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Università La Sapienza di Roma IL PROCESSO TRIBUTARIO Diritto Tributario Prof.ssa Rossella Miceli A cura di: Dott. Francesco Corda

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Università La Sapienza di Roma

IL PROCESSO TRIBUTARIO Diritto Tributario Prof.ssa Rossella Miceli A cura di:

Dott. Francesco Corda

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IL PROCESSO TRIBUTARIO

II

PARTE 1

L’attività giurisdizionale e la giurisdizione tributaria. o La giurisdizione e il processo. o Il diritto di difesa. o Le caratteristiche della giurisdizione tributaria. o La giurisdizione tributaria: le Commissioni Tributarie. o La delimitazione della giurisdizione tributaria: criteri oggettivi e soggettivi. o Il difetto di giurisdizione: la riassunzione ed il regolamento preventivo di

giurisdizione.

I

PARTE 2

Il processo tributario: profili generali. o Le fonti del processo tributario. o Il processo tributario quale giudizio di “impugnazione - merito”. o Tipi di azione.

L’azione di impugnazione e di rimborso: il ricorso. o Le parti processuali.

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III

(

(segue) o L’oggetto dell’impugnazione. Atti impugnabili e limiti dell’impugnazione. o I motivi. o Il principio dispositivo e l’onere della prova. o Le prove nel processo tributario.

Il giudizio di primo grado (iter processuale). La decisione.

PARTE 3

Il passaggio in giudicato e il sistema delle impugnazioni. o L’appello. o Le prove in appello e il procedimento. o Le sentenze del giudizio di appello. o Il ricorso per cassazione (cenni generali). o Il ricorso per cassazione. I Tipi di sentenze. o La revocazione.

Gli eventi particolari del processo: sospensione, interruzione ed estinzione. L’esecuzione delle sentenze favorevoli al contribuente: il giudizio di ottemperanza. La tutela cautelare a favore del contribuente. Annotazione a margine: i termini processuali.

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Parte Prima L’attività giurisdizionale e la giurisdizione tributaria.

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La giurisdizione e il processo

• La giurisdizione è uno dei tre poteri o funzioni fondamentali dello Stato (potere legislativo, esecutivo e giudiziario).

• E’ esercitata dai Magistrati, che compongono l’ordinamento giudiziario (Art. 102

Cost.).

• E’ diretta all’attuazione ed applicazione delle norme giuridiche, generali ed

astratte, ai singoli casi concreti.

• Attraverso la giurisdizione, lo Stato assicura la tutela dei diritti e degli interessi del singolo, sia nei rapporti con gli altri consociati, sia nei confronti dei propri organi o enti, garantendo la realizzazione del c.d. “diritto di difesa” sancito dall’art. 24, comma 1, Cost., secondo il quale:

“ Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi

legittimi”.

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Il diritto di difesa

• L’art.24 Cost. prospetta un “giudizio” messo in moto da

una certa iniziativa (l’”agire”) configurata per “tutti” alla “tutela” dei diritti e degli interessi.

• Questo “giudizio” appare, sotto un primo profilo generalissimo, come una attività che procede verso la tutela dei diritti e degli interessi.

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Caratteristiche fondamentali della funzione giurisdizionale sono:

Strumentalità rispetto al diritto da tutelare: con le norme sostanziali o primarie, il

legislatore disciplina i diritti soggettivi e gli interessi del singolo ritenuti meritevoli di tutela. Con le norme processuali o secondarie, il legislatore disciplina forme e modi di esercizio dell’attività giurisdizionale, che costituisce lo strumento per l’attuazione dei diritti e degli interessi nell’ipotesi in cui tale attuazione non si verifichi spontaneamente.

Carattere sostitutivo: gli organi cui è devoluta l’attività giurisdizionale si sostituiscono a coloro che avrebbero dovuto tenere il comportamento previsto, dalle norme sostanziali in via primaria, per attuare, in via secondaria, quella medesima protezione dei diritti che stava alla base in via primaria della norma sostanziale. Funzione correlata al divieto dell’autodifesa.

Terzietà e imparzialità dei soggetti che esercitano la funzione giurisdizionale rispetto agli interessi in conflitto. La terzietà e imparzialità dei Giudici, sancita a livello costituzionale (Art. 101, comma 2, Cost.), è assicurata attraverso specifici istituti processuali (astensione e ricusazione del Giudice _ v. infra pag. 9).

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Le caratteristiche della giurisdizione tributaria

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• Lo strumento principale dell’attività giurisdizionale è il processo, ovvero un sequenza di atti, concatenati tra loro, avviata dalla “domanda” (espressione del potere di “agire in giudizio”), che una parte (denominata “attore” o “ricorrente”) rivolge a un Giudice terzo e imparziale nei confronti di un ’ altra parte (denominata “ convenuto ” o “resistente”) e diretta ad ottenere una pronuncia del Giudice sulla domanda stessa, per la tutela di diritti soggettivi o interessi legittimi.

• Il diritto processuale è, dunque, l ’ insieme delle norme giuridiche che disciplinano i presupposti, la forma e gli effetti dei vari atti compiuti nell’ambito del processo, cioè l’attività del “procedere”.

• All’interno del processo la tutela del diritto si realizza mediante diversi tipi di attività (la cognizione, l ’ esecuzione e la cautela) cui corrispondono diversi procedimenti, che vengono avviati dalla parte che “agisce” in giudizio attraverso diversi tipi di “domanda” (azione di cognizione, esecutiva e cautelare).

• A seconda della natura del diritto soggettivo o dell’interesse oggetto di tutela, distinguiamo tra diversi tipi di Giurisdizione (recte: Giudici) e diversi tipi di processo.

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• Una prima e importante distinzione, sancita dalla Costituzione è quella tra: Giurisdizione del Giudice Ordinario Civile e Penale (art. 102 Cost); Giurisdizione dei Giudici Speciali (art. 103 Cost.), ovvero:

Corte de Conti; Tribunali militari; Giudice Amministrativo: TAR e Consiglio di Stato;

Giudice Tributario: Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali

Non è richiamato dall’art. 103 Cost. in quanto la natura giurisdizionale delle Commissioni tributarie è stata consacrata solo a seguito della riforma degli anni ‘70 (L. 9 ottobre 1971, n. 825).

