Ustioni sl

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NNONNA CHIARINA,LA CURA DELLE USTIONI TRA UNGUENTI E PREGHIERE

Una storia di fede nata tra i rovi. Letteralmente, perché la pianta base che Chiarina

Lecca di Soleminis ha utilizzato nel suo unguento per le ustioni è fatta proprio di quei

rami secchi spinosi dimenticati.

Nonna Chiarina, che lo scorso 26

settembre avrebbe compiuto cento

anni, li raccoglieva tra i campi di

Soleminis insieme ad altri brandelli

di erbe e fiori segreti, poi li trattava e

sussurrava preghiere. Così alla porta

di casa sua bussavano persone ustionate provenienti da ogni parte dell'Isola: “Tutto il

Parteolla sapeva...”.

L'unguento, spalmato sulle bruciature, le curava in tempi brevi e offriva risultati

sorprendenti. Senza contare che il dolore atroce veniva alleviato in poco tempo.Una storia come tante altre dell'Isola, ma solo apparentemente; cresciuta tra fede, medicina e tradizione, ma che ha finito per diventareuna storia speciale, perché oggi l'antica ricetta della signora Chiarina di Soleminis è accessibile a chiunque. Proprio come nonna Chiarina voleva, a discapito di vecchie credenze che hanno imposto il silenzio di ricette segrete tramandate, per una questione di tradizione,solo alla primogenita. «Mia nonna aveva fede, per lei non esisteva la superstizione, voleva solo fare del bene e poterlo mettere a servizio di tutti» ci racconta il nipote della signora Chiarina, Carmelo Piras, «voleva che la sua conoscenza fosse messa a disposizione nel campo della medicina, constatato che in tema di ustioni i risultati del suo prezioso filtro erano migliori. Così ho deciso che questo era il mio obiettivo, non è stato facile ma alla fine ci siamo riusciti».

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LA STORIAUn giorno Carmelo Piras sentì qualcuno bussare forte alla porta di nonna Chiarina. «Aprimmo a una madre disperata con la sua bambina alla quale era caduto addosso del latte bollente. Era il 1991. Ricordo il pianto incessante della piccola, l'odore di quel decotto che mia nonna aveva iniziato a preparare per l'ennesima volta». Ma ricorda anche «che lei la fece guarire in venti giorni. E quella volta ebbi un'illuminazione, capii quanto era importante ciò che faceva mia nonna. Allora le dissi "Nonna questo lo devono avere tutti!". E lei mi rispose "cumm'enti podeu fai?". Decisi allora di coinvolgere i miei genitori ed invitare zia Mabi a casa, per fare in modo che potessimo incontrarci anche con mia nonna».Alla fine del pranzo, quasi in silenzio, nonna Chiarina, alla quale evidentemente piacque ogni discorso dei commensali, catturata dalla figura del medico chirurgo che tutti i giorni aveva a che fare con visi e corpi sofferenti e sfregiati, prese dottor Biggio con sé, e lo portò a raccogliere le erbe per il suo unguento, sviscerando ogni parte delle piante, prendendo i frammenti di esse più impensabili. Poi gli donò ogni passo utile per realizzare la medicina, vecchia di forse due, trecento anni. «A ogni procedimento corrispondeva una preghiera recitata», spiega Biggio, «e ancora oggi ne conserviamo l'importanza e la forza della sua essenza».Nonna Chiarina era una donna di grande fede e la sua giornata era scandita dalla preghiera. Un gesto in particolare la ricorda ai suoi familiari: sgranare il rosario tra il pollice e l'indice con una leggera

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pressione, che col tempo le causò dei profondi solchi su quest'ultimo.Ma nulla sarebbe accaduto se tra nonna Chiarina e Teo non fosse scattata quella scintilla che poi ha accompagnato tutto il percorso di quello che, oggi, è diventato un dispositivo medico di classe 2b (categoria che comprende tutti i prodotti con finalità terapeutiche). «Empatia», dice Carmelo. «Perché se Teo non fosse piaciuto a mia nonna lei non lo avrebbe mai scelto per portare nel mondo la sua cura». E lui, Teo, conserva gelosamente il segreto che Nonna Chiarina gli ha donato. «Un segreto che porta a una sorprendente rigenerazione cutanea, con effetti elasticizzanti e nessuna controindicazione rilevata. Usandolo nel mio lavoro, proponendolo ai pazienti - ha continuato Biggio - ho potuto accertare le proprietà lenitive dell'unguento».

