiglia o l’utente stesso non sono in grado di realizzare gli interventi necessari, dovrebbe essere l’ente committente a provvedervi, con le conseguenti problematiche di tipo economico, temporale e burocratico. In altri casi, è possibile che le famiglie o l’utente stesso non acconsentano alla realizzazione degli interventi necessari.

• Comportamenti da tenere in caso si rilevi un pericolo per la salute e la sicurezza dell’operatore e dell’assistito.

Seppur presenti procedure di segnalazione dei rischi che l’operatore può eventual-mente riscontrare nelle abitazioni in cui opera, in mancanza ( o impossibilità) di intervento tempestivo, l’operatore (e la cooperativa sociale cui fa riferimento) si trova nella difficile situazione di dover scegliere se proseguire la propria attività o interromperla, qualora il rischio sia da considerarsi imminente o portare danno grave, o laddove non si è intervenuti a sanare una situazione rischiosa, troppo a lungo tollerata. Alla difficile scelta si aggiunga anche che, qualora l’operatore della cooperativa sociale che opera “in vece” dell’ente committente stia fornendo pre-stazioni socio-sanitarie vitali all’utenza classificabili come “pubblico servizio”, si profila anche la possibilità di accusa di interruzione di pubblico o di pubblica necessità.

25 Seminario A tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro in ambito socio-sanitario, educativo e assistenziale, seminario che si è tenuto l’11 novembre 2010 a Torino e che è stato organizzato da ARCA, DROM e INFORCOOP e finanziato dal Fondo Interprofessionale FONCO-OP.

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La gestione della sicurezza e della salute all’interno delle attività svolte nei domicili privati è un tema particolarmente sentito da tutti i testimoni intervistati e dalle cooperative sociali coinvolte nel corso del progetto. Vediamo le principali tematiche emerse a proposito. • I lavoratori delle cooperative che operano presso i domicili degli utenti spesso

non sono tutelati perché detti domicili non sono considerati come luoghi di lavoro, pur essendo spesso fonte di pericolo.

• Come detto precedentemente, sono tre i soggetti coinvolti nelle attività svolte presso i domicili privati: la cooperativa, in qualità di fornitore del servizio, il privato che necessità del servizio e l’ente pubblico che definisce le modalità di attuazione del servizio. Al fine di gestire in sicurezza le attività, le interviste mettono in luce come procedure e modalità organizzative efficaci (anche non formalizzate) possano essere utili nell’affrontare le problematiche presenti nelle abitazioni private in particolare per quanto riguarda le attrezzature. Ad un sopralluogo iniziale da parte della cooperativa presso le abitazioni segue la definizione delle criticità rilevate in base alle necessità dell’utente e all’ambiente. Nel caso in cui venga rilevata la necessità di ausili non presenti o non adeguati, si contatta l’assistente sociale prima dell’avvio delle attività. Non sempre tuttavia l’amministrazione interviene o interviene in modo tempestivo a risolvere il problema. In questo caso la presenza di procedure organizzative interne, nonché una completa e specifica formazione degli operatori e dei preposti possono essere le soluzioni ad eventuali situazioni di rischio, in quanto l’operatore in difficoltà può contare su una struttura che può intervenire a supportarlo.

• Nel fornire servizi di assistenza domiciliare, l’operatore si trova ad avere a che fare con ambienti diversi nel corso di una stessa giornata lavorativa. I rischi riguardano, oltre a quelli specifici legati alle attività con utenti non auto-sufficienti (manipolazione, movimentazione carichi), le caratteristiche della abitazione stessa o la mancanza di attrezzature e strumenti adeguati (per mancanza di spazio, perché la famiglia non li vuole in casa, perché l’ASL o il comune non hanno fondi per adeguare le abitazioni ai requisiti di sicurezza). In questi casi, la cooperativa può procedere a richiedere alla famiglia lo spostamento dell’assistito all’interno di strutture residenziali per garantire maggiore benessere all’assistito stesso e all’operatore, ma non sempre tale ipotesi viene accettata dalla famiglia.

• Le camere delle persone allettate non sono quasi mai dotate di lavandino e quindi per lavare le persone gli operatori sono costretti a spostarle in bagno che non sempre è vicino alla camera da letto; questo comporta numerosi rischi sia per l’operatore che per l’utente. La soluzione sarebbe quindi quella di portare un lavandino nella stanza da letto ma a volte è la famiglia che rifiuta o non ha la possibilità tecnica od economica per farlo. Tale situazione si collega anche alle problematiche legate al tempo a disposizione per svolgere le attività previste.

• Nel caso di infortunio all’interno del domicilio privato, risulta sempre difficile capire di chi sia la responsabilità che alla fine risulta quasi sempre attribuita alla cooperativa, impressione confermata dall’analisi dei dati. Si tratta quindi di definire le responsabilità tra cooperativa, PA e USL in modo che l’abitazione sia

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adeguata, (anche perché, al contempo, l’operatore della cooperativa che opera all’interno di una abitazione privata non a norma, come abbiamo visto non potrebbe rifiutarsi di recarvisi perché ciò si configurerebbe come interruzione di servizio pubblico. Sono state segnalate alcune iniziative territoriali ( Parma) in cui le parti sociali hanno provato (purtroppo senza successo) a trovare un accordo a livello locale che individuasse nella assistente sociale la figura di riferimento e di responsabilità in questo processo (essendo l’assistente a definire che il paziente necessita di cure domiciliari e di che tipo).

5.4. Proposta di procedura operativa

Scheda valutazione dei rischi per gli operatori addetti all’assistenza domiciliare

Per la realizzazione di un servizio per l’erogazione a domicilio di prestazioni

in qualità di

in qualità di

in qualità di

Attività oggetto di appalto

PSanitarie e socio-assistenziali

PDi natura medica

PInfermieristica

PRiabilitativa e di recupero psico-fisico

PAltro

Premesso che

Il domicilio del paziente è sempre più spesso un “luogo di lavoro” per l’operatore sanitario e in quanto tale può presentare una serie di fattori di rischio per la salute e per la sicurezza, si introduce la seguente metodologia. Valutazione dei rischi, con elaborazione di modelli valutativi inerente i rischi lavo-rativi cui sono esposti gli operatori afferenti al servizio dell’assistenza domiciliare

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Informazioni utili per caratterizzare l’assistenza domiciliare (Breve descrizione dell’organizzazione delle attività utile per l’esatta individuazione dei potenziali rischi)

Valutazione dei rischi predisponendo degli strumenti di rilevazione degli stessi.(Es. rischio da movimentazione manuale dei carichi e dei pazienti. Es. rischio bio-logico, fisico da vibrazioni meccaniche, chimico e trasversale. Es. rischio da movi-mentazione manuale dei carichi e dei pazienti).

Elementi di rischio al domicilio del paziente (Descrizione delle caratteristiche strutturali dell’ambiente domiciliare e le attività svolte dagli operatori. Es. impianti utenze/scale/spigoli/passaggi/microclima/con-dizioni igieniche/manutenzioni generali).

Valutazione della percezione del rischio da parte degli stessi operatori sanitari(Es. di struttura/sanitario)

Informazioni aggiuntive finali

Prescrizioni

Luogo e data

Firma delle parti presenti, sopra identificate

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Capitolo 6. Possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale, clausole contrattuali e possibili integrazioni delle stesse

6.1. Rimando a clausole contrattuali e possibili integrazioni delle stesse

Come sopra ribadito, data la particolarità delle attività svolte dalle cooperative so-ciali, un modello di gestione della sicurezza non potrà produrre i risultati sperati, anche se perfettamente funzionante, se non si ottiene una partecipazione attiva e una stretta collaborazione con la committenza. Talvolta questo è possibile, come emerso dalla indagine sul campo, in altri casi no. Per rendere omogeneo il com-portamento della committenza, è necessario intervenire a livello contrattualistico, attraverso la predisposizione di clausole che, data la specificità delle attività, ga-rantiscano una fattiva collaborazione della committenza (in particolare approfon-dendo la valutazione dei rischi da interferenza e, di conseguenza, la definizione di misure preventive e protettive basate su reciprochi impegni e responsabilità). L’adozione, all’interno della cooperativa sociale di modalità di analisi e gestione dei rischi volte al miglioramento continuo, tramite la predisposizione di un sistema integrato, a più livelli (anche solo relativamente a specifiche attività o per fronteg-giare situazioni lavorative particolarmente rischiose) mette la cooperativa e i suoi operatori nella situazione di:

• improntare le proprie azioni al miglioramento continuo, tramite un approccio partecipato dal più ampio numero di soggetti aziendali;

• identificare, in modo pronto ed efficace, i potenziali rischi associati a gruppi omogenei di lavoratori e situazioni lavorative;

• identificare gli altri soggetti potenzialmente esposti e comunque implicati nel-la gestione del rischio (specie nei casi in cui siano presenti soggetti terzi e/o

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nel caso in cui i lavoratori della cooperativa sociale operino all’interno dell’or-ganizzazione di un altro datore di lavoro- es. committente);

• elaborare programmi per il raggiungimento di obiettivi, e definire di conse-guenza priorità, tempi e metodi, nonché prassi e procedure adeguate ed effi-caci al raggiungimento degli obiettivi e alla gestione di specifiche situazioni;

• conoscere e partecipare alla gestione della sicurezza e salute;• avviare azioni correttive e preventive;• mettere in atto procedure di documentazione, monitoraggio, valutazione ai

fini del miglioramento continuo e dell’adeguatezza delle misure preventive/protettive.

Il raggiungimento di tale consapevolezza organizzativa è da riferirsi anche alle si-tuazioni in cui gli operatori della cooperativa operino, in affidamento, all’interno dell’organizzazione di altro datore di lavoro e rappresentano sicuramente non solo una garanzia per il committente ma anche un punto di riferimento per entrambi gli enti dal momento che, necessariamente, il contratto di appalto e del servizio in affidamento, prevede modalità di collaborazione tra committente e cooperativa. Con riferimento all’importanza dello strumento contrattuale con cui il commit-tente e l’esecutore del servizio regolamentano il loro rapporto, pare opportuna una breve ma importante precisazione. Il contratto, in questo caso quello di appalto, rappresenta un forte elemento di legalità dal momento che evidenzia in modo ob-bligatorio e vincolante i seguenti aspetti giuridici:

• Volontà effettiva delle parti• Responsabilità contrattuali• Effettività delle posizioni di tutela giuridica• Garanzie prevenzionistiche di metodo e di risultato atteso• Incentivo alla programmazione ed al controllo• Prova a posteriori in giudizio/ adeguatezza di comportamenti

Di conseguenza, la redazione di un contratto ben formulato è fondamentale nell’at-tribuzione di compiti ed obblighi prevenzionistici, secondo l’effettiva e ponderata volontà delle parti.A ciò si aggiunga che lo svolgimento dell’attività in appalto comporta, di norma, che i lavoratori operino fuori della sede del proprio datore di lavoro, rendendo la propria prestazione in contesti lavorativi organizzati dal committente. Questa situazione, come è evidente dalla vincolatività della normativa prevenzionistica, è considerata di per sé pericolosa essendo il lavoratore al di fuori della sfera di pre-venzione direttamente riferita al proprio datore di lavoro.Partendo da una schematica evidenziazione dei tipici elementi contrattuali di un appalto, si concentrerà successivamente l’analisi sulle clausole relative alla sicurez-za dei lavoratori, con i necessari adeguamenti relativi al settore della cooperazione sociale di cui si tratta.

Cenni sul modello contrattuale di appalto -art.1655 c.c.

L’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi

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necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’ opera o di un ser-vizio verso un corrispettivo in danaro.

• Parti contrattuali• Oggetto• Tariffe• Decorrenza e durata• Obblighi delle parti• Clausola di sicurezza lavoro art. 26 D. Lgs. 81/2008• Clausole risolutive• Allegati:

1. DUVRI2. Evidenziazione delle spese per la sicurezza (anche integrate in DUVRI)

6.2. Altri ambiti

Dalla ricerca documentale e sul campo, nonché dal coinvolgimento diretto delle cooperative sociali di tipo A) e B), sono emerse altre problematiche riconducibili alla necessità di aggiornare/adeguare clausole contrattuali che regolino in modo più efficace le modalità di coordinamento e gestione della sicurezza tra coopera-tiva e committente, laddove i lavoratori della cooperativa operino all’interno del luogo di lavoro della committenza.

6.3. DUVRI

Dall’analisi di alcuni DUVRI allegati alle Convenzioni o contratti sottoscritti tra PA e cooperative sociali, si possono individuare alcuni punti comuni:

• individuazione delle aree di lavoro dove verranno svolte le attività oggetto dell’appalto o convenzione ;

• descrizione delle singole fasi di lavoro;• indicazione dei rischi specifici presenti nelle varie fasi di lavoro;• indicazione dei rischi convenzionali dovuti agli impianti presenti nelle varie

fasi di lavoro.