N.B.: La giurisdizione del Giudice Ordinario è una giurisdizione a carattere residuale rispetto a quella dei giudici speciali: tutte le controversie la cui cognizione, per legge, non è attribuita ad uno dei Giudici Speciali, rientrano nella giurisdizione del Giudice Ordinario.

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La giurisdizione tributaria: Le Commissioni tributarie.

• Struttura e composizione delle Commissioni Tributarie sono attualmente disciplinate dal D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 545 • Le Commissione Tributarie sono articolate in: Commissioni Tributarie Provinciali (CTP): sono giudici del primo

grado di giudizio, aventi sede in ciascun capoluogo di provincia. Sono competenti a giudicare le controversie proposte nei confronti degli uffici tributari locali dell’Agenzia delle Entrate, degli enti locali o dei concessionari del servizio della riscossione che hanno sede nella loro circoscrizione.

Commissioni Tributarie Regionali (CTR): giudici di appello, dinnanzi alle quali si svolge il secondo grado di giudizio ed hanno sede nel capoluogo di ogni Regione. Sono competenti a giudicare le impugnazioni avverso le decisioni delle CTP che hanno sede nella loro circoscrizione (art. 4, d.lgs. n. 546/92).

• La competenza territoriale delle Commissioni tributarie è inderogabile.

• Le Commissioni tributarie giudicano in composizione collegiale.

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L’imparzialità del giudice tributario.

• La imparzialità del Giudice tributario è garantita: dalla indipendenza che attiene alla struttura organizzativa

dell’organo giurisdizionale e si risolve nell’assenza di vincoli di soggezione sia interni che esterni;

dalla terzietà concepita come estraneità del giudice rispetto alle parti ed agli interessi i causa.

Tali garanzie astratte sul piano concreto si attuano:

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• Su un piano generale, mediante l’istituzione di un organo di autogoverno (il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria) nonché mediante la definizione di rigorosi requisiti di idoneità dei giudici tributari e l’attribuzione di un compenso economico per l’attività svolta;

• rispetto al caso concreto, attraverso le regole sull’astensione e ricusazione del giudice:

Gli artt. 51 c.p.c. e 6 d.lgs. n. 546/92, individuano una serie di situazioni al verificarsi delle quali il Giudice ha l’obbligo di astenersi: p.e. casi in cui il Giudice abbia rapporti di parentela (art. 51 c.p.c.) o rapporti di lavoro autonomo o collaborazione con una delle parti (art. 6). Ove il Giudice non si sia astenuto spontaneamente, ciascuna delle parti può proporne la ricusazione (e, quindi, l’esclusione dal Collegio decidente), mediante ricorso al Collegio cui appartiene il giudice ricusato, contenente i motivi specifici di ricusazione e i relativi mezzi di prova (art. 52 c.p.c.).

• Inoltre, anche ai Giudici tributari si applicano le disposizioni della L. n. 117/1988 (risarcimento dei danni ingiusti cagionati con dolo o colpa grave nell’esercizio delle funzioni).

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La delimitazione della giurisdizione tributaria: criteri oggettivi e soggettivi

• La giurisdizione del Giudice tributario può essere individuata e delimitata in base ad una serie di criteri di tipo oggettivo e soggettivo (cd. Limiti esterni ed interni) ai sensi del d.lgs. 546/1992:

i. Criteri oggettivi: il tributo e la natura tributaria del rapporto giuridico controverso.

Appartengono alla giurisdizione tributaria (art. 2) dopo le riforme intercorse per effetto della legge n. 488/2001 e della legge 248/2005:

in via generale, “tutte le controversie aventi ad oggetto tributi di ogni genere e specie, comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali”;

nello specifico: • le controversie aventi ad oggetto il contributo per il Servizio sanitario nazionale, le

sovrimposte, le addizionali, le sanzioni amministrative irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio;

• le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l'intestazione, la delimitazione, la figura, l'estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell'estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella;

• le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l'attribuzione della rendita catastale;

• le controversie relative alla debenza del canone per lo smaltimento dei rifiuti urbani, nonché le controversie attinenti l’imposta o il canone comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni.

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i) (segue) Elementi oggettivi: il tributo e la natura tributaria del rapporto

controverso (i limiti esterni della giurisdizione tributaria). • Il criterio principale per individuare la giurisdizione delle commissioni tributarie

è costituito dal concetto di tributo: per effetto della disposizione generale di cui all’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 546/1992, tutte le controversie che concernono i tributi, anche se di nuova istituzione, rientrano automaticamente nella giurisdizione tributaria.

• Il tributo, in via generale e di prima approssimazione, può essere definito come una prestazione patrimoniale imposta, caratterizzata dall’attitudine a determinare il concorso alle spese pubbliche. L’autoritatività della prestazione, il depauperamento patrimoniale del soggetto passivo e la coattività del prelievo, costituiscono dunque elementi essenziali del tributo, che connotano la natura del rapporto tra contribuente e Ente impositore.

• La natura tributaria del rapporto controverso costituisce elemento

essenziale ai fini della delimitazione della giurisdizione del Giudice tributario rispetto la giurisdizione dell’AGO e del giudice amministrativo.

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ii) (segue) Elementi oggettivi: l’atto impugnabile (limiti interni della giurisdizione tributaria).

• Accanto ai criteri di tipo sostanziale (tributo e natura tributaria del rapporto giuridico controverso), un ulteriore elemento di tipo formale utilizzabile per delimitare la giurisdizione del Giudice tributario è costituita dalla presenza di uno degli atti (autonomamente) impugnabili elencati nell’art. 19 d.lgs. N. 546/92:

a) l'avviso di accertamento del tributo; b) l'avviso di liquidazione del tributo; c) il provvedimento che irroga le sanzioni; d) il ruolo e la cartella di pagamento; e) l'avviso di mora; e-bis) l'iscrizione di ipoteca sugli immobili ex art. 77 d.P.R. n. 602/1973; e-ter) il fermo di beni mobili registrati di cui all'art. 86 d.P.R. n. 602/73; f) gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell' art. 2, comma 2; g) il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed

interessi o altri accessori non dovuti; h) il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione

agevolata di rapporti tributari; i) ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l'autonoma

impugnabilità davanti alle commissioni tributarie.

