Università degli Studi Suor Orsola...

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Università degli Studi Suor Orsola Benincasa FACOLTA' DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA TESI DI LAUREA IN FONDAMENTI DI MATEMATICA LE EQUAZIONI NELLA SCUOLA PRIMARIA: UN APPROCCIO ALLA LUCE DI UN MODELLO EVOLUTIVO DELLA CONOSCENZA Relatore Candidato: Cicala Antonella Prof.ssa Donatella Iannece Matricola: 008003328 Anno Accademico 2009 - 2010

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Università degli Studi

Suor Orsola Benincasa

FACOLTA' DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE

CORSO DI LAUREA

IN

SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA

TESI DI LAUREA

IN

FONDAMENTI DI MATEMATICA

LE EQUAZIONI NELLA SCUOLA PRIMARIA:

UN APPROCCIO ALLA LUCE DI UN MODELLO

EVOLUTIVO DELLA CONOSCENZA

Relatore Candidato: Cicala Antonella

Prof.ssa Donatella Iannece Matricola: 008003328

Anno Accademico 2009 - 2010

Indice

INTRODUZIONE………………………………………………………... 4

CAPITOLO 1

L’ALGEBRA NELLA SCUOLA PRIMARIA,

NUOVE PROSPETTIVE

1.1

1.2

1.3

L‟ALGEBRA NELLA SCUOLA PRIMARIA

Nuovi saperi matematici………….………………..….…………………...

Che cos‟è l‟algebra e a cosa serve….…………….………………...

Dal linguaggio aritmetico a quello algebrico: aspetti didattici e

metodologici …………………………………………………………

LO STATO DELL‟ARTE SULL‟INSEGNAMENTO DELL‟ALGEBRA NELLA

SCUOLA PRIMARIA A LIVELLO INTERNAZIONALE…………………….

DALL‟ALGEBRA ALLA DOPPIA RADICE COGNITIVA DEL NUMERO……..

7

7

10

11

15

18

CAPITOLO 2

IL MODELLO TEORICO DI DAVYDOV

2.1

2.2

2.3

2.4

2.5

2.6

PREMESSA……………………………………………………………

CRITICA ALL‟INSEGNAMENTO TRADIZIONALE......………………..…..…....

ORIGINE DEL CONCETTO DI NUMERO………………………………….

IL CONCETTO BASE DI QUANTITÀ…………………………………….

IMPLICAZIONI CURRICULARI……………………………………….

CONCLUSIONI DI DAVYDOV…..………………………………………

21

22

24

29

30

38

CAPITOLO 3

PERCORSO SPERIMENTALE

3.1

3.2

3.3

3.4

3.5

3.6

3.7

IPOTESI DI RICERCA………………………………………………….

DESCRIZIONE DEL PERCORSO SPERIMENTALE……….……………….

NUCLEI CONCETTUALI………………………………………………..

INSERIMENTO NEL CURRICOLO DELLA CLASSE………………………

INGREDIENTI CHIAVE…………………………………………………

3.5.1 Il laboratorio……………………….………………..………..

3.5.2 Costruzione sociale dell‟apprendimento…...………..……….

3.5.3 Le sbobinature………………………….…………….………

3.5.4 La collaborazione con l‟insegnante/ricercatore..…………….

3.5.5 Le rappresentazioni grafiche…………………..….………….

ATTUAZIONE………………………………………………………….

PRIMO LAVORO

Tre quantità: relazioni, trasformazioni e rappresentazioni…………

SECONDO LAVORO

Stessa quantità d‟acqua in contenitori di forma diversa…………....

TERZO LAVORO

Quantità diverse da misurare ed eguagliare……………………..........

QUARTO LAVORO

Stessa quantità con bicchieri grandi e piccoli…………………….......

QUINTO LAVORO

Problema del bottiglione……..………………………………………

SESTO LAVORO

Problema di Carletto………………………………………..……...

VERIFICHE………………………………………………………….

PRIMA VERIFICA

Problema del percorso stradale……………………………………..

42

45

51

52

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56

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154

190

190

SECONDA VERIFICA

Problema della bilancia………………………………………………

TERZA VERIFICA

Problema dei nastri…………………………………………………

198

205

CONCLUSIONI…………………..……………….…………………..…………….

BIBLIOGRAFIA…………………………………………..…………………………...

209

215

Introduzione

Il presente lavoro di tesi nasce come una sfida culturale e si sviluppa come un percorso

di ricerca disciplinare e didattica. Il problema centrale è “l‟avvio al pensiero algebrico

nella scuola primaria” e le domande che hanno dato inizio al lavoro di ricerca sono state

le seguenti: “Che cosa è l‟algebra? Perché si dovrebbe insegnare alla scuola primaria?

Quali esperienze esistono in questo campo?” … Si tratta di questioni che hanno

condotto in un territorio di analisi inesplorato e molto più ampio di quanto si possa

immaginare dove si sono intrecciate e sovrapposte questioni didattiche, conoscenze

acquisite e misconoscenze disciplinari, tanto che ad un certo punto per non correre il

rischio di un‟overdose informativa è stato necessario fare ordine ed operare delle scelte

con inevitabile parzialità ed incompletezza. Il lavoro compiuto però non vuole essere un

sommario degli studi realizzati sul tema dell‟avvio al pensiero algebrico, ma rappresenta

un tentativo di sintesi personale e un percorso di riflessione e di ricerca ancora aperto

con il quale si è cercato di definire un particolare punto di vista sull‟algebra nella scuola

primaria, sulla base di una convincente giustificazione teorica ed una salda motivazione

pedagogico - didattica, nella convinzione che le scelte di contenuto che un docente

opera non sono mai neutre e riflettono (anche se in maniera inconsapevole) una precisa

idea di scuola e di bambino.

Precisamente, nel primo capitolo, è stato presentato un discorso ad ampio raggio

relativo all‟algebra e all‟attuale condizione del suo insegnamento nella scuola primaria.

Partendo dalla constatazione che un significativo approccio all‟algebra non possa

prescindere da un approfondimento delle ricerche esistenti sull‟apprendimento della

matematica, inizialmente è stata definita una nuova immagine della disciplina in

questione, attraverso l‟analisi di alcune recenti descrizioni di “Mathematical Literacy”

(provenienti da diverse fonti nazionali ed internazionali), che ne fanno emergere l‟utilità

e lo spessore formativo. Con la definizione di un nuovo quadro dei “saperi matematici”,

ovviamente, prende vita l‟esigenza di un ripensamento dell‟algebra sia dal punto di vista

dei contenuti che dei metodi di insegnamento. E ciò determina un radicale

distanziamento dalla concezione classica, insieme all‟affermazione di una visione

dell‟algebra come potente strumento di ragionamento e di previsione, come “linguaggio

alto” della matematica adatto a descrivere la realtà, che deve essere insegnato in

continuità con il curricolo di aritmetica e in maniera meno astratta e più funzionale.

Ponendosi su tale linea, è stato analizzato un filone di ricerca internazionale che si è

affermato a partire dagli anni Ottanta e va sotto il nome di “early algebra” (approccio

precoce all‟algebra), che promuove l‟algebra sin dalla scuola primaria in un contesto

prevalentemente aritmetico, insegnando a pensare l’aritmetica algebricamente. Di

fronte a tale approccio, pienamente sposato dal progetto ArAl (Percorsi nell'Aritmetica

per favorire il pensiero pre-Algebrico) che agisce nel contesto italiano, è stata rilevata

una forte e obsoleta adesione all‟ipotesi della centralità del numero come elemento

“primitivo” della conoscenza matematica, ormai superata dai recenti studi (Davydov,

1982; Sophian, 2007), cosicché, da questo elemento, ha preso origine la nostra idea di

sperimentare una nuova prospettiva di avvio al pensiero algebrico. Con il secondo

capitolo, quindi, è stato esposto, in maniera alquanto analitica, il modello teorico che ha

ispirato il presente lavoro di tesi, ovvero la teoria dello studioso russo Davydov, relativa

alla centralità della “quantità” nella formazione dei concetti matematici, ed ha fatto

seguito il percorso sperimentale realizzato con l‟obiettivo di verificare l‟efficacia di un

approccio all‟algebra legato alla descrizione delle relazioni esistenti tra quantità. La

nostra ipotesi di ricerca dettagliata, l‟impianto metodologico scelto, gli ingredienti

chiave caratteristici ed una descrizione dettagliata della fase di attuazione,

accompagnata da commenti, riflessioni e dagli stessi elaborati dei bambini, sono stati

presentati nel terzo ed ultimo capitolo. Infine, a chiusura del complesso lavoro svolto,

non è potuta mancare una piccola parte dedicata alle conclusioni e a riflessioni

complessive che sintetizzano l‟efficacia della sperimentazione condotta e l‟importanza

del suo impianto teorico.

CAPITOLO 1

L’ALGEBRA NELLA SCUOLA PRIMARIA,

NUOVE PROSPETTIVE

1.1 L’ALGEBRA NELLA SCUOLA PRIMARIA

Nuovi saperi matematici

Un approccio significativo al tema dell‟apprendimento e dell‟insegnamento dell‟algebra

e delle difficoltà ad esso connesse deve essere affrontato a partire dal vasto campo

d‟indagine delle ricerche sull'apprendimento della matematica (e non solo). La

letteratura internazionale evidenzia la crisi dell'insegnamento tradizionale e un‟ampia

riflessione in corso sul significato e sulle finalità dei processi d‟insegnamento ed

apprendimento in relazione ai nuovi “saperi”. In un momento di grandi cambiamenti e

trasformazioni in cui l‟innovazione tecnologica pone problemi di grande complessità,

infatti, è necessario rivedere gli statuti epistemologici delle discipline alla luce di ciò

che è più utile apprendere, imparare ed insegnare. La matematica è forse la disciplina

che ha risentito maggiormente di questo mutamento culturale ed, infatti, è stato messo

in crisi il concetto stesso di utilità dei saperi della matematica, disciplina percepita come

sempre più distante dagli altri ambiti di conoscenza. A partire da questa crisi si è aperto

un ampio spazio di riflessione in cui si è cercato di definire una nuova immagine della

disciplina pensata in una dimensione storico-culturale che ne facesse comprendere

l‟utilità e lo spessore formativo. A questo proposito si riportano (da diverse fonti

nazionali ed internazionali) alcune recenti descrizioni di “Mathematical Literacy” che

appunto cercano di definire un nuovo quadro di “saperi matematici”.

Il Programme for International Student Assessment (PISA 2003) definisce la

Mathematical Literacy come:

La capacità di un individuo di individuare e comprendere il ruolo che la

matematica gioca nel mondo reale, di operare valutazioni fondate e di utilizzare la

matematica e confrontarsi con essa in modi che rispondono alle esigenze della vita

di quell‟individuo in quanto cittadino impegnato, che riflette e che esercita un ruolo

costruttivo.

Le Indicazioni per il curricolo (2007) affermano che:

La matematica ha uno specifico ruolo nello sviluppo della capacità generale di

operare e comunicare significati con linguaggi formalizzati e di utilizzare tali

linguaggi per rappresentare e costruire modelli di relazioni fra oggetti ed eventi. In

particolare, la matematica dà strumenti per la descrizione scientifica del mondo e

per affrontare problemi utili nella vita quotidiana, inoltre contribuisce a sviluppare

la capacità di comunicare e discutere, di argomentare in modo corretto, di

comprendere i punti di vista e le argomentazioni degli altri.

NCTM, (The National Council of Teachers of Mathematics) prestigiosa Associazione

americana di insegnanti di matematica ha pubblicato nel 2000, “Principi e Standard per

la matematica nella Scuola”, il documento mette in evidenza i punti essenziali di un

programma scolastico di matematica di alta qualità in un periodo di grandi

trasformazioni in cui è necessario che tutti gli studenti imparino la matematica:

I programmi di matematica dovrebbero fornire l‟accesso alle idee

matematiche e dovrebbero favorire agli studenti l'abilità a ragionare analiticamente;

in una società satura di informazioni quantitative che variano, dai dati sul

cambiamento del clima ai sondaggi politici alle indagini di mercato, tali abilità

aiuteranno gli studenti a comprendere, prendere giuste decisioni, e influire sul

proprio mondo; l‟insegnamento della matematica dovrebbe contribuire allo

sviluppo di un pubblico consapevole dei contributi che la matematica dà alla

società e capace di determinare le conseguenze sociali ed economiche delle proprie

decisioni, ma anche di quelle prese dai suoi rappresentanti.

Tutti questi documenti sembrano puntare l‟attenzione sulla necessità di scegliere

contenuti essenziali, adeguati all‟evolvere della società e di forte valore formativo per

l‟uomo e per il cittadino del futuro.

NCTM dopo il lavoro sugli standard, nel 2006 ha elaborato il documento “Nuclei

fondanti del curricolo di matematica dalla scuola dell'infanzia alla terza media” in esso

sono illustrati cinque temi di carattere contenutistico (Numeri e operazioni; Relazioni,

funzioni e algebra; Geometria e senso spaziale; Misura; Analisi di dati, statistica e

probabilità) e cinque di carattere metodologico, (Problem solving; ragionamento e

dimostrazione; Comunicazione; Collegamenti, Rappresentazioni).

I nuclei fondanti sono gli elementi organizzatori del curricolo e rappresentano molto di

più di una lunga lista di conoscenze, abilità e competenze. Quando il curricolo è basato

sui nuclei fondanti riesce ad essere formulato in modo coerente e interconnesso nel

progressivo snodarsi delle classi. Insegnare per nuclei fondanti, afferma Bruno

D‟Amore, (2000) significa: “Tessere una rete concettuale, strategica e logica” in modo

che i concetti scelti costituiscano interesse per sé e comportino sviluppi che

coinvolgono ed amalgamano altri contenuti ritenuti chiave nello sviluppo della

disciplina.

Che cos’è l’algebra e a che cosa serve

La consapevolezza dell‟utilità dei saperi matematici che sta inducendo un rinnovamento

dei curricoli comporta anche un ripensamento dell‟algebra sia dal punto di vista dei

contenuti che dei metodi di insegnamento. Si va affermando una visione dell‟algebra in

continuità con il curricolo di aritmetica, meno astratta e più funzionale, intesa come

linguaggio adatto a descrivere la realtà. È più chiara la consapevolezza del linguaggio

algebrico, come potente strumento di ragionamento e di previsione, che permette,

attraverso la messa in formula di conoscenze o di ipotesi sui fenomeni, la derivazione di

nuove conoscenze dai fenomeni stessi. L‟algebra quindi come “linguaggio alto” della

matematica permette l‟accesso a conoscenze scientifico-tecnologiche in crescenti campi

di impiego e contribuisce a formare cittadini dotati di strumenti critici.

Nello standard “modelli, funzioni e algebra” la connessione tra l'algebra, i numeri e le

situazioni del quotidiano è particolarmente valorizzata attraverso un uso sistematico di

simboli, descrizioni algebriche dei sistemi matematici, modelli di fenomeni e studio

matematico del cambiamento. Queste nozioni non sono solo legate le une alle altre, ma

anche strettamente collegate al numero e alle operazioni nonché alla geometria,

formando il linguaggio base con il quale si esprime la matematica.

Negli standard lo stretto legame dei contenuti algebrici con quelli aritmetici si riflette in

una riorganizzazione del curricolo che vede l‟introduzione al pensiero algebrico già

dalla scuola dell‟infanzia:

Lo studio di modelli, funzioni e algebra, dovrebbe incominciare

informalmente nei primi anni e svilupparsi in raffinatezza e ampiezza nei

successivi anni scolastici.

Le prime esperienze con concetti di modelli, funzioni e algebra possono fornire una

base consistente per preparare gli studenti a una più intensa attenzione su questa area nei

livelli intermedi e attraverso tutto il percorso della scuola secondaria. I simboli algebrici

e le procedure per lavorare con tali simboli sono una realizzazione elevata e

rappresentano elementi critici nell'attività matematica. Il modo migliore per imparare

l'algebra è concepirla come un insieme di concetti e tecniche legate alla

rappresentazione di relazioni quantitative e come uno stile del pensiero matematico per

formalizzare modelli, regolarità, funzioni e generalizzazioni. Anche se molti adulti

pensano che l'algebra sia un'area della matematica più adatta alle scuole medie o alle

scuole superiori, anche i bambini possono essere stimolati ad usare ragionamenti

algebrici quando studiano i numeri e le operazioni e quando cercano regolarità, schemi e

relazioni tra insiemi di numeri.

Dal linguaggio aritmetico a quello algebrico: aspetti didattici e metodologici

Dal punto di vista metodologico-didattico e cognitivo, l‟avvio precoce all‟algebra si

fonda sulla convinzione (Guidoni, 1985) che l'attitudine all'astrazione sia connaturata

alla natura umana ed esercitata fin dalla prima infanzia e solo perfezionata e resa più

potente con la formalizzazione matematica.

Come sottolineato da A. Sfard (1991), la costruzione dei concetti matematici e in

particolare algebrici si sviluppa per successivi livelli di astrazione ma prevalentemente

attraverso processi computazionali, pertanto ogni oggetto matematico viene a

riassumere in sé due aspetti complementari: quello di processo e quello di oggetto,

come due facce di una stessa moneta. Nel primo aspetto prevale il punto di vista

operazionale che è dinamico e sequenziale, nel secondo l'oggetto è visto come un‟entità

statica e fuori dal tempo e si considera da un punto di vista strutturale.

L'apprendimento dell'algebra richiede nell'allievo il passaggio consapevole dal

procedurale allo strutturale. L‟esempio tipico è rappresentato dallo studio delle proprietà

delle operazioni: nel caso della proprietà commutativa, gli alunni imparano la formula

linguistica “cambiando l‟ordine degli addendi il risultato non cambia”, tale proprietà in

genere è verificata per una molteplicità di casi, ma raramente si aiuta gli alunni a

procedere ad un‟ulteriore generalizzazione che solo la scrittura algebrica riesce a

compiere A+B=C; B+A=C; A+B=B+A.

Il passaggio dal procedurale allo strutturale che caratterizza lo sviluppo del pensiero

algebrico, e più in generale della matematica, è contraddistinto da tre momenti

fondamentali:

1. la fase di interiorizzazione (si opera su oggetti matematici già familiari);

2. la fase di condensazione (le operazioni e i processi si vanno sintetizzando in unità più

maneggevoli);

3. la fase di reificazione (vi è l'improvvisa abilità di vedere qualcosa di familiare in una

nuova luce, come un tutt'uno).

Un processo di questo tipo avviene molto lentamente, per progressioni successive,

attraverso un intersecarsi di continuità e di fratture fra un livello e l‟altro della

conoscenza.

Tale processo mostra molte affinità con lo sviluppo del linguaggio: si incomincia,

infatti, a parlare ed a pensare nella primissima infanzia; i due processi si stimolano

naturalmente a vicenda in un intreccio continuo. Successivamente, la necessità di

formulare un pensiero che si "sente" stimola ad adeguare il linguaggio e d'altra parte

quando il linguaggio è adeguato il pensiero naturalmente evolve verso chiarezze e

complessità maggiori.

Naturalmente, per proseguire in questa direzione e raggiungere livelli di maggiore

generalità ed efficacia, al di là di quelli stimolati dalla semplice esperienza quotidiana, è

necessaria una forma di "educazione": è precisamente questo il compito

dell'insegnamento. In altre parole, in un primo momento, il linguaggio verbale è

utilizzato per veder soddisfatti i bisogni primari (fame, sonno, piacere, …) col tempo,

assolve funzioni molto più ricche e diversificate rispetto all‟iniziale soluzione dei

bisogni. Il soggetto impara per esempio a descrivere la realtà, imparando,

contemporaneamente, a conoscere se stesso, e quindi il funzionamento del suo pensiero.

Qualcosa di analogo dovrebbe accadere con l‟aritmetica e l‟algebra: l‟aspetto

prevalentemente diacronico dell‟aritmetica, in cui i processi mentali del calcolo si

svolgono sequenzialmente nel tempo e la soluzione emerge alla fine di un‟azione,

dovrebbe lasciare il posto ad una dimensione concettuale atemporale e meta cognitiva

che consiste nell‟individuazione della struttura.

Questo è un concetto basilare per comprendere il passaggio da un modo di pensare

aritmetico ad un modo di pensare algebrico. È molto delicato perché si collega ad uno

fra gli aspetti più importanti del gap epistemologico fra l'aritmetica e l'algebra

concernente i contratti espliciti e impliciti soggiacenti le due procedure: mentre

l'aritmetica comporta un'immediata ricerca della soluzione, l'algebra, al contrario,

pospone la ricerca della soluzione a favore dell‟esame di relazioni e strutture.

Questo presuppone che l‟allievo, quando comincia ad avvicinarsi al pensiero aritmetico

fin dai primi anni della scuola elementare, sia guidato a pensare l‟aritmetica

algebricamente. È utile che gli allievi, attraverso un gioco di traduzione e

interpretazione tra espressioni in linguaggio naturale e formale, vengano portati ad

acquisire consapevolezza del significato di segni e simboli e del loro ruolo nelle

espressioni algebriche.

Tenendo presenti le considerazioni precedenti, per la costruzione del pensiero algebrico,

si può ipotizzare un lungo percorso di preparazione, che affondi le sue radici fin nella

scuola primaria, e che preveda: l‟approccio al codice algebrico realizzato nel passaggio

dal linguaggio naturale al linguaggio simbolico e viceversa con l‟uso precoce delle

lettere, costruzione collettiva di significati (semantica), consapevolezza delle regole del

nuovo linguaggio (sintassi) e necessità di rispettarle; l‟abitudine a riflettere, in

particolare, sui diversi modi di rappresentazione di un numero, sui diversi significati

dell‟“uguale” (non solo come operatore direzionale ma anche nel suo significato

relazionale), sulle proprietà delle operazioni (in particolare la proprietà distributiva); la

rappresentazione e la descrizione delle situazioni problematiche attraverso il linguaggio

algebrico (attenzione prioritaria rivolta al processo anziché al prodotto).

1.2 LO STATO DELL’ARTE SULL’INSEGNAMENTO DELL’ALGEBRA

NELLA SCUOLA PRIMARIA A LIVELLO INTERNAZIONALE

Dalla metà degli anni Ottanta si sta sviluppando sullo scenario internazionale il filone di

ricerche noto come early algebra (approccio precoce all‟algebra), che sostiene l‟ipotesi

che sia possibile prevenire gli ostacoli che gli studenti incontrano nello studio di questa

disciplina promuovendo sin dalla scuola primaria, e quindi in un ambiente aritmetico, lo

sviluppo di forme di pensiero in una prospettiva algebrica.

Numerosi studi, che si collocano all‟interno di tale cornice teorica, tendono a porre in

campo pre-algebrico i principali ostacoli cognitivi nell‟apprendimento dell‟algebra,

evidenziando come essi possano nascere in modi insospettabili in contesti aritmetici e

porre in seguito ostacoli concettuali, spesso insormontabili, allo sviluppo del pensiero

algebrico. Del resto, nella didattica tradizionale, l‟algebra non viene costruita in lenta

progressione come strumento e oggetto di pensiero, ma ne vengono esaltati soprattutto i

meccanismi manipolativi e gli aspetti legati al calcolo, tendendo così ad insegnare la

sintassi dell‟algebra trascurando la sua semantica.

Come prototipo delle attuali ricerche nel campo, si vuole fare riferimento al progetto

“ArAl”1 (Percorsi nell'Aritmetica per favorire il pensiero pre-Algebrico), dedicato al

rinnovamento dell‟insegnamento dell‟area aritmetico-algebrica nella scuola

dell‟obbligo, che elabora da quasi dieci anni un complesso di attività finalizzate alla

formazione dei docenti per l‟approccio all‟early algebra.

La prospettiva di fondo di tale progetto è quella dell‟avvio all’algebra come linguaggio,

sostenendo una forte analogia tra le modalità di apprendimento del linguaggio naturale

e di quello algebrico. Il bambino, nell‟apprendere il linguaggio naturale, si appropria dei

suoi significati e delle regole che lo supportano poco alla volta, ingenuamente,

attraverso errori, imitazioni, aggiustamenti, sino agli approfondimenti dell‟età scolare,

1 Università degli studi di Modena e Reggio Emilia.

quando impara a leggere e a riflettere sugli aspetti grammaticali e sintattici della lingua.

Lo stesso dovrebbe accadere per l‟algebra, mentre nella didattica tradizionale del

linguaggio algebrico accade che la manipolazione formale sia precedente alla

comprensione dei significati.

Il cuore dell‟early algebra è l‟ipotesi che occorra insegnare a pensare l’aritmetica

algebricamente, attraverso la creazione di campi esperienziali che favoriscano

l‟elaborazione autonoma del linguaggio algebrico.

Tale prospettiva rovescia dunque la tendenza consolidata a porre la costruzione delle

conoscenze algebriche in successione temporale rispetto a quella delle conoscenze

aritmetiche e assume come principio di fondo che il controllo degli aspetti sintattici dei

nuovi linguaggi non può avvenire se non è preceduto dalla lenta acquisizione in

profondità di un loro controllo semantico.

Il perseguimento degli obiettivi esposti poggia, precisamente, su un programma i cui

punti fondamentali sono:

promuovere un approccio all‟algebra come sistema semiotico che si costruisce per

rappresentare e sintetizzare situazioni e che, grazie all‟apporto del linguaggio

dell‟aritmetica, viene via via a costituirsi come linguaggio autonomo, con una sua

grammatica e una sua sintassi;

privilegiare la comprensione del significato delle scritture algebriche, attraverso

attività di traduzione dal linguaggio naturale a quello algebrico e viceversa,

evitando quindi che gli allievi pervengano ad una manipolazione non consapevole

dei simboli (non è comunque obiettivo del progetto – soprattutto con gli allievi

della scuola elementare – costruire abilità di tipo strumentale);

presentare situazioni problematiche aperte, la cui esplorazione porti all‟attivazione

del linguaggio algebrico per individuare relazioni o proprietà, elaborare

informazioni e risolvere problemi, mostrandolo così agli allievi come efficace

strumento di produzione di pensiero.

Volendo quindi fare una precisazione circa la teoria di fondo del progetto ArAl, che

riflette d‟altronde la concezione ormai accreditata nel nostro contesto nazionale, è bene

evidenziare che essa risulta troppo legata ad una visione dell‟algebra strettamente

radicata nell‟aritmetica. E così un‟algebra che nasce, si origina dalle strutture delle

operazioni e dalle proprietà dei numeri, finisce per aderire all’ipotesi della centralità

del numero come elemento “primitivo” della conoscenza matematica, ormai superata

dai recenti studi.

1.3 DALL’ALGEBRA ALLA DOPPIA RADICE COGNITIVA DEL NUMERO

Quanto detto nei precedenti paragrafi in effetti esprime la preponderante concezione

dell‟algebra come linguaggio alto della matematica che si acquisisce progressivamente

in maniera correlata all‟aritmetica, ovvero come descrizione delle regolarità delle

operazioni e delle proprietà dei numeri, invece, è bene precisare che molte ricerche

stanno dando voce ad un diverso approccio algebrico strettamente legato alla

descrizione delle relazioni esistenti tra le quantità (Davydov, 1982 e 1992; Sophian,

2007).

Del resto tale binomio potrebbe riflettere la questione che da tempo viene affrontata da

molti studiosi e che si sviluppa lungo tutta la nostra storia culturale coinvolgendo

diversi e svariati campi di ricerca: si stratta della discussione sulle radici cognitive dei

numeri.

I punti di vista sulle radici cognitive dei numeri, in epistemologia, psicologia, e math

education sono svariati, e saranno presentati di seguito in maniera alquanto sintetica.

Studi Psicologici, da Piaget in poi, oltre agli studi della math education, attribuiscono

prevalentemente, un ruolo prioritario e primitivo ai numeri naturali, dovuto all‟azione

originaria del “contare”. Per tale approccio si fa riferimento, a Sfard (Sfard, 1991) e

Lakoff-Nunez (Lakoff e Nunez, 2000). Precisamente, Sfard, nella sua ricostruzione

cognitiva del concetto di numero all‟interno di un dialettico rapporto processo/oggetto,

propone uno schema in cui il processo di conta costituisce il punto di partenza, mentre il

processo di misurazione appare solo come passo successivo, quando si generano i

numeri razionali. Dalla loro parte anche Lakoff e Nunez si concentrano sui numeri

naturali, dato che considerano il “subitizing”2 come la radice per il concetto di numero,

per poi utilizzare quattro metafore base per costruire l‟intera aritmetica. Una di queste

2 L‟immediata comprensione percettiva della numerosità di un piccolo gruppo di oggetti.

metafore “misuring stick metaphor” conta sulle attività spontanee di misurazione

dell‟individuo che possono consentire di introdurre una più vasta gamma di numeri.

Un approccio differente da quelli appena descritti, che sarà ampiamente affrontato nel

prossimo capitolo, è seguito invece da Davydov, il quale considera che la genesi del

concetto di numero sia radicata nell’esperienza di misurare quantità continue.

D‟altronde, dinanzi a teorie così diverse, sarebbe opportuno evitare una radicale

contrapposizione per riconoscere piuttosto l‟esistenza di due diverse radici cognitive del

concetto di numero, unendo così la visione tradizionale del numero (come radicato nel

processo di conteggio) con l'ipotesi di Davydov.

Secondo studi neurofisiologici oggigiorno, è ampiamente riconosciuto che nel cervello

umano, ma anche nel cervello di molti animali superiori, ci siano due distinti sistemi di

elaborazione dei numeri (Feigenson et al., 2004). Nell‟ambito di un modello evolutivo

del cervello (Changeux, 2002), entrambi i sistemi sono risorse pre-linguistiche,

sviluppatesi lungo il corso della storia dell‟umanità, attraverso un processo epigenetico,

come strumento effettivo per interpretare e agire sul mondo esterno, allo scopo di

garantire la sopravvivenza della specie umana. Il primo sistema è specializzato nel

riconoscimento della numerosità di piccoli gruppi di oggetti (più di quattro), con la già

citata “subitizing”, mentre il secondo prevede “una analogica rappresentazione di

quantità, nella quale i numeri sono rappresentati come distribuzione di attivazioni sulla

linea mentale dei numeri”. Ad essere interessante è soprattutto che il secondo sistema

non è attivato solo per confrontare e manipolare quantità continue, ma anche per

percepire ed elaborare quantità discrete in maniera approssimata.

L‟esistenza di due sistemi “primitivi” per elaborare le quantità, rivelato dagli studi delle

neuroscienze, suggerisce di ripensare a come si sviluppa nei bambini il concetto di

numero e di riflettere sulla possibilità/necessità che i due modi naturali di elaborare i

numeri, radicati nei nostri sistemi cerebrali, si sviluppino insieme, grazie ad una attenta

mediazione didattica, come due facce della stessa medaglia. A tal proposito si è pensato

anche di presentare uno schema gestaltico, in cui i due aspetti del numero e alcune delle

loro fondamentali proprietà sono unificate e che inoltre potrebbe lavorare come

mediatore semiotico per afferrare strutturalmente i numeri3.

3 Articolo di Iannece, Mellone e Tortora, Contare vs Misurare: riflessioni sulle radici cognitive del

numero tra epistemologia e neuroscienze.

CAPITOLO 2

IL MODELLO TEORICO DI DAVYDOV

2.1 PREMESSA

Attualmente un numero crescente di autori risulta sempre più interessato alle ricerche e

alle proposte operative realizzate in campo educativo dal noto psicologo russo del

ventesimo secolo, V.V. Davydov, traendo da esse interessanti implicazioni didattiche,

sebbene una piena comprensione di tutti i suoi sviluppi meriterebbe ulteriori indagini.

Nel caso specifico del presente lavoro di tesi, con la consapevolezza della complessità

del modello teorico elaborato dallo psicologo russo, si vuole analizzare e approfondire

una particolare questione affrontata da Davydov in un recente articolo, che focalizza

l‟attenzione sulle caratteristiche psicologiche della formazione delle operazioni

matematiche elementari nei bambini (Davydov, 1982). Precisamente l‟autore, partendo

da un‟ampia critica del tradizionale sistema d‟insegnamento e della struttura dei

tradizionali programmi di istruzione, che si basano esclusivamente sul principio

dell‟immediata utilità pratica delle abilità da insegnare, propone un ripensamento dei

concetti e delle abilità con cui dare avvio all‟insegnamento scolastico della matematica.

Cosicché, sulla base di un‟ampia motivazione e dopo aver esplicitato una serie di

proposte operative, Davydov giunge alla scelta del “concetto di quantità” come

elemento basilare della conoscenza matematica, il quale prende origine dal confronto tra

gli elementi di una data classe (come ad esempio le lunghezze di segmenti, quantità di

acqua, pesi, ecc). Prima ancora di utilizzare numeri ed operazioni, le relazioni tra le

quantità indefinite (di cui non si conosce il valore numerico) devono essere descritte

mediante espressioni del tipo “maggiore rispetto a …”, “meno di … ” e “uguale a”…

successivamente tradotte mediante un linguaggio simbolico, per poi procedere alla

proposta di uno schema, chiamato da Davydov “strategia intermedia di

rappresentazione grafica”, costituito da segmenti sovrapposti in cui si condensano le

relazioni individuate.

Proprio sulla base della teoria appena descritta in maniera alquanto sintetica, sarà

elaborata l‟ipotesi di ricerca, presentata nel prossimo capitolo, che vuole verificare la

tesi di Davydov e vedere come gli alunni rispondono a problemi aventi una struttura

algebrica dopo aver operato su quantità indefinite, sulle loro trasformazioni e sulla

rappresentazione grafica con segmenti.

2.2 CRITICA ALL’INSEGNAMENTO TRADIZIONALE

Gli interessanti studi di Davydov prendono vita da una fondamentale riflessione sulla

funzione che assumono i concetti e le operazioni matematiche padroneggiate dai

bambini nella determinazione dell‟orientamento generale degli stessi verso il mondo

della matematica. Orientamento, questo, che a sua volta, ha un‟importante influenza

sull‟ulteriore sviluppo della matematica. Pertanto, “ identificare i concetti e le abilità da

cui lo studio della matematica a scuola dovrebbe iniziare è di considerevole importanza

per migliorare l’educazione matematica: infatti questi concetti e le operazioni ad essi

collegate costituiscono il fondamento per l’intera struttura disciplinare.” Per lo

studioso, molte difficoltà nell‟insegnamento della matematica a scuola sorgono dal fatto

che né i contenuti (naturali) dei concetti matematici elementari, né i metodi con cui essi

vengono inseriti nell‟istruzione siano stati oggetto finora di un‟attenta indagine

psicologica.

Infatti Davydov afferma che “quando gli insegnanti scelgono gli argomenti iniziali per

l’insegnamento della matematica, essi si fanno spesso guidare da queste

considerazioni:

1. Un primo scopo nella scuola elementare è quello di insegnare la conoscenza e

le abilità utili nella vita di tutti i giorni. Tra le abilità che un bambino deve

usare per risolvere problemi pratici vi sono l’addizione e la sottrazione dei

numeri.

2. L’addizione e la sottrazione dei numeri sono vicine all’esperienza dei bambini

all’età di 6 o 7 anni. Così, essi dovrebbero saper padroneggiare queste abilità

velocemente e con facilità all’inizio dell’istruzione scolastica.”

Ciò per sottolineare che la struttura dei tradizionali programmi dell‟istruzione si basa

semplicemente sul principio dell‟immediata utilità pratica e per un lungo periodo di

tempo, i sostenitori di tale approccio tradizionale sono diventati così competenti

nell‟insegnare le abilità meccaniche di addizione e sottrazione ai bambini di 6 e 7 anni,

che ora vi è poco spazio per ulteriori miglioramenti nei loro programmi e nei loro

metodi di insegnamento.

D‟altro canto, il lavoro sperimentale di Davydov sullo sviluppo del curricolo lo ha reso

consapevole del fatto che i concetti e le abilità con cui dare avvio all‟insegnamento

scolastico della matematica devono essere scelti con particolare cura, e precisamente

ponendosi la seguente domanda: “Il tradizionale insegnamento descritto in precedenza

guida i bambini verso una comprensione delle basi intrinseche di queste abilità in

quanto fenomeni matematici?” Le osservazioni di molti psicologi dimostrano che

sfortunatamente non è così. Sebbene i bambini di 6 e 7 anni sappiano prontamente

eseguire operazioni in forma astratta (es.: 3 + 2 = ? o 8-5 = ?) o concreta (es.: somma

due mele più tre mele), essi non sanno spiegare cosa sono i numeri, come nascono, o

perché nell‟uso dei numeri è necessario sottrarli o addizionarli. In altre parole, l‟abilità

di risolvere i problemi pratici non implica necessariamente che i bambini conoscano o

comprendano questi principi più profondi. È invece importante per lo sviluppo del

pensiero matematico dei bambini, che loro capiscano i prerequisiti e le condizioni

generali dell‟origine dei numeri e delle operazioni aritmetiche. Solo allora i bambini

potranno considerare i numeri e le operazioni da una prospettiva teorica, abituandosi

gradualmente alle sfumature dei processi utilizzati per generare l‟astrazione matematica.

Le riflessioni di Davydov, sebbene facciano riferimento all‟insegnamento praticato in

Russia e a sperimentazioni condotte con i bambini delle scuole di tale Paese, hanno una

sostanziale pertinenza anche in riferimento al contesto italiano che mostra pertanto le

medesime peculiarità dell‟ambiente culturale dello studioso e la necessità di stessi

interventi.

