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U Antologia “Terra del Vesuvio” 2008

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  • UUUU Antologia “Terra del Vesuvio” 2008

  • Accademia Italiana di scienze, Lettere ed Arti “Terra del Vesuvio” e www.vesuvioweb.com Pagina 2

    A cura dell’Accademia Italiana di scienze, Lettere ed Arti

    “Terra del Vesuvio”

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    Premessa L’Accademia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti “Terra del Vesu-vio” è una libera associazione che ha solo fini culturali; essa accoglie tutti coloro che si impegnano lealmente nelle scienze, nella lettera-tura, nell’arte, nella cultura in genere e nel sociale.

    L’Accademia ha per motto “Prima l’Uomo”. Prima l’uomo e poi… le ideologie, le certezze, l’avvenire pro-

    grammato. Prima l’uomo con i suoi sogni, gli entusiasmi e la volontà di lot-

    tare soltanto per migliorare la vita di quanti vivono in questo picco-lo-grande punto nell’Universo. (Dalla premessa alla I Antologia anno 2001)

    Sono trascorsi sette anni dalla pubblicazione della I Antologia “Terra del Vesuvio”, molte le attività svolte (elencate alla fine del libro nella breve storia del decennale dell’Accademia), nel frattempo anche il mondo è cambiato così come le cellule del nostro corpo che, durante questi sette anni, sono state tutte sostituite, eppure i ricordi sono rimasti, passati da una cellula all’altra come avviene col testimone nella staffetta.

    Questa “proteica evoluzione” può aver cambiato anche i nostri pensieri, il modo di emozionarci, di rapportarci agli altri? Noi stessi non possiamo trovare risposta, in quanto, in analogia col principio di indeterminazione di Heisenberg, il pensiero non può verificare la sua stessa modalità di formazione perché nel momento in cui si pensa questa viene modificata.

    Allora bisogna creare dei punti fermi, importanti, per puntellare i ricordi negli anni; quale migliore occasione di far avvicinare opere così varie, composte da autori con esperienze di vita diverse, ma aventi una cosa in comune: il piacere di comunicare.

    Giulio Caso - Presidente Accademia Italiana “Terra del Vesuvio” Via S. Anna, 13 – 84014 Nocera Inferiore (Sa) E-mail: [email protected]

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    Telefono: 3382805246

    Terra del Vesuvio

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    L’Accademia “Terra del Vesuvio” compie 10 anni, però il suo no-me compare già su un documento di famiglia datato 1696. L’Accademia fu rifondata, ufficialmente, il 27 gennaio 2000 (Uff. Reg. di Salerno N. 89), con il nome: Accademia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti “Terra del Vesuvio”.

    Attualmente organizza il Premio Internazionale “Terra del Ve-suvio.

    Il Primo Concorso risale al 1997, il sottotitolo della manifestazio-ne era: “La terra del Vesuvio va oltre la Valle del Sarno, in tutto il mondo, e porta con sé ricordi antichi”.

    La premiazione si tenne il 6 dicembre 1997, presso la sede di un circolo locale (presidente Pierino Celentano).

    La giuria era così composta: Renato Nicodemo - Emanuele Oc-chipinti - Giulio Caso.

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    Classifica - Per la sezione Italiano: I) “A Madre Teresa di Calcut-ta” di Francesco Albanese - II) “Cortile Pignataro” di Felice Osio - III) “Notte Santa” di Carla D’Alessandro e “Domani” di Sara Maio-lino (ex equo).

    Per la sezione vernacolo napoletano: I) “Desiderio” di Antonio Ranucci - II) “A Terra Nosta” di Anna Somma - III “Suonno d’Ammore” di Vincenzo Acquaviva.

    La seconda edizione del Premio Nazionale “Terra del Vesuvio”

    si tenne presso la sala convegni della chiesa di S. Antonio – 5 Di-cembre 1998. Articolo sull’evento firmato da: Miriam Carbone su Agro del 18/12/1998.

    Le sezioni furono unificate dalla giuria: Renato Nicodemo - Emanuele Occhipinti - Norma D’Alessio.

    Classifica: I) “Tramonto” di Luigi D’Alessio - II) “Primme Ammore” di Donato Cozzolino - III) “I sogni” di Maria Rosa Di Domenico.

    La serata di premiazione della terza edizione del Premio Nazio-nale “Terra del Vesuvio” si tenne presso l’Oratorio S. Domenico Savio il 4 dicembre 1999.

    Patrocinio morale: Provincia di Salerno - Provveditorato Agli Studi di Salerno - Comune di Ercolano.

    La giuria era composta da: Renato Nicodemo - Norma D’Alessio - Rita Occidente Lupo - Emanuele Occhipinti.

    Classifica - Poesia in vernacolo napoletano: I) “A Cummara” di Lidia Sanseverino - II) “Il due Novembre” di Rosanna Scoppetta - III) “Ogni preta ‘na canzone” di Carolina Martire Tomei ex equo con: “Suonno e realtà” di Domenico Ferrentino.

    Sez. - Poesia in lingua Italiano: I) “Il luogo dei poeti” di Giuseppe Vetromile - II) “Il silenzio delle anime” di Claudio Perillo - III) “Alle soglie del sogno” di Elena Mancusi Anziano.

    Settembre 2000 - L’Accademia offre un contributo culturale per la buona riuscita della manifestazione: “Sagra dei casali nocerini”

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    organizzata dall’associazione “San Rocco” e organizza il primo cor-so di formazione per extracomunitari.

    Per la quarta edizione del Premio Nazionale Accademia Terra del Vesuvio inviarono: una medaglia d’argento il Presidente della Repubblica e una targa d’argento il Presidente del Senato.

    La manifestazione si tenne presso il Liceo Scientifico di Nocera Inferiore (Preside Aurelio Cuoco) il 15/12/2000. Giuria: Norma D’Alessio - Renato Nicodemo - Luciano Pignataro.

    Articoli: La Città 14/12/2000 (giornalista Gerardo Mauro) – Il Mattino 15/12/2000 (giornalista Raffaella Amabile).

    Classifica Italiano: I - “Desaparecidos” di Ciro Canfora - II - “Il silenzio” di Alberto

    Recine ex equo con “Un segno di vita” di Angela Furcas - III - “The-orema” di Isabella Michela Affinito.

    Classifica vernacolo: I) “Nuttata Stanca” di Eugenio Esposito - II) “Doppo Tant’anne” di Renato Ianniello - III) “Dummeneca D’ajere” di Lidia San Severino.

    7 dicembre 2001: presentazione della I Antologia dell’Accademia

    presso la Scuola Media Statale “Solimena” di Nocera Inferiore. Articoli: Cronache del Mezzogiorno 19/12/2001 di Michele Pe-

    coraio. Il Mattino 19/12/2001 di Miriam Carbone. “Il Convivio” Marzo 2002 di Monica Balestriero.

    I semestre 2002 l’Accademia collabora alla realizzazione del pro-getto didattico-scientifico “Ambiente Sicuro” con la Scuola Media Statale “Genovesi” di Nocera Inferiore (Preside Li Pira Massimo).

    10 Maggio 2002 – Per i Venerdi Culturali, presso la Biblioteca Comunale “Omaggio alla mamma”, musica e poesia. In collabo-razione con: Accademia Artisti Europei – Compagnia Teatrale L’Albatro - Comune di Nocera Inferiore (rappresentato dalla dott.ssa Maria Ambrosi).

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    La quinta edizione del premio, diventato Biennale, si tenne presso la Scuola Media Solimena di Nocera Inferiore il 24/10/2002 (Preside Giuseppe Pannullo).

    Il bando era stato presentato da: Il Convivio organo dell’Accademia Internazionale omonima presieduta da Angelo Manitta (Castiglione di Sicilia-Catania) e Il Mattino 28/12/2001 (Miriam Carbone).

    Patrocinio morale da parte della Presidenza del Consiglio Regio-

    nale della Campania. Classifica libro edito di poesia: I) “Vecchie cose di via Monte-

    oliveto” di Paolo Sangiovanni - II) “La fiaba degli affetti smarriti” di Ciro Carfora - III) “Io la luna e la poesia” di Isabella Michela Affini-to.

    Menzione d’onore per: Maria Luisa Bech B. Spanò (Kulbach-Germania).

    Classifica silloge a tema libero: I) Carolina Martire Tomei - II) Gianni Ianuale - III) Sabina Iarussi.

    30 marzo 2003: l’Accademia organizza, in occasione della mani-festazione “Nocera In…fiore”, una collettiva di Arte Figurativa “Omaggio a Filomena Proto”. Contribuirono alla buona riuscita del-la manifestazione con l’esposizione delle proprie opere apprezzate dal pubblico, dagli esperti e dai rappresentanti della stampa:

    Valentina Coppola - Silvana Manzo - Teresa Francese - Maria Teresa Baselice - Raffaella Manzo - Vincenza Filella - Marta Tattoli - Barbara Iannone - Salvatore Cavotta - Rossella Anzelmo - Claudia Mascolo - Teresa Gargiulo - Sara Romano - Maria Cristina Bruno.

    Per meriti culturali, il Direttivo li nomina Soci Onorari 2003 dell’Accademia Italiana “Terra del Vesuvio”. Motivazione: “I sud-detti artisti hanno saputo fondere la propria preparazione formale (o accademica) con la personale visione del mondo. La Collettiva ha quindi raggiunto lo scopo principe che era quello di rappresentare un “respiro simultaneo quanto variegato” della percezione visiva di sicure promesse nel campo delle arti figurative”. (G. C.)

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    Primavera 2003: L’Accademia organizza la distribuzione di mi-gliaia di poesie, con l’aiuto dei commercianti nocerini, l’evento vie-ne denominato: “Poesie in piazza”. Articolo: La Città 21-03-2003.

    29 maggio 2003: - Presentazione del libro “Coincidenze Imprevi-ste” di Mario Raito. Partecipò la Compagnia Teatrale L’Albatro - Emanuele Occhipinti - Francesco Fasolino - Francesco D’Episcopo. Marzo 2004: I Edizione del Notiziario Interno dell’Accademia.

    23 ottobre 2004: - Premiazione per i seguenti autori del primo numero del Notiziario: Pino Contento - Rosalia Vitolo - Pompilia Pagano - Maria Rita Cuccurullo - Anna Baselice - Maria Teresa Ba-selice - Raffaella Maresca.

    5 dicembre 2004 - VI edizione Premio Biennale: - Presso il Centro di Via Loria di Nocera Inferiore. Articoli: Cronache del mezzogiorno 3/12/2004. Agro 3/12/2004. Sezione Letteratura: Il segreto dell’unione di Giuseppe Leto Baro-

    ne. Sezione saggistica: Trevico e i suoi figli di Mariangela Ciorio. Sezione Copioni Teatrali: Roulette balcanica di Drazan Gunjaca

    (Croazia).

