UpsideTown USA n°1

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SUMMARY Washington ed Ankara, alleanza a rischio? > pag. 2 Verso una riforma dei servizi di intelligence? > pag. 3 Crescerà ancora il bilancio del Pentagono > pag. 4 • Rilancio dell’energia nucleare, due nuove centrali in Georgia > pag. 5 James Frey “Buongiorno Los Angeles” > pag. 7 POLITICA ECONOMIA CULTURA UPSIDETOWN PER RICHIESTE O SEGNALAZIONI: Via Vigevano, 39 20144 Milano - Italy [email protected] Tel: +39 028360642 Fax: +39 0258109661 Le ultime iniziative sta- tunitensi nel quadrante asiatico e la nomina del nuovo ambasciatore in Siria, dopo anni di gelo diplomatico tra Washing- ton e Damasco, sembrano essere precisi indicatori della volontà della Casa Bianca di aumentare pro- gressivamente la pressio- ne politica sul governo di Teheran. Potrebbe quindi farsi sempre più dif cile la via del negoziato con la leadership iraniana sul- Dopo la crisi che ha messo in ginocchio l’economia mon- diale quali sono i giusti strumenti di regolamentazione del mercato finanziario? Come disse George W.Bush in uno dei momenti più bui per l’economia statunitense: “Wall Street si è ubriacata”. Come si riuscirà ad evitare nel pros- simo futuro il ripetersi di situazioni incontrollabili, simili a quelle che hanno determinato l’attuale crisi? A seguito del fallito attenta- to aereo progettato per gli ultimi giorni dello scorso anno, Barack Obama ha in- dicato quali saranno le nuo- ve strategie per affrontare il terrorismo internazionale. Maggiore coordinamento tra le differenti agenzie di intelligence e una più stretta collaborazione con i servizi segreti yemeniti e sauditi garantiranno un miglior controllo delle cellule di Al Qaeda attive nella regione del Golfo Persico e nella Dopo polemiche e critiche il Senato ha confermato Ben Bernanke nel ruolo di Governatore della Federal Reserve. A lui il compito, quindi, di gestire nei prossi- mi mesi la probabile inver- sione di rotta nella politica monetaria a stelle e strisce. Dopo lo spazio terrestre, marittimo ed aereo sono ora le immense distese del web, ed il controllo su di esse, a scatenare le mire de- gli stati. Il world wide web diverrà quindi il prossimo terreno di scontro tra le potenze mondiali. Sarà un campo di battaglia virtuale su cui si combatteranno guerre economiche, e non solo? Gli eserciti verranno impiegati solo per fron- teggiare cyber-terroristi? Forse è ancora presto per dirlo, ma alcuni segnali sembrano lasciar pensare che questi scenari non sia- no poi così lontani. Un tempo alleati nelle bat- taglie contro i soprusi, i due gruppi sono oggi allo scon- tro frontale. Ad ispirare le tensioni sono motivi eco- nomici, giochi di potere ma anche posti di lavoro o nelle scuole. > PAG.2 > PAG.4 > PAG.2 > PAG.4 > PAG.5 > PAG.6 POLITICA POLITICA SOCIAL TRENDS ECONOMIA POLITICA «Il momento ame- ricano non è passato. Respingo quei cinici che dicono che que- sto nuovo secolo non possa essere un altro in cui, con le parole di Roosevelt, guide- remo il mondo nella battaglia contro il male e nella promo- zione del bene.» Barack Obama E’ ancora presto per dire se il ventunesimo sarà un altro secolo americano. L’imma- gine degli Stati Uniti è uscita offuscata da un decennio di pre- sidenza Bush ricco di sde, lanciate da vecchi e nuovi nemi- ci, a cui non sempre la Casa Bianca è ri- uscita a far fronte. Il pragmatismo di Barack Obama ha modicato profon- damente le modalità dell’ approccio statu- nitense alle questioni rilevanti del panora- ma politico interna- zionale, permettendo al contempo il rilan- cio dell’immagine del paese intero agli occhi dell’opinione pubblica mondiale. Quale futuro attende la nazione conside- rata da molti il faro della libertà? In un’ arena anarchica il cui tratto distintivo sarà un’eterogenea multipolarizzazione, gli Stati Uniti saran- no probabilmente chiamati a giocare ancora un ruolo fon- damentale: essere l’unico attore in gra- do di esercitare la le- adership globale. Simone Comi, Responsabile Area Nord America Equilibri.net la questione del nucleare e la sensazione è che gli Stati Uniti siano pronti a mostrare al mondo l’altra faccia del pragmatismo targato Obama. regione del Medio Oriente allargato. ECONOMIA Nucleare iraniano: si stringe la via del negoziato Perché non può funzionare la regolamentazione dei derivati World WideWeb: il nuovo campo di battaglia delle guerre economiche La Federal Reserve nel segno della continuità Prosegue la lotta al terrorismo internazionale Los Angeles clash L’editoriale

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A new magazine about usa politics, culture, economy, lifestyle.

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SUMMARY

• Washington ed Ankara, alleanza a rischio?> pag. 2

• Verso una riforma dei servizi di intelligence?> pag. 3

• Crescerà ancora il bilancio del Pentagono> pag. 4

• Rilancio dell’energia nucleare, due nuove centrali in Georgia > pag. 5

• James Frey “Buongiorno Los Angeles” > pag. 7

POLITICA

ECONOMIA

CULTURA

UPSIDETOWN

PER RICHIESTE O SEGNALAZIONI:

Via Vigevano, 3920144 Milano - [email protected]: +39 028360642Fax: +39 0258109661

Le ultime iniziative sta-tunitensi nel quadrante asiatico e la nomina del nuovo ambasciatore in Siria, dopo anni di gelo diplomatico tra Washing-ton e Damasco, sembrano essere precisi indicatori della volontà della Casa Bianca di aumentare pro-gressivamente la pressio-ne politica sul governo di Teheran. Potrebbe quindi farsi sempre più diffi cile la via del negoziato con la leadership iraniana sul-

Dopo la crisi che ha messo in ginocchio l’economia mon-diale quali sono i giusti strumenti di regolamentazione del mercato finanziario? Come disse George W.Bush in uno dei momenti più bui per l’economia statunitense: “Wall Street si è ubriacata”. Come si riuscirà ad evitare nel pros-simo futuro il ripetersi di situazioni incontrollabili, simili a quelle che hanno determinato l’attuale crisi?