2.3 ORIGINE DEL CONCETTO DI NUMERO

Davydov sostiene che “ dal punto di vista logico-psicologico, una persona mostra di

avere compreso appieno un argomento nella misura in cui è capace di riprodurre e

mostrare ad un'altra persona l’intero processo della sua origine. Nel caso del concetto

di numero, questo significa che uno studente dovrebbe esser capace di dimostrare,

indipendentemente dall’insegnante, con l'ausilio di adeguate azioni su oggetti, perché è

allo stesso tempo possibile e necessario formare questo concetto. Non solo, lo studente

dovrebbe anche saper utilizzare le proprietà numeriche di qualsiasi insieme

quantificabile per qualsiasi obiettivo specifico.” Per lo studioso russo ad esempio, è

possibile riconoscere se un bambino abbia o no compreso il concetto di numero,

mediante l‟esecuzione corretta di compiti come i seguenti, alcuni dei quali sono stati

effettivamente attuati nel nostro percorso sperimentale:

1. Richiedere ad un bambino di versare la stessa quantità di acqua contenuta in un

primo contenitore in un secondo diverso per forma. (Il primo contenitore è uno stretto

cilindro graduato, il secondo è un bicchiere di ampio diametro). Un bambino che sa

realmente isolare le caratteristiche relative al numero, cioè che comprende realmente il

suo significato, saprà usare una misura intermedia, come un bicchierino, per

determinare la quantità di acqua che il cilindro stretto contiene (per esempio, cinque

bicchierini) e poi versare lo stesso numero di bicchierini nel bicchiere largo.

2. Richiedere ad un bambino di determinare quanti bicchieri grandi d‟acqua sono

contenuti in una serie di tre bicchieri grandi e quattro bicchieri piccoli se un bicchiere

piccolo è uguale alla metà di quello grande. Qui il bambino deve contare due bicchieri

piccoli come uno grande e otterrà il risultato di cinque.

3. Usando un unico insieme di blocchi, richiedere ad un bambino di determinare

diverse configurazioni corrispondenti a numeri diversi. In questo compito il bambino

deve costruire gruppi uguali di blocchi e poi usare quei gruppi come un‟unità di

misura per determinare diversi numeri. Per esempio, se 24 blocchi sono raggruppati a

2 a 2, allora sarà espresso il numero 12; se saranno raggruppati a 4 a 4 allora il numero

sarà 6 e così via.

4. Richiedere al bambino di mostrare come un‟unica quantità di acqua in un bicchiere

può essere descritta con numeri diversi. Questo compito è simile al compito numero 3

ma usa una quantità continua e non discreta di oggetti. Misure differenti (per esempio,

piccoli bicchieri di diverse misure) possono essere usate per determinare numeri

diversi.

Per ognuno di questi compiti, il bambino in effetti è chiamato a riconoscere le

molteplici relazioni che possono esistere tra un oggetto continuo o discreto (espresso

dalla sua misura numerica) e la parte di quell‟oggetto che è stata usata come unità di

misura. Infatti è di particolare importanza che il bambino comprenda il carattere

arbitrario della dimensione della parte (l‟unità di misura) che è usata per determinare

la misura dell‟intero oggetto. Al momento della misurazione, il bambino dovrebbe

saper cambiare l‟unità di misura con un‟altra e così determinare diverse misure per

uno stesso oggetto. In questo esercizio, il bambino ha bisogno di una chiara

comprensione dell‟origine della misura matematica per creare varie rappresentazioni

numeriche concrete dell‟oggetto. Solo quando egli sa eseguire questi passi, si può

parlare della sua comprensione dei numeri come metodo matematico generale atto ad

esprimere rapporti quantitativi tra oggetti o parti di oggetti.

Nei suoi studi Davydov ha utilizzato una varietà di compiti come i precedenti per

determinare la comprensione del concetto di numero nei bambini dai 6 agli 8 anni. In

seguito saranno discusse le soluzioni generate dai bambini sottoposti ad un programma

d‟istruzione speciale sul significato di quantità e misurazione. Ma la cosa scoperta

inizialmente è che la maggioranza dei bambini che ricevono un‟istruzione tradizionale

non sa portare a termine tali compiti.

Per esempio, nel primo e nel quarto compito, lo studioso dice che i bambini non

avevano idea di come procedere. Nel secondo compito essi contavano ogni bicchiere,

grande o piccolo, come un‟unità separata e così ottenevano come risposta sette

piuttosto del risultato corretto di cinque. Nel terzo compito contavano i blocchi

singolarmente ottenendo 24, senza essere capaci di raggrupparli secondo altre unità di

conta. In altri compiti questi bambini contavano correttamente unità discrete di oggetti

come il numero di macchinine sul tavolo davanti a loro. Sebbene essi sapessero usare

il concetto di numero in maniera da fronteggiare problemi quotidiani e scolastici, essi

non mostravano una vera comprensione matematica del concetto di numero, non

possedevano questa reale comprensione in quanto gli insegnanti avevano usato i

numeri “familiari” come punto di partenza dell‟istruzione all‟interno del programma

tradizionale. Su questa base i bambini di prima elementare facevano velocemente

progressi nell‟addizione e sottrazione dei numeri a loro conosciuti solo su una base

esperienziale. Tuttavia questi numeri non hanno per i bambini la forma di concetto

matematico. Quindi con i programmi tradizionali, i bambini fra la prima e la terza

elementare mostravano padronanza degli algoritmi standard per l‟addizione e la

sottrazione dei numeri ad una o più cifre (es. 8 + 5 = 13; 26 + 9 = 35; 134285 – 49;

ecc.), ma restavano perplessi di fronte all‟inaspettata espressione “3 + 4 = 5” e alla

richiesta di attribuirgli un possibile significato. In quest‟ultima espressione, derivata

dal secondo compito descritto prima, gli addendi rappresentavano due unità di misura

diverse, due diversi tipi di oggetti fisici, laddove la somma di 5 corrisponde alla

soluzione corretta del compito. Così la tendenza degli insegnanti a mettere i loro

alunni di fronte ai soli concetti e abilità matematiche più familiari e comprensibili non

garantisce, per Davydov, la formazione di concetti e strategie matematiche più

generali e corrette. Sebbene le esperienze quotidiane possano fornire ad un bambino

azioni e conoscenza di routine, esse non spiegano l‟origine di queste routine. Di

conseguenza, il bambino non impara come descrivere attivamente le nozioni

sottostanti le conoscenze e le azioni “naturali”, che nel nostro contesto sono i concetti

e le operazioni matematiche fondamentali. Gli insegnanti se vogliono insegnare la

matematica consentendo ai bambini di saper descrivere le origini dei suoi concetti, in

primo luogo devono loro stessi determinare queste origini e iniziare da queste la

costruzione dei concetti. Ma per fare ciò occorre una specifica analisi logico-

psicologica della genesi dei concetti e delle operazioni in questione. Riguardo

all‟addizione e alla sottrazione, si richiede un esame delle fonti del concetto di numero

cosicché i bambini piccoli devono avere accesso a queste fonti prima che vengano

presentati loro i numeri e le operazioni sui numeri.

2.4 IL CONCETTO BASE DI QUANTITÀ

Secondo Davydov il concetto di base implicito nel dominio dei numeri reali studiati a

scuola (nel quale sono inclusi i numeri interi e le frazioni studiati alle scuole elementari)

è la quantità. Importanti matematici e insegnanti come Lebesgue (1936) e Kolmogorov

(1960), tra gli altri, hanno descritto nel dettaglio il ruolo fondamentale del concetto di

quantità nei programmi scolastici di matematica. Essi ritengono che il concetto di

numero nasca nel contesto della misurazione di una quantità continua, cioè quando si

stabilisce una relazione multipla tra quella quantità e una parte di essa usata come unità

di misura. In questo approccio è possibile considerare il conteggio come la misura di un

insieme di oggetti discreti.

Una domanda fondamentale è: “Cos‟è la quantità?”. Secondo Davydov “alla nozione di

quantità di certo dà significato l’operazione di confrontare gli elementi di insiemi di

oggetti simili e applicare le relazioni “uguale a”, “più grande di”, o “più piccolo di”

(per esempio, alle lunghezza dei segmenti o alla temperatura dei gas). Gli oggetti stessi

possono essere considerati come delle quantità quando siano stabiliti criteri per

permettere l’applicazione della legge di tricotomia ad elementi A e B di quell’oggetto.

Così è possibile quantificare entità come la durezza o l’ordinamento degli eventi nel

tempo.”

Lo scienziato sovietico Kagan (1963) scrive: “Quando determiniamo un criterio di

confronto, trasformiamo un insieme in una quantità”. Nella pratica, una quantità si

concepisce non tanto come l‟insieme stesso di elementi ma come un concetto nuovo

introdotto allo scopo di distinguere i criteri usati per il confronto. In questo senso,

Kagan continua dicendo: “In matematica una quantità è completamente determinata

quando sono assegnati un insieme di elementi e un criterio per confrontarli”. Quindi, se

si è interessati a capire fino in fondo le origini del numero, è molto importante

riconoscere che la serie dei numeri naturali è un esempio di quantità matematica.

Ancora, non appena vengono stabiliti criteri appropriati per ordinare i numeri razionali e

irrazionali, anche questi possono essere considerati come quantità. Fare così per gli

irrazionali è il fondamento dell‟analisi contemporanea.

2.5 IMPLICAZIONI CURRICOLARI

Data la fondamentale importanza del costrutto di quantità, individuato da Davydov,

sarebbe auspicabile che esso figurasse come la base del curriculum elementare di

matematica. “La padronanza delle proprietà di questo concetto rende consapevole un

bambino delle condizioni per la genesi dei numeri naturali. Ancora, una conoscenza

successiva più profonda delle quantità permette ai bambini di allargare la conoscenza

dei numeri includendo in maniera logica e coerente i numeri interi, razionali,

irrazionali e reali. Se è vero che la scuola contemporanea deve affrontare tanti compiti,

è anche necessario da un punto di vista psicologico mostrare ai bambini le basi dei

concetti che apprendono.”

Secondo l‟autore lo scopo ultimo dell‟educazione matematica dovrebbe essere chiaro

fin dall'inizio facendo in modo che l‟obiettivo generale influenzi lo sviluppo dell‟intero

programma scolastico di matematica, fin dalla sua fase iniziale. Una volta che i bambini

iniziano a padroneggiare la matematica, è importante infatti che capiscano da dove e

perché nascono le nozioni fondamentali, invece quando gli adulti usano i concetti

matematici esclusivamente per scopi pratici, essi tendono a dimenticare le fonti di questi

concetti. E ciò accade sia ai matematici che agli insegnanti, i quali quando dimenticano

le fonti dei concetti matematici, propongono un corso di matematica povero e che non

consente agli alunni di formarsi le basi del vero pensiero matematico. Kolmogorov

(1960) esprime questa idea con forza usando queste parole: “Se nell’insegnamento si

separano i concetti matematici dalle loro origini, ne viene fuori un corso

completamente privo di principi e carente sul piano logico”.

Tale compito, ossia quello di considerare nell‟insegnamento le origini dei concetti, del

resto non è facile. Infatti una progettazione didattica che affronta un contenuto

disciplinare con tale obiettivo avrà una struttura particolare, diversa dall‟approccio

tradizionale, e in particolare una parte significativa del corso sarà destinata a consentire

ai bambini di esperire la genesi del concetto. D‟altronde “Far lavorare i bambini piccoli

con le proprietà delle quantità ha proprio la funzione di avvicinarli al processo di

genesi del concetto di numero. Solo con una tale introduzione i bambini possono

iniziare a capire il concetto di numero e, in particolare, possono risolvere con successo

i sopracitati problemi”.

Queste considerazioni hanno guidato Davydov nella costruzione e nella realizzazione di

un programma sperimentale di matematica per le prime tre classi elementari con lo

scopo primario di far studiare ai bambini le proprietà fondamentali della quantità prima

di lavorare con i numeri. Tale scelta di operare innanzitutto con quantità indefinite per

passare solo in un secondo momento e mediante il processo di misurazione, ai numeri è

stata del resto il fondamento del percorso sperimentale realizzato per codesto lavoro di

tesi. Davydov nel suo programma sperimentale ha adottato una modalità di lavoro con

materiali didattici in modo che i bambini potessero da un lato scoprire le proprietà della

quantità nelle cose intorno a loro e, dall‟altro, imparare a registrare queste proprietà in

un sistema simbolico definito ed effettuare una analisi matematica elementare delle loro

relazioni. Tale programma prevede la proposta di diversi tipi di attività in cui

l‟insegnante è chiamato a mostrare ai bambini come un oggetto può cambiare rispetto

ad alcune sue caratteristiche, cambiando ad esempio una quantità d‟acqua in una

boccetta o il peso di un carico, o usando svariati esempi tratti dalla vita di tutti i giorni,

ognuno dei quali può essere riassunto nell‟affermazione: “Ce n‟era così, ed ora ce n‟è

così”. Nel fare ciò è importante mostrare che il cambiamento ha due direzioni possibili

– incremento e decremento.

L‟obiettivo delle esperienze proposte dall‟autore è quello di far padroneggiare ai

bambini gli attributi che definiscono la quantità e le tecniche per riconoscerli, nonché

gli strumenti simbolici (lettere, formule) per descrivere matematicamente le relazioni

che li caratterizzano. Quindi in un momento iniziale i bambini scoprono uguaglianze o

disuguaglianze nel confrontare e ordinare i vari oggetti fisici.

Altre attività dovrebbero aiutare i bambini ad esplorare le proprietà delle uguaglianze e

delle disuguaglianze, come la transitività e la riflessività dell‟uguaglianza.

Successivamente i bambini incontrano l‟operazione dell‟addizione (sottrazione). Viene

loro insegnato ad osservare i cambiamenti nei valori concreti delle quantità, a

confrontare i nuovi valori con quelli vecchi, a registrare i risultati di questo confronto

come un “incremento” o un “decremento”, a rappresentare l‟incremento o il decremento

con i simboli “+” e “–”, a collegare le uguaglianze e le diseguaglianze con le loro

proprietà e passare dall‟uguaglianza alla diseguaglianza tramite le operazioni di

addizione e sottrazione.

Il passo successivo consiste nel descrivere un cambiamento. I bambini mettono a

confronto quantità d‟acqua in due boccette identiche e scrivono l‟espressione A = B. Poi

l‟insegnante versa una quantità d‟acqua in una nuova boccetta descrivendola ai bambini

come C e chiede ai bambini di scrivere C > B; ma come può essere ottenuta questa

nuova quantità? Possiamo ottenere C da A? Come si può annotare quello che accade ad

A? In un modo o nell‟altro i bambini mostrano la quantità d‟acqua che deve essere

aggiunta ad A per ottenere C. L‟insegnante aiuta i bambini a scrivere l’equazione A + K

= C e spiega il significato del simbolo = e della lettera K. Poi i bambini inseriscono la

somma in un‟espressione di disuguaglianza ottenendo A + K > B. In modo analogo si

perviene alle espressioni A – K < B, A < B + K, e A > B – K. Dopo queste attività

preliminari si affrontano esperienze che permettono il passaggio da una diseguaglianza

del tipo A > B all‟uguaglianza ottenuta per mezzo dell‟addizione (o sottrazione).

Quindi, dopo aver ottenuto il risultato di un confronto ed averlo rappresentato con

l‟espressione A < B, i bambini hanno svolto un nuovo compito: trasformare la

disuguaglianza in un’uguaglianza. Usando un aiuto visivo, molti bambini hanno

mostrato da soli come questo poteva essere fatto. Essi hanno proposto di diminuire B o

di aumentare A, e hanno mostrato ciò con legnetti o con pezzetti di carta. Poi

l‟insegnante ha illustrato come rappresentare per iscritto questa trasformazione:

A < B, A = B – □, A + □ = B.

In queste equazioni i quadratini rappresentano ciò che deve essere aggiunto o tolto per

ottenere un‟uguaglianza. Ma cosa esattamente è tolto o aggiunto? Mentre mostra una

boccetta d‟acqua o il peso di un certo oggetto, l‟insegnante spiega che anche se noi non

conosciamo anzitempo quanto è grande la differenza tra A e B, possiamo tuttavia

esprimerla con l‟aiuto della x. Questo simbolo rappresenta la quantità sconosciuta che

può essere usata per trasformare una disuguaglianza in un‟uguaglianza. Se A < B allora

A = B – x e A + x = B.

Ma di fronte a tale simbolo, molti spiegano correttamente che non si può aggiungere o

sottrarre un qualsiasi peso o volume, ma che bisogna conoscere la differenza tra A e B.

Molte delle lezioni successive, come viene spiegato nel lavoro di Daydov, sono dedicate

a lavorare con ausili visivi per fornire ai bambini metodi per determinare questa

differenza. Nel fare ciò, è stato importante, spiega l‟autore, non solo mostrare azioni

(sovrapporre striscette, versare acqua in recipienti, ecc.), ma anche parallelamente

insegnare ai bambini a descrivere con simboli il processo e i risultati delle operazioni

con gli oggetti.

Questo è forse il punto più difficile dell‟intero argomento: infatti i risultati di x = B – A

mettono il bambino di fronte a un nuovo significato di sottrazione. Qui essa non

rappresenta un decremento effettivo come nell‟attività precedente, ma la descrizione

formale del processo di confronto delle grandezze A e B. In altre parole, B rimane

materialmente la stessa quantità che era prima, mentre la quantità che corrisponde ad x

deve essere ottenuta da un‟altra fonte fisica. L’equazione è solo un modo formale di

descrivere il processo per ottenere la x. Dunque, dopo aver determinato la x (la

differenza), i bambini la “addizionano” ad A e ottengono l‟uguaglianza richiesta. Tutto

il lavoro di scrittura e risoluzione di equazioni con l‟uso di addizione e sottrazione è

svolto con aiuti visivi ed è espresso in uno specifico sistema di espressioni letterali:

A < B (la situazione iniziale)

A + x = B (la trasformazione progettata)

x = B – A (la differenza da determinare)

A + (B – A) = B (il pareggiamento finale).

Quest‟attività porta i bambini a capire che una diseguaglianza tra due quantità può

essere eliminata determinando il valore esatto della loro differenza, e ciò rende familiare

agli studenti la forma più semplice di equazione e approfondisce la loro

comprensione della connessione tra addizione e sottrazione.

Nel proseguimento del lavoro, Davydov sottolinea l‟importanza di ridurre gradualmente

il ruolo delle trasformazioni materiali, per far assumere maggiore importanza, nella

risoluzione delle equazioni, a quello delle trasformazioni di espressioni. Per preparare i

bambini a tale passaggio l‟autore propone una strategia intermedia di

rappresentazione grafica, ossia di far rappresentare ai bambini le quantità fisiche con

due segmenti A e B e discutere poi su come determinare le differenze di misura delle

due quantità. Il segmento A è sovrapposto al segmento B e la differenza, espressa nella

forma B – A, è posta uguale a x (come in figura).

A B

Successivamente con l‟aiuto dell‟insegnante, è proponibile misurare le quantità e

determinare la misura di x, quest‟ultima (cioè il segmento) aggiunta ad A consente di

scrivere l‟espressione risultante.

In realtà quella che Davydov chiama strategia intermedia di rappresentazione grafica,

come già accennato, è stata riconosciuta come una vera e propria “Metafora spaziale

X

della struttura additiva”, abbreviazione SMAS, che in quanto rappresentazione

qualitativa di una struttura aritmetica, fornisce un significativo supporto iconico al

pensiero del bambino, e come dimostrano alcune sperimentazioni, può essere

interiorizzata e utilizzata dai bambini, più piccoli di quanto si immagina (Iannece et al.,

2010).

Ritornando invece al progetto di Davydov, quest‟ultimo, poiché riscontra piuttosto

spesso, che quando i bambini scrivono un‟equazione sembrano aver dimenticato la

diseguaglianza iniziale, pensa alla necessità di far precedere il passaggio

precedentemente descritto, da un‟altra espressione intermedia. Si tratterebbe di ritornare

all‟espressione iniziale, ma stavolta partendo dall‟equazione: se B + x = D, allora B < D.

Riproponendo tale espressione, si ritrova il collegamento dell‟equazione con la

disuguaglianza e si arriva alla sottrazione della quantità più piccola dalla più grande.

Così, tutto il lavoro assume la seguente forma:

A > B

A = B + x

A > B

che significa

x = A – B

Gradatamente i bambini iniziano a determinare la x senza l‟aiuto di oggetti concreti o di

loro rappresentazioni grafiche, esaminando invece sul piano teorico la relazione che

sussiste fra i due membri di una disuguaglianza. I valori trovati sono poi sostituiti in

un‟equazione. Le parentesi aiutano i bambini a fare ciò, perché li portano a intendere la

differenza come un valore già dato.

Tale lavoro non si prefigge quale scopo quello “di presentare ai bambini le regole

formali di un corso sistematico di algebra, piuttosto mira a promuovere nei bambini

l’abilità di usare semplici argomentazioni basate sulle proprietà delle relazioni, e di

arrivare a formulare espressioni elementari a partire dal loro significato e non da

regole esterne di combinazione.”

Secondo l‟autore, tutto questo fornisce ai bambini una buona preparazione per le

proprietà commutativa e associativa dell‟addizione, inoltre lavorando con le espressioni

letterali più semplici, è possibile manifestare una vivace inclinazione verso il

ragionamento, il confronto mentale e la valutazione logica di specifiche inferenze,

procedendo così verso l‟esecuzione diretta delle operazioni aritmetiche.

2.6 CONCLUSIONI DI DAVYDOV

Molti anni di lavoro con questo curriculum sperimentale per la scuola elementare ha

condotto Davydov a varie conclusioni:

la prima è che “basandosi sulla comprensione delle caratteristiche generali

delle uguaglianze e disuguaglianze e del passaggio dall’una all’altra, il lavoro

dei bambini con i numeri può essere indirizzato non solo alle tecniche di

calcolo, ma anche allo studio delle relazioni strutturali che regolano questi

calcoli. In particolare, tale comprensione porta i bambini a formarsi idee

precise circa l’unità di addizione e sottrazione (e poi di moltiplicazione e

divisione), e circa la dipendenza del cambiamento del risultato di un’operazione

dal cambiamento delle sue componenti. Così le operazioni con i numeri possono

essere studiate più produttivamente che con i metodi tradizionali di

insegnamento”.

la seconda è che “il lavoro con le quantità serve come introduzione ai numeri,

numeri interi ma anche frazioni. Usando le proprietà delle quantità è possibile

diminuire il tradizionale gap tra numeri interi e frazioni. Questo, dal nostro

punto di vista, è un passo importante quando si costruisce un corso di

matematica per le scuole elementari”.

la terza è che “ il lavoro con le quantità è connesso fin dall’inizio con i simboli

letterali. Questo permette ad un bambino di studiare le relazioni matematiche

stesse, la qual cosa è molto importante per il progresso successivo in

matematica”.

Sulla base della ricerca descritta, Davydov sostiene che un corso elementare di

matematica dovrebbe avere alcune particolari caratteristiche:

“Una significativa parte di tempo e di attività dovrebbero essere dedicati a introdurre il

bambino nel mondo degli oggetti concreti, che costituiscono la fonte dei concetti. Lo

sviluppo delle operazioni che consente al bambino l’accesso a questo mondo permette il

successivo efficace passaggio a concetti più complessi. Quindi, il programma dovrebbe

includere problemi che richiedano il paragone fra oggetti, mediante i quali i bambini

imparano a isolare le relazioni specifiche tra oggetti destinate a trasformarsi in

quantità. Queste azioni sono il punto di partenza perché un bambino comprenda il

significato delle operazioni di addizione e sottrazione e padroneggi le loro proprietà di

base.”

Ma la cosa più rilevante per l‟autore è quella di dare una grande importanza ai metodi

intermedi di rappresentazione dei risultati delle azioni concrete, non appena un

bambino impara ad isolare le relazioni tra le quantità. Il metodo tradizionale di

costruzione dei concetti non porta i bambini a rappresentare e modellizzare le proprietà

di un oggetto sottoposto ad una forma dinamica di azione. Nella misura in cui la

frequenza di tali processi di modellizzazione è ridotta, anche la necessità di ricorrere a

mezzi intermedi di descrizione ne risulta diminuita. Attraverso i metodi intermedi di

rappresentazione è come se il concetto stesso e gli strumenti simbolici per descriverlo si

correlino direttamente alle proprietà dell‟oggetto. “Nell’insegnamento, invece, i sistemi

intermedi di rappresentazione hanno un ruolo cruciale in quanto mediano tra le

proprietà dell’oggetto e un concetto.” D‟altronde secondo Davydov, il successo del suo

lavoro nel programma sperimentale appena descritto, è dovuto in grande misura al fatto

di esser riuscito a trovare e introdurre tali rappresentazioni intermedie, per esempio

rappresentazioni grafiche di oggetti e disegni astratti usati per isolare e raffigurare le

relazioni tra oggetti a confronto.

Concludendo, si vuole specificare ulteriormente l‟idea principale di introdurre il

concetto di numero come un particolare tipo di quantità, accennata in questo capitolo.

“Usando una comprensione delle proprietà generali delle quantità un bambino può, in

una particolare situazione educativa in cui si richiedono i processi intermedi di

pareggiamento e confronto di quantità, cogliere le multiple relazioni di queste quantità

come quelle di un intero con una o con un’altra delle sue parti. Quando i bambini

hanno enucleato queste relazioni, possono proseguire con la comprensione di due

importanti caratteristiche dei numeri.

In primis, un oggetto, pensato esso stesso come una quantità, non è determinato

numericamente, ma acquisisce una determinazione numerica quando una persona

sceglie un’altra quantità come unità di misura.

Secondariamente, uno stesso oggetto può essere misurato con diverse unità di misura e

quindi individuato con numeri diversi. Se un bambino in certi problemi è in grado di

cambiare liberamente le unità di misura di qualche quantità, rappresentandola con

numeri diversi, allora in linea di principio il bambino è orientato correttamente verso

l’origine del concetto di numero, in altre parole si è impadronito del concetto vero e

proprio.”

Secondo Davydov queste idee psicologiche sono estranee ai metodi tradizionali di

insegnamento della matematica elementare, che non sviluppano nel bambino le abilità

di elaborare pensiero matematico utile.

Il modello teorico di Davydov, appena esposto, è stato ripreso da altri grandi studiosi a

livello internazionale, come Sophian (Sophian, 2007); ha inoltre ispirato il progetto

sperimentale “Measure Up”4 seguito dal Curriculum Research & Development Group

dell‟Università delle Hawaii (cfr. ad esempio Slovin e Dougherty, 2004); ed ha indotto

interessanti riflessioni di carattere epistemologico e didattico (cfr. ad esempio Iannece et

al., 2009 e 2010).

4 http://hawaii.edu/crdg/sections/math/documents/Measure-Up.pdf

CAPITOLO 3

PERCORSO SPERIMENTALE

3.1 IPOTESI DI RICERCA

Il nostro è un percorso di avvio al pensiero algebrico nella scuola primaria che, in linea

con gli sviluppi della ricerca attuale, vede l‟algebra non come sterile manipolazione di

simboli, ma come ricerca e analisi delle strutture che sottendono le operazioni sui

numeri e sulle quantità. In questo senso la nostra proposta sperimentale non può

prescindere da una considerazione più generale sull‟origine del “contare”e del concetto

di numero. Senza entrare nel merito dell‟ampia discussione sia in campo psicologico

che storico-epistemologico sull‟origine del numero, già descritta in precedenza, la

nostra ricerca dal punto di vista teorico, si basa su due pilastri fondanti:

Esistono due diverse origini del significato di numero, due irriducibili movimenti

percettivi, che possono essere contrastati con due complementari aspetti della realtà,

la discretezza (separatezza) degli oggetti e l‟estensione delle grandezze. Bisogna

riconoscere, quindi, che all‟origine del concetto di numero ci sono due distinti ma

correlati processi di conta: contare oggetti discreti come una evoluzione linguistica

del “subitizing” e contare con la misurazione.

Lavorare sulla misurazione e sulla quantità aiuta i bambini nella comprensione del

concetto di numero e delle proprietà delle operazioni.

Il modello teorico di Davydov, descritto dettagliatamente nel precedente capitolo,

secondo il nostro parere non solo si pone come superamento della classica concezione

del numero ponendo la “quantità” come base della conoscenza matematica, ma risulta

molto più ricco di quanto lo studioso stesso espliciti. Infatti, l’ipotesi di ricerca che

sottende il percorso sperimentale attuato, mira proprio a verificare come il lavoro

sulle “quantità” e le proprietà delle relazioni sia alla base della comprensione

strutturale del concetto di numero e costituisca, dunque, un efficace percorso di avvio

allo sviluppo del pensiero algebrico.

L‟elemento più interessante proposto da Davydov, ampiamente ripreso nell‟ipotesi di

ricerca del presente lavoro di tesi, risiede nell‟utilità di lavorare con le quantità per poter

costruire un sistema complesso di trasformazioni da cui scaturiscano le relazioni

sussistenti fra le proprietà delle quantità. Queste azioni sono i punti di partenza per la

comprensione del significato delle operazioni di addizione e sottrazione e per la

padronanza della loro proprietà di base e della loro struttura algebrica. Cosicché nel

produrre trasformazioni, ci si può spostare facilmente da uguaglianze a diseguaglianze,

non solo eseguendo addizioni e sottrazioni, ma anche scoprendo le peculiarità della

struttura additiva che si pongono alla base della stessa struttura delle equazioni.

Tradizionalmente, in un‟ottica procedurale, l‟equazione è essenzialmente lo strumento

per determinare il valore dell‟incognita attraverso i dati noti; nel contesto della nostra

ricerca, e in‟ottica strutturale, diviene essenzialmente strumento per descrivere le

relazioni tra le quantità e per “operare su quantità ignote come se fossero note”. In linea

con recenti studi e varie ricerche, condividiamo l‟ipotesi che una radice naturale

dell‟equazione sia riscontrabile nello spontaneo e precoce utilizzo della parola “TOT”

per descrivere e risolvere problemi concreti.

Nella nostra esperienza, in linea con il programma di Davydov, il bambino deve prima

scoprire le proprietà (della quantità) nei materiali concreti e, poi imparare a registrare

queste proprietà in un sistema simbolico definito ed effettuare una analisi matematica

elementare delle loro relazioni; appena l‟alunno impara ad isolare le relazioni tra le

quantità, assumono una grande importanza i metodi intermedi di rappresentazione dei

risultati delle azioni concrete. Secondo Davydov, nell‟insegnamento i sistemi intermedi

di rappresentazione, hanno un ruolo cruciale in quanto mediano tra le proprietà

dell‟oggetto e il concetto. Lo studioso russo prevede (ad un certo punto del percorso)

che venga “proposta” al bambino una rappresentazione efficace e sintetica delle

relazioni individuate tra le quantità, in modo da favorire il passaggio dalle

trasformazioni materiali alle espressioni.

Nel nostro percorso sperimentale noi parliamo di “rappresentazione grafica

qualitativa” come supporto e mediazione al riconoscimento dell‟aspetto strutturale e

non procedurale dei vari contesti problematici, ma la rappresentazione strutturale come

rappresentazione grafica significativa è stata richiesta, discussa, adeguata, “educata”,

ma mai suggerita, perché abbiamo voluto verificare proprio attraverso l‟uso autonomo

delle rappresentazioni la presenza di strutture naturali che per emergere necessitano di

opportune sollecitazioni. L‟esperienza condotta ha confermato la nostra ipotesi di

partenza e ha mostrato l‟ampio utilizzo di quella che chiamiamo Metafora spaziale

della struttura additiva (SMAS) mostrata in figura.

Lo schema aveva già mostrato in altre ricerche la sua valenza di mediatore semiotico

dell‟interferenza cognitiva dell‟aspetto discreto e continuo dei numeri, ma anche di

mediatore di risonanza, nel senso di Guidoni tra le risorse naturali cognitive e i contesti

disciplinari, in particolare la struttura additiva. Nell‟ ambito della nostra esperienza ha

mostrato, inoltre la sua efficacia nel ricondurre le equazioni alla loro originaria struttura

additiva elaborata sostanzialmente come confronto tra quantità.

3.2 DESCRIZIONE DEL PERCORSO SPERIMENTALE

L‟ipotesi di ricerca esposta nel precedente paragrafo ha dato vita ad un percorso

sperimentale molto complesso durante il quale, pur avendo chiari gli obiettivi da

perseguire e l‟impianto metodologico da attuare, è stato necessario agire costantemente

in nome della “flessibilità” dell‟insegnamento che ha comportato una continua

riflessione sugli effettivi sviluppi degli apprendimenti degli alunni e sul tipo di

mediazione realizzata per orientare di volta in volta gli interventi successivi. Ecco,

quindi, un percorso che non è stato possibile programmare definitivamente sin

dall‟inizio, ma che è stato frutto di continue scelte compiute in itinere sulla base delle

richieste degli alunni. Il lavoro svolto in definitiva, data la sua ricchezza e complessità,

ha fatto nascere nei bambini tantissime questioni, il più delle volte inaspettate, dalle

quali è stato possibile prendere spunto per affrontare svariate tematiche della

matematica. Da ciò è possibile evincere che esso non deve essere considerato come

“percorso esclusivo”, piuttosto può avere una serie di sbocchi in quanto è in grado di

aprire una miriade di strade che, in base alle scelte attuate in itinere, potrebbero essere

perseguite raggiungendo nuovi traguardi. Un‟ultima precisazione da fare riguarda le

varie situazioni problematiche scelte, che saranno di seguito presentate, per le quali non

deve essere affatto considerata una corrispondenza biunivoca tra “attività e contenuto”:

ciò significa che ogni attività non è deve essere utilizzata nella convinzione di garantire

l‟apprendimento di specifici contenuti, allo stesso modo in cui non esiste per

l‟acquisizione di un contenuto matematico il primato di una peculiare situazione

problematica.

In definitiva il lavoro progettato, con lo scopo di verificare l’effettiva possibilità di

costruire situazioni didattiche capaci di promuovere il riconoscimento di strutture

algebriche in diversi contesti problematici dopo aver lavorato sull’esplorazione di

uguaglianze e disuguaglianze mediante quantità indefinite, si è focalizzato sui seguenti

blocchi tematici:

QUANTITA‟ (indefinite/definite), RELAZIONI, TRASFORMAZIONI.

In un primo momento, è stato svolto un significativo lavoro sulle quantità per far

emergere relazioni e dare avvio all'esplorazione dell'uguaglianza come

trasformazione di una disuguaglianza. Per tale operazione è stato fatto prima un

lavoro su quantità indefinite, sulla linea di Davydov (1°lavoro), e successivamente

si è giunti ad operare con quantità definite, ossia misurate con varie unità di misura,

quali bicchieri grandi/piccoli (2°-3°lavoro). In riferimento a quest‟ultimo aspetto,

sempre operando con l'acqua e le unità di misura, sono state svolte una serie di

attività che hanno richiesto di esplorare l'equivalenza tra due modalità di

misurazione della stessa quantità, correlate all'uso di unità di misura diverse

(4°lavoro) ... oppure l'equivalenza tra due modi diversi di riempire lo stesso

bottiglione (Problema del bottiglione, molto simile all'attività precedente).

RAPPRESENTAZIONE GRAFICA QUALITATIVA.

Sin dall'inizio è stato richiesto di trovare il modo per rappresentare le relazioni

individuate, ossia di lavorare con le rappresentazioni per far emergere le

strutture sottostanti alle operazioni compiute, e tale lavoro, solo attraverso una

serie di tappe, ha consentito di ottenere rappresentazioni in alcuni casi molto

efficaci e chiare. L‟intento del percorso è stato quello di verificare un utilizzo

naturale e spontaneo, da parte degli alunni, della SMAS (Metafora spaziale della

struttura additiva), che rappresenta una struttura di forte mediazione per le

equazioni, e la possibilità di una sua condivisione con l‟intera classe. L'uso dei

segmenti è stato sin dall'inizio un supporto fondamentale al miglioramento delle

rappresentazioni.

RICONOSCIMENTO DI STRUTTURE ALGEBRICHE

Dato un notevole miglioramento delle capacità rappresentative degli alunni, si è

passati alla risoluzione di alcuni problemi con struttura algebrica, PROBLEMA

DEL BOTTIGLIONE e PROBLEMA DI CARLETTO, nei quali gli alunni hanno

dovuto riconoscere la medesima struttura sottostante, legata ancora una volta

all'equivalenza tra due modalità di misurare la stessa quantità espressa nella

capacità di vedere contemporaneamente modi diversi di esprimere la stessa

quantità. Anche qui è proseguito il lavoro sul miglioramento, sul perfezionamento

delle rappresentazioni, questa volta da utilizzare sostanzialmente come strumento

risolutivo a priori e non più a posteriori.

Fatta questa presentazione, saranno di seguito poste in successione le attività previste

per il percorso sperimentale realizzato in vista del presente lavoro di tesi:

1. “Tre quantità: relazioni, trasformazioni e rappresentazioni”

Sulla base dell‟ipotesi di ricerca esposta, per realizzare un approccio al pensiero

algebrico partendo dall‟impianto teorico del modello di Davydov, si è pensato di

proporre agli alunni, per i primi due incontri, un lavoro di descrizione (in lingua

naturale e poi con simboli) delle relazioni di disuguaglianza ed uguaglianza rilevabili

dall‟osservazione di tre quantità (due uguali ed una diversa). In questo modo i bambini

sono stati stimolati a scrivere semplici equazioni e disequazioni lineari, per poi riflettere

sulla possibilità di ottenere l’uguaglianza mediante la trasformazione di una

diseguaglianza ed infine è stato possibile avviare il lavoro sull‟utilizzo delle

rappresentazioni grafiche qualitative per focalizzare l‟attenzione sulla dimensione

strutturale delle operazioni compiute.