    23 gennaio 2005 I Convegno pubblico “Informazione e prevenzione: Vesuvio”,

    presso il Consorzio di Bonifica di Nocera Inferiore.

    VII Biennale Accademia - 20 maggio 2006 - Centro Cultura - No-cera Inf. (Sa).

    Sezione A - “Scienze”- Trofeo a: Natale Giuseppe Calabretta per la monografia “Acque e ambiente”.

    Medaglia e nomina a Socio Onorario dell’Accademia per: - Mario Aldo Toscano (Ordinario di Sociologia nella Facoltà di

    Scienze Politiche dell’Università di Pisa) - “Sul Sud (Materiali per lo studio della cultura e dei beni culturali)”.

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    - Carmela Barbera - Geologa Professore di Paleontologia dei Ver-tebrati - facoltà di Scienze Naturali alla Federico II di Napoli.

    Sezione B - “Tradizioni e beni ambientali” - Coppa a: Maria Natalia Iiriti (Reggio – Le tradizioni dei Greci di Calabria). Sezione C “Libro di narrativo edito” - Coppa ad Adriana As-

    sini “Il fuoco e la creta”. Antonio Amoroso nasce a Barrafranca (Enna) il 12 Agosto 1951. Dall’anno scolastico 1998/1999 svolge le funzioni di Dirigente Scolastico. Da un quinquennio svolge attività di insegnamento a contratto presso la SISSIS – Università degli studi di Catania. Materia d’insegnamento: Di-dattica della geografia della lingua francese.

    Sposato e padre di due figli, scrive poesie fin dai tempi della Scuola Me-dia. Motivo ispiratore è l’amore. Illusione tragica (Consigli a chi si appresta a vive-re una vita) Visto che ci sei, anche tu, in questo mondo devi impegnarti, collaborare alla vita, l’umanità non è cattiva sappila capire, comprendere, interpretare… Cresci sano, forte, robusto nelle tue azioni: sii te stesso,

    abiura al male, sii buono, cerca la pace, mai la guerra, fai sempre il tuo lavoro con scrupolo, amore, dedizione… Tutto è bello in questa vita che ti appresti ad affrontare anche tu, come tanti, come tutti.

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    Ama il mondo, la natura, il prossimo ma ama te stesso, quello che sei, quello che fai quello che dai di te… Non disdegnare niente affronta la vita: sii uomo. Impara a capire i misteri della vita impara ad affrontare le difficoltà del mondo sempre con pazienza, amore e orgoglio, orgoglio di riuscire ad essere te stesso in questo mondo così bello, così buono solo se lo sai capire… Impara a sudare per le tante fatiche che dovrai affrontare impara a subire, accettare con rassegnazione eventuali sconfitte, sii forte di fronte al destino, sii uomo di fronte all’umanità. Guardati dalle cattive azioni, dai pensieri ribelli, non puoi e non devi cambiare il mondo questo lo devi sapere fin dal principio; Perciò sopporta quando c’è da sopportare,

    gioisci quando c’è da gioire ma fai soprattutto il tuo

    [dovere:] sii te stesso, sempre… sii a posto con la tua anima, sii uomo! *** Ma no! stupido, che fai? ci hai creduto? no, non è vero niente ho voluto prenderti in giro ho voluto divertirmi un po’ e tu ci sei cascato! Sappi che tutto ciò che ti ho detto non è la verità. Hai presente una guerra dove ognuno fa a gara per uccidere l’altro dove chi più ne ammazza ben più è valoroso dove ci si elimina a vicenda dove devi combattere per la

    [sopravvivenza] beh! questa è la vita! perciò sii cattivo, malvagio cinico in amore tratta tutto e tutti con

    [disprezzo] perché dovunque tu vai dovunque tu guardi

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    questo tu trovi, nessuno ti amerà tutti faranno a gara per distruggerti e per glorificarsi; Fai dunque altrettanto è il solo mezzo per salvarti, per creare te stesso, per rinascere nell’odio non nell’amore. L’umanità è cattiva, malvagia, crudele e di tutto farà per distruggerti

    per annientare se stessa. Impara a capire che se non pensi a te stesso se non ti imponi con la forza, con la guerra… sarai annientato!! La vita è una sconfitta la sconfitta dell’uomo nell’umanità. Divertiti dunque fai tutto quello che vuoi tutto quello che puoi

    che sia qualcosa di bello o di brutto non ti preoccupare l’importante è che ci sappia fare e che ciò ti possa migliorare devi sapere che se vuoi un minimo posto in questa terra di vigliacchi tu devi renderti tale devi lottare, agire sopravvivere. Non pensare a niente ricorri alla guerra se vuoi non avere scrupoli sei nato per soffrire questo tu lo devi capire per vivere questa tua vita devi saper agire!!

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    Maria Teresa Baselice. Nata a Nocera Inferiore (SA) nel 1959. Laureata in Giurisprudenza e diplomata presso l’Istituto Superiore di Scienze reli-giose con il massimo dei voti e la lode, è sposata e madre di due figlie. Inse-gna IRC presso il Liceo socio – psico – pedagogico di Nocera Inferiore.

    Fin da piccola ha mostrato una particolare attitudine alla pittura ed alle arti figurative in genere e, da alcuni anni, sta approfondendo l’Arte presso la Scuola del M° Luigi Lombardo.

    Come pittrice ha partecipato a varie mostre collettive organizzate nei Comuni di Nocera Inferiore, Corbara, Pagani e Vico Equense. Al concorso internazionale letterario – artistico La Piazzetta (Salerno), per la sezione Fotografia, nel 2002 ha vinto il terzo premio e l’anno successivo si è classi-ficata al secondo posto per la stessa sezione.

    L’ultimo successo, datato 21 aprile 2007, è il conferimento del Diploma ad honorem da parte del Premio nazionale Giovanni Paolo II per la sua o-pera pittorica “La Grazia”.

    Fortunata Fortunata, occhi azzurri, corti capelli bianchi, poche rughe sul viso, un sorriso che porta da 97 anni. Pomeriggio, scende tranquillamente la scala di pietra che porta in cortile. Ci saluta chiedendo subito con orgoglio unito a stupore: “Sapete quanti anni ho? 97!”. Con altret-tanta serenità continua: “Sto un altro po’ e poi me ne vado”. Niente rassegnazione, niente nostalgia o malinconia, solo sapienza di una vita in compagnia della Fede. Il mio cuore si dilata. E poi, la capaci-tà di fare progetti! Seduta nel cortile guarda su alle sue finestre: “Devo aggiustare il tetto. A Settembre, con il fresco”. Nel cortile c’è profumo di legna che viene dal forno del pizzaiolo vicino. Fortuna-ta racconta che quando compiva opere buone le persone le augura-vano di vivere cento anni. Anche mia nonna di 94 anni mi racconta-va lo stesso pensiero. Non si fa più, se non raramente, questo augu-rio, così bello, così generoso. Chissà, forse in tempo di essenzialità, per ringraziare di un favore o di un dono, esistevano solo le pre-ghiere. Dal cuore delle persone semplici sgorgava il massimo del bene umano, l’unico che poteva sdebitare, augurare all’altro di vi-vere cento anni.

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    Cipolla Quando arrivavamo all’Istituto, i bambini ci correvano incontro e con gioia ci abbracciavano. Era per questo che, di ritorno nel pul-lman, tutti ci guardavano: avevamo il viso e le maglie piene di mac-chie.

    Cipolla era il più piccolo, dolcissimo e simpatico, e non ho mai capito se il suo fosse il nome o il soprannome. Un pomeriggio, non ci corse incontro nel cortile: era al piano di sopra a letto con la feb-bre. Salii e lo cercai per camerate fredde, buie e disadorne: lo intra-vidi appena, da solo, in un lettino.

    Aveva il viso rosso, il naso a cipolla ancora più rosso, e gli oc-chietti brillavano. Disegnammo e colorammo tutto il pomeriggio e, alla fine, purtroppo lo dovetti salutare, pur desiderando di portarlo a casa con me. Gli chiesi un bacetto ma lui rispose di no. Mentre u-sciva dalla camerata la sua vocina mi chiamò: “Signurì, venite ‘a cca! V’aggia dicere ‘na cosa int’ a recchia”. Tornai indietro, mi chi-nai per sentire. Cipolla mi circondò con le sue braccine e mi schioc-cò un bacio sulla guancia: “V’aggio fatta fessa!”.

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    Bernardina Arrivo all’Ospedale col sorriso sulle labbra per donarlo agli altri, ma… che dolore nel cuore! Nel corridoio, su una panchina, vedo una vecchina in camicia da notte che guarda, dove, non si sa. Ma quello che ha negli occhi si intuisce benissimo. Non posso lasciarla sola, così mi siedo sulla panchina accanto a lei e comincio a parlare. Si chiama Bernardina perché è nata il giorno di Santa Bernardette, ha ottant’anni e fra poco è la sua festa. Deve fare vari accertamenti per capire il suo disturbo. Il giorno dopo vado in cerca di Bernardi-na ma nel suo letto non c’è perché è a fare degli esami. L’aspetto per chiedere i risultati. Finalmente la sua festa, le compro una scatola di cioccolatini, a forma di cuore e vado nella sua stanza per donarglie-la. Bernardina mi guarda senza emozioni, ho quasi paura che non abbia gradito. Poi, a fatica, si alza dal letto, mi viene vicina e mi ab-braccia forte. Con le lacrime agli occhi dice che non ha mai avuto un regalo così bello. Mi sento piccola piccola. Giorni dopo, prima di andar via, la cerco per salutarla, ma non la trovo. L’ascensore arriva al piano e dentro c’è lei, che era venuta a cercarmi. Sotto gli occhi meravigliati di tutti mi abbraccia ancora e mi dice: “Non ti dimenti-cherò mai, per tutta la vita”.

    “…per tutta la vita”, quante volte mi è tornata in mente questa frase, per tutta la vita. Una vita che ho sempre percepito nell’Eterni- tà.

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    Francesca Bina nasce a Roma da genitori genovesi. Attualmente vive a Genova dove lavora. Frequenta la facoltà di filosofia e l’accademia olistica di Nitamo Montecucco. Nel 2004 ha pubblicato il suo primo libro “Mar-shmallow”. Questo a seguire è un brano tratto dal suo secondo ancora non pubblicato intitolato “O,O zerovirgolazero”. I La vicina scuote la testa. ”Eh, è brutta la vecchiaia, sua nonna è proprio andata fuori di testa”.