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• N.B. l’elencazione contenuta nell’art. 19 citato, non esaurisce il novero degli atti (autonomamente) impugnabili dinanzi le commissioni tributarie e non esclude la possibilità di impugnare atti tributari impositivi non “tipizzati” dalla norma, ma aventi effetti e funzioni corrispondenti a quelli tipizzati. In particolare:

ai fini dell'accesso alla giurisdizione tributaria sono equiparati agli avvisi di accertamento o di liquidazione di un tributo tutti quegli atti, non tipizzati dall’art. 19 citato, con cui la Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria definita, compiuta e non condizionata (Cass. S.U., Sent. n. 16428/2007). A tal fine, oltre alla natura tributaria della pretesa, è necessario che l’atto contenga l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della pretesa, la liquidazione del tributo, e presenti glie effetti caratteristici dell’autoritatività e dell’esecutorietà;

Sono impugnabili dinanzi alle commissioni tributarie anche gli atti tipicamente impositivi che, pur non richiamati dall’art. 19, rientrano nella giurisdizione tributaria ratione materiae (p.e. la bolletta doganale e gli avvisi di rettifica e di accertamento suppletivo in materia doganale, previsti dall’art. 9 del d.lgs. N. 374/90).

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iii) i criteri soggettivi: le parti necessarie del processo • La natura tributaria del rapporto controverso si riflette sulla natura delle parti del

giudizio. • La controversia tributaria vede come parti necessarie:

l’ente impositore del tributo o l’organo della riscossione (rimangono infatti

escluse dalla giurisdizione del giudice tributario le eventuali liti tra privati insorte nell’applicazione dei tributi (p.e. alcune liti tra sostituto d’imposta e sostituito).

Il principio è enunciato nell’art. 10 del d.lgs. 546/1992, il quale dispone: “Sono parti nel processo dinanzi alle commissioni tributarie oltre al ricorrente, l'ufficio del Ministero delle finanze o l'ente locale o il concessionario del servizio di riscossione che ha emanato l'atto impugnato o non ha emanato l'atto richiesto ovvero, se l'ufficio è un centro di servizio o altre articolazioni dell'Agenzia delle Entrate, con competenza su tutto o parte del territorio nazionale … l'ufficio delle entrate del Ministero delle finanze al quale spettano le attribuzioni sul rapporto controverso.”

Il ricorrente: questi normalmente coincide con il soggetto privato titolare del rapporto tributario controverso (soggetto passivo d’imposta), che esercita “l’azione”, presentando ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale avverso uno degli atti indicati nell’art. 19 del d.lgs. 546/1992.

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• I suddetti elementi oggettivi e soggettivi devono essere individuati e coesistere

congiuntamente al fine di stabilire se una controversia rientri nella giurisdizione tributaria, dalla quale sono infatti state escluse:

• Controversie aventi ad oggetto fattispecie di prelievo coattivo di natura non

tributaria (p.e.: COSAP, Canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue, sanzioni irrogate da uffici finanziari per la violazione di disposizioni non aventi natura tributaria), rientranti nella giurisdizione del Giudice Ordinario;

• Controversie sorte tra privati in occasione dell’applicazione di un tributo (p.e. controversie tra cessionario e cedente per il rimborso dell’IVA applicata indebitamente in via di rivalsa), rientranti nella giurisdizione del Giudice Ordinario;

• Controversie di natura tributaria sorte sulla base di atti privi di natura impositiva e non riconducibili ad uno degli atti indicati nell’art. 19 del d.lgs. N. 546/92, impugnabili dinanzi al Giudice Amministrativo, ove espressivi di un potere discrezionale;

• Rientrano, inoltre, nella giurisdizione del Giudice penale, l ’ accertamento e

l ’ applicazione della pena per le violazioni di norme tributarie a rilevanza penale, individuate dal d.lgs. n. 74/2000.

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Difetto di giurisdizione: la riassunzione e il regolamento preventivo di giurisdizione

• Nel caso venga proposta dinanzi al Giudice tributario una controversia non rientrante nella sua giurisdizione, si ha il c.d. “difetto di giurisdizione”, rilevabile in ogni stato e grado del processo: la relativa azione è “inammissibile” in quanto proposto dinanzi a un giudice privo di potestas iudicandi.

• In tal caso, è possibile riproporre l’azione dinanzi al diverso Giudice dotato di giurisdizione entro 3 mesi (il termine è perentorio) dal passaggio in giudicato della Sentenza del Giudice tributario che ha dichiarato il difetto di giurisdizione, facendo salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda, e ferme rimanendo le preclusioni già maturate (Art. 59 L. n. 69/2009).

• E’ ammesso il regolamento preventivo di giurisdizione, previsto dall’art. 41 c.p.c.:

“Finché la causa non sia decisa nel merito in primo grado, ciascuna parte può chiedere alle sezioni unite della Corte di cassazione che risolvano le questioni di giurisdizione” (ma è necessario il patrocinio di un Avvocato abilitato).

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Parte Seconda Il processo Tributario: profili generali.

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Le fonti del processo tributario.

• Il processo dinanzi alle commissioni tributarie è regolato:

Dalle norme costituzionali sulla giurisdizione (in particolare, artt. 24, 111, commi 1, 2, e 6, e 113 Cost.) e dai principi comunitari e della CEDU in materia di tutela giurisdizionale dei diritti;

Dal d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, il quale detta una dettagliata disciplina relativa a soggetti e oggetto del processo, definendo i presupposti, la forma e gli effetti dei vari atti compiuti nell’ambito del processo dinanzi le commissioni tributarie;

Dalle norme del Codice di procedura civile, applicabili “per quanto non disposto” dalle norme del d.lgs. N. 546/92 e in quanto “con esse compatibili” (ex art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546/1992);

Dal d.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, che detta una specifica disciplina per alcune vicende processuali relative ai giudizi avverso le sanzioni tributarie (p.e. azione cautelare dell’Amministrazione finanziaria, prevista dall’art. 22 del d.lgs. 472/97); 21

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Il processo tributario quale giudizio di impugnazione - merito.