2. “Stessa quantità d’acqua in contenitori di forma diversa”

La seconda attività, diversamente dalla prima che ha visto gli alunni lavorare con

quantità indefinite e versate in contenitori della stessa forma, è stata predisposta per

affrontare la questione di “versare la stessa quantità d’acqua in contenitori di forma

diversa”. Ciò ha chiamato in gioco il processo di misurazione ed ha richiesto agli alunni

di isolare le caratteristiche estrinseche delle quantità, ossia il “livello raggiunto

dall‟acqua nel recipiente”, che dipendono dalla forma del contenitore. Si è trattato in

definitiva di un lavoro che ha consentito di aprire una significativa riflessione sulla

comprensione reale del significato di numero, riscontrabile (come sostiene Davydov)

nella capacità del bambino di isolarne realmente le caratteristiche per riconoscerne la

natura.

3. “Quantità diverse da misurare ed eguagliare”

In continuità alle due attività precedenti, con il presente lavoro si è voluto richiamare in

gioco il processo di misurazione e soprattutto l‟utilizzo delle formule già scoperte dagli

alunni ragionando sulle possibili trasformazioni delle quantità: se A>B, A-D=B oppure

B+D=A dove D=A-B. Inoltre, avendo lavorato sull‟efficacia della rappresentazione

grafica qualitativa, è stata prevista la possibilità che gli alunni proponessero la

rappresentazione con i segmenti, ovvero la SMAS come supporto ai loro ragionamenti.

4. “Stessa quantità con bicchieri grandi e bicchieri piccoli”

Il quarto lavoro proposto è stato progettato per rafforzare negli alunni l‟idea di

“equivalenza” attraverso l‟uso di diverse unità di misura. Precisamente i bambini sono

stati chiamati a svolgere un‟interessante operazione di confronto tra due differenti modi

di misurare una stessa quantità, scaturiti dall‟utilizzo di due strumenti diversi, quali i

bicchieri grandi e i bicchieri piccoli, e a scoprire il rapporto esistente tre le due u.m.

Ancora una volta si è cercato di focalizzare l‟attenzione sull‟utilizzo della

rappresentazione grafica per descrivere l‟uguaglianza individuata.

5. “Problema del bottiglione”

Tale situazione problematica è stata scelta poiché si pone in continuità diretta con

l‟attività precedente. Infatti, di fronte a due modalità differenti di riempire lo tesso

bottiglione, l‟alunno è stato chiamato ad individuare il rapporto esistente tra le unità di

misura utilizzate. Del resto l‟intento principale dell‟attività è stato quello di verificare

un uso a priori della rappresentazione grafica, come strumento utilizzato ancor prima

di svolgere calcoli a mente e nel quale riuscire a leggere e riconoscere la struttura del

problema e la sua risoluzione.

6. “Problema di Carletto”

Il Problema di Carletto in genere rappresenta una buona situazione problematica di

avvio al pensiero algebrico e può essere risolto sia attraverso una procedura algebrica

che aritmetica. Infatti esso è stato proposto con l‟intento di verificare la scelta da parte

degli alunni di un tipo di ragionamento algebrico, avendo partecipato al percorso

descritto e in esso affrontato una serie di questioni. Ancora una volta è stata data

importanza alla rappresentazione grafica che ha consentito ai ragazzi di chiamare in

gioco spontaneamente e inaspettatamente il “grafico cartesiano”.

Sebbene non saranno riportate integralmente nella descrizione dettagliata

dell‟attuazione del percorso, che sarà mostrata di seguito, si ritiene opportuno

considerare come parte integrante del lavoro svolto dagli alunni anche alcuni problemi

affrontati con l‟insegnante di classe nel periodo precedente alla sperimentazione:

- “Acqua e zucchero”

- “La lepre e la tartaruga”

Dopo aver svolto questa prima parte del percorso è stato necessario programmare una

FASE DI VERIFICA con cui testare le capacità acquisite dai bambini “di

riconoscimento di strutture algebriche”. Precisamente le situazioni problematiche

somministrate a tale scopo sono state le seguenti.

1° verifica. “Problema del percorso stradale”

2° verifica. “Problema della bilancia”

3° verifica. “Problema dei nastri”

Al termine di questo momento è stato possibile rivelare per alcuni alunni l'avvenuta

acquisizione di capacità di lettura algebrica di una situazione problematica, per altri la

presenza di nodi problematici ancora forti. In linea generale però le capacità

rappresentative sono evolute nella maggior parte della classe.

3.3 NUCLEI CONCETTUALI

I nuclei concettuali affrontati durante il percorso sperimentale sono stati:

- esplorazione dell’equazione come trasformazione di uno stato iniziale di

disuguaglianza tra due quantità per approdare all’uguaglianza delle stesse;

- scoperta dell’incognita di un’equazione in termini algebrici e poi numerici;

- capacità di associare valori numerici diversi ad una stessa quantità utilizzando

diverse u.m;

- riconoscimento di stesse strutture algebriche in vari contesti problematici.

Si tratta, in definitiva, di un lavoro altamente complesso che basandosi appunto

sull‟impostazione teorica dello studioso russo, vuole rispondere alla visione dell‟algebra

come modalità per interpretare relazioni tra due variabili.

3.4 INSERIMENTO NEL CURRICOLO DELLA CLASSE

La parte sperimentale del presente lavoro di tesi è stata attuata nei mesi di Marzo, Aprile

e Maggio del corrente anno, all‟interno di una classe V del 71° circolo didattico di

Ponticelli (Na), in collaborazione con l‟insegnante di classe. Quest‟ultima, dotata di

elevata professionalità e facente parte di un gruppo di ricerca interessato alla didattica

della matematica, in effetti ha attuato sin dall‟inizio dell‟anno scolastico una didattica

rinnovata rispetto a quella tradizionale, per rispondere ad una metodologia di

insegnamento rispettosa della centralità dell‟alunno, dei suoi tempi di apprendimento e

del suo sviluppo globale. In questo modo gli alunni della classe durante quest‟anno

hanno avuto la possibilità di vivere una serie di momenti, facente parte di un percorso

complessivo più ampio, ricchi di problem solving, occasioni di discussione e di

confronto, di scoperta e di ricerca di nuove conoscenze, lavori di gruppo ecc…, che

riflettono pienamente un impianto metodologico ispirato ad uno dei nuovi approcci che

si sta sviluppando nella didattica della matematica. Ecco, pertanto, un modo di “fare

matematica” completamente lontano da quello tradizionale, che per molti anni (e

tutt‟ora) a causa di procedure metodologiche inadeguate e di una visione

dell‟insegnamento come pratica meramente trasmissiva, incurante delle modalità di

apprendimento dei bambini, il più delle volte ha offerto agli alunni una conoscenza del

mondo frammentaria, decontestualizzata e sterile.

In definitiva, il percorso sperimentale, oggetto del presente lavoro di tesi, non ha

rappresentato un blocco isolato di attività catapultate improvvisamente nella

programmazione della classe, ma è stato un lavoro che si è inserito in un progetto

ancora più ampio, condotto dall‟insegnante di classe, e che si è posto in continuità con

esso soprattutto da un punto di vista metodologico. Ciò è stato molto fruttuoso,

produttivo ai fini della sperimentazione in quanto ha consentito agli stessi alunni di

mettere costantemente in gioco tutte le conoscenze, tutti gli strumenti acquisiti

dall‟inizio dell‟anno, anche quando non venivano fatte richieste esplicite.

Inoltre, al di là degli obiettivi di contenuto previsti per questa esperienza di ricerca,

l‟ispirazione di fondo del lavoro realizzato ha risposto pienamente alle finalità e al

punto di vista metodologico esposto nelle “Indicazioni per il curricolo”, che ribadiscono

l‟importanza di costruire momenti in cui

[…] l‟alunno è attivo, formula le proprie ipotesi e ne controlla le conseguenze,

progetta, sperimenta, discute ed argomenta le proprie scelte, impara a raccogliere

dati e confrontarli , negozia e costruisce significati interindividuali, porta a

conclusioni temporanee e a nuove aperture la costruzione delle conoscenze

personali e collettive5.

Tutto ciò con la consapevolezza che la costruzione del pensiero matematico è un

processo lungo e progressivo nel quale concetti, abilità, competenze e atteggiamenti

vengono ritrovati, intrecciati, consolidati e sviluppati a più riprese; è un processo che

comporta anche difficoltà linguistiche e richiede un‟acquisizione graduale del

linguaggio matematico, che faccia precedere la formalizzazione e la riflessione sui

sistemi di notazione simbolica propri della matematica con la verbalizzazione mediante

il linguaggio naturale.

D‟altronde, lo sviluppo nell‟individuo di competenze matematiche, come sostiene un

matematico tedesco, Freudenthal “… soprattutto nella scuola primaria, va perseguito in

contesti culturalmente ricchi ovvero ricchi di possibilità di organizzazione e quindi di

pensiero”. L‟autore afferma che un contesto è povero se è già fortemente strutturato, in

modo da condurre l‟allievo ad una concettualizzazione specifica predeterminata, mentre

nella matematica, devono essere create situazioni problematiche che siano occasioni di

analisi, di elaborazione di rappresentazioni e di formulazione di ipotesi di soluzione. In

questo modo la risoluzione di un qualsiasi problema, la scoperta di qualsiasi conoscenza

5 Ministero della pubblica istruzione, Indicazioni per il curricolo, Roma, 2007.

diventa insieme un procedimento personale e sociale, in cui l‟insegnante, pur lasciando

ampio spazio agli allievi per discutere tra loro e per mettere alla prova le loro

congetture, svolge un‟attività insostituibile di regista per far emergere i punti nodali,

per suggerire nuove simbolizzazioni codificate, per segnalare errori o incongruenze,

per spingere ciascuno a rendere ragione del lavoro eseguito, per rinsaldare le

conoscenze intuite, per stabilire collegamenti attraverso domande o richiami ad

argomenti già esaminati in precedenza.6 La metodologia appena descritta in definitiva,

rompe ogni forma di schematismo, e, come propone Brousseau (studioso della didattica

della matematica), essa è fondamentalmente un “alternarsi d'azione e sperimentazione”

… ovvero una sorta di ricerca-azione7 che da un lato si pone come efficace strumento di

rivitalizzazione e professionalizzazione del docente, dall‟altro garantisce ai soggetti in

formazione di essere “attori” del processo formativo.

Riporto a tal proposito una significativa citazione di un grande uomo della pedagogia:

“Nulla egli sappia per averlo udito da voi, ma solo per averlo compreso da sé: non

impari la scienza: la scopra. Se nella sua mente giungerete a sostituire l’autorità alla

ragione, non ragionerà più; non sarà che lo zimbello dell’opinione altrui.”(J.J.

Rousseau)

Ecco quindi un percorso che sostiene una didattica volta:

6 Freudenthal, "Ripensando l'educazione Matematica", Editrice La Scuola, 1994.

7 Per ricerca - azione si intende un modo di concepire la ricerca che si pone l'obiettivo non tanto di

approfondire determinate conoscenze teoriche, ma di analizzare una pratica relativa ad un campo di

esperienza (ad esempio, la pratica educativa);con lo scopo di introdurre, nella pratica stessa, dei

cambiamenti migliorativi. La prospettiva della ricerca – azione si è rivelata produttiva anche in campo

formativo, in quanto permette ai soggetti in formazione di essere "attori" del processo formativo.

- a promuovere lo sviluppo di un atteggiamento positivo rispetto alla matematica

facendo comprendere come gli strumenti matematici siano utili per operare

nella realtà;

- a migliorare l‟approccio alla disciplina attraverso un approccio narrativo e

percettivo;

- ad eliminare la distanza tra i contenuti matematici e la realtà, e stimolare gli

alunni a “fare” esperienza;

- a costruire ragionamenti e a sostenere le proprie tesi;

- a discutere e comunicare, argomentare in modo corretto e motivare le soluzioni

individuate, comprendere i punti di vista e le argomentazioni altrui;

- a lavorare in gruppo attraverso l‟ascolto e la condivisione delle scelte.

3.5 INGREDIENTI CHIAVE

Il percorso ideato è stato inoltre caratterizzato da alcuni elementi, molto importanti nella

didattica scolastica, che adeguatamente valorizzati hanno rappresentato una componente

significativa dell‟esperienza vissuta.

3.5.1 Il laboratorio

Una dimensione che ha costantemente accompagnato le attività svolte durante il

percorso, garantendo una costruzione comunitaria degli apprendimenti ed un continuo

passaggio dal pratico al concettuale, è stata quella laboratoriale. Volendo fare un breve

approfondimento, occorre dire che il laboratorio, diffusosi a partire dagli anni Settanta

dinanzi all‟esigenza di rinnovamento – svecchiamento metodologico e didattico che ha

attraversato la nostra scuola, è stato introdotto per garantire una trasformazione radicale

dell‟istituzione scolastica in termini di adesione all‟innovazione e alla sperimentazione.

Dinanzi ai grandi cambiamenti sociali, alla diffusione di un sapere non più soltanto

dichiarativo (know-what), ma essenzialmente abilitativo (know-how), è stata richiesta

sempre più insistentemente una scuola dallo stile sperimentale, in grado si ricercare

nuovi saperi, sperimentare nuove modalità di insegnamento, valorizzare i bisogni, le

capacità, le aspirazioni dei soggetti e la loro motivazione. Il laboratorio, sebbene

inserito in tale quadro, in realtà non deve essere considerato una novità nella scuola, in

quanto le sue radici possono essere rintracciate nell‟attivismo pedagogico, ossia in

quegli autori che hanno riflettuto sul ruolo della prassi negli apprendimenti ed hanno

evidenziato l‟importanza della scoperta personale nella produzione della conoscenza. In

particolare si sta facendo riferimento a John Dewey, il quale afferma che

[…] l‟apprendimento non può essere passiva recezione, ma deve collocarsi sul

piano della ricerca, dell‟azione e dell‟esplorazione. È necessario far leva sulla

motivazione e sull‟interesse del bambino, ossia sulle sue forze interiori per dargli la

possibilità di fare esperienza di soluzioni di problemi attraverso procedure di

ricerca libera. Inoltre dal momento che l‟alunno è “soggetto” del proprio percorso

socio-cognitivo, si prospetta una scuola nuova che si configura come vera officina

capace di dar spazio all‟attività, alla creatività, all‟espressione, all‟autogoverno …

necessari per instaurare anche un clima collaborativo regolato da principi

effettivamente democratici. L‟ambito scolastico così conseguito, deve diventare

piuttosto un indispensabile strumento di libera e attiva partecipazione alla vita

sociale moderna.

In genere parlare di laboratorio nella pratica educativa, oggi risulta alquanto complesso

dato l‟ampio ventaglio semantico del termine, ecco infatti:

- Uno spazio in cui misurarsi con la concretezza delle azioni, con il senso delle

proprie iniziative, con i risultati e le conquiste acquisite;

- Un‟occasione per confrontarsi con gli altri senza paura della frustrazione poiché

la differenza viene coltivata come valore di affermazione dell‟individualità;

- Una situazione in cui è possibile procedere per tentativi, formulare ipotesi,

esporre la propria interpretazione, scoprire il nuovo senza paura del

cambiamento;

- Un momento consacrato alla sperimentazione, all‟esplorazione di nuovi

strumenti e linguaggi, all‟apprendimento attivo attraverso la valorizzazione di

processi e stili personali;

- Una dimensione privilegiata e facilitante che consente di realizzare situazioni di

apprendimento con caratteristiche di operatività;

In definitiva si tratta di un‟esperienza di apprendimento “unitaria”, in quanto garantisce

l‟unità di teoria e prassi propria della dimensione cognitiva, attraverso l‟interazione

dialettica tra azione-pensiero, la valorizzazione del legame mano-mente, la

conciliazione del learning by doing con il learning by thinking… e “comunitaria” in

quanto favorisce l‟integrazione, la peer education, la cooperazione, la costruzione

cooperativa di conoscenze (cooperative learning).

Pertanto, inteso come "luogo privilegiato in cui si realizza una situazione di

apprendimento che coniuga conoscenze e abilità specifiche su compiti unitari e

significativi per gli alunni, il laboratorio si pone in una dimensione operativa e

progettuale, mettendo i bambini in condizione di poter (e di dover) mobilitare l'intero

sapere esplicito e tacito di cui dispongono"8. Esso consente di superare uno schema

puramente trasmissivo e ripetitivo del sapere, inducendo a valorizzare piuttosto

l‟esperienza, la dimensione del “fare”, la capacità di mettere in comune il lavoro

individuale all‟interno di un gruppo. La didattica laboratoriale, negli ultimi anni inserita

nella didattica d‟aula, deve pertanto essere riconosciuta come supporto agli

apprendimenti, come modalità di insegnamento con la quale è possibile elevare la

qualità della formazione, e nel caso specifico del presente percorso sperimentale ha

garantito il perseguimento dei seguenti obiettivi:

- sviluppare la cooperazione,

- potenziare lo spirito di ricerca,

- aumentare la motivazione,

- sollecitare la riflessione sul proprio operato ecc…

Dalle stesse Indicazione nazionali è possibile evincere il fondamentale ruolo attribuito

al laboratorio nella pratica d‟ insegnamento:

Tutte le discipline dell'area hanno come elemento fondamentale il laboratorio,

inteso sia come luogo fisico, sia come momento in cui l'alunno è attivo, formula le

proprie ipotesi e ne controlla le conseguenze, progetta, sperimenta, discute e

argomenta le proprie scelte, impara a raccogliere i dati e a confrontarli con le

ipotesi formulate, negozia e costruisce significati interindividuali, porta a

8 C.Laneve (2005), Insegnare nel laboratorio. Linee pedagogiche e tratti organizzativi, La scuola.

conclusioni temporanee e a nuove aperture la costruzione delle conoscenze

personali e collettive.

In tutte le discipline dell'area, inclusa la matematica, si avrà cura di ricorrere

ad attività pratiche e sperimentali e osservazioni sul campo, che non abbiano

carattere episodico e che vengano inserite a pieno titolo nei percorsi di conoscenza

[…].

All'interno di questo tipo di didattica laboratoriale, del resto, anche la figura

dell'insegnante acquisisce connotazioni diverse ridimensionando il suo tradizionale

ruolo di "depositario del sapere", ed è questo quanto è accaduto effettivamente durante

la gestione delle discussioni e dei confronti collettivi. Soprattutto l‟insegnante di classe

ha costantemente svolto un'azione di stimolazione e di supporto volta a sollecitare la

partecipazione degli alunni nel processo di insegnamento/apprendimento basato su

esperienze pratiche. Il suo compito, quindi è stato quello di incoraggiare le scoperte di

ognuno, condurre il confronto interpersonale, il dialogo e il fare congetture; porre il

soggetto in condizione di scoperta, ricerca e sperimentazione. Ecco un ruolo di

sostegno e di rinforzo che ha guidato i bambini in una continua esperienza di

apprendimento fondata sull‟azione, ecco un ruolo di "regista" che seguendo le attività,

le gestisce, ed è allo stesso tempo in grado di far sfumare la propria presenza per

lasciare l'alunno in condizione di autonomia.

3.5.2 Costruzione sociale della conoscenza

Elemento fondante del percorso realizzato, come già accennato nel precedente

paragrafo discutendo della didattica laboratoriale, di certo è stato una forma di

costruzione comunitaria della conoscenza, che si pone esattamente in linea con la

prospettiva teorica di Vygotsky secondo il quale, “ lo sviluppo cognitivo rappresenta

un processo sociale” e “la capacità di ragionare aumenta nell'interazione con i propri

pari”. Pertanto, si è posta come una sfida davvero complessa la predisposizione di un

contesto in cui l‟alunno potesse imparare ad essere con gli altri, ad aprirsi ad altre voci

e ad altre coscienze. Mirando a tale obiettivo il contesto classe si è trasformato in una

comunità di apprendimento, i cui membri hanno operato negoziando pensieri e

riflessioni attraverso la comunicazione: un elemento fondamentale della costituzione di

un “io comunitario”. In definitiva volendo garantire un apprendimento comunitario è

stato basilare, in ogni momento del percorso realizzato, favorire il dialogo, la

discussione ovvero la comunicazione, che ha spinto costantemente gli allievi a:

ascoltare le proposte dei compagni;

interpretare le argomentazioni dell‟altro;

valutare criticamente le argomentazioni degli altri e dare loro seguito,

approfondendole o rifiutandole;

esprimere argomentazioni appropriate alla situazione assegnata.

La descrizione con le parole del linguaggio naturale di ciò che veniva fatto, del perché,

di cosa si pensava relativamente a quello che facevano e pensavano gli altri, compreso

l‟insegnante, e la riflessione su tutto ciò, ha avuto un duplice scopo: è stata per

l‟insegnante lo strumento di analisi delle risorse cognitive attivate dagli allievi, mentre

per gli alunni ha rappresentato lo strumento attraverso il quale potersi confrontare con i

“modi di guardare” degli altri argomentando opportunamente il proprio in un processo

di negoziazione. In linea con quanto detto, di volta in volta le consegne date agli alunni

durante le varie attività sono state:

- risoluzione individuale di problemi con verbalizzazione scritta delle risoluzioni

- analisi collettiva delle risoluzioni

- discussione

- meta discussione.

La condivisione del lavoro individuale all‟interno del grande gruppo è stata una

significativa occasione per stimolare riflessioni e confronti sulle diverse strategie

risolutive e per sollecitare l‟uso del linguaggio come espressione del proprio pensiero.

In tale approccio, quindi, la comunicazione non è stata semplicemente un elemento

accessorio dell‟apprendimento, ma è stata riconosciuta come parte fondamentale di

quella progressione graduale che permette all‟allievo di oggettivare il sapere, ovvero di

afferrare e di far propri i contenuti concettuali matematici all‟interno di processi sociali

di produzione di senso. Ecco la configurazione dell‟allievo come “essere in continuo

divenire”.

Ancora una volta si sta facendo riferimento ad un modello costruttivistico

dell‟apprendimento, che può essere sintetizzato nella frase “La conoscenza è costruita

nella mente di colui che impara", e in maniera più specifica alla teoria del

“costruttivismo sociale” di Vygotskij, il quale recita: “L’aspetto caratteristico dello

sviluppo è la sua socialità in quanto il bambino cresce nell’interazione con gli altri, in

primo luogo gli adulti. Il fattore sociale è fondamentale per l’acquisizione di

conoscenza da parte dell’individuo, che solamente grazie al continuo rapporto con gli

altri può crescere e riuscire a conseguire quelle capacità e quelle nozioni basilari per

poter operare in modo efficace nella società di cui fa parte.” La psicologia di Vygotskij

risulta interamente culturale e volta ad evidenziare il ruolo primario della

comunicazione e della vita sociale nella formazione della conoscenza. Il contesto

sociale in cui ha luogo l‟apprendimento è cruciale, ed è proprio evidenziando ciò, che

l‟autore stesso sottolinea “il significato del dialogo come strumento attraverso il quale

gli individui possono negoziare i propri cambiamenti concettuali.” Ecco quindi la

determinazione di un ambiente di apprendimento che non comprende solo i bambini e il

materiale didattico, ma i bambini, il materiale e la comunicazione interattiva, elemento

fondamentale che consente di riflettere sull’eventuale incoerenza delle idee pregresse

cambiando la loro raffigurazione. Ecco cioè un “apprendimento collaborativo” da

intendere come acquisizione da parte degli individui di conoscenze, abilità o

atteggiamenti che sono il risultato di un‟azione di gruppo, o in termini più specifici, un

“apprendimento individuale come risultato di un processo collettivo”.

3.5.3 Le sbobinature

Una pratica davvero efficace e significativa per la progettazione in itinere delle attività

da proporre di volta in volta agli alunni, è stata la registrazione vocale delle lezioni, che

ha consentito di elaborare dettagliate sbobinature all‟interno delle quali poter

ripercorrere l‟evoluzione del pensiero del gruppo classe e dei singoli individui. La

sbobinatura però, non è stata considerata come una semplice trascrizione di tutto ciò

che viene detto durante un‟attività, frutto di un passivo compito di ascolto/scrittura, al

contrario essa ha rappresento un lavoro di elaborazione consapevole del processo di

crescita/sviluppo dei concetti degli alunni, scaturito da un‟attenta operazione di

selezione e risistemazione dei dialoghi avvenuti. Interessante, ai fini di una visione

effettiva del lavoro svolto, è stato anche dare chiaro risalto alle stimolazioni, fornite dai

conduttori dell‟attività o dai docenti, per favorire scoperte e apprendimenti, in modo

da riconoscere la giusta incidenza della mediazione didattica.

Il lavoro descritto è stato compiuto in maniera costante e con grande interesse

dimostrandosi un utile strumento di riflessione sulle strategie didattica attuate, sui

mediatori predisposti, sulle originali scoperte fatte dai bambini, sugli interventi più

significativi di alcuni, che spesso hanno attivato il pensiero di altri, sui nodi concettuali

irrisolti, sugli ostacoli talvolta incontrati e i risultati raggiunti.

E da esso è stato possibile delineare progressivamente i punti essenziali delle attività

successive, i concetti da approfondire, gli elementi da riprendere ecc…, tutto in vista

della realizzazione di un percorso di sperimentazione quanto più rispettoso delle

peculiarità e dei tempi di ciascun soggetto/attore degli apprendimenti.

3.5.4 La collaborazione con l’insegnante ricercatore

Per la conduzione e la definizione in itinere del percorso sperimentale presentato, ha

avuto un ruolo estremamente importante la presenza in classe di una particolare figura

docente che, facendo parte di un gruppo di ricerca interessato agli sviluppi della

didattica della matematica, mi ha dato la possibilità di osservare e testare la qualità

dell‟insegnamento propria di chi riveste effettivamente nella sua pratica didattica il

ruolo di insegnante/ricercatore. L‟insegnante di classe infatti, in qualità di ricercatore,

sin dall‟inizio dell‟esperienza si è mostrato aperto ed interessato a collaborare per

l‟elaborazione e la realizzazione della parte sperimentale del presente lavoro di tesi.

Inoltre con la sua professionalità, la sua peculiare formazione culturale, il suo bagaglio

esperienziale, la sua capacità di fornire sempre stimoli adeguati ed efficaci agli alunni,

la sua spiccata sensibilità a leggere i progressi e gli ostacoli cognitivi dei bambini … ha

rappresentato un‟insostituibile figura di guida e sostegno durante tutto il periodo di

sperimentazione. Indispensabili sono stati i suoi costanti interventi nella conduzione

delle attività in classe, grazie ai quali è stato possibile gestire le dinamiche di gruppo e

le discussioni in maniera funzionale agli obiettivi del percorso, ma ancora più

importante è stato condividere con essa i momenti di riflessione che mi hanno offerto

significative occasioni di confronto grazie alle quali ho preso parte ad una nuova

dimensione dell‟insegnamento, completamente lontana da quella tradizionale e aperta

costantemente alla ricerca, ossia volta a sperimentare la pratica educativa ispirata a dei

modelli teorici innovativi con lo scopo di introdurre, nella didattica stessa, dei

cambiamenti migliorativi. La collaborazione con l‟insegnante/ricercatore è stato quindi

un ingrediente fondamentale del presente lavoro che mi ha aiutato ad individuare i

progressi compiuti da alcuni alunni, i nodi problematici esistenti ancora per altri e sui

quali intervenire ulteriormente, la necessità di modellare adeguatamente le attività

previste e compiere di volta in volta scelte pertinenti, le particolari strategie di gestione

della classe ecc… ma al di sopra di ogni cosa mi ha dato modo di riflettere attentamente

sulla figura docente, riconoscendo che in essa dovrebbe essere sempre presente lo

spirito della ricerca capace di avvalorare la pratica didattica migliorando la qualità della

formazione scolastica.

3.5.5 Le rappresentazioni grafiche

La rappresentazione grafica rappresenta uno strumento didattico ed un mediatore

cognitivo, dotato di sinteticità, efficacia, immediatezza, molto utile per gli

apprendimenti degli alunni, e in quanto tale è stato un oggetto di indagine davvero

interessante durante il presente percorso sperimentale.

Precisamente nel corso delle attività, per sollecitare e allo stesso tempo analizzare le

modalità rappresentative degli alunni sono state date una serie di consegne, che,

accompagnate da vari momenti di riflessione collettiva, hanno consentito alla maggior

parte della classe di raggiungere un‟ottica davvero critica sull‟efficacia di una

rappresentazione, sulla necessità di fornire con essa informazioni utili, tralasciando

quelle inutili, alla comprensione di un problema, ecc… Del resto è stato necessario, in

un primo momento, dare spazio ad un tipo di rappresentazione a-posteriori, richiesta

solo dopo aver descritto in lingua naturale e con simboli le relazioni tra le quantità

individuate. Successivamente è proseguito un significativo momento dedicato

all‟approfondimento delle capacità rappresentative degli alunni, ossia alla revisione e

alla riflessione collettiva circa l‟efficacia comunicativa dei disegni realizzati. Infine si è

passati a fare esplicita richiesta di provare ad utilizzare una rappresentazione a-priori,

come strumento risolutivo di diverse situazioni problematiche.

La rappresentazione grafica qualitativa è stata pertanto utilizzata come struttura

metaforica di supporto a tutto il percorso cognitivo e ha consentito di porre l‟accento

sull‟aspetto strutturale anziché procedurale della matematica. In riferimento soprattutto

all‟algebra, è bene precisare che solitamente, di fronte ad un‟equazione gli studenti

focalizzano la loro attenzione sui simboli e su come questi si combinano tra loro in base

a regole note, sono cioè legati ad un discorso sostanzialmente procedurale, invece

l‟elaborazione di una rappresentazione grafica consente qualcosa di diverso: poiché il

segno grafico contiene e conserva tutte le caratteristiche proprie del segno algebrico,

tale caratteristica consente di focalizzare l‟attenzione sul caso concreto e

contemporaneamente ne permette la generalizzazione.

La rappresentazione grafica è dunque un ausilio specifico che ha in sé una doppia

identità, quella di strumento e segno (cfr. Vygotskij): è uno strumento esterno, il cui

utilizzo permette di “tradurre” la realtà in una forma “concreta”, che focalizza

l’attenzione dell’alunno sul procedimento risolutivo, (una volta individuata, tra quelle

immaginabili o note, una rappresentazione adeguata al problema proposto), e così

diventa segno perché permette l’interiorizzazione e la riutilizzazione di un significato,

agendo sulla mente. La risoluzione grafica non è dunque banalmente un modo per

introdurre l‟argomento matematico, ma costituisce un supporto cognitivo alla

generalizzazione di casi numerici ed una metafora percettiva degli aspetti strutturali

degli enti astratti, permettendo infine un controllo concreto sul procedimento. L‟ uso

della rappresentazione grafica consente cioè di riconoscere e far riconoscere nei

comportamenti cognitivi “naturali” le radici della dinamica strutturale/procedurale tipica

del registro simbolico.

Durante il lavoro sono state analizzate le strategie cognitive e gli strumenti di

mediazione semiotica messi in atto dagli studenti per comprendere/risolvere le

situazioni problematiche, e in particolare è stato loro chiesto di cercare rappresentazioni

qualitative capaci di giocare un ruolo fondamentale nel riconoscimento dell’aspetto

strutturale del problema algebrico … che consiste cioè, in termini bruneruani, nel

ricercare invarianze e aspetti globali, ossia nel vedere aspetti di invarianza e di

cambiamento che accomunano tra loro situazioni diverse.

La categoria della struttura rappresenta uno dei capisaldi del pensiero bruneriano,

secondo il quale “ il valore di una conoscenza consiste nella sua utilità per il futuro,

nella sua capacità di essere trasferita e utilizzata in situazioni nuove. A tal fine, è

indispensabile prevedere l’apprendimento non tanto di contenuti, quanto di strutture,

corrispondenti alla facoltà di strutturazione che caratterizza la psiche umana.

Gli argomenti di studio possono essere vari, e cambiare a seconda delle esigenze degli

alunni, delle loro esperienze particolari, del loro livello di partenza, ma le strutture

fondamentali delle materie di insegnamento sono le stesse e la loro padronanza

significa, per l’allievo, la possibilità di utilizzarle e di applicarle nelle condizioni nuove

in cui questi si può trovare”. L‟insegnamento strutturale, secondo Bruner, rende più

interessante una disciplina, perché l‟alunno ne coglie prima l‟utilità e favorisce il

transfert dell‟apprendimento, nel senso che le stesse strutture possono essere trasferite in

campi diversi di apprendimento, rivelando, in questo modo, la matrice comune di molte

conoscenze.

3.6 ATTUAZIONE

La realizzazione del percorso descritto è stato un lavoro complesso ma davvero

arricchente per tutti coloro che vi hanno partecipato, dai protagonisti attivi, quali sono

stati gli alunni, ai registi delle attività svolte, personificati da me, dalla docente di classe

e dal professore/relatore di tesi. Inoltre, come sarà possibile leggere di seguito, ogni

attività predisposta è stata sempre frutto di attente riflessioni che ne hanno determinato

la motivazione sostanziale, ed è stata costantemente accompagnata da un ampio lavoro

di analisi e approfondimento che si è servito dell‟elaborazione di sbobinature dalle quali

è possibile rilevare gli apprendimenti e le scoperte compiute dai ragazzi, la mediazione

didattica dell‟insegnante e la graduale e difficile evoluzione del pensiero algebrico

avvenuta in molti. Avendo prestato molta attenzione alla rappresentazione grafica

qualitativa utilizzata e perfezionata nei vari contesti problematici, saranno anche

mostrati i lavori più significativi realizzati dai ragazzi, necessari alla comprensione dello

sviluppo cognitivo avvenuto, con appositi commenti.

PRIMO LAVORO

Tre quantità: relazioni, trasformazioni e rappresentazioni.

Attività 2 e 3, giorni 9-16 Aprile 2010

1° Consegna:

DESCRIVI I TRE RECIPIENTI POSTI SULLA CATTEDRA E CERCA DI

INDIVIDUARE LE POSSIBILI RELAZIONI CHE SI EVINCONO DAL LORO

CONFRONTO. SCRIVI INNANZITUTTO IN LINGUA ITALIANA, POI

RAPPRESENTA LA SITUAZIONE CON UN DISEGNO ED INFINE PROVA A

TRADURRE IL TUTTO UTILIZZANDO UN LINGUAGGIO SIMBOLICO.

Codifiche:

Il compito è stato sottoposto a 15 alunni della classe 5C. Tutti gli alunni hanno cercato

di compiere il lavoro di osservazione e riflessione con elevata concentrazione

partecipando poi in maniera attiva alla discussione.

Riflessioni iniziali:

Seguendo l‟impostazione teorica dell‟ipotesi di Davydov viene proposto ai bambini un

lavoro di descrizione ed analisi di disuguaglianze ed uguaglianze rilevabili

dall‟osservazione di tre recipienti uguali, posti sulla cattedra: di cui il primo è riempito

quasi fino all‟orlo, mentre il secondo e il terzo, di una quantità uguale, sono inferiore a

quella del primo.

In una prima fase … si è ritenuto opportuno presentare una situazione in cui i bambini

operassero sulle quantità, di valore indefinito, senza ancora chiamare in gioco i numeri,

e così stimolare la scrittura di semplici equazioni e disequazioni descrittive di ciò che

essi osservano, a due, a tre elementi ecc …( esempio: A=B; C>B allora C>A; A<C;

B<C). Precisamente si ha intenzione di far passare il lavoro di descrizione attraverso il

linguaggio naturale, il disegno ed infine il linguaggio simbolico/algebrico.

In un secondo momento … si è pensato di avviare i bambini anche al concetto di

uguaglianza come trasformazione della disuguaglianza, ponendo una domanda stimolo

del tipo “Come si potrebbe fare per rendere la quantità C uguale a quella A? e

viceversa? ” in modo da:

individuare l‟esistenza di due possibili direzioni della trasformazione,

distinguibili nelle azioni di aggiungere dell‟acqua alla quantità più piccola (C) o

togliere dell‟acqua alla quantità più grande (A) per ottenere l‟uguaglianza

(A=C);

riconoscere la presenza di una quantità, convenzionalmente chiamata “D”,

elemento comune ad entrambe le trasformazioni;

definire la quantità D, da aggiungere o togliere ai recipienti per ottenere

l‟uguaglianza, come “D = A-C”.

In una terza fase … si è cercato di stimolare i bambini a trovare una rappresentazione

grafica significativa per individuare la struttura delle operazioni compiute sulle quantità.

Spontaneamente i bambini hanno utilizzato segmenti e quadratini, ma un lavoro di

riflessione è stato necessario per perfezionare l‟efficacia e la chiarezza dei disegni.