A seguito del fallito attenta-to aereo progettato per gli ultimi giorni dello scorso anno, Barack Obama ha in-dicato quali saranno le nuo-ve strategie per affrontare il terrorismo internazionale. Maggiore coordinamento tra le differenti agenzie di intelligence e una più stretta collaborazione con i servizi segreti yemeniti e sauditi garantiranno un miglior controllo delle cellule di Al Qaeda attive nella regione del Golfo Persico e nella

Dopo polemiche e critiche il Senato ha confermato Ben Bernanke nel ruolo di Governatore della Federal Reserve. A lui il compito, quindi, di gestire nei prossi-mi mesi la probabile inver-sione di rotta nella politica monetaria a stelle e strisce.

Dopo lo spazio terrestre, marittimo ed aereo sono ora le immense distese del web, ed il controllo su di esse, a scatenare le mire de-gli stati. Il world wide web diverrà quindi il prossimo terreno di scontro tra le potenze mondiali. Sarà un campo di battaglia virtuale su cui si combatteranno guerre economiche, e non solo? Gli eserciti verranno impiegati solo per fron-teggiare cyber-terroristi? Forse è ancora presto per dirlo, ma alcuni segnali sembrano lasciar pensare che questi scenari non sia-no poi così lontani.

Un tempo alleati nelle bat-taglie contro i soprusi, i due gruppi sono oggi allo scon-tro frontale. Ad ispirare le tensioni sono motivi eco-nomici, giochi di potere ma anche posti di lavoro o nelle scuole.

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POLITICA

POLITICA

SOCIAL TRENDS

ECONOMIA

POLITICA

«Il momento ame-ricano non è passato. Respingo quei cinici che dicono che que-sto nuovo secolo non possa essere un altro in cui, con le parole di Roosevelt, guide-remo il mondo nella battaglia contro il male e nella promo-zione del bene.»

Barack Obama

E’ ancora presto per dire se il ventunesimo sarà un altro secolo americano. L’imma-gine degli Stati Uniti è uscita offuscata da un decennio di pre-sidenza Bush ricco di sfi de, lanciate da vecchi e nuovi nemi-ci, a cui non sempre la Casa Bianca è ri-uscita a far fronte. Il pragmatismo di Barack Obama ha modifi cato profon-damente le modalità dell’ approccio statu-nitense alle questioni rilevanti del panora-ma politico interna-zionale, permettendo al contempo il rilan-cio dell’immagine del paese intero agli occhi dell’opinione pubblica mondiale. Quale futuro attende la nazione conside-rata da molti il faro della libertà? In un’ arena anarchica il cui tratto distintivo sarà un’eterogenea multipolarizzazione, gli Stati Uniti saran-no probabilmente chiamati a giocare ancora un ruolo fon-damentale: essere l’unico attore in gra-do di esercitare la le-adership globale.

Simone Comi, Responsabile

Area Nord America Equilibri.net

la questione del nucleare e la sensazione è che gli Stati Uniti siano pronti a mostrare al mondo l’altra faccia del pragmatismo targato Obama.

regione del Medio Oriente allargato.

ECONOMIA

Nucleare iraniano: si stringe la viadel negoziato

Perché non può funzionare la regolamentazione dei derivati

World Wide Web: il nuovo campo

di battaglia delle guerre economiche

La Federal Reserve nel segno della

continuità

Prosegue la lotta al terrorismo internazionale

Los Angeles clash

L’editoriale

Simone Comi

UPSIDETOWN

sili a corto e medio raggio, sembra essere inoltre un ulteriore monito al governo di Teheran. Creare uno scu-do radar nella zona dello Stretto di Hormuz significa togliere la possibilità al regi-me iraniano di minacciare un attacco missilistico con-tro Israele, contro le basi statunitensi nella regione o contro i paesi del Golfo ostili al paese degli ayatol-lah. L’ iniziativa della Casa Bianca dovrebbe limitare le opzioni iraniane nel caso di ulteriori difficoltà sul fronte negoziale: senza la possibi-lità di minacciare attacchi missilistici contro i paesi della regione, il regime di Teheran sembra aver perso un’importante strumento di propaganda per mettere in difficoltà i negoziatori in-ternazionali. Gli Stati Uni-ti, dopo aver firmato con Qatar, Kuwait, Bahrein e

Emirati Arabi Uniti accor-di per il dislocamento delle unità navali nella regione, forniranno inoltre missili Patriot alle Forze Armate kuwaitiane impegnate nel rinnovamento delle pro-prie batterie missilistiche e incrementeranno il nume-ro degli effettivi in Arabia Saudita. Sebbene sia diffi-cile poter prevedere ora un successo o un fallimento della nuova tattica statuni-tense rispetto a questioni che si trascinano ormai da tempo, e che paiono esse-re ancora lontane da una conclusione minimamente condivisa, il cambiamento d’approccio alle stesse po-trebbe rivelarsi un utile di-versivo in sede diplomatica. Difficilmente gli Stati Uniti potranno tenere a lungo una postura così rigida, e per certi versi sfrontata, in una regione caratterizza-

Le iniziative statunitensi ri-guardo al programma nu-cleare iraniano sembrano essere un chiaro indicatore della volontà di aumentare progressivamente la pres-sione diplomatica e militare su Teheran. Il Congresso ha approvato una risoluzione che Barack Obama potreb-be sfruttare per imporre sanzioni nazionali contro le aziende straniere che rifor-niscono l’Iran di benzina. Per un paese che soffre la storica carenza di raffinerie, e quindi fortemente legato all’importazione di idrocar-buri già lavorati, sarebbe dunque estremamente pe-ricoloso mantenere un at-teggiamento di aperta osti-lità durante i negoziati. La decisione del Pentagono di dislocare nell’area del Golfo Persico unità Aegis, dotate di radar e missili intercettori in grado di distruggere mis-

