Università degli Studi Suor Orsola...
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Università degli Studi
Suor Orsola Benincasa
FACOLTA' DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE
CORSO DI LAUREA
IN
SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA
TESI DI LAUREA
IN
FONDAMENTI DI MATEMATICA
LE EQUAZIONI NELLA SCUOLA PRIMARIA:
UN APPROCCIO ALLA LUCE DI UN MODELLO
EVOLUTIVO DELLA CONOSCENZA
Relatore Candidato: Cicala Antonella
Prof.ssa Donatella Iannece Matricola: 008003328
Anno Accademico 2009 - 2010
Indice
INTRODUZIONE………………………………………………………... 4
CAPITOLO 1
L’ALGEBRA NELLA SCUOLA PRIMARIA,
NUOVE PROSPETTIVE
1.1
1.2
1.3
L‟ALGEBRA NELLA SCUOLA PRIMARIA
Nuovi saperi matematici………….………………..….…………………...
Che cos‟è l‟algebra e a cosa serve….…………….………………...
Dal linguaggio aritmetico a quello algebrico: aspetti didattici e
metodologici …………………………………………………………
LO STATO DELL‟ARTE SULL‟INSEGNAMENTO DELL‟ALGEBRA NELLA
SCUOLA PRIMARIA A LIVELLO INTERNAZIONALE…………………….
DALL‟ALGEBRA ALLA DOPPIA RADICE COGNITIVA DEL NUMERO……..
7
7
10
11
15
18
CAPITOLO 2
IL MODELLO TEORICO DI DAVYDOV
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
2.6
PREMESSA……………………………………………………………
CRITICA ALL‟INSEGNAMENTO TRADIZIONALE......………………..…..…....
ORIGINE DEL CONCETTO DI NUMERO………………………………….
IL CONCETTO BASE DI QUANTITÀ…………………………………….
IMPLICAZIONI CURRICULARI……………………………………….
CONCLUSIONI DI DAVYDOV…..………………………………………
21
22
24
29
30
38
CAPITOLO 3
PERCORSO SPERIMENTALE
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
3.6
3.7
IPOTESI DI RICERCA………………………………………………….
DESCRIZIONE DEL PERCORSO SPERIMENTALE……….……………….
NUCLEI CONCETTUALI………………………………………………..
INSERIMENTO NEL CURRICOLO DELLA CLASSE………………………
INGREDIENTI CHIAVE…………………………………………………
3.5.1 Il laboratorio……………………….………………..………..
3.5.2 Costruzione sociale dell‟apprendimento…...………..……….
3.5.3 Le sbobinature………………………….…………….………
3.5.4 La collaborazione con l‟insegnante/ricercatore..…………….
3.5.5 Le rappresentazioni grafiche…………………..….………….
ATTUAZIONE………………………………………………………….
PRIMO LAVORO
Tre quantità: relazioni, trasformazioni e rappresentazioni…………
SECONDO LAVORO
Stessa quantità d‟acqua in contenitori di forma diversa…………....
TERZO LAVORO
Quantità diverse da misurare ed eguagliare……………………..........
QUARTO LAVORO
Stessa quantità con bicchieri grandi e piccoli…………………….......
QUINTO LAVORO
Problema del bottiglione……..………………………………………
SESTO LAVORO
Problema di Carletto………………………………………..……...
VERIFICHE………………………………………………………….
PRIMA VERIFICA
Problema del percorso stradale……………………………………..
42
45
51
52
56
56
60
62
63
65
68
69
99
110
124
148
154
190
190
SECONDA VERIFICA
Problema della bilancia………………………………………………
TERZA VERIFICA
Problema dei nastri…………………………………………………
198
205
CONCLUSIONI…………………..……………….…………………..…………….
BIBLIOGRAFIA…………………………………………..…………………………...
209
215
Introduzione
Il presente lavoro di tesi nasce come una sfida culturale e si sviluppa come un percorso
di ricerca disciplinare e didattica. Il problema centrale è “l‟avvio al pensiero algebrico
nella scuola primaria” e le domande che hanno dato inizio al lavoro di ricerca sono state
le seguenti: “Che cosa è l‟algebra? Perché si dovrebbe insegnare alla scuola primaria?
Quali esperienze esistono in questo campo?” … Si tratta di questioni che hanno
condotto in un territorio di analisi inesplorato e molto più ampio di quanto si possa
immaginare dove si sono intrecciate e sovrapposte questioni didattiche, conoscenze
acquisite e misconoscenze disciplinari, tanto che ad un certo punto per non correre il
rischio di un‟overdose informativa è stato necessario fare ordine ed operare delle scelte
con inevitabile parzialità ed incompletezza. Il lavoro compiuto però non vuole essere un
sommario degli studi realizzati sul tema dell‟avvio al pensiero algebrico, ma rappresenta
un tentativo di sintesi personale e un percorso di riflessione e di ricerca ancora aperto
con il quale si è cercato di definire un particolare punto di vista sull‟algebra nella scuola
primaria, sulla base di una convincente giustificazione teorica ed una salda motivazione
pedagogico - didattica, nella convinzione che le scelte di contenuto che un docente
opera non sono mai neutre e riflettono (anche se in maniera inconsapevole) una precisa
idea di scuola e di bambino.
Precisamente, nel primo capitolo, è stato presentato un discorso ad ampio raggio
relativo all‟algebra e all‟attuale condizione del suo insegnamento nella scuola primaria.
Partendo dalla constatazione che un significativo approccio all‟algebra non possa
prescindere da un approfondimento delle ricerche esistenti sull‟apprendimento della
matematica, inizialmente è stata definita una nuova immagine della disciplina in
questione, attraverso l‟analisi di alcune recenti descrizioni di “Mathematical Literacy”
(provenienti da diverse fonti nazionali ed internazionali), che ne fanno emergere l‟utilità
e lo spessore formativo. Con la definizione di un nuovo quadro dei “saperi matematici”,
ovviamente, prende vita l‟esigenza di un ripensamento dell‟algebra sia dal punto di vista
dei contenuti che dei metodi di insegnamento. E ciò determina un radicale
distanziamento dalla concezione classica, insieme all‟affermazione di una visione
dell‟algebra come potente strumento di ragionamento e di previsione, come “linguaggio
alto” della matematica adatto a descrivere la realtà, che deve essere insegnato in
continuità con il curricolo di aritmetica e in maniera meno astratta e più funzionale.
Ponendosi su tale linea, è stato analizzato un filone di ricerca internazionale che si è
affermato a partire dagli anni Ottanta e va sotto il nome di “early algebra” (approccio
precoce all‟algebra), che promuove l‟algebra sin dalla scuola primaria in un contesto
prevalentemente aritmetico, insegnando a pensare l’aritmetica algebricamente. Di
fronte a tale approccio, pienamente sposato dal progetto ArAl (Percorsi nell'Aritmetica
per favorire il pensiero pre-Algebrico) che agisce nel contesto italiano, è stata rilevata
una forte e obsoleta adesione all‟ipotesi della centralità del numero come elemento
“primitivo” della conoscenza matematica, ormai superata dai recenti studi (Davydov,
1982; Sophian, 2007), cosicché, da questo elemento, ha preso origine la nostra idea di
sperimentare una nuova prospettiva di avvio al pensiero algebrico. Con il secondo
capitolo, quindi, è stato esposto, in maniera alquanto analitica, il modello teorico che ha
ispirato il presente lavoro di tesi, ovvero la teoria dello studioso russo Davydov, relativa
alla centralità della “quantità” nella formazione dei concetti matematici, ed ha fatto
seguito il percorso sperimentale realizzato con l‟obiettivo di verificare l‟efficacia di un
approccio all‟algebra legato alla descrizione delle relazioni esistenti tra quantità. La
nostra ipotesi di ricerca dettagliata, l‟impianto metodologico scelto, gli ingredienti
chiave caratteristici ed una descrizione dettagliata della fase di attuazione,
accompagnata da commenti, riflessioni e dagli stessi elaborati dei bambini, sono stati
presentati nel terzo ed ultimo capitolo. Infine, a chiusura del complesso lavoro svolto,
non è potuta mancare una piccola parte dedicata alle conclusioni e a riflessioni
complessive che sintetizzano l‟efficacia della sperimentazione condotta e l‟importanza
del suo impianto teorico.
CAPITOLO 1
L’ALGEBRA NELLA SCUOLA PRIMARIA,
NUOVE PROSPETTIVE
1.1 L’ALGEBRA NELLA SCUOLA PRIMARIA
Nuovi saperi matematici
Un approccio significativo al tema dell‟apprendimento e dell‟insegnamento dell‟algebra
e delle difficoltà ad esso connesse deve essere affrontato a partire dal vasto campo
d‟indagine delle ricerche sull'apprendimento della matematica (e non solo). La
letteratura internazionale evidenzia la crisi dell'insegnamento tradizionale e un‟ampia
riflessione in corso sul significato e sulle finalità dei processi d‟insegnamento ed
apprendimento in relazione ai nuovi “saperi”. In un momento di grandi cambiamenti e
trasformazioni in cui l‟innovazione tecnologica pone problemi di grande complessità,
infatti, è necessario rivedere gli statuti epistemologici delle discipline alla luce di ciò
che è più utile apprendere, imparare ed insegnare. La matematica è forse la disciplina
che ha risentito maggiormente di questo mutamento culturale ed, infatti, è stato messo
in crisi il concetto stesso di utilità dei saperi della matematica, disciplina percepita come
sempre più distante dagli altri ambiti di conoscenza. A partire da questa crisi si è aperto
un ampio spazio di riflessione in cui si è cercato di definire una nuova immagine della
disciplina pensata in una dimensione storico-culturale che ne facesse comprendere
l‟utilità e lo spessore formativo. A questo proposito si riportano (da diverse fonti
nazionali ed internazionali) alcune recenti descrizioni di “Mathematical Literacy” che
appunto cercano di definire un nuovo quadro di “saperi matematici”.
Il Programme for International Student Assessment (PISA 2003) definisce la
Mathematical Literacy come:
La capacità di un individuo di individuare e comprendere il ruolo che la
matematica gioca nel mondo reale, di operare valutazioni fondate e di utilizzare la
matematica e confrontarsi con essa in modi che rispondono alle esigenze della vita
di quell‟individuo in quanto cittadino impegnato, che riflette e che esercita un ruolo
costruttivo.
Le Indicazioni per il curricolo (2007) affermano che:
La matematica ha uno specifico ruolo nello sviluppo della capacità generale di
operare e comunicare significati con linguaggi formalizzati e di utilizzare tali
linguaggi per rappresentare e costruire modelli di relazioni fra oggetti ed eventi. In
particolare, la matematica dà strumenti per la descrizione scientifica del mondo e
per affrontare problemi utili nella vita quotidiana, inoltre contribuisce a sviluppare
la capacità di comunicare e discutere, di argomentare in modo corretto, di
comprendere i punti di vista e le argomentazioni degli altri.
NCTM, (The National Council of Teachers of Mathematics) prestigiosa Associazione
americana di insegnanti di matematica ha pubblicato nel 2000, “Principi e Standard per
la matematica nella Scuola”, il documento mette in evidenza i punti essenziali di un
programma scolastico di matematica di alta qualità in un periodo di grandi
trasformazioni in cui è necessario che tutti gli studenti imparino la matematica:
I programmi di matematica dovrebbero fornire l‟accesso alle idee
matematiche e dovrebbero favorire agli studenti l'abilità a ragionare analiticamente;
in una società satura di informazioni quantitative che variano, dai dati sul
cambiamento del clima ai sondaggi politici alle indagini di mercato, tali abilità
aiuteranno gli studenti a comprendere, prendere giuste decisioni, e influire sul
proprio mondo; l‟insegnamento della matematica dovrebbe contribuire allo
sviluppo di un pubblico consapevole dei contributi che la matematica dà alla
società e capace di determinare le conseguenze sociali ed economiche delle proprie
decisioni, ma anche di quelle prese dai suoi rappresentanti.
Tutti questi documenti sembrano puntare l‟attenzione sulla necessità di scegliere
contenuti essenziali, adeguati all‟evolvere della società e di forte valore formativo per
l‟uomo e per il cittadino del futuro.
NCTM dopo il lavoro sugli standard, nel 2006 ha elaborato il documento “Nuclei
fondanti del curricolo di matematica dalla scuola dell'infanzia alla terza media” in esso
sono illustrati cinque temi di carattere contenutistico (Numeri e operazioni; Relazioni,
funzioni e algebra; Geometria e senso spaziale; Misura; Analisi di dati, statistica e
probabilità) e cinque di carattere metodologico, (Problem solving; ragionamento e
dimostrazione; Comunicazione; Collegamenti, Rappresentazioni).
I nuclei fondanti sono gli elementi organizzatori del curricolo e rappresentano molto di
più di una lunga lista di conoscenze, abilità e competenze. Quando il curricolo è basato
sui nuclei fondanti riesce ad essere formulato in modo coerente e interconnesso nel
progressivo snodarsi delle classi. Insegnare per nuclei fondanti, afferma Bruno
D‟Amore, (2000) significa: “Tessere una rete concettuale, strategica e logica” in modo
che i concetti scelti costituiscano interesse per sé e comportino sviluppi che
coinvolgono ed amalgamano altri contenuti ritenuti chiave nello sviluppo della
disciplina.
Che cos’è l’algebra e a che cosa serve
La consapevolezza dell‟utilità dei saperi matematici che sta inducendo un rinnovamento
dei curricoli comporta anche un ripensamento dell‟algebra sia dal punto di vista dei
contenuti che dei metodi di insegnamento. Si va affermando una visione dell‟algebra in
continuità con il curricolo di aritmetica, meno astratta e più funzionale, intesa come
linguaggio adatto a descrivere la realtà. È più chiara la consapevolezza del linguaggio
algebrico, come potente strumento di ragionamento e di previsione, che permette,
attraverso la messa in formula di conoscenze o di ipotesi sui fenomeni, la derivazione di
nuove conoscenze dai fenomeni stessi. L‟algebra quindi come “linguaggio alto” della
matematica permette l‟accesso a conoscenze scientifico-tecnologiche in crescenti campi
di impiego e contribuisce a formare cittadini dotati di strumenti critici.
Nello standard “modelli, funzioni e algebra” la connessione tra l'algebra, i numeri e le
situazioni del quotidiano è particolarmente valorizzata attraverso un uso sistematico di
simboli, descrizioni algebriche dei sistemi matematici, modelli di fenomeni e studio
matematico del cambiamento. Queste nozioni non sono solo legate le une alle altre, ma
anche strettamente collegate al numero e alle operazioni nonché alla geometria,
formando il linguaggio base con il quale si esprime la matematica.
Negli standard lo stretto legame dei contenuti algebrici con quelli aritmetici si riflette in
una riorganizzazione del curricolo che vede l‟introduzione al pensiero algebrico già
dalla scuola dell‟infanzia:
Lo studio di modelli, funzioni e algebra, dovrebbe incominciare
informalmente nei primi anni e svilupparsi in raffinatezza e ampiezza nei
successivi anni scolastici.
Le prime esperienze con concetti di modelli, funzioni e algebra possono fornire una
base consistente per preparare gli studenti a una più intensa attenzione su questa area nei
livelli intermedi e attraverso tutto il percorso della scuola secondaria. I simboli algebrici
e le procedure per lavorare con tali simboli sono una realizzazione elevata e
rappresentano elementi critici nell'attività matematica. Il modo migliore per imparare
l'algebra è concepirla come un insieme di concetti e tecniche legate alla
rappresentazione di relazioni quantitative e come uno stile del pensiero matematico per
formalizzare modelli, regolarità, funzioni e generalizzazioni. Anche se molti adulti
pensano che l'algebra sia un'area della matematica più adatta alle scuole medie o alle
scuole superiori, anche i bambini possono essere stimolati ad usare ragionamenti
algebrici quando studiano i numeri e le operazioni e quando cercano regolarità, schemi e
relazioni tra insiemi di numeri.
Dal linguaggio aritmetico a quello algebrico: aspetti didattici e metodologici
Dal punto di vista metodologico-didattico e cognitivo, l‟avvio precoce all‟algebra si
fonda sulla convinzione (Guidoni, 1985) che l'attitudine all'astrazione sia connaturata
alla natura umana ed esercitata fin dalla prima infanzia e solo perfezionata e resa più
potente con la formalizzazione matematica.
Come sottolineato da A. Sfard (1991), la costruzione dei concetti matematici e in
particolare algebrici si sviluppa per successivi livelli di astrazione ma prevalentemente
attraverso processi computazionali, pertanto ogni oggetto matematico viene a
riassumere in sé due aspetti complementari: quello di processo e quello di oggetto,
come due facce di una stessa moneta. Nel primo aspetto prevale il punto di vista
operazionale che è dinamico e sequenziale, nel secondo l'oggetto è visto come un‟entità
statica e fuori dal tempo e si considera da un punto di vista strutturale.
L'apprendimento dell'algebra richiede nell'allievo il passaggio consapevole dal
procedurale allo strutturale. L‟esempio tipico è rappresentato dallo studio delle proprietà
delle operazioni: nel caso della proprietà commutativa, gli alunni imparano la formula
linguistica “cambiando l‟ordine degli addendi il risultato non cambia”, tale proprietà in
genere è verificata per una molteplicità di casi, ma raramente si aiuta gli alunni a
procedere ad un‟ulteriore generalizzazione che solo la scrittura algebrica riesce a
compiere A+B=C; B+A=C; A+B=B+A.
Il passaggio dal procedurale allo strutturale che caratterizza lo sviluppo del pensiero
algebrico, e più in generale della matematica, è contraddistinto da tre momenti
fondamentali:
1. la fase di interiorizzazione (si opera su oggetti matematici già familiari);
2. la fase di condensazione (le operazioni e i processi si vanno sintetizzando in unità più
maneggevoli);
3. la fase di reificazione (vi è l'improvvisa abilità di vedere qualcosa di familiare in una
nuova luce, come un tutt'uno).
Un processo di questo tipo avviene molto lentamente, per progressioni successive,
attraverso un intersecarsi di continuità e di fratture fra un livello e l‟altro della
conoscenza.
Tale processo mostra molte affinità con lo sviluppo del linguaggio: si incomincia,
infatti, a parlare ed a pensare nella primissima infanzia; i due processi si stimolano
naturalmente a vicenda in un intreccio continuo. Successivamente, la necessità di
formulare un pensiero che si "sente" stimola ad adeguare il linguaggio e d'altra parte
quando il linguaggio è adeguato il pensiero naturalmente evolve verso chiarezze e
complessità maggiori.
Naturalmente, per proseguire in questa direzione e raggiungere livelli di maggiore
generalità ed efficacia, al di là di quelli stimolati dalla semplice esperienza quotidiana, è
necessaria una forma di "educazione": è precisamente questo il compito
dell'insegnamento. In altre parole, in un primo momento, il linguaggio verbale è
utilizzato per veder soddisfatti i bisogni primari (fame, sonno, piacere, …) col tempo,
assolve funzioni molto più ricche e diversificate rispetto all‟iniziale soluzione dei
bisogni. Il soggetto impara per esempio a descrivere la realtà, imparando,
contemporaneamente, a conoscere se stesso, e quindi il funzionamento del suo pensiero.
Qualcosa di analogo dovrebbe accadere con l‟aritmetica e l‟algebra: l‟aspetto
prevalentemente diacronico dell‟aritmetica, in cui i processi mentali del calcolo si
svolgono sequenzialmente nel tempo e la soluzione emerge alla fine di un‟azione,
dovrebbe lasciare il posto ad una dimensione concettuale atemporale e meta cognitiva
che consiste nell‟individuazione della struttura.
Questo è un concetto basilare per comprendere il passaggio da un modo di pensare
aritmetico ad un modo di pensare algebrico. È molto delicato perché si collega ad uno
fra gli aspetti più importanti del gap epistemologico fra l'aritmetica e l'algebra
concernente i contratti espliciti e impliciti soggiacenti le due procedure: mentre
l'aritmetica comporta un'immediata ricerca della soluzione, l'algebra, al contrario,
pospone la ricerca della soluzione a favore dell‟esame di relazioni e strutture.
Questo presuppone che l‟allievo, quando comincia ad avvicinarsi al pensiero aritmetico
fin dai primi anni della scuola elementare, sia guidato a pensare l‟aritmetica
algebricamente. È utile che gli allievi, attraverso un gioco di traduzione e
interpretazione tra espressioni in linguaggio naturale e formale, vengano portati ad
acquisire consapevolezza del significato di segni e simboli e del loro ruolo nelle
espressioni algebriche.
Tenendo presenti le considerazioni precedenti, per la costruzione del pensiero algebrico,
si può ipotizzare un lungo percorso di preparazione, che affondi le sue radici fin nella
scuola primaria, e che preveda: l‟approccio al codice algebrico realizzato nel passaggio
dal linguaggio naturale al linguaggio simbolico e viceversa con l‟uso precoce delle
lettere, costruzione collettiva di significati (semantica), consapevolezza delle regole del
nuovo linguaggio (sintassi) e necessità di rispettarle; l‟abitudine a riflettere, in
particolare, sui diversi modi di rappresentazione di un numero, sui diversi significati
dell‟“uguale” (non solo come operatore direzionale ma anche nel suo significato
relazionale), sulle proprietà delle operazioni (in particolare la proprietà distributiva); la
rappresentazione e la descrizione delle situazioni problematiche attraverso il linguaggio
algebrico (attenzione prioritaria rivolta al processo anziché al prodotto).
1.2 LO STATO DELL’ARTE SULL’INSEGNAMENTO DELL’ALGEBRA
NELLA SCUOLA PRIMARIA A LIVELLO INTERNAZIONALE
Dalla metà degli anni Ottanta si sta sviluppando sullo scenario internazionale il filone di
ricerche noto come early algebra (approccio precoce all‟algebra), che sostiene l‟ipotesi
che sia possibile prevenire gli ostacoli che gli studenti incontrano nello studio di questa
disciplina promuovendo sin dalla scuola primaria, e quindi in un ambiente aritmetico, lo
sviluppo di forme di pensiero in una prospettiva algebrica.
Numerosi studi, che si collocano all‟interno di tale cornice teorica, tendono a porre in
campo pre-algebrico i principali ostacoli cognitivi nell‟apprendimento dell‟algebra,
evidenziando come essi possano nascere in modi insospettabili in contesti aritmetici e
porre in seguito ostacoli concettuali, spesso insormontabili, allo sviluppo del pensiero
algebrico. Del resto, nella didattica tradizionale, l‟algebra non viene costruita in lenta
progressione come strumento e oggetto di pensiero, ma ne vengono esaltati soprattutto i
meccanismi manipolativi e gli aspetti legati al calcolo, tendendo così ad insegnare la
sintassi dell‟algebra trascurando la sua semantica.
Come prototipo delle attuali ricerche nel campo, si vuole fare riferimento al progetto
“ArAl”1 (Percorsi nell'Aritmetica per favorire il pensiero pre-Algebrico), dedicato al
rinnovamento dell‟insegnamento dell‟area aritmetico-algebrica nella scuola
dell‟obbligo, che elabora da quasi dieci anni un complesso di attività finalizzate alla
formazione dei docenti per l‟approccio all‟early algebra.
La prospettiva di fondo di tale progetto è quella dell‟avvio all’algebra come linguaggio,
sostenendo una forte analogia tra le modalità di apprendimento del linguaggio naturale
e di quello algebrico. Il bambino, nell‟apprendere il linguaggio naturale, si appropria dei
suoi significati e delle regole che lo supportano poco alla volta, ingenuamente,
attraverso errori, imitazioni, aggiustamenti, sino agli approfondimenti dell‟età scolare,
1 Università degli studi di Modena e Reggio Emilia.
quando impara a leggere e a riflettere sugli aspetti grammaticali e sintattici della lingua.
Lo stesso dovrebbe accadere per l‟algebra, mentre nella didattica tradizionale del
linguaggio algebrico accade che la manipolazione formale sia precedente alla
comprensione dei significati.
Il cuore dell‟early algebra è l‟ipotesi che occorra insegnare a pensare l’aritmetica
algebricamente, attraverso la creazione di campi esperienziali che favoriscano
l‟elaborazione autonoma del linguaggio algebrico.
Tale prospettiva rovescia dunque la tendenza consolidata a porre la costruzione delle
conoscenze algebriche in successione temporale rispetto a quella delle conoscenze
aritmetiche e assume come principio di fondo che il controllo degli aspetti sintattici dei
nuovi linguaggi non può avvenire se non è preceduto dalla lenta acquisizione in
profondità di un loro controllo semantico.
Il perseguimento degli obiettivi esposti poggia, precisamente, su un programma i cui
punti fondamentali sono:
promuovere un approccio all‟algebra come sistema semiotico che si costruisce per
rappresentare e sintetizzare situazioni e che, grazie all‟apporto del linguaggio
dell‟aritmetica, viene via via a costituirsi come linguaggio autonomo, con una sua
grammatica e una sua sintassi;
privilegiare la comprensione del significato delle scritture algebriche, attraverso
attività di traduzione dal linguaggio naturale a quello algebrico e viceversa,
evitando quindi che gli allievi pervengano ad una manipolazione non consapevole
dei simboli (non è comunque obiettivo del progetto – soprattutto con gli allievi
della scuola elementare – costruire abilità di tipo strumentale);
presentare situazioni problematiche aperte, la cui esplorazione porti all‟attivazione
del linguaggio algebrico per individuare relazioni o proprietà, elaborare
informazioni e risolvere problemi, mostrandolo così agli allievi come efficace
strumento di produzione di pensiero.
Volendo quindi fare una precisazione circa la teoria di fondo del progetto ArAl, che
riflette d‟altronde la concezione ormai accreditata nel nostro contesto nazionale, è bene
evidenziare che essa risulta troppo legata ad una visione dell‟algebra strettamente
radicata nell‟aritmetica. E così un‟algebra che nasce, si origina dalle strutture delle
operazioni e dalle proprietà dei numeri, finisce per aderire all’ipotesi della centralità
del numero come elemento “primitivo” della conoscenza matematica, ormai superata
dai recenti studi.
1.3 DALL’ALGEBRA ALLA DOPPIA RADICE COGNITIVA DEL NUMERO
Quanto detto nei precedenti paragrafi in effetti esprime la preponderante concezione
dell‟algebra come linguaggio alto della matematica che si acquisisce progressivamente
in maniera correlata all‟aritmetica, ovvero come descrizione delle regolarità delle
operazioni e delle proprietà dei numeri, invece, è bene precisare che molte ricerche
stanno dando voce ad un diverso approccio algebrico strettamente legato alla
descrizione delle relazioni esistenti tra le quantità (Davydov, 1982 e 1992; Sophian,
2007).
Del resto tale binomio potrebbe riflettere la questione che da tempo viene affrontata da
molti studiosi e che si sviluppa lungo tutta la nostra storia culturale coinvolgendo
diversi e svariati campi di ricerca: si stratta della discussione sulle radici cognitive dei
numeri.
I punti di vista sulle radici cognitive dei numeri, in epistemologia, psicologia, e math
education sono svariati, e saranno presentati di seguito in maniera alquanto sintetica.
Studi Psicologici, da Piaget in poi, oltre agli studi della math education, attribuiscono
prevalentemente, un ruolo prioritario e primitivo ai numeri naturali, dovuto all‟azione
originaria del “contare”. Per tale approccio si fa riferimento, a Sfard (Sfard, 1991) e
Lakoff-Nunez (Lakoff e Nunez, 2000). Precisamente, Sfard, nella sua ricostruzione
cognitiva del concetto di numero all‟interno di un dialettico rapporto processo/oggetto,
propone uno schema in cui il processo di conta costituisce il punto di partenza, mentre il
processo di misurazione appare solo come passo successivo, quando si generano i
numeri razionali. Dalla loro parte anche Lakoff e Nunez si concentrano sui numeri
naturali, dato che considerano il “subitizing”2 come la radice per il concetto di numero,
per poi utilizzare quattro metafore base per costruire l‟intera aritmetica. Una di queste
2 L‟immediata comprensione percettiva della numerosità di un piccolo gruppo di oggetti.
metafore “misuring stick metaphor” conta sulle attività spontanee di misurazione
dell‟individuo che possono consentire di introdurre una più vasta gamma di numeri.
Un approccio differente da quelli appena descritti, che sarà ampiamente affrontato nel
prossimo capitolo, è seguito invece da Davydov, il quale considera che la genesi del
concetto di numero sia radicata nell’esperienza di misurare quantità continue.
D‟altronde, dinanzi a teorie così diverse, sarebbe opportuno evitare una radicale
contrapposizione per riconoscere piuttosto l‟esistenza di due diverse radici cognitive del
concetto di numero, unendo così la visione tradizionale del numero (come radicato nel
processo di conteggio) con l'ipotesi di Davydov.
Secondo studi neurofisiologici oggigiorno, è ampiamente riconosciuto che nel cervello
umano, ma anche nel cervello di molti animali superiori, ci siano due distinti sistemi di
elaborazione dei numeri (Feigenson et al., 2004). Nell‟ambito di un modello evolutivo
del cervello (Changeux, 2002), entrambi i sistemi sono risorse pre-linguistiche,
sviluppatesi lungo il corso della storia dell‟umanità, attraverso un processo epigenetico,
come strumento effettivo per interpretare e agire sul mondo esterno, allo scopo di
garantire la sopravvivenza della specie umana. Il primo sistema è specializzato nel
riconoscimento della numerosità di piccoli gruppi di oggetti (più di quattro), con la già
citata “subitizing”, mentre il secondo prevede “una analogica rappresentazione di
quantità, nella quale i numeri sono rappresentati come distribuzione di attivazioni sulla
linea mentale dei numeri”. Ad essere interessante è soprattutto che il secondo sistema
non è attivato solo per confrontare e manipolare quantità continue, ma anche per
percepire ed elaborare quantità discrete in maniera approssimata.
L‟esistenza di due sistemi “primitivi” per elaborare le quantità, rivelato dagli studi delle
neuroscienze, suggerisce di ripensare a come si sviluppa nei bambini il concetto di
numero e di riflettere sulla possibilità/necessità che i due modi naturali di elaborare i
numeri, radicati nei nostri sistemi cerebrali, si sviluppino insieme, grazie ad una attenta
mediazione didattica, come due facce della stessa medaglia. A tal proposito si è pensato
anche di presentare uno schema gestaltico, in cui i due aspetti del numero e alcune delle
loro fondamentali proprietà sono unificate e che inoltre potrebbe lavorare come
mediatore semiotico per afferrare strutturalmente i numeri3.
3 Articolo di Iannece, Mellone e Tortora, Contare vs Misurare: riflessioni sulle radici cognitive del
numero tra epistemologia e neuroscienze.
CAPITOLO 2
IL MODELLO TEORICO DI DAVYDOV
2.1 PREMESSA
Attualmente un numero crescente di autori risulta sempre più interessato alle ricerche e
alle proposte operative realizzate in campo educativo dal noto psicologo russo del
ventesimo secolo, V.V. Davydov, traendo da esse interessanti implicazioni didattiche,
sebbene una piena comprensione di tutti i suoi sviluppi meriterebbe ulteriori indagini.
Nel caso specifico del presente lavoro di tesi, con la consapevolezza della complessità
del modello teorico elaborato dallo psicologo russo, si vuole analizzare e approfondire
una particolare questione affrontata da Davydov in un recente articolo, che focalizza
l‟attenzione sulle caratteristiche psicologiche della formazione delle operazioni
matematiche elementari nei bambini (Davydov, 1982). Precisamente l‟autore, partendo
da un‟ampia critica del tradizionale sistema d‟insegnamento e della struttura dei
tradizionali programmi di istruzione, che si basano esclusivamente sul principio
dell‟immediata utilità pratica delle abilità da insegnare, propone un ripensamento dei
concetti e delle abilità con cui dare avvio all‟insegnamento scolastico della matematica.
Cosicché, sulla base di un‟ampia motivazione e dopo aver esplicitato una serie di
proposte operative, Davydov giunge alla scelta del “concetto di quantità” come
elemento basilare della conoscenza matematica, il quale prende origine dal confronto tra
gli elementi di una data classe (come ad esempio le lunghezze di segmenti, quantità di
acqua, pesi, ecc). Prima ancora di utilizzare numeri ed operazioni, le relazioni tra le
quantità indefinite (di cui non si conosce il valore numerico) devono essere descritte
mediante espressioni del tipo “maggiore rispetto a …”, “meno di … ” e “uguale a”…
successivamente tradotte mediante un linguaggio simbolico, per poi procedere alla
proposta di uno schema, chiamato da Davydov “strategia intermedia di
rappresentazione grafica”, costituito da segmenti sovrapposti in cui si condensano le
relazioni individuate.
Proprio sulla base della teoria appena descritta in maniera alquanto sintetica, sarà
elaborata l‟ipotesi di ricerca, presentata nel prossimo capitolo, che vuole verificare la
tesi di Davydov e vedere come gli alunni rispondono a problemi aventi una struttura
algebrica dopo aver operato su quantità indefinite, sulle loro trasformazioni e sulla
rappresentazione grafica con segmenti.
2.2 CRITICA ALL’INSEGNAMENTO TRADIZIONALE
Gli interessanti studi di Davydov prendono vita da una fondamentale riflessione sulla
funzione che assumono i concetti e le operazioni matematiche padroneggiate dai
bambini nella determinazione dell‟orientamento generale degli stessi verso il mondo
della matematica. Orientamento, questo, che a sua volta, ha un‟importante influenza
sull‟ulteriore sviluppo della matematica. Pertanto, “ identificare i concetti e le abilità da
cui lo studio della matematica a scuola dovrebbe iniziare è di considerevole importanza
per migliorare l’educazione matematica: infatti questi concetti e le operazioni ad essi
collegate costituiscono il fondamento per l’intera struttura disciplinare.” Per lo
studioso, molte difficoltà nell‟insegnamento della matematica a scuola sorgono dal fatto
che né i contenuti (naturali) dei concetti matematici elementari, né i metodi con cui essi
vengono inseriti nell‟istruzione siano stati oggetto finora di un‟attenta indagine
psicologica.
Infatti Davydov afferma che “quando gli insegnanti scelgono gli argomenti iniziali per
l’insegnamento della matematica, essi si fanno spesso guidare da queste
considerazioni:
1. Un primo scopo nella scuola elementare è quello di insegnare la conoscenza e
le abilità utili nella vita di tutti i giorni. Tra le abilità che un bambino deve
usare per risolvere problemi pratici vi sono l’addizione e la sottrazione dei
numeri.
2. L’addizione e la sottrazione dei numeri sono vicine all’esperienza dei bambini
all’età di 6 o 7 anni. Così, essi dovrebbero saper padroneggiare queste abilità
velocemente e con facilità all’inizio dell’istruzione scolastica.”
Ciò per sottolineare che la struttura dei tradizionali programmi dell‟istruzione si basa
semplicemente sul principio dell‟immediata utilità pratica e per un lungo periodo di
tempo, i sostenitori di tale approccio tradizionale sono diventati così competenti
nell‟insegnare le abilità meccaniche di addizione e sottrazione ai bambini di 6 e 7 anni,
che ora vi è poco spazio per ulteriori miglioramenti nei loro programmi e nei loro
metodi di insegnamento.
D‟altro canto, il lavoro sperimentale di Davydov sullo sviluppo del curricolo lo ha reso
consapevole del fatto che i concetti e le abilità con cui dare avvio all‟insegnamento
scolastico della matematica devono essere scelti con particolare cura, e precisamente
ponendosi la seguente domanda: “Il tradizionale insegnamento descritto in precedenza
guida i bambini verso una comprensione delle basi intrinseche di queste abilità in
quanto fenomeni matematici?” Le osservazioni di molti psicologi dimostrano che
sfortunatamente non è così. Sebbene i bambini di 6 e 7 anni sappiano prontamente
eseguire operazioni in forma astratta (es.: 3 + 2 = ? o 8-5 = ?) o concreta (es.: somma
due mele più tre mele), essi non sanno spiegare cosa sono i numeri, come nascono, o
perché nell‟uso dei numeri è necessario sottrarli o addizionarli. In altre parole, l‟abilità
di risolvere i problemi pratici non implica necessariamente che i bambini conoscano o
comprendano questi principi più profondi. È invece importante per lo sviluppo del
pensiero matematico dei bambini, che loro capiscano i prerequisiti e le condizioni
generali dell‟origine dei numeri e delle operazioni aritmetiche. Solo allora i bambini
potranno considerare i numeri e le operazioni da una prospettiva teorica, abituandosi
gradualmente alle sfumature dei processi utilizzati per generare l‟astrazione matematica.
Le riflessioni di Davydov, sebbene facciano riferimento all‟insegnamento praticato in
Russia e a sperimentazioni condotte con i bambini delle scuole di tale Paese, hanno una
sostanziale pertinenza anche in riferimento al contesto italiano che mostra pertanto le
medesime peculiarità dell‟ambiente culturale dello studioso e la necessità di stessi
interventi.