Descrizione dell’attività:

FASE1: Dopo aver posizionato i tre recipienti sulla cattedra è stata dettata a tutti i

bambini la consegna del lavoro, chiedendo innanzitutto di utilizzare il linguaggio

naturale nella narrazione di ciò che si osservava, non limitandosi a descrivere elementi

superficiali della situazione, ma prestando attenzione alle relazioni esistenti tra le tre

quantità e compiendo pertanto un‟attenta attività di confronto. Dopo aver aggiunto

qualche informazione per chiarire il compito da svolgere, gli alunni sono stati lasciati

per circa 10 minuti a lavorare in maniera individuale. In questo tempo, ho notato dai

loro atteggiamenti un‟elevata concentrazione e tanto interesse per il lavoro da svolgere,

alcuni si sono anche alzati per avvicinarsi alla cattedra e guardare più da vicino gli

oggetti posti su di essa, mentre altri (pochi bambini), terminando in pochissimo tempo

la descrizione, hanno cominciato ad annoiarsi. Di conseguenza è stato subito chiesto di

realizzare un “disegno colorato”, che rappresentasse chiaramente la situazione osservata

e quindi passare dal linguaggio naturale a quello grafico per poi rispondere ad un‟ultima

richiesta: “tradurre quanto descritto con numeri, simboli ecc …” (ossia tutto ciò che

avrebbe sintetizzato, reso immediato il messaggio descrittivo elaborato prima a parole).

Per quest‟ultima richiesta è servito fornire qualche indicazione in più, dare ulteriori

spiegazioni, dare la parola a chi aveva capito la consegna per fare qualche esempio:

- Flora infatti, dice immediatamente che lei, per prima cosa, darebbe ai contenitori

delle lettere;

- Andrea dice di usare + e – per indicare le quantità più grandi e più piccole;

- Umberto, invece, ricorda di conoscere un segno “più o meno così” per indicare

maggiore e minore;

- qualcun altro propone l‟uguale ecc …

(per ricordarli a tutti, i tre segni “<, =, >” vengono scritti alla lavagna) ... e richiamato il

silenzio, prosegue il lavoro individuale di scrittura in linguaggio simbolico. Trascorso il

tempo che gli alunni avevano a loro disposizione, ha avuto inizio il momento del

confronto ed è stato chiesto ai ragazzi di mettere in comune le proprie riflessioni. (In

rosso scrivo qualche commento)

Comincia Claudia: “Maestra io ho pensato che se

noi addizioniamo C e B otteniamo che la quantità

d‟acqua esce fuori, poi togliamo la metà di C e ci

esce la A”

Subito interviene Giuseppe dicendo: “No maestra

io ho fatto che C e B sono la metà di A quindi se

faccio C + B ottengo la A” …

… ma Claudia controbatte: “… C e B non sono la

metà sono un po‟ più della metà”

Maestra: “E noi ne siamo certi che i recipienti C e

B sono la metà di A?”

Noooooooooooo

Giuseppe aggiunge: “.. però io dico facciamo finta

!! ”

Flora fa il suo intervento: “Maestra visto che sul

foglio abbiamo i quadratini, io l‟ho scritto anche in

quadratini .. e diciamo che il recipiente più

riempito, sul quaderno è più o meno 2 quadratini

mentre gli altri due sono di 1.”

Maestra: “Ma Siamo certi di poter affermare che

Sin dall‟inizio emerge una

forte esigenza di guardare al

recipiente A come l‟intero

mentre quelli B e C come ½

di A, ciò dimostra che i

bambini per ragionare

utilizzano innanzitutto una

modellizzazione su base

percettiva.

Spontaneamente qualche

bambino fa subito la scelta di

ragionare con i quadratini …

operazione questa che sarebbe

stata richiesta in un secondo

momento. Del resto la

maestra mi spiega che tale

strategia è dettata dal fatto che

i bambini, in altre attività,

hanno spesso ragionato con i

quadratini lavorando sulle

proporzioni che si devono

rispettare quando l‟oggetto

reale viene rappresentato

quei contenitori sono la metà del primo?”

Nooooooooooo.

Maestra: “Allora noi atteniamoci a scrivere solo

quello di cui siamo certi, guardando questi tre

contenitori … Quali sono allora le cose di cui

siamo certi?”

Risponde Flora: “Maestra sappiamo solo che quei

due sono riempiti con lo stesso livello e la stessa

quantità d’acqua, mentre il primo ha più

quantità d’acqua”

Poi Giuseppe: “Che il primo contenitore è più

grande del secondo e del terzo”

Maestra: “È il contenitore ad essere più grande?”

Tutti: “… No, la quantità d‟acqua”

Riprende Giuseppe: “… e che il secondo contiene

meno quantità d’acqua del primo ed è uguale al

terzo … il terzo quindi è uguale al secondo ed è

più piccolo, contiene meno acqua del primo”

graficamente (esempio

quando si rilevano le misure

del tavolo e lo si disegna) …

Pertanto è come se molti

avessero fatto propria questa

struttura rappresentativa.

Maestra: “Benissimo, come li abbiamo chiamati

questi contenitori?”

Insieme: “… 1, 2, 3 … oppure A, B, C .”

Maestra: “Bene, allora concordiamo di chiamarli

tutti allo stesso modo, A, B, C … e proviamo a

scrivere alla lavagna tutte le relazioni possibili che

esistono, e avete individuato.”

La prima relazione che viene dettata è:

… B e C sono uguali .. quindi B = C

… A è più grande di B.. quindi A>B

Si continua:

… A è maggiore di C .. quindi A>C

… C è più piccolo di A .. quindi C<A

… B minore di A .. quindi B<A

A questo punto interviene Giuseppe. “Ne so

un‟altra io .. A + B + C – B e C = A …”

Maestra: “Ma la “e” come la devo scrivere?”

.. A + B + C – B + C = A .

Maestra: “Allora, secondo voi l‟uguaglianza che è

stata scritta è corretta?”

Parlano in molti, e c‟è un po‟ di confusione,

qualcuno dice che Giuseppe ha ripetuto la B e la C

Non mi sarei mai aspettata

che i bambini riuscissero

spontaneamente a trovare

uguaglianze di questo genere,

avevo previsto il

riconoscimento delle relazioni

semplici tra le quantità e non

già l‟utilizzo di operazioni. Il

ragionamento spontaneo di

Giuseppe, dimostra una

elevata flessibilità mentale e

lascia pensare che

“l‟equazione” può essere una

struttura naturale posseduta

dai bambini, questa però non

stimolata adeguatamente,

viene distorta quando la si

formalizza nella scuola

secondaria.

… poi interviene Luca: “ Secondo me non è

corretta perché già abbiamo detto che B non è la

metà di A … ”

Maestra: “Ma in quello che ha detto Giuseppe non

si parla di metà … Cerchiamo di riflettere e capire

cosa voleva dire Giuseppe.”

Giuseppe a questo punto viene chiamato ad

esplicitare con parole quello che voleva dire in

lingua algebrica: “Maestra, se noi mettiamo

insieme A, B e C esce una quantità d’acqua, poi

se faccio meno B e C mi esce A di nuovo. ”

“… maestra io intendevo dire con la + che B e C

vanno tolte insieme.

Maestra: “Quindi vuoi dire che bisogna togliere sia

la quantità B che quella C … così la “e” che

inizialmente hai pronunciato è corretto tradurla con

il simbolo + ?”

“E se leggi alla lavagna è scritto quello che hai

detto in lingua italiana?

Cosa devi scrivere per far capire quello che intendi

dire?”

Giuseppe: “ Ah , maestra devo mettere le parentesi

A + B + C – (B + C) = A”

L‟esercizio di dire a parole il

proprio ragionamento e poi

tradurlo in linguaggio

algebrico consente di

sperimentare la matematica

come uno strumento di cui si

dispone per comunicare, per

dare le informazioni che si

vogliono.

In questo caso, se a primo

impatto, quando Giuseppe ha

dettato l‟uguaglianza, molti

alunni son rimasti perplessi,

nel momento in cui invece, ha

esplicitato il suo pensiero in

lingua italiana, è stato

compreso effettivamente da

tutti.

Emerge l‟uso delle parentesi

come un‟esigenza per

specificare l‟ordine temporale

in base al quale devono essere

compiute le operazioni per

Luca: “Ecco maestra, per questo non mi trovavo …

ora invece per me è esatto”.

A questo punto, vengono fatte diverse proposte …

È insistente la proposta di Claudia:

“In effetti lui ha addizionato tutto e poi ne ha tolti

due, però si potevano togliere anche due diversi

e ne veniva un altro … Ad esempio se al posto di

B e C , toglieva A e B usciva C”

Giuseppe continua con le sue proposte:

“Maestra me ne è venuta un‟altra …

A + B + C – B = A + C”

Si pone l‟attenzione ora sull‟ uguaglianza proposta

da Claudia:

Claudia fa scrivere alla lavagna:

“ … A + B + C – ( A + B ) = C ”

Indicando i contenitori spiega il suo pensiero e

viene seguita da tutti i suoi compagni, che ormai

sono sintonizzati con il ragionamento che si sta

facendo.

Sentiamo altre proposte e discutiamone per vedere

se siamo d‟accordo.

Umberto scrive: “A + B + C – A = A”

Subito in molti si accavallano per dire: NOOOO

perché B e C non è detto che sono uguali !!!!!

Umberto infatti subito dice: “Facendo finta che

quelli sono la metà alla fine esce A”

Maestra: “Quindi tu hai fatto un‟ipotesi, ma ne

siamo certi al momento?”

Tutti: No…

Maestra: “Allora Umberto ha ragione se …?”

rendere l‟uguaglianza

corretta.

Claudia sta scoprendo che

quell‟operazione si può fare in

tanti altri modi.

“.. Se C e B sono la metà di A” .. e Luca aggiunge :

“ Se 2B = A ”

Detto questo alla lavagna si scrive l‟ipotesi B+C=A

accanto alla scrittura di Umberto e si spiega che

quell‟uguaglianza sarebbe giusta solo se fossimo

certi di quella condizione.

Maestra: “Però come vedete anche senza fare

ipotesi sono uscite delle cose interessanti, anche

con le addizioni e sottrazioni … Come le

chiamiamo queste cose che abbiamo scritto alla

lavagna?”

Risposte varie:

EQUIVALENZE,

UGUAGLIANZE,

OPERAZIONI CON QUANTITA‟ D‟ACQUA,

RELAZIONI, …

Paola ad un certo punto vuole proporre le

operazioni A- B + C … senza definire a cosa

equivalgono.

La maestra, quindi, aiuta l‟alunna a proseguire il

suo ragionamento. Spostando i contenitori, fa

vedere alla cattedra cosa si ottiene facendo quello

che ha detto Paola. Sposta il contenitore A più

avanti, quello B più indietro e quello C avanti, a

livello di A.

Maestra: “Cosa otteniamo?”

Claudia immediatamente dice: “Esce A di

nuovo!!”

Maestra: “Quindi facendo A meno B più C cosa

otteniamo?”

Luca, e molti altri rispondono: “ A e C ”

Davvero interessante la

consapevolezza che i bambini

dimostrano di avere.

In effetti i bambini vengono

condizionati dal vedere che

sulla cattedra, dopo gli

spostamenti eseguiti, ci si

trova con il contenitore B

dietro rispetto a quelli A e C

Solo Claudia insiste dicendo: “Maestra per me no,

per me si ottiene A … perché non togliamo il

contenitore ma la quantità d’acqua che c’è

dentro … Allora se noi dalla A togliamo la

quantità B, visto che B e C sono uguali, se

mettiamo la C otteniamo di nuovo A.. E‟ come se

prima togliamo e poi mettiamo la stessa cosa”

Non tutti sono d‟accordo, o meglio non ne sono

convinti a pieno.

Luca poi dice: “E sa Paola metteva le parentesi

facendo A- (B + C) … usciva A”

Giuseppe: “No, Se considero B e C la metà di A,

insieme fanno A, allora se la tolgo ad A mi viene

zero.”

Ma Claudia continua a ribadire che il suo

ragionamento è esatto perché B e C sono uguali. In

più aggiunge:

“Maestra adesso ci sto riflettendo … i nostri

contenitori sono uguali .. quindi se guardiamo al

livello dell‟acqua, dal livello di A togliamo il

livello di B, e ci rimane questo pezzo sopra, poi

rimettiamo C, e ci esce C più questo pezzo. Poiché

C che ha lo stesso livello di B esce sempre A ”.

Con questo ragionamento molti si convincono.

che sono d‟avanti … In

questo modo si sta

confondendo il contenitore

con la quantità in esso

contenuta, sulla quale si deve

operare … di conseguenza la

risposta collettiva è che alla

fine ci si trova con A e C.

Il ragionamento di Claudia

non fa una piega!!! Io e la

maestra restiamo senza parole

di fronte ad un pensiero così

libero, così flessibile ...

I bambini dimostrano con i

loro discorsi di ragionare

proprio in termini di struttura!

Questo pezzo = A – C, in

effetti sarà proprio la quantità

X che bisognerebbe

aggiungere a C o togliere ad

A per trasformare la

disuguaglianza A > C in

A B

Maestra: “Allora possiamo scrivere l‟uguaglianza

A - B + C = A ?”

Qualcuno continua a discutere ancora per un po‟

sulla possibilità di ottenere A e C , ma poi si

concorda sull‟uguaglianza e si sentono espressioni

del tipo.

Luca : “ Weeeeeeeeeee, maestra mo ho capito !!!

tolgo B metto C a viene di nuovo tutta la A”

Giuseppe: “Io sono un po‟ convinto un po‟ no.

Perché è come se Claudia avesse fatto A – B

convinta che il contenitore a fosse intero e B la

metà, allora viene lo stesso B poi metto C che è

uguale e metà più metà fa di nuovo l‟intero. ”

Claudia: “No, io ho solo detto che C o B, è

indifferente … più quel pezzettino che non so

quant‟è, fa A.”

A questo punto Flora vuole mostrare una

equivalenza che ha trovato e la scrive alla lavagna:

A+B+B+C(–A+C)=B x2 oppure C x2

Maestra: “Allora ci vuoi raccontare quello che hai

scritto?”

…Flora: “Se ad A aggiungiamo 2B o 2C, è la

stessa cosa, e ancora una C, poi togliamo la A e la

uguaglianza A = C …

esercizio che verrà dato tra un

po‟.

Con la sua genialità Claudia

ha effettivamente anticipato

l‟operazione che avremo

chiesto di fare

successivamente.. ed è passata

spontaneamente dalla

disuguaglianza

all‟uguaglianza. Dice di non

sapere quanto fa quel

pezzettino, ma lo ha detto

pochi minuti fa … esso è

proprio … … A-C!!

B=C

X

C escono o 2B o 2C.”

Reazioni varie: “Maestra non ho capito!

No, non sono d‟accordo!”

Claudia subito individua l‟errore presente nella

scrittura e dice di dover scrivere il meno fuori dalla

parentesi.

Viene corretta l‟uguaglianza su suggerimento di

Claudia in …

A+B+B+C–(A+C)=B x2 oppure C x2

Più di uno dice: “No … come risultato viene B una

sola volta, non x2”

Irene: “Maestra, Forse è vera solo perché ha

considerato A il doppio di B e C?”

Maestra: “No, Flora non ha parlato di metà, ha

considerato solo le condizioni che abbiamo

descritto all‟inizio.

Ma secondo voi come facciamo a verificare questa

cosa?”

Flora prova a dare la sua spiegazione:

“… A e C è come se non li avessimo mai messi,

maestra!”

Maestra: “… e perché ?”

.. sempre Flora: “… perché prima li mettiamo e

poi li togliamo … quindi rimangono due volte B.”

Dopo queste parole si sentono esclamazioni del

tipo: “Ahhh, ho capito!!!”

Maestra: “Avete capito cosa ha fatto Flora,

bambini?”

Si, Si, Si …

La maestra cerca di ribadire l‟operazione e di farla

ripetere a parola a qualcuno. Emanuele dice che

non l‟ha afferrata troppo bene e sente l‟esigenza di

scriversela un attimino per guardarla meglio …

così tutti vengono invitati a fare come il compagno:

a scrivere e riflettere.

Intanto mi chiama Claudia per mostrarmi quello

che ha scritto.

Claudia mi spiega il suo ragionamento

mostrandomi questo tipo di rappresentazione, e mi

dice:

questo è A

aggiungo B

aggiungo B

e poi C …

Se tolgo A e

Poi C mi restano 2B

Ancora una volta Claudia

risponde in anticipo alle

richieste che sarebbero state

fatte a tutta la classe in un

secondo momento.

Spontaneamente (sebbene

occorre precisare che la

maestra ha lavorato altre volte

con i quadratini) ella sceglie

di verificare e di rendere più

immediata l‟operazione fatta

da Flora utilizzando delle aree

di diversa estensione,

disegnate rispettando le

condizioni di cui si è certi, ed

effettuando l‟operazione di

sottrazione come

l‟eliminazione della figura.

A questo punto direi che

mentre Davydov propone di

suggerire ai bambini una

strategia intermedia di

rappresentazione grafica per

prepararli alla soluzione delle

equazioni, in questo caso

sono, al contrario, i bambini

stessi ad aver proposto in

maniera naturale una struttura

molto efficace.

Viene chiamato Giovanni.

Maestra: “tu sei d‟accordo con quello che ha scritto

Flora, e se si, come fai a verificarlo?”

Giovanni: “Si sono d‟accordo … perché se leviamo

A e C … viene 2B”

Maestra: “… Dove sta scritto leviamo? Perché

togliamo A e C, dove lo leggi?”

… intervengono i compagni dicendo:

“ … il meno, … la sottrazione , … è scritta in

parentesi … ”.

Di fronte all‟uguaglianza scritta alla lavagna

A+B+B+C-(A + C)=2B, la maestra copre con la

mano prima la lettera A e poi la C, man mano che

si leggono le operazioni.

A+B+B+C

In questo modo è chiara a tutti la veridicità della

proposta di Flora.

Qualcuno: “Ma allora il risultato è solo 2B!!”

Maestra: “NO, visto che B e C sono uguali il

risultato va bene sia che si dice 2 volte B che 2

volte C.”

Emanuele dice: “Allora Flora poteva anche

scrivere dall‟inizio A+C+C+C …”

Pertanto sarà questa ad essere

riutilizzata per farla

condividere al resto del

gruppo classe.

Conclusioni Fase1:

Questa prima fase è stata davvero significativa per i risultati ottenuti nel corso dei

confronti e delle discussioni collettive. Penso che essa sia stata altrettanto interessante e

coinvolgente per la classe, specialmente per quei bambini che hanno continuamente

dato contributo all‟evoluzione del pensiero, facendosi da traino anche per i compagni.

Direi che in questo incontro la spigliatezza di qualcuno è stata fondamentale per portare

avanti la discussione … e devo ammettere di aver provato in diversi momenti gioia e

stupore per le intuizioni di qualche bambino in particolare. Non mi aspettavo affatto che

l‟attività fosse così efficace e produttiva.

Maestra: “Benissimo!!”

Martina vuole scrivere una sua proposta:

B+C-A=A .. e lo fa.

Con grande convinzione e sicurezza, Luca dice:

“Maestra ma quello che ha scritto Martina è vero

solo se facciamo che A è riempito per intero e B e

C sono la metà.. e noi abbiamo già detto che di

questo non siamo sicuri.

Maestra: “Quindi se ipotizziamo che A è il doppio

di B e C viene A come risultato?”

Luca si illumina e dice: “No, infatti se facciamo

l‟ipotesi … con B e C otteniamo A, poi togliendo

A non rimane niente … viene zero”

Claudia dice: “Quindi ci sono due errori in quello

che è scritto!!!”

Uno sarebbe legato al fatto

che Martina ha preso in

considerazione un‟ipotesi e

non le condizioni di cui si è

certi; in più, pur volendo

ragionare per ipotesi,

l‟uguaglianza è sbagliata.

L‟insegnante, inoltre, è stata una conduttrice significativa delle riflessioni e dei

ragionamenti degli alunni, fornendo, quando necessario, nei momenti più adatti, le

opportune stimolazioni e suggerimenti.

FASE2: A questo punto, la situazione è sembrata matura per proporre il secondo

esercizio. Prima di dettare la consegna ho svuotato un po‟ i contenitori B e C e ho

cercato di renderli uguali raggiungendo un livello d‟acqua che si trovasse al di sotto

della metà del contenitore, in modo da evitare che i bambini continuassero ad ipotizzare

che si trattava della metà di A.

I bambini sono stati invitati a guardare la nuova situazione che era alla cattedra e di

disegnarla velocemente. Poi sono state dettate le condizioni, i dati di cui si disponeva

per risolvere il problema:

i contenitori si chiamano A, B e C ;

B è uguale a C ;

B è minore di A.

È stata fatta scrivere la seguente domanda:

“COME FACCIAMO A FAR DIVENTARE LA QUANTITÀ “C” UGUALE ALLA

QUANTITÀ “A”? O ANCHE LA“A” UGUALE ALLA “C” ?”

Si è lasciato del tempo per ragionare individualmente e dare una risposta prima in lingua

naturale e poi attraverso il linguaggio algebrico.

Trascorso qualche minuto Luca dice ad alta voce:

“Maestra, Claudia prima l‟ha detta pure la

soluzione, però non me la ricordo! … è quando

diceva che facendo la sottrazione rimaneva un

po’ di A.”

Sento che qualcuno (sembra Emanuele) continua a

Luca ha individuato subito il

senso della domanda e fa

bene a cercare la risposta

ripercorrendo il ragionamento

fatto da Claudia

precedentemente.

dire: “Basta che mettiamo nella C la B ed

otteniamo la A” … e con lui discute anche

Umberto. Dopo un po‟ si avvicinano alla cattedra e

mi chiedono di dimostrare se la loro soluzione è

vera. Così sperimentano che versando l‟acqua del

contenitore B in quello C non si raggiunge il livello

della quantità A. Delusi tornano a posto.

Giuseppe mi dice di aver misurato con il righello il

contenitore che è di 16 cm …

Flora invece dice: “Maestra ma se A è 10 bicchieri

e C è 3bicchieri , per renderli uguali me ne servono

7!”

La maestra, intanto, accompagna il ragionamento

dei bambini ripetendo la domanda ad alta voce:

“Ho questi due contenitori, A e C, voglio renderli

uguali, come faccio …? Posso o rendere C uguale

ad A, o A uguale a C; Come faccio a fare questa

cosa?”.

Giuseppe dice: “Devo togliere! ”

Martina invece dice: “Per rendere C uguale ad A

devo aggiungere dell‟acqua … ”

Soltanto qualcuno pensa alla possibilità di

mischiare l’acqua dei due contenitori e

raggiungere uno stesso livello, intermedio tra

quello di A e di C. Ma si spiega che non è possibile

farlo.

Maestra: “Queste due quantità quindi o devono

diventare tutte e due A o tutte e due C. Cosa

facciamo … o AGGIUNGIAMO DELL‟ACQUA

a C o TOGLIAMO DELL‟ACQUA dalla A. Ecco

allora che è possibile fare due cambiamenti/

Ragionamento esatto … fatto

con i numeri, di cui i

bambini si fidano ciecamente!

Per Flora è stato immediato

(una volta avuta la possibilità

di agire con i numeri), dire

che la quantità che serve è 7 ..

facendo l‟operazione 10-3,

ossia A-C !!!

E‟ già molto significativa la

consapevolezza di dover

togliere qualcosa in un caso e

aggiungere qualcosa

nell’altro caso.

Si tratta di un concetto

fondamentale, di una tappa

che consente poi di procedere

alla comprensione del fatto

che quel “qualcosa” è la

stessa quantità in entrambi i

casi.

trasformazioni.”

Questa cosa viene fatta scrivere in lingua italiana

… poi si chiede di scriverlo con simboli o lettere.

Non tutti ci riescono, quindi dopo un po‟ si cerca di

farlo alla lavagna .

Esce fuori una scrittura molto immediata, un

suggerimento che diventa uno stimolo efficace per

molti bambini.

Maestra:

“Ad A togliamo acqua per renderla come C

A - ? = C

a C aggiungiamo acqua per renderla come A

C + ? = A

Cosa manca qui in mezzo? Cosa c‟è scritto qui?”

Un bambino risponde: “Maestra l‟acqua” (ed ha

ragione!!!)

Claudia è giunta alla soluzione, infatti mostra a me

e alla maestra il suo foglio con su scritto A- (A-

C) = C

oppure C + (A-C)= A.

Dopo essersi complimentata, la maestra chiede a

Claudia: “E come la potresti chiamare questa

quantità?”

Claudia risponde: “Ma noi abbiamo solo queste

lettere, per questo ho scritto così … però posso

chiamarla D .”

Libertà ed elasticità mentale

consentono di dare una

risposta a qualsiasi domanda.

In queste parole non c‟è

Dopo qualche minuto Luca giunge anche lui alla

risposta.

Un po‟ alla volta tutti i bambini cominciano a

scambiarsi la soluzione e a discuterne tra loro …

Quindi la maestra riepiloga per l‟ultima volta la

situazione sulla quale si sta ragionando ed esplicita

che per ottenere C da A o A da C si può fare in due

maniere, o ad A, che è più grande, togliamo

dell‟acqua o a C, che è più piccolo aggiungiamo

dell‟acqua.

Maestra: “Questo qualcosa come lo chiamiamo?”

Varie risposte: “ … acqua …H2O …

Claudia propone il suo nome …. D ;

Simone dice …” ma anche X …”

Maestra: “È il momento di sostituire al punto

interrogativo, al vuoto … la lettera scelta per

indicare la quantità da conoscere …

Ad A togliamo acqua per renderla come C

A - D = C

a C aggiungiamo acqua per renderla come A

C + D = A

Tutti sono d‟accordo e considerano l‟uguaglianza

corretta, così vengono invitati a scriverla sul foglio.

Maestra: “Ma cosa rappresenta questa D?”

In coro: L’acqua che dobbiamo aggiungere e

togliere !!!

Maestra: “Quindi è la stessa in tutti e due i casi, per

tutte e due le operazioni? .. sia quella che dobbiamo

aggiungere che togliere?”

paura, non ci sono limiti,

compromissioni … solo

libertà!

Direi che dinanzi a questa

scrittura è davvero immediata

la risposta.

SIIIIIIII

Maestra: “E come si determina questa quantità

D?”

Luca si avvicina a me e alla maestra per farci

vedere cosa ha individuato. Effettivamente indica

sul suo disegno quale è la A, quale la C e quale la

D. Per quanto riguarda quest‟ultima quantità egli

dice “… che è quello che rimane togliendo la C alla

A !!!”

Perfetto … ma per ora solo lui e Claudia hanno

fatto questa scoperta.

Si fa alla lavagna il seguente disegno

A C

Maestra: “Ma quanta acqua bisogna togliere o

aggiungere? Lo sappiamo?”

Claudia dice: “Si. Questa parte sopra, bisogna

toglierla o aggiungerla!” .. e aggiunge al disegno …

Maestra: “Come possiamo chiamare questo

che sta sopra?”

Tutti concordano la lettera D.

A questo punto si invitano tutti i bambini ad

individuare la A, la C e la D all’interno del

disegno .

Soltanto discutendo si giunge a concordare che la

D è quella quantità evidenziata in rosso, da togliere

per rendere A uguale a C.

Maestra: “Ora che abbiamo individuato la D, come

faccio a determinarla?”

Si sollecita a guardare attentamente il disegno che

contiene perfettamente la risposta alla domanda.

Risponde Giuseppe: “Basta che togli C dalla A e

ottieni D.” .. ma non ancora tutti sono convinti di

questa affermazione.

Pertanto si sposta ancora una volta l‟attenzione dal

disegno fatto alla lavagna ai contenitori presenti

sulla cattedra … per provare a vedere in essi la

presenza della A della C e della D.

Continuano ad essere chiare le due possibili

trasformazioni “togliere e aggiungere” … e la

quantità D uguale in entrambe le operazioni.

Diversamente risulta abbastanza complesso e poco

immediato il riconoscimento della quantità D

corrispondente all‟operazione A - C.

Alla domanda: “ Mi fai vedere dov‟è la D nei

contenitori?” infatti …

In effetti osservando

attentamente i lavori

realizzati dagli alunni, noto

che nessuno riesce ad

individuare la quantità D

all‟interno del contenitore A,

ma quelli che fanno il

disegno tracciano un ulteriore

contenitore riempito fino ad

un livello che corrisponde

esattamente a quello della A

meno la C. E‟ stata compresa

l‟operazione che si compie,

ma non è pienamente chiara.

Dare la possibilità ai bambini

di ricorrere all‟azione per

ragionare (quando ne hanno

necessità) aiuta a dare senso

alla struttura simbolica

Tale elemento pertanto resta

un nodo cruciale da chiarire

per procedere alla

rappresentazione grafica della

SMAS (Metafora Spaziale

della Struttura additiva).

Occorre anche precisare che

il lavoro richiesto non è

banale, non è infatti molto

… l‟alunno dice: “in questo contenitore dal fondo

fino a qua (al livello della C) è A, il resto è D”

I compagni non sembrano essere d‟accordo … c‟è

confusione e la situazione è poco chiara.

Molti dicono che: “il contenitore intero è A ..

poi quello che resta togliendo la D è A.

Interviene Flora: “ Questa è tutta la A (indicando

l‟acqua del contenitore) … PERO‟ LA A E’

COMPOSTA DALLA C E DALLA D”

Maestra: “Siete d‟accordo con quello che ha detto

Flora?”

Siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii ..nella A ci stanno sia la C che la

D.

Si ribadisce il concetto .. e poi alla domanda:

“come determiniamo la D?” …

.. rispondono in molti.. Basta togliere C dalla A.

Così viene scritto alla lavagna D = A-C e si prova

ad indicarlo ancora una volta sui contenitori.

Sembra proprio che molti siano convinti delle

scoperte fatte, quindi si passa a rappresentare, a

tradurre in maniera grafica, con segmenti e

quadratini le operazioni compiute con le quantità.

semplice … richiede una

elevata capacità di astrazione.

E‟ come se i bambini non

riuscissero a vedere

contemporaneamente la A, la

D e la C nello stesso

contenitore … anzi,

chiamando D un pezzo di A,

quest‟ultimo non fosse più

A.

Conclusioni Fase2:

Anche se non proprio tutti hanno partecipato attivamente al lavoro, penso che sia stato

abbastanza naturale questo primo approccio all‟equazione come trasformazione di una

condizione di diseguaglianza iniziale … rappresentata efficacemente dalle quantità.

FASE 3: Ai bambini viene data una consegna:

GUARDATE I DISEGNI, CERCATE DI INDIVIDUARE IN ESSI QUALE È LA

“A”, QUALE LA “C”, QUALE LA “D” … SCRIVETE LA RISPOSTA PRIMA IN

LINGUA ITALIANA E POI CON IL LINGUAGGIO ALGEBRICO. PROVATE

INOLTRE A RAPPRESENTARE LA STESSA SITUAZIONE CON DEI SEGMENTI

(DISEGNANDO IL SEGMENTO “A”, QUELLO “C”, QUELLO “D”) E DEI

QUADRATINI … RIFLETTETE ATTENTAMENTE!

Per quanto riguarda quest‟ultima consegna, in essa si continua a richiedere un passaggio

graduale dalla lingua naturale, al disegno, al linguaggio algebrico ed infine, questa

volta, si fa compiere un passo in avanti proponendo anche la richiesta di rappresentare

la situazione con segmenti e quadratini.

Precisazione:

Il momento del passaggio alla rappresentazione grafica con segmenti e quadratini è stato

davvero interessante da monitorare e analizzare in ogni suo aspetto. L‟utilizzo dei

segmenti come mediatori semiotici ha rappresentato un processo per niente immediato,

al contrario esso ha subito una continua evoluzione dinanzi a diverse stimolazioni ed

input.

Infatti i PRIMI LAVORI REALIZZATI DAI BAMBINI (per casa) sono stati i

seguenti:

Prime considerazioni:

Guardando i lavori realizzati dai ragazzi, in particolare le rappresentazioni che hanno

elaborato per descrivere l‟uguaglianza di A e C … ho notato delle componenti comuni

quasi a tutti, in particolare:

i segmenti A, C e D vengono rappresentati da tutti in maniera orizzontale,

nessuno li disegna in verticale (orientamento che renderebbe forse più immediata la

trasformazione delle quantità in linee di diversa altezza)

i segmenti sono sempre separati tra loro per essere collegati dai segni di

operazione (+ - =), quindi vengono utilizzati proprio come numeri di un‟operazione …

disposti o uno accanto all‟altro, sullo stesso rigo, o uno sotto l‟altro;

in questo modo quasi tutti considerano la D solo come risultato di

un‟operazione aritmetica (sottrazione della C alla A) e non la rappresentano all‟interno

del segmento A (tranne Flora … che riesce ad utilizzare la struttura dello SMAS).

la rappresentazione dell‟uguaglianza con i quadratini ha avuto le stesse

caratteristiche appena descritte, è stata cioè corretta in quanto “sottrazione” (Es: A di

7quadratini – C di 3 quadratini = D di 4 quadratini), ma poco vicina ad una

rappresentazione risolutiva del problema.

Concludendo, in questa prima fase … emergono sostanzialmente delle

“rappresentazioni di operazioni”: i primi lavori dei bambini, per la maggior parte dei

casi, presentano situazioni del tipo A-C=D …, in molti non c‟è nemmeno la

coincidenza numerica se non in casi eccezionali … maggiormente significativi. Quindi

non si ragiona sull‟uso efficace del segmento, ma sull‟operazione, e di conseguenza è

forte la tendenza a rappresentare quest‟ultima su tre segmenti diversi (elemento che

riflette il processo aritmetico che gli alunni già possiedono ).

In un secondo momento si è ritornati sulla rappresentazione, sono state mostrate ai

bambini alcune modalità di rappresentazione da loro stessi utilizzate, sulla base delle

quali compiere un lavoro di ripensamento, di riflessione … insistendo sulla possibilità

di sintesi. Date anche altre stimolazioni sono uscite altre proposte … alcune

particolarmente efficaci, altre no poiché comunque legate alle operazioni.

L‟insegnante dice: “Quello che voi avete fatto per casa noi lo abbiamo visto e

alcuni lavori sono stati scannerizzati e stampati … ora guardandoli, cercate di

ripensare ad un‟altra rappresentazione con i quadratini e i segmenti .. tenendo

conto che abbiamo di fronte due contenitori A e C dove A contiene anche C e D.

Quindi ora vi mostriamo le rappresentazioni di qualcuno di voi (che non è detto

siano giuste o sbagliate) .. e pensate ad una rappresentazione ancora diversa

sempre con i segmenti.

Come rappresentereste l‟eguaglianza tra A e C con i segmenti? Fate come se A

fosse un segmento, C fosse un segmento .. e D fosse un segmento e fatemi capire

in qualche modo che A è uguale a C con D.”

Infine io e l‟insegnante abbiamo scelto di dare inizio ad un momento di discussione,

partendo da una delle rappresentazioni dei bambini e proponendo alla lavagna il

seguente disegno …… e la seguente domanda: “Questa rappresentazione secondo voi

ci fa capire esattamente quello che bisogna fare per ottenere l‟uguaglianza A=C? Vi

convince? E perché?”

A C D

Abbiamo proposto alla lavagna una rappresentazione, che è stata un nodo cognitivo

forte, in quanto descrittiva dell‟operazione di aggiungere segmenti. Essa ha avuto

un‟importanza fondamentale nel dare inizio alla discussione e spronare molti a trovare

un modo efficace per rappresentare l‟uguaglianza di A con C … la scelta di quel

segmento è stata una stimolazione, una mediazione forte.

Risposte:

.. No maestra, non ci convince!!!

Flora: “... D e C non stanno fuori A, stanno dentro A. Perché noi abbiamo detto

che A è composta dalla C e dalla D .. non che A, C e D stanno nel contenitore

della A.”

Maestra: “Invece, questa rappresentazione cosa significa per te?”

“… per me significa che ci sono tre contenitori con l‟acqua”.

Claudia aggiunge: “ … per me, questo disegno significa che abbiamo tre contenitori

… A C D che li abbiamo addizionati e ci è venuto quel segmento più lungo. Quindi

quel disegno non rappresenta quello che abbiamo fatto, ma indica A+C+D”.

Irene anche dice:“Questa rappresentazione per me non è giusta perché la C e la D

stanno dentro la A, sarebbero la A.”

Umberto: “Secondo me quel segmento è sbagliato perché dovrebbe essere A-D=C

oppure C+D=A, e non dice questo.

Alessandro dice: “Com‟è rappresentata indica una sola quantità .. cioè la A con la

quantità D e la C … quindi sarebbe un recipiente ancora più grande.”

Maestra: “Che operazione scrivereste in riferimento a questa rappresentazione?

Flora: A+C+D …… Si questo segmento fa capire un‟addizione.

Maestra: E c‟è un modo per dire che D sta dentro la A?”

Giuseppe: “Secondo me bisognerebbe togliere quelle sbarre e far capire che

quel segmento è il contenitore e dentro c’è A, D e C”.

Maestra: “Quindi tu stai proponendo un altro disegno per dire che C e D stanno

dentro A. Ognuno di voi immagini un disegno che faccia capire che la quantità A e

uguale a D+C, o che D=A-C, o che C= A-D … e poi lo venga a fare alla

lavagna.”

Claudia: “secondo me i tre segmenti devono essere staccati se no non capiamo che

abbiamo tre quantità diverse.”

Tutti sono d‟accordo sul fatto che quel disegno non esprime quanto detto sulle tre

quantità in questione e diversi alunni fanno alcune proposte davvero significative.

A D C

Giuseppe: “Maestra questa rappresentazione che ho fatto vale a dire che nel

contenitore A c‟è A D e C.”

A D C

Luca: “Così nella A ci sono la D e la C.”

Claudia: D C

A

Flora: A D C

“Tutto intero il segmento è il contenitore, poi questa è la quantità d‟acqua A (che

non riempie tutto il contenitore) e dentro ci sono C e D.”

Irene: A

D C

A questo punto interviene Claudia per dire : “Maestra ma la rappresentazione di

Irene è uguale alla mia, solo che io non ho disegnato due segmenti, ma uno

soltanto”.

