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1 UNIVERSITA’ “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara FACOLTA’ DI PSICOLOGIA CORSO DI LAUREA IN SCIENZE PSICOLOGICHE IL PROCESSO D’INNOVAZIONE NEI GRUPPI E NELLE ORGANIZZAZIONI Candidato Relatrice Gianluca Odoardi Prof.ssa Chiara Berti Anno Accademico 2009/2010

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UNIVERSITA’ “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara

FACOLTA’ DI PSICOLOGIA

CORSO DI LAUREA IN

SCIENZE PSICOLOGICHE

IL PROCESSO D’INNOVAZIONE NEI GRUPPI E NELLE

ORGANIZZAZIONI

Candidato Relatrice

Gianluca Odoardi Prof.ssa Chiara Berti

Anno Accademico 2009/2010

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Ai miei nonni

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INDICE

Introduzione

1. L’innovazione e la creatività nei contesti di lavoro

2. L’innovazione a livello individuale

3. L’innovazione a livello di gruppo

4. L’innovazione a livello organizzativo

5. L’innovation management: strategie per la gestione delle innovazioni nelle organizzazioni Conclusioni Bibliografia

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INTRODUZIONE

Il seguente lavoro prenderà in esame gli aspetti riguardanti l’innovazione

secondo l’approccio psicologico. Partendo dalla considerazione che nelle

continue evoluzioni dello scenario socio-politico-economico nel quale le

organizzazioni sono immerse, esse sono chiamate a fronteggiare continue

necessità di cambiamento. Le organizzazioni moderne si trovano oggi più

che mai a dover fare i conti con un mercato sempre più complesso e

diversificato che richiede servizi e prodotti immediati e di buona qualità. In

un contesto così incerto ed articolato, la sola alternativa che consente alle

organizzazioni di sopravvivere e di fornire delle risposte adeguate al

mercato è la capacità di cambiare, di essere flessibili e di rinnovarsi ogni

qualvolta le circostanze lo richiedano. Si tratta di individuare nuove

modalità di gestione dei processi e progetti lavorativi come il passaggio

dalla gerarchia di potere a responsabilità per competenza, dalle carriere

verticali a quelle orizzontali (attribuire responsabilità per competenza) e con

una trasformazione delle regole gestionali a vantaggio di un processo di

supporto organizzativo ovvero attraverso una nuova modalità gestionale

caratterizzata da un management che sappia supportare e valorizzare le

competenze dei propri collaboratori e dei gruppi di lavoro (Odoardi, 2009).

Il gruppo di lavoro nelle organizzazioni diviene sempre più strategico e

richiede un’attenzione maggiore attraverso l’analisi di diversi processi quali:

l’apprendimento individuale e di gruppo, sviluppo di conoscenze e

competenze, nuovi modelli gestionali, organizzative e metodologiche.

Il lavoratore è portatore della conoscenza nelle sue diverse dimensioni

(capacità relazionali, decisionali, creatività, innovazione, autonomia,

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responsabilità) che rappresentano la base del successo e della creazione di

performance migliori e distintive delle organizzazioni. La conoscenza

richiesta non è statica e predefinita ma soggetta a continua negoziazione e

fluttuazione nell’ottica di favorire sempre nuovi apprendimenti e in forma

continua proprio in relazione alle continue metamorfosi sociali e

organizzative (Odoardi, 2009). Alle organizzazioni e agli individui sono

richieste tre tipi di competenze permeate nei costrutti di “cambiamento”,

“innovazione”, “integrazione”:

learning ability (capacità di apprendere professionalmente);

team work (capacità di lavorare in gruppo per un miglior scambio di

informazioni e risultati);

relationship (l’insieme di abilità relazionali e comunicative).

Il tema dell’innovazione rappresenta certamente uno degli aspetti

strategici per lo sviluppo delle organizzazioni e può essere distinto in:

innovazione tecnologica, intesa come qualunque elemento nuovo e utile

all’organizzazione;

innovazione psicologica, in termini di comportamenti ritenuti innovativi.

Tra i due processi d’innovazione vi è una stretta relazione ossia

l’innovazione tecnologica se non trova una base fornitale dall’innovazione

psicologica rischia di non manifestarsi a pieno.

Questo lavoro espone alcuni aspetti della ricerca sviluppata in ambito

psicosociale specificatamente sull’innovazione nelle organizzazioni che

evidenziano gli antecedenti individuali, di gruppo ed organizzativi dello

stesso processo di innovazione con forte rilevanza applicativa.

Nello specifico, il capitolo primo prenderà in esame la distinzione tra

creatività (prevalente generazione dell’idea) ed innovazione (intenzionale

introduzione ed implementazione dell’idea). Vengono evidenziati i

principali studi che si sono concentrati sull’analisi e comprensione delle fasi

del processo e quali antecedenti e conseguenti dell’innovazione, il rapporto

tra il clima creativo e l’innovazione (attraverso l’analisi di una tassonomia

di quattordici dimensioni di clima creativo) e la relazione tra varie

dimensioni di clima e performance creativa dimostrando come

effettivamente intercorra una correlazione positiva tra i due oggetti di

indagine.

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Nel capitolo secondo viene illustrata la segmentazione dei livelli di

analisi dell'innovazione a livello individuale, di gruppo, e organizzativo. Il

capitolo si incentra sulla descrizione dell'innovazione a livello individuale

passando in rassegna i fattori che stanno alla base della decisione di

innovare, gli antecedenti organizzativi e gli inibitori sociali. Tra le diverse

teorie, verranno presi in considerazione alcuni modelli come la presa di

decisioni e le categorizzazioni dei fattori organizzativi che influenzano le

azioni dei lavoratori in termini di comportamenti d’innovazione.

Il capitolo terzo, affronta l'innovazione a livello di gruppo fondamentale

per la ricerca di nuove soluzioni per organizzazioni che tentano di ottenere

un vantaggio competitivo sul mercato. Il capitolo illustra i principali fattori

antecedenti come, ad esempio, i fattori strutturali e climatici e le

caratteristiche influenti del contesto organizzativo.

Il capitolo quarto esamina l'innovazione a livello organizzativo partendo

da uno dei principali modelli ascrivibile ad Amabile (1988) che prende in

considerazione diversi livelli e aree operative dell'organizzazione e i fattori

necessari per lo sviluppo dell'innovazione.

Nelle conclusioni si propone una possibile strategia operativa di gestione

delle risorse umane che possono essere implementate all’interno delle

organizzazioni al fine di sostenere ed alimentare i processi innovativi. Le

politiche strategiche e i piani di intervento che vengono proposti si basano

sui risultati significativi prodotti dalla ricerca psicologica sull’innovazione.

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1. L’INNOVAZIONE E LA CREATIVITA’ NEI

CONTESTI DI LAVORO

Nell’ambito della psicologia sociale e delle organizzazioni, il concetto di

innovazione viene teoricamente distinto dalla creatività. Sono molteplici le

definizioni della creatività, dell’innovazione e del rapporto che intercorre tra

i due processi presenti in letteratura e tra le più importanti ricordiamo quella

proposta da Scott e Bruce (1994) per i quali la creatività è considerata come

una delle componenti che è correlata al comportamento innovativo

dell’individuo dato che “la creatività ha a che fare con la produzione di

nuove e utili idee, mentre l’innovazione ha a che fare con la produzione,

l’adozione e l’implementazione delle idee ritenute utili” (p. 581). Altresì, la

creatività è definita come “la creazione di un valido, utile e nuovo prodotto,

servizio, idea, procedura o processo da parte di individui che lavorano

insieme in un sistema sociale complesso” (Woodman, Sawyer & Griffin,

1993, p.293).

Il costrutto di innovazione nel luogo di lavoro è definito come “la

sequenza di attività intenzionale attraverso la quale un nuovo elemento

viene introdotto e applicato in ambito sociale, gruppo o organizzazione, con

lo scopo di apportare vantaggi significativi a tale ambito, a una parte di esso,

o alla società intera. L’elemento, cioè l’idea, il prodotto, o il procedimento

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che sia, non dovrebbe essere totalmente nuovo o non familiare ai membri

dell’ambito sociale, ma deve comportare un cambiamento percepibile o una

sfida allo status quo” (West e Farr, 1990, p.2). Mentre l’innovazione è

collegata all’attività lavorativa con l’introduzione e l’applicazione

intenzionale di nuovi e migliori modi di fare le cose, la creatività può

riguardare anche la sola generazione di idee. Inoltre l’innovazione deve

conferire vantaggi a uno o più livelli di analisi tra il ruolo, gruppi di lavoro e

organizzazione e non deve essere una novità assoluta ma relativa rispetto al

contesto di adozione (Anderson & King, 1993).

In letteratura ritroviamo diversi studi che esaminano la relazione fra

creatività e tratti di personalità (King, 1990). Diversi ricercatori hanno

tentato di isolare tratti di personalità correlati alla produzione creativa tra cui

Woodman et al. (1993) e Singh (1986) che evidenziano come la creatività

sembri essere dipendente dall’integrazione di dati biografici e specifici

fattori di personalità. Amabile (1988), Barron e Harrington (1981) e

Woodman e collaboratori (1993) hanno individuato i seguenti tratti di

personalità che inciderebbero sulla creatività: curiosità, l’attrazione per la

complessità e per le sfide, un orientamento al rischio, l’autonomia e

l’indipendenza di giudizio in presenza di pensiero divergente, la persistenza

nel non scoraggiarsi da avversità e insuccessi, l’intuizione e la sicurezza di

sé. Janssen, Van de Vliert e West (2004) evidenziano che il lavoratore

dovrebbe avere un basso livello di job involvement in quanto un alto livello

di questo costrutto porterebbe la performance lavorativa ad un alto grado di

importanza per la propria identità con la conseguenza di una maggior

probabilità di interpretazione delle resistenze dei collaboratori come una

valutazione di dissenso della propria identità e quindi pericolosa per la

propria autostima. Infine Seligman (1987) ha dimostrato che lo stile

esplicativo personale, inteso come l’attribuzione delle cause

indipendentemente dal successo o dal fallimento, contribuirebbe ad

aumentare la capacità creativa.

