UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI VERONA FACOLTA’ DI … · è parte integrante di un’enologia di...
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U N I V E R S I T A ’ D E G L I S T U D I D I V E R O N A
FACOLTA’ DI ECONOMIA E COMMERCIO
CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA E COMMERCIO
DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE
TESI DI LAUREA
IL MERCATO DELLA GRAPPA: APPROVVIGIONAMENTO
E DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA
Analisi del settore nel Vicentino
Relatore: Ch.mo Prof. CLAUDIA ROBIGLIO RIZZO Laureanda: ANNALISA SANGIORGI
ANNO ACCADEMICO 1998-1999
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INDICE • Introduzione • Capitolo 1. Aspetti storici.
1.1 Nozioni storiche. 1.2 Storia della Disti l leria G.B. Poli.
• Capitolo 2. L’approvvigionamento della materia prima: la vinaccia.
2.2 Componenti della vinaccia. 2.3 Caratteristiche della vinaccia. 2.4 L’ubicazione geografica incide
nell’approvvigionamento della materia prima della Distil leria G.B. Poli.
2.5 La classificazione della vinaccia. 2.6 Composizione chimica della
vinaccia. 2.7 Formazione del prezzo delle
vinacce. 2.8 Normativa CEE e gli aiuti
A.I.M.A. 2.9 Prezzi minimi di cessione dei vini
ed importi degli aiuti Comunitari. 2.10 Presentazione dei contratti di
distil lazione. 2.11 Approvazione dei contratti di
distil lazione e delle dichiarazioni sostitutive.
2.12 Consegna del vino alla distil lazione: tolleranze e cause di forza maggiore.
2.13 Impiego del rilevatore e controllo delle caratteristiche del vino.
2.14 Documentazione relativa alla distil lazione e adempimenti dei distil latori.
• Capitolo 3. Ciclo produttivo
3.1 Raccolta e trasporto delle vinacce. 3.2 Corretta fermentazione e
conservazione dell’ insilato. 3.3 Definizione della distillazione. 3.4 Distil lazione. 3.5 Impianti di distil lazione. 3.6 I sistemi di distil lazione delle
vinacce: la distil lazione discontinua.
3.7 Gli apparecchi per la distil lazione discontinua.
2
3.7 .1 Sistema di distil lazione della Distil leria G.B. Poli.
3.8 La distil lazione continua. 3.9 Operazioni successive alla
distil lazione. 3.10 L’invecchiamento della grappa. 3.11 L’aromatizzazione 3.12 Altre lavorazioni della vinaccia e
della feccia.
• Capitolo 4. Smaltimento dei sottoprodotti della distil lazione
4.1 Uso delle vinacce esauste. 4.2 Uso delle vinacce e derivati come
concime. 4.3 Uso delle vinacce esauste come
combustibile. 4.4 L’estrazione dell ’olio dai
vinaccioli. 4.4 .1 Le vinacce esauste della
Distil leria G.B. Poli. 4.5 Utilizzo delle borlande e delle
vinacce per l’estrazione del cremortartaro e fabbricazione dell’acido tartarico.
4.6 Fattori di inquinamento delle distil lerie.
4.7 L’inquinamento delle acque. 4.8 L’inquinamento atmosferico. 4.9 L’inquinamento da rifiuti solidi.
• Capitolo 5. Commercializzazione del prodotto finito
5.1 Evoluzione del settore della
grappa. 5.2 Produzione, esportazione,
importazione. 5.3 Politica produttiva e commerciale
della Distil leria G.B. Poli. 5.4 I l consumo della Grappa ieri, oggi,
domani. 5.5 Vicenza: un modo nuovo per far
conoscere la Grappa. • Capitolo 6. Controllo del marchio di qualità
6.1 Definizione di qualità. 6.2 Assicurazione qualità. 6.3 Riflessi sulla garanzia della
qualità. 6.4 L’analisi sensoriale a garanzia
della qualità della grappa. 6.5 L’attuale percezione della qualità.
3
6.6 L’importanza del bicchiere.
• Capitolo 7. Aspetti legislativi
7.1 La normativa. 7.2 La normativa Europea. 7.3 La normativa Italiana. 7.4 La denominazione d’origine
controllata. • Capitolo 8. Il consumatore e la grappa
8.1 I l problema dell’alcolismo. 8.2 La classificazione dei consumatori.
• Conclusioni
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INTRODUZIONE
La Grappa è stata per lungo tempo associata
all’ immagine della povertà, della gente che conduce
vita faticosa e che ricorre all’acquavite per trovare
consolazione alle proprie sofferenze. Testimonial
nella letteratura della grappa sono stati i soldati in
trincea, i montanari inseguiti dalla finanza. Nessuno
vuole stralciare questa parte di storia ma bisogna
raggiungere un certo equilibrio con i quarti di nobiltà
del prodotto, che pure esistono e sono piacevoli.
Perché non parlare del rapporto di Cavour con
l’acquavite che produceva a Grinzane, di Paganini che
ad Asti si ritemprava con un grappino delle fatiche del
viaggio tra Torino e Genova, di Kruscev che si
appassionò talmente della grappa da farsene buona
scorta di ritorno da un viaggio in Italia o del grappino
sorseggiato sulle dolomiti da Papa Woityla?
Ma il concetto di ricchezza, così utile
nell’affermazione del prodotto che deve completare la
carica edonistica con contenuti ostentativi, non si
ferma certo alla piacevole emulazione. Nel caso della
grappa la ricchezza è reale e rappresenta un plus
capace di distinguerla dalle grandi acqueviti
concorrenti. Essa è infatti un superalcolico di
produzione artigianale: per grande che sia il
fabbricante, l’azienda è ancora solidamente in mano a
una famiglia i cui componenti sono o sono stati
innanzitutto mastri distil latori. E questo ha prodotto
un fenomeno interessantissimo: i 123 impianti di
distil lazione ancora in attività sono uno diverso
dall’altro, adeguati con perizia, vendemmia dopo
vendemmia, alla fi losofia del conduttore e alle
caratteristiche della materia prima. La conseguenza?
Un’infinità di grappe ognuna con una propria
personalità, ognuna capace di dare emozioni diverse
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per evitare nel consumatore moderno, sempre più
esigente, la monotonia della ripetit ività.
La grappa, sotto il profilo intrinseco, ha
sicuramente le carte in regola per porsi i l mondo come
obiettivo: rappresenta egregiamente la
materializzazione della genialità e creatività italiana,
è parte integrante di un’enologia di successo, è uno
spirito di grande aroma e di complessa personalità, è
producibile in quantità limitata e, dunque, è preziosa.
Queste sue caratteristiche intrinseche potranno
tradursi in successo commerciale con beneficio di
tutta la fi l iera ( dal produttore dell’uva al
dettagliante) solo se si verificheranno due condizioni:
• Un perfezionamento normativo capace di
tutelare la grappa dalle imitazioni e di creare
sicurezza nel consumatore;
• L’applicazione delle regole canoniche del
marketing.1
1 AA.VV. (1996) “Grappa obiettivo il mondo”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori
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CAPITOLO I
ALCUNI ASPETTI STORICI
1.1 Nozioni storiche.
La conoscenza della distil lazione affonda le
proprie radici nella notte dei tempi: Egizi, Greci,
Romani e soprattutto Arabi, tutti , in qualche modo,
avevano util izzato tale procedimento per estrarre delle
essenze dai più svariati materiali vegetali.
Ma chi, probabilmente, cercò di organizzare le
conoscenze nel campo della distil lazione fu la Scuola
Salernitana, grazie anche agli influssi del vicino
popolo arabo.
La leggenda vuole che questa istituzione nacque
verso il IX secolo d.C., nell’omonimo golfo, per opera
di un greco, un arabo e un latino. Con ogni probabilità
tale leggenda esprime come questa scuola fosse il
crogiuolo delle razze imperanti e quanto fosse libera
dai vincoli imposti dalle diverse discipline etiche e
religiose; sui ricercatori della Scuola non incombeva
il timore del rogo, qualunque fossero le loro
sperimentazioni.