2.3 ORIGINE DEL CONCETTO DI NUMERO
Davydov sostiene che “ dal punto di vista logico-psicologico, una persona mostra di
avere compreso appieno un argomento nella misura in cui è capace di riprodurre e
mostrare ad un'altra persona l’intero processo della sua origine. Nel caso del concetto
di numero, questo significa che uno studente dovrebbe esser capace di dimostrare,
indipendentemente dall’insegnante, con l'ausilio di adeguate azioni su oggetti, perché è
allo stesso tempo possibile e necessario formare questo concetto. Non solo, lo studente
dovrebbe anche saper utilizzare le proprietà numeriche di qualsiasi insieme
quantificabile per qualsiasi obiettivo specifico.” Per lo studioso russo ad esempio, è
possibile riconoscere se un bambino abbia o no compreso il concetto di numero,
mediante l‟esecuzione corretta di compiti come i seguenti, alcuni dei quali sono stati
effettivamente attuati nel nostro percorso sperimentale:
1. Richiedere ad un bambino di versare la stessa quantità di acqua contenuta in un
primo contenitore in un secondo diverso per forma. (Il primo contenitore è uno stretto
cilindro graduato, il secondo è un bicchiere di ampio diametro). Un bambino che sa
realmente isolare le caratteristiche relative al numero, cioè che comprende realmente il
suo significato, saprà usare una misura intermedia, come un bicchierino, per
determinare la quantità di acqua che il cilindro stretto contiene (per esempio, cinque
bicchierini) e poi versare lo stesso numero di bicchierini nel bicchiere largo.
2. Richiedere ad un bambino di determinare quanti bicchieri grandi d‟acqua sono
contenuti in una serie di tre bicchieri grandi e quattro bicchieri piccoli se un bicchiere
piccolo è uguale alla metà di quello grande. Qui il bambino deve contare due bicchieri
piccoli come uno grande e otterrà il risultato di cinque.
3. Usando un unico insieme di blocchi, richiedere ad un bambino di determinare
diverse configurazioni corrispondenti a numeri diversi. In questo compito il bambino
deve costruire gruppi uguali di blocchi e poi usare quei gruppi come un‟unità di
misura per determinare diversi numeri. Per esempio, se 24 blocchi sono raggruppati a
2 a 2, allora sarà espresso il numero 12; se saranno raggruppati a 4 a 4 allora il numero
sarà 6 e così via.
4. Richiedere al bambino di mostrare come un‟unica quantità di acqua in un bicchiere
può essere descritta con numeri diversi. Questo compito è simile al compito numero 3
ma usa una quantità continua e non discreta di oggetti. Misure differenti (per esempio,
piccoli bicchieri di diverse misure) possono essere usate per determinare numeri
diversi.
Per ognuno di questi compiti, il bambino in effetti è chiamato a riconoscere le
molteplici relazioni che possono esistere tra un oggetto continuo o discreto (espresso
dalla sua misura numerica) e la parte di quell‟oggetto che è stata usata come unità di
misura. Infatti è di particolare importanza che il bambino comprenda il carattere
arbitrario della dimensione della parte (l‟unità di misura) che è usata per determinare
la misura dell‟intero oggetto. Al momento della misurazione, il bambino dovrebbe
saper cambiare l‟unità di misura con un‟altra e così determinare diverse misure per
uno stesso oggetto. In questo esercizio, il bambino ha bisogno di una chiara
comprensione dell‟origine della misura matematica per creare varie rappresentazioni
numeriche concrete dell‟oggetto. Solo quando egli sa eseguire questi passi, si può
parlare della sua comprensione dei numeri come metodo matematico generale atto ad
esprimere rapporti quantitativi tra oggetti o parti di oggetti.
Nei suoi studi Davydov ha utilizzato una varietà di compiti come i precedenti per
determinare la comprensione del concetto di numero nei bambini dai 6 agli 8 anni. In
seguito saranno discusse le soluzioni generate dai bambini sottoposti ad un programma
d‟istruzione speciale sul significato di quantità e misurazione. Ma la cosa scoperta
inizialmente è che la maggioranza dei bambini che ricevono un‟istruzione tradizionale
non sa portare a termine tali compiti.
Per esempio, nel primo e nel quarto compito, lo studioso dice che i bambini non
avevano idea di come procedere. Nel secondo compito essi contavano ogni bicchiere,
grande o piccolo, come un‟unità separata e così ottenevano come risposta sette
piuttosto del risultato corretto di cinque. Nel terzo compito contavano i blocchi
singolarmente ottenendo 24, senza essere capaci di raggrupparli secondo altre unità di
conta. In altri compiti questi bambini contavano correttamente unità discrete di oggetti
come il numero di macchinine sul tavolo davanti a loro. Sebbene essi sapessero usare
il concetto di numero in maniera da fronteggiare problemi quotidiani e scolastici, essi
non mostravano una vera comprensione matematica del concetto di numero, non
possedevano questa reale comprensione in quanto gli insegnanti avevano usato i
numeri “familiari” come punto di partenza dell‟istruzione all‟interno del programma
tradizionale. Su questa base i bambini di prima elementare facevano velocemente
progressi nell‟addizione e sottrazione dei numeri a loro conosciuti solo su una base
esperienziale. Tuttavia questi numeri non hanno per i bambini la forma di concetto
matematico. Quindi con i programmi tradizionali, i bambini fra la prima e la terza
elementare mostravano padronanza degli algoritmi standard per l‟addizione e la
sottrazione dei numeri ad una o più cifre (es. 8 + 5 = 13; 26 + 9 = 35; 134285 – 49;
ecc.), ma restavano perplessi di fronte all‟inaspettata espressione “3 + 4 = 5” e alla
richiesta di attribuirgli un possibile significato. In quest‟ultima espressione, derivata
dal secondo compito descritto prima, gli addendi rappresentavano due unità di misura
diverse, due diversi tipi di oggetti fisici, laddove la somma di 5 corrisponde alla
soluzione corretta del compito. Così la tendenza degli insegnanti a mettere i loro
alunni di fronte ai soli concetti e abilità matematiche più familiari e comprensibili non
garantisce, per Davydov, la formazione di concetti e strategie matematiche più
generali e corrette. Sebbene le esperienze quotidiane possano fornire ad un bambino
azioni e conoscenza di routine, esse non spiegano l‟origine di queste routine. Di
conseguenza, il bambino non impara come descrivere attivamente le nozioni
sottostanti le conoscenze e le azioni “naturali”, che nel nostro contesto sono i concetti
e le operazioni matematiche fondamentali. Gli insegnanti se vogliono insegnare la
matematica consentendo ai bambini di saper descrivere le origini dei suoi concetti, in
primo luogo devono loro stessi determinare queste origini e iniziare da queste la
costruzione dei concetti. Ma per fare ciò occorre una specifica analisi logico-
psicologica della genesi dei concetti e delle operazioni in questione. Riguardo
all‟addizione e alla sottrazione, si richiede un esame delle fonti del concetto di numero
cosicché i bambini piccoli devono avere accesso a queste fonti prima che vengano
presentati loro i numeri e le operazioni sui numeri.
2.4 IL CONCETTO BASE DI QUANTITÀ
Secondo Davydov il concetto di base implicito nel dominio dei numeri reali studiati a
scuola (nel quale sono inclusi i numeri interi e le frazioni studiati alle scuole elementari)
è la quantità. Importanti matematici e insegnanti come Lebesgue (1936) e Kolmogorov
(1960), tra gli altri, hanno descritto nel dettaglio il ruolo fondamentale del concetto di
quantità nei programmi scolastici di matematica. Essi ritengono che il concetto di
numero nasca nel contesto della misurazione di una quantità continua, cioè quando si
stabilisce una relazione multipla tra quella quantità e una parte di essa usata come unità
di misura. In questo approccio è possibile considerare il conteggio come la misura di un
insieme di oggetti discreti.
Una domanda fondamentale è: “Cos‟è la quantità?”. Secondo Davydov “alla nozione di
quantità di certo dà significato l’operazione di confrontare gli elementi di insiemi di
oggetti simili e applicare le relazioni “uguale a”, “più grande di”, o “più piccolo di”
(per esempio, alle lunghezza dei segmenti o alla temperatura dei gas). Gli oggetti stessi
possono essere considerati come delle quantità quando siano stabiliti criteri per
permettere l’applicazione della legge di tricotomia ad elementi A e B di quell’oggetto.
Così è possibile quantificare entità come la durezza o l’ordinamento degli eventi nel
tempo.”
Lo scienziato sovietico Kagan (1963) scrive: “Quando determiniamo un criterio di
confronto, trasformiamo un insieme in una quantità”. Nella pratica, una quantità si
concepisce non tanto come l‟insieme stesso di elementi ma come un concetto nuovo
introdotto allo scopo di distinguere i criteri usati per il confronto. In questo senso,
Kagan continua dicendo: “In matematica una quantità è completamente determinata
quando sono assegnati un insieme di elementi e un criterio per confrontarli”. Quindi, se
si è interessati a capire fino in fondo le origini del numero, è molto importante
riconoscere che la serie dei numeri naturali è un esempio di quantità matematica.
Ancora, non appena vengono stabiliti criteri appropriati per ordinare i numeri razionali e
irrazionali, anche questi possono essere considerati come quantità. Fare così per gli
irrazionali è il fondamento dell‟analisi contemporanea.
2.5 IMPLICAZIONI CURRICOLARI
Data la fondamentale importanza del costrutto di quantità, individuato da Davydov,
sarebbe auspicabile che esso figurasse come la base del curriculum elementare di
matematica. “La padronanza delle proprietà di questo concetto rende consapevole un
bambino delle condizioni per la genesi dei numeri naturali. Ancora, una conoscenza
successiva più profonda delle quantità permette ai bambini di allargare la conoscenza
dei numeri includendo in maniera logica e coerente i numeri interi, razionali,
irrazionali e reali. Se è vero che la scuola contemporanea deve affrontare tanti compiti,
è anche necessario da un punto di vista psicologico mostrare ai bambini le basi dei
concetti che apprendono.”
Secondo l‟autore lo scopo ultimo dell‟educazione matematica dovrebbe essere chiaro
fin dall'inizio facendo in modo che l‟obiettivo generale influenzi lo sviluppo dell‟intero
programma scolastico di matematica, fin dalla sua fase iniziale. Una volta che i bambini
iniziano a padroneggiare la matematica, è importante infatti che capiscano da dove e
perché nascono le nozioni fondamentali, invece quando gli adulti usano i concetti
matematici esclusivamente per scopi pratici, essi tendono a dimenticare le fonti di questi
concetti. E ciò accade sia ai matematici che agli insegnanti, i quali quando dimenticano
le fonti dei concetti matematici, propongono un corso di matematica povero e che non
consente agli alunni di formarsi le basi del vero pensiero matematico. Kolmogorov
(1960) esprime questa idea con forza usando queste parole: “Se nell’insegnamento si
separano i concetti matematici dalle loro origini, ne viene fuori un corso
completamente privo di principi e carente sul piano logico”.
Tale compito, ossia quello di considerare nell‟insegnamento le origini dei concetti, del
resto non è facile. Infatti una progettazione didattica che affronta un contenuto
disciplinare con tale obiettivo avrà una struttura particolare, diversa dall‟approccio
tradizionale, e in particolare una parte significativa del corso sarà destinata a consentire
ai bambini di esperire la genesi del concetto. D‟altronde “Far lavorare i bambini piccoli
con le proprietà delle quantità ha proprio la funzione di avvicinarli al processo di
genesi del concetto di numero. Solo con una tale introduzione i bambini possono
iniziare a capire il concetto di numero e, in particolare, possono risolvere con successo
i sopracitati problemi”.
Queste considerazioni hanno guidato Davydov nella costruzione e nella realizzazione di
un programma sperimentale di matematica per le prime tre classi elementari con lo
scopo primario di far studiare ai bambini le proprietà fondamentali della quantità prima
di lavorare con i numeri. Tale scelta di operare innanzitutto con quantità indefinite per
passare solo in un secondo momento e mediante il processo di misurazione, ai numeri è
stata del resto il fondamento del percorso sperimentale realizzato per codesto lavoro di
tesi. Davydov nel suo programma sperimentale ha adottato una modalità di lavoro con
materiali didattici in modo che i bambini potessero da un lato scoprire le proprietà della
quantità nelle cose intorno a loro e, dall‟altro, imparare a registrare queste proprietà in
un sistema simbolico definito ed effettuare una analisi matematica elementare delle loro
relazioni. Tale programma prevede la proposta di diversi tipi di attività in cui
l‟insegnante è chiamato a mostrare ai bambini come un oggetto può cambiare rispetto
ad alcune sue caratteristiche, cambiando ad esempio una quantità d‟acqua in una
boccetta o il peso di un carico, o usando svariati esempi tratti dalla vita di tutti i giorni,
ognuno dei quali può essere riassunto nell‟affermazione: “Ce n‟era così, ed ora ce n‟è
così”. Nel fare ciò è importante mostrare che il cambiamento ha due direzioni possibili
– incremento e decremento.
L‟obiettivo delle esperienze proposte dall‟autore è quello di far padroneggiare ai
bambini gli attributi che definiscono la quantità e le tecniche per riconoscerli, nonché
gli strumenti simbolici (lettere, formule) per descrivere matematicamente le relazioni
che li caratterizzano. Quindi in un momento iniziale i bambini scoprono uguaglianze o
disuguaglianze nel confrontare e ordinare i vari oggetti fisici.
Altre attività dovrebbero aiutare i bambini ad esplorare le proprietà delle uguaglianze e
delle disuguaglianze, come la transitività e la riflessività dell‟uguaglianza.
Successivamente i bambini incontrano l‟operazione dell‟addizione (sottrazione). Viene
loro insegnato ad osservare i cambiamenti nei valori concreti delle quantità, a
confrontare i nuovi valori con quelli vecchi, a registrare i risultati di questo confronto
come un “incremento” o un “decremento”, a rappresentare l‟incremento o il decremento
con i simboli “+” e “–”, a collegare le uguaglianze e le diseguaglianze con le loro
proprietà e passare dall‟uguaglianza alla diseguaglianza tramite le operazioni di
addizione e sottrazione.
Il passo successivo consiste nel descrivere un cambiamento. I bambini mettono a
confronto quantità d‟acqua in due boccette identiche e scrivono l‟espressione A = B. Poi
l‟insegnante versa una quantità d‟acqua in una nuova boccetta descrivendola ai bambini
come C e chiede ai bambini di scrivere C > B; ma come può essere ottenuta questa
nuova quantità? Possiamo ottenere C da A? Come si può annotare quello che accade ad
A? In un modo o nell‟altro i bambini mostrano la quantità d‟acqua che deve essere
aggiunta ad A per ottenere C. L‟insegnante aiuta i bambini a scrivere l’equazione A + K
= C e spiega il significato del simbolo = e della lettera K. Poi i bambini inseriscono la
somma in un‟espressione di disuguaglianza ottenendo A + K > B. In modo analogo si
perviene alle espressioni A – K < B, A < B + K, e A > B – K. Dopo queste attività
preliminari si affrontano esperienze che permettono il passaggio da una diseguaglianza
del tipo A > B all‟uguaglianza ottenuta per mezzo dell‟addizione (o sottrazione).
Quindi, dopo aver ottenuto il risultato di un confronto ed averlo rappresentato con
l‟espressione A < B, i bambini hanno svolto un nuovo compito: trasformare la
disuguaglianza in un’uguaglianza. Usando un aiuto visivo, molti bambini hanno
mostrato da soli come questo poteva essere fatto. Essi hanno proposto di diminuire B o
di aumentare A, e hanno mostrato ciò con legnetti o con pezzetti di carta. Poi
l‟insegnante ha illustrato come rappresentare per iscritto questa trasformazione:
A < B, A = B – □, A + □ = B.
In queste equazioni i quadratini rappresentano ciò che deve essere aggiunto o tolto per
ottenere un‟uguaglianza. Ma cosa esattamente è tolto o aggiunto? Mentre mostra una
boccetta d‟acqua o il peso di un certo oggetto, l‟insegnante spiega che anche se noi non
conosciamo anzitempo quanto è grande la differenza tra A e B, possiamo tuttavia
esprimerla con l‟aiuto della x. Questo simbolo rappresenta la quantità sconosciuta che
può essere usata per trasformare una disuguaglianza in un‟uguaglianza. Se A < B allora
A = B – x e A + x = B.
Ma di fronte a tale simbolo, molti spiegano correttamente che non si può aggiungere o
sottrarre un qualsiasi peso o volume, ma che bisogna conoscere la differenza tra A e B.
Molte delle lezioni successive, come viene spiegato nel lavoro di Daydov, sono dedicate
a lavorare con ausili visivi per fornire ai bambini metodi per determinare questa
differenza. Nel fare ciò, è stato importante, spiega l‟autore, non solo mostrare azioni
(sovrapporre striscette, versare acqua in recipienti, ecc.), ma anche parallelamente
insegnare ai bambini a descrivere con simboli il processo e i risultati delle operazioni
con gli oggetti.
Questo è forse il punto più difficile dell‟intero argomento: infatti i risultati di x = B – A
mettono il bambino di fronte a un nuovo significato di sottrazione. Qui essa non
rappresenta un decremento effettivo come nell‟attività precedente, ma la descrizione
formale del processo di confronto delle grandezze A e B. In altre parole, B rimane
materialmente la stessa quantità che era prima, mentre la quantità che corrisponde ad x
deve essere ottenuta da un‟altra fonte fisica. L’equazione è solo un modo formale di
descrivere il processo per ottenere la x. Dunque, dopo aver determinato la x (la
differenza), i bambini la “addizionano” ad A e ottengono l‟uguaglianza richiesta. Tutto
il lavoro di scrittura e risoluzione di equazioni con l‟uso di addizione e sottrazione è
svolto con aiuti visivi ed è espresso in uno specifico sistema di espressioni letterali:
A < B (la situazione iniziale)
A + x = B (la trasformazione progettata)
x = B – A (la differenza da determinare)
A + (B – A) = B (il pareggiamento finale).
Quest‟attività porta i bambini a capire che una diseguaglianza tra due quantità può
essere eliminata determinando il valore esatto della loro differenza, e ciò rende familiare
agli studenti la forma più semplice di equazione e approfondisce la loro
comprensione della connessione tra addizione e sottrazione.
Nel proseguimento del lavoro, Davydov sottolinea l‟importanza di ridurre gradualmente
il ruolo delle trasformazioni materiali, per far assumere maggiore importanza, nella
risoluzione delle equazioni, a quello delle trasformazioni di espressioni. Per preparare i
bambini a tale passaggio l‟autore propone una strategia intermedia di
rappresentazione grafica, ossia di far rappresentare ai bambini le quantità fisiche con
due segmenti A e B e discutere poi su come determinare le differenze di misura delle
due quantità. Il segmento A è sovrapposto al segmento B e la differenza, espressa nella
forma B – A, è posta uguale a x (come in figura).
A B
Successivamente con l‟aiuto dell‟insegnante, è proponibile misurare le quantità e
determinare la misura di x, quest‟ultima (cioè il segmento) aggiunta ad A consente di
scrivere l‟espressione risultante.
In realtà quella che Davydov chiama strategia intermedia di rappresentazione grafica,
come già accennato, è stata riconosciuta come una vera e propria “Metafora spaziale
X
della struttura additiva”, abbreviazione SMAS, che in quanto rappresentazione
qualitativa di una struttura aritmetica, fornisce un significativo supporto iconico al
pensiero del bambino, e come dimostrano alcune sperimentazioni, può essere
interiorizzata e utilizzata dai bambini, più piccoli di quanto si immagina (Iannece et al.,
2010).
Ritornando invece al progetto di Davydov, quest‟ultimo, poiché riscontra piuttosto
spesso, che quando i bambini scrivono un‟equazione sembrano aver dimenticato la
diseguaglianza iniziale, pensa alla necessità di far precedere il passaggio
precedentemente descritto, da un‟altra espressione intermedia. Si tratterebbe di ritornare
all‟espressione iniziale, ma stavolta partendo dall‟equazione: se B + x = D, allora B < D.
Riproponendo tale espressione, si ritrova il collegamento dell‟equazione con la
disuguaglianza e si arriva alla sottrazione della quantità più piccola dalla più grande.
Così, tutto il lavoro assume la seguente forma:
A > B
A = B + x
A > B
che significa
x = A – B
Gradatamente i bambini iniziano a determinare la x senza l‟aiuto di oggetti concreti o di
loro rappresentazioni grafiche, esaminando invece sul piano teorico la relazione che
sussiste fra i due membri di una disuguaglianza. I valori trovati sono poi sostituiti in
un‟equazione. Le parentesi aiutano i bambini a fare ciò, perché li portano a intendere la
differenza come un valore già dato.
Tale lavoro non si prefigge quale scopo quello “di presentare ai bambini le regole
formali di un corso sistematico di algebra, piuttosto mira a promuovere nei bambini
l’abilità di usare semplici argomentazioni basate sulle proprietà delle relazioni, e di
arrivare a formulare espressioni elementari a partire dal loro significato e non da
regole esterne di combinazione.”
Secondo l‟autore, tutto questo fornisce ai bambini una buona preparazione per le
proprietà commutativa e associativa dell‟addizione, inoltre lavorando con le espressioni
letterali più semplici, è possibile manifestare una vivace inclinazione verso il
ragionamento, il confronto mentale e la valutazione logica di specifiche inferenze,
procedendo così verso l‟esecuzione diretta delle operazioni aritmetiche.
2.6 CONCLUSIONI DI DAVYDOV
Molti anni di lavoro con questo curriculum sperimentale per la scuola elementare ha
condotto Davydov a varie conclusioni:
la prima è che “basandosi sulla comprensione delle caratteristiche generali
delle uguaglianze e disuguaglianze e del passaggio dall’una all’altra, il lavoro
dei bambini con i numeri può essere indirizzato non solo alle tecniche di
calcolo, ma anche allo studio delle relazioni strutturali che regolano questi
calcoli. In particolare, tale comprensione porta i bambini a formarsi idee
precise circa l’unità di addizione e sottrazione (e poi di moltiplicazione e
divisione), e circa la dipendenza del cambiamento del risultato di un’operazione
dal cambiamento delle sue componenti. Così le operazioni con i numeri possono
essere studiate più produttivamente che con i metodi tradizionali di
insegnamento”.
la seconda è che “il lavoro con le quantità serve come introduzione ai numeri,
numeri interi ma anche frazioni. Usando le proprietà delle quantità è possibile
diminuire il tradizionale gap tra numeri interi e frazioni. Questo, dal nostro
punto di vista, è un passo importante quando si costruisce un corso di
matematica per le scuole elementari”.
la terza è che “ il lavoro con le quantità è connesso fin dall’inizio con i simboli
letterali. Questo permette ad un bambino di studiare le relazioni matematiche
stesse, la qual cosa è molto importante per il progresso successivo in
matematica”.
Sulla base della ricerca descritta, Davydov sostiene che un corso elementare di
matematica dovrebbe avere alcune particolari caratteristiche:
“Una significativa parte di tempo e di attività dovrebbero essere dedicati a introdurre il
bambino nel mondo degli oggetti concreti, che costituiscono la fonte dei concetti. Lo
sviluppo delle operazioni che consente al bambino l’accesso a questo mondo permette il
successivo efficace passaggio a concetti più complessi. Quindi, il programma dovrebbe
includere problemi che richiedano il paragone fra oggetti, mediante i quali i bambini
imparano a isolare le relazioni specifiche tra oggetti destinate a trasformarsi in
quantità. Queste azioni sono il punto di partenza perché un bambino comprenda il
significato delle operazioni di addizione e sottrazione e padroneggi le loro proprietà di
base.”
Ma la cosa più rilevante per l‟autore è quella di dare una grande importanza ai metodi
intermedi di rappresentazione dei risultati delle azioni concrete, non appena un
bambino impara ad isolare le relazioni tra le quantità. Il metodo tradizionale di
costruzione dei concetti non porta i bambini a rappresentare e modellizzare le proprietà
di un oggetto sottoposto ad una forma dinamica di azione. Nella misura in cui la
frequenza di tali processi di modellizzazione è ridotta, anche la necessità di ricorrere a
mezzi intermedi di descrizione ne risulta diminuita. Attraverso i metodi intermedi di
rappresentazione è come se il concetto stesso e gli strumenti simbolici per descriverlo si
correlino direttamente alle proprietà dell‟oggetto. “Nell’insegnamento, invece, i sistemi
intermedi di rappresentazione hanno un ruolo cruciale in quanto mediano tra le
proprietà dell’oggetto e un concetto.” D‟altronde secondo Davydov, il successo del suo
lavoro nel programma sperimentale appena descritto, è dovuto in grande misura al fatto
di esser riuscito a trovare e introdurre tali rappresentazioni intermedie, per esempio
rappresentazioni grafiche di oggetti e disegni astratti usati per isolare e raffigurare le
relazioni tra oggetti a confronto.
Concludendo, si vuole specificare ulteriormente l‟idea principale di introdurre il
concetto di numero come un particolare tipo di quantità, accennata in questo capitolo.
“Usando una comprensione delle proprietà generali delle quantità un bambino può, in
una particolare situazione educativa in cui si richiedono i processi intermedi di
pareggiamento e confronto di quantità, cogliere le multiple relazioni di queste quantità
come quelle di un intero con una o con un’altra delle sue parti. Quando i bambini
hanno enucleato queste relazioni, possono proseguire con la comprensione di due
importanti caratteristiche dei numeri.
In primis, un oggetto, pensato esso stesso come una quantità, non è determinato
numericamente, ma acquisisce una determinazione numerica quando una persona
sceglie un’altra quantità come unità di misura.
Secondariamente, uno stesso oggetto può essere misurato con diverse unità di misura e
quindi individuato con numeri diversi. Se un bambino in certi problemi è in grado di
cambiare liberamente le unità di misura di qualche quantità, rappresentandola con
numeri diversi, allora in linea di principio il bambino è orientato correttamente verso
l’origine del concetto di numero, in altre parole si è impadronito del concetto vero e
proprio.”
Secondo Davydov queste idee psicologiche sono estranee ai metodi tradizionali di
insegnamento della matematica elementare, che non sviluppano nel bambino le abilità
di elaborare pensiero matematico utile.
Il modello teorico di Davydov, appena esposto, è stato ripreso da altri grandi studiosi a
livello internazionale, come Sophian (Sophian, 2007); ha inoltre ispirato il progetto
sperimentale “Measure Up”4 seguito dal Curriculum Research & Development Group
dell‟Università delle Hawaii (cfr. ad esempio Slovin e Dougherty, 2004); ed ha indotto
interessanti riflessioni di carattere epistemologico e didattico (cfr. ad esempio Iannece et
al., 2009 e 2010).
4 http://hawaii.edu/crdg/sections/math/documents/Measure-Up.pdf
CAPITOLO 3
PERCORSO SPERIMENTALE
3.1 IPOTESI DI RICERCA
Il nostro è un percorso di avvio al pensiero algebrico nella scuola primaria che, in linea
con gli sviluppi della ricerca attuale, vede l‟algebra non come sterile manipolazione di
simboli, ma come ricerca e analisi delle strutture che sottendono le operazioni sui
numeri e sulle quantità. In questo senso la nostra proposta sperimentale non può
prescindere da una considerazione più generale sull‟origine del “contare”e del concetto
di numero. Senza entrare nel merito dell‟ampia discussione sia in campo psicologico
che storico-epistemologico sull‟origine del numero, già descritta in precedenza, la
nostra ricerca dal punto di vista teorico, si basa su due pilastri fondanti:
Esistono due diverse origini del significato di numero, due irriducibili movimenti
percettivi, che possono essere contrastati con due complementari aspetti della realtà,
la discretezza (separatezza) degli oggetti e l‟estensione delle grandezze. Bisogna
riconoscere, quindi, che all‟origine del concetto di numero ci sono due distinti ma
correlati processi di conta: contare oggetti discreti come una evoluzione linguistica
del “subitizing” e contare con la misurazione.
Lavorare sulla misurazione e sulla quantità aiuta i bambini nella comprensione del
concetto di numero e delle proprietà delle operazioni.
Il modello teorico di Davydov, descritto dettagliatamente nel precedente capitolo,
secondo il nostro parere non solo si pone come superamento della classica concezione
del numero ponendo la “quantità” come base della conoscenza matematica, ma risulta
molto più ricco di quanto lo studioso stesso espliciti. Infatti, l’ipotesi di ricerca che
sottende il percorso sperimentale attuato, mira proprio a verificare come il lavoro
sulle “quantità” e le proprietà delle relazioni sia alla base della comprensione
strutturale del concetto di numero e costituisca, dunque, un efficace percorso di avvio
allo sviluppo del pensiero algebrico.
L‟elemento più interessante proposto da Davydov, ampiamente ripreso nell‟ipotesi di
ricerca del presente lavoro di tesi, risiede nell‟utilità di lavorare con le quantità per poter
costruire un sistema complesso di trasformazioni da cui scaturiscano le relazioni
sussistenti fra le proprietà delle quantità. Queste azioni sono i punti di partenza per la
comprensione del significato delle operazioni di addizione e sottrazione e per la
padronanza della loro proprietà di base e della loro struttura algebrica. Cosicché nel
produrre trasformazioni, ci si può spostare facilmente da uguaglianze a diseguaglianze,
non solo eseguendo addizioni e sottrazioni, ma anche scoprendo le peculiarità della
struttura additiva che si pongono alla base della stessa struttura delle equazioni.
Tradizionalmente, in un‟ottica procedurale, l‟equazione è essenzialmente lo strumento
per determinare il valore dell‟incognita attraverso i dati noti; nel contesto della nostra
ricerca, e in‟ottica strutturale, diviene essenzialmente strumento per descrivere le
relazioni tra le quantità e per “operare su quantità ignote come se fossero note”. In linea
con recenti studi e varie ricerche, condividiamo l‟ipotesi che una radice naturale
dell‟equazione sia riscontrabile nello spontaneo e precoce utilizzo della parola “TOT”
per descrivere e risolvere problemi concreti.
Nella nostra esperienza, in linea con il programma di Davydov, il bambino deve prima
scoprire le proprietà (della quantità) nei materiali concreti e, poi imparare a registrare
queste proprietà in un sistema simbolico definito ed effettuare una analisi matematica
elementare delle loro relazioni; appena l‟alunno impara ad isolare le relazioni tra le
quantità, assumono una grande importanza i metodi intermedi di rappresentazione dei
risultati delle azioni concrete. Secondo Davydov, nell‟insegnamento i sistemi intermedi
di rappresentazione, hanno un ruolo cruciale in quanto mediano tra le proprietà
dell‟oggetto e il concetto. Lo studioso russo prevede (ad un certo punto del percorso)
che venga “proposta” al bambino una rappresentazione efficace e sintetica delle
relazioni individuate tra le quantità, in modo da favorire il passaggio dalle
trasformazioni materiali alle espressioni.
Nel nostro percorso sperimentale noi parliamo di “rappresentazione grafica
qualitativa” come supporto e mediazione al riconoscimento dell‟aspetto strutturale e
non procedurale dei vari contesti problematici, ma la rappresentazione strutturale come
rappresentazione grafica significativa è stata richiesta, discussa, adeguata, “educata”,
ma mai suggerita, perché abbiamo voluto verificare proprio attraverso l‟uso autonomo
delle rappresentazioni la presenza di strutture naturali che per emergere necessitano di
opportune sollecitazioni. L‟esperienza condotta ha confermato la nostra ipotesi di
partenza e ha mostrato l‟ampio utilizzo di quella che chiamiamo Metafora spaziale
della struttura additiva (SMAS) mostrata in figura.
Lo schema aveva già mostrato in altre ricerche la sua valenza di mediatore semiotico
dell‟interferenza cognitiva dell‟aspetto discreto e continuo dei numeri, ma anche di
mediatore di risonanza, nel senso di Guidoni tra le risorse naturali cognitive e i contesti
disciplinari, in particolare la struttura additiva. Nell‟ ambito della nostra esperienza ha
mostrato, inoltre la sua efficacia nel ricondurre le equazioni alla loro originaria struttura
additiva elaborata sostanzialmente come confronto tra quantità.
3.2 DESCRIZIONE DEL PERCORSO SPERIMENTALE
L‟ipotesi di ricerca esposta nel precedente paragrafo ha dato vita ad un percorso
sperimentale molto complesso durante il quale, pur avendo chiari gli obiettivi da
perseguire e l‟impianto metodologico da attuare, è stato necessario agire costantemente
in nome della “flessibilità” dell‟insegnamento che ha comportato una continua
riflessione sugli effettivi sviluppi degli apprendimenti degli alunni e sul tipo di
mediazione realizzata per orientare di volta in volta gli interventi successivi. Ecco,
quindi, un percorso che non è stato possibile programmare definitivamente sin
dall‟inizio, ma che è stato frutto di continue scelte compiute in itinere sulla base delle
richieste degli alunni. Il lavoro svolto in definitiva, data la sua ricchezza e complessità,
ha fatto nascere nei bambini tantissime questioni, il più delle volte inaspettate, dalle
quali è stato possibile prendere spunto per affrontare svariate tematiche della
matematica. Da ciò è possibile evincere che esso non deve essere considerato come
“percorso esclusivo”, piuttosto può avere una serie di sbocchi in quanto è in grado di
aprire una miriade di strade che, in base alle scelte attuate in itinere, potrebbero essere
perseguite raggiungendo nuovi traguardi. Un‟ultima precisazione da fare riguarda le
varie situazioni problematiche scelte, che saranno di seguito presentate, per le quali non
deve essere affatto considerata una corrispondenza biunivoca tra “attività e contenuto”:
ciò significa che ogni attività non è deve essere utilizzata nella convinzione di garantire
l‟apprendimento di specifici contenuti, allo stesso modo in cui non esiste per
l‟acquisizione di un contenuto matematico il primato di una peculiare situazione
problematica.
In definitiva il lavoro progettato, con lo scopo di verificare l’effettiva possibilità di
costruire situazioni didattiche capaci di promuovere il riconoscimento di strutture
algebriche in diversi contesti problematici dopo aver lavorato sull’esplorazione di
uguaglianze e disuguaglianze mediante quantità indefinite, si è focalizzato sui seguenti
blocchi tematici:
QUANTITA‟ (indefinite/definite), RELAZIONI, TRASFORMAZIONI.
In un primo momento, è stato svolto un significativo lavoro sulle quantità per far
emergere relazioni e dare avvio all'esplorazione dell'uguaglianza come
trasformazione di una disuguaglianza. Per tale operazione è stato fatto prima un
lavoro su quantità indefinite, sulla linea di Davydov (1°lavoro), e successivamente
si è giunti ad operare con quantità definite, ossia misurate con varie unità di misura,
quali bicchieri grandi/piccoli (2°-3°lavoro). In riferimento a quest‟ultimo aspetto,
sempre operando con l'acqua e le unità di misura, sono state svolte una serie di
attività che hanno richiesto di esplorare l'equivalenza tra due modalità di
misurazione della stessa quantità, correlate all'uso di unità di misura diverse
(4°lavoro) ... oppure l'equivalenza tra due modi diversi di riempire lo stesso
bottiglione (Problema del bottiglione, molto simile all'attività precedente).
RAPPRESENTAZIONE GRAFICA QUALITATIVA.
Sin dall'inizio è stato richiesto di trovare il modo per rappresentare le relazioni
individuate, ossia di lavorare con le rappresentazioni per far emergere le
strutture sottostanti alle operazioni compiute, e tale lavoro, solo attraverso una
serie di tappe, ha consentito di ottenere rappresentazioni in alcuni casi molto
efficaci e chiare. L‟intento del percorso è stato quello di verificare un utilizzo
naturale e spontaneo, da parte degli alunni, della SMAS (Metafora spaziale della
struttura additiva), che rappresenta una struttura di forte mediazione per le
equazioni, e la possibilità di una sua condivisione con l‟intera classe. L'uso dei
segmenti è stato sin dall'inizio un supporto fondamentale al miglioramento delle
rappresentazioni.
RICONOSCIMENTO DI STRUTTURE ALGEBRICHE
Dato un notevole miglioramento delle capacità rappresentative degli alunni, si è
passati alla risoluzione di alcuni problemi con struttura algebrica, PROBLEMA
DEL BOTTIGLIONE e PROBLEMA DI CARLETTO, nei quali gli alunni hanno
dovuto riconoscere la medesima struttura sottostante, legata ancora una volta
all'equivalenza tra due modalità di misurare la stessa quantità espressa nella
capacità di vedere contemporaneamente modi diversi di esprimere la stessa
quantità. Anche qui è proseguito il lavoro sul miglioramento, sul perfezionamento
delle rappresentazioni, questa volta da utilizzare sostanzialmente come strumento
risolutivo a priori e non più a posteriori.
Fatta questa presentazione, saranno di seguito poste in successione le attività previste
per il percorso sperimentale realizzato in vista del presente lavoro di tesi:
1. “Tre quantità: relazioni, trasformazioni e rappresentazioni”
Sulla base dell‟ipotesi di ricerca esposta, per realizzare un approccio al pensiero
algebrico partendo dall‟impianto teorico del modello di Davydov, si è pensato di
proporre agli alunni, per i primi due incontri, un lavoro di descrizione (in lingua
naturale e poi con simboli) delle relazioni di disuguaglianza ed uguaglianza rilevabili
dall‟osservazione di tre quantità (due uguali ed una diversa). In questo modo i bambini
sono stati stimolati a scrivere semplici equazioni e disequazioni lineari, per poi riflettere
sulla possibilità di ottenere l’uguaglianza mediante la trasformazione di una
diseguaglianza ed infine è stato possibile avviare il lavoro sull‟utilizzo delle
rappresentazioni grafiche qualitative per focalizzare l‟attenzione sulla dimensione
strutturale delle operazioni compiute.