In base a tali informazioni, vengono in genere identificate: • le misure preventive e protettive;• i costi della sicurezza;• le modalità di coordinamento tra committente e cooperativa aggiudicataria.

Nel caso in cui il DUVRI si riferisca ad una convenzione o ad un appalto già affidati, si aggiunge:

• la revisione del DUVRI;

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• verbali di sopralluogo.

Le problematiche emerse nel corso della ricerca, per quanto riguarda la redazione e la gestione delle modalità di coordinamento conseguente alla valutazione dei rischi da interferenza, sono, in generale, le seguenti:

• talvolta la valutazione dei rischi da interferenza è standardizzata e non tiene conto delle specificità di contesto e delle caratteristiche dei lavoratori (anche in risposta all’art. 28 del TU, che impone al datore di lavoro di effettuare la valutazione dei rischi tenendo conto anche dei rischi psico-sociali – collegati alle interferenze di attività- e dei rischi connessi alle differenze di genere, età, nazionalità);

• in alcuni casi, non esiste una effettiva e tempestiva collaborazione nella gestio-ne dei rischi interferenziali da parte della committenza;

• in alcuni casi, non sono chiaramente definiti gli obblighi e le responsabilità reciproche tra committente e cooperativa;

• in alcuni casi, l’ambiente di lavoro in cui svolgono le attività gli operatori della cooperativa sociale non è di proprietà della committenza ma di un ente terzo, il che complica ulteriormente la definizione delle responsabilità;

• la definizione dei rischi da interferenza, specie all’interno di affidamenti che prevedono l’impiego di lavoratori svantaggiati non tiene normalmente conto delle caratteristiche e delle necessità degli stessi, specie se disabili fisici, psichi-ci ed intellettivi ma anche di altre tipologie per cui l’organizzazione del lavoro richiede adattamenti specifici (tempi di lavoro, modalità operative) e che in-fluiscono sul contesto di lavoro.

6.4. Analisi di clausole specifiche in un contratto di appalto-tipo

Premessa l’importanza del contratto come elemento di legalità ed evidenziati gli elementi caratterizzanti il negozio giuridico dell’appalto, si passa, pertanto, all’ana-lisi delle specifiche clausole relative alla sicurezza dei lavoratori con due particolari obiettivi:

• calare tali specifiche clausole nel contesto dell’operatività delle cooperative so-ciali A e B;

• contaminare le disposizioni relative alla sicurezza dell’appalto in generale, con gli elementi innovativi introdotti dal DM 13 aprile 2011, al comparto delle coo-perative sociali.

All’interno di uno schema “tipo” di contratto di appalto, che verrà di seguito ana-lizzato, è sempre da verificarsi l’esistenza della clausola relativa alla sicurezza dei lavoratori richiesta dall’art.26 del TU. Di seguito si riporta l’integrale e vigente disposizione di legge.

Art. 26. Obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di

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somministrazione

(articolo così modificato dall’art. 16 del D. Lgs. n. 106 del 2009)1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all’im-

presa appaltatrice o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro au-tonomo:a. verifica, con le modalità previste dal decreto di cui all’articolo 6, comma

8, lettera g), l’idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori, ai servizi e alle forniture da affidare in appalto o mediante contratto d’opera o di somministra-zione. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo che precede, la verifica è eseguita attraverso le seguenti modalità: · acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio,

industria e artigianato; · acquisizione dell’autocertificazione dell’impresa appaltatrice o dei la-

voratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneità tecnico pro-fessionale, ai sensi dell’articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione ammi-nistrativa, di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445;

b. fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.

2. Nell’ipotesi di cui al comma 1, i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori:a. cooperano all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai

rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto;b. coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui

sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse impre-se coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva.

3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordina-mento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è pos-sibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze. Tale documento è allegato al contratto di appalto o di opera e va adeguato in funzione dell’evoluzione dei lavori, servizi e forniture. Ai contratti stipulati anteriormente al 25 ago-sto 2007 ed ancora in corso alla data del 31 dicembre 2008, il documento di cui al precedente periodo deve essere allegato entro tale ultima data. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi. Nel campo di applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, e suc-cessive modificazioni, tale documento è redatto, ai fini dell’affidamento del contratto, dal soggetto titolare del potere decisionale e di spesa relativo alla

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gestione dello specifico appalto.3 bis Ferme restando le disposizioni di cui ai commi 1 e 2, l’obbligo di cui al com-

ma 3 non si applica ai servizi di natura intellettuale, alle mere forniture di materiali o attrezzature, nonché ai lavori o servizi la cui durata non sia su-periore ai due giorni, sempre che essi non comportino rischi derivanti dalla presenza di agenti cancerogeni, biologici, atmosfere esplosive o dalla pre-senza dei rischi particolari di cui all’allegato XI.

3 ter Nei casi in cui il contratto sia affidato dai soggetti di cui all’articolo 3, com-ma 34, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o in tutti i casi in cui il datore di lavoro non coincide con il committente, il soggetto che affida il contratto redige il documento di valutazione dei rischi da interferenze recante una valutazione ricognitiva dei rischi standard relativi alla tipologia della prestazione che potrebbero potenzialmente derivare dall’esecuzione del contratto. Il soggetto presso il quale deve essere eseguito il contratto, prima dell’inizio dell’esecuzione, integra il predetto documento riferendolo ai rischi specifici da interferenza presenti nei luoghi in cui verrà espletato l’appalto; l’integrazione, sottoscritta per accettazione dall’esecutore, integra gli atti contrattuali.

4. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previ-denziali e assicurativi, l’imprenditore committente risponde in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall’appaltatore o dal subappalta-tore, non risulti indennizzato ad opera dell’Istituto nazionale per l’assicura-zione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) o dell’Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA). Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.

5. Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione, anche qualora in essere al momento della data di entrata in vigore del presente decreto, di cui agli articoli 1559, ad esclusione dei contratti di sommini-strazione di beni e servizi essenziali, 1655, 1656 e 1677 del codice civile, devono essere specificamente indicati a pena di nullità ai sensi dell’articolo 1418 del codice civile i costi delle misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze delle lavorazioni. I costi di cui primo periodo non sono soggetti a ribasso. Con riferimento ai contratti di cui al precedente periodo stipulati prima del 25 agosto 2007 i costi della sicurezza del lavoro devono essere indicati entro il 31 dicembre 2008, qualora gli stessi contratti siano ancora in corso a tale data. A tali dati possono accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

6. Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anoma-lia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici,

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di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indica-to e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. Ai fini del presente comma il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in re-lazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione.

7. Per quanto non diversamente disposto dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, come da ultimo modificate dall’articolo 8, comma 1, della leg-ge 3 agosto 2007, n. 123, trovano applicazione in materia di appalti pubblici le disposizioni del presente decreto.

8. Nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, il personale occupato dall’impresa appaltatrice o subappaltatrice deve es-sere munito di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro.

Di immediata evidenza, sul piano giuridico e temporale, vi è certamente l’obbligo per il datore di lavoro committente di valutare l’idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici.In fase di esecuzione dell’appalto, è invece obbligo fondamentale che le parti (coo-perativa sociale e committente):

a. cooperino all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi b. coordinino gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono

esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze.

Stante la forte presenza in ogni settore di servizio e produzione, va da sé che la cooperativa sociale debba possedere schemi d’azione “collaudati”.

6.5. Scheda rappresentativa del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale

Superando lo standard legislativo rappresentato dal documento di iscrizione dell’appaltatore alla CCIAA e all’inconcludente autocertificazione di essere in pos-sesso dei citati requisiti, si consiglia ad ogni cooperativa di crearsi una propria scheda identificativa in cui vengono evidenziati, già in sede precontrattuale e di trattativa, il possesso dei requisiti di cui si tratta.Non si deve temere di fare di più e meglio della prescrizione minima e sterile pro-

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posta dal Testo Unico. Punto di riferimento analogico sarà il contenuto dell’allega-to XVII del TU Sicurezza, il quale prescrive requisiti di idoneità molto più rigorosi alle imprese attive nel campo dell’edilizia e delle infrastrutture. Ogni elemento in più, rispetto a quelli minimi richiesti, evidenzia un carattere di affidabilità della cooperativa assegnataria dell’appalto.Di seguito, pertanto, a titolo esemplificativo, si riportano i contenuti di una possibile scheda rappresentativa del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale.

Esempio di creazione di un profilo aziendale che identifichi l’idoneità tecnico professionale della cooperativa sociale ai sensi dell’art. 26 del D. Lgs. 81/2008

• nominativo del soggetto o i nominativi dei soggetti dell’impresa, con le speci-fiche mansioni, incaricati per l’assolvimento dei compiti del Datore di Lavoro e delle funzioni relative alla sicurezza;

Evidenziare che:• gli educatori, i tutors, i capi squadra ed i preposti in generale hanno una

particolare formazione per gestire e monitore le situazioni lavorative a tutela dei lavoratori svantaggiati loro affidati;

• l’RSPP ha conoscenze tecniche relative all’appalto ed alle caratteristiche dei lavoratori svantaggiati;

• iscrizione alla camera di commercio, industria ed artigianato con oggetto sociale inerente alla tipologia dell’appalto; (Nota: allegare la visura camerale o CCIAA);

• documento di valutazione dei rischi di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a) del D. Lgs. 81/2008 (Nota: allegare versione integrale/scheda/estratto);

• possesso di tutte le licenze, concessioni, autorizzazioni ed altri provvedimen-ti amministrativi necessari per la legittima prestazione dell’attività di servizi e certificazioni inerenti l’appalto in oggetto (es.: autorizzazioni, iscrizioni ad albi, ecc.);

• organigramma aziendale/funzionigramma;• documento unico di regolarità contributiva (DURC);• (Nota: allegare DURC in corso di validità)• specifica documentazione attestante la conformità alle disposizioni di cui al D.

Lgs. 81/2008 di macchine, attrezzature e opere provvisionali;• elenco dei dispositivi di protezione individuali forniti ai lavoratori;• nomina del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, degli in-

caricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincen-dio, di evacuazione, di primo soccorso e gestione dell’emergenza, del Medico Competente quando necessario. In specifico: · RSPP; · Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza; · Medico Competente; · Addetti alla gestione emergenze e antincendio; · Addetti al primo soccorso.

• attestati inerenti la formazione delle suddette figure e dei lavoratori prevista dal D. Lgs. 81/2008;

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Anche con particolari approfondimenti relativi allo svantaggio dei lavoratori della cooperativa sociale di tipo B.Nota: allegare la copia degli attestati dei corsi effettuati per:

· RSPP; · Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza se eletto all’interno dell’im-

presa; · Primo soccorso e aggiornamenti; · Gestione emergenze e aggiornamenti (Antincendio)

• elenco dei lavoratori risultanti dal libro unico del lavoro;• affermazione che tutti i lavoratori: sono coperti da assicurazione INAIL e INPS;

posizioni n° […] e n°[…] sono in regola con i versamenti contributivi; sono in possesso di capacità professionali adeguate in base ai lavori dati a loro da svolgere; sono stati informati e formati (tramite opuscoli, incontri in aula e sul posto di lavoro e secondo quanto previsto dagli artt. 36 e 37 del D. Lgs. 81/2008 e s.m.i., nonché del DM 13 aprile 2011) sui rischi specifici delle loro attività; sono dotati di tutti i Dispositivi di Protezione Individuale inerenti alla propria tipologia di lavoro; sono sottoposti a tutti i controlli sanitari, tramite visite mediche, a seconda del rischio specifico a cui ogni lavoratore è esposto;

il tutto con metodologie che facilitino l’acquisizione di conoscenze per particolari tipologie di lavoratori.• dotazione di copertura Assicurativa di Responsabilità Civile verso TerziIl DUVRI terrà conto della presenza di lavoratori svantaggiati adeguandosi alla si-tuazione e l’appaltatore potrà consigliare gli accorgimenti più efficaci. Nelle coope-rative di tipo A vengono prospettate anche buone pratiche dettate dall’esperienza.