E proprio dalle loro ricerche scaturisce
l’acquavite, un liquido infiammabile e di sapore
bruciante in grado di creare in chi lo beve uno stato di
euforia, capace di solubilizzare i principi delle piante
officinali, di disinfettare le ferite.
Questa scuola codificò le regole della produzione
e dell’uso dell’acquavite: questa bevanda, attraverso i
canali della cultura, si diffondeva tra tutti i popoli
civil i e, anzi, partecipava alla civil izzazione e alla
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cristianizzazione del mondo, entrando nella dotazione
professionale di esploratori e missionari.
Michele Savonarola (1384-1462), medico
padovano, ci fornisce un’interessante spiegazione
dell’etimologia della parola acquavite. Veniamo,
infatti, a sapere che in origine l’alcol era detto “aqua
vitis”, e non “aqua vitae”, perché lo strumento
attraverso il quale passavano i vapori da condensare,
vale a dire la serpentina refrigerante, era costruita a
spirale come il tralcio della vite.
Ma il nome di “aqua vitae”, cioè acqua della vita,
era già stato attribuito da Arnoldo di Villanova (1238-
1311), medico e alchimista di Papa Bonifacio VIII e
di Clemente V, perché guariva, secondo l’autore, da
numerose malattie, ridonando la vita.
Fin qui, però, di grappa non si parla ancora.
I medici della Scuola Salernitana non scrissero
della distil lazione della vinaccia perché, con ogni
probabilità, negli alambicchi ci mettevano il vino,
unica bevanda fermentata che, grazie al suo elevato
grado alcolico, poteva consentire di ricavare acquavite
con i rudimentali strumenti alchemici dell’epoca e con
le superficiali conoscenze che si avevano in materia di
distil lazione.
Uno dei documenti più antichi in cui viene
menzionata la grappa risale al 1451, quando venne
compilato l’elenco dei mobili e degli immobili del
defunto notaio ser Enrico di ser Everardo, di Cividale
del Friuli (Udine), i l quale lasciò ai propri eredi, tra
l’altro, “unum ferrum ad faciendam aquavitem”, un
alambicco insomma.
In margine allo stesso documento c’è
un’annotazione riguardante il distil lato prodotto:
“grape”, cioè grappa.
Nel 1617 Miguel Agusti, gesuita catalano,
agronomo erudito e priore del tempio di S. Giovanni
di Perpignano, pubblica un libro in cui descrive un
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alambicco adatto per ottenere acquaviti sia dal vino
che dalle vinacce.
È di poco successiva l’attività scientifica del
gesuita e nobile bresciano Francesco Terzi Lana,
considerato il padre tecnico della grappa.
La cosa viene, infatti, avvalorata dal carteggio
epistolare esistente tra questi e i l confratello tedesco
Atanasio Kircher, che nel 1636 pubblica un libro in
cui parla apertamente di distil lazione di vinacce.
Pochi anni dopo è Filippo Sachs di Lipsia, correva
l’anno 1661, nel suo trattato “Vite Vinifera” a
dissertare intorno alla distil lazione delle vinacce.
Come spesso accade, la scienza e gli scienziati
giunsero dopo che i montanari, la grappa, se la
bevevano da secoli. E non può essere diversamente, se
si pensa che nel 400 i friulani esportavano grappa e
nel 500 i veneziani ne facevano commercio,
vendendola ai tedeschi e agli olandesi.
Ne abbiamo la conferma dagli studi compiuti dallo
storico Gaetano Perusini intorno alle questioni fiscali.
Rintracciò, infatti, tra le carte di una antica
famiglia patrizia di Sacile che in quel posto di dogana,
sin dal 400 il commercio dell’acquavite di vinaccia
era soggetto al pagamento di gabella, ben distinta da
quella che si doveva pagare per il trasporto
dell’acquavite di vino.
Di grappa se ne produceva un po’ in tutta Italia:
nel 1590, Carlo Emanuele I di Savoia concesse
all’accensatore di Asti l ’appalto per la produzione
della grappa; a Venezia nel 1601 si costituì la
Congrega della Università degli Acquavitai e si
trattava di una importante istituzione se si pensa che,
per poter distil lare, bisognava prima aver fatto una
lunga pratica, meritarsi i l diploma di mastro
distil latore e successivamente sottoporsi all’esame
davanti al Protomedico, il quale rilasciava la patente
per l’esercizio della professione.
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Ma come è nata la grappa?
L’ipotesi più probabile si desume dalla storia
dell’enologia. Terminata la fermentazione del mosto
padroni e servi si spartivano il prodotto ottenuto: al
padrone andava il vino, ai servi le vinacce, cioè gli
scarti, le quali, opportunamente allungate con l’acqua,
davano un vinello molto leggero, ma pur sempre
alcolico.
Ed è probabile che qualche servo abbia imparato a
fare ciò che il padrone faceva con il vino, cioè a
distil lare le vinacce.
Certo non doveva essere una bevanda per palati
genti l i, dato che erano sconosciute la deflemmazione e
la rettif icazione, cosa che ne frenò la diffusione fra le
persone agiate ma non fra gli strati più umili del
popolo.
La storia dell’acquavite di vinaccia è anche storia
di dazi e di gabelle.
Nell’Italia pre-unitaria la produzione e il piccolo
commercio di acquaviti era tollerato dalle autorità
doganali, sebbene nelle valli alpine sia entrata nella
tradizione popolare la guerra tra contrabandieri e
doganieri.
Nell’Impero Austro-Ungarico esistevano
addirittura agevolazioni a favore delle distil lerie
agricole, pur con delle precise norme e limitazioni: la
produzione, infatti, non poteva superare i tre litri di
alcol per ogni ettaro di terreno di proprietà, la
distil lazione non poteva durare oltre gli otto mesi
dell’anno, le scorie dovevano essere impiegate per la
concimazione dei terreni di proprietà e per
l’alimentazione del bestiame.
Nel Trentino i contadini, improvvisatisi
distil latori, trovarono nell’acquavite il mezzo di
scambio per procurarsi prodotti non agricoli o
contanti, in modo da arrotondare le loro scarse
entrate.
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Il Regno d’Italia si disinteressò al problema,
almeno in un primo momento: ogni singolo
proprietario terriero poteva distil lare annualmente non
più di cinquanta litri di acquavite dalle proprie
vinacce e questo quantitativo doveva servire per uso
familiare.
La materia fu, infine, regolamentata con la legge
24 giugno 1888, concedendo alla distil lazione
familiare notevoli agevolazioni rispetto alla legge
voluta da Quintino Sella e in base alla quale era stata
istituita l’ imposta di fabbricazione sugli spiriti, legge
che risaliva all’11 agosto del 1870.
Con l’ imposizione di tasse e gabelle, nella storia
della grappa entra un nuovo personaggio, il
distil latore clandestino, cioè evasore dell’ imposta di
fabbricazione, figura sopravvissuta fino ai nostri
giorni.
Questi personaggi, in prevalenza montanari, erano
povera gente che cercava di sbarcare il lunario, “viver
lambiccando” appunto, con il commercio clandestino
della grappa.
Nascondevano il rudimentale alambicco sui monti
dove, a prezzo di notevole fatica fisica, trasportavano
a spalle le vinacce, con la continua preoccupazione di
essere scoperti dalla Guardia di Finanza, di essere
arrestati e multati e di vedersi distruggere
l’alambicco.
Nelle valli Lombarde, Piemontesi e delle Tre
Venezie si distil lava con alambicchi di fortuna,
escogitando sempre nuovi metodi per far giungere la
grappa in paese, in barba alle Fiamme Gialle.
Ma la storia della grappa è anche storia del suo
nome.