Martina: A D C

Le ultime rappresentazioni disegnate dai bambini alla lavagna non sono esattamente

quelle da loro disegnate sul foglio, ovvero quelle che essi hanno determinato pensando

in maniera individuale … è come se il loro pensiero subisse un processo di evoluzione

davvero sostanziale proprio durante la discussione, il confronto ... e questa cosa mi

sorprende sempre più. Del resto bisogna tener ben presente il percorso di sviluppo

seguito attraverso i tre momenti descritti di queste lezioni.

I disegni finali riportati, molto vicini alla SMAS, non sono quindi usciti dall‟inizio ma

solo dopo continui ritorni e stimoli adeguati.

In più le seguenti tre proposte, ognuna elaborata individualmente da tre bambini

sembrano, se poste in successione, l‟evoluzione del pensiero collettivo.

Conclusioni:

L‟attività di oggi è stata abbastanza efficace per scoprire la rappresentazione in

segmenti del passaggio dalla disuguaglianza all‟uguaglianza … del resto sarebbe

opportuno condividere ancora per un po‟ le rappresentazioni emerse a fine lezione, per

poi procedere il lavoro facendo ancora un passaggio significativo attraverso i numeri e

le misurazioni con diverse unità di misura delle quantità di cui fino ad ora si è parlato in

maniera indefinita.

SECONDO LAVORO

Stessa quantità d’acqua in contenitori di forma diversa

Attività 1, giorno 17 Marzo 2010

Consegna:

CI SONO DUE CONTENITORI VUOTI DI FORMA DIVERSA. COME FARESTE

SE VI DICESSI DI VERSARE LA STESSA QUANTITÀ D‟ACQUA IN

ENTRAMBI?

Codifiche:

Il problema è stato sottoposto a 21 alunni della classe 5C. Tutti hanno cercato di dare

una soluzione personale al quesito entro il tempo stabilito; 5 sono stati coloro che

hanno immediatamente individuato la soluzione corretta.

Riflessioni iniziali:

Al primo lavoro incentrato sull‟esplorazione di equazioni e disequazioni a partire

dall‟individuazione di relazioni tra quantità indefinite, ha fatto seguito un‟attività

riguardante le “quantità e la loro misurazione”. Si tratta di un quesito che dovrebbe

indurre i ragazzi a fare alcune riflessioni, quali: che per versare una stessa quantità in

due recipienti di diversa forma è necessario misurarla in qualche modo, ad esempio

scegliendo un bicchiere come unità di misura; che la diversa forma dei contenitori di

cui si dispone non permette di ragionare in termini di “stesso livello d‟acqua” ecc ...

Descrizione dell’attività:

Il problema è stato dettato a tutta la classe, poi riletto ad alta voce aggiungendovi

qualche informazione chiarificatrice della situazione, facendo riferimento anche ai 2

recipienti in plastica, trasparenti, di diversa forma (precisamente uno stretto e alto, uno

largo e basso) che intanto sono stati posizionati sulla cattedra.

Non sembrano esserci stati ostacoli linguistici alla comprensione, anzi tutti hanno

dimostrato da subito di avere chiaro il quesito al quale dovevano trovare risposta.

Inizialmente si è preferito dare spazio ad una risoluzione individuale, infatti gli alunni

sono stati lasciati per 10 minuti a risolvere il problema ed invitati a proporre qualsiasi

forma di ragionamento, anche attraverso un disegno. Mentre essi erano a lavoro,

osservando il loro comportamento, ho notato tranquillità, concentrazione, pochi erano

completamente distratti, la maggior parte pensava silenziosamente, mettendosi alla

ricerca di una qualche soluzione, mentre alcuni iniziavano già a cercare conferma

delle loro ipotesi richiamando l‟attenzione dell‟insegnante, come se fossero

maggiormente presi dalla paura di non sbagliare piuttosto che dall‟obiettivo di

esprimere il loro pensiero. In linea generale ho avuto conferma delle mie previsioni,

ossia che il compito non fosse affatto difficile per i ragazzi e dopo circa 5 minuti

qualcuno già mi ha detto di aver terminato. Durante l‟attesa, parlando con la maestra,

ci siamo accorte di non aver esplicitato agli alunni il fatto che avessero dei bicchieri a

loro disposizione, ma abbiamo preferito continuare ad omettere questa informazione

ponendo i bicchieri semplicemente sulla cattedra e aspettando che qualcuno li

chiamasse in gioco durante il confronto. A questo punto ha avuto inizio il momento

del confronto ed è stato chiesto ai ragazzi di mettere in comune le riflessioni. (In rosso

scrivo qualche commento)

Comincia Sonia: “Per riempire i due contenitori

con la stessa quantità d‟acqua ci sono diversi

modi; per esempio, uno è che basta prendere i due

recipienti metterli vicini e vedere che la quantità

d‟acqua raggiunge lo stesso punto. La seconda

possibilità è quella di riempirli con un bicchiere

che ho considerato lungo 30 cm…”

Maestra: “Che vuol dire prendere un bicchiere?”

Sonia: “Vuol dire che … prendo un bicchiere lo

riempio e lo verso qua, e poi posso mettere la

stessa quantità”.

Maestra: “Quindi, nell‟altro contenitore metti il

bicchiere pieno o stai attenta a raggiungere lo

stesso livello del primo contenitore, come dicevi

nella prima ipotesi?”

Sonia: “Si, metto allo stesso livello … e poi posso

farlo anche con un cucchiaio.”

Interviene Alessandro: “Come dice lei, prende un

bicchiere e versa l‟acqua in questo recipiente e poi

non è che guarda la misura che raggiunge,

perché non sono gli stessi recipienti, di uguali

dimensioni. L‟ipotesi di mettere l‟acqua fino qua e

poi metterla fino qua anche nel secondo recipiente,

non mi convince perché secondo me questo

recipiente è più stretto, questo più largo, quindi

non va bene guardare allo stesso livello. Invece

dovrebbe prendere un bicchiere d‟acqua e versarlo

qui dentro, poi prenderne un altro e versarlo qui

dentro per avere le stesse quantità.. il bicchiere è

la stessa quantità di quello che ha messo lì”

Come avevamo pensato, il

bicchiere è il primo oggetto

al quale i bambini pensano

per misurare l‟acqua, infatti

viene chiamato subito in

gioco.

Sonia, come molti altri

bambini, associa il concetto

di stessa quantità d‟acqua

all‟immagine di due recipienti

riempiti fino allo stesso

livello e questo accade perché

trascura le diverse

caratteristiche dei contenitori

… del resto anche se accenna

all‟uso del bicchiere, lo

considera non come unità di

misura che determina una

stessa quantità d‟acqua, ma

semplicemente come

strumento di cui si serve per

versare il liquido.

L‟uguaglianza delle quantità

continua a scaturire

dall‟uguaglianza dei livelli

che l‟acqua raggiunge nei

diversi recipienti.

C‟è una piccola discussione !!

Alle parole di Alessandro, Claudia aggiunge

immediatamente il suo pensiero: “Si, basta

prendere un bicchiere d‟acqua e metterlo nel primo

recipiente, poi un altro nell‟altro recipiente, così la

quantità è uguale, in tutti e due c’è un bicchiere

d’acqua.”

Flora leggendo la sua risposta al problema dice:

“Prendo una quantità d’acqua la faccio a metà e

una metà la mettiamo in un recipiente, l’altra

metà nell’altro”

Maestra: “E come fai a fare la metà ???”

Flora: “Se prendiamo ad esempio 2 litri d‟acqua,

un litro lo mettiamo in un contenitore, un altro nel

secondo contenitore”.

Maestra: “Ma noi non abbiamo né litri, né altro..

solo quei contenitori..Allora??”

Flora: “Allora non sono d‟accordo sul fatto di

guardare al livello, ma di prendere un‟unità di

misura che può essere o il bicchiere o il

cucchiaio.”

Interviene Luca: “Per fare questo esperimento tutti

e due i contenitori devono essere uguali, invece

quello è più stretto, quello è più largo”

Maestra: “Quindi questo esperimento non si può

fare, o non si può fare come ha detto Sonia?”

Luca: “Non si può fare!”

Maestra: “Allora non possiamo mettere due

quantità d‟acqua uguali nei due recipienti?”

Tutti rispondono: SI ma Luca non è convinto.

Parla Paola: “Secondo me dobbiamo prendere due

bicchieri uno piccolo per il contenitore piccolo,

uno grande per il contenitore grande”

In effetti la soluzione al

quesito è già stata detta, ma

anche la maestra lascia che

ognuno possa continuare ad

esprimere il proprio pensiero.

Dopo l‟attività, leggendo le

risposte che i bambini hanno

scritto individualmente, noto

che molti alunni ricorrono al

sistema di misurazione e

fanno le loro ipotesi

ragionando in termini di litri,

millilitri ecc …

Mi stupisce molto la

convinzione di Luca nel dire

che in due contenitori diversi

non può esserci la stessa

quantità d‟acqua.

Maestra: “E così tu pensi di ottenere la stessa

quantità d‟acqua nei contenitori.. vogliamo

provare???”

PAOLA VA ALLA CATTEDRA E DIMOSTRA

A TUTTI I SUOI COMPAGNI LA SUA

SOLUZIONE: mette in maniera alternata, un

bicchiere piccolo nel recipiente piccolo, e uno

grande nel recipiente grande … e lo fa per diverse

volte..

Qualcuno dice: “Ma bisogna fare tutto al

contrario!!! Il piccolo nel grande, il grande nel

piccolo.”

Dopo 5 volte Paola viene fermata dalla maestra …

Maestra: “Allora, a questo punto tu sei convinta

che c‟è la stessa quantità di acqua in questi due

contenitori?”

Paola: “No, dovrei riempirli fino alla fine.”

Maestra: “L‟esperimento tuo allora quando finisce

per dire che c‟è la stessa quantità d‟acqua?”

Paola: “Si devono riempire tutti.”

Maestra: “E allora che ragione c‟è di usare i due

bicchieri di diversa misura ???”

La maestra si rivolge alla classe e dice: “Voi che ne

pensate del pensiero di Paola?”

Umberto cerca di interpretare il pensiero della

compagna: “Paola voleva dire che se mettiamo il

La proposta di Paola

confonde un po‟ le idee a chi

non le aveva ancora chiare …

Forse Paola pensa che uguale

quantità corrisponda ad

uguale numero di bicchieri.

Del resto è bene specificare

che certe acquisizioni che per

noi sono di senso comune non

sono affatto scontate per chi

costruisce conoscenze. È

importante quindi far

bicchiere piccolo nel recipiente che è più stretto, e

il bicchiere grande nel recipiente più largo

otteniamo lo stesso livello.

DOMANDA CHIARIFICATRICE della maestra:

“Ma lo stesso livello secondo voi corrisponde alla

stessa quantità???”

Tutti : NOOOOOOOOO

Maestra: “ma a noi interessa misurare il livello??”

Tutti: Nooooooo

Maestra: “Allora io voglio capire se il metodo che

ha usato Paola ci serve per misurare la stessa

quantità?

E perché no?”

Luca non è convinto di questa cosa ed esprime

ancora una volta il suo pensiero: “Per me la stessa

quantità e lo stesso livello sono la stessa cosa”

Parla Irene e fa un ragionamento molto contorto,

quindi per farlo comprendere a tutti lo mostra alla

cattedra.

Comincia a versare un bicchiere nel primo

recipiente, poi un altro, riempito questa volta non

fino all‟orlo … così viene richiamata dai compagni

Irene versa due bicchieri pieni nel primo

recipiente, poi mette un dito al livello che l‟acqua

ha raggiunto e cerca di non toglierlo da quella

posizione. Poi versa l‟acqua da questo recipiente al

secondo “Così è sicuro che è la stessa acqua”.

Maestra: “Si, ma ora il primo recipiente è rimasto

vuoto?”

Irene: “Visto che non ho tolto il dito posso

rimettere l’acqua finche non raggiungo il livello

del dito un‟altra volta.”

emergere questi modelli

mentali dei bambini se si

vuole assumere la realtà come

origine della matematica.

I bambini sottolineano

l‟importanza di definire il

bicchiere come u.m. e di

riempirlo sempre più o meno

allo stesso modo, altrimenti

perde il suo valore.

La soluzione di Irene

incuriosisce ed entusiasma

tutti … sembra convincerli

più delle risposte date fino ad

ora.

Maestra: “Allora siete tutti convinti che nei due

recipienti c‟è la stessa quantità d‟acqua??”

SIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII

Irene: “… perché è proprio l‟acqua che ho prima

messo qua ad essere stata messa nel secondo

recipiente.. e poi non lasciando il dito ho visto che

occorrevano altri due bicchieri per raggiungere di

nuovo il livello.

Maestra: “E quindi cosa si potrebbe concludere?”

Claudia: “Io direi che a questo punto basta

mettere due bicchieri d’acqua da un lato e due

bicchieri d’acqua dall’altro, senza dover tenere

il segno con il dito.”

Detto questo lo mostra alla cattedra per convincere

i compagni.

Qualcuno dice: “Vedi il livello non è uguale però

la quantità è la stessa”

Qualcun‟altro: “Maestra facciamo finta che

questo bicchiere (il piccolo) è la metà di questo

(il grande)… se riempiamo un bicchiere grande

per intero e lo mettiamo nel primo recipiente, poi

ne dobbiamo riempire due di bicchieri piccoli e

metterli nell‟altro recipiente”

… la quantità d‟acqua è la stessa è solo un altro

modo per farlo!

E‟ il momento di Eufemia, che confonde ancora il

concetto di quantità con il livello d‟acqua dei due

recipienti, così si crea una breve discussione con

Claudia aveva già dall‟inizio

trovato la soluzione al

quesito, ma solo ora si fa

avanti per mostrarla ai

compagni … Aspetta il

momento giusto!!!

Questa ipotesi è davvero

interessante, perché va oltre

il discorso che si sta portando

avanti e vuole essere un

tentativo di trovare ancora

un‟altra soluzione al quesito.

Del resto si tratta di un

intervento che anticipa il

nucleo delle attività

successive che si vorrebbero

proporre ai ragazzi ovvero:

“una stessa quantità può

essere misurata con diverse

u.m. rappresentando così

numeri diversi”…. Vedo

invece che questo aspetto i

ragazzi già lo padroneggiano

ampiamente tanto da metterlo

loro stessi in campo.

Alessandro, convinto invece dell‟idea opposta:“E‟

giusto mettere il segno e guardare al livello con i

recipienti uguali, ma con quelli diversi no”

Martina poi vuole dimostrare che se nei due

recipienti si mette l’acqua allo stesso livello, e poi

si misura ciascuna quantità con i bicchieri si

vede che esse sono diverse pur essendo uguali i

livelli. E si fa la sperimentazione: un recipiente

conta 4 bicchieri e mezzo, l‟altro 7 bicchieri.

Claudia:“Visto che il problema è che i due

recipienti sono diversi, allora mettiamo 2 bicchieri

nel primo recipiente, due nel secondo. La quantità

è la stessa, ma il livello no. Poi prendiamo un

terzo recipiente vuoto, uguale al primo e

versiamoci dentro l’acqua che sta nel secondo

… così se l‟acqua è la stessa ora anche il livello

dovrà essere lo stesso.”

Maestra: “Vi ha convinto Claudia?”

SIIIIIIIIIIIII

Maestra:“E allora come possiamo dire che abbiamo

fatto a misurare la stessa quantità di acqua?”

Abbiamo preso il bicchiere come unità di misura

…. Abbiamo riempito così i due recipienti di una

stessa quantità però non allo stesso livello.

Concludendo la maestra dice: “COME SI FA A

METTERE LA STESSA QUANTITA‟ D‟ACQUA

IN DUE CONTENITORI DIVERSI?”

Tutti:

Bisogna prendere un’unità di misura ..

La proposta di Martina è

stata davvero utile e ha

convinto la maggior parte dei

ragazzi

Claudia in effetti vuole fare

anche la prova, vuole cioè

dimostrare a tutti che il suo

ragionamento è giusto.

In effetti la maggior parte dei

bambini sembra convincersi

solo in termini di verifica.

L‟argomentazione che pure

talvolta viene proposta, ha

poco successo.

Bisogna prendere un bicchiere d’acqua e metterlo

una volta là una volta qua … con quantità stessa e

livello diverso.

Oppure mettere uno grande da una parte e 2

piccoli dall’altra.. o anche 2 grandi e 4 piccoli …

A questo punto il lavoro ritorna ad essere

individuale … infatti l‟insegnante chiede a tutti di

scrivere sul proprio foglio la soluzione raggiunta

durante la discussione e di rappresentarla con un

disegno. In un secondo momento viene fatta

un‟altra richiesta: Provate a scrivere con simboli,

numeri … che la quantità di acqua dei due

contenitori è uguale …

Alla scrittura in lingua italiana, si aggiunge quindi, la rappresentazione attraverso un

disegno ed, infine, l‟utilizzo di un linguaggio simbolico che rappresenta in effetti una

spinta ad una prima formalizzazione. Guardando i lavori dei ragazzi ho notato che i

primi disegna fatti (più o meno da tutti) non sono affatto utili alla risoluzione del

quesito ma sono semplicemente “decorativi”. I disegni realizzati invece, su richiesta,

successivamente alla discussione, sono davvero interessanti, in quanto contengono

elementi che esplicitano chiaramente la soluzione trovata (ad esempio evidenziano che

la diversa forma dei recipienti comporta un diverso livello raggiunto dall‟acqua pur

essendovi all‟interno una stessa quantità. Ecc … )

… ovviamente continuano ad esserci disegni che non forniscono alcuna informazione .

Primi tentativi di simbolizzazione:

la scelta delle lettere per indicare gli oggetti con i quali si sta lavorando è spesso

l‟iniziale dell‟oggetto ( B = bicchiere; CL = contenitore largo, CS = contenitore

stretto … ), quindi non vuol essere una forma di generalizzazione, solo in un caso i

contenitori sono stati chiamati “a” e “b” ;

in due casi c‟è stata l‟esigenza di indicare con un simbolo “N=” il “ non uguale”;

alcuni utilizzano l‟espressione “2b+C=2b+C” con il segno di addizione, altri

utilizzano la moltiplicazione “2b x C + 2b x C = stessa quantità d‟acqua”, un

alunno scrive “bx2 +C”, un altro “2C=4B” … (b=bicchiere, c=contenitore).

Conclusioni:

I ragazzi si sono mostrati coinvolti, attenti e concentrati per ragionare sul problema. La

guida dell‟insegnante ha rappresentato un momento sostanziale per evitare il rischio di

allontanarsi troppo dal nucleo del tema, ed ovviamente l‟intuizione, la spigliatezza di

qualcuno è stata fondamentale per portare avanti la discussione … altrettanto

interessante è stato vedere alcuni alunni intenti a spiegare e convincere i compagni

incerti. Mi aspettavo che la soluzione al quesito fosse più immediata per tutti, invece ho

avuto prova della singolarità dei tempi di apprendimento di ogni individuo. È stata

davvero efficace la predisposizione della cattedra come tavolo di sperimentazione, che

ha offerto la possibilità a ciascun bambino di mostrare chiaramente a tutti il proprio

pensiero in termini di “azione” (per usare il linguaggio di Bruner), la propria ipotesi

risolutiva, anche quando era contorta nell‟esposizione orale. In definitiva il lavoro

risulta interessante perché cerca di dare un significato algebrico all‟uguale e perché,

diversamente dalla volta precedente, l‟uguaglianza questa volta viene rintracciata in

qualcosa che non si vede ( il numero, la misura ) ma che si deve costruire e immaginare.

TERZO LAVORO

Quantità diverse da misurare ed eguagliare

Attività 4, giorno 29 Aprile 2010

Consegna:

CI SONO DUE CONTENITORI DELLA STESSA FORMA RIEMPITI CON

DIVERSE QUANTITÀ D‟ACQUA CHE DEVONO ESSERE MISURATE. COME

BISOGNA FARE? COME FARE, INOLTRE PER RENDERLE UGUALI?

Codifiche:

Il problema è stato sottoposto a 16 alunni della classe 5C. Tutti hanno partecipato con

interesse, facendo interventi abbastanza pertinenti e significativi.

Riflessioni iniziali:

Il quesito di oggi si pone in continuità sia con il precedente lavoro di misurazione (che

richiedeva di versare la stessa quantità d‟acqua in due contenitori di forma diversa) sia

con il primo (che focalizzava l‟attenzione sulle trasformazioni di quantità per ottenere

uguaglianze: A-D=B e B+D=A). Precisamente la presente attività vuole richiamare in

gioco il processo di misurazione come operazione che necessita la scelta di un‟unità di

misura e soprattutto far ripercorrere e riutilizzare agli alunni formule precedentemente

scoperte ragionando esclusivamente su quantità indefinite, questa volta con i numeri.

Per quanto concerne quest‟ultimo aspetto, si suppone che l‟introduzione dei numeri si

mostri alquanto semplice ed immediata, soprattutto se paragonata al complesso lavoro

di riflessione svolto senza numeri precedentemente. Inoltre, ci si aspetta che gli alunni

propongano spontaneamente la rappresentazione con i segmenti.

Descrizione dell’attività:

Dopo aver posizionato i contenitori riempiti d‟acqua sulla cattedra è stata esposta

oralmente dalla docente la richiesta di misurare le due diverse quantità ed

immediatamente …

(In rosso scrivo qualche commento)

Giovanni propone di utilizzare il bicchiere come

unità di misura, per poter affermare “La quantità in

questo contenitore misura ad esempio 15

bicchieri!”.

La prima proposta che viene

fatta richiama l‟utilizzo del

bicchiere come unità di

misura, proprio come è stato

sperimentato durante la

scorsa attività …

Alessandro però non comprende a pieno la

richiesta e dice: “Maestra ma misurare per me è

con i litri …”

Flora: “Maestra ma si potrebbe utilizzare anche il

contenitore come unità di misura.

Maestra: “Certo!”

Flora: “.. e in questo caso si potrebbe dire che il

contenitore (chiamiamolo A) contiene 2/3

d’acqua.”

Maestra: “E perché proprio 2/3?”

Flora continua: “Perché se noi consideriamo che il

contenitore pieno è l‟intero e lo dividiamo in tre

parti, quest‟acqua occupa due terzi. Quindi potrei

dire che quest‟acqua misura più o meno i due terzi

del contenitore.”

Maestra: “E se dovessi dirlo del secondo

contenitore?”

Flora: .. maestra direi 1/3 e un pochino (parola

suscita il sorriso in tutti i compagni).”

Così Flora dice: “Allora secondo me si può fare

come ho detto io, ma è meglio con il bicchiere …

Perché la mia misura non sarebbe troppo precisa,

invece con il bicchiere che posso riempirlo sempre

con la stessa quantità, sarei più precisa.”

Maestra: “Voi cosa pensate?”

La maggior parte dei ragazzi preferisce la proposta

di Giovanni a quella di Flora.

Maestra: “Noi abbiamo bisogno di sapere

esattamente la quantità d‟acqua che sta in questi

due contenitori, così nel caso in cui dovessimo

svuotarli, in un secondo momento potremmo

riempirli allo stesso modo … oppure questa

informazione mi potrebbe servire per conoscere la

quantità d‟acqua necessaria per rendere i

contenitori riempiti allo stesso modo.”

Quella di Flora la trovo

un‟affermazione geniale che

dimostra perfettamente

l‟utilità dei numeri razionali

per esprimere rapporti. Forse

non abbiamo valorizzato

adeguatamente la proposta

perché per noi la gestione del

numero razionale come

numero che serve per contare

e fare operazioni è meno

immediata.

Luca: “Io sono d‟accordo a misurare con i bicchieri

… ma se viene ad esempio 8 bicchieri e un poco

così … si potrebbe dire : 8 bicchieri e 1/4”

Alcuni invece propongono di arrotondare per

eccesso e considerare 9 bicchieri, altri per difetto e

dire 7 bicchieri soltanto.

Claudia: “Maestra usare i bicchieri per me va bene,

possiamo usare quelli grandi, quelli piccoli, la

bottiglina, il contenitore.. lo strumento ce lo

costruiamo noi … però la vera misura

dell’acqua è il LITRO.”

Maestra: “Perché qual è la differenza di dirlo in

bicchieri piuttosto che in litri?”

Flora: “Non c‟è .. perché come il litro è un‟unità di

misura così lo è anche il bicchiere.”

Maestra: “Siamo d‟accordo ad utilizzare il

bicchiere per misurare queste due quantità?”

SIIIIIIIII

“Facciamolo.”

Viene chiamato Giovanni ad effettuare la

misurazione alla cattedra ma prima di cominciare

la maestra sottolinea:

“Mettiamoci d‟accordo però fino a che livello il

bicchiere deve essere riempito per tutte le volte,

altrimenti la nostra unità di misura non resta

sempre la stessa.”

Giovanni propone di riempire il bicchiere fino alle

linee che rigano la superficie dell‟oggetto e tutti

concordano.

Si comincia dal contenitore più riempito e si

contano 14 bicchieri … ma manca ancora un po‟

d‟acqua. Giovanni, anche su suggerimento dei

compagni, prende un bicchiere piccolo e lo riempie

con la restante acqua...

Alla lavagna viene scritto:

A=14 bicchGrand(B.G)+1piccolo(B.P)

Si continua con la seconda misurazione e si

contano 6 bicchieri grandi più uno piccolo.

B=6bicch grand(B.G)+1piccolo(B.P)

Luca a questo punto dice: “Maestra possiamo dire

allora 6 bicchieri più mezzo.” … ma risponde

Giuseppe dicendo che non è corretto dire “la metà”

poiché noi non sappiamo precisamente quante

volte il bicchiere grande contiene quello piccolo.

A questo punto i bambini vengono invitati a

raccontare quello che hanno svolto, sul foglio

bianco distribuito ad inizio lezione.

Si richiede prima una descrizione in lingua italiana

poi una rappresentazione attraverso il disegno.

Inoltre si chiede di scrivere l’uguaglianza trovata

con la misurazione e in un secondo momento tutte

le formule che vengono in mente a partire dai dati

scritti.

A ciò si aggiunge la richiesta di TROVARE IL

MODO PER FAR DIVENTARE IL

CONTENITORE A UGUALE “A” QUELLO “B”

E VICEVERSA.

Giuseppe esclama: “Maestra non ci vuole niente

…” .. oppure si sente chi dice: “ormai lo abbiamo

già visto l‟altra volta, facilissimo!!!”

Claudia: “Con i bicchieri Facile” ….

I bambini vengono lasciati per 10 minuti a

lavorare, ma continuano ad esserci frequenti

richieste di spiegazioni e chiarimenti, così per

rinfrescare la memoria a tutti, viene fatta una breve

sintesi delle scoperte sintetizzate nelle seguenti

formule

Ritorna spesso la curiosità,

l‟esigenza di conoscere il

rapporto tra la quantità

d‟acqua contenuta in un

bicchiere grande e quella in

uno piccolo, e ciò risponde

chiaramente al percorso di

Davydov.

Con quest‟ultima richiesta si

stanno semplicemente

introducendo i numeri

all‟interno dell‟operazione

fatta la prima lezione con le

quantità indefinite A C e D .

In verità non tutti riescono a

rispondere a quest‟ultima

richiesta, alla quale infatti

sarà dedicato molto tempo

durante la successiva

discussione collettiva.

A + D = B (per rendere A uguale a B bisogna

togliere dell‟acqua)

B – D = A (per rendere B uguale ad A bisogna

aggiungere dell‟acqua)

D = A-B tale quantità è proprio la differenza

d‟acqua tra A e B.

Alla lavagna viene chiamato Giuseppe e poi

Maddalena per rappresentare con un disegno la

situazione appena descritta e scrivere le relative

formule .

Maddalena disegna …

A B

E scrive A-B=X.

Maestra: “OK … ma ora che conosciamo i valori

delle quantità A e B, che abbiamo trovato con i

bicchieri, come facciamo a trovare la X?”

Maddalena: “Maestra, poiché 14 bicchieri sono la

A, 6 bicchieri sono la B , la X sarà 8 bicchieri.”

14 – 6= 8

Maestra: “E i bicchieri piccoli non li avete proprio

considerati?”

Molti dicono … “stanno sia di qua che di la

quindi è come se non ci fossero.”

Giuseppe invece scrive:

Il passaggio all‟uguaglianza

continua ad essere un

concetto alquanto complesso

e, sebbene esso è stato

ampiamente approfondito e

condiviso durante le attività

precedenti, necessita di

ulteriori chiarimenti e

precisazioni.

Del resto mi aspettavo che

l‟utilizzo dei numeri al posto

delle lettere fosse molto più

immediato di quanto invece

si è rivelato.

Quasi tutti gli alunni quando

nella formula sostituiscono le

lettere con i numeri,

omettono la scrittura dei

bicchieri piccoli e non

utilizzano le parentesi … ciò

inizialmente facilita i calcoli

+1b.p +1b.p

14 B.G - 6 B.G = 8 B.G+ 2b.p

Nessuno è d‟accordo !!!

A questo punto Flora espone la sua proposta:

“Maestra io ho trovato il numero dei bicchieri

grandi utilizzati in totale nella A e nella B.. e mi

trovo che sono 20. Ora se noi dividiamo questi

bicchieri vediamo che devono essere 10 per un

contenitore e 10 per un altro, quindi i 4 bicchieri in

più del contenitore A devono essere messi in quello

B.”

Maestra: “Ho compreso quello che tu stai dicendo,

può essere una soluzione ma dobbiamo cercarne

altre.”

Viene data la parola Claudia che espone e mostra la

sua rappresentazione alla lavagna.

“Io ho 14 bicchieri grandi più 1 piccolo e li disegno

… poi con una sbarra sottraggo i 6 grandi e quello

piccolo della B:

… così ottengo la X che è 8 bicchieri grandi.”

Maestra: “Chiaro a tutti?

Questo è in effetti quello che all‟inizio aveva detto

Maddalena .. tant‟è vero che lei non li aveva messi

proprio i piccolini, dicendo io ce l‟ho di qua ce l‟ho

di là tanto vale non lo considero...

Ora questi 8 bicchieri che avete trovato a cosa mi

servono, in che modo mi consentono di ottenere

l’uguaglianza?”

e fa giungere

immediatamente al valore

della X=8B.G,ma dopo

disorienta.

Umberto: “Sono i bicchieri che ti sei trovata per far

diventare A uguale a B”.

Claudia continuando a ragionare sulla sua

rappresentazione dice: “A questo punto, trovata la

X, si dovrebbe fare 14 meno questi 8, per far

diventare la A come la B … e ritornando al

disegno, visto che 6 sono già sbarrati basta

sbarrarne altri 2 per ottenere la B …. Ma maestra,

non mi trovo!!! … perché la B non è solo 6

bicchieri grandi, ma contiene anche un bicchiere

piccolo … che io non ho più!!!”

La maestra invita Claudia a scrivere le operazioni

che compie.

L‟alunna scrive..

14 – (14-6) = …

14 – 8 = 6 … e questa non è la B !

Maestra: “Allora facciamo così .. proviamo a

scrivere i numeri accanto al disegno che ha fatto

all‟inizio Maddalena …”

Umberto scrive …

8B.G

?? e qui ??

A=14+1p. B=6+1p.

… guardando attentamente il disegno Umberto si

rende conto che sotto la X c’è la B, ma tutti

continuano a dire che ci sono solo 6 bicchieri

grandi, quello piccolo non viene riconosciuto.

Maestra: “Ma nel primo contenitore c‟era la A? E

L‟errore di Claudia sta nel

fatto che la seconda

operazione, ovvero A-D=B la

effettua sulla

rappresentazione su cui già

ha operato. Del resto l‟alunna

dimostra una volontà di

controllo del suo

ragionamento.

Continua a mancare la

scrittura esplicita del

bicchierino che chiarirebbe

ogni ambiguità.

quanto era?”

Umberto: “SI… 14 bicchieri !!”

Maestra; “… e basta??”

Umberto: “AH, dimentichiamo il bicchiere piccolo

… quindi qui ce ne sono 6 grandi e 1 piccolo.”

Maestra: “Allora se dobbiamo scrivere l‟equazione

cosa scriviamo per dire che A è uguale a B?

Provate a farlo sul vostro foglio.. Ora però

ascoltiamo questi due vostri compagni che

vogliono mostrarci quello che hanno elaborato.”

Simone e Simone scrivono alla lavagna la seguente

uguaglianza … dicendo “… Noi abbiamo fatto

l‟equazione prima con i numeri e poi con le lettere”

B+B+ 2Bicc.Gr.+1piccolo = A

Le prime due B sono i contenitori, quindi è come

se facessimo 6 bicchieri + 6 bicchieri sono 12, + 2

sono 14 e con il bicchierino fanno la A.”

Claudia risponde: “Ma dovete scrivere meno 1

bicchiere piccolo … perché nel contenitore B non

avete considerato i bicchieri piccoli. Infatti 6+6 con

2piccoli delle B fa 12 e 2 piccoli, ci aggiungiamo 2

bicchieri grandi e fa 14 con 2 piccoli … infine

bisogna fare tutto meno 1 piccolo per trovarci la

A.”

Simone alle parole di Claudia, che non ha ancora

compreso, cancella +1piccolo…

… quindi la loro equazione corretta diventa …

B+B+ 2Bicc.Gr.-1piccolo =

14 grandi + 1 piccolo …. Ovvero A.

L‟insegnante suggerisce di concordare una nuova

scrittura … ed utilizzare per comodità numeri con

la virgola, dove le cifre prima della virgola

Claudia individua

immediatamente l‟errore dei

compagni e prova a

convincerli.

indicano bicchieri grandi … le cifre dopo la virgola

indicano bicchieri piccoli … Così per dire 6

bicchieri grandi ed 1 piccolo possiamo scrivere

direttamente…6,1 …

Alla lavagna l‟equazione diventa:

6,1+6,1+2-0,1=14,1

Giuseppe non è convinto di questa scrittura e dice:

“non è proprio vero che 1 bicchierino è 0,1…

perché così stai dicendo che il bicchierino è 10

volte più piccolo del bicchiere grande …”

Maestra: “Ma quello che dici tu vale nel sistema

metrico decimale.. noi ora lo abbiamo inventato e

abbiamo concordato questo significato dell‟uso

della virgola.”

Maestra è …………………………….

un sistema metrico-bicchiere!!!

A questo punto viene fatto un lavoro di

ricapitolazione e di riflessione sulle attività fin qui

svolte.

Così in collaborazione con gli alunni, vengono

riscritte alla lavagna le equazioni con le lettere e in

corrispondenza quelle con i numeri …

A=14B+1p

B=6B+1p

X=8B

(14B+1p)-8=6B+1p

(6B+1p)+8=14B+1p

Alessandro, spontaneamente, prova ad utilizzare i segmenti per rappresentare le

uguaglianze di volta in volta trovate, così insiste per mostrare alla lavagna il suo

disegno.

La prima rappresentazione di Alessandro mi stupisce, ovvero mi aspettavo che l‟alunno

utilizzasse direttamente un unico segmento diviso in 14 parti (bicchieri grandi) più una

parte più piccola (bicchierino) rappresentante la quantità A, all‟interno del quale

differenziare la quantità B, composta da 6 bicchieri grandi e uno piccolo … e la quantità

X uguale ad 8 bicchieri grandi. Si tratta in effetti della rappresentazione alla quale i

bambini sono approdati in una recente lezione per rappresentare le quantità indefinite A

, C e D …

Evidentemente Alessandro aveva condiviso solo formalmente la rappresentazione, ma

non se ne era appropriato, inoltre è interessante il fatto che egli utilizza il disegno per

spiegare il ragionamento (infatti determina la B avendo già desunto la X) e nel suo

disegno pone un misto di discreto e continuo.

Soltanto in seguito ad una serie di suggerimenti

Alessandro, aiutato anche dai compagni da posto

disegna un unico segmento diviso in 14 parti con

alla fine una parte più piccola delle altre

rappresentante il bicchierino … e afferma:

“Questa è la quantità A che è 14 bicchieri grandi

più 1piccolo”

L‟insegnante pone domande stimolo:

“Ora, la B e la X dove sono? Le possiamo vedere

nella A?”

Si….

Maestra: “E vogliamo provare ad individuarle?”

Alessandro conta 6 parti e dice che quella è la B,

poi le restanti parti sono la X.

Maestra: “Allora, la B è solo 6 bicchieri grandi?”

Da posto alcuni dicono: “Maestra manca il

bicchierino!!!”

Maestra: “E come facciamo per far capire che la

quantità B contiene anche il bicchiere piccolo?”

La prima cosa che fa Alessandro è provare a

tracciare un arco sulle prime 6 parti del segmento

per evidenziare la B … ma poi quando deve

considerare anche il bicchierino si trova in

difficoltà ed ha l‟esigenza di spostare il segmento

piccolo che si trovava alla fine della linea … Così

lo cancella da lì e lo disegna dopo le prime 6 parti.

Il bicchiere piccolo continua

ad essere un elemento

interessante da valutare per

verificare l‟uso efficace della

rappresentazione.

Maestra: “Ora facciamo vedere quindi con un arco

dove sono la B e la X.”

Alessandro realizza il seguente disegno definitivo

con l‟aiuto anche di Emanuele, che intanto è stato

chiamato alla lavagna …

Davvero interessante è l‟esclamazione di Flora:

“Maestra ma il segmento piccolino del bicchiere

piccolo lo posso mettere ovunque, … alla fine, al

centro, all’inizio …. Tanto è sempre la stessa

cosa!!! ”

Dopo una breve ricapitolazione del lavoro svolto, e

dopo aver mostrato ulteriormente la

rappresentazione di Alessandro alla classe,

l‟insegnante propone a tutti di riprodurre il disegno

sul proprio foglio.