    Mi risento di questo commento inopportuno, la nonna non è an-data fuori di testa, solo, ogni tanto, ha un po’ la testa nelle nuvole o, come dice un mio amico, “ha il cuore nelle rose”!

    “Non è andata fuori di testa signora, va da sé che a novant’anni una saltuaria perdita di memoria ogni tanto possa capitare!”.

    -All’anima della perdita di memoria - penso. Sento armeggiare da dietro la porta, che finalmente si apre len-

    tamente. L’oscurità dell’ingresso si impadronisce di me avvolgendomi

    come un manto ghiacciato e per un istante mi immobilizza stoma-candomi più dell’odore della zuppa di cavoli della vicina. Emma mi appare piccola, piccolissima nella penombra dietro la porta, quasi un folletto.

    Nei miei ricordi d’infanzia Emma era, da giovane, una donna molto alta, ma questa icona stampata nella mia memoria è sicura-mente dovuta al fatto che a quell’epoca ero io ad essere molto picco-la; in realtà credo che Emma non abbia mai misurato più di uno e sessanta.

    Negli ultimi mesi però mi è parso che ad ognuno dei nostri in-contri settimanali nonna si ritiri ogni singola volta un po’ di più, tanto che quella sensazione, inizialmente vaga percezione, è ora di-ventata quasi tangibile; mi sembra di poter disegnare con le dita nell’aria quello spazio di atmosfera che Emma non occupa più. Co-me un fiore che si richiude su se stesso nelle ore notturne, così sta facendo nonna, rimpicciolisce, lentamente ed inesorabilmente e spesso mi ritrovo a chiedermi dove e in quale alba quel fiore profu-mato spiegherà nuovamente i suoi petali delicati per dare il buon-

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    giorno ad una nuova alba. Giulio Caso I guardiani del tempo Le “orme del tempo” sono le tracce/esperienze che ci devono aiutare a prevedere ciò che può capitarci nel nostro rapporto con l’evoluzione dello spazio/natura in cui viviamo.

    Lo studio attento dei fenomeni naturali e della dinamica geomorfologi-ca terrestre ci aiuterà a percepire e a prevenire i dissesti territoriali che coinvolgono la qualità della vita degli uomini.

    Per anni noi geologi abbiamo sperato di essere impiegati, principalmen-te, per mettere a punto le migliori difese possibili e i migliori sistemi di convivenza uomo/territorio, purtroppo, ancora oggi, c’è chi relega i geolo-gi a “guardiani del tempo”, chiamandoli solo dopo che è successo qualco-sa, non facendoli intervenire in fase preliminare ed evitare così errati ap-procci col territorio.

    Credetemi, non c’è cosa più triste del dover fare delle considerazioni su ciò che si sarebbe dovuto fare per evitare qualche disastro le cui conse-guenze non sono rappresentabili con le aride cifre. Ci sono le conseguenze sul piano economico, sul piano sociale e quelle che coinvolgono le aspetta-tive del modello di vita di una persona: le speranze nel domani, la perdita della propria casa, dei riferimenti affettivi consolidati e, comunque, l’annichilimento della felicità di una persona che sfuggono alle statistiche. Eppure, a volte, anche se si sa come intervenire, per i costi, per la fretta, per la superficialità, oppure per una scommessa con le probabilità – “Tanto chissà quando potrebbe succedere” –, si attuano interventi sconsiderati sul territorio, si impermeabilizzano superfici sempre più estese di terreno, in luoghi impropri, per costruire case, opifici, strade ed opere annesse e con-nesse. Ciò riduce la capacità di smaltimento delle acque piovane che do-vrebbero, normalmente essere assorbite nel terreno e che invece si trasfor-mano in acque selvagge dotate di potere distruttivo, esponendo, così, a pe-ricoli il territorio ed i suoi abitanti.

    Ancora oggi si discute sulla corretta valutazione del grado di impatto ambientale per tutti gli interventi antropici nell’ambito di un “ecosistema”. Addirittura si mettono in contrapposizione figure professionali che potreb-bero benissimo collaborare per la grande finalità della sicurezza territoria-le. L’idonea valutazione di un’area va fatta considerando periodi piuttosto lunghi, per avere un’idea dei ritorni di certi eventi catastrofici o comunque

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    gravi. Non si possono ancora continuare a progettare interventi sul territo-rio senza avere tutti i possibili elementi di conoscenza.; non bastano quelli precedenti, ci sono metodi nuovi che la tecnologia ci mette a disposizione per l’analisi ed il controllo di un territorio di cui bisogna profittare. Biso-gna anche tenere nella giusta considerazione i dati storici e progettare con criteri che sfidino il tempo. Ci vuole una grande opera di previsione con il coinvolgimento di tutti coloro che hanno assimilato determinati compor-tamenti utili alla convivenza con le future modificazioni ambientali. Quin-di studi di tutti gli elementi di conoscenza possibili inseriti, poi, in un ar-chivio facilmente consultabile.

    Una banca dati, per la cui realizzazione, saranno necessarie varie pro-fessionalità formando esperienze uniche e ampliando conoscenze che pos-sono essere utilizzato anche per una migliore valutazione tecni-ca/economica dei terreni. Questo archivio dovrebbe costituire il riferimento per ogni iniziativa, for-nire dati utilizzabili per una migliore organizzazione della protezione civile e per l’istituzione di un servizio di “guardia del suolo”, e di ogni segnale di stress del territorio, con formazione continua, anche dei volontari, nei vari settori. ***

    Geólogos

    Escuchan señales :/ondas reflejadas/por un lugar profondo/donde se halla el corazón/motor del mundo./Cumbres abrasadoras/derraman a los vien-tos/cristales ennegrecidos/lavas hirvientes./Llamada ancestral/para el que quiera saber/y ose desafiar/las nuevas franteras./Guardianes del tempo/de antigua memoria/de toda la Tierra/narran la historia.

    ( por Dott. Giulio Caso - Italia) – Nemeton : Revista de Literatura y Pen-samento - Apartado de Correos 1130 - Gijón 33280 Asturias – España - Directora: Enriqueta González González .

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    (Un geologo nella Terra del Vesuvio)

    π LO SA Le cifre decimali di π (Pi Greco) sono infinite e cambiano continua-mente. Finora sono state calcolate milioni di cifre ed esse non seguono alcuna regola conosciuta. Se facciamo corrispondere un numero ad ogni lettera dell’alfabeto ( 1 = A 2 = B 3 = C e così via) troviamo che o-gni parola è espressa da questi numeri, non solo, ogni libro scritto e che sarà scritto, ogni avvenimento accaduto o che accadrà, tutti i nostri pen-sieri passati e futuri, sono contenuti in qualche punto della sequenza dei decimali di π. A proposito, il nome femminile che ci è dato dalle prime tre cifre deci-mali non è Eva, ma Ada ( 3,141... : 1 = A 4 = d 1 = a ). Questo pe-rò, nel sistema decimale (e in Italiano); sicuramente ci sarà anche un sistema in cui questi primi numeri (dopo la virgola) di π corrisponde-ranno a: 5 = E 20 = v 1 = a . L’Accademia Italiana di Scienze “Ter-ra del Vesuvio” offrirà una medaglia a colui che lo scoprirà.

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    CHE CALDO CHE FA! Le interferenze sulla natura possono avere risvolti impensati. Un esperimento: una forzatura “scientifica” sulle abitudini delle zanzare produce un effetto valanga che coinvolge quasi tutti gli animali nel loro rapporto con gli umani ed infine cambia le abitudini di vita di uomini e donne. “Uffa! Che caldo che fa! E poi queste dannate zanzare tigri, iene o che al-tro, sono micidiali, non solo pungono anche di giorno (mi ricordo le inge-nue “Culex” che ti aspettavano la notte, tutte vicino al muro, pronte a subi-re il martirio della ciabatta), ma queste , invece, ti inseguono per strada, aggressive ormai, senza ritegno.” – “Abbi pazienza, Evia, ancora per poco” – rispose il Dr Adams – “ , ho approntato il virus che modificherà le abitu-dini delle zanzare, apporterà una modifica al loro DNA in modo da farle rifuggire non solo la presenza dell’uomo, ma anche l’odore o qualsiasi traccia di attività umana, insomma la soluzione perfetta al problema: ognu-no par la sua strada, senza spiacevoli interferenze e nessun micidiale vele-no sparso in natura -. “Speriamo al più presto, dunque, chissà che non ti candideranno al Nobel. Intanto siamo a Dicembre e c’è un caldo afoso e umido”, rispose Evia, ferma davanti alla finestra intenta ad osservare fuori; poi riprese –“ Guar-da! il mare sembra ancora più alto stamani, è arrivato a lambire quasi tutta la spiaggia. Forse dovremo trasferirci in una casa più vicino al centro; qui rischiamo di rimanere isolati”. Dr Adams ascoltò appena, poi tutto soddi-sfatto spense il computer e lo ripose nella sua valigetta (un vero e proprio laboratorio portatile) e si diresse verso la porta – “Vado al Centro Speri-mentale” – ci ripensò, tornò indietro e diede un bacio in fronte alla sua compagna: “Un problema alla volta,cara; questo delle zanzare penso pro-prio di averlo risolto, poi ci trasferiremo in città fra la gente e frequentere-mo tanti amici. Ci rifaremo di questo periodo di solitudine...”. Lentamente l’esperimento ebbe i suoi effetti; anche addentrandosi in una delle, sempre più diffuse, paludi, difficilmente un uomo veniva punto da una zanzara. Semplicemente, queste si allontanavano, in tutte le direzioni, al suo solo passaggio.