Quale sarà, nel pros-simo futuro, il senso della partecipazione nell’Alleanza Atlantica di una Turchia che sem-bra essere sempre più rivolta verso oriente? Questa la domanda che molti si sono posti a

Washington dopo il col-loquio tra il presidente statunitense Barack Obama ed il premier turco Recep Erdogan. Intensifi cazione degli interventi delle unità combattenti turche im-pegnate nella missione Enduring Freedom in Afghanistan e revisione delle regole d’ingaggio, che hanno fi nora limi-tato le attività di con-trasto e prevenzione degli attentati nell’area, sono state le richieste avanzate dalla Casa Bi-anca al governo turco. Obama ha inoltre aus-picato l’appoggio di An-kara sulla questione del nucleare iraniano ma la risposta di Erdogan è sembrata però piuttosto elusiva. Il leader turco

ha infatti confermato che il governo potrebbe impegnarsi nel ruolo di mediatore, senza però specifi care le modalità del possibile intervento diplomatico né fornire garanzie rispetto alla re-ale volontà di ritagliarsi un ruolo in questione così spinosa, ruolo che potrebbe rivelarsi piut-tosto oneroso in termini di appeal politico nella regione. Secondo le in-tenzioni della Casa Bi-anca, Ankara dovrebbe inoltre giocare un ruolo fondamentale nella nor-malizzazione della regi-one di Kirkuk, nel nord dell’Iraq, controllata dai curdi ma geografi ca-mente e politicamente vicina alla Turchia. L ’ a m m i n i s t r a z i o n e

ta da un’estrema fluidità in termini di strategie politiche e diplomatiche. La Casa Bianca ha lanciato però un segnale forte alla leadership iraniana, mostrando l’altra faccia del pragmatismo di stampo obamiano: nessuno può escludere che, dopo numerosi negoziati e a fronte di un atteggiamen-to poco collaborativo da parte di Teheran, l’opzione di un intervento militare resti l’unica possibilità per chiudere la questione del programma nucleare iraniano.

Obama potrebbe trova-re nell’esecutivo guidato da Erdogan un prezioso alleato per la stabilizza-zione di una zona vitale per l’economia dello stato iracheno. Anche in questo caso resta però da verifi care quale sarà il grado di impegno del governo turco nel soste-nere le strategie statu-nitensi.

La presunta volontà della Turchia di pro-porsi come primo in-terlocutore per le qu-estioni riguardanti la regione del Medio Ori-ente allargato potrebbe costituire l’ostacolo più grande per le relazioni tra i due paesi. Sembra potersi escludere a pri-ori l’ipotesi che gli Stati

Uniti accettino un ruolo di secondo piano in si-tuazioni che potrebbero lederne gli interessi nella zona. La Casa Bi-anca cercherà quindi di dimostrare di poter ri-coprire il ruolo di guida in grado di orientare le scelte dei partner e il pragmatismo di Barack Obama potrebbe rive-larsi un elemento fl uidi-fi cante nel momento di attrito tra i due attori. Non si può tuttavia es-cludere l’ipotesi che, nel caso di aperti dissidi con gli alleati vogliosi di affrancarsi dalla strate-gia statunitense, il pre-sidente decida di agire unilateralmente per preservare le posizioni e gli interessi di Washing-ton nella regione.

S. C.

Febbraio 2010UNITED STATES of AMERICA

Nucleare iraniano: si stringe la via del negoziato

POLITICA

Washington ed Ankara, alleanza a rischio?

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UPSIDETOWN

Il fallito attentato al volo della Delta Airlines nel periodo di Natale, e le con-seguenti polemiche sull’in-capacità di previsione dei servizi di intelligence sta-tunitensi, hanno riportato a Washington un clima caratterizzato da tensioni, paure e critiche. Per certi versi l’opinione pubblica sembra essere ricaduta in un isterismo dettato dalla paura che possa verificar-si un nuovo 11 settembre e alla Casa Bianca quanto successo ha suscitato una dura reazione da parte di Barack Obama. Nei giorni immediatamente successi-vi, l’esecutivo ha però deciso di riportare entro limiti pre-cisi le dichiarazioni dei fun-zionari e la linea strategica da seguire, in modo da po-ter rispondere più efficace-mente a minacce terroristi-che in territorio nazionale o

A pochi giorni dal tentato attacco al volo della Delta Airlines da parte dello stu-dente nigeriano Abdulmut-tallab, la Casa Bianca ha fatto sapere che non sareb-be stato aperto un nuovo fronte di guerra contro Al Qaeda nello Yemen. Ulte-riori impegni militari nella regione sembrano essere

in caso di attacchi contro le sedi diplomatiche nel mon-do. L’immediata chiusura dell’ambasciata in Yemen ha indotto molti analisti a pensare alla possibilità di pesanti ed immediate ritor-sioni di tipo militare contro i campi di addestramento di Al Qaeda nel paese. Per alcuni giorni gli organi di stampa hanno prospetta-to l’apertura di un nuovo fronte di guerra, il terzo nel-la regione, e quindi la possi-bilità di interventi diretti dei militari in suolo yemenita. Nulla di tutto ciò è avvenu-to e l’apparente immobilità statunitense sembra poter essere un ulteriore prova del nuovo corso che Barack Obama ha impresso all’ap-proccio dell’esecutivo verso le questioni di politica inter-nazionale. John Brennan, consigliere del presidente per il terrorismo con alle

fuori di-scussione, date le spe-se e i costi politici del prosegui-mento delle campagne in Iraq e A f g h a n i -stan, ma la Casa Bian-ca disporrà probabil-mente cam-b i a m e n t i