Hunter, Bedell e Mumford (2005) ritengono che l’innovazione sia la

risultante di una stretta correlazione fra fattori ambientali e individuali dove

il clima organizzativo rappresenta un importante fattore ambientale per lo

sviluppo (Amabile, Conti, Coon, Lazenby, & Herron, 1996; Damanpour,

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1991; Anderson & West, 1994; Tesluk, Farr, & Klein, 1997). Il clima è

comunemente ritenuto riflettere la percezione che le persone hanno delle

caratteristiche contestuali che formano le aspettative riguardo ai risultati,

alle eventualità, i requisiti e le interazioni nell’ambiente lavorativo (Carr,

Schmidt, & Ford, 2003; James, James, & Ashe, 1990; Parker, Baltes,

Young, Huff, Altman, Lacost, & Robert, 2003; Schneider & Reichers,

1983). Le ricerche più recenti tendono a focalizzarsi su specifici aspetti del

clima come il clima creativo (Ekvall, 1996; Tesluk et al., 1997; West &

Anderson, 1996). Hunter, Bedell e Mumford (2005) ritengono che ciò che

crea maggior disaccordo sul clima creativo fra i ricercatori è la natura e le

dimensioni che costituiscono il clima creativo e l’esistenza in letteratura di

quaranta concettualizzazioni diverse del clima creativo che hanno

sviluppato e proposto una tassonomia generale.

In letteratura la relazione tra creatività e innovazione è stata indagata su

più livelli mettendo in evidenza una serie di fattori contestuali tra i quali si

ritiene che i più importanti siano sei:

esposizione a nuovi problemi e situazioni (Schraw, Dunkle, & Bendixen,

1995);

consapevolezza degli obiettivi (Amabile et al., 1996; Locke & Latham,

2002; Tesluk et al. 1997);

libertà (Amabile & Gitomer, 1984; Bailyn, 1985; Lapierre & Giroux, 2003);

ragioni per essere creativi legate a ricompense esterne (Amabile, 1993,

1997; Amabile, Hennessey & Grossman, 1986; Mumford & Hunter, 2005),

ricompense a livello organizzativo (Cardinal, 2001) e all’ambiente

stimolante e sfidante (Bear, Oldham & Cummings, 2003);

disponibilità di risorse (Amabile et al. 1996; Damanpour, 1991; Klein, Conn

& Sorra, 2001);

scambio di idee (Mumford & Gustafson, 1998; Oldham, 2003; Oldham &

Cummings, 1996; Pirola-Merlo & Mann, 2004; Thamhain, 2003).

In definitiva, Hunter, Bedell e Mumford (2005) ritengono che siano

quattordici le dimensioni che identificano il clima creativo: 1) buon livello

di uguaglianza nel gruppo; 2) relazioni positive con il capoufficio; 3)

risorse; 4) lavoro ricco di significato; 5) chiarezza della missione; 6)

autonomia; 7) ambiente ricco di scambi interpersonali; 8) ambiente

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intellettualmente stimolante; 9) supporto dei livelli alti del management; 10)

orientamento alla ricompensa; 11) flessibilità sui rischi; 12) produzione

d'enfasi; 13) partecipazione; 14) compito organizzativamente integrato con

fattori esterni e interni. Di questi quattordici fattori le dimensioni lavoro

ricco di significato, ricco di scambi interpersonali e intellettualmente

stimolante sembra che abbiano maggiori probabilità per la manifestazione

della creatività e innovazione (West, 2002).

Hunter, Bedell e Mumford (2005) suppongono che il clima sia un

facilitatore di un contesto di lavoro creativo e non un insieme di percezioni

riguardanti il posto di lavoro e che le relazioni fra i fattori di clima creativo

e creatività-innovazione possano variare in base a moderatori che agiscono a

più livelli e possano essere legati:

alla natura del lavoro (Oldham & Cummings, 1996); Hunter, Bedell e

Mumford (2005) ritengono che il clima divenga più importante in situazioni

con una certa complessità che richiedono azioni creative di vario tipo;

inoltre maggiori effetti del clima si ottengono quando la generazione di idee

è requisito fondamentale per il lavoro rispetto a quando non lo sono e

quando gli individui hanno una sostanziale discrezionalità (Hunter, Bedell

& Mumford, 2005);

al gruppo; Hunter, Bedell e Mumford (2005) ritengono che lavorare con altri

non moderi la relazione fra clima e performance creativa, inoltre gli effetti

del clima sono deboli negli studi che esaminavano gruppi molto ampi

rispetto a quelli che esaminavano gruppi piccoli, medi o larghi. In accordo

con Curral, Foster, Dawson e West (2001) a queste si evidenziano le

osservazioni di Allen e Cohen (1964) riguardanti la coesione, e che secondo

Hunter, Bedell e Mumford (2005) alti livelli di coesione possano indurre

una minore creatività;

all’organizzazione dove le stesse dimensioni organizzative e le risorse siano

positivamente correlate all’innovazione e interagiscano con il clima

attraverso il consentire alle organizzazioni di agire sulla base di idee che

emergono da un clima creativo (Nystrom, Ramamurthy & Wilson, 2002);

all’ambiente in cui l’organizzazione vive ovvero il livello di turbolenza

ambientale sia positivamente correlato sia al clima creativo sia all’adozione

da parte dell’organizzazione di una strategia volta a spingere

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all’innovazione (Russel & Russel, 2002) e, altresì, Hunter, Bedell e

Mumford (2005) riscontrano una forte relazione tra il clima e la

creatività/innovazione quando per il successo si richiede lo sviluppo e

l’immissione nel mercato di nuovi prodotti rispetto a quando questa

richiesta non c’è; infine alta turbolenza e alta pressione competitiva, portano

ad una più forte relazione tra clima e performance creativa (le richieste

esterne che pongono un premio per l’innovazione sembra che portino il

clima ad avere una maggiore influenza sulla performance creativa).

Possiamo concludere che il clima presenti una correlazione più forte con

la performance creativa nel caso di una struttura orizzontale rispetto a una

struttura verticale. Quindi il controllo centralizzato sembrerebbe minare gli

effetti del clima e forse ridurre la creatività e l’innovazione. Gli effetti più

forti del clima sulla performance creativa sono stati osservati in

organizzazioni con bassa intensità del capitale rispetto ad organizzazioni

con media e alta intensità del capitale. Ciò suggerisce che l’investimento

iniziale può limitare la fattibilità di perseguire nuove idee e così ridurre, se

non eliminare, gli effetti di un clima creativo. Data la necessità di idee e la

tendenza della performance creativa di nascere da organizzazioni che si

basano su knowledge-based work, si ritiene che il clima sia maggiormente

correlato alla performance creativa nelle organizzazioni con alti o medi

livelli di professionalizzazione rispetto a quelle con bassi livelli di

professionalizzazione (Russel & Russel, 2002; Hunter, Bedell & Mumford,

2005).

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2. L’INNOVAZIONE A LIVELLO INDIVIDUALE

Nel corso degli anni, la ricerca si è concentrata nel considerare il

comportamento innovativo caratterizzato dall’insieme di tre differenti

comportamenti (Kanter, 1988):

idea generation: produzione di idee nuove;

idea promotion: promozione dell’idee attraverso una serie di attività sociali;

idea realization: realizzazione dell’idea.

In letteratura diversi Autori hanno suddiviso l’innovazione, per favorire

la ricerca e lo studio di questo fenomeno, in tre livelli differenti: individuo,

gruppo e organizzazione. Però, come sostiene Battistelli (2008),

l’innovazione consiste in una forma di ristrutturazione del sociale, intrisa di

percezioni, aspettative e repertori comportamentali e l’inestricabilità dei tre

livelli è l’aspetto essenziale che è necessario tener presente.

Amabile (1988) ritiene che l’innovazione organizzativa nasca dagli

individui al lavoro. Da questa affermazione si riconosce il valore sempre più

rilevante attribuito al capitale umano e alle conoscenze ed emerge la

necessità di attuare strategie organizzative che valorizzino gli individui

tenendo conto dei loro bisogni, dei valori e degli obiettivi personali. In

accordo con Kanter (1988) e Amabile (1988), considerando l’innovazione

organizzativa fondata sul comportamento innovativo di individui e gruppi

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all’interno di un’organizzazione, sarà presa in considerazione la rassegna

dell’insieme di condizioni che, agendo ad un macro livello contestuale, sono

in grado di stimolare o inibire tale processo.

Kirton (1976) ritenendo che esista una predisposizione personale

all’approccio del cambiamento organizzativo, afferma che dovrebbe essere

considerata la dimensione diadica della personalità definita come

innovazione-adattamento. L’Autore ritiene che ci siano persone che per loro

predisposizione si adattano mentre altre innovano. King (1990), partendo da

questa considerazione, sostiene che esistano persone che all’interno

dell’organizzazione sanno svolgere il loro lavoro in modo migliore mentre

altre lo svolgono in maniera diversa quindi il focus del pensiero è che

l’unica differenza tra adattatori e innovatori consisterebbe nello stile e non

nel livello di creatività dato che entrambi potrebbero essere ugualmente

creativi.

Per Farr e Ford (1990) due sono gli obiettivi che sono necessari tener

presente nell’innovazione a livello individuale:

i risultati work-related cioè la performance di ruolo intesa come qualsiasi

miglioramento nella quantità o nella qualità della performance individuale e

come miglioramenti nelle relazioni interpersonali collegate ai ruoli dei

lavoratori;

risultati personali intesi come adattamenti di ruolo cioè qualsiasi valutazione

positiva a livello emotivo o cognitivo correlata al sé che risulta dal lavoro.

Secondo Battistelli (2008) esistono delle caratteristiche strutturali,

climatiche e sociali proprie delle organizzazioni che è bene considerare

nella loro specifica azione sugli individui e lungo i processi di innovazione

che si realizzano nei contesti di lavoro.