“Grappa” è un sostantivo femminile che sta a
significare artigl io, ferro piegato ai due lati atto a
bloccare due massi, due pietre o due travi e, di
conseguenza, “grappino” significa ancoretta a quattro
11
marre, il tutto derivante dal germanico “krappa”,
appunto uncino, termine di origine gotica. Viene
spontanea la similitudine tra la forma della grappa,
nel senso di uncino, e quella del raspo che sostiene gli
acini dell’uva.
I Longobardi, invece, hanno lasciato traccia tanto
in Friuli quanto a Benevento: ebbene è longobardo il
“rappe” che significa raspo e, quindi, grappolo. Lo si
ritrova in Piemonte, dove si dice “rapa d’uva”
intendendo un grappolo d’uva oppure in Veneto con
“graspo de ua”.
Giuseppe Berio, nel suo “Dizionario del dialetto
veneto” (1856) porta sia il termine “graspa”, al quale,
però, dà il significato di “raspo”, e cioè di grappolo
spremuto, che il termine “graspia”, quale sinonimo di
vinello che si ottiene dal lavaggio delle vinacce.
La grappa, intesa come acquavite, non è registrata
dal “Dizionario di l ingua italiana” (1869) di Nicolò
Tommaseo, né dall’edizione del 1893 del “Dizionario
del Crusca”.
Viceversa, nel “Dizionario Vicentino-Italiano”
(1896) di Luigi Pajello, la parola “graspa” è segnalata
anche con il suo significato attuale di acquavite.
A fronte di tutto ciò appare chiaro come l’origine
del nome della grappa derivi dalla materia prima dalla
quale si ottiene il distil lato, ossia dalle “graspe”
dell’uva.2
Se volessimo riassumere la storia della diffusione
della grappa, potremmo suddividerla in tre cicli
storici: i l primo è quello che va dai primordi della
distil lazione della vinaccia alla fine della prima
guerra mondiale; il secondo abbraccia il periodo fra il
primo e il secondo dopoguerra fino agli anni 60; il
terzo quello dagli anni 60 ai giorni nostri.
Nel primo periodo la grappa fu essenzialmente e
per molto tempo un consumo familiare e contadino
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della gente veneta, trentina, friulana e piemontese,
con frange in Lombardia e in Sardegna.
Il primo nome che entra nella storia è quello di
Bortolo Nardini, che incomincia la sua attività nel
1779 a Bassano del Grappa.
Fino alla seconda metà dell ’800 la storia
dell’acquavite di vinaccia è anonima: peraltro nel
Veneto e in Lombardia oltre a Bortolo Nardini ci
dovevano essere altri distil latori se l’Imperiale Regio
Governo d’Austria e Ungheria si premurò di emanare
nel 1798 una legge che regolamentava la produzione
delle acquaviti e soprattutto istituiva un dazio.
Comunque il più della produzione è di
contrabbando e solo verso la metà dell’800 e sul finire
del secolo la storia si arricchisce di nuovi pionieri,
peraltro sempre in numero limitato e per attività di
piccolo artigianato. Fra essi ricordiamo: in Piemonte
Bocchino di Canelli; nel Veneto Carpenè e Da Ponte
di Conegliano; nel Friuli Candolini di Tarcento e
Nonino di Percoto; nel Trentino Segnana di Borgo
Valsugana.
Sicuramente nell ’800 ci sono stati altri distil latori
di piccolo commercio, ma i maggiori fermenti
commerciali si hanno nel periodo antecedente la prima
guerra mondiale, che vede la nascita di nuove
distil lerie.
Il primo periodo di diffusione della grappa si
conclude con la grande guerra: milioni di combattenti
convergono nel territorio veneto per far barriera agli
austroungarici e molti di essi imparano a conoscere e
ad apprezzare la grappa. Nel contempo i profughi
triveneti portano l’uso della grappa nell’Emilia
Romagna, in Lombardia e in altre regioni.
Ed è in questo periodo che nasce l’abbinata
grappa-alpino, una delle immagini tuttora persistenti
nell’ immaginario collettivo: la grappa aiutò la morte
2 F. Brunello (1969) “Storia dell’acquavite”; Ed. Neri Pozza
13
di molte migliaia di soldati che caddero negli inutil i
assalti all’arma bianca sull’Ortigara, sul Grappa, sul
Carso e in tutti i luoghi legati alla storia della grande
guerra.
Come conseguenza un ulteriore passo in avanti
verso la commercializzazione sistemica lo si ebbe
nell’altro dopoguerra.
Gli uomini che furono al fronte si portarono
appresso il ricordo della grappa conosciuta in trincea
o in retrovia.
Il mercato si allarga, le distil lerie crescono in
numero e perfezionano i metodi di distil lazione, ma
siamo pur sempre in fase sub-artigianale.
Ha così inizio il secondo periodo di diffusione
della grappa.
Per la diffusione del consumo nelle grandi città
hanno valso oltre che le conoscenze dei reduci anche
le abitudini delle successive ondate migratorie.
Nell’altro dopoguerra molte delle portinaie dei palazzi
milanesi erano venete. Una grossa fetta del personale
alberghiero a tutti i l ivelli era formata da friulani, i l
maggior numero delle domestiche, cameriere,
governanti o guardarobiere era formato da venete,
trentine e friulane.
Così in quel periodo le distil lerie aggiornano gli
impianti e allargano la produzione e molte di nuove
iniziano l’attività.
Fra le nuove la Tonini di Fagarè, la Negroni di
Treviso, la Comar di Fiumicello, e altre ancora.
La distil lazione della grappa continua in quello
che è il suo secondo periodo fino agli anni ’60.
Intervengono in questo periodo massicce ondate
migratorie, favorite dalla facilità dei trasporti, dal
progressivo trasformarsi della nostra società da
agricola ad industriale, con un conseguente
progressivo miglioramento economico degli italiani.
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Nascono nuove distil lerie e fra esse la Camel di
Udine, la Lovato a Bassano, la Antonio Panico in
Romagna, la Beccaris di Costigliole d’Asti.
Alla grappa hanno aperto in questo dopoguerra
anche molte aziende famose per altri prodotti: così la
Bisleri, la Branca, la Buton, la Stock, la Gambarotta.
All’ incirca alla metà degli anni ’60, Maria Teresa
Maschio, allora titolare della Landy Frères, puntò per
prima alla diffusione di massa della grappa. Fu una
scommessa con sé stessa e con il mercato dato che la
grappa era poco o niente conosciuta al di fuori delle
aree tradizionali: una massiccia campagna
promozionale-pubblicitaria e l’offerta di un prodotto
che mediamente entrava nel gusto d’un pubblico più
largo hanno fatto registrare alla Grappa Piave un
successo inusitato che stimolò altr i produttori, e trainò
il consumo delle altre grappe.
Il periodo positivo della grappa continuò fino agli
anni ’80, quando si è presentata la tendenza negativa
dei consumi della grappa e di tutti i superalcolici.
1.2 Storia della distil leria G.B. Poli.
L’obiettivo della mia tesi è di conoscere il mondo
della “Grappa”. Un grande aiuto in questo mio lavoro
mi è stato offerto dall’esperienza e professionalità dei
mastri grappaioli della distil leria G.B. Poli di cui mi
accingo a dare alcune nozioni storiche.
La famiglia Poli si occupa di Grappa da quasi
100 anni; infatti i l primo che cominciò a distil lare fu
GioBatta Poli (1846-1921), il quale verso la fine del
secolo scorso produceva cappelli di paglia, attività
piuttosto fiorente all’epoca, ma aveva una grande
passione: la Grappa.
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Costruì una piccola distil leria montata su un
carretto e andò di casa in casa a distil lare la vinaccia
dei piccoli produttori di vino, a cui in baratto dava
una parte del distil lato.
Iniziò così la storia di grappaioli della famiglia
Poli.
