Urbanistica Informazioni #231

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Rassegna Urbanistica Crespi D’Adda: verso il piano di gestione M.Giulia Marziliano, p. 27 Una riflessione sul Regolamento urbanisti- co di Pistoia Luca Nespolo, p. 30 L’innovazione prudente nel Ru di Siena Andrea Filpa, p. 32 Il Piano paesaggistico della Sardegna Annalisa Patriarchi, Luc Bonnard, p. 35 EMILIA-ROMAGNA Un progetto per i paesaggi della Via Emilia Ugo Baldini, Giancarlo Poli, p. 37 Il piano strategico del Quartiere Borgo a Faenza Ennio Nonni, p. 41 Aperture Il progetto… condono Francesco Sbetti, p. 3 Agenda La pianificazione urbanistica comunale: forma o sostanza? Walter Tortorella, p. 4 … si discute: I riflessi delle politiche climatiche della Ue sulle città Edoardo Zanchini, p. 6 Sfide della rigenerazione urbana a cura di Anna Laura Palazzo, p. 9 La “rigenerazione” che (forse) verrà, Paolo Avarello, p. 10 Berlino. Rigenerazione ed equità sociale Angelica Fortuzzi, p. 11 Sustainable Community Strategy Lucia Nucci, p. 14 Londra. Rigenerazione urbana e olimpiadi Gualtiero Bonvino, p. 16 Committenza urbana e rigenerazione in Francia Anna Laura Palazzo, p. 18 Percorsi della rigenerazione a Madrid Antonella Campofredano, p. 20 Genova tra efficienza e sostenibilità Franca Balletti, Silvia Soppa, p. 22 Agricoltura urbana e rigenerazione della città Biancamaria Rizzo, p. 23 una finestra su: Hebron a cura di Marco Cremaschi, p. 45 Piani nel conflitto Daniela De Leo, p. 45 Opinioni e confronti Efficienza ed efficacia dei piani a confronto con lo stato delle cose Elio Piroddi, p. 52 Una riflessione “politica” Davide Rubbini, p. 56 Un primo commento al Dlg sul federalismo demaniale Simone Ombuen, p. 58 Eventi Il Pgt di Milano Inu Lombardia, p. 61 Assurb a cura di Giuseppe De Luca, p. 66 Libri ed altro a cura di Ruben Baiocco, p. 69 Indice Indice

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Rassegna UrbanisticaCrespi D’Adda: verso il piano di gestioneM.Giulia Marziliano, p. 27

Una riflessione sul Regolamento urbanisti-co di PistoiaLuca Nespolo, p. 30

L’innovazione prudente nel Ru di Siena Andrea Filpa, p. 32

Il Piano paesaggistico della SardegnaAnnalisa Patriarchi, Luc Bonnard, p. 35

EMILIA-ROMAGNAUn progetto per i paesaggi della ViaEmiliaUgo Baldini, Giancarlo Poli, p. 37

Il piano strategico del Quartiere Borgo aFaenzaEnnio Nonni, p. 41

ApertureIl progetto… condonoFrancesco Sbetti, p. 3

AgendaLa pianificazione urbanistica comunale:forma o sostanza?Walter Tortorella, p. 4

… si discute: I riflessi delle politiche climatiche dellaUe sulle città Edoardo Zanchini, p. 6

Sfide dellarigenerazione urbana a cura di Anna Laura Palazzo, p. 9

La “rigenerazione” che (forse) verrà, Paolo Avarello, p. 10

Berlino. Rigenerazione ed equità socialeAngelica Fortuzzi, p. 11

Sustainable Community StrategyLucia Nucci, p. 14

Londra. Rigenerazione urbana e olimpiadiGualtiero Bonvino, p. 16

Committenza urbana e rigenerazionein Francia Anna Laura Palazzo, p. 18

Percorsi della rigenerazione a MadridAntonella Campofredano, p. 20

Genova tra efficienza e sostenibilitàFranca Balletti, Silvia Soppa, p. 22

Agricoltura urbana e rigenerazionedella cittàBiancamaria Rizzo, p. 23

una finestra su: Hebrona cura di Marco Cremaschi, p. 45Piani nel conflittoDaniela De Leo, p. 45

Opinioni e confrontiEfficienza ed efficacia dei piani a confronto con lo stato delle coseElio Piroddi, p. 52

Una riflessione “politica”Davide Rubbini, p. 56

Un primo commento al Dlg sul federalismo demanialeSimone Ombuen, p. 58

EventiIl Pgt di MilanoInu Lombardia, p. 61

Assurba cura di Giuseppe De Luca, p. 66

Libri ed altro a cura di Ruben Baiocco, p. 69

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cosiddetto piano casa per il rilancio dell’edilizia), bisognaripartire dalla diagnosi dei problemi delle nostre città eall’interno di questi individuare le nuove risorse peraffrontarli. Con uno schema semplice proviamo a definire: lecriticità e i nodi, e le azioni strategiche per affrontarli.Le criticità e i nodi prioritari possono essere così individuati:- le città evidenziano un progressivo aumento delle

temperature e sono sempre più esposte ai cambiamenticlimatici;

- i processi di metropolizzazione che riguardano tutto ilsistema insediativo;

- il consumo di suolo le trasformazioni urbane e le nuovedirettrici di sviluppo;

- le dinamiche demografiche, nuove popolazioni (migrati) enuove famiglie (nativi);

- il pendolarismo e mobilità delle persone;- i flussi di traffico;Le azioni strategiche per contrastare i punti di debolezza delnostro sistema possono assumere la seguente strutturagerarchica:la rete ecologica - che colleghi, attraversando i tessuti dellametropolizzazione, le aree di più rilevante valorenaturalistico e ambientale, con l’obiettivo di tutelare questeultime, ma di garantire anche un significativo processo dirigenerazione delle risorse ambientali riproducibili; il contenimento del consumo di suolo - indirizzando letrasformazioni urbanistiche verso soluzioni alternativeall’utilizzazione delle aree extraurbane, che privilegino gliinterventi di recupero e di trasformazione dell’esistente, diriqualificazione delle aree degradate e che siano comunquesubordinate a condizioni che garantiscano la massimacompatibilità ambientale;la rete del trasporto pubblico - che garantisca una mobilitàdi massa non inquinante non energivora, che assicuri lamassima efficienza alle città, che riduca in modosignificativo l’attuale carico e alla quale sia tassativamentesubordinata ogni trasformazione rilevante prevista sulterritorio;la sostituzione dei tessuti più degradati - con interventi didensificazione attraverso la demolizione e ricostruzione ditipologie edilizie oggi non più adeguate, per garantireprestazioni energetiche migliori e contribuire al risparmio dinuovo suolo da urbanizzare;le politiche per favorire l’accesso alla casa – deve essereprioritario l’accesso ad una residenza accogliente per lepopolazioni residenti e per quelle che sono presenti sulterritorio per motivi di lavoro e studio, l’Edilizia ResidenzialeSociale deve essere garantita come una dotazione urbanisticanecessaria e che specifiche aree, in misura adeguata,vengano destinate nelle città per la residenza in affitto e allaresidenza temporanea per le popolazioni mobili (studenti,lavoratori, extracomunitari).Diagnosi ed azioni, ancorché non esaustive e da declinare inun rapporto tra politiche e risorse centrali e politiche erisorse da sviluppare localmente anche attraverso i piani,non devono apparire come un elenco extralusso che nonpossiamo permetterci, quanto piuttosto come un progettocapace di risparmiare e di sviluppare nuove risorse.

Piano Casa, impresa in un giorno, dismissione delpatrimonio demaniale, uso degli oneri di urbanizzazione perla spesa corrente e più o meno celati condoni sono larisposta del Governo, in molti casi condivisa e sollecitata daRegioni e Comuni, alla crisi, che continuiamo a chiamarefinanziaria ma che, come è ormai evidente, investe tutte ledimensioni dell’economia, del sociale e non marginalmentedel territorio.La stagione “riformista” a cavallo degli anni 2000 ha visto lamaggior parte delle regioni italiane produrre nuove leggi digoverno del territorio tutte impegnate, con più o menosuccesso, nel porre al centro dell’azione delle pubblicheamministrazioni: la difesa del suolo, le tutele ambientali epaesaggistiche, un approccio perequativo nei confronti dellaproprietà, il tema della casa sociale e tanto altro ancora.Questa visione, capace di coinvolgere amministratori, sindacie tecnici in una sperimentazione diffusa i cui esiti sembranoin grado di ridare forza alle ragioni del piano (il catalogodella VI Run di Matera ne da testimonianza), sull’onda dellacrisi e dell’esaurimento totale delle risorse a disposizione deicomuni (risorse esaurite anche per il perdurare di unaattività edilizia tendente a zero) oggi sembra superata dallanuova agenda politica tutta incentrata sulla ricerca di risorseeconomiche da recuperare ancora dalla casa e dal territorio;si torna a operare, nella speranza di fare cassa, con glistrumenti delle cosiddette semplificazioni e dei condoni.La pianificazione delineata dalle nuove leggi regionali haintrodotto un modello incentrato sulla pianificazionestrutturale e sulla sempre più ampia partecipazione deglioperatori privati alla attuazione operativa delle strategiepubbliche e all’interno di questo processo si sono costruitigli strumenti per reperite le risorse per la città pubblica. Ilmercato immobiliare oggi non garantisce più questomeccanismo, ma certamente non è possibile pensare diriattivarlo attraverso semplificazioni e condoni perché, nelcaso si perseguano, come si è dimostrato, le catastrofidiventano ordinaria amministrazione.In questa nuova situazione che mette in discussione certezzeche sembravano acquisite e condivise, con la convinzioneche non esistono scorciatoie e che anche le “soluzionimiracolistiche” producono esiti trascurabili (si veda il

ApertureAperture

Il progetto… condonoFrancesco Sbetti

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Tab. 1. La spesa comunale per la funzione gestione del territorio edell’ambiente, per regione, euro pro capite, 2007

REGIONE Spesa Spesa SpesaCorrente in C/CAP Totale

Piemonte 132,5 64,2 196,7Lombardia 132,2 59,3 191,5Trentino - Alto Adige 179,9 270,6 450,4Veneto 76,8 36,9 113,7Friuli-Venezia Giulia 141,1 77,1 218,3Liguria 166,2 64,9 231,2Emilia Romagna 99,8 52,0 151,8Toscana 127,4 61,1 188,5Umbria 127,3 251,2 378,5Marche 127,4 71,2 198,7Lazio 126,9 110,4 237,3Abruzzo 157,2 76,1 233,3Molise 247,6 254,8 502,4Campania 219,0 162,9 382,0Puglia 149,0 109,1 258,2Basilicata 129,9 167,0 296,9Calabria 210,0 144,7 354,7Sicilia 184,6 50,8 235,4Sardegna 215,6 125,1 340,6ITALIA 145,2 87,9 233,2

Fonte: Elaborazioni IFEL su dati Ministero dell'Interno (2007) e Istat (2007)

AgendaAgendaLa pianificazione urbanistica comunale:forma o sostanza?

Come si ricordava a mancare non è stata certa l’intensa attivi-tà pianificatrice; i mali comuni sono sotto gli occhi di tutti e sichiamano: confuse linee di indirizzo nazionale; federalismourbanistico asimmetrico1; pletora di strumenti pianificatori;planning by doing; consumo sconsiderato di suolo e l’elencopotrebbe essere molto lungo. Un dato è certo: nessuno, mini-mamente informato dei fatti, sarebbe così ingenuo da credereche le emergenze delle nostre città - mobilità, sicurezza, casa,spazio pubblico, inquinamenti, decoro urbano, ecc. - necessiti-no di una nuova ondata pianificatrice. La questione non è nellapiù o meno sapiente azione di ridisegno urbano, o come megliosi direbbe nella vision del piano, quanto nella capacità di uti-lizzare uno strumento che senza abilità gestionali, e risorseeconomiche certe dall’inizio alla fine del processo pianificato-rio, non restituisce alcun risultato tangibile di cambiamento (senon altri centri commerciali e nuovi nuclei residenziali). Lariflessione va fatta proprio su questi due elementi fondamenta-li: gestione urbanistica e finanza di progetto. Orbene, se sulprimo elemento le considerazioni ci condurrebbero verso dis-quisizioni di natura socio-antropologica rispetto all’atavicaincapacità gestionale di una parte del management pubblicodel bel Paese che lasciamo ad altri, il secondo elemento meritaqualche nostro ragionamento (tab. 1). L’endemica carenza di risorse nei bilanci comunali non haconsentito, e non consentirà, di reagire tempestivamente allenuove esigenze di territori che richiedono un riadeguamentonella gestione dei servizi e di nuove opere per far fronte alcambiamento dei modelli residenziali e lavorativi tradiziona-li. Il motivo dell’inefficacia di misure di ammodernamento erinnovamento infrastrutturale sta nella scarsa copertura eco-nomica pubblica data agli interventi programmati e nel debo-

L’11% delle amministrazioni locali italiane presenta un gradodi urbanizzazione elevato, mentre un numero sempre piùcospicuo di comuni, soprattutto nel Nordest, si confronta confenomeni preoccupanti di dispersione urbana. La programma-zione di politiche di pianificazione urbana costituisce - inteoria - un’utile risposta per attutire l’impatto di questi feno-meni sul territorio ma la moltiplicazione di strumenti di pia-nificazione urbanistica (dal piano regolatore al piano strate-gico) sempre più raramente si è concretizzata in una loroapplicazione, capace di ridisegnare con efficacia le funzionifondamentali e le strutture di città in transizione. L’Italiaappare come un paese dalle tante pianificazioni locali che,negli ultimi cent’anni, non hanno mai cambiato il volto dellecittà. Fatta eccezione per qualche linea di metropolitana orete viaria - talvolta già obsoleta alla fine dei lavori (si pensialla metropolitana romana o alla tangenziale di Napoli) - sifa fatica a ricordare interventi infrastrutturali che hanno datoefficienza, funzionalità, modernità alle nostre metropoli.Siamo capaci di recuperare, restaurare, conservare, tutelareanche ripensare interamente vocazioni territoriali ma non ditrasformare quanto pianificato in concreti e radicali interven-ti urbanistici. Questo approccio alla pianificazione, chepotremmo definire all’italiana, non è quindi legato soltanto alrecente periodo di decadenza economica ed istituzional-poli-tica; esso rappresenta una caratteristica insita nei processidecisionali del sistema urbano nostrano che, nel corso deidecenni ha saputo realizzare eccellenti progetti di riqualifica-zione di strutture già esistenti - dando vita in alcuni casi adun nuovo volto ai centri cittadini - senza procedere però adinterventi più organici capaci di modificare alla base l’asset-to urbanistico delle medie e grandi città protagoniste di que-sti interventi. Insomma, se da più parti in Europa è prevalsauna visione di lungo periodo, che spesso ha completamenteridisegnato centri e periferie delle grandi città fino a ripro-grammarne per intero i processi di sviluppo economico,sociale e culturali (Barcellona, Bilbao, Valencia, Rotterdam,L’Aja, Lione, Montpellier, Berlino, Lipsia, Dresda, Malmo,Liverpool) in Italia si è puntato di più al day to day e alla poli-tica delle varianti di piano, ovviamente con le dovute ecce-zioni che sono divenuti casi studio (Torino e Genova in pri-mis).

Walter Tortorella*

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le effetto derivante dalla finanza privata. Sbaglia, però, chicrede che il problema stia solo nel taglio continuo dei trasfe-rimenti ai comuni; è soprattutto l’impossibilità di attuaremisure dirette di finanza locale che limitano fortemente lapossibilità di spesa dei comuni, e di conseguenza gli investi-menti per il futuro dei contesti urbani. D’altra parte, il pattodi stabilità interno preclude anche per i comuni più virtuosila fattibilità d’investimenti, facendo sì che i programmi trien-nali delle opere pubbliche si trasformino in un elenco di inter-venti irrealizzati o di sogni nel cassetto. Senza risorse ade-guate è impossibile programmare lo sviluppo futuro dellecittà, anzi è arduo anche amministrare solo l’ordinario dellepolitiche comunali. Ecco, allora, che la richiesta dei comunidi reiterare nella recente manovra finanziaria la norma checonsente di rimpiegare i proventi derivanti dalle concessioniedilizie per le opere di urbanizzazione per finanziare speseordinarie entro il limite del 50%, appare addirittura come unaresa incondizionata. La spesa in conto capitale viene così spo-stata verso la spesa corrente, prevalentemente verso servizi diwelfare, rinunciando all’utilizzo nel medio e lungo periodo dirisorse necessarie per ripensare le funzioni e i servizi dellecittà.Eppure, nonostante i suddetti limiti imposti la spesa per lagestione del territorio e dell’ambiente urbano rappresenta laseconda voce di uscita dei comuni italiani. I dati sui consun-tivi dei comuni 2007 - per quanto discutibilmente aggregati -rilevano un aumento delle spese per il territorio del 3,7% nel-l’ultimo anno, con un incremento significativo soprattutto neicomuni del Nord-ovest (+8 %) (Tab. 2). La gestione del territorio e dell’ambiente pesa in misura mag-giore sui bilanci dei comuni del Sud (26,8%), rispetto a quel-li del centro (18,6 per cento) e del nord (15,4 per cento per ilNordovest, 13,4% per il Nordest). Molto variabili invece ivalori di spesa tra le diverse regioni: mentre il Veneto desti-na 113 euro procapite l’anno per questa tipologia di spese, ilMolise ne impegna 502 euro. I comuni fino ai duemila abi-tanti spendono 397 euro procapite l’anno mentre quelli conuna popolazione compresa fra i cinquemila e i diecimila abi-tanti destinano a tale scopo poco più di 195 euro procapite.Ma evidentemente ciò non basta. Né l’introduzione del fede-ralismo fiscale, in assenza di misure/interventi di fiscalità ter-ritoriale, riesce davvero a rafforzare il ruolo e le dotazioni deicomuni in materia di pianificazione urbana. Nel progetto di

federalismo in discussione in Parlamento2 si fa accenno a “lefunzioni in materia di edilizia, compresa la vigilanza ed ilcontrollo territoriale di base” e a “la partecipazione alla pia-nificazione urbanistica, anche con riferimento agli interventidi recupero del territorio”. Da tali definizioni emergerebbe unacompetenza concorrente dei comuni rispetto alla gestione delterritorio ma soprattutto l’ennesimo rinvio, ad un momentomigliore, di un efficace disegno dell’intera materia. Al di là del dibattito corrente, resta forte la necessità di ride-finire il paradigma di riferimento della pianificazione urbana.Progettare il futuro delle città con un occhio ai bilanci e unoalle reali vocazioni del territorio rappresenta una prioritàimprescindibile. Il rischio, però, è che a lungo andare la pia-nificazione urbanistica senza risorse divenga uno sterile eser-cizio intellettuale di forma e non di sostanza. Un’operazionelego in cui aggiungere, di volta in volta, un mattoncino inaltezza o in larghezza con il fine di provare a dare un sensoall’ordinario e delineare il proprio futuro come sommatoria diinterventi tampone e non anticipatori di scenari di mediolungo periodo.

* Direttore Ufficio Studi Cittalia-Anci Ricerche.

Nota1. Elio Piroddi e Luigi Benevolo, in Nuovo Manuale di Urbanistica, GruppoMancosu Editori, 2010.2. (Disegno di legge 3118 - Individuazione delle funzioni fondamentali di Provincee Comuni, semplificazione dell’ordinamento regionale e degli enti locali, nonchédelega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative, Cartadelle autonomie locali, razionalizzazione delle Province e degli Uffici territoriali delGoverno. Riordino di enti ed organismi decentrati).

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Tab. 2. La spesa comunale per la funzione gestione del territorio edell’ambiente, per classe demografica, euro pro capite, 2007

FASCE Spesa Spesa SpesaCorrente in C/CAP Totale

0 - 1.999 157,4 239,6 397,02.000 - 4.999 141,2 117,4 258,55.000 - 9.999 118,2 77,3 195,5

10.000 - 19.999 125,0 87,9 212,920.000 - 59.999 145,8 58,6 204,460.000 - 249.999 152,9 70,5 223,4

>250.000 179,7 78,2 257,9ITALIA 145,2 87,9 233,2

Fonte: Elaborazioni IFEL su dati Ministero dell'Interno (2007) e Istat (2007)

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affrontare il crescente peso delle aree urbane rispetto aiconsumi energetici e alle emissioni prodotte. Sono già alcunemigliaia le Municipalità che hanno aderito, tra cui oltre 400Comuni italiani, e che si sono impegnate così a predisporreun Piano di Azione per ridurre di almeno il 20% le proprieemissioni di gas serra attraverso politiche e misure locali cheaumentino il ricorso alle fonti di energia rinnovabile, chemigliorino l’efficienza energetica e attuino programmi ad hocsul risparmio energetico e l’uso razionale dell’energia. Perrendere credibile la strategia sono previste verifiche rispettoagli impegni e l’espulsione in caso di inadempienza. Semprein questa direzione vanno letti gli sforzi proposti dall’UnioneEuropa per arrivare a ridisegnare il profilo del settore edilizio.L’obiettivo è di migliorarne progressivamente mairreversibilmente gli standard attraverso precisi passaggi: conla Direttiva 2002/91 è stato introdotto l’obbligo dicertificazione energetica degli edifici, mentre è stataapprovata a Maggio 2010 una nuova Direttiva che fissa itermini di una transizione radicale per cui i nuovi edificidovranno avere consumi energetici vicini allo zero, dal 2018per quelli pubblici e a partire dal 2020 per tutti gli altri.Provare a traslare in ambito urbano gli obiettivi di riduzionedelle emissioni di CO2 fissati a livello europeo non è unamera operazione contabile, ma una prospettiva difficile eambiziosa su cui diverse aree urbane si sono già incamminateper provare a guardare alle politiche urbane in modo nuovo.L’impegno alla mitigazione degli effetti dei cambiamenticlimatici viene proposto in molte città attraverso precisitarget di riduzione delle emissioni di anidride carbonicarispetto al 1990 (l’anno di riferimento per il Protocollo diKyoto): da Amsterdam che prevede una riduzione del 40%entro il 2025 a Berlino (-40% entro il 2020), da Copenaghen(-40% entro il 2015) a Barcellona (-50% entro il 2030). Se siguarda alle città che con più coerenza hanno in questi anniimprontato le proprie politiche nella direzione dellasostenibilità, è evidente come oggi tutte siano accomunatedalla scelta di individuare nella riduzione delle emissioni diCO2 prodotte dalle attività urbane l’obiettivo che tieneassieme le scelte di sviluppo. E’ una novità senza precedentiche così tante città scelgano come riferimento delle propriepolitiche uno stesso parametro quantitativo proiettato in unarco di tempo preciso. Per capirne la portata forse il caso piùinteressante su cui ragionare è quello di Stoccolma, la cittàche probabilmente si è più applicata in Europa nello sforzo dimiglioramento delle proprie prestazioni ambientali negliultimi due decenni. Per dare una prospettiva nel tempo aqueste performance di miglioramento ambientale la Capitalesvedese ha scelto di incardinare intorno al tema della CO2 lapropria prospettiva di sviluppo nei prossimi anni, conl’obiettivo di fare a meno dei combustibili fossili entro il2050. E proprio questo riferimento vincolante ha obbligato aripensare in modo ampio e trasversale l’insieme dellepolitiche urbane: dalle scelte urbanistiche all’edilizia, dallamobilità all’energia, alle industrie, non c’è settore che non siastato analizzato, valutato e ripensato nella propria evoluzionea 10-20 anni per conseguire questi risultati. La CO2 stadunque diventando la chiave per tenere assieme questioniambientali globali e locali, rendendo centrale proprio il tema

Per l’Europa i cambiamenti climatici saranno una dellepriorità strategiche di azione nei prossimi anni conconseguenze sulle città che solo in parte sono state comprese.Dopo l’approvazione della Direttiva 2009/28 che ha stabilitoobiettivi vincolanti per tutti i Paesi membri da raggiungere al2020 in termini di riduzione delle emissioni di CO2 e dicontributo delle fonti rinnovabili1 - e malgrado l’esito senzaimpegni vincolanti della conferenza sul Clima di Copenaghenma anche le preoccupazioni dovute alla crisi economica -, laspinta in questa direzione non si è in alcun modo fermata. IPaesi europei stanno infatti discutendo se innalzare gliobiettivi al 2020 dal 20 al 30% in modo unilaterale, proprioper sbloccare la trattativa in vista della prossima conferenzainternazionale di Cancun in Messico. L’idea che vieneproposta è di fare del clima la chiave con cui rendere piùmoderno, competitivo e pulito il sistema energetico eproduttivo, perché l’Europa avrebbe tutto da guadagnare apercorrere, per prima e con più convinzione degli altri, questadirezione di innovazione.Le città, dopo essere state a lungo al centro di studi ericerche che ne hanno evidenziato il peso in termini diemissioni di CO2 prodotte2, in questa fase vedono crescere leattenzioni in termini di programmi e interventi capaci dicoinvolgerle in questo sforzo di riduzione. E’ infatti evidentecome gli obiettivi che i Paesi sono chiamati a traguardaresaranno realizzabili solo attraverso interventi che affrontinoil peso assunto dai consumi energetici residenziali e terziari (equindi intervenendo nelle città) e la voce principale delladomanda di trasporto delle persone, che come noto si trovanelle aree urbane. In pratica viene da tutti riconosciuto comesia possibile realizzare obiettivi quantitativi significativi soloattraverso precise politiche urbane e la Commissione Europeasta chiarendo i contorni di questa strategia. Un primo filonedi interventi già stabilito riguarda il coinvolgimento della BEInel favorire interventi nelle città in favore dell’efficienzaenergetica e della mobilità sostenibile. Un secondo propone dicoinvolgere le amministrazioni locali negli impegni sul Climaattraverso il “Patto dei sindaci” (Covenant of Mayors). Questainiziativa, promossa dalla Commissione Europea, prevede unaadesione volontaria da parte delle amministrazioni locali e hacome obiettivo di mettere in moto soluzioni capaci di

discutesi discuteI riflessi delle politicheclimatiche della Ue sulle cittàEdoardo Zanchini*

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Urbanistica INFORMAZIONI

energetico alla scala urbana e il peso dei diversi settori, neldefinirne i consumi. Come parametro risulta efficace nelvalutare piani, progetti, programmi visto che di ognitrasformazione è possibile ricostruire il contributo in terminidi emissioni. Perfino ogni singolo intervento edilizio, comeun programma di opere infrastrutturali, può essere scompostoe valutato in termini di emissioni prodotte (o evitate rispettoad altri interventi presi a paragone) che impattano sul Climadel Pianeta. Ma è pure da sottolineare che un obiettivo diquesto tipo non consente scorciatoie o ricette semplici,soprattutto se viene applicato coerentemente per raggiungererisultati quantitativi significativi: in particolare rispetto allariqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente,alla diffusione delle fonti rinnovabili, al ripensamentocomplessivo della mobilità per rendere competitivo iltrasporto pubblico e ciclopedonale. Ma assumere il tema climatico a livello urbano comporta uncambiamento che non si deve fermare alla riduzione delleemissioni, le cosiddette politiche di mitigazione, ma esserecapace anche di ragionare in termini di adattamento neiconfronti degli impatti già in atto e potenziali. E dunqueproiettare qualsiasi ipotesi di trasformazione urbana dentrouno scenario che consideri alcuni rischi legati al clima comegià evidenti, altri come potenziali e ne valuticomplessivamente gli effetti in termini ambientali eurbanistici. Alcune città europee e nord americane si sono giàorientate in tal senso con piani e programmi che guardanosoprattutto in due direzioni di intervento. Una prima cheassume la prospettiva per cui le città diventeranno semprepiù calde per via del global warming. Già negli ultimi 15anni le aree urbane italiane hanno visto un aumento delletemperature di circa un grado superiore alla media nazionale,con differenze che possono arrivare fino a 4-5 gradi tra areeedificate e libere. Le ragioni sono da individuarsi nel cementoe asfalto che catturano le radiazioni solari e bloccano latraspirazione dei suoli, nel traffico e nel calore prodotto dagliimpianti di riscaldamento e climatizzazione. E’ il cosiddettoeffetto isola di calore che rende le città invivibili, perchésurriscaldate, in alcuni periodi dell’anno e addiritturapericolose nei periodi di elevate temperature estive. Questieffetti possono arrivare ad aggravarsi in modo rilevante nelloscenario ipotizzato dai climatologi dell’Ipcc con conseguenzeche possono diventare drammatiche in termini sanitari. Unaseconda direzione guarda con attenzione alla risorsa acqua.Perché è oramai dimostrato (anche per il susseguirsi di eventitragici) che uno dei cambiamenti del clima già in atto sial’aumento dei fenomeni meteorologici estremi, con pioggefortissime concentrate in periodi brevi che causano dannienormi nel territorio. E al contempo - in particolare in unPaese come l’Italia - le sempre più diffuse difficoltà diapprovvigionamento idrico perché si riduce la quantitàcomplessiva delle precipitazioni. E’ evidente che in unoscenario di questo tipo diventa necessario incardinare inmodo nuovo le scelte progettuali e anche la valutazione dellasostenibilità degli interventi. Perché occorre considerare irischi prodotti dal prevedibile innalzamento del livello delmare o dei fiumi, le conseguenze di fenomeni diprecipitazioni rilevanti concentrate in periodi brevi, per cui

oltre a operazioni di protezione civile occorre ripensare isistemi di gestione, recupero e drenaggio dell’acqua. Ma unachiave di questo tipo porta soprattutto a guardare in mododiverso agli spazi urbani, alla vivibilità e qualità degli spazicostruiti e aperti. Perché ogni trasformazione deve esserevalutata per come può aggravare il caldo in città o ridurnel’impatto, per come riesce ad accompagnare il naturaledeflusso dell’acqua nella falda e nei corsi d’acqua superficiali.In questa chiave è interessante notare come s’intreccinoquestioni nuove e risposte progettuali a problemi antichi: aquando, prima della rivoluzione energetica costruita intornoal petrolio, in città era scontato seguire percorsi in cui, conattenzione, ci si difendeva dal sole o al contrario, a secondadei mesi, se ne trovava sollievo. E l’attenzione alla scelta deimateriali di costruzione e di rivestimento, dei colori, all’usodell’illuminazione naturale erano questioni progettuali chedeterminavano in modo rilevante il comfort nelle abitazioni enegli spazi aperti. Oggi queste stesse attenzioni devonoservire per ripensare edifici che si affidano a costosi impiantitecnologici per raggiungere soddisfacenti risultati in terminidi comfort quando le escursioni termiche diventano eccessive,ma anche per valorizzare la presenza degli alberi (chesvolgono un salutare effetto sia di ombreggiamento che nelciclo dell’acqua) e l’attenzione ai materiali più adatti nelfacilitare la naturale permeabilità dei suoli, il naturaledeflusso delle acque nella falda, una minore albedo. Il modo in cui le città risponderanno alla sfida lanciatadall’Unione Europea sarà fondamentale per aprire unaseconda fase rispetto al dibattito internazionale suicambiamenti climatici e sulle strategie per invertire i trend dicrescita delle emissioni di gas serra. Perché raggiungererisultati nelle aree urbane, attraverso interventi replicabili intermini sia di tecnologie che di scelte urbanistiche, può aprireprospettive particolarmente interessanti perché capaci ditenere assieme obiettivi globali, come quelli climatici, e localidi sostenibilità per dare risposta ai tanti problemi di cuisoffrono oggi le città. Sarà interessante andare a verificare ilmodo in cui le diverse aree urbane avranno declinato gliobiettivi fissati dal Patto dei Sindaci, per capire se avrannoportato a cambiamenti nelle scelte urbanistiche, nel modo diguardare ai tessuti e agli spazi aperti, se saranno riuscite adare al progetto di architettura il delicato compito di ricercareun linguaggio costruttivo capace di tenere assieme le piùmoderne tecnologie con l’attenzione al contesto, aicambiamenti del clima, ai cicli delle risorse naturali.

* Legambiente.

Note1. Per l’Italia gli obiettivi sono una riduzione del 13,5% delle emissioni rispetto al2005 e un contributo delle fonti rinnovabili che deve crescere fino al 17% deiconsumi finali.2. Diversi studi concordano nell’evidenziare un rilevante peso che le città hannonelle emissioni di CO2, secondo il Rapporto Stern circa l’80% delle emissioniproviene dalle aree urbane. In Italia è facile comprendere la dimensione di questocontributo considerando che due terzi degli spostamenti delle persone avviene nellearee urbane e che oltre il 40% dei consumi energetici proviene dagli usi civili.

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Del 2005 è l’idea di un museo a Mestre, cheracconti i fenomeni propri del ’900, di cui laterraferma veneziana costituisce un casoemblematico. Nel 2007 questa idea, ancorasulla carta, inizia a prendere forma concre-tizzandosi con l’acquisto di due lotti confi-nanti, nel centro della Venezia di terraferma,per un’area complessiva di circa 6.500 mq (acui si aggiunge, nel 2008, un terzo bloccocommerciale e direzionale, escluso dai primiprogetti di intervento): prima convento e poiarea militare, questa zona non è mai statafruita e vissuta, né si è mai integrata nel tes-suto urbano, rimanendo piuttosto un corpoestraneo, un ostacolo.L’obiettivo prioritario del progetto M9diventa quindi la restituzione alla città diuna zona nevralgica, offrendo un luogo diidentificazione civica e dotando la città deiservizi propri delle realtà più avanzate e dicui i cittadini stessi soffrono la mancanza.M9 ambisce a dare un contributo al rilanciosociale ed economico di Mestre, configuran-dosi come un articolato insieme di funzionie di servizi: museo del XX secolo, centroespositivo dedicato alla contemporaneità,mediateca, auditorium e attività commercia-li ispirate alle mall urbane nord-europee.Requisito indispensabile per la realizzazionedel progetto è la convergenza unanime delleistituzioni pubbliche e private interessate: laFondazione di Venezia ha così riunito attor-no allo stesso tavolo il Comune, la Regione,la Direzione regionale per i beni culturali epaesaggistici del Veneto e la Soprintendenzaper i beni architettonici e paesaggistici diVenezia e Laguna, con lo scopo di definireinsieme, nell’interesse della collettività, iparametri edilizi e le tipologie di interventoper M9.L’iter in grado di offrire le migliori garanziecirca l’effettiva realizzazione del progetto èquello previsto dalla L.R. 35/01 (art. 32): unAccordo di Programma che riconoscesse l’u-tilità pubblica di M9 e raccogliesse il consen-so unanime delle istituzioni interessate, sta-bilendo per ognuna competenze e obblighi.L’iter prende avvio il 4 luglio 2008 e, a otto-bre, la Regione identifica l’ufficio responsa-bile del procedimento; parallelamente, laFondazione di Venezia chiede e ottiene dallaSoprintendenza competente le autorizzazio-ni preliminari per la demolizione degli edifi-ci non vincolati, la ristrutturazione di quelliaventi interesse storico e la possibilità dimodificare le destinazioni d’uso. L’Accordo si

configura come un piano urbanistico attua-tivo, che comporta una variante agli stru-menti urbanistici vigenti: esso viene quindiesaminato in via preliminare dal Comitato diValutazione Tecnica Regionale e dallaCommissione per la Salvaguardia di Veneziae poi sottoposto alle procedure di pubblica-zione presso gli uffici comunali.Sottoscritto pubblicamente e ufficialmenteil 15 dicembre 2009, l’Accordo prevede lapossibilità di demolire gli edifici privi di valo-re artistico, lasciando spazio a un nuovo edi-ficio museale (volume massimo 40.000 mcfuori terra e altezza non superiore ai 30metri), e di ristrutturare l’ex Caserma Matterin regime di vincolo parziale, per realizzareuna mall compatibile con la L.R. 15/04 (fina-lizzata al recupero degli edifici e alla rivita-lizzazione dei centri storici). La Fondazione siimpegna a rendere l’area completamentepermeabile, creando collegamenti visivi efunzionali lungo i principali assi di attraver-samento, e si fa carico dei costi previsti perl’intervento; gli enti pubblici, da parte loro, siimpegnano a rilasciare i titoli autorizzativinecessari.Ratificato dal Consiglio Comunale nel gen-naio 2010 e reso esecutivo con decreto delPresidente della Giunta Regionale, l’Accordocostituisce ora il quadro dei vincoli ufficialeper l’area di M9: alla luce delle disposizioniin esso contenute, è stato possibile bandire ilconcorso internazionale per la progettazionedell’intero complesso, con il coordinamentodel prof. Francesco Dal Co.Il Concorso - a cui partecipano sei studi notia livello internazionale e con una consolida-ta esperienza nella progettazione museale(Agence Pierre-louis Faloci, Carmassi Studiodi Architettura, David ChipperfieldArchitects, Mansilla+Tuñón Arquitectos,Sauerbruch Hutton e Souto MouraArquitectos) - ha avuto inizio il 15 febbraio2010. Ai concorrenti è stato espressamenterichiesto un sopralluogo, perché la progetta-zione non rimanesse un puro esercizio distile avulso dal contesto, ma si calasse il piùpossibile nella realtà mestrina.Al termine del concorso, il 15 giugno, i seiconcorrenti hanno consegnato allaFondazione i risultati del proprio lavoro: ilprogetto preliminare per il nuovo edificiomuseale, l’ipotesi di ristrutturazione dell’exCaserma Matter e la ridefinizione dell’asset-to complessivo dell’area.I progetti verranno valutati da una giuria di

7 membri (4, tra cui il presidente, espressidalla Fondazione e 3 esterni), oltre a 2 sup-plenti. Le valutazioni terranno conto dellaqualità dell’inserimento urbano, dellarispondenza tra la proposta e le richiestedella Fondazione, della flessibilità degli spazie dell’impiego di soluzioni attente al rispar-mio energetico e a un uso efficiente dellerisorse.Lo studio vincitore verrà incaricato dellaprogettazione definitiva ed esecutiva, secon-do lo schema contrattuale che la Fondazioneha condiviso con i concorrenti al momentodell’accettazione dell’invito al concorso: lavolontà reciproca di costruire un rapporto dicollaborazione e di fiducia costituisce unvalore aggiunto per M9 e una garanzia per labuona riuscita del progetto.Il nome del vincitore verrà reso noto il 27agosto, durante l’inaugurazione della mostradei progetti, a Mestre: in quell’occasioneverrà svelato il nuovo volto di una porzionedi città, che verrà restituita ai cittadini nel2014 come luogo di incontro, integrazione eidentità.

Annalisa Ferrario. Fondazione di Venezia

M9cronistoria di un progetto

DI RIGENERAZIONEurbana

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rapporto pieni-vuoti), e di questioninon secondarie di sostenibilità edefficienza, saggiando la disponibilità divecchi e nuovi materiali e tecnologie asostenere le prestazioni richieste intermini di risparmio o addiritturaautonomia energetica.Altrove, la molla è quella di unrafforzamento della compagineeconomica di determinati tessutiurbani obsoleti e di zone industrialidismesse con una forte carta dagiocare sul piano dell’accessibilità. La retorica che generalmente sottendela densificazione delle funzioni el’intensificazione dei flussi è quelladella “competizione” su scalanazionale o internazionale, anche invirtù dell’innesto di funzioni rare e dirango: è il caso della politica dellecittà medie in Francia, assistita daforme di premialità economica moltoconsistenti da parte dello Stato, adesempio nel settore degli investimentiper Università e ricerca scientifica.L’eccellenza viene declinata (anche)attraverso il management dei progettiurbani, che ha generalmente per scenai “grandi territori” delle areemetropolitane con frequente ricorso al“pilotaggio strategico” nel settore dellapromozione dello sviluppo territorialee nel campo delle fattibilità, conparticolare riguardo al montaggio delleoperazioni.Per converso, la competizione affidataal dominio del mercato caratteristicadel liberismo anglosassone con intenseriorganizzazioni della scena urbanasembra oggi attraversare una faseparticolarmente critica, reclamandouna sorta di “accompagnamento” daparte dei pubblici poteri almeno in

Sostenibilità, efficienza ed equitàa cura di Anna Laura Palazzo

Da ormai una ventina d’anni, adispetto delle differenze riscontrabilitra impalcati istituzionali, consuetudiniamministrative e concrete esperienze ditrasformazione, la controffensivaurbana al declino economico, e aldegrado ambientale e sociale vienelatamente indicata in Europa con ilgenerico ma allusivo termine di“rigenerazione”. Sono volta per voltain gioco nuove sfide legate a questionidi equità, intesa come qualità del pattocon la cittadinanza, di efficienza,inquadrabile come l’insieme dellecondizioni che ottimizzano leprestazioni urbane, di sostenibilità, checonvoglia le tematiche della qualitàmorfologica ed ecologica dell’ambientecostruito. Il tema dell’equità appare declinatospecificamente nelle iniziativemunicipali, generalmente assistite daigoverni nazionali: è il caso in Franciadelle diverse generazioni e filiazioni di“Contrat de Ville” (dal 1989) e inGermania della “Die Soziale Stadt -Gebiete mit besonderemEntwicklungsbedarf”, intese allariabilitazione di quartieri di housingsociale. Nel Regno Unito, il consuetoapproccio pragmatico consente unaefficace modulazione delle politicheanche a livello di Boroughs sullediverse esigenze postulate dai contesti. La dominante è a carattere sociale, conun forte investimento pubblico perinterventi di varia natura chiamati apromuovere una mixité sociale efunzionale, ma le soluzioni applicativesi fanno non di rado carico diinterventi significativi sulle morfologie(densificazioni, demolizioni ericostruzioni, reinterpretazione del

Si parla molto di crisi dell’urbanità,come crisi di un modello diinterazione sociale che nella cittàaveva sin dall’origine trovato lapropria sede di elezione e lecondizioni per un continuoaffinamento: se l’esperienza urbanaha assunto carattere pervasivo suscala mondiale, la dimensionequantitativa del fenomeno,fondamentalmente legata alla sogliademografica, alla concentrazioneterritoriale di uomini e attività e auna significativa presenza di funzioniterziarie, non ritrova un corrispettivoin quella antropologica della civitaso in quella “figurativa” dell’urbs. Adessere in questione sono gli stessifondamenti dello stare insieme: ciònon soltanto nelle conurbazioni delsecondo e del terzo mondo, doveviene spesso a mancare il requisitoessenziale della libertà nel legamesociale, ma anche e persino in senoalle città prodotte dalla civiltàoccidentale, messe a dura provadall’incalzare di processi nuovi chemodificano continuamente itraguardi della cittadinanza, e, conessi, gli elementi di emergenza erappresentatività delle categorietradizionali dell’urbano, il lessico e leforme dello spazio comune.