importanti all’interno dei servizi di intelligence. Ba-rack Obama ha dichiarato che i servizi di sicurezza hanno fallito in manie-ra disastrosa, poiché pur avendo complessivamente abbastanza informazioni per prevenire l’attentato sul volo della Delta Airlines non

spalle una lunga carriera nella CIA, ha dichiarato che l’esecutivo statunitense è pronto a sostenere il gover-no di San’a e che gran parte dei 90 prigionieri yemeniti di Guantanamo saranno rimpatriati nel loro paese solo nei tempi opportu-ni e nei modi adeguati. Quest’ultima precisazione è senza dubbio un segno del fatto che, pur volendo sup-portare il governo yemenita nella lotta ad Al Qaeda, la Casa Bianca preferisce non correre il rischio di dover assistere a pericolose eva-sioni di terroristi pronti a rientrare attivamente nella lotta contro gli Stati Uniti. Per questo motivo i servizi di intelligence statunitensi collaboreranno maggior-mente con il Mukhabarat yemenita e il GSS saudi-ta, attivo in Yemen già da qualche tempo, così da po-

sono riusciti a neutralizzare l’attentatore e a sventare la minaccia. La mancanza di coordi-namento fra le differenti agenzie di intelligence è uno dei problemi storici del comparto della sicurezza a stelle e strisce. Nel recente passato la mancanza di con-divisione di notizie sensibili è costata un prezzo altissi-mo: prima degli attacchi al World Trade Center erano state raccolte infatti notizie sufficienti a ricostruire il quadro di una situazione potenzialmente esplosiva, ma la mancanza di canali di dialogo tra le agenzie ha im-pedito un’efficace azione di prevenzione. I servizi di in-telligence statunitensi sem-brano vivere un momento particolarmente difficile. Negli stessi giorni del ten-

ter monitorare le attività dei gruppi sospettati di far parte di Al Qaeda o di essere in contatto con Nasser Al Wahishi, uno dei leader qaedisti più attivi nella zona negli ultimi mesi.

tato attacco al volo Delta, sette agenti della CIA sono morti infatti in un attentato suicida organizzato da un infiltrato in Afghanistan, re-clutato dopo la sua cattura nel 2007. Secondo gli ana-listi, che hanno ipotizzato il perché di tale gesto, sembra essersi fatta largo l’ipotesi che in realtà l’infiltrato si sia trasformato in un agente del controspionaggio per Al Qaeda. L’attacco suicida, avvenuto all’interno di una base militare statunitense, ha rivelato lacune profon-de nel sistema di sicurez-za e gestione degli agenti reclutati nella regione. Non è infatti il primo caso di un infiltrato che, dopo aver lavorato su entrambi i fronti, decide di espiare le sue colpe scegliendo la via del martirio. E’ forse anco-

ra troppo presto per poter ipotizzare quali saranno le decisioni di Barack Oba-ma e delle alte gerarchie dell’intelligence per cercare di uscire da questa situa-zione di difficoltà operative. Di certo però un’eventuale epurazione sarà silente. Resta da verificare se l’at-tuale amministrazione de-ciderà di continuare sulla via tracciata da quelle che l’hanno preceduta o se ri-lancerà il ruolo dei servizi di intelligence in territorio statunitense e all’estero, primo passo verso una più efficace opera di contrasto ad un nemico che non uti-lizza le tattiche della guerra tradizionale e i cui attacchi potrebbero essere preve-nuti semplicemente con un miglior coordinamento tra le diverse Agenzie.

Simone Comi

Febbraio 2010UNITED STATES of AMERICA

Nuove minacce, nuove strategie.Prosegue la lotta al terrorismo internazionale

Verso una riforma dei servizi di intelligence?

POLITICA

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UPSIDETOWN

Malgrado la severità della crisi finanziaria globale, vi sono molti analisti che pre-ferirebbero lasciare alle di-namiche del libero mercato la risoluzione della crisi e la prevenzione di situazio-ni simili in futuro. “Wall Street si è ubriacata”, disse il Presidente George Bush; perché non farle passare la sbornia? Considerando il fatto che nessun investitore razionale opera col fine di perdere denaro, le persone potrebbero aver avuto biso-gno di imparare la lezione – purtroppo, nel modo peg-giore. Ciò che dobbiamo chiederci è se vale davvero la pena di prendere questo rischio. Il celebre economi-sta Merton Miller disse: “Le imprese continueranno a perdere denaro sulla base di giudizi errati e di con-tratti derivati sbagliati; del resto come hanno sempre fatto con contratti riguar-danti asset ordinari come le azioni ed il mercato immo-biliare”. Creare un sistema regolatorio ad hoc per gli strumenti derivati andrà solamente a ridurre i bene-ficio sociali, tra i quali figura la maggiore disponibilità di fondi dedicati al prestito per gli investitori, capace di mi-gliore l’efficienza economi-

ca aggregata. In altri termi-ni, una regolamentazione draconiana sarebbe inutile, tenendo presente che nella finanza vi è sempre e co-munque un tasso di rischio intrinseco. La regolamen-tazione potrebbe inoltre impedire alle imprese di diversificare il rischio nella maniera più appropriata. Vi sono regole specifiche che possono essere seguite per mitigare il rischio usando i derivati, ma esse dipendo-no dalla stabilità dell’asset sottostante (ad esempio il grado di affidabilità di chi prende in prestito dena-ro). Ciò sposta il pendolo dell’onere della crisi globa-

le dai derivati alle politiche del credito troppo acco-modanti. Tuttavia, qualora il default si concretizzasse “avrebbe lo stesso impat-to sui derivati e sugli altri strumenti finanziari. Se il prezzo dell’asset sottostan-te cresce, posizioni di lungo termine guadagneranno, mentre ci perderanno le posizioni di breve. Dato che i contratti derivati sono titoli a offerta netta nulla, i profitti eguaglierebbero le perdite” (Hntschel, Lud-ger & Smith, Clifford Risks in Derivatives Markets: Im-plications for the Insurance Industry, The Journal of Risk and Insurance, 1997).