Ma era solo l'inizio della storia. Carmelo, che nel frattempo girava l'Italia per lavoro, nel 2008 a Galatina incontra un chirurgo plastico americano. In quel momento, grazie a quell'incontro, si riaccende in lui l'ispirazione nata anni prima, nel '91, dall'incontro con Teobaldo Biggio, Nonna Chiarina. Carmelo decide di parlare del portentoso balsamo con il chirurgo plastico americano, che esegue i primi test scientifici sulla ricetta di Nonna Chiarina. Dopo poco tempo dà conferma dell'eccezionalità dell'unguento a base di rovo e invita Carmelo negli Stati Uniti per avviare le pratiche della sperimentazione.Dopo una prima "tentazione" di seguire la via americana, Carmelo compie un'altra scelta, coraggiosa e ispirata: decide di provare in ogni modo a mantenere anche il processo di sperimentazione scientifica nella nostra Sardegna. Infatti, mancavano ancora dei test, una sperimentazione, il brevetto. «Grazie al progetto Fase 1 della Regione e Sardegna Ricerche abbiamo sperimentato e comparato la cura medica tradizionale a quella di nonna Chiarina che risultava più efficace in termini di tempi ed effetti lenitivi».

Il suo racconto prosegue: «Forse gli antichi capirono le preziose proprietà del rovo contro le ustioni notando che era l'unica pianta a non bruciare

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col fuoco...», prova a ipotizzare Carmelo. Disordinato e spinoso, il rovo si arrampica sulle altre vegetazioni. Ma in un passo della Bibbia, personificato, accetta di essere Re tra tutti e invita “rifugiatevi sotto la mia ombra”: dal fuoco al rovo.

E adesso? Il prodotto di nonna Chiarina è venduto in tutta Europa. Ha dato vita a un'azienda dove la fase di startup ha coinvolto un centinaio di persone che hanno creduto nel progetto, investito tempo, denaro e passione. «Con tutte loro c'è stata quell'empatia necessaria per ogni passo che abbiamo fatto, si è creata un'atmosfera magica. Non posso che ringraziarli tutti per avere fatto sì che il desiderio di mia nonna e la mia missione potessero realizzarsi». Il 13 dicembre, in una serata speciale, Carmelo Piras ha ringraziato le persone che hanno collaborato perché l'unguento di nonna Chiarina diventasse un dispositivo medico di classe 2b. La storia di questa donna sarda è stata raccontata a tutti attraverso un documentario curato da Filippo Salaris, Daniela Serpi, Alessandro Pani, Federico Demontis.E a chi si chiede maliziosamente se questo sia stato un modo intelligente di fare business la risposta arriva secca. «Mia nonna voleva fare del bene, era il suo primo obiettivo». Nel futuro ci sono sviluppo e ricerca, con la tradizione che faccia da guida. «Sono felice - dice Carmelo - di aver realizzato il sogno di Nonna Chiarina. Sono sicuro che ora sarà contenta».

Tuttora ci sono donne nei paesi sardi che ancora realizzano antiche medicine, curano diverse patologie, dal fuoco di Sant'Antonio alle malattie respiratorie fino alle verruche. Un tesoro che si rifugia in parole appena sussurrate e in una sapienza dettagliata di piante, radici, fiori che per le nuove generazioni restano sconosciuti insieme alle loro proprietà curative. Il tutto è accompagnato da qualcosa di magico, perché ogni ricetta della tradizione sarda oltre alle origini nelle notte dei tempi, presenta un rituale, è dotato di formule segrete, di superstizioni, che in questa storia scompaiono, con la volontà di nonna Chiarina di fare del bene a tutti. Lei in fondo combatteva il fuoco, e potrà farlo ancora per molto tempo.

Fonte: L unione sarda