Sfide della rigenerazione urbana

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italiani ed europei, ma si sonomanifestati con maggiore o minoreentità e rapidità in diverse parti delmondo, in genere supportati dall’usodelle auto private, divenuto“inevitabile”, e comunque dal trasportosu gomma. Le basse densitàresidenziali e lo sparpagliamento sulterritorio non consentono infatti diricorrere al trasporto su ferro, oalmeno di giustificarne i costi elevati.In sostanza una dilatazione delle città,ma con ridottissimi livelli diinfrastrutturazione e, spesso, diattrezzature e servizi.Anche restando in Europa ci sono perònotevoli differenze sul come le diversedeclinazioni di questo fenomeno sonostate affrontate nei diversi paesi, conmaggiori o minori sforzi e,inevitabilmente, con relativi successi oinsuccessi. In particolare nelle grandiconurbazioni, dove alle autorità locali– come dimostra per altro l’esperienzaitaliana – e quali che fossero gliobiettivi specifici (contenimento,ristrutturazione, potenziamento diinfrastrutture, offerta di servizi,miglioramenti ambientali, ecc.),risultava sostanzialmente impossibile“governare” fenomeni che non soloscavalcavano i confini amministrativima, e sopratutto, risultavanospropositati rispetto ai “poteri locali” erelative capacità economiche eorganizzative.In altri paesi europei le esperienze ditrasformazione urbana avviate neglianni ‘80, nel tentativo (non fallito) direcuperare la crisi “post-industriale”,positive o meno che fossero, si sono

La “rigenerazione” che(forse) verrà

Il termine “rigenerazione”, che si èdiffuso recentemente, ad affiancare e/osostituire i più consolidatiriqualificazione, ristrutturazione,recupero etc., rimanda al termine“organico” (e derivati), oggi un po’desueto, ma ricorrente negli anni ‘50e‘60. “Rigenerazione” e “organico”sembrano riferirsi in qualche modo aqualcosa di “naturale”, virtualmentecontrapposto, ad esempio, alla“rigidità” dell’edilizia, ma anche aquella concettuale che ha presieduto(troppo) a lungo la pianificazioneurbanistica italiana e, soprattutto, isuoi meccanismi di attuazione (almenoquelli “ufficiali”). Una pianificazioneorientata in prevalenza a sostenere lacrescita edilizia-residenziale delle città(la parte “dura” e “artificiale”), che sitrasformavano rapidamente, spesso convistose carenze infrastrutturali,“occupando” territori “naturali” semprepiù vasti e differenziati.Dagli anni ’70, inoltre, la crescitaurbana ha assunto connotazioni affattodiverse e in parte impreviste. Alrallentamento della crescitademografica – non necessariamente diquella edilizia – delle principali città ècorrisposta infatti la crescita,soprattutto edilizia, dei centri minori aloro più prossimi, e poi una sorta diesplosione/disseminazionedell’edificato, residenziale e non(urbano? suburbano? alternativo?), cheha investito disordinatamente estesiterritori, indifferente ai confini deicomuni e ai relativi piani.I fenomeni di sub-urbanizzazione,“fuga dalle città”, etc. non sono solo

termini di vision: e laddove i costi diintervento appaiono particolarmenteelevati, vi è concretamente il rischio,come a Londra, che la macchinaurbana si inceppi per il venir menodella massa critica necessaria per lafunzionalità e complessità deiprogrammi.La sostenibilità tocca diverse leve: alla“forma” alla intera scala urbana,declinata come strategia territoriale dimedio-lungo periodo, essa affida ilcompito di una riconfigurazionetematica, come a Madrid e a Genova,intesa a recuperare il portato“materiale” del grande progettoottocentesco e novecentesco. Allapiccola scala, la buona forma, inquanto veicolo di efficienza delsistema ecologico, dà voce ad esigenzepuntuali ma soprattutto “plurali” disoggetti che intendono ristabilire uncontatto quotidiano con le pratichedello spazio aperto, siano esse legate alloisir, all’agricoltura urbana, o avariegate risorgenti forme diagricivismo. I vari e variabili percorsi disignificazione dei luoghi della cittàcontemporanea condividono l’esigenzadi andare oltre un’idea di controllodello spazio e dei suoi usi “neldominio del tempo”, secondo lafilosofia dei vecchi piani regolatori,proponendo di ripensare il tempostesso “nel dominio dello spazio”, ossiaa una progettualità che asseconda lacompresenza di usi molteplici esimultanei, le interazioni e leconvivenze tra differenti razionalità eragioni: abitare, produrre, circolare,impiegare il “tempo libero”. In definitiva, indipendentemente dallescale, il progetto urbano appareovunque la sede per eccellenza diorganizzazione e composizione diqueste nuove istanze, in grado diaccogliere e armonizzare le diversefunzionalità e temporalità messe ingioco: nei cicli dell’agire individuale ecollettivo come in quelli più lenti dellanatura. E la scena urbana ci appareancora come l’unica costruzionecollettiva in grado di ospitare stili divita differenti, sviluppando tolleranzae rafforzando i registri di convivenza.

Sfide della rigenerazione urbana

Paolo Avarello*

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rimangono vuoti in tutta Berlino,soprattutto nei complessi abitativi deiquartieri dell’Est e nel centro. A ciò siaggiunge una crescente fluttuazionesociale e una migrazione selettiva: lapopolazione comincia a spostarsi, daEst ad Ovest, verso zone consideratemigliori, innescando un fenomeno dipolarizzazione degli abitanti neiquartieri e una concentrazione delleclassi povere in alcune aree.In questo clima si inserisce ilcontroverso Planwerk Innenstadt(1996) il cui obiettivo è di rafforzarel’identità del centro città, contro ilrischio di abbandono e degrado,densificando il tessuto urbano; il suoapproccio, che favoriva fenomeni digentrificazione ed espulsione delleclassi più deboli, scatena conflitti edibattiti.In quel periodo i cambiamentistrutturali economici e sociali in attoavvenuti a Berlino e comuni a moltecittà tedesche, avviano fenomeni dipolarizzazione e frammentazionespaziale (quartieri svantaggiati e areeprivilegiate), ineguaglianza sociale etrend negativi nei quartieri. Letrasformazioni avvengono in duemodi: l’innesco di un declino sociale,dovuto all’alta concentrazione diproblemi nei quartieri, a causadell’aumento generale delladisoccupazione; l’avvio di una spiralediscendente, rappresentata da uncrescente conflitto e da un’erosionedelle infrastrutture, dovuti al calo delpotere d’acquisto e ad una tassazioneeccessiva delle scuole, causata daglialti flussi di migrazione sociale, i quali

Berlino. Rigenerazione ed equità sociale

Berlin als solidarische Stadtrappresenta un percorso evolutivoverso un’equità sociale delle politicheurbane integrate, con luci e ombre,propri di una struttura urbanacomplessa e densa di significati.L’unificazione della Germania innescaun processo di intenso rinnovamentodi Berlino: il trasferimento dellacapitale, la riunificazione della città el’integrazione nel Brandeburgo, lacostruzione di infrastrutture necessariea competere nel contestointernazionale e l’innalzamento allostesso livello di differenti condizioni divita, con un investimento per lamodernizzazione e il rinnovostrutturale che ammonta a circa 100miliardi di marchi tedeschi (1990-2000).Nel contempo tre fattori importanticontribuiscono a creare una situazionedi forte crisi, uniti alla previsione diun incremento della popolazione, da3.4 a 4 milioni, in pochi anni. Il primoè l’avvio di un programma per lacostruzione, tra Berlino e dintorni, di280.000 nuovi alloggi finanziati consoldi pubblici (1999-2000). Il secondoè la perdita di 380.000 posti di lavorotra Ovest ed Est, dovuta alla crisiindustriale. Siemens, BMW e altreindustrie, non avendo più il supportodal governo federale o dal governodella DDR, portano fuori le lorofabbriche chiudendo quelle di Berlino.Come terzo fattore, la decrescita dellapopolazione: l’incremento previsto nonsi verifica; il trend di crescita nei 15anni comporta un aumento di soli 200mila abitanti; 100.000 alloggi

evolute e sviluppate, sostenendo unafetta importante delle rispettiveeconomie e a volte riscuotendo ancheil favore dei cittadini. Sulla traccia diquelle prime esperienze, spessopiuttosto hard anche per quei paesi, gliinterventi di “rigenerazione”, oggi,hanno incorporato nuovi temi e nuoviobiettivi: quelli ambientali, anzituttoma, più che spesso, anche quelli“sociali”, pur non rinunciando alloscopo ultimo di sostenere l’economia.In Italia, come è noto, quelleesperienze si sono diffuse in ritardo, esono rimaste quasi sempre “insedicesimo”, e i loro prodotti, ingenere, di qualità francamente noneclatante, nonostante alcuni sforziministeriali di divulgazione, sostenutianche da (modesti) contributifinanziari. In assenza di una politicanazionale per le città, e relativiindirizzi, strumenti e investimenti,nella quasi-assenza, di fatto, delleregioni, i singoli interventi sono statiscelti e/o concordati (con i privatiinteressati) dai comuni e da questigestiti, per la parte pubblica, piuttostoin termini “amministrativi” che non“strategici”, e dunque senza veri epropri obiettivi generali e di fondo.Inizialmente, in effetti, la maggioreattrattiva dei “programmi complessi”(italiani) sembrò il poter derogare dallemortifere prassi amministrative (cheperò non si è riusciti a semplificaredavvero), e addirittura dai già mortipiani regolatori (che però, per varimotivi, si è stentato a riformaredavvero). In Italia c’è ancora chi pensache il “fallimento dell’urbanistica” sidebba al fatto che essa muove(inevitabilmente) interessi economici:esattamente gli stessi che, nel restod’Europa, in qualche modo governati, eadeguatamente indirizzati, hannoprodotto la “rinascita” delle città. Eche oggi sono in evoluzione versoobiettivi socialmente più equilibrati eambientalmente più “sostenibili”.Per fortuna siamo un paese bislacco, echissà: forse un ricercatore non ancoraemigrato altrove, scoprirà le cellulestaminali adatte a sviluppare davvero,anche in Italia, processi “organici” di“rigenerazione” urbana.

*Direttore Urbanistica.

Sfide della rigenerazione urbana

Angelica Fortuzzi*

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Urbanistica INFORMAZIONI

la formulazione di analisi emonitoraggio; ASUM AngewandteSozialforschung und UrbanesManagement per la gestione deiQuartiersagentur e dei processi diriqualificazione urbana.A Berlino Soziale Stadt ha visto duefasi: una prima sperimentale, dal 1999al 2005, con lo sviluppo dell’analisi, lascelta dei quartieri, il monitoraggio;una seconda di assestamento, dal 2006ad oggi, con la riformulazionedell’analisi, l’aggiunta di altri quartieri,l’individuazione di quattro categorie diintervento.Il Senato di Berlino cural’implementazione e il coordinamento,con il Dipartimento per lo SviluppoUrbano, in accordo con quartieri edistretti, identificando, nella faseiniziale, le prime 15 aree d’intervento,a cui assegnare un finanziamento di512.000 euro ciascuna e lanciando ilprogramma “Neighborhood becomesmillionaire”.Per comprendere gli effetti delletrasformazioni urbane di Berlinocapitale una prima analisi era già statasvolta intorno al 1996-1997; nel 1999il lavoro confluisce nel Soziale Stadtcon l’intento di individuare i distretti ei quartieri con maggioreconcentrazione di problemi sociali eassegnare con efficacia i fondi; vieneapplicato il metodo Cluster Analysis, ilquale, dopo i primi anni disperimentazione, mostra di essereinadatto allo scopo a causa delladifficoltà nel controllare e lavorare irisultati. Per questo motivo nel 2006,si cambia metodo usando indicatori distato e dinamici, che vengonoincrociati a dati percentualiprovenienti dalle scuole, indicativi delgrado d’integrazione e del numero diimmigrati presenti.La seconda fase (dal 2006) si basa suuna strategia orientata ad investire lerisorse sulle persone, su quei fattoriche dovrebbero favorire lo sviluppo discenari futuri positivi, piuttosto che sulcostruito, concentrando l’azione nellezone degradate e puntando sullaprevenzione.La riformulazione delle analisiidentifica quattro categorie diintervento in relazione ai problemi: 1. categoria 1 Starke Intervention,

nel 2007, 500 quartieri, in 320 città;50 nuovi quartieri inseriti ogni annonel programma; 1.34 milioni diresidenti coinvolti nei distrettidell’Ovest; 0.4 milioni nell’Est; 330milioni di euro annui di finanziamentinazionali (pari a 100 milioni), federalie fondi strutturali Europei; circa 2miliardi di euro investiti.Le risorse totali per Berlinoammontano a 123 milioni di euro dicui 21 milioni dal Governo Federale(1999-2005), 49 milioni da Fesr, UrbanII, Fse ob. 1 e 2 (2000-2006) e 53milioni dalla Città di Berlino (1999-2005).I destinatari sono i distretti conparticolari bisogni di svilupponell’intero territorio tedesco, cheappartengono a due tipologieprincipali: i quartieri centrali di fineXIX sec., ex quartieri operai; l’ediliziaeconomica e popolare degli anni 60-70.L’obiettivo è di migliorare la qualitàdella vita nei distretti svantaggiatitramite un pacchetto di politiche eazioni a lungo termine, intese arealizzare una città socialmenteintegrata, con migliori condizioniurbane, contrastando la polarizzazionesocio-spaziale, includendo nel processoabitanti e istituzioni locali.Otto ambiti di intervento, affinabililocalmente, strutturano i campi diazione:- Beschatigung, impiego e formazione.- Lokale Wirtschaft, economia locale.- Integration und Zusammenleben,

integrazione tra diversi gruppi socialied etnici.

- Wohnen und Wohnumfeld, curadell’ambiente urbano.

- Soziale Infrastruktur, sviluppo diinfrastrutture sociali.

- Stadtteilkultur, sviluppo di reticulturali nei territori.

- Gesundheit und besondereLebenslagen, sanità e salute.

- Bewohneraktivierung und –Beteiligung, attivazione degli abitantialla partecipazione.

Per attuare il programma il Governo siè avvalso di consulenze esterne, tra cuiil DIfU Deutsches Institut fürUrbanistik; l’Institut fürSozialwissenschaften della Humboldt-Universität zu Berlin e l’IfS Institut fürStadtforschung und Strukturpolitik per

innescano un processo di mobilitàselettivo nei territori urbani, con unacrescente segregazione delle classi. Siidentificano quindi tre problemiparadigmatici, il primo dei quali è daricondurre alle carenze del contestoterritoriale e delle condizioni abitative,che sono la causa principale per laconcentrazione dei problemi sociali eche implicherebbero un rinnovamentodell’edificato e dell’ambiente urbano. Ilsecondo attiene alla situazione socialedegli abitanti, causata da povertà edisoccupazione e alla conseguentenecessità di eliminare tali condizioni;il terzo vede, come portato dei primidue problemi, l’ulteriore inibizionedelle opportunità nella vita,conseguenza dell’abitare in unquartiere svantaggiato.L’inadeguatezza delle politiche urbanee sociali tradizionali è evidente, comela necessità di misure adeguate allenuove complessità. Una fase disperimentazione, nel 1993-1994, ponele basi per avviare Die Soziale Stadt -Gebiete mit besonderemEntwicklungsbedarf (1999); promossadal Governo Federale con i Länder, èuna strategia di sviluppo urbanointegrato che include ambiti sociali,economici, ecologici, orientata aiquartieri svantaggiati, adattabile alleesigenze locali e basata su tre principi:- Bündelung, mobilitazione di tutte le

risorse, incluse conoscenze,professionalità, potenzialitàfinanziarie e cooperazioneinterdipartimentale, in tutti i campi elivelli.

- Partnerschaft, sviluppodell’associazionismo, integrazioneattiva e costruzione di reti locali.

- Empowerment, politiche dipotenziamento, basate suinformazione, formazione emotivazione per attivare azionipubbliche locali autogestite.

Sono tre i livelli di implementazionedel programma e gestione dei fondi: ilGoverno Federale indica le linee diindirizzo, gli obiettivi e la struttura,assegnando i fondi; i Länderdeterminano le regole; i Municipidefiniscono le specifiche el’implementazione.Alcuni numeri (1999-2007): nel 1999,162 quartieri coinvolti, in 124 città;

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contribuito ad un nuovo modello disviluppo urbano integrato, ma nel2010 cosa emerge sull’esperienza?Secondo Rainer Aehnelt (IfS) ilBündelung ha funzionato nel networklocale, ma a livello più alto la gestionee il dialogo tra le parti politiche è statoproblematico e, rispetto agli obiettivi,non sempre è riuscito, a causa dellocalismo e dell’individualismo deipolitici; l’attuale limitatezza di fondirestringe il campo d’azione a politicheper classi a basso reddito; i graviproblemi sociali persistenti in alcunearee non sono risolvibili solo conpolitiche per gli spazi urbani. Secondoil DIfU gli ambiti problematici damigliorare sono: la competizione tra idipartimenti; il coinvolgimento degliimmigrati e degli imprenditori locali;l’integrazione sociale; l’educazione e lescuole; le strategie di sostegno; isistemi di monitoraggio e valutazione.Nel report del 2007 gli esperti dell’IfS edella Humboldt-Universität avvertonodi non basare tutto il processo diriqualificazione solo a scala diQuartiersmanagement, sottolineando lanecessità di un livello più alto dicoordinamento tra territori limitrofi

con problemi simili, per tutte quellecategorie di questioni che richiedonouna gestione a scala superiore (es.l’educazione e le scuole). Ciò hasegnato l’avvio di un programma dicoordinamento chiamato Aktionsräumeplus e, a seguito di un monitoraggioeseguito nel 2008, sono stateindividuate cinque grandi aree urbanecon problemi gravi e complessi:Spandau Center; Wedding/Moabit;Kreuzberg-Northeast; Neukolln-Nord;Marzahn North/North Hellesdorf. Apartire dal 2009 con Aktionsräumeplus il Senato di Berlino intendeconcentrare le proprie azioni permigliorare lo sviluppo urbano, spazialee sociale delle cinque zone: principioguida è Berlin als solidarische Stadt. In queste politiche il focus principale èil tema dell’educazione, soprattutto trai giovani, inteso in senso ampio, cheinclude il miglioramento culturaledell’ambiente familiare, l’integrazioneinterculturale, la promozione dellosport, per consentire la prospettiva diun futuro migliore.

* Dottore di Ricerca, Università degli Studi Roma Tre.

intervento intensivo, nei quartiericon elevati trend negativi,caratterizzato da un elevatoimpegno di risorse, dalla presenzadel Quartiersmanagement,dall’attivazione di diversi progetti.

2. categoria 2 Mittlere Intervention,intervento medio, nei quartieri contrend negativi, con l’impiego dimeno risorse.

3. categoria 3 Prävention, diprevenzione, nei quartieri con pochiproblemi e scarsa fluttuazione dellapopolazione.

4. categoria 4 Verstetigung, dimantenimento, nei quartieri consegni di sviluppo positivo, con unsolo piano d’azione triennale.

I finanziamenti a Berlino: 22 milionidi euro annui totali, investiti su 34quartieri con 380.000 abitanti, di cui6.5 milioni al Quartiersmanagement; il50% sono fondi europei; 33% dallaCittà di Berlino; 17% dal GovernoFederale. Il programma proseguirà fino al 2013,con fondi dell’Unione Europea (50%) edella Città di Berlino, quelli delGoverno Federale non sono assicurati.Soziale Stadt ha certamente

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I contenuti ed i metodi dielaborazione dell’LDF sono orientatida alcuni documenti del governo, cheraccomandano di superare le politichesettoriali dell’azione pubblica (cfr.CLG, 2007, Place Matters, CLG, 2008,Process Evaluation of PlanRationalisation: Formative Evaluationof Community Strategies: Issues Paper10 - Local Development Frameworksand community strategies).La limitata efficacia delle politichepubbliche di fine anni ‘90caratterizzate da interventi per lariqualificazione delle areemetropolitane inglesi (Manchester,Liverpool, Birmingham,…) di tipotematico (interventi nell’ediliziapubblica, realizzazione diedifici/contenitore per servizi,vigilanza urbana nei quartieri,isolamento di realtà urbane difficili,…),ha infatti dimostrato come allequestioni che riguardanol’integrazione non si possa risponderecon soluzioni generali precostituite eche riguardano un solo aspetto delproblema, ma occorrano politichepartecipate e integrate che riguardanopiù settori contemporaneamente. A Londra su 32+1 Boroughs, già 28hanno avviato il processo diadeguamento ai nuovi indirizzi delgoverno che impegnerà leamministrazioni locali per almeno 3anni. E’ prematuro valutare gli esiti el’efficacia di questa nuova forma dipiano (LDF). Questo nuovo modo di concepire lepolitiche di integrazione sociale è giàstato sperimentato dai Boroughs neiprocessi di riordino insediativo localee per gli aspetti ambientali con lastrategia per gli open space e per lacostruzione delle reti verdi locali.La Open Space Strategy (OSS) è ildocumento redatto dai Boroughs, surichiesta del governo (Cfr. UrbanGreen Spaces Taskforce, 2002, GreenSpaces, Better Places. UGST, 2002,Living Places - Cleaner, Safer,Greener, GLA (2004) The LondonPlan, CABE, 2009, Open spacestrategies: what local authoritydecision makers need to know). Essodefinisce gli obiettivi qualitativi esociali da perseguire per realizzaresistemi verdi continui nei quartieri

Sustainable Community StrategyLucia Nucci*

Le amministrazioni locali, i Boroughs,investiti di una rinnovata competenzaper le questioni che più direttamenteriguardano la quotidianità delcittadino, si sono “ri-avvicinate” ailoro territori per meglio riconoscere lediverse realtà locali (comunitàpresenti, contesti socioeconomici,patrimonio pubblico e privato, ecc.).In particolare, il riconoscimento delle“comunità locali presenti nella cittàcome soggetti portatori di unadomanda differenziata” è il risultato diun lungo processo di ascolto delladomanda condotto dalleamministrazioni locali con tecniche diaudit (invio di questionari per posta,interviste in loco,…).La conoscenza delle domande/esigenzedelle comunità locali spessoetnicamente composite aiuta ilBorough a costruire obiettivi comuni econdivisibili orientati all’integrazionesociale. Questi sono espressi nellaSustainable community strategy:documento programmatico chesintetizza gli obiettivi e le strategie dinatura sociale, economica edambientale di lungo periodo che siintendono perseguire (GLG, PlanningPolicy Statement 12: Local SpatialPlanning, creating strong, safe andprosperous communities through LocalSpatial Planning, 2008).Sulla base della Community Strategy,l’amministrazione predispone unsecondo documento contenente lepolitiche urbane locali relativeall’assetto spaziale (Local DevelopmentFramework (LDF) ed ai progetti diurban design scelti per attuarlo.

Come favorire l’integrazione socialenella città contemporanea è un temamolto dibattuto in Gran Bretagna, cuisi è risposto negli ultimi anni connumerosi documenti del governo elocali (cfr. Communities and LocalGovernment CLG, 2002, Sustainablecommunities: Delivering throughplanning; CLG, 2004, Planning andCompulsory Purchase Act 2004;Bristol Accord - UK Presidency EUMinisterial Informal on SustainableCommunities, 2005; CLG, 2006, Stateof the English Cities; CLG, 2006,Strong and Prosperous Communities -The Local Government White Paper;CLG, 2009, Building CommunityResilience: Prevent Case Studie; CLG,2009, Guidance on meaningfulinteraction: How encouraging positiverelationships between people can helpbuild community cohesion).I documenti riconducono la questionedell’integrazione sociale nella città(cittadinanza, maggiore sicurezza,integrazione interetnica edintergenerazionale, equità residenzialee migliori dotazioni di spazi pubblici eservizi per i residenti, ecc…)principalmente alla dimensione localedel quartiere. La prospettiva generale è quella di unritorno ad una città compattacomposta da neighbourhoods urbaniintegrati al loro interno e con funzionimiste; nei quali vi sia una chiaragerarchia degli open space e del verdeurbano, una buona dotazione diservizi di prossimità, trasportopubblico integrato ed un ricco ediversificato mix funzionale.

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alla dimensione del parco. La scelta ètra due modelliorganizzativi/localizzativi: un modellomultifunzionale concentrato comecentralità di quartiere; un modello piùarticolato multiaree intrecciato con laresidenza per microcentralità.Per la gestione degli open space, unadelle scelte più interessanti è la forteresponsabilizzazione della comunitànella manutenzione ordinaria delverde. Oltre alle ditte specializzate visono gli “amici del parco” che in varieforme si dedicano alla sicurezza edalla vitalizzazione degli spazi aperti.Nei boroughs in cui è stata riscontratauna forte delinquenza giovanile sisono realizzati degli spazi apertiinteramente dedicati a determinatefasce di età e gestiti dai giovani. ASouthwark per i ragazzi del quartiereè stato predisposto un parco perskateboard interamente autogestitocon turni interni giornalieri. Nellaconvenzione con il Borough gli utentihanno sottoscritto l’impegno a non farentrare spacciatori ed a mantenere,pur nella totale libertà di espressione,il decoro di uno spazio pubblico.L’amministrazione in cambio hastanziato una cifra simbolica per icosti di manutenzione.In prospettiva, l’esperienza positivadelle Strategies per gli open space e lereti verdi si comporrà nella piùgenerale Sustainable communitystrategy affidata ai Boroughs ed allapartecipazione dei cittadini perpromuovere l’integrazione sociale nelterritorio urbano locale.

* Docente, Università degli Studi Roma Tre.

o di adulti o di anziani fornisceindicazioni progettuali per il tipo diattrezzature da prevedere, così comeper le percentuali di popolazioneappartenenti ad etnie diverse.Ciascuna etnia ha infatti specifichetradizioni ed esigenze. Nella tradizionebengalese, ad esempio, diversegenerazioni di una stessa famigliavivono insieme, e questo aspettoculturale sottende una domanda dispazi verdi condominiali di una certadimensione e di appartamenti con unadimensione più grande della mediadelle residenze in affitto o in vendita.Le interviste indagano il grado disoddisfazione nell’uso attuale dell’openspace (presenza di alberature, diservizi e punti di ristoro attrezzati,…),le caratteristiche degli utenti, lafrequenza di uso, il grado diaccessibilità.Gli usi preferenziali sono definiti, aifini del progetto, per le particomponenti la rete; a ciascuna parte èattribuito un gruppo di usi economicie sociali per rendere lo spazio verdevissuto con continuità nel corso delle24 ore. Gli usi sono selezionati eraggruppati in ragione dei diversitempi e modalità di fruizione ed undiverso disegno enfatizza la diversitàdi uso degli spazi.In generale vi è un doppio uso delverde: uno di tipopersonalizzato/individualista(l’esercizio fisico, la lettura, lapasseggiata); uno di tipoeducativo/collettivo (gli sport ed igiochi di gruppo all’aperto, lacoltivazione degli orti urbani,…).La frequenza d’uso dei parchi dipendeprevalentemente dall’età dellapopolazione. Tra gli altri elementi checondizionano la frequenza: sicurezza,compatibilità tra diverse etnie,dimensione del parco. I frequentatoriquotidiani più assidui sono le donnegiovani con figli, e le persone anziane.Le minoranze etniche tendono adavere due comportamenti opposti:essere assidui frequentatori (Camden),o evitare accuratamente questi spazi(Hammersmith e Fulham).L’accessibilità pedonale dalla residenzaai parchi viene verificata utilizzando iparametri del nuovo piano di Londra(2004 e 2008) che associa il raggio

attraverso: la creazione di una visiondegli open space; una precisaconoscenza dello stato di quelliesistenti; la definizione delle esigenzee delle aspirazioni per la fruizione daparte della comunità; la promozionedi standard qualitativi e quantitativilocali e dei requisiti dellaprogettazione; la scelta delle azioni edella tempistica per raggiungere questistandard; la realizzazione di unsistema di monitoraggio e diaggiornamento dell’action plan.A Londra, nel 2010, 19 Boroughshanno completato la OSS e lasperimentazione in atto (cfr. adesempio Camden a Nord e Southwarke Croydon a Sud) ha evidenziatoaspetti determinanti quali:- il riconoscimento della “diversità”dei luoghi e delle comunità residentinel quartiere;- il ruolo della partecipazione perl’espressione dei bisogni verso l’usodel territorio che sottende un diritto ditutti a partecipare attivamente alledecisioni del governo del territoriolocale, la concretizzazione del dirittodi cittadinanza;- l’insostituibile ruolo del progetto delverde nel disegno urbano del territoriolocale come base di riferimento e dinegoziazione per promuoverel’espressione della domanda e persollecitare gli interventi finalizzatidegli operatori.Nella Open Space Strategy le questionidi maggiore interesse sono: lemodalità di partecipazione per laredazione dei documenti; il sistemainformativo; il coordinamento tradocumenti settoriali; la strutturasocioeconomica e l’indagine sulleesigenze dei cittadini (l’audit); lescelte progettuali da favorire circa letipologie di spazi verdi ed i modelli direte verde e di mobilità lenta locale;gli usi preferenziali ed i modelli difruizione; l’accessibilità pedonale; ledotazioni; la gestione; i criteri divalutazione del successo dei parchi.Comprendere/definire famiglie didomande locali molto diverse, spessoanche contrastanti tra di loro, richiedeun approccio interdisciplinare alprogetto del verde.La lettura della popolazione per classidi età con le concentrazioni di giovani

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quantitativi della produzione edilizia,portando ad un aumento dei prezzisocialmente insostenibile. Tutte questeriflessioni sono particolarmente attualinel caso di Londra, dove le esigenzedella crescita piegano in molti ambiti,specialmente nel Thames Gateway, lepolitiche di rigenerazione.Londra e il sud-est dell’Inghilterrasono infatti una delle aree piùdinamiche del Regno Unito, sia dalpunto di vista economico chedemografico. Sostenere la crescitaeconomica di Londra e del GreaterSouth East, considerati “la gallinadalle uova d’oro” del paese,provvedendo alla pianificazione di areeper nuove attività e per la nuovapopolazione è considerata una dellepriorità cruciali del governo. Perquesto sono state individuate una seriedi corridoi o aree di crescita (le growthareas) e “zone opportunità” (aree doveconcentrare lo sviluppo, generalmentebrownfield), e, considerati i limitiimposti all’espansione della città dallaGreen Belt.Il Thames Gateway è la più grandegrowth area designata nella regione,soprattutto per la sua disponibilità diaree per lo sviluppo: vi si trova infattiil 20% del brownfield di tutto ilGreater South East in localizzazionivicine alla capitale. Il Thames Gatewayè inoltre una localizzazione strategicasia per la sua vicinanza alla City e aCanary Wharf, che per la presenza diimportanti infrastrutture, come la lineaferroviaria ad alta velocità che collegaLondra all’Europa, che per volontà delgoverno ha due fermate (Stratford eEbbsfleet) proprio nel Thames Gateway,e il progetto in costruzione delCrossrail, un passante ferroviario EstOvest sotto il centro di Londra cheprevede due importanti diramazioninel Gateway. Nella Core Vision per ilGateway è definito l’obiettivo di“creare una economia forte e vibranteper il ventunesimo secolo” attraversola crescita sostenibile, l’innovazioneambientale tendente a far diventarel’area dell’estuario all’avanguardianella low carbon economy, l’educazionee la formazione professionale, laconnessione delle comunità esistenti ela valorizzazione del paesaggio(parklands landscape)1. Ovviamente il

urbana del Thames Gateway? Comesono mutati i rapporti di forza traattori pubblici e soggetti privatinell’attuale scenario di recessione?Come si possono integrare i grandieventi con le strategie di sviluppopreesistenti? Londra può fornirequalche spunto di riflessione.É necessaria innanzi tutto unapremessa sul sistema di pianificazioneurbana britannico che è caratterizzatoda un approccio top down (con unruolo chiave giocato dalle agenziegovernative); è focalizzato sulgarantire una adeguata disponibilità diaree per servire la crescitadell’economia e della domandaabitativa; privilegia le aree brownfieldpiuttosto che quelle greenfield e contamolto sulla negoziazione pubblico-privato per finanziare infrastrutture eopere pubbliche. Questo avvieneattraverso un meccanismo dicondivisione con le autorità localidell’aumento di valore dell’area di cuiil developer beneficia grazie al rilasciodel permesso di sviluppare, e la naturanegoziale fa si che esso possa spingersifino ad incorporare parte consistentedi quella che altrimenti sarebbediventata semplicemente renditafondiaria. Su questo meccanismo dinegoziazione con i privati (a volte verepartnership) si basano gran parte dellepolitiche britanniche per larigenerazione urbana e per la casa. Ingenerale questo approccio top down eil ruolo dei privati, hanno portato abuoni masterplan e ad un buon urbandesign, ma tuttavia non hanno risoltoil problema dell’adeguatezza in termini

Londra, “città globale” cuore dellafinanza mondiale, è una delle cittàoccidentali con la maggiorepolarizzazione sociale. A Londra cisono i ricchissimi e i poverissimi, o perdirla con le parole di Peter Hall c’èuna iperclass e una under class. Lediseguaglianze sociali sono anchelocalizzate: a ovest vi è la cittàbenestante dove abitano i ricchi e laclasse media professionale eimpiegatizia, a est la città povera, la“sala macchine” della capitale globale,caratterizzata da deprivazione sociale,lavoro poco qualificato, povertà edisoccupazione. In centro c’è la City eCanary Wharf è la sua espansioneorientale, nuova icona grandiosa dellostatus globale della città. A CanaryWharf i grattaceli della finanza sitrovano quasi a contatto con l’altraLondra, quella dei capannoniindustriali, delle aree dismesse, edell’esclusione sociale. Nelle immediatevicinanze di Canary Wharf è in attoun fenomeno di gentrificazione,mentre pochi chilometri a nord, nellaLower Lea Valley, nel cuore delle zonepiù povere della Greater London stasorgendo il Villaggio Olimpico per igiochi del 2012. Tutto l’immensoterritorio che va dalla City, a Est,lungo le sponde del Tamigi, fino allasua foce, e che include il VillaggioOlimpico, è oggetto di quello che vienedefinito il programma di rigenerazioneurbana più grande d’Europa: il ThamesGateway. Quale sarà l’effetto dell’innesto delprogetto del Villaggio Olimpico nellapiù vasta strategia di rigenerazione

Sfide della rigenerazione urbana

Londra. Rigenerazione urbana e olimpiadiGualtiero Bonvino*

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quattro elementi: i) Il primo riguarda ilrapporto tra il progetto dei siti olimpicie la strategia di background, dove èpossibile individuare delle differenzetra il caso di Barcellona, in cuil’evento era (probabilmente) essenzialeper finanziare la strategia diriqualificazione, e il caso di Londradove, se non vi fosse stata la crisi, la“crescita” l’avrebbe probabilmentefinanziata comunque. ii) Altroelemento è il fatto che l’idea di ridurrel’impatto sulle finanze pubblichedell’evento con un ri-sviluppoimmobiliare di seconda fase è senzadubbio meritevole (visto il periodo divacche magre), ma a proposito vasottolineato che la strategia di fondo èessenziale per dare senso e fattibilità aquesta fase post evento, perché èevidente che i siti olimpici devonotrovarsi in luoghi dove sia praticabilee sensata una eventuale densificazionee quindi la creazione di un nuovocentro. iii) Sembra inoltre evidente chein questo tipo di iniziative a forteguida e investimento pubblico lo Statodebba rimanere nella partnership disviluppo della seconda fase per iltempo opportuno e necessario perbeneficiare del processo di creazionedel valore. iiii) Infine, è auspicabileche con il cambiamento del ruolopubblico cambi anche l’effetto socialedei nuovi sviluppi, con unagentrification inclusiva e non espulsivadelle aree da riqualificare, attraversoun reinvestimento in politiche sociali edi formazione dei benefici derivantidalla maggiore efficienza economicadell’operazione, in modo che ilvillaggio olimpico possa essere lanuova Agorà, segno di riscatto, dellacittà degli esclusi.

* The Bartlett School of Planning, University Collegeof London.