Fattori che stanno alla base della decisione di innovare

Analizzando il pensiero di Kanter (1988) si può ritenere che

l’innovazione nelle organizzazioni necessiti di un’ampia gamma di sforzi

cognitivi e socio-politici individuali. Vroom (1964) prende in

considerazione l’ipotesi di prevedere la probabilità che un individuo adotti

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un certo comportamento e afferma che occorre valutare sia l’aspettativa sia

il valore che tale comportamento ha per il soggetto in quanto molti sono i

fattori che possono influenzare positivamente o negativamente le credenze

dell’individuo nel generare comportamenti innovativi nell’ambiente di

lavoro. I fattori significativi sono ritenuti quelli più vicini alla vita lavorativa

dell’individuo, come il comportamento manageriale e di leadership del

capo, le relazioni con i pari, le variabili di livello più alto come politiche e

procedure organizzative, risorse e strutture (Kanter, 1983; King & West,

1987; Peters & Waterman, 1982). Inoltre Farr e Ford (1990) sottolineano la

caratteristica dell’utilità che l’innovazione comporta in quanto

l’introduzione di un aspetto nuovo servirebbe solo in funzione di un suo

pratico utilizzo nel determinato contesto lavorativo. Nelle due

macrocategorie di fattori che influenzano il comportamento degli individui

nell’innovazione troviamo da un lato le richieste del contesto e la percezione

del controllo, e dall’altro i meccanismi di giustizia e fiducia. Bunce e West

(1994), Karasek e Theorell (1990) e Janssen (2000) affermano che alte

richieste del contesto di lavoro possano procurare un elevato stato di

attivazione sul lavoratore (arousal) rendendolo propenso a trovare soluzioni

innovative per fronteggiare la sensazione di workload.

West (2002) ritiene che l’elevato livello di richieste esterne al proprio

ruolo stimoli l’individuo a trovare nuove soluzioni, incentivando il

comportamento di generazione di idee, e quindi ritiene che sia possibile

cambiare gli aspetti del proprio lavoro più spesso degli altri, per rendere più

semplice e meno esigente il lavoro stesso, a patto che queste ultime non

superino un livello limite ottimale. Per quanto riguarda la percezione del

controllo Karasek (1981) ha elaborato la teoria del “Demand – Control –

Model” secondo la quale il range di controllo sulla situazione ambientale

che una persona sente di possedere è una dimensione cruciale nel

determinare il comportamento attivo il quale è influenzato dal job control. Il

job control è composto da cinque costrutti: 1) controllo del tempo; 2)

controllo del metodo; 3) monitoraggio; 4) problem solving; 5) produzione di

responsabilità (Jackson, Wall, Martin & Davids, 1993). La presenza di

queste dinamiche incrementa la motivazione intrinseca che guida verso il

cambiamento (Björkman, 2004).

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Tra i fattori che spronano l’individuo a ricercare l’innovazione troviamo i

meccanismi di giustizia. In questo campo di ricerche, diverse hanno

considerato il meccanismo dello scambio sociale (Blau, 1964) alla base

della percezione di giustizia sul posto di lavoro, considerandola una

condizione contestuale che può inibire o facilitare i comportamenti extra

ruolo degli individui al lavoro (Konovsky & Organ, 1998; Organ, 1990;

Organ & Rayan, 1995). È stato messo in risalto che nel caso in cui la

relazione fra costi e benefici non sia bilanciata, gli impiegati percepiranno

quindi sensazioni di inadeguatezza distributiva e difficilmente si

impegneranno in ulteriori comportamenti innovativi, specie nel caso in cui

la proporzione risulti per essi sfavorevole. La teoria dello scambio sociale

(Blau, 1964) segnala inoltre come il comportamento degli individui al

lavoro può essere gestito ed analizzato secondo due diverse tipologie di

scambio: economico e sociale. Lo scambio economico si riferisce ad un

formale contratto di transazione tra il lavoro, quello sociale si riferisce alle

relazioni che sottendono indefiniti obblighi futuri con altrettanti, non ben

specificati, riconoscimenti nella natura e nel tempo. Tale relazione è basata,

quindi, fondamentalmente sulla fiducia che gli individui ripongono sul fatto

che le parti in causa nello scambio terranno fede ai loro obblighi nel lungo

periodo di tempo. Organ (1990) evidenzia come gli impiegati generalmente

preferiscano delle relazioni lavorative impostate su di uno scambio sociale

piuttosto che economico dato che le procedure di bilanciamento fra sforzi e

ricompense risultano caratterizzate da principi etici di accuratezza, coerenza

e correttezza. Inoltre quando gli sforzi sono ben ricompensati all’interno

della relazione di scambio sociale, gli individui sono più propensi a

ricambiare, su loro spontanea iniziativa e sulla base della loro discrezione,

manifestando anche comportamenti innovativi in aggiunta alla normale

performance di ruolo, incrementando le risposte in termini sia reattivi, nei

confronti di innovazione imposta, sia proattivi aumentando un generale

comportamento di ideazione, promozione e trasferimento pratico di idee

nuove ed originali sul proprio lavoro.

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Antecedenti organizzativi

Gli individui, che lavorino da soli o in gruppo, sono coloro che da una

parte implementano le innovazioni imposte dall’alto del management

organizzativo, dall’altra propongono idee nuove e utili che possono essere

poi realizzate a livello macro. Dato che i fattori strutturali sono le

dimensioni degli ambienti di lavoro, che sono legate all’espressione di

creatività ed innovazione, l’innovatività individuale può essere influenzata

in modo significativo da elementi dell’organizzazione.

In letteratura troviamo due importanti studi riguardante gli antecedenti

psicosociali che influenzano il comportamento innovativo degli individui al

lavoro.

Il primo studio ci viene proposto da Amabile (1988) la quale ritiene che la

creatività individuale e l’innovazione organizzativa siano strettamente

collegate; secondo l’autrice i tre fattori che possono influenzare

l’innovazione sono:

le competenze di settore (capacità legate al settore lavorativo cioè la

conoscenza dei fatti e le competenze tecniche, e queste possono essere viste

come la gamma di percorsi cognitivi posseduti per la risoluzione di un

determinato problema ossia maggiore è la gamma di percorsi maggiori

saranno le probabilità di produrre qualcosa di nuovo);

le capacità creative (comprendono uno stile cognitivo favorevole

all’apportare nuove prospettive ai problemi e a cercare nuove soluzioni.

Dipendono dalle caratteristiche della personalità);

la motivazione al lavoro (componente fondamentale sulla quale poggiano le

due precedenti e comprende due elementi, da un lato, l’inclinazione naturale

della persona verso il lavoro e, dall’altro, la percezione dei motivi che lo

spingono ad accettare di eseguire il lavoro).

Il secondo studio, condotto da Farr e Ford (1990), illustra i quattro fattori

che possono influenzare la probabilità che un individuo introduca

un’innovazione nel processo lavorativo:

la percezione dell’individuo del bisogno del cambiamento che può avvenire

in un determinato momento critico influenzato da fattori interni o esterni;

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la percezione dell’individuo che il cambiamento possa essere messo in atto

con successo rappresenta un fattore basato sul costrutto della self-efficacy

cioè la percezione riguardante le capacità di determinare e regolare gli

effetti della propria vita (l’individuo con bassa self-efficacy rischia di

andare incontro a notevoli ostacoli data l’incertezza dei risultati che

l’innovazione porta con se); questo secondo fattore è influenzato dalle

passate esperienze lavorative, dalla formazione, dalla cultura organizzativa,

da alcuni tratti della personalità e dai sistemi di supporto e d’informazione

presenti all’interno dell’organizzazione;

la percezione dell’individuo che dall’introduzione del cambiamento deriverà

un risultato positivo (ad esempio, in termini di ricompensa questa deve

essere percepita sufficiente affinché valga la pena di affrontare i rischi insiti

del cambiamento);

l’abilità dell’individuo di generare idee nuove e utili facendo riferimento a

quanto sostenuto da Amabile (1988) in relazione alla creatività individuale.

In letteratura troviamo diversi altri studi non di minore importanza

poiché hanno messo in risalto altri fattori strutturali come la liberta di scelta

(Lovelace, 1986), la leadership (Peters & Waterman, 1982; Kanter, 1983;

Glassman, 1986), il feedback e la ricompensa (Amabile, 1983; West, 1989;

West, Hirst, Richter & Shipton, 2004), la struttura organizzativa (Kanter,

1983), il tipo di organizzazione (Mintzberg, Raissinghani & Theorett, 1979),

la cultura cross nazionale (Anderson, De Dreu e Nijstad, 2004; Shane,

Venkataraman, & MacMillan, 1995).

Passando ora ad analizzare i fattori climatici possiamo riprendere il

pensiero di Amabile (1988) ritenendo che il clima generale

dell’organizzazione innovativa dovrebbe essere “un clima dove

l’innovazione è apprezzata, l’entusiasmo è espresso, e il sostegno è esteso

all’assunzione di rischio e all’esplorazione di nuove idee” (p.154). In

letteratura troviamo più dimensioni che lo compongono, una delle quali è il

supporto organizzativo definito da West (2002) come “l’aspettativa,

l’approvazione e l’aiuto pratico dei tentativi di introdurre nuovi modi di fare

le cose nell’ambiente di lavoro” (p. 373). Siegel e Kaemmerer (1978)

propongono che il supporto organizzativo sia costituito da sei dimensioni

cioè la leadership, il sentimento di ownership (inteso come senso del

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possesso dei processi), decision-making, clima orientato alla diversità, un

atteggiamento di sviluppo continuo e la coerenza fra le modalità di

raggiungimento degli obiettivi e gli obiettivi stessi.

Inibitori sociali

Gli inibitori sociali sono fattori sociali che agiscono all’interno dei

gruppi prossimali di lavoro e che inibiscono la produttività di individui e

gruppi che generano, promuovono e implementano le idee. Gli inibitori

sociali si manifestano in più situazioni. Possiamo analizzare l’influenza di

tali fattori nell’utilizzo del brainstorming dove i lavoratori comunemente si

sentono preoccupati riguardo alle singole reazioni degli altri che possono

non approvare, screditare, ridicolizzare, o semplicemente mostrare una

forma di resistenza al cambiamento a prescindere dall’utilità e dalla valenza

dell’idea limitando l’adozione del nuovo a favore del già noto e familiare

(Paulus, 2000; Janssen, 2000). Strettamente legato alla produttività di

gruppo, un altro fattore inibitore è rappresentato dalla tendenza degli

individui a reagire passivamente o ad essere meno motivati quando i

contributi individuali sono combinati come prodotto del gruppo (Diehl &

Stroebe, 1987). Per Paulus (1989) il processo di confronto sociale sembra

giocare un ruolo nell’illusione della produttività in quanto la passività degli

individui in un gruppo può verificarsi sia quando altri membri dello stesso

gruppo danno luogo ad alti livelli di performance, con i quali, a confronto, il

loro contributo potrebbe apparire come superfluo, sia quando gli individui

credono che la loro performance sia più o meno omogenea a quella dei

membri del gruppo a cui appartengono e superiore a quella di altri gruppi. In

accordo con Amabile (1996), altre dinamiche inibitrici fanno capo al senso

di disorientamento che può derivare da una cattiva gestione degli sforzi

orientati all’innovazione dato che i manager di un progetto innovativo

possono soffocare la creatività se l’obiettivo che stabiliscono è troppo vago

o troppo rigido.