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    Tutte le associazioni ecologiche plaudirono al Dr Adams, l’uomo che ave-va trovato la soluzione incruenta al fastidio delle zanzare e aveva contribui-to alla scomparsa di un male endemico: la malaria. “E, adesso, il prossimo passo sarà quello di applicare il sistema alle mosche e agli altri insetti nocivi per tenerli lontano dalle nostre abitazioni” – stava dicendo in una affollatissima conferenza stampa, alla presenza di tutti i principali network del mondo, il Dr. Adams. Era al culmine del successo e il Nobel era un traguardo, ormai sicuro. Anche Evia si sentiva realizzata, risplendeva ai sempre più numerosi, affollatissimi ricevimenti in loro ono-re. Il periodo di isolamento era solo un lontano, fastidioso ricordo. Non avevano tenuto ben conto degli imprevisti della catena alimentare, dell’assimilazione, dell’evoluzione e dei comportamenti conseguenti. Nove mesi dopo – Dapprima i ragni, le lucertole, gli uccelli e i piccoli ani-mali: le arvicole, incominciarono a rifuggire l’uomo, poi anche i gatti e tut-ti gli altri animali diedero segni di intolleranza e fuggivano l’uomo in ogni modo. Per ultimi, quasi vergognosi, fuggirono i cani. Infine, l’uomo stesso si trovò a disagio, quasi nauseato, alla sola vicinanza di un suo simile. Nessuno più osava organizzare un ricevimento; le frequentazioni si erano ridotte al minimo indispensabile. Le grandi città iniziarono a ridursi fram-mentandosi in migliaia di piccoli e isolati rifugi. Il caldo imperante era una buona scusa per tenersi lontani gli uni dagli altri. Anche i rapporti affettuo-si si ridussero al minimo e solo quando proprio non se ne poteva fare a me-no. “Che caldo che fa!” Era la scusa ufficiale. Le nascite iniziarono a dimi-nuire dappertutto. Un anno dopo -“Finalmente siamo ritornati al nostro rifugio” – Proruppe, tutto soddisfatto Dr. Adams , “non ne potevo più di tanta gente” . “ Parla per te “, rispose, però senza convinzione, Evia e, con un poco di mestizia, aggiunse: “ Intanto siamo ritornati dove eravamo partiti; in fondo, sai, non mi dispiace, sto apprezzando il piacere della solitudine. Qui, oramai, è qua-si tutta una laguna, il mare ci protegge da intrusioni, i viveri non ci manca-no.... sai, credo che occorra organizzare anche le nostre cose, i nostri modi di vivere. Ecco, vedi, io mi sistemerò nel capanno in fondo al giardino... per non disturbarti mentre lavori”. “ Si! brava! E’ meglio così per entram-bi, e poi ho una quantità enorme di cose da fare, ci vorranno settimane.. an-zi mesi”, rispose Dr Adams, “ mangeremo a turno in cucina.. tanto per non disturbarci...” , ma già Evia non era più visibile, allontanatasi tra le foglie delle fitte, silenziose piante nel giardino.

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    IL POZZO CANTERINO Una volta fui chiamato a dirigere l’escavazione di un pozzo in un pic-colo paese. Il lavoro di trivellazione durò tutto il giorno e, verso sera, sistemato il foro in sicurezza, ci apprestammo ad andare via. Un giovane operaio, nel salutarmi mi chiese:>. Risposi:. >. > replicai. . Il giorno dopo, un poco incuriositi ed alquanto scettici, gli operai mi aiutarono nella rilevazione della falda col freatimetro; man mano che il filo elettrico graduato scendeva nel pozzo attendevamo il suono che avrebbe emesso lo strumento al contatto con l’acqua... 10, 20, 30 me-tri.. ed ecco che esattamente a 34 metri lo strumento emise il suo se-gnale: aveva toccato l’acqua. Mi presi il mio momento di gloria, ma subito dopo il giovane mi chiese come avevo fatto a conoscere la mi-sura già il giorno precedente. > inventai >. ***

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    Non sempre servono le equazioni di Lorentz – Fitz Gerarld – Einstein per capire il mondo. Le porte del tempo sono ortogonali ai campi elet-tromagnetici. Quien sabe!

    LA QUARTA DIMENSIONE E LA CURIOSITA’

    Immaginiamo un cubo in un universo “euclideo” a quattro dimensioni, -(chiedo venia, per un momento, al mio professore di “Fisica” Erman Gu-stavo allievo di Mario Ageno, a sua volta, allievo di Enrico Fermi)- il cubo diventerà ipercubo. Applicando semplicemente il teorema di Pita-gora si ottiene che la misura della diagonale dell’ipercubo è esattamente equivalente al doppio del lato dello stesso. Il procedimento lo si potrebbe estendere ad altre dimensioni. Solo che l’antica, riconosciuta da tutti noi valida, teoria della relatività, l’affidamento alla luce come riferimento naturale e non al pensiero come fonte di conoscenza aprioristica, la pur non dimostrata teoria delle supercorde, lo studio, ad altissimo livello, della matematica multidimensionale, fanno ritenere ciò una banale eser-citazione, ma... la curiosità dell’uomo non ha confini.

    **

    STRINGHE: OLTRE LA QUARTA DIMENSIONE L’uomo medio non ha ancora, non dico assimilato, ma neanche appena percepito la nozione di quarta dimensione, che alcuni scienziati studiosi di fisica delle particelle, con l’ausilio dell’alta matematica e di una buona dose di fantasia, proposero, circa un quarto di secolo fa, la teoria delle supercorde con le ben arrotolate dimensioni in più. Questa teoria, sostenuta comunque da personalità prestigiose, ha grande valenza speculativa ed eleganza matematica, un poco di meno come fisi-ca galileana (non è stata ancora riscontrata traccia di alcuna particella supersimmetrica).

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    Ma tant’è, date le altissime energie in gioco, esse sarebbero presenti solo in una fase di Big Bang e simili. Non siamo in grado di contestare questo vero atto di fede; ci piacciono poi queste teorie innovative e, diciamolo pure, coraggiose. Ci auguriamo solo di non ricevere, guardando solo verso un punto all’infinito, un pic-colo granello, ben più vicino, proprio in un occhio.

    LE ANFORE DI S. MATTEO Nel 1991 effettuai, assieme ad un collega, i saggi geognostici sull’area corrispondente a “Piazza del Corso” di un paese della Cam-pania. Durante il sondaggio, in adiacenza alla Chiesa di S. Matteo, la trivella, arrivata a circa –15 metri, improvvisamente sprofondò. Dopo l’estrazione, dal carotiere, vennero fuori alcuni cocci di vasi in terracotta che furono raccolti da un negoziante, mentre noi eravamo impegnati nella difficile operazione di sistemazione delle aste . For-tunatamente la cavità in questione era alta poco più di un metro e si riuscì a proseguire nel banco cineritico Subito dopo si rinvenne di nuovo il banco di tufo grigio originario, però in falda. Si trattava, allora, di un cunicolo, a tale inusuale profondità, che ser-viva per il rifornimento d’acqua? Non lo sapremo mai, perché i vari esperti, che arrivarono successi-vamente sul posto, non ritennero necessario soffermarsi sulle infor-mazioni rese disponibili da noi geologi che avevamo effettuato le prime indagini sul sottosuolo. Tempo dopo, trovandomi a passare da quelle parti, mi fermai a guar-dare un gruppo di loro che, perplessi, studiavano il segno circolare del foro lasciato dalla trivella, sperduti, chissà, in mille congetture ar-cheologiche. ***

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    POESIA FOSSILE Per realizzare una composizione è necessario possedere una cono-scenza della tradizione formale per poter creare espressioni nuove da inserire nel mondo delle comunicazioni. Per dirla come R. W. Emerson: “Ogni parola fu originata da un lampo di genio”. Il linguaggio, quindi, è poesia fossile. Come il calcare consiste di in-finite masse di conchiglie, così il linguaggio è fatto di immagini che hanno da tempo cessato di ricordarci la loro origine.

    IL MIRACOLO DI POMPEI Ho conosciuto l’ing. Piero Martinez y Cabrera negli anni 70, un po-meriggio ci parlò del “miracolo di Pompei” che, disse lui: . Raccontò che il padre fu incaricato, appunto, di scavare un pozzo, per la captazione dell’acqua, a Pompei. Il contratto prevedeva un paga-mento proporzionale alla profondità raggiunta. Arrivato a pochi metri di profondità trovò subito l’acqua e, facendosi i conti, s’avvide che non avrebbe guadagnato alcunché. Allora ce-mentò il tratto in falda e continuò a scavare. Gli andò male perché capitò in un banco argilloso di spessore rilevante e “improduttivo” dal punto di vista dell’acquifero. Non poteva continuare per non rimetterci ancora. Allora disse al committente che non c’era una falda sfruttabile e andò a scavare in un altro posto, ove “trovò” l’acqua. Dopo qualche anno, la pressione dell’acqua nel primo foro ebbe la meglio sulla chiusura, evidentemen-te non adeguata, e con forza rinvenne in superficie costituendo, ap-punto, il cosiddetto miracolo di Pompei.

    ***

    VITE PARALLELE

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    Pure emozioni hanno forato gli anni travalicando ricordi adimensio-nali senza collocazione nella vita vissuta eppure reali, tanto da stimo-lare il pianto liberatore, ma esso è rimasto in gola come un singulto inespresso. Solo gli occhi lucidi si aguzzavano, sforzandosi, di ri-chiamare immagini mai viste, forse, ma perché, perché le ritrovo nella mia mente? Mistero dei sogni di vite parallele plagiate da sensazioni che rivivono e ci accomunano al di là del tempo.

    LO IETTATORE

    Ho frequentato l’ultimo corso di Fisica Terrestre, tenuto dal Prof. Giu-seppe Imbò, alla facoltà di Geologia dell'Università Federico II di Na-poli. Un giorno, in una pausa della lezione, Imbò ci raccontò di aver previsto i sintomi dell’ultima eruzione del Vesuvio. Egli aveva, invano, avvertito, tra gli altri, gli americani del pericolo imminente. Non fu creduto, o quantomeno, non fu tenuto in considerazione. Il prof. Im-bò non faceva mistero del probabile motivo: i geofisici, come i geologi di una volta, non erano famosi per il loro look. (Maslov diceva “essere o apparire” ; Imbò preferiva essere). Un capitano, invece, gli diede, i due litri di alcool che egli aveva pari-menti chiesto. L’eruzione del Vesuvio, iniziò il 18 Marzo 1944 e si concluse il 29 del-lo stesso mese. Dall’alba del giorno 22 fuoriuscirono dal cono principa-le milioni di tonnellate di lapilli che, spinti dal vento, ricoprirono vaste zone della Campania con danni ingenti e vittime (45 + 2 , successiva-mente, per esalazioni nocive da mofete). A Terzigno, i lapilli, distrussero un intero stormo di bombardieri ameri-cani che avevano operato nella zona di Cassino, ma l'alcool permise a Imbò di far funzionare il sismografo e di registrare preziosi dati sull'e-ruzione.

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    Imbò ci disse anche che un alto ufficiale americano aveva, in seguito, chiesto:«Ma chi era quello iettatore?». >. Ciò detto, rimane a guardare la scena, soddi-sfatto del suo ottimo contributo linguistico. Interviene un insegnante dei bei tempi andati: >. Dal grup-po si leva indignata la voce dello psicologo:

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    vranno, senz’altro, causato dei complessi, che non esito a defini-re…freudiani>>. Una simpatica e volenterosa docente, nell’intento di miti-gare gli animi si fa avanti e dice: >. L’autista interviene, indicando l’asino: >. Dal pullman, sorretto da due belle e giovani assistenti, come è ormai tradizione, scende il famoso pedagogo che pontifica: >. Un'assistente aggiunge: >. L’autista che non gradisce di es-sere associato all’asinello, la guarda alquanto accigliato e sta per sbottare. A questo punto arriva una contadinella, mette il pollice in bocca all’asinello che inizia a ciucciare e la segue nel vicino prato liberando la strada. La gita può riprendere, mentre la contadinella sorride umilmente ai pensie-rosi astanti.