La proposta contrattuale della cooperativa, pertanto, potrà comprendere la scheda composta con gli elementi da selezionare tra quelli sopra evidenziati.Naturalmente, le buone prassi per referenziare la cooperativa valgono anche nel settore delle cooperative tipo A.Resta inteso che un committente poco propenso allo svolgimento dell’appalto in si-curezza e con obiettivi minimali sarà poco interessato a questo supplemento di in-formazioni, magari non sapendo di essere esposto alla così detta culpa in eligendo, nel caso in cui un appaltatore, giudicato inidoneo sul piano tecnico professionale, cagioni lesioni personali, omicidi colposi o danni nello svolgimento dell’attività.Nell’esperienza di tutti i giorni, emerge che la presentazione delle proprie creden-ziali, in ordine all’esecuzione dell’appalto, possono costituire un primo elemento di selezione tra aziende candidate. A questo proposito, trattandosi di cooperative sociali, ciascuna azienda potrà valutare se e come introdurre valorizzandolo, l’ele-mento dell’inserimento lavorativo di lavoratori svantaggiati. Ad esempio, se nella formazione si seguono determinate metodologie, se nell’organizzazione del lavoro risultano particolari accorgimenti a rafforzamento delle tutele (minime) di legge. Dunque, anche in questo caso, occorre valutare la personalizzazione del proprio profilo di adeguatezza aziendale, avvalendosi anche delle specificità di cui al DM 13 aprile 2011. Nel caso in cui si tratti di una cooperativa sociale di tipo A si potrà evidenziare

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che, nei servizi domiciliari, previo accesso al servizio convenuto, verranno attuate particolari metodiche per svolgere il servizio in maniera ottimale (ad esempio, se trattasi di appartamento, l’adozione di un decalogo per la sicurezza domestica di operatori ed assistiti).Esauriti gli approfondimenti di una buona pratica importante qual’ è l’adozione della scheda con cui la cooperativa descrive le proprie caratteristiche e, dunque, la propria idoneità tecnico professionale, si analizza un contratto di appalto generico, ossia valevole per l’esecuzione di servizi in generale, nel quale verranno appro-fondite le tematiche relative alla personalizzazione delle clausole di sicurezza del lavoro, soprattutto alla luce di buone pratiche in atto presso la cooperazione sociale e del contesto normativo introdotto, per il settore, dal DM 13 aprile 2011.

6.6. Analisi di un contratto di appalto generico valevole per l’esecuzione di servizi

Contratto di appalto di servizi

Tra

[Nome azienda] con sede legale in […] (Prov.), via[…], n. […], Codice Fiscale e n. iscrizione al R.I: […], Partita IVA […] iscritta al n. […] del R.E.A., nella persona del sig. […] in qualità di Presidente C.d.A. (di seguito denominata, per brevità, “Committente”),

e

La Cooperativa Sociale […] Soc.Coop., con sede legale Via […], n.[…] – ( Prov.)Codice Fiscale e n. iscrizione al R. I.: […], P.Iva. n. […], iscritta al R.E.A. al n. […], iscritta all’Albo nazionale delle Cooperative n. A […], nella persona del sig […], in qualità di Legale rappresentante (di seguito denomi-nata, per brevità, “Appaltatore”)

Premesso

• che il committente è una società attiva nel settore della produzione industriale di […];

• che è, altresì, interesse del committente affidare le attività di[…] ad un’impresa che svolga il servizio con efficienza nel settore della gestione […],

• che l’appaltatore, avendone dato prova, è dotato dell’organizzazione aziendale idonea per poter rendere la prestazione di servizio di cui all’oggetto del presen-te contratto, con le modalità ivi convenute;

quanto sopra premesso, le parti convengono e stipulano quanto segue.

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Si può citare l’esistenza della scheda relativa all’idoneità tecnico professionale sopra descritta e trattata nell’art. 9, p.3, del presente contratto.1. Premesse ed allegati1.1. Le premesse e gli allegati costituiscono parte integrante ed essenziale del pre-sente accordo.

2. Oggetto del contratto 2.1. Prestazioni di servizio. Il committente affida all’appaltatore, che accetta, la ge-stione delle attività di […] nonché quelle ad essa preliminari e complementari. Tale attività, in particolare, si articola nelle operazioni di seguito descritte: […]

Per meglio evidenziare le aree di esclusivo intervento della cooperativa nella ge-stione delle attività di […] sopra evidenziate, si allega speciale planimetria (alle-gato n.[…]) a far parte integrante del presente contratto e riprodotta in apposito espositore nei locali aziendali dove avviene la produzione.Nel caso in cui i luoghi di lavoro siano adeguati per la presenza di lavoratori svan-taggiati, si potranno evidenziare sulla mappa anche i particolari approntamenti messi in atto da cooperative sociali anche di tipo A.

3. Modalità di svolgimento del servizio • Il servizio sarà svolto dall’Appaltatore con propria organizzazione di impresa,

a proprio rischio, in piena autonomia tecnica ed organizzativa e con personale idoneo.

• Per l’esecuzione del servizio l’Appaltatore nominerà un proprio referente re-sponsabile cui potrà rivolgersi il Committente per ogni necessità riguardante l’esecuzione del servizio.

• L’Appaltatore risponderà delle negligenze, nonché delle azioni colpose o dolo-se del personale preposto.

• Per l’esecuzione dei servizi appaltati, verranno utilizzati strumenti di proprietà o comunque organizzati dall’Appaltatore. Trattasi di […]

Possibile evidenziazione di pratiche colte dal DM 13 aprile 2011, quali compiti spe-cifici del referente, utilizzo particolare di strumenti ed attrezzature oltre che altre e diverse modalità di esecuzione.

4. Obblighi particolari del committenteAl fine di consentire all’Appaltatore l’organizzazione dei mezzi e delle risorse uma-ne per lo svolgimento dell’attività oggetto del presente contratto, il Committente si impegna ad approntare e comunicare all’Appaltatore con cadenza …. [es. set-timanale], “un piano di lavoro” contenente il fabbisogno di massima, riferito alle esigenze di […].In ogni caso, il Committente si impegna a comunicare tempestivamente all’Appal-tatore tutte le variazioni del citato piano, dovute a specifiche esigenze sopravvenute.

5.Livelli di servizio Il rispetto dei tempi della gestione del […] è essenziale per l’attività del Committente.Le parti concordano che le prestazioni di cui al presente contratto rispetteranno i

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parametri previsti nell’allegato.6. Luogo di esecuzioneLe attività dedotte nel presente contratto verranno svolte dall’Appaltatore presso […] (es. ed il laboratorio industriale del committente siti a…., in Via ….. n…...Nello specifico, l’area in cui l’appaltatore svolgerà le attività sopra descritte, sarà quella del […] (es. e del laboratorio industriale) evidenziata dalla planimetria de-scritta nel documento unico di valutazione dei rischi interferenti (DUVRI), allegato a far parte integrante il presente contratto (allegato 1). Qui si può indicare l’esistenza di particolari adattamenti logistici o di lavorazione per soggetti svantaggiati o per recepire buone prassi da parte delle cooperative in generale. Il punto è ampio e si presta ad inserimenti di varia natura e portata.

7. DECORRENZA E DURATAIl presente contratto decorre dalla data di sottoscrizione posta in calce al presente documento e scadrà in data …. e si intende tacitamente rinnovato, salvo disdetta per iscritto di una delle parti con almeno tre mesi di anticipo.

8. CORRISPETTIVOIl corrispettivo del servizio di cui al presente contratto è definito secondo una ta-riffa da aggiornare ogni anno, a far data dalla stipula del presente contratto e viene riportato in un documento a parte (allegato n. […]), ma ad integrazione della presente scrittura privata e verrà corrisposto dal committente all’appaltatore del servizio, secondo le condizioni descritte nel citato allegato.

9. OBBLIGHI PARTICOLARI DELL’APPALTATORE9.1. L’Appaltatore si impegna a rilasciare al Committente una dichiarazione scritta attestante che il personale impiegato nel servizio, in forza all’Appaltatore medesi-mo, è regolarmente iscritto al libro unico del lavoro LUL e assicurato ai fini previ-denziali ed assistenziali, con specifica indicazione del numero di posizione INPS e INAIL, con la possibilità di riscontro, una tantum annuale, su specifici nominativi operanti nei luoghi oggetto del presente appalto.9.2. L’Appaltatore dichiara di esercitare la propria attività in conformità alle dispo-sizioni di legge per l’esercizio dell’attività di […]. 9.3. Per la dimostrazione della propria idoneità tecnico-professionale, l’Appaltatore fornisce al Committente la documentazione utile a tale fine. In particolare, verrà fornito il certificato di iscrizione alla CCIAA, nonché autocertificazione dell’impresa appaltatrice circa il possesso dei requisiti di idoneità tecnico-professionale.Vengono previsti i documenti strettamente richiesti per legge. Se esiste altro, è bene aggiungerlo, citando la scheda consigliata relativa all’idoneità tecnico professionale che riporta, ad esempio, certificazioni qualità/sicurezza possedute, formazione, fi-gure aziendali della sicurezza, ecc.9.4. (eventuale): L’Appaltatore consegna al Committente l’elenco del personale cui verrà affidato lo svolgimento dell’attività dedotta nel presente contratto, con tem-pestiva comunicazione di eventuali intervenute sostituzioni]9.5. L’Appaltatore provvede in modo continuativo per tutta la durata del presente contratto, allo svolgimento delle attività dedotte nell’oggetto del presente contrat-to, mediante l’impiego della propria organizzazione di impresa e, in particolare,

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di mezzi e di proprio personale in numero congruo per il corretto svolgimento dell’attività oggetto dell’appalto. In ogni caso, l’Appaltatore si impegna a garantire la continuità e la qualità dei servizi richiesti dalla Committente ed oggetto del pre-sente contratto.Qualora di interesse, si possono citare buone metodiche introdotte in conformità con il DM 13 aprile 2011.9.6. L’Appaltatore, nello svolgimento delle attività dedotte nell’oggetto contrattuale, si obbliga a prestare la migliore diligenza nel rispettare e far rispettare le regole ge-nerali inerenti lo svolgimento del servizio, oltre che le specifiche istruzioni impar-tite o quelle che, di volta in volta , dovessero rendersi necessarie. In considerazione di detto impegno, l’Appaltatore sarà libero di determinare modalità e termini di esecuzione di tutte le attività che ritenesse utili o necessarie al raggiungimento del miglior risultato finale.9.7 L’Appaltatore sarà tenuto a risarcire, in caso di accertata sua responsabilità, i danni derivati al Committente in ragione del deterioramento, distruzione, sottra-zione o smarrimento delle merci e delle strumentazioni allo stesso eventualmente affidate per lo svolgimento dei servizi.La quantificazione del danno accertato sarà determinata in base al valore commer-ciale del bene al momento dell’evento.L’Appaltatore sarà, altresì, tenuto a risarcire alla committente e/o a terzi eventuali danni provocati a persone o cose, durante lo svolgimento dei servizi, con partico-lare riferimento all’immobile, agli impianti o alle attrezzature.L’Appaltatore si impegna a manlevare e a tenere indenne la Committente da qual-siasi pretesa di risarcimento, di qualunque natura e da chiunque avanzata, nei con-fronti della medesima per i danni di cui sopra. 9.8. L’Appaltatore fornirà al Committente l’elenco del personale che, in ragione e nello svolgimento dei servizi, dovrà accedere all’immobile. A ciascun lavoratore dovrà essere consegnato dall’Appaltatore un apposito tesserino di riconoscimento, indispensabile per l’accesso all’immobile.L’Appaltatore si impegna a tenere costantemente aggiornato detto elenco, comuni-cando tempestivamente al committente ogni variazione del medesimo.