• Nell’attuale sistema del contenzioso tributario è attribuita rilevanza centrale all’atto

dell’Ente impositore o dell’organo della riscossione (v. retro pag. 12) avverso il quale può essere proposto il ricorso (cioè l’atto introduttivo tipico di esercizio dell’azione nel processo tributario).

• Tale centralità dell’atto impugnabile ha condizionato la ricostruzione della natura giuridica (ibrida) del processo tributario, quale giudizio di impugnazione – merito:

Giudizio di impugnazione: l ’ espressione enfatizza la circostanza che il ricorso tributario è sempre formalmente diretto contro un atto impugnabile. L ’ atto impugnabile concretizza il c.d. “interesse ad agire” (ex art.100 c.p.c. per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse) del contribuente e costituisce “condizione dell’azione”.

Giudizio di merito: per sottolineare la circostanza che il ricorso, pur formalmente indirizzato contro un atto impugnabile, è in realtà diretto a consentire al Giudice tributario, nei limiti dei motivi devoluti, l’accertamento del regime giuridico del rapporto tributario sotteso all’atto impugnato.

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Tipi di azione Anche nel processo tributario la tutela giurisdizionale si realizza mediante la cognizione, l’esecuzione e la cautela.

L’Azione di cognizione: nel processo tributario si realizza attraverso l’azione di impugnazione e l’azione di rimborso. In particolare:

L’azione di impugnazione: si promuove avverso uno degli atti autonomamente impugnabili previsti dall’art. 19;

L’azione di rimborso avverso il rifiuto tacito dell’ente impositore, si distingue dall’azione di impugnazione per:

presupposti e condizioni dell’azione: può essere proposta decorsi 90 giorni dalla presentazione dell’istanza di restituzione. Il silenzio dell’ente impositore è equiparato al rifiuto dell’istanza e costituisce presupposto processuale.

l’oggetto del ricorso: manca un provvedimento espresso;

delimitazione della cognizione giudiziale: è limitata all’accertamento circa la spettanza del rimborso.

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Tipi di azione (segue)

L’Azione “esecutiva”: il contribuente che abbia ottenuto una sentenza favorevole della CTP o CTR, può agire affinché l’ente impositore si conformi al giudicato attraverso uno specifico procedimento, il “giudizio di ottemperanza” (art. 70 d.lgs. N. 546/92).

L’Azione cautelare: all’interno del processo tributario distinguiamo:

L’azione cautelare a favore del contribuente, diretta ad ottenere:

- in primo grado, la sospensione dell’atto impugnato (artt. 47 e 47bis

d.lgs. N. 546/92); - nei gradi successivi, la sospensione di sentenze sfavorevoli della CTP o

CTR, a loro volta oggetto di impugnazione (art. 373 c.p.c.). L’azione cautelare a favore dell’erario: diretta ad ottenere l’autorizzazione a procedere a iscrizione ipotecaria o sequestro conservativo sui beni del debitore (art. 22 d.lgs. 472/97).

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L’azione di cognizione: il ricorso • L’azione di impugnazione e di rimborso si promuovono con ricorso;

• Il ricorso deve indicare, a pena di inammissibilità rilevabile d’ufficio (ex art.18) il soggetto – il petitum – la causa petendi: la CTP, competente per territorio, cui è diretto;

le parti (ricorrente e ente contro cui è diretto) il soggetto;

l’atto impugnato (petitum), l’oggetto della domanda e i motivi di impugnazione (causa petendi) ;

La sottoscrizione del difensore (o del ricorrente, se in proprio);

Il conferimento dell’incarico al difensore.

Condizione di procedibilità per tutte le controversie aventi valore inferiore o uguale ad €.20.000 è l’esperimento del preventivo procedimento di reclamo - mediazione

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Le parti processuali (art. da 10 a 14, d.lgs. 546/92)

• Le parti processuali, in concreto, devono essere individuate in base all’atto impugnato, secondo i parametri dell’«interesse ad agire» e della «legittimazione ad agire» (attiva e passiva).

• Interesse ad agire: bisogno di tutela giurisdizionale che emerge dall’affermazione dei fatti costitutivi e dei fatti lesivi del diritto.

• Legittimazione ad agire: si possono far valere solo quei diritti che si affermano come diritti propri (attiva) e la cui titolarità (passiva) si afferma in capo a colui contro il quale si propone la domanda.

1. La legittimazione attiva spetta a chiunque si affermi titolare del diritto fatto valere nel processo. Nel processo tributario, in prevalenza un giudizio di accertamento negativo, la situazione giuridica soggettiva si individua per relationem con la pretesa contestata, cosicché vi è normalmente coincidenza tra legittimazione attiva, interesse ad agire e qualità di destinatario dell’atto impugnato. 2. La legittimazione passiva spetta all’ente individuato nel ricorso come titolare della pretesa contestata ovvero come percettore del tributo indebitamente pagato.

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… segue. Le parti processuali.

il ricorrente: è il soggetto che intende opporsi agli effetti giuridici dell’atto notificato, potenzialmente lesivi per il soggetto stesso, ovvero il soggetto che abbia proposto un’ istanza di rimborso negato dall’ente impositore. Può non coincidere con il soggetto titolare del rapporto tributario (parte in senso stretto – parte in senso lato).

Resistente: la legittimazione passiva spetta all’ente ha emesso l’atto impugnato. Nel caso il ricorso venga proposto avverso più atti (art. 19, comma 3) deve essere proposto avverso tutti i relativi enti.