Note1. Farrell T., 2009. The Thames Gateway Core Vision.2. Hall P., 2009. In: Imrie R., Lees L., Raco M. (eds),Regenerating London. Governance, Sustainability,and Community in a Global City.3. Communities and Local Government, 2009. London2012 Olympic legacies.4. Edwards M., 2008. Blue Sky over Bluewater? In:Cohen P., Rustin M.J., London’s Turning, the Makingof Thames Gateway.

concentrata nella delivery dell’evento,la seconda nella delivery della legacy3.Il villaggio olimpico, necessariamenterecintato durante l’evento, sarà apertoai quartieri circostanti con larealizzazione di nuove connessioni;alcune attrezzature sportive verrannodemolite, altre smontate,ridimensionate o convertite in servizipubblici e il villaggio sarà densificatocon uno sviluppo ad uso misto,comprendente anche affordablehousing. In questa fase tutto il progetto è aguida pubblica, ed è ancora da chiarirese e come il pubblico disinvestiràcapitalizzando lo sviluppo vendendo aprivati le aree da sviluppare in secondafase, o se rimarrà invece in partnershippartecipando dei probabili maggioriricavi derivanti dal progressivomaturare dei valori immobiliari delnuovo sviluppo (punto di debolezzagenerale del modello di interventopubblico)4. A causa dell’ingentequantità di risorse pubblichenecessariamente concentrate sulleattività funzionali alla deliverydell’evento olimpico, alcuni osservatori(Hall, Poynter, 2009) sollevarono lalegittima preoccupazione che leOlimpiadi con la loro inderogabilità edurgenza, in realtà rischiavano didistrarre fondi e attenzioni (come èsuccesso) dalla già arrancante deliverydella strategia più vasta del ThamesGateway che comprendeva la delicataregia di tanti interventi privati epartnership pubblico-private.In questo contesto, è arrivataimprevista, anche se qualcuno l’avevaprevista, la crisi finanziaria, con ilcredit crunch e la recessioneeconomica. Con la crisi la maggiorparte degli sviluppi privati (quelli chenon erano ancora partiti) non connessialle Olimpiadi si sono fermati, e conessi tutto il processo di riqualificazioneurbana legato alla negoziazionepubblico-privato della section 106,come anche la produzione di ediliziasociale ad essa connessa. Le opere perle Olimpiadi cambiano quindisignificato assumendo la funzione ditraghettare il progetto ThamesGateway, con il sostegno diinvestimenti pubblici, fuori dalla crisi. In conclusione si evidenziano quindi

Gateway deve anche servire la crescitadella Greater London con 160.000nuove case a tutti i livelli diaffordability e la crescita economica,concentrata specialmente in quattroaree, i cosiddetti “economictransformer”, cioè Canary Wharf e Isleof Dogs, e le due aree vicino allestazioni internazionali dell’alta velocitàStratford City e Ebbsfleet Valley eLondon Gateway (il nuovo portocontainer con acque profonde). La sfida è tutt’altro che semplice: ilThames Gateway è una zonavastissima con scarsa connettività,divisa dal Tamigi e ambientalmentemolto degradata (discariche, industriedismesse, etc.), caratterizzata da unaidentità debole e con un capitaleumano generalmente poco qualificato.Non è un caso quindi che tutta lacomplessa architettura di partnershipinter-istituzionali montata dal governoper portare avanti il progetto manifestiuna chiara difficoltà nel passare dallapianificazione all’azione, come è statoosservato da autorevoli osservatori2.In questo contesto nel 2005 è arrivatal’opportunità di partecipare alla garaper ospitare i giochi del 2012, el’amministrazione della Greater LondonAuthority guidata dal sindaco KenLivingstone ha deciso di candidarel’area di Stratford e della Lower LeaValley, nel cuore delle aree diriqualificazione del Thames Gateway,con una proposta che puntava moltosull’eredità, in termini di infrastrutturee riqualificazione, che lo svolgimentodei giochi avrebbe lasciato ai territoricircostanti. Questo approccio è statopossibile perché come nel caso diBarcellona, esisteva una strategia piùampia nella quale inserirsi. La gara èstata vinta con particolareapprezzamento della strategia dellelegacy (l’eredità), che riduceval’impatto economico dell’evento per ilpaese ospitante creando opportunità dirientro parziale dell’investimentoattraverso lo sviluppo immobiliare diseconda fase (post-giochi) del VillaggioOlimpico (fatto non secondario allaluce di quello che sta succedendo inGrecia) e creando importantiinfrastrutture per le comunitàcircostanti. Tutto il progetto è statoinfatti pensato in due fasi: la prima

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pubblica che consentisse di metteremano ai dispositivi decisionali eall’organizzazione dei servizi tecnicicomunali e di agglomerazioneinnescando una sorta di “riforma” deimodi di costruzione dello spaziourbano anche a partire da unaconoscenza più approfondita deidesiderata espressi dalla cittadinanza5.Ne è scaturita una particolare forma di“committenza urbana” relativa aprogetti incentrati sullo spaziopubblico: la figura del Maîtred’ouvrage unico, generalmente internoai servizi tecnici, è stata chiamata adassicurare il coordinamento tra ledifferenti équipes costituite dapromotori e progettisti (concepteurs),cui si è progressivamente affiancataun’attività di accompagnamentosociale6. Da ultimo, la Maîtrise d’ouvrageurbaine, con riferimento a programmidi trasformazione che mobilitano unagrande varietà di attori, designa lefunzioni attraverso cui la pubblicaamministrazione prepara, formula egestisce la “committenza urbana” insenso lato; essa è chiamata adassicurare un inquadramento strategicoalla scala territoriale e a trascriverlonel progetto urbano, preparandone lefasi operative e attrezzando il tavolodelle relazioni partenariali7. In questa chiave, l’emergenza dellarigenerazione urbana che comportainterventi non sempre remunerativi suaree non direttamente o nonimmediatamente disponibili allatrasformazione, ha sollecitato da unadecina di anni a questa parte lanecessità di sottoporre la figuradell’aménageur tradizionale a unaprofonda revisione. La nuova competenza urbana, cheincorpora evidentemente anchefunzioni di animazione sociale con gliabitanti, di gestione delle diverse fasidei cantieri, di promozionecommerciale, va associata allamacchina amministrativa sin dallastesura ed elaborazione della strategiaurbana, perché possa farsi garantedella fattibilità tecnica di operazionicomplesse e di medio-lungo periodo,prendendone in carico le variecomponenti implicate: si tratta in altritermini di fornire adeguate misure di

Committenza urbana e rigenerazione in Francia Anna Laura Palazzo*

economia mista (SEM) o unEtablissement Public d’Aménagement(EPA) direttamente finanziato dalloStato, agisce con ruolo di committentedel progetto urbanistico e delle operedi urbanizzazione (maître d’ouvrage),coordinando i concessionari dei servizia rete e i promotori-costruttori (maîtresd’oeuvre), selezionati mediante bandidi evidenza pubblica. Nelle ZAC (Zones à aménagementconcerté), introdotte sin dal 1967, lafiliera della trasformazione dei suolirisulta governata a partire dallaconcezione d’insieme attraversooperazioni di ricomposizioneparticellare generalmente ispirate alladimensione materiale e concettualedell’isolato, identificato come tassellofondamentale a livello di “parteurbana”4. La redazione di unplanivolumetrico in base a capitolaticon prescrizioni urbanistiche edarchitettoniche di estremo dettaglio(cahiers de charges) impegnal’aménageur nel difficile compito dicontemperare l’esigenza di uno stilecomune dell’insieme, con quella di una“varietà controllata” dei linguaggiarchitettonici che presiedono allaelaborazione degli esecutivi diprogetto.A partire dal 1985, i testi didecentramento amministrativo e lalegge sull’aménagement hanno fornitoun quadro legale a pratiche intermedietra operativo e regolamentare (Zoned’urbanisation future à règlement eProgramme d’aménagementd’ensemble). In questa chiave, erarichiesto un rinnovamento dell’azione

Governance multilivello e progettourbano si sono progressivamenteaffermati sulla scena dellarigenerazione in Francia, in una chiaveche investe i “grandi territori”,l’hinterland di Parigi innanzitutto, masempre più le aree metropolitane dellecittà medie, anche come antidoto allatradizionale dominanza della Capitale1.L’osservazione di alcune esperienze incorso a Lione, Montpellier, Lille,Bordeaux, invita a osservare questimeccanismi attraverso la lente del“management urbano” che neaccompagna le traiettorie e pone inluce le nuove professionalità espressedagli operatori della rigenerazione3. Èovunque in causa una capacità dielaborazione, di interlocuzionereciproca e con la cittadinanza, e dirisposta entro percorsi nonstandardizzati di apprendimentocollettivo. In Francia, il management urbano si èposto innanzitutto come esigenza di“allineamento” tra le due animetradizionali dell’urbanistica, quellaregolamentare, tutta internalizzatadalle strutture degli enti locali, equella attuativa, “esternalizzata”mediante concessione alla figuradell’aménageur, chiamato atrasformare i suoli per usi urbanigestendone le charges foncières, ossiale quote dei costi di costruzioneimputabili alla urbanizzazione deisingoli lotti, oggetto di successivacommercializzazione3. L’aménageur, che è dunque unsoggetto distinto dalla pubblicaamministrazione, come una società di

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urbana, a cura di B. Monardo, A.L. Palazzo e M.Ricci, Venezia, 5 novembre 2009.10. Va rilevato che il nuovo quadro giuridico tende apregiudicare quella continuità tra progettazione erealizzazione dei progetti di rinnovo urbano che peril passato regolava anche in via informale i rapportifiduciari tra amministrazione urbana e aménageur. Ladefinizione del sistema della messa in concorrenza(tanto per la fase di studi che per quella operativa) eil divieto di firmare una concessione di aménagementprima della costituzione di una ZAC comportano ilrischio di frammentazione del processo progettuale.Cfr. B. Depresle, P. Joutard, Les métiers del’aménagement dans le renouvellement urbain, 5èmesEntretiens de l’Aménagement, a cura del Club VilleAménagement, 2007.11. Il finanziamento ricade sull’Agence Nationalepour le Renouvellement Urbain (ANRU), che riuniscelo Stato, la Cassa Depositi e Prestiti, l’AgenceNationale Habitat (ANAH), l’Union sociale pourl’Habitat et l’Union d’économie sociale du logement,proseguendo l’esperienza varata nel 1999 dal ComitéInterministeriel des Villes per i Grands projets deVille (GPV) e le Opérations de renouvellement urbain(ORU).

l’economia di scala che può consentireun bilancio almeno in pareggio rinviaspesso all’intero ambito urbano, neltempo lungo. Del resto, unavalutazione esclusivamente basata sucriteri di natura economica non tieneconto dell’investitura politica delprogetto urbano – il cosiddetto portage- e della sua ambiziosa posta in gioco.Ma la filosofia è estremamente chiara:nel modello francese la linea didemarcazione non è tra privato epubblico - tra “mestieri del fare” e“mestieri del decidere”, o tra “saperi” e“poteri” -, ma tra ruoli operativi egestionali, che, affiancati nellagovernance del sistema decisionale,propongono una connessione ineditacon continui feed-back tra le duefunzioni del management urbano: ilportage politico e il pilotaggio tecnico,per cui la formulazione della strategiaterritoriale e la sua trascrizione nelprogetto urbano debbono trovareconcreti elementi di ancoraggio sulterreno della sostenibilità sociale,economica e ambientale.

*Docente di Urbanistica, Università degli Studi RomaTre.

Note1. Cfr. ad es. A. Masboungi, D. Mangin (éds), Agir surles grands territoires, Le Moniteur, Paris, 2008.2. Cfr. ad es. T. Paquot, M. Lussault, S. Body-Gentrot(éds), La ville et l’urbain. L’état des savoirs, Editionsla Découverte, Paris, 2000. 3. L’aménagement di cui si tratta ha un connotatostrettamente operativo, avendo per obiettivo direalizzare dei terreni accessibili per la residenza, leattività e le attrezzature urbane; investe una porzionesignificativa del territorio urbano, il che lo distinguedalla semplice operazione di costruzione; faintervenire un aménageur, pubblico o privato, chedeve portare a termine la ristrutturazione fondiaria, lapredisposizione dei suoli e l’ottenimento dei diritti diedificare. Cfr. D. Rousseau, G. Vauzeilles,L’aménagement urbain, PUF, Paris, 1995.4. Ph. Panerai, J. Castex, J.Ch. Depaule, Formesurbaines de l’îlot à la barre, Parenthèses, Marseille,2004. Gli Autori vi hanno dimostrato, con riferimentoalla Parigi di Haussmann, che questa modalità ditrasformazione della città, per porzioni ediliziediscrete, corrispondeva alla dimensione massima del“rischio” sostenibile dai singoli promotori e investitoriimmobiliari.5. Y. Tsiomis, V. Ziegler, Anatomie de projets urbains,Editions de La Villette, Paris, 2005. 6. Il maître d’ouvrage è il committente, la personafisica o giuridica (proprietario, promotore, ente locale)per conto della quale viene eseguita la costruzione.7. Cfr. J. Frébault (a cura di), La maîtrise d’ouvrageurbaine, Le Moniteur, Paris, 2005.8. Il termine è introdotto per designare un organismoa cui viene affidata la responsabilità dellarealizzazione globale di un progetto, facendo fronte atutte le dimensioni implicate.9. Cfr. gli Atti di UrbanPromo, SeminarioL’Ensemblier, profilo emergente della rigenerazione

accompagnamento nelle diverse fasioperative per assicurare una continuitàdi sostegno all’implementazione diprocessi incardinati nel tempo lungo.Questo aménageur rinnovato, per cui èstata varata la denominazione diEnsemblier8, oltrepassa per mandato leprerogative originarie dell’urbanisticaoperativa, con funzioni dicoordinamento e “pilotaggiostrategico” accanto al maître d’ouvrageurbain, competenze nel campodell’ingegneria finanziaria e dellafattibilità tecnica, con particolareriguardo al montaggio delleoperazioni, e nel settore dellapromozione dello sviluppo territoriale. L’ensemblier, organizzato in formad’impresa con personale di statutoprivato, rappresenta l’amministrazionepresso i promotori e i diversi operatori,e può in alcune circostanze eseguireanche in prima persona compiti direalizzazione affrontando con lacapacità di sintesi necessaria la regiadei processi di rinnovo urbano9.Non è la quadratura del cerchio: lafigura dell’ensemblier non ha unaconsacrazione sul piano giuridico, equanto agli aspetti economici efinanziari, emerge fortemente lacomponente “pubblicistica”: gliinvestimenti raramente risultanocontrobilanciati dalla remunerativitàdelle operazioni di rinnovo, chiamandoin causa l’impegno morale e materialedelle amministrazioni di riferimento inrelazione all’assunzione del rischiod’impresa; per questa particolareragione, le missioni dell’ensemblier sisottraggono alla messa in concorrenza,come del resto, per ragioni in partedifferenti, quelle affidate all’aménageurclassico10. Le più recenti riflessioni in margine ainuovi mestieri dell’aménagementfanno anche tesoro delle esperienze inapplicazione del Programme nationalde renouvellement urbain (PNRU)11, aisensi della Loi Borloo (2002): siconferma la solvibilità el’autorevolezza dello Stato inoperazioni che declinano il rinnovourbano come strumento di coesionesociale.Ma anche nel caso di operazioni dicarattere più tradizionale, o di “frichesindustrielles” restituite a nuova vita,

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rigenerativa, proponendoneinteressanti intrecci. Senza entrarenello specifico della valutazione dimerito del progetto ancora in corsodi realizzazione, sul quale c’è stato eci sarà ancora un ampio dibattito, inquesta sede preme porre in evidenzaalcuni primi caratteri significativigenerali del Piano e dell’interaoperazione che ha riguardato l’areadel Manzanarre, legati, per l’appunto,alle strategie progettuali e alleimpostazioni di carattere generale.Il primo aspetto significativo èrappresentato proprio dallo stessoambito oggetto della trasformazione,che è costituito da una sequenzalineare molto estesa di spazi, spessoanche anonimi senza particolaricaratteri singolari né valorimonumentali, ma che hanno subitocambiamenti dal punto di vistamorfologico e funzionale e chepresentano una domanda dirinnovamento nuova e nell’interoambito. L’area di progetto, che siestende per più di 800 ettari einteressa circa 11 chilometri di fiume,è suddivisa in diversi ambitigeografici delimitati dai due Parchidel Manzanarre nord e sud.Non più dunque una domanda ditrasformazione ancorata a singoliluoghi, ma paradossalmente ad ununico spazio, nel quale coesistonomateriali urbani differenti variabili aseconda del tratto di fiume. Lotestimonia la centralità del corsod’acqua in questo progetto, che nelgrande processo di rinnovo che hapreso le mosse da una infrastrutturaviaria, ma che ha interessato di fattol’intera città, è stato considerato dasubito l’elemento centrale non soloper ubicazione geografica, quantosoprattutto per il significatosimbolico.Secondo gli obiettivi del Piano non èuna interruzione nel tessuto dellacittà, piuttosto è una nuova piazzalineare che rappresenta l’ossaturadella costruzione della città stessa, unelemento di continuitàtradizionalmente parte del sistemanaturale, che attraversa paesaggiurbani diversi e ne diventa lastruttura portante di progetto, inquanto lo spazio dell’acqua

Percorsi della rigenerazione a MadridAntonella Campofredano*

quartieri residenziali molto densi epopolari, ma lambisce ancheimportanti elementi di rilevanzastorica come la Casa de Campo, ilPalazzo Reale, il Campo del Moro, laErmita de la Virgen del Puerto, iPonti di Segovia e di Toledo.Se da una parte l’interramento dellaM-30, ha eliminato l’effetto barrieradella strada ed ha liberato suoli diproprietà pubblica resisi disponibiliad usi collettivi, per integrare ladotazione di servizi dei quartieri dimargine e per riqualificare il fiumestesso, dall’altra ha posto la questionedella gestione della complessaoperazione. Si è pertanto resonecessario il ridisegno dell’interaarea, con la disciplina e laclassificazione dei suoli, per metterein coerenza questi spazi in unprogetto di struttura generale nelrispetto del fiume e dei suoi valoriambientali. L’area interessata dalvecchio sedime della strada e dagliambiti di margine del fiume sonostati oggetto nel 2005 di un ConcorsoInternazionale vinto dal gruppoguidato dall’arch. Ginés Garridocomposto dai tre studi di MadridBurgos & Garrido, Porras & La Casta,Rubio & Álvarez-Sala e dagliolandesi West 8. Oltre all’interesse per la vastaproduzione dell’intera operazioneprogettuale legata alla strada M-30 eall’interramento del fiume, l’interessedi questo caso travalica i localismioffrendo alla riflessione disciplinarealcuni dei temi che sembrano esserericorrenti in interventi di natura

Nell’ambito delle esperienze dirigenerazione urbana, quella in corsonella città di Madrid èparticolarmente significativa sia perla centralità del tema dellarigenerazione (non a caso l’articolo 1delle Norme Tecniche enunciachiaramente che il Plan Especial RíoManzanares ha come oggetto perl’appunto “la rigenerazione urbanadell’area di influenza del fiumeManzanarre nel tratto che attraversail centro urbano”), sia perchérappresenta una interessante sintesidi quelle domande progettuali che,anche oltre il confine del territoriospagnolo, le città pongono agliurbanisti e con le quali confrontarela capacità di questi di esprimerestrategie e regole progettualiadeguate ai cambiamenti in atto.A Madrid si è trasformataun’operazione legata a una partedella rete infrastrutturale inun’occasione progettuale di interesseper l’intera città. Nella fattispecie, sitratta degli interventi iniziatinell’anno 2004, legati alla decisionedi trasferire a livello interrato ilpercorso della strada a scorrimentoveloce M-30, nel tratto cheattraversava buona parte delle areecentrali della città.Il tracciato della M-30 ha significatoda tempo una grande frattura neltessuto urbano di Madrid annullandola presenza del fiume e confinando inposizione marginale quartieri ubicatiin prossimità del tracciato stradale edel Manzanarre stesso. L’arco Ovestdi questo asse viario interessa

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Urbanistica INFORMAZIONI

rigenerazione espresse sotto forma diaree dismesse, di spazi stradalirecuperati, di aree verdi interstizialida riconnettere con il contesto, diedifici dismessi da rifunzionalizzare,sotto forma di tutte quelletrasformazioni che caratterizzano lacittà contemporanea e cheinevitabilmente coinvolgono ilprogetto di paesaggio in una visioneglobale e transcalare.Al di là degli esiti più o menoriusciti, che non consideriamo inquesta sede, l’esperienza di Madridtestimonia come stiano cambiando icontesti territoriali teatro delleesperienze progettuali dirigenerazione e le relative scale dirappresentazione, e più in generalecome sia inevitabile e necessariorevisionare i nostri modi di guardarela città contemporanea e diinterpretarne le nuove domande dirigenerazione.

*Architetto, Dottore di Ricerca.

salti di scala dalla piccola alla grandedimensione, come ad esempio dalprogetto di dettaglio per lacostruzione di una nuova passerellapedonale a quello sulle aree verdinell’intero ambito di progetto. Gli stessi obiettivi generali dichiaratidal Plan Especial, approvato nel2008, che individua le direttricistrategiche, gli Ambiti oggetto diazioni specifiche e le relativetipologie di intervento nei suolipubblici, consistono in visionigenerali della città: restituire allacittà gli spazi prima destinati allamobilità e ricucire i nuovi spazi con itessuti limitrofi preesistenti; delineareun modello urbano coerente con ilcontesto ampio del fiume chedefinisca una nuova sistemazionedegli spazi verdi, migliori la mobilitàe aumenti la dotazione diinfrastrutture pubbliche; superarel’ambito del fiume e degli spazilimitrofi, proponendo soluzionialternative che abbiano ripercussionisull’intera città, proponendo ilsistema fiume come un nuovo luogocentrale che offre una rete diattrezzature al servizio dell’interacittà. Oltre a queste visioni generali ilPiano dichiara nelle linee strategicheche le scale di intervento per attuaregli obiettivi progettuali sono multiplee progressive e andranno dallagrande alla piccola scala.Tutto questo cambiamento sisostanzia nell’evoluzione del ruolocentrale del progetto di paesaggio(urbano) nel Piano che emerge anchenell’intera operazione intorno alManzanarre, come in altre recentiesperienze. Anche in questo caso,l’evoluzione dello sguardo progettualesulla città porta a riconsiderare lecategorie interpretative fino ad oggiutilizzate, convogliando nel temaomnicomprensivo del paesaggio temie discipline che rappresentano ledomande progettuali della cittàcontemporanea che sono in corso dirinnovamento e in continuaevoluzione, richiamando anche icontenuti della Convenzione Europeadel Paesaggio. Lungo il fiume, il nuovo spaziopubblico da restituire alla città,troviamo molte domande di

rappresenta uno spazio pubblico dariqualificare e da restituire alla città,intorno al quale declinare interventidi varia natura a seconda dei contestiurbani interessati. Tra gli obiettivi primari del progetto,si legge come pre-condizione difondo proprio la centralità del fiume,“la città come evento del fiume”, siaper la sua ubicazione, sia perchéattraversa molti quartieri del centro esia perché interessa parti di suolopubblico recuperate, cherappresentano uno spazio di tutti darifunzionalizzare per tutti,destinandolo ad usi collettivi, dunqueun patrimonio comune per la città eper i suoi residenti. Il fiume Manzanarre è dunque ilperno intorno al quale ruota l’interaoperazione, grazie alla sua posizionecentrale rispetto all’area insediata edal suo sviluppo ad arco lungo l’interacittà, che intercetta le principaliarterie di collegamento viario, inclusequelle radiali di connessione conl’extraurbano ed ospita anche partiabitate nei quartieri che silocalizzano a ridosso del fiume e che,fino ad oggi, ne hanno più che altrosubito la presenza in termini didegrado e di transito veicolare.La centralità del fiume è strettamentelegata ad un altro tema del dibattitodisciplinare che questa esperienzarichiama: la transcalarità del progettodi paesaggio, che un po’ come ilfiume a livello fisico, diventa unachiave interpretativa di questoprogetto, il legante di tutti gliinterventi previsti rimettendo ingioco tutti gli elementi e tutti isoggetti potenzialmente coinvoltinella trasformazione, con una visioneprogettuale che travalica il tempo elo spazio, proponendo allo stessotempo visioni strategiche d’insieme esoluzioni di scenario alternative. Latranscalarità si esprime sianell’attraversamento territoriale daparte del parco lineare di contestiurbani ed extraurbani, sia nelrappresentare un potenzialesuperamento dei confiniamministrativi, oltre ai tradizionaliconfini “urbani” legati ad unaclassificazione del territorio perambiti omogenei e sconfinando verso

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quelle del Ponente e, in particolare,della Valle Polcevera. Il piùinteressante, per il quadro di insiemeche definisce per lo sviluppo dellacittà, è il Prusst 1999 “area centrale evallate genovesi”. Il programmaabbraccia non solo il centro storico,sui cui si sono concentrati fino aquel momento la maggior parte deifinanziamenti e delle opere ditrasformazione, ma anche lepropaggini insediate lungo il bassocorso dei due torrenti Polcevera eBisagno, che disegnano le principalivalli interne della Città. Per ilPonente genovese, l’obiettivoperseguito dal programma è quello diattivare un insieme di interventicoerenti, di riordino, di rinnovo, dirilancio economico, funzionali allariconversione diversificatadell’apparato produttivo e dellaqualità insediativa, affrontando inparticolare i temi della riconversioneurbana di depositi petroliferi, delriassetto dei siti siderurgici, delcompletamento del sistema viario,autostradale e della metropolitana perla Val Polcevera3.A vent’anni anni dall’avvio di questarenovatio urbis è evidente ilconcretizzarsi di una fase di stasi nelprocesso di riqualificazione dellacittà, dovuta al venir meno deifinanziamenti pubblici dopo l’ultimo“grande evento” di Genova Città dellaCultura 2004 e, più in generale, allacrisi economica. Tuttavia nonmancano progettualità importanti,destinate ad incidere sul futuro dellacittà e che l’occasione della redazionedel nuovo Piano urbanisticocomunale potrebbe coordinare emettere in sinergia, consolidando undisegno di insieme capace di portarea maturazione la rigenerazione delPonente cittadino che appare ancoraun processo incompiuto.Se Genova ha testimoniato, alla finedello scorso secolo, la capacità disaper costruire “un progettodell’avvenire a partire da una crisi”(Secchi, 2004) - e lo ha fatto avendocome riferimento principale la partecentrale della città, il porto antico eil centro storico - oggi ha lapossibilità di estendere questoprocesso di rigenerazione ad altre

Genova, tra efficienza e sostenibilità

individuazione di caratteri specificidei nuovi insediamenti e di controllodi momenti attuativi, anche dipiccola scala, che necessariamentecoinvolgono attori diversi, pubblici eprivati. L’allora Assessoreall’urbanistica abbraccia la filosofiache il miglior progetto non è quelloche realizza il miglior profitto “ma lamassima utilità sociale, culturale efors’anche economica” e il casogenovese assurge alla considerazionenazionale; Bernardo Secchi, ne parlain modo molto lusinghiero, comedella “leçon de Gênes […] ad anniluce dalla pratica di altre città”. Genova si scopre capace di coglierele occasioni offerte dai “grandieventi”2 e dai nuovi strumenti diprogrammazione, ed insieme disuperare una prima fase di interventiincerti ed episodici, giungendo adefinire politiche urbane piùstrutturate e complesse, che il Pianourbanistico comunale del 2000 e il“Piano della città” organizzano inuna visione ed in una efficacestrategia d’assieme.Il caso genovese testimonia unasignificativa evoluzione dall’iniziale“occasionalità” delle sceltelocalizzative e dalla settorialità delletipologie di intervento, cui èconseguito il ricorso a modalità dipianificazione e gestione dei processiancora ampiamente tradizionali, allafase “matura” che si connota comericorso ai programmi complessi.Sono i programmi complessi adimpostare un nuovo progetto di cittàsu aree fino ad allora marginali,

Politiche urbane per GenovaFranca Balletti*

Dopo la crisi degli anni ‘70 e ‘80,Genova avvia un nuovo modello disviluppo a più dimensioni cheriscopre vocazioni urbanedimenticate, come quella turistico-culturale, ed impone un’idea di cittàin cui se da un lato prevale la formadel “progetto per parti”, privilegiandoil disegno di singoli interventi,dall’altro lato sa porsi “in relazionedialogica col contesto, esplorandorelazioni, gerarchie, modalitàricompositive dei tessuti”. Gli strumenti utilizzati (e inparticolare si richiamano il Pianourbanistico comunale del 2000 e ilPiano della Città del 2002, strumentostrategico-progettuale)1 hannodeterminato l’affermarsi di unadimensione articolata di progettourbano integrato, inteso “comestrumento di interpretazione deiprocessi sociali ed economici e diricomposizione di conflitti suobiettivi di qualità condivisi”, come“immagine del cambiamento noncome prefigurazione di un’unicaforma possibile”.La capacità dell’Amministrazione digovernare la complessità dei processi,fissando obiettivi precisi, diventa ilfulcro degli interventi diriqualificazione della Città: in terminidi inserimento nelle strategie urbaneglobali, di integrazione funzionale eformale col contesto, di

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Urbanistica INFORMAZIONI

Polcevera fino all’abitato di GenovaVesima. Il tracciato, pur privilegiandol’utilizzo di gallerie, pone in piùpunti problemi di impatto sul tessutourbano, e neppure il ricorso ad unaforma partecipativa che si richiama aldébat public francese ha potutosuperare l’opposizione dei numerosi“comitati anti gronda”.L’infrastruttura si inserisce anch’essanel più ampio quadro strategicoelaborato per il ponente nell’ambitodella pianificazione territoriale dilivello regionale, provinciale ecomunale, che si propone di offrire lecondizioni per lo sviluppo di unapparato economico e produttivodiversificato - porto, terziario eservizi - e per l’accrescimento deiservizi in termini qualitativi e nonsolo quantitativi, a supporto diprogetti quali il recente IstitutoItaliano di Tecnologie che ha sede aMorego in Val Polcevera e il “poloscientifico tecnologico” degli Erzelli,posto a ponente della città.Questi progetti impostano in manieraemblematica una rigenerazioneurbana fondata soprattutto su unacompetizione economica in cui giocaun ruolo fondamentale la capacità diattrarre nuovi flussi di merci e dipersone e di rendere efficientel’accessibilità da e per la città.L’obiettivo della pianificazione dilivello locale diventa allora quello diaccompagnare la realizzazione diqueste grandi infrastrutture per lamobilità ad interventi divalorizzazione del tessuto urbano“obsoleto”, di messa a sistema di areemarginali, di innesto di nuovefunzioni di rango sulle aree delladismissione industriale.Tra i progetti di recupero di areeesito della sostituzione di funzionilegate all’attività portuale con nuovefunzioni indirizzate allaqualificazione della città dal punto divista economico, ambientale eculturale, il “polo scientificotecnologico” degli Erzelli -localizzato sulla sommità di unacollina posta tra Cornigliano e SestriPonente - assume un rilievoparticolare anche perché riutilizzaun’area pianeggiante (di circa 40

I progetti per lavalorizzazioneSilvia Soppa**

I progetti che si stanno promuovendoper il ponente della città si collocanotra ricerca di efficienza di servizi,infrastrutture e processi produttivi esostenibilità delle scelte, in sensosociale, ambientale ed economico.Rientrano tra le opere caratterizzatedall’obiettivo principaledell’efficienza quelle relative alpotenziamento e alla realizzazione exnovo di infrastrutture ferroviarie estradali.Il progetto del cosiddetto “TerzoValico”, che porterebbe il passaggiodell’alta velocità e dell’alta capacitàin Val Polcevera, si propone dicollegare Genova con le grandidirettrici di trasporto nazionali edinternazionali, facendo assumere allaCittà il ruolo di snodo per il trasportomerci e passeggeri tra Paesi delMediterraneo e dell’Europa Centrale1.Il progetto aspira ad accogliere unanuova polarità urbana lungo lavallata in corrispondenza dellastazione di testa della tratta e,insieme alla riorganizzazione delnodo ferroviario genovese,attualmente in corso, dovrebbeconsentire il miglioramentodell’accessibilità per l’intero ponente.La realizzazione dell’infrastrutturapone il problema di quale nuovoassetto urbano proporre per la ValPolcevera. La prossimità della rete al tessutoedificato, infatti, da un latodetermina oggettive difficoltà direalizzazione degli elementi delsistema, dall’altro lato dovrebbecostituirsi come occasione pervalorizzare aree limitrofe marginali,sottoutilizzate o in abbandono - esitodella dismissione industriale dellaValle - e per migliorare la mobilitàurbana dalle periferie al centro città2. Sul versante dei collegamenti stradaliè, invece, particolarmente dibattuto ilprogetto della “Gronda di Ponente”,un nuovo tratto autostradale cherappresenta il raddoppio dell’esistenteA10 nel percorso di attraversamentodel Comune di Genova, dalla Val

parti del tessuto policentrico che laconnota. L’insieme delle opere ditrasformazione realizzate o avviate edelle progettualità in corso è inattesa di essere compreso in undisegno strutturante forte e coeso,capace di valorizzare sinergie,cogliere occasioni, integrare funzioni,dare continuità allo spazio pubblico eallo spazio verde, riscoprire polarità,dare senso ai luoghi, offrire qualità evivibilità all’abitare. In altri terminisi tratta di ri-costruire la “città delponente”- nelle sue dimensioni diurbs e civitas - riscoprendo l’anticaidentità della parte urbana piùcoinvolta nel processo diindustrializzazione prima e di de-industrializzazione dopo; forseriattualizzando il sogno che all’iniziodel secolo scorso aveva portato ilsindaco di Sestri ponente CarloCanepa a disegnare “una cittàindustriale tra Polcevera e Varenna”,in grado di valorizzare le potenzialitàdi un territorio prezioso e dicomunità ricche di valori sociali e divolontà di partecipare allacostruzione del proprio futuro. I tre obiettivi posti alla base deldocumento fondativo del redigendopiano urbanistico comunale: svilupposocio-economico e delleinfrastrutture; organizzazionespaziale della città e qualificazionedell’immagine urbana; difesa delterritorio e qualità ambientale,sembrano andare in questa direzione.

* Architetto, insegna Urbanistica e Progettazioneurbanistica presso la Facoltà di Architettura diGenova.

Note1. Il Piano della città è costruito sulla base di setteLinee strategiche: Città di tutti, Città delle qualità,Città dell’economia e del lavoro, Città superba,Capitale portuale, Capitale della cultura, all’internodelle quali sono comprese le diverse azioniprogressivamente monitorate e aggiornate,perseguendo l’attuazione dello scenario delineatoper il 2010. 2. I Mondiali di calcio del 1990, le Celebrazionicolombiane del 1992, l’incontro G8 del 2001 eGenova “capitale europea della cultura” nel 2004.3. Il Prusst è stato anticipato da altri programmiche hanno traguardato l’obiettivo dellerivitalizzazione del Ponente genovese: il programmaResider II (1994-1997); il contratto di QuartiereVoltri 2, i Priu di Cornigliano e della Fiumara aSampierdarena, i Pru di Genova Prà-Voltri; GenovaBegato sett.3; Genova Begato sett.9; Genova Pegli.

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Aurelia; il ridisegnodell’infrastruttura stradale diventaoccasione per la ri-progettazione diaree che concorrono allaconfigurazione di un nuovopaesaggio urbano, in cui lariorganizzazione e la riqualificazionedella viabilità costiera esistenterestituisce un continuo urbano voltoa dare una nuova identità all’abitatodi Genova Pra’. Il progetto, inoltre, implementa ecerca di dare rispostaall’incompiutezza di servizi, allascarsa coesione degli spazi pubblicied alla difficile integrazione conl’abitato storico, del già esistenteparco della “Fascia di rispetto” diPra’, esito tangibile della forzadimostrata dagli abitanti del quartierenel richiedere il mantenimento ad usocollettivo di 500.000 mq circa di areee specchi acquei, precedentementedestinati al terminal containersportuale, la cui realizzazione avevainterrotto l’affaccio sul mare delnucleo urbano. In questi progetti è evidente la

Altri progetti finanziati, insieme adalcune proposte, sono improntatisugli aspetti della riqualificazioneurbana tramite la valorizzazione diaree a verde e degli spazi aperti. Tra questi è molto interessante laproposta di realizzazione dell’oasifaunistica e della greenway lungo iltorrente Polcevera4, che potrebberoessere d’avvio per un processo diriqualificazione e ricostruzione deltessuto urbano, fortementecompromesso da attività portuali eindustriali pesanti5, e di riscatto e dicoinvolgimento della popolazionelocale.Ed ancora il Progetto IntegratoTerritoriale denominato “Prà Marina”,finanziato nel 2008 dalla RegioneLiguria con fondi Por, asse III6. Gliinterventi consistono in azioniprogettuali volte alla salvaguardia ealla valorizzazione delletestimonianze storiche e dei caratterisociali dell’abitato di Genova-Pra’.Il Progetto Integrato prevede larealizzazione del “Parco Lungo”,attraverso il restyling della via

ettari) artificiale - diventata sinonimodi degrado ambientale e paesaggisticoper l’uso protratto come deposito dicontainer. Il progetto, che prevedel’insediamento della Facoltà diIngegneria, di attività industriali adalta tecnologia, di terziario-direzionale e di residenze per untotale di 5.400 addetti/abitanti, èorganizzato attorno ad un parcourbano di 70.000 mq, fulcro di unsistema del verde e degli spazi apertiche si sviluppa per ulteriori 150.000mq dove verranno inserite aree per losport e il tempo libero3. Questo è uno degli aspetti piùinteressanti del disegno progettuale,in quanto cerca di coniugarel’esigenza di crescita economica dellaCittà in settori qualificati, volano dinuove economie, con la necessità diproporre uno sviluppo sostenibile,che sia occasione di valorizzazioneambientale e paesistica a livellourbano, anche potenziando ericonnettendo le reti del verde giàesistenti.

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Planimetria di progetto del Polo scientifico tecnologico degli Erzelli (da Urbancenter Comune di Genova)

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Urbanistica INFORMAZIONI

fase di progettazione la nuova fermata di GenovaTeglia, pronta entro il 2010, dove è attivo il Sistemadi Controllo e Comando (SCC), il più avanzatosistema di gestione integrata della circolazione deitreni, per l’intero nodo di Genova.3. La fase realizzativa del piano è iniziata nel 2004;nel 2007 Comune, Regione, Università e GenovaHigh Tech hanno sottoscritto un Accordo diProgramma che, tra l’altro, approva lo Studio diAssetto Urbanistico dell’area. I lavori sono iniziatinel 2009 con le opere di urbanizzazione e l’avviodei primi due comparti produttivi.4. Cfr. F. Neonato, “Genova. Strategie d’acqua”, inIl disegno della Città contemporanea, 2007.5. In sponda destra del torrente Polcevera alla focesi estendeva l’area delle acciaierie di Cornigliano.6. Il contributo concesso dalla Regione Liguria avalere sul Por Liguria è di euro 11.500.000.

Sitologiahttp://otinordovest.ithttp://www.stradeeautostrade.ithttp://www.trail.liguria.ithttp://urbancenter.comune.genova.it

centralità data all’approcciopaesaggistico che agisce su diversilivelli: sulla conoscenza delle qualitàterritoriali locali come premessafondativa del progetto; sullavalutazione dei processi in attorispetto alla qualità delletrasformazioni territoriali, e quindianche delle pressioni, dei problemi,dell’abbandono e del degrado; sullaproposta di soluzioni progettuali, tesead offrire nuove qualità, funzionali,formali e percettive, visionisistemiche dello spazio aperto ecostruito, delle componenti dellanatura.

* Dottore di ricerca, presso la Facoltà diArchitettura di Genova.

Note1. La progettazione preliminare dell’opera è stataapprovata dal Cipe nel 2003, unitamente allo studiodi impatto ambientale. Nel 2004 è stato firmato unAccordo di Programma tra Ministero delleInfrastrutture, Regione Liguria, RFI e AutoritàPortuale di Genova, avente per oggetto ladefinizione dei reciproci impegni per larealizzazione e gestione dell’opera. L’approvazionefinale del progetto è stata deliberata dal Cipe nel2006.2. Al riguardo, sempre sulla linea dei Giovi, è in

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La Fascia di rispetto di Prà in una recente veduta aerea (da Urbancenter Comune di Genova)

TEMI DELLE SEZIONI PRINCIPALI

EEddiittoorriiaallee Semplice, complesso o frattale(Paolo Avarello)

Sezione Problemi, politiche, ricercheCentri storici minori, risorsa del sistemainsediativo (a cura di Manuela Ricci) coninterventi di Roberta Lazzarotti, AndreaIacomoni, Pietro Antonio Valentino, Anna Laura Palazzo.

Mafia e territorio, una priorità nazionale (acura di Marco Cremaschi) con interventi diMarina Marino, Anna Paola Di Risio, DanielaDe Leo.

Sezione Progetti e realizzazioniLe ragioni di un Piano strutturale coordinato(a cura di Giuseppe De Luca, Marco Gamberini)con interventi di Cinzia Gandolfi, SandroCiabatti, Riccardo Conti.

Sezione Profili e praticheIl dibattito sulla Gronda di ponente a Genova(a cura di Paola Pucci) con interventi di AndreaRanieri, Luigi Bobbio, Laura Longoni, MonicaPenco, Andrea Mariotto, Ennio Guerci, AndreaPillon, Eleonora Parlagreco, GianfrancoPomatto.Jesi: per un progetto di territorio sostenibile(G. Bertrando Bonfantini)

Sezione Metodi e strumentiIl paesaggio dei quartieri sostenibili (PaoloColarossi).

Dietro la metropoli: capire per pianificarel’entroterra siciliano (Agatino Rizzo). Alcune ipotesi per la nuova Lur Lazio(Vittoria Crisostomi)

N. 142 (aprile - giugno 2010) Rivista trimestralePagine 128, illustrazioni b/n e colori, € 23Abbonamento annuale (quattro fascicoli) € 80

PER INFORMAZIONI:INU EDIZIONI, PIAZZA FARNESE 44 – 00186 ROMA

TEL. 06/68195562, FAX 06/68214773MAILTO [email protected]

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Rassegnaurbanistica

Crespi D’Adda: verso il piano di gestioneM.Giulia Marziliano*

per esaltare e congelare le proprieelevate valenze culturali e simboliche,Crespi pervenga a un infecondoapprodo di deleteria generalemusealizzazione; o che, al contrario,possa essere stravolta nei suoidelicatissimi equilibri anche a causa digià avvertiti interessi speculativi.Dunque ora la questione crucialeappare quella di conciliare le esigenzedella conservazione a quelle dellosviluppo, così come le esigenzedell’abitare a quelle della fruizionerivendicata da decine di migliaia divisitatori.