10. SALUTE E SICUREZZA DEI LAVORATORI Questa è la parte del contratto in cui aggiungere con giusta collocazione i possibili correttivi e le particolari modalità per un migliore svolgimento dell’appalto in con-dizioni di sicurezza.10.1. In conformità a quanto stabilito dal decreto legislativo n° 81/2008 e successive modificazioni ed integrazioni, il Committente consegna all’Appaltatore che opera all’interno della propria azienda, la seguente documentazione, allegandola a far parte integrante del presente contratto:Documento unico di valutazione dei rischi da interferenze (DUVRI) presenti in azienda, in cui sono indicate, tra le altre disposizioni, le misure adottate per evitare i rischi da interferenze tra Committente ed appaltatore e/o con altri appaltatori. Il DUVRI, in particolare, è stato redatto all’esito di un sopralluogo alla presenza delle parti, opportunamente verbalizzato, in cui si evidenziate le migliori opportunità per ottenere un risultato prevenzionistico sulle interferenze tra lavoratori di diffe-

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renti aziende. Per quanto il DUVRI sia un obbligo del Committente, la sua effettività è rafforzata da un sopralluogo alla presenza delle parti con verbalizzazione di situazioni/com-piti/condizioni/opportunità del DM 13 aprile 2011. Quindi, saranno da implementa-re anche le metodiche che hanno arricchito il contenuto del documento.Il piano di emergenza e di evacuazione va opportunamente adattato alle condizioni dei lavoratori presenti nel luogo di lavoro.10.2. Le parti coordinano gli interventi di prevenzione e protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori informandosi reciprocamente, anche ai fini di eliminare i rischi dovuti ad eventuali interferenze tra i lavoratori delle diverse imprese. Il Committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui sopra;Naturalmente, l’informativa reciproca coinvolge anche i contenuti del DM 13 aprile 2011 e le differenti metodologie utilizzate dalle cooperative sociali. Anche in questo caso, la reale valutazione delle necessità può essere sostenuta da un verbale condi-viso tra le parti, anche ai fini probatori.10.3. Il documento unico di valutazione dei rischi da interferenze (DUVRI), che è parte integrante del presente contratto (allegato […]), dovrà essere preso in visio-ne dall’Appaltatore prima di intraprendere l’attività di cui all’oggetto. Prima dell’i-nizio dei lavori, inoltre, l’Appaltatore dovrà procedere ad un sopralluogo nei luoghi in cui avverrà lo svolgimento dell’attività convenuta, al fine di verificare i rischi presenti e le eventuali interferenze onde provvedere alla redazione di un verbale congiunto, sottoscritto da entrambe le parti ad integrazione del presente contratto (allegato […]). Il DUVRI verrà adeguato in funzione dell’evoluzione dei servizi da fornire.Poiché il DUVRI è un work in progress aderente all’esecuzione dell’appalto nel tem-po, è suscettibile di revisioni a seguito di verifica circa la permanenza delle condi-zioni di sicurezza e di eventuali cambiamenti riguardanti l’esecuzione dell’appalto. Tali cambiamenti sono naturalmente riferibili anche alle implicazioni derivanti dall’essere cooperativa sociale. Il divenire contrattuale riguarda il come si lavora, quando, con chi, in quali condizioni. È, ad esempio, possibile prevedere steps di revisione alle condizioni da convenire.10.4. In merito i costi relativi alla sicurezza di cui all’art. 26 punto 5 D. Lgs. 81/2008 come successivamente integrato e modificato, le parti si danno atto di aver previsto in apposito allegato (allegato […]), facente parte integrante della presente scrittura privata, di aver preso in considerazione ed evidenziato le spese inerenti le misure da adottare per la sicurezza dei lavori derivanti da interferenza.10.5 Qualora sul verbale di sopralluogo, da intendersi anch’esso parte integrante del presente contratto, (allegato […]) vengano evidenziate ulteriori interferenze o ri-schi, i costi degli accorgimenti da attuare convenuti fra le parti, saranno evidenziati sul verbale stesso e riconosciuti all’Impresa appaltatrice.È un punto critico degli appalti: il Committente, in genere, pretende ma non vuol spendere, l’esecutore richiede il riconoscimento delle spese per la gestione dell’ap-palto in sicurezza. Anche in questo caso, la migliore metodica sarebbe quella di condividere e verbalizzare le adeguate esigenze di spesa per lo svolgimento dell’at-tività in sicurezza, riconoscendo auspicabilmente anche ciò che copre le spese per le azioni svolte in ambito DM 13 aprile 2011.

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11. AssicurazioneL’Appaltatore, alla data di decorrenza del presente contratto, dovrà dimostrare, in-viandone copia al committente, di aver stipulato con una primaria compagnia di assicurazioni un’adeguata polizza avente ad oggetto la responsabilità civile per dan-ni a cose e persone, riguardo a terzi che al committente, per responsabilità compro-vata della cooperativa, il cui massimale risulti non inferiore a € ….000.000.

12. RiservatezzaL’appaltatore riconosce la natura strettamente riservata della documentazione e delle informazioni ricevute nel corso dell’esecuzione del presente contratto e si im-pegna a non renderle note, sia nel corso dello svolgimento del presente contratto che successivamente. L’Appaltatore, si impegna, pertanto, ad adottare ogni misura utile ad assicurare l’osservanza degli obblighi di cui ai precedenti commi da parte dei propri lavoratori e di altri soggetti di cui eventualmente si avvalga.

13. ControversieQualora durante lo svolgimento dell’attività di cui al presente contratto dovessero insorgere contestazioni in ordine alle modalità di esecuzione da parte di ciascuno dei contraenti, ne verrà data comunicazione per iscritto al responsabile aziendale per la gestione del contratto di servizi, promuovendo un incontro per la più rapida soluzione della problematica. In tale sede, verrà stabilito un congruo termine per ripristinare il corretto adempimento.

14. RisoluzioneIl Committente potrà risolvere il presente contratto, ai sensi dell’art. 1456 del codice civile, nel caso in cui l’Appaltatore non rispetti, in specifico, i seguenti punti di cui alla presente scrittura privata:punto 9.1., in ordine alla regolarità del personale in servizio;punto 11. circa l’obbligo di assicurazione;punto 12. sull’obbligo di riservatezza.

15. Foro competente Per ogni controversia inerente la risoluzione del presente contratto, sarà esclusiva-mente competente il Foro di […].

16. Rinvio Per quanto non previsto nel presente contratto si rimanda alle disposizioni del co-dice civile in materia di appalto.

17. AllegatiCompongono il presente contratto, facendone parte integrante, i seguenti allegati:

• Planimetria dello stabilimento con evidenziazione aree assegnate all’attività di […]

• Documento unico di valutazione dei rischi da interferenza elaborato dal com-mittente + verbale congiunto relativo al sopralluogo del luogo di lavoro ed ai costi della sicurezza

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• Tariffa concordata per il servizio appaltato con evidenziazione oneri per la sicurezza

Luogo e data […]

Il Committente […]

L’Appaltatore […]

Ai sensi e per gli effetti di cui all’art 1341 del C.C., dichiaro di approvare espressa-mente le sotto riportate clausole di cui ai seguenti punti:punto 7 (decorrenza e durata); punto 9 (obblighi particolari dell’appaltatore); pun-to 11 (assicurazione); punto 12 (riservatezza); punto 14 (risoluzione).

Il Committente […]

L’Appaltatore […]

Allegato planimetria dello stabilimento con evidenziazione aree assegnata all’attività di movimentazione merci e magazzino

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6.7. Documento unico di valutazione dei rischi di cui all’art.26 TUS (allegato 1)

Questo è il campo dove provvedere ad integrare quanto di interesse per la coopera-tiva sociale secondo quanto commentato punto per punto nel corpo del contratto sopra riportato.

Finalità del documento

Il presente documento ha come finalità, secondo il disposto dell’art. 26 del D. Lgs. 81/2008 di :

• fornire alle imprese appaltatrici informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare;

• valutare il rischio derivante da possibili interferenze tra le attività della/e im-presa/e appaltatrice/i e della Committente e le relative misure di prevenzione e protezione;

• fornire alle imprese appaltatrici informazioni sui comportamenti da adottare in caso di emergenza.

Luoghi di lavoro interessatiLe informazioni e le procedure contenute nel presente documento di valutazione sono riferite ai luoghi di esecuzione dell’appalto per conto del Committente […], così come di seguito evidenziati: […]Si confronti anche la planimetria di seguito riportata

Planimetria

RiferimentiIl presente documento tiene conto ed è coordinato con quanto segue:• D. Lgs. 81/2008 e successive modifiche e integrazioni.• Documento di valutazione dei rischi (DVR).• Piano di emergenza.• Informativa sui rischi o piano operativo della sicurezza delle Aziende Appal-

tatrici e /o subappaltatrici.

Oggetto dell’appaltoL’oggetto dell’appalto convenuto nel contratto sottoscritto in data […], consiste: […]

lavorazione impreSa area di intervento

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Tabella riepilogativa delle attività

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isure

di si

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attività 1

attività 2

attività n.

Ai sensi dell’art. 26 del D. Lgs. 81/2008:• il personale occupato dall’impresa appaltatrice deve essere munito di ap-

posita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le ge-neralità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro.

poSSiBili pericoli miSure di prevenzione vS . comportamento di Sicurezzalavorazioni con-temporanee preSSo l’azienda

all’interno dell’azienda possono operare più imprese con contratti d’appalto spe-cifici. il nostro personale si occupa già del coordinamento delle varie attività ed è a vostra disposizione per qualunque osser-vazione o chiarimento.

non è consentito interagire con i cantieri di non propria competenza, se non di volta in volta espressamente autorizzati dal nostro personale addetto.

mezzi di traSporto all’interno dell’area comune possono operare mezzi di trasporto merci (auto-carri per effettuare operazioni di carico/scarico, ...).

prestare molta attenzione agli eventuali mezzi in movimento in quanto sono possibili investimenti, urti e/o schiaccia-menti. nel caso di accesso con vostri mezzi mantenete una velocità a passo d’uomo e rispettate la segnaletica esposta, even-tualmente chiedete aiuto al nostro perso-nale in caso di manovre senza adeguata visibilità. tenere in moto i motori solo per il tempo strettamente necessario.

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materiali a terra Sono prestabilite apposite zone per lo stoccaggio dei vari materiali. tutte le im-prese esterne che hanno necessità di stoc-care loro materiali devono farsi assegnare le aree opportune. è vietato abbandonare materiali vari sui luoghi di lavoro.

prestare molta attenzione all’eventuale presenza di materiale a terra che potrebbe essere causa di inciampo e cadute, in tal caso è indispensabile delimitare opportu-namente l’area al fine di evitare l’accesso ai non addetti.

acceSSi, vie di cir-colazione, uScite di Sicurezza, vie di fuga

Sono individuati sulle planimetrie di emergenza, nonché esposti nelle specifi-che aree interne all’azienda.

è obbligatorio prendere visione delle pla-nimetrie di emergenza e rispettare quanto in esse riportato, nonché le specifiche segnalazioni esposte nelle aree interne all’azienda.

Superfici di lavoro e/o di tranSito

le superfici di lavoro potrebbero essere scivolose causa pulizie dei pavimenti. nor-malmente tali lavori sono terminati prima dell’orario di inizio lavori.

prestate molta attenzione e segnalateci immediatamente qualunque situazione di pericolo riscontrata.

altro…

6.8. Estratto del documento di valutazione dei rischi

Il presente documento é una sintesi della Valutazione dei Rischi che la ditta Com-mittente, ottemperando a quanto previsto dall’ art. 17 comma 1 lettera a) e art. 28 D. Lgs. 81/2008 , ha elaborato in ottemperanza al decreto stesso.Di seguito si presenta la struttura organizzativa dell’Azienda.Dati generali dell’Azienda: […]

datore di lavoro :

reSponSaBile del Servizio di prevenzione e protezione

rappreSentante dei lavoratori per la Sicurezza

SQuadra di emergenza incendi, evacuazione e pronto SoccorSo

Informazioni di carattere generaleSi riportano alcuni dati esemplificativi di riferimento utili per una corretta infor-mazione sui rischi.Lo stabile è disposto su […] piani tipo, un piano interrato con garage, archivi ed impianti tecnologici.All’interno dello stabile è presente un impianto automatico di rilevazione fumi, un impianto controllo accessi ai piani e alla porta di entrata principale, ecc.

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EmergenzaIl punto di raduno per eventuali situazioni di emergenza è previsto all’esterno dello stabile, presso […]Lo scopo della presente sezione è quello di fornire al personale esterno presente all’interno dell’azienda, le informazioni necessarie e le norme di comportamento da osservare nei casi di emergenza.Per Emergenza si intende qualsiasi situazione anomala che ha provocato, sta pro-vocando, potrebbe provocare danno.Le principali cause potrebbero, ad esempio, essere cagionate da: incendio, esplosio-ne, infortunio, malore, mancanza di energia elettrica.Introdurre le particolari esigenze dettate dalla natura di cooperativa sociale anche alla luce del DM 13 aprile 2011

poSSiBili pericoli miSure di prevenzione vS . comportamento di Sicurezzaincendio ed evacua-zione

la struttura è adeguata a fronteggiare il rischio incendio, sia come mezzi, che come personale addetto. è istituita la squadra di emergenza ed i componenti della stessa hanno avuto adeguato addestramento. Si informa tuttavia che a fronte di un evento grave, il numero di chiamata per l’emer-genza incendi è 115 vigili del fuoco.

per prendere la linea esterna con i nostri telefoni è sufficiente alzare la cornetta e comporre il numero 0.

in caso di necessità, avvisate, se non già in allarme, il dipendente a voi più vici-no che saprà come comportarsi in base alle procedure aziendali: voi dovrete abbandonare immediatamente i locali e raggiungere all’esterno il punto di ra-duno indicato sulla planimetria esposta (presso es. al piano terra).