• Quando l ’ oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti, questi devono essere tutti parte dello stesso processo (c.d. litisconsorzio necessario). Negli altri casi, è comunque ammesso l’intervento volontario o la chiamata in causa di altri soggetti coinvolti nel rapporto giuridico d’imposta (c.d. litisconsorzio facoltativo).

• Le parti diverse dall’Ufficio del Ministero delle finanze o dall’ente locale impositore, devono essere assistite da un difensore abilitato (necessità dell’assistenza tecnica) per tutte le controversie con un valore superiore ai €.3.000,00.

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L’oggetto dell’impugnazione (art. 19, d.lgs. N. 546/92)

• L’oggetto diretto e immediato del giudizio tributario è costituito da uno degli atti autonomamente impugnabili elencati nell’art. 19 del d.lgs. N. 546/1992 o dagli atti ad essi equiparabili (v. retro pagg. 12 e 13).

• Gli atti diversi da quelli indicati (e ad essi equiparati) non sono impugnabili autonomamente: I c.d. atti prodromici, cioè gli atti meramente preparatori rispetto ad un successivo atto destinato ad influire sulla sfera giuridica del destinatario (p.e. atti istruttori), non sono autonomamente impugnabili. Nel caso siano stati posti in violazione di norme procedurali o sostanziali, possono soltanto addursi a motivi di illegittimità dell’atto successivo o essere impugnati dinanzi al Giudice amministrativo, ove ne ricorrano i presupposti (cd. tutela differita).

• Ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri. Gli atti consequenziali di un atto autonomamente impugnabile (p.e. la cartella di pagamento notificata per la riscossione di importi liquidati in un precedente avviso di liquidazione) non possono essere impugnati per illegittimità o infondatezza dell’atto precedente o “presupposto” (nell’esempio, l’avviso di liquidazione); E’ fatta eccezione per il caso di mancata notifica dell’atto presupposto (art. 19 citato, comma 3), impugnabile unitamente all’atto successivo.

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I motivi dell’impugnazione

• I motivi sono le ragioni di fatto e di diritto dell’impugnazione e variano a

seconda dell’oggetto della domanda: Nell’azione di impugnazione, possono attenere sia a vizi formali (difformità dei

requisiti procedimentali e strutturali dell’atto rispetto al paradigma normativo) che a vizi di merito dell’atto impugnato (inesistenza della pretesa impositiva nell’an e nel quantum o debenza del rimborso);

Nell’azione di rimborso avverso il silenzio rifiuto, atterranno all’esistenza del credito richiesto a rimborso;

• I motivi dell’impugnazione devono essere tutti indicati nel ricorso introduttivo

poiché non possono essere introdotti nuovi in un momento successivo (salva l’ipotesi specifica dei motivi aggiunti);

• Delimitano la materia del contendere e il thema decidendum: il giudice non può

pronunciarsi su fatti e questioni diverse da quelle prospettate dalle parti, che non siano rilevabili d’ufficio.

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Il principio dispositivo e l’onere della prova.

• Nel processo tributario opera il c.d. “principio dispositivo” in virtù del

quale, spetta alle parti “allegare” i fatti posti a fondamento delle rispettive domande ed eccezioni, fornendo la prova dei fatti medesimi.

• Secondo i principi generali in materia di onere della prova (art. 2697 c.c.): Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti su cui esso si fonda; Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda.

• Nell’azione di impugnazione, tale onere risulta invertito, per effetto della presenza dell’atto impugnato, quale “provocatio ad opponendum”: i fatti su cui si fonda la pretesa impositiva sono infatti indicati nella motivazione dell’atto impugnato, mentre spetta al contribuente allegare e provare i fatti estintivi e modificati della pretesa tributaria o l’inefficacia dei fatti su cui si fonda.

• Alle commissioni tributarie sono riconosciuti poteri istruttori speculari a quelli dell’Ufficio (possono disporre accessi, consulenze tecniche, richiedere dati etc. - art. 7) a carattere prettamente complementare rispetto all’onere probatorio delle parti: tali poteri possono essere infatti esercitati solo “nei limiti dei fatti dedotti dalle parti”, alle quali soltanto spetta l’onere di allegare il fatto.

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Le prove

• La prova per eccellenza nel giudizio tributario è la prova documentale. Al

riguardo, occorre ricordare che: L’atto pubblico e la scrittura autenticata fanno fede fino a querela di falso limitatamente alla provenienza delle dichiarazioni e ai fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti alla sua presenza; Le scritture contabili obbligatorie non costituiscono prova a favore del contribuente;

• Non sono ammesse il giuramento e la prova testimoniale: possono essere utilizzate dichiarazioni scritte, che hanno il valore di meri indizi. Tale limitazione rende non vincolante il giudicato penale (ex art. 654 c.p.p.), che può essere liberamente apprezzato dal giudice;

• Il giudice può fondare il proprio convincimento anche su presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti.

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Il giudizio di primo grado

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Proposizione del ricorso (notifica o consegna diretta)

Entro 60 giorni dalla notifica dell’atto ovvero dopo 90 giorni dalla presentazione dell’istanza di rimborso ma entro i termini di prescrizione

Costituzione del ricorrente (deposito del ricorso)

Costituzione del resistente (deposito controdeduzioni)

Eventuali memorie di parte (deposito)

Udienza

A pena di inammissibilità, entro 30 giorni dalla presentazione del ricorso, mediante deposito in CTP del fascicolo di parte (ricorso + atto impugnato + documenti)

Entro 60 giorni dalla ricezione del ricorso, mediante deposito del fascicolo di parte (controdeduzioni + eventuali documenti)

Fino a 20 giorni (con documenti) o 10 giorni (solo scritti difensivi) prima dell’udienza pubblica o 5 giorni prima dell’udienza camerale (n.b.: sono c.d. “giorni liberi”)

Si svolge in camera di consiglio, salvo che una delle parti non abbia chiesto la discussione in pubblica udienza, con istanza notificata alle altre parti almeno 10 giorni prima

Decisione della controversia

Viene resa con sentenza, che può essere di accoglimento o rigetto del ricorso (totale o parziale). E’ resa pubblica mediante deposito nella segretaria della CT.