    IL TESORO DEL PALAZZETTO DELLO SPORT

    Fra i miei primi incarichi, nel 1983, ci fu quello di effettuare lo studio geo-logico sul sottosuolo dell’area su cui avrebbe dovuto sorgere un Palazzetto dello Sport. L’incarico era prestigioso, ma l’onorario solo promozionale. Accettai a condizione che la ditta mi mettesse a disposizione i macchinari per effettu-are tutte le indagini geognostiche e le prove geotecniche necessarie. Ol-tre che per correttezza professionale, ci tenevo a fare bella figura. Infatti, grazie alle mie indicazioni fu eseguito un sistema fondale, credo, egregio (almeno quello. Dai miei studi si appurò, inoltre, che era ivi esistente, fra i sette ed i nove metri di profondità, un livello di riporto antico. Diffusi ampiamente questi risultati con reazioni minime da parte degli inte-ressati. Anni dopo venni a sapere che una persona aveva “captato” , nel sottosuolo del sito, l’esistenza di preziosi reperti antichi. Beato lui! . . ., e senza l’ausilio di mezzi tecnici moderni o quantomeno di scavatrice o di trivella. ***

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    Commento sul prossimo “evento naturale” (Deja Vu - Monologo)

    La mia non può essere che una sintetica valutazione, chiara, palese, al di là di ogni possibile, fuorviante, interpretazione del problema, per cui, consi-derazioni statistiche e analisi stocastiche delle rievocazioni e ricorrenze spazio-temporali di siffatti eventi, causa di immediate, ma non perduranti, preoccupazioni, tali cioè da non far, quindi, approntare, quantomeno, un approccio di risoluzione, nel campo della protezione civile e della difesa ambientale, come giusto sarebbe, usando un minimo di buon senso o di prudenza cautelativa, almeno da buon “pater familias”; per stemperare, e sgomberare il campo a successive, possibili, fuorvianti, diagnosi semanti-che e lessicali, risponderò in vernacolo: “Po’ capità”. IL RABDOMANTE

    Per la ricerca delle risorse idriche, ancora oggi, in alcune località, vi è la consuetudine di servirsi di individui detti rabdomanti. Questi per mezzo di una bacchetta di legno indicherebbero l’esistenza o meno di acqua nel sottosuolo. Le facoltà del rabdomante (rhàbdos = bacchetta nàntis = indovino) non sono mai state verificate scientificamente, sfuggono, se esistono, ai controlli sperimentali. Infatti nell’ipotesi che il rabdomante fosse realmente in grado di avvertire la presenza di acqua nel sottosuolo, ne deriverebbe una specie di legame tra i suoi sensi ed il fluido in que-stione, una qualche radiazione o emanazione di onde. Tutti gli espe-rimenti in tal senso eseguiti finora concordano su un solo punto: esito negativo. Eppure ci fu una eccezione che indusse a proseguire le ricerche con risultati sorprendenti. Si constatò, infatti, che le ipotizzate radiazioni non erano una facoltà dei soli rabdomanti, ma in misura diversa, di tutti gli esseri viventi.

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    Successivamente si arrivò alla scoperta dell’effetto Gurwitsch per cui ogni essere vivente emette delle radiazioni capaci di impressionare particolari lastre. Gli studi continuano. Ciò detto bisogna dire che, anche se il problema relativo alla fenome-nologia e alle reali capacità di operare dei rabdomanti resta un feno-meno scientificamente inesistente, tempo fa, una nota ditta multina-zionale, dovendo fare delle ricerche idriche, incaricò due geologi e... un rabdomante.

    *** (La violenza su ciascun uomo colpisce tutta l’umanità) Cristalli Geminati (Twinned Crystal) Vita parallela/dell'uomo: il sogno;/di abissali pensieri/raccorda il confi-ne/nel Tempio d'universali/intenti d'amore/ove il silenzio/risale il canto/su onda di dolore/che lo tiene avvinto/a… geminati/cristalli di luce. Domenico Rea e le tufare Nel periodo bellico gran parte della popolazione di Nocera trovò rifugio dai bombardamenti rifugiandosi nelle tufare. Vivere in questi oscuri antri non doveva essere affatto facile; così ne parla Domenico Rea nei suoi Rac-conti (1953) – ... Anche noi ci incamminammo in fila indiana verso il fon-do del Purgatorio (tufare). Chi veniva in senso inverso, doveva aspettare che passasse la nostra colonna e poi continuare. C’erano a grandi profondi-tà alcune lanterne ad olio che scoprivano debolmente una sorta di paesag-gio fatto di valli e colline, coperte letteralmente di gente. Dovevano essere un quarantamila persone (il numero è probabilmente esagerato perché rap-presenta la totalità della popolazione di Nocera dell’epoca). Poi il Purgato-rio camminava ancora, voltava, girava, si perdeva alla vista. Era come se Nofi (acronimo con cui Rea indicava Nocera) fosse capovolta e si ritrovas-se in piccolo tutto il suo paesaggio di vicoli, abitanti, colli e valli. ... Noi trovammo posto sull’orlo del pozzo (pozzo di aerazione e di colle-gamento con i siti di estrazione del tufo; potrebbe essere proprio quello re-centemente crollato), dove c’era anche il beneficio di una lanterna segnale.

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    Si sguazzava nella sporcizia e l’aria sembrava una cosa spessa, sporca, che dava allo stomaco e intontiva. … Mio padre, seduto sul ciglio non ce la fa-ceva a respirare. ...Io e mio cognato.. ci accorgemmo della scomparsa di papà. ... fummo costretti a uscire... Vedemmo un piccolo aeroplano sbu-care da dietro la verde collina di Chivoli con la leggerezza di un uccello. Subito dopo sganciò un paio di patacche nel tentativo di far fuori uno sper-duto motociclista tedesco, e mise invece fuori servizio un altro paio di case . ... Verso sera ridiscendemmo nella tufara. La gente dormiva a branchi. Ogni branco era una famiglia. Solo i vecchi stavano svegli, magri, bianchi e sudati come candele. Le tufare rappresentano dunque, secondo me, un pezzo importante della nostra storia; spero che un giorno venga riaperta la loro parte più sicura per ricerche di reperti storici e per organizzare escursioni turistiche nella Noce-ra Sotterranea.

    AMBIENTE, SALUTE E AGRICOLTURA Uno dei temi su cui non ci si sofferma mai abbastanza è quello del rap-porto fra l’ambiente e l’agricoltura (tutti e due, temi, legati direttamente alla nostra salute). Tutte le conoscenze, le accortezze, la sapienza di secoli di esperienze, tendono ad essere annullate dalla implacabile logica dell’economia di mercato. Si ha il progressivo abbandono dei terreni collinari e pedemon-tani dove coltivare è più faticoso e non più conveniente. Queste aree, purtroppo, sono proprio quelle di maggiore fragilità del territorio. Per venire incontro alle suddette difficoltà, credo che sia giunto il mo-mento di riconoscere all’agricoltura un ruolo nuovo: oltre al tradizionale ruolo produttivo, anche quello determinante nella costruzione ambientale e quindi a favore dell’intera collettività. Un giusto riconoscimento, quin-di,nella politica di gestione del territorio valorizzando gli stessi agricol-

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    tori, anziani e più giovani, nel loro compito a tutela del patrimonio am-bientale. Nelle nostre zone l’economia agricola ha condizionato, per secoli, l’aspetto paesaggistico e ambientale; operando sull’aspetto economico invoglieremo sempre più giovani a proseguire quest’opera che va a mi-gliorare molte caratteristiche di stabilità dei nostri versanti montani. Un buon rapporto agricoltura-ambiente può migliorare vari aspetti sanitari legati alla salubrità delle acque, superficiali e profonde, conseguente-mente la qualità dei prodotti agricoli consumati dall’uomo.

    *** (Il nuovo idolo: l’eurocemento) SARNO

    Pomici antiche/"cuesta" coprirono./Lenta la deflazione/e venne il tem-po/che a mille darcy/la pioggia sparse/gocce sue figlie e…/fu tutt'una fra-na/ di fango sciolti granelli/curve di fondo cambiarono/ in dendritico aspetto./Poi … drenaggio inconseguente/elutriazione occulta, inascoltata/da emimorfi adoratori/dell'eurocemento.

    VOCI DAL PASSATO (I segreti del tempo, segnati sul vaso non amano la luce, la curiosità) Oggi ascoltiamo suoni riprodotti si CD; fino a qualche anno fa c’erano i vecchi dischi di polivinile (33 o 45 giri) che hanno caratte-rizzato tutto il XX secolo, e nel futuro? Chissà! In ogni modo il metodo di incidere su un solco voci e suoni, oltre che l’uso dei nastri magnetici, ci ha consentito di registrare le voci di can-tanti del passato; si pensi, uno per tutti, a Caruso. E... più indietro nel tempo? “Ma!” , si dirà , “precedentemente non c’erano registrazioni su solco “. Errato! Da migliaia di anni l’uomo lavora l’argilla tra-sformandola in vasi e brocche di terracotta. Un misto fine, contenente

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    feldspato, piombo, diaspro e sali vari, che veniva messo in rotazione su un piatto orizzontale e fatto girare dalla ruota del vasaio. Un vero e proprio giradischi, come teorizzò, già nel 1969 Richard Woodbridge. In realtà attorno a molti vasi e brocche spesso vi è segnata una sottile filettatura, effettuata dal vasaio con un filo sottile, mentre il vaso gi-rava ancora umido. Su quel solco si sono registrati vibrazioni, anche sonore, che facevano oscillare il filo stesso con armoniche secondarie. Si sta cercando, perciò, di elaborare un sistema per separare le regi-strazioni originali di eventuali voci dal rumore di fondo. Come si fa con i vecchi dischi del primo novecento. Già adesso si può sentire il rumore ritmico della ruota a pedale, ma, spero che presto sentiremo parlare in greco antico, latino e molte altre lingue antiche originali. Voci provenienti da centinaia se non migliaia di anni fa.

    *** Geologi Ascoltano segni:/onde riflesse/da un luogo profondo/ove trovasi il cuore/motore del mondo./Vette infuocate/spargono ai venti/cristalli anneriti/lave bollenti/richiamo ancestrale/per chi vuol sapere/ed osa sfidare/le nuove frontiere./Guardiani del tempo/di antica memoria/di tutta la Terra narrano la storia.