è severamente vietato fumare all’interno dello stabile

altro…..

ResponsabilitàIl presente documento sarà parte integrante del contratto e dovrà essere da Voi visionato prima di intraprendere l’attività.Vi invitiamo inoltre ad effettuare, prima dell’inizio dei lavori, un sopralluogo co-noscitivo all’interno del nostro immobile, al fine di valutare i rischi presenti e chie-dere eventuali chiarimenti relativi al materiale a Voi fornito.Al riguardo Vi preghiamo di contattare il nostro referente interno Sig. […]

e in caso di necessità specifiche e dell’eventuale non presenza del referente interno, Vi preghiamo di contattare […]

Gestione interferenzeLa valutazione dei rischi sopra riportata ha lo scopo di definire le misure da adot-tare anche al fine di eliminare le interferenze conseguenti alla gestione del presente appalto.

Nella scheda che segue, viene rappresentata la valutazione dei rischi interferenti.

Qualora in sede di sopralluogo vengano evidenziate ulteriori interferenze, gli ac-

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corgimenti da adottare, convenuti fra le parti, saranno evidenziati sul verbale di sopralluogo allegato al presente documento.Qualora durante l’esecuzione dell’appalto vengano comunque riscontrate interfe-renze e/o pericoli relativi alla attività da Voi svolta, l’appaltatrice deve interrom-pere l’attività stessa e riferire contestualmente al nostro referente interno ciò che è stato riscontrato.

6.9 Tariffe concordate per il servizio appaltato (allegato 2)

L’importo dei servizi in appalto comprensivi dei costi della sicurezza ammonta a

lavori – descrizione tariffa €

Indicativo• I costi per la sicurezza sono la risultanza:

1. del piano delle misure di sicurezza che l’Appaltatore ha predisposto, dopo il sopralluogo negli ambienti di lavoro

2. dei rischi interferenti presenti negli ambienti di competenza del datore di lavoro Committente (DLC) nei quali si svolge l’appalto quali: isolamento passaggi, segregazione di aree, predisposizione di uno specifico piano an-tincendio.

• l’Appaltatore con la sottoscrizione del presente documento, facente parte in-tegrante del contratto di appalto datato […], dichiara che i costi per la sicu-rezza di cui al punto 2., che precede, risultano remunerativi ed adeguati sia per quelli scaturenti dalla propria attività, sia per quelli presenti sui luoghi di competenza del DLC e tali da garantire la sicurezza dei propri lavoratori, di quelli del DLC, nonché di soggetti terzi.

• Sono da ricomprendere anche spese relative alla sicurezza scaturenti dalla na-tura di cooperativa sociale nello svolgimento dell’appalto, ricordando che le metodiche ammesse dal DM 13 aprile 2011sono perlopiù portatrici di costi da evidenziare

Luogo e data

Il Committente

L’Appaltatore

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6.10. Verbale congiunto relativo al sopralluogo ed ai costi della sicurezza (allegato 3)

Verbale di sopralluogo

In relazione al contrattotra il Committente e la ditta Appaltatrice che ha per oggettoi sottoscritti:per il Committente: Sige per la ditta Appaltatrice: Sig.

dichiarano :• di aver eseguito in data […] un sopralluogo (ai sensi dell’art. 26 del D. Lgs.

81/2008 e successive integrazioni e modificazioni), sui luoghi di lavoro dove si dovranno svolgere gli interventi, al fine di verificare i rischi esistenti;

• di aver valutato e discusso il documento “Valutazione dei rischi ai sensi dell’art. 26 del D. Lgs. 81/2008 ”, fornito dalla ditta;

• di aver riscontrato gli ulteriori pericoli e/o rischi seguenti:1. 2.

• In tal caso occorre attivare le seguenti misure di prevenzione/protezione:1. 1.

• e le seguenti disposizione di comportamento:1. 2.

La ditta Appaltatrice si dovrà rivolgere al Committente ogni volta che ritenga ne-cessario verificare eventuali situazioni di potenziale Rischio, che siano collegabili con l’attività del Committente stesso, previa adozione da parte sua di ogni oppor-tuna cautela e misura di prevenzione e protezione.

Ulteriori osservazioni ritenute utili da parte della ditta Appaltatrice:

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(per il Committente) (per la ditta Appaltatrice)

Spett.le[…]

Oggetto : posizione assicurativa nostri soci dipendenti

La […] con sede in […], in via […] n. […], nella persona del Legale Rappresen-tante Sig. […] iscritta alla Camera di Commercio di Bologna n. […] è intestataria delle seguenti posizioni assicurative: INAIL Posizione assicurativa n. […] 0c.c. pat: […] pat. […] INPS […], Registro Imprese di Bologna N. […], Albo Nazionale delle Cooperative: […]

comunica

che il personale a voi inviato, è qualificato ed è regolarmente assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato o determinato, rispettando il contratto collettivo nazionale di lavoro del[…]ed assicurato a norma di legge.Sarà cura della Coop. […] fare osservare scrupolosamente al proprio personale tutte le norme imposte dalle normative, nonché dai verbali allegati inerente il pre-sente lavoro appaltato

I dati dei nostri soci /dipendenti dislocati temporaneamente presso il Vostro stabi-limento sono i seguenti :

nome cognome n. matricola

data assunzione

inail ditta inps ditta ccnl

del ________

del ________

Sempre a Vostra disposizione, Distintamente salutiamo.p. la Cooperativa, Il Presidente […]

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Raccomandazioni relative alle attività di formazione per le cooperative sociali

1. Adempimento degli obblighi formativi: da obbligo a opportunità

Anche se la formazione non fosse un obbligo il datore di lavoro o comunque l’orga-nizzatore delle attività deve poter contare su maestranze istruite.I saperi dei lavoratori sono indispensabili per l’effettuazione del lavoro, anche la più semplice delle operazioni ha infatti bisogno di un minimo di competenza.Nell’affrontare un compito ineludibile (si tratta di un obbligo stabilito da una nor-ma cogente) l’imprenditore può dunque cogliere l’opportunità di istruire i lavora-tori.Le attuali disposizioni normative con la pubblicazione degli Accordi Stato-Regioni del dicembre 2011 stabiliscono per la formazione dei lavoratori:

• la durata minima; • i contenuti;• la tipologia dei docenti;• l’aggiornamento.

Questo adempimento è quindi ora indirizzato in percorsi predeterminati, che il datore di lavoro deve rispettare. L’attività di informazione e formazione era, prima dell’Accordo Stato-Regioni, valutata e scelta dal datore che stabiliva durata, con-tenuti e modalità, passando attraverso la raccomandazione degli aggettivi “suf-ficiente ed adeguata” contenuti nell’art. 37 del D. Lgs. 81/2008 a proposito della formazione.Il decreto del 13 aprile 2011 non consente certo di aggirare o di derogare all’obbligo formativo ma di “programmare e realizzare le attività di formazione compatibil-mente con lo stato soggettivo dei lavoratori con handicap intellettivo e psichico ecc.” Nei paragrafi successivi analizzeremo ipotesi di processi formativi distinguendo fra le cooperative che impiegano lavoratori con disabilità psichiche e quelle che occupano lavoratori con disagi di tipo sociale.Restano ferme le definizioni che il suddetto decreto riporta all’art 1 “Definizioni”:

a cura di Marina AttiEsperta formazione sicurezza del lavoro

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a. «organizzazione di volontariato della protezione civile» (qui non pertinente);b. «formazione»: processo educativo attraverso il quale trasferire conoscenze e pro-

cedure utili all’acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza delle attività operative, all’identificazione e alla eliminazione, o, ove impossibile, alla riduzione e alla gestione dei rischi;

c. «informazione»: complesso di attività dirette a fornire conoscenze utili all’iden-tificazione, alla eliminazione, o, ove impossibile, alla riduzione e alla gestione dei rischi nello svolgimento delle attività operative;

d. «addestramento»: complesso di attività dirette a far apprendere l’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, dispositivi, anche di protezione individuale, nonché le misure e le procedure di intervento.

e. «controllo sanitario» (qui non pertinente).

Queste definizioni (pressoché simili a quelle del D. Lgs. 81/2008) riconducono ine-luttabilmente al lavoro e alla correttezza della sua esecuzione, stabilendo in modo inequivocabile che non è possibile tenere separati i due momenti: sicurezza e la-voro. Attraverso la triade formazione-informazione- addestramento il lavoratore impara l’unico modo di lavorare correttamente e cioè in sicurezza.

2. La formazione per i lavoratori con disabilità psichiche

Primo Levi nel suo libro “La chiave a stella” afferma: “Se si escludono istanti prodi-giosi e singoli che il destino ci può donare, l’amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra: ma questa è una verità che non molti conoscono”.Molti lavoratori con disabilità psichiche conoscono questa verità. Amano il loro lavoro, non vogliono rinunciarci. Si riconoscono nella cooperativa e nei compagni di lavoro; il Presidente e gli educatori sono figure autorevoli. Le istruzioni imparti-te riguardanti il lavoro sono quindi parte essenziale dell’attività e vengono accettate come regole.

Organizzazione degli interventi formativi.La formazione per la prevenzione degli infortuni può essere organizzata con mo-menti dedicati ed effettuati con la modalità classica del corso. I lavoratori sono quindi chiamati a partecipare ed invitati ad ascoltare ed intervenire.

Raccomandazioni• Durata. La durata deve essere proporzionata alla capacità di attenzione dei

partecipanti. Poiché non esiste lo standard del lavoratore con disabilità psi-chiche, occorre adattare la lezione alla soglia di attenzione più bassa. Si pre-vedono quindi moduli della durata massima di un’ora e mezzo, da ripetersi a distanza di giorni o settimane, in ragione dei contenuti programmati. I ritmi dell’intervento non devono essere incalzanti né rigidamente dettati dalla sca-letta del programma.

• Contenuti. Cercando di rispettare le indicazioni dell’Accordo Stato-Regioni

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i moduli previsti sono: · Parte generale. Tenendo conto di quanto sia concretamente percepita la

gerarchia aziendale (Presidenza, assistenti, educatori nel ruolo di gui-da-capo) è possibile illustrare in modo sintetico l’esistenza di norme (D. Lgs. 81/2008) che prevedono responsabilità maggiori nei livelli apicali.

· Ribadire che le persone che quotidianamente organizzano il loro lavoro e la loro partecipazione alle attività della cooperativa possono essere sotto-poste a sanzioni induce ad acquisire la consapevolezza dell’importanza del proprio comportamento.

· Il comportamento del lavoratore che rispetti le norme di sicurezza è quin-di cruciale importanza per il buon andamento della cooperativa e la sere-nità di tutti.

· Rischi specifici. Le regole per lavorare in sicurezza possono essere ripassate esemplificando le fasi lavorative. Ogni fase quindi viene ricordata ed illu-strata secondo i canoni della sicurezza e cioè: procedure e D.P.I.

• Suddivisione in gruppi: la parte generale può essere rivolta a tutti, senza di-stinzione di settori di attività. I messaggi informativi sui ruoli e le responsabi-lità riguardano infatti tutta la cooperativa e hanno maggiore impatto se espo-sti in plenaria. Il numero dei partecipanti dovrebbe però essere sensibilmente inferiore a 35 (numero massimo indicato dall’Accordo Stato-Regioni) affinché l’incontro abbia efficacia e si riduca il rischio della dispersione.

• Tecniche didattiche. Il linguaggio comprensibile è un requisito di tutta l’atti-vità formativa, senza eccezioni. I termini utilizzati saranno quindi quelli ricor-renti nel linguaggio comune e dunque da tutti compresi e condivisi. Il ricorso ad esempi relativi alle attività svolte in cooperativa è indispensabile per man-tenere il contatto con i partecipanti e renderli partecipi degli argomenti trat-tati. Può essere utile proiettare filmati brevi ed efficaci tratti dalla serie NAPO, distribuita dall’INAIL. Domande ed interventi vanno incoraggiati e ricondotti alle realtà della cooperativa.

• Docenti. Il docente esterno è solitamente percepito come maggiormente au-torevole, ma non conosce, o conosce solo parzialmente, le caratteristiche del-la cooperativa. Può quindi essere utilizzato per la parte generale. Per i rischi specifici invece è opportuno che l’intervento di istruzione sia effettuato da personale interno e cioè dagli assistenti/educatori che, per il D. Lgs. 81/2008, corrispondono alla figura del preposto. La loro esperienza e soprattutto la co-noscenza del lavoro e delle persone garantisce che gli inviti e le raccomanda-zioni a un comportamento di prevenzione possano essere efficaci. Facendo appello al Decreto del 13 aprile 2011 è auspicabile che il vincolo del docente accreditato, secondo le disposizioni del recente decreto ministeriale del 6 mar-zo scorso, possa essere superato. La continuità fra le disposizioni impartite durante il lavoro e quelle ribadite in sede di corso è un elemento fondamentale affinché gli atteggiamenti degli utenti–lavoratori si rafforzino e si mantengano nel tempo.