19

3. L’INNOVAZIONE A LIVELLO DI GRUPPO

Anderson (1989) e Battistelli (2003) definiscono l’innovazione di gruppo

come l’emergenza, l’importazione o l’imposizione di idee nuove seguite per

la realizzazione dal gruppo attraverso discussioni interpersonali e successiva

rivisitazione del progetto originale. In questa definizione possono essere

messi in rilievo due aspetti: innanzitutto le idee nuove per il gruppo possono

essere emergenti (sviluppate dal gruppo), importate (adottate o adattate dal

gruppo) o imposte (imposte al gruppo da manager); in secondo luogo la

caratteristica dell’innovazione di gruppo è il suo orientamento verso il

processo attraverso il quale un nuovo progetto viene iniziato, realizzato e

metabolizzato dal gruppo.

Le organizzazioni sostengono che il lavoro dei team e il loro efficace

funzionamento possano fornire un vantaggio competitivo, infatti, i gruppi di

lavoro vengono utilizzati per affrontare compiti difficili e complessi che gli

individui presi singolarmente non potrebbero svolgere. L’investimento in

20

sistemi basati su team è spinto dalle aspettative per cui soltanto il team work

può garantire un aumento della produttività (Hackman, 1990).

Analizzando la letteratura ritroviamo la classificazione che King e

Anderson (1990) tracciano riguardante due approcci di ricerca inerenti al

tema e cioè la ricerca dei fattori antecedenti e la ricerca sui processi

d’innovazione. Gli Autori ritengono che i fattori antecedenti siano

collegabili a variabili che facilitano o ostacolano l’innovazione mentre la

ricerca sui processi si concentri sulla sequenza di eventi e decisioni che

favoriscono l’introduzione dell’innovazione.

Fattori antecedenti

In letteratura diversi Autori hanno contribuito alla classificazione degli

antecedenti in tre categorie: le caratteristiche strutturali del gruppo, i fattori

climatici di gruppo e le caratteristiche del contesto organizzativo. Tra i

fattori strutturali ritroviamo la leadership, coesione del gruppo, longevità

del gruppo, composizione del gruppo, grandezza del gruppo e la diversità

delle competenze.

Per quanto riguarda la leadership possiamo delineare che la potenzialità

del leader è la sua influenza verso tutti i fattori che determinano l’efficacia

del team e l’innovazione, ma in particolare sul team process, che include

concettualmente la chiarezza e l’impegno negli obiettivi del team, la

partecipazione al decision-making e al problem solving, l’eccellenza verso

la qualità del compito e il supporto all’innovazione (Tannenbaum, Salas &

Cannon-Bowers, 1996; West, 2002). Infatti, il leader possiede esperienza e

abilità che dovrebbero guidare il team verso il raggiungimento degli

obiettivi, influenzando il gruppo e le norme di gruppo. Inoltre, attraverso il

monitoraggio, il supporto e il feedback continuo, il leader dovrebbe

sostenere i propri collaboratori a ottenere una performance efficace. West

(2002) sostiene che il leader indipendentemente se sia stato formalmente

nominato a ricoprire il ruolo oppure sia emerso in modo naturale all’interno

del team, dovrebbe possedere un fattore chiave nel favorire l’innovazione e

cioè l’esistenza di una percezione condivisa da tutti i membri del gruppo sul

21

grado in cui il ruolo della leadership è chiaro all’interno del team stesso. A

supporto di ciò West (2002) afferma che laddove si presenti un conflitto

sulla leadership c’è la probabilità che si riduca la chiarezza degli obiettivi e

la partecipazione alle decisioni del team. Coopey (1987) e Nystrom (1979)

ritengono che lo stile democratico incoraggi l’innovazione di gruppo.

Quest’ultima affermazione ha trovato riscontri positivi in ricerche condotte

da Farris (1973) e da Pelz e Andrews (1976) in quanto risulta che i più alti

livelli di innovazione sembrino derivare dal leader che esercita un controllo

moderato sul gruppo.

Sulla coesione del gruppo esistono pareri contraddittori a riguardo dove

alcuni studiosi ritengono che tale fattore faciliti l’innovazione in quanto

aumenta i sentimenti di autorealizzazione e la salute psicologica, per altri,

invece, è possibile inibirla tramite fenomeni come l’omogeneità del gruppo

che limita la volontà di discutere le questioni che interessano il gruppo e

conduce alla focalizzazione sulle relazioni, piuttosto che sul compito e, in

casi estremi, può causare il groupthink (Janis, 1972, 1982). Mohrman,

Cohen e Mohrman (1995) sostengono che la coesione di gruppo e

l’integrazione dei membri di un team sia importante per la vita del gruppo

stesso in quanto la coesione influenza i risultati dell’obiettivo da

raggiungere. Dal momento che i team sono ritenuti collettivamente

responsabili del lavoro svolto, il compito di integrarsi l’uno con l’altro è

compreso fra le responsabilità di ogni membro.

Relativamente alla longevità del gruppo, secondo Lovelace (1986), la

maggiore creatività è associata a una bassa longevità del gruppo mentre

West e Anderson (1996) ritengono che la longevità non è importante per il

risultato generale dell’innovazione.

Per la composizione del gruppo, Burningham e West (1995) ritengono

che la quantità e qualità dell’innovazione siano determinate dal rapporto di

individui innovativi che costituiscono il team. Questa affermazione si fonda

sul concetto che il processo di innovazione inizi da processi cognitivi dell’

individuo sui quali possono incidere le dinamiche sociali insite in un gruppo

(Mumford & Gustafson, 1988).

Altro fattore importante è rappresentato dalla grandezza del gruppo

spesso messo in relazione curvilinea con l’innovazione ritenendo che i team

22

troppo piccoli (3 o 4 membri) mancano della diversità di punti di vista per

favorire l’innovazione (Jackson, 1996), mentre i gruppi grandi (12 o 13

membri) divengono troppo lenti per permettere un’interazione efficace e un

livello di partecipazione adeguato (Poulton, 1995).

La diversità delle competenze ovvero gruppi composti da persone con

diversi background professionali, conoscenze e capacità sono

potenzialmente più innovativi in quanto diverse vedute possono portare a

conflitti costruttivi e ottenere alti livelli di performance e innovazione

(Paulus, 2000; Janssen et al., 2004, De Dreu, 1997; Hoffman & Maier,

1961; Pearce & Ravlin, 1987; Porac & Howard, 1990; Tjosvold, 1982,

1985, 1991, 1998; West, Hirst, Ritcher & Shipton, 2004). La diversità può

anche minacciare la sicurezza e l’integrazione del gruppo con conseguenze

negative per l’innovazione e la creatività come la diminuzione dell’impegno

dei membri verso gli obiettivi di gruppo. Secondo Odoardi (2009) “la sfida

consiste nel creare diversità sufficiente all’interno del team senza minare la

visione condivisa del lavoro e l’abilità di comunicare e di lavorare insieme

con efficienza e d efficacia” (p.38).

Fattori climatici

Tra i fattori climatici del gruppo, Ekvall (1996) afferma che il clima

influenzi i processi psicologici e organizzativi come la comunicazione, il

problem solving, il decision-making, la gestione del conflitto,

l’apprendimento e la motivazione, ed eserciti un’influenza sull’efficacia e

produttività dell’organizzazione, sulla sua abilità di innovare, sulla

soddisfazione al lavoro e il benessere dei suoi membri. West (2002) ritiene

che possano essere individuati alcuni fattori climatici che influirebbero sul

collegamento fra gli effetti dei fattori antecedenti all’innovazione con

l’attuazione di idee e modi di lavorare innovativi. Questo dovrebbe garantire

una maggiore probabilità di risvolti positivi sui risultati come la chiarezza

degli obiettivi, supporto all’innovazione, sicurezza interna al gruppo,

partecipazione ai processi decisionali, gestione di prospettive competitive,

riflessività, capacità di integrazione, utilizzo delle norme.

23

La chiarezza degli obiettivi (vision) facilita l’innovazione permettendo

un migliore sviluppo delle nuove idee in quanto possono essere intrapresi

percorsi concreti verso la sua realizzazione (Odoardi, 2009). West (1990)

parla di vision intendendo il grado in cui gli obiettivi del team vengono

percepiti come chiaramente definiti, condivisi e realizzabili, e lo considera

un buon predittore dell’innovazione a livello di gruppo ritenendolo più

efficace nel raggiungimento di un obiettivo chiaramente determinato. Infine

come affermano Anderson e West (1998) e Weldon e Weingart (1993), la

vision dovrebbe essere quanto più possibilmente conseguibile in quanto un

obiettivo difficilmente raggiungibile può rischiare di divenire demotivante

favorendo l’attuazione di strategie contrarie al raggiungimento dello stesso

con il peggioramento della performance. Gli sviluppi recenti delle ricerche

condotte da Pearce e Ensley (2004) sulla vision sottolineano come il fattore

climatico denominato shared vision che è inteso come “un modello mentale

comune del futuro stato del team o dei suoi compiti, che fornisce le basi per

l’azione all’interno del team” (p.260). Inoltre ritengono che l’innovazione e

la sua efficace implementazione non passino attraverso un’accondiscendente

accettazione di obiettivi o attraverso l’imposizione di una leadership, bensì

dall’attiva costruzione, attraverso la negoziazione e la condivisione, di

conoscenze, significati, obiettivi, norme, che divengono comuni e che

contribuiscono all’efficacia del team work.