Straordinaria l‟esclamazione

di Flora!

Conclusioni:

L‟attività era stata progettata per rafforzare l‟idea di equivalenza attraverso l‟uso di

diverse unità di misura ma ha dato vita ad un lavoro molto più ricco di quanto previsto,

in particolare l‟uso del bicchierino (che non era stato previsto) ha dato avvio a diverse

riflessioni, anche se solo intuite, davvero interessanti relative all‟uso di multipli e

sottomultipli delle unità di misura; alla proprietà invariantiva della sottrazione; al

principio di equivalenza …

Per quanto riguarda la rappresentazione, guardando i disegni svolti dai bambini dopo

aver partecipato alla costruzione della rappresentazione finale di Alessandro, avvenuta

alla lavagna, noto ancora la presenza di disegni poco chiari e poco convincenti. Alcuni

infatti, riportano sul proprio foglio il disegno fatto alla lavagna addirittura incompleto o

sbagliato … ad esempio:

- le parti che compongono il segmento A non sono 14 + 1piccolo, ma di meno e di

conseguenza non sono esatte neppure la B e la X;

- l‟arco che evidenzia la quantità B non è 6 parti + 1piccolo, ma quest‟ultimo

pezzettino resta alla fine del segmento A escluso dalla B;

- talvolta nella rappresentazione non compare il bicchierino;

Del resto non mancano altrettante rappresentazioni chiare ed precise che dimostrano una

piena comprensione del significato sotteso al disegno e delle uguaglianze in esso

rappresentate.

L‟esigenza che nasce però dall‟analisi del lavoro dei bambini, è quella di approfondire

le modalità di rappresentazione utilizzate dagli alunni per descrivere un‟uguaglianza …

e sarà questo l‟obiettivo della prossima attività.

QUARTO LAVORO

Stessa quantità con bicchieri grandi e bicchieri piccoli

Attività 5 e 6, giorni 30 Aprile/ 7 Maggio 2010

Consegna:

CI SONO DUE CONTENITORI VUOTI DELLA STESSA FORMA. IN ESSI

BISOGNA VERSARE LA STESSA QUANTITA‟ D‟ACQUA UTILIZZANDO

COME UNITÀ DI MISURA DUE STRUMENTI DIVERSI: PER UN

CONTENITORE IL BICCHIERE GRANDE, PER L‟ALTRO IL BICCHIERE

PICCOLO.

Codifiche:

Il problema è stato sottoposto a 16 alunni della classe 5C. Tutti hanno partecipato con

interesse, facendo interventi abbastanza pertinenti e significativi.

Riflessioni iniziali:

Dopo un‟attenta lettura dei lavori realizzati dai ragazzi al termine della precedente

lezione, si rileva ancora una forte difficoltà nell‟utilizzo di una rappresentazione

significativa delle uguaglianze individuate trasformando le quantità, pertanto si ritiene

necessario:

- proporre un‟ulteriore attività di misurazione dell‟acqua, richiamando molto il

secondo lavoro (versare la stessa quantità in due recipienti diversi);

- riflettere sull‟uguaglianza esistente tra due quantità che in recipienti di forma

uguale raggiungono lo stesso livello, ma misurano diversamente per l‟unità di

misura utilizzata;

- e soprattutto focalizzare l‟attenzione ancora una volta sulla rappresentazione, su

un modo efficace, immediato, chiaro per esprimere le operazioni compiute.

La proposta di oggi nasce in sostanza, dall’esigenza di approfondire le modalità di

rappresentazione utilizzate dai bambini per descrivere un’uguaglianza.

Da tale lavoro potrebbe emergere anche il rapporto esistente tra il bicchiere grande e

quello piccolo e ciò, in effetti, consentirebbe di aprire la strada al problema del

bottiglione, che si intenderà proporre in seguito.

Descrizione dell’attività:

Dopo aver posizionato i due contenitori vuoti sulla cattedra, con accanto un recipiente

dal quale poter prendere l‟acqua, e i due strumenti di misurazione, bicchiere grande e

piccolo … ho esposto oralmente alla classe la richiesta di versare la stessa quantità

d‟acqua nei contenitori usando però per uno il bicchiere grande, per l‟altro il bicchiere

piccolo … (In rosso scrivo qualche commento)

Umberto si propone per svolgere alla cattedra il

lavoro di riempimento dei contenitori e ancor prima

di cominciare si stabilisce che i bicchieri (sia quello

grande che quello piccolo) devono essere riempiti

fino alle ultime linee che rigano la superficie

dell‟oggetto in plastica.

Subito Claudia alza la mano e dice: “Maestra ma

non dobbiamo prima vedere quante volte il

bicchiere piccolo entra in quello grande?”

Detto questo, l‟insegnante fa scrivere sul foglio a

tutti, la domanda di Claudia e la discussione si

incentra su tale questione: è necessario trovare

prima la relazione che dice la compagna o si può

svolgere l’attività lo stesso?

Molti rispondono SI, è necessario !!!

Irene aggiunge: “Si maestra perché se noi facciamo

La proposta di Claudia è

davvero interessante in

quanto dimostra già

l‟avvenuta comprensione

dell‟elemento di incognita

che sarebbe stato chiesto in

un secondo momento, ovvero

il rapporto esistente tra le due

unità di misura. Ella anticipa

di molto le nostre previsioni e

si fa stimolo importante per

tutti i suoi compagni.

che due bicchieri piccoli fanno quello grande … ne

metto 2 grandi da un lato e 4 piccoli dall‟altro.”

Luca: “Si”

Umberto: “Anche per me, si, infatti se da un lato

mettiamo 7 bicchieri grandi, dall‟altro lato

dobbiamo metterne 14.”

Maestra: “E se quest‟operazione che tu dici la

facciamo dopo? Se prima versiamo l‟acqua in

entrambi i contenitori?”

Claudia: “Si ma se poi di qua ne sono 7 bisogna

vedere se di la ce ne sono 14.”

Maestra: “Nessuno di voi mi dice … se si può fare

il compito in un altro modo?”

Flora: “Si maestra, perché se noi mettiamo dei

bicchieri grandi nel primo contenitore e li

contiamo, nel secondo contenitore possiamo

guardare al livello, raggiungiamo lo stesso livello

contando questa volta i bicchieri piccoli. Essendo i

contenitori uguali si può guardare al livello per

dire che è la stessa quantità”

Simone è invitato a ripetere quello che ha detto

Flora: “Maestra basta riempire ad occhio, guardare

il livello. Anche se non prendiamo le misure del

piccolo nel grande metto prima un certo livello a

quel contenitore e poi raggiungo lo stesso in

quell‟altro contenitore.”

Claudia: “Si maestra si può fare così, ma è per

essere più precisi ce facciamo come ho detto io.”

Sono usciti due modi per operare e rispondere al

quesito e si stimolano gli alunni a ripeterli per

comprenderne il significato, anche perché in

seguito saranno chiamati a rappresentarli :

- uno è quello di vedere quanti bicchieri piccoli

vanno in uno grande e poi versare l‟acqua nel

primo recipiente, calcolare quanti piccoli

occorrono per fare la stessa quantità e così

Ecco esattamente la

procedura di riempimento che

si aggiunge a quella di

Claudia, ma che non convince

tanto i ragazzi e che noi non

avevamo previsto fosse

messa in gioco.

riempire il secondo contenitore.

L‟altro è quello di guardare al livello raggiunto nei

contenitori che sono della stessa forma ….

Alessandro: “Maestra ma quando tu guardi al

livello, alla fine te li conti lo stesso i bicchieri!”

Flora: “Maestra ma quando io conto i bicchieri

grandi che ho messo di qua e poi quelli piccoli

che ho messo di la , mi faccio il conto e posso

vedere lo stesso che i piccoli sono la metà del

grande. Il fatto di vedere quanti piccoli vanno nel

grande, si può fare anche dopo.”

Giuseppe: “Maestra per me è la stessa cosa se

facciamo in un modo o nell‟altro … infatti in un

caso conti 3 bicchieri grandi in un contenitore,

calcoli quanti piccoli ce ne vogliono di la e li metti

nel secondo contenitore, oppure metti i bicchieri

grandi di qua, raggiungi lo stesso livello di la conti

i bicchierini che ci sono voluti e vedi quanti

bicchierini piccoli vale quello grande.”

Umberto: “Secondo me quello che hanno detto

Claudia e Flora sono la stessa cosa …

Maestra: “E‟ la stessa cosa come quando diciamo

che 5+3 è uguale a 3+5 sempre 8 fa.. E‟ la stessa

cosa, ma non è proprio la stessa cosa.”

Umberto: “… hai ragione.. infatti è come se

Claudia vedesse prima che 1 (b.grandi)=

2(b.piccoli), mentre Flora vedesse 7=14.”

Maestra: “Però ora dobbiamo fare una scelta,

dobbiamo operare in un solo modo. Quale

scegliete?”

La maggioranza dice di cominciare dalla proposta

di Claudia e si inizia a scoprire quanti bicchieri

piccoli entrano in quello grande.

Intuizione davvero

interessante!!!

Anche Giuseppe sembra

essere convincente.

È sempre sorprendente

notare come da attività che

sembrano banali (ma i ragazzi

non le hanno mai percepite

come tali) possano scaturire

riflessioni così significative.

Nella nostra ipotesi di ricerca

avevamo previsto, attraverso

queste attività, di riscoprire

alcune strutture e regolarità.

Davvero interessante

l‟affermazione di Umberto.

Umberto compie l‟operazione e si stabilisce che il bicchierino piccolo, fino alle righe,

entra 3 volte in quello grande, ma non riempiendolo fino all‟orlo, un po‟ sotto alla

rigatura finale della sua superficie. Per essere più precisi si decide di metter un segno al

bicchiere grande. Stabilita l‟uguaglianza 3b=1B si comincia a riempire il primo

contenitore utilizzando il bicchiere grande come unità di misura. La quantità che si

versata è 6 bicchieri grandi. Poi si versano 18 bicchieri piccoli nel secondo

contenitore … e si verifica anche che il livello raggiunto dall‟acqua è più o meno lo

stesso del primo recipiente.

Terminato il lavoro di misurazione viene data ai bambini una nuova consegna:

RAPPRESENTARE con il disegno la situazione che è stata creata, utilizzando una

rappresentazione opportuna, efficace … che fornisca una serie di informazioni: la

quantità nei contenitori è la stessa, ma l’unità di misura con cui è stata misurata nei

due contenitori è diversa .

Flora: “Maestra qui c’è qualcosa che è uguale e che allo stesso tempo non è

uguale.”

Emanuele: “E‟ come se c‟è qualcosa che sembra uguale ma poi non è uguale … noi

abbiamo usato 6 bicchieri grandi per il contenitore A e 18 bicchieri piccoli per il

contenitore B.”

Maestra: “Cos‟è che vedi uguale e cosa no?”

….Si lascia del tempo per disegnare una rappresentazione efficace a descrivere la

situazione creata.

Guardando le rappresentazioni fatte dai bambini, si nota la presenza di alcuni lavori

davvero efficaci, sintetici, contenenti tutte le informazioni delle operazioni svolte in

classe, altri maggiormente decorativi, poco significativi e rivolti a rappresentare la

successione temporale del lavoro svolto in classe. Del resto la rappresentazione in

sequenza è una rappresentazione di tipo procedurale che generalmente è precedente alla

rappresentazione di tipo strutturale in cui l‟elemento di successione temporale è in

qualche maniera sintetizzato nella struttura.

Segue una fase di condivisione e discussione sulle diverse rappresentazioni realizzate

scannerizzandole e proiettandole con un videoproiettore per garantire a tutti di osservare

i lavori realizzati, analizzarli e riflettere sulla loro validità. Ciò consente un significativo

ingrandimento dei disegni e soprattutto un fondamentale distanziamento del soggetto

dal proprio disegno, in modo da creare un importante momento di osservazione, analisi

e riflessione sulle diverse modalità rappresentative. Lo scopo di tale attività, però, non è

legato alla scelta della rappresentazione migliore tra tutte, piuttosto è quello di far

riflettere i ragazzi, in maniera critica e consapevole, sull‟efficacia delle diverse

rappresentazioni. In particolare sarà condotta una discussione per individuare “cosa si

capisce e cosa non si capisce da ciascun disegno” , avendo chiaro il fatto che “la

rappresentazione, nel nostro caso specifico, ha lo scopo di comunicare che le due

quantità, versate nei due contenitori, sono equivalenti, ma non uguali poiché sono il

risultato di due operazioni diverse, conseguenti all’utilizzo di due unità di misura

diverse.”

Descrizione dell’attività:

Dopo aver portato gli alunni nel laboratorio d‟informatica della scuola, è stato spiegato

chiaramente lo scopo della visione che di lì a poco avrebbe avuto inizio.

In particolare sono stati sottolineati gli elementi, le caratteristiche che bisognava

rintracciate all‟interno di ciascuna rappresentazione per riflettere sulla sua efficacia

comunicativa e validità risolutiva: “dalla rappresentazione si deve evincere che ci sono

due quantità d’acqua uguali, ottenute però utilizzando una volta 6 bicchieri grandi, una

volta 18 bicchieri piccoli, e pertanto, 1 bicchiere grande vale quanto 3 bicchieri

piccoli.” Dopo una prima carrellata veloce di tutti i disegni … effettuata per fornire una

visione d‟insieme del lavoro da compiere, sono stati mostrati singolarmente i lavori

degli alunni e a ciascuno è stato dedicato un significativo tempo di riflessione e

discussione. Il nostro intento è duplice: da un lato si vuole condurre gli alunni verso

rappresentazioni sempre più sintetiche ed efficaci; dall‟altro si vuole verificare se la

SMAS viene riproposta e condivisa.

1° DISEGNO

Secondo i ragazzi, dall‟osservazione di questo disegno non si capiscono molto le

informazioni che dovevano essere comunicate. Precisamente le affermazioni sono

del tipo:

Flora: “Maestra io non capisco bene quanti bicchieri piccoli servono per arrivare a

quello grande ”

Claudia: “Io capisco solo che i contenitori A e B hanno la stessa quantità d‟acqua”

Luca: “Per me si capisce, perché si vede che i due contenitori hanno la stessa

quantità d‟acqua, poi ha disegnato che un contenitore contiene 6 bicchieri grandi e

l‟altro 18 piccoli”

Emanuele: “Maestra io capisco che 1 grande è uguale a 3 piccoli, solo da

quell‟esempio che è scritto in alto, altrimenti non lo capivo”

Flora aggiunge: “Anch‟io immediatamente non l‟avevo capito, soltanto guardando

l‟uguaglianza in alto l‟ho capito”

2°DISEGNO

I bambini considerano questo disegno ancora meno chiaro del precedente.

Umberto: “Maestra quello di prima specificava l‟equivalenza che c‟è tra il bicchiere

grande e 3 piccoli, qui, manca.”

Anche Flora esprime lo stesso concetto del compagno aggiungendo: “… e poi

manca anche un uguale tra il contenitore con l‟acqua dentro e i 6 bicchieri versati”

Emanuele: “per me questo disegno è diverso da quello precedente perché invece di

rappresentare quanti bicchieri piccoli formano 1 grande, ha rappresentato quanti

bicchieri piccoli e grandi servono ed ottenere quella quantità d‟acqua”

Simone: “Prima era rappresentato 1=3, invece da questo disegno non si capisce ”

Flora: “E poi in quello di prima è importante anche che ha messo il segno uguale tra

il contenitore e i bicchieri che ci sono dentro”

3° DISEGNO

Molti dicono che questa rappresentazione è abbastanza chiara.

Emanuele: “Si, si capisce perché qui è stato collegato 1 bicchiere a 3 piccoli”

Luca poi aggiunge: “E‟ vero che è stato collegato il bicchiere grande a quello

piccolo, ma non si vede che uno è grande e l‟altro è piccolo, i bicchieri

disegnati sono quasi tutti uguali”

Paola: “.. però ci sono i segmenti …”

Claudia: “Maestra per me questa rappresentazione è quella che fino ad ora più

mi fa capire … per prima cosa si capisce che 1 bicchiere grande è uguale a 3

piccoli, perché ha fatto il segmento della stessa grandezza disegnando sopra i

bicchierini … anche se sembrano tutti uguali.”

Flora: “Per me quel segmento può essere anche l‟acqua che viene messa nel

contenitore, lì con un bicchiere lì con 3.”

Alessandro (autore del disegno) riflette sul proprio lavoro grazie alle critiche

dei compagni e dice: “Forse avrei potuto scrivere le lettere B,G per fare capire

che quello era un bicchiere grande e B.P per far capire un bicchiere piccolo.

Però maestra per me va bene, la farei uguale a questa, solo aggiungerei

qualcosa per far capire che i bicchieri sono diversi”

Luca e Flora continuano a dire che la rappresentazione proiettata non li

convince molto.

Emanuele: “E‟ vero che i bicchieri piccoli e grandi non si capiscono bene, ma

poi questa cosa si capisce perché 1 bicchiere è collegato a 3 di sotto”

Claudia: “Maestra per me la corrispondenza bicchieri grandi e piccoli si

capisce, solo che c‟è un‟imprecisione nel disegnare i bicchieri e anche nel

disegnare le quantità nei contenitori, infatti quella del contenitore B sembra

più grande di quella nella A.”

4° DISEGNO

Qualcuno dice : “A me convince …”; qualcun altro dice “A me no!!”

Umberto dice: “A me convince più il disegno di Alessandro, rispetto a questo.”

Paola: “Questo mi convince, maestra, perché ha specificato sia che un bicchiere

grande vale tre bicchieri piccoli.”

Luca: “Ha specificato tutto, anche con il disegno sotto dove si vede che uno grande

è formato da tre piccoli.”

Maestra: “Sapete, a me cosa sembra, che ci sta tutto (bicchieri grandi e piccoli) sia

nel primo contenitore che nel secondo! Io infatti non riesco a capire che differenza

c‟è tra quello disegnato sotto la prima brocca e quello disegnato sotto la seconda.”

Quest‟ultima è una provocazione per spingere gli alunni a riflettere sul disegno che

ha degli elementi non comuni, infatti in esso è presente un‟interessante

rappresentazione di operazione inversa.

Simone: “Quella a destra è tutto il contrario di quella a sinistra … cioè di qua ha

fatto che tre bicchierini sono uguali ad uno grande e di la che uno grande è uguale a

tre piccoli.”

Maestra: “Che cosa cambia del disegno a sinistra rispetto al disegno a destra? Li

vedete uguali?”

Giovanni prima dice Si … poi anche lui dice che sono l‟uno il contrario dell‟altro …

e precisa il fatto che a sinistra ci sono prima i bicchieri grandi e poi ognuno è

collegato ai 3 piccoli, mentre a destra ci sono prima i bicchieri piccoli e poi sono

collegati ai grandi.

Cioè ci sono i grandi sopra e i piccoli sotto e poi i piccoli sopra e i grandi sotto.

Claudia: “Secondo me ha sbagliato un pochino perché sembra che in quella brocca

ci sono tutti quei bicchieri … invece noi che abbiamo fatto l‟esperienza, capiamo

quello che voleva dire e cioè che in ognuno dei bicchieri grandi ci sono tre piccoli

… mentre di la, tre bicchierini formano 1 bicchiere grande.”

Che bello! Claudia con la frase “noi che abbiamo fatto l‟esperienza” evidenzia il

ruolo degli impliciti nella comunicazione.

Molti sono d‟accordo con Claudia. Alcuni inoltre dicono che tutti quei contenitori

disegnati vuoti, all‟inizio non erano necessari, ma ci confondono solo le idee.

Luca: “Per me i due disegni sono uguali è solo cambiata la disposizione dei

bicchieri.”

Simone: “Per me è come se nel primo disegno vedessi che il bicchiere grande

contiene i 3 piccoli, mentre nel secondo è come se il grande li distribuisce quelli

piccoli.”

Concludendo .. il disegno non convince tanto.

5° DISEGNO

Dinanzi a questa rappresentazione esordisce Luca dicendo … Questo dice tutto!!!

Viene inoltre precisato che lo scopo del lavoro che si sta compiendo è rivolto ad

analizzare se la rappresentazione esprime il senso dell‟esperienza vissuta, anche a

prescindere dallo specificare che si tratta di acqua o di altro. Interessa quindi dire

che si è lavorato con diverse unità di misura e che la stessa quantità si può misurare

o con un‟unità o con l‟altra.

Flora: “Maestra, secondo me il disegno dovrebbe essere un po‟ modificato …”

Umberto (autore della rappresentazione) cerca di spiegare: “Maestra io volevo dire

che c‟è lo stesso livello e la stessa quantità d‟acqua nei due contenitori, e questo lo

ottengo usando due unità diverse, due bicchieri …”

Maestra: E dove sta scritto che hai usato due unità diverse?

Umberto: “… ho scritto con le lettere bg e bp”

Luca: “Maestra secondo me questo disegno è simile a quello di Paola , dove c‟erano

però disegnati da un lato 6 bicchieri grandi, dall‟altro 18 piccoli … invece qui ci

sono numeri e lettere.”

Simone aggiunge: “Io noto che il contenitore BP è più piccolo di quello BG”

Qualcun altro suggerisce di scrivere la legenda Bg = bicchieri grandi per far capire

meglio. Ma l‟insegnante specifica: “Non dimenticate che il nostro obiettivo è quello

di usare le rappresentazioni, quindi bisogna ridurre al massimo le parole. Dobbiamo

provare piuttosto ad essere così sintetici da trovare una rappresentazione il più

efficace possibile.”

Emanuele: “Maestra io ho notato che Umberto ha mancato una cosa importantissima

nel disegno, doveva specificare quanti bicchieri piccoli servono per fare quello

grande.”

Flora invece fa ancora un‟altra osservazione: “Io non so perché ha messo il primo

contenitore, che per la rappresentazione non è necessario … anzi confonde”

Luca propone ancora una volta di analizzare il confronto tra questa rappresentazione

e quella di Paola, chiedendo all‟insegnante di tornare all‟immagine della compagna.

6° DISEGNO

Qualcuno dice di capire tutto dal presente disegno, qualcun altro non è d‟accordo.

Qualcuno nota subito che per indicare i bicchieri grandi è stata scelta la lettera B

maiuscola, per i bicchieri piccoli la lettera b minuscola. Anzi accanto a questa

uguaglianza ce n‟è un‟altra che utilizza “bp” per indicare i bicchieri piccoli e “BG”

per quelli grandi. L‟insegnante suggerisce: “Ma se guardate al disegno senza i

numeri che vi sono scritti si capirebbe l‟uguaglianza di cui stiamo parlando?”

Molti dicono no … In particolare anche qui si avverte la presenza di un terzo

contenitore che confonde le idee e non fa capire bene l‟uguaglianza. Luca specifica

che la nostra richiesta era quella di utilizzare una rappresentazione sintetica e poi

dice: “… il linguaggio matematico non richiede molte parole, qui c‟è invece molto

racconto!

7° DISEGNO

Anche qui … c‟è chi afferma di capire chi no!!

Simone: “Maestra qui si capisce perché ogni pezzetto ha i tre bicchieri sotto.”

Luca dice con convinzione che per lui va bene la rappresentazione. Emanuela dice

che questo disegno è la stessa cosa di quello di Umberto …. Ma molti non sono

d‟accordo.

Claudia dice: “Maestra per me questa rappresentazione è chiarissima.”

Flora : “Io non capisco perché ha messo quei bicchieri di tre sotto i segmenti … e se

non avessi fatto l‟esperienza non avrei capito niente di quello che abbiamo fatto.”

Luca fa notare che non sono specificati bicchieri grandi e piccoli.

Simone dice: “Maestra, sopra, il segmento lungo è diviso in 6 parti, e sotto sempre

in 6 però là rappresenta i tre piccoli e non più 1 grande”

Claudia: “Quel bicchiere diviso in tre parti sta scritto che è un bicchiere grande però

non è specificato che si tratta di un insieme di bicchieri piccoli. … e poi ha dovuto

mettere i numeri 3-6-9- per farlo capire altrimenti non capivo nulla.”

Maestra: Ma i due segmenti sono uguali?

Flora: “Si.. però con uno si arriva a 6 con l‟altro a 18.” Quello che dice Flora è

effettivamente interessante.

8° DISEGNO

Dicono tutti che non si capisce niente … ma tra un po‟ cambieranno idea.

Alessandro: “Ah, la linea alta è il bicchiere grande, quella bassa è il piccolo.”

Emanuele aggiunge: “Nel contenitore ha rappresentato 6 bicchieri grandi e di là 18

bicchieri piccoli”

Simone: “Io in verità, capisco questo primo contenitore, e quindi che ci sono 6

bicchieri grandi, però i bicchieri piccoli non li vedo.”

Alessandro: No, maestra, si capisce.. anzi è proprio perfetto.

Simone … cambia idea: “All‟inizio non avevo capito poi guardando il disegno che

dice che ogni linea grande vale tre piccole, ho capito.”

Luca: “Anche se non sta scritto sopra si capisce dal lato che nel contenitore a

sinistra , quella striscia grande vuol dire un bicchiere grande, invece nel

contenitore a destra la striscia piccola vuol dire un bicchiere piccolo” E‟

interessante per chi ha fatto il disegno capire se gli altri riescono a leggerlo, a

capire quello che si voleva dire.

9°DISEGNO

Questo disegno suscita la reazione di molti: Ma chi l‟ha fatto non si capisce niente?

Simone dice: “Maestra ma quante volte ha scritto A B e C??? ha sbagliato?”

In effetti alcuni leggono dal disegno che si tratta più di una descrizione delle

sequenze dell‟esperienza fatta, piuttosto che del suo senso e lo stesso accade più o

meno anche nel disegno successivo.

10°DISEGNO

“Anche qui c‟è un prima e un dopo e non ci serve!…”… e poi non dice niente di

preciso … I bambini fanno molta confusione, parlano tra di loro quindi non riesco a

comprendere la loro opinione.

11° DISEGNO

In effetti questo disegno sembra un po‟ sbirciato da quello di Flora in maniera

neppure precisa … quindi risulta una rappresentazione poco efficace.

Umberto: “Maestra secondo me questa rappresentazione è significativa perché nel

primo disegno fa vedere che i due contenitori sono uguali e poi tre bicchieri piccoli

sono uguali a 1 grande … e in più in un contenitore ci sono poi 6 strisce che indicano

i bicchieri grandi, e nell‟altro 18 pezzetti che sarebbero i bicchieri piccoli.”

Ma poi noto che sotto al disegno colorato c‟è una A scritta su un segmento, con

accanto 6 segmenti più piccoli, e ancora sotto una B su un segmento uguale ad A con

18 segmenti piccoli accanto …. Da questo si capisce che A è uguale a B?

No, infatti a nessuno convince ….

12° DISEGNO

Questa rappresentazione incuriosisce e attiva il pensiero di molti alunni, dando vita

infatti ad un‟ampia discussione. Molti sono convinti di capire tutto … precisamente

Luca: “Allora, avendo i segmenti già si capisce che il segmento che ha 6 pezzi,

rappresenta un contenitore (che è tutta la linea) che contiene 6 bicchieri grandi;

invece nell‟altro contenitore ci sono 18 bicchieri piccoli. Poi però capisco che sono

quantità uguali .. perché i segmenti sono uguali!!”

Flora: “maestra anche Alessandro ha usato i segmenti, però la retta aiuta meglio a

rappresentare l‟uguaglianza anche se non viene specificato quel B che cos‟è.”

Maddalena: “Per me anche si capisce però se viene qualcuno dall‟esterno che non

c‟è mai stato non riesce a capire che si tratta di contenitori e di acqua.”

Alessandro esprime lo stesso concetto e Luca aggiunge: Luca: “Maestra io questo

voglio dire.. si capisce tutto l‟argomento però non capisce che stiamo parlando

dell‟acqua.. e a noi non interessa sapere che si tratta di acqua.”

Qualcuno dice … poteva trattarsi anche di zucchero .. era lo stesso! L‟importante è

che le due quantità sono uguali.

Flora: “Maestra e questa rappresentazione ci fa capire molto più di un‟operazione …

perché nell‟operazione abbiamo solo dei numeri, qui invece si specifica che quel B è

uguale a 3b .. e poi puoi sapere solo che una cosa è più grande di un‟altra o più

piccola ecc …”

Ma subito la discussione si focalizza su un intervento di Eufemia, la quale,

diversamente dai compagni, dice che il disegno non la convince … Ella non capisce

perché in alto a destra è disegnata la B su un segmento diviso in 3 trattini, quando il

bicchiere grande è invece uno intero.

Flora aggiunge : “Maestra io ho capito cosa dice questa rappresentazione.. cioè che

nella quantità A ci sono 6 bicchieri grandi e nella quantità B i pezzetti piccoli sono

18 per indicare i bicchieri piccoli.. però anch‟io non capisco una sola cosa: …

perché in alto a destra la B viene rappresentata con un segmento diviso in 3 parti.”

Qualcuno risponde dicendo …. “Per far capire che 1 bicchiere grande è uguale a 3

piccoli.” … che dentro al bicchiere grande ci sono 3 bicchieri piccoli.

Emanuele però dice: “io avrei fatto il segmento, non diviso, per rappresentare la B.”

La perplessità di Eufemia e di Flora è relativa al fatto che nel primo segmento i

bicchieri grandi sono rappresentati con pezzetti lunghi, invece nella legenda questo

pezzo viene anche diviso in 3 parti.

Simone fa una osservazione ancora relativa al segmento disegnato in alto a destra

…: “Maestra ma tra quel segmento diviso in 3 parti e quello piccolo della b , è

sottinteso un uguale, e queste due cose non sono uguali.”

Emanuele: “se ci fosse un uguale B dovrebbe essere senza i trattini al centro” … “e

poi i segmenti dovevano essere della stessa lunghezza. Quindi uno senza trattini per

la b e uno con i tini per dire che la b è 3 volte più piccolo della B.”

13° DISEGNO

“Non si capisce proprio ….” Dicono in molti.

L‟autore di questo disegno è Emanuele che cerca di spiegare la sua

rappresentazione e dice: “Io ho disegnato tutto per far capire che 3 bicchieri piccoli

sono uguali ad uno grande”

Qualcuno però interrompe il compagno e commenta il fatto che Emanuele ha diviso

anche i bicchieri piccoli in 3 o 4 parti … (ma in effetti quelle linee sono decorative,

rappresentano le rigature della plastica dei bicchieri).

Tutti non sembrano affatto convinti di tale rappresentazione dalla quale non si

evince chiaramente che quello che è a destra dell‟uguale consente di ottenere quello

che è a sinistra dell‟uguale.

14° DISEGNO

La cosa principale che i bambini dicono guadando questo disegno è che “… non si

capisce che sono uguali le due quantità …”

Luca: “Ma tra questo e quello di Claudia noto che qui non c‟è tutta una linea ma

segmenti spezzettati. E per me bisognava fare come Claudia, mettere cioè tutto su

una linea.”

Secondo qualcun altro è importante sottolineare anche il fatto che ... non viene

specificato che tre bicchieri piccoli formano quello grande.

Alessandro riconosce il suo disegno e spiega che si tratta di una rappresentazione

disegnata inizialmente, ma che poi ha modificato (anche in seguito ad alcune

stimolazioni ricevute dall‟insegnate e da me) fino a giungere a quella finale

(disegno n°3).

Martina suggerisce di unire i segmenti separati che rappresentano la B per ottenere

un'unica linea continua .. e lo stesso anche la b.

15° DISEGNO

Eufemia è l‟autrice della rappresentazione mostrata. L‟insegnante chiede: “Alla luce

delle rappresentazioni viste fino ad ora, rifaresti il disegno così come lo avevi fatto?

L‟alunna risponde: “Si, maestra io volevo dire che inizialmente c‟erano due

contenitori vuoti con uno pieno da cui prendere dell‟acqua …. ”

Eufemia viene interrotta: “Ma a noi interessa sapere la sequenza delle cose che sono

accadute con tutti i particolari? Informazioni come quella che stai dicendo è

importante, necessaria o trascurabile? La cosa più importante del lavoro svolto qual

era?”

… qualcuno dice “le unità di misura usate, i bicchieri che sono serviti per ottenere la

stessa quantità …”

Ma queste informazioni qualcuno dice di capirle qualcun altro no, sottolineando di

capire soprattutto il prima e il dopo.

Flora sottolinea che in questa rappresentazione non si capiscono bene le

informazioni principali (stesse quantità con diverse unità di misura) e poi ci sono i

contenitori sopra e i terzi contenitori in più che disturbano un po‟…

Con il lavoro che si sta svolgendo di osservazione e lettura delle rappresentazioni si

sta anche scoprendo che esistono una serie di cose, di informazioni trascurabili,

non necessarie che non devono comparire in un disegno efficace.

Nel disegno effettivamente si vedono ben 6 contenitori e non viene evidenziato il

fatto che ci sono solo 2 quantità uguali misurate con unità di misura diverse.

Simone dice: “Maestra se Eufemia lo spiega si capisce altrimenti non tanto!”

Perfetto … ma una rappresentazione non è sempre accompagnata da una

spiegazione di chi l‟ha realizzata.

16° DISEGNO

Tutti dicono di non capire niente.

Molti dicono di non essere convinti .. soltanto Eufemia ritiene chiara la

rappresentazione ma non sa spiegare il perché.

17° DISEGNO

Dicono tutti che non si capisce niente. I bambini discutono tra loro della

rappresentazione e non riesco a capire i loro commenti.

Conclusioni:

L‟attività di quest‟oggi penso sia stata davvero fondamentale per soffermarsi ancora una

volta, ma in maniera forse più critica e consapevole delle altre, sull‟importanza della

rappresentazione, della sua efficacia, della sua immediatezza e chiarezza. I bambini

hanno sperimentato effettivamente come un disegno realizzato con l‟intenzione di

comunicare delle informazioni … può avere una lettura distorta se non è chiaro e

adeguato. Gli alunni si sono mostrati davvero interessati alla discussione, hanno

partecipato con interventi pertinenti, hanno espresso il proprio pensiero, le proprie

opinioni in maniera critica, contribuendo all‟evoluzione del pensiero dei compagni … e

la cosa più interessante è stata quella di vedere come qualcuno, grazie alla lettura

dell‟altro, è giunto a prendere coscienza dell‟inefficacia della propria rappresentazione.

Emblematica a tal proposito è l‟espressione: “Se dovessi rifare il disegno non lo farei

come l‟ho fatto”.

QUINTO LAVORO

Problema del bottiglione

“UN BOTTIGLIONE SI PUÒ RIEMPIRE CON 4 LITRI E 9 MESTOLI OPPURE

CON 5 LITRI E 6 MESTOLI.

QUANTO TIENE UN MESTOLO IN LITRI?

QUANTO TIENE IL BOTTIGLIONE IN MESTOLI?

TROVA ALTRI MODI DI RIEMPIRE IL BOTTIGLIONE CON UN PO‟ DI

MESTOLI ED UN PO‟ DI LITRI.

RISOLVI ATTRAVERSO UNA RAPPRESENTAZIONE EFFICACE.”

Codifiche:

Il problema è stato sottoposto agli alunni della classe 5C. Tutti hanno cercato di dare

una soluzione personale al quesito e molti sono giunti a quella corretta.

Considerazioni:

Il problema del bottiglione è stato somministrato sostanzialmente per verificare un

utilizzo, da parte degli alunni, della “rappresentazione grafica” come strumento

attraverso il quale individuare la struttura del problema e la sua risoluzione. Se fino

ad ora, durante le varie attività, è stato richiesto ai bambini un tipo di

rappresentazione a posteriori, ossia elaborata solo dopo aver risolto con

ragionamenti e calcoli il quesito, si è cercato di stimolare con il presente problema il

fondamentale passaggio ad un tipo di rappresentazione a priori, ovvero utilizzata,

ancor prima di conoscere il risultato, come supporto al proprio ragionamento

risolutivo. In effetti il problema è stato risolto immediatamente, senza alcuna

difficoltà da molti alunni della classe, più di quanti si immaginava vi riuscissero …

ma i ragazzi sono giunti alla soluzione facendo sostanzialmente un calcolo a mente,

ragionando “per differenza”, ovvero scoprendo la differenza di litri e di mestoli

esistente tra i due modi di riempire il bottiglione.

Ecco alcuni esempi di ragionamenti “per differenza”, che hanno consentito di

giungere direttamente alla corrispondenza “ litri/mestoli”: (5-4) litri=1litro; (9-

6)mestoli = 3 mestoli.

Sebbene fosse stato richiesto di provare a risolvere il problema attraverso una

rappresentazione efficace, che se fatta correttamente avrebbe contenuto in sé la

risposta al problema, i bambini hanno continuato a produrre le rappresentazioni

soltanto dopo essere approdati alla soluzione. Tuttavia gli elaborati risultano davvero

interessanti poiché chiariscono bene il loro modo di ragionare.

Il confronto tra la prima e la seconda “riempita” introduce bene il confronto per

rapporto.

Per quanto riguarda il prossimo disegno, pur non essendo stato utilizzato come

rappresentazione risolutiva del problema ma prodotto successivamente, risulta

significativo e molto efficace nell‟illustrare la struttura del quesito, nel dimostrare la

risposta al problema e presentare altre modalità di riempimento del bottiglione (con litri

e mestoli). In esso è manifestata chiaramente l‟uguaglianza tra le varie modalità di

riempimento del bottiglione attraverso la rappresentazione di segmenti della stessa

lunghezza sui quali, di volta in volta tre mestoli vengono sostituiti con un litro,

rendendo evidente la sostanziale corrispondenza 1:3 delle due diverse unità di misura.