I l f iglio di GioBatta, Giovanni (1877-1964),
decise di rendere legale questa attività e fu così che
dal 1898 la Distil leria cominciò ad operare
ufficialmente; il primo alambicco fu ricavato da
GioBatta modificando la vaporiera a legna di una
locomotiva. Era un vero patriarca, un uomo dai
principi morali inossidabili, (“Vendi caro ma pesa
giusto!” ripeteva sempre), ma anche spirito il luminato
e progressista: era sua la prima auto della zona e
aveva il telefono col numero 2; bisogna notare che il
numero 1 era quello del centralino della Tel.Ve, la
Telecom di allora.
Antonio Poli, classe 1919, proseguì l’attività di
suo padre ingrandendo nell’ immediato dopoguerra
l’ impianto di distil lazione originario. È un uomo di
profonda umanità, troppo nobile per essere un buon
affarista, ma capace come nessuno di trasformare la
semplice vinaccia in purissima Grappa.
Ora è all’opera la quarta generazione di
grappaioli: quattro fratelli, Gianpaolo, Jacopo,
Barbara e Andrea, tutti impegnati nel continuare la
tradizione di famiglia e uniti dall’obiettivo di far
capire ed apprezzare la fatica, la tenacia, ma
soprattutto l’Amore racchiuso in un distil lato, un
Amore per la propria arte, per il profondo mondo, un
Amore senza il quale nessun risultato sarà mai
possibile.
Esiste quindi una lunga storia e una tradizione di
quattro generazioni; tuttavia è importante sottolineare
che Jacopo, incaricato della disti l lazione, ritiene che
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bisogna valutare sempre con occhio critico l’eredità
dei predecessori.
Non sempre infatti quello che andava bene una
volta va bene anche ora.
Per esempio il gusto della clientela di oggi è
diverso dal gusto della clientela dei tempi del padre di
Jacopo: i suoi clienti bevevano Grappa per riscaldarsi,
si potrebbe dire che la bevevano anche per nutrirsi,
per soddisfare un fabbisogno energetico, mentre i
clienti di oggi degustano una Grappa alla ricerca di
gradevoli sensazioni organolettiche. È uno dei sottil i
piaceri che migliorano la qualità della vita.
Per questo motivo si è voluto ottenere una
Grappa diversa, meno rude ed aggressiva rispetto a
quella di una volta, più raffinata e più armonica.
Fu molto diff icile convincere Antonio ad
accettare questa nuova filosofia produttiva, al punto
che Jacopo dovette cominciare a distil lare di notte,
mentre suo padre distil lava di giorno.
Fu così possibile sperimentare diverse tecniche di
distil lazione che permisero di ottenere, alla fine della
stagione, due prodotti diversi: quello di Jacopo e
quello di suo padre. Lui li assaggiò e con molta onestà
disse che il nuovo stile era migliore e da allora affidò
completamente la distil leria ai suoi figli. 3
3 Informazioni gentilmente fornite dal Sig. J. Poli
17
CAPITOLO II
L’APPROVVIGIONAMENTO DELLA MATERIA PRIMA: LA VINACCIA
2.1 Componenti della vinaccia.
Nel mondo si producono oltre 90 miliardi di
chilogrammi di uva ogni anno. Non tutta diventerà
vino e solo una piccola parte fornirà la materia prima
per fare la grappa: la vinaccia. Nell'accezione tecnica
del termine la vinaccia è quanto rimane di un grappolo
quando lo si è privato della fase liquida con i sistemi
messi oggi a disposizione dalla meccanica enologica.
La vinaccia è quindi l’ insieme dei RASPI (
l ’ intelaiatura erbaceo-legnosa che lega gli acini in
grappolo e questo alla vite) dei VINACCIOLI ( i semi
della vite racchiusi nell’acino dai quali si ricava un
olio pregiato, sebbene alla grappa possono solo
conferire una sgradevole oleosità) e delle BUCCE
degli acini ( parte fondamentale per la distil lazione,
impregnate di alcol e/o di zuccheri che, in seguito a
fermentazione, potranno originare quell’aliquota del
4-6% di alcol etil ico, l’elemento secondo solo
all’acqua nella composizione quantitativa della
grappa).
Volendo mettere la cosa sotto un profilo
quantitativo abbiamo che da kg 100 d’uva si ricavano
lt 80-85 di mosto, kg 9-12 di bucce, kg 3-4 di
vinaccioli e kg 3-4 di raspi. Per far la grappa però
raspi e vinaccioli non interessano: i primi in
distil lazione non sono d’util i tà alcuna, creano
18
problemi nella conservazione delle bucce e altri, non
meno importanti, sotto il profilo meccanico. Quindi,
trattando noi di grappa, quando parleremo di vinaccia,
intenderemo l’ insieme delle bucce degli acini d’uva
separate dal mosto dopo la pigiatura o dal vino al
termine della fermentazione.
Vista da un esperto di fisiologia vegetale la buccia
dell’acino d’uva non è altro che un involucro formato
da un’epidermide dello spessore di m2-10 millesimi di
mill imetro costituita da cellule regolari disposte in
buon ordine come il selciato di una strada. Al disotto
dell’epidermide, verso l’ interno dell’acino, vi sono
altre serie di cellule sempre più grosse mentre, al
disopra, l’epidermide è coperta da una cera bianca
chiamata pruina che è un fattore nutrizionale dei
lieviti.
Per il biochimico la buccia dell’uva è un insieme
di acqua, cellulosa ( 20-25%), sostanze azotate ( 10-
15%), pectine, zuccheri, acidi grassi e fenolici,
steroli, aldeidi, esteri, chetoni, sostanze coloranti e
aromatiche, sali minerali e via discorrendo.
Per il produttore di grappa la buccia dell’acino
d’uva è altro: è la materia prima per produrre
emozioni attraverso gli aromi che contiene, e diviene
sempre più importante anche per la conoscenza di
ogni fattore incidente sul contenuto. 4 (FIG.1/2/3)
4 L. Odello (1997) “Grappa: Analisi sensoriale & tecnologia”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori
19
FIG. 1 e FIG. 2 (Fonte: L. Odello 1998 - Centro Studi
e Formazione Assaggiatori, Corso ANAG di III
l ivello)
20
FIG. 3 (Fonte: L. Odello 1998 - Centro Studi e
Formazione Assaggiatori, Corso ANAG di III l ivello)
2.2 Caratteristiche della vinaccia.
Le caratteristiche della vinaccia sono strettamente
dipendenti dai fattori climatici e pedologici in cui è
stata prodotta l’uva, dal vitigno o dai vitigni dai quali
deriva, dalle tecnologie util izzate nell’ammostamento
e nella fermentazione, dal periodo e dalle modalità
21
con le quali è stata conservata la massa prima di
giungere all’alambicco.
La vinaccia, data la sua composizione
particolarmente ricca di sostanze energetiche,
nutritive e di ossigeno, è difficilmente conservabile in
quanto si presta a favorire l’attività di un gran numero
di microrganismi e di enzimi. Batteri, l ieviti e muffe
possono compromettere nel giro di qualche decina di
ore appena la sua vocazione alla produzione di grappa
di qualità.
Purtroppo le inderogabili leggi economiche
vietano la possibilità di installare impianti capaci di
distil lare la vinaccia man mano viene separata dal
vino e l’ incontrovertibile tendenza enologica di un
precoce allontanamento delle bucce degli acini d’uva
in fase di ammostamento - o comunque prima che sia
terminata la fermentazione- impongono un congruo
periodo di conservazione - o insilamento, come viene
chiamato in gergo tecnico- per permettere agli
zuccheri di essere trasformati in alcol.
Fortunatamente meno del 30% della vinaccia
prodotta nel nostro Paese è distil lata per produrre
grappa e quindi il lambiccaro intelligente destina
solamente la materia prima migliore alla fabbricazione
della nobile acquavite deviando in alcol buongusto la
lavorazione della restante parte. E fortunatamente le
ricerche condotte negli ultimi anni hanno introdotto
nuovi metodi di insilamento che consentono di
ottenere grappe di discreta qualità anche da vinacce
vergini.