Altro aspetto strategico è rappresentato dal supporto all’innovazione dato

dall’aspettativa, dall’approvazione e dal sostegno pratico ai tentativi di

introduzione nell’ambiente lavorativo di modalità di fare nuove e con

caratteristiche migliori (West, 1990). Amabile (1983) e Kanter (1983),

sostengono che le idee innovative all’interno del gruppo possono essere

ricompensate o respinte ma dovrebbe sussistere anche una tolleranza

dell’errore tale che l’innovatore non subisca penalizzazioni in ambito

lavorativo nel caso del mancato raggiungimento dei risultati sperati. I

ricercatori hanno studiato il supporto intendendolo in due modalità differenti

(West & Anderson, 1996): il supporto inteso come variabile di clima per

l’innovazione che può essere offerto in forma verbale, volto

all’incoraggiamento dell’innovazione, influenza la volontà di un individuo a

proporre idee e a partecipare al processo di gruppo. Un clima di supporto

24

viene descritto in differenti modi, tra cui una fiducia reciproca tra i membri

del team, la cooperazione nel gruppo, un impegno condiviso negli obiettivi e

nei progetti, un supporto interpersonale. Il supporto pratico invece è inteso

più come una variabile di processo, poiché coinvolge il gruppo verso un

impegno concreto sotto forma di cooperazione con gli altri membri del

gruppo, di disponibilità di tempo e risorse per lo sviluppo, applicazione di

idee e tentativi di introdurre nuovi e migliori modi di fare le cose

nell’ambiente di lavoro. Infine è importante sottolineare il rapporto fra ruolo

dell’innovatore e l’influenza che esso può avere sul gruppo in quanto i

leader potrebbero avere una maggiore influenza nell’introduzione di un

elemento originale rispetto a altri componenti del gruppo (Odoardi, 2009).

Per quanto riguarda la sicurezza interna al gruppo, questo è un fattore

definito come il senso di sicurezza psicologica avvertita dai membri in

presenza di altri membri durante le interazioni tra l’intero gruppo. Si ritiene

che la sicurezza interna sia strettamente collegata con la creazione di un

positivo affetto di gruppo e con la gestione costruttiva del conflitto e che

favorisca una maggior probabilità di effettiva creatività e innovazione

(Odoardi, 2009).

Specificatamente alla partecipazione ai processi decisionali, la

realizzazione di idee innovative comporta spesso un alto costo di energie da

parte dei gruppi quindi diviene fondamentale che gli individui prendano

parte ai processi decisori attraverso l’influenza, l’interazione e la

condivisione delle informazioni in modo sia da offrire energie e risorse nei

risultati attesi e contenuti nelle decisioni prese, sia a contribuire con idee

nuove e modalità di lavoro migliori (Kanter, 1983; King, Anderson & West,

1992). In letteratura è stata più volte confermata la stretta relazione che

intercorre fra la partecipazione da un lato e l’integrazione e l’impegno

dall’altro (Bowers & Seashore, 1996; Coch & French, 1948; Heller, Pusic,

Strauss & Wilpert, 1998; Lawler & Hackman, 1969; Locke, 1991; Locke &

Latham, 1990). Wall e Lischeron (1977), sostengono che alti livelli di

partecipazione al processo decisionale son associati a una minore resistenza

al cambiamento e una più alta probabilità di innovazione (Wall &

Lischeron, 1977). Infine come ricorda Paulus (2000) questo fattore

analizzato deve essere preso in considerazione con la capacità dei membri di

25

lavorare in equipe per aumentare la probabilità di produzione di idee

innovative.

In letteratura diversi Autori, in relazione alla gestione di prospettive

competitive, sono concordi nel ritenere che la qualità della creatività,

dell’innovazione e dei processi decisionali siano collegabili a una fruttuosa

gestione del conflitto relativo al raggiungimento di un obiettivo (Tjosvold,

1982, 1998; Tjosvold & Field, 1983; Tjosvold & Johnson, 1977; Tjosvold,

Wedley & Field, 1986). Odoardi (2007, 2008), presupponendo che i

contrasti costruttivi siano caratterizzati da un’analisi di pareri diversi su

problemi inerenti al lavoro, ritiene che questo tipo di conflitto, e il dissenso

di minoranza in un contesto dove la partecipazione è attiva, possono

produrre comportamenti innovativi e soluzioni creative.

West (1996) definisce la riflessività come “il grado a cui i comportamenti

del gruppo riflettono collettivamente sugli obiettivi, strategie e processi,

oltre che su quelli della propria organizzazione in senso più ampio, e li

adattano di conseguenza” (p.559). De Dreu (1997) ritenendo che l’impatto

di questo fattore è in stretta relazione con il dissenso minoritario,

l’innovazione e l’efficacia del team, afferma che se il dissenso minoritario

può aumentare il pensiero divergente e la creatività, è la riflessione sulle

strategie e sugli obiettivi organizzativi che permette la riflessione critica dei

diversi punti di vista al fine di scartare le cattive idee e ottimizzare la

creazione di nuovi prodotti e servizi.

La capacità di integrazione è ritenuta come il grado in cui i componenti

possiedono le necessarie competenze, capacità e abilità per lavorare

efficacemente e efficientemente insieme. Jehn (1995) sostiene che tra esse

vi sia la capacità di risoluzione dei problemi cioè la facoltà di distinguere fra

il conflitto costruttivo dal conflitto non costruttivo favorendone il primo.

Odoardi (2009) sottolinea che sebbene le capacità di integrazione siano

capacità individuali, hanno comunque un loro importante peso nelle

dinamiche di gruppo aggiungendo alla già citata capacità di risoluzione dei

problemi, la capacità di identificare le situazioni che richiedono una certa

partecipazione alla risoluzione dei problemi, l’abilità di usare reti

comunicative decentralizzate per favorire il processo di comunicazione, il

saper stabilire obiettivi e il saper gestire le performance lavorative.

26

Infine, altro fattore strategico per lo sviluppo dei processi d’innovazione

e studiato in letteratura è espresso attraverso l’utilizzo delle norme.

O’Really e Chatman (1996) evidenziano che un forte ordine normativo può

agire come sistema di controllo sociale capace di promuovere la creatività e

l’innovazione. Al fine di sviluppare un comportamento proattivo per lo

sviluppo di idee innovative occorre che si rinforzi un sistema di norme che

all’interno di un team regoli il comportamento dei suoi membri, riduca

l’incertezza e l’ambiguità, esprima il valore centrale del gruppo, faciliti la

sopravvivenza del team, aiuti il team a evitare problemi interpersonali

negativi e consenta di attribuire ruoli, posizioni e risorse all’interno del team

stesso. Inoltre, come sostengono De Dreu e West (2001) le norme che

incoraggiano l’evitamento di conflitti riducono la possibilità di innovazione

dato che inibiscono il dissenso della minoranza e il pensiero indipendente

che conducono al conflitto costruttivo. Tali norme vengono viste come

“produttrici di una maggiore conformità e un minore pensiero divergente e

possono promuovere il groupthink e la rigidità decisionale e

comportamentale, piuttosto che un cambiamento positivo” (Gilson & May,

2005, p. 20). Tuttavia le norme rappresentano le aspettative, da parte del

gruppo, di un giusto comportamento, e l’incoraggiamento dell’innovazione

da parte del team è un modo in cui il gruppo può indicare le sue aspettative;

questo tipo di norme viene definito da Gilson e May (2005) come “norme di

incoraggiamento all’innovazione” (p. 21) e rappresentano il grado in cui il

gruppo incoraggia i suoi membri a generare e condividere nuove e utili idee

riguardanti il cambiamento dei processi di lavoro, prodotti o procedure. I

membri di gruppi che possiedono norme che incoraggiano fortemente

l’innovazione potranno proporre molte più idee creative rispetto a quei

gruppi le cui norme non incoraggiano l’innovazione.

Caratteristiche del contesto organizzativo

Il gruppo inserito in un organizzazione riceve spesso una forte pressione

da elementi del contesto esterno quale il clima organizzativo, i sistemi di

supporto, le situazioni di mercato o l’incertezza ambientale, che si riflette

27

sull’innovazione prodotta. West, Hirst, Richter e Shipton (2004) ritengono

che possano essere evidenziati delle condizioni fondamentali che

dovrebbero essere presenti nel contesto esterno al fine di favorire

l’attivazione dei principali processi per lo sviluppo dell’innovazione a

livello di gruppo. Innanzitutto gli autori ritengono che sia necessario

assicurarsi che vi sia una motivazione intrinseca che scaturisce dal compito

e che vi sia un alto livello di domanda esterna in quanto il primo processo

permetterebbe il raggiungimento di un’ elevata performance di gruppo,

mentre il secondo processo favorirebbe l’integrazione dei membri del

gruppo. I processi successivi consistono nella selezione delle persone

innovative con medesime abilità relative al compito ma con diverso

background professionale e demografico in modo tale che la loro

interazione comporti l’integrazione di differenti prospettive e punti di vista.

Il passaggio successivo consiste nella ricerca di metodi di riconoscimento

del tentativo di innovare da parte del lavoratore, anche se l’innovazione non

ha portato i risultati sperati, in modo da creare un clima di fiducia e supporto

nell’innovazione e al contempo incrementare l’esperienza di sfida positiva

nelle risorse umane per favorire l’aumento della soddisfazione di lavoratori

che portano alti livelli di innovazione. Per quanto riguarda il clima, vanno

presi in considerazione anche l’esigenza della creazione di un clima di

apprendimento e sviluppo, a partire dalle pratiche di gestione delle risorse

umane come il reclutamento, la selezione, l’inserimento, la formazione e la

valutazione, e favorendo un’educazione del lavoratore sulla conoscenza

professionale e sulle pratiche e problemi inerenti al lavoro.