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La decisione

La decisione del Giudice è normalmente adottata con sentenza.

• La sentenza chiude (o definisce) il processo o una fase dello stesso ed esprime la decisione , anche parziale, in ordine alla causa.

• Requisiti di forma. La sentenza è pronunciata in nome della Repubblica italiana e deve contenere (art. 36) l’indicazione della composizione del collegio, delle parti e dei loro difensori, la concisa esposizione dello svolgimento del processo e delle richieste delle parti, la motivazione (succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto), il dispositivo, la data e a pena di nullità, la sottoscrizione del presidente e dell’estensore (art. 161 c.p.c.).

• Il giudice (collegio composto inderogabilmente almeno da tre giudici che decide a maggioranza) deve decidere su tutti i motivi e le eccezioni proposte dalle parti, e non oltre questi. In mancanza, la sentenza può essere impugnata per omessa pronuncia, per ultrapetizione o extrapetizione (principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato).

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… segue. La decisione.

• La sentenza è resa pubblica, nel testo integrale originale, mediante

deposito nella segreteria della Commissione tributaria entro 30 giorni dalla data della deliberazione.

• Nella motivazione il giudice deve dare atto degli elementi di fatto, della ragioni giuridiche e del ragionamento logico giuridico seguito. In mancanza, la sentenza può essere impugnata per vizio di motivazione.

• Dalla sentenza occorre distinguere altri provvedimenti del giudice che, salvo casi eccezionali, non hanno contenuto decisorio e servono a regolare il funzionamento interno del processo (ordinanza e decreto).

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Parte Terza Il sistema delle impugnazioni I procedimenti speciali

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Il sistema delle impugnazioni.

• Le impugnazioni costituiscono il complesso dei rimedi approntati

dall’ordinamento per assicurare il più possibile la conformità a giustizia delle soluzioni offerte in sede giurisdizionale alle controversie insorte tra i soggetti interessati.

1. L’ingiustizia cui si intende rimediare con le impugnazioni può dipendere da errori compiuti dal giudice o da un’incompleta trattazione della fase processuale.

2. L’ingiustizia può scaturire da un accertamento dei fatti non conforme alla realtà o da una erronea interpretazione ed applicazione delle norme applicabili alla fattispecie.

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Il passaggio in giudicato e il sistema delle impugnazioni.

• Le parti possono contestare la sentenza ed ottenere un riesame del giudizio attraverso i c.d. mezzi di impugnazione.

• La proposizione dell’impugnazione è soggetta a termini perentori (60 giorni dalla notifica della sentenza o, in mancanza, 6 mesi dalla sua pubblicazione), scaduti i quali si verifica la decadenza, e l’impugnazione è inammissibile. La decadenza dall’impugnazione è rilevabile d’ufficio dal Giudice.

• I mezzi di impugnazioni si distinguono in: Ordinari: soggetti al termine semestrale di decadenza (appello, ricorso per

cassazione, revocazione ex art. 395, nn. 4 e 5, c.p.c); Straordinari: non soggetti al termine semestrale di decadenza (revocazione ex art.

395, nn. 1, 2, 3 e 6 c.p.c.). A critica libera: in cui il giudice opera un riesame della controversia con gli stessi di

cognizione e decisione del giudice che ha emanato al sentenza impugnata provvedendo alla sua sostituzione (es. appello).

A critica vincolata: il giudice si limita a conoscere degli specifici vizi da cui si assume affetta la sentenza impugnata riconducibili a quelli tassativamente previsti e tipizzati dal legislatore, visi assunti quali sintomi di ingiustizia della sentenza (es. ricorso per cassazione)

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Il passaggio in giudicato e il sistema delle impugnazioni.

• Quando la sentenza non può più essere oggetto di impugnazione ordinaria, si dice che “passa in giudicato” formale (art. 324 c.p.c.) e sostanziale (art. 2909 c.c.).

Formale: nel senso processuale, non vi sono più mezzi per

impugnare la sentenza.

Sostanziale: “fa stato” tra le part, loro eredi, aventi causa, ossia il diritto sostanziale deve essere considerato a tutti gli effetti così come i giudici lo hanno incontrovertibilmente accertato.

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L’appello

• Le sentenze della CTP possono essere appellate dinanzi la CTR (competenti rispetto la sede della CTP nella circoscrizione della CTR) dalle parti soccombenti in primo grado, che hanno la legittimazione ad impugnare (pari nel giudizio di primo grado) e l’interesse ad impugnare (soccombenza reale ed effettiva).

• Realizza il doppio grado di giurisdizione e funge da giudice di impugnazione – merito, perché il suo compito (di regola) non è di annullare la sentenza di I grado, ma di sostituirla.

• Effetto devolutivo: in forza del quale la causa decisa in primo grado passa alla piena cognizione del giudice di appello (tantum devolutum quantum appellatum).

• L’appello dichiarato inammissibile non può essere più riproposto, anche se non sono decorsi i termini di impugnazione (art. 60).

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… segue. L’Appello.

• La notificazione dell’atto di appello e la costituzione in giudizio della parte appellante seguono la disciplina dettata per il ricorso in primo grado.

• L’atto d’appello, deve contenere, a pena di inammissibilità rilevabile d’ufficio, l’indicazione di: La CTR cui è diretto; L’appellante (denominazione, eventuale rappresentante legale, sede); Altre parti del primo grado contro cui è proposto; Estremi della sentenza impugnata; l’oggetto della domanda e i motivi specifici di impugnazione; La sottoscrizione del difensore; Il conferimento dell’incarico al difensore.

• N.B. i motivi specifici assolvono al compito di individuare le questioni che l’appellante intende sottoporre al riesame nella fase di impugnazione.