• Sistemi di verifica e di controllo. La verifica dell’apprendimento attraverso test a risposta multipla non ha una particolare utilità e per alcuni lavoratori utenti non è praticabile. Durante l’attività lavorativa sarà invece utile ripren-

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dere gli argomenti trattati in sede di corso, riconoscendo i comportamenti adeguati e correggendo quelli sbagliati. Questo momento è molto importante perché diventa un’occasione di gratificazione per chi è diligente e si presta a rispiegare le regole a chi invece ancora trascura la sicurezza.

• Momenti di coinvolgimento diretto. La prova di evacuazione è un’occasione speciale perché, oltre ad assolvere a un adempimento previsto dalla normati-va, consente di coinvolgere direttamente tutte le persone presenti. È un signi-ficativo momento di apprendimento pratico, dove i lavoratori-utenti spesso si emozionano, ma sperimentano che, in casi di emergenza, è necessario seguire le indicazioni degli assistenti e collaborare per favorire l’esodo in modo or-dinato. Ciascuno è protagonista. È utile precedere la prova da un incontro preparatorio in cui vengono ribadite le modalità della prova stessa e le ragioni per le quali si effettua. Il richiamo al comportamento attento di ciascuno è ne-cessario per la effettiva prevenzione degli incendi, specie negli ambienti dove il carico di incendio è elevato. Le esperienze (racconti, cronache) che ogni persona può portare servono per riaffermare che è indispensabile il compor-tamento di prevenzione da parte di ciascuno.

• Momenti di rinforzo. Il lavoro quotidiano può offrire occasione per indivi-duare episodi dove la misura di sicurezza è particolarmente utile. L’assistente, indossando sistematicamente i dispositivi di protezione individuali, può di-mostrare di aver terminato il lavoro non solo senza infortuni ma anche senza disagi. Per esempio, l’uso di occhiali di protezione consente di non aver fastidi agli occhi, nemmeno per la polvere. Quando il lavoratore–utente oppone resi-stenza all’uso di dispositivi di protezione individuale, come cuffie o mascheri-ne, è opportuno che venga richiamata la necessità di questa misura protettiva, sottolineando l’esigenza richiesta dalla tipologia del lavoro per la salvaguardia della salute. Può essere utile appellarsi anche all’importanza che ha il compor-tamento idoneo di ogni lavoratore per il buon andamento della cooperativa e per l’esclusione di sanzioni in capo alla Presidenza.

• Attestato. L’attestato previsto dall’Accordo Stato-Regioni del dicembre 2011 deve contenere una serie di dati fra cui la durata e la frequenza di almeno il 90% delle ore di formazione previste. Per i lavoratori-utenti è opportuno re-digere un attestato ad hoc, dove non saranno espressi i dati sopra indicati, ma verrà citata come normativa di riferimento anche il Decreto del 13 aprile 2011. Una breve descrizione dell’intervento formativo sostituirà durata e frequenza.Ogni lavoratore riceverà quindi il proprio attestato come riconoscimento in-dividuale della sua personale preparazione in tema di sicurezza. Anche se l’at-testato non ha in questo caso la funzione curriculare di credito formativo è un segno distintivo e tangibile che riconosce la dignità di lavoratore e lo gratifica.

3. La formazione per lavoratori con disagi di tipo sociale.

I lavoratori con disagio di tipo sociale molto spesso lavorano presso i clienti/com-mittenti della cooperativa. Le situazioni sono molto diversificate e i livelli di autonomia variano. Al lavoratore viene comunque richiesto di svolgere in modo soddisfacente la mansione che gli viene affidata. Il cliente/committente, ma anche il Presidente della cooperativa, in

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caso di lavori presso la sede, si aspettano risultati.Le attività quindi devono essere svolte bene e in sicurezza, pertanto l’intervento formativo per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali deve es-sere programmato con attività corsuali.

Raccomandazioni

• Durata. La durata complessiva va valutata in base al tipo di lavoro e alle co-noscenze pregresse dei lavoratori. Ogni modulo non può superare le 4 ore e deve prevedere degli intervalli. I ritmi dell’intervento devono conformarsi al gruppo dei discenti. La durata e i contenuti minimi previsti dall’Accordo Stato-Regioni sono la linea guida ma possono essere adattati alle circostanze.

• Contenuti. · Parte generale. Il tema delle responsabilità associate e proporzionate ai

ruoli, come prescritto dal D. Lgs. 81/2008, è l’occasione per ribadire la po-sizione del lavoratore: soggetto destinatario di diritti, ma anche di obbli-ghi. La sicurezza non è negoziabile.

· Il rispetto delle regole è il concetto basilare sul quale costruire il percorso formativo.

· Se il lavoratore ha un sentimento di appartenenza alla vita della cooperati-va sarà più agevole responsabilizzarlo circa l’importanza del suo comporta-mento. Le violazioni delle norme di sicurezza comportano difficoltà per la cooperativa nella figura del presidente come datore di lavoro e degli assistenti come preposti.

· Va ribadito che il comportamento inadempiente del lavoratore comporta l’attivazione di sanzioni.

· Rischi specifici. Si prendono in considerazione gli incarichi dei lavoratori e si esaminano i possibili rischi. Si indicano poi le conseguenti misure di sicurez-za e l’uso dei dispositivi di protezione individuale, ribadendo la tassatività di queste modalità di lavoro.

• Suddivisione in gruppi. La parte generale può essere rivolta a tutti, senza di-stinzione di settori di attività e di omogeneità relativa al tipo di disagio- svan-taggio. I messaggi informativi su ruoli e responsabilità riguardano infatti tutta la cooperativa e hanno maggiore impatto se esposti in plenaria. Il numero dei partecipanti dovrebbe però essere sensibilmente inferiore a 35 (numero massi-mo indicato dall’Accordo Stato-Regioni) affinché l’incontro abbia efficacia e si riduca il rischio di estraneamento.

• Tecniche didattiche. Il linguaggio comprensibile è un requisito di tutta l’at-tività formativa, senza eccezioni. I termini utilizzati saranno quindi quelli ri-correnti nel linguaggio comune e dunque da tutti compresi e condivisi. Vi possono essere disparità notevoli fra i partecipanti per istruzione scolastica ed esperienze pregresse. È molto comune anche la presenza di stranieri per i quali occorre accertarsi della comprensione della lingua italiana, come prescrive sia il D. Lgs. 81/2008 e l’Accordo Stato-Regioni relativo alla formazione dei lavora-tori. Può essere utile proiettare filmati brevi ed efficaci tratti dalla serie NAPO, distribuita dall’INAIL. I personaggi di questi filmati comunicano prescindendo dalla lingua e quindi possono essere compresi da tutti. Domande ed interventi

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devono essere gestiti mantenendo al centro il tema della sicurezza come bene dell’individuo e tutela della cooperativa.

• Docenti. Docenti interni ed esterni possono alternarsi in base al programma. Facendo appello al Decreto del 13 aprile 2011 è auspicabile che un docente interno, pur privo dei requisiti previsti dal recente decreto ministeriale del 6 marzo, possa ugualmente gestire gli incontri formativi.

• Sistemi di verifica e di controllo. La verifica dell’apprendimento attraverso test a risposta multipla può essere adottata soprattutto come momento di ri-passo (l’Accordo Stato-Regioni non prevede l’obbligo della valutazione dell’ap-prendimento per i lavoratori, per cui si tratta di una scelta discrezionale). Il datore di lavoro ( o il preposto) che si accorge del comportamento inadem-piente del lavoratore dovrà intervenire in modo fermo, modulando gli inter-venti caso per caso, ma comunicando in modo inequivocabile la necessità di un ravvedimento.

• Momenti di coinvolgimento diretto. La redazione di procedure può essere un modo efficace per rendere partecipe il lavoratore delle modalità con cui si devono svolgere le mansioni. La discussione e la successiva condivisione delle misure di sicurezza e dei dispositivi di protezione da adottare, in associazione alle fasi lavorative, consente un’appropriazione del procedimento per cui sa-ranno minori le tentazioni di trasgredire.

• Momenti di rinforzo. Il mancato infortunio è un episodio che si presta ad es-sere enfatizzato per ribadire l’irrinunciabilità delle misure di sicurezza. Il quasi incidente, come la caduta da una scala - fortuitamente senza danni alla perso-na - a causa di un comportamento imprudente, dimostra che la sistematicità del rispetto della procedura preserva da infortuni ed evita danni materiali.

• Attestato. L’attestato previsto dall’Accordo Stato-Regioni relativo alla forma-zione dei lavoratori deve contenere una serie di dati fra cui la durata e la fre-quenza di almeno il 90% delle ore di formazione previste. Se il numero di ore è stato raggiunto l’attestato può essere completo e costituire credito formativo.

Ogni lavoratore riceverà quindi il proprio attestato come riconoscimento indivi-duale della propria preparazione in tema di sicurezza.

4. Conclusioni

Il Decreto del 13 aprile 2011 dà una grande opportunità di utilizzare la formazio-ne come un formidabile strumento di promozione e di qualificazione del lavoro e quindi delle persone. Poter adattare l’attività formativa alle peculiarità di lavoratori speciali significa ave-re la possibilità di programmare percorsi educativi ad hoc e di adattare contenuti e modalità didattiche alle esigenze del gruppo e dell’individuo.Il comportamento corretto del lavoratore in tema di sicurezza è l’obiettivo di tutta la formazione, anche quando è riservata a lavoratori più o meno disabili o svan-taggiati.

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Appendice: Emilia Romagna e cooperazione sociale, quadro legislativo di riferimento

La Regione Emilia-Romagna ha stabilito le linee guida che regolano la propria politica nei confronti delle cooperative sociali mediante le leggi regionali n. 7/94 “Norme per la promozione e lo sviluppo della cooperazione sociale. Attuazione della legge 8 novembre 1991 n.381” e n. 6/97 “modifica della legge regionale n. 7/94”.

Principale normativa di riferimento a livello regionale in materia di cooperazione sociale:

Legge regionale n. 7/1994 “Norme per la promozione e lo sviluppo della co-operazione sociale. Attuazione della Legge 8 novembre 1991 n. 381” e succes-sive modifiche ed integrazioni (Legge regionale n. 6/1997, L.R. n. 3/1999, L.R n.38/2001, L.R n. 2/2003)

La legge regionale n.7/94:• istituisce l’albo delle cooperative sociale e ne fissa i requisiti per accedervi;• delinea i campi e le modalità di raccordo con l’attività dei servizi socio-assi-

stenziali, sanitari, educativi, di formazione professionale e di sviluppo dell’oc-cupazione;

• definisce gli interventi regionali per l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate, gli interventi per la promozione, il sostegno e lo sviluppo della cooperazione sociale e i contributi alle cooperative sociali e loro consorzi;

• elenca le caratteristiche, i contenuti e le modalità di stipula di convenzioni tra cooperative sociali, consorzi ed enti pubblici;

Relativamente alla tematica delle gare di appalto afferenti alla cooperazione so-ciale la norma stabilisce che:• la partecipazione alle gare per l’appalto dei servizi è subordinata all’assenza di

cause di esclusione ed, in particolare, al rispetto delle norme contrattuali di lavoro, previdenziali e assicurative, nonché al possesso dei requisiti di capacità tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria definiti con direttiva adottata dalla Giunta regionale;

• gli appalti di servizi di cui alla legge in oggetto sono aggiudicati a favore dell’of-

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ferta economicamente più vantaggiosa, valutabile in base ad elementi diversi, variabili in relazione al contratto, quali, tra l’altro, il merito tecnico, la qualità del progetto e del servizio, le sue modalità di gestione ed il prezzo;

• qualora la fornitura abbia ad oggetto beni o servizi diversi da quelli socio-assi-stenziali, sanitari ed educativi, il progetto di inserimento dei soggetti svantag-giati costituisce particolare elemento di valutazione qualitativa, sulla base dei criteri di ponderazione determinati dalla Giunta regionale;

• il bando di gara o il capitolato d’oneri indicano gli elementi di valutazione che saranno applicati e l’ordine di importanza loro attribuita;

• l’elemento prezzo non può avere un peso superiore al cinquanta per cento del punteggio complessivo previsto per l’aggiudicazione.