La fase successiva consiste nell’analizzare le dinamiche di gruppo e in

particolare la creazione delle norme di gruppo, lo sviluppo e

l’incoraggiamento della riflessività, chiarezza della leadership e del suo stile

e la gestione del conflitto. Per quanto riguarda la creazione delle norme di

gruppo esse nascono dalla reciproca influenza dei lavoratori e dal compito

assegnato al gruppo (Hayes, 1997; Sherif, 1936); la loro importanza risiede

nel favorire il raggiungimento degli obiettivi, l’identificazione e

mantenimento del gruppo e nella coordinazione delle attività (Feldman,

1984; Cartwright & Zander, 1968). Lo sviluppo e l’incoraggiamento della

riflessività e la gestione del conflitto nel gruppo, sono direttamente collegati

28

perché se i team dovrebbero avere sufficiente tempo per riflettere sui loro

obiettivi, processi di gruppo e risultati in modo da poter intervenire nel caso

di errore o nell’eventualità di cambiamenti nell’ambiente esterno, i conflitti

centrati sull’obiettivo possono favorire la riflessione o la nascita di nuove

idee e scongiurare il groupthink (Janis, 1989). Per favorire il conflitto deve

essere incoraggiata l’espressione delle minoranze unito ad alti livelli di

partecipazione in quanto ciò porterà alla consapevolezza di interpretazioni e

informazioni disponibili che a loro volta favoriranno soluzioni integrate e

innovative per problemi relativi al lavoro.

Infine, è importante incoraggiare il collegamento fra i gruppi per favorire

la condivisione del lavoro e quindi sviluppare progetti in modo unitario e

ricercare un’identità sovraordinata comune all’interno dell’organizzazione

per incoraggiare l’innovazione.

Modelli inerenti all’innovazione di gruppo

Basandosi sui fattori antecedenti e climatici evidenziati per lo sviluppo

dell’innovazione, diversi modelli teorici presenti in letteratura hanno cercato

di spiegare il quadro unitario delle interazioni dei fattori considerati (Gilson

& May, 2005; Pearce & Ensley, 2004). Un significativo contributo è stato

dato dal modello I-P-O (input-processi di gruppo-output) di Janseen, Van de

Vliert e West (2004) e dalla teoria del gruppo innovativo di West (1990) la

cui sostanziale differenza si riscontra nella sequenzialità o circolarità del

processo stesso.

Il modello “input – processi di gruppo - output” (Janseen, Van de Vliert

& West, 2004) spiega come l’inizio di un processo innovativo parta dai

segnali in entrata che comprendono i fattori antecedenti quali la

composizione delle differenze nel gruppo, contesto organizzativo; in

secondo luogo i processi di gruppo che fungono da mediatori sono i livelli

di partecipazione, di sostegno per l’innovazione, leadership e gestione del

conflitto; infine i risultati includono il numero di innovazioni quali la novità

e l’efficacia dell’innovazione nel conseguimento di obiettivo desiderato.

29

Un altro significativo contributo è dato dalla teoria del gruppo innovativo

di West (1990) che considera come focus i fattori di gruppo intesi come

facilitatori o inibitori dell’innovazione, e processi di gruppo nello studio

delle innovazioni emergenti. La teoria dell’innovazione emergente ritiene

che sussista una relazione fra fattori di gruppo e l’innovazione quantitativa e

qualitativa identificando come fattori di gruppo la vision, il supporto

all’innovazione, la sicurezza partecipativa e l’orientamento al compito. In

particolare la sicurezza partecipativa rappresenta il costrutto psicologico le

cui contingenze sono tali da rinforzare e motivare il coinvolgimento nel

processo di decision-making e di sviluppo dell’innovazione, fornendo al

tempo stesso delle rassicurazioni sul fatto che questo coinvolgimento non

metterà in pericolo le loro posizioni professionali e, pertanto, nelle

interazioni di gruppo dovrebbe svolgersi un coinvolgimento attivo in un

clima propenso alla fiducia e al sostegno (Rogers, 1983). Invece

l’orientamento al compito, come afferma West (1990) che definisce tale

fattore come “interesse condiviso verso l’eccellenza della qualità della

performance lavorativa” (p.313) e responsabilità dell’organizzazione

consiste nel facilitare l’orientamento al compito del gruppo fornendo

procedure, metodi e politiche adatte al suo svolgimento. Tjosvold (1982)

afferma che questo fattore è notevolmente influenzato dai contrasti, dalle

minoranze e dalla gestione costruttiva dei conflitti.

West (1990) mette in risalto che l’innovazione possa essere misurata in

termini sia di quantità che si riferisce al numero di nuove idee introdotte e

realizzate usando criteri predeterminati di significato, sia di qualità che può

essere analizzata su tre dimensioni cioè in base alla novità, all’importanza

valutata e alla definitiva efficacia. Inoltre l’Autore ritiene che mentre la

quantità sia influenzata dal supporto all’innovazione e dalla sicurezza

partecipativa dato che questi due fattori favoriscono un clima di

accettazione dell’errore e aumentano la probabilità che vengano favoriti i

tentativi di introdurre nuove idee, la qualità sia influenzata dalla vision e

dell’orientamento al compito.

Secondo il modello di West (1990), la caratteristica principale è la

circolarità del processo ed è composto da quattro fasi:

30

riconoscimento cioè individuazione di una lacuna o riconoscimento del

valore di un’innovazione esterna;

iniziazione che consiste nel proporre l’innovazione agli altri membri del

gruppo con eventuali modifiche o, in casi estremi, l’abbandono

dell’innovazione;

implementazione ed è in questa fase che l’innovazione viene usata dal

gruppo e gli effetti sono osservabili nelle pratiche, nei processi o procedure

lavorative; in questa fase l’innovazione può subire modifiche o l’abbandono

e come sostengono Klein e Sorra (1996) l’implementazione può essere

definita come la fase di transizione durante la quale i membri

dell’organizzazione idealmente diventano più abili e più motivati

nell’utilizzo delle innovazioni in oggetto (è il passaggio critico tra la

decisione di adottare l’innovazione e il suo utilizzo routinario all’interno

dell’organizzazione stessa);

stabilizzazione ovvero l’innovazione diviene routine del sistema, con

relative standardizzazione e procedure di controllo (eventuali fallimenti

possono portare alla modifica o abbandono dell’innovazione e dato che i

sistemi sono in continua evoluzione quest’ultima fase raramente conclude il

processo, il ciclo potrebbe infatti ricominciare con la fase del

riconoscimento con la ricerca di nuove idee dello staff o con l’importazione

di idee nuove da organizzazioni simili).

West (1990) ritiene che la vision agisca nella fase di riconoscimento dato

che una chiara visione degli obiettivi di gruppo aumenteranno l’attenzione

nella valutazione di un possibile scarto di pratiche di lavoro obsolete a

vantaggio di pratiche di lavoro nuove. Si suppone che l’iniziazione potrà

essere facilitata da un buon livello di sicurezza partecipativa in quanto le

difficoltà percepite nella fase di cambio dello status quo del gruppo potrà

essere moderata dalla percezione di un clima di sicurezza psicologica,

coesione, influenza interpersonale, interazione e condivisione delle

informazioni. Prendendo in considerazione l’implementazione, si ritiene che

il supporto all’innovazione e l’orientamento al compito possano influire

notevolmente in quanto con questa fase si entra nel processo operativo della

messa in pratica dell’innovazione. Infine si ritiene che nella fase di

stabilizzazione l’innovazione acquisita possa essere routinizzata o

31

abbandonata a seguito delle valutazioni critiche e costruttive riguardanti il

suo valore.

32

4. L’INNOVAZIONE A LIVELLO

ORGANIZZATIVO

L’innovazione organizzativa è definita da Amabile (1988) come “la

riuscita implementazione delle idee creative all’interno di

un’organizzazione” (p.126) dove le idee si riferiscono in particolare ad idee

per nuovi prodotti, processi o servizi, così come per procedure o politiche

utili all’organizzazione stessa. L’innovazione individuale o di gruppo può

essere influenzata in modo significativo da coloro che ricoprono posizioni di

responsabilità a livelli alti e medi dell’organizzazione.

L’organizzazione dovrebbe delineare e caratterizzare gli obiettivi

attraverso la definizione di un goal setting poco flessibile relativo alla

mission generale ma contemporaneamente dovrebbe lasciare liberi i

dipendenti nell’individuazione della procedura per il raggiungimento degli

obiettivi. Pertanto, “si può dire che esista ownership, quando i membri di un

gruppo o di un’organizzazione sentono di dare origine e/o sviluppare idee,

33

processi e strutture con i quali lavorano” (Siegel & Kaemmerer, 1978,

p.554). Diversi studiosi, quali Dorenbosch, van Engen e Verhager, (2005) e

Shipton, Fay, West, Patterson e Birdi (2005), hanno esaminato la

stratificazione gerarchica presente nelle organizzazioni in rapporto con i

sistemi di comunicazione dichiarando che l’assenza di stratificazione

gerarchica favorirebbe l’innovazione incentivando un sistema di

comunicazione aperto in cui l’informazione non è vincolata a limiti ma

circola liberamente.

È importante esaminare contestualmente le caratteristiche strutturali,

sociali e climatiche insite nelle organizzazioni al fine di capire la loro

influenza sui processi stessi di innovazione. Diversi modelli hanno tentato di

identificare le dimensioni degli ambienti di lavoro che sono legate

all’espressione di creatività e innovazione (Odoardi, 2009). Tra questi verrà

presentato il “modello componenziale” della creatività e dell’innovazione di

Amabile (1988) nel quale si delineano alcuni criteri guida (figura 1):

sostenere la creatività individuale;

includere delle strutture organizzate nel processo d’innovazione;

fattori organizzativi che forniscono comportamenti basati sulla continua

creatività individuale.

Il modello componenziale comprende quattro fasi come riportato in figura

1:

la base del processo innovativo, espressa dalla fase 1 alla fase 4;

i fattori organizzativi che influenzano questo processo cioè la motivazione a

innovare, le risorse del settore e la capacità nella gestione della innovazione;

il processo di creatività individuale o di piccolo gruppo descritta nel grafico

dall’area della creatività individuale o di piccolo gruppo posizionata al di

sotto della linea tratteggiata;

l’indicazione di influenza delle forze d’influenza principali (indicati dalla

frecce).