2. “Stessa quantità d’acqua in contenitori di forma diversa”
La seconda attività, diversamente dalla prima che ha visto gli alunni lavorare con
quantità indefinite e versate in contenitori della stessa forma, è stata predisposta per
affrontare la questione di “versare la stessa quantità d’acqua in contenitori di forma
diversa”. Ciò ha chiamato in gioco il processo di misurazione ed ha richiesto agli alunni
di isolare le caratteristiche estrinseche delle quantità, ossia il “livello raggiunto
dall‟acqua nel recipiente”, che dipendono dalla forma del contenitore. Si è trattato in
definitiva di un lavoro che ha consentito di aprire una significativa riflessione sulla
comprensione reale del significato di numero, riscontrabile (come sostiene Davydov)
nella capacità del bambino di isolarne realmente le caratteristiche per riconoscerne la
natura.
3. “Quantità diverse da misurare ed eguagliare”
In continuità alle due attività precedenti, con il presente lavoro si è voluto richiamare in
gioco il processo di misurazione e soprattutto l‟utilizzo delle formule già scoperte dagli
alunni ragionando sulle possibili trasformazioni delle quantità: se A>B, A-D=B oppure
B+D=A dove D=A-B. Inoltre, avendo lavorato sull‟efficacia della rappresentazione
grafica qualitativa, è stata prevista la possibilità che gli alunni proponessero la
rappresentazione con i segmenti, ovvero la SMAS come supporto ai loro ragionamenti.
4. “Stessa quantità con bicchieri grandi e bicchieri piccoli”
Il quarto lavoro proposto è stato progettato per rafforzare negli alunni l‟idea di
“equivalenza” attraverso l‟uso di diverse unità di misura. Precisamente i bambini sono
stati chiamati a svolgere un‟interessante operazione di confronto tra due differenti modi
di misurare una stessa quantità, scaturiti dall‟utilizzo di due strumenti diversi, quali i
bicchieri grandi e i bicchieri piccoli, e a scoprire il rapporto esistente tre le due u.m.
Ancora una volta si è cercato di focalizzare l‟attenzione sull‟utilizzo della
rappresentazione grafica per descrivere l‟uguaglianza individuata.
5. “Problema del bottiglione”
Tale situazione problematica è stata scelta poiché si pone in continuità diretta con
l‟attività precedente. Infatti, di fronte a due modalità differenti di riempire lo tesso
bottiglione, l‟alunno è stato chiamato ad individuare il rapporto esistente tra le unità di
misura utilizzate. Del resto l‟intento principale dell‟attività è stato quello di verificare
un uso a priori della rappresentazione grafica, come strumento utilizzato ancor prima
di svolgere calcoli a mente e nel quale riuscire a leggere e riconoscere la struttura del
problema e la sua risoluzione.
6. “Problema di Carletto”
Il Problema di Carletto in genere rappresenta una buona situazione problematica di
avvio al pensiero algebrico e può essere risolto sia attraverso una procedura algebrica
che aritmetica. Infatti esso è stato proposto con l‟intento di verificare la scelta da parte
degli alunni di un tipo di ragionamento algebrico, avendo partecipato al percorso
descritto e in esso affrontato una serie di questioni. Ancora una volta è stata data
importanza alla rappresentazione grafica che ha consentito ai ragazzi di chiamare in
gioco spontaneamente e inaspettatamente il “grafico cartesiano”.
Sebbene non saranno riportate integralmente nella descrizione dettagliata
dell‟attuazione del percorso, che sarà mostrata di seguito, si ritiene opportuno
considerare come parte integrante del lavoro svolto dagli alunni anche alcuni problemi
affrontati con l‟insegnante di classe nel periodo precedente alla sperimentazione:
- “Acqua e zucchero”
- “La lepre e la tartaruga”
Dopo aver svolto questa prima parte del percorso è stato necessario programmare una
FASE DI VERIFICA con cui testare le capacità acquisite dai bambini “di
riconoscimento di strutture algebriche”. Precisamente le situazioni problematiche
somministrate a tale scopo sono state le seguenti.
1° verifica. “Problema del percorso stradale”
2° verifica. “Problema della bilancia”
3° verifica. “Problema dei nastri”
Al termine di questo momento è stato possibile rivelare per alcuni alunni l'avvenuta
acquisizione di capacità di lettura algebrica di una situazione problematica, per altri la
presenza di nodi problematici ancora forti. In linea generale però le capacità
rappresentative sono evolute nella maggior parte della classe.
3.3 NUCLEI CONCETTUALI
I nuclei concettuali affrontati durante il percorso sperimentale sono stati:
- esplorazione dell’equazione come trasformazione di uno stato iniziale di
disuguaglianza tra due quantità per approdare all’uguaglianza delle stesse;
- scoperta dell’incognita di un’equazione in termini algebrici e poi numerici;
- capacità di associare valori numerici diversi ad una stessa quantità utilizzando
diverse u.m;
- riconoscimento di stesse strutture algebriche in vari contesti problematici.
Si tratta, in definitiva, di un lavoro altamente complesso che basandosi appunto
sull‟impostazione teorica dello studioso russo, vuole rispondere alla visione dell‟algebra
come modalità per interpretare relazioni tra due variabili.
3.4 INSERIMENTO NEL CURRICOLO DELLA CLASSE
La parte sperimentale del presente lavoro di tesi è stata attuata nei mesi di Marzo, Aprile
e Maggio del corrente anno, all‟interno di una classe V del 71° circolo didattico di
Ponticelli (Na), in collaborazione con l‟insegnante di classe. Quest‟ultima, dotata di
elevata professionalità e facente parte di un gruppo di ricerca interessato alla didattica
della matematica, in effetti ha attuato sin dall‟inizio dell‟anno scolastico una didattica
rinnovata rispetto a quella tradizionale, per rispondere ad una metodologia di
insegnamento rispettosa della centralità dell‟alunno, dei suoi tempi di apprendimento e
del suo sviluppo globale. In questo modo gli alunni della classe durante quest‟anno
hanno avuto la possibilità di vivere una serie di momenti, facente parte di un percorso
complessivo più ampio, ricchi di problem solving, occasioni di discussione e di
confronto, di scoperta e di ricerca di nuove conoscenze, lavori di gruppo ecc…, che
riflettono pienamente un impianto metodologico ispirato ad uno dei nuovi approcci che
si sta sviluppando nella didattica della matematica. Ecco, pertanto, un modo di “fare
matematica” completamente lontano da quello tradizionale, che per molti anni (e
tutt‟ora) a causa di procedure metodologiche inadeguate e di una visione
dell‟insegnamento come pratica meramente trasmissiva, incurante delle modalità di
apprendimento dei bambini, il più delle volte ha offerto agli alunni una conoscenza del
mondo frammentaria, decontestualizzata e sterile.
In definitiva, il percorso sperimentale, oggetto del presente lavoro di tesi, non ha
rappresentato un blocco isolato di attività catapultate improvvisamente nella
programmazione della classe, ma è stato un lavoro che si è inserito in un progetto
ancora più ampio, condotto dall‟insegnante di classe, e che si è posto in continuità con
esso soprattutto da un punto di vista metodologico. Ciò è stato molto fruttuoso,
produttivo ai fini della sperimentazione in quanto ha consentito agli stessi alunni di
mettere costantemente in gioco tutte le conoscenze, tutti gli strumenti acquisiti
dall‟inizio dell‟anno, anche quando non venivano fatte richieste esplicite.
Inoltre, al di là degli obiettivi di contenuto previsti per questa esperienza di ricerca,
l‟ispirazione di fondo del lavoro realizzato ha risposto pienamente alle finalità e al
punto di vista metodologico esposto nelle “Indicazioni per il curricolo”, che ribadiscono
l‟importanza di costruire momenti in cui
[…] l‟alunno è attivo, formula le proprie ipotesi e ne controlla le conseguenze,
progetta, sperimenta, discute ed argomenta le proprie scelte, impara a raccogliere
dati e confrontarli , negozia e costruisce significati interindividuali, porta a
conclusioni temporanee e a nuove aperture la costruzione delle conoscenze
personali e collettive5.
Tutto ciò con la consapevolezza che la costruzione del pensiero matematico è un
processo lungo e progressivo nel quale concetti, abilità, competenze e atteggiamenti
vengono ritrovati, intrecciati, consolidati e sviluppati a più riprese; è un processo che
comporta anche difficoltà linguistiche e richiede un‟acquisizione graduale del
linguaggio matematico, che faccia precedere la formalizzazione e la riflessione sui
sistemi di notazione simbolica propri della matematica con la verbalizzazione mediante
il linguaggio naturale.
D‟altronde, lo sviluppo nell‟individuo di competenze matematiche, come sostiene un
matematico tedesco, Freudenthal “… soprattutto nella scuola primaria, va perseguito in
contesti culturalmente ricchi ovvero ricchi di possibilità di organizzazione e quindi di
pensiero”. L‟autore afferma che un contesto è povero se è già fortemente strutturato, in
modo da condurre l‟allievo ad una concettualizzazione specifica predeterminata, mentre
nella matematica, devono essere create situazioni problematiche che siano occasioni di
analisi, di elaborazione di rappresentazioni e di formulazione di ipotesi di soluzione. In
questo modo la risoluzione di un qualsiasi problema, la scoperta di qualsiasi conoscenza
5 Ministero della pubblica istruzione, Indicazioni per il curricolo, Roma, 2007.
diventa insieme un procedimento personale e sociale, in cui l‟insegnante, pur lasciando
ampio spazio agli allievi per discutere tra loro e per mettere alla prova le loro
congetture, svolge un‟attività insostituibile di regista per far emergere i punti nodali,
per suggerire nuove simbolizzazioni codificate, per segnalare errori o incongruenze,
per spingere ciascuno a rendere ragione del lavoro eseguito, per rinsaldare le
conoscenze intuite, per stabilire collegamenti attraverso domande o richiami ad
argomenti già esaminati in precedenza.6 La metodologia appena descritta in definitiva,
rompe ogni forma di schematismo, e, come propone Brousseau (studioso della didattica
della matematica), essa è fondamentalmente un “alternarsi d'azione e sperimentazione”
… ovvero una sorta di ricerca-azione7 che da un lato si pone come efficace strumento di
rivitalizzazione e professionalizzazione del docente, dall‟altro garantisce ai soggetti in
formazione di essere “attori” del processo formativo.
Riporto a tal proposito una significativa citazione di un grande uomo della pedagogia:
“Nulla egli sappia per averlo udito da voi, ma solo per averlo compreso da sé: non
impari la scienza: la scopra. Se nella sua mente giungerete a sostituire l’autorità alla
ragione, non ragionerà più; non sarà che lo zimbello dell’opinione altrui.”(J.J.
Rousseau)
Ecco quindi un percorso che sostiene una didattica volta:
6 Freudenthal, "Ripensando l'educazione Matematica", Editrice La Scuola, 1994.
7 Per ricerca - azione si intende un modo di concepire la ricerca che si pone l'obiettivo non tanto di
approfondire determinate conoscenze teoriche, ma di analizzare una pratica relativa ad un campo di
esperienza (ad esempio, la pratica educativa);con lo scopo di introdurre, nella pratica stessa, dei
cambiamenti migliorativi. La prospettiva della ricerca – azione si è rivelata produttiva anche in campo
formativo, in quanto permette ai soggetti in formazione di essere "attori" del processo formativo.
- a promuovere lo sviluppo di un atteggiamento positivo rispetto alla matematica
facendo comprendere come gli strumenti matematici siano utili per operare
nella realtà;
- a migliorare l‟approccio alla disciplina attraverso un approccio narrativo e
percettivo;
- ad eliminare la distanza tra i contenuti matematici e la realtà, e stimolare gli
alunni a “fare” esperienza;
- a costruire ragionamenti e a sostenere le proprie tesi;
- a discutere e comunicare, argomentare in modo corretto e motivare le soluzioni
individuate, comprendere i punti di vista e le argomentazioni altrui;
- a lavorare in gruppo attraverso l‟ascolto e la condivisione delle scelte.
3.5 INGREDIENTI CHIAVE
Il percorso ideato è stato inoltre caratterizzato da alcuni elementi, molto importanti nella
didattica scolastica, che adeguatamente valorizzati hanno rappresentato una componente
significativa dell‟esperienza vissuta.
3.5.1 Il laboratorio
Una dimensione che ha costantemente accompagnato le attività svolte durante il
percorso, garantendo una costruzione comunitaria degli apprendimenti ed un continuo
passaggio dal pratico al concettuale, è stata quella laboratoriale. Volendo fare un breve
approfondimento, occorre dire che il laboratorio, diffusosi a partire dagli anni Settanta
dinanzi all‟esigenza di rinnovamento – svecchiamento metodologico e didattico che ha
attraversato la nostra scuola, è stato introdotto per garantire una trasformazione radicale
dell‟istituzione scolastica in termini di adesione all‟innovazione e alla sperimentazione.
Dinanzi ai grandi cambiamenti sociali, alla diffusione di un sapere non più soltanto
dichiarativo (know-what), ma essenzialmente abilitativo (know-how), è stata richiesta
sempre più insistentemente una scuola dallo stile sperimentale, in grado si ricercare
nuovi saperi, sperimentare nuove modalità di insegnamento, valorizzare i bisogni, le
capacità, le aspirazioni dei soggetti e la loro motivazione. Il laboratorio, sebbene
inserito in tale quadro, in realtà non deve essere considerato una novità nella scuola, in
quanto le sue radici possono essere rintracciate nell‟attivismo pedagogico, ossia in
quegli autori che hanno riflettuto sul ruolo della prassi negli apprendimenti ed hanno
evidenziato l‟importanza della scoperta personale nella produzione della conoscenza. In
particolare si sta facendo riferimento a John Dewey, il quale afferma che
[…] l‟apprendimento non può essere passiva recezione, ma deve collocarsi sul
piano della ricerca, dell‟azione e dell‟esplorazione. È necessario far leva sulla
motivazione e sull‟interesse del bambino, ossia sulle sue forze interiori per dargli la
possibilità di fare esperienza di soluzioni di problemi attraverso procedure di
ricerca libera. Inoltre dal momento che l‟alunno è “soggetto” del proprio percorso
socio-cognitivo, si prospetta una scuola nuova che si configura come vera officina
capace di dar spazio all‟attività, alla creatività, all‟espressione, all‟autogoverno …
necessari per instaurare anche un clima collaborativo regolato da principi
effettivamente democratici. L‟ambito scolastico così conseguito, deve diventare
piuttosto un indispensabile strumento di libera e attiva partecipazione alla vita
sociale moderna.
In genere parlare di laboratorio nella pratica educativa, oggi risulta alquanto complesso
dato l‟ampio ventaglio semantico del termine, ecco infatti:
- Uno spazio in cui misurarsi con la concretezza delle azioni, con il senso delle
proprie iniziative, con i risultati e le conquiste acquisite;
- Un‟occasione per confrontarsi con gli altri senza paura della frustrazione poiché
la differenza viene coltivata come valore di affermazione dell‟individualità;
- Una situazione in cui è possibile procedere per tentativi, formulare ipotesi,
esporre la propria interpretazione, scoprire il nuovo senza paura del
cambiamento;
- Un momento consacrato alla sperimentazione, all‟esplorazione di nuovi
strumenti e linguaggi, all‟apprendimento attivo attraverso la valorizzazione di
processi e stili personali;
- Una dimensione privilegiata e facilitante che consente di realizzare situazioni di
apprendimento con caratteristiche di operatività;
In definitiva si tratta di un‟esperienza di apprendimento “unitaria”, in quanto garantisce
l‟unità di teoria e prassi propria della dimensione cognitiva, attraverso l‟interazione
dialettica tra azione-pensiero, la valorizzazione del legame mano-mente, la
conciliazione del learning by doing con il learning by thinking… e “comunitaria” in
quanto favorisce l‟integrazione, la peer education, la cooperazione, la costruzione
cooperativa di conoscenze (cooperative learning).
Pertanto, inteso come "luogo privilegiato in cui si realizza una situazione di
apprendimento che coniuga conoscenze e abilità specifiche su compiti unitari e
significativi per gli alunni, il laboratorio si pone in una dimensione operativa e
progettuale, mettendo i bambini in condizione di poter (e di dover) mobilitare l'intero
sapere esplicito e tacito di cui dispongono"8. Esso consente di superare uno schema
puramente trasmissivo e ripetitivo del sapere, inducendo a valorizzare piuttosto
l‟esperienza, la dimensione del “fare”, la capacità di mettere in comune il lavoro
individuale all‟interno di un gruppo. La didattica laboratoriale, negli ultimi anni inserita
nella didattica d‟aula, deve pertanto essere riconosciuta come supporto agli
apprendimenti, come modalità di insegnamento con la quale è possibile elevare la
qualità della formazione, e nel caso specifico del presente percorso sperimentale ha
garantito il perseguimento dei seguenti obiettivi:
- sviluppare la cooperazione,
- potenziare lo spirito di ricerca,
- aumentare la motivazione,
- sollecitare la riflessione sul proprio operato ecc…
Dalle stesse Indicazione nazionali è possibile evincere il fondamentale ruolo attribuito
al laboratorio nella pratica d‟ insegnamento:
Tutte le discipline dell'area hanno come elemento fondamentale il laboratorio,
inteso sia come luogo fisico, sia come momento in cui l'alunno è attivo, formula le
proprie ipotesi e ne controlla le conseguenze, progetta, sperimenta, discute e
argomenta le proprie scelte, impara a raccogliere i dati e a confrontarli con le
ipotesi formulate, negozia e costruisce significati interindividuali, porta a
8 C.Laneve (2005), Insegnare nel laboratorio. Linee pedagogiche e tratti organizzativi, La scuola.
conclusioni temporanee e a nuove aperture la costruzione delle conoscenze
personali e collettive.
In tutte le discipline dell'area, inclusa la matematica, si avrà cura di ricorrere
ad attività pratiche e sperimentali e osservazioni sul campo, che non abbiano
carattere episodico e che vengano inserite a pieno titolo nei percorsi di conoscenza
[…].
All'interno di questo tipo di didattica laboratoriale, del resto, anche la figura
dell'insegnante acquisisce connotazioni diverse ridimensionando il suo tradizionale
ruolo di "depositario del sapere", ed è questo quanto è accaduto effettivamente durante
la gestione delle discussioni e dei confronti collettivi. Soprattutto l‟insegnante di classe
ha costantemente svolto un'azione di stimolazione e di supporto volta a sollecitare la
partecipazione degli alunni nel processo di insegnamento/apprendimento basato su
esperienze pratiche. Il suo compito, quindi è stato quello di incoraggiare le scoperte di
ognuno, condurre il confronto interpersonale, il dialogo e il fare congetture; porre il
soggetto in condizione di scoperta, ricerca e sperimentazione. Ecco un ruolo di
sostegno e di rinforzo che ha guidato i bambini in una continua esperienza di
apprendimento fondata sull‟azione, ecco un ruolo di "regista" che seguendo le attività,
le gestisce, ed è allo stesso tempo in grado di far sfumare la propria presenza per
lasciare l'alunno in condizione di autonomia.
3.5.2 Costruzione sociale della conoscenza
Elemento fondante del percorso realizzato, come già accennato nel precedente
paragrafo discutendo della didattica laboratoriale, di certo è stato una forma di
costruzione comunitaria della conoscenza, che si pone esattamente in linea con la
prospettiva teorica di Vygotsky secondo il quale, “ lo sviluppo cognitivo rappresenta
un processo sociale” e “la capacità di ragionare aumenta nell'interazione con i propri
pari”. Pertanto, si è posta come una sfida davvero complessa la predisposizione di un
contesto in cui l‟alunno potesse imparare ad essere con gli altri, ad aprirsi ad altre voci
e ad altre coscienze. Mirando a tale obiettivo il contesto classe si è trasformato in una
comunità di apprendimento, i cui membri hanno operato negoziando pensieri e
riflessioni attraverso la comunicazione: un elemento fondamentale della costituzione di
un “io comunitario”. In definitiva volendo garantire un apprendimento comunitario è
stato basilare, in ogni momento del percorso realizzato, favorire il dialogo, la
discussione ovvero la comunicazione, che ha spinto costantemente gli allievi a:
ascoltare le proposte dei compagni;
interpretare le argomentazioni dell‟altro;
valutare criticamente le argomentazioni degli altri e dare loro seguito,
approfondendole o rifiutandole;
esprimere argomentazioni appropriate alla situazione assegnata.
La descrizione con le parole del linguaggio naturale di ciò che veniva fatto, del perché,
di cosa si pensava relativamente a quello che facevano e pensavano gli altri, compreso
l‟insegnante, e la riflessione su tutto ciò, ha avuto un duplice scopo: è stata per
l‟insegnante lo strumento di analisi delle risorse cognitive attivate dagli allievi, mentre
per gli alunni ha rappresentato lo strumento attraverso il quale potersi confrontare con i
“modi di guardare” degli altri argomentando opportunamente il proprio in un processo
di negoziazione. In linea con quanto detto, di volta in volta le consegne date agli alunni
durante le varie attività sono state:
- risoluzione individuale di problemi con verbalizzazione scritta delle risoluzioni
- analisi collettiva delle risoluzioni
- discussione
- meta discussione.
La condivisione del lavoro individuale all‟interno del grande gruppo è stata una
significativa occasione per stimolare riflessioni e confronti sulle diverse strategie
risolutive e per sollecitare l‟uso del linguaggio come espressione del proprio pensiero.
In tale approccio, quindi, la comunicazione non è stata semplicemente un elemento
accessorio dell‟apprendimento, ma è stata riconosciuta come parte fondamentale di
quella progressione graduale che permette all‟allievo di oggettivare il sapere, ovvero di
afferrare e di far propri i contenuti concettuali matematici all‟interno di processi sociali
di produzione di senso. Ecco la configurazione dell‟allievo come “essere in continuo
divenire”.
Ancora una volta si sta facendo riferimento ad un modello costruttivistico
dell‟apprendimento, che può essere sintetizzato nella frase “La conoscenza è costruita
nella mente di colui che impara", e in maniera più specifica alla teoria del
“costruttivismo sociale” di Vygotskij, il quale recita: “L’aspetto caratteristico dello
sviluppo è la sua socialità in quanto il bambino cresce nell’interazione con gli altri, in
primo luogo gli adulti. Il fattore sociale è fondamentale per l’acquisizione di
conoscenza da parte dell’individuo, che solamente grazie al continuo rapporto con gli
altri può crescere e riuscire a conseguire quelle capacità e quelle nozioni basilari per
poter operare in modo efficace nella società di cui fa parte.” La psicologia di Vygotskij
risulta interamente culturale e volta ad evidenziare il ruolo primario della
comunicazione e della vita sociale nella formazione della conoscenza. Il contesto
sociale in cui ha luogo l‟apprendimento è cruciale, ed è proprio evidenziando ciò, che
l‟autore stesso sottolinea “il significato del dialogo come strumento attraverso il quale
gli individui possono negoziare i propri cambiamenti concettuali.” Ecco quindi la
determinazione di un ambiente di apprendimento che non comprende solo i bambini e il
materiale didattico, ma i bambini, il materiale e la comunicazione interattiva, elemento
fondamentale che consente di riflettere sull’eventuale incoerenza delle idee pregresse
cambiando la loro raffigurazione. Ecco cioè un “apprendimento collaborativo” da
intendere come acquisizione da parte degli individui di conoscenze, abilità o
atteggiamenti che sono il risultato di un‟azione di gruppo, o in termini più specifici, un
“apprendimento individuale come risultato di un processo collettivo”.
3.5.3 Le sbobinature
Una pratica davvero efficace e significativa per la progettazione in itinere delle attività
da proporre di volta in volta agli alunni, è stata la registrazione vocale delle lezioni, che
ha consentito di elaborare dettagliate sbobinature all‟interno delle quali poter
ripercorrere l‟evoluzione del pensiero del gruppo classe e dei singoli individui. La
sbobinatura però, non è stata considerata come una semplice trascrizione di tutto ciò
che viene detto durante un‟attività, frutto di un passivo compito di ascolto/scrittura, al
contrario essa ha rappresento un lavoro di elaborazione consapevole del processo di
crescita/sviluppo dei concetti degli alunni, scaturito da un‟attenta operazione di
selezione e risistemazione dei dialoghi avvenuti. Interessante, ai fini di una visione
effettiva del lavoro svolto, è stato anche dare chiaro risalto alle stimolazioni, fornite dai
conduttori dell‟attività o dai docenti, per favorire scoperte e apprendimenti, in modo
da riconoscere la giusta incidenza della mediazione didattica.
Il lavoro descritto è stato compiuto in maniera costante e con grande interesse
dimostrandosi un utile strumento di riflessione sulle strategie didattica attuate, sui
mediatori predisposti, sulle originali scoperte fatte dai bambini, sugli interventi più
significativi di alcuni, che spesso hanno attivato il pensiero di altri, sui nodi concettuali
irrisolti, sugli ostacoli talvolta incontrati e i risultati raggiunti.
E da esso è stato possibile delineare progressivamente i punti essenziali delle attività
successive, i concetti da approfondire, gli elementi da riprendere ecc…, tutto in vista
della realizzazione di un percorso di sperimentazione quanto più rispettoso delle
peculiarità e dei tempi di ciascun soggetto/attore degli apprendimenti.
3.5.4 La collaborazione con l’insegnante ricercatore
Per la conduzione e la definizione in itinere del percorso sperimentale presentato, ha
avuto un ruolo estremamente importante la presenza in classe di una particolare figura
docente che, facendo parte di un gruppo di ricerca interessato agli sviluppi della
didattica della matematica, mi ha dato la possibilità di osservare e testare la qualità
dell‟insegnamento propria di chi riveste effettivamente nella sua pratica didattica il
ruolo di insegnante/ricercatore. L‟insegnante di classe infatti, in qualità di ricercatore,
sin dall‟inizio dell‟esperienza si è mostrato aperto ed interessato a collaborare per
l‟elaborazione e la realizzazione della parte sperimentale del presente lavoro di tesi.
Inoltre con la sua professionalità, la sua peculiare formazione culturale, il suo bagaglio
esperienziale, la sua capacità di fornire sempre stimoli adeguati ed efficaci agli alunni,
la sua spiccata sensibilità a leggere i progressi e gli ostacoli cognitivi dei bambini … ha
rappresentato un‟insostituibile figura di guida e sostegno durante tutto il periodo di
sperimentazione. Indispensabili sono stati i suoi costanti interventi nella conduzione
delle attività in classe, grazie ai quali è stato possibile gestire le dinamiche di gruppo e
le discussioni in maniera funzionale agli obiettivi del percorso, ma ancora più
importante è stato condividere con essa i momenti di riflessione che mi hanno offerto
significative occasioni di confronto grazie alle quali ho preso parte ad una nuova
dimensione dell‟insegnamento, completamente lontana da quella tradizionale e aperta
costantemente alla ricerca, ossia volta a sperimentare la pratica educativa ispirata a dei
modelli teorici innovativi con lo scopo di introdurre, nella didattica stessa, dei
cambiamenti migliorativi. La collaborazione con l‟insegnante/ricercatore è stato quindi
un ingrediente fondamentale del presente lavoro che mi ha aiutato ad individuare i
progressi compiuti da alcuni alunni, i nodi problematici esistenti ancora per altri e sui
quali intervenire ulteriormente, la necessità di modellare adeguatamente le attività
previste e compiere di volta in volta scelte pertinenti, le particolari strategie di gestione
della classe ecc… ma al di sopra di ogni cosa mi ha dato modo di riflettere attentamente
sulla figura docente, riconoscendo che in essa dovrebbe essere sempre presente lo
spirito della ricerca capace di avvalorare la pratica didattica migliorando la qualità della
formazione scolastica.
3.5.5 Le rappresentazioni grafiche
La rappresentazione grafica rappresenta uno strumento didattico ed un mediatore
cognitivo, dotato di sinteticità, efficacia, immediatezza, molto utile per gli
apprendimenti degli alunni, e in quanto tale è stato un oggetto di indagine davvero
interessante durante il presente percorso sperimentale.
Precisamente nel corso delle attività, per sollecitare e allo stesso tempo analizzare le
modalità rappresentative degli alunni sono state date una serie di consegne, che,
accompagnate da vari momenti di riflessione collettiva, hanno consentito alla maggior
parte della classe di raggiungere un‟ottica davvero critica sull‟efficacia di una
rappresentazione, sulla necessità di fornire con essa informazioni utili, tralasciando
quelle inutili, alla comprensione di un problema, ecc… Del resto è stato necessario, in
un primo momento, dare spazio ad un tipo di rappresentazione a-posteriori, richiesta
solo dopo aver descritto in lingua naturale e con simboli le relazioni tra le quantità
individuate. Successivamente è proseguito un significativo momento dedicato
all‟approfondimento delle capacità rappresentative degli alunni, ossia alla revisione e
alla riflessione collettiva circa l‟efficacia comunicativa dei disegni realizzati. Infine si è
passati a fare esplicita richiesta di provare ad utilizzare una rappresentazione a-priori,
come strumento risolutivo di diverse situazioni problematiche.
La rappresentazione grafica qualitativa è stata pertanto utilizzata come struttura
metaforica di supporto a tutto il percorso cognitivo e ha consentito di porre l‟accento
sull‟aspetto strutturale anziché procedurale della matematica. In riferimento soprattutto
all‟algebra, è bene precisare che solitamente, di fronte ad un‟equazione gli studenti
focalizzano la loro attenzione sui simboli e su come questi si combinano tra loro in base
a regole note, sono cioè legati ad un discorso sostanzialmente procedurale, invece
l‟elaborazione di una rappresentazione grafica consente qualcosa di diverso: poiché il
segno grafico contiene e conserva tutte le caratteristiche proprie del segno algebrico,
tale caratteristica consente di focalizzare l‟attenzione sul caso concreto e
contemporaneamente ne permette la generalizzazione.
La rappresentazione grafica è dunque un ausilio specifico che ha in sé una doppia
identità, quella di strumento e segno (cfr. Vygotskij): è uno strumento esterno, il cui
utilizzo permette di “tradurre” la realtà in una forma “concreta”, che focalizza
l’attenzione dell’alunno sul procedimento risolutivo, (una volta individuata, tra quelle
immaginabili o note, una rappresentazione adeguata al problema proposto), e così
diventa segno perché permette l’interiorizzazione e la riutilizzazione di un significato,
agendo sulla mente. La risoluzione grafica non è dunque banalmente un modo per
introdurre l‟argomento matematico, ma costituisce un supporto cognitivo alla
generalizzazione di casi numerici ed una metafora percettiva degli aspetti strutturali
degli enti astratti, permettendo infine un controllo concreto sul procedimento. L‟ uso
della rappresentazione grafica consente cioè di riconoscere e far riconoscere nei
comportamenti cognitivi “naturali” le radici della dinamica strutturale/procedurale tipica
del registro simbolico.
Durante il lavoro sono state analizzate le strategie cognitive e gli strumenti di
mediazione semiotica messi in atto dagli studenti per comprendere/risolvere le
situazioni problematiche, e in particolare è stato loro chiesto di cercare rappresentazioni
qualitative capaci di giocare un ruolo fondamentale nel riconoscimento dell’aspetto
strutturale del problema algebrico … che consiste cioè, in termini bruneruani, nel
ricercare invarianze e aspetti globali, ossia nel vedere aspetti di invarianza e di
cambiamento che accomunano tra loro situazioni diverse.
La categoria della struttura rappresenta uno dei capisaldi del pensiero bruneriano,
secondo il quale “ il valore di una conoscenza consiste nella sua utilità per il futuro,
nella sua capacità di essere trasferita e utilizzata in situazioni nuove. A tal fine, è
indispensabile prevedere l’apprendimento non tanto di contenuti, quanto di strutture,
corrispondenti alla facoltà di strutturazione che caratterizza la psiche umana.
Gli argomenti di studio possono essere vari, e cambiare a seconda delle esigenze degli
alunni, delle loro esperienze particolari, del loro livello di partenza, ma le strutture
fondamentali delle materie di insegnamento sono le stesse e la loro padronanza
significa, per l’allievo, la possibilità di utilizzarle e di applicarle nelle condizioni nuove
in cui questi si può trovare”. L‟insegnamento strutturale, secondo Bruner, rende più
interessante una disciplina, perché l‟alunno ne coglie prima l‟utilità e favorisce il
transfert dell‟apprendimento, nel senso che le stesse strutture possono essere trasferite in
campi diversi di apprendimento, rivelando, in questo modo, la matrice comune di molte
conoscenze.
3.6 ATTUAZIONE
La realizzazione del percorso descritto è stato un lavoro complesso ma davvero
arricchente per tutti coloro che vi hanno partecipato, dai protagonisti attivi, quali sono
stati gli alunni, ai registi delle attività svolte, personificati da me, dalla docente di classe
e dal professore/relatore di tesi. Inoltre, come sarà possibile leggere di seguito, ogni
attività predisposta è stata sempre frutto di attente riflessioni che ne hanno determinato
la motivazione sostanziale, ed è stata costantemente accompagnata da un ampio lavoro
di analisi e approfondimento che si è servito dell‟elaborazione di sbobinature dalle quali
è possibile rilevare gli apprendimenti e le scoperte compiute dai ragazzi, la mediazione
didattica dell‟insegnante e la graduale e difficile evoluzione del pensiero algebrico
avvenuta in molti. Avendo prestato molta attenzione alla rappresentazione grafica
qualitativa utilizzata e perfezionata nei vari contesti problematici, saranno anche
mostrati i lavori più significativi realizzati dai ragazzi, necessari alla comprensione dello
sviluppo cognitivo avvenuto, con appositi commenti.
PRIMO LAVORO
Tre quantità: relazioni, trasformazioni e rappresentazioni.
Attività 2 e 3, giorni 9-16 Aprile 2010
1° Consegna:
DESCRIVI I TRE RECIPIENTI POSTI SULLA CATTEDRA E CERCA DI
INDIVIDUARE LE POSSIBILI RELAZIONI CHE SI EVINCONO DAL LORO
CONFRONTO. SCRIVI INNANZITUTTO IN LINGUA ITALIANA, POI
RAPPRESENTA LA SITUAZIONE CON UN DISEGNO ED INFINE PROVA A
TRADURRE IL TUTTO UTILIZZANDO UN LINGUAGGIO SIMBOLICO.
Codifiche:
Il compito è stato sottoposto a 15 alunni della classe 5C. Tutti gli alunni hanno cercato
di compiere il lavoro di osservazione e riflessione con elevata concentrazione
partecipando poi in maniera attiva alla discussione.
Riflessioni iniziali:
Seguendo l‟impostazione teorica dell‟ipotesi di Davydov viene proposto ai bambini un
lavoro di descrizione ed analisi di disuguaglianze ed uguaglianze rilevabili
dall‟osservazione di tre recipienti uguali, posti sulla cattedra: di cui il primo è riempito
quasi fino all‟orlo, mentre il secondo e il terzo, di una quantità uguale, sono inferiore a
quella del primo.
In una prima fase … si è ritenuto opportuno presentare una situazione in cui i bambini
operassero sulle quantità, di valore indefinito, senza ancora chiamare in gioco i numeri,
e così stimolare la scrittura di semplici equazioni e disequazioni descrittive di ciò che
essi osservano, a due, a tre elementi ecc …( esempio: A=B; C>B allora C>A; A<C;
B<C). Precisamente si ha intenzione di far passare il lavoro di descrizione attraverso il
linguaggio naturale, il disegno ed infine il linguaggio simbolico/algebrico.
In un secondo momento … si è pensato di avviare i bambini anche al concetto di
uguaglianza come trasformazione della disuguaglianza, ponendo una domanda stimolo
del tipo “Come si potrebbe fare per rendere la quantità C uguale a quella A? e
viceversa? ” in modo da:
individuare l‟esistenza di due possibili direzioni della trasformazione,
distinguibili nelle azioni di aggiungere dell‟acqua alla quantità più piccola (C) o
togliere dell‟acqua alla quantità più grande (A) per ottenere l‟uguaglianza
(A=C);
riconoscere la presenza di una quantità, convenzionalmente chiamata “D”,
elemento comune ad entrambe le trasformazioni;
definire la quantità D, da aggiungere o togliere ai recipienti per ottenere
l‟uguaglianza, come “D = A-C”.
In una terza fase … si è cercato di stimolare i bambini a trovare una rappresentazione
grafica significativa per individuare la struttura delle operazioni compiute sulle quantità.
Spontaneamente i bambini hanno utilizzato segmenti e quadratini, ma un lavoro di
riflessione è stato necessario per perfezionare l‟efficacia e la chiarezza dei disegni.
Descrizione dell’attività:
FASE1: Dopo aver posizionato i tre recipienti sulla cattedra è stata dettata a tutti i
bambini la consegna del lavoro, chiedendo innanzitutto di utilizzare il linguaggio
naturale nella narrazione di ciò che si osservava, non limitandosi a descrivere elementi
superficiali della situazione, ma prestando attenzione alle relazioni esistenti tra le tre
quantità e compiendo pertanto un‟attenta attività di confronto. Dopo aver aggiunto
qualche informazione per chiarire il compito da svolgere, gli alunni sono stati lasciati
per circa 10 minuti a lavorare in maniera individuale. In questo tempo, ho notato dai
loro atteggiamenti un‟elevata concentrazione e tanto interesse per il lavoro da svolgere,
alcuni si sono anche alzati per avvicinarsi alla cattedra e guardare più da vicino gli
oggetti posti su di essa, mentre altri (pochi bambini), terminando in pochissimo tempo
la descrizione, hanno cominciato ad annoiarsi. Di conseguenza è stato subito chiesto di
realizzare un “disegno colorato”, che rappresentasse chiaramente la situazione osservata
e quindi passare dal linguaggio naturale a quello grafico per poi rispondere ad un‟ultima
richiesta: “tradurre quanto descritto con numeri, simboli ecc …” (ossia tutto ciò che
avrebbe sintetizzato, reso immediato il messaggio descrittivo elaborato prima a parole).