Questo starebbe ad indica-re che la possibilità di un rischio sistemico non è ele-vata, poiché una perdita a livello aggregato non è pos-sibile; pensiamo a quando John Paulson fu in grado di generare un profitto di 20 miliardi di dollari scom-mettendo sul fatto che i prezzi degli immobili non sarebbero aumentati. Strutture regolatorie non sono in grado di offrire un’ unica soluzione efficien-te. Perseguendo il proprio interesse personale, mol-ti regolatori potrebbero imporre costi burocratici, limitando così il profitto e l’efficienza dei mercati

La proposta della Casa Bianca di imporre nuo-vi limiti alle banche in termini di dimensioni e rischi legati alle atti-vità fi nanziarie è stata accolta con pessimismo a Wall Street. Il settore continua ad essere sotto pressione e l’approva-zione della riforma da parte del Financial Sta-bility Board ha pesato non poco sul risultato

finanziari – azzerando i benefici sociali. Parimenti, come è dato vedere in ogni arena politica, gli interessi dei gruppi di minoranza avranno sempre una de-terminata influenza. All’in-terno di una struttura re-golatoria è molto probabile che permanga la ricerca del profitto personale, metten-do così il benessere della collettività in secondo pia-no. Ogni individuo che non crede nella capacità umana di imparare dai propri erro-ri, cadendo vittima dell’avi-dità ancora una volta, ribat-terà che non regolamentare i derivati porterà ad altre crisi finanziarie. Questo in-dividuo deve sapere che i regolatori non sono co-munque dotati del dono dell’infallibilità. Gli investi-tori potranno certamente ignorare il buon senso per un profitto maggiore, ma i singoli individui possono in ogni caso usare questa informazione per protegge-re i propri interessi. Questo grado di trasparenza potrà mai esistere all’interno di un apparato statale?

Daniel SutterWashington D.C.

della settimana di con-trattazioni. L’attuale situazione potrebbe avere ricadute politiche importanti: Timothy Geithner, Segretario al Tesoro, e Larry Sum-mers, consigliere del presidente, sono consi-derati da molti analisti i maggiori responsabili dell’andamento alta-lenante dell’econo-mia a stelle e strisce.

Non sarebbe quindi da escludersi l’ipotesi di un avvicendamento al Dipartimento del Te-soro. Paul Volcker, già ex presidente della Fe-deral Reserve, potreb-be essere il sostituto di Geithner nel caso in cui Obama decidesse di cambiare la strategia economica della Casa Bianca.

Febbraio 2010UNITED STATES of AMERICAECONOMIA

Perché non può funzionarela regolamentazione dei derivati

Wall Street in calo, bocciata la svolta di Obama

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UPSIDETOWN

Dopo lo spazio terrestre, marittimo ed aereo ora sono le immense distese del web, ed il controllo su di esse, a scatenare le mire de-gli stati. Dopo una settima-na di scambi d’accuse tra il colosso economico Google e il governo cinese, l’inter-vento del Segretario di Sta-to Hillary Clinton sembra aver scatenato nuove ten-sioni tra gli Stati Uniti e la Cina. Nel testo del discorso pronunciato al “Freedom Forum” di Washington la Clinton ha attaccato du-ramente i cyber terroristi, sottolineando al contempo che il governo statunitense incoraggerà il rispetto delle regole già esistenti e favo-rirà il sorgere di un nuovo codice di regolamentazione per i crimini telematici in-ternazionali, così da poter far fronte a possibili azioni illecite. Le parole del Segre-tario di Stato sono sembrate un monito, neanche troppo velato, alla Cina, le cui auto-rità hanno violato le caselle di posta elettronica di alcu-ni dissidenti politici impo-nendo la censura a blog e siti ritenuti “scomodi”. Sia a Pechino che a Washington è chiaro che la questione potrebbe diventare esplo-

siva, soprattutto nel pros-simo futuro. Gli attacchi in-formatici sembrano essere la prossima frontiera degli scontri fra Stati. Scontri di tipo economico, commer-ciale o politico. Solo in Cina, secondo quanto affermato dalle autorità governative, internet ha 348 milioni di utenti, 3,68 milioni di que-sti sono proprietari di un sito o gestiscono uno fra i 180 milioni di blog attivi.

Gli interessi legati allo scambio di informazioni o transazioni commerciali le-gati alla rete telematica sono ingenti e, allo stato attuale delle cose, il world wide web rischia di trasformarsi

in uno spazio senza gover-no né tutela alcuni. Oltre alla Cina, i paesi chiamati in causa dal Segretario di Stato sono l’Iran, la Tunisia, l’Uzbekistan, l’Arabia Sau-dita ed il Vietnam: mercati telematici in cui potrebbe rivelarsi rischioso cercare di aprire anche solo picco-le transazioni commerciali via web. Potrebbe quindi non essere lontano il giorno in cui una guerra economi-ca si condurrà dietro ad un monitor, con conseguenze potenzialmente devastanti per il paese sotto attacco e le vite di milioni di cittadi-ni. Per un governo inten-zionato a colpire interessi stranieri sarebbe semplice,

e meno dispendioso in ter-mini politici ed economici, mettere in difficoltà le socie-tà multinazionali con sede nel paese ostile o decidere di attaccare direttamente i siti che gestiscono infor-mazioni sensibili, piuttosto che pianificare un attacco militare di tipo conven-zionale. Per questo si può presumere fin d’ora che la guerra telematica sarà la prossima frontiera del con-fronto tra gli stati o tra attori economici di un certo peso. In un mondo che, anche grazie alla rete telematica, è sempre più economica-mente interdipendente, non saranno solo le entità statali tradizionali a scon-

trarsi per ottenere risorse capaci di accrescerne la po-tenza. A titolo esemplifica-tivo basti pensare alla libera informazione sul web, che potrebbe rivelarsi un facile, quanto letale, strumento per la destabilizzazione di importanti colossi econo-mici quotati sui maggiori mercati internazionali.