La conservazione della vinaccia per periodi più o
meno lunghi - ma ricordiamo che possono bastare
anche solamente ventiquattr’ore d’incuria per
compromettere le buone caratteristiche grappicole –
può portare a tali catartiche trasformazioni da
cancellare ogni fattore di tipicità rendendo, per
contro, tipico sotto il profilo organolettico il quadro
22
aromatico dovuto al fatto medesimo. In poche parole è
più facile riconoscere se una grappa è fatta con
vinaccia insilata o meno rispetto, ad esempio,
all’ identificazione della sua regione d’origine.
Nella caratterizzazione della vinaccia gioca un
ruolo importante anche il vitigno o l’ insieme dei
vitigni da cui deriva una determinata partita e, quindi,
la regione o la zona di provenienza che, sempre più, è
caratterizzata da una determinata base ampelografica.
Il fattore diventa tanto più importante quanto più sono
presenti vitigni aromatici ossia capaci di sintetizzare
particolari molecole in grado di marcare in modo
evidente il profilo olfattivo della grappa. In subordine
sono significativi i rapporti in cui sono presenti
varietà di vitis vinifera a bacca bianca – normalmente
fornitrici di vinacce vergini- e vitigni a bacca nera.
Anche le caratteristiche specifiche quali i l patrimonio
acidico medio delle uve, variabile sì da annata ad
annata ma anche da varietà a varietà, possono influire
sulla determinazione del profilo organolettico della
grappa. Facciamo un esempio: Barbera e Raboso non
sono certo vitigni aromatici ma la loro elevata acidità
fissa li pone ai primi posti della classifica quali
migliori produttori di grappa (sempre che, riguardo al
Raboso, non si tratti di vinacce derivanti da mosto
muto).
Un altro caso emblematico è dato da zone come il
Chianti in cui i l particolare uvaggio, segnato da
vitigni con accento aromatico quali i l Canaiolo nero e
la Malvasia, nonché le specifiche tecnologie di
vinificazione, rendono abbastanza appariscenti i
caratteri di tipicità tanto da costringere il distil latore a
notevoli sforzi per la differenziazione di diverse
partite di grappa di fattorie diverse ma della stessa
zona.5
5L. Odello 1997 “Grappa: Analisi sensoriale & tecnologia”; Ed. C Studi e Form. Assaggiatori
23
2.3 L’ubicazione geografica incide
nell’approvvigionamento della materia prima
della distil leria G.B.Poli.
La distil leria G.B. Poli è situata a Schiavon,
provincia di Vicenza.
Schiavon gode di una buona posizione geografica,
a metà strada fra Bassano del Grappa e Vicenza; è un
paese di pianura posto subito ai piedi di quello
splendido semicerchio costituito dalle colline di
Marostica e Breganze e, più in là, dalle Prealpi Venete
e dalle Dolomiti.
L’ubicazione geografica presenta dei vantaggi da
un punto di vista produttivo in quanto consente un
rapido collegamento con le aree di
approvvigionamento della materia prima, in primo
luogo con la zona di Breganze, ed è questo uno dei
motivi principali per cui i l fondatore dell’azienda
scelse di iniziare la propria attività distil latoria nel
paese di Schiavon.
La distil leria G.B. Poli acquista la vinaccia
necessaria alla produzione dei propri distil lati da
cantine private, cantine sociali e piccoli viticoltori i
cui vigneti si trovano in zone a D.O.C. rinomate per la
produzione di ottimi vini, situate in provincia di
Vicenza e nelle provincie limitrofe di Treviso e
Padova. Questa scelta rigorosa è stata dettata dalla
volontà di conferire al distil lato una tipicità
organolettica derivante dal territorio di origine della
materia prima.6
6 Informazioni gentilmente offerte dal Sig. J. Poli
24
ZONA VITIGNO
Breganze (VI)
Cabernet, Merlot, Pinot
Nero, Vespaiolo, Torcola-
to (vino passito da uve
Vespaiolo e Tocai)
Colli Berici (VI) Tocai rosso
Piave (TV) Cabernet, Merlot, Raboso
Montello e colli Asolani
(TV)
Cabernet franc, Cabernet
Sauvignon
Colli Euganei (PD) Moscato Bianco
- Breganze: la zona di produzione dei vini
“Breganze” in provincia di Vicenza comprende per
intero i territori amministrativi dei comuni di:
Breganze, Fara Vicentino, Mason Vicentino,
Molvena, ed in parte quelli dei comuni di Bassano
del Grappa, Lugo di Vicenza, Marostica,
Montecchio Precalcino, Pianezze, Salcedo,
Sandrigo, Sarcedo e Zugliano;
- Colli Berici: la zona D.O.C. Colli Berici è molto
vasta e abbraccia tutti i comuni della zona collinare
berica posta a sud di Vicenza. Per la particolare
natura del terreno e clima vengono prodotti vini di
qualità. La gamma dei vini è molto vasta,
comprende 7 vini D.O.C. di cui 4 bianchi, 2 rossi e
un rosato (solo il Tocai rosso viene util izzato dalla
distil leria G.B. Poli);
- Piave: le uve destinate alla produzione dei vini
Piave devono essere prodotte nel territorio
ricadente nel bacino del Piave. È una zona
particolarmente felice per la colt ivazione della vite.
Il terreno risulta argilloso, ricco di sali minerali e
ben fertil izzato;
25
- Montello e Coll i Asolani: le uve devono essere
prodotte nella zona che comprende l’ intero
territorio del comune di Monfumo e parte del
territorio dei comuni di: Asolo, Caerano S.Marco,
Castelcucco, Cavaso del Tomba, Cornuda, Crocetta
del Montello, Maser, Montebelluna, Nervesa della
Battaglia, Possagno del Grappa …;
- Colli Euganei: la zona di produzione dei vini “Colli
Euganei” è in provincia di Padova. Il terreno
euganeo è ricco di sostanze minerali e si adatta
bene alla viticoltura.7 (FIG. 4)
FIG. 4 (Fonte: Camere di Commercio del Veneto
“Vini Veneti D.O.C.)
26
2.4 La classificazione delle vinacce.
Le vinacce possono essere classificate in base a
quattro elementi caratterizzanti: i l valore di umidità,
la presenza o meno di raspi, la quantità di zuccheri e/o
di alcol contenuti, i l vitigno di provenienza.
Esaminiamo ora le caratteristiche singolarmente:
1) in base al VALORE DI UMIDITÀ e, quindi,
alla quantità di mosto o di vino che ancora
contengono, le vinacce si definiscono umide o
sovrapressate. L’importanza della distinzione
sta nel fatto che più le vinacce sono umide, più
sono ricche di alcol o di zuccheri, i quali
fermentando produrranno alcol e, per questo,
daranno una maggiore resa in grappa; infine la
stessa grappa sarà di qualità superiore per
tipicità e aroma.
La sovrapressatura dell’uva, invece, porterà ad
un vino di bassa qualità e, di conseguenza, a
vinacce alquanto prive di succhi alcolici le
quali daranno luogo ad una grappa scadente.
Questa classificazione si basa sul potenziale
alcolico delle vinacce ed è proprio in base alla
quantità di alcole contenuto per quintale che
queste verranno valutate sul mercato.
2) A seconda del sistema util izzato per la
mostatura dell’uva i RASPI vengono separati
dalle bucce oppure no; nel primo caso le
vinacce si diranno diraspate, nel secondo non
diraspate.
Per la distil lazione i raspi sono inutil i, se non
dannosi, in quanto possono cedere sostanze
poco gradite alla grappa.
Le vinacce diraspate, perciò, presentano un
maggior valore commerciale.