Per quest‟ultima richiesta è servito fornire qualche indicazione in più, dare ulteriori
spiegazioni, dare la parola a chi aveva capito la consegna per fare qualche esempio:
- Flora infatti, dice immediatamente che lei, per prima cosa, darebbe ai contenitori
delle lettere;
- Andrea dice di usare + e – per indicare le quantità più grandi e più piccole;
- Umberto, invece, ricorda di conoscere un segno “più o meno così” per indicare
maggiore e minore;
- qualcun altro propone l‟uguale ecc …
(per ricordarli a tutti, i tre segni “<, =, >” vengono scritti alla lavagna) ... e richiamato il
silenzio, prosegue il lavoro individuale di scrittura in linguaggio simbolico. Trascorso il
tempo che gli alunni avevano a loro disposizione, ha avuto inizio il momento del
confronto ed è stato chiesto ai ragazzi di mettere in comune le proprie riflessioni. (In
rosso scrivo qualche commento)
Comincia Claudia: “Maestra io ho pensato che se
noi addizioniamo C e B otteniamo che la quantità
d‟acqua esce fuori, poi togliamo la metà di C e ci
esce la A”
Subito interviene Giuseppe dicendo: “No maestra
io ho fatto che C e B sono la metà di A quindi se
faccio C + B ottengo la A” …
… ma Claudia controbatte: “… C e B non sono la
metà sono un po‟ più della metà”
Maestra: “E noi ne siamo certi che i recipienti C e
B sono la metà di A?”
Noooooooooooo
Giuseppe aggiunge: “.. però io dico facciamo finta
!! ”
Flora fa il suo intervento: “Maestra visto che sul
foglio abbiamo i quadratini, io l‟ho scritto anche in
quadratini .. e diciamo che il recipiente più
riempito, sul quaderno è più o meno 2 quadratini
mentre gli altri due sono di 1.”
Maestra: “Ma Siamo certi di poter affermare che
Sin dall‟inizio emerge una
forte esigenza di guardare al
recipiente A come l‟intero
mentre quelli B e C come ½
di A, ciò dimostra che i
bambini per ragionare
utilizzano innanzitutto una
modellizzazione su base
percettiva.
Spontaneamente qualche
bambino fa subito la scelta di
ragionare con i quadratini …
operazione questa che sarebbe
stata richiesta in un secondo
momento. Del resto la
maestra mi spiega che tale
strategia è dettata dal fatto che
i bambini, in altre attività,
hanno spesso ragionato con i
quadratini lavorando sulle
proporzioni che si devono
rispettare quando l‟oggetto
reale viene rappresentato
quei contenitori sono la metà del primo?”
Nooooooooooo.
Maestra: “Allora noi atteniamoci a scrivere solo
quello di cui siamo certi, guardando questi tre
contenitori … Quali sono allora le cose di cui
siamo certi?”
Risponde Flora: “Maestra sappiamo solo che quei
due sono riempiti con lo stesso livello e la stessa
quantità d’acqua, mentre il primo ha più
quantità d’acqua”
Poi Giuseppe: “Che il primo contenitore è più
grande del secondo e del terzo”
Maestra: “È il contenitore ad essere più grande?”
Tutti: “… No, la quantità d‟acqua”
Riprende Giuseppe: “… e che il secondo contiene
meno quantità d’acqua del primo ed è uguale al
terzo … il terzo quindi è uguale al secondo ed è
più piccolo, contiene meno acqua del primo”
graficamente (esempio
quando si rilevano le misure
del tavolo e lo si disegna) …
Pertanto è come se molti
avessero fatto propria questa
struttura rappresentativa.
Maestra: “Benissimo, come li abbiamo chiamati
questi contenitori?”
Insieme: “… 1, 2, 3 … oppure A, B, C .”
Maestra: “Bene, allora concordiamo di chiamarli
tutti allo stesso modo, A, B, C … e proviamo a
scrivere alla lavagna tutte le relazioni possibili che
esistono, e avete individuato.”
La prima relazione che viene dettata è:
… B e C sono uguali .. quindi B = C
… A è più grande di B.. quindi A>B
Si continua:
… A è maggiore di C .. quindi A>C
… C è più piccolo di A .. quindi C<A
… B minore di A .. quindi B<A
A questo punto interviene Giuseppe. “Ne so
un‟altra io .. A + B + C – B e C = A …”
Maestra: “Ma la “e” come la devo scrivere?”
.. A + B + C – B + C = A .
Maestra: “Allora, secondo voi l‟uguaglianza che è
stata scritta è corretta?”
Parlano in molti, e c‟è un po‟ di confusione,
qualcuno dice che Giuseppe ha ripetuto la B e la C
Non mi sarei mai aspettata
che i bambini riuscissero
spontaneamente a trovare
uguaglianze di questo genere,
avevo previsto il
riconoscimento delle relazioni
semplici tra le quantità e non
già l‟utilizzo di operazioni. Il
ragionamento spontaneo di
Giuseppe, dimostra una
elevata flessibilità mentale e
lascia pensare che
“l‟equazione” può essere una
struttura naturale posseduta
dai bambini, questa però non
stimolata adeguatamente,
viene distorta quando la si
formalizza nella scuola
secondaria.
… poi interviene Luca: “ Secondo me non è
corretta perché già abbiamo detto che B non è la
metà di A … ”
Maestra: “Ma in quello che ha detto Giuseppe non
si parla di metà … Cerchiamo di riflettere e capire
cosa voleva dire Giuseppe.”
Giuseppe a questo punto viene chiamato ad
esplicitare con parole quello che voleva dire in
lingua algebrica: “Maestra, se noi mettiamo
insieme A, B e C esce una quantità d’acqua, poi
se faccio meno B e C mi esce A di nuovo. ”
“… maestra io intendevo dire con la + che B e C
vanno tolte insieme.
Maestra: “Quindi vuoi dire che bisogna togliere sia
la quantità B che quella C … così la “e” che
inizialmente hai pronunciato è corretto tradurla con
il simbolo + ?”
“E se leggi alla lavagna è scritto quello che hai
detto in lingua italiana?
Cosa devi scrivere per far capire quello che intendi
dire?”
Giuseppe: “ Ah , maestra devo mettere le parentesi
A + B + C – (B + C) = A”
L‟esercizio di dire a parole il
proprio ragionamento e poi
tradurlo in linguaggio
algebrico consente di
sperimentare la matematica
come uno strumento di cui si
dispone per comunicare, per
dare le informazioni che si
vogliono.
In questo caso, se a primo
impatto, quando Giuseppe ha
dettato l‟uguaglianza, molti
alunni son rimasti perplessi,
nel momento in cui invece, ha
esplicitato il suo pensiero in
lingua italiana, è stato
compreso effettivamente da
tutti.
Emerge l‟uso delle parentesi
come un‟esigenza per
specificare l‟ordine temporale
in base al quale devono essere
compiute le operazioni per
Luca: “Ecco maestra, per questo non mi trovavo …
ora invece per me è esatto”.
A questo punto, vengono fatte diverse proposte …
È insistente la proposta di Claudia:
“In effetti lui ha addizionato tutto e poi ne ha tolti
due, però si potevano togliere anche due diversi
e ne veniva un altro … Ad esempio se al posto di
B e C , toglieva A e B usciva C”
Giuseppe continua con le sue proposte:
“Maestra me ne è venuta un‟altra …
A + B + C – B = A + C”
Si pone l‟attenzione ora sull‟ uguaglianza proposta
da Claudia:
Claudia fa scrivere alla lavagna:
“ … A + B + C – ( A + B ) = C ”
Indicando i contenitori spiega il suo pensiero e
viene seguita da tutti i suoi compagni, che ormai
sono sintonizzati con il ragionamento che si sta
facendo.
Sentiamo altre proposte e discutiamone per vedere
se siamo d‟accordo.
Umberto scrive: “A + B + C – A = A”
Subito in molti si accavallano per dire: NOOOO
perché B e C non è detto che sono uguali !!!!!
Umberto infatti subito dice: “Facendo finta che
quelli sono la metà alla fine esce A”
Maestra: “Quindi tu hai fatto un‟ipotesi, ma ne
siamo certi al momento?”
Tutti: No…
Maestra: “Allora Umberto ha ragione se …?”
rendere l‟uguaglianza
corretta.
Claudia sta scoprendo che
quell‟operazione si può fare in
tanti altri modi.
“.. Se C e B sono la metà di A” .. e Luca aggiunge :
“ Se 2B = A ”
Detto questo alla lavagna si scrive l‟ipotesi B+C=A
accanto alla scrittura di Umberto e si spiega che
quell‟uguaglianza sarebbe giusta solo se fossimo
certi di quella condizione.
Maestra: “Però come vedete anche senza fare
ipotesi sono uscite delle cose interessanti, anche
con le addizioni e sottrazioni … Come le
chiamiamo queste cose che abbiamo scritto alla
lavagna?”
Risposte varie:
EQUIVALENZE,
UGUAGLIANZE,
OPERAZIONI CON QUANTITA‟ D‟ACQUA,
RELAZIONI, …
Paola ad un certo punto vuole proporre le
operazioni A- B + C … senza definire a cosa
equivalgono.
La maestra, quindi, aiuta l‟alunna a proseguire il
suo ragionamento. Spostando i contenitori, fa
vedere alla cattedra cosa si ottiene facendo quello
che ha detto Paola. Sposta il contenitore A più
avanti, quello B più indietro e quello C avanti, a
livello di A.
Maestra: “Cosa otteniamo?”
Claudia immediatamente dice: “Esce A di
nuovo!!”
Maestra: “Quindi facendo A meno B più C cosa
otteniamo?”
Luca, e molti altri rispondono: “ A e C ”
Davvero interessante la
consapevolezza che i bambini
dimostrano di avere.
In effetti i bambini vengono
condizionati dal vedere che
sulla cattedra, dopo gli
spostamenti eseguiti, ci si
trova con il contenitore B
dietro rispetto a quelli A e C
Solo Claudia insiste dicendo: “Maestra per me no,
per me si ottiene A … perché non togliamo il
contenitore ma la quantità d’acqua che c’è
dentro … Allora se noi dalla A togliamo la
quantità B, visto che B e C sono uguali, se
mettiamo la C otteniamo di nuovo A.. E‟ come se
prima togliamo e poi mettiamo la stessa cosa”
Non tutti sono d‟accordo, o meglio non ne sono
convinti a pieno.
Luca poi dice: “E sa Paola metteva le parentesi
facendo A- (B + C) … usciva A”
Giuseppe: “No, Se considero B e C la metà di A,
insieme fanno A, allora se la tolgo ad A mi viene
zero.”
Ma Claudia continua a ribadire che il suo
ragionamento è esatto perché B e C sono uguali. In
più aggiunge:
“Maestra adesso ci sto riflettendo … i nostri
contenitori sono uguali .. quindi se guardiamo al
livello dell‟acqua, dal livello di A togliamo il
livello di B, e ci rimane questo pezzo sopra, poi
rimettiamo C, e ci esce C più questo pezzo. Poiché
C che ha lo stesso livello di B esce sempre A ”.
Con questo ragionamento molti si convincono.
che sono d‟avanti … In
questo modo si sta
confondendo il contenitore
con la quantità in esso
contenuta, sulla quale si deve
operare … di conseguenza la
risposta collettiva è che alla
fine ci si trova con A e C.
Il ragionamento di Claudia
non fa una piega!!! Io e la
maestra restiamo senza parole
di fronte ad un pensiero così
libero, così flessibile ...
I bambini dimostrano con i
loro discorsi di ragionare
proprio in termini di struttura!
Questo pezzo = A – C, in
effetti sarà proprio la quantità
X che bisognerebbe
aggiungere a C o togliere ad
A per trasformare la
disuguaglianza A > C in
A B
Maestra: “Allora possiamo scrivere l‟uguaglianza
A - B + C = A ?”
Qualcuno continua a discutere ancora per un po‟
sulla possibilità di ottenere A e C , ma poi si
concorda sull‟uguaglianza e si sentono espressioni
del tipo.
Luca : “ Weeeeeeeeeee, maestra mo ho capito !!!
tolgo B metto C a viene di nuovo tutta la A”
Giuseppe: “Io sono un po‟ convinto un po‟ no.
Perché è come se Claudia avesse fatto A – B
convinta che il contenitore a fosse intero e B la
metà, allora viene lo stesso B poi metto C che è
uguale e metà più metà fa di nuovo l‟intero. ”
Claudia: “No, io ho solo detto che C o B, è
indifferente … più quel pezzettino che non so
quant‟è, fa A.”
A questo punto Flora vuole mostrare una
equivalenza che ha trovato e la scrive alla lavagna:
A+B+B+C(–A+C)=B x2 oppure C x2
Maestra: “Allora ci vuoi raccontare quello che hai
scritto?”
…Flora: “Se ad A aggiungiamo 2B o 2C, è la
stessa cosa, e ancora una C, poi togliamo la A e la
uguaglianza A = C …
esercizio che verrà dato tra un
po‟.
Con la sua genialità Claudia
ha effettivamente anticipato
l‟operazione che avremo
chiesto di fare
successivamente.. ed è passata
spontaneamente dalla
disuguaglianza
all‟uguaglianza. Dice di non
sapere quanto fa quel
pezzettino, ma lo ha detto
pochi minuti fa … esso è
proprio … … A-C!!
B=C
X
C escono o 2B o 2C.”
Reazioni varie: “Maestra non ho capito!
No, non sono d‟accordo!”
Claudia subito individua l‟errore presente nella
scrittura e dice di dover scrivere il meno fuori dalla
parentesi.
Viene corretta l‟uguaglianza su suggerimento di
Claudia in …
A+B+B+C–(A+C)=B x2 oppure C x2
Più di uno dice: “No … come risultato viene B una
sola volta, non x2”
Irene: “Maestra, Forse è vera solo perché ha
considerato A il doppio di B e C?”
Maestra: “No, Flora non ha parlato di metà, ha
considerato solo le condizioni che abbiamo
descritto all‟inizio.
Ma secondo voi come facciamo a verificare questa
cosa?”
Flora prova a dare la sua spiegazione:
“… A e C è come se non li avessimo mai messi,
maestra!”
Maestra: “… e perché ?”
.. sempre Flora: “… perché prima li mettiamo e
poi li togliamo … quindi rimangono due volte B.”
Dopo queste parole si sentono esclamazioni del
tipo: “Ahhh, ho capito!!!”
Maestra: “Avete capito cosa ha fatto Flora,
bambini?”
Si, Si, Si …
La maestra cerca di ribadire l‟operazione e di farla
ripetere a parola a qualcuno. Emanuele dice che
non l‟ha afferrata troppo bene e sente l‟esigenza di
scriversela un attimino per guardarla meglio …
così tutti vengono invitati a fare come il compagno:
a scrivere e riflettere.
Intanto mi chiama Claudia per mostrarmi quello
che ha scritto.
Claudia mi spiega il suo ragionamento
mostrandomi questo tipo di rappresentazione, e mi
dice:
questo è A
aggiungo B
aggiungo B
e poi C …
Se tolgo A e
Poi C mi restano 2B
Ancora una volta Claudia
risponde in anticipo alle
richieste che sarebbero state
fatte a tutta la classe in un
secondo momento.
Spontaneamente (sebbene
occorre precisare che la
maestra ha lavorato altre volte
con i quadratini) ella sceglie
di verificare e di rendere più
immediata l‟operazione fatta
da Flora utilizzando delle aree
di diversa estensione,
disegnate rispettando le
condizioni di cui si è certi, ed
effettuando l‟operazione di
sottrazione come
l‟eliminazione della figura.
A questo punto direi che
mentre Davydov propone di
suggerire ai bambini una
strategia intermedia di
rappresentazione grafica per
prepararli alla soluzione delle
equazioni, in questo caso
sono, al contrario, i bambini
stessi ad aver proposto in
maniera naturale una struttura
molto efficace.
Viene chiamato Giovanni.
Maestra: “tu sei d‟accordo con quello che ha scritto
Flora, e se si, come fai a verificarlo?”
Giovanni: “Si sono d‟accordo … perché se leviamo
A e C … viene 2B”
Maestra: “… Dove sta scritto leviamo? Perché
togliamo A e C, dove lo leggi?”
… intervengono i compagni dicendo:
“ … il meno, … la sottrazione , … è scritta in
parentesi … ”.
Di fronte all‟uguaglianza scritta alla lavagna
A+B+B+C-(A + C)=2B, la maestra copre con la
mano prima la lettera A e poi la C, man mano che
si leggono le operazioni.
A+B+B+C
In questo modo è chiara a tutti la veridicità della
proposta di Flora.
Qualcuno: “Ma allora il risultato è solo 2B!!”
Maestra: “NO, visto che B e C sono uguali il
risultato va bene sia che si dice 2 volte B che 2
volte C.”
Emanuele dice: “Allora Flora poteva anche
scrivere dall‟inizio A+C+C+C …”
Pertanto sarà questa ad essere
riutilizzata per farla
condividere al resto del
gruppo classe.
Conclusioni Fase1:
Questa prima fase è stata davvero significativa per i risultati ottenuti nel corso dei
confronti e delle discussioni collettive. Penso che essa sia stata altrettanto interessante e
coinvolgente per la classe, specialmente per quei bambini che hanno continuamente
dato contributo all‟evoluzione del pensiero, facendosi da traino anche per i compagni.
Direi che in questo incontro la spigliatezza di qualcuno è stata fondamentale per portare
avanti la discussione … e devo ammettere di aver provato in diversi momenti gioia e
stupore per le intuizioni di qualche bambino in particolare. Non mi aspettavo affatto che
l‟attività fosse così efficace e produttiva.
Maestra: “Benissimo!!”
Martina vuole scrivere una sua proposta:
B+C-A=A .. e lo fa.
Con grande convinzione e sicurezza, Luca dice:
“Maestra ma quello che ha scritto Martina è vero
solo se facciamo che A è riempito per intero e B e
C sono la metà.. e noi abbiamo già detto che di
questo non siamo sicuri.
Maestra: “Quindi se ipotizziamo che A è il doppio
di B e C viene A come risultato?”
Luca si illumina e dice: “No, infatti se facciamo
l‟ipotesi … con B e C otteniamo A, poi togliendo
A non rimane niente … viene zero”
Claudia dice: “Quindi ci sono due errori in quello
che è scritto!!!”
Uno sarebbe legato al fatto
che Martina ha preso in
considerazione un‟ipotesi e
non le condizioni di cui si è
certi; in più, pur volendo
ragionare per ipotesi,
l‟uguaglianza è sbagliata.
L‟insegnante, inoltre, è stata una conduttrice significativa delle riflessioni e dei
ragionamenti degli alunni, fornendo, quando necessario, nei momenti più adatti, le
opportune stimolazioni e suggerimenti.
FASE2: A questo punto, la situazione è sembrata matura per proporre il secondo
esercizio. Prima di dettare la consegna ho svuotato un po‟ i contenitori B e C e ho
cercato di renderli uguali raggiungendo un livello d‟acqua che si trovasse al di sotto
della metà del contenitore, in modo da evitare che i bambini continuassero ad ipotizzare
che si trattava della metà di A.
I bambini sono stati invitati a guardare la nuova situazione che era alla cattedra e di
disegnarla velocemente. Poi sono state dettate le condizioni, i dati di cui si disponeva
per risolvere il problema:
i contenitori si chiamano A, B e C ;
B è uguale a C ;
B è minore di A.
È stata fatta scrivere la seguente domanda:
“COME FACCIAMO A FAR DIVENTARE LA QUANTITÀ “C” UGUALE ALLA
QUANTITÀ “A”? O ANCHE LA“A” UGUALE ALLA “C” ?”
Si è lasciato del tempo per ragionare individualmente e dare una risposta prima in lingua
naturale e poi attraverso il linguaggio algebrico.
Trascorso qualche minuto Luca dice ad alta voce:
“Maestra, Claudia prima l‟ha detta pure la
soluzione, però non me la ricordo! … è quando
diceva che facendo la sottrazione rimaneva un
po’ di A.”
Sento che qualcuno (sembra Emanuele) continua a
Luca ha individuato subito il
senso della domanda e fa
bene a cercare la risposta
ripercorrendo il ragionamento
fatto da Claudia
precedentemente.
dire: “Basta che mettiamo nella C la B ed
otteniamo la A” … e con lui discute anche
Umberto. Dopo un po‟ si avvicinano alla cattedra e
mi chiedono di dimostrare se la loro soluzione è
vera. Così sperimentano che versando l‟acqua del
contenitore B in quello C non si raggiunge il livello
della quantità A. Delusi tornano a posto.
Giuseppe mi dice di aver misurato con il righello il
contenitore che è di 16 cm …
Flora invece dice: “Maestra ma se A è 10 bicchieri
e C è 3bicchieri , per renderli uguali me ne servono
7!”
La maestra, intanto, accompagna il ragionamento
dei bambini ripetendo la domanda ad alta voce:
“Ho questi due contenitori, A e C, voglio renderli
uguali, come faccio …? Posso o rendere C uguale
ad A, o A uguale a C; Come faccio a fare questa
cosa?”.
Giuseppe dice: “Devo togliere! ”
Martina invece dice: “Per rendere C uguale ad A
devo aggiungere dell‟acqua … ”
Soltanto qualcuno pensa alla possibilità di
mischiare l’acqua dei due contenitori e
raggiungere uno stesso livello, intermedio tra
quello di A e di C. Ma si spiega che non è possibile
farlo.
Maestra: “Queste due quantità quindi o devono
diventare tutte e due A o tutte e due C. Cosa
facciamo … o AGGIUNGIAMO DELL‟ACQUA
a C o TOGLIAMO DELL‟ACQUA dalla A. Ecco
allora che è possibile fare due cambiamenti/
Ragionamento esatto … fatto
con i numeri, di cui i
bambini si fidano ciecamente!
Per Flora è stato immediato
(una volta avuta la possibilità
di agire con i numeri), dire
che la quantità che serve è 7 ..
facendo l‟operazione 10-3,
ossia A-C !!!
E‟ già molto significativa la
consapevolezza di dover
togliere qualcosa in un caso e
aggiungere qualcosa
nell’altro caso.
Si tratta di un concetto
fondamentale, di una tappa
che consente poi di procedere
alla comprensione del fatto
che quel “qualcosa” è la
stessa quantità in entrambi i
casi.
trasformazioni.”
Questa cosa viene fatta scrivere in lingua italiana
… poi si chiede di scriverlo con simboli o lettere.
Non tutti ci riescono, quindi dopo un po‟ si cerca di
farlo alla lavagna .
Esce fuori una scrittura molto immediata, un
suggerimento che diventa uno stimolo efficace per
molti bambini.
Maestra:
“Ad A togliamo acqua per renderla come C
A - ? = C
a C aggiungiamo acqua per renderla come A
C + ? = A
Cosa manca qui in mezzo? Cosa c‟è scritto qui?”
Un bambino risponde: “Maestra l‟acqua” (ed ha
ragione!!!)
Claudia è giunta alla soluzione, infatti mostra a me
e alla maestra il suo foglio con su scritto A- (A-
C) = C
oppure C + (A-C)= A.
Dopo essersi complimentata, la maestra chiede a
Claudia: “E come la potresti chiamare questa
quantità?”
Claudia risponde: “Ma noi abbiamo solo queste
lettere, per questo ho scritto così … però posso
chiamarla D .”
Libertà ed elasticità mentale
consentono di dare una
risposta a qualsiasi domanda.
In queste parole non c‟è
Dopo qualche minuto Luca giunge anche lui alla
risposta.
Un po‟ alla volta tutti i bambini cominciano a
scambiarsi la soluzione e a discuterne tra loro …
Quindi la maestra riepiloga per l‟ultima volta la
situazione sulla quale si sta ragionando ed esplicita
che per ottenere C da A o A da C si può fare in due
maniere, o ad A, che è più grande, togliamo
dell‟acqua o a C, che è più piccolo aggiungiamo
dell‟acqua.
Maestra: “Questo qualcosa come lo chiamiamo?”
Varie risposte: “ … acqua …H2O …
Claudia propone il suo nome …. D ;
Simone dice …” ma anche X …”
Maestra: “È il momento di sostituire al punto
interrogativo, al vuoto … la lettera scelta per
indicare la quantità da conoscere …
Ad A togliamo acqua per renderla come C
A - D = C
a C aggiungiamo acqua per renderla come A
C + D = A
Tutti sono d‟accordo e considerano l‟uguaglianza
corretta, così vengono invitati a scriverla sul foglio.
Maestra: “Ma cosa rappresenta questa D?”
In coro: L’acqua che dobbiamo aggiungere e
togliere !!!
Maestra: “Quindi è la stessa in tutti e due i casi, per
tutte e due le operazioni? .. sia quella che dobbiamo
aggiungere che togliere?”
paura, non ci sono limiti,
compromissioni … solo
libertà!
Direi che dinanzi a questa
scrittura è davvero immediata
la risposta.
SIIIIIIII
Maestra: “E come si determina questa quantità
D?”
Luca si avvicina a me e alla maestra per farci
vedere cosa ha individuato. Effettivamente indica
sul suo disegno quale è la A, quale la C e quale la
D. Per quanto riguarda quest‟ultima quantità egli
dice “… che è quello che rimane togliendo la C alla
A !!!”
Perfetto … ma per ora solo lui e Claudia hanno
fatto questa scoperta.
Si fa alla lavagna il seguente disegno
A C
Maestra: “Ma quanta acqua bisogna togliere o
aggiungere? Lo sappiamo?”
Claudia dice: “Si. Questa parte sopra, bisogna
toglierla o aggiungerla!” .. e aggiunge al disegno …
Maestra: “Come possiamo chiamare questo
che sta sopra?”
Tutti concordano la lettera D.
A questo punto si invitano tutti i bambini ad
individuare la A, la C e la D all’interno del
disegno .
Soltanto discutendo si giunge a concordare che la
D è quella quantità evidenziata in rosso, da togliere
per rendere A uguale a C.
Maestra: “Ora che abbiamo individuato la D, come
faccio a determinarla?”
Si sollecita a guardare attentamente il disegno che
contiene perfettamente la risposta alla domanda.
Risponde Giuseppe: “Basta che togli C dalla A e
ottieni D.” .. ma non ancora tutti sono convinti di
questa affermazione.
Pertanto si sposta ancora una volta l‟attenzione dal
disegno fatto alla lavagna ai contenitori presenti
sulla cattedra … per provare a vedere in essi la
presenza della A della C e della D.
Continuano ad essere chiare le due possibili
trasformazioni “togliere e aggiungere” … e la
quantità D uguale in entrambe le operazioni.
Diversamente risulta abbastanza complesso e poco
immediato il riconoscimento della quantità D
corrispondente all‟operazione A - C.
Alla domanda: “ Mi fai vedere dov‟è la D nei
contenitori?” infatti …
In effetti osservando
attentamente i lavori
realizzati dagli alunni, noto
che nessuno riesce ad
individuare la quantità D
all‟interno del contenitore A,
ma quelli che fanno il
disegno tracciano un ulteriore
contenitore riempito fino ad
un livello che corrisponde
esattamente a quello della A
meno la C. E‟ stata compresa
l‟operazione che si compie,
ma non è pienamente chiara.
Dare la possibilità ai bambini
di ricorrere all‟azione per
ragionare (quando ne hanno
necessità) aiuta a dare senso
alla struttura simbolica
Tale elemento pertanto resta
un nodo cruciale da chiarire
per procedere alla
rappresentazione grafica della
SMAS (Metafora Spaziale
della Struttura additiva).
Occorre anche precisare che
il lavoro richiesto non è
banale, non è infatti molto
… l‟alunno dice: “in questo contenitore dal fondo
fino a qua (al livello della C) è A, il resto è D”
I compagni non sembrano essere d‟accordo … c‟è
confusione e la situazione è poco chiara.
Molti dicono che: “il contenitore intero è A ..
poi quello che resta togliendo la D è A.
Interviene Flora: “ Questa è tutta la A (indicando
l‟acqua del contenitore) … PERO‟ LA A E’
COMPOSTA DALLA C E DALLA D”
Maestra: “Siete d‟accordo con quello che ha detto
Flora?”
Siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii ..nella A ci stanno sia la C che la
D.
Si ribadisce il concetto .. e poi alla domanda:
“come determiniamo la D?” …
.. rispondono in molti.. Basta togliere C dalla A.
Così viene scritto alla lavagna D = A-C e si prova
ad indicarlo ancora una volta sui contenitori.
Sembra proprio che molti siano convinti delle
scoperte fatte, quindi si passa a rappresentare, a
tradurre in maniera grafica, con segmenti e
quadratini le operazioni compiute con le quantità.
semplice … richiede una
elevata capacità di astrazione.
E‟ come se i bambini non
riuscissero a vedere
contemporaneamente la A, la
D e la C nello stesso
contenitore … anzi,
chiamando D un pezzo di A,
quest‟ultimo non fosse più
A.
Conclusioni Fase2:
Anche se non proprio tutti hanno partecipato attivamente al lavoro, penso che sia stato
abbastanza naturale questo primo approccio all‟equazione come trasformazione di una
condizione di diseguaglianza iniziale … rappresentata efficacemente dalle quantità.
FASE 3: Ai bambini viene data una consegna:
GUARDATE I DISEGNI, CERCATE DI INDIVIDUARE IN ESSI QUALE È LA
“A”, QUALE LA “C”, QUALE LA “D” … SCRIVETE LA RISPOSTA PRIMA IN
LINGUA ITALIANA E POI CON IL LINGUAGGIO ALGEBRICO. PROVATE
INOLTRE A RAPPRESENTARE LA STESSA SITUAZIONE CON DEI SEGMENTI
(DISEGNANDO IL SEGMENTO “A”, QUELLO “C”, QUELLO “D”) E DEI
QUADRATINI … RIFLETTETE ATTENTAMENTE!
Per quanto riguarda quest‟ultima consegna, in essa si continua a richiedere un passaggio
graduale dalla lingua naturale, al disegno, al linguaggio algebrico ed infine, questa
volta, si fa compiere un passo in avanti proponendo anche la richiesta di rappresentare
la situazione con segmenti e quadratini.
Precisazione:
Il momento del passaggio alla rappresentazione grafica con segmenti e quadratini è stato
davvero interessante da monitorare e analizzare in ogni suo aspetto. L‟utilizzo dei
segmenti come mediatori semiotici ha rappresentato un processo per niente immediato,
al contrario esso ha subito una continua evoluzione dinanzi a diverse stimolazioni ed
input.
Infatti i PRIMI LAVORI REALIZZATI DAI BAMBINI (per casa) sono stati i
seguenti:
Prime considerazioni:
Guardando i lavori realizzati dai ragazzi, in particolare le rappresentazioni che hanno
elaborato per descrivere l‟uguaglianza di A e C … ho notato delle componenti comuni
quasi a tutti, in particolare:
i segmenti A, C e D vengono rappresentati da tutti in maniera orizzontale,
nessuno li disegna in verticale (orientamento che renderebbe forse più immediata la
trasformazione delle quantità in linee di diversa altezza)
i segmenti sono sempre separati tra loro per essere collegati dai segni di
operazione (+ - =), quindi vengono utilizzati proprio come numeri di un‟operazione …
disposti o uno accanto all‟altro, sullo stesso rigo, o uno sotto l‟altro;
in questo modo quasi tutti considerano la D solo come risultato di
un‟operazione aritmetica (sottrazione della C alla A) e non la rappresentano all‟interno
del segmento A (tranne Flora … che riesce ad utilizzare la struttura dello SMAS).
la rappresentazione dell‟uguaglianza con i quadratini ha avuto le stesse
caratteristiche appena descritte, è stata cioè corretta in quanto “sottrazione” (Es: A di
7quadratini – C di 3 quadratini = D di 4 quadratini), ma poco vicina ad una
rappresentazione risolutiva del problema.
Concludendo, in questa prima fase … emergono sostanzialmente delle
“rappresentazioni di operazioni”: i primi lavori dei bambini, per la maggior parte dei
casi, presentano situazioni del tipo A-C=D …, in molti non c‟è nemmeno la
coincidenza numerica se non in casi eccezionali … maggiormente significativi. Quindi
non si ragiona sull‟uso efficace del segmento, ma sull‟operazione, e di conseguenza è
forte la tendenza a rappresentare quest‟ultima su tre segmenti diversi (elemento che
riflette il processo aritmetico che gli alunni già possiedono ).
In un secondo momento si è ritornati sulla rappresentazione, sono state mostrate ai
bambini alcune modalità di rappresentazione da loro stessi utilizzate, sulla base delle
quali compiere un lavoro di ripensamento, di riflessione … insistendo sulla possibilità
di sintesi. Date anche altre stimolazioni sono uscite altre proposte … alcune
particolarmente efficaci, altre no poiché comunque legate alle operazioni.
L‟insegnante dice: “Quello che voi avete fatto per casa noi lo abbiamo visto e
alcuni lavori sono stati scannerizzati e stampati … ora guardandoli, cercate di
ripensare ad un‟altra rappresentazione con i quadratini e i segmenti .. tenendo
conto che abbiamo di fronte due contenitori A e C dove A contiene anche C e D.
Quindi ora vi mostriamo le rappresentazioni di qualcuno di voi (che non è detto
siano giuste o sbagliate) .. e pensate ad una rappresentazione ancora diversa
sempre con i segmenti.
Come rappresentereste l‟eguaglianza tra A e C con i segmenti? Fate come se A
fosse un segmento, C fosse un segmento .. e D fosse un segmento e fatemi capire
in qualche modo che A è uguale a C con D.”
Infine io e l‟insegnante abbiamo scelto di dare inizio ad un momento di discussione,
partendo da una delle rappresentazioni dei bambini e proponendo alla lavagna il
seguente disegno …… e la seguente domanda: “Questa rappresentazione secondo voi
ci fa capire esattamente quello che bisogna fare per ottenere l‟uguaglianza A=C? Vi
convince? E perché?”
A C D
Abbiamo proposto alla lavagna una rappresentazione, che è stata un nodo cognitivo
forte, in quanto descrittiva dell‟operazione di aggiungere segmenti. Essa ha avuto
un‟importanza fondamentale nel dare inizio alla discussione e spronare molti a trovare
un modo efficace per rappresentare l‟uguaglianza di A con C … la scelta di quel
segmento è stata una stimolazione, una mediazione forte.
Risposte:
.. No maestra, non ci convince!!!
Flora: “... D e C non stanno fuori A, stanno dentro A. Perché noi abbiamo detto
che A è composta dalla C e dalla D .. non che A, C e D stanno nel contenitore
della A.”
Maestra: “Invece, questa rappresentazione cosa significa per te?”
“… per me significa che ci sono tre contenitori con l‟acqua”.
Claudia aggiunge: “ … per me, questo disegno significa che abbiamo tre contenitori
… A C D che li abbiamo addizionati e ci è venuto quel segmento più lungo. Quindi
quel disegno non rappresenta quello che abbiamo fatto, ma indica A+C+D”.
Irene anche dice:“Questa rappresentazione per me non è giusta perché la C e la D
stanno dentro la A, sarebbero la A.”
Umberto: “Secondo me quel segmento è sbagliato perché dovrebbe essere A-D=C
oppure C+D=A, e non dice questo.
Alessandro dice: “Com‟è rappresentata indica una sola quantità .. cioè la A con la
quantità D e la C … quindi sarebbe un recipiente ancora più grande.”
Maestra: “Che operazione scrivereste in riferimento a questa rappresentazione?
Flora: A+C+D …… Si questo segmento fa capire un‟addizione.
Maestra: E c‟è un modo per dire che D sta dentro la A?”
Giuseppe: “Secondo me bisognerebbe togliere quelle sbarre e far capire che
quel segmento è il contenitore e dentro c’è A, D e C”.
Maestra: “Quindi tu stai proponendo un altro disegno per dire che C e D stanno
dentro A. Ognuno di voi immagini un disegno che faccia capire che la quantità A e
uguale a D+C, o che D=A-C, o che C= A-D … e poi lo venga a fare alla
lavagna.”
Claudia: “secondo me i tre segmenti devono essere staccati se no non capiamo che
abbiamo tre quantità diverse.”
Tutti sono d‟accordo sul fatto che quel disegno non esprime quanto detto sulle tre
quantità in questione e diversi alunni fanno alcune proposte davvero significative.
A D C
Giuseppe: “Maestra questa rappresentazione che ho fatto vale a dire che nel
contenitore A c‟è A D e C.”
A D C
Luca: “Così nella A ci sono la D e la C.”
Claudia: D C
A
Flora: A D C
“Tutto intero il segmento è il contenitore, poi questa è la quantità d‟acqua A (che
non riempie tutto il contenitore) e dentro ci sono C e D.”
Irene: A
D C
A questo punto interviene Claudia per dire : “Maestra ma la rappresentazione di
Irene è uguale alla mia, solo che io non ho disegnato due segmenti, ma uno
soltanto”.