    Gaetano Cercola è nato nel 1943 a Nocera Inferiore (Sa), dove risiede e insegna materie letterarie nella Scuola secondaria di primo grado “Ilaria Alpi”. Segnalato al Premio nazionale di poesia religiosa “Madonna di Montalto” (Messina), IX edizione, 1998, per il sonetto “Alla Vergine”, e premiato col diploma di riconoscimento al merito al concorso indetto dall’Accademia di Castiglione di Sicilia (Catania) “Il Convivio”, per la li-rica “Trittico”. È presente nell’«Antologia 2001» “Terra del Vesuvio”, a cura dell’omonima Accademia fondata dal dott. Giulio Caso; nell’antologia poetica “Le parole per te” a cura di M. Schiaffini e G. Bianco, Giulio Per-rone editore, Roma, 2006; nell’antologia “Cento poeti per l’Europa del ter-zo millennio” a cura di C. Aliberti, A. Manitta, G. Manitta, Accademia internazionale “Il Convivio, Castiglione di Sicilia (Ct), 2007.

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    Notturno Salpa mesto il veliero del giorno nell’ultimo riso del cielo verso ponente: candido silenzioso lieve veliero che naufraga nel grido purpureo dell’orizzonte. Con ali d’ametista la notte il petto mi percuote Improvviso Nell’anima una gelida acquerugiola ostinata: nel cielo un singhiozzar di sole tra le nubi disperato. ***

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    Notturno A Venezia la luna sta immobile nella laguna, spettro d’un sorriso ormai stanco. L’acqua Impeciata consuma la pietra.

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    Pino Contento. Risiede a Nocera Inferiore, poeta per diletto. Ha pubblica-to su giornali e riviste locali. Tommy Ti ha strappato dalle braccia di una inconsolabile Mamma l'oscena indegna mano di un mostro sembiante umano. Il Tuo pianto acuto era un disperato grido, "inevitabile" addio alla vita per un folle e rozzo bruto. Oh Destino che dirigi la sorte, nel permettere l'atroce evento sei stato crudele o distratto? ... Eppure, Tommy era innocente ignorava il male e non ne ha fatto. Non ci resta che il vuoto ormai e lo sdegno di una giustificata risposta che non arriverà mai. *** Semi nel vento

    S‘involarono semi nel vento e non si sa dove avranno messo radici. Il destino e le correnti conoscono il luogo segreto che mai riveleranno. Forse saranno fiori stupendi o frutta deliziose

    per nutrire bimbi da crescere.

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    Sally Sally, favolosa mora, è la verde età tua amica che ti fa radiosa ancora. Sei eleganza di Venere, quando abbigliata nelle pregevoli sete si muovono le tue nobili linee. La tua presenza è solare, rinnova come la brezza marina nei giardini di un lungomare. Se gli anni per conto loro vanno ti si ferma saldo l’aspetto giovanile nella sua naturalezza. Ti è indifferente il tempo che passa né tanto o poco ti importa di questo dio che ci fa arrugginire, Tu Sally, serena sorridi al tempo e all’avvenire.

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    Ad una poetessa

    Tu scrivi sul vapore acqueo dei vetri interni del cuore. E sono versi che mentre si sciolgono in molecolari gocce perline si riuniscono per diventare dolci parole e suoni cui salendo dal tenero scrigno esulta libero lo Spirito vagando gioioso nell’aria. Fervida, ancora scriverai perle brillanti per il mosaico della Vita che splende Amore come diamanti. ***

    Via col vento Improvvisamente con scherzosa prepotenza un’ardita folata di vento, ti scompiglia i capelli fluttuanti composti e ordinati poc’anzi. Socchiudi gli occhi per difesa, arricciando il naso con forza energica opponi resistenza. Sei apparsa: una magica figura. In quel confuso istante, quasi fossi discesa sulla terra sembravi eterea creatura.

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    Maria Rita Cuccurullo. Ha partecipato con successo a Premi di Poesia Nazionali ed Internazionali. Laureata in Scienze del Servizio Sociale, lavo-ra in un Ente Pubblico. Giornalista Pubblicista, è Direttore Responsabile di una rivista di informazione di utenti e operatori del DSM di Nocera In-feriore. Accademica di “Terra del Vesuvio”.

    Scrive su quotidiani e periodici culturali ed ha lavorato presso un’emittente televisiva locale.

    È presente nelle Antologie Orizzonti, Terra del Vesuvio, ha pubblicato i libri di poesie “Frammenti di Vita”, “Dedicato a lei”, “Attimi”, “Rime D’Amore”.

    È iscritta all’Albo Ufficiale dei Poeti Italiani. Ultimi libri per bambini pubblicati: Le avventure di Winda e Parole in girotondo, entrambi molto apprezzati dalla critica e diffusi particolarmente negli ambienti scolastici. Nostalgie d’autunno * * * Rami piegati dal vento nell’ondeggiare composto di foglie che cadono stanche in questo scorcio d’autunno, mentre le gocce di pioggia vagano insieme ai pensieri e ai ricordi che migrano fitti. Ritratti d’autore rispolverati dal tempo nel sibilo sottile del vento che sfiora i giorni e l’eco di antichi amori.

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    Amarvi * * * Nel cheto canto del mare ascolto le vostre voci che a nanna s’apprestano, stanchi del giorno e dei giochi vivaci. Una dolce nenia che culla l’anima e carezza il volto di velata fatica. Tenervi tra le braccia e guardare nei vostri occhi la mitezza delle onde dolci, l’abbandono lento nelle luci che assopiscono il giorno e gli ultimi spruzzi di onde ballerine. Amarvi, amarvi immensamente, sentirvi come gli attimi che pervadono il cuore di materno vivere. Amarvi, amarvi e null’altro. Amarvi nella bellezza infinita del tempo amarvi nel cheto canto del mare della vita!

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    Gina Cultrona nasce ad Adrano in provincia di Catania, ai piedi dell’Etna, laureata in filosofia ha sempre insegnato Lettere alla scuola me-dia. Per i tuoi cento anni papà Un giorno da festeggiare chi da bambina ti ha preso per mano, chi ti ha fatto crescere, indicandoti i valori della famiglia e della vita.. Un giorno da festeggiare chi ha vissuto con te i momenti più belli della tua fanciullezza e della tua giovinezza. Un giorno da ricordare chi ha palpitato con te per i tuoi successi, ma anche per i tuoi insuccessi. Sei tu, padre mio, che mi hai insegnato ad amare e a perdonare, a lottare senza disperare. Alla rabbia hai contrapposto il sorriso, all’ostilità hai preferito la carità. Tante sono state le difficoltà, che hai superato con onestà e dignità.

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    Cento sono gli anni che hai trascorso, ma mille sono gli insegnamenti che hai prodigato, additando ai tuoi figli il giusto cammino della vita. Tanti sono i tuoi anni, tanti i sacrifici, le privazioni che hai sopportato, per offrire un avvenire decoroso ai tuoi figli, che ti ringraziano.

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    Carla D’Alessandro è nata e vive a Nocera Inferiore. Da più di trent’anni opera nel campo dello scrivere sia come poetessa che come scrit-trice. Ha pubblicato varie recensioni, articoli culturali e di attualità oltre che racconti, fiabe e poesie. Nel 1976 ha pubblicato il suo primo libro di po-esia “La mia bambola di carta pestata” edito da Galzerano, nel 2005 è usci-to il secondo libro “L’Amore della vita” edito da Menna. Ha partecipato a vari concorsi letterari nazionali ed internazionali ottenendo riconoscimenti importanti. A te, figlio nato da stupro Tu, figlio, nato da stupro sei il mio odio a quell’uomo nemico, che mi ha presa come preda di guerra. Tu, figlio, nato sei la mia vergogna di donna sconfitta. Tu, figlio, comunque nato da quello stesso dolore di madre che soffre il travaglio del parto. Tu, figlio, nato sei il mio contrario di odio-amore. Io donna-madre-preda ti odio, figlio della violenza, ti amo, figlio innocente. Non ti ho soppresso, non ti ho violato nella tua vita di uomo futuro. Ti ho allattato ma avrei voluto ucciderti quando piangevi.

    Ti ho abbracciato nel sonno, uccidendo in me l’odio per quell’uomo-belva, che ha ucciso la mia vita. Stringimi, figlio di stupro ho bisogno, io donna

    [sconfitta,] della tua forza per continuare a lottare e a vivere.

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    Linfa (II posto Premio Letterario “Città di Tramonti”) Nasceva dalla linfa pura del cuore quel sentimento forte che bambina mi spingeva ad esserti amica, o Claudia. Ricordo ancora il tuo viso paffuto e lentigginoso da pel di carota, quel ciuffetto alto dei tuoi capelli corti. Nel banco sedevamo insieme : io minuta e tu corpulenta, io silenziosa e tu loquace. Finimmo le elementari, a Napoli andasti. Mai più ti vidi! Seppi solo che il destino avea reciso il tuo sorriso. A me di te, Claudia, resta il limpido ricordo di una cara amica ed una ingiallita vecchia foto di classe, dalla quale mi sorridi eternamente bambina, fonte di pura linfa.

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    Giulia D’Alessandro. Nata nel 1983; vive a Nocera Inferiore. Poetessa, cantante, autrice di testi di canzoni e di format televisivi. Ha pubblicato di recente il suo primo singolo “Dietro il velo della libertà”. Dietro il velo della libertà Vento d’oriente…, sabbia del deserto… raggi d’argento che filtrano sulla terra dorata… infondendo calore! Ma a te donna! Di tutto questo Non assaporasti Per via di quel velo Che occhi e viso Ti coprivan. Un giorno gridasti… Libertà… libertà! Dove sei… libertà… … prendimi fra le tue braccia… Portami via… via… … via di qua. Sognasti di volare come fa un airone verso l’ambra del tramonto e l’argento delle acque per trovare finalmente quella per tutti scontata libertà. Libertà… libertà! (Rip).

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    Aldo Di Vito. Avvocato. Interessato alle problematiche sociali e alle arti. Ha pubblicato libri, saggi ed articoli vari. Occhi musulmani Chi sa da quale terra del mondo venuta da quale ignota patria infuocata di guerra e di terrore fredda di miseria e d’oppressione alle strade del nostro grasso Occidente gratta sul suo scadente violino impolverato un valzer viennese d’altri tempi mentre il bimbo ciondola intorno raccattando centesimi dentro un bicchiere di carta trasforma il decadente motivo imperiale in proteine alimentari lei ti spalanca in viso due splendidi occhi musulmani enormi e sofferenti e a stento decifri sfuggirle dalle labbra un “grazie” italiano incomprensibile flebile come un respiro.