7 Camere di Commercio del Veneto “Vini Veneti D.O.C.”
27
3) È questa la classificazione di gran lunga più
importante rispetto alle altre: le vinacce
possono subire la fermentazione alcolica a
contatto con il mosto, subirla solo
parzialmente, o non subirla affatto.
Avremo, quindi, tre tipi fondamentali:
3.a la vinaccia FERMENTATA che è rimasta
con il mosto finché questo si è fatto vino, per
cui lo zucchero è trasformato totalmente in
alcol ed essa stessa si sarà arricchita del
patrimonio aromatico del vino. È pronta per
essere distil lata e non corre i rischi di una
prolungata conservazione.
Proviene dalla produzione di vini rossi.
3.b la vinaccia VERGINE, che viene ricavata
separando le parti solide dal mosto, appena
dopo che si è compiuta la pigiatura; in essa,
perciò, non è presente alcol ma solo zuccheri,
per cui non può originare grappa.
Bisogna conservarla per un congruo periodo di
tempo, affinché si compia la fermentazione.
In questa fase esistono dei rischi di
fermentazione anomale o l’ instaurarsi di ife
fungine le quali comportano perdita di alcol e
formazione di composti secondari
indesiderabili.
Proviene dalla produzione di vini bianchi.
3.c la vinaccia SEMIFERMENTATA è un tipo
intermedio tra i due appena descritti, per cui
può essere distil lata rinunciando a quella parte
di alcol che non si è ancora svolto, oppure può
essere conservata finché si completi la
fermentazione alcolica.
Proviene soprattutto dalla produzione di vini
rosati.
4) Con questa classificazione la vinaccia assume la
denominazione del vitigno di provenienza, ma
28
solo alcuni vitigni sono capaci di sintetizzare
particolari sostanze aromatiche, in grado di
essere trasmesse alla grappa in fase di
distil lazione e, quindi, di caratterizzarla
inequivocabilmente: Moscato, Riesling,
Mueller-Thurgau, Traminer, Nosiola e pochi
altri.
Tutti gli altri sono vitigni a frutto neutro che
non comunicano un particolare aroma alla
grappa e, quindi, non ne permettono il
riconoscimento al momento della degustazione.
2.5 Composizione chimica della vinaccia.
Per molta gente costituisce quasi sempre una
notevole delusione pensare che la grappa sia fatta per
il 40-60% da acqua e che l’alcol etil ico sia presente
grossomodo solo in proporzioni equivalenti. Altre
persone, più raff inate, sono invece sorprese che i due
elementi (acqua e alcol etil ico), costituenti per i l 99%
la prestigiosa acquavite, non siano più di tanto
importanti per le caratteristiche organolettiche, mentre
queste sono fondamentalmente dipendenti da alcune
centinaia di sostanze che, pur rappresentando una
quota compositiva di appena l’1%, o anche meno,
sono i veri responsabili dell’aroma.
Senza soffermarci sull’acqua –questo solvente
universale la cui presenza nella grappa è in parte
dovuta all’umidità della vinaccia, in parte a quella
usata nella fase finale del ciclo di lavorazione per la
riduzione del grado- cerchiamo di conoscere gli altri
costituenti della nostra acquavite.
Chimicamente sono composti ternari formati da
atomi di carbonio, idrogeno e ossigeno. Alcuni sono
29
molto profumati e tutti sono dotati di potere narcotico
e/o euforizzante sull’organismo umano.
I più importanti tra quelli presenti nella grappa
sono:
ALCOL ETILICO: costituente fondamentale
tuttora util izzato, anche se con minore importanza
rispetto al passato, come parametro per la
determinazione del prezzo della grappa. È un liquido
incolore, di odore gradevole e di sapore bruciante, si
miscela in tutte le proporzioni con l’acqua contraendo
il suo volume, è buon solvente di molte sostanze
coloranti e aromatiche. Nella grappa si sfrutta questa
sua caratteristica per l’ invecchiamento e
l’aromatizzazione;
ALCOL METILICO: è uno dei componenti della
grappa più temuti dai distil latori perché è tossico per
l’organismo umano e la legge ne fissa il l imite
massimo a 1 ml per 100 ml di alcol anidro. L’alcol
metil ico aumenta normalmente e giunge a tenori
proibit ivi nei casi di conservazione della vinaccia per
tempi molto lunghi e/o quando le modalità di
insilamento sono tecnicamente inadeguate;
ALCOLI SUPERIORI: comprendono gli alcoli che
hanno più di due atomi di carbonio. I più importanti
sono gli isoamilici, l ' isobutil ico, il propilico ed il 2-
butanolo. Alcuni di essi si formano durante la
fermentazione alcolica, altri durante l’ insilamento
delle vinacce. Il 2-butanolo, ad esempio, è stato
proposto come elemento di identificazione per
l’acquavite di vinaccia perché non è presente nei
distil lati di vino, se non in tracce, in quanto si forma
solo durante l’ insilamento.
Gli alcoli superiori hanno sull’organismo umano
un effetto narcotico ancor più elevato dell’alcol
etil ico; più precisamente esso è di 3,9 volte per l’alcol
propilico, 27 volte per l’alcol isobuti l ico e 52 volte
per gli alcoli isoamilici. Nella grappa questi alcoli
30
sono presenti in quantità molto basse per cui
fisiologicamente l'effetto risulta modesto. Gli alcoli
hanno la proprietà di combinarsi con gli acidi organici
originando gli esteri.
ACIDI ORGANICI: sono anch’essi composti
formati solamente da atomi di carbonio, ossigeno e
idrogeno ma legati in modo particolare tanto che,
posti in soluzione acquosa, liberano ioni idrogeno
percepibili dalle nostre papille situate sui bordi della
lingua come sensazione acida.
Nella grappa buona è difficile percepirli
distintamente, ma vanno a rafforzare l’aggressività
tatti le dell’alcol. La loro presenza, quando
quantitativamente modesta, giova al gusto
dell’acquavite e anche al profumo in quanto c’è una
maggiore formazione di esteri dovuta alla reazione di
essi con gli alcoli. I l più presente nella grappa è
certamente l’acido acetico, seguono il formico, il
butirrico, il lattico, il propionico, l’ isovalerianico, i l
capronico, l’enantico, il pelargonico, il caprilico e il
caprico.
ESTERI: proprio perché derivanti dal matrimonio
tra due famiglie piuttosto numerose di costituenti
della grappa (acidi e alcoli) sono numerosissimi e
fautori delle più straordinarie sensazioni olfattive sia
positive che negative.
Tra di essi l ’acetato di etile detiene in genere la
partecipazione della maggioranza assoluta e, pur non
essendo un fautore di emozioni esaltanti, è utile
perché inibisce la percezione delle aldeidi insature ed
esalta alcuni componenti a nota fruttata. Quando
supera la soglia dei 100-150 mill igrammi ( sempre in
100 ml di alcol anidro ) la sua presenza si fa arrogante
e porta alla memoria componenti acetosi.
ALDEIDI: nella loro formula contengono gli
stessi elementi di alcoli e acidi ma, forse per la loro
struttura instabile, quasi transitoria, sono
31
organoletticamente molto evidenti anche a
ridottissime concentrazioni
La chimica le vuole divise tra sature e insature: le
prime sono responsabili di sensazioni generalmente
erbacee mentre le seconde possono essere floreali ma
anche molto negative, e impressionare la nostra
mucosa con sentori rancidi e persino di sudore. La più
presente nella grappa è l’aldeide acetica alla quale
fanno seguito l’ isovalerianica, la butirrica, l’esilica,
l’acetale e i l furfurale. Interessante è il
comportamento di quest’ultima che si forma in modo
evidente con il surriscaldamento della vinaccia e
partecipa, a livello organolettico, a determinare
proprio l 'odore di bruciato.