Martina: A D C
Le ultime rappresentazioni disegnate dai bambini alla lavagna non sono esattamente
quelle da loro disegnate sul foglio, ovvero quelle che essi hanno determinato pensando
in maniera individuale … è come se il loro pensiero subisse un processo di evoluzione
davvero sostanziale proprio durante la discussione, il confronto ... e questa cosa mi
sorprende sempre più. Del resto bisogna tener ben presente il percorso di sviluppo
seguito attraverso i tre momenti descritti di queste lezioni.
I disegni finali riportati, molto vicini alla SMAS, non sono quindi usciti dall‟inizio ma
solo dopo continui ritorni e stimoli adeguati.
In più le seguenti tre proposte, ognuna elaborata individualmente da tre bambini
sembrano, se poste in successione, l‟evoluzione del pensiero collettivo.
Conclusioni:
L‟attività di oggi è stata abbastanza efficace per scoprire la rappresentazione in
segmenti del passaggio dalla disuguaglianza all‟uguaglianza … del resto sarebbe
opportuno condividere ancora per un po‟ le rappresentazioni emerse a fine lezione, per
poi procedere il lavoro facendo ancora un passaggio significativo attraverso i numeri e
le misurazioni con diverse unità di misura delle quantità di cui fino ad ora si è parlato in
maniera indefinita.
SECONDO LAVORO
Stessa quantità d’acqua in contenitori di forma diversa
Attività 1, giorno 17 Marzo 2010
Consegna:
CI SONO DUE CONTENITORI VUOTI DI FORMA DIVERSA. COME FARESTE
SE VI DICESSI DI VERSARE LA STESSA QUANTITÀ D‟ACQUA IN
ENTRAMBI?
Codifiche:
Il problema è stato sottoposto a 21 alunni della classe 5C. Tutti hanno cercato di dare
una soluzione personale al quesito entro il tempo stabilito; 5 sono stati coloro che
hanno immediatamente individuato la soluzione corretta.
Riflessioni iniziali:
Al primo lavoro incentrato sull‟esplorazione di equazioni e disequazioni a partire
dall‟individuazione di relazioni tra quantità indefinite, ha fatto seguito un‟attività
riguardante le “quantità e la loro misurazione”. Si tratta di un quesito che dovrebbe
indurre i ragazzi a fare alcune riflessioni, quali: che per versare una stessa quantità in
due recipienti di diversa forma è necessario misurarla in qualche modo, ad esempio
scegliendo un bicchiere come unità di misura; che la diversa forma dei contenitori di
cui si dispone non permette di ragionare in termini di “stesso livello d‟acqua” ecc ...
Descrizione dell’attività:
Il problema è stato dettato a tutta la classe, poi riletto ad alta voce aggiungendovi
qualche informazione chiarificatrice della situazione, facendo riferimento anche ai 2
recipienti in plastica, trasparenti, di diversa forma (precisamente uno stretto e alto, uno
largo e basso) che intanto sono stati posizionati sulla cattedra.
Non sembrano esserci stati ostacoli linguistici alla comprensione, anzi tutti hanno
dimostrato da subito di avere chiaro il quesito al quale dovevano trovare risposta.
Inizialmente si è preferito dare spazio ad una risoluzione individuale, infatti gli alunni
sono stati lasciati per 10 minuti a risolvere il problema ed invitati a proporre qualsiasi
forma di ragionamento, anche attraverso un disegno. Mentre essi erano a lavoro,
osservando il loro comportamento, ho notato tranquillità, concentrazione, pochi erano
completamente distratti, la maggior parte pensava silenziosamente, mettendosi alla
ricerca di una qualche soluzione, mentre alcuni iniziavano già a cercare conferma
delle loro ipotesi richiamando l‟attenzione dell‟insegnante, come se fossero
maggiormente presi dalla paura di non sbagliare piuttosto che dall‟obiettivo di
esprimere il loro pensiero. In linea generale ho avuto conferma delle mie previsioni,
ossia che il compito non fosse affatto difficile per i ragazzi e dopo circa 5 minuti
qualcuno già mi ha detto di aver terminato. Durante l‟attesa, parlando con la maestra,
ci siamo accorte di non aver esplicitato agli alunni il fatto che avessero dei bicchieri a
loro disposizione, ma abbiamo preferito continuare ad omettere questa informazione
ponendo i bicchieri semplicemente sulla cattedra e aspettando che qualcuno li
chiamasse in gioco durante il confronto. A questo punto ha avuto inizio il momento
del confronto ed è stato chiesto ai ragazzi di mettere in comune le riflessioni. (In rosso
scrivo qualche commento)
Comincia Sonia: “Per riempire i due contenitori
con la stessa quantità d‟acqua ci sono diversi
modi; per esempio, uno è che basta prendere i due
recipienti metterli vicini e vedere che la quantità
d‟acqua raggiunge lo stesso punto. La seconda
possibilità è quella di riempirli con un bicchiere
che ho considerato lungo 30 cm…”
Maestra: “Che vuol dire prendere un bicchiere?”
Sonia: “Vuol dire che … prendo un bicchiere lo
riempio e lo verso qua, e poi posso mettere la
stessa quantità”.
Maestra: “Quindi, nell‟altro contenitore metti il
bicchiere pieno o stai attenta a raggiungere lo
stesso livello del primo contenitore, come dicevi
nella prima ipotesi?”
Sonia: “Si, metto allo stesso livello … e poi posso
farlo anche con un cucchiaio.”
Interviene Alessandro: “Come dice lei, prende un
bicchiere e versa l‟acqua in questo recipiente e poi
non è che guarda la misura che raggiunge,
perché non sono gli stessi recipienti, di uguali
dimensioni. L‟ipotesi di mettere l‟acqua fino qua e
poi metterla fino qua anche nel secondo recipiente,
non mi convince perché secondo me questo
recipiente è più stretto, questo più largo, quindi
non va bene guardare allo stesso livello. Invece
dovrebbe prendere un bicchiere d‟acqua e versarlo
qui dentro, poi prenderne un altro e versarlo qui
dentro per avere le stesse quantità.. il bicchiere è
la stessa quantità di quello che ha messo lì”
Come avevamo pensato, il
bicchiere è il primo oggetto
al quale i bambini pensano
per misurare l‟acqua, infatti
viene chiamato subito in
gioco.
Sonia, come molti altri
bambini, associa il concetto
di stessa quantità d‟acqua
all‟immagine di due recipienti
riempiti fino allo stesso
livello e questo accade perché
trascura le diverse
caratteristiche dei contenitori
… del resto anche se accenna
all‟uso del bicchiere, lo
considera non come unità di
misura che determina una
stessa quantità d‟acqua, ma
semplicemente come
strumento di cui si serve per
versare il liquido.
L‟uguaglianza delle quantità
continua a scaturire
dall‟uguaglianza dei livelli
che l‟acqua raggiunge nei
diversi recipienti.
C‟è una piccola discussione !!
Alle parole di Alessandro, Claudia aggiunge
immediatamente il suo pensiero: “Si, basta
prendere un bicchiere d‟acqua e metterlo nel primo
recipiente, poi un altro nell‟altro recipiente, così la
quantità è uguale, in tutti e due c’è un bicchiere
d’acqua.”
Flora leggendo la sua risposta al problema dice:
“Prendo una quantità d’acqua la faccio a metà e
una metà la mettiamo in un recipiente, l’altra
metà nell’altro”
Maestra: “E come fai a fare la metà ???”
Flora: “Se prendiamo ad esempio 2 litri d‟acqua,
un litro lo mettiamo in un contenitore, un altro nel
secondo contenitore”.
Maestra: “Ma noi non abbiamo né litri, né altro..
solo quei contenitori..Allora??”
Flora: “Allora non sono d‟accordo sul fatto di
guardare al livello, ma di prendere un‟unità di
misura che può essere o il bicchiere o il
cucchiaio.”
Interviene Luca: “Per fare questo esperimento tutti
e due i contenitori devono essere uguali, invece
quello è più stretto, quello è più largo”
Maestra: “Quindi questo esperimento non si può
fare, o non si può fare come ha detto Sonia?”
Luca: “Non si può fare!”
Maestra: “Allora non possiamo mettere due
quantità d‟acqua uguali nei due recipienti?”
Tutti rispondono: SI ma Luca non è convinto.
Parla Paola: “Secondo me dobbiamo prendere due
bicchieri uno piccolo per il contenitore piccolo,
uno grande per il contenitore grande”
In effetti la soluzione al
quesito è già stata detta, ma
anche la maestra lascia che
ognuno possa continuare ad
esprimere il proprio pensiero.
Dopo l‟attività, leggendo le
risposte che i bambini hanno
scritto individualmente, noto
che molti alunni ricorrono al
sistema di misurazione e
fanno le loro ipotesi
ragionando in termini di litri,
millilitri ecc …
Mi stupisce molto la
convinzione di Luca nel dire
che in due contenitori diversi
non può esserci la stessa
quantità d‟acqua.
Maestra: “E così tu pensi di ottenere la stessa
quantità d‟acqua nei contenitori.. vogliamo
provare???”
PAOLA VA ALLA CATTEDRA E DIMOSTRA
A TUTTI I SUOI COMPAGNI LA SUA
SOLUZIONE: mette in maniera alternata, un
bicchiere piccolo nel recipiente piccolo, e uno
grande nel recipiente grande … e lo fa per diverse
volte..
Qualcuno dice: “Ma bisogna fare tutto al
contrario!!! Il piccolo nel grande, il grande nel
piccolo.”
Dopo 5 volte Paola viene fermata dalla maestra …
Maestra: “Allora, a questo punto tu sei convinta
che c‟è la stessa quantità di acqua in questi due
contenitori?”
Paola: “No, dovrei riempirli fino alla fine.”
Maestra: “L‟esperimento tuo allora quando finisce
per dire che c‟è la stessa quantità d‟acqua?”
Paola: “Si devono riempire tutti.”
Maestra: “E allora che ragione c‟è di usare i due
bicchieri di diversa misura ???”
La maestra si rivolge alla classe e dice: “Voi che ne
pensate del pensiero di Paola?”
Umberto cerca di interpretare il pensiero della
compagna: “Paola voleva dire che se mettiamo il
La proposta di Paola
confonde un po‟ le idee a chi
non le aveva ancora chiare …
Forse Paola pensa che uguale
quantità corrisponda ad
uguale numero di bicchieri.
Del resto è bene specificare
che certe acquisizioni che per
noi sono di senso comune non
sono affatto scontate per chi
costruisce conoscenze. È
importante quindi far
bicchiere piccolo nel recipiente che è più stretto, e
il bicchiere grande nel recipiente più largo
otteniamo lo stesso livello.
DOMANDA CHIARIFICATRICE della maestra:
“Ma lo stesso livello secondo voi corrisponde alla
stessa quantità???”
Tutti : NOOOOOOOOO
Maestra: “ma a noi interessa misurare il livello??”
Tutti: Nooooooo
Maestra: “Allora io voglio capire se il metodo che
ha usato Paola ci serve per misurare la stessa
quantità?
E perché no?”
Luca non è convinto di questa cosa ed esprime
ancora una volta il suo pensiero: “Per me la stessa
quantità e lo stesso livello sono la stessa cosa”
Parla Irene e fa un ragionamento molto contorto,
quindi per farlo comprendere a tutti lo mostra alla
cattedra.
Comincia a versare un bicchiere nel primo
recipiente, poi un altro, riempito questa volta non
fino all‟orlo … così viene richiamata dai compagni
…
Irene versa due bicchieri pieni nel primo
recipiente, poi mette un dito al livello che l‟acqua
ha raggiunto e cerca di non toglierlo da quella
posizione. Poi versa l‟acqua da questo recipiente al
secondo “Così è sicuro che è la stessa acqua”.
Maestra: “Si, ma ora il primo recipiente è rimasto
vuoto?”
Irene: “Visto che non ho tolto il dito posso
rimettere l’acqua finche non raggiungo il livello
del dito un‟altra volta.”
emergere questi modelli
mentali dei bambini se si
vuole assumere la realtà come
origine della matematica.
I bambini sottolineano
l‟importanza di definire il
bicchiere come u.m. e di
riempirlo sempre più o meno
allo stesso modo, altrimenti
perde il suo valore.
La soluzione di Irene
incuriosisce ed entusiasma
tutti … sembra convincerli
più delle risposte date fino ad
ora.
Maestra: “Allora siete tutti convinti che nei due
recipienti c‟è la stessa quantità d‟acqua??”
SIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
Irene: “… perché è proprio l‟acqua che ho prima
messo qua ad essere stata messa nel secondo
recipiente.. e poi non lasciando il dito ho visto che
occorrevano altri due bicchieri per raggiungere di
nuovo il livello.
Maestra: “E quindi cosa si potrebbe concludere?”
Claudia: “Io direi che a questo punto basta
mettere due bicchieri d’acqua da un lato e due
bicchieri d’acqua dall’altro, senza dover tenere
il segno con il dito.”
Detto questo lo mostra alla cattedra per convincere
i compagni.
Qualcuno dice: “Vedi il livello non è uguale però
la quantità è la stessa”
Qualcun‟altro: “Maestra facciamo finta che
questo bicchiere (il piccolo) è la metà di questo
(il grande)… se riempiamo un bicchiere grande
per intero e lo mettiamo nel primo recipiente, poi
ne dobbiamo riempire due di bicchieri piccoli e
metterli nell‟altro recipiente”
… la quantità d‟acqua è la stessa è solo un altro
modo per farlo!
E‟ il momento di Eufemia, che confonde ancora il
concetto di quantità con il livello d‟acqua dei due
recipienti, così si crea una breve discussione con
Claudia aveva già dall‟inizio
trovato la soluzione al
quesito, ma solo ora si fa
avanti per mostrarla ai
compagni … Aspetta il
momento giusto!!!
Questa ipotesi è davvero
interessante, perché va oltre
il discorso che si sta portando
avanti e vuole essere un
tentativo di trovare ancora
un‟altra soluzione al quesito.
Del resto si tratta di un
intervento che anticipa il
nucleo delle attività
successive che si vorrebbero
proporre ai ragazzi ovvero:
“una stessa quantità può
essere misurata con diverse
u.m. rappresentando così
numeri diversi”…. Vedo
invece che questo aspetto i
ragazzi già lo padroneggiano
ampiamente tanto da metterlo
loro stessi in campo.
Alessandro, convinto invece dell‟idea opposta:“E‟
giusto mettere il segno e guardare al livello con i
recipienti uguali, ma con quelli diversi no”
Martina poi vuole dimostrare che se nei due
recipienti si mette l’acqua allo stesso livello, e poi
si misura ciascuna quantità con i bicchieri si
vede che esse sono diverse pur essendo uguali i
livelli. E si fa la sperimentazione: un recipiente
conta 4 bicchieri e mezzo, l‟altro 7 bicchieri.
Claudia:“Visto che il problema è che i due
recipienti sono diversi, allora mettiamo 2 bicchieri
nel primo recipiente, due nel secondo. La quantità
è la stessa, ma il livello no. Poi prendiamo un
terzo recipiente vuoto, uguale al primo e
versiamoci dentro l’acqua che sta nel secondo
… così se l‟acqua è la stessa ora anche il livello
dovrà essere lo stesso.”
Maestra: “Vi ha convinto Claudia?”
SIIIIIIIIIIIII
Maestra:“E allora come possiamo dire che abbiamo
fatto a misurare la stessa quantità di acqua?”
Abbiamo preso il bicchiere come unità di misura
…. Abbiamo riempito così i due recipienti di una
stessa quantità però non allo stesso livello.
Concludendo la maestra dice: “COME SI FA A
METTERE LA STESSA QUANTITA‟ D‟ACQUA
IN DUE CONTENITORI DIVERSI?”
Tutti:
Bisogna prendere un’unità di misura ..
La proposta di Martina è
stata davvero utile e ha
convinto la maggior parte dei
ragazzi
Claudia in effetti vuole fare
anche la prova, vuole cioè
dimostrare a tutti che il suo
ragionamento è giusto.
In effetti la maggior parte dei
bambini sembra convincersi
solo in termini di verifica.
L‟argomentazione che pure
talvolta viene proposta, ha
poco successo.
Bisogna prendere un bicchiere d’acqua e metterlo
una volta là una volta qua … con quantità stessa e
livello diverso.
Oppure mettere uno grande da una parte e 2
piccoli dall’altra.. o anche 2 grandi e 4 piccoli …
A questo punto il lavoro ritorna ad essere
individuale … infatti l‟insegnante chiede a tutti di
scrivere sul proprio foglio la soluzione raggiunta
durante la discussione e di rappresentarla con un
disegno. In un secondo momento viene fatta
un‟altra richiesta: Provate a scrivere con simboli,
numeri … che la quantità di acqua dei due
contenitori è uguale …
Alla scrittura in lingua italiana, si aggiunge quindi, la rappresentazione attraverso un
disegno ed, infine, l‟utilizzo di un linguaggio simbolico che rappresenta in effetti una
spinta ad una prima formalizzazione. Guardando i lavori dei ragazzi ho notato che i
primi disegna fatti (più o meno da tutti) non sono affatto utili alla risoluzione del
quesito ma sono semplicemente “decorativi”. I disegni realizzati invece, su richiesta,
successivamente alla discussione, sono davvero interessanti, in quanto contengono
elementi che esplicitano chiaramente la soluzione trovata (ad esempio evidenziano che
la diversa forma dei recipienti comporta un diverso livello raggiunto dall‟acqua pur
essendovi all‟interno una stessa quantità. Ecc … )
… ovviamente continuano ad esserci disegni che non forniscono alcuna informazione .
Primi tentativi di simbolizzazione:
la scelta delle lettere per indicare gli oggetti con i quali si sta lavorando è spesso
l‟iniziale dell‟oggetto ( B = bicchiere; CL = contenitore largo, CS = contenitore
stretto … ), quindi non vuol essere una forma di generalizzazione, solo in un caso i
contenitori sono stati chiamati “a” e “b” ;
in due casi c‟è stata l‟esigenza di indicare con un simbolo “N=” il “ non uguale”;
alcuni utilizzano l‟espressione “2b+C=2b+C” con il segno di addizione, altri
utilizzano la moltiplicazione “2b x C + 2b x C = stessa quantità d‟acqua”, un
alunno scrive “bx2 +C”, un altro “2C=4B” … (b=bicchiere, c=contenitore).
Conclusioni:
I ragazzi si sono mostrati coinvolti, attenti e concentrati per ragionare sul problema. La
guida dell‟insegnante ha rappresentato un momento sostanziale per evitare il rischio di
allontanarsi troppo dal nucleo del tema, ed ovviamente l‟intuizione, la spigliatezza di
qualcuno è stata fondamentale per portare avanti la discussione … altrettanto
interessante è stato vedere alcuni alunni intenti a spiegare e convincere i compagni
incerti. Mi aspettavo che la soluzione al quesito fosse più immediata per tutti, invece ho
avuto prova della singolarità dei tempi di apprendimento di ogni individuo. È stata
davvero efficace la predisposizione della cattedra come tavolo di sperimentazione, che
ha offerto la possibilità a ciascun bambino di mostrare chiaramente a tutti il proprio
pensiero in termini di “azione” (per usare il linguaggio di Bruner), la propria ipotesi
risolutiva, anche quando era contorta nell‟esposizione orale. In definitiva il lavoro
risulta interessante perché cerca di dare un significato algebrico all‟uguale e perché,
diversamente dalla volta precedente, l‟uguaglianza questa volta viene rintracciata in
qualcosa che non si vede ( il numero, la misura ) ma che si deve costruire e immaginare.
TERZO LAVORO
Quantità diverse da misurare ed eguagliare
Attività 4, giorno 29 Aprile 2010
Consegna:
CI SONO DUE CONTENITORI DELLA STESSA FORMA RIEMPITI CON
DIVERSE QUANTITÀ D‟ACQUA CHE DEVONO ESSERE MISURATE. COME
BISOGNA FARE? COME FARE, INOLTRE PER RENDERLE UGUALI?
Codifiche:
Il problema è stato sottoposto a 16 alunni della classe 5C. Tutti hanno partecipato con
interesse, facendo interventi abbastanza pertinenti e significativi.
Riflessioni iniziali:
Il quesito di oggi si pone in continuità sia con il precedente lavoro di misurazione (che
richiedeva di versare la stessa quantità d‟acqua in due contenitori di forma diversa) sia
con il primo (che focalizzava l‟attenzione sulle trasformazioni di quantità per ottenere
uguaglianze: A-D=B e B+D=A). Precisamente la presente attività vuole richiamare in
gioco il processo di misurazione come operazione che necessita la scelta di un‟unità di
misura e soprattutto far ripercorrere e riutilizzare agli alunni formule precedentemente
scoperte ragionando esclusivamente su quantità indefinite, questa volta con i numeri.
Per quanto concerne quest‟ultimo aspetto, si suppone che l‟introduzione dei numeri si
mostri alquanto semplice ed immediata, soprattutto se paragonata al complesso lavoro
di riflessione svolto senza numeri precedentemente. Inoltre, ci si aspetta che gli alunni
propongano spontaneamente la rappresentazione con i segmenti.
Descrizione dell’attività:
Dopo aver posizionato i contenitori riempiti d‟acqua sulla cattedra è stata esposta
oralmente dalla docente la richiesta di misurare le due diverse quantità ed
immediatamente …
(In rosso scrivo qualche commento)
Giovanni propone di utilizzare il bicchiere come
unità di misura, per poter affermare “La quantità in
questo contenitore misura ad esempio 15
bicchieri!”.
La prima proposta che viene
fatta richiama l‟utilizzo del
bicchiere come unità di
misura, proprio come è stato
sperimentato durante la
scorsa attività …
Alessandro però non comprende a pieno la
richiesta e dice: “Maestra ma misurare per me è
con i litri …”
Flora: “Maestra ma si potrebbe utilizzare anche il
contenitore come unità di misura.
Maestra: “Certo!”
Flora: “.. e in questo caso si potrebbe dire che il
contenitore (chiamiamolo A) contiene 2/3
d’acqua.”
Maestra: “E perché proprio 2/3?”
Flora continua: “Perché se noi consideriamo che il
contenitore pieno è l‟intero e lo dividiamo in tre
parti, quest‟acqua occupa due terzi. Quindi potrei
dire che quest‟acqua misura più o meno i due terzi
del contenitore.”
Maestra: “E se dovessi dirlo del secondo
contenitore?”
Flora: .. maestra direi 1/3 e un pochino (parola
suscita il sorriso in tutti i compagni).”
Così Flora dice: “Allora secondo me si può fare
come ho detto io, ma è meglio con il bicchiere …
Perché la mia misura non sarebbe troppo precisa,
invece con il bicchiere che posso riempirlo sempre
con la stessa quantità, sarei più precisa.”
Maestra: “Voi cosa pensate?”
La maggior parte dei ragazzi preferisce la proposta
di Giovanni a quella di Flora.
Maestra: “Noi abbiamo bisogno di sapere
esattamente la quantità d‟acqua che sta in questi
due contenitori, così nel caso in cui dovessimo
svuotarli, in un secondo momento potremmo
riempirli allo stesso modo … oppure questa
informazione mi potrebbe servire per conoscere la
quantità d‟acqua necessaria per rendere i
contenitori riempiti allo stesso modo.”
Quella di Flora la trovo
un‟affermazione geniale che
dimostra perfettamente
l‟utilità dei numeri razionali
per esprimere rapporti. Forse
non abbiamo valorizzato
adeguatamente la proposta
perché per noi la gestione del
numero razionale come
numero che serve per contare
e fare operazioni è meno
immediata.
Luca: “Io sono d‟accordo a misurare con i bicchieri
… ma se viene ad esempio 8 bicchieri e un poco
così … si potrebbe dire : 8 bicchieri e 1/4”
Alcuni invece propongono di arrotondare per
eccesso e considerare 9 bicchieri, altri per difetto e
dire 7 bicchieri soltanto.
Claudia: “Maestra usare i bicchieri per me va bene,
possiamo usare quelli grandi, quelli piccoli, la
bottiglina, il contenitore.. lo strumento ce lo
costruiamo noi … però la vera misura
dell’acqua è il LITRO.”
Maestra: “Perché qual è la differenza di dirlo in
bicchieri piuttosto che in litri?”
Flora: “Non c‟è .. perché come il litro è un‟unità di
misura così lo è anche il bicchiere.”
Maestra: “Siamo d‟accordo ad utilizzare il
bicchiere per misurare queste due quantità?”
SIIIIIIIII
“Facciamolo.”
Viene chiamato Giovanni ad effettuare la
misurazione alla cattedra ma prima di cominciare
la maestra sottolinea:
“Mettiamoci d‟accordo però fino a che livello il
bicchiere deve essere riempito per tutte le volte,
altrimenti la nostra unità di misura non resta
sempre la stessa.”
Giovanni propone di riempire il bicchiere fino alle
linee che rigano la superficie dell‟oggetto e tutti
concordano.
Si comincia dal contenitore più riempito e si
contano 14 bicchieri … ma manca ancora un po‟
d‟acqua. Giovanni, anche su suggerimento dei
compagni, prende un bicchiere piccolo e lo riempie
con la restante acqua...
Alla lavagna viene scritto:
A=14 bicchGrand(B.G)+1piccolo(B.P)
Si continua con la seconda misurazione e si
contano 6 bicchieri grandi più uno piccolo.
B=6bicch grand(B.G)+1piccolo(B.P)
Luca a questo punto dice: “Maestra possiamo dire
allora 6 bicchieri più mezzo.” … ma risponde
Giuseppe dicendo che non è corretto dire “la metà”
poiché noi non sappiamo precisamente quante
volte il bicchiere grande contiene quello piccolo.
A questo punto i bambini vengono invitati a
raccontare quello che hanno svolto, sul foglio
bianco distribuito ad inizio lezione.
Si richiede prima una descrizione in lingua italiana
poi una rappresentazione attraverso il disegno.
Inoltre si chiede di scrivere l’uguaglianza trovata
con la misurazione e in un secondo momento tutte
le formule che vengono in mente a partire dai dati
scritti.
A ciò si aggiunge la richiesta di TROVARE IL
MODO PER FAR DIVENTARE IL
CONTENITORE A UGUALE “A” QUELLO “B”
E VICEVERSA.
Giuseppe esclama: “Maestra non ci vuole niente
…” .. oppure si sente chi dice: “ormai lo abbiamo
già visto l‟altra volta, facilissimo!!!”
Claudia: “Con i bicchieri Facile” ….
I bambini vengono lasciati per 10 minuti a
lavorare, ma continuano ad esserci frequenti
richieste di spiegazioni e chiarimenti, così per
rinfrescare la memoria a tutti, viene fatta una breve
sintesi delle scoperte sintetizzate nelle seguenti
formule
Ritorna spesso la curiosità,
l‟esigenza di conoscere il
rapporto tra la quantità
d‟acqua contenuta in un
bicchiere grande e quella in
uno piccolo, e ciò risponde
chiaramente al percorso di
Davydov.
Con quest‟ultima richiesta si
stanno semplicemente
introducendo i numeri
all‟interno dell‟operazione
fatta la prima lezione con le
quantità indefinite A C e D .
In verità non tutti riescono a
rispondere a quest‟ultima
richiesta, alla quale infatti
sarà dedicato molto tempo
durante la successiva
discussione collettiva.
A + D = B (per rendere A uguale a B bisogna
togliere dell‟acqua)
B – D = A (per rendere B uguale ad A bisogna
aggiungere dell‟acqua)
D = A-B tale quantità è proprio la differenza
d‟acqua tra A e B.
Alla lavagna viene chiamato Giuseppe e poi
Maddalena per rappresentare con un disegno la
situazione appena descritta e scrivere le relative
formule .
Maddalena disegna …
A B
E scrive A-B=X.
Maestra: “OK … ma ora che conosciamo i valori
delle quantità A e B, che abbiamo trovato con i
bicchieri, come facciamo a trovare la X?”
Maddalena: “Maestra, poiché 14 bicchieri sono la
A, 6 bicchieri sono la B , la X sarà 8 bicchieri.”
14 – 6= 8
Maestra: “E i bicchieri piccoli non li avete proprio
considerati?”
Molti dicono … “stanno sia di qua che di la
quindi è come se non ci fossero.”
Giuseppe invece scrive:
Il passaggio all‟uguaglianza
continua ad essere un
concetto alquanto complesso
e, sebbene esso è stato
ampiamente approfondito e
condiviso durante le attività
precedenti, necessita di
ulteriori chiarimenti e
precisazioni.
Del resto mi aspettavo che
l‟utilizzo dei numeri al posto
delle lettere fosse molto più
immediato di quanto invece
si è rivelato.
Quasi tutti gli alunni quando
nella formula sostituiscono le
lettere con i numeri,
omettono la scrittura dei
bicchieri piccoli e non
utilizzano le parentesi … ciò
inizialmente facilita i calcoli
+1b.p +1b.p
14 B.G - 6 B.G = 8 B.G+ 2b.p
Nessuno è d‟accordo !!!
A questo punto Flora espone la sua proposta:
“Maestra io ho trovato il numero dei bicchieri
grandi utilizzati in totale nella A e nella B.. e mi
trovo che sono 20. Ora se noi dividiamo questi
bicchieri vediamo che devono essere 10 per un
contenitore e 10 per un altro, quindi i 4 bicchieri in
più del contenitore A devono essere messi in quello
B.”
Maestra: “Ho compreso quello che tu stai dicendo,
può essere una soluzione ma dobbiamo cercarne
altre.”
Viene data la parola Claudia che espone e mostra la
sua rappresentazione alla lavagna.
“Io ho 14 bicchieri grandi più 1 piccolo e li disegno
… poi con una sbarra sottraggo i 6 grandi e quello
piccolo della B:
… così ottengo la X che è 8 bicchieri grandi.”
Maestra: “Chiaro a tutti?
Questo è in effetti quello che all‟inizio aveva detto
Maddalena .. tant‟è vero che lei non li aveva messi
proprio i piccolini, dicendo io ce l‟ho di qua ce l‟ho
di là tanto vale non lo considero...
Ora questi 8 bicchieri che avete trovato a cosa mi
servono, in che modo mi consentono di ottenere
l’uguaglianza?”
e fa giungere
immediatamente al valore
della X=8B.G,ma dopo
disorienta.
Umberto: “Sono i bicchieri che ti sei trovata per far
diventare A uguale a B”.
Claudia continuando a ragionare sulla sua
rappresentazione dice: “A questo punto, trovata la
X, si dovrebbe fare 14 meno questi 8, per far
diventare la A come la B … e ritornando al
disegno, visto che 6 sono già sbarrati basta
sbarrarne altri 2 per ottenere la B …. Ma maestra,
non mi trovo!!! … perché la B non è solo 6
bicchieri grandi, ma contiene anche un bicchiere
piccolo … che io non ho più!!!”
La maestra invita Claudia a scrivere le operazioni
che compie.
L‟alunna scrive..
14 – (14-6) = …
14 – 8 = 6 … e questa non è la B !
Maestra: “Allora facciamo così .. proviamo a
scrivere i numeri accanto al disegno che ha fatto
all‟inizio Maddalena …”
Umberto scrive …
8B.G
?? e qui ??
A=14+1p. B=6+1p.
… guardando attentamente il disegno Umberto si
rende conto che sotto la X c’è la B, ma tutti
continuano a dire che ci sono solo 6 bicchieri
grandi, quello piccolo non viene riconosciuto.
Maestra: “Ma nel primo contenitore c‟era la A? E
L‟errore di Claudia sta nel
fatto che la seconda
operazione, ovvero A-D=B la
effettua sulla
rappresentazione su cui già
ha operato. Del resto l‟alunna
dimostra una volontà di
controllo del suo
ragionamento.
Continua a mancare la
scrittura esplicita del
bicchierino che chiarirebbe
ogni ambiguità.
quanto era?”
Umberto: “SI… 14 bicchieri !!”
Maestra; “… e basta??”
Umberto: “AH, dimentichiamo il bicchiere piccolo
… quindi qui ce ne sono 6 grandi e 1 piccolo.”
Maestra: “Allora se dobbiamo scrivere l‟equazione
cosa scriviamo per dire che A è uguale a B?
Provate a farlo sul vostro foglio.. Ora però
ascoltiamo questi due vostri compagni che
vogliono mostrarci quello che hanno elaborato.”
Simone e Simone scrivono alla lavagna la seguente
uguaglianza … dicendo “… Noi abbiamo fatto
l‟equazione prima con i numeri e poi con le lettere”
…
B+B+ 2Bicc.Gr.+1piccolo = A
Le prime due B sono i contenitori, quindi è come
se facessimo 6 bicchieri + 6 bicchieri sono 12, + 2
sono 14 e con il bicchierino fanno la A.”
Claudia risponde: “Ma dovete scrivere meno 1
bicchiere piccolo … perché nel contenitore B non
avete considerato i bicchieri piccoli. Infatti 6+6 con
2piccoli delle B fa 12 e 2 piccoli, ci aggiungiamo 2
bicchieri grandi e fa 14 con 2 piccoli … infine
bisogna fare tutto meno 1 piccolo per trovarci la
A.”
Simone alle parole di Claudia, che non ha ancora
compreso, cancella +1piccolo…
… quindi la loro equazione corretta diventa …
B+B+ 2Bicc.Gr.-1piccolo =
14 grandi + 1 piccolo …. Ovvero A.
L‟insegnante suggerisce di concordare una nuova
scrittura … ed utilizzare per comodità numeri con
la virgola, dove le cifre prima della virgola
Claudia individua
immediatamente l‟errore dei
compagni e prova a
convincerli.
indicano bicchieri grandi … le cifre dopo la virgola
indicano bicchieri piccoli … Così per dire 6
bicchieri grandi ed 1 piccolo possiamo scrivere
direttamente…6,1 …
Alla lavagna l‟equazione diventa:
6,1+6,1+2-0,1=14,1
Giuseppe non è convinto di questa scrittura e dice:
“non è proprio vero che 1 bicchierino è 0,1…
perché così stai dicendo che il bicchierino è 10
volte più piccolo del bicchiere grande …”
Maestra: “Ma quello che dici tu vale nel sistema
metrico decimale.. noi ora lo abbiamo inventato e
abbiamo concordato questo significato dell‟uso
della virgola.”
Maestra è …………………………….
un sistema metrico-bicchiere!!!
A questo punto viene fatto un lavoro di
ricapitolazione e di riflessione sulle attività fin qui
svolte.
Così in collaborazione con gli alunni, vengono
riscritte alla lavagna le equazioni con le lettere e in
corrispondenza quelle con i numeri …
A=14B+1p
B=6B+1p
X=8B
(14B+1p)-8=6B+1p
(6B+1p)+8=14B+1p
Alessandro, spontaneamente, prova ad utilizzare i segmenti per rappresentare le
uguaglianze di volta in volta trovate, così insiste per mostrare alla lavagna il suo
disegno.
La prima rappresentazione di Alessandro mi stupisce, ovvero mi aspettavo che l‟alunno
utilizzasse direttamente un unico segmento diviso in 14 parti (bicchieri grandi) più una
parte più piccola (bicchierino) rappresentante la quantità A, all‟interno del quale
differenziare la quantità B, composta da 6 bicchieri grandi e uno piccolo … e la quantità
X uguale ad 8 bicchieri grandi. Si tratta in effetti della rappresentazione alla quale i
bambini sono approdati in una recente lezione per rappresentare le quantità indefinite A
, C e D …
Evidentemente Alessandro aveva condiviso solo formalmente la rappresentazione, ma
non se ne era appropriato, inoltre è interessante il fatto che egli utilizza il disegno per
spiegare il ragionamento (infatti determina la B avendo già desunto la X) e nel suo
disegno pone un misto di discreto e continuo.
Soltanto in seguito ad una serie di suggerimenti
Alessandro, aiutato anche dai compagni da posto
disegna un unico segmento diviso in 14 parti con
alla fine una parte più piccola delle altre
rappresentante il bicchierino … e afferma:
“Questa è la quantità A che è 14 bicchieri grandi
più 1piccolo”
L‟insegnante pone domande stimolo:
“Ora, la B e la X dove sono? Le possiamo vedere
nella A?”
Si….
Maestra: “E vogliamo provare ad individuarle?”
Alessandro conta 6 parti e dice che quella è la B,
poi le restanti parti sono la X.
Maestra: “Allora, la B è solo 6 bicchieri grandi?”
Da posto alcuni dicono: “Maestra manca il
bicchierino!!!”
Maestra: “E come facciamo per far capire che la
quantità B contiene anche il bicchiere piccolo?”
La prima cosa che fa Alessandro è provare a
tracciare un arco sulle prime 6 parti del segmento
per evidenziare la B … ma poi quando deve
considerare anche il bicchierino si trova in
difficoltà ed ha l‟esigenza di spostare il segmento
piccolo che si trovava alla fine della linea … Così
lo cancella da lì e lo disegna dopo le prime 6 parti.
Il bicchiere piccolo continua
ad essere un elemento
interessante da valutare per
verificare l‟uso efficace della
rappresentazione.
Maestra: “Ora facciamo vedere quindi con un arco
dove sono la B e la X.”
Alessandro realizza il seguente disegno definitivo
con l‟aiuto anche di Emanuele, che intanto è stato
chiamato alla lavagna …
Davvero interessante è l‟esclamazione di Flora:
“Maestra ma il segmento piccolino del bicchiere
piccolo lo posso mettere ovunque, … alla fine, al
centro, all’inizio …. Tanto è sempre la stessa
cosa!!! ”
Dopo una breve ricapitolazione del lavoro svolto, e
dopo aver mostrato ulteriormente la
rappresentazione di Alessandro alla classe,
l‟insegnante propone a tutti di riprodurre il disegno
sul proprio foglio.