Relativamente alla tematica delle convenzioni, la norma stabilisce che possano essere relative a:• la gestione di servizi socio-assistenziali, sanitari ed educativi: organizzazione

complessiva e coordinata dei diversi fattori materiali, immateriali ed umani che concorrono alla prestazione di un servizio, con esclusione delle mere so-stituzioni di mano d’opera;

• la fornitura di beni e servizi di cui all’art. 5 della Legge 381/91 : I consorzi posso-no stipulare convenzioni ai sensi dell’art. 5 della Legge 381/91 qualora le attività convenzionate siano esclusivamente svolte da cooperative sociali di cui alla lettera b).

Dispone inoltre:

• che qualora sussistano ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale, la gestione di servizi e la fornitura di beni può essere affidata in concessione.

• Contenuti delle convenzioni : · l’indicazione dell’attività oggetto della convenzione e le modalità di svolgi-

mento; · la durata della convenzione ed il regime delle proroghe; · i requisiti di professionalità e gli standard del personale impiegato e in partico-

lare le caratteristiche professionali del responsabile tecnico dell’attività; · eventuale partecipazione del personale ad attività formative e relative modalità; · il ruolo svolto dai volontari impiegati nel servizio in relazione a quanto previ-

sto dal comma 5 dell’art. 2 della Legge 381/91; · l’acquisizione dell’autorizzazione al funzionamento delle strutture, ove necessaria; · le norme contrattuali applicate in materia di rapporti di lavoro; · la determinazione dei corrispettivi e le modalità di pagamento; · le forme e le modalità di verifica e vigilanza sullo svolgimento dell’attività

con particolare riferimento alla qualità dei servizi, alla migliore utilizzazione delle risorse e alla tutela degli utenti. Tali verifiche possono essere effettuate con il concorso delle associazioni dell’utenza e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti;

· il regime delle inadempienze e le clausole di risoluzione; · l’obbligo e le modalità di assicurazione del personale e degli utenti; · le modalità di raccordo con i servizi competenti nella materia oggetto di con-

venzione;

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· qualora trattasi di cooperative di cui al comma 5 dell’art. 2, l’elenco nomina-tivo dei lavoratori soci e non soci divisi per tipologia di attività secondo le indicazioni di cui all’art. 1 della Legge 381/91 , con relativa specificazione dei lavoratori impiegati nell’attività prevista dalla convenzione stessa;

· nelle convenzioni relative alla fornitura di beni e servizi di cui all’art. 5 della Legge 381/91 deve essere espressamente prevista la finalità della creazione di opportunità di lavoro per le persone svantaggiate;

· le convenzioni relative alla fornitura di servizi caratterizzati da prestazioni ricorrenti possono avere durata pluriennale, con verifiche annuali.

· Al fine del pagamento dei corrispettivi le prestazioni delle cooperative sociali e dei soggetti senza scopo di lucro di cui al comma 5 dell’articolo 11 sono parifi-cate a quelle fornite dal personale dipendente dei Servizi pubblici.

Deliberazione della Giunta regionale n. 1319/2007- concernente l’iscrizione, la cancellazione e l’aggiornamento dell’Albo delle cooperative sociali di cui alla L.R. n. 7/1994 e successive modificazioni già delegate alle province ai sensi della L.R. n. 3/1999. abrogazione dgr n. 62/2000.

La delibera detta le nuove regole per le iscrizioni, aggiornamenti e cancellazioni all’Albo regionale delle cooperative sociali e definisce la delega alle Province per le funzioni di tenuta dell’Albo stesso. L’Albo si articola nelle seguenti Sezioni: 

• Sezione A, nella quale sono iscritte le cooperative che gestiscono servizi so-cio-assistenziali, sanitari ed educativi.

• Sezione B, nella quale sono iscritte le cooperative che svolgono attività diver-se - agricole, industriali, commerciali o di servizi - finalizzate all´inserimento lavorativo di persone svantaggiate; le cooperative di tipo B) iscritte nella sezio-ne B della Sezione provinciale dell’Albo regionale devono presentare, inoltre, all’inizio di ogni anno, la certificazione idonea rilasciata dalla pubblica am-ministrazione relativa alle persone svantaggiate di cui all’art. 4 della Legge 8 novembre 1991 n. 381, ovvero autocertificazione del legale rappresentante che attesti che non sono intervenute variazioni rispetto al possesso del requisito del 30% dei soggetti svantaggiati.

• Sezione C, nella quale sono iscritti i consorzi costituiti come società coopera-tive aventi la base sociale formata in misura non inferiore al settanta per cento da cooperative sociali. Si ricorda che ai sensi del D. Lgs. n. 460 del 1997 le Cooperative sociali iscritte all’Albo sono di diritto ONLUS (organizzazioni non lucrative di utilità sociale).

Delibera di Giunta - ‐ N.ro 1994/2629 - ‐ del 14/6/1994 - ‐ adozione schemi tipo di convenzioni con le cooperative sociali ai sensi dell’art. 11 L.R. 4 febbraio 1994 n. 7.

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Schema-tipo di convenzione tra amministrazioni pubbliche e cooperative sociali o consorzi per la fornitura di prestazioni di carattere sanitario, socio-assistenziale, educativo, ai sensi dell’art. 9, comma 2, L. 381/1991 e degli artt. 11 e 12 della L.R. n. 4 febbraio 1994 n 7.

art. 1oggetto

devono essere esplicitati i servizi e le attività oggetto della convenzione, gli impegni e le attività rispettive di cooperativa sociale ed ente e le attività congiunte.

art. 2 modalità di Svolgimento

devono essere esplicitate le modalità di attuazione dei servizi, attività, forniture di beni e servizi oggetto della convenzione, gli impegni e le attività rispettive e congiunte.

art. 3ammiSSione e dimiSSioni

le parti devo definire e condividere i criteri e le procedure in caso di ammissione che di dimis-sioni dall’espletamento delle attività oggetto della convenzione.

art. 4piani individuali di intervento

per ogni utente ammesso all’intervento le parti devono definire un piano individuale che preveda anche un confronto e una valutazione congiunta e verifiche conoscitive periodiche.

art. 5perSonale

con riferimento alla vigente legislazione relativa agli standard di personale e alle qualifi-che professionali, la cooperativa sociale garantisce la copertura del seguente standard di rapporto personale (con regolare rapporto di lavoro)/utenti. la cooperativa deve indicare il personale che utilizza (soci lavoratori, dipendenti, consulenti)e ne deve indicare il numero, la qualifica professionale e il rapporto di lavoro. deve inoltre garantire che il personale sia in possesso dei rispettivi titoli di studio o attestati professionali relativi alla qualifica. comunica altresì l’orario di lavoro di riferimento, gli organici di servizio e i mansionari. ogni eventuale variazione dell’elenco e delle altre notizie deve essere tempestivamente comunicata e moti-vata. deve essere anche indicato ed esplicitato il numero dei soci volontari, le loro caratteri-stiche e le modalità previste di intervento.

art. 6 contratti collettivi di lavoro e coperture aSSicurative

la cooperativa sociale si impegna al rispetto, nei confronti del proprio personale (anche vo-lontario), dei vigenti specifici contratti di lavoro relativi al trattamento salariale, normativo, previdenziale, assicurativo; si impegna altresì ad accendere apposite coperture assicurative relative alla responsabilità civile per danni a persone o a cose conseguenti all’attività presta-ta, al rischio di infortunio subito dagli operatori e per la responsabilità civile verso terzi per i danni causati dagli stessi operatori nello svolgimento dell’attività, nonchè a beneficio degli utenti contro il rischio di infortunio e di responsabilità civile verso terzi.

art. 7aggiornamento profeSSionale

l’ente pubblico favorisce e concorda con la cooperativa sociale iniziative di riqualificazione e aggiornamento nelle materie connesse all’oggetto della convenzione.

art. 8programmazione delle attività

compete alla cooperativa la programmazione delle attività. compete all’ente pubblico la verifica periodica volta:• alla valutazione dei risultati dell’attività svolta;Sono altresì previsti incontri periodici volti:• all’esame congiunto delle problematiche generali emergenti dallo svolgimento delle

attività di cui alla presente convenzione;• alla definizione delle modalità d i partecipazione alle iniziative di riqualificazione e

aggiornamento di cui all’art. 7;• altro.

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art. 9verifiche periodiche e controlli

la cooperativa sociale predispone una relazione annuale sull’attività complessiva svolta, i risultati conseguiti, nonché sugli effettivi costi di impresa derivanti dagli oneri contrattuali e contributivi, di gestione e organizzazione, relativamente agli interventi oggetto della con-venzione.

art. 10pagamento preStazioni e modalità di rendicontazione della cooperativa

vengono definite somme, modalità e tempistiche di pagamento e di rendicontazione.

art. 11variazioni

ogni eventuale variazione che intervenga successivamente alla sua stipula e in corso di va-lidità della stessa, ivi comprese modifiche richieste a seguito di mutamenti intercorsi nella situazione dell’utenza, deve essere concordata tra le parti e formare oggetto di un apposito atto aggiuntivo.

art. 12inadempienze e cauSe di riSoluzione

le parti hanno facoltà di avviare la procedura per la risoluzione della convenzione: per inosservanze della vigente normativa; a seguito di reiterate e notificate inadempienze agli obblighi assunti con la convenzione; altro.

art. 13durata e regime delle proroghe

oltre alla definizione del periodo di validità, si prevede la possibilità di proroga in un numero definito di mesi.

art. 14reviSione del prezzo(Solo per le convenzioni pluriennali)

la revisione del prezzo è da effettuarsi annualmente sulla base di istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell’ente pubblico ai sensi delle normative vigenti.

Schema-tipo di convenzione tra amministrazioni pubbliche e cooperative sociali o consorzi tra cooperative, per l’affidamento della fornitura di beni e servizi, ai sensi dell’art. 5 della L. 381/1991 e degli artt. 11 e 12 della L.R. n. 7/1994

art 1-oggetto

art 2modalità di Svolgimento

devono essere esplicitati i servizi e le attività relativi all’affidamento della fornitura di beni e servizi, gli impegni e le attività rispettive di cooperativa sociale ed ente e le attività congiunte. la cooperativa deve inoltre impegnarsi a fornire le prestazione nel rispetto delle modalità e dei tempi prestabilite, tramite la propria organizzazione aziendale stabilendo, quindi, che questa sia idonea alla realizzazione della fornitura e al raggiungimento delle finalità di inserimento.

art 3

lavoratori Svantaggiati

art 4reSponSaBile, volontari

la cooperativa deve dichiarare e dimostrare (tramite apposita documentazione) lo stato di svan-taggio dei lavoratori impiegati nell’attività oggetto della convenzione oltre che l’applicazione del contratto di lavoro di settore. deve essere esplicitato, quindi, il numero e il nome dei lavoratori svantaggiati che dovranno essere mantenuti in forze come minimo durante tutto il periodo di validità della convenzione. la cooperativa è inoltre tenuta a nominare ed indicare il nominativo di un responsabile dello svolgimento delle attività e, nel caso di utilizzo di soci volontari, deve assicurare il rispetto delle norme in materia di soci volontari (art.2 l-381/91) e indicarne le prestazioni complementari.

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art. 5verifiche

l’ente pubblico si riserva la facoltà di eseguire verifiche periodiche sulle attività oggetto del rap-porto convenzionato e sui risultati raggiunti nell’attività di inserimento lavorativo. Questi ultimi avverranno anche attraverso contatti diretti con la struttura della cooperativa ed i lavoratori svantaggiati; tali verifiche sono effettuate con i responsabili della cooperativa sociale e le relative valutazioni conclusive sono espresse per iscritto e comunicate alla cooperativa stessa.la cooperativa sociale redige e trasmette all’ente pubblico una relazione finale o annuale (nel caso di contratto pluriennale) circa i risultati raggiunti nell’attività di inserimento lavorativo.l’ente pubblico nomina un referente cui la cooperativa si rivolge per qualsiasi problemaorganizzativo e gestionale.

art. 6pagamento preStazioni e modalità di rendiconta-zione della cooperativa

entità, tempistica, modalità di pagamento e di rendicontazione devono essere indicati nella convenzione.

art. 7 aggior-namento pro-feSSionale

l’ente pubblico favorisce e concorda con la cooperativa sociale iniziative di riqualificazione e ag-giornamento nelle materie connesse all’oggetto della presente convenzioni.

art. 8 variazioni

ogni eventuale variazione che intervenga successivamente alla sua stipula e in corso di validità della stessa, ivi comprese modifiche richieste a seguito di mutamenti intercorsi nella situazione dell’utenza, deve essere concordata tra le parti e formare oggetto di un apposito atto aggiuntivo.

art. 9 inadempienze e cauSe di riSoluzione

eventuali inadempienze alla presente convenzione devono essere contestate per iscritto, con fissazione di un termine per la relativa regolarizzazione .le parti hanno facoltà di avviare la procedura per la risoluzione della presente convenzione:• per inosservanze della vigente normativa;• a seguito di reiterate e notificate inadempienze agli obblighi assunti con la presente con-

venzione;• (altro)

art. 10 durata e regime delle proroghe

oltre alla definizione del periodo di validità, si prevede la possibilità di proroga in un numero definito di mesi.

art. 11 -re-viSione del prezzo(Solo per le conven-zioni plurien-nali)

la revisione del prezzo è da effettuarsi annualmente sulla base di istruttoria condotta dai com-petenti organi tecnici dell’ente pubblico ai sensi delle normative vigenti.