Non sono mancati casi in cui è avvenuta una lettura distorta del problema che ha portato

ad allontanarsi dalla soluzione.

Questa rappresentazione infatti nasce da una cattiva interpretazione del testo: l‟alunna

ha capito che il bottiglione può essere riempito con (4l o 9 m ) o con (5l o 6 m) e

quindi tenta un altro tipo di equivalenza questa lettura è più comune di quanto si possa

immaginare anche a livello adulto.

Conclusioni:

La rappresentazione non emerge ancora come strategia risolutiva, eppure si potrebbe

ipotizzare che essa pur non emergendo attraverso il disegno, sia presente chiaramente

nella testa degli alunni. In ogni caso risulta essere molto raffinata ossia significativa …

rispetto ai primi tentativi di rappresentazione.

SESTO LAVORO

Problema di Carletto

Giorni 14 e 17 Maggio 2010

“CARLETTO È UN BAMBINO MOLTO GOLOSO. PER IL SUO COMPLEANNO

HA RICEVUTO IN REGALO UNA SCATOLA CON 28 CARAMELLE. OGNI

GIORNO NE MANGIA IL DOPPIO DEL GIORNO PRECEDENTE . IN TRE

GIORNI CARLETTO LE HA MANGIATE TUTTE.

QUANTE CARAMELLE HA MANGIATO CARLETTO IN CIASCUN GIORNO?

SPIEGATE COME LO AVETE SCOPERTO E PROVATE A FARE UNA

RAPPRESENTAZIONE GRAFICA.”

Codifiche:

Il problema è stato sottoposto agli alunni della 5° e quasi tutti sono giunti alla soluzione.

Riflessioni iniziali:

Il problema di Carletto è stato risolto dalla maggior parte degli alunni della classe,

superando le nostre previsioni … ma la risoluzione al problema è stata trovata da tutti

attraverso una strategia “per prove ed errori” che ha consentito ai bambini di fermarsi

quando hanno tentato di “far mangiare a Carletto 4 caramelle il primo giorno, 8 il

secondo, 16 il terzo .. per un totale di 28 caramelle” … essendo approdati alla soluzione.

Quindi procedendo per tentativi non si è cercato di scoprire da dove provenisse il 4

(valore di ogni porzione) ossia di riconoscere la struttura algebrica del problema. Del

resto, sebbene esistano diverse modalità di risoluzione del problema, il fatto che gli

alunni abbiano privilegiato a procedura aritmetica rispetto a quella algebrica non deve

essere ritenuto un indicatore dell‟acquisizione del pensiero algebrico. Infatti, rispetto

all‟esperienza condotta lo scorso anno dall‟insegnante di classe in un‟altra sezione, i

bambini che hanno risolto il problema questa volta sono stati molti di più ed hanno

presentato modalità di rappresentazione e capacità di argomentare molto più ricche ed

interessanti. Da ciò si evince quindi, che lo sviluppo del pensiero algebrico non passa

solo per le modalità di risoluzione esplicite del problema, ma anche attraverso una

rappresentazione implicita che il nostro percorso ha raffinato.

Inoltre una bambina, Flora, ha svolto una risoluzione algebrica .. ragionando in termini

di PORZIONI indefinite che, nei 3 giorni, diventano complessivamente 7 (1 porz nel

primo giorno; 2 porz nel secondo giorno; 4 porz nel terzo giorno). In questo modo

operando “28 caramelle:7porzioni”, ella ha scoperto il valore di una sola porzione “4”

… per poi procedere all‟identificazione delle quantità mangiate nei singoli giorni. Per

quanto concerne LA RAPPRESENTAZIONE, come per il problema del bottiglione,

anche qui c‟è stato un utilizzo di essa soltanto a posteriori, successivo alla soluzione …

sebbene ancora una volta efficace e significativo.

Inaspettatamente si è riscontrato in molti alunni un tentativo di rappresentare i dati del

problema sul PIANO CARTESIANO e tale proposta ha consentito di aprire

un‟importantissima discussione che ha condotto la classe a scoprire il significato della

curva sul piano cartesiano evidenziando le differenze di significato rispetto alla retta.

Descrizione dell’attività:

Dopo aver consentito ai bambini di svolgere individualmente il problema di Carletto,

sono state scannerizzate le varie rappresentazioni disegnate da ciascuno e proiettate

(mediante un videoproiettore) sulla parete dell‟aula per consentire a tutti di riflettere

sulle svariate risoluzioni grafiche proposte, e sulla struttura algebrica (non da tutti

rintracciata) del problema somministrato.

Inizialmente però è stato fatto un lavoro di ricapitolazione dei dati del problema, del

quesito al quale trovare risposta ed è stata condivisa la soluzione da tutti trovata:

“ Carletto, poiché finisce tutte le 28 caramelle in 3 giorni, e sappiamo che ogni giorno

mangia il doppio delle caramelle del giorno precedente, mangerà ….

… il PRIMO GIORNO = 4 caramelle,

… IL SECONDO GIORNO=8 caramelle,

… IL TERZO GIORNO = 16 caramelle.”

Detto questo è stato necessario riflettere sulla modalità attraverso la quale ognuno era

giunto a tale soluzione …

In verità Luca è stato colui che ha comunicato una

sua incertezza. Egli infatti, scritti i dati del

problema :

-28 caramelle,

-3 giorni,

-ogni giorno doppio di quello prima …

e, trovata per prove ed errori la soluzione “Carletto

comincia a mangiare 4 caramelle il primo giorno ..

e così via …” si accorge che il 4 non è presente tra i

suoi dati.

Il problema è: DA DOVE ESCE QUESTO 4???

Maestra: “Chi vuole raccontare come ha fatto per

trovare la soluzione al problema?”

Eufemia: “Io mi sono aiutata con le tabelline”

Umberto: “Io ho fatto diverse prove finché non mi

sono trovato con 28 caramelle finali.”

Molti si rivedono in questa strategia e ammettono

di averla utilizzata.

Alessandro aggiunge: “Maestra io ho fatto un

segmento diviso in 28 parti che rappresentavano le

caramelle che Carletto mangia nei tre giorni .. poi

ho provato una volta con 1 caramella al primo

giorno, poi con 2 , poi con 3 … e facendo un arco

raggruppavo le caramelle al giorno … con 4 mi

trovavo e mi sono fermato.”

Claudia dice: “Io invece ho fatto questo calcolo a

mente … Io avevo già capito che 1 non era

possibile (perché diventava 2 e poi 4 come faceva

ad arrivare fino a 28?) .. poi ho pensato

direttamente a 3, ma esso è un numero dispari e

sarebbe stato più complicato dividere a metà …

così sono immediatamente partita da 4 e mi sono

trovata. Soltanto dopo aver trovato la soluzione ho

fatto la rappresentazione con i segmenti.”

Irene: “Maestra io ho un dubbio: .. Carletto deve

mangiare tutte le 28 caramelle in 3 giorni ma non

mi trovo perché il terzo giorno ne mangia

solamente 16!!! … dovrebbe mangiare un giorno

ancora. Questo non ho capito.”

Tutti ….. NOOOOOOOOOOOOOOOOO!

Maestra: “Chi vuole provare a spiegare cosa

succede alla compagna?”

Simone: “E‟ vero che il terzo giorno mangia solo

16 caramelle, ma quelle del giorno prima non le

conti?”

Alessandro ha utilizzato

proprio il disegno per

risolvere il problema!

L‟insegnante mostra il grafico di Claudia, che

mette in evidenzia la quantità di caramelle

mangiate in ciascun giorno …

… per aiutare Irene a ragionare.

“Cosa capite leggendo questo grafico?”

Sonia: “Che nel primo giorno mangia 4 caramelle,

nel secondo 8 , nel terzo 16.”

Claudia: “Quello che Irene non ha capito è che il

secondo giorno non è che parte da zero, ma deve

sommare anche le caramelle del giorno prima.”

Maestra: “Guardando questo grafico quante

caramelle ha mangiato in TUTTO? … qualcuno

potrebbe rispondere 16 guardando l’ultimo

rettangolo, qualcuno 28 sommando i tre

rettangoli.”

Luca: “Infatti, Irene deve contare le 16 caramelle

dell‟ultimo giorno, con le 8 del secondo, con le 4

del primo giorno … per arrivare a 28”

Claudia per rendere ancora più chiaro ed immediato

il ragionamento da far capire alla compagna, pensa

ad un esempio … prende i pennarelli

dall‟armadietto, ne conta 4 “queste sono le

caramelle del primo giorno” … ne conta altri 8

“queste del secondo giorno” poi 16 … “Alla fine le

devi sommare tutte e ti vengono 28!”

Maestra: “Adesso è chiaro che la soluzione è 4, 8,

16, per un totale di 28?”

“Il nostro dubbio è invece … DA DOVE ESCE IL

4?

Esce forse da un dato fondamentale ossia che ogni

giorno mangia il doppio del giorno precedente?”

Emanuele: “Per me il 4 esce facendo la metà di 28

e la metà della metà di 28 .”

Luca per giustificare il 4 fa la divisione 28:7=4 …

ma non si spiega il 7 da dove esce.

Per stimolare la riflessione vengono mostrate

alcune rappresentazioni. Si comincia con quella di

Flora (l‟unica che ha svolto il problema

algebricamente)., eppure anche la sua

rappresentazione è a posteriori alla soluzione e

sembra non contenere il 7.

Questa nuova

problematizzazione coinvolge

molto gli alunni che non sono

appagati dall‟aver raggiunto

“il risultato”. Nell‟esperienza

dello scorso anno invece ciò

non era accaduto. Continuare

un problema per scoprirne la

struttura mi sembra un ottimo

lavoro e questo è un

atteggiamento di ricerca che

insegnanti ed alunni imparano

a far crescere insieme.

Si continua alla ricerca

dell‟origine del 4 e spunta il

7….

Si osservano poi tutte le

rappresentazioni realizzate.

Claudia: “Maestra se guardiamo quelle linee

possiamo notare che le 28 caramelle possono essere

divise in 7 parti ognuna di 4 caramelle. Poi nella

linea sotto lei ha messo il primo giorno 4, nel

secondo ci sono due parti di quel 7, e nel terzo ci

sono 4 parti di quel 7. ”

Luca: “Maestra il 7 sono le parti che ha

diviso?????”

Irene chiede di rivedere il grafico di Claudia per

spiegare il significato di 7: “Guarda.. il primo

giorno fa 4 (e siamo ad 1), il secondo fa 2 volte 4

(e siamo a 3), il terzo giorno fa altre 4 volte 4 (e

siamo a 7) ” …

Irene ripete più di una volta la scoperta fatta

indicando le 7 parti sul grafico che tutti vedono ed

è convintissima di quello che dice.

Emerge chiaramente il

significato del numero 7, un

dato non ancora condiviso da

tutti, ma rintracciabile

soprattutto grazie

all‟osservazione di alcune

rappresentazioni efficaci.

1

2

3

4

5

6

7

Maestra: “Avete capito il ragionamento di Irene?”

Claudia: “Maestra io questa cosa l‟ho capita

benissimo dall‟aerogramma di Flora”

Viene mostrato a tutti il disegno di Flora.

Claudia: “… qui infatti in quello marrone ci sono

2 blu e in quello rosso ce ne sono 4.. per un totale

di 7 blu.”

Alessandro per capire meglio il ragionamento di

Claudia lo ripete, indicando le parti

sull‟aerogramma. Tutti insieme riescono ad

individuare le 7 parti blu e a convincersi di questa

scoperta … sebbene qualcuno non ha ancora le

idee chiare.

Luca va alla lavagna, disegna 28 palline e le

raggruppa in 7 cerchi, ognuno da 4: “Maestra mi

sono fatto in mente quest‟altra rappresentazione.”

Ma la rappresentazione fatta

da Luca non è convincente,

poiché continua ad essere a

posteriori alla soluzione

trovata.

Maestra:“Perché dividi proprio in 7 parti??? è

questo quello che dobbiamo capire. Questa

rappresentazione la fai dopo che hai scoperto il 4.”

Claudia: “MAESTRA IL 4 È LA NOSTRA

UNITÀ DI MISURA!!”

Maestra: “Esatto … ma perché proprio 4 ???”

I ragazzi continuano a ragionare alla lavagna

facendo gruppi da 4 e dimostrando che il primo

giorno c‟è 1 volta 4, il secondo giorno c‟è 2 volte4,

il terzo giorno c‟è 4 volte 4 per un tot di 7 volte.

A questo punto si dà la parola a Flora, l‟unica che

ha ragionato in termini di quantità.

“Il primo giorno Carletto mangia 1 PORZIONE di

caramelle, e noi non sappiamo quanto vale …

Maestra: “Poiché non sappiamo quanto vale

troviamo un modo per disegnarla questa porzione!”

Flora disegna un quadratino.

“… il secondo giorno si mangia il doppio del

primo, quindi 2 PORZIONI (due quadratini) … il

terzo giorno il doppio del secondo, cioè 4

PORZIONI (quattro quadratini).

Maestra: “QUANTE PORZIONI SONO IN

TOTALE?”

Tutti: ………. 7 !!!!!!

Flora continua: “Ora le 28 caramelle complessive

le divido tra le 7 porzioni che ho individuato, e

conosco il valore di ogni porzione … uguale 4,

che sono le caramelle di ogni porzione.”

Di sicuro è stato fatto un

passo in avanti rispetto al

ragionamento aritmetico per

tentativi ed errori iniziale, ma

comunque non si è ancora

giunti ad un tipo di

ragionamento algebrico, che

parte dall‟individuazione di 7

porzioni indefinite con le

quali pervenire al valore 4.

Ora si continua a dare per

assodato che le porzioni sono

di 4 e si stanno giustificando

solo le 7 parti.

Ecco la rappresentazione finale:

Giorni: 1° 2° 3°

Porzioni in totale : 7

Caramelle totali: 28

Valore di ogni porzione: 4

Caramelle al giorno: 4 – 8- 16.

Claudia: “Se Carletto mangiasse solo una porzione

al giorno sarebbero 7 giorni.”

Maestra: “Quindi da dove è uscito il 4?”

“… dalle porzioni!!!”

Perfetto!

Il ragionamento di Flora viene fatto ribadire da altri

alunni per chiarirlo e condividerlo, anche se

qualcuno resta poco convinto.

Durante il confronto Simone e Claudia si

accorgono di una cosa e la dicono quasi

contemporaneamente: “Maestra se guardiamo

bene la rappresentazione fatta da Flora con i

quadratini, basta disegnarli uno sopra l’altro e

diventa il grafico che abbiamo visto prima, di

Claudia.”

Claudia aggiunge: “Però nel mio grafico si

distinguono i giorni e le caramelle su due linee

diverse (orizzontale e verticale.)”

Osservazione davvero

straordinaria, che dimostra

l‟elasticità e la criticità che gli

alunni stanno acquisendo, in

seguito alle lunghe riflessioni

svolte sull‟efficacia delle

rappresentazioni.

4 4 4 4 4 4 4

Maestra: “Esatto, infatti nella rappresentazione di

Flora, giorni e caramelle sono rappresentati sulla

stessa linea.”

L‟insegnate a questo punto ritorna sulle

rappresentazioni degli alunni … e spiega che il

problema principale è quello di mettere un TOT

all‟inizio per scoprire prima il numero delle

porzioni e poi il valore di ciascuna. NASCE

PRIMA IL 7 E POI IL 4!

Claudia dice: “Maestra secondo me la

rappresentazione di Flora è migliore della mia … io

ci sono arrivata con un‟altra rappresentazione. Io

ho considerato di avere 7 giorni a disposizione e

così le 28 caramelle ne mangia ogni giorno 4 ..

poi ho portato le caramelle di qua e mi sono

venuti 3 giorni .. accorpando due giorni e poi 3. ”

1°g 2°g 3°g 4°g 5°g 6°g 7°g

4car.

A questo punto viene dato inizio al momento di

riflessione sulle rappresentazioni realizzate dagli

alunni.

Ecco un nodo cruciale del

problema di Carletto.

In realtà anche se gli alunni

non lo esplicitano, quel 7 è

già nella loro testa, quando

fanno 1 pezzo, 2 pezzi e 4

pezzi.

Viene mostrata una rappresentazione per volta e gli alunni sono invitati ad esprimere il

loro parere in termini di efficacia e chiarezza.

1° DISEGNO

Eufemia dice che quel disegno la convince. Maddalena dice lo stesso … invece

Simone dice: “Maestra qua il segmento che indica le 16 caramelle e quello che ne

indica 8 è uguale …. Anche il primo è uguale agli altri.”

Maestra: “E allora vanno bene tre segmenti uguali?”

“No, perché le 16 caramelle devono essere più grandi delle 8 e delle 4, e le 8

caramelle più grandi delle 4.”

Maestra: “Quindi come avresti disegnato questi segmenti?”

… Il 4 la metà dell‟8 e il 16 il doppio dell‟8.”

Eufemia e Maddalena a questo punto si accorgono dell‟errore e cambiano idea.

Giovanni, autore della rappresentazione, anche lui riconosce l‟imperfezione del

disegno.

2° DISEGNO

“Questa rappresentazione l‟ha fatta Emanuele ma poi ha scritto sul foglio NO perché

non era convinto.” L‟alunno viene invitato a riflettere sulla sua rappresentazione

iniziale, che evidenziava esattamente le porzioni relative ai giorni, ma che poi è stata

abbandonata cambiando rappresentazione.

Emanuele: “Maestra io volevo trovare un modo per rappresentare 28, e così ho fatto

con quel rettangolo le 4 caramelle del primo giorno, poi le 8 caramelle del secondo

giorno e.. e poi nel terzo giorno ho fatto 4-8-16 .

Ma adesso mi sono accorto che ho sbagliato.”

Emanuela con la sua rappresentazione ha inizialmente distinto le porzioni del 1° e

del 2° giorno, ma ha mancato quelle del 3° (4 rettangolini) .. passando al disegno

complessivo dei tre giorni messi uno accanto all‟altro con la successione di 4-8 e 16

caramelle. “Emanuele non ha capito bene se stava conteggiando il terzo giorno fatto

di 16 caramelle o se stava mettendo assieme i tre giorni. Ora volendo migliorare il

disegno cosa faresti?” Si cerca di capire come rendere più chiaro tale disegno.

Emanuele dice di dover fare più grande l‟ultimo rettangolo (quello di 16 caramelle).

In modo che il rettangolo centrale sia 4 e 4, quello finale sia 8 e 8.

4 4 e 4 8 e 8

La terza figura in questo modo sta rappresentando un‟altra cosa, non il 3°giorno ma

la successione dei 3 giorni.

Se si vuole invece continuare il discorso iniziato, ossia ..

1° giorno 4 caramelle,

2° giorno 8 caramelle …

il 3° giorno cosa deve raccontarci ???

Claudia dice: “Se lui voleva rappresentare tutte le cose complessive doveva

aggiungere all‟ultima figura un altro rettangolo da 4 … così da fare 4-8-16 ..”

Concludendo possiamo dire che Emanuele ha mischiato due modi di rappresentare,

non ha capito bene se voleva rappresentare i giorni divisi tra loro oppure quello che

accade complessivamente.

Maestra: “Allora, la rappresentazione è sbagliata ma l‟idea era buona .. infatti se tu

avessi rappresentato bene avresti visto chiaramente le 7 parti … così distribuite:

1 parte il 1° giorno

2 parti il 2° giorno

4 parti il 3° giorno.”

3° DISEGNO

La “macchia di Luca rappresenta esattamente l‟incognita

Dal disegno si evince il tentativo di Luca di giustificare l‟operazione 28: 7=4 … che

non è riuscito a fare, infatti egli ha avuto problemi a scrivere cosa significava il 7.

Mentre ora lo abbiamo scoperto.

Luca: “Si, ora lo so, il / indica le porzioni in totale.”

4°DISEGNO

A tutti è immediato riconoscere la scarsa efficacia del disegno … che contiene la

soluzione ma non esplicita le 7 parti (risoluzione algebrica).

5° DISEGNO

Il disegno di Irene è molto simile a quello di Eufemia, soltanto che qui vengono

effettivamente mostrate le 7 parti, che l‟alunna ha disegnato ma non ha riconosciuto.

Interessante per l‟esplicitazione della porzioni è anche la tabella … ma si tratta

sempre di un discorso fatto in seguito alla scoperta del 4.

Anche qui, gli alunni fanno diverse proposte per migliorare il disegno della

compagna. Qualcuno ad esempio suggerisce di dividere le caramelle utilizzando

anche colori diversi.

A questo punto sembra essere matura la situazione per ragionare sul PIANO

CARTESIANO, che gli alunni hanno spontaneamente proposto come modalità di

rappresentazione, e che inaspettatamente condurrà a delle scoperte e riflessioni

incredibili!

A questo punto sembra essere matura la situazione per ragionare sul PIANO

CARTESIANO, che gli alunni hanno spontaneamente proposto come modalità di

rappresentazione, e che inaspettatamente condurrà a delle scoperte e riflessioni

incredibili!

Inizialmente vengono mostrati, in maniera rapida i tre piani cartesiani sui quali si

discuterà, ovvero quello di Irene, quello di Flora e quello di Alessandro … e si lasciano

agli alunni alcuni minuti per confrontarsi e ragionare insieme sulla lettura di ogni

grafico, sulle differenze tra essi ecc … Poi ha inizio la discussione collettiva.

Viene mostrato il primo piano cartesiano

Umberto comincia con la sua letture dl grafico.

“Dal grafico si capisce che il primo giorno vengono

mangiate 4 caramelle, il secondo giorno 8, il terzo

giorno 16 …. Una sola cosa non mi convince..

ovvero come si fa a far vedere che alla fine

vengono mangiate 28 caramelle.”

Maestra: “Perfetto, ma come si dovrebbe fare

secondo voi per far capire che si arriva a 28?”

Qualcuno dice di allungare la linea …

Claudia invece dice: “Per me va bene, è giusto che

si capisca che in 1 giorno mangia 4, un giorno 8, un

giorno 16 .. però così non si capisce che il giorno

dopo mangia il doppio di quello prima.”

Flora: “Io invece capisco che il primo giorno

mangia 4, il secondo giorno 4, il terzo 8.”

… Si, maestra perché qui, nel secondo giorno, non

è stato messo 8, ma 4. E‟ come se qui quelli del

giorno prima devono scomparire, non vengono più

considerati.

Claudia per esplicitare quello che dice la

compagna, lo indica sul grafico cartesiano … e

sottolinea che il 4, l‟8 e il 16 si possono vedere solo

se si parte sempre da zero.

Maestra: “Allora ti convince questo piano

cartesiano?”

“Mi convince da un lato, però non mi fa capire che

alla fine si arriva a 28.”

Maestra: “Quindi come piano cartesiano non

funziona!!”

Claudia dice: “E poi ci sono anche altre

imperfezioni secondo me, ad esempio.. il giorno

deve essere scritto sotto la linea che indica

esattamene che giorno è .. non tra lo zero e la linea

… Ancora, se si guardano attentamente i segmenti

disegnati sull‟asse delle y si può notare che la

distanza tra i primi numeri è questa.. e poi

varia.. diventando piccolissima. Quindi questa

rappresentazione è un po‟ imprecisa.”

Irene, autrice del grafico, prova a spiegare la sua

intenzionalità rappresentativa e sottolinea il fatto

che le 28 caramelle sono presenti nel grafico, ma

come risultato della somma delle caramelle dei 3

giorni.

Maestra: “Ma negli altri piani cartesiani che

Si percepisce da subito

l‟imprecisione del grafico.. e

la lettura di Flora è perfetta,

fantastico!

Guardando i disegni dei

compagni si diventa molto

attenti e critici … e questo

atteggiamento è davvero

interessante.

abbiamo fatto (zucchero, lepre ..) alla fine si

addizionava tutto per ragionare ad esempio sulle

mattonelle percorse, i cucchiai per tot acqua?”

Claudia: “No, bisogna fare tutto già sul piano

cartesiano, in esse ci deve essere già tutto. Anche

l‟addizione che Irene dice di fare dopo.”

Flora: “Anch‟io sono d‟accordo.. io è come se

leggessi che in 3 giorni Carletto mangia 16

caramelle.”

Maestra: “Ci sono proposte per migliorare il grafico

di Irene?”

Claudia propone di fare un grafico in cui le tre linee

siano staccate tra loro e ripartano sempre da zero.

In effetti la sua idea si collega alla proposta di

Flora.

Viene mostrato il grafico di Flora.

Flora dice : “Il mio grafico è diverso da quello di

Irene perché ho messo le caramelle sotto e i giorni

sopra … ed è molto diverso. In questo disegno si

vedono proprio le 7 parti di cui abbiamo parlato

prima”.

Maestra: “E con quante caramelle sei arrivata alla

fine del terzo giorno?”

“… a 16!”

Maestra: “Quindi comunque non hai risposto

all‟esigenza che avete prima espresso … ossia di

vedere le 28 caramelle alla fine del terzo giorno.”

Flora: “E come facciamo ad arrivare a 28 con il

piano cartesiano?”

Maestra: “Prima di vedere le vostre proposte voglio

farvi vedere invece il piano cartesiano di

Alessandro.(che arriva a 28.)”

Maestra: “Vediamo se quest‟altro vi convince.

Innanzitutto Alessandro ha posizionato di nuovo i

giorni sull‟asse delle x e le caramelle sull‟asse delle

y .. poi diversamente da tutti gli altri grafici, qui si

arriva esattamente a 28 caramelle. Come hai fatto

Alessandro?”

Alex spiega il suo grafico: “Allora, con questo

grafico ho voluto far vedere che Carletto mangia in

3 giorni 28 caramelle. Nel primo giorno ne

mangia 4, nel secondo 8 e arriviamo a 12, nel

terzo ne mangia 16 e arriva a 28. Poi ho colorato

di verde tutto questo spazio che sarebbero le 16

caramelle, di blu questo che sono 8 , e di ….. ”

Maestra: “Voi avete capito come ha fatto ad

arrivare a 28?”

Tutti insieme: … 4 …12… 28!

Claudia: “Questo è come dicevo prima per i

pennarelli, se 4 le aveva e ne mangia 8 mica quelle

di prima scompaiono .... si devono sommare.”

Maestra: “Allora se guardiamo alla TABELLA del

piano cartesiano … non è la stessa. Fino ad ora

abbiamo costruito questa tabella:

giorni caramelle

1 4

2 8

3 16

Ora invece qual è la tabella di questo piano

cartesiano …???”

Luca: “Maestra ma Alessandro non ha rispettato

questa tabella quindi ha sbagliato!”

Alex. “No, io 4-8-16, li ho messi sul piano

cartesiano.. con i colori!!!”

Maestra: “Ok, il primo colore dove arriva?

Il secondo?”

Alex: “Il primo colore arriva a 4…. Il secondo a 12

… perché ho messo altre 8 caramelle ed il terzo a

… 28 .. perché altre 16 caramelle.”

Maestra: “Quindi i numeri che hai messi sul piano

sono 4-12-28 e la tabella è :

giorni caramelle

1 4

2 12

3 28

Il disegno di Alessandro vi convince? E‟ più

giusto?”

Molti dicono di essere convinti del disegno di Ale,

ma resta qualcuno un po‟ perplesso.

A questo punto nasce l‟esigenza di far costruire a tutti gli alunni, divisi in piccolo

gruppo, dei piani cartesiani. Ma continua ad esserci un‟incertezza globale sulla scelta di

utilizzare la tabella con i dati 4-8-16, oppure quella con i dati 4-12-28 … del resto la

prima sembra convincere la maggior parte dei bambini.

Pertanto, per chiarire questo concetto fondamentale, viene fatta una riflessione collettiva

prima di lasciar che ogni gruppo lavori autonomamente. In particolare l‟insegnante

richiama in gioco il Piano cartesiano che la classe ha in passato costruito per la velocità

e quello che ha costruito per il problema dello zucchero … per ragionare sull‟uso che è

stato fatto di questo strumento, e sulle modalità con le quali è stato realizzato.

GRAFICO DELL’ACQUA E DELLO ZUCCHERO:

Sull‟asse delle x c‟erano i decilitri d‟acqua, sull‟asse delle y c‟erano i cucchiai di

zucchero. La tabella era:

decilitri Cucchiai zucchero

3 1

6 2

12 4

Maestra: “Quindi per 4 cucchiai .. quanti decilitri?”

Tutti: “ 12” , … si contano anche quelli messi prima.

Maestra: “In quel grafico facevamo l‟addizione alla fine, o la somma era già

raccontata dal grafico?”

Tutti: Già c‟era.

Maestra: “Provate a far finta che questo sia il grafico delle caramelle e dei giorni..

Cosa racconterebbe?”

… un giorno Carletto mangia 3 caramelle, in due giorni 6, in tre giorni 9, in 4 giorni

12 …

Maestra: “Cosa cambia rispetto al nostro problema?”

Claudia: “Maestra qua non si fa il doppio, qua si va sempre di 3 in 3. In tutti i

giorni mangi la stessa quantità di caramelle.”

Maestra: “E vedete che il grafico rappresenta quello che stiamo dicendo con una

retta … che indica?”

.. “che la quantità è sempre uguale.”

Lo stesso discorso vale guardando al GRAFICO DELLA VELOCITÀ costruito con passi

e secondi:

passi secondi

3 1

6 2

12 4

Maestra: “Se dico 1 passo 3 mattonelle, 2 passi ?”

… 6 mattonelle!

Maestra: “E cosa avete fatto? “

… Addizionato i passi di prima con i nuovi.

Maestra: “Allora la tabella come il grafico contiene già l’addizione di cui parlate

… quindi la tabella della nostra storia quale è?

Se faccio 1° giorno 4, 2° giorno 8 3° giorno 16.. ho addizionato le caramelle del

giorno prima?

NOOOOOOOOOOOO.

Flora: “Devi mettere 4 -12 -28 ”

Maestra: “Allora aveva ragione Alessandro!!!!

La nostra tabella corretta è

giorni caramelle

1 4

2 12

3 28

A questo punto viene lasciato del tempo agli alunni per lavorare in piccolo gruppo e

disegnare il grafico cartesiano del problema di Carletto.

PS: Bisogna precisare che i grafici di Alessandro, di Irene, di Flora, al di là della

correttezza dei dati riportati sulle ordinate e sulle ascisse, sono stati sempre delle

RETTE, eppure tale figura è risultata frutto di una forzatura, ovvero esito delle varie

imprecisioni che hanno distorto il disegno (ad esempio la presenza di distanze diverse

tra i segmenti rappresentanti i numeri sugli assi, ha deformato il grafico ecc … ).

Proprio per questa ragione agli alunni è stato richiesto di lavorare esclusivamente sui

fogli quadrettati, in modo da realizzare una rappresentazione precisa e chiara. Del resto

soltanto così potrà emergere l‟effettivo grafico del problema di Carletto che non è un

retta (espressione di una proporzionalità diretta) piuttosto una curva (rappresentante

l‟incremento della quantità di caramelle mangiata quotidianamente). Dopo aver

disegnato gli assi, e i punti dei dati del problema i bambini sono in difficoltà poiché

vedono che i punti non sono allineati, di conseguenza non consentono di tracciare una

retta …. Allora si sentono espressioni del tipo:

“Maestra ma come .. abbiamo sbagliato tutto! Qui è impossibile fare una retta!”

Così si invitano gli alunni a tracciare a mano libera una linea che colleghi i punti

individuati … ed ecco che compare:

“Guarda è uscita una CURVA!”

I bambini hanno scoperto così le reali sembianze del grafico cartesiano del loro

problema, ma per farli riflettere sul significato di questa nuova figura e sulla differenza

rispetto alla retta, viene data anche la consegna di tracciare una retta che colleghi il

punto (0;0) con quello di coordinate (3;28) per ragionare sulla storia che racconta tale

retta.

Inoltre chi vuole, può provare ad ipotizzare come procede la curva e cosa quindi

succede il quarto giorno.

Alessandro”Maestra il doppio di 16, cioè 32”

Maestra: “.. ma il punto al 4° giorno dove arriva? Cioè quante caramelle Carletto

sarebbe arrivato a mangiare in 4 giorni?”

Qualcuno: “Bisogna fare 28 + 32 … e così si arriva a 60 caramelle.”

… I ragazzi continuano a lavorare …

Ad un certo punto il gruppo di Claudia, Flora ed Alessandro richiama l‟attenzione

mia e dell‟insegnante per raccontare l‟intuizione avuta:

Claudia. “Allora, noi abbiamo riflettuto sulla differenza tra questi due disegni sul

piano cartesiano e abbiamo scoperto che la CURVA rappresenta il nostro problema

e il primo pezzo dice che Carletto mangia 4 caramelle il primo giorno, poi 8

caramelle il secondo e 16 il terzo, anche se i punti non corrispondono a 4-8-16,

perché ogni volta abbiamo sommato le caramelle precedenti con le nuove. E da

questa linea si capisce quindi che ogni giorno viene mangiato un numero di

caramelle che è il doppio del giorno precedente.”

Flora: “Con la RETTA invece è come se si utilizza un’altra unità di misura, cioè 9

(anzi più o meno poiché poi diventa anche 9 e mezzo) e c‟è lo stesso RITMO. E‟

come se mangia 9 caramelle al giorno .. ogni giorno mangia lo stesso numero ..

diversamente dalla curva che ci dice che ogni giorno mangia il doppio di quello

precedente. ”

Queste scoperte sono semplicemente emozionanti!!! Esse però non devono essere

condivise con la classe. (La lezione termina e sarà ripresa nel giorno … 17 maggio.)

Per focalizzare l‟attenzione sulla rappresentazione del problema attraverso il PIANO

CARTESIANO, proposta dagli alunni tra i vari disegni, viene affisso alla lavagna un

disegno realizzato dai ragazzi.

Il primo concetto che viene ribadito è quello relativo alla scelta di far riferimento alla

tabella con i dati 4-12-28 piuttosto che 4-8-16. Poi si riflette sulla differenza tra la curva

e la retta.

Maestra: “Il disegno che emergeva dal grafico

cos‟era?”

Flora: “Non era una retta, ma una linea curva.

Invece disegnando una retta che collega zero e 28

abbiamo visto che la figura ci dice che Carletto,

mangiando la stessa quantità ogni giorno ( ossia

9caramelle), in tre giorni arriva comunque a 28. ”

Vengono sollecitati a partecipare al discorso anche

altri alunni …

Maestra: “Perché è uscita una curva e non una

retta?”

Maddalena: “Perché mangia il doppio ogni

giorno!”

Qualcun altro: “Mangia una quantità diversa ogni

giorno”

Luca: “Maestra sul piano cartesiano non vanno solo

linee rette anche le curve !!!”

Claudia non risponde alla domanda ma vuole dire

Non è un‟acquisizione

semplice per tutti gli alunni

e quindi decidiamo di

alimentare ancora un po‟ la

discussione

una cosa per far capire meglio cosa rappresenta la

curva.

L‟alunna suggerisce di tracciare, a partire dal punto

A (vedi figura) un rettangolo (rosso tratteggiato)

che evidenzi le caramelle mangiate il 1° giorno.

28 C

12 B

4 A

1° g. 2° g. 3° g.

Claudia: “Se tracciamo le linee di azzurro vediamo

le caramelle mangiate il 2° giorno, se tracciamo il

rettangolo viola vediamo le caramelle mangiate il

3° giorno.”

Aggiunte quelle linee al disegno, l‟insegnante

stimola la classe con una domanda difficile:

“Se guardate attentamente la figura, sapete

indicarmi solo le caramelle cha Carletto ha

mangiato il secondo giorno?”

Flora: “Sono queste (viene indicato il rettangolo

azzurro)”

Claudia: “Maestra se diciamo tutto il rettangolo

azzurro compreso quello rosso stiamo indicando le

caramelle del 2° + quelle del 1° giorno, quindi le

caramelle in tutto. Se invece vogliamo indicare

solo le caramelle del 2° giorno bisogna considerare

solo questa figura (rettangolo azzurro meno

rettangolo rosso)”

Maestra: “Esatto!!! Allora consideriamo per ora il

rettangolo più piccolo, che chiamiamo A ed il

rettangolo più grande B. In questo disegno sono

scritte più di una informazione …”

Emanuele: “Maestra tutto il rettangolo rosso dice la

caramelle mangiate IL 1° giorno, tutto il rettangolo

azzurro dice le caramelle mangiate IN 2 GIORNI.”

Maestra: “Quel 12 quindi, cosa sono?”

Claudia immediatamente interviene: “IL 12

INDICA LE CARAMELLE MANGIATE IN 2

GIORNI, QUELLE MANGIATE IL 2° GIORNO

SONO 8!”

Maestra: “Chi mi le sa indicare su questo grafico

solo le caramelle del 2° giorno?”

Alessandro va alla lavagna e inizia a contare dal

punto 4 sull‟asse delle y … fino ad arrivare a 12…

dicendo: “Queste sono 8 del 2° giorno.”

Maestra: “Perché è partito proprio da lì?”

… “ Perché ha sommato 4+8=12.

Oppure ha fatto 12 - 4=8.”