34

MOTIVAZIONE A INNOVARE

RISORSE DEL SETTORE

CAPACITA’ NELLA GESTIONE DELLA

INNOVAZIONE

MOTIVAZIONE INTRINSECA AL

LAVORO

COMPETENZE DISETTORE

CAPACITA’ CREATIVE

Risorsa esternaRisorsa interna

Raccolta informazioni

e risorse

Produzione di una o più

idee o prodotti

Controllo idee con criteri di lavoro

Successo

Insuccesso

Progresso

FASE 1

Stabilire un piano di azioni

FASE 2

Stabilire il processo

FASE 3

Proposizione delle idee

FASE 4

Valutazione del risultato

Alcuni obiettivi esprimono le risorse per conseguirli ed il contesto di lavoro

stabilito: svolgimento dell’analisi di

mercato

Dichiarazione degli obiettivi

dell’organizzazione o di un settore

Gli individui o i gruppi di progetto generano idee o

prototipi di prodotto

Verifiche di mercato: valutazione delle idee a livello di organizzazione

Progresso (ritorno alla fase 2)

Insuccesso (fine)

Successo (fine)

COMPONENTE “A”ORGANIZZATIVO

COMPONENTE “A”INDIVIDUALE

COMPONENTE “B”ORGANIZZATIVO

COMPONENTE “B”INDIVIDUALE

COMPONENTE “C”INDIVIDUALE

COMPONENTE “C”ORGANIZZATIVO

AREA DELLA CREATIVITA’ INDIVIDUALE O DI PICCOLO GRUPPO

Figura 1. Modello componenziale dell’innovazione nelle organizzazioni.

Fonte: Amabile, 1988.

Una prima osservazione riguardante il modello è data dall’inclusione del

processo di creatività individuale nel più generale processo d’innovazione

che ha l’impatto maggiore nella fase di proposizione e generazione delle

idee.

Le tre componenti che determinano l’innovazione organizzativa vengono

esplicitate in più elementi disposti su diversi livelli e in diverse aree

operative dell’organizzazione e sono:

motivazione a innovare indica l’orientamento dell’organizzazione verso

l’innovazione che deve essere favorita dai dirigenti in quanto i

macroelementi più importanti di questo fattore sono rappresentati

dall’attribuzione di un valore all’innovazione in generale, da un

orientamento al rischio, da un senso di orgoglio di appartenenza da parte dei

membri all’organizzazione e da una strategia di politica attiva per il futuro

in metto contrasto con il voler proteggere lo status quo proprio

dell’organizzazione;

35

risorse del settore lavorativo è costituito dall’insieme di risorse che

l’organizzazione riesce a fornire al settore dal quale ci si attende lo sviluppo

dell’innovazione e comprendono una vasta gamma di elementi come la

presenza di risorse materiali, la possibilità di formazione per il personale nel

settore di competenza o la presenza di persone con conoscenza dell’effettiva

realizzazione o meno di particolari innovazioni e dotate di familiarità con

prodotti, servizi e mercati importanti;

capacità di gestione dell’innovazione indica il saper gestire il processo

innovativo, a livello organizzativo e a livello dei singoli settori presi in

considerazione, anche con più progetti messi in atto contemporaneamente.

Infine Amabile (1988) ritiene che i fattori necessari allo sviluppo di un

processo innovativo sia per l’individuo che per l’organizzazione possano

essere raggruppati in tre categorie:

risorse rappresentati da materiali grezzi disponibili per la creatività e

innovazione in un dato settore (per l’individuo sono le competenze relative

al settore cioè le competenze di base unite a quelle tecniche e acquisite con

l’esperienza lavorativa mentre per l’organizzazione sono le risorse relative

nel settore lavorativo consistenti in materiali, persone e informazioni che

sostengono e sviluppano l’innovazione in un preciso settore);

tecniche rappresentano le capacità necessarie per il lavoro creativo degli

individui o per i risultati innovativi dell’organizzazione (l’importanza della

presenza di questo fattore si evidenzia allorquando venisse a mancare dato

che l’individuo genera idee che rientrano nella normalità a discapito di

quelle creative e con il venir meno di queste ultime l’organizzazione non

può portare avanti progetti di innovazione; per l’individuo queste tecniche

sono le capacità creative cioè stili di pensiero, modi di lavorare e modi di

affrontare il mondo che danno vita a nuove idee mentre per l’organizzazione

sono le competenze nella gestione dell’innovazione cioè capacità

manageriali che favoriscano lo sviluppo e messa in pratica delle idee

creative);

motivazione è il fattore più importante che si inserisce tra l’individuo e

l’organizzazione (per l’individuo è il ponte fra cosa sa fare e cosa

effettivamente farà e per l’organizzazione è la propensione a guardare avanti

anche nell’affrontare i rischi insiti nell’innovazione).

36

Amabile (1988) ritiene che questi tre fattori possano essere raffigurati

come dei cerchi che si sovrappongono parzialmente ma per la

manifestazione di creatività e innovazione di successo è necessario che

questi si intersechino quanto più possibile in quanto l’area venutasi a creare

da tale intersezione definisce l’area di maggior probabilità per l’innovazione

individuale o organizzativa.

37

5. L’INNOVATION MANAGEMENT:

STRATEGIE PER LA GESTIONE DELLE

INNOVAZIONI NELLE ORGANIZZAZIONI

A causa dei rapidi cambiamenti nella tecnologia e con l’intensificarsi

della competizione globale, il successo delle organizzazioni dipende sempre

in misura sempre maggiore dalla capacità di introdurre prodotti e servizi

innovativi all’interno del mercato. L’innovazione, tuttavia, dipende in primo

luogo dalla generazione di idee nuove e creative. I risultati di molteplici

ricerche psicologiche sulla natura della creatività e sugli effetti degli

antecedenti individuali, di gruppo e organizzativi sull’innovazione possono

costituire il punto di partenza per l’elaborazione politiche di gestione delle

risorse umane finalizzate ad aumentare i processi creativi e d’innovazione.

Le organizzazioni devono, in questa prospettiva, poter disporre di pratiche

gestionali e piani di intervento che si orientino sinergicamente all’individuo,

38

al gruppo, all’organizzazione e all’ambiente esterno al fine di facilitare la

generazione e l’implementazione di nuovi prodotti, processi o servizi

all’interno dell’organizzazione.

Prima di affrontare, nello specifico, la tematica legata agli effetti delle

pratiche manageriali sullo sviluppo dell’innovazione, occorre prendere in

considerazione il costrutto della creatività, che rappresenta il primo,

fondamentale step per l’avvio e lo sviluppo dei processi innovativi.

In particolare, la conoscenza dei fattori che sono alla base del pensiero

creativo e lo studio degli stili lavorativi degli individui creativi risultano

essenziali per poter identificare le strategie organizzative e manageriali

funzionali all’implementazione di successo delle innovazioni.

Recenti studi sul pensiero creativo hanno messo in evidenza l’importanza

di tre fattori: la conoscenza, il processo e gli stili lavorativi. Identificare le

strategie operative funzionali allo sviluppo dei processi innovativi,

realizzate attraverso il management degli individui creativi, bisogna tener

conto di una serie di punti.

Il primo punto da considerare riguarda l’allocazione di tempo e

informazioni da parte dei vertici aziendali a tutto il personale. Gli individui,

hanno, di fatto, bisogno di tempo per pensare. Questo punto viene illustrato

in uno studio condotto da Redmond et al. (1993), riguardante l’influenza del

comportamento dei manager sulla creatività dei lavoratori. In tale ricerca,

all’ufficio marketing veniva richiesto di realizzare una campagna

pubblicitaria per la sponsorizzazione di un nuovo prodotto. E’ stato

dimostrato che quando i supervisori chiedevano al personale dell’ufficio

marketing di elaborare una lista di definizioni dei problemi alternativi prima

ancora di iniziare il lavoro, le pubblicità risultavano più originali e

qualitativamente superiori rispetto ad una condizione di controllo in cui il

personale iniziava immediatamente a lavorare sulla campagna pubblicitaria.

Questi risultati ci indicano che soffermarsi a pensare su un problema prima

ancora di avviare un lavoro risulta funzionale allo sviluppo del

comportamento creativo. Pertanto, le strategie legate alla gestione delle

risorse umane che possono favorire l’avvio e lo sviluppo di tali processi

dovranno comprendere l’implementazione di piani e orari di lavoro flessibili

39

e di strategie di gestione del tempo che valorizzino l’importanza dei

momenti dedicati all’elaborazione cognitiva dei problemi.

Queste osservazioni ci conducono direttamente ad un’altra questione di

grande rilievo. Dal momento che gli individui necessitano di un ampio arco

temporale per pensare ed elaborare cognitivamente i problemi che

richiedono nuove ed efficaci soluzioni, lo sviluppo del pensiero creativo può

essere ostacolato o interrotto dalla presenza da una serie di distrazioni

all’interno dell’organizzazione. Pertanto, le strategie operative dovranno

svolgere una funzione di buffering attraverso la riduzione delle richieste

organizzative, in particolare quando gli individui sono coinvolti in compiti

di generazione di nuove idee, prodotti o servizi. Da una prospettiva di

management delle risorse umane, le azioni che possono favorire questo

processo includono la fornitura di supporto extra-organizzativo e la

disposizione di spazi in cui il personale ha la possibilità di condurre il

proprio lavoro in assenza di distrazioni o richieste esterne che possono

ostacolare i processi di creatività.

Il tempo e la libertà dalle distrazioni rappresentano soltanto una delle

strategie operative finalizzate al supporto del lavoro creativo, che dipende

anche dalla possibilità di avere accesso alle informazioni rilevanti, nonché ai

luoghi e ai materiali strategici (Qin & Simon, 1990; Zuckerman & Cole,

1994). La prima implicazione di tali osservazioni è che l’accesso ai siti di

ricerca strategici può essere fornito dalla possibilità di viaggiare, dalle

collaborazioni con specifiche figure professionali, dall’accesso ad internet e

dalla consultazione di riviste specializzate. L’innovazione, tuttavia, non si

esaurisce nella mera acquisizione di informazioni disponibili. La

generazione di nuove idee è, frequentemente, un’attività che richiede molto

tempo, comportando, di conseguenza, costi elevati (Campbell, 1992).

Pertanto, la ricerca delle informazioni rilevanti deve essere indirizzata

unicamente ai dati che sono necessari allo svolgimento del lavoro creativo.