Gli Stati Uniti dovranno probabilmente assumersi il doppio ruolo di difensori delle “libertà telematiche” e di controllori in grado di fermare possibili cyberat-tacchi, contro siti governa-tivi e non. Per far questo, il Congresso ha chiesto a Hil-lary Clinton di utilizzare un primo stanziamento di 45 milioni di dollari, che ver-ranno messi a disposizione delle organizzazioni che supportano i “dissidenti in-formatici” nei paesi che ap-plicano la censura telemati-ca. L’invito potrebbe essere solo il primo passo verso uno scontro che rischia di essere cruento quanto si-lenzioso, invisibile gli occhi dell’opinione pubblica ma ugualmente letale.

A dodici mesi dal giura-mento del presidente che ha promesso in campagna elettorale il cambiamento della strategia della Casa Bianca alla politica estera, gli Stati Uniti restano l’uni-ca vera potenza militare a livello globale. Truppe im-pegnate in Iraq ed Afgha-nistan, quasi 200.000 uni-tà in tutto, effettivi schierati in Europa, 80.000 unità, nella regione del Pacifi-co, più di 70.000 unità, e nell’area africana e medio-

rientale, circa 12.000 unità. Proseguire la lotta al terro-rismo inaugurata dall’am-ministrazione Repubblica-na comporta però dei costi economici altissimi: la spesa per il Pentagono cre-scerà nel prossimo biennio fino a superare la soglia dei 700 miliardi di dollari, di cui 159 saranno destina-ti al mantenimento della missione Af-Pak. La sen-sazione prevalente a Wa-shington è che l’impegno militare proseguirà ben

oltre il 2012 e molti analisti indicano nel 2015 la data di effettivo ritiro. Nella regione dove si concentra lo sforzo statunitense, la tattica della Casa Bianca è apparsa chiara: rinforza-re la componente militare della lotta, in Afghanistan, e incrementare invece le attività in Pakistan, nei cui cieli i droni hanno ef-fettuato nell’ultimo anno 53 missioni, un aumento importante rispetto alle 36 dell’anno precedente.

Il Senato ha dato il via libera alla conferma di Ben Ber-nanke alla guida della Federal Reserve con 70 voti a fa-vore e 30 contrari, una maggioranza contenuta rispetto a quella conquistata dai suoi predecessori. Le dichiarazioni di due senatori Democratici di primo piano, Russel Fein-gold e Barbara Boxer, che hanno duramente criticato il presidente della banca centrale per aver permesso attività finanziarie irresponsabili sembravano poter ostacolare la possibilità di un Bernanke-bis. Il Senato ha invece deciso di prolungare di altri 4 anni il mandato dell’ex professore di Princeton alla guida della FED, che si troverà a dover gestire nel prossimo futuro l’inversione della rotta della politica monetaria.

Simone Comi

Febbraio 2010UNITED STATES of AMERICA ECONOMIA

World Wide Web: il nuovo campo di battaglia delle guerre economiche

Crescerà ancora il bilancio del Pentagono La Federal Reserve nel segno della continuità

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UPSIDETOWN

a cura diwww.tipimetropolitani.it

Los Angeles conosce bene la violenza, e pro-prio per questo tiene gli occhi aperti. La guerra a tutto campo tra le sue due etnie più forti, gli afroamericani e i latini, sta mietendo vittime e alzando a livelli allar-manti il tasso di scontro in città. Uno scenario ben rap-presentato dai numeri, quelli illustrati recen-temente in un rapporto inquietante che sottoli-nea il confl itto razziale che si respira in città: Eric Hass riporta sul L.A. City Beat che “con-fl ict between African Americans and Lati-nos is the most serious and troubling feature of inter-group relations in Los Angeles County. African Americans were targeted in 40 percent of all hate crimes reported last year, 69 percent of which were committed by Latinos. The study also found that Latinos were the second-most targeted racial group, and 81 percent of the crimes committed against them were per-petrated by African Americans”.A livello as-soluto, tuttavia, emerge un dato inequivocabile, pubblicato da The Ti-

mes: dalle statistiche della polizia dal 1994 al 2006 risulta che ci sono stati quasi cinque volte più omicidi, rapine e al-tri crimini violenti com-messi da latini contro afroamericani rispetto al contrario.Una guerra che sembra essere più acuta dove il ricambio demografi co è più alto. Black Flight, intere famiglie di afro-americani se ne stan-

no andando dalla città verso suburbia, o verso altri Stati. Dove soprav-vivere sembra essere più facile, dove le case costano meno. E il ter-ritorio viene poco alla volta presidiato dai lati-ni, messicani, ma anche centroamericani. Così il confl itto prende il colo-re della sopravvivenza,

dell’illusione di preser-vare, o impugnare, posti di lavoro, posti a scuola, posti per dormire. E poi gang, controllo della malavita, droga, prosti-tuzione, armi.Tempo fa Sam Durant, uno degli artisti che più si è speso per rac-contare la genesi della questione razziale negli Stati Uniti, raccontava di una chiesa a South Central, la R.M. “Schin-dler’s Bethlehem Bapti-st”: un gioiello progetta-to da Schindler, l’unica chiesa da lui costruita, purtroppo corrosa dal degrado dell’area. Cu-riosando qua e là, gli afroamericani dicevano che i latini non avevano neppure rispetto della chiesa. E i latini ribal-

tavano l’accusa ai dan-ni degli afroamericani. Accusandosi, insomma, di riempire una chiesa di graffi ti. Questo epi-sodio, minimo, riesce a raccontare più di ogni altra cosa il clima che si respira.In tutta la faccenda, a pagare il prezzo più alto sono gli afroamerica-