Maestra: “Se volessimo guardare all‟asse delle

ordinate come abbiamo fatto con i segmenti

dell‟acqua … Abbiamo un segmento che va da zero

a 12 che indica le caramelle mangiate IN 2

L‟osservazione fatta da

Claudia e alla quale

giungeranno la maggior parte

degli alunni, è straordinaria!!!

Non mi sarei mai aspettata

che si giungesse a scoperte di

tale portata.

GIORNI …

12

4

0

dove sono le caramelle mangiate IL 1° GIORNO?”

Emanuele: “Qua (indicando da zero a 4.)”

Maestra: “Dove sono le caramelle mangiate IL 2°

GIORNO?”

… si contano 8 a partire da 4 fino ad arrivare a 12.

Maestra: “Questo è come il segmento del

contenitore a che aveva in sé anche la B e la D..

ricordate?

Se guardiamo tutto il rettangolo viola cosa

vediamo?”

… le caramelle mangiate IN 3 GIORNI … cioè

28.”

Maestra: “Stiamo scoprendo, quindi che è diverso

dire: “Le caramelle mangiate NEL 3° GIORNO ”

da “Le caramelle mangiate IN 3 GIORNI”.

Giuseppe: “Si, quando si dice IN 3 giorni si indica

complessivamente, considerando anche il 1° e il 2°

giorno.”

Maestra: “E sul nostro piano cartesiano si vede

tutto quello che stiamo dicendo?”

SIIIIIIIIIIIIIIIIII.

Luca: “Ad esempio Il 3° giorno mangia 16, e si

conta a partire da 12 fino ad arrivare a 28. ”

Claudia fa una proposta: “Maestra se dividiamo lo

spazio di questi rettangoli per il numero di

caramelle cha rappresentano possiamo anche

(Continua ad esserci qualcuno

che si confonde e non ha

compreso a pieno la

distinzione che si sta

sottolineando e il nodo

cognitivo si esprime anche

nella incapacità di una

spiegazione verbale

appropriata.

L‟intuizione geometrica di

claudia è geniale, ma è

veramente troppo avanti sia

per la classe che per noi…

sapere a quanto corrisponde una sola caramella in

termini di quadratini. Così possiamo leggere

ancora meglio tutto quello che stiamo dicendo. ”

Maestra: “Allora anche se abbiamo usato la tabella

4-12-28 in questo grafico cartesiano ci stanno le 8 e

le 16 caramelle …???? E dove?”

Qualcuno dice: “Non stanno proprio sul numero

8 dell’asse delle y , ma stanno tra 4 e 12.”

… da 12 (caramelle in 2gioni) – 4 (caramelle nel 1°

giorno)= 8 (caramelle nel 2° giorno).

Maestra: “Vedete quante operazioni di addizione,

sottrazione ci sono in questo grafico? Qui c‟è

raccontato tutto il nostro problema.

Ecco .. in questo grafico ci sono le caramelle

mangiate:

il 1° giorno,

il 2° giorno,

in 2 giorni,

il 3° giorno,

in 3 giorni. … ecco perché è così efficace come

rappresentazione.”

Sonia: “Si maestra e le caramelle non sono

indicate dai numeri ma devi contare.”

Maestra: “Ritorniamo ora alla domanda principale:

QUALE E’ LA DIFFERENZA TRA LA

CURVA E LA RETTA? Con la linea retta a che

giorno si arriva, e con quante caramelle … con la

curva a che giorno si arriva e con quante

caramelle?”

Tutti: “A tre giorni con 28 caramelle … e a tre

giorni con 28 caramelle”.

Queste considerazioni

sottolineano un interesse

vivissimo della classe sulla

lettura del piano che è andato

veramente oltre ogni

aspettativa.

Maestra: “Allora sono la stessa cosa? Può esistere

una retta del genere e che cosa racconta?”

Luca: “Nella retta mangia ogni giorno sempre lo

stesso numero di caramelle, sempre la stessa

quantità”

Giuseppe: “Per me non è così, perché il primo

giorno sono 9, poi +9 arriva a 18, ma poi se fosse

+9 dovrebbe arrivare a 27, invece arriva a 28 …. E

non è la stessa quantità”

Claudia specifica che lei invece ha trovato i numeri

9, 18 e mezzo, e poi 28 .. Quindi per lei non c‟è

sempre lo stesso numero … ma un mezzo in più

ogni volta.

Maestra: “Se noi dovessimo fare il problema della

retta quale sarebbe?”

Emanuele: “Per me la retta dice un altro modo per

arrivare a 28.”

Maestra: “E quale è questo altro modo”.

Molti sono giunti alla conclusione che la retta in

generale indichi “una stessa cosa”, ma nel caso

specifico di Carletto non ci si trova con i numeri

del grafico .. Pertanto tutti gli alunni vengono

invitati a guardare alle rette disegnate sui propri

fogli per notare quali punti precisamente incontra la

retta .

In effetti ognuno nella sua imprecisione, si accorge

di avere numeri diversi:

… qualcuno 8 e ½, 9, 11 e ½ …

… qualcuno 9 e ½ , 9 , 9 e ½ ..

Ecc ….

Maestra: “E le rette cosa ci hanno raccontato fino

ad oggi, negli altri grafici incontrati?”

A questo punto la discussione

si concentra su questo aspetto

… nei tre giorni indicati dalla

retta, si mangia sempre la

stessa quantità, è quale è

questa quantità?

Simone: “Che si fa la stessa cosa ogni giorno”

Maestra: “Esatto … la retta rappresenta un rapporto

uguale”.

Giuseppe a tal proposito ricorda l‟esperienza fatta

tempo fa con il sensore .. che indicava con una

retta il movimento di camminare allo stesso modo,

e con altri grafici altri movimenti, come girare ecc

Sonia: “E anche come il problema della

tartaruga che non era una retta, poichè la notte

scendeva e il giorno saliva.”

Maestra: “Esatto.”

Claudia: “Maestra secondo me la linea retta

l’abbiamo disegnata imperfetta perché è strano il

fatto dell‟ ½ che non ci fa trovare. Infatti noi

abbiamo notato che sul nostro disegno abbiamo

cominciato a disegnare la retta un quadratino più in

là rispetto alla curva.”

Ad un cero punto sento Claudia fare

un‟affermazione eclatante: “Come si fa? Io qua

vorrei sapere quanto fa 28 diviso 3 così ottengo

parti uguali.”

Flora: “In effetti i pezzi sono tutti da 9 e si arriva a

27, poi il quadratino che avanza lo possiamo

dividere in 3/3 .. e fare 1/3, 1/3 e 1/3.”

Quindi se i giorni sono 3 e dividiamo le 28

caramelle in tre parti uguali facciamo 9 e 1/3 ogni

giorno.

Maestra: “Cerchiamo di concludere allora ..”.

Flora: “Guardando la retta e i tre punti che ci sono

sopra, si vede ad occhio che i tre pezzi sono uguali;

invece guardando la curva si vede ad occhio che il

secondo pezzo è il doppio del primo e il terzo è il

doppio del secondo.”

Tutti: “La retta sul grafico indica che si mangia

sempre la stessa quantità.”

.. che ogni giorno si fa la stessa cosa.

Qualcuno: “Maestra comunque noi non ce

l‟aspettavamo una curva infatti all‟inizio abbiamo

disegnato una retta.”

“Diciamo che siamo abituati a vedere più le rette

che le altre forme.”

Maestra: “Adesso sapete capire che quando sul

piano cartesiano trovate una curva c‟è scritto che ci

sono cose che non vanno sempre alla stessa

maniera … che cambiano!”

Flora a conclusione della discussione espone una

sua osservazione: “Maestra io non ho capito una

cosa. Quando abbiamo disegnato i grafici Claudia

ha messo i giorni sotto e le caramelle in verticale,

io il contrario, cioè le caramelle sotto e i giorni

sopra … però nessuno dei due era sbagliato.

Quindi maestra se si fa al contrario viene

sempre una linea curva?”

Maestra: “Tu che pensi? Come verrebbe il

grafico?”

Flora: “Io penso che uscirebbe una curva però …”

Luca: “Secondo me la retta resta uguale, mentre la

curva cambia va dalla parte dell‟asse delle y. … In

fondo questo è successo con il grafico dell‟acqua e

dello zucchero dove noi 3 abbiamo disegnato rette

diverse sul piano cartesiano, cioè al contrario.”

Maestra: “Bene. Sembrano diverse le rette, ma se si

sta attenti a leggere le informazioni del grafico si

legge lo stesso.”

Per mostrare quello che accade invertendo l‟asse

delle ordinate con quello delle ascisse, attacco il

foglio del grafico di Carletto alla finestra in modo

che la luce fa vedere il foglio in trasparenza. E

chiedo ai ragazzi di trovare un orientamento

diverso per trasportare le caramelle in orizzontale e

i giorni in verticale. Dopo un serie di tentativi si

giunge ad effettuare il movimento di ruotare il

foglio di 90° ,verso sinistra … e si scopre il diverso

orientamento della curva.

Conclusioni:

I bambini sono stati davvero bravi ad intuire che il piano cartesiano rappresentava bene

il nostro problema, esso infatti ha dimostrato con chiarezza ed evidenza il rapporto

esistente tra il numero delle caramelle mangiate nei tre giorni e ha consentito di fare

scoperte e riflessioni davvero interessanti.

Nella risoluzione del problema è emersa tutta la complessità del lavoro svolto durante

l‟anno scolastico, infatti il piano cartesiano è stato utilizzato come potente e ricco

strumento di rappresentazione, ovvero strumento che esprime algebricamente la

relazione tra due variabili. A tal proposito mi sembra significativa l‟affermazione di

D.Hawkins in “Imparare a vedere” dove a proposito della interiorizzazione delle

operazioni logiche dice “i bambini possono dare significato a un’informazione

simbolicamente codificata, possono accettarla trasformarla ai propri usi, solo se

hanno costruito da se stessi, attraverso le loro schematizzazioni dell’esperienza i

significati impiegati nel discorso”.

In definitiva il tipo di lavoro di svolto deve essere valorizzato per la sua complessità e

per le potenzialità che presenta di condurre alunni e docenti a risultati inaspettati, molto

superiori a quanto avviene con la didattica ordinaria.

PRIMA VERIFICA

Problema del percorso stradale

Giorno 17 Maggio 2010

“ I SIGNORI ROSSI HANNO PERCORSO 260 CHILOMETRI PER

RAGGIUNGERE AREZZO DALLA LORO CASA. DURANTE IL VIAGGIO SI

SONO FERMATI PER IL PRANZO E DOPO IL PRANZO HANNO PERCORSO UN

TRAGITTO LUNGO QUATTRO VOLTE QUELLO PERCORSO PRIMA DEL

PRANZO. INDICA I CHILOMETRI PERCORSI FINO AL MOMENTO DEL

PRANZO, I CHILOMETRI PERCORSI DOPO E LA RELAZIONE ESISTENTE

TRA LE DUE PARTI DEL PERCORSO. RISOLVI IL PROBLEMA CON FORMULE

E RAPPRESENTAZIONI.”

Riflessioni iniziali:

Il problema presenta la medesima struttura di quello delle “Caramelle di Carletto”,

infatti la sua soluzione emerge proprio nel momento in cui vengono individuate le 5

parti di cui è composto il percorso complessivo per giungere ad Arezzo, che corrisponde

a 260 km. Quindi se è stata già esplorata la struttura del problema di Carletto si suppone

che tale quesito sia immediato. Non a caso i due problemi sono stati presentati di

seguito … si è pensato infatti ad una verifica delle capacità degli alunni di riconoscere e

applicare una strategia operativa in un nuovo contesto … e ci si aspetta l‟immediata

soluzione del problema da parte di un numero consistente di alunni in virtù del

“riconoscimento” della struttura algebrica ad esso sottostante, della quale abbiamo

ampiamente discusso e commentato nel problema precedente.

Codifiche:

Il problema è stato sottoposto agli alunni della classe ed il tempo stabilito per risolverlo

è stato di 20 minuti. Nel tempo previsto tutti hanno provato a trovare una risposta al

problema anche tentando una rappresentazione efficace, ma solo pochi (meno di quanto

si immaginava) sono giunti alla soluzione.

Considerazioni:

A primo impatto ci è sembrato che la difficoltà principale incontrata dai ragazzi fosse

stata la comprensione del testo in italiano del problema, successivamente invece,

l‟insegnante di classe ha notato che ciò non era avvenuto per tutti, ma solo per chi aveva

riconosciuto la struttura algebrica in Carletto (e qualcun altro).

In realtà il problema dell‟ “incomprensione” linguistica è alquanto complesso poiché da

una parte l‟uso della lingua agisce come un potente inibitore nel riconoscimento della

struttura del problema, dall‟altra l‟incomprensione linguistica rivela il non

riconoscimento della struttura. Si pensa quindi che non ci sia un prima e un dopo, un

originale ed una traduzione (nel senso di ARAL), e che la difficoltà incontrata dai

ragazzi non sia semplicemente di traduzione scorretta. Esiste piuttosto un reciproco e

relazionale non riconoscimento!

Allo stesso tempo, abbiamo sperimentato che la lingua (intesa come spiegazione

dell‟insegnante o anche dei compagni) non aiuta a costruire la struttura, o per lo meno

non la svela in maniera automatica; l‟ interiorizzazione o anche “l‟assimilazione”, per

dirla con Piaget , ha sicuramente una dimensione “sociale” che passa per la

comunicazione in lingua naturale, ma passa prioritariamente attraverso una

“costruzione” ed un “riconoscimento” individuale che per alcuni alunni non è ancora

avvenuto. Tra l‟altro il linguaggio (così come le altre modalità di rappresentazione) è un

artefatto cognitivo, che ha una dimensione sociale ed una individuale che vanno

conciliate come due facce della stessa medaglia. Infatti proprio guardando i lavori

realizzati dai ragazzi emerge che soltanto coloro che in Carletto hanno riconosciuto la

struttura algebrica sono riusciti immediatamente ad applicarla nel nuovo contesto,

diversamente, coloro che avevano solo compreso il ragionamento dei compagni senza

ancora acquisirlo pienamente e farlo proprio, con il problema del “Percorso stradale”

hanno dimostrato effettivamente la mancata acquisizione della struttura algebrica

della situazione problematica affrontata. Ciò dimostra la complessità del processo di

costruzione di una struttura cognitiva … della quale non ci si appropria soltanto dopo

aver ricevuto un radicale stimolo esterno, ma … essa necessita un passaggio effettivo

nella propria mente, una sperimentazione personale, una scoperta individuale.

Rappresentazioni efficaci:

In questa rappresentazione Flora riutilizza adeguatamente l‟aerogramma sperimentato

efficacemente nel problema di Carletto.

Nei presenti lavori sono evidenti le 5 parti di cui è composto il percorso totale e così è

immediato l‟approdo alla soluzione del problema.

260 : 5= 52 km (ogni parte) …….……. 52 km prima di pranzo,

52x4= 208 km dopo pranzo.

Letture distorte del problema:

Nella seguente rappresentazione viene considerato il momento del pranzo a metà del

percorso.

Di seguito, il percorso totale viene considerato diviso in sole 4 parti senza includere

anche il tragitto pre-pranzo.

Nei successivi lavori vengono individuate le 5 parti di cui è composto il viaggio, ma ad

ognuna viene dato il valore di 260 km. Ciò è legato all‟incomprensione delle azioni

narrate nel testo del problema.

La metafora della strada ha indotto molti alunni ad utilizzare il segmento come

mediatore simbolico, ma ciò non è stata una scelta risolutiva … È come se gi alunni

avessero conosciuto lo strumento, ma non sapessero bene come usarlo, quindi nella

rappresentazione è successo per assonanza ciò che è successo nell‟interpretazione del

testo.

Conclusioni:

Con il problema del “Percorso stradale” è emersa chiaramente la complessità del

riconoscimento della struttura algebrica di una situazione problematica, o meglio della

struttura dell‟equazione in essa presente, pertanto saranno proposti alla classe gli ultimi

due problemi, con struttura simile, orientati ad approfondire:

- il concetto di uguaglianza, ovvero il significato del senso dell‟uguale,

generalmente utilizzato in un‟ottica direzionale piuttosto che relazionale;

- la potenza della rappresentazione grafica qualitativa come valido strumento di

comprensione e di supporto per il passaggio dall‟aspetto procedurale a quello

strutturale di una relazione.

In questo modo si vuole verificare ulteriormente nell‟alunno la capacità di individuare la

struttura dell‟equazione attraverso l‟utilizzo delle rappresentazioni.

I temi appena esplicitati si pongono al centro del presente lavoro sperimentale e sono

effettivamente ripresi nel “Problema della bilancia” (il primo ad essere somministrato) e

nel successivo “Problema dei nastri”.

SECONDA VERIFICA

Problema della bilancia

“UNA BILANCIA A DUE PIATTI È IN EQUILIBRIO. SU UN PIATTO CI SONO

UNA BOTTIGLIA DI LATTE, UN PACCHETTO DI BURRO E DUE PESI, DI 30 E

40 GRAMMI. SULL‟ALTRO CI SONO UN PACCHETTO DI BURRO E UN PESO

DA 220 GRAMMI. QUANTO PESA LA BOTTIGLIA DI LATTE?

SI PUÒ SAPERE IL PESO DEL BURRO?”

Riflessioni iniziali:

Questo problema è stato scelto in linea con recenti studi che, esplorando l'uso di

metafore culturalmente significative per favorire il passaggio dall'aritmetica all'algebra,

hanno individuato la metafora della bilancia a piatti come mediatore efficace per

l‟avvio al concetto di equazione, per la scoperta del principio dell‟equilibrio

(strettamente connesso al senso dell‟uguale) e dei principi di equivalenza, inducendo gli

alunni anche ad una rappresentazione efficace ai fini della risoluzione del problema. Del

resto, occorre precisare che la ricerca nell‟ambito della didattica della matematica ha

sottolineato anche alcuni aspetti di rischio presenti in un uso prolungato della metafora

della bilancia, legati soprattutto alla possibilità che si creino nei bambini degli stereotipi

e quindi delle “fissità concettuali”, o addirittura dei “misconcetti”, che potrebbero

rappresentare dei freni o dei “distorsori” ad uno sviluppo coerente del pensiero

algebrico.

Nella consapevolezza di quanto detto, agli alunni della classe è stato proposto il

Problema della bilancia con l‟obiettivo di verificare in che modo la bilancia si pone

come “mediatore simbolico/semiotico significativo” nel senso che conduce gli alunni ad

una rappresentazione efficace e all‟individuazione della struttura dell‟equazione.

Breve accenno alla discussione collettiva:

La somministrazione del problema è stata preceduta da un breve ma significativo

dibattito nato dalla lettura della traccia. Infatti, in una prima fase di presentazione del

problema, prma di dare agli alunni il tempo necessario per la risoluzione individuale, è

stato dato spazio ad un momento di discussione collettiva che ha visto i bambini intenti

nell‟esplorazione del significato del termine “equilibrio”.

In un primo momento la parola “equilibrio” ha riportato alla mente dei bambini

definizioni e osservazioni esplicitamente riferite ai piatti della bilancia, ossia ad una

caratteristica dello strumento, ad un dato concreto osservabile da un suo effettivo

utilizzo.

- Qualcuno dice: “Stare in equilibrio vuol dire che stanno alla stessa altezza

(stanno uguali)”.

- … “si riferisce alla bilancia vuota, se ci metti qualcosa sopra potrebbero non

essere uguali”.

In entrambe le risposte il riferimento è ai piatti della bilancia.

Successivamente, in seguito all‟intervento …

“Stare in equilibrio indica che ci sono sopra due cose uguali” …,

si è affrontato in maniera davvero interessante il concetto di uguaglianza che ha

aperto una significativa discussione relativa alle varie caratteristiche che possono

rendere uguali due oggetti (forma, peso, altezza ecc…). La stimolazione

dell‟insegnanate infatti è stata:

- “MA UGUALI COME?”

… e molti alunni hanno sostenuto:

- “Forse debbono proprio essere le stesse cose!”

In effetti è stata messa in gioco la distinzione tra l‟uguaglianza esteriore tra due oggetti

e l‟equivalenza di peso degli stessi, facendo riferimento ad una serie di esperienze

condotte in classe … e soltanto dopo un efficace confronto, si è giunti a condividere la

risposta:

- … “nel nostro caso non conta l’uguaglianza di fuori, conta il peso”.

- “Si, devono essere uguali di peso!”

In verità non è semplice stabilire un‟uguaglianza su una proprietà dell‟oggetto che non è

visibile (quale il peso), ed è interessante sottolineare come tale questione rievochi

alcune discussioni e quei nodi concettuali già affrontati con l‟esperienza dei contenitori.

Precisamente, durante il secondo lavoro, che poneva il seguente quesito “Ci sono due

contenitori vuoti di forma diversa. Come fareste se vi dicessi di versare la stessa

quantità d’acqua in entrambi?”, era radicata in molti la difficoltà di definire

l„uguaglianza tra due quantità in termini di misurazione (2 bicchieri nel contenitore A e

2 bicchieri nel contenitore B), in quanto prevaleva la tendenza ad osservare il livello che

l‟ acqua raggiungeva nei due contenitori e considerare quest‟ultimo come criterio di

uguaglianza.

Rappresentazioni grafiche

Osservando i lavori realizzati dai ragazzi è possibile verificare che la maggior parte di

essi ha interiorizzato l‟uso della rappresentazione grafica come strumento risolutivo di

una situazione problematica. Molti sono i disegni che si mostrano davvero interessanti

ai fini del presente lavoro sperimentale e in alcuni di essi , come in quello seguente, si

evince esattamente l‟avvenuta individuazione della struttura dell‟equazione consistente

nell‟uguaglianza del peso presente sui due piatti della bilancia sebbene vi siano oggetti

diversi a costituirlo, nel primo caso BURRO+LATTE+30g+40g; nel secondo caso

BURRO+220g.

Oltre alla rappresentazione, ivi è presente anche una chiara spiegazione della

“neutralità” del peso del burro ai fini dell‟equilibrio dei piatti della bilancia e allo stesso

tempo degli effetti della sua presenza sull‟uguaglanza.

Alla stessa soluzione giunge anche un altro alunno, ma attraverso una seconda

rappresentazione …

… ugualmente efficace. Qui, il senso di quanto spiegato a parole nel 1°disegno in

riferimento al peso del burro è sintetizzato con la scelta di scrivere all‟interno dei due

rettangoli rappresentativi del burro “1 o 2 o 3 …” che significherebbe: “il burro,

presente su entrambi i piatti della bilancia, può avere qualsiasi peso”. Inoltre è da

notare che mentre sul primo piatto vengono rappresentati, sempre con dei rettangoli,

LATTE(150), peso da 30g e peso da 40g … sul secondo piatto viene rappresentato il

peso di 220g direttamente come la somma i 70g e 150g. E in questo diverso modo di

intendere il “numero” è possibile rintracciare una risoluzione immediata al problema.

Ulteriore rappresentazione interessante è la seguente, che fa un uso talvolta efficace dei

segmenti, sebbene non mostri in nessun caso la considerazione/rappresentazione del

pezzo di burro, come se quest‟ultimo fosse un elemento escluso a priori dalla struttura

del problema e pertanto non utile alla definizione della soluzione.

Conclusioni:

Il problema somministrato è stato un utile strumento di verifica in quanto ha fatto

emergere chiaramente le modalità rapresentative acquisite dagli alunni attraverso le

quali è possibile riscontrare l‟avvenuto riconoscimento, per alcuni, della sruttura

algebrica del problema. Del resto, come in altre sperimentazioni svolte di recente, il

“problema della bilancia” anche in questo caso, si è mostrato interessante

principalmente per la potenzialità che ha di sollecitare l’esplorazione dell’idea di

equilibrio come metafora dell’uguaglianza. La “bilancia” in effetti, sebbene offra

molteplici opportunità di riflessione, quando viene utilizzata dai bambini, non viene

immediatamente percepita come mediatore della struttura dell‟equazione, ma risulta,

ancora una volta, molto utile per stimolare la definizione del concetto di equilibrio e di

uguaglianza. Precisamente la nostra intuizione è che, sempre ragionando in termini di

“strutture”, la bilancia riesca ad evocare l‟equazione in chi già la conosce ponendosi in

qualche modo come una struttura esemplificativa ma comunque “imposta”. Viceversa la

SMAS, con la quale i bambini hanno ampiamente lavorato, sembra essere

percettivamente e operativamente più naturale, come se fosse una struttura

cognitivamente precedente.

In effetti è bene notare come, dal punto di vista della rappresentazione, la metafora

“orizzontale” della bilancia a piatti che ha nel centro l‟uguale viene, nella quasi totalità

dei casi, trasformata in una rappresentazione “verticale” dove i due piatti vengono

confrontati mettendoli uno sotto l‟altro. Ciò in qualche maniera riporta all‟ipotesi di

ricerca del presente lavoro di tesi ovvero al fatto che alla base del confronto per quantità

c‟è la SMAS cioè una struttura simile alla struttura additiva descritta da Davydov.

TERZA VERIFICA

Problema del nastro

“ELENA TAGLIA UN NASTRO IN DUE PARTI, UNA PARTE È PIÙ LUNGA DI 8

CM. TAGLIA POI A METÀ LA PARTE PIÙ CORTA E NE RICAVA DUE PEZZI

DA 36 CM. QUANTO ERA LUNGO IL NASTRO ALL‟INIZIO? IN QUANTI PEZZI

È STATO TAGLIATO?”

Riflessioni iniziali:

In continuità con il “problema della bilancia” è stata somministrata agli alunni come

verifica l‟ultima situazione problematica con struttura simile a quella precedente. Tale

attività ha consentito di verificare ulteriormente l‟avvenuta acquisizione del concetto di

uguaglianza, dando ai bambini la possibilità di riconoscere la struttura algebrica del

problema e l‟equazione in essa presente mediante l‟utilizzo di una rappresentazione

grafica qualitativa.

Rappresentazioni grafiche:

Le rappresentazioni realizzate dagli alunni, a conclusione del percorso sperimentale,

risultano davvero efficaci e indicative di un chiaro riconoscimento della struttura

algebrica del problema. Precisamente, le due seguenti rappresentazioni descrivendo i

diversi passaggi della risoluzione, conservano da una parte una necessità procedurale di

narrazione della storia, ma dall‟altra descrivono bene proprio le fasi di risoluzione di

un‟equazione algebrica con i diversi principi “di equilibrio e sostituzione”.

Seguono, ancora, delle rappresentazioni molto interessanti per l‟originalità e la capacità

di sintesi di cui sono caratterizzate. Da esse si evince chiaramente che l‟equilibrio è

completamente interiorizzato nella formalizzazione.

Infine, per quanto riguarda la risposta al secondo quesito del problema, relativo al

“numero di pezzi in cui è stato tagliato il nastro originario” … è bene precisare che

la gran parte degli alunni ha dato una risposta corretta, ovvero ha specificato che il

nastro iniziale è stato diviso in 3 parti, come si evince chiaramente dal penultimo

disegno (1=nastro più lungo 80cm ;2=metà nastro corto 36cm; 3=metà nastro corto

36cm). Ovviamente chi ha fatto una rappresentazione corretta non ha avuto alcuna

difficoltà ad evincere la risposta corretta al quesito, mentre c‟è stato qualcuno che ha

erroneamente considerato “4” le parti tagliate dal nastro iniziale includendo anche il

pezzetto di 8cm caratteristico della parte di nastro più lunga.

Conclusioni:

Il lavoro svolto ha fatto emergere la naturale tendenza dei bambini a rappresentare la

relazione di uguaglianza tra due o più oggetti, quantità, lunghezze, ecc … attraverso

l‟operazione del confronto che comporta uno spontaneo utilizzo della SMAS come

metafora spaziale sottostante la struttura dell‟equazione, piuttosto che “i piatti della

bilancia”.

CONCLUSIONI

Al termine di un lavoro di tesi, realizzato con elevato impegno ed effettivo spirito di

ricerca, non può mancare un significativo momento di analisi e di riflessione sistematica

sul percorso svolto, per effettuare una ricostruzione critica dell‟esperienza vissuta che

faccia emergere punti di arrivo, nodi problematici, punti di forza ed eventuali punti di

debolezza. Innanzitutto, per predisporre un percorso di avvio al pensiero algebrico nella

scuola primaria, è stato necessario approfondire gli studi e le ricerche realizzate su tale

tematica focalizzando l‟attenzione su alcune esperienze significative esistenti nel

contesto internazionale/nazionale. Esplicito riferimento è stato fatto al progetto “ArAl”

(Percorsi nell'Aritmetica per favorire il pensiero pre-Algebrico) che, ispirato al filone di

ricerca dell‟early algebra, si pone l‟obiettivo di rinnovare l‟insegnamento dell‟area

aritmetico-algebrica nella scuola dell‟obbligo italiana.

Oltre a tali esperienze, sono stati presi in considerazione i recenti studi condotti sulla

doppia radice cognitiva del numero, e principalmente la teoria di Davydov relativa alla

centralità della “quantità” nel processo di evoluzione dei concetti matematici. Lo

studioso russo, con le sue ricerche, ha dimostrato in che modo i bambini lavorando con

le quantità e le proprietà delle loro relazioni riescono a comprendere il concetto di

numero e a riconoscere le relazioni strutturali che regolano le operazioni. A partire da

ciò, con la presente tesi, è stata sperimentata la possibilità che un simile lavoro potesse

dar vita ad un efficace percorso di avvio al pensiero algebrico nella scuola primaria.

Precisamente l‟ipotesi di ricerca sottostante al ricco e complesso percorso di

sperimentazione realizzato, è stata quella di verificare che il lavoro sulle quantità

consentisse agli alunni il riconoscimento di strutture e l‟introduzione delle equazioni

lineari.

Gli esiti raggiunti dai bambini, al termine del percorso, sono stati molto positivi,

superando in alcuni casi le nostre aspettative, e l‟analisi complessiva delle attività

realizzate ha lasciato emergere, in primis, l’importanza del lavoro sulle quantità che,

consentendo la produzione di trasformazioni, di passaggi da uguaglianze a

diseguaglianze ecc…, si è posto come contesto nel quale i bambini hanno esplorato

consapevolmente le operazioni di addizione e sottrazione comprendendone il valore, le

proprietà e la struttura algebrica. Tale lavoro di scoperta delle peculiarità della struttura

additiva, ha infatti garantito un primo approccio alla struttura dell‟equazione,

sostenendo sin dall‟inizio un effettivo utilizzo di quest‟ultima come strumento per

“descrivere relazioni tra quantità e per operare su quantità ignote come se fossero note”.

In verità non ci si aspettava che i bambini riuscissero spontaneamente e con singolare

immediatezza a riconoscere le relazioni esistenti tra le quantità osservate alla cattedra,

invece c‟è stata in alcuni la tendenza a trovare uguaglianze anche mediante l‟utilizzo di

operazioni, e ciò ha dato vita ad un lavoro imprevisto molto interessante. Esso ha

dimostrato la presenza nei bambini di una elevata flessibilità mentale e ha lasciato

pensare “all’equazione” come una struttura naturale di cui l‟individuo è in possesso

ma che se non viene stimolata adeguatamente va incontro a quelle distorsioni che

emergono esplicitamente nella formalizzazione della scuola secondaria. Il processo di

lavoro con le più semplici espressioni letterali, inoltre, si è posto come promotore del

ragionamento, del confronto mentale e di una valutazione logica delle specifiche

dipendenze che conducono verso l‟esecuzione diretta delle operazioni aritmetiche.

Inoltre, stimolando il riconoscimento strutturale delle operazioni compiute attraverso

l‟utilizzo di rappresentazioni grafiche qualitative, gli alunni hanno proposto in

maniera naturale delle strutture molto efficaci che, in seguito ad un complesso

lavoro di analisi e riflessione collettiva, sono state perfezionate e condivise dalla

maggior parte. I bambini, infatti, in maniera critica e consapevole, hanno ragionato a

lungo sull‟importanza della rappresentazione, della sua efficacia, della sua

immediatezza e chiarezza, sperimentando, dall‟osservazione dei loro stessi disegni,

come una rappresentazione realizzata con l‟intenzione di comunicare delle informazioni

possa avere una lettura distorta se non è chiara, sintetica e adeguata. Lavoro questo che

ha preparato gli alunni ad usare e comprendere la struttura delle espressioni e la loro

importanza nella risoluzione delle equazioni, incontrate successivamente in diverse

situazioni problematiche. Somministrati infatti diversi problemi, con l‟obiettivo di

conoscere in che modo gli alunni avrebbero utilizzato supporti iconici significativi per il

riconoscimento di strutture algebriche, è emersa una naturale tendenza dei bambini a

rappresentare la relazione di uguaglianza tra due o più oggetti, quantità, lunghezze, ecc

… attraverso l‟operazione del confronto che ha comportato uno spontaneo utilizzo

della SMAS come metafora spaziale sottostante la struttura dell’equazione. Infatti

la SMAS, con la quale i bambini hanno ampiamente lavorato durante il percorso, è

sembrata essere una struttura percettivamente e operativamente molto naturale.

Da un punto di vista didattico/metodologico, il percorso sperimentale, definito di volta

in volta sulla base di decisioni prese in itinere in base ai bisogni e alle risposte degli

alunni, è stato caratterizzato da un accurato lavoro di riflessione, di ricerca e di analisi

degli elaborati, ma soprattutto dalla costante guida dell‟insegnante/ricercatrice di classe,

che con la sua spiccata sensibilità è stata sempre in grado di individuare e seguire

l‟evoluzione del pensiero dei bambini per mettere in atto una mediazione didattica

efficace. Del resto non bisogna pensare che tutta la classe abbia partecipato alle attività

senza incontrare alcun ostacolo cognitivo, ma, nella consapevolezza che certe

acquisizioni, per noi adulti di senso comune, non sono affatto scontate per chi costruisce

conoscenze, in molti casi è stato fondamentale far emergere quei modelli mentali di cui

i bambini erano in possesso stimolando l‟argomentazione, l‟esposizione del proprio

ragionamento e predisponendo la cattedra come tavolo di sperimentazione. In questo

modo ciascun bambino ha avuto la possibilità di esplicitare il proprio pensiero e

mostrarlo a tutti i compagni in termini di “azione” (usando il linguaggio di Bruner).

Durante le attività, in effetti, si è avuto modo di sperimentare la complessità del

processo di costruzione di una struttura cognitiva, della quale non ci si appropria

soltanto dopo aver ricevuto un radicale stimolo esterno, ma che necessita un passaggio

effettivo nella propria mente, una sperimentazione personale, una scoperta individuale.

L‟assimilazione (per dirla con le parole di Piaget) ha sicuramente una dimensione

“sociale”, che passa attraverso la comunicazione, ma essa, prioritariamente, deve

passare attraverso una “costruzione” ed un “riconoscimento” individuale, che in alcuni

alunni, terminato il percorso sperimentale, non è ancora avvenuto. Coloro, infatti, che

hanno partecipato ai momenti di discussione e riflessione collettiva, effettuando solo

una condivisione formale di alcuni concetti, strategie, ecc… e non una loro effettiva

appropriazione, hanno mostrato qualche difficoltà soprattutto nell‟utilizzo della

rappresentazione grafica come supporto iconico alla risoluzione dei problemi. Questa

appropriazione è avvenuta nel caso del Piano cartesiano, strumento di rappresentazione

con il quale i bambini hanno lavorato sin dall‟inizio dell‟anno, ed è emersa chiaramente

nel “Problema di Carletto”. In tale situazione problematica infatti, alcuni alunni hanno

utilizzato spontaneamente il Grafico cartesiano e in maniera appropriata, per

rappresentare la risoluzione del problema, dimostrando come uno strumento

effettivamente acquisito venga riutilizzato in diversi contesti per supportare il proprio

pensiero. Quanto detto, sostanzialmente risponde ad una prospettiva di fondo del

percorso svolto, che è quella di non dare al bambino tecniche e strumenti risolutivi da

utilizzare meccanicamente e in maniera procedurale, ma di fare in modo che i bambini

“imparino a vedere” le strutture sottostanti le operazioni che si compiono, e solo dopo

una comprensione strutturale far emergere spontaneamente l‟utilizzo consapevole di

strumenti. Ecco quanto ritroviamo proprio nel titolo del testo della Hawkins “Imparare

a vedere” (1979) e nelle parole, in esso scritte, che recitano a proposito della

interiorizzazione delle operazioni logiche: “i bambini possono dare significato a

un’informazione simbolicamente codificata, possono accettarla trasformarla ai propri

usi, solo se hanno costruito da se stessi, attraverso le loro schematizzazioni

dell’esperienza i significati impiegati nel discorso”.

Concludendo, l‟introduzione dell‟equazione nella scuola primaria e il più generale

“avvio al pensiero algebrico” ispirato ad un modello evolutivo della conoscenza, come

realizzato con la presente tesi, non vuole essere affatto una presentazione delle regole

formali di un corso sistematico di algebra, piuttosto si prefigge l‟importante scopo di

promuovere nei bambini l‟abilità di usare argomentazioni basate sulle proprietà delle

relazioni, l‟abilità di formulare espressioni elementari a partire dal loro significato e non

da regole esterne di combinazione, ecc…, cosicché anche l‟apprendimento del senso del

numero è sostenuto non solo dalle tecniche del calcolo, ma dallo studio delle relazioni

strutturali che regolano i calcoli.

L‟analisi fatta in quest‟ultimo paragrafo è servita per poter giungere ad alcune

conclusioni da intendere come punto di arrivo di questo lavoro, ma anche come tappe

provvisorie di un percorso che non può ritenersi esaurito e che ci si augura possa dar

luogo a futuri approfondimenti.

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