TERPENI: sono bizzarre combinazioni di soli,
atomi di carbonio e idrogeno legate in lunghe catene
che assumono le più svariate conformazioni spaziali:
sono veri e propri ricami della natura che l’uomo
percepisce con il senso dell’olfatto sottoforma di una
poderosa serie di profumi.
I terpeni sono distintivi delle grappe derivanti da
vitigni a frutto aromatico ( moscato, muller thurgau,
riesling ecc. ).8
2.6 Formazione del prezzo delle vinacce.
Il mercato di approvvigionamento delle vinacce
risente, per quanto riguarda il prezzo, di due
componenti fondamentali: i l prezzo minimo di
acquisto delle vinacce da parte del distil latore, fissato
dai regolamenti della Comunità Economica Europea
(CEE), e le condizioni che in realtà vengono a
8 L. Odello (1995) “Grappa: tra assaggi e alambicchi”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori
32
formarsi, in base a diversi fattori, sul mercato,
dall’ incontro della domanda dei distil latori e
dell’offerta dei vinificatori.9
2.7 Normativa CEE e gli aiuti A.I.M.A. (Azienda
Interventi Mercato Agricolo)
L’aiuto comunitario per l’acquavite di vinaccia o
grappa è stato istituito dalla CEE con il regolamento
n. 2144/82 del Consiglio del 27/7/82 che ha approvato
sostanziali modif iche all’articolo 39 del regolamento
CEE n. 337/79, relativo alla distil lazione obbligatoria
dei sottoprodotti della vinificazione.
Sono stati motivi puramente economici quelli che
hanno indotto la comunità a prevedere, a partire dalla
campagna vitivinicola 1982/83 il pagamento alle
distil lerie dell’aiuto per la distil lazione obbligatoria
dei sottoprodotti della vinificazione.
Il sistema in vigore fino alla campagna 1981/82
prevedeva un vantaggio economico solo per il
distil latore che consegnava all’organismo di
intervento alcole ad almeno 92 gradi, mentre, per il
distil latore di grappa esistevano solo formalità di
comunicare all ’organismo stesso i quantitativi
prodotti.
Tale situazione determinava un aumento della
produzione di alcole a svantaggio della produzione di
acquavite con conseguenti spese a carico della
Comunità, superiori a quelle che, a giudizio della
stessa, sarebbero derivate da un sistema che prevedeva
anche un aiuto per l’acquavite.
Con il Regolamento CE della Commissione n.
2486/98 del novembre 1998 è stata attivata per la
campagna 1998/99 la “distil lazione preventiva” di cui
9 Notiziario (1999) “Associazione Naz.le Industriali Distillatori di Alcoli e di Acquaviti”
33
all’art. 38 del Reg. CEE n. 822/87 per il volume di
vino da tavola pari a 8 milioni di ettolitri di cui 4
milioni di ettolitr i riservati al l’Ital ia.
Possono accedere alla distil lazione preventiva
soltanto i produttori di vino da tavola e cioè, qualsiasi
persona fisica o giuridica o associazione di persone
che hanno prodotto vino da tavola da uve fresche, da
mosto di uve e da mosto di uve parzialmente
fermentato, da essi stessi ottenuti o acquistati.
I contratti di distil lazione possono essere
conclusi, da parte dei produttori o “assimilati ai
produttori”, soltanto con “distil latori” o “assimilati al
distil latore” o “elaboratori di vino alcolizzato”
riconosciuti ed iscritti negli appositi registri del
Ministero per le Politiche Agricole.
Possono formare oggetto della distil lazione
preventiva i vini da tavola rossi, rosati e bianchi
aventi un titolo alcolometrico volumico effettivo non
inferiore a 9% vol. nonché i vini atti a dare vini da
tavola, aventi le caratteristiche di cui ai punti 12 e 13
dell’al legato 1 del Reg. CEE n. 822/87.
Dalla distil lazione dei predetti vini possono essere
ottenuti i seguenti prodotti:
- alcole neutro rispondenti alla definizione del Reg.
CEE;
- acquavite di vino rispondenti alle caratteristiche
qualitative previste dalle disposizione comunitarie
di cui al Reg. CEE n. 1576/89;
- alcole greggio avente un titolo alcolometrico pari o
superiore a 52% vol.
Il volume massimo di vino ammesso alla
“distil lazione preventiva” in Italia è stato stabilito in
4 milioni di ettolitri.
A norma del regolamento precitato e nel limite
succitato, ciascun produttore può concludere uno o più
contratti per un volume di vino da tavola o di vino
atto a dare vino da tavola che non può eccedere 25
34
ettolitri per ogni ettaro di superficie a vite dal quale è
stato ottenuto vino da tavola.
Pertanto, nel caso in cui in Italia vengano
presentati contratti per un volume superiore ai 4
milioni di ettolitri di vino si dovrà procedere alla
relativa riduzione secondo le modalità previste dal
regolamento.10
2.8 Prezzi minimi di cessione dei vini ed importi
degli aiuti Comunitari.
I l prezzo che i distil latori sono tenuti a pagare ai
produttori vinicoli per la materia prima consegnata in
assolvimento della prestazione obbligatoria, è fissato
ogni anno anteriormente al 1 agosto per la campagna
successiva.
Il prezzo minimo di cessione alla distil lazione in
questione dei vini da tavola e dei vini atti a dare vini
da tavola è pari ad ECU 2,487/% vol/hl.
Tale prezzo, che si applica a merce nuda franco
azienda del produttore, deve essere corrisposto dal
distil latore al produttore entro tre mesi dall’entrata in
distil leria di ciascuna partita di vino.
L’obbligo del rispetto del termine di pagamento è
subordinato alla condizione che il produttore abbia
assolto alle prestazioni viniche, condizione necessaria
per ottenere gli aiuti comunitari e nazionali previsti a
favore dei produttori.
L’obbligo si assolve con la consegna alla
distil lazione di tutti i sottoprodotti, vinacce e fecce,
ottenuti da qualsiasi trasformazione di uve e , se del
caso, di vino fino a raggiungere un montegradi non
inferiore al 10% del vino prodotto e, considerando
10 Notiziario (1999) “Associazione Naz.le Industriali Distillatori di Alcoli e di Acquaviti”
35
forfettariamente per la zona C2, un titolo
alcolometrico di 9,5.
È vietata la sovrapressatura delle uve e la
pressatura delle fecce; chi trasgredisce è soggetto a
fortissime penalità.
L’eventuale vino a completamento delle
prestazioni viniche, dovrà essere consegnato a
distil lerie o acetifici nel periodo dal 01/01/2000 al
31/07/2000.
Le vinacce, all’atto della consegna in distil leria,
devono aver un grado complessivo non inferiore a
2,80.Le fecce devono avere un grado non inferiore a
4,00 ed un tasso di umidità non inferiore al 45% del
loro peso.
Sui documenti di accompagnamento accorre
specificare che le vinacce e fecce consegnate derivano
da uve prodotte e vinificate in Italia (questo in
particolare se destinate alla produzione di grappa).
Quando il vino è stato ottenuto da mosti e da vini
acquistati, ancora in fermentazione, il quantitativo di
alcole contenuto nelle fecce da consegnare per le
prestazioni viniche deve essere pari almeno al 5%
dell’alcole contenuto nel vino così prodotto.
Gli importi degli aiuti sono stati f issati per grado
e per ettolitro di prodotto ottenuto dalla distil lazione
nella seguente misura:
a) ECU 1,884 se si ottiene alcole neutro, come
definito all’allegato 1 del Reg. CEE n. 2046/89;
b) ECU 1,751 se si ottiene alcole grezzo avente un
titolo alcolometrico di almeno 52% vol. o se si
ottiene acquavite di vino rispondente alle
caratteristiche fissate dalle disposizioni vigenti.