Importanza storica, archeologica eculturale del sito

È dall’ideologia etica delprotopaternalismo industriale che traeispirazione questa importante città-fabbrica dove diviene concreta l’utopiasociale e urbana configurata dallacultura dell’imprenditore CristoforoBenigno Crespi (1833-1920) il quale, apartire dal 1876, avrebbe impostatouna serie di azioni finalizzate allacostruzione della sua città, CrespiD’Adda: un experimental place in cuimigliorare le condizioni di vita dellacosiddetta forza-lavoro. In tale periodo l’imprenditoreacquistava il vasto ambito territorialeper il quale dovevano essere progettatee portate a compimento alcuneconsiderevoli sistemazioni idrauliche inquanto opere necessarie e funzionalialle attività produttive della suaimpresa tessile: il «Cotonificio Crespi».La consistente rete idrografica cheancora percorre il territorio

Di matrice culturale derivata edipendente dalle prime sperimentazioniinglesi di paternalismo socialeilluminato, Crespi D’Adda è unastraordinaria micropolis che oggi esigeazioni concrete di gestione e tutela.A seguito di un recente convegno-incontro con la popolazione di CrespiD’Adda, allargato a tutti coloro ai qualipreme il futuro della cittadina, sonostate raccolte opinioni su talequestione e inoltre è stato illustrato ilprogramma delle ulteriori attività distudio e di analisi. Nel corso dellaserata è stato nuovamente affrontato iltema del Piano di gestione che,mediante la coordinazione dellecospicue risorse culturali, dovrebbefinalmente definire e rendere operativoun processo di tutela attiva e disviluppo economico del Villaggioindustriale.Ancora una volta si è dunqueprocrastinata l’attuazione di questostrumento essenziale perl’amministrazione di un microcosmoautosufficiente che, dalla data dellafondazione, ha gravitato intorno al suofulcro generativo: l’impresa tessile diproprietà della famiglia Crespi. Taleopificio è stato efficiente per oltre unsecolo, e in particolare la filatura èrimasta in funzione dal 1878 al 1998,mentre la tessitura è stata attiva dal1894 al 17 dicembre 2003, giorno incui terminava definitivamente laproduzione della cattedrale consacrataal lavoro di Crespi D’Adda. A tale cessazione è conseguito unperiodo critico per la comunità che,nel breve volgere di qualche anno, ha

purtroppo registrato i primi fenomenidi degrado urbano da taluni percepiticome le avvisaglie della paventatarovina di un progetto sociale,industriale e architettonico di valorerilevantissimo. Da allora si susseguonostudi e ricerche, si annuncianoriconversioni produttive e perioditemporali entro cui, di volta in volta,si collocherebbe la presentazione delPiano di gestione finalmente ultimato.Ma tuttavia tale strumento non èancora stato redatto e i Crespesi conun qualche imbarazzo ne patisconotuttora l’assenza, ritenuta inspiegabile. Viene rammentato che, in occasionedel decimo anniversario dell’ingressodella città-fabbrica di Crespi D’Addanella World Heritage List (WHL)dell’Unesco, nel dicembre del 2005 si èsvolto l’importante convegno: “CrespiD’Adda e l’archeologia industriale.Crespi D’Adda: risorse per lo sviluppolocale”. Anche in tale circostanza siriteneva di poter approfondire tuttauna serie di ipotesi consideraterisolutive per il futuro della città, inconsiderazione del fatto cheprecedentemente a tale data era statodichiarato che per il mese di marzodello stesso anno 2005 sarebbe statoultimato il Piano di gestione. Ma taleimpegno non venne rispettato, mentresuccessivamente (gennaio 2006) inoltresi registravano ulteriori pubblicheprese di posizione che, con letteraaperta, commentavano assaipolemicamente, e con toni allarmati,alcune “soluzioni” emerse dalconvegno stesso. Il rischio da taluni presagito era che,

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Il sistema urbano e culturale

La Company Town di Crespi D’Adda èsoggetta a vincoli di carattere storico-architettonico, e inoltre esprime ivincoli che le derivano dall’essereparte integrante del Parco Adda Nordistituito con Legge regionale n.18/1997. Vincoli di inedificabilità e diconservazione delle tipologie ediliziesono dichiarati inoltre nel Piano dicoordinamento provinciale e nel Pianoparticolareggiato del Piano regolatorecomunale, laddove sono indicati imateriali da utilizzarsi per il restauro eil recupero, sebbene allo stato attualel’assetto delle proprietà siaframmentato, parcellizzato damolteplici interessi frequentementeavulsi da un più generale quadroprospettico e dunque anche per lasemplice manutenzione le competenzenon sono univoche. Il Piano di gestione (introdotto inambito nazionale dalla Legge n.77/2006 «Misure speciali di tutela efruizione dei siti italiani di interesseculturale, paesaggistico e ambientale,inseriti nella “Lista del patrimoniomondiale” posti sotto la tuteladell’Unesco») rappresenterebbe quindilo strumento principale di tutela evalorizzazione del patrimonioculturale, storico e architettonico.Pertanto la predisposizione di talestrumento si ravvisa comeobbligo/occasione per affrontare lecrescenti necessità di manutenzione,oltre che per verificare quali attivitàsiano in grado di introdurre circolivirtuosi in un’economia sempre piùdebole e ancora pressoché dipendentedal settore industriale.Non occorre certo rilevare come, senzaun’efficiente gestione economica deibeni culturali integrati al sistemaproduttivo e considerati come risorsa,sia assai problematico garantire tuttele finalità della conservazione. Tutela econservazione sono di fatto condizioninecessarie, ma non sufficienti: con lasalvaguardia delle idealità e delleidentità, occorre anche unacoordinazione in grado di porre inessere attività sia culturali e siaproduttive, insieme correlate. Il sitoinfatti è un sistema profondamenteintriso di valori culturali ma, come

intenzionalità compositiva orientata al“regolare compimento” e al dominiodello spazio urbano chesuccessivamente sarebbe statoridelineato sino a pervenire, negli anniTrenta del XX secolo, all’attuale edefinitiva configurazione. Senza indulgere nel vernacolare, lesoluzioni costruttive e gli stilemiadottati nella Company Town siradicano significativamente all’internodella cultura architettonica lombarda.E sebbene già dalle morfologie e dalleubicazioni emergano perspicui i diversiassetti sociali e le gerarchie vigentinella comunità, tuttavia la percezioneglobale del costruito non rende palesiintenzionalità oppositive e conflittualima, viceversa, una risolta relazione dicontinuità e di organicità. Uniformitàe, nel contempo, differenziazione nellatotalità integrata: sono questi icaratteri applicati all’interno deldisegno urbano che dimostraerudizione e consapevolezza critica;mentre il tessuto consolidato dellastruttura urbana, pressoché rimastointegro, risulta sottostare alla logicadella ragione e alle leggi dellaconvenienza e della verità, dellasimmetria, dell’euritmia e del decoro(sostanziali ancora negli anni posti acavaliere tra il XIX e il XX secolo), einoltre è sottoposto al principio disalubrità essenziale postulato dallanascente ingegneria sanitaria.

rappresentava la precondizioneindispensabile per procedereall’ambiziosa fondazionedell’insediamento industriale eurbanistico per il quale sarannopredisposti i debiti tracciamenti e gliimpianti tecnologici primari. Dal 1877 tali opere diinfrastrutturazione avrebberoprospettato le canalizzazioni (effettuateallo scopo di deviare il corso del fiumeAdda), la diga di alimentazione, ilponte pedonale, la viabilità carrabile;poi la fabbrica, fondamento dell’interosistema urbano, e tre grandi edificiplurifamiliari: i cosiddetti ‘palazzotti’,ossia l’iniziale nucleo abitativo diCrespi D’Adda già dotato di lavatoiopubblico, ambulatorio medico, scuolamaterna, emporio e circolo ricreativo. Costruita nel volgere di pochi mesi, econ un esborso finanziarionotevolissimo, la città venne infineinaugurata il 25 luglio 1878. Ma per la fenomenologia urbana diCrespi D’Adda sarà oltremododeterminante il contributo propositivodi uno dei figli di Cristoforo: SilvioCrespi (1868-1944). Il quale, dopo avertrascorso periodi di formazione inInghilterra, partecipa alla vita difabbrica dal 1889, e dal 1906 rimanesolo alla direzione generaledell’impresa esprimendo competenza elungimiranza. In sincrono con la suapresenza si registra una inedita

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Crespi D’Adda, planimetria, 1927.

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Lecco, Lodi, Sondrio e Varese; dallaProvincia di Bergamo; dalla RegioneLombardia; e dall’Ente Parco AddaNord. Dal marzo 2005 al marzo 2010 èdunque trascorso un intero lustro,proficuo di numerose analisi chetuttavia non sono ancora statericomprese in una sintesi di caratteregestionale urbanistico. La questionecruciale è che, per essere inseriti e percontinuare a essere iscritti alla WHLdell’Unesco, risulta imprescindibile laredazione e l’attuazione di un Piano digestione in cui sia descritto in chemodo l’eccezionale valore del sito saràtutelato. Le finalità di questostrumento, infatti, sono orientate agarantire nel tempo la tutela e laconservazione dei motivi distraordinarietà del sito per i quali èstato conferito il prestigiosoriconoscimento WHL. Che, come ènoto, nel caso di Crespi è statoconcesso a fronte della suaeccezionalità: in quanto Villaggiooperaio (sancito come il più completoe meglio conservato nella regione delsud-Europa) che reca unatestimonianza integra di un periodofondamentale nell’evoluzione dellasocietà moderna: la rivoluzioneindustriale.

* Facoltà di Ingegneria, Università di Bologna.

per i Beni culturali e paesaggisticidella Lombardia, dal Comune diCapriate San Gervasio (entro i cuiconfini amministrativi è situataCrespi), dalla Provincia di Bergamo edalla Regione Lombardia. Con l’obiettivo di fondare su basiscientifiche le onerose deliberazioniproprie al Piano di gestione,prontamente sono stati affidatispecifici incarichi per comporreindagini e analisi (che hannoriguardato argomenti di sociologia delterritorio e dello sviluppo locale,nonché i caratteri costruttivi degliedifici), coinvolgendo, tra l’altro,l’Università degli Studi di Bergamo,l’Università Statale di Milano e ilDipartimento di Scienza e Tecnologiadell’Ambiente costruito della Facoltà diArchitettura e Società del Politecnicodi Milano. Tali attività didattiche sono statecoordinate da un consistente comitatodi indirizzo, costituitodall’amministrazione comunale diCapriate S.G.; dalla Direzione regionaledei Beni culturali e paesaggistici dellaLombardia; dalla Soprintendenza per iBeni architettonici e paesaggistici perle province di Milano, Bergamo, Como,

tale, deve essere esaminatoapprofondendo anche tutte le moltepotenzialità produttive di beni e serviziconnessi a tali importanti risorse. Conoscere il sistema urbano conanalisi dettagliate è dunque necessarioal fine di impegnarneprogrammaticamente i diversi attori ele distinte parti costitutive. Nella suaconfigurazione generale, il sistemaurbano – che, in questo caso, deveessere assimilato a un sistema culturale– tra l’altro dovrà tenere inconsiderazione la dotazione dellerisorse territoriali, delle risorse umanee sociali, dei servizi di viabilità etrasporto, di accoglienza, etc.,verificando le eventuali necessità diintegrazione anche in termini distandard qualitativi che, attualmente,sembrano piuttosto carenti.In effetti con la conclusione delleattività produttive dalle quali avevatratto le ragioni della propriaconsistenza, Crespi è entrata in unlimbo di indeterminatezza perduranteda alcuni anni. Dunque si è resa palesel’urgenza di un Piano interistituzionaledi coordinamento il cui protocollod’intesa, approvato nel luglio 2007, èstato siglato dalla Direzione regionale

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La viabilità principale è il cardine che separa i luoghi della produzione dalle abitazioni e dai servizi. Lafabbrica è situata lungo il fiume; accanto alla residenza della famiglia Crespi; le case operaie sono alli-neate a est dell’opificio; a sud sono ubicati gli edifici unifamiliari più recenti, realizzati negli anni Venti-Trenta, e destinati ai dirigenti. Le abitazioni di coloro i quali soccorrono i corpi (il medico) e le anime (ilsacerdote) della comunità sociale sono invece situate nella parte alta del villaggio, mentre la chiesa e lascuola, affiancate, fronteggiano la fabbrica.

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alcune questioni irrisolte, al livellooperativo della pianificazione. Inparticolare il R.U. ha dovuto predisporreuna pluralità di azioni volte sia allariduzione delle carenze nelle dotazionicollettive, sia alla riqualificazione fisicadi alcune parti della città e dei centriminori. Il problema proposto aiprogettisti, che a ben vedere interrogagran parte della pianificazione nei tempidella crisi, puÚ trovare soluzione in unrilancio della funzione redistributivadelle scelte di piano, che permetta diincrociare le spinte privateall’investimento sul territorio con gliinteressi pubblici prevalenti di coerenzae vivibilità dell’assetto urbano. E’ notoinfatti come gran parte delletrasformazioni realizzate nel decennio dicrescita immobiliare abbiano prodottoun bacino di rendita su cui la manopubblica ha spesso rinunciato adintervenire. Contemporaneamente ildibattito urbanistico si è focalizzato suitemi dell’efficacia del piano, più chesugli effetti di redistribuzione ed equitàche questo avrebbe dovuto determinare.Da questo scenario è nata la spinta peruna scelta di svolta, proponendo per ilcaso in esame una nuova strategiarispetto ai plusvalori generati dalle sceltelocalizzative. Accanto agli standardurbanistici minimi obbligatori,confermati ed ampliati, è statointrodotto un sistema di perequazione dicomparto per le operazioni ditrasformazione urbanistica più rilevanti,che riguardano prevalentemente suoligià urbanizzati e dismessi (chiamatiA.C.T., ambiti complessi ditrasformazione). L’applicazione della

L’interesse pubblico nel progetto di cittàLuca Nespolo*

Come è noto, in Toscana il R.U. È unatto di governo del territorio cheafferisce alla sfera operativa dellapianificazione, ed è chiamato a definireun progetto di città sulla base dellastrategia prevista dal Piano Strutturale.Nel caso in esame il P.S. ha dettato unadisciplina delle invarianti storiche edambientali piuttosto articolata, che ilR.U. ha approfondito e declinato alivello operativo. Le strategie di tutelasono poi state sintetizzate nello schemadirettore della cintura verde, un progettodi conservazione del patrimonioambientale della corona periurbana, cheviene integrato agli interventi sulla cittàcon la logica di proporre una visioneunitaria di città-paesaggio. Il sistemadella cintura verde disciplina quindi unpaesaggio di transizione fra città eterritorio aperto, composto di parchi,attrezzature pubbliche, attività private,spazi verdi con ruolo di corridoioecologico ed aree agricolemultifunzionali, collegate per mezzo diuna rete di mobilità dolce. L’obiettivo èquello di proporre un progetto-manifestoin grado di orientare l’azione pubblica,raccogliendo l’eredità del ruolo diindirizzo assunto per anni dal progettodi recupero delle aree ex-Breda redattodall’ILAUD. Profondamente diverso èinvece il rapporto tra i due piani rispettoal tema della città dei servizi, cherappresenta insieme alla città-paesaggioil nucleo fondante del progetto propostodal R.U. Confermando una prassi invalsain molti casi analoghi, infatti, il P.S. hadefinito una quantificazione delledotazioni minime lasciando ampiospazio di manovra, ma al contempo

Una riflessione sul RegolamentoUrbanistico di Pistoia

Il Regolamento Urbanistico di Pistoia,adottato dal consiglio comunale nelmarzo scorso, vede la luce in unmomento di svolta della storia recentedella città. La crescita del mercatoimmobiliare ha trainato per un decenniouna intensa trasformazione urbanisticache ha generato, ad oggi, una rinnovatadomanda collettiva di servizi e dotazionipubbliche. La strumentazione di pianoche ha gestito questa fase di sviluppo,infatti, ha offerto al ciclo immobiliareun ampio ventaglio di suoliurbanizzabili o dismessi, per mezzo deldimensionamento stabilito dal vecchioP.R.G., di fatto confermato conl’approvazione del Piano Strutturale.Nonostante la scelta del P.S. diaumentare le dotazioni minime per inuovi insediamenti, la crescitaimmobiliare ha finito per acuire iproblemi di quelle parti di città già privedi un disegno coerente. Dalle prime fasidi redazione del R.U. È apparso evidentecome la domanda di servizi, più cheporsi in termini meramente quantitativi,definisse necessità legate allariqualificazione degli insediamenti edalla messa in forma di una reteinterconnessa di spazi pubblici in partegià esistenti. Si profilava quindi lanecessità di rispondere ad una diffusadomanda di qualità urbana ponendo lebasi di una nuova fase di gestione dellacittà, utilizzando per altro un nuovostrumento di pianificazione, ilRegolamento Urbanistico, che, definitodalla Lr. Toscana 1/2005, non era ancorastato applicato a Pistoia.

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della massima valorizzazione dei suoli;per questo la definizione di tale rapportodovrebbe coerentemente attenere allescelte di lungo periodo ed essere inserita,in futuro, direttamente nelle sceltestrutturali, delegando alla fase operatival’approfondimento delle sceltelocalizzative. Il tema di unapianificazione redistributiva chiama incausa non solo la definizione di unbilancio quantitativo fra interessipubblici e privati, ma anche gli indirizzidi progetto fisico della città. Infatti lacostruzione di un sistema di welfareurbano integrato, che comprenda sia ledotazioni obbligatorie di legge che laresidenza sociale, il trasporto pubblico ele strutture private di interesse collettivo,deve essere inserito in un disegnocoerente che non puÚ che essereavocato alla responsabilità pubblica. Ilfallimento sociale della città consegnataal libero mercato negli ultimi trent’anniappare evidente almeno quanto quellodella utopia dirigistica descritta nellaCarta di Atene. Seppure con fini epremesse ben diverse, in entrambi i casi,infatti, si è manifestata una paleserinuncia al controllo della forma urbana,confidando nella spinta autoregolativa

di meccanismi estranei. Per questo lapianificazione si trova oggi a riscoprireun’approccio pubblico alla città fisicache puÚ trovare nella tradizione europeadel progetto urbano alcuni elementi ingrado di qualificare le proprie scelte. IlR.U. di Pistoia ha assunto la scelta dioperare attraverso alcuni strumenti,come gli schemi direttori e le schedenorma, in grado di disporre prescrizionidi progetto alla fase attuativa, perdefinire una maggiore coerenza traprogetto di città ed intervento puntuale.Per questo anche l’applicazione dellaperequazione urbanistica è stata studiataper facilitare il disegno pubblico delletrasformazioni, e non solo comestrumento di gestione degli interessi ingioco. Ad esempio ogni scheda norma,predisposta per ciascun A.C.T., anticipala ripartizione fisica del suolo fra areeper standard, aree da cederegratuitamente ed aree su cui concentrarel’edificazione, e realizza una simulazioneorientativa del possibile progetto finalecon l’indicazione di alcuni elementicogenti.

*Dottorando, Università di Firenze.

perequazione urbanistica è stata studiataper consentire un trattamento omogeneodelle proprietà, in un quadro dicondizioni di fatto e di diritto dei suolipiuttosto composito; inoltre lo strumentoperequativo ha consentito un recuperodelle plusvalenze in termini di cessionidi suoli per opere di interesse pubblico.A questo proposito risulta interessante lavalutazione del rapporto di scambiopubblico-privato definito dagli indiciperequativi adottati, che permette, adesempio, di elevare le prestazionipubbliche a carico del privato (oneri,standard ed extrastandard) al 27% delvalore di mercato realizzato per unambito di trasformazione residenziale.Questo rapporto allinea il R.U. di Pistoiaalle migliori pratiche europee, come ilsistema SoBoN (SozialgerechteBodennutzung) di Monaco di Baviera oquello definito dalla nuova leggeurbanistica catalana (Text refÚs de laLlei d’Urbanisme 1/2005). La definizionepreventiva di un rapporto di scambiocon il privato rappresenta un puntoqualificante delle scelte di piano, poichÈconcede all’amministrazione il vantaggiodi ridurre le spinte dei proprietarieffettivi o attesi volte alla negoziazione

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parchi urbani, recupero del S. Mariadella Scala);- il rafforzamento delle reticolarità,comprensivo delle azioni suscettibili dimigliorare l’efficienza delle reti e dellerelazioni, con il duplice obiettivo dirisolvere i problemi pregressi e di crearele premesse logistiche ed infrastrutturaliper azioni – soprattutto trasformazioniurbane – da attuarsi con i successivi Ru.

La gestione della città esistente

Adottando una prassi consolidata, lacittà esistente è stata articolata in tessutiinsediativi – circoscritti sulla base dianalisi storiche, morfotipologiche efunzionali – che hanno costituito ilriferimento principale per ladeterminazione delle regole per gliinterventi sui singoli edifici e per icambiamenti di destinazione d’uso(piano delle funzioni).Sia sotto il profilo normativo checartografico si è distinta dai tessuti lacittà pubblica costituita dalleattrezzature collettive (per le quali si èprevista una elevata flessibilità d’uso,ma controllata da passaggi istituzionali)il verde urbano e territoriale, gli spaziper la mobilità e quelli apertipavimentati.

Il disegno di insieme delletrasformazioni programmate

Le scelte operate dal Ru privilegiano unaforma urbana sostanzialmente compatta,adottando come criteri generali:- la occupazione ragionata delle areeinterstiziali ove si riesce a fruire deivantaggi localizzativi offerti da opere di

L’innovazione prudente nel Ru di Siena Andrea Filpa*

trasformazioni avvenute nel periodointercorso tra l’approvazione del Ps(febbraio 2007) e l’avvio della fase dichiusura del Ru (settembre 2009);applicando la logica dellaprogrammazione scorrevole si èdenominato questo insieme ditrasformazioni Scenario Zero,utilizzandolo come base di partenzadello Scenario +5 proprio del Ru. Incoerenza con il Ps, si è inoltremantenuta nelle trasformazioniresidenziali una quota del recuperoprossima al 40%.La seconda opzione di metodo hariguardato le modalità con cui garantirel’equilibrio funzionale e territoriale delletrasformazioni selezionate dal Ru,scegliendo in tal senso di adottare comeparadigma operativo il riferimento a trelogiche complementari:- la polarizzazione, centrata sulletrasformazioni urbane che agiscono suparti limitate dell’insediamento, ma chegenerano estesi fenomeni di mutamentoanche nel contesto. Il Ps, individuandole Ati – aree di trasformazione integrata– aveva già riconosciuto con chiarezzala collocazione spaziale di questi poli;- l’integrazione e il riequilibrio, cui sonostate ricondotte sia le azioni diffusesuscettibili di incrementare la qualitàinsediativa (intesa nelle sue varieaccezioni: qualità degli spazi pubblici,accessibilità, risposte puntuali alladomanda insediativa) alle differenti scalee nelle differenti parti della città, sia leoccasioni diffusive prodotte dagliinterventi di polarizzazione, sia infine gliinterventi in grado di produrre effettisull’intero territorio comunale (grandi

L’adozione del Regolamento urbanisticodi Siena1 consolida il segmentoterminale di una stagione dipianificazione avviata con la redazionedello Schema Metropolitano dell’AreaSenese (SMaS; 2006)2 e proseguita conla approvazione del Piano Strutturale diSiena3 nonché con la formazione – oggia diverso grado di maturazione – dei Pse dei Ru dei comuni contermini.Assumendo come riferimento il disegnodi governo contenuto nel Ps – proiettatosu di un orizzonte quindicennale – ilprimo Ru di Siena ha individuato lemete, le trasformazioni e le formuleoperative da adottare nel periodo 2010-2014, preparando le basi per uncompletamento del Ps nell’arco diulteriori due Ru.

I nodi del dimensionamentoquantitativo e dell’equilibriofunzionale

Atteso il necessario rispetto deicontenuti fissati dalla Lr 1/2005, laredazione del Ru è stata guidata da dueopzioni preliminari.La prima ha riguardato gli aspettiquantitativi delle trasformazioni dacontemplare; limite che si è scelto diattestare sulla soglia del 40% di quellepreviste dal Ps, riservando comunque unmargine di variazione in funzione delledifferenti tipologie di trasformazione (per le previsioni ricettive, moltocontenute, si è ad esempio portata lasoglia oltre il 60%).Nella modulazione preventiva dellequantità è risultata di grande ausilio unaoperazione di monitoraggio delle

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e agricole aperte alla fruizione pubblica:in particolare si tratta delcompletamento della attuazione delparco di Vico Alto e dell’avvio del Parcodel Buongoverno, entrambi terreno disperimentazione per praticheurbanistiche innovative capaci diconiugare – senza ricorrere alletradizionali (e impraticabili) forme diesproprio – la fruibilità da parte deicittadini con la persistenza e ilmiglioramento delle forme di agricoltura(anche amatoriale) produttrici sia dialimenti che di paesaggio. Verrà avviataanche la porzione del Parco dell’Arbia -Bozzone a diretto contatto con la Cittàdell’Arbia.- procedere al ridisegno della mobilitàsenese, fondato sulla integrazione dellacorona di parcheggi scambiatori servitidal Tpl su gomma, sul rafforzamento delnodo della stazione (maggiore ruolo delTpl su ferro; spostamento del terminalbus; risalita meccanizzata) esull’ampliamento dei parcheggi riservatiai residenti, unitamente ad un insieme diinterventi di miglioramento ecompletamento della viabilità esistente.Il risultato atteso è l’incremento dellaaccessibilità con Tpl al centro della città,con progressiva diminuzione del trafficoprivato lungo le vie di accesso e dunquedelle aree destinate al parcheggio inprossimità delle mura.

I profili della innovazione prudente

Il Ru ha scelto di accompagnare i suoiprocessi attuativi attraverso duestrumenti-guida, i dossier valutativi eprogettuali (Dpv), dedicati alletrasformazioni più rilevanti e adattuazione indiretta, e le schede progetto(Sp), dedicate alle trasformazionipotenzialmente attuabili con interventiedilizio diretto.

Il Dpv è formato da quattro sezioni e dauna scheda grafica contenente unoschema spaziale e organizzativo.Nella Sezione I, Profili generalidell’intervento, la trasformazione vienecollocata nel suo contesto urbano e sene esplicitano in forma argomentativaobiettivi e modalità.La Sezione II, Riferimenti quantitativifissa il dimensionamento complessivodella trasformazione, le dotazioni

unitariamente con caratteristicheurbanistiche e edilizie ispirate alle eco-town, serviti dal Tpl su gomma e suferro) sono state impostate, già primadella adozione del Ru, le procedure perla redazione dei rispettivi Pianicomplessi di interventi (Pci). Il Ru hainoltre fornito il quadro di riferimentoprogettuale per l’avvio – parziale ototale - di altre Ati con sufficiente gradodi maturità urbanistica, ed in particolarel’Ati 6 ex Molino Muratori, l’Ati 7 NuovoCentro Sportivo Polivalente, la Ati 9Acquaviva e l’Ati 11 Stazione Isolad’Arbia. - promuovere una qualità insediativadiffusa mediante linee di azionecomposite, riconducibili alla logica dellaintegrazione e del riequilibrio, cuiconcorrono sia interventi specifici(recuperi edilizi, completamenti, nuoviparchi urbani), sia la disciplina delterritorio rurale. Per quanto concerne lacomponente edilizia, il Ru haindividuato 38 trasformazioni urbane(Tu) ciascuna corredata da una propriascheda progetto e 81 aree diriqualificazione e completamento (Ar) adognuna delle quali è dedicata unaspecifica disciplina. Il Ru prevede anchel’avvio del sistema di parchi territorialidestinati a creare attorno a Siena unadisponibilità elevatissima di aree naturali

urbanizzazione e da sistemi diaccessibilità già esistenti;- la marcata utilizzazione del patrimoniofondiario o immobiliare dismesso al finedi conseguire risparmi di suolo;- la collocazione della più consistentetrasformazione insediativa (la Cittàdell’Arbia) in luoghi suscettibili diconnettere nuclei periferici esistenti, conl’intento di decongestionare la cittàesistente e di impedire un ipoteticosviluppo suburbano teso alla saldaturatra l’insediamento più antico e la nuovaespansione.Il disegno di insieme delletrasformazioni programmate dal Ru èfrutto di tre grandi opzionicomplementari:- avviare gradualmente le trasformazionipiù rilevanti previste dal Ps, ovvero leAti (aree di trasformazioni integrata),operando dunque all’interno delparadigma della polarizzazione. Si è inprimo luogo scelto di avviare le Ati dimaggiore complessità realizzativa, ed inparticolare la Ati 1 Parco Scientifico eTecnologico e la Ati 10, Polo AbbadiaRenaccio elemento centrale della futuraCittà dell’Arbia: per queste due Ati, laprima destinata ad inciderepositivamente sul mercato del lavoro ela seconda sul fabbisogno abitativo (siprevedono circa 400 alloggi concepiti

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avvenire laddove sia prevista nuovaedificazione e quindi maggiori marginidi libertà progettuale – rimarranno fermiil dimensionamento complessivo e leprestazioni (pubbliche e private) fissatedalla Sp, mentre potrà variare l’assettospaziale dell’intervento. In questo caso,tuttavia, l’intervento verrà subordinatoalla redazione di un piano attuativo.Il Ru di Siena ha inoltre applicatodiffusamente gli istituti dellaperequazione e della compensazione,con l’obiettivo di ottenere beneficipubblici di natura diversa quali alloggicon finalità sociali (circa 400 nelcomplesso, dei quali il 40% destinati alocazione con canone concertato, il 40%di edilizia convenzionata, il 20% diedilizia sovvenzionata) cessioni di areealla amministrazione comunalefinalizzate al rafforzamento della cittàpubblica, realizzazione diretta diinterventi di uso pubblico, interventi dirinaturazione.Natura sperimentale presenta infine unaprocedura finalizzata alla eliminazionedegli edifici incongrui o fatiscentipresenti nel territorio aperto.La logica premiale che viene introdottaprevede la concessione di dirittiedificatori derivanti dalla demolizione eche potranno essere utilizzati all’internodi aree appositamente delimitateall’interno dei tessuti urbani, puntandoquindi non solo alla eliminazione dimanufatti che non sono più funzionaliallo svolgimento di attività produttive,ma anche alla eliminazione di potenzialicapisaldi di un futuro processo didiffusione insediativa.Nella prospettiva indicata la formula cheviene introdotta per eliminare imanufatti incongrui o fatiscenti chedeturpano alcuni degli scorci visivialtrimenti di grande suggestione èdunque chiaramente associata allastrategia del contenimento del consumodi suolo che il Ps aveva postulato, e cheil Ru contribuisce a declinare in unavarietà di possibili applicazioni.

* Docente di Urbanistica Università di Roma Tre.

Note1. Delibera Consiglio Comunale del 18.05.2010.2. Urbanistica dossier n. 110.3. Delibera Consiglio Comunale n. 32 del 13.02.2007; inUrbanistica n. 129.

Amministrazione comunale perverificare le performance di strumentiattuativi che si discostino in manierasignificativa dagli assetti spazialicontenuti nel Dpv.Le schede progetto (Sp) sono inveceelaborati guida riferiti ad aree ditrasformazione dove il Ru non ritiene sianecessaria la preventiva approvazione diuno strumento urbanistico attuativo. LeSp sono finalizzate a garantire che letrasformazioni edilizie e urbanistiche siinseriscano correttamente nel propriocontesto paesaggistico, producano unordinato ed armonico sviluppo deltessuto urbano, siano connotate da unapprezzabile livello di qualitàarchitettonica e rispondano alle finalitàassegnate dal Ps e dal Ru.La struttura della scheda progetto èanaloga a quella del Dpv, ma comprendesolo le prime tre Sezioni e la schedagrafica.Anche il dimensionamento e laripartizione delle funzioni contenutenelle SP non possono essere variate dalsoggetto attuatore: sono ammissibili –motivatamente – scostamenti dell’ordinedei ±5% dall’assetto spaziale propostonella scheda grafica. Qualora ilpromotore intenda invece discostarsi inmodo più accentuato dalle indicazionidella Sp – e ciò può tipicamente

pubbliche o di uso pubblico dagarantire, le dimensioni delle diversetipologie di verde da assicurare, leprescrizioni inerenti le trasformazioniedilizie, variabili ovviamente in funzionedella natura dell’intervento. La Sezione III, Dotazioni pubbliche o diuso pubblico da garantire specifica irequisiti funzionali e qualitativi deglispazi che, una volta portata acompimento la trasformazione,rimarranno pubblici o di uso pubblico.Dimensionamenti e ripartizioni dellefunzioni indicate dal Dpv non possonoessere variate in sede di pianificazioneattuativa. Nel suo insieme, il Dpvcontiene dunque i parametri diriferimento che il Ru assegna allapianificazione attuativa: regole chelasciano margini per esercizi progettualianche diversi sotto il profilo spaziale eorganizzativo da quelli proposti nellascheda grafica del Dpv ma checomunque - rispettando quantità eprestazioni – saranno tenuti a rimanerenell’alveo delle scelte compatibili con ilRu. Anche a questo fine è stataconcepita la Sezione IV, La valutazionedei livelli di coerenza che contiene laverifica delle scelte progettuali operatenel Dpv rispetto ai contenuti del Ps.Gli elementi della Sezione IV potrannodunque essere utilizzati dalla

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tribunale, però, hanno confermatol’impianto generale del piano e hannoavuto l’effetto di rimandare ai Comunila verifica della conformità deglistrumenti attuativi al Ppr e allaRegione il rilascio dei nulla osta.La contrapposizione tra interessidifferenti, che si esplicitava inrelazione sia alla tutela del territorio,sia alle potenzialità edificatorie delleex zone turistiche, sia all’ottenimentodel potere politico, ha determinato larichiesta di sottoporre a referendum lalegge ‘salva-coste’. Tale iniziativa haprodotto uno scontro politicosull’effettiva ammissibilità delreferendum e sugli effettidell’eventuale abrogazione dellaLegge. Per alcuni, se la stessa fossestata abrogata, avendo modificatoalcuni articoli fondamentali dellalegge urbanistica regionale (n.45 del1989) sarebbe emerso il problemadella copertura legislativa dell’interoPpr in materia urbanistico-ambientale.Per altri, invece, il referendum nonavrebbe determinato nessunaconseguenza reale sulla validità delPPR. L’eventuale abrogazione dellalegge, non avendo effetti retroattivi,non avrebbe investito il PPR poichéapprovato in data precedente alreferendum stesso. Inoltre, rispetto allatenuta del piano, la coperturalegislativa del Ppr sarebbe statagarantita dal Codice Urbani. La consultazione popolare non haprodotto l’abrogazione della legge‘salva-coste’ e l’amministrazioneRegionale ha proseguito il suoprogramma politico.

Il Piano paesaggistico della Sardegna

pianificazione che legittimavano,accogliendole, diverse speculazioniimmobiliari. La propaganda elettoraledi Soru, che si inseriva all’interno diuna questione annosa, siconcretizzava, all’indomani delleelezioni, in una pianificazionepaesaggistica che si sviluppava in duetempi. Prima, venivano preservate lecoste da qualsiasi altro intervento chele potesse danneggiare, poi, venivaestesa la tutela all’intero territorioregionale. Focalizzando il problemasull’edificazione incontrollata, Sorucon la legge ‘Salva-coste’ fermava inuna fascia di 2 km dalla linea di costal’attività edilizia e bloccava alcunedelle più grosse operazioni immobiliariavviate nella regione.

Il Piano paesaggistico ed il nodo delReferendum

Nonostante i ricorsi presentati controle misure di Salvaguardia e le accuserivolte a Soru, in merito al conflitto diinteressi, il lavorodell’amministrazione regionale andavaavanti e il 6 settembre 2006 venivaapprovato il Piano paesisticoregionale.Tra gli strumenti attuativi che sonostati utilizzati troviamo le intese traRegione, Provincie e Comuni. Ladefinizione delle intese, utilizzate perstabilire azioni strategiche diattuazione del Ppr e per adeguare glistrumenti urbanistici alle finalità diqualità paesistica, ha determinato ilconfliggere di interessi differenti e lapresentazione di numerosi ricorsi alTar. Le sentenze emanate dal

Lo sviluppo promosso da Soru e lalegge salva-coste

Il Piano paesaggistico della Sardegna,elaborato in poco meno di due anni(2004 – 2006), è tra i primi adapplicare i principi della Convenzioneeuropea del Paesaggio (Firenze 2000;L 14/2006 - Ratifica ed esecuzionedella Convenzione europea sulpaesaggio) e le norme del CodiceUrbani (legge 42/2004).L’idea di Soru era quella di avviare unprogramma a forte connotazioneambientalista con iniziative chemiravano all’eliminazione degliimpatti negativi dei processi diantropizzazione e con interventi che,attenti al patrimonio naturalisticodella regione, potevano innescare losviluppo. L’attenzione di Soru perl’ambiente deve essere traguardataall’interno del dibattito, da tempopresente nella Regione, sull’uso delterritorio e sull’edificazione anche inzone vulnerabili e di pregiopaesaggistico. Una questione checoinvolgeva gli interessi, spessocontrapposti, di una pluralità disoggetti. Per alcuni, il territorio nonaveva subito danni reali ma erano gliinteressi della componenteambientalista ad interpretare leattività edificatorie avviate comedevastanti per l’ambiente. Per altri,invece, il territorio era statosottoposto ad un’edificazioneincontrollata determinata, secondoposizioni differenti, odall’annullamento, tra il 1998 e il2003, dei piani paesistici presenti odalla presenza di strumenti di

Rassegna urbanistica

Annalisa Patriarchi*, Luc Bonnard**

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sarebbero nulli.Nel piano casa, inoltre, ilcontenimento del consumo energeticoviene utilizzato come l’optional perdare delle premialità volumetriche achi attua degli interventi volti ad unariduzione dei consumi energetici. Intale situazione, il risparmio energetico,orientato alla tutela dell’ambiente,potrebbe incidere in modo determinatesul Paesaggio poiché la scissione tra ilbene paesaggistico e quello ambientalepotrebbe determinare rilevanti costisociali.

Conclusioni

In relazione alla vicenda, la politica ele politiche poste in essere hannoagito determinando un continuoridefinirsi reciproco, sia in relazione alPpr sia rispetto al Piano casa.All’inizio sarà proprio il dibattitosull’edificazione incontrollata a colpirela sensibilità locali e a determinare lavittoria di Soru e della sua politica ditutela del paesaggio. Poi, però, ildefinirsi del programma politico inazioni concrete ha determinato effetti,diretti ed indiretti, che non essendostati accompagnate da politiche dimitigazione degli impatti negativihanno determinato l’emergere dinuove problematiche, connesse omeno alla tutela ambientale. Gliinteressi emersi hanno quindialimentato il dibattito sulle politicheattuate e tale situazione, insieme allaspaccatura generatasi all’interno dellacoalizione di centro-sinistra e alle giàpresenti contrapposizioni politiche conl’opposizione, ha determinato lasconfitta elettorale di Soru. All’internodi tale prospettiva, il piano casa, in unottica di sviluppo come crescitaedilizia e finanziaria, può essereconsiderato, in parte, come l’esito deldibattito politico sull’attuazione Pprper il quale lo sviluppo passa per lepeculiarità territoriali: le ricchezzenaturali.

*Il presente lavoro è frutto di ricerche congiunte diAnnalisa Patriarchi e Luc Bonnard

2008 ha registrato una riduzione deilivelli produttivi del 6,1% in quantità,contro un calo medio a livellonazionale del 2,3%. Condizione, però,che se guardata all’interno della crisifinanziaria globale, non può esseredirettamente o unicamente imputabileal PPR. Inoltre, se si considera ilrisultato del Referendum sul legge‘Salva-Coste’ si evidenzia come l’esitodelle elezioni del 2009 sia dovuto adpluralità di fattori. Secondo alcuni,avrebbero svolto un ruolo rilevante, ilconflitto di interessi, la spaccaturadefinitasi all’interno del Pd,l’immagine di Soru come decisionistasolitario e la poca attenzione delgovernatore verso la ricerca dialleanze. Per altri, l’assenza dipolitiche di mitigazione degli impattinegativi del PPR sull’economiaregionale e all’assenza di investimentipubblici a favore dell’ediliziascolastica sarebbero stati fattorideterminanti. La sconfitta elettorale di Soru el’ingresso del nuovo presidente.Cappellacci apre, per il PianoPaesaggistico Regionale, una nuovafase.