Straordinaria l‟esclamazione
di Flora!
Conclusioni:
L‟attività era stata progettata per rafforzare l‟idea di equivalenza attraverso l‟uso di
diverse unità di misura ma ha dato vita ad un lavoro molto più ricco di quanto previsto,
in particolare l‟uso del bicchierino (che non era stato previsto) ha dato avvio a diverse
riflessioni, anche se solo intuite, davvero interessanti relative all‟uso di multipli e
sottomultipli delle unità di misura; alla proprietà invariantiva della sottrazione; al
principio di equivalenza …
Per quanto riguarda la rappresentazione, guardando i disegni svolti dai bambini dopo
aver partecipato alla costruzione della rappresentazione finale di Alessandro, avvenuta
alla lavagna, noto ancora la presenza di disegni poco chiari e poco convincenti. Alcuni
infatti, riportano sul proprio foglio il disegno fatto alla lavagna addirittura incompleto o
sbagliato … ad esempio:
- le parti che compongono il segmento A non sono 14 + 1piccolo, ma di meno e di
conseguenza non sono esatte neppure la B e la X;
- l‟arco che evidenzia la quantità B non è 6 parti + 1piccolo, ma quest‟ultimo
pezzettino resta alla fine del segmento A escluso dalla B;
- talvolta nella rappresentazione non compare il bicchierino;
Del resto non mancano altrettante rappresentazioni chiare ed precise che dimostrano una
piena comprensione del significato sotteso al disegno e delle uguaglianze in esso
rappresentate.
L‟esigenza che nasce però dall‟analisi del lavoro dei bambini, è quella di approfondire
le modalità di rappresentazione utilizzate dagli alunni per descrivere un‟uguaglianza …
e sarà questo l‟obiettivo della prossima attività.
QUARTO LAVORO
Stessa quantità con bicchieri grandi e bicchieri piccoli
Attività 5 e 6, giorni 30 Aprile/ 7 Maggio 2010
Consegna:
CI SONO DUE CONTENITORI VUOTI DELLA STESSA FORMA. IN ESSI
BISOGNA VERSARE LA STESSA QUANTITA‟ D‟ACQUA UTILIZZANDO
COME UNITÀ DI MISURA DUE STRUMENTI DIVERSI: PER UN
CONTENITORE IL BICCHIERE GRANDE, PER L‟ALTRO IL BICCHIERE
PICCOLO.
Codifiche:
Il problema è stato sottoposto a 16 alunni della classe 5C. Tutti hanno partecipato con
interesse, facendo interventi abbastanza pertinenti e significativi.
Riflessioni iniziali:
Dopo un‟attenta lettura dei lavori realizzati dai ragazzi al termine della precedente
lezione, si rileva ancora una forte difficoltà nell‟utilizzo di una rappresentazione
significativa delle uguaglianze individuate trasformando le quantità, pertanto si ritiene
necessario:
- proporre un‟ulteriore attività di misurazione dell‟acqua, richiamando molto il
secondo lavoro (versare la stessa quantità in due recipienti diversi);
- riflettere sull‟uguaglianza esistente tra due quantità che in recipienti di forma
uguale raggiungono lo stesso livello, ma misurano diversamente per l‟unità di
misura utilizzata;
- e soprattutto focalizzare l‟attenzione ancora una volta sulla rappresentazione, su
un modo efficace, immediato, chiaro per esprimere le operazioni compiute.
La proposta di oggi nasce in sostanza, dall’esigenza di approfondire le modalità di
rappresentazione utilizzate dai bambini per descrivere un’uguaglianza.
Da tale lavoro potrebbe emergere anche il rapporto esistente tra il bicchiere grande e
quello piccolo e ciò, in effetti, consentirebbe di aprire la strada al problema del
bottiglione, che si intenderà proporre in seguito.
Descrizione dell’attività:
Dopo aver posizionato i due contenitori vuoti sulla cattedra, con accanto un recipiente
dal quale poter prendere l‟acqua, e i due strumenti di misurazione, bicchiere grande e
piccolo … ho esposto oralmente alla classe la richiesta di versare la stessa quantità
d‟acqua nei contenitori usando però per uno il bicchiere grande, per l‟altro il bicchiere
piccolo … (In rosso scrivo qualche commento)
Umberto si propone per svolgere alla cattedra il
lavoro di riempimento dei contenitori e ancor prima
di cominciare si stabilisce che i bicchieri (sia quello
grande che quello piccolo) devono essere riempiti
fino alle ultime linee che rigano la superficie
dell‟oggetto in plastica.
Subito Claudia alza la mano e dice: “Maestra ma
non dobbiamo prima vedere quante volte il
bicchiere piccolo entra in quello grande?”
Detto questo, l‟insegnante fa scrivere sul foglio a
tutti, la domanda di Claudia e la discussione si
incentra su tale questione: è necessario trovare
prima la relazione che dice la compagna o si può
svolgere l’attività lo stesso?
Molti rispondono SI, è necessario !!!
Irene aggiunge: “Si maestra perché se noi facciamo
La proposta di Claudia è
davvero interessante in
quanto dimostra già
l‟avvenuta comprensione
dell‟elemento di incognita
che sarebbe stato chiesto in
un secondo momento, ovvero
il rapporto esistente tra le due
unità di misura. Ella anticipa
di molto le nostre previsioni e
si fa stimolo importante per
tutti i suoi compagni.
che due bicchieri piccoli fanno quello grande … ne
metto 2 grandi da un lato e 4 piccoli dall‟altro.”
Luca: “Si”
Umberto: “Anche per me, si, infatti se da un lato
mettiamo 7 bicchieri grandi, dall‟altro lato
dobbiamo metterne 14.”
Maestra: “E se quest‟operazione che tu dici la
facciamo dopo? Se prima versiamo l‟acqua in
entrambi i contenitori?”
Claudia: “Si ma se poi di qua ne sono 7 bisogna
vedere se di la ce ne sono 14.”
Maestra: “Nessuno di voi mi dice … se si può fare
il compito in un altro modo?”
Flora: “Si maestra, perché se noi mettiamo dei
bicchieri grandi nel primo contenitore e li
contiamo, nel secondo contenitore possiamo
guardare al livello, raggiungiamo lo stesso livello
contando questa volta i bicchieri piccoli. Essendo i
contenitori uguali si può guardare al livello per
dire che è la stessa quantità”
Simone è invitato a ripetere quello che ha detto
Flora: “Maestra basta riempire ad occhio, guardare
il livello. Anche se non prendiamo le misure del
piccolo nel grande metto prima un certo livello a
quel contenitore e poi raggiungo lo stesso in
quell‟altro contenitore.”
Claudia: “Si maestra si può fare così, ma è per
essere più precisi ce facciamo come ho detto io.”
Sono usciti due modi per operare e rispondere al
quesito e si stimolano gli alunni a ripeterli per
comprenderne il significato, anche perché in
seguito saranno chiamati a rappresentarli :
- uno è quello di vedere quanti bicchieri piccoli
vanno in uno grande e poi versare l‟acqua nel
primo recipiente, calcolare quanti piccoli
occorrono per fare la stessa quantità e così
Ecco esattamente la
procedura di riempimento che
si aggiunge a quella di
Claudia, ma che non convince
tanto i ragazzi e che noi non
avevamo previsto fosse
messa in gioco.
riempire il secondo contenitore.
L‟altro è quello di guardare al livello raggiunto nei
contenitori che sono della stessa forma ….
Alessandro: “Maestra ma quando tu guardi al
livello, alla fine te li conti lo stesso i bicchieri!”
Flora: “Maestra ma quando io conto i bicchieri
grandi che ho messo di qua e poi quelli piccoli
che ho messo di la , mi faccio il conto e posso
vedere lo stesso che i piccoli sono la metà del
grande. Il fatto di vedere quanti piccoli vanno nel
grande, si può fare anche dopo.”
Giuseppe: “Maestra per me è la stessa cosa se
facciamo in un modo o nell‟altro … infatti in un
caso conti 3 bicchieri grandi in un contenitore,
calcoli quanti piccoli ce ne vogliono di la e li metti
nel secondo contenitore, oppure metti i bicchieri
grandi di qua, raggiungi lo stesso livello di la conti
i bicchierini che ci sono voluti e vedi quanti
bicchierini piccoli vale quello grande.”
Umberto: “Secondo me quello che hanno detto
Claudia e Flora sono la stessa cosa …
Maestra: “E‟ la stessa cosa come quando diciamo
che 5+3 è uguale a 3+5 sempre 8 fa.. E‟ la stessa
cosa, ma non è proprio la stessa cosa.”
Umberto: “… hai ragione.. infatti è come se
Claudia vedesse prima che 1 (b.grandi)=
2(b.piccoli), mentre Flora vedesse 7=14.”
Maestra: “Però ora dobbiamo fare una scelta,
dobbiamo operare in un solo modo. Quale
scegliete?”
La maggioranza dice di cominciare dalla proposta
di Claudia e si inizia a scoprire quanti bicchieri
piccoli entrano in quello grande.
Intuizione davvero
interessante!!!
Anche Giuseppe sembra
essere convincente.
È sempre sorprendente
notare come da attività che
sembrano banali (ma i ragazzi
non le hanno mai percepite
come tali) possano scaturire
riflessioni così significative.
Nella nostra ipotesi di ricerca
avevamo previsto, attraverso
queste attività, di riscoprire
alcune strutture e regolarità.
Davvero interessante
l‟affermazione di Umberto.
Umberto compie l‟operazione e si stabilisce che il bicchierino piccolo, fino alle righe,
entra 3 volte in quello grande, ma non riempiendolo fino all‟orlo, un po‟ sotto alla
rigatura finale della sua superficie. Per essere più precisi si decide di metter un segno al
bicchiere grande. Stabilita l‟uguaglianza 3b=1B si comincia a riempire il primo
contenitore utilizzando il bicchiere grande come unità di misura. La quantità che si
versata è 6 bicchieri grandi. Poi si versano 18 bicchieri piccoli nel secondo
contenitore … e si verifica anche che il livello raggiunto dall‟acqua è più o meno lo
stesso del primo recipiente.
Terminato il lavoro di misurazione viene data ai bambini una nuova consegna:
RAPPRESENTARE con il disegno la situazione che è stata creata, utilizzando una
rappresentazione opportuna, efficace … che fornisca una serie di informazioni: la
quantità nei contenitori è la stessa, ma l’unità di misura con cui è stata misurata nei
due contenitori è diversa .
Flora: “Maestra qui c’è qualcosa che è uguale e che allo stesso tempo non è
uguale.”
Emanuele: “E‟ come se c‟è qualcosa che sembra uguale ma poi non è uguale … noi
abbiamo usato 6 bicchieri grandi per il contenitore A e 18 bicchieri piccoli per il
contenitore B.”
Maestra: “Cos‟è che vedi uguale e cosa no?”
….Si lascia del tempo per disegnare una rappresentazione efficace a descrivere la
situazione creata.
Guardando le rappresentazioni fatte dai bambini, si nota la presenza di alcuni lavori
davvero efficaci, sintetici, contenenti tutte le informazioni delle operazioni svolte in
classe, altri maggiormente decorativi, poco significativi e rivolti a rappresentare la
successione temporale del lavoro svolto in classe. Del resto la rappresentazione in
sequenza è una rappresentazione di tipo procedurale che generalmente è precedente alla
rappresentazione di tipo strutturale in cui l‟elemento di successione temporale è in
qualche maniera sintetizzato nella struttura.
Segue una fase di condivisione e discussione sulle diverse rappresentazioni realizzate
scannerizzandole e proiettandole con un videoproiettore per garantire a tutti di osservare
i lavori realizzati, analizzarli e riflettere sulla loro validità. Ciò consente un significativo
ingrandimento dei disegni e soprattutto un fondamentale distanziamento del soggetto
dal proprio disegno, in modo da creare un importante momento di osservazione, analisi
e riflessione sulle diverse modalità rappresentative. Lo scopo di tale attività, però, non è
legato alla scelta della rappresentazione migliore tra tutte, piuttosto è quello di far
riflettere i ragazzi, in maniera critica e consapevole, sull‟efficacia delle diverse
rappresentazioni. In particolare sarà condotta una discussione per individuare “cosa si
capisce e cosa non si capisce da ciascun disegno” , avendo chiaro il fatto che “la
rappresentazione, nel nostro caso specifico, ha lo scopo di comunicare che le due
quantità, versate nei due contenitori, sono equivalenti, ma non uguali poiché sono il
risultato di due operazioni diverse, conseguenti all’utilizzo di due unità di misura
diverse.”
Descrizione dell’attività:
Dopo aver portato gli alunni nel laboratorio d‟informatica della scuola, è stato spiegato
chiaramente lo scopo della visione che di lì a poco avrebbe avuto inizio.
In particolare sono stati sottolineati gli elementi, le caratteristiche che bisognava
rintracciate all‟interno di ciascuna rappresentazione per riflettere sulla sua efficacia
comunicativa e validità risolutiva: “dalla rappresentazione si deve evincere che ci sono
due quantità d’acqua uguali, ottenute però utilizzando una volta 6 bicchieri grandi, una
volta 18 bicchieri piccoli, e pertanto, 1 bicchiere grande vale quanto 3 bicchieri
piccoli.” Dopo una prima carrellata veloce di tutti i disegni … effettuata per fornire una
visione d‟insieme del lavoro da compiere, sono stati mostrati singolarmente i lavori
degli alunni e a ciascuno è stato dedicato un significativo tempo di riflessione e
discussione. Il nostro intento è duplice: da un lato si vuole condurre gli alunni verso
rappresentazioni sempre più sintetiche ed efficaci; dall‟altro si vuole verificare se la
SMAS viene riproposta e condivisa.
1° DISEGNO
Secondo i ragazzi, dall‟osservazione di questo disegno non si capiscono molto le
informazioni che dovevano essere comunicate. Precisamente le affermazioni sono
del tipo:
Flora: “Maestra io non capisco bene quanti bicchieri piccoli servono per arrivare a
quello grande ”
Claudia: “Io capisco solo che i contenitori A e B hanno la stessa quantità d‟acqua”
Luca: “Per me si capisce, perché si vede che i due contenitori hanno la stessa
quantità d‟acqua, poi ha disegnato che un contenitore contiene 6 bicchieri grandi e
l‟altro 18 piccoli”
Emanuele: “Maestra io capisco che 1 grande è uguale a 3 piccoli, solo da
quell‟esempio che è scritto in alto, altrimenti non lo capivo”
Flora aggiunge: “Anch‟io immediatamente non l‟avevo capito, soltanto guardando
l‟uguaglianza in alto l‟ho capito”
2°DISEGNO
I bambini considerano questo disegno ancora meno chiaro del precedente.
Umberto: “Maestra quello di prima specificava l‟equivalenza che c‟è tra il bicchiere
grande e 3 piccoli, qui, manca.”
Anche Flora esprime lo stesso concetto del compagno aggiungendo: “… e poi
manca anche un uguale tra il contenitore con l‟acqua dentro e i 6 bicchieri versati”
Emanuele: “per me questo disegno è diverso da quello precedente perché invece di
rappresentare quanti bicchieri piccoli formano 1 grande, ha rappresentato quanti
bicchieri piccoli e grandi servono ed ottenere quella quantità d‟acqua”
Simone: “Prima era rappresentato 1=3, invece da questo disegno non si capisce ”
Flora: “E poi in quello di prima è importante anche che ha messo il segno uguale tra
il contenitore e i bicchieri che ci sono dentro”
3° DISEGNO
Molti dicono che questa rappresentazione è abbastanza chiara.
Emanuele: “Si, si capisce perché qui è stato collegato 1 bicchiere a 3 piccoli”
Luca poi aggiunge: “E‟ vero che è stato collegato il bicchiere grande a quello
piccolo, ma non si vede che uno è grande e l‟altro è piccolo, i bicchieri
disegnati sono quasi tutti uguali”
Paola: “.. però ci sono i segmenti …”
Claudia: “Maestra per me questa rappresentazione è quella che fino ad ora più
mi fa capire … per prima cosa si capisce che 1 bicchiere grande è uguale a 3
piccoli, perché ha fatto il segmento della stessa grandezza disegnando sopra i
bicchierini … anche se sembrano tutti uguali.”
Flora: “Per me quel segmento può essere anche l‟acqua che viene messa nel
contenitore, lì con un bicchiere lì con 3.”
Alessandro (autore del disegno) riflette sul proprio lavoro grazie alle critiche
dei compagni e dice: “Forse avrei potuto scrivere le lettere B,G per fare capire
che quello era un bicchiere grande e B.P per far capire un bicchiere piccolo.
Però maestra per me va bene, la farei uguale a questa, solo aggiungerei
qualcosa per far capire che i bicchieri sono diversi”
Luca e Flora continuano a dire che la rappresentazione proiettata non li
convince molto.
Emanuele: “E‟ vero che i bicchieri piccoli e grandi non si capiscono bene, ma
poi questa cosa si capisce perché 1 bicchiere è collegato a 3 di sotto”
Claudia: “Maestra per me la corrispondenza bicchieri grandi e piccoli si
capisce, solo che c‟è un‟imprecisione nel disegnare i bicchieri e anche nel
disegnare le quantità nei contenitori, infatti quella del contenitore B sembra
più grande di quella nella A.”
4° DISEGNO
Qualcuno dice : “A me convince …”; qualcun altro dice “A me no!!”
Umberto dice: “A me convince più il disegno di Alessandro, rispetto a questo.”
Paola: “Questo mi convince, maestra, perché ha specificato sia che un bicchiere
grande vale tre bicchieri piccoli.”
Luca: “Ha specificato tutto, anche con il disegno sotto dove si vede che uno grande
è formato da tre piccoli.”
Maestra: “Sapete, a me cosa sembra, che ci sta tutto (bicchieri grandi e piccoli) sia
nel primo contenitore che nel secondo! Io infatti non riesco a capire che differenza
c‟è tra quello disegnato sotto la prima brocca e quello disegnato sotto la seconda.”
Quest‟ultima è una provocazione per spingere gli alunni a riflettere sul disegno che
ha degli elementi non comuni, infatti in esso è presente un‟interessante
rappresentazione di operazione inversa.
Simone: “Quella a destra è tutto il contrario di quella a sinistra … cioè di qua ha
fatto che tre bicchierini sono uguali ad uno grande e di la che uno grande è uguale a
tre piccoli.”
Maestra: “Che cosa cambia del disegno a sinistra rispetto al disegno a destra? Li
vedete uguali?”
Giovanni prima dice Si … poi anche lui dice che sono l‟uno il contrario dell‟altro …
e precisa il fatto che a sinistra ci sono prima i bicchieri grandi e poi ognuno è
collegato ai 3 piccoli, mentre a destra ci sono prima i bicchieri piccoli e poi sono
collegati ai grandi.
Cioè ci sono i grandi sopra e i piccoli sotto e poi i piccoli sopra e i grandi sotto.
Claudia: “Secondo me ha sbagliato un pochino perché sembra che in quella brocca
ci sono tutti quei bicchieri … invece noi che abbiamo fatto l‟esperienza, capiamo
quello che voleva dire e cioè che in ognuno dei bicchieri grandi ci sono tre piccoli
… mentre di la, tre bicchierini formano 1 bicchiere grande.”
Che bello! Claudia con la frase “noi che abbiamo fatto l‟esperienza” evidenzia il
ruolo degli impliciti nella comunicazione.
Molti sono d‟accordo con Claudia. Alcuni inoltre dicono che tutti quei contenitori
disegnati vuoti, all‟inizio non erano necessari, ma ci confondono solo le idee.
Luca: “Per me i due disegni sono uguali è solo cambiata la disposizione dei
bicchieri.”
Simone: “Per me è come se nel primo disegno vedessi che il bicchiere grande
contiene i 3 piccoli, mentre nel secondo è come se il grande li distribuisce quelli
piccoli.”
Concludendo .. il disegno non convince tanto.
5° DISEGNO
Dinanzi a questa rappresentazione esordisce Luca dicendo … Questo dice tutto!!!
Viene inoltre precisato che lo scopo del lavoro che si sta compiendo è rivolto ad
analizzare se la rappresentazione esprime il senso dell‟esperienza vissuta, anche a
prescindere dallo specificare che si tratta di acqua o di altro. Interessa quindi dire
che si è lavorato con diverse unità di misura e che la stessa quantità si può misurare
o con un‟unità o con l‟altra.
Flora: “Maestra, secondo me il disegno dovrebbe essere un po‟ modificato …”
Umberto (autore della rappresentazione) cerca di spiegare: “Maestra io volevo dire
che c‟è lo stesso livello e la stessa quantità d‟acqua nei due contenitori, e questo lo
ottengo usando due unità diverse, due bicchieri …”
Maestra: E dove sta scritto che hai usato due unità diverse?
Umberto: “… ho scritto con le lettere bg e bp”
Luca: “Maestra secondo me questo disegno è simile a quello di Paola , dove c‟erano
però disegnati da un lato 6 bicchieri grandi, dall‟altro 18 piccoli … invece qui ci
sono numeri e lettere.”
Simone aggiunge: “Io noto che il contenitore BP è più piccolo di quello BG”
Qualcun altro suggerisce di scrivere la legenda Bg = bicchieri grandi per far capire
meglio. Ma l‟insegnante specifica: “Non dimenticate che il nostro obiettivo è quello
di usare le rappresentazioni, quindi bisogna ridurre al massimo le parole. Dobbiamo
provare piuttosto ad essere così sintetici da trovare una rappresentazione il più
efficace possibile.”
Emanuele: “Maestra io ho notato che Umberto ha mancato una cosa importantissima
nel disegno, doveva specificare quanti bicchieri piccoli servono per fare quello
grande.”
Flora invece fa ancora un‟altra osservazione: “Io non so perché ha messo il primo
contenitore, che per la rappresentazione non è necessario … anzi confonde”
Luca propone ancora una volta di analizzare il confronto tra questa rappresentazione
e quella di Paola, chiedendo all‟insegnante di tornare all‟immagine della compagna.
6° DISEGNO
Qualcuno dice di capire tutto dal presente disegno, qualcun altro non è d‟accordo.
Qualcuno nota subito che per indicare i bicchieri grandi è stata scelta la lettera B
maiuscola, per i bicchieri piccoli la lettera b minuscola. Anzi accanto a questa
uguaglianza ce n‟è un‟altra che utilizza “bp” per indicare i bicchieri piccoli e “BG”
per quelli grandi. L‟insegnante suggerisce: “Ma se guardate al disegno senza i
numeri che vi sono scritti si capirebbe l‟uguaglianza di cui stiamo parlando?”
Molti dicono no … In particolare anche qui si avverte la presenza di un terzo
contenitore che confonde le idee e non fa capire bene l‟uguaglianza. Luca specifica
che la nostra richiesta era quella di utilizzare una rappresentazione sintetica e poi
dice: “… il linguaggio matematico non richiede molte parole, qui c‟è invece molto
racconto!
7° DISEGNO
Anche qui … c‟è chi afferma di capire chi no!!
Simone: “Maestra qui si capisce perché ogni pezzetto ha i tre bicchieri sotto.”
Luca dice con convinzione che per lui va bene la rappresentazione. Emanuela dice
che questo disegno è la stessa cosa di quello di Umberto …. Ma molti non sono
d‟accordo.
Claudia dice: “Maestra per me questa rappresentazione è chiarissima.”
Flora : “Io non capisco perché ha messo quei bicchieri di tre sotto i segmenti … e se
non avessi fatto l‟esperienza non avrei capito niente di quello che abbiamo fatto.”
Luca fa notare che non sono specificati bicchieri grandi e piccoli.
Simone dice: “Maestra, sopra, il segmento lungo è diviso in 6 parti, e sotto sempre
in 6 però là rappresenta i tre piccoli e non più 1 grande”
Claudia: “Quel bicchiere diviso in tre parti sta scritto che è un bicchiere grande però
non è specificato che si tratta di un insieme di bicchieri piccoli. … e poi ha dovuto
mettere i numeri 3-6-9- per farlo capire altrimenti non capivo nulla.”
Maestra: Ma i due segmenti sono uguali?
Flora: “Si.. però con uno si arriva a 6 con l‟altro a 18.” Quello che dice Flora è
effettivamente interessante.
8° DISEGNO
Dicono tutti che non si capisce niente … ma tra un po‟ cambieranno idea.
Alessandro: “Ah, la linea alta è il bicchiere grande, quella bassa è il piccolo.”
Emanuele aggiunge: “Nel contenitore ha rappresentato 6 bicchieri grandi e di là 18
bicchieri piccoli”
Simone: “Io in verità, capisco questo primo contenitore, e quindi che ci sono 6
bicchieri grandi, però i bicchieri piccoli non li vedo.”
Alessandro: No, maestra, si capisce.. anzi è proprio perfetto.
Simone … cambia idea: “All‟inizio non avevo capito poi guardando il disegno che
dice che ogni linea grande vale tre piccole, ho capito.”
Luca: “Anche se non sta scritto sopra si capisce dal lato che nel contenitore a
sinistra , quella striscia grande vuol dire un bicchiere grande, invece nel
contenitore a destra la striscia piccola vuol dire un bicchiere piccolo” E‟
interessante per chi ha fatto il disegno capire se gli altri riescono a leggerlo, a
capire quello che si voleva dire.
9°DISEGNO
Questo disegno suscita la reazione di molti: Ma chi l‟ha fatto non si capisce niente?
Simone dice: “Maestra ma quante volte ha scritto A B e C??? ha sbagliato?”
In effetti alcuni leggono dal disegno che si tratta più di una descrizione delle
sequenze dell‟esperienza fatta, piuttosto che del suo senso e lo stesso accade più o
meno anche nel disegno successivo.
10°DISEGNO
“Anche qui c‟è un prima e un dopo e non ci serve!…”… e poi non dice niente di
preciso … I bambini fanno molta confusione, parlano tra di loro quindi non riesco a
comprendere la loro opinione.
11° DISEGNO
In effetti questo disegno sembra un po‟ sbirciato da quello di Flora in maniera
neppure precisa … quindi risulta una rappresentazione poco efficace.
Umberto: “Maestra secondo me questa rappresentazione è significativa perché nel
primo disegno fa vedere che i due contenitori sono uguali e poi tre bicchieri piccoli
sono uguali a 1 grande … e in più in un contenitore ci sono poi 6 strisce che indicano
i bicchieri grandi, e nell‟altro 18 pezzetti che sarebbero i bicchieri piccoli.”
Ma poi noto che sotto al disegno colorato c‟è una A scritta su un segmento, con
accanto 6 segmenti più piccoli, e ancora sotto una B su un segmento uguale ad A con
18 segmenti piccoli accanto …. Da questo si capisce che A è uguale a B?
No, infatti a nessuno convince ….
12° DISEGNO
Questa rappresentazione incuriosisce e attiva il pensiero di molti alunni, dando vita
infatti ad un‟ampia discussione. Molti sono convinti di capire tutto … precisamente
…
Luca: “Allora, avendo i segmenti già si capisce che il segmento che ha 6 pezzi,
rappresenta un contenitore (che è tutta la linea) che contiene 6 bicchieri grandi;
invece nell‟altro contenitore ci sono 18 bicchieri piccoli. Poi però capisco che sono
quantità uguali .. perché i segmenti sono uguali!!”
Flora: “maestra anche Alessandro ha usato i segmenti, però la retta aiuta meglio a
rappresentare l‟uguaglianza anche se non viene specificato quel B che cos‟è.”
Maddalena: “Per me anche si capisce però se viene qualcuno dall‟esterno che non
c‟è mai stato non riesce a capire che si tratta di contenitori e di acqua.”
Alessandro esprime lo stesso concetto e Luca aggiunge: Luca: “Maestra io questo
voglio dire.. si capisce tutto l‟argomento però non capisce che stiamo parlando
dell‟acqua.. e a noi non interessa sapere che si tratta di acqua.”
Qualcuno dice … poteva trattarsi anche di zucchero .. era lo stesso! L‟importante è
che le due quantità sono uguali.
Flora: “Maestra e questa rappresentazione ci fa capire molto più di un‟operazione …
perché nell‟operazione abbiamo solo dei numeri, qui invece si specifica che quel B è
uguale a 3b .. e poi puoi sapere solo che una cosa è più grande di un‟altra o più
piccola ecc …”
Ma subito la discussione si focalizza su un intervento di Eufemia, la quale,
diversamente dai compagni, dice che il disegno non la convince … Ella non capisce
perché in alto a destra è disegnata la B su un segmento diviso in 3 trattini, quando il
bicchiere grande è invece uno intero.
Flora aggiunge : “Maestra io ho capito cosa dice questa rappresentazione.. cioè che
nella quantità A ci sono 6 bicchieri grandi e nella quantità B i pezzetti piccoli sono
18 per indicare i bicchieri piccoli.. però anch‟io non capisco una sola cosa: …
perché in alto a destra la B viene rappresentata con un segmento diviso in 3 parti.”
Qualcuno risponde dicendo …. “Per far capire che 1 bicchiere grande è uguale a 3
piccoli.” … che dentro al bicchiere grande ci sono 3 bicchieri piccoli.
Emanuele però dice: “io avrei fatto il segmento, non diviso, per rappresentare la B.”
La perplessità di Eufemia e di Flora è relativa al fatto che nel primo segmento i
bicchieri grandi sono rappresentati con pezzetti lunghi, invece nella legenda questo
pezzo viene anche diviso in 3 parti.
Simone fa una osservazione ancora relativa al segmento disegnato in alto a destra
…: “Maestra ma tra quel segmento diviso in 3 parti e quello piccolo della b , è
sottinteso un uguale, e queste due cose non sono uguali.”
Emanuele: “se ci fosse un uguale B dovrebbe essere senza i trattini al centro” … “e
poi i segmenti dovevano essere della stessa lunghezza. Quindi uno senza trattini per
la b e uno con i tini per dire che la b è 3 volte più piccolo della B.”
13° DISEGNO
“Non si capisce proprio ….” Dicono in molti.
L‟autore di questo disegno è Emanuele che cerca di spiegare la sua
rappresentazione e dice: “Io ho disegnato tutto per far capire che 3 bicchieri piccoli
sono uguali ad uno grande”
Qualcuno però interrompe il compagno e commenta il fatto che Emanuele ha diviso
anche i bicchieri piccoli in 3 o 4 parti … (ma in effetti quelle linee sono decorative,
rappresentano le rigature della plastica dei bicchieri).
Tutti non sembrano affatto convinti di tale rappresentazione dalla quale non si
evince chiaramente che quello che è a destra dell‟uguale consente di ottenere quello
che è a sinistra dell‟uguale.
14° DISEGNO
La cosa principale che i bambini dicono guadando questo disegno è che “… non si
capisce che sono uguali le due quantità …”
Luca: “Ma tra questo e quello di Claudia noto che qui non c‟è tutta una linea ma
segmenti spezzettati. E per me bisognava fare come Claudia, mettere cioè tutto su
una linea.”
Secondo qualcun altro è importante sottolineare anche il fatto che ... non viene
specificato che tre bicchieri piccoli formano quello grande.
Alessandro riconosce il suo disegno e spiega che si tratta di una rappresentazione
disegnata inizialmente, ma che poi ha modificato (anche in seguito ad alcune
stimolazioni ricevute dall‟insegnate e da me) fino a giungere a quella finale
(disegno n°3).
Martina suggerisce di unire i segmenti separati che rappresentano la B per ottenere
un'unica linea continua .. e lo stesso anche la b.
15° DISEGNO
Eufemia è l‟autrice della rappresentazione mostrata. L‟insegnante chiede: “Alla luce
delle rappresentazioni viste fino ad ora, rifaresti il disegno così come lo avevi fatto?
L‟alunna risponde: “Si, maestra io volevo dire che inizialmente c‟erano due
contenitori vuoti con uno pieno da cui prendere dell‟acqua …. ”
Eufemia viene interrotta: “Ma a noi interessa sapere la sequenza delle cose che sono
accadute con tutti i particolari? Informazioni come quella che stai dicendo è
importante, necessaria o trascurabile? La cosa più importante del lavoro svolto qual
era?”
… qualcuno dice “le unità di misura usate, i bicchieri che sono serviti per ottenere la
stessa quantità …”
Ma queste informazioni qualcuno dice di capirle qualcun altro no, sottolineando di
capire soprattutto il prima e il dopo.
Flora sottolinea che in questa rappresentazione non si capiscono bene le
informazioni principali (stesse quantità con diverse unità di misura) e poi ci sono i
contenitori sopra e i terzi contenitori in più che disturbano un po‟…
Con il lavoro che si sta svolgendo di osservazione e lettura delle rappresentazioni si
sta anche scoprendo che esistono una serie di cose, di informazioni trascurabili,
non necessarie che non devono comparire in un disegno efficace.
Nel disegno effettivamente si vedono ben 6 contenitori e non viene evidenziato il
fatto che ci sono solo 2 quantità uguali misurate con unità di misura diverse.
Simone dice: “Maestra se Eufemia lo spiega si capisce altrimenti non tanto!”
Perfetto … ma una rappresentazione non è sempre accompagnata da una
spiegazione di chi l‟ha realizzata.
16° DISEGNO
Tutti dicono di non capire niente.
Molti dicono di non essere convinti .. soltanto Eufemia ritiene chiara la
rappresentazione ma non sa spiegare il perché.
17° DISEGNO
Dicono tutti che non si capisce niente. I bambini discutono tra loro della
rappresentazione e non riesco a capire i loro commenti.
Conclusioni:
L‟attività di quest‟oggi penso sia stata davvero fondamentale per soffermarsi ancora una
volta, ma in maniera forse più critica e consapevole delle altre, sull‟importanza della
rappresentazione, della sua efficacia, della sua immediatezza e chiarezza. I bambini
hanno sperimentato effettivamente come un disegno realizzato con l‟intenzione di
comunicare delle informazioni … può avere una lettura distorta se non è chiaro e
adeguato. Gli alunni si sono mostrati davvero interessati alla discussione, hanno
partecipato con interventi pertinenti, hanno espresso il proprio pensiero, le proprie
opinioni in maniera critica, contribuendo all‟evoluzione del pensiero dei compagni … e
la cosa più interessante è stata quella di vedere come qualcuno, grazie alla lettura
dell‟altro, è giunto a prendere coscienza dell‟inefficacia della propria rappresentazione.
Emblematica a tal proposito è l‟espressione: “Se dovessi rifare il disegno non lo farei
come l‟ho fatto”.
QUINTO LAVORO
Problema del bottiglione
“UN BOTTIGLIONE SI PUÒ RIEMPIRE CON 4 LITRI E 9 MESTOLI OPPURE
CON 5 LITRI E 6 MESTOLI.
QUANTO TIENE UN MESTOLO IN LITRI?
QUANTO TIENE IL BOTTIGLIONE IN MESTOLI?
TROVA ALTRI MODI DI RIEMPIRE IL BOTTIGLIONE CON UN PO‟ DI
MESTOLI ED UN PO‟ DI LITRI.
RISOLVI ATTRAVERSO UNA RAPPRESENTAZIONE EFFICACE.”
Codifiche:
Il problema è stato sottoposto agli alunni della classe 5C. Tutti hanno cercato di dare
una soluzione personale al quesito e molti sono giunti a quella corretta.
Considerazioni:
Il problema del bottiglione è stato somministrato sostanzialmente per verificare un
utilizzo, da parte degli alunni, della “rappresentazione grafica” come strumento
attraverso il quale individuare la struttura del problema e la sua risoluzione. Se fino
ad ora, durante le varie attività, è stato richiesto ai bambini un tipo di
rappresentazione a posteriori, ossia elaborata solo dopo aver risolto con
ragionamenti e calcoli il quesito, si è cercato di stimolare con il presente problema il
fondamentale passaggio ad un tipo di rappresentazione a priori, ovvero utilizzata,
ancor prima di conoscere il risultato, come supporto al proprio ragionamento
risolutivo. In effetti il problema è stato risolto immediatamente, senza alcuna
difficoltà da molti alunni della classe, più di quanti si immaginava vi riuscissero …
ma i ragazzi sono giunti alla soluzione facendo sostanzialmente un calcolo a mente,
ragionando “per differenza”, ovvero scoprendo la differenza di litri e di mestoli
esistente tra i due modi di riempire il bottiglione.
Ecco alcuni esempi di ragionamenti “per differenza”, che hanno consentito di
giungere direttamente alla corrispondenza “ litri/mestoli”: (5-4) litri=1litro; (9-
6)mestoli = 3 mestoli.
Sebbene fosse stato richiesto di provare a risolvere il problema attraverso una
rappresentazione efficace, che se fatta correttamente avrebbe contenuto in sé la
risposta al problema, i bambini hanno continuato a produrre le rappresentazioni
soltanto dopo essere approdati alla soluzione. Tuttavia gli elaborati risultano davvero
interessanti poiché chiariscono bene il loro modo di ragionare.
Il confronto tra la prima e la seconda “riempita” introduce bene il confronto per
rapporto.
Per quanto riguarda il prossimo disegno, pur non essendo stato utilizzato come
rappresentazione risolutiva del problema ma prodotto successivamente, risulta
significativo e molto efficace nell‟illustrare la struttura del quesito, nel dimostrare la
risposta al problema e presentare altre modalità di riempimento del bottiglione (con litri
e mestoli). In esso è manifestata chiaramente l‟uguaglianza tra le varie modalità di
riempimento del bottiglione attraverso la rappresentazione di segmenti della stessa
lunghezza sui quali, di volta in volta tre mestoli vengono sostituiti con un litro,
rendendo evidente la sostanziale corrispondenza 1:3 delle due diverse unità di misura.