Elicotteri si stagliano sopra il cielo di LA. Il loro rumore si insinua fastidioso giorno e not-te. I loro fari squarciano la quiete quando non c’è più il sole. Poi, nelle zone più povere, dove si ammazza e si ruba a cielo aperto, gli elicotte-ri ronzano senza pietà,

strusciano sui quartieri, più insidiosi di tafani nell’afa della nostra esta-te. Sulle spiagge battono il tempo, e quando le col-line bruciano, si arram-picano carichi d’acqua in un viavai nevrotico.

ni. Ci sono ricerche che indicano come, a parità di condizioni, un datore di lavoro tenda ad assu-mere un latino rispetto a un afroamericano: la mancanza di un “patri-monio culturale” legato alla lotta, alla rivendica-zione dei diritti, alle for-me di sindacalizzazione, rende infatti il latino più innocuo e control-labile. Cosi, l’attitudine al lavoro dei neri viene percepita come nega-tiva, incrementando i tassi di disoccupazione e fomentando la spirale della criminalità orga-nizzata, e specialmente del razzismo. Una guerra su più li-velli: in parte alla luce del sole, in parte sotto-traccia. Epicentro dello

scontro è il quartiere di Harbor Gateway, estremo sud della me-tropoli. La comunità afroamericana sembra stia soccombendo. Ker-man Maddox, membro dell’African American Summit on Violence Prevention lancia l’al-larme, citando un epi-sodio emblematico:

“Un afroamericano di diciannove anni, non appartenente ad alcuna banda, è stato recen-temente ucciso da un membro della gang lati-na ‘204th Street’. Sape-te il motivo? Quest’ulti-mo era infuriato perché un afroamericano aveva appena sconfi tto un la-tino in un incontro di boxe”. A questo punto viene richiesto un pro-nunciamento chiaro ed inequivocabile ai leader latini, fi no ad oggi silen-ti, per mettere un fre-no alla deriva violenta. Tanto più se si conside-ra che al Consiglio Co-munale di Los Angeles - il cui sindaco è Anto-nio Villaraigosa - latini e afroamericani siedono nello stesso gruppo. Ma la sensazione è che non sia più una questio-ne dirimibile dalle auto-rità e le forze dell’ordi-ne. Alla radice di questo confl itto c’è una commi-stione di fattori, dei qua-li quello economico non è necessariamente il più importante. E’ in atto una guerra di sopravvi-venza tra due etnie che hanno combattuto a lungo per le stesse bat-taglie, quali stipendi ac-cettabili, giustizia, lotta ai soprusi della polizia. Oggi, sfruttando un mo-mento da “ventre molle” della società losangeli-na, sembra che sia scoc-cata l’ora della resa dei conti, una guerra senza scrupoli per sancire che in città non c’è posto per tutti.

Febbraio 2010UNITED STATES of AMERICASOCIAL TRENDS

Los Angeles clash: la guerra feroce tra latini e afroamericani

Los Angeles: Elicotteri nella notte

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gang della polizia, rap-presentano gli antipodi della lotta al fenomeno. Uno, Robert Duvall, più anziano e saggio, ha imparato quali sono le regole della strada e delle bande, ha capito che la repressione dura non porta che violenza e guerra. L’altro, Sean Penn, appena arruolato e più impulsivo, vor-rebbe sfogare la rabbia contro chiunque gli ca-piti, utilizzando gli stes-si metodi da gangster in uso presso le bande contro cui si trova a dover lottare ogni gior-no. La trama e il fi nale

lasciano però spazio ad una descrizione ab-bastanza precisa della fenomenologia delle gang, famiglie adottive di giovani che hanno alle spalle storie diffi cili e che si trovano a dover sopravvivere in un am-biente diffi cile e il più delle volte spietato. E’ così che la megalopoli diventa terra di conqui-sta, priva di legge se non quella della violenza. E’ così che vicino al pro-gresso della Silicon Val-ley troviamo un mondo arcaico, in cui ognuno cerca di fondare la pro-pria storia.

S. C.

UPSIDETOWN

“Qualcuno sogna un tetto, qualcuno sogna un letto, qualcuno sogna un lavo-ro, qualcuno sogna soldi sufficienti a mangiare, qualcuno sogna il sogno di dimenticare, partire, nascondersi, trasformarsi, diventare, qualcuno sogna il sogno semplice di arriva-re alla fine di una giornata senza aver paura di morire, qualcuno sogna di famiglie qui o lì o dove sia che sono partiti sogna di farle venire a ricominciare da capo e di avere realmente una caz-zo di possibilità, qualcuno sogna che lo si lasci vivere, parlare, credere e vestire come gli pare.”

Tanti personaggi, tante sto-rie che si intrecciano. Sogni che si realizzano (pochi) o che svaniscono (molti) al sorgere dell’alba sulla città degli Angeli. Una colonia la cui storia inizia nel 1781 con il nome di El Pueblo de Nuestra Senora la Reina de Los Angeles de Porciùncu-

Los Angeles, territorio di bande. Nella città degli Angeli l’inferno è sulle strade. Bande di adolescenti che si de-fi niscono combattenti, che lottano per strisce d’asfalto nei sobborghi di una megalopoli in cui lusso e miseria convi-vono ogni giorno nella stessa, immensa, diste-sa di ville e baracche. Ispirato a un’inchiesta pubblicata da Newswe-ek nel 1987, Colors è uno spaccato delle stra-de americane negli anni ’90, attuale ancora oggi. I due protagonisti, poli-ziotti della squadra anti-

la. Cresciuta lentamente fino ad essere la megalopoli che tutto il mondo conosce, la capitale della California descritta da Frey è oggi un ammasso di automobili, individui e sogni. Los Ange-les, la Mecca del cinema. Los Angeles, meta ideale per provare a costruirsi una vita diversa. L’autore pre-senta nel corso del suo libro centinaia di storie brevi, che durano lo spazio di po-che righe. Solo quattro tra queste attraversano tutto il romanzo, con il loro carico di sogni, perversioni, gioie e delusioni.