L’acquisizione di informazioni da fonti interne ed esterne

all’organizzazione deve essere, successivamente, ricombinata e

riorganizzata per la generazione di nuove conoscenze e idee. Poiché anche

tale processo si rivela altamente dispendioso in termini di tempo, le strategie

operative auspicabili per favorire lo sviluppo delle performance creative

40

dovranno riguardare, in primo luogo, la disposizione e la diffusione delle

informazioni-chiave necessarie per lo sviluppo di nuove idee. In secondo

luogo, i manager devono sostenere il processo individuale di elaborazione

delle informazioni, necessario, oltretutto, per valutare le conseguenze

negative derivanti dall’avvio del lavoro creativo. In terzo luogo la pressione

per il conseguimento di risultati immediati deve essere minimizzata, o

addirittura abolita.

Le osservazioni condotte finora sul ruolo della disponibilità di tempo e

dell’accesso alle informazioni rilevanti nello sviluppo dei processi di lavoro

creativi ci permettono di elaborare ulteriori piani di intervento inerenti alla

gestione del personale che possono contribuire in maniera significativa alle

performance innovative. Poiché il lavoro creativo è fondato sull’accesso alle

informazioni, lo sviluppo dei processi innovativi trarrà giovamento dalle

strategie di selezione finalizzate all’assunzione di individui che dimostrano

di possedere livelli elevati di expertise.

Il processo di conoscenza, fondamentale per le performance creative,

tuttavia, non è statico. Pertanto, gli interventi di gestione delle risorse umane

che cotribuiscono maggiormente allo sviluppo dell’innovazione sono quelli

che promuovono l’apprendimento e lo sviluppo continuo delle conoscenze.

Tali interventi includono programmi di studio personalizzati, partecipazione

dello staff alle conferenze, esplorazione di siti strategici, tradizionali

percorsi di formazione.

Infine, occorre tener presente che il processo di lavoro creativo è

soggetto a continui cambiamenti. Pertanto, le tradizionali valutazioni delle

performance condotte annualmente non sono in grado di fornire processi di

orientamento e di feedback adeguati. Risultano, invece, maggiormente

efficaci quei piani di intervento che includono periodiche valutazioni

tecniche basate sul feedback fornito dai colleghi di pari livello, in sinergia

con l’applicazione di strategie di valutazione tradizionali.

Un secondo fattore di studio nell’ambito delle politiche strategiche di

gestione dell’innovazione a livello individuale è costituito dal sistema degli

obiettivi e delle ricompense come è stato già esaminato nei capitoli

precedenti.

41

Le tradizionali teorie sul management organizzativo sostengono che il

lavoro debba essere gestito e diretto attraverso l’assegnazione di obiettivi

specifici e concreti (Locke, Shaw, & Latham, 1981). L’eccessiva fiducia

posta su obiettivi predefiniti può, tuttavia, limitare lo sviluppo dei processi

innovativi.

Numerosi studi hanno esaminato gli effetti degli obiettivi sulla creatività.

Amabile (1997) ha dimostrato che l’imposizione di obiettivi esterni può

ridurre la motivazione intrinseca fondamentale per lo sviluppo della

creatività. Utilizzando una prova di in-basket in cui la creatività veniva

valutata in base alla capacità di individuare soluzioni efficaci a nuovi

problemi, Shalley (1991) ha dimostrato che gli obiettivi riferiti alla

creatività contribuiscono alla performance, mentre gli obiettivi legati alla

produzione, in condizioni di bassa discrezionalità individuale, limitano lo

sviluppo dei processi innovativi. Zhou (1998) ha utilizzato una prova di in-

basket manipolando le variazioni del feedback, lo stile di feedback e

l’autonomia per verificarne gli effetti sulla creatività. I risultati dello studio

hanno evidenziato che il feedback positivo e basato sulla trasmissione di

informazioni aumenta significativamente la performance creativa, in

condizioni di alta autonomia.

Queste osservazioni conducono ad una serie di rilevanti implicazioni, per

quanto riguarda il management degli individui creativi finalizzato allo

sviluppo dei processi di creatività e innovazione all’interno

dell’organizzazione.

In primo luogo, gli obiettivi devono essere definiti in termini ampi,

mantenendo un focus specifico sulla creatività piuttosto che sulla

produzione.

In secondo luogo, i manager devono porre maggiormente il focus sui

processi attraverso cui gli individui si approcciano al lavoro e sulle strategie

che utilizzano, fornendo interventi di coaching per favorire la risoluzione

positiva dei problemi e l’elaborazione di modalità più adattive di approccio

alle problematiche (Zhouh, 1998). Zuckerman (1979) ha dimostrato gli

individui possono incrementare le proprie performance creative quando

dispongono dell’aiuto di mentori che forniscono non soltanto specifiche

42

conoscenze, ma anche strategie e metodi alternativi per l’elaborazione dei

problemi.

In terzo luogo, la direzione del lavoro deve fondarsi sulla revisione

collaborativa da parte dei colleghi di pari livello, in condizioni di alta

motivazione ed elevati livelli di expertise.

L’uso degli obiettivi come meccanismo direttivo di informazione può

risultare di particolare importanza, poiché il lavoro creativo è

frequentemente ambiguo e tale ambiguità è un fattore potenziale di stress.

Amabile (1983) ha messo in evidenza che la gestione dello stress,

dell’ambiguità e del conflitto è un requisito necessario per la maturazione

della motivazione intrinseca e lo sviluppo del pensiero creativo.

Quando un’organizzazione investe nello sviluppo di nuove idee, vengono

applicate diverse misure di valutazione all’interno del processo innovativo.

Tuttavia, occorre tener presente che non esiste un unico standard di

valutazione del lavoro creativo valido in assoluto. Pertanto si rendono

necessari molteplici e diversificati criteri di valutazione in relazione a

differenti tipologie di lavoro e in momenti differenti del ciclo di sviluppo

del processo innovativo (Brophy, 1998).

In una serie di studi condotti da Amabile e colleghi (Amabile, 1983;

Amabile, Hennessey, & Grossman, 1986; Hennessey & Amabile, 1998) è

stata esaminata l’influenza delle ricompense estrinseche ed intrinseche sulle

performance creative. I risultati hanno indicato che le ricompense

estrinseche – concrete ricompense come i bonus, aumenti di stipendio,

premi, promozioni – limitano in maniera significativa la creatività. Baer

(1997) e Eisenberger e Cameron (1996) tuttavia, hanno messo in evidenza

che le ricompense materiali possono favorire il pensiero creativo.

Amabile (1997), sulla base di tali divergenze fra i risultati, ha concluso

che sono necessari entrambi i tipi di ricompense per incrementare le

performance innovative. Poiché il lavoro creativo è strettamente correlato

alla curiosità e all’indipendenza, la disposizione di tempo per approfondire

argomenti di interesse personale e la riduzione dei carichi amministrativi

risultano sistemi di ricompensa particolarmente efficaci quando sono

accompagnati da incentivi finanziari, promozioni o altri fattori di

ricompensa estrinseci.

43

44

CONCLUSIONI

Il comportamento innovativo al lavoro non può essere considerato un

fenomeno isolato all’interno dei processi organizzativi. L’innovazione

rappresenta uno dei fattori che maggiormente influenzano la capacità

dell’azienda di attivare tutte quelle risposte che le permettono non solo di

sopravvivere all’interno del mercato, ma anche di ottenere e preservare un

vantaggio competitivo rispetto ai propri competitors. Questo valore

intrinseco nei processi innovativi, tuttavia, non sorge spontaneamente

all’interno di un’azienda. Risulta, innanzitutto, strettamente connesso alla

capacità creativa individuale. L’innovazione rappresenta, infatti, lo sviluppo

e l’implementazione delle idee creative da parte delle persone che si

impegnano in compromessi con altri (Van de Ven, 1986). Questa stessa

definizione evidenzia, a sua volta, il ruolo fondamentale di tutte quelle

variabili che risultano connesse al comportamento innovativo al lavoro: il

processo creativo, il prodotto creativo, la persona creativa, la situazione

45

creativa e il modo in cui ognuna di queste componenti interagisce con le

altre. Come abbiamo avuto di osservare, infatti, i processi innovativi

risultano profondamente influenzati dagli antecedenti di tipo individuale, di

gruppo e organizzativi fra loro interconnessi. Tale legame implica, da un

lato, la disponibilità dei gruppi e dell’intera organizzazione ad accogliere,

sostenere e valorizzare le conoscenze, l’expertise e la creatività insita nel

capitale umano, dall’altro l’adesione degli individui ai valori delle aziende

che fanno dell’innovazione e del cambiamento organizzativo lo strumento

principe per conseguire performance di eccellenza e ottimizzare la qualità

dei prodotti o servizi offerti. L’incontro fra i valori individuali e

organizzativi sta, dunque, alla base del contratto psicologico, che

rappresenta quell’accordo di reciprocità instaurato per soddisfare, attraverso

aspetti formali, ma soprattutto relazionali, le attese di cui le due parti in

gioco sono portatrici. Il contratto psicologico costituisce, pertanto, il primo,

fondamentale, passo per lo sviluppo del commitment e della motivazione

intrinseca indispensabili per poter attivare efficacemente i processi di

creatività ed innovazione a livello individuale, di gruppo e organizzativo.

L’interazione fra questi tre livelli di analisi ci ha permesso, inoltre, di

avanzare l’ipotesi che il processo innovativo possa essere parte di un più

ampio sistema che cambia e si evolve continuamente. Se l’organizzazione è

un sistema dinamico composto da una rete di variabili che si riorganizzano e

si adattano costantemente ogniqualvolta è in atto un processo di

cambiamento, allora gli sviluppi futuri della ricerca psicologica dovranno

essere orientati all’analisi delle relazioni di interdipendenza fra

l’innovazione e i suoi tradizionali antecedenti. L’adozione e la

valorizzazione dell’approccio sistemico può rappresentare il primo passo

per lo sviluppo di modelli che integrino in maniera interdipendente

l’organizzazione, l’ambiente esterno, gli individui e i gruppi in relazione ai

processi di creatività, innovazione e cambiamento organizzativo. Tale

prospettiva si traduce, sul piano operativo, nella necessità di strutturare

nuove politiche di gestione delle risorse umane che analizzino le esigenze di

innovazione e cambiamento organizzativo in un’ottica integrata che

valorizzi le relazioni dinamiche ed interdipendenti fra l’ambiente strategico,

l’organizzazione, il gruppo e le caratteristiche degli individui al lavoro.

46

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