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Con l’appello la CTR viene investita del rapporto sostanziale controverso, ma nei limiti delle domande già svolte in primo grado nonché nei limiti dei motivi di impugnazione della sentenza di primo grado (c.d. effetto devolutivo dell’appello). In particolare:

Sono inammissibili le domande ed eccezioni nuove(cioè quelle non proposte in

primo grado) e se proposte dichiarate inammissibili d’ufficio, salvo gli interessi maturati dopo la sentenza impugnata;

L’Ente impositore non può avanzare domande riconvenzionali; Se la CTP ha respinto il ricorso sulla base di statuizioni tra loro autonome e

indipendenti, queste devono essere tutte impugnate: le statuizioni non espressamente impugnate passano in giudicato (c.d. giudicato interno);

Ciascuna parte ha l’onere di riproporre specificamente le domande ed eccezioni non accolte dalla CTP (ivi incluse le questioni “assorbite”), le quali, in mancanza, si intendono rinunciate.

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Le prove in appello e il procedimento

• La CTR dispone di poteri probatori più limitati rispetto a quelli della CTP. La CTR, infatti, non può disporre nuove prove salvo che:

non le ritenga necessarie ai fini della decisione; la parte dimostri di non averle potute fornire nel primo grado di giudizio per

causa ad essa non imputabile (art. 58).

• La parti hanno facoltà di produrre nuovi documenti. • si osservano le disposizioni applicabili al procedimento dinanzi la CTP • Nel procedimento di appello, con esclusione degli istituti la cui operatività è

espressamente limitata nell’ambito del primo grado di giudizio (p.e. conciliazione giudiziale).

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Le sentenze del giudizio di appello.

1. Di mero rito: fondate su motivi di mero rito attinenti al giudizio di

appello, i quali impediscono che quest’ultimo pervenga ad una decisione sul merito della controversia (inammissibilità, estinzione del giudizio).

2. Di merito: si pronunciano sul merito della vicenda confermando o riformando la sentenza impugnata. Hanno sempre effetto sostitutivo.

3. Di remissione al giudice di primo grado: rilevano uno degli errores in procendo ex art. 59 (no contraddittorio) il giudice di appello rimette la causa alla CTP che ha emesso la sentenza impugnata.

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Il ricorso per cassazione

• La Corte di Cassazione è un giudice che assolve alla funzione di c.d. “nomofilachia”, cioè assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione delle leggi nonché il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni.

• Il ricorso per cassazione è un mezzo di impugnazione ordinario, un giudizio a critica vincolata, poiché può essere proposto avverso le sentenze pronunciate in grado di appello dalla CTR, solo per uno dei motivi indicati nell’art. 360 c.p.c. (motivi attinenti alla giurisdizione, violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza, violazione o falsa applicazione di norme di diritto, nullità della sentenza o del procedimento, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti), è esclusa la generica ingiustizia.

• Nel relativo giudizio non vi è una fase istruttoria, poiché la Cassazione è giudice di legittimità (di diritto teso a controllare la puntuale applicazione del diritto ad opera dei giudici), cui è precluso l’esame del fatto (salvi alcuni casi eccezionali);

• Il ricorso per cassazione può essere proposto solo a mezzo di un Avvocato abilitato al patrocinio dinanzi la Corte di Cassazione.

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Il ricorso per cassazione. Tipi di sentenze

1. Di rito: viene pronunciata l’inamissibilità e l’improcedibilità del

ricorso, nonché l’estizione del giudizio.

2. Di rigetto: con conseguente passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

3. Di accoglimento senza rinvio: • Quando viene accertata la carenza di giurisdizione; • Quando si ritiene che la causa non poteva essere proposta o il

processo proseguito; • Quando accoglie il ricorso per violazione o falsa applicazione di

norma del diritto e oltre all’annullamento della sentenza impugnata decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto.

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(segue). I tipi di sentenze.

4. Di accoglimento con rinvio: alla CTR o alla CTP in caso di rinvio è sempre onere del contribuente riassumere il giudizio dinanzi alla CTR o CTP entro i termini di legge, pena l’estinzione del processo (l’atto diviene definitivo).

• Quando afferma la giurisdizione del giudice tributario negata dalla sentenza impugnata;

• Quando sono state violate norme sulla competenza; • Quando accoglie il ricorso per violazione o falsa applicazione di

norma del diritto, ma sono necessari ulteriori accertamenti di fatto;

• Errores in procedendo; • Quando riconosciuto fondato vizio di omessa motivazione

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La revocazione.

• È un mezzo di impugnazione eccezionale che può aggiungersi o sovrapporsi alla impugnazioni ordinarie. Ciò in relazione al fatto che talune circostanze (i motivi di revocazione) possono aver deviato o viziato il giudizio in modo così radicale da lasciar presumere che l’eliminazione della ragione turbativa del giudizio possa mutare l’orientamento del giudice.

• Si propone dinanzi la medesima CT che ha reso la sentenza impugnata, con ricorso per revocazione, proposto e depositato secondo i modi e i termini previsti per l’appello (ex art. 395 c.p.c.).

• Si distingue in ordinaria e straordinaria:

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ORDINARIA: Può essere promossa per uno dei vizi, rilevabili dalla stessa sentenza, ex art. 395 c.p.c. n. 3 e 4: oLa sentenza è effetto di un errore sul fatto; oLa sentenza è contraria ad altra precedente avente tra le parti autorità di giudicato;

STRAORDINARIA: Può essere proposta anche avverso le sentenze per le quali è già scaduto il termine per l’appello, per uno dei vizi “occulti” ex art. 395 c.p.c. n. 1, 2, 3 e 6: oLa sentenza è effetto del dolo di una delle parti o del giudice; oSi è giudicato in base a prove dichiarate false; oDopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi.

Si propone entro i termini ordinari di impugnazione

Si propone entro 60 giorni dalla scoperta del vizio occulto

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Gli eventi particolari del processo

• Nel corso del processo possono verificarsi una serie di situazioni che non consentono che il giudizio arrivi subito la decisione:

La sospensione: il processo è sospeso quando vengono sollevate alcune questioni aventi carattere pregiudiziale rispetto alle decisione e che non possono essere risolte dalla CT (querela di falso, disconoscimento della scrittura privata e questioni sullo stato e la capacità delle persone) in quanto attengono alla giurisdizione dell’AGO.