Il dopo Soru e il Piano paesaggistico

Il nuovo governatore, che dopo lavittoria elettorale aveva manifestatol’intenzione di cambiare il Ppr,attraverso il piano casa interviene sulterritorio modificando, in alcuni casi,le previsioni del Piano Paesaggistico.Il Piano casa della Sardegna (Lr 4 del23/10/09) agisce in deroga ai Pianiurbanistici e al Ppr. Il Dlg 63/2008,che ha integrato il Codice Urbani, hasancito, però, che ‘le previsioni deipiani paesaggistici non sonoderogabili da parte di piani,programmi e progetti nazionali eregionali di sviluppo economico’,quindi, le deroghe attuate al Pprpotrebbero risultare illegittime. Inoltre,l’attuazione degli interventi, tramite laDia o la concessione edilizia, potrebberisultare compromessa poiché, nel casoin cui l’intervento avesse luogo inzone vincolate derogando alleprescrizioni del Ppr, non potrebbeessere concesso il nulla ostaPaesaggistico e i permessi di costruire

La legge Urbanistica e la sconfittaelettorale di Soru

Parallelamente al dibattuto nodo delreferendum, Soru ha portato avantil’ultimo dei punti del suo programmaamministrativo: la legge urbanistica.Il non raggiungimento di un accordosulla stessa ha determinato ledimissioni del Presidente che è statosostituito, dopo aver perso le elezionidel febbraio 2009, da Ugo Cappellacci.Analizzando la ripartizione dei votinella Regione è possibile notare come,rispetto alle elezioni del 2004, icomuni costieri e quelli direttamentelimitrofi ad essi abbiano cambiatoorientamento politico mentre i territoriinterni e centrali dell’isola abbianoriconfermato la loro preferenza perSoru. Da tale analisi si evidenzierebbe,quindi, come per l’esito delle elezioniil PPR abbia svolto un ruolodeterminante in quanto, tra le altrecose, considerato la causa dellacontrazione del settore dellecostruzioni verificatosi nella Regione.Secondo il Rapporto Ance-AnceSardegna il settore costruzioni nel

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Un nuovo ruolo che ha bisogno di unnuovo progetto di paesaggio in gradodi dare forma, sostanza e significato,ad una prospettiva di miglioramento evalorizzazione di un elementoidentitario che è l’essenza stessa dellaRegione Emilia-Romagna.Un paesaggio plurale ma solidale cheesprime il protagonismo deicapoluoghi di fondazione ma anche ditutti gli attori della sua manutenzionee della sua continua ri-produzione.Un paesaggio plurale che devericercare una visione condivisa, deverafforzarla in una pratica di accordi,deve alimentarla investendo,

Emilia-RomagnaUgo Baldini*, Giancarlo Poli**

ritrovando nella Via Emilia iriferimenti di umanizzazione chehanno formato la regione attuale,sistema di città, di campagna e disaltus; dall’innovazione futura deitecnopoli (?) alle ragioni profondedella città vivibile (!).Il progetto di mobilità regionale chefaticosamente si sta realizzando nelrilancio del vettore ferroviario, nellarealizzazione di un nuovo itinerariostradale apre la via ad una riconquistaurbana della Via Emilia, dalle città chestanno ripensando con fatica alproprio sistema di mobilità perrenderlo sostenibile.

Un progetto per i paesaggi della Via EmiliaLa dimensione del mito attraversa lavicenda della Via Emilia dal suosorgere, un mito forte dicolonizzazione, di urbanizzazione e diprogetto territoriale.Ripensare oggi il progetto territorialedella Via Emilia richiede diripercorrere quella dimensione perassociare ad essa una prospettivanuova per la comunità regionale,

Rassegna urbanistica

Ecomosaico paesagistico. Elaborazione a cura di Patizia Chirico e Francesca Finotto.

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“costruttori, gestori e consumatori” delpaesaggio della Via Emilia per ri-costruire un racconto convincente diappartenenza, riconoscibilità ecoesione sociale di un intero territorio.Della attrezzatura della Via Emiliacome “sistema di mobilità dolce”: dallemaggiori città è ripartito un processodi riappropriazione “sociale” della ViaEmilia con una maggiore attenzionealla scena urbana nei più consolidatiingressi alla città storica; unaattenzione fatta di ciclabili, dimoderazione del traffico, dirisagomatura delle sezioni stradali sinoalle più estreme periferie, di ridisegnodegli arredi e dei margini; questaattenzione rinnovata può avere comeapprodo la realizzazione di un grandeboulevard regionale, articolato nellesue diverse tratte in relazione allanatura dei tessuti urbani e ruraliattraversati, ma sempre riconoscibilecome sistema territoriale unitario ecome segno di una identità regionaleriaffermata vetrina di offerte culturalie commerciali, amichevole edequipaggiata.Della organizzazione dell’accessibilità edell’offerta di servizi alle polaritàculturali: la Via Emilia è stata ilprincipale fattore di induzione diprocessi insediativi nella regione; èdunque ragionevole ritrovare lungo diessa quelle singolarità – edifici,monumenti, manufatti - che fannostrettamente parte dell’apprezzamentoculturale dell’itinerario storico.Una nuova progettualità paesaggisticapuò essere decisiva nei confronti diqueste singolarità per inserirle neltracciato del boulevard e per restituirlecosì, come “occasioni da non perdere”,se pure minori per impatto e influenza,ad un ambiente e ad una domanda difruizione che ricercano la qualità.Del recupero degli episodi storico-culturali minori distribuiti lungo l’assestradale: anche fuori degli ambitiurbani propriamente detti, la ViaEmilia ha sedimentato una suaspecifica archeologia fatta ditestimonianze dei transiti e degliscambi secolari tanto nella forma (piùvicina al senso comune) “dello scavo”che in quella della riscoperta deimanufatti nelle condizioni diconservazione in cui versano;

Di contesti territoriali infatti si deveparlare: dieci, forse undici, se nepossono contare senza grosseincertezze nelle tratte interurbane traPiacenza e Rimini, scanditi dai centristorici di fondazione romana. Al lorointerno si tratterà di riconoscere ipaesaggi a diversa dominante ematrice (urbana e rurale), lecomponenti paesaggistichecaratterizzanti e/o condizionanti, sianelle vesti di risorse (ed emergenze)paesaggistiche che di detrattori,cercando ogni volta di generarescenari convincenti e condivisi (dacondividere) e di intervenire construmenti giusti e intenzioni benriflettute sui destini delle aree, per lequali le condizioni di trasformabilitàdevono essere una opportunità e nonuna minaccia.Contesti che pensino ai processi diinfrastrutturazione e di costruzione delpaesaggio come seconda natura cheopera a fini civili entro una rete diPolis, che ha duemila anni. Contestinei quali il sistema rurale è presentecome paesaggio vitale di cultura e dicoltura, e il paesaggio urbano sirinnova, in forme sostenibili eattraenti, coerente e sicuro nella suacampagna.

Gli obiettivi di qualità paesistica

Le poste in gioco per la valorizzazionedella Via Emilia sono molteplici erimandano a temi diversi che siconfigurano come tanti obiettivi daperseguire con una applicazionesistematica se pure distinta.Applicazione che richiede innanzituttoun riconoscimento dei luoghi e deifattori indispensabili per sostenere lepolitiche generate dagli obiettivi diqualità paesistica.Riconoscimento di luoghi e di fattoriche richiederà approcci diversi, dallaintervista sociale alla ricerca d’archivioma che non può prescinderedall’accertamento de visu e dalsopraluogo. Tutti utili per affermarel’originalità del punto di vista delpaesaggio nella strategia divalorizzazione del territorio.Un palinsesto di temi e obiettivi che sipropone come un sistema aperto allacollaborazione di tutti gli attori sociali,

sull’intelligenza e sulla creatività,risorse economiche ed organizzativecostanti e coerenti (una – IBAemiliana?).Il paesaggio, il suo ecosistema e la suaidentità, fa intravedere e migliora laprospettiva del futuro (sostenibile edefficiente) e per questo la disponibilitàdi tutti, famiglie ed imprese, adinvestire sul paesaggio, sul suo aspettoe sulla sua vivibilità, si giustificaampiamente.

Una manovra strategica sulpaesaggio

Favorire il processo di valorizzazionepaesistico-ambientale del SistemaRegionale della Via Emilia e del suoPercorso Matrice, ben si inquadra nellastrategia regionale - ormai di lungadurata - di valorizzazione del territorioa partire dalle aree che più loconnotano, ricercando strategieinnovative.Approdo principale di una rinnovatainiziativa sul paesaggio della ViaEmilia possono essere i ProgettiRegionali di Valorizzazione delPaesaggio, promovendo per essipercorsi di partecipazione sociale.A completamento della manovra, suun versante ancora più squisitamentestrategico, è opportuno immaginareLinee Guida per la ValorizzazionePaesaggistica della Via Emilia in gradodi orientare un esteso campo diprogetti pubblici e privati rivolti adintervenire sulle componentipaesistiche identificate, anticipando oaccompagnando la manovra piùcomplessa affidata ai Progetti diValorizzazione.Una nuova stagione di progettualitàche può e deve trovare riscontro neiPiani Triennali delle Opere Pubblichedelle Città Capoluogo, strumenti con iquali la pianificazione paesaggistica (eanche quella urbanistica) devonoriuscire a stabilire più stretti rapportidi collaborazione; una nuova stagionedi progettualità che può e deve essereanimata attraverso la promozione diveri e propri Bandi, sostenuti - sarebbelogico e succede da altre parti - dalconcorso finanziario di istituzioniterze, a partire dalle FondazioniBancarie.

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e sulle reti di micro corridoi, (rientranoin questa categoria le formazionilineari di campo - siepi e filari -disposte lungo canali minori, le stradepoderali ed interpoderali).Della salvaguardia dei varchi e dellevisuali in relazione alle esigenze difunzionalità ecologica ed a quellepercettive: nel suo sviluppo la ViaEmilia presenta situazioni fortementedifferenziate negli usi che di essa sonostati fatti nelle diverse vicendeinsediative.Diverse quindi le situazioni daaccertare e diverse le politiche damettere in campo, tutte però daorientare a mantenere (ripristinare,quando possibile) la continuitàecologica, a tutelare lo spazioperiurbano strategico per le città, agarantire la tutela della risorsa suolo ea ripristinare la visibilità del paesaggio

pubblici di incontro e fruizione socialedi vicinato.Della ricostruzione dell’ecomosaicopaesaggistico della pianura: la pianurapadana si caratterizza ormai come unpaesaggio del tutto instabile cherischia il collasso ecologico. Ciòrichiede un’azione articolata che mettain gioco tutte le risorse paesistiche erafforzi la connettività del tessuto,operando in prima istanza sulle matricinaturali continue ancora presenti,prive di particolari istituti disalvaguardia, sulle unità naturalirelitte di varia entità, da proteggere eriqualificare per configurare elementidi stepping stone, sulle matrici agricolea biopermeabilità medio-buona, chedefiniscono un connettivo ecologicodiffuso, sui corridoi correnti convegetazione di sponda dasalvaguardare, potenziare e recuperare

testimonianze che rischiano oggi dinon essere più riconoscibili al puntoda diventare esse stesse fattori didegrado.Della valorizzazione delle intersezionicon gli ambienti fluviali: la ricercadella qualità trova un indicatorefondamentale proprio nei luoghisegnati dalla intersezione della viaconsolare con gli ambienti fluviali chesono disposti nella nostra regionecome grandi vettori ecologici per leconnessioni Appenninico-Po-Alpi eche nel contempo sono riconoscibilicome vettori storici di popolamento.La Via Emilia con i suoi manufattistorici (vedi i ponti) e con la suamoderna attrezzatura paesaggistica (ilboulevard) si candida così ad essere laprincipale porta di accesso ai parchifluviali, promuovendone una piùsistematica costituzione quali luoghi

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Schema concettuale degli obiettivi di qualità.

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attorno alla natura “matrice” del suopercorso; politiche che hanno bisognodi una potenza narrativa adeguata.Sarebbe bello pensare che, “a metà delviaggio” in ciascun contesto, la ViaEmilia possa offrire (negli ambientifluviali riqualificati?) le stazioni di unmuseo virtuale della sua storia e dellastoria della sua regione (l’unica chetrae il nome da un itinerario stradale).Anche per questo il progetto diitinerario storico culturale della ViaEmilia deve mettere assieme il museovirtuale e l’esperienza del viaggio (convettori innovativi?), per raggiungereanche tutti i luoghi che la richiamanoo la rendono diversamente visibile,dalla Reggia di Colorno al balcone diBertinoro.Del coordinamento delle politiche ditutela e valorizzazione paesistica deiPTCP, armonizzandone l’attuazione daparte dei PSC: il carattereinterprovinciale che ogni azione divalorizzazione della Via Emilia, ancheparziale, deve avere se vuole coglierela natura più profonda dell’esperienzae della percezione del territorio nelviaggio, propone (tra le altre)l’esigenza di un’esplicita azione dicoordinamento e integrazione dellepolitiche di piano operanti.Della storia dei luoghi della ViaEmilia: la rassegna dei luoghi dellastoria, di questo lungo e complessoprocesso di territorializzazione, che habisogno di essere ricompreso (e magarianche re-immaginato) con lo sviluppodi forme creative legate alle tecnichedel racconto letterario,cinematografico, artistico checontribuiscano a raccontare ilterritorio, ad apprezzarne le diversità,l’umanità, la sua forza e le suedebolezze, apprezzando chi saemozionarci, farci ricordare, sperare dimigliorare.

Costruire progetti di paesaggio

Costruire progetti di paesaggio è lasfida per produrre innovazioneterritoriale affidabile e duratura i cuiprotagonisti siano le autonomielocali:le città regionali in primis, leProvince, le espressioni rurali, leimprese (profit e non), le agenzie eiconsorzi. I cittadini. Le Fondazioni.

imprenditoriale.Una parte significativa dell’apparatoproduttivo che nel corso del XX secoloche si è insediato lungo la Via Emilia èoggi interessata da processi didismissione o li vive nella prospettiva;processi che pongono all’ordine delgiorno problemi di riconfigurazioneanche formale degli insediamenti, daconsiderare per un verso alla luce delleesigenze di tutela dei valori identitari,testimoniali ed estetici, per altro versocome occasione rara di estensione eriqualificazione dello “spazio di vita”della Via Emilia.Della riconfigurazione degli spaziinsediativi eterogenei: spazi nonformalmente compiuti, disordinati,irrazionalmente disposti non solocostituiscono un pessimo biglietto davisita per il futuro boulevard marappresentano una perdita di efficienzanelle politiche dei servizi e nel sistemadella mobilità.Portarle ad una soglia (funzionale edestetica) confacente può essere uno deitemi progettuali di maggiore interessee di collaborazione tra Regione (e ilsuo progetto di itinerario) e le Città(con le loro esigenze diriqualificazione); un’occasione perapplicare lo strumento del creditoedilizio proprio là dove la fragilitàdella struttura fondiaria potrebberappresentare un limite difficilmentesormontabile.Della rimozione o mitigazione deidetrattori paesistici: detrattori che siaffacciano sull’itinerario consolarevuoi come esito di interventiinfrastrutturali decontestualizzati, vuoicome manufatti in contrasto con ivalori culturali.Il riambientamento di questi interventidiviene allora un tema paesistico dirilievo, che può suscitare approcciprogettuali di grande interesse per“riconciliare” significati storici e nuovemodalità fruitive dell’itinerario,ricucendo gli strappi e le lacerazioniche hanno talvolta segnato il suoingresso nella modernità.Del ridisegno dell’itinerario di fruizioneculturale della Via Emilia: la ViaEmilia può legittimamente ricondurre asè un ampio campo di politiche divalorizzazione dell’enorme patrimonio,mitico, storico e civile, sedimentato

rurale, da percepire nella sua diversatessitura da apprezzare, dalla Romagnadei frutteti alle cascine lombarde dellazootecnia intensiva, e da coglieredall’orto metropolitano sinoall’orizzonte dello skyline collinare.Della valorizzazione dei luoghi dellaproduzione agro-alimentare di qualitàdell’offerta di filiera corta edell’itinerario della Via Emilia come“via del gusto”: la Via Emilia, dasempre asse portante di una economiaregionale profondamente segnata dalleproduzioni agro-alimentari di qualità,ha visto crescere nel tempo, lungo ilsuo percorso episodi produttivi didiversa scala e natura chetestimoniano uno dei più radicaticaratteri identitari della regione;episodi che si presentano talvolta nellaforma minuta del singolo caseificio odella singola cantina, in altri casiinvece con complessi produttivi digrande rilievo o con sedi di vere eproprie istituzioni della filiera agro-alimentare.Della valorizzazione dei grandicomplessi di servizi: depositati lungol’itinerario da una plurisecolarestagione di infrastrutturazione civile darecuperare (anche trasformare)valorizzandone i significati storico-culturali, la qualità paesisticoambientale, i valori simbolici dareinterpretare strategicamente nellascena urbana, creando nuoveopportunità e nuova qualità.Della riconfigurazione delle areeproduttive: aree confermate nel lororuolo o in trasformazione, via via che iprocessi di dismissione hanno luogo;gli insediamenti produttivi che sipresentano diffusamente lungol’itinerario della Via Emilia in contesticaratterizzati da livelli differenti dipianificazione urbanistica,rappresentano una riserva di azionipossibili per la riqualificazione delpaesaggio costruito; un’occasioneimportante per la valorizzazione dellaarchitetture contemporanee di pregio,riconoscendone le esistenti edinserendole entro circuiti di fruizioneculturale e promuovendone di nuovenegli interventi di ristrutturazione esostituzione, anche attraverso concorsidi architettura da concertare econdividere con il mondo

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costruzione di un piccolo quartiereeconomico all’interno dell’edificato.Proprio di fronte a questa area èpresente un grandissimo edificiopopolare progettato dall’arch.Romano negli anni ’70, qualemodello sperimentale di abitazionecollettiva con enormi spazi di usocomune e percorsi orizzontali ai varilivelli per accedere agli appartamenti;questa caratteristica, che allora eraun elemento di qualificazione, èdiventata in questi 30 anni motivo didegrado architettonico e sociale. Il perimetro del Programma diRiqualificazione Urbana coinvolgequeste due aree sensibili del quartiereBorgo, ambedue di proprietàpubblica, che da fonte di degradodell’ambiente urbano, di disagiosociale e obsolescenza del patrimonioabitativo, possono elevarsi aeccellenze urbane da attuare conintervento diretto.

Una conferma sul modello dicompletamento della città: laBiourbanisticaIl rispetto dei 10 punti della“Biourbanistica” rappresenta unmomento di verifica per accertare lacoerenza insediativa del nuovoquartiere nel tessuto urbano faentino:

Il piano strategico del Quartiere Borgo a FaenzaEnnio Nonni*

A Faenza il “programma diriqualificazione urbana per alloggi acanone sostenibile promosso con Dgrdel 16 luglio 2008 è stato l’occasionedi sperimentare progetti per nuoveforme di abitare nel centro urbanodella città.Lo strumento per affrontare unargomento complesso in ambitourbano è il Piano Strategico, checonsente di assicurare coerenza allalocalizzazione di finanziamentipubblici, intesi anche come unvolano per nuove sinergie nelterritorio circostante. L’ambito diriqualificazione urbana è stato quindiscelto come conseguenza del PianoStrategico del quartiere Borgo.

Gli obiettivi del programma: qualitàurbana e sostenibilità socialeDa decenni il quartiere Borgo non erainteressato da insediamenti di ediliziapopolare. Tenuto conto della suarilevante espansione residenziale,risulta oggi necessario promuovere la

Tutto ciò guida lo sforzo (normativoma non solo) a produrre un indirizzo(regionale) inclusivo nel rapporto contutto il territorio e con tutti gli attoridelle trasformazioni e dellamanutenzione, ricercando unapartecipazione non episodica né ritualeche sappia misurare l’ascolto allafrontiera delle nuove tecnologie dellacomunicazione.Quello che è in gioco per l’Emilia-Romagna con un progetto (reale evirtuale) sulla Via Emilia è la suacapacità di prefigurare (e condividere)un‘idea di reinfrastrutturazione, nonsolo fisica ma anche mentale“all’altezza dei tempi”, radicata nellamemoria e capace di promuovere nellasocietà regionale le adesioni e lacreatività necessarie per ri-scommettere sul futuro, per trovaresempre le ragioni che Marziale ciricorda, nobili, di appartenere a questaregione: “Se mai ti chiederanno dadove vieni, dì che vieni dalla regionedella Via Emilia”.

*Arch. Presidente della Cooperativa Architetti eIngegneri di Reggio Emilia. ** Geol. Responsabile del Servizio “Paesaggio” dellaRegione Emilia-Romagna.

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Le strategie e l’ambito di riqualificazione del quartiere Borgo.

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orientamento definiscono un ampiospazio centrale la cui formagarantisce sicurezza. Inoltre verràsperimentato per la prima volta aFaenza il sistema di piastre difondazione antisismiche.- La sicurezza idraulica e il riuso

delle acque – un quartiere cherisparmia l’acqua.

Le acque meteoriche vengonoraccolte all’interno delle aree private,per essere rilasciate lentamente outilizzate per usi non pregiati.- Sostenibilità e bioarchitettura – un

quartiere ispirato al benessere.Il quartiere è costruito utilizzando letecniche della bioedilizia,privilegiando anche materiali diriciclo.- Compattezza e densità – un

quartiere città.Il quartiere guarda a modelli ideali diintegrazione sociale e funzionale,esaltando la corte centralecondominiale, luogo di ritrovo dagestire secondo un modello dicohousing.- Caratterizzazione degli spazi

pubblici e socialità – un quartieredi qualità.

Viene proposto un innovativoconcetto di spazio pubblico: un’unicacorte centrale, luogo di incontro e diintegrazione tra gli abitanti delquartiere, con uno spazio coperto peril ritrovo.- Le energie alternative alimentano il

quartiere – un quartiere solare.Il teleriscaldamento consente unmaggiore risparmio energetico,maggiore sicurezza e minori costi dimanutenzione. I pannelli solaritermici e fotovoltaici integrano leesigenze di energia. A livellosperimentale e promozionale, siprevedono esemplificazioni conminieolico, mentre l’apporto delleenergie rinnovabili dovrà attestarsialmeno al 20% del fabbisogno.- Sistema di percorsi a misurad’uomo – un quartiere senza barriere.La viabilità carrabile viene previstatotalmente all’esterno del quartiere. Ilsistema dei percorsi ciclo-pedonali insede protetta consente di avvolgerel’intero quartiere.- Un quartiere plurifunzionale – un

quartiere integrato.

protezione acustica ed i prospettisono trattati a “parete verde”.- La sicurezza sismica e urbana – un

quartiere sicuro.Le tipologie edilizie del quartiere conpercorsi semplici e di facile

- Il clima acustico – un quartieretranquillo.

L’isolato compatto, con all’interno lagrande corte preclusa alle auto,garantisce la silenziosità. I materialida costruzione sono ad elevata

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Il nuovo quartiere all’interno del Borgo.

Planimetria generale.

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Urbanistica INFORMAZIONI

funzionale ed estetico degli spazicomuni.Flessibilità e autoprogettazioneCUT and SEW (taglia e cuci): latipologia dell’appartamento vienedecisa con libertà dall’acquirente. Mobilità sostenibileUn piccolo parcheggio coperto conbici pubbliche assicura la possibilitàdi effettuare spostamenti urbanisenza ricorrere all’auto. L’intera acqua di pioggia è raccoltanella corte centrale e riutilizzata perusi non pregiati.I segmenti prestazionali minimi dacui partire sono:1. fabbisogno di energia termica amq (edificio tradizionale 150KW/mqanno) max.552. consumo di energia elettrica(edificio tradizionale 60KW/mq anno)max.283. miglioramento rispettp alla normaDlgs 311/2006 30%4. contributo energie rinnovabili> 3055. consumo acqua(edificiotradizionale 198 litri/persona/anno)max.90

Si ipotizza di cedere l’area diproprietà comunale a 100 euro/mq(pari a circa il 20% del prezzo reale)con l’obbligo di realizzare il 30% dialloggi in locazione a termine. La sostenibilità economica è garantitadai seguenti parametri:Costo complessivo dell’interventoeuro10.000.000 Superficie di vendita mq 6.000 (di cui2.000 in locazione a termine)Il prezzo medio di vendita tenendoconto di 6.000 mq di SV è pari a1.670 euro/mq.Togliendo i 2.000 mq in locazione ericavando il costo ai soli 4.000 mq ilprezzo di vendita sarebbe di 2.500euro/mq.Entro questa forbice è garantita lasostenibilità economica.

La riqualificazione di una grandecasa popolare

L’obiettivo del programma è lariqualificazione del grande immobiledi edilizia residenziale pubblica diproprietà del Comune di Faenza e

dell’edificio, limita la superficiecoperta al 25% dell’area, con unvolume di circa 20.000 mc per 50appartamenti e 4 attivitàextraresidenziali.Nell’edificio-quartiere vengonointrodotte azioni che saranno oggettodi approfondimento alla scalaesecutiva e di fattibilità.Riuso di materialiSi sperimentano materiali di ricicloper gli isolamenti, finiture e per lepavimentazioni, accentuandone anchela valenza estetica.20% di energie rinnovabiliViene introdotta una percentualeminima di energia da fontirinnovabili da produrre nel quartiereutilizzando anche soluzionidimostrative.Giardini e orti con piante da fruttoViene prevista la coltivazione dipiante da frutto antiche, al fine didiffonderne la conoscenza el’apprezzamento.Pareti verdi per il prospettoLa parete esterna sarà trattata con letecniche del verde verticale conl’obiettivo di diminuire ilsurriscaldamento, abbattere le polverie aumentare la permeabilità.Cohousing e condominio solidaleIl modello di cohousing ha l’obiettivodi generare negli abitanti il controllo

La diversità tipologica si sposa con lamolteplicità delle funzioni; infatti,nel quartiere è previstal’obbligatorietà di attività compatibiliprivate in parte del piano terra.- L’arte nel quartiere e la qualità

urbana – un quartiere da scoprire.Tutti gli spazi sono caratterizzati daqualità estetica e di materiali, anchegrazie alla predisposizione diinstallazioni d’arte contemporanea,che si integrano nel contesto e dannoidentità ai luoghi.

Un nuovo quartiere di ediliziaeconomica

In un’area di 8.868 mq di proprietàpubblica dove il PRG vigenteprevedeva una zona produttiva èstata redatta una variante urbanisticacon l’obiettivo di:- ridurre il volume ammesso (circa24.000 mc) elevando la permeabilitàdei suoli;- ridurre l’altezza di 12 metriprevista;- aumentare l’integrazione socialecon funzioni abitative/misteintroducendo i principi delcohousing;- elevare gli standard energetici.L’indice di fabbricabilità di 2,40mc/mq, grazie alla compattezza

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Schizzo.

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Urbanistica INFORMAZIONI

miglioramento energetico è pari aeuro 5.200.000 che spalmatiunicamente nulla SUL abitativadeterminano un costo di 1.400euro/mq. La differenza fra il valore dimercato di vendita e il costo diristrutturazione (valore attualedell’immobile) costituisce la baseeconomica per la realizzazione di unaparte di alloggi in locazionepermanente.

Le innovazioni su cui orientare laprogettazione del futuro, sicurezza,sostenibilità, flessibilità. Ben oltre leleggi attualiIl piano strategico e le dueesemplificazioni progettuali sonostate l’occasione per fare il punto sualcune questioni largamente dibattutecon un’ottica maggiormenteinnovativa e sperimentale:.SicurezzaLa progettazione architettonica deveorientarsi verso forme che aumentanoil livello di percezione della sicurezzaurbana e deve contemplare un livellodi sicurezza sismica superiore aquello previsto dalla vigentelegislazione.SostenibilitàL’obiettivo è quello di raggiungerestandard di classe A per quantoriguarda gli edifici producendol’intera energia necessaria per ilfunzionamento dell’edificio consistemi rinnovabili. Inoltre nelladefinizione degli involucri,rivestimenti, isolamenti, ecc. vaprevisto l’utilizzo di materialiprovenienti da riciclo e riuso.PartecipazioneAttraverso il sistema CUT and SEW(taglia e cuci) vengonoautonomamente definitidall’acquirente la superficie, ilprogetto interno, il prospetto esternopertinente e il livello diautocostruzione. Inoltre, per elevare illivello di coesione sociale, vaperseguito un modello di cohousingche preveda orti collettivi (anche sultetto), pareti verdi, installazioniartistiche di vicinato.

* Arch. Responsabile del Servizio Urbanistica delComune di Faenza(Ra).

Mobilità sostenibileUn piccolo spazio per bici pubblicheassicura la possibilità di effettuarespostamenti urbani senza ricorrereall’auto.Integrazione di funzioniLe unità immobiliari destinate adattività pubbliche vengonoriconvertite ad appartamenti. Alpiano terra dell’edificio alcuni localivengono destinati a funzioniextracondominiali private (uffici,studi professionali, ecc..).Appartamenti e non monolocaliNel ridisegno degli spazi interni siprevede un aumento della superficiedegli appartamenti eliminandomonolocali e riducendo,conseguentemente, il carico abitativodel complesso.IdentitàGli spazi di accesso ai vari condominivengono caratterizzati coninstallazioni e arredi per aumentarela sicurezza e rendereimmediatamente visibile il punto diaccesso al complesso.

Le prestazioni minime di sostenibilitàriguardano i 3 ambiti più rilevantiquali:- Energia termica per riscaldamento

invernale: il subisce una riduzionedell’81%, le emissioni di CO2passano da 41 kg/mq anno a 8.

- Energia termica per produzione diacqua calda sanitaria:L’installazione dei pannelli solaritermici permette di raggiungere unacopertura del fabbisogno di calorepari al 55% ed una copertura delsolo fabbisogno di acqua caldasanitaria pari al 94%. Le emissionidi CO2 passano da 3.561 tonn/annoa 213.

- energia elettrica: L’uso dei pannellisolari fotovoltaici e di generatorieolici consente di coprire ilfabbisogno di energia elettrica pergli usi destinati a parti comuni eall’impianto di illuminazioneesterna, per una quantità pari al91% (fotovoltaico 83%, eolico 8%).Le emissioni di CO2 passano da298.335 tonn/anno a 3.295.

Per quanto riguarda la sostenibilitàeconomica, il costo di ristrutturazioneintegrale con gli interventi di

dell’ASP (Azienda di servizi allapersona) “Prendersi cura”. L’area incui insiste il fabbricato è di circa4.258 mq con un volume di circa14.500 mc. L’indice di fabbricabilità èdi circa 3,40 mc/mq. Nell’edificiosono presenti circa 55 appartamentiper oltre 100 persone.Il Prg vigente destina il lotto a zonaurbana consolidata residenziale mistacon indice pari a 2,6 mc/mq, con unavolumetria ammessa di mc. 11.000,ampiamente inferiore a quellaesistente. Nel febbraio 2009 è stataadottata una variante al Prg peragevolare il recupero architettonico esociale dell’immobile, confermandol’edificio nella configurazione attuale,ma agendo su quattro aspetti:- ridurre il numero degli

appartamenti, aumentando lasuperficie degli stessi;

- aumentare l’efficienza energetica,associata ad interventi di restylingdell’edificio;

- rendere più indipendenti le unitàimmobiliari attraverso unariduzione/accorpamento degli spazicomuni.

I punti che elevano la sostenibilitàdell’intervento si riassumono in:Materiali di riciclo e naturali Messa in opera di cappotti ottenuticon prodotti di riciclo. Nelle finiture,pavimentazioni, colori si utilizzanomateriali naturali e biocompatibili.Energia e acqua (risparmio erinnovabili)L’edificio viene interessato, anche consoluzioni a livello dimostrativo, dapannelli fotovoltaici e minieolico.Percorsi comuni e sicurezzaIl progetto prevede una diminuzionedei percorsi comuni con l’obiettivo direndere maggiormente autonomi ivari corpi di fabbricato. Giardini e orti con piante da fruttoGli spazi condominiali sono il luogoper coltivare varietà di piante dafrutto antiche al fine di diffondernela conoscenza e l’apprezzamento.Cohousing e condominio solidaleLe piccole corti di ingresso, le fontirinnovabili, la sala condominale sonogestite secondo un modello dicohousing, al fine di promuoverenegli abitanti il controllo funzionaleed estetico.

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una finestra su:

230.000 abitanti, che arrivano a650.000 nell’area del Governatorato.In entrambi i casi, la maggioranzadella popolazione è costituita da arabipalestinesi, cui si somma un gruppodi circa 400 coloni ebrei che vive nelcentro storico della città. A questi sidevono aggiungere circa 6.000 coloniche risiedono a Kiryat Arba, grossoinsediamento, fondato nel 1970, cheincombe sul lato orientale della città6. La disposizione spaziale degliinsediamenti dei coloni7 segue lestesse logiche in tutto il Paese: unacittadella bianca, sospesa sulle pendicidi una altura, che ricordacostantemente le regole del gioco edel potere a queste latitudini. Scopi“difensivi”, senz’altro, tant’è chesecondo la destra israeliana, non soloortodossa, questi insiemi di casenuove e uguali, che spuntano comefunghi, rappresentano “il giubbottoantiproiettile di Israele” (Baquis 2001,p.43). Fin dall’inizio i laburisti guardaronoalle colonie come «a un filtro perimpedire le azioni dei fedayn edevitare i blitz militari a sorpresa» matale paradigma si è evoluto nel tempopromuovendo programmi diinsediamento come «sperimentazionidi vere e proprie soluzioni spaziali aiproblemi di sovraffollamento dellearee urbane» (Codovini, 2004, p.44-45). In questo modo è stata introdottala logica dell’insediamento civileisraeliano anche in zone densamentepopolate dai Palestinesi.È così che la città di Hebron è statatrasformata in una zona a

a cura di Marco Cremaschi

Piani nel conflittoDaniela De Leo

“Arrivando in una terra abitata”3

Hebron, Al-Khalil in arabo, è lamaggiore città della Cisgiordania,centro della Giudea biblica. Si trova a35 chilometri a sud di Gerusalemmema, il percorso accidentato tra postiblocchi e settori di strade riservate trale due città, fa variare giorno pergiorno il tempo di percorrenza deltragitto4. Questa incertezzascompensa, in un primo momento, ivisitatori, nonostante si muovano alsicuro delle loro autovetture dalle“targhe gialle”, israeliane, che, disolito, non costringono a deviazioniimprovvise o percorsi paralleli5. Dasubito ci si inizia a chiedere come sipossa vivere non potendo controllareil proprio tempo. Osservando losnodarsi del Muro, imponente estabile, invece, lungo la strada, prestoappare chiaro che, da uno dei dueversanti, non si controlla tropponeppure lo spazio. A meno che, conquesta parola, non si voglianointendere «i coriandoli dellaCisgiordania tagliati dal muro,sminuzzati in 630 posti di bloccoisraeliani, pressati dalle colonieebraiche in espansione» (liMes 2009,p.7).Cuore economico e commerciale dellaCisgiordania, Hebron è senz’altro unadelle città più antiche e importantidella Palestina. Ha una estensione di46 kmq e una popolazione di circa

La proposta di un Masterplan perHebron, in Palestina, offrel’opportunità di osservare da vicinouna realtà la cui “città vecchia” èstata da poco riconosciuta tra i sitiprotetti dell’Unesco alla fine di uninteressante processo diriqualificazione urbana. Promossodagli assessorati alla Cooperazione eall’Urbanistica della Provincia diNapoli1, il piano dopo due anni nonha tuttora ricevuto seguito efinanziamento. L’ipotesi delMasterplan affronta i problemispecifici di un territorio antico ecomplesso, ma anche un’inedita“domanda di pianificazione”: comesia possibile pianificare laddove nonci sono “né una terra né unpopolo”2. Un dilemma intrigante perun piano che rispondeva a unachiara richiesta di supporto da partedei membri della Municipalitàhebronita, e ripresa non a caso dallacooperazione decentrata italiana. Eche sollecita una riflessione sullospazio della pianificazione nelconflitto.

Hebron

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Urbanistica INFORMAZIONI

Palestinese, e H2 (20%) sottocontrollo israeliano. Il 20% di questacittà, così importante e vitale perl’economia palestinese, è occupatadall’esercito israeliano dove vivono icirca 400 coloni integralisti protettida 2000 militari10. Hebron è la maggiore città industrialepalestinese, con una significativaproduzione nella lavorazione delmarmo11, delle ceramiche e del vetro,e una ancora significativa produzionelegata alla coltivazione viticola checaratterizza fortemente il paesaggioattorno alla città. Ad ogni modoprocessi produttivi e merci possonoessere fermati in qualsiasi momentoda un controllo per ragioni disicurezza, anche sulla base di unaprogressiva definizione di una “realtàcantonizzata, un susseguirsi dienclave che tra loro comunicano pocoe a singhiozzo” (liMes, 2007, p.154). Le numerose misure di sicurezza presedall’esercito per proteggere i coloniche attraversavano l’area centraledella città – chiusura degli ingressilaterali, impedimenti all’accesso diautomobili, perquisizione quotidianadei residenti – hanno causatol’evacuazione di molti stabilinell’area, fatto che ha influitonegativamente anche sul degradofisico di questi edifici storici e sullostato generale di conservazionedell’inimitabile insediamentotradizionale arabo. Alcune vie del centro storico sonosovrastate da reti di acciaio aprotezione dei coloni che occupano ipiani superiori degli edifici, mentrenei piani inferiori permangono leabitazioni e i negozi dei palestinesi. Iprimi usano gettare di tutto sopra lereti di acciaio, lungo le vie, definendocosì un paesaggio urbano di avvilentedegrado. Molte proteste, presentatedai residenti palestinesi alla poliziaisraeliana contro le aggressioni deicoloni sono state documentate, neltempo, all’ufficio dell’HebronRehabilitation Committee(http://www.hebronrc.org/english/Ocity/plans.aspx) che, dal 1998, si occupadell’intervento di recupero eriqualificazione di tre aree interne alcentro storico.

che chiede costantemente conto di chisei e da che parte stai.Per molti anni l’amministrazionemilitare ha permesso ai Palestinesi,che hanno abbandonato il centro, dicostruire case nei sobborghi dellacittà, senza il pericolo dellademolizione o di altre rappresaglie.Questo aspetto non è affatto banale sesi considera quanto avviene, adesempio, alle porte di Gerusalemme (enon solo), nonostante l’enorme espesso vano lavoro di soggetti comel’ICAHD, Israeli Committee AgainstHouse Demolition(cfr.http://www.icahd.org)8 o le azioninon solo dimostrative dell’ISM,International Solidarity Movement.