Deliberazione della Giunta regionale n. 1851/1997

La delibera definisce le linee guida in merito alla partecipazione alle gare d’appalto per la gestione dei servizi di cui agli artt. 1 e 5 della Legge 8 novembre 1991, n. 381. In particolare viene stabilito che la scelta del contraente con cui stipulare il con-tratto è successiva alla deliberazione della Pubblica Amministrazione che manifesti la volontà di costituire un rapporto contrattuale e che specifichi:

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• la decisione dell’Ente di garantire detto servizio ricorrendo a terzi nel rispetto della informazione preventiva alle OO.SS. così come prevista dai rispettivi con-tratti di lavoro;

• la definizione tecnica del tipo di servizio richiesto;• la determinazione della procedura di scelta del contraente e dei criteri di ag-

giudicazione, tenendo presente che trattasi di servizi alla persona.La norma regionale ha ribadito che sotto la soglia comunitaria è possibile il ri-corso alla trattativa privata, anche in considerazione di situazioni di emergenza e della particolare natura di alcuni servizi, da motivarsi debitamente, ma non entra nel merito delle procedure di scelta del contraente. È quindi nella discrezionalità della Pubblica Amministrazione stabilire se assegnare l’appalto pubblico di servizi, usando una terminologia ormai in uso, con procedure aperte, ristrette, o negoziate, tenendo conto, nella scelta della procedura:• della natura dei servizi da aggiudicare e della loro delicatezza in quanto rivolti

alla persona;• che ai fini del raggiungimento dello standard di personale richiesto per i servi-

zi, oggetto di gara, non può concorrere personale volontario.Tra le cause di esclusione dall’appalto, è previsto che siano esclusi “coloro che non siano in regola con gli adempimenti e le norme previste dal D. Lgs. 626/94 se e quando obbligatorie.” Alle cooperative era richiesto (in linea con D. Lgs. 626/94) di pro-durre, tra gli altri documenti, documentazione a supporto dell’espletamento delle norme di sicurezza: • dichiarazione di accettazione della nomina di Medico competente e relativo

possesso del titolo previsto dal punto d) dell’art. 2 del Dlgs. 626/94;• copia autentica delle comunicazioni agli Istituti di cui al comma 11 dell’art. 8

del D. Lgs. 626/94 dell’avvenuta nomina del responsabile del Servizio di pre-venzione e protezione;

• certificazione nominativa dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.Le cooperative sociali devono inoltre dimostrare di essere in possesso delle capa-cità tecnico- organizzative, professionali ed economico-finanziarie necessarie ad espletare le forniture di beni e servizi oggetto della convenzione. Tali capacità rien-trano tra gli elementi di valutazione circa la qualità dell’offerta. Il merito tecnico è valutabile in base anche:• all’impiego di un maggior numero di soci lavoratori svantaggiati rispetto alla

previsione di legge;• alla maggior presenza di disabili con invalidità superiore a 2/3;• alla presenza di piani di inserimento individualizzati contenenti obiettivi a

medio e lungo termine, numero e qualifica delle eventuali figure di sostegno.La qualità del progetto e del servizio è valutabile in base all’elaborazione di un modello teorico definito in termini temporali (es.: giornata, settimana, mese tipo) che contenga: • la pianificazione del servizio;• il modello organizzativo (turni, mansionario, responsabilità direttiva e/o di

coordinamento, attribuzione, ecc.);• il sistema di programmazione del servizio, di circolazione delle informazioni

e di verifica dell’attività;• gli indicatori di controllo della qualità.

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Si prevede, infine, che i criteri di aggiudicazione debbano essere definiti preventi-vamente e vanno definiti, ovviamente, in misura diversificata e coerente, per valore e/o importanza, in relazione all’oggetto di gara, avendo a riferimento una metodo-logia di attribuzione dei punteggi volta a premiare proporzionalmente lo scosta-mento dal valore qualitativamente meno apprezzabile.

Leggi e delibere regionali relative ai sistemi regionali e locali di welfare

Si elencano di seguito le più significative norme e regolamenti in materia, metten-do in luce il ruolo e le disposizioni afferenti alla cooperazione sociale.

l.r n. 3/1999

riforma del SiStema regio-nale e locale e S.m.i

programmazione negoziata: la regione promuove la programmazione negoziata che si svolge tra la regione, gli enti locali, altri soggetti pubblici e con la partecipazione delle parti sociali, di soggetti privati interessati ed è rivolta a realizzare le condizioni per lo sviluppo locale sostenibile, in coerenza con gli strumenti della programmazione regionale, provinciale e comunale.

conferenza regionale del terzo settore: per il confronto e la concertazione tra la giunta regionale e gli enti, gli organismi e le associazioni rappresentativi del terzo settore, è istituita la conferenza regionale del terzo settore con riferimento agli organismi rappresentativi del volontariato, della cooperazione sociale e delle associazioni non lucrative di utilità sociale.

cooperazione: la regione esercita le funzioni amministrative concernenti: la promozione della cooperazione nelle sue forme e nei suoi settori di intervento; i contributi e le agevolazioni per l’incentivazione della cooperazione; le agevolazioni per gli investimenti derivanti da iniziative destinate a programmi di innovazione; le agevolazioni per programmi ed investimenti destinati a sostenere l’occupazione nel comparto della cooperazione; le agevolazioni alle cooperative per l’accesso al credito; gli interventi per favorire la capitalizzazione delle cooperative; gli interventi finalizzati alla crescita dell’attività d’impresa in forma cooperativa.

principi in materia di servizi sociali: la regione si impegna a valorizzare e promuovere il concorso dei soggetti privati senza fine di lucro ed in particolare delle organizzazioni di volontariato, degli enti morali, delle associazioni di promozione sociale, delle fondazioni e delle cooperative sociali, nonché delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, alla definizione ed alla realizza-zione della rete di promozione e protezione sociale.

l.r 2/2003 norme per la promozione della cittadi-nanza Sociale e per la re-alizzazione del SiStema integrato di interventi e Servizi Sociali

la legge definisce le caratteristiche fondamentali e le finalità del sistema integrato dei servizi alla persona, che comprendono: prestazioni ed attività socio-assistenziali e sanitaria, promozio-ne sociale, predisposizione ed erogazione di servizi e prestazioni economiche, percorsi assisten-ziali integrati per rispondere ai bisogni di salute delle persone. la logica è quella di costruire una rete integrata di servizi tra regione, enti locali, aSp, associazioni del terzo settore e cooperazione sociale. a tale scopo si definiscono alcuni perni strategici sui quali effettuare il riordino: defini-zione del piano regionale degli interventi e dei servizi sociali, integrato con il piano sanitario regionale, formazione dei piani di zona, costituzione del fondo sociale regionale per le spese correnti operative e per le spese di investimento, costituzione del fondo regionale per la non autosufficienza, sistema di accreditamento dei soggetti pubblici e privati che intendono gestire servizi socio-assistenziali e socio-sanitari.

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norme per l’accredita-mento dei Servizi So-cio-Sanitari

autorizzazione: requisiti e procedure per l’autorizzazione al funzionamento sono state defi-nite, per i servizi socio-sanitari e socio-assistenziali, con delibera della giunta regionale (dgr 564/2000). è rilasciata dal comune in cui ha sede il servizio, in seguito a istruttoria di una com-missione, nominata dal direttore generale dell’azienda usl e composta da esperti di ambito tec-nico, sociale e sanitario. l’autorizzazione al funzionamento, per le strutture socio-sanitarie, è un pre-requisito per l’accreditamento.

accreditamento : i criteri e le linee guida per l’accreditamento dei servizi socio-sanitari e sociali, in applicazione delle leggi regionali 2/2003 e 20/2005, sono stati definiti dalla giunta regiona-le con delibera 772/2007. la finalità è assicurare un elevato standard qualitativo dei servizi e delle strutture e regolare i rapporti tra committenti pubblici e soggetti produttori, attraverso contratti di servizio, superando la procedura attuale di selezione dei fornitori, basata sugli ap-palti, che non valorizzano la specificità dei servizi alla persona e non favoriscono la stabilità e qualificazione gestionale. il sistema di accreditamento richiede precise garanzie sulla continuità assistenziale, sulla qualità, sulla gestione unitaria dei servizi. è la programmazione regionale e locale (regione, comuni, aziende sanitarie) che identifica il fabbisogno di servizi ed interventi di ogni territorio, da accreditare. gli enti pubblici erogatori di servizi (ad esempio le aziende pub-bliche di servizi alla persona, asp) devono obbligatoriamente essere accreditati, rispettando gli stessi criteri e requisiti dei privati, per i servizi che gestiscono direttamente. con la delibera della giunta regionale 514/2009, sono stati definiti i requisiti per l’accreditamento dell’assistenza do-miciliare, dei centri diurni per anziani e per disabili, delle case residenze per anziani, dei centri residenziali socio-riabilitativi per disabili. con la definizione del sistema tariffario (al momento relativo solo all’assistenza domiciliare e alle strutture sociosanitarie per anziani) può essere rila-sciato l’accreditamento transitorio alle strutture e ai servizi già legati da accordi contrattuali con i comuni, le aziende usl e le asp (aziende pubbliche di servizi alla persona), mentre è previsto l’accreditamento provvisorio per gli altri servizi e strutture. Sia l’accreditamento transitorio che quello provvisorio sono propedeutici al rilascio dell’accreditamento definitivo.

l’atto di accreditamento è rilasciato dal soggetto istituzionale (comune/unione di comuni/co-munità montana) competente per l’ambito distrettuale, scelto congiuntamente da tutti i comu-ni presenti nel territorio di ogni ambito distrettuale. tale soggetto, provvede, dopo le opportune verifiche sui requisiti (a cura di apposito organismo tecnico provinciale che sarà costituito) e con il supporto degli uffici di piano, al rilascio dell’accreditamento ai servizi che operano nell’ambito distrettuale di competenza. in regione, il processo di accreditamento è coordinato dal Servizio governo dell’integrazione socio-sanitaria (assessorato politiche per la salute); la formazione dei valutatori è invece in capo all’agenzia sanitaria e sociale regionale (area innovazione sociale)

deliBerazione n.172/2009

documento con cui la regione emilia romagna, le istituzioni rappresentative delle autonomie locali dell’emilia romagna e le organizzazioni regionali della cooperazione Sociale hanno sigla-to un protocollo d’intesa per lo sviluppo del Welfare regionale. la regione, tramite il protocollo di intesa, ha inteso sostenere la cooperazione sociale, nell’effettivo coinvolgimento nelle politiche economiche e di sviluppo territoriale, quale espressione efficace di sintesi tra solidarietà ed ef-ficienza economico imprenditoriale. la regione con il protocollo d’intesa ha inteso valorizzare il ruolo della cooperazione sociale nell’ambito dei servizi socio-assistenziali e socio sanitari, in  particolare relativamente al sistema di accreditamento, per realizzare una relazione tra pubblico e privato di collaborazione e scambio sussidiario, superando il semplice rapporto che caratterizza la sola fornitura di servizi. 

Il panorama normativo sopra delineato (tramite le disposizioni più importanti ai fini della presente analisi) mostra come se da una parte la Regione, recependo le disposizioni nazionali, predisponga e faciliti il ruolo della cooperazione sociale,

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dall’altro fa presupporre l’importanza del contributo della stessa cooperazione sociale al sistema del welfare, in particolare per quanto riguarda l’assistenza agli anziani e ai disabili, l’educazione dell’infanzia, l’aiuto ai minori in difficoltà, la ge-stione della salute mentale e delle dipendenze patologiche, il contrasto all’emargi-nazione e alla povertà, l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati, l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate.

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Note

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Testi a cura di:Legacoop Emilia-Romagna, Legacoop Bologna, Cds

Progetto grafico e impaginazione:www.kitchencoop.it

Stampa:Casma Tipolito. Carta certificata fsc misto

Bologna, prima edizione: maggio 2013

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