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    Vincenzo Liberale. Nato a Nocera Inferiore (SA) l’11 febbraio 1941, ri-siede a Vicenza dal 1975.

    Esperienze giornalistiche: 1962-68 collabora con “Il Mattino” di Napo-li, con il settimanale “Sport Sud”, con “Lo Sport Del Mezzogiorno”, con “La Gazzetta Del Sud” di Messina, con “La Voce Di Salerno”, con “Il Ri-sorgimento Nocerino”.

    Esperienze letterarie: 1962-68 ha pubblicato numerose composizioni po-etiche nella Rivista “Fiorisce Un Cenacolo”.

    Attualmente pubblica poesie e racconti su “Il Risorgimento Nocerino” e sulla rivista “Poeti Nella Società”.

    Una sua composizione “L’Assoluto e il Silenzio” si è classificata terza ex aequo al Premio “Nocera Poesia”. Anche ad occhi chiusi “Sai che tutti noi sogniamo?”

    “Che domande. Certo!” “Sai anche in quanti modi si può sognare?” “No, prova a dirmelo.” “Anche ad occhi chiusi!” “Ok, so cosa vuoi dire. Ti riferisci ad un altro modo di sognare?” “Sì, quello ad occhi aperti.” La donna si sedette sul letto e incro-

    ciò le gambe. “Senti, bell’imbusto, non fare il filosofo e non pren-dermi in giro se no ti prendo a cuscinate. Parlami dei sogni!”

    “Eh sì, succede, succede quando si comincia ad amare! Amare e sognare sono come due facce della stessa medaglia. Quando si ama si comincia a sognare!”

    “Ma io non ti ho mai sognato, eppure ti amo. Voglio dire, t i a m o, ma di sogni nemmeno l’ombra… eh …forse mi sfugge qualcosa?”

    “Credo di sì. Allora, diciamo che tu mi ami!” Roberto cercò di nascondere il sorriso.

    “Come masochista cerchi cuscinate, Roby?” “Sii seria! Quando tu dormi, può accadere che mi sogni e questo,

    mi riferisco ai sogni, può anche non accadere, cioè dormi e basta. Ma quando stai lavorando in ufficio e ti fermi con un fascicolo in mano o davanti al pc col tuo sguardo bloccato a fissare il vuoto, al-

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    lora il quel preciso istante stai sognando il mondo che ami, e cioè me e o le cose che ami, ma, Sara del mio cuore, tutto questo ‘ad oc-chi aperti’.”

    “Vero, Roby! Credo di avere afferrato il concetto. A me capita spesso, e se chiudo gli occhi, “ti vedo” ed è come se aprissi un al-bum di foto.”

    “Brava, e mi puoi rivedere quando vuoi. E se si ama, si diventa schiavi dei sogni… ad occhi aperti. Lo sguardo si proietta nel vuoto senza che te ne accorgi e rimani lì per diversi attimi come ghermito da una magia: insomma una tranquilla e deliziosa pausa.

    In quei momenti si può sognare di tutto: casa al mare, un vestito, un bacio, una frase che ti è sembrata gradevole o vera, un gesto di un amico… insomma di tutto…!”

    “Hmm! Mi stai piacendo. Ed io che non sono tanto bella, piaciuc-chio, professore mio, vero? come diceva il grande Totò.” Così scher-zando curvò indice e medio e gli tirò un bel pizzicotto sulla guan-cia. “E dell’Amore, che ne pensi? Di quello vero, intendo!”

    “Domanda di una difficoltà gigantesca, Sara. Se ne sono dette tante e se ne discuterà sempre. L’Amore vero è un sentimento di impossibile coniugazione, è inspiegabile, misterioso.”

    “Misterioso perché?” chiese Sara “Semplice, per favore!” “La bellezza non ci fa innamorare. Cioè non è causa di innamo-

    ramento. Se così non fosse, ci innamoreremmo tutti delle donne bel-le. Invece, uno spilungone si innamora di una donna bassa, una tappetta insomma, lui un bidone e lei magra come una stecca da bi-gliardo. Per dire solo delle dissonanze fisiche, ma le ‘differenze’ che fanno innamorare sono infinite. Per esempio fra me e te esiste la dif-ferenza: è che io sono docile e arrendevole, tu sei ostinat…!” Non finì la frase. La cuscinata di Sara gli arrivò rapida e vigorosa.

    “Roooby, Roby, prima ti picchio e poi ti mordo.” Sara era simpa-ticamente stuzzicata da lui e lei era felice di averlo lì che le parlava di sogni e d’amore. “Ora mi spiegherai l’amore irrazionale, hai det-to così, mi pare.”

    “Sì, è proprio così, irrazionale. Quando ci si innamora, l’altra persona è come se prendesse uno strano possesso del tuo cuore, del-la tua anima, e del tuo cervello.”

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    “Che c’entra il cervello?” “C’entra, c’entra. Il razionale cede il posto all’irrazionale, la ra-

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    gione è sconfitta dal sentimento.” “Amore, ti prego, non te ne venire con questo linguaggio.” “Voglio dire che quando ci si innamora, si comincia a perdere la

    testa, si perde il senso critico, cioè si diventa un po’ cretini», riprese Robby serio dopo aver fatto una breve pausa. «Il partner, l’amante, il fidanzato insomma, la persona amata… l’altra metà… be’ fai tu, ti cattura… ti prende. A quel punto la sua immagine, i suoi gesti, il modo di camminare, di guardarti, o qualcos’altro emozionante, ti entrano nell’anima all’improvviso o quando meno te lo aspetti. E viene così l’inizio e si comincia sognare chi si ama… mentre si dor-me. E qui si ritorna ai sogni sui quali non hai nessun controllo.”

    “Cioè lo si vive così, come viene.” “Almeno apparentemente, ma il pulsante sei tu a premerlo.” “Ti dispiace spiegare meglio?” “Ok! Voglio dire che le ansie, le emozioni, i dispiaceri, dolori,

    gioie… tutto quello che abbiamo dentro è come se evolvesse in un’esplosione, un sfogo insomma che diventa un sogno-incubo o un sogno gioioso. È quello che si ha dentro che crea la natura dei so-gni.”

    “Chiaro! Questo succede quando si dorme. Ma il modo consueto e normale di sognare non è sognare dormendo ma stando svegli cioè ad occhi aperti. Dico bene furfante?”

    “Esattamente!” “Come ti ho già detto, non ti ho mai sognato dormendo, cioè ad

    occhi chiusi. Ma io non ho alcun bisogno di dormire per sognarti. La sera, prima di addormentarmi, sei proprio qui davanti a me. Sussurro il tuo nome come un automa. Mi rivedo sulle tue ginoc-chia, sento il calore della tua mano sulla guancia E mi viene una grande voglia di stare tra le tue braccia. Poi, come se uscissi da un torpore, mi accorgo che tutto si deforma come in uno specchio. Non mi resta che asciugarmi gli occhi lucidi. E presa dalla stanchezza mi lascio andare. La mattina mi sveglio e chi mi appare davanti?!”

    “Provo a indovinare!” “Te, che sei la mia vita, Roby!” Gli affibbiò un altro pizzicotto e si

    baciò le dita sorridendo di gusto.

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    “Anche tu lo sei, Cucciola! Mi piace da morire il tuo modo di es-sere donna. Sei schietta e sincera e adoro il tuo modo di amare. A volte sei impulsiva e caparbia ma mi piaci proprio così. È questa la tua forza che non ti deve mai abbandonare. Non dobbiamo mai smettere di sognare perché con i sogni diamo speranza all’anima ed energia al cuore.”

    “Robby, secondo te, sognare ha un’attinenza, un legame, con il ‘passato’ o può rappresentare un riferimento col ‘futuro’?”

    “Non è facile rispondere. Credo che il passato siano le nostre ra-dici, le nostre vicissitudini, le nostre emozioni. Ognuno di noi è il prodotto del suo passato. E il futuro rappresenta la conseguenza dei momenti che viviamo oggi. Con i nostri sogni spianiamo la strada verso il futuro. Insomma, i sogni sono le reazioni della nostra inte-riorità. I messaggi che teniamo nel nostro ‘scrigno’, cioè qui… e Ro-berto portò la mano all’altezza del cuore, sono…”

    “Reazioni!?” “Sì, reazioni alle vicissitudini della nostra vita. Dall’anima rice-

    viamo dei segnali. A volte chiari, comprensibili, ma nella maggior parte dei casi di questi segnali-messaggi non si riesce a comprende-re il significato.”

    “E tu, Cucciolone mio, hai interpretato bene tutti i messaggi del mio cuore?”

    “E una parola, geroglifici, sembrano autentici geroglifici!” Sara gli sorride con gli occhi lucidi: «Ti seguirò ovunque andrai.

    Ti amo, Robby, e non sai quanto!” “Anch’io potrei dire lo stesso!” “Conserverei il tuo cuore nel mio. Che pazzi! Siamo proprio due

    pazzi… due pazzi… pazzi che ‘si odiano’.” “Se sapessi quanto ‘ti odio’, Sara!” “Io ‘ti odio’ molto di più, e ti odierò sempre!” “Ah sì, allora mi devi un bacio odioso!” Lei lo bacia e gli mordicchia. “Ahi, scema, sei proprio scema e anche matta!” “Scema no, completamente matta sì, ma di te.” Lui l’agguantò, lei si lasciò agguantare… si rotolarono sul letto…

    e si dimenticarono dell’Universo.

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    Vorrei Vorrei prima assopirmi Vorrei addormentarmi poi e morire Un trapasso tranquillo Come un carretto colmo di peccati e sogni Evitando buche e scossoni Vorrei assopirmi prima A poco a poco… lentamente Mirando le fievoli luci Ascoltando la nenia delle lacrime Così potrò allestire l’anima Alla prima notte di quiete. Felicemente strano O stranamente felice Vorrei, soccombere a Morfeo, appendermi alla mano di mia madre e incamminarmi con lei. Oh, che sonno! Ho bisogno di dormire Dormire sperare… e sognare La prima notte di quiete E Quella Mano.

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    La Quinta Stagione Sei mesi…sette Mi restano Forse anche meno Vivo Grazie a un esile peduncolo Legata come una foglia a un ramo di pesco, Lei disse Mentre una lama di sole Affidava tepore alla sua mano. E aggiunse Non conto più i giorni Né le ore Rassetto finanche i minuti E li tramuto in attimi Cercando di imbrogliare il tempo. È scritto che in Autunno La mia foglia staccherà il peduncolo dal ramo Calerà danzando nell’aria infreddolita E con le altre foglie In un corteo di silenzi solenni Mi apparirà Il primo attimo Della Quinta Stagione.