L’interruzione: il processo è interrotto se dopo la sua proposizione viene meno una delle parti o il relativo difensore (morte, radiazione dall’albo etc.).

In tali casi non possono essere compiuti atti del processo, il quale riprende solo su istanza di parte. L’estinzione: si verifica nei casi di rinuncia al ricorso o all’appello o cessata

materia del contendere o per inattività delle parti, cui spetta di proseguire, riassumere o integrare il giudizio e non vi abbiano provveduto entro i relativi termini di legge.

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L’esecuzione delle sentenze favorevoli al contribuente: il giudizio di ottemperanza.

• Il contribuente che abbia ottenuto una pronuncia favorevole della CT, può

ottenere che l’Ufficio si conformi alla pronuncia o attraverso l’esecuzione forzata disciplinata dal c.p.c. (solo per le sentenze di condanna costituenti titolo esecutivo) o attraverso il giudizio di ottemperanza (art. 70):

Può essere promosso solo per l’ottemperanza di sentenze passate in giudicato;

Si promuove dinanzi la CTP per le sentenze da questa pronunciate e dinanzi la CTR in ogni altro caso (anche per le sentenze di cassazione);

Può essere proposto solo dopo la scadenza del termine ex lege prescritto o decorsi 30 giorni dalla costituzione in mora dell’Ufficio.

La CT adita, può sostituirsi all’Ufficio per adottare tutti gli atti necessari all’adempimento.

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Il giudizio di ottemperanza

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Proposizione del ricorso per l’ottemperanza

Si propone mediante deposito in CT del ricorso in duplice originale, indirizzato al Presidente della CT, e contenente, a pena di inammissibilità, l’indicazione della sentenza di cui si chiede l’ottemperanza. Un originale del ricorso è comunicato all’Ufficio dalla stessa segreteria della CT.

Osservazioni dell’Ufficio

Trattazione in camera di consiglio

Sentenza

Entro 20 giorni dalla comunicazione della cancelleria, l’Ufficio può trasmettere le proprie osservazioni allegando

Possono essere sentite le parti

Il collegio: •Adotta i provvedimenti necessari per l’ottemperanza; •Può delegare un proprio membro o nominare un commissario che si sostituisca all’Ufficio per adottare tutti i necessari provvedimenti attuativi; •La Sentenza può essere impugnata solo in Cassazione per inosservanza delle norme sul procedimento.

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La tutela cautelare a favore del contribuente.

• Alla notifica dell’atto impositivo, segue la fase di riscossione coattiva, ad esito della quale i beni del contribuente possono essere pignorati ed espropriati dall’agente della riscossione.

• Il contribuente può evitare l’apprensione dei propri beni chiedendo alla CTP la sospensione giudiziale dell’atto impugnato (art. 47);

• La domanda di sospensione può essere proposta in CTP unitamente al ricorso avverso l’atto, ovvero successivamente, con istanza separata notificata alle altre parti e depositata in cancelleria entro 30 giorni;

• L’istanza deve essere motivata relativamente alla sussistenza dei presupposti per la tutela cautelare, cioè, il fumus boni iuris (non manifesta infondatezza del ricorso avverso l’atto) e il periculum in mora (danno grave e irreparabile che può derivare dall’esecuzione dell’atto).

• La CTP decide con ordinanza non impugnabile ma gli effetti della sospensione, ove concessa, cessano con la pubblicazione della sentenza.

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• Con la sentenza n. 217 del 2010, la Corte Costituzionale ha posto le basi per il

superamenti delle posizioni che si erano espresse per l’inapplicabilità dei rimedi cautelari anche alle sentenze della CTP e CTR, sottolineando la necessità di una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 49 e riconoscendo alla sentenza della CT portata sostitutiva dell’atto impugnato. Sulla base di tale pronuncia si è sostenuta:

i. La possibilità di richiedere la sospensione delle sentenze della CTR, sfavorevoli al contribuente, impugnate in Cassazione, con apposita istanza motivata da presentare alla stessa CTR, ex art. 373 c.p.c.;

ii. La possibilità di richiedere la sospensione anche delle sentenze della CTP, unitamente all’appello dinanzi la CTR, in base all’art. 61, in virtù del quale al giudizio tributario d’appello sono applicabili le regole del giudizio di primo grado, e all’art. 19 d.lgs. N. 472/97, che ammette espressamente la sospensione delle sanzioni in appello.

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I termini processuali.

• Il processo è una sequenza di atti, che le parti hanno il potere/dovere di

compiere entro determinati termini legali (se previsti dalla legge) o giudiziari ( se assegnati dal giudice).

• I termini legali sono ordinatori, salvo che la legge non li dichiari espressamente perentori:

Termini perentori: l’inosservanza del termine comporta la decadenza dalla facoltà processuale, che non potrà più essere validamente compiuta. Non possono essere abbreviati o prorogati ma la parte può chiedere di essere rimessa in termini se dimostri di essere incorsa in decadenza per cause ad essa non imputabili;

Termini ordinatori: sono dettati per regolare l’attività processuale, possono essere prorogati d’ufficio o su istanza di parte proposta prima della scadenza.

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(segue). I termini processuali.

• Il computo dei termini processuali può essere: A mesi o anni: si osserva il calendario comune, prescindendo dal

numero dei giorni; A giorni: non si computano il giorno iniziale, salvo si tratti di c.d.

“giorni liberi” • I giorni festivi si computano sempre nel calcolo del termine. Se il

termine per il compimento di atti svolti fuori dall’udienza scade di sabato o in un giorno festivo, il termine è prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo (art. 155 c.p.c.). Secondo la giurisprudenza fanno eccezione a questa regola i termini a ritroso: ove scadano in un giorno festivo, la scadenza rimane anticipata al giorno precedente non festivo.

• Sospensione feriale dei termini: il decorso dei termini processuali è sospeso di diritto dal 1° agosto al 15 settembre di ogni anno e riprende a decorrere dal 16 settembre. Ove il decorso del termine abbia inizio nel periodo feriale, l’inizio è differito alla fine del periodo stesso.

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