I protagonisti sono quanto di più diverso possa tro-varsi in una megalopoli: un homeless filosofo, due ragazzini scappati dall’Ohio e da famiglie distrutte, una ragazza nata quindici metri dopo la frontiera che separa gli Stati Uniti dal Messico e un attore miliardario, con un matrimonio di facciata e dei figli concepiti in provet-

ta. Unico comun denomi-natore è Los Angeles: le sue strade, la sua ricchezza, la sua povertà, il suo essere la città degli angeli e dei dan-nati. Di coloro che vivono o hanno vissuto l’inferno so-gnando il paradiso, di quelli che hanno avuto in dono il paradiso e lo trasformano in un inferno. Old Man Joe, Dylan e Maddie, Esperan-za, Amberton: le loro vite racchiudono i pensieri, la semplicità, i sogni e la per-versione di Los Angeles. Poveri e ricchi, disonesti e idealisti, vittime e carnefi-ci. Tutti sulla ribalta di un palcoscenico che per molti europei non è null’altro che una visita agli Studios o una passeggiata per Rodeo Drive, ma che nasconde un mondo molto più affasci-nante. Una società che Frey descrive magistralmente, un autore che per molti fa già parte dei grandi narra-tori americani.

Febbraio 2010UNITED STATES of AMERICA CULTURA

“ Buongiorno Los Angeles” di James Frey

Colors – di Dennis Hopper, con Robert Duvall, Sean Penn

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UPSIDETOWN

E’ in corso di pubblica-zione il libro “Lettere dal Presidente” di Ilaria Rapacchio, edito con il patrocinio della Fon-dazione Italia USA, che raccoglie e traduce per la prima volta in Italia tutte le email inviate da Barack Obama ai suoi sostenitori durante la campagna elettorale del 2008. Anticipiamo la prefazione scritta dal presidente della Fon-dazione Italia USA, on. Rocco Girlanda. Barack Obama è certa-mente il primo grande leader dell’era di Face-book. Ancora alla fi ne del 2004 Obama era uno sconosciuto rappre-sentante dell’assemblea statale dell’Illinois, non era neppure un senato-re. Figlio di un keniota che non ha pratica-mente mai conosciuto, e di una antropologa del Kansas. Nato alle Hawaii ma cresciuto in Indonesia. Come è sta-to possibile che questo candidato democratico abbia conquistato non solo la Casa Bianca, ma abbia cambiato il volto della politica e della lea-dership sul piano mon-diale? I nuovi media e i

nuovi linguaggi hanno avuto un ruolo prima-rio. Proprio le nuove forme di comunicazione e di informazione e i social networks, da Twitter a Youtube, da Flickr a Facebook, consentono oggi quella che potrem-mo chiamare la “poli-tica dell’outsider”, fi no a pochi anni or sono impensabile. Giovani candidati nascono ed esplodono, anche in Europa, grazie alla rete. La velocità del web ed il conseguente trasfe-rimento immediato di informazioni a decine di milioni di persone, spesso utenti “target-tizzati” e quindi perfetti per il marketing politi-co, permette l’afferma-zione di leadership che la politica tradizionale mai avrebbe immagina-to, chiusa com’era negli apparati e nella buro-crazia dei partiti. E con i media cambia il linguag-gio e i suoi codici, che deve necessariamente adattarsi alle forme più brevi, immediate, diret-te, come richiesto dalle regole della rete.Obama ha subito intui-to l’enorme potenzialità della rivoluzione che è

in corso. Quando erano tutti in attesa della con-ferma circa la sua can-didatura alla Casa Bian-ca, a fi ne 2006, Obama decideva di girare un vi-deo, che iniziava con la solennità di un discorso da senatore nel suo uf-fi cio del Congresso, si soffermava sulla prossi-ma campagna elettorale per il presidente degli Stati Uniti, e creava una forte aspettativa. Ma al termine, al posto dell’annuncio così atte-so, estraeva il cappello dei Chicago Bears e di-chiarava ridendo il suo appoggio alla squadra. Il video, in pochissime ore, diverrà un cult dei bloggers e delle pagine di Youtube, portando immediatamente Oba-ma a vette di popolarità altissime.Con l’avvento di Ba-rack Obama cambia non soltanto la politica americana, ma la stes-sa visione della poli-tica. Basta vedere, ad esempio, i dati relativi ai contributi elettorali raccolti durante la sua campagna, dove risalta-no non tanto le cospicue e consuete donazioni da parte delle grandi cor-porations, bensì i mi-

lioni di contributi individuali da un dollaro raccolti attraverso la rete.Tra la sua generazione e quella degli altri politici americani c’è la stessa differenza che troviamo tra Wikipedia e una vecchia enciclopedia che teniamo da anni nella libreria. Qualunque sarà l’esito della sua presidenza, la campagna elettorale di Barack Obama e la sua vittoria hanno certamente contri-buito a cambiare per sempre il modo di fare politica nell’Occidente.

La Fondazione Italia USA nasce per testimoniare l’amicizia tra gli italiani e il popolo americano. E’ un’istituzione indipendente e apartitica al di qua e al di là dell’Atlantico, che ha come fi nalità statu-taria unicamente la promozione dell’amicizia tra l’Italia e gli Stati Uniti d’America.

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UPSIDETOWN Anno 2, numero 2.

Inserto online del quotidiano Equilibri.net

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DIRETTORE RESPONSABILE Daniele Bologna

COORDINATORE SCIENTIFICO Simone Comi

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Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero:

Emanuele Schibotto

Daniel Sutter

Upside Town è un prodotto editoriale di Equilibri, società dedita all’analisi degli eventi e delle dinamiche internazionali. La divisione Eq Consulting fornisce ai clienti servizi legati all’internazionalizzazione d’impresa: analisi di mercato, ricerca di partner in loco, gestione day-by-day e problem solving.

Febbraio 2010UNITED STATES of AMERICALINK

In corso di pubblicazione “Lettere dal Presidente” con il patrocinio della Fondazione Italia USA

Fondazione Italia USA

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