“Sempre nel posto sbagliato”9

Dopo l’accordo del 15 gennaio 1997sul ri-dispiegamento delle truppeisraeliane, il centro della città, è statodiviso in due settori: H1 (80%) sotto ilpotere dell’Autonomia Nazionale

“segregazione ebraica” e, quindi,smembrata dentro e circondata fuori.Come sede della grande moschea “El-Haram el-Hibrahimi” ma anche della“Tomba dei Patriarchi” per gli ebrei,come spesso capita da queste parti,Hebron è “città santa”, al contempo,per gli Ebrei e per i Musulmani: unluogo di guerra, in poche parole. Unluogo che molti Palestinesi hannocominciato ad abbandonare a causadei conflitti quotidiani con i coloni.All’interno di questa parte della cittàche è una sorta di recinto controllatoin entrata e in uscita, i colonipasseggiano sfoggiando un mitra sulcandore del vestito tradizionale. Ilgiovane ingegnere che mi guidava nelsopralluogo, armato di penna etaccuino, è stato costretto ad arretraree a cambiare strada, in diversi puntidel nostro breve tour, in ragione dellasua pericolosità in quanto palestinese.Senza di lui non mi sarei resa contodella segregazione all’interno dell’areasegregata: un gioco di scatole cinesi

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Mappa

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per l’appunto, patrimonio condiviso alivello mondiale, pur in un contestodi conflitti e soprusi. Ma ancheperché esito della profusione di ungrande impegno nazionale einternazionale durato,complessivamente, oltre vent’anni.Il progetto di riqualificazione dellaCittà vecchia di Hebron è iniziato nel1988. Prima dell’arrivo degli israelianinel 1967, la popolazione era di 10,000abitanti, ma, a seguito delle diversefasi di inasprimento del conflitto circal’85% delle hosh12, le ampie abitazionitradizionali, sono state abbandonate.Tra il 1988 e il 1991, l’Università diHebron (UGU-University GraduateUnion) ha condotto una surveyattraverso la quale ha stabilito che lamaggior parte delle abitazionipotevano essere recuperate. Allostesso tempo l’UGU ha promosso lacreazione dell’Hebron RehabilitationCommittee, un gruppo costituito dauna trentina di soggetti tra membridel governo, rappresentanze di diverseONG e, naturalmente, l’Università.L’HRC, incaricato di preservare e dirivitalizzare la Città Vecchia, halavorato al rinnovamento delleabitazioni e al loro ripopolamento,assumendosi l’impegno di una vera epropria “General Policy ofRestoration”. Un documento cheprevede non solo la definizione diminuziose linee guida per gliinterventi di recupero edilizio (pernon stravolgere le strutture esistenti,nonostante le inevitabili migliorieindispensabili per rendere leabitazioni utilizzabili), ma, anche, larestituzione delle abitazioni ai vecchiproprietari. Ai vecchi proprietari èconcesso di determinare l’uso dellapropria abitazione con un rapporto di2 a 1 tra proprietario e affittuario. Gliaffittuari, selezionati sulla base di unaconsultazione, sono impiegati e operaia basso reddito che non dovrannopagare l’affitto per i primi 5 anni dilocazione.L’intervento coltivava esplicitiobiettivi di difesa e valorizzazione delpatrimonio culturale della cittàvecchia al fine di trasmetterlo allegenerazioni future. Inoltre, essomirava anche a circondare econtenere gli insediamenti per

di un’area di pregio. Risultato anchefortemente simbolico in una terracome questa. Non solo per il prestigiosoriconoscimento internazionaleattribuito a uno sforzo di promozioneinnegabilmente palestinese e laconseguente attenzione allavalorizzazione di un bene ritenuto,

www.hebronheritage.com

Dal gennaio del 2010 il centro storicodella città di Hebron è nella lista deipatrimoni mondiali dell’Unesco.Passaggio importante per molti luoghidella terra, soprattutto dal punto divista delle risorse disponibili pergarantire, nel tempo, la conservazione

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Hebron City Restrictions

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stati creati centinaia di posti dilavoro, direttamente o indirettamentecollegati al programma, e sono state(ri)aperte importanti attivitàcommerciali.L’iniziativa è stata finanziata da fondipubblici e finanziamentiinternazionali tra i quali è statoparticolarmente significativo il ruolodella Svezia. La gestione del progettoè stata affidata a una struttura adhoc, esterna alla Municipalità che,all’epoca del lavoro per il Masterplan, pareva presentare qualcheconflittualità di poteri e competenzein merito, soprattutto, alla gestionedei servizi pubblici. Oggi, iresponsabili della Municipalitàcelebrano, come ovvio, l’eventodell’inserimento nella listadell’Unesco, anche se l’operazionenon corrisponde, purtroppo,all’attivazione concreta della attesacapacità di programmazione egoverno della città in formarealmente autonoma e indipendente. Equesto anche rispetto all’azione, nonsempre coordinata e coerente, deidonatori stranieri.Nelle condizioni delle quali si è detto,non sorprende, infatti, la difficoltà diassumere lo svolgimento di funzioniordinarie di governo del territorio,nonostante vi siano risorse umane einfrastrutture tecniche anche di buonlivello13 e, certamente, più evolutedell’intero territorio palestinese. In un luogo in cui sonocostantemente negati l’accesso allerisorse, i diritti di proprietà e lalibertà di movimento, una qualcheazione di pianificazione ordinariaappare ancora più difficile delrecupero, per quanto complesso,dell’intera area storica. Ovviamente,non sfugge che questo intervento siastato favorito dall’attenzione e daifinanziamenti internazionali ma,anche, dalla deliberata opera disottrazione, dell’area, dalla sfera deiconflitti quotidiani per tutto il tempodell’intervento, anche perché era perlo più disabitata quando è iniziato ilprogramma. In questo modo, granparte delle forme e degli effetti dipenetrazione sionista (gliinsediamenti, le sottrazioni della terra,le strade di attraversamento riservate)

sono state limitate agli interni. I 127appartamenti e 25 negozi chedovevano essere completati entro il2012 sono oramai pronti e,lentamente, si procede verso unaquasi incredibile normalità.Ovviamente, il processo diriqualificazione ha avuto effettipositivi sull’economia della città: sono

contrastarne l’espansione attraversouna più ampia ricostruzione delleinfrastrutture, il ridisegno delle areepubbliche e dei parchi negli spaziaperti dell’area. Allo scopo dipreservare al massimo il valorestorico del tessuto urbano, tutte lealterazioni relative alla ri-funzionalizzazione delle abitazioni

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Pasted Graphic

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implicito cambiamento diconsapevolezza rispetto alla rilevanzae al senso delle norme. Anche per questo, ci è sembratoopportuno che la proposta progettualeper il Master plan, in linea con lecoordinate del progetto dicooperazione internazionale,prevedesse l’attivazione di miratiinterventi di capacity building, chesapessero contribuire allaricostruzione del demos16. La definizione e il riconoscimento diregole e istituzioni sono pratiche cherichiedono esercizio e non siimprovvisano. Per tanto sembravaindispensabile che la ripresa dellefunzioni di governo del territorio, daparte dell’Istituzione, passasse per unprocesso estremamente trasparente econdiviso, in grado di contribuire arestituire fiducia nelle istituzioni enelle proprie capacità di intervento,orientando, in qualche modo,attitudini e comportamenti dellapopolazione. Nella situazione attuale,infatti, il governo cittadino e lapopolazione tendono, inesorabilmente,a riprodurre meccanismi chefavoriscono i poteri forti (quando nonla corruzione vera e propria) in unacomprensibile quanto diffusa logicadel “tirare a campare”. Inoltre, all’interno di una societàpiuttosto tradizionalista, siamo difronte a un tessuto fortementepolarizzato, con alcune grandifamiglie ricche e potenti e una grossapercentuale di popolazione che vivein condizioni disagiate. La presenzadei clan familiari resta certamente unelemento distintivo della strutturasocietaria: essi, di fatto, si occupanodell’amministrazione informale dellagiustizia, dell’occupazione dei ruolipolitici dell’Autorità palestinese, dellagestione della sicurezza all’internodelle forze di polizia, evidenziando,anche in questo caso la sottile lineadi demarcazione tra lo svolgimento difunzioni pure utili (sia pure a livellodi sussistenza) e il potenziale diconflitti interni e litigiosità chepossono continuamente esplodere. Seè vero che ai familiari del clan unindividuo chiede aiuto nei momenti didifficoltà, come la perdita della casa odel salario, è vero anche che, tali

o per il loro pur necessariocontenimento, a fronte di uncrescente e disordinato trafficoautomobilistico, cui non giova lamancanza di aree di sosta eparcheggio. E non esistono neppurenorme di difesa del paesaggio, pureesposto a fortissimi impatti derivanti,ad esempio, dalle estrazioni delmarmo (del quale, la città di Hebron,risulta il 12° produttore a livellomondiale). Queste condizioni hannocontribuito a definire gli obiettividella proposta progettuale per ilMaster plan assieme allaconsapevolezza che occorresseintervenire anche sul più complessopiano della governance locale.La forte frammentazione dellaleadership e la conflittualitàintrapalestinese sono anche ilrisultato del deliberato tentativo diimpedire (ieri come oggi)l’unificazione del demos palestinese.Coerentemente, debolezza e incertezzadel quadro politico ed evidentemancanza di esercizio della gestioneordinaria della città da parte dellaMunicipalità, aggravano la situazionedi non diritto entro la qualeprevalgono le regolazioni “per lasicurezza” continuamente emanatedagli israeliani. Se storicamente i palestinesi nonhanno potuto legare la legittimità delproprio potere politico al territorio èchiaro però che una azione dipianificazione deve prevedere un

sono stati sospesi e, quindi, è statopossibile intervenire. In questo senso, purtroppo, l’aura dieccezionalità che comunque aleggiaattorno alla parte antica della città diHebron non sembra restituire lanecessaria quota di fiducia nellepossibilità di pianificazione e governodel territorio da parte dei poterilocali.Ciò conferma come la politicad’Israele abbia effetti rilevanti anchesu un più sofisticato piano dicapability del popolo Palestinese dipercepirsi e, dunque, agire comeentità nazionale e urbana.

“Caos strutturato”14

Specchio di gran parte dellacomplessa situazione di sopraffazionee delegittimazione del potere politiconazionale e municipale è, come spessoaccade, la stessa forma fisica dellacittà. In questo senso non c’è nessunameraviglia sul fatto che si tratti diuna città cresciuta sostanzialmente suse stessa15, senza guida né progetto,né, tanto meno, visioni di futuro. Dal punto di vista urbanistico, questosi traduce in una assoluta mancanzadi disegno urbano, di una città senzaspazi o attrezzature pubblicheprogettate sulla base di previsionidemografiche e bisogni collettivi.Inoltre, non esiste una rete ditrasporto pubblico né, tanto meno,alcuna attenzione per l’inquinamento

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particolarmente grave: essa amplificala condizione di incertezza e ledifficoltà di immaginare edeterminare il proprio futuro nel‘proprio spazio’. Inoltre, complessivamente, essaconferma un altro insidiosoorientamento internazionale verso learee di conflitto strutturale, ossia ilmaggior agio nella fornitura disostegno in forma di aiuti (umanitarie non) piuttosto che di strumenti diregolazione e di rafforzamento delleistituzioni. Cosa che, come è statoampiamente osservato contribuisce adepoliticizzare le questioni,derubricando i soggetti (al più) alruolo di vittime. E riducendo così,ulteriormente, l’indispensabile spaziodella pianificazione nel conflitto.

*Assegnista di ricerca DipSU-Dipartimento di StudiUrbani, Università di Roma Tre.

Note1. La partecipazione al programma di cooperazionedecentrata denominato “Ali della Colomba”,finanziato dal Ministero degli Affari Esteri, era statapromossa dagli Assessori Isadora D’Aimmo (Pace eCooperazione) e Francesco Domenico Moccia(Urbanistica).2. Questa espressione comprensibilmente priva disperanza apre, non a caso, l’editoriale del numeromonografico di liMes 1/2009 dedicato all’operazione

risposta alla particolare fragilità dellasituazione determinatasi conl’occupazione dei coloni, laconseguente militarizzazione delterritorio circostante e le urgentiesigenze di tutela venutesi adeterminare. Per la nostra proposta di Master planla situazione è apparsa da subito piùcomplessa e incerta. Quindi,comprensibilmente, senza troppesperanze di prendere realmente corpo.Promossa sotto le insegne delministro D’Alema, dopo il ritiro daGaza e la vittoria di Hamas, e primadi Frattini e “Piombo fuso”, non eradestinata ad avere vita facile.Sorprende, però, come sia lineare lacorrispondenza tra gli orientamentidel governo israeliano e l’adozione alivello internazionale del “dispositivodel congelamento dei processi” (nonsolo di pace), effetto della logica deipiani di disimpegno. La proposta, con le sue intuizioni e lesue sfide, è stata, di fatto, congelata,rimandando a data da definirsil’apertura di uno spazio per lapianificazione. Tale situazione, perquello che si è provato a dire, è

processi, creano le condizioni per unagestione del potere e dell’autorità(extraistituzionale) di tiposquisitamente individualistico,impedendo la produzione di capitalesociale sistemico e favorendo anchepossibili forme di corruzione. Negli ultimi anni, è stata anchedenunciata una condizione per laquale, all’abbandono delle più rigidecornici dei codici sociali e familiari, sistiano sostituendo, in una condizionedi quotidiana efferatezza di violenze esoprusi, comportamenti pervasi dapotenza e impunità. In questo quadrosarebbero significativamenteaumentati i furti, gli omicidi, i prestitinon restituiti, etc., spingendo così, intempi recenti, proprio i clan diHebron a lavorare a una sorta didocumento delle “brave persone” alloscopo di riportare “la legge e l’ordine”nella città, e salvare la societàhebronita da una complessa deriva diinstabilità e insicurezza anche interna.Il ruolo delle famiglie, dei clan, pertanto, rappresenta un elementoinsopprimibile nell’attuale geografiadella società palestinese e, allo stessotempo, anche un potenziale elementodi attrito al cambiamento, non solonella comprensibile difesa dei principipiù tradizionali della società, ma,anche, a tutela degli enormi privilegiacquisiti nel contesto di un poterecostantemente delegittimato einstabile.

“Politica della sospensione”17

Il ben riuscito programma diriqualificazione urbana del centrostorico di Hebron e la proposta per ilMaster plan lasciata a invecchiare,confermano la rilevanza del poterepolitico (nazionale e internazionale)sulle possibilità reali di intervento eazione alla scala urbana. Il complesso programma diriqualificazione del centro storico erapartito, non a caso, in una fase direlativo benessere e stabilitàdell’Autorità Nazionale Palestinese:l’ANP aveva riconosciuto (e quindiinvestito) sulla difesa del patrimonioculturale proprio come elementochiave della costruzione di una nuovaidentità politica; oltre che come

Info

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Said E., 2000, Sempre nel postosbagliato. Autobiografia, Feltrinelli,Milano

Weizman E., 2009, Architetturadell’occupazione. Spazio politico econtrollo territoriale in Palestina eIsraele, Bruno Mondadori, Milano

Yiftachel O., 2005, “Neither TwoStates Nor One:The Disengagementand “Creeping Apartheid” inIsrael/Palestine”, The Arab WorldGeographer/Le Géographe du mondearabe, 8, n. 3, p.125-129

Yiftachel O., 2009, “Theoretical NotesOn `Gray Cities’: the Coming of UrbanApartheid?” in Planning Theory n.1,vol.8, n.1, p.88-100.

LEGGERE HEBRON

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edificazione, ad esempio, si limita all’approvazionedel progetto con la sola verifica del regimeproprietario e delle caratteristiche edilizie, previauna vaga approvazione da parte dell’autoritàarcheologica, detentrice del potere di veto secondol’unica legge esistente in materia di conservazionedei beni monumentali (Legge Giordana del 1966). 16. Con demos intendiamo “un gruppo di personeunite da un senso di identità comune che perciòriconoscono la legittimità di certe regole eistituzioni e sono disposte a partecipare alledecisioni collettive e a rispettarle”,cfr.http://biennaledemocrazia.acmos.net/doc/biennale09/cittadinanza.pdf.17. Yiftachel 2005: They will continue to feed theillusion of possible peace, while buttressing a“politics of suspension,” placing the status ofPalestinians in a perpetual state of uncertainty (seeAzoulay and Ophir 2005). This state of suspension isactively shaped by Israeli policies, as clearly spelledout by Sharon’s senior advisor, Dov Weisglass: Thesigni?cance of the disengagement plan is thefreezing of the peace process … [we] prevent adiscussion on the refugees, the borders andJerusalem. Effectively, this whole package called thePalestinian state, with all that it entails, has beenremoved inde?nitely from our agenda. And all thiswith authority and permission. All with a [US]presidential blessing and the rati?cation of bothhouses of Congress. (qtd. in Shavit, Benn, andEttinger 2004).

Siti e pagine web:http://www.icahd.orghttp://www.hebronrc.org/english/Ocity/plans.aspxwww.hebronheritage.comwww.peacenow.org.il/site/en/peace.asp?pi=61&fld=191&docid=2024

larga coalizione internazionale. 9. Said 2000; «Cosa vuol dire? Hai sempre lasensazione di non appartenere. E di fatto nonappartieni. Perché non sei veramente di qui equalcuno dice che il luogo da cui provieni non ètuo, ma suo. Così persino il posto da dove vieni èsempre messo alla prova», Said 2007.10. A questo dispositivo si affianca la TIPH(Temporary International Presence in Hebron,composta da 6 paesi graditi a ANP e Israele:Norvegia, Italia, Danimarca, Svezia, Svizzera eTurchia) nata a seguito degli accordi di Oslo e delmassacro della moschea di Ibrahim, sospesa dopo unpaio di anni e, poi, ripresa come TIPH2 (dal 1997,dopo Oslo2), che controlla e sorveglia tutta la cittàe, soprattutto, il confine tra le due aree centrali.11. Uno specifico progetto di cooperazioneinternazionale con il nostro Paese prevedeva, non acaso, lo scambio e la collaborazione con il sistemadi distretti del Veneto.12. Strutture in pietra generalmente di 2 o 3 piani,disposte irregolarmente attorno alla corte interna. 13. Lascito di un progetto di cooperazioneinternazionale con l’Università di Pisa è l’ottimosistema di georeferenziazione dell’intero territoriohebronita custodito all’interno degli uffici dellaMunicipalità del quale però, i pur bravi ecollaborativi tecnici non sapevano bene cosafarsene.14. Weizman, 2009, p.12: «L’organizzazione spazialedei Territori Occupati è il risultato non solamente diun ordinato processo di pianificazione e attuazionema anche, e sempre di più, di un “caos strutturato”nel quale la selettiva – e spesso deliberata – assenzadi intervento statale favorisce un processoderegolamentato di espropriazione violenta».15. Non essendoci un piano di riferimento, l’attualeprocedura di attribuzione delle licenze per nuova

“Piombo fuso” su Gaza.3. «Ciò che potrei spingermi a dire è che, una voltaammessa la logica dell’idea sionista, quando sietevenuti avreste almeno dovuto comprendere chestavate arrivando in una terra abitata», Said 2007,p.19.4. «B’Tselem stima che in Cisgiordania vi sianodiciassette strade il cui accesso è totalmente proibitoai veicoli palestinesi (circa 124 km, dieci il cuiaccesso è parzialmente proibito (244 km) equattordici il cui accesso è limitato (364 km). Talidistanze vanno rapportate a un territorio largo inmedia 50 km e lungo 300; proibire l’accesso a unastrada anche solo per pochi km può significaredisconnettere intere aree.», Petti in AA.VV. 2008, p.158.5. Emblema di quello che Sharon chiamò “lacontiguità di trasporto” era il progetto della doppiaautostrada separata per Israeliani e Palestinesi inCisgiordania, dove forse appare meno ideologico ilrichiamo a una specie di nuova apartheid moltosimile a quella sudafricana. Per questo tipo diinterpretazione si veda Said 2007 ma anche, più direcente, Yiftachel 2009.6. Altri insediamenti di coloni nella città o nei suoidintorni comprendono Such Rumelda, BeitHadassah, Avraham Avino, Beit Romano, GivatHa’avot e Givat Hakharsina.7. La straordinaria ricchezza della terminologiaebraica per indicare le diverse tipologie diinsediamenti costringerebbe ad assumere maggiorevarietà nelle denominazioni; qui si assume cheinsediamenti e/o colonie solo i nuclei abitativicostituiti all’esterno del confine delimitato dallaLinea Verde del 1949.8. Si tratta di una importante ONG Israeliana diazione diretta contro le demolizioni delle case deiPalestinesi per mano dei coloni e supportata da una

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Il Concorso “EEnneerrggiiaa ssoosstteenniibbiillee nneellllee cciittttàà” è pro-mosso dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela delTerritorio e del Mare (MATTM) e dall’IstitutoNazionale di Urbanistica (INU) nell’ambito della cam-pagna Energia Sostenibile per l’Europa (SEE) in Italia.E’ rivolto ai soggetti, pubblici e privati, che si sonodistinti nell’elaborazione di piani e progetti urbanisti-ci attenti alle problematiche energetiche e alla soste-nibilità dello sviluppo. Il Concorso ha cadenza annua-le ed è articolato in più sezioni. Le migliori proposte,per le diverse sezioni, verranno premiate in occasionedi Urbanpromo, evento di marketing urbano e terri-toriale promosso dall’Istituto Nazionale di Urbanisticache vedrà la sua prossima edizione a Venezia dal 27 al30 ottobre 2010.

Per Informazioni:Valeria Ruaro, Ufficio Organizzativo UrbanpromoIstituto Nazionale di UrbanisticaPiazza Farnese, 44 – 00186 RomaTel. +39 051 6486886 - Fax +39 0516562984Email: [email protected] - www.urbanpromo.it

Antonio Lumicisi, Ufficio Campagna SEEMinistero dell’Ambiente e della Tutela del Territorioe del MareVia C. Colombo, 44 – 00147 RomaTel. +39 06 57228122 - Fax +39 06 57228177Email: [email protected]

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base alla legislazione regionaleriformata, come Piani Strutturali ocome Piani Urbanistici Comunali(GE,BO,FI,TR,CA). In sintesi, sono 13 ipiani di recente formazione, di cui 5post-riforme regionali e 8 ancorati alla1150. Quanto ai tempi di elaborazione, ilperiodo impiegato per la formazione(approvazione compresa) di un nuovostrumento di pianificazione generalevariamente denominato (PianoRegolatore Generale (PRG), PianoUrbanistico Generale Comunale (PUGC),Piano Strutturale Comunale (PSC), ecc.)si misurano in termini di numerosi annitenendo conto anche del lungo percorsoper arrivare alla sola adozione1. Allostato degli atti, vale a dire nel contestodella legislazione vigente (segnatamenteregionale), della gestione politicadell’urbanistica e della funzionalitàamministrativa dei comuni, questitempi non sembrano mediamentecomprimibili.Tutto ciò comporta tre conseguenze. Laprima è che, non potendo esseresospesa l’attività costruttiva durantetutto il periodo di formazione del piano,è giocoforza adottare la prassi delcosiddetto “pianificar facendo”(planning by doing) o, perché no, il farepianificando, il che non è poi moltodiverso dalla tecnica della varianticontinue (traduzione volgare della“pianificazione continua” dei maestri),con relativa ratifica di cose già decise. La seconda conseguenza è che, dati itempi da mettere in gioco, alcunicomuni2 rinunciano a rinnovare in totoil piano generale vigente e a

Efficienza ed efficacia dei piani a confronto con lostato delle coseElio Piroddi*

impossessata subito del RegolamentoUrbanistico, considerandologiustamente la vera sede della resa deiconti. Al Piano Strutturale si penseràeventualmente dopo.Quarto. I comuni del Lazio,segnatamente quello meridionale,notoriamente affetti di abusivismo,sono (sarebbero) costretti da una leggeregionale tagliata esclusivamentesull‘abnorme fenomeno delle borgateromane, a formare un numeroindefinito di piani di “recuperourbanistico” perimetrando tutti i nucleiextraurbani, prima di poter formare ilpiano regolatore. Cosa manifestamenteimpraticabile che blocca la formazionedel piano.

L’efficienza

E veniamo ad alcune considerazionigenerali che mi sembrano emergeredallo stato dell’arte. Cominciandodall’efficienza, cioè dalla capacità delpiano a rispondere alle esigenze diistituto in tempi utili (o ragionevoli) ein termini tecnicamente appropriati. Un primo risultato del confronto fra lecittà esaminate è che in 5 casi su 20(MI,AQ,BA,CB,RC) il piano generalecomunale formalmente vigente è ancorafortemente datato e sostanzialmentesuperato dalla teoria e dalla situazionedi fatto; in 2 casi (TO,AN) i pianivigenti risalgono agli anni ’90 mavengono ancora utilizzati come baseper le rielaborazioni in corso; 8 sono icasi di piani formati negli anni 2000ancora in base alla legge 1150(TN,BZ,TS,VE,ROMA,NA,MT,PA); 5 sonoi piani formati, di cui 3 solo adottati, in

Quattro piccoli esempi per renderel’idea

Primo esempio. Un delizioso comunedell’Umbria, regione in prima lineanella riforma urbanistica (provata dauna prolificità legislativa che mette adura prova la capacità interpretativa edi adeguamento dei comuni) vivevatranquillamente fino a qualche anno facon un semplice Programma diFabbricazione. Oggi, a tre annidall’incarico del PRG, per gestire unterritorio che avrebbe l’unica veraesigenza di essere lasciato tranquillo edi non sollecitare insane voglie ditrasformazione, esso si accinge adaffrontare, con la diligente maimpegnativa assistenza di provincia eregione, ben tre percorsi procedurali perapprodare, in tempi non prevedibili, allaformazione del PRG. Oltre ad essereoggetto di un Piano Strategico divalorizzazione (!) del centro storico.Secondo. Un importante città toscana,sede portuale, nella formazione delPiano del Porto, per effettuare, comed’obbligo, una “valutazione dicoerenza” deve confrontarsi con 11(undici) piani, locali e territoriali, dellapiù diversa natura (territorialipropriamente detti, acque, rifiuti,acustica,traffico, bonifica, ecc. facenticapo ad autorità diverse). Tutti trannel’unico che conta davvero: il piano diaccessibilità al porto dalla variantetirrenica.Terzo. In alcuni dei più importanticomuni della Basilicata, dopo qualchetentativo degli urbanisti, il PianoStrutturale è stato praticamenteabbandonato. La “politica” si è

Opinionie confronti

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progetti specifici da sottoporre avalutazione/concertazione di volta involta4. Ma l’approdo finale della leggeurbanistica regionale è stata latriplicazione degli strumenti:Documento di piano, Piano dei servizi,Piano delle regole, tutti e treformalizzati con la procedurapubblicistica classica e il conseguentedispiego di tempo. Ma a questo puntoc’è da chiedersi: se il piano fosseveramente “strutturale”, comevorrebbero molti riformisti dell’INU, conuna topologia indicativa edenunciazioni programmatiche nonportatrici di vincoli, perché dovrebbenecessitare di una sua formalizzazione;perché, piuttosto che come una leggeerga omnes, non potrebbe configurarsicome documento unilateraledell’amministrazione? Al quale farseguire poi, e solo poi, i documenticonformativi e prescrittivi. Con evidentesemplificazione del procedimento.2. I Documenti preliminari,puntualmente formalizzati (affinché,nella patria del diritto, nulla sfugga allalegge e tutto sia rigorosamentecodificato), oscillano tra compendistatistici, bilanci improbabili ed elenchidi più o meno generici obiettivigenerali “politicamente corretti”. Ilsuccesso della copianificazione, ottimoprincipio, è poi affidato in concreto allaeffettiva possibilità tecnica delpersonale di regioni e province disvolgere centinaia di conferenze con isingoli comuni in tempi ragionevoli. 3. Le pianificazione separate in areavasta sono tuttora un problemairrisolto, nonostante i generosi tentatividell’INU. Comuni piccoli e grandidevono recepire e rendere coerenti iloro piani urbanistici con unadodecafonica serie di pianisovraccomunali. Quando l’unico pianosovraccomunale che servirebbe sul seriosarebbe quello tra comuni della stessaarea metropolitana, come ha rilevatopiù volte il presidente dell’INU. Mentresemmai, in attesa di questo, l’unicacopertura efficace per la tutela delterritorio dovrebbe consistere nelrispetto rigoroso dei Piani paesisticiregionali (e nella formazione dei nuoviPiani del Paesaggio).4. In una situazione in cui la chiave divolta della pianificazione è,

asimmetrico è l’urbanistica: le regionilegiferano per conto proprio (sotto illabile controllo dei commissari digoverno con seguito di contenziosiStato-Regioni) ma nella quasi totaleassenza di contrappesi statali (v.”Lineefondamentali”, leggi di principi,fiscalità, ecc.).

Questa situazione provoca una serie dipassaggi critici che compromettel’efficienza della pianificazione e checerco di sintetizzare nelle note seguenti. 1.Tra le regioni alcune aderiscono allaproposta INU e si conformano allosdoppiamento e altre, pur condividendola distinzione tra le componentistrutturali e quelle operative,preferiscono tenerle unite in un solostrumento, tornando di fatto al vecchioPRG, con qualche complicazioneprocedurale in più. Tra le prime nonmanca chi attribuisce anche al pianostrutturale alcuni poteri conformativi(oltre a quelli congeniti), riportando inpieno il problema sul terreno delladisciplina dell’uso dei suoli, il che eraquanto si voleva evitare. Losdoppiamento del piano, tra strutturalee operativo ha dimostrato i suoi limitinel ritardo con cui alla formazione deipiani strutturali fa seguito laformazione dei piani operativi.3 Nonmancano poi casi di rovesciamentodella sequenza logica strutturale-operativo. In alcune regioni il veroterreno di scontro è il Regolamentourbanistico, che deve fare i conti con ilpregresso dei PRG precedenti. LoStrutturale fatica ad essere nonconformativo; l’Operativo, cherassomiglia al vecchio Piano Poliennaledi Attuazione, di non felice memoria,fatica a tener dietro e a programmarenel tempo (cinque anni, di improbabilecoincidenza col mandato) eventi che icomuni non sono in grado di prevederee di cadenzare perché, in larga misura,non dipendono da loro.La Lombardia aveva optato per unmeccanismo sostanzialmente diverso.Partendo da un documentoprogrammatico di grande semplicitàconcettuale: la città esistente sidisciplina con un pacchetto di regole, letrasformazioni future si configuranocome scenari di strategia spaziale senzavalore cogente e poi si sostanziano in

preferiscono la strada delle variantiparziali, sulle quali eventualmenteinnestare programmi complessi o pianistrategici: varianti che in teoriadovrebbero seguire lo stessoprocedimento di una variante generale,cioè di un rinnovo integrale del pianoesistente, ma che, in realtà, grazie agliAccordi di Programma, si svolgono conuna sorta di rito abbreviato.La terza è la più grave. Qualunqueoperazione di medio-grande dimensioneche abbia, più o meno giustificatamene,requisiti di urgenza o che costituisca“evento” (classificabile possibilmentecome “grande”) viene sottratta alleprocedure regolamentari e avviata sucorsie preferenziali praticamente privedi reali controlli (come ampiamentedimostrato dai fatti recenti).

Questi deficit sono da addebitarsi inparte ad alcune inerzie delle strutture,in parte ad una inadeguata gestionedella politica urbanistica e, per unaquota non trascurabile, allecomplicazioni procedurali introdotte daleggi e norme di varia natura.Sembra che da una radice ancora solidae riformabile (la 1150) e da alcune ideeinnovative (riforma INU, via lombarda,piani di ultima generazione ex lege1150)non si sia riusciti ancora a dar corpo aduna riforma ragionevolmente semplicee omogenea tra le diverse regioni. Inquesto senso la lettura di alcune(numerose) leggi urbanistiche regionalinon è incoraggiante. Vi si enunciano,con varie denominazioni, principigeneralissimi che non competerebberoad una legislazione locale, vi si trovanospesso espressioni astruse, neologismi econcetti tecnicistici (per non diregergali) non facilmente traducibili in unlinguaggio di senso comune. Vi sicoglie la tendenza ad un perfezionismoprocedurale al di fuori della portata dimolte delle strutture locali. Siimmaginano meccanismi direndicontazione, valutazione, controllo,partecipazione di non facileapplicazione.Ma, soprattutto, nelle ventuno regioni eprovince autonome si dicono spessocose assai simili in termini inutilmentediversi. Con il risultato che se c’è uncampo dove è stato applicato e tuttoravige un federalismo perfettamente

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della domanda di costruzioni, inparticolare abitazioni, manifestatasi daiprimi anni 2000, con conseguentipressioni sulle aree e sui prezzi;circostanza che i comuni hanno gestitopiù in vista dei possibili vantaggi intermini di entrate che della tutela delterritorio e del rispetto dei piani. Oquando si trova impreparata a resisterealle pressioni per un uso speculativo delterritorio che si fa scudo di un pretesosviluppo locale. In conclusione la panoplia deglistrumenti cresce a dismisura come sefossimo nel mondo di Pangloss12,mentre lo stato delle cose rappresentauna realtà assai critica che forse,quanto agli strumenti, avrebbe bisognodi una riforma della riforma. Si sonoaffacciati nuovi problemi, segnalati giàin queste pagine e altrove, chedovrebbero far scattare l’allarme rosso alivello nazionale: il consumo di suolo, ildissesto del territorio, l’intercettazionedella rendita, la tenuta della legalità, lametropolizzazione13, la liquidazione deipaesaggi. Questi sì argomenti per unalegge, non di palingenesi, non diprincipi astratti, ma semplicemente dicontrasto alla altrimenti irreversibiledegrado del territorio.

La questione della qualità

Nonostante normative teoricamentegarantiste circa i profili di qualità degliinterventi, nonostante la istituzione divolenterose commissioni chiamate avalutare la qualità dei progetti, laqualità reale dei prodotti finali, siadell’architettura d’eccezione chedell’edilizia corrente, appare in evidentedeclino. L’urbanistica è diventata unadisciplina troppo complessa percontinuare ad essere solo una filiazionedell’architettura. Ma si è sfaccettataanche l’idea di qualità. Qualitàambientale, qualità ecologica, qualitàfunzionale, qualità morfologica sonodiventate declinazioni della qualitàsottoposte a trattamenti tecnici, acontrolli e a garanzie diverse. Oggi unpiano urbanistico appena ben fattooffre, in partenza, sufficienti garanzie diqualità ecologica (sostanzialmente lasostenibilità), tiene sotto sufficientecontrollo la qualità ambientale(essenzialmente le dotazioni di verde e

componente morfologica, quasi sempre,peraltro, alla scala di singole parti. La storia, tuttavia, dimostra che c’èun’altra causa di scarsa corrispondenzatra piani e città o, viceversa, di unacorrispondenza che si è verificata aposteriori, attraverso una ratifica daparte del piano di interventi decisi al difuori di esso. Le città, infatti, sicostruiscono (non da oggi), anche al difuori dei piani, grazie ad eventieccezionali (campionati, olimpiadi, fiere,grandi infrastrutture, congressiinternazionali, esposizioni universali)sui quali il piano viene ritagliato sumisura in base a finanziamenti esogenie a mediazione tra gli interessi dei veridetentori di poste (stakeholders), conprogetti speciali e con procedurestraordinarie. Ma, anche al di là delle occasioni inqualche modo storiche, sembra ormaiprevalere l’idea che qualunqueoperazione, intervento o progetto conqualche carattere di priorità o diurgenza meriti una deroga ai pianiurbanistici10. Il che starebbe adimostrare, quando non sono in giocointeressi meno nobili o quando nonprevale la pura arroganza del potere,che i piani medesimi non sono in gradodi far fronte né alle priorità né alleurgenze. A livello più basso poi, in una parterilevante del nostro paese, sonol’illegalità e l’abuso a deformare laforma della città rispetto all’immaginedei piani; a costruire vere e propriecontrocittà al di fuori del piano o pezzidi città legalizzati da continue forzaturedei piani e della legge.11I piani rappresentano nel bene e nelmale, con tutte le loro manchevolezze,la legalità urbanistica. Ma la migliorelegge urbanistica e il miglior piano nonmigliorano lo stato delle cose laddovela cultura del territorio è debole, lalegalità è incerta e la cura dello spaziopubblico è scadente.E tuttavia, anche laddove non mancal’efficienza delle strutture el’adeguatezza degli strumenti,largamente documentate nei nostri casidi studio, sembra spesso che lapianificazione insegua gli avvenimentipiuttosto che prevenirli. Come, peresempio, quando si è trovata a doverfronteggiare l’improvviso impennarsi

necessariamente, la negoziazione e ilpiano andrebbe gestito come un“grande programma complesso”5,comprensivo della sua cassetta degliattrezzi (Contratti di quartiere, Urban,PrInt e simili), spesso la regia pubblicasi dimostra incapace di misurarsi adarmi pari con gli interessi privati e didrenare una quota ragionevole diprofitti a vantaggio del pubblico6. Se labase è la negoziazione, gli strumentinecessari, più volte citati e spessoapplicati giuridicamente “a sbalzo”,sono la perequazione, la compensazionee la commerciabilità dei dirittiedificatori. In ciò sta l’esigenza di unimprimatur legislativo nazionale e nonin una legge di principi che ripetastancamente il catechismo già presentenelle leggi regionali.5. La grande voga dei piani strategici(leggetene uno e li avete letti tutti) sisovrappone ai piani urbanistici anche inpiccoli comuni e in realtà territorialidove è del tutto assente una massacritica che possa dar senso ad una verastrategia; e spesso, coinvolgendoiniziative azzardate e mobilitandointeressi in cerca di scorciatoie,indebolisce i piani urbanistici e le difesedel territorio.

L’efficacia7

L’efficacia va al di là dell’efficienza. Pervalutare l’efficacia dei piani occorreconfrontare il disegno del piano con laforma della città reale; con le mutazionie i nuovi problemi che spingono la cittàreale al di fuori o contro la visione delpiano. Senza entrare nel merito delle cause piùprofonde che hanno determinato lostato delle cose, sta di fatto che nellacontemporaneità si rileva come le cittàrassomiglino poco ai rispettivi piani8. Enon tanto (o non solo) perché il pianonon sia stato rispettato quanto perchédalla forma del piano è difficile leggerela forma della città. Nella prassiurbanistica degli scorsi decenni il deficitmorfologico del piano era quasiintrinseco a quella che si usa chiamarela “forma-piano”. Non è un caso che gliultimi tentativi di disegno forte allascala urbana siano stati abbandonati osiano falliti9. Solo negli anni più recentisi avvertono prove di recupero della

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governo nella Finanziaria 2008. 11. V., tra i tanti esempi, le dimensioni catastrofichedell’abusivismo romano o del “sacco” di Palermo(saggio di B. Rossi Doria).12. Il noto protagonista del Candide di Voltaire13. Il presidente dell’INU, F. Oliva, è intervenuto varievolte sull’argomento. V., in particolare la sua relazioneal Congresso INU di Ancona 2008.14. Titolo del libro di A.Rossi, Marsilio, Padova 1966. 15. Per la grande dimensione si pensi alla “ruotaverde” di Roma, alla “spina” di Torino, alle 7 città delPSC di Bologna.

essere il passaggio critico cui èsottoposta oggi la pratica urbanistica.Questo è il potenziale elemento didebolezza che può trasformare un buonpiano in un piano pessimo o, viceversa,l’elemento di forza che può farfunzionare ottimamente un piano diroutine.Se guardiamo al mondo, particolarmenteall’Europa, constatiamo che le visionsono più o meno le stesse, che i grandiprogetti si rassomigliano, che letecniche non differiscono molto, che, inconclusione, non sono le grandistrategie che differisconosostanzialmente (policentrismoconcentrato, trasporto collettivo,recupero dell’esistente, spazio pubblico,sono parole all’ordine del giornopraticamente ovunque) ma latempestività e l’efficienza della gestioneurbanistica cioè l’autorevolezza e ilbuon funzionamentodell’amministrazione.In un paese che funziona maleun’urbanistica inutilmente complicata èl’ultima cosa che può funzionare.

* Presidente Fondazione Astego.

Sintesi di “Riflessioni sullo stato dell’arte” da: A curadi Elio Piroddi (direttore scientifico) e AntonioCappuccini, LO STATO DELLA PIANIFICAZIONEURBANA IN ITALIA. 20 CITTA’ A CONFRONTO, 3°volume de il NUOVO MANUALE DI URBANISTICA,Collana dei grandi manuali, gruppo Mancosu editore,Roma 2009.

Note1. Com’è noto nel caso di piano sdoppiato traStrutturale e Operativo, la formazione del primo nonrende operative le scelte e quindi non equivale adisporre di uno strumento di disciplina effettiva delterritorio. 2. Emblematico il caso di Trieste documentato da P. diBiagi e collab.3. v. quanto documentato da Antonio Cappuccittinell’Introduzione del libro circa la formazione dei PSCa confronto con i PO in Emilia-Romagna. Cfr inproposito R. D’Agostino “Per ridefinire i tempidell’operare urbanistico” in Urbanistica Informazioni229, p. 77.4. v. nel libro il saggio di L.Mazza, Milano, Ricostruirela grande Milano. Documento di inquadramento dellepolitiche urbanistiche comunali, 2000.5. v. E. Piroddi, “Cassino: il nuovo Piano Regolatore.“Il piano come un grande programma complesso” inURBANISTICA 127, 20066. v. R. Camagni, comunicazione al convegno “QualitàUrbana”, a cura di D. Cecchini, Roma 12.03.20087. Il primo a trattare l’argomento con un ampiasaggistica fu A.Tutino in L’Efficacia del Piano”, CasaCittà Territorio, Roma 19868. ibidem9. v. lo SDO a Roma (saggio di D. Cecchini e D.Modiglioni) e il Piano dei nove parchi a Milano saggiodi L. Mazza).10. Compreso, per es., il “piano casa” previsto dal

servizi alla persona), ma difficilmentearriva ad occuparsi di qualitàmorfologica, intesa, parafrasando untesto molto noto, come formadell’”architettura della città”14. Formache non dovrebbe identificarsi solo nétanto con singoli pezzi pregiati diarchitettura, oggetto di concorsi o dischede progetto, quanto con unariflessione complessiva sulla morfologiaurbana, tramite un azzonamento di tipomorfologico (che non è alternativo maintegrativo di quello funzionale), cheintegri la disciplina degli usi conindicazioni e guide riguardanti la granae la modularità dei tessuti, la tipologiadegli edifici, l’arredo urbano, l’improntada dare alle “centralità”: insomma glielementi di un linguaggio collettivo. Sitratta di una gamma molto vasta dimateriali, che vanno dagli elementi didettaglio generalizzabili in quantoripetibili (tipica la segnaletica e l’arredourbano) fino agli elementi strutturantidella forma urbana che, per quantoquesta sia frammentata o diluita nelterritorio, le conferiscono una identitànon fungibile15. Si tratta, in fondo, diacquisire la consapevolezza che ilproblema della forma si pone a tutti ilivelli e a tutte le scale di intervento sulterritorio. Che alla cosiddetta “cittàgenerica” si può opporre una “cittàconforme”.