Non sono mancati casi in cui è avvenuta una lettura distorta del problema che ha portato
ad allontanarsi dalla soluzione.
Questa rappresentazione infatti nasce da una cattiva interpretazione del testo: l‟alunna
ha capito che il bottiglione può essere riempito con (4l o 9 m ) o con (5l o 6 m) e
quindi tenta un altro tipo di equivalenza questa lettura è più comune di quanto si possa
immaginare anche a livello adulto.
Conclusioni:
La rappresentazione non emerge ancora come strategia risolutiva, eppure si potrebbe
ipotizzare che essa pur non emergendo attraverso il disegno, sia presente chiaramente
nella testa degli alunni. In ogni caso risulta essere molto raffinata ossia significativa …
rispetto ai primi tentativi di rappresentazione.
SESTO LAVORO
Problema di Carletto
Giorni 14 e 17 Maggio 2010
“CARLETTO È UN BAMBINO MOLTO GOLOSO. PER IL SUO COMPLEANNO
HA RICEVUTO IN REGALO UNA SCATOLA CON 28 CARAMELLE. OGNI
GIORNO NE MANGIA IL DOPPIO DEL GIORNO PRECEDENTE . IN TRE
GIORNI CARLETTO LE HA MANGIATE TUTTE.
QUANTE CARAMELLE HA MANGIATO CARLETTO IN CIASCUN GIORNO?
SPIEGATE COME LO AVETE SCOPERTO E PROVATE A FARE UNA
RAPPRESENTAZIONE GRAFICA.”
Codifiche:
Il problema è stato sottoposto agli alunni della 5° e quasi tutti sono giunti alla soluzione.
Riflessioni iniziali:
Il problema di Carletto è stato risolto dalla maggior parte degli alunni della classe,
superando le nostre previsioni … ma la risoluzione al problema è stata trovata da tutti
attraverso una strategia “per prove ed errori” che ha consentito ai bambini di fermarsi
quando hanno tentato di “far mangiare a Carletto 4 caramelle il primo giorno, 8 il
secondo, 16 il terzo .. per un totale di 28 caramelle” … essendo approdati alla soluzione.
Quindi procedendo per tentativi non si è cercato di scoprire da dove provenisse il 4
(valore di ogni porzione) ossia di riconoscere la struttura algebrica del problema. Del
resto, sebbene esistano diverse modalità di risoluzione del problema, il fatto che gli
alunni abbiano privilegiato a procedura aritmetica rispetto a quella algebrica non deve
essere ritenuto un indicatore dell‟acquisizione del pensiero algebrico. Infatti, rispetto
all‟esperienza condotta lo scorso anno dall‟insegnante di classe in un‟altra sezione, i
bambini che hanno risolto il problema questa volta sono stati molti di più ed hanno
presentato modalità di rappresentazione e capacità di argomentare molto più ricche ed
interessanti. Da ciò si evince quindi, che lo sviluppo del pensiero algebrico non passa
solo per le modalità di risoluzione esplicite del problema, ma anche attraverso una
rappresentazione implicita che il nostro percorso ha raffinato.
Inoltre una bambina, Flora, ha svolto una risoluzione algebrica .. ragionando in termini
di PORZIONI indefinite che, nei 3 giorni, diventano complessivamente 7 (1 porz nel
primo giorno; 2 porz nel secondo giorno; 4 porz nel terzo giorno). In questo modo
operando “28 caramelle:7porzioni”, ella ha scoperto il valore di una sola porzione “4”
… per poi procedere all‟identificazione delle quantità mangiate nei singoli giorni. Per
quanto concerne LA RAPPRESENTAZIONE, come per il problema del bottiglione,
anche qui c‟è stato un utilizzo di essa soltanto a posteriori, successivo alla soluzione …
sebbene ancora una volta efficace e significativo.
Inaspettatamente si è riscontrato in molti alunni un tentativo di rappresentare i dati del
problema sul PIANO CARTESIANO e tale proposta ha consentito di aprire
un‟importantissima discussione che ha condotto la classe a scoprire il significato della
curva sul piano cartesiano evidenziando le differenze di significato rispetto alla retta.
Descrizione dell’attività:
Dopo aver consentito ai bambini di svolgere individualmente il problema di Carletto,
sono state scannerizzate le varie rappresentazioni disegnate da ciascuno e proiettate
(mediante un videoproiettore) sulla parete dell‟aula per consentire a tutti di riflettere
sulle svariate risoluzioni grafiche proposte, e sulla struttura algebrica (non da tutti
rintracciata) del problema somministrato.
Inizialmente però è stato fatto un lavoro di ricapitolazione dei dati del problema, del
quesito al quale trovare risposta ed è stata condivisa la soluzione da tutti trovata:
“ Carletto, poiché finisce tutte le 28 caramelle in 3 giorni, e sappiamo che ogni giorno
mangia il doppio delle caramelle del giorno precedente, mangerà ….
… il PRIMO GIORNO = 4 caramelle,
… IL SECONDO GIORNO=8 caramelle,
… IL TERZO GIORNO = 16 caramelle.”
Detto questo è stato necessario riflettere sulla modalità attraverso la quale ognuno era
giunto a tale soluzione …
In verità Luca è stato colui che ha comunicato una
sua incertezza. Egli infatti, scritti i dati del
problema :
-28 caramelle,
-3 giorni,
-ogni giorno doppio di quello prima …
e, trovata per prove ed errori la soluzione “Carletto
comincia a mangiare 4 caramelle il primo giorno ..
e così via …” si accorge che il 4 non è presente tra i
suoi dati.
Il problema è: DA DOVE ESCE QUESTO 4???
Maestra: “Chi vuole raccontare come ha fatto per
trovare la soluzione al problema?”
Eufemia: “Io mi sono aiutata con le tabelline”
Umberto: “Io ho fatto diverse prove finché non mi
sono trovato con 28 caramelle finali.”
Molti si rivedono in questa strategia e ammettono
di averla utilizzata.
Alessandro aggiunge: “Maestra io ho fatto un
segmento diviso in 28 parti che rappresentavano le
caramelle che Carletto mangia nei tre giorni .. poi
ho provato una volta con 1 caramella al primo
giorno, poi con 2 , poi con 3 … e facendo un arco
raggruppavo le caramelle al giorno … con 4 mi
trovavo e mi sono fermato.”
Claudia dice: “Io invece ho fatto questo calcolo a
mente … Io avevo già capito che 1 non era
possibile (perché diventava 2 e poi 4 come faceva
ad arrivare fino a 28?) .. poi ho pensato
direttamente a 3, ma esso è un numero dispari e
sarebbe stato più complicato dividere a metà …
così sono immediatamente partita da 4 e mi sono
trovata. Soltanto dopo aver trovato la soluzione ho
fatto la rappresentazione con i segmenti.”
Irene: “Maestra io ho un dubbio: .. Carletto deve
mangiare tutte le 28 caramelle in 3 giorni ma non
mi trovo perché il terzo giorno ne mangia
solamente 16!!! … dovrebbe mangiare un giorno
ancora. Questo non ho capito.”
Tutti ….. NOOOOOOOOOOOOOOOOO!
Maestra: “Chi vuole provare a spiegare cosa
succede alla compagna?”
Simone: “E‟ vero che il terzo giorno mangia solo
16 caramelle, ma quelle del giorno prima non le
conti?”
Alessandro ha utilizzato
proprio il disegno per
risolvere il problema!
L‟insegnante mostra il grafico di Claudia, che
mette in evidenzia la quantità di caramelle
mangiate in ciascun giorno …
… per aiutare Irene a ragionare.
“Cosa capite leggendo questo grafico?”
Sonia: “Che nel primo giorno mangia 4 caramelle,
nel secondo 8 , nel terzo 16.”
Claudia: “Quello che Irene non ha capito è che il
secondo giorno non è che parte da zero, ma deve
sommare anche le caramelle del giorno prima.”
Maestra: “Guardando questo grafico quante
caramelle ha mangiato in TUTTO? … qualcuno
potrebbe rispondere 16 guardando l’ultimo
rettangolo, qualcuno 28 sommando i tre
rettangoli.”
Luca: “Infatti, Irene deve contare le 16 caramelle
dell‟ultimo giorno, con le 8 del secondo, con le 4
del primo giorno … per arrivare a 28”
Claudia per rendere ancora più chiaro ed immediato
il ragionamento da far capire alla compagna, pensa
ad un esempio … prende i pennarelli
dall‟armadietto, ne conta 4 “queste sono le
caramelle del primo giorno” … ne conta altri 8
“queste del secondo giorno” poi 16 … “Alla fine le
devi sommare tutte e ti vengono 28!”
Maestra: “Adesso è chiaro che la soluzione è 4, 8,
16, per un totale di 28?”
“Il nostro dubbio è invece … DA DOVE ESCE IL
4?
Esce forse da un dato fondamentale ossia che ogni
giorno mangia il doppio del giorno precedente?”
Emanuele: “Per me il 4 esce facendo la metà di 28
e la metà della metà di 28 .”
Luca per giustificare il 4 fa la divisione 28:7=4 …
ma non si spiega il 7 da dove esce.
Per stimolare la riflessione vengono mostrate
alcune rappresentazioni. Si comincia con quella di
Flora (l‟unica che ha svolto il problema
algebricamente)., eppure anche la sua
rappresentazione è a posteriori alla soluzione e
sembra non contenere il 7.
Questa nuova
problematizzazione coinvolge
molto gli alunni che non sono
appagati dall‟aver raggiunto
“il risultato”. Nell‟esperienza
dello scorso anno invece ciò
non era accaduto. Continuare
un problema per scoprirne la
struttura mi sembra un ottimo
lavoro e questo è un
atteggiamento di ricerca che
insegnanti ed alunni imparano
a far crescere insieme.
Si continua alla ricerca
dell‟origine del 4 e spunta il
7….
Si osservano poi tutte le
rappresentazioni realizzate.
Claudia: “Maestra se guardiamo quelle linee
possiamo notare che le 28 caramelle possono essere
divise in 7 parti ognuna di 4 caramelle. Poi nella
linea sotto lei ha messo il primo giorno 4, nel
secondo ci sono due parti di quel 7, e nel terzo ci
sono 4 parti di quel 7. ”
Luca: “Maestra il 7 sono le parti che ha
diviso?????”
Irene chiede di rivedere il grafico di Claudia per
spiegare il significato di 7: “Guarda.. il primo
giorno fa 4 (e siamo ad 1), il secondo fa 2 volte 4
(e siamo a 3), il terzo giorno fa altre 4 volte 4 (e
siamo a 7) ” …
Irene ripete più di una volta la scoperta fatta
indicando le 7 parti sul grafico che tutti vedono ed
è convintissima di quello che dice.
Emerge chiaramente il
significato del numero 7, un
dato non ancora condiviso da
tutti, ma rintracciabile
soprattutto grazie
all‟osservazione di alcune
rappresentazioni efficaci.
1
2
3
4
5
6
7
Maestra: “Avete capito il ragionamento di Irene?”
Claudia: “Maestra io questa cosa l‟ho capita
benissimo dall‟aerogramma di Flora”
Viene mostrato a tutti il disegno di Flora.
Claudia: “… qui infatti in quello marrone ci sono
2 blu e in quello rosso ce ne sono 4.. per un totale
di 7 blu.”
Alessandro per capire meglio il ragionamento di
Claudia lo ripete, indicando le parti
sull‟aerogramma. Tutti insieme riescono ad
individuare le 7 parti blu e a convincersi di questa
scoperta … sebbene qualcuno non ha ancora le
idee chiare.
Luca va alla lavagna, disegna 28 palline e le
raggruppa in 7 cerchi, ognuno da 4: “Maestra mi
sono fatto in mente quest‟altra rappresentazione.”
Ma la rappresentazione fatta
da Luca non è convincente,
poiché continua ad essere a
posteriori alla soluzione
trovata.
Maestra:“Perché dividi proprio in 7 parti??? è
questo quello che dobbiamo capire. Questa
rappresentazione la fai dopo che hai scoperto il 4.”
Claudia: “MAESTRA IL 4 È LA NOSTRA
UNITÀ DI MISURA!!”
Maestra: “Esatto … ma perché proprio 4 ???”
I ragazzi continuano a ragionare alla lavagna
facendo gruppi da 4 e dimostrando che il primo
giorno c‟è 1 volta 4, il secondo giorno c‟è 2 volte4,
il terzo giorno c‟è 4 volte 4 per un tot di 7 volte.
A questo punto si dà la parola a Flora, l‟unica che
ha ragionato in termini di quantità.
“Il primo giorno Carletto mangia 1 PORZIONE di
caramelle, e noi non sappiamo quanto vale …
Maestra: “Poiché non sappiamo quanto vale
troviamo un modo per disegnarla questa porzione!”
Flora disegna un quadratino.
“… il secondo giorno si mangia il doppio del
primo, quindi 2 PORZIONI (due quadratini) … il
terzo giorno il doppio del secondo, cioè 4
PORZIONI (quattro quadratini).
Maestra: “QUANTE PORZIONI SONO IN
TOTALE?”
Tutti: ………. 7 !!!!!!
Flora continua: “Ora le 28 caramelle complessive
le divido tra le 7 porzioni che ho individuato, e
conosco il valore di ogni porzione … uguale 4,
che sono le caramelle di ogni porzione.”
Di sicuro è stato fatto un
passo in avanti rispetto al
ragionamento aritmetico per
tentativi ed errori iniziale, ma
comunque non si è ancora
giunti ad un tipo di
ragionamento algebrico, che
parte dall‟individuazione di 7
porzioni indefinite con le
quali pervenire al valore 4.
Ora si continua a dare per
assodato che le porzioni sono
di 4 e si stanno giustificando
solo le 7 parti.
Ecco la rappresentazione finale:
Giorni: 1° 2° 3°
Porzioni in totale : 7
Caramelle totali: 28
Valore di ogni porzione: 4
Caramelle al giorno: 4 – 8- 16.
Claudia: “Se Carletto mangiasse solo una porzione
al giorno sarebbero 7 giorni.”
Maestra: “Quindi da dove è uscito il 4?”
“… dalle porzioni!!!”
Perfetto!
Il ragionamento di Flora viene fatto ribadire da altri
alunni per chiarirlo e condividerlo, anche se
qualcuno resta poco convinto.
Durante il confronto Simone e Claudia si
accorgono di una cosa e la dicono quasi
contemporaneamente: “Maestra se guardiamo
bene la rappresentazione fatta da Flora con i
quadratini, basta disegnarli uno sopra l’altro e
diventa il grafico che abbiamo visto prima, di
Claudia.”
Claudia aggiunge: “Però nel mio grafico si
distinguono i giorni e le caramelle su due linee
diverse (orizzontale e verticale.)”
Osservazione davvero
straordinaria, che dimostra
l‟elasticità e la criticità che gli
alunni stanno acquisendo, in
seguito alle lunghe riflessioni
svolte sull‟efficacia delle
rappresentazioni.
4 4 4 4 4 4 4
Maestra: “Esatto, infatti nella rappresentazione di
Flora, giorni e caramelle sono rappresentati sulla
stessa linea.”
L‟insegnate a questo punto ritorna sulle
rappresentazioni degli alunni … e spiega che il
problema principale è quello di mettere un TOT
all‟inizio per scoprire prima il numero delle
porzioni e poi il valore di ciascuna. NASCE
PRIMA IL 7 E POI IL 4!
Claudia dice: “Maestra secondo me la
rappresentazione di Flora è migliore della mia … io
ci sono arrivata con un‟altra rappresentazione. Io
ho considerato di avere 7 giorni a disposizione e
così le 28 caramelle ne mangia ogni giorno 4 ..
poi ho portato le caramelle di qua e mi sono
venuti 3 giorni .. accorpando due giorni e poi 3. ”
1°g 2°g 3°g 4°g 5°g 6°g 7°g
4car.
A questo punto viene dato inizio al momento di
riflessione sulle rappresentazioni realizzate dagli
alunni.
Ecco un nodo cruciale del
problema di Carletto.
In realtà anche se gli alunni
non lo esplicitano, quel 7 è
già nella loro testa, quando
fanno 1 pezzo, 2 pezzi e 4
pezzi.
Viene mostrata una rappresentazione per volta e gli alunni sono invitati ad esprimere il
loro parere in termini di efficacia e chiarezza.
1° DISEGNO
Eufemia dice che quel disegno la convince. Maddalena dice lo stesso … invece
Simone dice: “Maestra qua il segmento che indica le 16 caramelle e quello che ne
indica 8 è uguale …. Anche il primo è uguale agli altri.”
Maestra: “E allora vanno bene tre segmenti uguali?”
“No, perché le 16 caramelle devono essere più grandi delle 8 e delle 4, e le 8
caramelle più grandi delle 4.”
Maestra: “Quindi come avresti disegnato questi segmenti?”
… Il 4 la metà dell‟8 e il 16 il doppio dell‟8.”
Eufemia e Maddalena a questo punto si accorgono dell‟errore e cambiano idea.
Giovanni, autore della rappresentazione, anche lui riconosce l‟imperfezione del
disegno.
2° DISEGNO
“Questa rappresentazione l‟ha fatta Emanuele ma poi ha scritto sul foglio NO perché
non era convinto.” L‟alunno viene invitato a riflettere sulla sua rappresentazione
iniziale, che evidenziava esattamente le porzioni relative ai giorni, ma che poi è stata
abbandonata cambiando rappresentazione.
Emanuele: “Maestra io volevo trovare un modo per rappresentare 28, e così ho fatto
con quel rettangolo le 4 caramelle del primo giorno, poi le 8 caramelle del secondo
giorno e.. e poi nel terzo giorno ho fatto 4-8-16 .
Ma adesso mi sono accorto che ho sbagliato.”
Emanuela con la sua rappresentazione ha inizialmente distinto le porzioni del 1° e
del 2° giorno, ma ha mancato quelle del 3° (4 rettangolini) .. passando al disegno
complessivo dei tre giorni messi uno accanto all‟altro con la successione di 4-8 e 16
caramelle. “Emanuele non ha capito bene se stava conteggiando il terzo giorno fatto
di 16 caramelle o se stava mettendo assieme i tre giorni. Ora volendo migliorare il
disegno cosa faresti?” Si cerca di capire come rendere più chiaro tale disegno.
Emanuele dice di dover fare più grande l‟ultimo rettangolo (quello di 16 caramelle).
In modo che il rettangolo centrale sia 4 e 4, quello finale sia 8 e 8.
4 4 e 4 8 e 8
La terza figura in questo modo sta rappresentando un‟altra cosa, non il 3°giorno ma
la successione dei 3 giorni.
Se si vuole invece continuare il discorso iniziato, ossia ..
1° giorno 4 caramelle,
2° giorno 8 caramelle …
il 3° giorno cosa deve raccontarci ???
Claudia dice: “Se lui voleva rappresentare tutte le cose complessive doveva
aggiungere all‟ultima figura un altro rettangolo da 4 … così da fare 4-8-16 ..”
Concludendo possiamo dire che Emanuele ha mischiato due modi di rappresentare,
non ha capito bene se voleva rappresentare i giorni divisi tra loro oppure quello che
accade complessivamente.
Maestra: “Allora, la rappresentazione è sbagliata ma l‟idea era buona .. infatti se tu
avessi rappresentato bene avresti visto chiaramente le 7 parti … così distribuite:
1 parte il 1° giorno
2 parti il 2° giorno
4 parti il 3° giorno.”
3° DISEGNO
La “macchia di Luca rappresenta esattamente l‟incognita
Dal disegno si evince il tentativo di Luca di giustificare l‟operazione 28: 7=4 … che
non è riuscito a fare, infatti egli ha avuto problemi a scrivere cosa significava il 7.
Mentre ora lo abbiamo scoperto.
Luca: “Si, ora lo so, il / indica le porzioni in totale.”
4°DISEGNO
A tutti è immediato riconoscere la scarsa efficacia del disegno … che contiene la
soluzione ma non esplicita le 7 parti (risoluzione algebrica).
5° DISEGNO
Il disegno di Irene è molto simile a quello di Eufemia, soltanto che qui vengono
effettivamente mostrate le 7 parti, che l‟alunna ha disegnato ma non ha riconosciuto.
Interessante per l‟esplicitazione della porzioni è anche la tabella … ma si tratta
sempre di un discorso fatto in seguito alla scoperta del 4.
Anche qui, gli alunni fanno diverse proposte per migliorare il disegno della
compagna. Qualcuno ad esempio suggerisce di dividere le caramelle utilizzando
anche colori diversi.
A questo punto sembra essere matura la situazione per ragionare sul PIANO
CARTESIANO, che gli alunni hanno spontaneamente proposto come modalità di
rappresentazione, e che inaspettatamente condurrà a delle scoperte e riflessioni
incredibili!
A questo punto sembra essere matura la situazione per ragionare sul PIANO
CARTESIANO, che gli alunni hanno spontaneamente proposto come modalità di
rappresentazione, e che inaspettatamente condurrà a delle scoperte e riflessioni
incredibili!
1°
2°
3°
Inizialmente vengono mostrati, in maniera rapida i tre piani cartesiani sui quali si
discuterà, ovvero quello di Irene, quello di Flora e quello di Alessandro … e si lasciano
agli alunni alcuni minuti per confrontarsi e ragionare insieme sulla lettura di ogni
grafico, sulle differenze tra essi ecc … Poi ha inizio la discussione collettiva.
Viene mostrato il primo piano cartesiano
Umberto comincia con la sua letture dl grafico.
“Dal grafico si capisce che il primo giorno vengono
mangiate 4 caramelle, il secondo giorno 8, il terzo
giorno 16 …. Una sola cosa non mi convince..
ovvero come si fa a far vedere che alla fine
vengono mangiate 28 caramelle.”
Maestra: “Perfetto, ma come si dovrebbe fare
secondo voi per far capire che si arriva a 28?”
Qualcuno dice di allungare la linea …
Claudia invece dice: “Per me va bene, è giusto che
si capisca che in 1 giorno mangia 4, un giorno 8, un
giorno 16 .. però così non si capisce che il giorno
dopo mangia il doppio di quello prima.”
Flora: “Io invece capisco che il primo giorno
mangia 4, il secondo giorno 4, il terzo 8.”
… Si, maestra perché qui, nel secondo giorno, non
è stato messo 8, ma 4. E‟ come se qui quelli del
giorno prima devono scomparire, non vengono più
considerati.
Claudia per esplicitare quello che dice la
compagna, lo indica sul grafico cartesiano … e
sottolinea che il 4, l‟8 e il 16 si possono vedere solo
se si parte sempre da zero.
Maestra: “Allora ti convince questo piano
cartesiano?”
“Mi convince da un lato, però non mi fa capire che
alla fine si arriva a 28.”
Maestra: “Quindi come piano cartesiano non
funziona!!”
Claudia dice: “E poi ci sono anche altre
imperfezioni secondo me, ad esempio.. il giorno
deve essere scritto sotto la linea che indica
esattamene che giorno è .. non tra lo zero e la linea
… Ancora, se si guardano attentamente i segmenti
disegnati sull‟asse delle y si può notare che la
distanza tra i primi numeri è questa.. e poi
varia.. diventando piccolissima. Quindi questa
rappresentazione è un po‟ imprecisa.”
Irene, autrice del grafico, prova a spiegare la sua
intenzionalità rappresentativa e sottolinea il fatto
che le 28 caramelle sono presenti nel grafico, ma
come risultato della somma delle caramelle dei 3
giorni.
Maestra: “Ma negli altri piani cartesiani che
Si percepisce da subito
l‟imprecisione del grafico.. e
la lettura di Flora è perfetta,
fantastico!
Guardando i disegni dei
compagni si diventa molto
attenti e critici … e questo
atteggiamento è davvero
interessante.
abbiamo fatto (zucchero, lepre ..) alla fine si
addizionava tutto per ragionare ad esempio sulle
mattonelle percorse, i cucchiai per tot acqua?”
Claudia: “No, bisogna fare tutto già sul piano
cartesiano, in esse ci deve essere già tutto. Anche
l‟addizione che Irene dice di fare dopo.”
Flora: “Anch‟io sono d‟accordo.. io è come se
leggessi che in 3 giorni Carletto mangia 16
caramelle.”
Maestra: “Ci sono proposte per migliorare il grafico
di Irene?”
Claudia propone di fare un grafico in cui le tre linee
siano staccate tra loro e ripartano sempre da zero.
In effetti la sua idea si collega alla proposta di
Flora.
Viene mostrato il grafico di Flora.
Flora dice : “Il mio grafico è diverso da quello di
Irene perché ho messo le caramelle sotto e i giorni
sopra … ed è molto diverso. In questo disegno si
vedono proprio le 7 parti di cui abbiamo parlato
prima”.
Maestra: “E con quante caramelle sei arrivata alla
fine del terzo giorno?”
“… a 16!”
Maestra: “Quindi comunque non hai risposto
all‟esigenza che avete prima espresso … ossia di
vedere le 28 caramelle alla fine del terzo giorno.”
Flora: “E come facciamo ad arrivare a 28 con il
piano cartesiano?”
Maestra: “Prima di vedere le vostre proposte voglio
farvi vedere invece il piano cartesiano di
Alessandro.(che arriva a 28.)”
Maestra: “Vediamo se quest‟altro vi convince.
Innanzitutto Alessandro ha posizionato di nuovo i
giorni sull‟asse delle x e le caramelle sull‟asse delle
y .. poi diversamente da tutti gli altri grafici, qui si
arriva esattamente a 28 caramelle. Come hai fatto
Alessandro?”
Alex spiega il suo grafico: “Allora, con questo
grafico ho voluto far vedere che Carletto mangia in
3 giorni 28 caramelle. Nel primo giorno ne
mangia 4, nel secondo 8 e arriviamo a 12, nel
terzo ne mangia 16 e arriva a 28. Poi ho colorato
di verde tutto questo spazio che sarebbero le 16
caramelle, di blu questo che sono 8 , e di ….. ”
Maestra: “Voi avete capito come ha fatto ad
arrivare a 28?”
Tutti insieme: … 4 …12… 28!
Claudia: “Questo è come dicevo prima per i
pennarelli, se 4 le aveva e ne mangia 8 mica quelle
di prima scompaiono .... si devono sommare.”
Maestra: “Allora se guardiamo alla TABELLA del
piano cartesiano … non è la stessa. Fino ad ora
abbiamo costruito questa tabella:
giorni caramelle
1 4
2 8
3 16
Ora invece qual è la tabella di questo piano
cartesiano …???”
Luca: “Maestra ma Alessandro non ha rispettato
questa tabella quindi ha sbagliato!”
Alex. “No, io 4-8-16, li ho messi sul piano
cartesiano.. con i colori!!!”
Maestra: “Ok, il primo colore dove arriva?
Il secondo?”
Alex: “Il primo colore arriva a 4…. Il secondo a 12
… perché ho messo altre 8 caramelle ed il terzo a
… 28 .. perché altre 16 caramelle.”
Maestra: “Quindi i numeri che hai messi sul piano
sono 4-12-28 e la tabella è :
giorni caramelle
1 4
2 12
3 28
Il disegno di Alessandro vi convince? E‟ più
giusto?”
Molti dicono di essere convinti del disegno di Ale,
ma resta qualcuno un po‟ perplesso.
A questo punto nasce l‟esigenza di far costruire a tutti gli alunni, divisi in piccolo
gruppo, dei piani cartesiani. Ma continua ad esserci un‟incertezza globale sulla scelta di
utilizzare la tabella con i dati 4-8-16, oppure quella con i dati 4-12-28 … del resto la
prima sembra convincere la maggior parte dei bambini.
Pertanto, per chiarire questo concetto fondamentale, viene fatta una riflessione collettiva
prima di lasciar che ogni gruppo lavori autonomamente. In particolare l‟insegnante
richiama in gioco il Piano cartesiano che la classe ha in passato costruito per la velocità
e quello che ha costruito per il problema dello zucchero … per ragionare sull‟uso che è
stato fatto di questo strumento, e sulle modalità con le quali è stato realizzato.
GRAFICO DELL’ACQUA E DELLO ZUCCHERO:
Sull‟asse delle x c‟erano i decilitri d‟acqua, sull‟asse delle y c‟erano i cucchiai di
zucchero. La tabella era:
decilitri Cucchiai zucchero
3 1
6 2
12 4
Maestra: “Quindi per 4 cucchiai .. quanti decilitri?”
Tutti: “ 12” , … si contano anche quelli messi prima.
Maestra: “In quel grafico facevamo l‟addizione alla fine, o la somma era già
raccontata dal grafico?”
Tutti: Già c‟era.
Maestra: “Provate a far finta che questo sia il grafico delle caramelle e dei giorni..
Cosa racconterebbe?”
… un giorno Carletto mangia 3 caramelle, in due giorni 6, in tre giorni 9, in 4 giorni
12 …
Maestra: “Cosa cambia rispetto al nostro problema?”
Claudia: “Maestra qua non si fa il doppio, qua si va sempre di 3 in 3. In tutti i
giorni mangi la stessa quantità di caramelle.”
Maestra: “E vedete che il grafico rappresenta quello che stiamo dicendo con una
retta … che indica?”
.. “che la quantità è sempre uguale.”
Lo stesso discorso vale guardando al GRAFICO DELLA VELOCITÀ costruito con passi
e secondi:
passi secondi
3 1
6 2
12 4
Maestra: “Se dico 1 passo 3 mattonelle, 2 passi ?”
… 6 mattonelle!
Maestra: “E cosa avete fatto? “
… Addizionato i passi di prima con i nuovi.
Maestra: “Allora la tabella come il grafico contiene già l’addizione di cui parlate
… quindi la tabella della nostra storia quale è?
Se faccio 1° giorno 4, 2° giorno 8 3° giorno 16.. ho addizionato le caramelle del
giorno prima?
NOOOOOOOOOOOO.
Flora: “Devi mettere 4 -12 -28 ”
Maestra: “Allora aveva ragione Alessandro!!!!
La nostra tabella corretta è
giorni caramelle
1 4
2 12
3 28
A questo punto viene lasciato del tempo agli alunni per lavorare in piccolo gruppo e
disegnare il grafico cartesiano del problema di Carletto.
PS: Bisogna precisare che i grafici di Alessandro, di Irene, di Flora, al di là della
correttezza dei dati riportati sulle ordinate e sulle ascisse, sono stati sempre delle
RETTE, eppure tale figura è risultata frutto di una forzatura, ovvero esito delle varie
imprecisioni che hanno distorto il disegno (ad esempio la presenza di distanze diverse
tra i segmenti rappresentanti i numeri sugli assi, ha deformato il grafico ecc … ).
Proprio per questa ragione agli alunni è stato richiesto di lavorare esclusivamente sui
fogli quadrettati, in modo da realizzare una rappresentazione precisa e chiara. Del resto
soltanto così potrà emergere l‟effettivo grafico del problema di Carletto che non è un
retta (espressione di una proporzionalità diretta) piuttosto una curva (rappresentante
l‟incremento della quantità di caramelle mangiata quotidianamente). Dopo aver
disegnato gli assi, e i punti dei dati del problema i bambini sono in difficoltà poiché
vedono che i punti non sono allineati, di conseguenza non consentono di tracciare una
retta …. Allora si sentono espressioni del tipo:
“Maestra ma come .. abbiamo sbagliato tutto! Qui è impossibile fare una retta!”
Così si invitano gli alunni a tracciare a mano libera una linea che colleghi i punti
individuati … ed ecco che compare:
“Guarda è uscita una CURVA!”
I bambini hanno scoperto così le reali sembianze del grafico cartesiano del loro
problema, ma per farli riflettere sul significato di questa nuova figura e sulla differenza
rispetto alla retta, viene data anche la consegna di tracciare una retta che colleghi il
punto (0;0) con quello di coordinate (3;28) per ragionare sulla storia che racconta tale
retta.
Inoltre chi vuole, può provare ad ipotizzare come procede la curva e cosa quindi
succede il quarto giorno.
Alessandro”Maestra il doppio di 16, cioè 32”
Maestra: “.. ma il punto al 4° giorno dove arriva? Cioè quante caramelle Carletto
sarebbe arrivato a mangiare in 4 giorni?”
Qualcuno: “Bisogna fare 28 + 32 … e così si arriva a 60 caramelle.”
… I ragazzi continuano a lavorare …
Ad un certo punto il gruppo di Claudia, Flora ed Alessandro richiama l‟attenzione
mia e dell‟insegnante per raccontare l‟intuizione avuta:
Claudia. “Allora, noi abbiamo riflettuto sulla differenza tra questi due disegni sul
piano cartesiano e abbiamo scoperto che la CURVA rappresenta il nostro problema
e il primo pezzo dice che Carletto mangia 4 caramelle il primo giorno, poi 8
caramelle il secondo e 16 il terzo, anche se i punti non corrispondono a 4-8-16,
perché ogni volta abbiamo sommato le caramelle precedenti con le nuove. E da
questa linea si capisce quindi che ogni giorno viene mangiato un numero di
caramelle che è il doppio del giorno precedente.”
Flora: “Con la RETTA invece è come se si utilizza un’altra unità di misura, cioè 9
(anzi più o meno poiché poi diventa anche 9 e mezzo) e c‟è lo stesso RITMO. E‟
come se mangia 9 caramelle al giorno .. ogni giorno mangia lo stesso numero ..
diversamente dalla curva che ci dice che ogni giorno mangia il doppio di quello
precedente. ”
Queste scoperte sono semplicemente emozionanti!!! Esse però non devono essere
condivise con la classe. (La lezione termina e sarà ripresa nel giorno … 17 maggio.)
Per focalizzare l‟attenzione sulla rappresentazione del problema attraverso il PIANO
CARTESIANO, proposta dagli alunni tra i vari disegni, viene affisso alla lavagna un
disegno realizzato dai ragazzi.
Il primo concetto che viene ribadito è quello relativo alla scelta di far riferimento alla
tabella con i dati 4-12-28 piuttosto che 4-8-16. Poi si riflette sulla differenza tra la curva
e la retta.
Maestra: “Il disegno che emergeva dal grafico
cos‟era?”
Flora: “Non era una retta, ma una linea curva.
Invece disegnando una retta che collega zero e 28
abbiamo visto che la figura ci dice che Carletto,
mangiando la stessa quantità ogni giorno ( ossia
9caramelle), in tre giorni arriva comunque a 28. ”
Vengono sollecitati a partecipare al discorso anche
altri alunni …
Maestra: “Perché è uscita una curva e non una
retta?”
Maddalena: “Perché mangia il doppio ogni
giorno!”
Qualcun altro: “Mangia una quantità diversa ogni
giorno”
Luca: “Maestra sul piano cartesiano non vanno solo
linee rette anche le curve !!!”
Claudia non risponde alla domanda ma vuole dire
Non è un‟acquisizione
semplice per tutti gli alunni
e quindi decidiamo di
alimentare ancora un po‟ la
discussione
una cosa per far capire meglio cosa rappresenta la
curva.
L‟alunna suggerisce di tracciare, a partire dal punto
A (vedi figura) un rettangolo (rosso tratteggiato)
che evidenzi le caramelle mangiate il 1° giorno.
28 C
12 B
4 A
1° g. 2° g. 3° g.
Claudia: “Se tracciamo le linee di azzurro vediamo
le caramelle mangiate il 2° giorno, se tracciamo il
rettangolo viola vediamo le caramelle mangiate il
3° giorno.”
Aggiunte quelle linee al disegno, l‟insegnante
stimola la classe con una domanda difficile:
“Se guardate attentamente la figura, sapete
indicarmi solo le caramelle cha Carletto ha
mangiato il secondo giorno?”
Flora: “Sono queste (viene indicato il rettangolo
azzurro)”
Claudia: “Maestra se diciamo tutto il rettangolo
azzurro compreso quello rosso stiamo indicando le
caramelle del 2° + quelle del 1° giorno, quindi le
caramelle in tutto. Se invece vogliamo indicare
solo le caramelle del 2° giorno bisogna considerare
solo questa figura (rettangolo azzurro meno
rettangolo rosso)”
Maestra: “Esatto!!! Allora consideriamo per ora il
rettangolo più piccolo, che chiamiamo A ed il
rettangolo più grande B. In questo disegno sono
scritte più di una informazione …”
Emanuele: “Maestra tutto il rettangolo rosso dice la
caramelle mangiate IL 1° giorno, tutto il rettangolo
azzurro dice le caramelle mangiate IN 2 GIORNI.”
Maestra: “Quel 12 quindi, cosa sono?”
Claudia immediatamente interviene: “IL 12
INDICA LE CARAMELLE MANGIATE IN 2
GIORNI, QUELLE MANGIATE IL 2° GIORNO
SONO 8!”
Maestra: “Chi mi le sa indicare su questo grafico
solo le caramelle del 2° giorno?”
Alessandro va alla lavagna e inizia a contare dal
punto 4 sull‟asse delle y … fino ad arrivare a 12…
dicendo: “Queste sono 8 del 2° giorno.”
Maestra: “Perché è partito proprio da lì?”
… “ Perché ha sommato 4+8=12.
Oppure ha fatto 12 - 4=8.”
Maestra: “Se volessimo guardare all‟asse delle
ordinate come abbiamo fatto con i segmenti
dell‟acqua … Abbiamo un segmento che va da zero
a 12 che indica le caramelle mangiate IN 2
L‟osservazione fatta da
Claudia e alla quale
giungeranno la maggior parte
degli alunni, è straordinaria!!!