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    Naturale e Divino Ecco l’Intelletto! Interviene Ne ha facoltà Ne ha diritto Deve intervenire Deve… Eh no, la Ragione no Non deve …non può Deve solo tacere Poi anch’Essa deve intervenire Deve dire la verità sua E l’Intelletto a quel punto Comincia a zittire anch’esso Lo deve Tacere deve Ascoltare e comprendere Devono entrambi tacere come in un duetto Giacché il Cuore, Ignorando l’Uno e l’Altra Cominciò ad amare Così è l’assioma Naturale e Divino Perché l’Amore li sovrasta entrambi…sempre.

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    Più tempo al tempo Te ed io accovacciati All’ombra di querce silenziose Le cicale spargevano la monotona nenia I tuoi sospiri accendevano luci intorno Come da vulcani attivi i baci soggiacevano Ai nostri desideri. La Natura porgeva la sua placida armonia. L’Universo indugiava intorno Una lama mi trapassò Quando stranamente seria rivelasti: Mi sto riscaldando all’ultimo Sole Questa Primavera non dovrebbe mai finire: mi sorregge il tempo che si fa odiare e amare mi dispero l’odiare come mi conforta l’Amore vissuto. Truffato dal Destino Mi venne di pregare Invocai più Tempo al Tempo E fu…invano.

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    Di nuovo il sublime Ora che lei non mi sorride più Sei apparsa Hai raccolto con cura le mie pene E le lame che mi avevano trafitto. Il Destino ignobile e folle Aveva sentenziato la sua scomparsa E Lei sapeva di riscaldarsi con l’ultimo raggio di Sole Sapeva che la radiosità dell’Estate le tendeva l’ultimo abbraccio Per la danza rituale l’Autunno rilasciò le prime foglie la sua anima si librò alla Fine, rassegnata. Alla deriva con l’anima vuota, incontrai Te, le mie pene a poco a poco si dissolsero. E come un vecchio contadino cominciai A spargere semi di sogni Ne avevo accuratamente seminato uno Ma ho raccolto un incubo. E dunque! Donare o affliggere: che perfida incombenza Di un Destino che sceglie uomini dal cesto come mele Senza mai guardare E un giorno la Primavera colorì le tue pupille di un castano scuro. Le guance uniche, le labbra mature, la pelle ambrata dal sole Sedussero me e lo spirito. ”Ti amo!” sussurrasti col viso in fiamme

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    Replicai commosso: “Anch’io sono di nuovo felice di amare!” E dentro di me qualcuno bisbigliò: “Non ti sembra un furfante il Destino? Distruggere un amore e crearne un altro!?”

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    Ettore Locatelli è nato e vive a Sarno. Tra i suoi hobby c’è la poesia. Ha partecipato a diversi premi letterari (Monza, Fonopoli, Melegnano ecc…). A Selene * * * Silente, mentre scivoli diafana sul tuo cielo lavagna, ritorni a me nel tuo etereo chiaror. E quindi anch’io torno a rimirarti sul colle dei miei pensieri che cercano, vacillanti e fermi, il lievitante influsso del tuo mistero. E quando intendo che il mare così grande ti ubbidisce, il tuo finto apparir mi rassicura. E come tanti prima il priego ti rivolgo della mia inascoltata fantasia e altro non posso regalarti che quanto vagheggio. Che tutta la povertà dei miei bisogni è già ricchezza nel tuo moto perpetuo, nel tuo dolce annuir, senza risposta, che tanto è quanto già ci fu concesso. Ma pure tu d’affanni non vai scevra costretta come sei a girovagar tra sole, terra ed astri. Spesso guardo al presente e mi diletta considerar le cose che facciamo, l’essenza della specie cui appartengo privilegia l’idea del sovrumano. Se mi capita poi mirar lontano l’idea d’amor si fa più principale, perché sono convinto, senza scienza, che nell’immenso ci sarà presenza. La morte mia sarà piccola cosa. La tua, quantunque tarda, arriverà e debordando dalla traiettoria

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    il tuo cammino si cancellerà. Ma adesso tu, confidenziale luna amica di assassini e innamorati che tutto ascolti e mai darai risposta, porta teco e gelosa i miei pensieri nel gelido tragitto siderale per incontrarmi poi nell’altro mese riverente alla finestra e il cuore in mano. Che farò domani? Quando senza più capricci d’amore mi scoprirò fuori tempo per amplessi e il cimento dei giorni mi farà intravedere il traguardo della vita? Quando il pianto allagherà il mio cuore al pensiero di mio padre e mia madre? Allora guarderò al seminato , ai frutti raccolti. E rivolgendomi agli alberi piantati potrò dire: il rammarico perchè un giorno mi raggiungerete è oggi gioia perchè vi precedo. E voi restate. Anche per me.

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    Raffaella Manzo Nata a Salerno il 31/01/1960, vive a Nocera Inferiore. Ha seguito il corso collettivo di pittura del maestro Luigi Lombardo dal 1998 al 2006.

    Ha partecipato alla collettiva di arte figurativa “Omaggio a Filomena Proto”, organizzata dall’Accademia Italiana “Terra del Vesuvio” riceven-do il titolo di Socia Onoraria 2003.

    Ha partecipato al premio internazionale letterario e artistico “La Piaz-zetta” – Sa. Due sue opere:

    Fructus

    Ritratto

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    Raffaella Maresca. Nata a Scafati, vive a Nocera Inferiore. Dopo gli stu-di scientifici ha intrapreso, con passione, il lavoro di consulente di moda. Scrive pensieri e riflessioni ispirate da sentimenti ed emozioni che fanno vibrare, sull’onda dei sogni, ancora il suo animo. Pensieri sulle ali di un Angelo Nostalgia… rimpiangere quello che non è mai successo. Ridere del passato. Sei la mia grande voglia di vivere, la luce lungo il mio cammino… la positività, l’amore, la mia fortuna, il mio sangue, i miei occhi… il mio respiro. L’amore è un dogma, una verità incontestabile… prigioniera del cuore. Se potessi tramutare la felicità in cose tangibili sarebbe un universo di stelle supernove cariche di energia, di vita e di luce. Ogni mattina guardo l’alba nascente, il Paradiso e lo guardo da lon-tano.

    Voglio essere musica dolce, gioia, serenità. Amo chi sorride, amo chi è felice, amo il calore della famiglia, amo

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    la dolcezza, amo tutto ciò che è vita. Riprendi la vita, il mondo in cui viviamo è troppo stretto; tu cavallo selvaggio va via senza padrone. Abbatti lo steccato che t’imprigiona e… corri. Se non hai tempo di pregare… Dio illumini la tua mente, non te ne preoccupare, tua madre ed io preghiamo per te. Quanto tempo sprechiamo della nostra vita. Essa è breve, fugace; il tempo scorre veloce, invisibile; il nostro corpo e la nostra mente cor-rono verso la morte; ogni respiro ci avvicina all’ultimo respiro. La vita! Che cos’è la vita? È un continuo morire, un continuo soffrire; tace chi è triste, chi si sente il cuore in gola che gli soffoca il respiro; tace chi in tanta soffe-renza aspetta… per non soffrire più. Il corpo trema, una lacrima solca il viso, gli occhi guardano nel vuo-to alla ricerca di uno spiraglio di luce che possa far vibrare il cuo-re… ma il sole non c’è. Quanto è triste il mio cuore. Soffro del tuo soffrire… e non so darti una mano, la soluzione dei tuoi problemi è dentro di te.

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    Valeria Nastri. Vive a Nocera Inferiore. Poetessa e scrittrice. Pluriacca-demica, collabora con varie riviste e giornali. Ama l’arte in genere; ama scrivere racconti per l’infanzia e poesie religiose. Ha ricevuto numerosi i premi e riconoscimenti letterari. Donna

    Donne come rose profumate….. donne fragili e delicate. Donne sole e abbandonate….. anche se sposate. Donna al bivio della vita….. devi scegliere tu quale partita. Donne sole senza amore….. accettano brandelli di vita a due, per non rimanere sole. Donne sole e disperate….. dalle famiglie abbandonate, vendute come merce da mercato. Donne ai margini della vita….. usate e calpestate, dalla società rifiutate. Donne mute senza voce….. come fantasmi senza volto. Donne forti e indipendenti….. che si ribellano ad una società dalla falsa apparenza. Donne madri, mogli, amanti….. Donne ….. tutte uguali….. Donne, donne, donne….. semplicemente donne.

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    Renato Nicodemo è nato a Laurito (SA) il 1941. Dirigente scolastico e saggista, cura attualmente la pagina mariana di alcune riviste religiose.

    Ha pubblicato, con altri, in campo scolastico: La nuova scuola elementare, Loffredo, Napoli 1984; I nuovi programmi della scuola elementare, Morano, Napoli 1989; Verso i nuovi orientamenti per la scuola dell’infanzia, Loffredo, 1990; La nuova scuola dell’infanzia, Loffredo, Napoli 1993; Nuovo commento ai programmi della scuola media, Verona 1997; L’educazione stradale nella scuola di base, Morelli, Verona 1997. Pubblicazioni mariane: Antologia mariana, Avellino 1989; Umile e alta – La Vergine Maria nelle poesie di tutti i tempi, LER Na-

    poli-Roma 1992; Maria nella vita e nelle opere del beato redentorista Gennaro Maria

    Sarnelli, Pagani 1996; Canzoncine spirituali di S.Alfonso Maria de’ Liguori (a cura di), Ma-

    terdomini (AV) 1998; La Vergine Maria nella Divina Commedia – Aspetti del pensiero teolo-

    gico di Dante Alighieri, Firenze 2001; Maryam – La Vergine nel Corano, Arezzo 2003; La chiesa di S. Maria della Consolazione a San Valentino Torio, 2005. Altre pubblicazioni: Il Bel Paese o dell’Italia capovolta, Noterelle, Avellino 1988; Articoli e note su varie riviste scolastiche, sindacali e on-line.

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    ‘U niru (Dialetto cilentano) Ecce quam bonum et jucundum abitare fratres in unum (Sal 133.1) Inda li muntagni ri lu Cilientu si buon’appizzi l’uocchi e ti n’adduni quasi aggrappatu e strittu a lu Fujentu viri nu niru ‘ncoppa nu vadduni. Su poch’aucieddi ca cchiu ri lu vientu come sbattennusi ‘inda li spurtuni vonnu vulari via cu ardimientu: sulu li viecchi restanu a lu riuni. Eppuri, sparsi pe’ tuttu lu munnu - li sient