Il problema della gestione

Emerge con evidenza dai casi esaminatie dal panorama generale dello statodella pianificazione urbanistica cheproprio questa parola – “pianificazione”– sta subendo uno slittamentosemantico. La precarietà degli stati di equilibrio, lamoltiplicazione dei decisori e deidetentori di poste, la labilità dei confinispaziali e temporali, la necessità di farleva sul capitale privato, le esigenze diuna partecipazione attiva e non limitataall’ascolto, tendono a spostare ilcontenuto del piano verso le strategie, iprogrammi complessi, i progetti, levalutazioni ex ante e le politiche. Tuttecose che chiamano in causa la gestioneurbanistica più che la pianificazione insenso stretto, la capacità di regiapubblica degli interventi più che la loromeccanica attuazione. Questo sembra

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dovrebbe garantire è in questo senso “il”problema di oggi e del prossimo futuro,soprattutto in aree del Paese tra le piùsviluppate d’Europa e del mondo, ove iltempo non è una variabile indipendentedal processo di sviluppo, ma anzi una suacomponente essenziale. Appare cioèdebole, in termini disciplinari e culturali,una legge che replica un modello (del’42) ribaltandone le articolazioni e/oinserendovi aggiustaggi che lacomplicano, ma che in sostanza affrontaun territorio virtuale e non reale. Non èriformista questa legge, essa è tuttadentro il modello in essere.Un modello peraltro semplice, che haconsentito in cinquant’anni un discretogoverno di processi semplici e proto-capitalistici, nel passaggio del Paese dauno stato agro-industriale a industrialetout-court. Oggi la questione apparemolto più complessa. Ad esempio a diecianni ormai dal varo definitivo della Lr 20dell’Emilia Romagna, gli “aggiustaggi”che la Lr 6/09 opera appaionoterribilmente insufficienti e dare all’EmiliaRomagna un rinnovato primato nelle“buone pratiche” della pianificazione.Ormai quasi tutto il quadro legislativoregionale-locale italiano è più o menoallineato a un superamento del vecchioapparato strumentale di pianificazione etutto teso a una forte vocazione allepratiche “concertative” con il privato. Ciòtuttavia non appare sufficiente. Già la 20non affrontava i nuovi orizzonti disviluppo che il contesto europeo tendevaa intravvedere per i propri territori e perle ragioni del proprio sviluppo, diconseguenza auspicando nuove pratichedi governo territoriale(ambiente,

Una riflessione “politica”Davide Rubbini*

critica dell’incombenza della P.A. neiprocessi di sviluppo (!) del Paese,concorrono ad affermare una necessarianon–curanza dei temi dell’urbanistica. Daparte di forze che spesso si sono auto-referenziate come attori di progresso,illuminati, colti e preparati, dunqueadatti, competenti e pertinenti perpromuovere “nuovi modelli digovernance” delle città, si è operata unaormai mostruosa costruzione normativaaccolta in tutte le Regioni, per cui oggiampi spazi di legittimità e costituzionaliancora debbono essere colmati nellestesse leggi, in continuo perfezionamento.Di fronte a questo stato di coseD’Agostino cerca di mostrare alcuni nerviscoperti delle esperienze regionali in attoindividuando una delle principalicontraddizioni nello scarto tra tempo delpiano e processo di trasformazione.Questo è uno dei nodi cruciali non soloper come Egli in qualche modo locolloca, e cioè nella praticaamministrativa di gestione, nell’ambitodunque della operatività a valle deldisegno di piano, ma a mio avvisocruciale anche e soprattutto poiché poneuna questione generale di impostazione eper una riscrittura della legge urbanisticaregionale. La questione è se non sia piùcongrua una legge che affronta pratichedi pianificazione per problemi e questioniche in ogni regione siano emergenti, edunque si articoli per progetti piuttostoche per livelli di competenze, di ambito,di giurisdizione e di conseguenza perpratiche che omologano territori cheomologati non sono. L’adesione diprocessi di trasformazione a tempi digoverno degli stessi, che il piano

Roberto D’Agostino interviene nelnumero 229 di UI per aprire finalmenteuna riflessione “politica” sulle nuovefrontiere delle pratiche di pianificazione,e in special modo delle praticheurbanistiche. Una vera e propria “criticadella ragion urbanistica” infatti in questidieci anni non è mai venuta nè tantomeno si è affermata, nella cosiddettacultura della pianificazione, né nellalegislazione regionale di nuovagenerazione. La cosiddetta culturaurbanistica italiana si è infatti lasciata perun verso sopraffare dall’astrattismo diquelle “macchine celibi”, come Robertole chiama, e peraltro superare nell’analisiconcreta di fatti concreti da tutta unaelaborazione di economia, sociologia egeografia urbane di alcune “scuole”nostrane. Gli urbanisti di un tempo,architetti e gente che aveva a cuore il“disegno della città”, cioè un governabileprocesso di sviluppo urbano ove il pianoè architettura stessa e viceversa, pare nonci siano più. È inutile negare. Una criticapolitica, quella che D’Agostino cerca diavviare che deve essere raccolta eapprofondita come Egli afferma (“nonvedo chi possa” farla). E’ necessariocominciare a partire dagli ambienti deglioperatori concreti del piano. Non vi èIstituto, Partito, Organismo, e nemmenoScuola, ove ciò oggi sia ritenutopossibile. E’ anche questa una dellequestioni che vede oggi dominante unaegemonia di (non) senso verso la città, ilpaesaggio e il territorio (bloccoimmediato delle demolizioni campanedell’abusivismo da parte del nuovoGovernatore). Per un versol’economicismo di maniera e peraltro la

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Urbanistica INFORMAZIONI

dicendo sono i nodi di cui la leggeurbanistica emiliana non può più nonfarsi carico. Ma è evidente che abbinareurbanistica a formazione dei bilancilocali, ridistribuire gli standards su partedello stato patrimoniale e dare alladimensione europea il respiro che lespetta in ogni pratica di governo dellosviluppo (non crescita) urbanistico,attiene i nuovi capisaldi di un “fare”orientato a risolvere concretamente lequestioni, piuttosto che adautoreferenziare il proprio esistere.Piuttosto infatti che una legge applicata aun territorio virtuale, l’Emilia e con essele altre Regioni avrebbero avuto lagrande occasione alla fine del XX secolodi immergersi in nuove elaborazioni edesperienze di governo e pianificazione diquestioni mature ed avanzate di talespessore per questa formazioneeconomico-sociale da poter, esse si,rappresentare “il modello”. L’urbanisticainfatti non solo è norma diconformazione morfologica, ma è anche“disegno della città”, disegno delterritorio cioè del paesaggio, delpaesaggio agrario, della non-città.Disegno qui non è sfizio dell’architetto, èimmaginazione di un futurodell’organismo urbano. Nel nostrocontesto la legge va in altra direzione,tentando di difendere la città dal suosviluppo, dalle sue contraddizioni, chesono invece la sua forza e la sua vivacità,ciò che fa vivere la città stessa. L’ariditàdisciplinare e culturale ma anche dianalisi storica che tale impiantorappresenta creerà nuovi impasse digoverno del territorio, poiché non èsufficiente il pragmatico concertopolitico/istituzionale attorno al PSC arappresentare volontà condivise disviluppo e nuovo benessere. C’è anchebisogno di strumenti che rappresentinotali auspici, di momenti ideali diconfronto circa le opzioniprogrammatiche, che la legge non copre,riducendo appunto l’urbanistica a ciò chesopra ho cercato di descrivere. Ritengoinfatti che ci troveremo presto adaffrontare ancora perfezionamenti dellenostre normative “sempre a rincorrere iguai”, piuttosto che a prevenirli.Ecco perché non mi è piaciuta la leggeraprovocazione di Roberto.

* Architetto

Regionali un ruolino di marcia che conriferimento a tale questione si pongal’obiettivo (politico) di ricostruire un filodiretto tra PTR, legge urbanistica,strumenti di settore, livelli dipianificazione da un lato, grandiquestioni locali di piano dall’altro. LaLegislazione Regionale infatti apparequasi applicata a un territorio virtuale,non al territorio hic et nunc. Le questionidi governo dei processi non sono glistessi per tutte le regioni italiane e tantomeno Europee. Anche con riferimento atale aspetto, la legge emiliana ad esempiotenta di farsi nazionale, astenendosi daun contesto proprio, ove le questionihanno una loro contingenza fisico-territoriale non omologabile ad altri pezzidello stivale e contemporaneamenteambisce lanciare messaggi espliciti diriforma generale della vituperata 1150.Anziché operare su questioni cheattengano un uso maturo dellecontraddizioni capitalistiche del territorio,per come esse si manifestano nella vallepadana, la legge si alza a giudiziogenerale sui principi e induce una riformache tuttavia non è applicabile all’interoPaese così come qui si immagina. Anchequesto è stato uno dei passi falsi chepoliticamente hanno impeditoprobabilmente l’assunzione piena di talequestione (una nuova legge urbanisticanazionale) nei programmi, veri e concretie nelle relative azioni di governo, daparte della compagine di centro-sinistra.Tanto meno del centro-destra. In questosenso il danno politico è tale per cui ilrecupero di una cultura progressiva diamministrazione del territorio conrinnovate regole e strumenti apparemolto ardua, dopo ben dieci anni divigenza di tale quadro normativo, nonchédelle sue imitazioni locali più o menoriuscite. Si tenga conto infatti che leRegioni Italiane sono state governate dalCentro Sinistra pressoché tutte da oltreun decennio, pur con alterne vicende. Ciòha aggravato a mio avviso il danno sopramenzionato. Le grandi questioni di comeriappropriarsi, ad esempio, della ViaEmilia, ovvero la riconversione deipetrolchimici, oppure come affrontareprocessi di saturazioni urbane emetropolitane di territori come la costaturistica romagnola da Comacchio aCattolica, la riorganizzazione dei distrettitanto celebrati negli anni ’70 e ’80, e via

saturazioni, processi di declino,diversificazione, immigrazione, debitopubblico, insosteniblità del welfare, ecc.).Mi si può facilmente obiettare che così sirivendica una sorta di autonomiaintellettuale della disciplina e che taleautonomia può avere un riscontro storicodi verità solo tramite la politica. Nonnego che prima di immergersi in unaverifica di verità, la disciplina debbacostituirsi in una sua autonomia. Anzi èproprio ciò che possiamo contestare alvaro della 20: l’assenza predominante dicaratteri disciplinari urbanistici cometecniche di supporto a una politica. Laprima questione cioè che appariva chiaranella approvazione della 20 era unpassaggio da pratiche urbanistiche apratiche “politiche” nel governoterritoriale. Questo fatto ha denotatoproprio per l’Emilia (!) l’abbandono di unlavoro di ricerca di nuove tecniche chearricchissero l’urbanistica, intesa comedisciplina utile a una politica (e nonviceversa), abbracciando invece la politicatout court come tecnica capace digovernare il piano (PSC). Fallace salto dipresunzione che oggi appare in tuttaevidenza. In realtà la legge, anzichétentare di codificare nuovi ambitigiurisdizionali del governo territoriale, hatentato di rinnegare il passato (1150/42) edi costituire una frontiera di novità connuove articolazioni (PSC, ecc.). Tuttaviaquesto fronte ha mostrato le proprieinsufficienze ben presto e tuttora lerecenti correzioni non le risolvono, matentano un riformismo sui generis conuna riattribuzione di pesi, per cui il PSCè sì la strategia, ma non ha valoreconformativo (!). Questo non-valore ladice lunga sul dietrofront (politico),rimettendo in ballo il valore del POC (ilnuovo vero PRG!), dunque ritornando apratiche più conosciute e, forse, ritenutepiù utili al negoziato locale corrente. Nonsi vuole prendere il toro per le corna!Bisogna, a mio modo di vedere, prendereatto di una generale insufficienteriflessione attorno alle nuove necessitàche l’urbanistica deve affrontare, econtemporaneamente del deserto politicoche presiede tale insufficienzaelaborativa, una volta molto articolata inconsultazioni, confronti e ascolti socialidiffusi, prima di divenire attodeliberativo. Sarebbe infatti utileconsegnare alle nuove Amministrazioni

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Opinioni e confronti

pubblici questo limite salta, ed i pianiurbanistici si vedono attribuire ilcompito di valorizzare la proprietàpubblica, sfruttando positivamente edesplicitamente la loro funzione diregolazione del mercato immobiliarelocale, ad esempio anche attribuendoedificabilità a terreni demaniali sinoad oggi non edificabili. Visto che oggi, a causa di sentenzedella Corte europea gli espropridebbono avvenire a prezzi dimercato, e per di più i suoliespropriati sono soggetti al vincolod’uso per le sole funzioni pubbliche,nessun comune ricorrerà all’espropriose non per singole opere pubbliche, esolo quando indispensabile.Invece, applicando i principi che ilnuovo provvedimento introduce, icomuni potrebbero senza più alcunaremora indire bandi per l’acquisto daiprivati di suoli non edificati o diimmobili abbandonati, ed una voltaacquisiti valorizzarli tramitel’attribuzione di edificabilità, nuova oaggiuntiva, e di funzioni valorizzanti.Si aprirebbero da un lato grandipossibilità operative per i comuni, madall’altro rilevanti rischi dipromozione di insostenibilitrasformazioni del territorio per purimotivi di cassa.

Proprio la rilevanza degli aspettievidenziati suggerisce cautela. Credoinfatti che un tale radicale cambio diprospettiva potrebbe essere giudicatoin sede costituzionale come eccedentei limiti della delega al Governocontenuta nella L. 42/2009.

espressamente a tale scopo,nonostante l’INU avesse suggerito unpercorso che comprendesse laredazione di studi di fattibilità; b) chela variante urbanistica è condizionepreliminare indispensabile perl’alienabilità dei beni; c) cheaddirittura per essere valida èassoggettata a verifica di congruitàda parte dell’Agenzia del demanio odell’Agenzia del territorio, secondo lerispettive competenze.

Si tratta di una importanteammissione in un testo legislativo diun dato di fatto che tutti riconosconoma che ad oggi in modo cosìesplicito non è rintracciabile. Apartire da tale ammissione, seconfermata con la promulgazione daparte del Presidente della Repubblica,si potrà efficacemente rivendicare inlinea generale l’applicazione di equiprincipi di ripartizione dei cespitidelle valorizzazioni immobiliariderivanti da varianti urbanistiche pertutta la manovra urbanistica, e nonsolo per le dismissioni di patrimoniopubblico a fini di cassa. Fino ad oggigli strumenti perequativi propostidall’INU hanno svolto un efficacecompito di redistribuzione deiplusvalori fondiari prodotti daglistrumenti urbanistici, senza peròpoter toccare sostanzialmente laproduzione delle rendite, che la CorteCostituzionale ha reiteratamentedichiarato essere inerenti allaproprietà. Oggi però a causa della tutela deidisastrati ed insostenibili bilanci

Su richiesta della Commissioneparlamentare per il Federalismo l’INUè stato chiamato a partecipare allaformazione del parere che laCommissione ha prodotto sulloschema di decreto legislativoapprontato dal Governo. Tutta ladocumentazione è reperibile in unapagina appositamente aperta sul sitoweb dell’Istituto su indicazione delConsiglio direttivo nazionale dell’INU.

Rileggendo a caldo il testo approvatodal CdM, si rileva che alcuni deirilievi esposti dall’INU sono statiaccolti e trasformati in modifiche,come il fatto che il conferimento deibeni può avvenire solo ad entipubblici e non direttamente a fondiimmobiliari, o che il provento delledismissioni sia destinato a riduzionedel debito storico o a spese diinvestimento; altri ignorati, adesempio come la questione dellainopportunità e pericolosità deltrasferimento dei beni costituenti ilpatrimonio naturale (fiumi, laghi ecoste) o il delicato tema dellavariante urbanistica per lavalorizzazione.

Su quest’ultimo aspetto è rilevantenotare che il Governo, pur in assenzadi una legge quadro per il governodel territorio, ha varato un testo nelquale in più punti (art. 4 comma 3 eart. 6 comma 1) si riconosce: a) chela variante urbanistica èindispensabile ai fini dellavalorizzazione, anzi nel Decreto èl’unica procedura indicata

Un primo commento al Dlg sul federalismo demanialeSimone Ombuen*

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La materia si conferma comunqueestremamente complessa. I terminidella manovra risultanosostanzialmente allungati, ad esempiotrasformando il trasferimento in unaprocedura ordinaria a regime,ancorché restino ancora varie fasiprocedimentali non chiare, nonchévari aspetti relativi alle competenzeancora problematici, non risolti dalGoverno pur se nel parere dellaCommissione esistevano variesegnalazioni e rinvii.

Quando ad altri aspetti, questo primoesito è certamente migliorativorispetto alla pericolosità e allenumerose confusioni presenti neltesto originario. Trattandosi però diun testo che lascia al governorilevanti spazi di ulteriore manovra,per dare un giudizio sugli esitioccorre attendere le decisioni che ilGoverno determinerà di assumere,anzitutto sui tanti aspetti per i qualiil Decreto lascia significativo spazioall’azione diretta del Governo.

Per questi motivi l’INU proseguirà unpercorso di attenzione sulla materia,vista la rilevanza che ha e che puòulteriormente assumere. In particolaresul tema del riordino della fiscalitàimmobiliare, che Commissione eGoverno dovranno in futuroinevitabilmente toccare nel quadrodel riordino complessivo, e chepresenta rilevantissimi aspetticonnessi alla disciplina del governodegli insediamenti e delle lorotrasformazioni.

* Segretario nazionale INU.

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Gli ultimi pronunciamenti giurisprudenziali hanno riportato al centro dell’attenzione delleAmministrazioni e degli urbanisti la perequazione urbanistica e gli altri moderni istituti con-nessi oggi utilizzati dai piani per promuovere e governare la trasformazione urbana. La senten-za del Tar Lazio, in particolare, è suonata come un campanello d’allarme in merito all’estensio-ne di alcune frontiere della sperimentazione oltre il comparto urbanistico ed il contributo dicostruzione. Mentre la bozza del decreto-legge governativo che conteneva un articolo sullaperequazione e le compensazioni è rimasta nel limbo e solo alcune Regioni possiedono leggicon norme al riguardo, si è molto intensificata nei piani comunali - sia in quelli di nuova impo-stazione che in quelli tradizionali - la sperimentazione di meccanismi perequativi, compensati-vi e incentivanti. Le numerose sperimentazioni comunali evidenziano la versatilità e le poten-zialità applicative del principio perequativo, che talvolta viene anche combinato con i nuoviistituti della compensazione e delle premialità. Il corso intende contribuire alla diffusione dellebuone pratiche perequative e compensative nella pianificazione e gestione urbanistica, e quin-di all’efficacia della pianificazione, attraverso l’approfondimento dei nodi teorici, delle modali-tà applicative, nonché degli aspetti di carattere giuridico-amministrativo.

Direttore: Giuseppe De LucaSegreteria: Maria Antonietta DurantePiazza Farnese 44, 00186 Roma tel 06.68134453 fax 06.68600070 http://www.inu.it/astengo/[email protected]

PROGRAMMA

ore 9,30Il concetto di perequazione: ovvero di che cosa stiamo parlandoStefano Stanghellini

ore 10,00L’esperienza di gestione di un piano pere-quativo:Casalecchio di RenoVittorio E. Bianchi

DOMANDE AL RELATORE

ore 11,00 Coffee break

ore 11,30La progettazione del piano perequativo:PratoRiccardo PecorarioDomande al relatore

ore 12,30La progettazione del piano perequativo:Roseto degli AbruzziGianluigi Nigro

DOMANDE AL RELATORE ore 13,30 Buffet

ore 14,45Norme oggetto di recenti pronunciamentidella giustizia amministrativa: il PRG diRomaDaniel Modigliani

DOMANDE AL RELATORE

Ore 15,45 Certezze e criticità negli istituti: tavolarotondacoordina Stefano Stanghellini

Pareri a confronto di: Antonio Bartolini, Giuseppe Lavitola, Fortunato Pagano, Giovanni Sabbato

DOMANDE E DIBATTITO

Ore 17,30 Conclusione

FAFONDAZIONE

GIOVANNI ASTENGO

Costruzione e gestione delpiano urbanistico perequativo dopo gli ultimi

pronunciamenti giurisprudenziali

Roma, Mercoledì 15 settembre 2010 - Hotel Mediterraneo, Via Cavour 15

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4Da 78 anni è la rivista italiana che offre la più vasta panoramica sull'urbanisticanazionale e internazionale. È la sede dove gli urbanisti si presentano e discutono,un indispensabile punto di riferimento per chi desidera dare profondi contenutiallo studio e alla professione.

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testè indicate nonconsentono, però, digiustificare la disattenzioneper i problemi del “quadrometropolitano” checaratterizza il progetto dipiano in esame e che, amaggior ragione, destaperplessità se si considera laprospettiva dell’Expo 2015.Non difetta, in verità, nellarelazione illustrativa deldocumento di piano ilriconoscimento dellanecessità di affrontarealcuni problemi che sipongono a livello di“regione metropolitana”(indicata rilevando che essava, da un lato, da Orio alSerio a Malpensa e,dall’altro, da Como a Lecco)ed altri problemi che sipongono a livello di areametropolitana milanese(della quale risultaevidenziata l’impiantostoricamente radiale).Viene correttamenteaffermata “la necessità diripensare urbanisticamenteMilano entro un assettometropolitano vasto” e piùvolte risulta evidenziato(per quanto superfluo) che “non c’è un confineurbanistico tra la città diMilano e i comunilimitrofi”.All’enunciazione del temadell’inquadramentometropolitano non faseguito, però, lo svolgimentodel tema stesso.Non si riscontra neppurel’indicazione di tentativiesperiti in applicazione delprincipio di copianificazioneo solo del principio dicollaborazione con gli altrienti interessati e di alcunepossibili soluzioni medianteil ricorso a c.d. azioni di“governance metropolitana”.In particolare, da un angolodi visuale attento allesuddette esigenze diinquadramento è da

richiamare l’attenzione suun aspetto da considerarepiù problematico di altri,quello relativo al sistemainfrastrutturale dellamobilità, per evidenziareche non sembrasufficientemente affrontatoil tema delle relazioni discala metropolitana; ciò afronte del previsto rilevanteincremento delle funzioniurbane.Deboli appaiono le scelterelative al rafforzamento delrapporto con il contestometropolitano (si ha nellasostanza la sola conferma diprogetti in corso) e ildisegno di nuove linee diforza (LDF),prevalentemente previstedentro i confini comunali,non accompagnatodall’indicazione dellacapacità di spesa alla qualefare riferimento per asserirela sostenibilità delletrasformazioni urbanisticheprogrammate.Ancora più debole apparel’ipotesi di un tunnelstradale che desta rilevantiperplessità sotto l’aspettoinfrastrutturale (ancora piùtraffico in centro città) esotto il profilo urbanistico(invasività delle uscite neltessuto urbano) e apparefinanziariamente di dubbiacredibilità, perché nebusolarisulta l’ipotizzata soluzionemediante ricorso a projectfinancing.

2. È configurabile uncondivisibile disegno dirilevanza strategica?A tal proposito sia, in primoluogo, consentito rilevareche il disegno di rilevanzastrategica del Comuneegemone dell’areametropolitana del qualetrattasi dovrebbe comunquepresentare, per ovvieragioni, respirometropolitano.

Un progetto di PGT cheelude i problemi del“quadro metropolitano”1. Ingeneroso e non correttosarebbe attribuire alComune di Milano laresponsabilità, nella suainterezza e fors’anche inlarga parte, della omissionedi una efficace aggressionedei complessi problemi diinquadramentometropolitano della suapianificazione comunale odaddirittura della mancanzadi una pianificazioneterritoriale-urbanisticarelativa all’intera areametropolitana della quale ilComune egemone stesso (ilcui territorio non risultaperò molto esteso)costituisce il nucleocentrale.Corretto appare evidenziare,in apertura del presentebreve documento, larilevanza che sembra sia daattribuire ad “attenuanti” dariconoscere al Comune diMilano quanto al tema“quadro metropolitano”.Pare sufficiente ricordare -che, per varie ragioni,sfocata ormai purtropporisulta la prospettiva dellacreazione della “cittàmetropolitana” pur previstadalla Costituzione solo direcente, in seguito allariforma del suo titolo V

intervenuta nel 2001 -che sia la maggioranza sial’opposizione hanno alcunianni orsono in vario modo“remato contro”, quando èstata decisa la creazionedella provincia di Monza (ilcui territorio arriva aqualche chilometro didistanza dai confini delComune di Milano)-che tale sviluppo non hacerto reso più probabile lasoluzione del problema del“governo metropolitanomilanese”.Si possono subitoaggiungere cenni-ai limiti della possibile“supplenza” della Regioneche è chiamata ad esercitarei suoi poteri dipianificazione territoriale alfine di affrontare alcuni deiproblemi in considerazioneche non sono, però, solodell’area metropolitanamilanese, ma della più vastaregione metropolitanacostituita da parte rilevantedella Lombardia-nonché ai limiti di unapossibile parziale supplenzadella Provincia, che, in basealla L.r. n. 12/2005, può,come è noto, esercitare solopoche funzioni dipianificazione territorialeutili a fini di governodell’area metropolitana.Le doverose constatazioni

Inu Lombardia

Il Pgt di Milano

EventiEventi

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Urbanistica INFORMAZIONI

Difficilmente concepibileera ed è per lo stesso undisegno di rilevanzastrategica di angusto respirocomunale.A tale conclusione si devepervenire a maggior ragionein quanto, come è già statorilevato, ristretto risulta ilterritorio del Comune diMilano ed elevata è lacomplessità territoriale –urbanistica dell’areametropolitana in cui essoricade.In ogni caso è da rilevare,pur evidenziando il giàsopra indicato quadro didifficoltà, che sarebbe statocomunque possibileindividuare alcuni obiettividi una pianificazioneangustamente comunalesuscettivi, però, dellaqualificazione di “rilevanzastrategica”.E, però, da un angolo divisuale attento, inparticolare, al documento dipiano non sembra che dettiobiettivi siano facilmenteindividuabili e che possaessere asserita lariconoscibilità di un“progetto di sviluppo”.Ciò vale a meno che non siritenga che siano daassumere a tale rango quelliche vengono indicati come“elementi di innovazione”che caratterizzano lostrumento urbanistico inconsiderazione ed a lorovolta risultanocaratterizzati, come infra sivedrà, dalla manifestazionedi un elevato “favor” per lescelte che il mercato vorràfare.Quando si discute deipossibili obiettivi dirilevanza strategica di unpiano urbanistico, la mentenon può non correre, inprimo luogo, alle granditrasformazioni e, quindi,agli ambiti ditrasformazione individuati

con il documento di piano.Essi, cadendo in unaenfatizzazione, sono staticon il documento stessoindicati come “motore” perlo sviluppo della città.Occorre chiedersi cosa siintende per “sviluppo dellacittà” e se sia credibilel’affermazione secondo cuigli ambiti stessi“costituiscono le areestrategiche per ilrinnovamento dell’interotessuto comunale, i nodidella rete infrastrutturale eambientale, in grado diriqualificare ampie areeoggi degradate e dismesse edi restituire alla città spazioggi interclusi e “sottratti”al godimento della città”.Certo la mera previsionedella possibilità direalizzare negli ambiti ditrasformazione determinatequantità di Slp e dellapossibilità di trasferire inalcuni (in parte da quelli diessi ricadenti nel parcoagricolo sud) ulterioresuperficie lorda dipavimento non fa di per sèconfigurare, insieme alleprevisioni contenute nellevarie schede ad essirelative, un disegnostrategico.Ciò anche perchè moltescelte, come già si è detto einfra meglio si vedrà,risultano del tutto rimesseal mercato.In particolare da un angolodi visuale attento agliambiti di trasformazione- si osserva che molti giochirisultano già fatti inattuazione del documento diinquadramento previstodalla l.r. n. 9/99, che ormaida parecchi anni trovaapplicazione e che, direcente, è stato oggetto dimodifiche-che con il documento dipiano si ha, rispetto aldocumento di

inquadramento, unaevidente confermametodologica -che inquietanti possonorisultare alcune scelteadombrate per gli scaliferroviari che costituisconole poche residue occasionidi riqualificazione di partiabbastanza estese della cittàsicuramente da non perdere -che da un angolo divisuale attento alleprevisioni di sviluppo e allaloro sostenibilità è daaggiungere che condivisibileappare la seguenteaffermazione fatta, in lineateorica, in tema di consumodi suolo, densità edotazione di servizi: “ladiscriminante principale peroccuparsi di sostenibilità findalla scala urbanistica,come dicono gli inglesi, ènon consumare green field epreoccuparsi, invece diedificare nuove parti dicittà sul “brown field” valea dire sulle aree insalubrisugli scali ferroviari indisuso e o sulle areeindustriali dismesse o inprocinto di esserlo”.-che però, occorre chiedersise non siano da considerarecontrastanti, in modostridente, con dettaaffermazionel’individuazione, in unparco che è e dovrebberimanere agricolo, di c.d.“ambiti di trasformazioneperi-urbana”, e la loroinaspettata conformazioneedificatoria conl’attribuzione di un indicedi edificabilità, che, dataanche la localizzazione deglistessi, non appare certobasso (0.20 mq per mq) eche si prevede venga,almeno in parte, in locoutilizzato (non certo ai solifini previsti dal pianoterritoriale del parco stesso).Inoltre, sempre quanto allasostenibilità, ci si chiede

quante e quali attenteverifiche siano state fattecon rifermento alledensificazioni (solo alcunedelle quali non si dubitapossano risultare opportune)che, in parte,conseguirebbero altrasferimento su alcunesuperfici di diritti edificatoriattribuiti ad aree destinate averde pubblico ed anche adetti ambiti ricadenti nelparco agricolo sud Milano.Alle considerazioni soprasvolte occorre aggiungereche la possibilità diindividuare, se non undisegno strategico, alcuniobiettivi di rilevanzastrategica non sembra sipossa riscontrare neppureda un angolo di visualeattento alla “città pubblica”ed alla politica dei servizi,con riferimento alla quale èanche necessario esprimere irilievi che infra verranno inbreve esposti.

3. Quali sono gli elementidi maggiore innovazionecaratterizzanti il progettoin esameGli elementi di innovazioneindividuabili fannoconfigurare un disegnounitario-insuscettivo, a nostroavviso, come già si è detto,dell’assunzione al rango didisegno di rilevanzastrategica -e che, pur tuttavia, è undisegno politicoamministrativo che meritauna attenta considerazione.Detto disegno unitariosembra sia da individuarese, al contempo, siconsiderano-la scelta di omettere, nellasostanza, qualsiasiprevisione relativa allefunzioni insediabili e,quindi, di operare non alfine di promuovere miratescelte polifunzionali, ma di

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consentire al mercato difare pressoché liberamenteopzioni;-la scelta di liberalizzare ledensificazioni e non solo dilimitarsi ad incentivarnealcune considerateopportune in relazione adun progetto di sviluppo;-quella avente ad oggettol’attribuzione di un indiceunico, acriticamente deciso,con riferimento a qualsiasiambito territoriale, e inapplicazione del quale siavrebbero trasferimenti disuperfici lorde di pavimentoche risulterebbero tutticonsentiti senza laprescrizione dellaapplicazione di coefficientidi ponderazione relativi allefunzioni che vengonoinsediate e allelocalizzazioni che inconcreto vengonopromosse;-quella di offrire spazi allasocietà civile ed anche almercato, per quantoriguarda la creazione diservizi alle persone, benoltre il limite conseguentead una correttaapplicazione del principiodi sussidiarietà orizzontale.La “filosofia urbanistica”che fanno configurare taliscelte (il coordinamento trale quali risulta agevolmenteindividuabile) è quella diuna grande apertura neiconfronti del mercato, chesembra spinta oltre il limiteal di là del quale sipotrebbe moltoprobabilmente avere, difatto, una compressione delruolo della pianificazione.Al mercato indubbiamenteoccorre, in sede di eserciziodelle funzioni dipianificazione urbanistica,prestare molta attenzione,ma occorre anche evitareche si configuri unasostanziale “concessione” almercato stesso di larga

parte del ruolo dellapianificazione.Oltretutto amare esperienzematurate negli ultimi tempisuggeriscono di evitare unaqualsiasi “beatificazione delmercato”.Da un angolo di visualeattento allo sviluppourbanistico-edilizio nonpare, infatti, che le sueperformance siano daconsiderare eccelse.Auspicabile deve essereconsiderato (se ne conviene)il superamento di inutili egiustamente vituperati“lacci e lacciuoli” daurbanistica c.d.veterodirigistica, non ancheil passaggio ad una politicaurbanistica contraddistintada un sostanzialeabbandono del metodo dellapianificazione.Certamente si può confidarenella volontà del Comune diMilano di evitare dettoabbandono.E, però, per il momento, perevidenziare alcuni degliinconvenienti cui, a nostroavviso, potrebbe dar luogol’applicazione del “modello”caratterizzato dai suddettielementi di innovazione e diparziale “abdicazione” presoin esame, di seguito, alcontempo, si svolgono breviconsiderazioni e siformulano alcuniinterrogativi.a) Poiché al contempoopportune appaiono sceltedi pianificazione attente alperseguimento di obiettividi polifunzionalità o mixitéfunzionale ed ilsoddisfacimento di esigenzedi flessibilità, può nonessere assunta come unainevitabile dannazione unpreciso calcolo dellacapacità insediativa.Dai documenti del progettodi PGT - che pur, quantoalle funzioni da insediare sirimette, quasi del tutto e

comunque troppo almercato - si desume chesono previsti 1.787.000abitanti teorici (Milano oggine conta quasi 1.300.000).Un quarto dell’interoterritorio comunaledovrebbe essere investito dagrandi trasformazioniinsediative per 12 nuovimilioni di mq di slp e unaquantità almeno doppia dislp sembra che potrebbeessere realizzata nella cittàesistente.Ne risulta undimensionamento cheappare quasi incredibile, inparticolare se si consideral’attuale fase dirallentamento del mercatoimmobiliare, e siconfrontano i dati conquelli degli ultimi quindicianni (un periodo ritenutonotoriamente eccezionalesotto il profilo dellosviluppo nel corso del qualesono stati programmati, enon tutti realizzati, pocomeno di 5 milioni di mq).Si tratta comunque diquantità da considerarecospicue, soprattutto perchéprive di adeguate eproporzionatecompensazioni (servizi edinfrastrutture). b) Occorre comunquechiedersi che senso possaessere riconosciuto adun’azione di pianificazioneche non risulticontraddistinta anche daprevisioni, sia pur nonrigide ma di massima,relative alle varie funzioniinsediative.In assenza di detteprevisioni, stantel’impossibilità diconsiderare tutte alla stessastregua le funzioni, qualecredibilità è da riconoscerealle risultanze di verifichedi sostenibilità non soloambientale ma ancheurbanistica (in merito si

richiama incidentalmente ildocumento sulla VAS chequesto Istituto ha approvatoe diffuso nello scorsoautunno e che al presenteviene allegato)?c) In assenza delle suddetteprevisioni di massima qualicredibili riferimenti sonopossibili per la politica deiservizi (e per il piano deiservizi)?d) Certo, anche inconsiderazione della crisidello “stato sociale” e conesso del welfare urbano,sono più di ieri da favorireapporti, oltre che dellasocietà civile e delvolontariato, anche delmercato alla soluzione deiproblemi relativi ai servizialle persone.Occorre, però, chiedersi senon sia eccessiva la delegache, per quanto riguarda isevizi stessi, fa configurareil progetto di PGT e piùprecisamente il progetto delpiano dei servizi con ilquale il Comune (vedi art. 8delle NTA del PS) sispingerebbe a riconoscere,anche agli operatori privati(oltre che a soggetti delmondo del volontariato etc.)che realizzano i servizi,diritti edificatori suscettividi trasferimento.E’ da considerare sempregiustificata l’attribuzione ditale premio che sembraispirato da un eccesso dibenevolenza per il mercatocosì come, peraltro, almenoin parte, la decisione digettare la spugna quantoalla disciplina dellefunzioni?Forse non si cade in unaesasperazione polemica se siasserisce che, dato ilsuddetto premio, oltremisura favorite potrebberorisultare alcune iniziativeprivate aventi ad oggettoservizi alle persone (qualicliniche etc.) ed al

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contempo potrebbero invecerisultare insufficienti quelleaventi ad oggetto altriservizi.Ci si chiede inoltre se,almeno in parte, non vengagettata la spugna anchequanto a distribuzioneterritoriale dei servizi erazionalità degliinvestimenti, conconseguenze non esploratesui costi di gestione nellungo periodo.e) Non sono certo damanifestare pregiudizinegativi per“densificazioni” che indeterminate realtà sonoanche da promuovere percontenere il consumo disuolo. E, però, occorrechiedersi se sia il caso dirimettere per molte zoneagli operatori privati ed almercato ogni decisione,così trascurando, anche, leesigenze di una disciplinatipo-morfologica e di tuteladi valori paesaggisticiurbani.Si torna a ripetere che almercato vanno lasciatispazi, anche ampi,ragionevolmente individuatie non vanno, però, dateacriticamente deleghe incontrasto con il metododella pianificazione.Per usare termini cui èstato ricorso da chi haredatto il progetto ci sichiede-quando sono da“valorizzare le aree porose”ed a quali condizioni, -quando è da considerareragionevole promuovere“isole piene”-ed ancora a qualicondizioni “consolidare edirrobustire i nodi” e darluogo alla “crescita dellacittà nella città”?Ci si deve limitare adattendere risposte dalmercato che, come si èdetto, non va trascurato e,

però, neppure beatificato?Non saranno in qualchecaso da paventare quelliche, forse peccando di uneccesso polemico, in undocumento sulla politicaurbanistica del Comuneabbiano tempo addietroindicato come sviluppi da“costipazione urbanistica”?f) Quanto alla disciplinatipo-morfologica ed allatutela dei valoripaesaggistici, da un lato,occorre riconoscerel’approfondimento delleanalisi effettuate (che nonrisulta però pienamentesoddisfacente per quantoriguarda gli ambiti urbani adisegno urbanisticoriconoscibile) e, dall’altro,sono da lamentare undeficit di “indirizzispecifici” atti ad orientarela qualità degli interventi atutela dei valoripaesaggistici ed i limiti chepresentano le regole tipo-morfologiche relative aisuddetti ambiti a disegnoriconoscibile e agli ambitidi rinnovamento urbano.