Non mi sarei mai aspettata
che si giungesse a scoperte di
tale portata.
GIORNI …
12
4
0
dove sono le caramelle mangiate IL 1° GIORNO?”
Emanuele: “Qua (indicando da zero a 4.)”
Maestra: “Dove sono le caramelle mangiate IL 2°
GIORNO?”
… si contano 8 a partire da 4 fino ad arrivare a 12.
Maestra: “Questo è come il segmento del
contenitore a che aveva in sé anche la B e la D..
ricordate?
Se guardiamo tutto il rettangolo viola cosa
vediamo?”
… le caramelle mangiate IN 3 GIORNI … cioè
28.”
Maestra: “Stiamo scoprendo, quindi che è diverso
dire: “Le caramelle mangiate NEL 3° GIORNO ”
da “Le caramelle mangiate IN 3 GIORNI”.
Giuseppe: “Si, quando si dice IN 3 giorni si indica
complessivamente, considerando anche il 1° e il 2°
giorno.”
Maestra: “E sul nostro piano cartesiano si vede
tutto quello che stiamo dicendo?”
SIIIIIIIIIIIIIIIIII.
Luca: “Ad esempio Il 3° giorno mangia 16, e si
conta a partire da 12 fino ad arrivare a 28. ”
Claudia fa una proposta: “Maestra se dividiamo lo
spazio di questi rettangoli per il numero di
caramelle cha rappresentano possiamo anche
(Continua ad esserci qualcuno
che si confonde e non ha
compreso a pieno la
distinzione che si sta
sottolineando e il nodo
cognitivo si esprime anche
nella incapacità di una
spiegazione verbale
appropriata.
L‟intuizione geometrica di
claudia è geniale, ma è
veramente troppo avanti sia
per la classe che per noi…
sapere a quanto corrisponde una sola caramella in
termini di quadratini. Così possiamo leggere
ancora meglio tutto quello che stiamo dicendo. ”
Maestra: “Allora anche se abbiamo usato la tabella
4-12-28 in questo grafico cartesiano ci stanno le 8 e
le 16 caramelle …???? E dove?”
Qualcuno dice: “Non stanno proprio sul numero
8 dell’asse delle y , ma stanno tra 4 e 12.”
… da 12 (caramelle in 2gioni) – 4 (caramelle nel 1°
giorno)= 8 (caramelle nel 2° giorno).
Maestra: “Vedete quante operazioni di addizione,
sottrazione ci sono in questo grafico? Qui c‟è
raccontato tutto il nostro problema.
Ecco .. in questo grafico ci sono le caramelle
mangiate:
il 1° giorno,
il 2° giorno,
in 2 giorni,
il 3° giorno,
in 3 giorni. … ecco perché è così efficace come
rappresentazione.”
Sonia: “Si maestra e le caramelle non sono
indicate dai numeri ma devi contare.”
Maestra: “Ritorniamo ora alla domanda principale:
QUALE E’ LA DIFFERENZA TRA LA
CURVA E LA RETTA? Con la linea retta a che
giorno si arriva, e con quante caramelle … con la
curva a che giorno si arriva e con quante
caramelle?”
Tutti: “A tre giorni con 28 caramelle … e a tre
giorni con 28 caramelle”.
Queste considerazioni
sottolineano un interesse
vivissimo della classe sulla
lettura del piano che è andato
veramente oltre ogni
aspettativa.
Maestra: “Allora sono la stessa cosa? Può esistere
una retta del genere e che cosa racconta?”
Luca: “Nella retta mangia ogni giorno sempre lo
stesso numero di caramelle, sempre la stessa
quantità”
Giuseppe: “Per me non è così, perché il primo
giorno sono 9, poi +9 arriva a 18, ma poi se fosse
+9 dovrebbe arrivare a 27, invece arriva a 28 …. E
non è la stessa quantità”
Claudia specifica che lei invece ha trovato i numeri
9, 18 e mezzo, e poi 28 .. Quindi per lei non c‟è
sempre lo stesso numero … ma un mezzo in più
ogni volta.
Maestra: “Se noi dovessimo fare il problema della
retta quale sarebbe?”
Emanuele: “Per me la retta dice un altro modo per
arrivare a 28.”
Maestra: “E quale è questo altro modo”.
Molti sono giunti alla conclusione che la retta in
generale indichi “una stessa cosa”, ma nel caso
specifico di Carletto non ci si trova con i numeri
del grafico .. Pertanto tutti gli alunni vengono
invitati a guardare alle rette disegnate sui propri
fogli per notare quali punti precisamente incontra la
retta .
In effetti ognuno nella sua imprecisione, si accorge
di avere numeri diversi:
… qualcuno 8 e ½, 9, 11 e ½ …
… qualcuno 9 e ½ , 9 , 9 e ½ ..
Ecc ….
Maestra: “E le rette cosa ci hanno raccontato fino
ad oggi, negli altri grafici incontrati?”
A questo punto la discussione
si concentra su questo aspetto
… nei tre giorni indicati dalla
retta, si mangia sempre la
stessa quantità, è quale è
questa quantità?
Simone: “Che si fa la stessa cosa ogni giorno”
Maestra: “Esatto … la retta rappresenta un rapporto
uguale”.
Giuseppe a tal proposito ricorda l‟esperienza fatta
tempo fa con il sensore .. che indicava con una
retta il movimento di camminare allo stesso modo,
e con altri grafici altri movimenti, come girare ecc
…
Sonia: “E anche come il problema della
tartaruga che non era una retta, poichè la notte
scendeva e il giorno saliva.”
Maestra: “Esatto.”
Claudia: “Maestra secondo me la linea retta
l’abbiamo disegnata imperfetta perché è strano il
fatto dell‟ ½ che non ci fa trovare. Infatti noi
abbiamo notato che sul nostro disegno abbiamo
cominciato a disegnare la retta un quadratino più in
là rispetto alla curva.”
Ad un cero punto sento Claudia fare
un‟affermazione eclatante: “Come si fa? Io qua
vorrei sapere quanto fa 28 diviso 3 così ottengo
parti uguali.”
Flora: “In effetti i pezzi sono tutti da 9 e si arriva a
27, poi il quadratino che avanza lo possiamo
dividere in 3/3 .. e fare 1/3, 1/3 e 1/3.”
Quindi se i giorni sono 3 e dividiamo le 28
caramelle in tre parti uguali facciamo 9 e 1/3 ogni
giorno.
Maestra: “Cerchiamo di concludere allora ..”.
Flora: “Guardando la retta e i tre punti che ci sono
sopra, si vede ad occhio che i tre pezzi sono uguali;
invece guardando la curva si vede ad occhio che il
secondo pezzo è il doppio del primo e il terzo è il
doppio del secondo.”
Tutti: “La retta sul grafico indica che si mangia
sempre la stessa quantità.”
.. che ogni giorno si fa la stessa cosa.
Qualcuno: “Maestra comunque noi non ce
l‟aspettavamo una curva infatti all‟inizio abbiamo
disegnato una retta.”
“Diciamo che siamo abituati a vedere più le rette
che le altre forme.”
Maestra: “Adesso sapete capire che quando sul
piano cartesiano trovate una curva c‟è scritto che ci
sono cose che non vanno sempre alla stessa
maniera … che cambiano!”
Flora a conclusione della discussione espone una
sua osservazione: “Maestra io non ho capito una
cosa. Quando abbiamo disegnato i grafici Claudia
ha messo i giorni sotto e le caramelle in verticale,
io il contrario, cioè le caramelle sotto e i giorni
sopra … però nessuno dei due era sbagliato.
Quindi maestra se si fa al contrario viene
sempre una linea curva?”
Maestra: “Tu che pensi? Come verrebbe il
grafico?”
Flora: “Io penso che uscirebbe una curva però …”
Luca: “Secondo me la retta resta uguale, mentre la
curva cambia va dalla parte dell‟asse delle y. … In
fondo questo è successo con il grafico dell‟acqua e
dello zucchero dove noi 3 abbiamo disegnato rette
diverse sul piano cartesiano, cioè al contrario.”
Maestra: “Bene. Sembrano diverse le rette, ma se si
sta attenti a leggere le informazioni del grafico si
legge lo stesso.”
Per mostrare quello che accade invertendo l‟asse
delle ordinate con quello delle ascisse, attacco il
foglio del grafico di Carletto alla finestra in modo
che la luce fa vedere il foglio in trasparenza. E
chiedo ai ragazzi di trovare un orientamento
diverso per trasportare le caramelle in orizzontale e
i giorni in verticale. Dopo un serie di tentativi si
giunge ad effettuare il movimento di ruotare il
foglio di 90° ,verso sinistra … e si scopre il diverso
orientamento della curva.
Conclusioni:
I bambini sono stati davvero bravi ad intuire che il piano cartesiano rappresentava bene
il nostro problema, esso infatti ha dimostrato con chiarezza ed evidenza il rapporto
esistente tra il numero delle caramelle mangiate nei tre giorni e ha consentito di fare
scoperte e riflessioni davvero interessanti.
Nella risoluzione del problema è emersa tutta la complessità del lavoro svolto durante
l‟anno scolastico, infatti il piano cartesiano è stato utilizzato come potente e ricco
strumento di rappresentazione, ovvero strumento che esprime algebricamente la
relazione tra due variabili. A tal proposito mi sembra significativa l‟affermazione di
D.Hawkins in “Imparare a vedere” dove a proposito della interiorizzazione delle
operazioni logiche dice “i bambini possono dare significato a un’informazione
simbolicamente codificata, possono accettarla trasformarla ai propri usi, solo se
hanno costruito da se stessi, attraverso le loro schematizzazioni dell’esperienza i
significati impiegati nel discorso”.
In definitiva il tipo di lavoro di svolto deve essere valorizzato per la sua complessità e
per le potenzialità che presenta di condurre alunni e docenti a risultati inaspettati, molto
superiori a quanto avviene con la didattica ordinaria.
PRIMA VERIFICA
Problema del percorso stradale
Giorno 17 Maggio 2010
“ I SIGNORI ROSSI HANNO PERCORSO 260 CHILOMETRI PER
RAGGIUNGERE AREZZO DALLA LORO CASA. DURANTE IL VIAGGIO SI
SONO FERMATI PER IL PRANZO E DOPO IL PRANZO HANNO PERCORSO UN
TRAGITTO LUNGO QUATTRO VOLTE QUELLO PERCORSO PRIMA DEL
PRANZO. INDICA I CHILOMETRI PERCORSI FINO AL MOMENTO DEL
PRANZO, I CHILOMETRI PERCORSI DOPO E LA RELAZIONE ESISTENTE
TRA LE DUE PARTI DEL PERCORSO. RISOLVI IL PROBLEMA CON FORMULE
E RAPPRESENTAZIONI.”
Riflessioni iniziali:
Il problema presenta la medesima struttura di quello delle “Caramelle di Carletto”,
infatti la sua soluzione emerge proprio nel momento in cui vengono individuate le 5
parti di cui è composto il percorso complessivo per giungere ad Arezzo, che corrisponde
a 260 km. Quindi se è stata già esplorata la struttura del problema di Carletto si suppone
che tale quesito sia immediato. Non a caso i due problemi sono stati presentati di
seguito … si è pensato infatti ad una verifica delle capacità degli alunni di riconoscere e
applicare una strategia operativa in un nuovo contesto … e ci si aspetta l‟immediata
soluzione del problema da parte di un numero consistente di alunni in virtù del
“riconoscimento” della struttura algebrica ad esso sottostante, della quale abbiamo
ampiamente discusso e commentato nel problema precedente.
Codifiche:
Il problema è stato sottoposto agli alunni della classe ed il tempo stabilito per risolverlo
è stato di 20 minuti. Nel tempo previsto tutti hanno provato a trovare una risposta al
problema anche tentando una rappresentazione efficace, ma solo pochi (meno di quanto
si immaginava) sono giunti alla soluzione.
Considerazioni:
A primo impatto ci è sembrato che la difficoltà principale incontrata dai ragazzi fosse
stata la comprensione del testo in italiano del problema, successivamente invece,
l‟insegnante di classe ha notato che ciò non era avvenuto per tutti, ma solo per chi aveva
riconosciuto la struttura algebrica in Carletto (e qualcun altro).
In realtà il problema dell‟ “incomprensione” linguistica è alquanto complesso poiché da
una parte l‟uso della lingua agisce come un potente inibitore nel riconoscimento della
struttura del problema, dall‟altra l‟incomprensione linguistica rivela il non
riconoscimento della struttura. Si pensa quindi che non ci sia un prima e un dopo, un
originale ed una traduzione (nel senso di ARAL), e che la difficoltà incontrata dai
ragazzi non sia semplicemente di traduzione scorretta. Esiste piuttosto un reciproco e
relazionale non riconoscimento!
Allo stesso tempo, abbiamo sperimentato che la lingua (intesa come spiegazione
dell‟insegnante o anche dei compagni) non aiuta a costruire la struttura, o per lo meno
non la svela in maniera automatica; l‟ interiorizzazione o anche “l‟assimilazione”, per
dirla con Piaget , ha sicuramente una dimensione “sociale” che passa per la
comunicazione in lingua naturale, ma passa prioritariamente attraverso una
“costruzione” ed un “riconoscimento” individuale che per alcuni alunni non è ancora
avvenuto. Tra l‟altro il linguaggio (così come le altre modalità di rappresentazione) è un
artefatto cognitivo, che ha una dimensione sociale ed una individuale che vanno
conciliate come due facce della stessa medaglia. Infatti proprio guardando i lavori
realizzati dai ragazzi emerge che soltanto coloro che in Carletto hanno riconosciuto la
struttura algebrica sono riusciti immediatamente ad applicarla nel nuovo contesto,
diversamente, coloro che avevano solo compreso il ragionamento dei compagni senza
ancora acquisirlo pienamente e farlo proprio, con il problema del “Percorso stradale”
hanno dimostrato effettivamente la mancata acquisizione della struttura algebrica
della situazione problematica affrontata. Ciò dimostra la complessità del processo di
costruzione di una struttura cognitiva … della quale non ci si appropria soltanto dopo
aver ricevuto un radicale stimolo esterno, ma … essa necessita un passaggio effettivo
nella propria mente, una sperimentazione personale, una scoperta individuale.
Rappresentazioni efficaci:
In questa rappresentazione Flora riutilizza adeguatamente l‟aerogramma sperimentato
efficacemente nel problema di Carletto.
Nei presenti lavori sono evidenti le 5 parti di cui è composto il percorso totale e così è
immediato l‟approdo alla soluzione del problema.
260 : 5= 52 km (ogni parte) …….……. 52 km prima di pranzo,
52x4= 208 km dopo pranzo.
Letture distorte del problema:
Nella seguente rappresentazione viene considerato il momento del pranzo a metà del
percorso.
Di seguito, il percorso totale viene considerato diviso in sole 4 parti senza includere
anche il tragitto pre-pranzo.
Nei successivi lavori vengono individuate le 5 parti di cui è composto il viaggio, ma ad
ognuna viene dato il valore di 260 km. Ciò è legato all‟incomprensione delle azioni
narrate nel testo del problema.
La metafora della strada ha indotto molti alunni ad utilizzare il segmento come
mediatore simbolico, ma ciò non è stata una scelta risolutiva … È come se gi alunni
avessero conosciuto lo strumento, ma non sapessero bene come usarlo, quindi nella
rappresentazione è successo per assonanza ciò che è successo nell‟interpretazione del
testo.
Conclusioni:
Con il problema del “Percorso stradale” è emersa chiaramente la complessità del
riconoscimento della struttura algebrica di una situazione problematica, o meglio della
struttura dell‟equazione in essa presente, pertanto saranno proposti alla classe gli ultimi
due problemi, con struttura simile, orientati ad approfondire:
- il concetto di uguaglianza, ovvero il significato del senso dell‟uguale,
generalmente utilizzato in un‟ottica direzionale piuttosto che relazionale;
- la potenza della rappresentazione grafica qualitativa come valido strumento di
comprensione e di supporto per il passaggio dall‟aspetto procedurale a quello
strutturale di una relazione.
In questo modo si vuole verificare ulteriormente nell‟alunno la capacità di individuare la
struttura dell‟equazione attraverso l‟utilizzo delle rappresentazioni.
I temi appena esplicitati si pongono al centro del presente lavoro sperimentale e sono
effettivamente ripresi nel “Problema della bilancia” (il primo ad essere somministrato) e
nel successivo “Problema dei nastri”.
SECONDA VERIFICA
Problema della bilancia
“UNA BILANCIA A DUE PIATTI È IN EQUILIBRIO. SU UN PIATTO CI SONO
UNA BOTTIGLIA DI LATTE, UN PACCHETTO DI BURRO E DUE PESI, DI 30 E
40 GRAMMI. SULL‟ALTRO CI SONO UN PACCHETTO DI BURRO E UN PESO
DA 220 GRAMMI. QUANTO PESA LA BOTTIGLIA DI LATTE?
SI PUÒ SAPERE IL PESO DEL BURRO?”
Riflessioni iniziali:
Questo problema è stato scelto in linea con recenti studi che, esplorando l'uso di
metafore culturalmente significative per favorire il passaggio dall'aritmetica all'algebra,
hanno individuato la metafora della bilancia a piatti come mediatore efficace per
l‟avvio al concetto di equazione, per la scoperta del principio dell‟equilibrio
(strettamente connesso al senso dell‟uguale) e dei principi di equivalenza, inducendo gli
alunni anche ad una rappresentazione efficace ai fini della risoluzione del problema. Del
resto, occorre precisare che la ricerca nell‟ambito della didattica della matematica ha
sottolineato anche alcuni aspetti di rischio presenti in un uso prolungato della metafora
della bilancia, legati soprattutto alla possibilità che si creino nei bambini degli stereotipi
e quindi delle “fissità concettuali”, o addirittura dei “misconcetti”, che potrebbero
rappresentare dei freni o dei “distorsori” ad uno sviluppo coerente del pensiero
algebrico.
Nella consapevolezza di quanto detto, agli alunni della classe è stato proposto il
Problema della bilancia con l‟obiettivo di verificare in che modo la bilancia si pone
come “mediatore simbolico/semiotico significativo” nel senso che conduce gli alunni ad
una rappresentazione efficace e all‟individuazione della struttura dell‟equazione.
Breve accenno alla discussione collettiva:
La somministrazione del problema è stata preceduta da un breve ma significativo
dibattito nato dalla lettura della traccia. Infatti, in una prima fase di presentazione del
problema, prma di dare agli alunni il tempo necessario per la risoluzione individuale, è
stato dato spazio ad un momento di discussione collettiva che ha visto i bambini intenti
nell‟esplorazione del significato del termine “equilibrio”.
In un primo momento la parola “equilibrio” ha riportato alla mente dei bambini
definizioni e osservazioni esplicitamente riferite ai piatti della bilancia, ossia ad una
caratteristica dello strumento, ad un dato concreto osservabile da un suo effettivo
utilizzo.
- Qualcuno dice: “Stare in equilibrio vuol dire che stanno alla stessa altezza
(stanno uguali)”.
- … “si riferisce alla bilancia vuota, se ci metti qualcosa sopra potrebbero non
essere uguali”.
In entrambe le risposte il riferimento è ai piatti della bilancia.
Successivamente, in seguito all‟intervento …
“Stare in equilibrio indica che ci sono sopra due cose uguali” …,
si è affrontato in maniera davvero interessante il concetto di uguaglianza che ha
aperto una significativa discussione relativa alle varie caratteristiche che possono
rendere uguali due oggetti (forma, peso, altezza ecc…). La stimolazione
dell‟insegnanate infatti è stata:
- “MA UGUALI COME?”
… e molti alunni hanno sostenuto:
- “Forse debbono proprio essere le stesse cose!”
In effetti è stata messa in gioco la distinzione tra l‟uguaglianza esteriore tra due oggetti
e l‟equivalenza di peso degli stessi, facendo riferimento ad una serie di esperienze
condotte in classe … e soltanto dopo un efficace confronto, si è giunti a condividere la
risposta:
- … “nel nostro caso non conta l’uguaglianza di fuori, conta il peso”.
- “Si, devono essere uguali di peso!”
In verità non è semplice stabilire un‟uguaglianza su una proprietà dell‟oggetto che non è
visibile (quale il peso), ed è interessante sottolineare come tale questione rievochi
alcune discussioni e quei nodi concettuali già affrontati con l‟esperienza dei contenitori.
Precisamente, durante il secondo lavoro, che poneva il seguente quesito “Ci sono due
contenitori vuoti di forma diversa. Come fareste se vi dicessi di versare la stessa
quantità d’acqua in entrambi?”, era radicata in molti la difficoltà di definire
l„uguaglianza tra due quantità in termini di misurazione (2 bicchieri nel contenitore A e
2 bicchieri nel contenitore B), in quanto prevaleva la tendenza ad osservare il livello che
l‟ acqua raggiungeva nei due contenitori e considerare quest‟ultimo come criterio di
uguaglianza.
Rappresentazioni grafiche
Osservando i lavori realizzati dai ragazzi è possibile verificare che la maggior parte di
essi ha interiorizzato l‟uso della rappresentazione grafica come strumento risolutivo di
una situazione problematica. Molti sono i disegni che si mostrano davvero interessanti
ai fini del presente lavoro sperimentale e in alcuni di essi , come in quello seguente, si
evince esattamente l‟avvenuta individuazione della struttura dell‟equazione consistente
nell‟uguaglianza del peso presente sui due piatti della bilancia sebbene vi siano oggetti
diversi a costituirlo, nel primo caso BURRO+LATTE+30g+40g; nel secondo caso
BURRO+220g.
Oltre alla rappresentazione, ivi è presente anche una chiara spiegazione della
“neutralità” del peso del burro ai fini dell‟equilibrio dei piatti della bilancia e allo stesso
tempo degli effetti della sua presenza sull‟uguaglanza.
Alla stessa soluzione giunge anche un altro alunno, ma attraverso una seconda
rappresentazione …
… ugualmente efficace. Qui, il senso di quanto spiegato a parole nel 1°disegno in
riferimento al peso del burro è sintetizzato con la scelta di scrivere all‟interno dei due
rettangoli rappresentativi del burro “1 o 2 o 3 …” che significherebbe: “il burro,
presente su entrambi i piatti della bilancia, può avere qualsiasi peso”. Inoltre è da
notare che mentre sul primo piatto vengono rappresentati, sempre con dei rettangoli,
LATTE(150), peso da 30g e peso da 40g … sul secondo piatto viene rappresentato il
peso di 220g direttamente come la somma i 70g e 150g. E in questo diverso modo di
intendere il “numero” è possibile rintracciare una risoluzione immediata al problema.
Ulteriore rappresentazione interessante è la seguente, che fa un uso talvolta efficace dei
segmenti, sebbene non mostri in nessun caso la considerazione/rappresentazione del
pezzo di burro, come se quest‟ultimo fosse un elemento escluso a priori dalla struttura
del problema e pertanto non utile alla definizione della soluzione.
Conclusioni:
Il problema somministrato è stato un utile strumento di verifica in quanto ha fatto
emergere chiaramente le modalità rapresentative acquisite dagli alunni attraverso le
quali è possibile riscontrare l‟avvenuto riconoscimento, per alcuni, della sruttura
algebrica del problema. Del resto, come in altre sperimentazioni svolte di recente, il
“problema della bilancia” anche in questo caso, si è mostrato interessante
principalmente per la potenzialità che ha di sollecitare l’esplorazione dell’idea di
equilibrio come metafora dell’uguaglianza. La “bilancia” in effetti, sebbene offra
molteplici opportunità di riflessione, quando viene utilizzata dai bambini, non viene
immediatamente percepita come mediatore della struttura dell‟equazione, ma risulta,
ancora una volta, molto utile per stimolare la definizione del concetto di equilibrio e di
uguaglianza. Precisamente la nostra intuizione è che, sempre ragionando in termini di
“strutture”, la bilancia riesca ad evocare l‟equazione in chi già la conosce ponendosi in
qualche modo come una struttura esemplificativa ma comunque “imposta”. Viceversa la
SMAS, con la quale i bambini hanno ampiamente lavorato, sembra essere
percettivamente e operativamente più naturale, come se fosse una struttura
cognitivamente precedente.
In effetti è bene notare come, dal punto di vista della rappresentazione, la metafora
“orizzontale” della bilancia a piatti che ha nel centro l‟uguale viene, nella quasi totalità
dei casi, trasformata in una rappresentazione “verticale” dove i due piatti vengono
confrontati mettendoli uno sotto l‟altro. Ciò in qualche maniera riporta all‟ipotesi di
ricerca del presente lavoro di tesi ovvero al fatto che alla base del confronto per quantità
c‟è la SMAS cioè una struttura simile alla struttura additiva descritta da Davydov.
TERZA VERIFICA
Problema del nastro
“ELENA TAGLIA UN NASTRO IN DUE PARTI, UNA PARTE È PIÙ LUNGA DI 8
CM. TAGLIA POI A METÀ LA PARTE PIÙ CORTA E NE RICAVA DUE PEZZI
DA 36 CM. QUANTO ERA LUNGO IL NASTRO ALL‟INIZIO? IN QUANTI PEZZI
È STATO TAGLIATO?”
Riflessioni iniziali:
In continuità con il “problema della bilancia” è stata somministrata agli alunni come
verifica l‟ultima situazione problematica con struttura simile a quella precedente. Tale
attività ha consentito di verificare ulteriormente l‟avvenuta acquisizione del concetto di
uguaglianza, dando ai bambini la possibilità di riconoscere la struttura algebrica del
problema e l‟equazione in essa presente mediante l‟utilizzo di una rappresentazione
grafica qualitativa.
Rappresentazioni grafiche:
Le rappresentazioni realizzate dagli alunni, a conclusione del percorso sperimentale,
risultano davvero efficaci e indicative di un chiaro riconoscimento della struttura
algebrica del problema. Precisamente, le due seguenti rappresentazioni descrivendo i
diversi passaggi della risoluzione, conservano da una parte una necessità procedurale di
narrazione della storia, ma dall‟altra descrivono bene proprio le fasi di risoluzione di
un‟equazione algebrica con i diversi principi “di equilibrio e sostituzione”.
Seguono, ancora, delle rappresentazioni molto interessanti per l‟originalità e la capacità
di sintesi di cui sono caratterizzate. Da esse si evince chiaramente che l‟equilibrio è
completamente interiorizzato nella formalizzazione.
Infine, per quanto riguarda la risposta al secondo quesito del problema, relativo al
“numero di pezzi in cui è stato tagliato il nastro originario” … è bene precisare che
la gran parte degli alunni ha dato una risposta corretta, ovvero ha specificato che il
nastro iniziale è stato diviso in 3 parti, come si evince chiaramente dal penultimo
disegno (1=nastro più lungo 80cm ;2=metà nastro corto 36cm; 3=metà nastro corto
36cm). Ovviamente chi ha fatto una rappresentazione corretta non ha avuto alcuna
difficoltà ad evincere la risposta corretta al quesito, mentre c‟è stato qualcuno che ha
erroneamente considerato “4” le parti tagliate dal nastro iniziale includendo anche il
pezzetto di 8cm caratteristico della parte di nastro più lunga.
Conclusioni:
Il lavoro svolto ha fatto emergere la naturale tendenza dei bambini a rappresentare la
relazione di uguaglianza tra due o più oggetti, quantità, lunghezze, ecc … attraverso
l‟operazione del confronto che comporta uno spontaneo utilizzo della SMAS come
metafora spaziale sottostante la struttura dell‟equazione, piuttosto che “i piatti della
bilancia”.
CONCLUSIONI
Al termine di un lavoro di tesi, realizzato con elevato impegno ed effettivo spirito di
ricerca, non può mancare un significativo momento di analisi e di riflessione sistematica
sul percorso svolto, per effettuare una ricostruzione critica dell‟esperienza vissuta che
faccia emergere punti di arrivo, nodi problematici, punti di forza ed eventuali punti di
debolezza. Innanzitutto, per predisporre un percorso di avvio al pensiero algebrico nella
scuola primaria, è stato necessario approfondire gli studi e le ricerche realizzate su tale
tematica focalizzando l‟attenzione su alcune esperienze significative esistenti nel
contesto internazionale/nazionale. Esplicito riferimento è stato fatto al progetto “ArAl”
(Percorsi nell'Aritmetica per favorire il pensiero pre-Algebrico) che, ispirato al filone di
ricerca dell‟early algebra, si pone l‟obiettivo di rinnovare l‟insegnamento dell‟area
aritmetico-algebrica nella scuola dell‟obbligo italiana.
Oltre a tali esperienze, sono stati presi in considerazione i recenti studi condotti sulla
doppia radice cognitiva del numero, e principalmente la teoria di Davydov relativa alla
centralità della “quantità” nel processo di evoluzione dei concetti matematici. Lo
studioso russo, con le sue ricerche, ha dimostrato in che modo i bambini lavorando con
le quantità e le proprietà delle loro relazioni riescono a comprendere il concetto di
numero e a riconoscere le relazioni strutturali che regolano le operazioni. A partire da
ciò, con la presente tesi, è stata sperimentata la possibilità che un simile lavoro potesse
dar vita ad un efficace percorso di avvio al pensiero algebrico nella scuola primaria.
Precisamente l‟ipotesi di ricerca sottostante al ricco e complesso percorso di
sperimentazione realizzato, è stata quella di verificare che il lavoro sulle quantità
consentisse agli alunni il riconoscimento di strutture e l‟introduzione delle equazioni
lineari.
Gli esiti raggiunti dai bambini, al termine del percorso, sono stati molto positivi,
superando in alcuni casi le nostre aspettative, e l‟analisi complessiva delle attività
realizzate ha lasciato emergere, in primis, l’importanza del lavoro sulle quantità che,
consentendo la produzione di trasformazioni, di passaggi da uguaglianze a
diseguaglianze ecc…, si è posto come contesto nel quale i bambini hanno esplorato
consapevolmente le operazioni di addizione e sottrazione comprendendone il valore, le
proprietà e la struttura algebrica. Tale lavoro di scoperta delle peculiarità della struttura
additiva, ha infatti garantito un primo approccio alla struttura dell‟equazione,
sostenendo sin dall‟inizio un effettivo utilizzo di quest‟ultima come strumento per
“descrivere relazioni tra quantità e per operare su quantità ignote come se fossero note”.
In verità non ci si aspettava che i bambini riuscissero spontaneamente e con singolare
immediatezza a riconoscere le relazioni esistenti tra le quantità osservate alla cattedra,
invece c‟è stata in alcuni la tendenza a trovare uguaglianze anche mediante l‟utilizzo di
operazioni, e ciò ha dato vita ad un lavoro imprevisto molto interessante. Esso ha
dimostrato la presenza nei bambini di una elevata flessibilità mentale e ha lasciato
pensare “all’equazione” come una struttura naturale di cui l‟individuo è in possesso
ma che se non viene stimolata adeguatamente va incontro a quelle distorsioni che
emergono esplicitamente nella formalizzazione della scuola secondaria. Il processo di
lavoro con le più semplici espressioni letterali, inoltre, si è posto come promotore del
ragionamento, del confronto mentale e di una valutazione logica delle specifiche
dipendenze che conducono verso l‟esecuzione diretta delle operazioni aritmetiche.
Inoltre, stimolando il riconoscimento strutturale delle operazioni compiute attraverso
l‟utilizzo di rappresentazioni grafiche qualitative, gli alunni hanno proposto in
maniera naturale delle strutture molto efficaci che, in seguito ad un complesso
lavoro di analisi e riflessione collettiva, sono state perfezionate e condivise dalla
maggior parte. I bambini, infatti, in maniera critica e consapevole, hanno ragionato a
lungo sull‟importanza della rappresentazione, della sua efficacia, della sua
immediatezza e chiarezza, sperimentando, dall‟osservazione dei loro stessi disegni,
come una rappresentazione realizzata con l‟intenzione di comunicare delle informazioni
possa avere una lettura distorta se non è chiara, sintetica e adeguata. Lavoro questo che
ha preparato gli alunni ad usare e comprendere la struttura delle espressioni e la loro
importanza nella risoluzione delle equazioni, incontrate successivamente in diverse
situazioni problematiche. Somministrati infatti diversi problemi, con l‟obiettivo di
conoscere in che modo gli alunni avrebbero utilizzato supporti iconici significativi per il
riconoscimento di strutture algebriche, è emersa una naturale tendenza dei bambini a
rappresentare la relazione di uguaglianza tra due o più oggetti, quantità, lunghezze, ecc
… attraverso l‟operazione del confronto che ha comportato uno spontaneo utilizzo
della SMAS come metafora spaziale sottostante la struttura dell’equazione. Infatti
la SMAS, con la quale i bambini hanno ampiamente lavorato durante il percorso, è
sembrata essere una struttura percettivamente e operativamente molto naturale.
Da un punto di vista didattico/metodologico, il percorso sperimentale, definito di volta
in volta sulla base di decisioni prese in itinere in base ai bisogni e alle risposte degli
alunni, è stato caratterizzato da un accurato lavoro di riflessione, di ricerca e di analisi
degli elaborati, ma soprattutto dalla costante guida dell‟insegnante/ricercatrice di classe,
che con la sua spiccata sensibilità è stata sempre in grado di individuare e seguire
l‟evoluzione del pensiero dei bambini per mettere in atto una mediazione didattica
efficace. Del resto non bisogna pensare che tutta la classe abbia partecipato alle attività
senza incontrare alcun ostacolo cognitivo, ma, nella consapevolezza che certe
acquisizioni, per noi adulti di senso comune, non sono affatto scontate per chi costruisce
conoscenze, in molti casi è stato fondamentale far emergere quei modelli mentali di cui
i bambini erano in possesso stimolando l‟argomentazione, l‟esposizione del proprio
ragionamento e predisponendo la cattedra come tavolo di sperimentazione. In questo
modo ciascun bambino ha avuto la possibilità di esplicitare il proprio pensiero e
mostrarlo a tutti i compagni in termini di “azione” (usando il linguaggio di Bruner).
Durante le attività, in effetti, si è avuto modo di sperimentare la complessità del
processo di costruzione di una struttura cognitiva, della quale non ci si appropria
soltanto dopo aver ricevuto un radicale stimolo esterno, ma che necessita un passaggio
effettivo nella propria mente, una sperimentazione personale, una scoperta individuale.
L‟assimilazione (per dirla con le parole di Piaget) ha sicuramente una dimensione
“sociale”, che passa attraverso la comunicazione, ma essa, prioritariamente, deve
passare attraverso una “costruzione” ed un “riconoscimento” individuale, che in alcuni
alunni, terminato il percorso sperimentale, non è ancora avvenuto. Coloro, infatti, che
hanno partecipato ai momenti di discussione e riflessione collettiva, effettuando solo
una condivisione formale di alcuni concetti, strategie, ecc… e non una loro effettiva
appropriazione, hanno mostrato qualche difficoltà soprattutto nell‟utilizzo della
rappresentazione grafica come supporto iconico alla risoluzione dei problemi. Questa
appropriazione è avvenuta nel caso del Piano cartesiano, strumento di rappresentazione
con il quale i bambini hanno lavorato sin dall‟inizio dell‟anno, ed è emersa chiaramente
nel “Problema di Carletto”. In tale situazione problematica infatti, alcuni alunni hanno
utilizzato spontaneamente il Grafico cartesiano e in maniera appropriata, per
rappresentare la risoluzione del problema, dimostrando come uno strumento
effettivamente acquisito venga riutilizzato in diversi contesti per supportare il proprio
pensiero. Quanto detto, sostanzialmente risponde ad una prospettiva di fondo del
percorso svolto, che è quella di non dare al bambino tecniche e strumenti risolutivi da
utilizzare meccanicamente e in maniera procedurale, ma di fare in modo che i bambini
“imparino a vedere” le strutture sottostanti le operazioni che si compiono, e solo dopo
una comprensione strutturale far emergere spontaneamente l‟utilizzo consapevole di
strumenti. Ecco quanto ritroviamo proprio nel titolo del testo della Hawkins “Imparare
a vedere” (1979) e nelle parole, in esso scritte, che recitano a proposito della
interiorizzazione delle operazioni logiche: “i bambini possono dare significato a
un’informazione simbolicamente codificata, possono accettarla trasformarla ai propri
usi, solo se hanno costruito da se stessi, attraverso le loro schematizzazioni
dell’esperienza i significati impiegati nel discorso”.
Concludendo, l‟introduzione dell‟equazione nella scuola primaria e il più generale
“avvio al pensiero algebrico” ispirato ad un modello evolutivo della conoscenza, come
realizzato con la presente tesi, non vuole essere affatto una presentazione delle regole
formali di un corso sistematico di algebra, piuttosto si prefigge l‟importante scopo di
promuovere nei bambini l‟abilità di usare argomentazioni basate sulle proprietà delle
relazioni, l‟abilità di formulare espressioni elementari a partire dal loro significato e non
da regole esterne di combinazione, ecc…, cosicché anche l‟apprendimento del senso del
numero è sostenuto non solo dalle tecniche del calcolo, ma dallo studio delle relazioni
strutturali che regolano i calcoli.
L‟analisi fatta in quest‟ultimo paragrafo è servita per poter giungere ad alcune
conclusioni da intendere come punto di arrivo di questo lavoro, ma anche come tappe
provvisorie di un percorso che non può ritenersi esaurito e che ci si augura possa dar
luogo a futuri approfondimenti.
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