4. Il modello perequativoprescelto ed i suoi limitiAll’espressione diapprezzamento per ladecisione comunque diapplicare il principio dellaperequazione che apparedoverosa occorreaggiungere la seguentemanifestazione diperplessità per i limiti cheil modello presceltopresenta.a) In primo luogo non èdato riscontrare elementi digiudizio atti a far affermareche ricorre in modo certol’ipotesi di scelteperequative al servizio dellapianificazione e piùprecisamente al servizio diun progetto di sviluppo.In casi quali quello inesame, stante l’impossibilità

di affermare il testéindicato rapporto diservizio, sono damanifestare preoccupazioniper le distorsioni dellescelte e del processo dipianificazione chel’applicazione del modelloperequativo potrebbeindurre.b) Quanto all’ambito diapplicazione del modello,sembra sia da lamentare -da un lato l’esclusionedallo stesso delle areedestinate a “servizi allepersone” che (se non già diproprietà pubblica),sembrerebbe si vogliariservare a iniziative deiprivati ed evitare che, inforza di scelte perequative– compensative, possanodivenire oggetto diacquisizione indolore daparte dell’Amministrazione(vedi a tal proposito irilievi già sopra formulati).-e, dall’altro, l’esclusionedelle aree già di proprietàpubblica cui ben anche puòritenersi sia, nell’interessepubblico, opportunal’attribuzione di dirittiedificatori utilizzabili ancheal fine del perseguimento diobiettivi di ediliziaresidenziale sociale.c) Contraddistinta dasommarietà appare laprevisione (apparentementesemplice e naturale) di unindice unico, che in quantotale, date le diversità chepresentano varie parti deltessuto urbano, finisce conl’essere un indice daperequazione zoppa.In altri termini non è stataconsiderata l’esigenza diquella che, ricorrendo adun apparente ossimoro, puòessere indicata come unadifferenziazione dell’indiceunico da prevedere inrelazione alla necessariaconstatazione di diversesituazioni omogenee (ad

esempio zone periferiche ezone semicentrali).d) Occorre anche rilevare lasemplicità o sommarietàche contraddistingue lanormativa che disciplinal’applicazione di dettomodello perequativo.In breve l’utilizzazione deidiritti edificatori attribuitialle aree che rientranonell’ambito di applicazionedel modello vienedisciplinata omettendo didare un qualsiasi rilievo-alle funzioni per le qualiessi vengono utilizzati, -alla localizzazione delleslp da esse derivanti-ed alla provenienza delleslp stesse.Tale rilievo è da considerarerelativo anche (si badibene) al contemplatotrasferimento di dirittiedificatori conseguentiall’indice generosamente edinaspettatamente attribuitoad alcune parti del Parcosud agricolo (che è il solodiverso dal c.d. indiceunico).A causa della testédenunciata carenza dellanormativa succulentepotrebbero comunquerisultare, per alcunioperatori, le operazioni ditrasferimento di dirittivolumetrici.Non si dubitadell’opportunità disemplificare le normative,ma forse, per quantoriguarda la disciplina delmodello perequativo delquale trattasi, può essereaffermato che si èconfigurato un eccesso disemplificazione che siauspica venga superato.e) Inoltre è da osservareche non risultano, in alcunmodo, indicate le ragioniper le quali il Comune diMilano non ritiene diesercitare la facoltàconcessa dal primo comma

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dell’art. 11 della L.r. n.12/2005, quella diprevedere l’obbligo dellecessione, con leconvenzioni relative a pianie programmi urbanisticiinteressanti ambiti ditrasformazione aventi c.d.rilevanza territoriale, oltreche delle aree relative astandard o cd dotazioniurbanistiche, anche di areeper c.d. “compensazioniurbanistiche”, la cuiutilizzazione a fini dirilevante interesse pubblicoperseguiti con la politicadei servizi potrebberisultare importante.g) Considerati i suddettilimiti si deve ritenere che,in sede di redazione delprogetto del PGT, si siacaduti in unaenfatizzazione quando (vedipag. 172 della relazione) èstato scritto quanto segue:“l’introduzione dellaperequazione urbanisticaconsente di ripensare allacittà in relazione aconsiderazioni precise disostenibilità ambientale emorfologica a partire dadiritti certi e da valutazionipiù precise di naturaeconomica finanziaria”.Incidentalmente ci si chiedein particolare quali sianostate le “... considerazioniprecise di sostenibilitàambientale e morfologica...”fatte ai fini della disciplinarelativa all’applicazione delmodello perequativosuddetto.

5. Le scelte relativeall’edilizia residenzialesocialeIngeneroso e non correttosarebbe non riconoscereche, in sede di redazionedel progetto del PGT, alleesigenze di ediliziaresidenziale sociale è stataprestata attenzione.Diverse sono le disposizioni

che risultano inserite alfine di promuovereinterventi appartenenti adetta categoria.Occorre, però, paventare chea una nozione che già forseè divenuta molto ampia diedilizia residenziale socialesi venga ad aggiungere, perquanto riguarda il Comunedi Milano, una nozioneancora più ampia, ovverosiaquella in base alla qualesono da assumere comeinterventi di ERS (vedi art.9 delle NTA del piano delleregole) quelli che “...assolvono ad esigenzeabitative – di durataindeterminata o a caratteretemporaneo – di interessegenerale per aumentarel’offerta di servizi abitativia prezzi inferiori al mercatorisultanti da appositi attideliberativi comunali dicarattere programmatico ospecifico”.Tale rinvio, senza (nellasostanza) reti, può destare,per ovvie ragioni, qualchepreoccupazione.Inoltre è da osservare checomunque sembra si facciaesclusivo affidamento, aifini del perseguimento degliobiettivi di ediliziaresidenziale sociale, suiniziative private e, quindi,ancora una volta suun’intensiva applicazionedel principio di sussidiarietàorizzontale.A tal proposito si osservache occorre non dimenticare -che il mercato non èsolidale-che non si può fardipendere dalle iniziativedegli operatori privati (chenell’attuale fase potrebberonon risultare numerose) ilperseguimento di obiettividi grande rilevanza sociale,quali quello dell’ediliziaabitativa per le fasce socialipiù deboli.Inoltre occorre ricordare

che, in modo virtuoso, iComuni possono e, a nostroavviso, debbono, per quantopossibile, contribuire alperseguimento dell’obiettivodella creazione di alloggidestinati all’affittopermanente a canonesociale (sicuramentesuscettivi dell’assunzione adogni effetto tra i servizipubblici) mediantel’acquisizione indolore,ricorrendo alla “levaurbanistica”, di aree dautilizzare o far utilizzareper interventi aventi dettafinalità.E’ sicuramente da lamentareche con il progetto di pianodel quale trattasi, da unlato, sia stato deciso di nonesercitare la suddettafacoltà di chiedere cessionidi aree per la cdcompensazioni urbanistiche,in applicazione del giàsopra richiamato primocomma dell’art. 11 della L.r.12/2005, e, dall’altro, siastato omesso di prevederel’obbligo, almeno nel casodegli ambiti ditrasformazione di maggiorerilevanza, della cessionegratuita al Comune di areeper interventi di ediliziaresidenziale sociale inapplicazione del comma258 dell’art. 1 della L. n.244/2007.Si ricorda che scelte in talsenso non possono certoconsiderarsi risolutive degliassillanti problemi che sipongono in materia diedilizia residenziale sociale,ma si aggiunge che essepossono valere al fine dicreare piccoli demani utiliper perseguire gli obiettividell’housing sociale(latamente inteso).Non trattasi certo di sceltecui non attribuire rilevanzae da considerare comeoptional, a maggior ragionedopo l’abbandono del

modello espropriativo giàda tempo di fattointervenuto.

* * *

Si confida conclusivamentein revisioni ed integrazionidel progetto di PGT tali dasuperare parte rilevante deirilievi sopra espressi e dafar escludere la ricorrenzadi un’ipotesi di piano chedice di non voler essere unpiano.

Per maggiori informazionisi veda:http://www.inu.it/attivita_inu/osservando_roma_milano.html, in particolare ildocumento sulla Vas ealcuni contributi personalidei componenti delConsiglio Direttivo dellasezione.

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l’urbanistica chetradizionalmente è nata perinteressarsi e strutturare “ipieni”.Il termine paesaggista, nelladeclinazione dell’architettodel paesaggio, è dunque unprofessionista che progettaspazi aperti, quali parchi,giardini, aree verdi. Ladisciplina che si occupa diquesta materia è, appunto,l’architettura del paesaggio.Ma non serve essereArchitetto per coltivarequesta disciplina, talchéalcuni riconosciuti architettidel paesaggio, come PietroPorcinai, provenivano daaltri percorsi formativi. La figura del “Paesaggista”(tout court, e non giàdell’Architetto Paesaggista,che nell’ordinamentovigente non esiste), almenodal punto di vistanormativo è molto recente.È stata introdotta nel nostroordinamento solo nel 2001con il Dpr 328 che hamodificato l’Alboprofessionale degliArchitetti, rinominandolo in“Ordine degli architetti,pianificatori, paesaggisti,conservatori (in siglaAPPC); ed istituendo al suointerno due sezioni A e B,la prima riservata ailaureati magistrali e quellilaureati in un ciclo di studiquinquennale, la seconda ailaureati triennali.Il Paesaggista è presentesolo nella sezione A. Siaccede dopo aver superatol’apposito Esame di stato.Attenzione!! Esame che nonè uguale a quellodell’Architetto, perchéognuno ha il suo. Il chesignifica che la formazioneè di natura specialistica(solo il biennio magistrale)e che un percorsoautonomo (3+2) non è

contenuti strutturali. Suquesto secondo passaggio –sono sicuro – lacondivisibilità comincia ascricchiolare e i distinguo,le differenze e gli“arroccamenti” sonoprobabilmente più numerosidegli elementi di unione.Circoscritti, almeno per me,i significati, interroghiamocisinteticamente sull’amleticointerrogativo iniziale.L’Architetto del paesaggioha una tradizione moltoantica. Non serve tornarci,basta leggere la recenteristampa del libro dellaCalcagno (Architettura delpaesaggio. Evoluzionestorica, Angeli 2010) perrendersene conto. Tuttavia,navigando nei sitidell’International Federationof Landscape Architects odell’Associazione italianaarchitettura del paesaggioemerge come la tradizioneabbia avuto unaaccelerazione ad inizionovecento per opera diFrederick Law Olmsted che,per la prima volta negliStati Uniti, all’Università diHarvard, si fa portavoce diuna nuova disciplina e diuna conseguente nuovaprofessione che si occupaprevalentemente di costruiree progettare il territorionelle sue parti nonedificate, valorizzando lerisorse del paesaggio econservando un correttoequilibrio ambientale.Sì … avete letto propriobene: “nelle sue parti nonedificate”. Con ciò sancendouna distinzione tra qualcosadi pieno e qualcos’altro divuoto che influenzerà ecaratterizzerà molte pratichedi intervento sul territorioed in modo particolarealcune pratiche“genitoriali”, come

intenzionalmente progettatodalle pratiche delPaesaggista e/odell’Architetto del paesaggioè solo una minima parte.Certo importante,soprattutto per la capacitàseminale di definire mode eicone, ma anche stili escuole, ma pur sempre unaminima parte. Tutto il restoè prodotto da praticheindividuali, da regolecomuni che ne definisconoalcuni contenuti strutturalie da consuetudini eadattamenti chedifficilmente si lascianoimbrigliare da piani,programmi e progettiappositamente indirizzati.Tuttavia, se – come spero –viene accetta l’idea che ilpaesaggio è l’esitodell’azione di fattorinaturali e umani e dellaloro interrelazione – comeafferma la Convenzioneeuropea del paesaggio –significa che esiste ancheun sistema territoriale chelo ha prodotto. Il paesaggioè quindi territorio, ed inquanto tale deve essereunico il governo del suocontrollo e della suatrasformabilità ed unica lastrada per definirne ladisciplina regolativa,almeno per i principali

Pratica e norme nellaprofessioneGiuseppe De Luca

“Paesaggista” o “Architettodel paesaggio”? Da questoamletico dilemma vorreipartire per proporre alcuneriflessioni nomadisull’attuale scenarioprofessionale inerente ilterritorio e il suo governo e,di conseguenza, sui“confini” identificatori entrocui prendono corpo lepratiche progettuali cheproducono paesaggio. Primadi far questo, tuttavia, hobisogno di fare unaprecisazione per meglioargomentare le mieriflessioni. Considero il paesaggio unprodotto della storia, dellerelazioni socio-economichee soprattutto dei rapporti dipotere che via via si sonoinstaurati in una comunità.Per questo, nella miavisione, paesaggio eterritorio non possonoessere scissi e interpretaticome due entità autonome,ma reciprocamente sirispecchiano in un tutt’uno. Di questo paesaggio quellodirettamente ed

ASSOCIAZIONE NAZIONALE URBANISTIPIANIFICATORI TERRITORIALI E AMBIENTALI

Membro effettivo del Consiglio Europeo degli Urbanistiwww.urbanisti.it

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rapporto tra paesaggio eterritorio che stannomodificando i punti di vistae le prospettiveprofessionali. A me servequi solo mettere in rilievoun nodo di naturadeontologica che …. nonsolo non è stato scalfito daqueste attribuzioni, quantonon è stato messo in rilievoda nessuno, inconsiderazione al ruolo diquesta figura professionalerispetto alla committenza.Committenza che nel casodel Paesaggista è indirizzataverso l’istituzione pubblicaquando questo è chiamatoalla redazione dei PianiPaesistici (dizione anteCodice dei Beni culturali eAmbientali del 2004); equasi esclusivamenteprivata in tutti gli altri casi.Qui vi è una demarcazione“orizzontale” che, a mioparere, andrebbe tenuta benpresente. Lavorare per unaistituzione per una praticadi natura che prende corpoe si conclude nel solodominio pubblico è bendiverso che lavorare per unsoggetto privato o perpratiche che prendonocorpo e si concludono neidomini della contrattazioneprivata. La prima ha finalitàquasi esclusivamente socialie interessi generali, chenella dizione comune sonoclassificati come “interessipubblici”; il secondo hafinalità quasiesclusivamente individualiin una funzioneutilitaristica e interessistrettamente privati.L’habitus mentale per le duepratiche non è lo stesso, népuò essere lo stessol’operatore professionale cheli porta avanti e ciò, a miomodo di vedere, è ilprincipale problema di

ammesso, almeno nelsistema ordinamentaleuniversitario vigente. Mirendo perfettamente contoche non è una disposizionelegislativa che rende visibilee socialmente utile unaprofessione, ma il fatto cheesiste … crea un “confinegiuridico” che, a lungoandare, determina anche un“confine” nelle pratichedell’agire e una suariconoscibilità sociale.Quali sono le competenzeche vi vengono attribuiteper legge? Così recita l’art. 16, c. 3:«Formano oggettodell’attività professionaledegli iscritti nella sezione A- settore “paesaggistica”: a)la progettazione e ladirezione relative a giardinie parchi; b) la redazione dipiani paesistici; c) ilrestauro di parchi e giardinistorici, contemplati dallalegge 20 giugno 1909, n.364, ad esclusione delle lorocomponenti edilizie».Oltretutto è da sottolineareche lo stesso decretoimpietosamente recita (art.3, c. 3) che: «Ilprofessionista iscritto in unsettore non può esercitare lecompetenze di naturariservata attribuite agliiscritti ad uno o più altrisettori della stessa sezione,ferma restando la possibilitàdi iscrizione a più settoridella stessa sezione, previosuperamento del relativoesame di Stato». Non è questa la sede giustaper approfondire questiaspetti giuridici, né didiscutere questeattribuzioni, oltretuttoemanate subito dopo lafirma della Convenzioneeuropea del paesaggio del2000 che ha posto rivelantie nuovi argomenti sul

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prima vi era l’urbanistica,come materia concorrentedella legislazione regionaleper la quale si attiva ilprincipio di pianificazione),esercitando la suaprofessione esclusivamentenel dominio pubblico (sologli enti pubblici territorialifanno Piani, variamenteaggettivati). L’operare èdestinato a prendere corpoall’interno di una azione dilivello istituzionale. Perciòla prestazione professionaledel Pianificatore territorialeè assai particolare e deve diconseguenza essere di altolivello qualitativo, perchédepositaria dei soli interessigenerali. Non a caso leprincipali competenze sonoesclusivamente pubbliche:«pianificazione delterritorio, del paesaggio,dell’ambiente e della città»(art. 16, c. 2).Non solo, ma i “serviziprofessionali” che questafigura assicura, anchequando è inserita in team diprogettazione esterno allapubblica amministrazione,sono destinati a generare“beni comuni” cherappresentano, nella loromaterialità, un valore per lasocietà nel suo complesso. IlPianificatore territoriale,difatti, può lavorare solocon istituzioni, quindi ilsenso della res publica èinterno al suo operare: èconnaturato.Al contrario il“tradizionale” Architetto(post ad ante 2001) è adusoad un rapportoprincipalmente, o quasiesclusivamente, con lacommittenza privataincentrato sulla dinamicadello scambio contrattuale.Il suo lavoro è indirizzato alprogetto e alla sua gestione;è raramente indirizzato alla

questa figura professionale.Come lo è per l’Architetto“generalista” ante decretodel 2001. Non si puòlavorare per due differentidomini, come se nulla fosse.Le etiche di riferimento, lemodalità argomentative, levalutazioni dell’incidenzadelle pratiche, gli esiti attesie quelli che realmenteprendono forma sulterritorio sono talmentedifferenti da richiedereapparati conoscitivi ecomportamenti professionaliad hoc e in generedissomiglianti.Ma vi è al contempo unademarcazione “verticale”che è altrettanto perniciosarispetto alla prima. Haancora senso predisporre deiPiani Paesistici (oPaesaggistici, dopo dal2004) separati o autonomirispetto alla pianificazioneterritoriale nel suo insieme?Siamo davvero convinti,specialmente dopo laConvenzione Europea, e lasua ratifica nel sistemalegislativo italiano nel2006, che separarepaesaggio dal territorio siautile e necessario? Ho moltidubbi e perplessità.Le due demarcazioni primaindicate, comunque,richiedono delle precisazioniche tenterò di argomentarenella loro essenzialità.Su UI nn. 221-222 hosostenuto che la veradistinzione tra ilPianificatore territoriale(sempre istituito comeprofessione regolamentatanel 2001) e l’Architetto (post2001) risiede proprio nellacommittenza. Mentre ilprimo ha un ruolocostituzionalmente rilevante(il governo del territorio dal2001 è citato nell’art. 117della Carta costituzionale, e

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PUBBLICAZIONI CONTENENTI I MATERIALI E LE REGISTRAZIONI AUDIO DEGLI INTERVENTI

DEI CORSI SVOLTI (CD-ROM)

E’ disponibile il CD-rom anche in versione audio delSeminario:

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IBAN: IT 76 E 01030 03375 000001079520causale: acquisto CD (titolo)

La spedizione avverrà contestualmente all’invio(e-mail o fax) della ricevuta di pagamento.

Per informazioniMaria Antonietta DuranteFondazione Giovanni Astengo

in un contratto di naturaprivata, non è normato cioèda un disciplinare diincarico.Questo, a mio modo divedere, rende la figura delPaesaggista incerta eprofessionalmente moltodebole. Spero che qualcunonon liquidi questesottolineature comeproblemi secondari o “dilana caprina” (come si dicein volgare popolare). Nelnostro Paese – incredibile,meraviglioso, maschizofrenico – tendiamo acompattare, sovrapporre emiscelare, anche nellediscipline, ciò che invecealtri distinguono,valorizzano come specificitàe separano come identità.Dovremmo con serenitàpraticarlo anche noi, nellenostre discipline e nei nostripercorsi formativi, se nonvogliamo sentire (comespesso avviene) qualcheoscuro giudice dei Tribunaliitaliani richiamarciall’ordine, sanzionandoci,per poi tracciare i confini eindicare le specificitàprofessionali.

Una versione più estesa èstata pubblicata in Ri-vistaon line, n. 12, magazine delDottorato di ricerca inProgettazione Paesisticadell’Università di Firenze:http://www.unifi.it/ri-vista/

produzione di norme eregole che hannonell’interesse generale lapartenza e l’arrivo. Omeglio lo è quando èincaricato (quello ante2001) di produrre pianipubblici.Da tempo (e non solo io,per fortuna) sostengol’assoluta necessità che idue mondi dal punto divista professionaledovrebbero essere demarcaticon più nettezza, se nonproprio separati, così comeil loro operare. Ma anche ilpercorso formativouniversitario dovrebbeessere distinto, ed in parte(almeno dal 2001) lo è. Nonlo è la pratica (almeno per i“vecchi” Architetti) e questoha generato e genera nonpochi problemi che stannoin parte alla base deldisastro territoriale delnostro Paese.Detto questo, ritorniamo alPaesaggista. Questa figura sipone a scavalco, almeno dallato delle competenzeprofessionali riconosciutedalla normativa attualmentevigente, tra un’animapubblica legata alleistituzioni: per quelle cheportano a predisporre iPiani paesistici/paesaggistici(sostanzialmente le Regioni)e in quelle pratichepubbliche dove il tema delpaesaggio è connaturato(tutti i livelli dellapianificazione territoriale eurbanistica), sempre diorigine pubblica; eun’anima sostanzialmenteprivata: per quelle riferitealla progettazione digiardini, giardini storici eparchi. Anche quandoquesti ultimi sono diproprietà pubblica, infatti, ilrapporto professionale èinevitabilmente incardinato

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FAFONDAZIONE

GIOVANNI ASTENGO

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a fare dell’architetturastrumento salvifico, mentreè spesso evidente ilcontrario.Frequenti sono le allegoriesull’architettura e sulle suepotenzialità. Il forte credo ègiustificato da un grandesentimento del Nostro, lapassione per l’architettura ela comunità degli uomini.Nel titolo della suaintroduzione CorradoGavitelli, che ha curato lapubblicazione, riconoscequesto stato d’animoappassionato di Lucchin, elo rimanda adun’esortazione di pontianamemoria. Amatel’Architettura!Il nostro è un mestiere chesi fa per passione. È unaprofessione intellettuale cheproduce idee. Lacommittenza, soprattuttoquella pubblica se pocoattenta o sensibile, ciassume come prestatori diservizio, alla pari diqualsiasi impresa. Così ilcreativo si fa imprenditore,molto spesso a scapito delleidee, o perisce. È il drammaamletico che piacerebberecitare a Lucchin, perché loha già risolto.Amare l’architetturacomporta assumersi ilcompito di comunicarla e dispiegarla. È una missione acui mi sono dedicato.L’approccio didascalico èassunto anche da Lucchinper descrivere in cinquecapitoli il significato dellaparola ar.chi.tec.tu.ra.Armonia, Chiusure,Tecnologia, Tutela, Radicisono le sue chiavi di lettura.Con un simile intentopedagogico egli si affida achi è stato docenteuniversitario. L’esperienzadidattica di storicodell’architettura consente aGavitelli di offrici unacomparazione per immagini

delle opere di Lucchin quelledi illustri maestri. Gavitelliafferma che la suaarchitettura si manifestadiversificata e “perfinovariante,… impermeabile aiformalismi di tendenzadell’attuale epocacontemporanea dipostmodernistica evoluzione,e al massimo ne assumealcune suggestioni”. Così“l’apparente Minimalismoproviene da unessenzialismo di sottrazione. “La Decostruzione”consegue“ad un apporto suggestivoin riferimento allacostituzione orografica delsito”, la “Tecnologia nondiventa assoluta modalità diespressione architettonica” ealla “tarda modernità delblocco squadrato articolatasu volumetrie accorpatedifferentementedimensionate” Lucchin“giunge seguendooccasionalità contingenti”.I progetti, di operepubbliche, scuole, strutturesportive, e l’architettura peril commercio e laproduzione, sono descrittinella loro consistenzatipologica, compositiva ematerica. Lucchin è uno deipochi architetti altoatesiniche ha guardato fuori dairistretti confini dellaprovincia.Le esperienze costruttivematurate a Bolzano glihanno consentito diprogettare i due impiantisportivi per le olimpiadiinvernali del 2006, ilPalaghiaccio di Torino equello di Torre Pelice, unistituto scolastico a Suzzarae di avviare un altroprogetto per il liceo siconioa Modena.Lucchin realizzaun’architetturacomprensibile, di chiara edimmediata lettura. L’utentevi si può facilmente

A cura di Corrado GavinelliAr.chi.tec.tu.ra.Claudio Lucchin & Architettiassociati, A. Rinaldi, D. VarnierJaca Book

Le monografie diarchitettura sono le solitepubblicazioni patinate daesibire come soprammobilenel salotto buono.La monografia sull’opera diClaudio Lucchin architetto edei suoi associati, AngeloRinaldo e Daniela Varnier,non è di questo genere. Perchi non ha il piacere diconoscere personalmentel’architetto questo breveincipit ha dato un toccodello spirito provocatorioche caratterizza la figura diLucchin.Chi leggerà il dialogo tral’Architetto e Nostro Signorecapirà la vena delpersonaggio, che riesce acomunicare tra il serio e ilfaceto il sensodell’architettura. Alla farsaseguono le riflessionipersonali sulle responsabilitàsociali e ambientali degliarchitetti. A legittimarlesono abbondanti citazionicolte, che invoglieranno ilprofano ad approfondirenuove letture di filosofia,sociologia, antropologia etesti biblici. Lucchin è

sollecitato dal dubbioesistenziale e sottoponel’architetto ad un giudizioetico e morale. Perché,piaccia o meno, la suaattività incideinevitabilmente sul nostroambiente e sul nostro statodi benessere. Il giudizio siestende alla politica, ché illavoro dell’architetto non èun impegno per la polis?Merito primo dellapubblicazione di Lucchin èricordarci che l’architetto èun attore pensante,cosciente dellaresponsabilità della suaopera per la società. È unaresponsabilità pesante, chela nostra categoria dovrebbecondividere.C’è in Lucchin un’eccessiva,appassionata fiducia che loscenografo di Dio possacambiare il mondo. Egliesprime la speranza per unimpegno maggiore amigliorarne le sorti, che ilsecolo superbo e scioccovuole magnifiche eprogressive. È esplicita lacritica ad una derivaconsumisticadell’architettura,all’autocelebrazione, adun’architettura estetizzanteche la allontana dall’uomo edai suoi più sani edessenziali bisogni. Nel testodi Lucchin traspare l’anelito

a cura di Ruben Baiocco

Librie altro

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riconoscere. Un’architetturaa misura d’uomo, fruibile,non impositiva o urlata, chese praticata anche da altrigarantirebbe qualità diffusaalle nostre città.Nelle più recentielaborazioni dello studioCL&aa, il progetto vincitoreper il polo scientificotecnologico Ex Alumix e leproposte visionarie, seppurepraticabili per il nuovomasterplan di Bolzano,l’architettura si manifestacon macrovolumetrie ed haassunto dimensioni piùmonumentali. Grandeassente dalla scena è ladimensione abitativa,l’architettura per laresidenza collettiva.Pretestuosa è lagiustificazione che relegal’edilizia residenziale nellemani della speculazioneedilizia. L’abitazione è unbene primario irrinunciabile,non agire in questo settore èuna scelta di campo checontraddice la filosofiadell’architetto.Lucchin suggella con questolibro i suoi primi venti annidi attività professionale. Fail punto sullo stato dell’arte,ma soprattutto pone dellequestioni essenzialisull’architettura ed il suopiù grande prodotto, la città.Il libro contiene cinquepillole del pensierodell’architetto sulla cittàideale, dove esprime unacritica aperta alla culturadell’edonismo, del consumodi cui anche l’architettura siè fatta portatrice e vittima.Lucchin compie la suaanalisi a partire dai cinqueprincipi sui quali per lui sifonda la parolaAr.Chi.Tec.Tu.Ra.Armonia. L’architettura devepoter garantire l’Armonia.La città è il luogo pereccellenza dei conflitti ed incui l’architettura ha

manifestato i suoi limiti.L’architetto riporti l’armoniadove ha creato il caos. Èun’esortazione a ricompornele parti, ad unapianificazione sostenibile delprogetto architettonico e,per suo effetto, dello spaziourbano. Un appellofiducioso ad uncambiamento.Chiusure. La delimitazione èil primo atto di definizionee appropriazione di unospazio. Il primo gestoarchitettonico. La chiusuradi uno spazio genera unpieno e un vuoto, uninterno ed un esterno.Dell’interazione tra questispazi pubblici e privati vivela città. Lucchin esalta lospazio pubblico di cuiabbiamo purtroppo perso ilsenso.Tecnologia. Il giudizionegativo sull’abuso dellatecnologia in architettura ènetto. L’impiego lecito solodove soddisfa principi disostenibilità.Tutele. Lo spazio circoscrittosi fa architettura e ciprotegge, ci tutela. Così erain origine, quando furonocreate le forme archetipe.Oggi è l’architettura chedeve essere tutelata dalmercato che ne sfruttal’immagine.Radici. Abitare è porreradici, mettersi a dimoracome una pianta.L’architettura dovrebbe persua natura invitare afermarsi, ancorarsi ad unluogo. Essa collabora agenerare il senso diappartenenza a dareun’identità. Eppure quandodiventa un prodotto damercificare, entra nelcircuito internazionale,perde questo suo valore. Nelmondo globalizzato tutte lecittà diventano simili.La critica di Lucchin èrivolta al governo delle

nostre città,all’amministrazione e allapianificazione di cui anchegli architetti sonocorresponsabili. Dall’altrarisente di una repulsioneverso lo starsystemarchitettonico che riducel’opera dell’architetto ad unfenomeno medianico.Questo secondo aspettointeressa il palcoscenicointernazionale piuttosto chele piccole stelle locali.Lucchin ci mette in guardiada queste derive chepotrebbero conquistare lacommittenza ed il pubblicolocale.Il merito del Nostro è invecequello di ricordarci chel’architetto dovrebbepossedere una coscienzamilitante, elaborare dellevisioni praticabili permigliorare il nostroambiente, appassionarci eportarci ad amarel’architettura.

Luigi Scolari Presidente FondazioneOrdineArchitetti Bolzano

Anna Marson, Archetipi diterritorio, Alinea, Firenze2008, figg. b/n, pp. 286,22,00 euro.

La tesi principale del librodi Anna Marson a mesembra essere che la donnae l’uomo, così come ivillaggi, le città e i territoriche hanno abitato e checontinuano ad abitare, sonofrutto della vita collettiva, esottolineo collettiva, dimillenni.Se abitare un luogo è dasempre espressione di vitacollettiva, anche esoprattutto in relazione aglielementi che costituisconol’ambiente (sono quattro,terra, acqua, fuoco, aria, e illibro li descrive, assumendoil senso che avevano e chehanno oggi dal punto divista dell’abitare), ciò chenoi siamo e ciò cheabitiamo sono espressioni diun “essere” in comune, checontiene in sé ciò che soloapparentemente sono duepolarità (abitare ed essereabitati), e che prescindetanto dalla nostraindividualità tanto dallacontingenza del nostro ego(tendenzialmentepatriarcale?).In altre parole noi abitiamole città, le campagne, lanatura, più o menocontaminata, e allo stessotempo siamo abitati da unluogo, da un ambiente, ecc.,che lo si voglia o no (non èsolo Heidegger a dircelo!). Èil modo in cui abitiamo cherestituisce forma al nostroessere: chi siamo!Mi pare che questaquestione abbia motivato ilrichiamo da parte dellaMarson al termine“archetipi”, mutuato, comesi evince dalla primissimacitazione che apre al testo,dallo psicoanalista svizzeroJung - e dal testo di Zolla

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ad essi dedicato. Archetipo,è un tipo, un simbolo – nelsenso che ha il suo etimo, diorigine indo-europea, syn-ballein, mettere insieme econdensare in sé molti segnie molti significati -, cheesprime e configura lanostra relazione con gli altriesseri viventi, siano essiumani, animali, vegetali, ominerali (capaci dimiscelarsi e produrreenergia, di vita ma anche dimorte).Archetipo è sia ciò che ciappartiene e fa parte di noie sia ciò che ci conduce, cicondiziona a prescindere danoi e dal nostro conscio,ossia dalla nostra vitacosiddetta cosciente, perchési deposita “prima” e“durante il corso” dellanostra vita nella parte di noialla quale, previaun’elevazione oun’espansione della nostracoscienza, non accediamofacilmente: l’inconscio.Se il nostro conscio è fruttodella nostra relazione conl’altro da noi, di cui peròsiamo parte, ad esempio lanatura e forse il cosmo,l’inconscio è l’altra polaritàdi questa relazione e delcontinuo lavoro percostruire un legame vitaleche sia rispettoso dell’altro,come altro da sé, o comel’altra parte di se stessi chenon conosciamo.Per Jung l’inconscio che piùci dovrebbe interessarepoiché ci coinvolgemaggiormente, senzaesserne quasi mai coscienti,in particolare nell’era dellamodernità, è quellocollettivo. Agli archetipisono legate le nostre formeimpersonali, innate eereditarie della nostra vitain comune e in relazionealla natura e al cosmo. Lavita di un individuo puòessere solo apparentemente

il frutto di libere scelteindividuali se non si fa losforzo di riconoscere e ri-simbolizzare quanto sianolegate piuttosto ad uninconscio collettivo. Così,allo stesso modo, gliarchetipi di territorio sono isimboli della nostrarelazione con esso, dellanostra azione continua diabitarlo, nel tempo.Il libro della Marson sembradirci, ma questa è miaopinione, che anche ilterritorio possiede una sortadi inconscio- inteso comedelle proprie energie - con ilquale non sappiamo piùdialogare, iterandone la suanegazione costantemente,fomentando la nostraincoscienza dei rischi – e,banalmente, le dis-funzioni- che ciò comporta. Ilperché di questa derivarisiede nel rifiuto costante diaccettare i propri limiticome esseri umani, comegenerazione “epocale” che siaffida alla sola razionalitàtecnica – cui l’urbanistica èspesso esclusivamentericondotta? - e alcorrispettivo rifiuto di ogniforma di conoscenza “altra”(ad esempio, solo adesempio, un’altra sensibilitàpercettiva femminile, chenon ha ancora abdicatocompletamente al misterodella vita e alle forzeirrazionali che la rendonogenerativa!).Questa disfunzionedell’apprendimento rispettoai contesti che abitiamo e,quindi, della nostra capacitàdi generare una conoscenzaper il nostro, e dell’altro,bene, si riflette in ogniscelta – dissennata – ditrasformazione o di incuriadei territori.Ciò che comporta è sotto gliocchi di tutti, affermaMarson, - “la verità è làfuori”, per usare ancora una

metafora psicoanalitica – elo percepiamo tutti i giorni,con una costanteesposizione alla progressivaperdita di qualità dei luoghiin cui viviamo e il rispettivoavvilimento “del sensocollettivo per ciò che attieneogni trasformazione delterritorio”. Ma il libro dellaMarson è anche molto altro.Non è esclusivamente untesto sulle macerie dellarazionalità tecnica, cosìcome “Parigi, capitale delXIX secolo” di WalterBenjamin avrebbe dovutoesserlo per la culturaoccidentale! È libro diurbanistica “differente”,perché di urbanistica siparla, e molto. Così, scendendo verso illayout del testo, dopol’introduzione segue lapremessa della partededicata ai quattro elementivitali, nella quale mi piaceevidenziare il paragrafo “ilprogresso come sostitutodella natura”. Terra, acqua,fuoco, aria, sono glielementi costitutivi delnostro abitare, e il modo incui li pensiamo e lisignifichiamo sono lemodalità in cuirappresentiamo,simbolicamente,funzionalmente e quindiculturalmente la nostrarelazione con essi - che èsempre e inevitabilmentecollettiva. In questa partecospicua e discorsiva, perogni elemento, comescandito da un format, siva, nell’alternarsi diriferimenti culturali,scientifici e disciplinaripuntuali, di spuntiinterpretativi e progettuali alcontempo, dai “sapericontestuali e leconsuetudini”, che neltempo hanno figurato indiverse forme di costruire edi abitare l’elemento preso

di volta in volta in esame,alle “pratiche prevalenti”odierne, ed infine allepossibilità di ricostruire undialogo con essi, nel“prendersi cura di” terra,acqua, ecc.La seconda parte è dedicataspecificatamente ad isolare edocumentare quelli che perMarson sono gli archetipi diterritorio di cui, intanto,dovremmo ri-apprenderemaggiore coscienza. Sonopresentati come costruttifunzionali e simbolici, peraffermare che le pratiche(anche quellecontemporanee ivi descritte)e i simboli sonointimamente legati. Essisono: il centro, anche nellasua accezione plurale dicentri, funzionalmenteconnotati come spaziopubblico; i confini, fisici esimbolici di cui le murasono state un costruttoesemplare; il giardino, dasempre costitutivo di unpatto fra (lavoro coscientedel) uomo e (generositàdella) natura; la selva, comeuno spazio altro, “fuoricontrollo”, dotato di unafertilità differente e comeluogo solo apparentementepiù ingeneroso verso la vitadell’uomo, ma necessario asignificare sia il suo oppostocon gratitudine e sia acreare il vuoto utile alconscio per dare il giustovalore e ciò che si conosce ea ciò che ancora non siconosce. Anche questa parteè ricchissima di situazioniconcrete – che io non cito,perché a mio avviso vannolette nella concatenazioneassegnata dall’autrice - dellaconcreta operabilità –azione - degli archetipi, inesempi del passato(disconosciuti, riconosciuti eancora proficuamenteall’opera), odierni (dinegazione e di ri-

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appropriazione) e del futuro;ma qui siamo già nella terzaed ultima parte – Progettarecon gli archetipi - dove siragiona sui movimentinecessari – limitare,rallentare, dare forma,ritrovare - ad aprire unnuovo “discorso” sulprogetto urbanistico che siasostenuto da un’elevazione“coscienziale” invece chedalla “barbarie” di unconscio ormai vittima dellasua stessa auto-indotta econtinua “mercificazione”.

Ruben Baiocco

Chiara Mazzoleni, Lacostruzione dello spaziourbano: l’esperienza diBarcellona, FrancoAngeli,Milano, 2009, pagg. 192,Euro 25,00

Chiara Mazzoleni, Lacostruzione dello spaziourbano: l’esperienza diBerlino, FrancoAngeli,Milano, 2009, pagg. 308,Euro 34,00

I due volumi di ChiaraMazzoleni, pubblicati daFrancoAngeli, ricostruisconoi percorsi di rinnovamento erigenerazione avviati da duegrandi città europee,Barcellona e Berlino, negliultimi vent’anni. A partiredalle principali vicende delNovecento, i testi sisoffermano ad analizzare il“rinascimento urbano” diBarcellona a partire dalleOlimpiadi del 1992 e dellaBerlino post “caduta delmuro”. Due realtà che hannofatto “scuola”, per laquantità delle trasformazioniin gioco, per i tempirelativamente rapidi in cui iprocessi di ridefinizionesono avvenuti, per la qualitàarchitettoniche dellerealizzazioni, perl’attenzione allo spazio

pubblico come elemento dimiglioramento della qualitàurbana, per il ruolo dellepolitiche localinell’innescare sviluppo ditipo virtuoso.Come è noto, Barcellona, hateso sempre più, a definireun suo ruolo nelle strategiedi trasformazione della cittàcontemporanea essendo damolti anni un vero e propriolaboratorio e un punto diriferimento per la culturadel progetto urbano, chetende ad affermare una suafisionomia di capitaleculturale e turistica, nonchédell’architettura edell’urbanistica avanzate,configurandosi come illuogo più vivace e originaledel Mediterraneo.Berlino, con la “caduta delmuro” nel 1989 e lariunificazione, è tornata adessere la capitale dellaGermania unita, grazie aquesta occasione ha avviatoun percorso che ha pensatoa ripensare la città nella suatotalità, adottando per variambiti, la strategia della“ricostruzione critica”,basata sulla riproposizionedell’idea della città compattae sul ripristino della tramaviaria e dell’isolato.I casi di Barcellona eBerlino, sono probabilmente,i casi più emblematici dellastraordinaria vitalità ecapacità di rilancio guidatoda politiche pubbliche,dimostrato da molte cittàeuropee negli ultimi duedecenni. Dopo il periodo dideindustrializzazione e dicrisi degli anni Ottanta cheha innescato fenomeni direcessione economica, didisoccupazione, di povertàcrescente e conseguenteemarginazione sociale, oggimolte operazioni diriqualificazione di sitiindustriali e portuali sonostate completate con effetti

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119Nuove politiche urbanisticheper l’edilizia residenzialesociale

a cura cura di INU Lombardia

Nel prossimo numero:

Contrasto alla criminalità eriqualificazione urbana

positivi nell’attrazione dinuove attività e benefici intermini di miglioramentodella qualità ambientale. Lecittà hanno saputo trovarenuove opportunità inun’ottica di diversificazioneproduttiva rappresentandoun luogo straordinario disperimentazione nel campodelle politiche dirigenerazione urbana(aumento dellacompetitività,riposizionamentoeconomico, conferimento dinuove funzioni, correzionedi squilibri e situazioni didisagio nei quartieri in crisi,maggiore dotazione diqualità urbana edambientale, nuoveopportunità nel campooccupazionale e dei servizi). Nel corso degli anniNovanta e nei primi anniDuemila è maturata nellecittà europee unaprogressiva consapevolezzadel ruolo della cultura e delturismo nei processi dirigenerazione urbana; leattività ad essacomplementari assumonosempre di più una posizionecentrale nell’economia dellacittà e un ruolo diacceleratore dellatransizione verso forme dieconomia post-industriali.Molti centri, tra cuiBarcellona e Berlino,dovendo ridefinire il propriomodello di sviluppo, hannotentato la carta dei processidi valorizzazione turistica eculturale. Le trasformazioniurbane avvengono permigliorare l’accoglienza deivisitatori, ma anche peresporre una città rinnovataall’opinione pubblica ed aimass media.In molti processi dirinnovamento, moltaattenzione sembra esserededicata al miglioramentodella qualità dello spazio

urbano, specie (ma nonsolo) delle zone centrali, cherappresentano una vera epropria vetrina, edinnescano meccanismi disviluppo e ridefinizione diimmagine in grado dicoinvolgere un sistemalocale più vasto (specie nelcaso barcellonese). In unoscenario caratterizzato dauna forte spinta competitivafra sistemi urbani perassicurarsi nuove funzionirilevanti, ed attrarre impresee turisti, gran parte delconfronto si misura quindisulle capacità innovative edi appeal degli spazi urbanicentrali. Attraverso questiprocessi la città si presentarinnovata e si mette inmostra, offrendosi allafruizione di residenti epopolazioni temporanee, iprogetti e le azioni tese allavalorizzazione di queste areedefiniscono l’inversione ditendenza e proiettano unarinnovata identità urbanasull’esterno.

Francesco Gastaldi

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