L’aiuto comunitario è corrisposto dall’A.I.M.A. al
distil latore entro tre mesi a partire dalla data in cui lo
stesso fornisce le prove dell’avvenuta distil lazione del
quantitativo totale del vino indicato nei contratt i o
nelle dichiarazioni sostitutive e del pagamento del
36
prezzo minimo di acquisto entro i termini stabilit i.
Tali prove devono essere fornite dal distil latore
all’A.I.M.A. entro il 31 dicembre 1999.
Se si constata che il distil latore non ha pagato al
produttore il prezzo minimo di acquisto, l’A.I.M.A.
versa al produttore prima del 1 giugno 2000 un
importo pari all’aiuto.
È prevista la possibilità che il distil latore, dopo
l’approvazione del contratto di distil lazione o della
dichiarazione sostitutiva, possa chiedere all’A.I.M.A.
che l’ importo dell’aiuto gli sia versato in anticipo a
condizione che costituisca a favore dell’A.I.M.A.
stessa una cauzione pari al 120% di detto importo
come stabilito con Reg. CEE n. 2046/89 e secondo le
modalità previste dal D.M. 6 settembre 1983
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 258 del 20/9/83.
L’anticipo di cui sopra può essere corrisposto
nella misura massima dell’ importo dell’aiuto previsto
per la distil lazione del vino in alcole greggio o
acquavite di vino, calcolato sulla base del volume di
alcole del vino indicato nel contratto di distil lazione o
nella dichiarazione sostitutiva.
Nel caso di richiesta di pagamento anticipato
dell’aiuto, il relativo importo sarà corrisposto
dall’A.I.M.A. al distil latore entro tre mesi dalla
presentazione della cauzione e della relativa
documentazione.
Ai fini dello svincolo della cauzione, i beneficiari
dell’aiuto devono fornire all’A.I.M.A. -entro e non
oltre il 31 gennaio 2000- la prova che:
- i l quantitativo totale del vino oggetto del contratto
è stato distil lato nel termine stabil ito;
- i l distil latore ha pagato al produttore almeno il
prezzo di acquisto entro i termini prescritti.11
37
2.9 Presentazione dei contratti di distil lazione.
I produttori di vini da tavola che intendono
procedere alla distil lazione, devono presentare una
domanda per l’approvazione dei relativi contratt i di
distil lazione o delle dichiarazioni sostitutive, entro e
non oltre il 15 gennaio 1999, corredata da una copia
della dichiarazione di produzione relativa alla
campagna 1998/99.
Il contratto di distil lazione o la dichiarazione
sostitutiva, per i quali si chiede l’approvazione, deve
avere per oggetto l’acquisto del vino da parte del
distil latore e contenere l’ impegno di quest’ultimo di
corrispondere al produttore, entro i termini stabilit i,
un prezzo non inferiore al prezzo minimo di cessione,
fatta salva la riduzione di cui all’art. 44 del Reg. CEE
n. 822/87 che, per la misura in questione, è pari a
0,1811 ECU per ogni grado ettolitro di vino
consegnato alla distil lazione.
Oltre i predetti elementi, nei contratti di
distil lazione o dichiarazioni sostitutive vanno indicati:
a) le generalità e l’ indirizzo del produttore;
b) la quantità, i l colore e la gradazione alcolometrica
effettiva del vino che si vuol far distil lare e che
deve essere conforme alle disposizioni comunitarie
in materia di qualità dei prodotti destinati alla
distil lazione.
Dovrà essere precisato, altresì, se si tratta di vino
da tavola o di vino atto a dare vino da tavola;
c) i l luogo ove è immagazzinato il vino;
d) i l nome del distil latore o la ragione sociale della
distil leria;
e) l ’ indirizzo della distil leria.
11 Notiziario (1999) “Associazione Naz.le Industriali Distillatori di Alcoli e di Acquaviti”
38
Gli stessi contratti devono contenere una
dichiarazione secondo la quale il produttore, sotto la
propria responsabilità:
- attesti di aver soddisfatto per la scorsa campagna
agli obblighi delle distil lazioni di cui all’art. 35 e,
ove tenuto, all’art. 36 del Reg. CEE n. 822/87;
- si impegni ad addizionare al vino cloruro di l it io,
nella misura compresa tra i 5 ed i 10 grammi per
quintale;
- attesti di non aver presentato in altre Province
contratti relativi alla stessa distil lazione,
specificando, in caso contrario, l ’Ufficio presso il
quale ha presentato tali contratti e le quantità di
vino oggetto dei contratti medesimi approvati o in
corso di approvazione.
Il certif icato attestante l’avvenuto assolvimento
degli obblighi di cui agli articoli dinanzi indicati,
ri lasciato dall’Ufficio periferico dell’Ispettorato
Centrale Repressione Frodi competente, deve essere
presentato dal produttore interessato all’A.I.M.A.
entro il termine del 31 maggio 1999 mediante lettera
raccomandata, da inviare per conoscenza anche al
distil latore, unitamente a una copia del certif icato
medesimo.
In virtù delle disposizioni tendenti a rendere
obbligatoria l’esecuzione del contratto stipulato, il
contratto di disti l lazione o la dichiarazione sostitutiva
dovranno essere corredati dalla prova che è stata
costituita, a favore dell’A.I.M.A., una cauzione pari a
5 ECU per ettolitro di vino oggetto del contratto
stesso.
Detta cauzione dovrà essere conforme al modello
predisposto dall’A.I.M.A. e sarà svincolata
dall’A.I.M.A. stessa, proporzionalmente alle quantità
consegnate nel momento in cui viene fornita la prova
della effettiva consegna del vino in distil leria. Se non
39
viene effettuata alcuna consegna nei termini previsti,
la cauzione verrà incamerata per intero.
Nel caso in cui un produttore faccia eseguire per
proprio conto la distil lazione negli impianti di un
distil latore riconosciuto, il contratto di distil lazione
sarà sostituito da una dichiarazione di consegna e da
un contratto di “lavorazione per conto” concluso tra il
produttore ed il distil latore riconosciuto.
La dichiarazione ed il contratto di “lavorazione
per conto” devono contenere tutti gli elementi e le
attestazioni sopra specificate.
La stessa dichiarazione deve essere presentata dal
produttore che esegue la distil lazione negli impianti di
cui è titolare. In tal caso, deve essere prelevato un
campione del vino da distil lare sotto il controllo di un
pubblico ufficiale ed inviato ad un Laboratorio
autorizzato per l’analisi del prodotto, che deve
accertare, in particolare, la determinazione analitica
del titolo alcolometrico volumico effett ivo,
dell’acidità totale, dell’acidità volatile espressa in
acido acetico, dell 'anidride solforosa, dell’estratto
secco e delle ceneri. I l risultato di tali analisi viene
trasmesso a cura del produttore all’A.I.M.A.
unitamente al verbale redatto dal pubblico ufficiale
che ha presenziato al prelevamento del campione
stesso.
Il “contratto di distil lazione” o la “dichiarazione
sostitutiva” ed, eventualmente, il contratto di
“lavorazione per conto” vanno presentati, per
l’approvazione, all’Ispettorato Provinciale
dell’Agricoltura o ad altro organo all’uopo preposto
dalla Regione nella Provincia in cui è immagazzinato
il vino da distil lare, in cinque copie.12
12 Notiziario (1999) “Associazione Naz.le Industriali Distillatori di Alcoli e di Acquaviti”
40
2.10 Approvazione dei contratti di distil lazione e
delle dichiarazioni sostitutive.
L’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura o altro
organo incaricato dalle Regioni all’approvazione dei
contratti di disti l lazione procederà all’accertamento,
sulla base della documentazione presentata:
- della sussistenza delle condizioni prescritte per
l’ammissione alla distil lazione;
- della giacenza in cantina di un volume di vino da
tavola o atto a dare vino da tavola pari, almeno, al
volume che forma oggetto del contratto o della
dichiarazione.
Gli Uffici preposti all’approvazione dei contratti
devono comunicare, entro e non oltre il 20 gennaio
1999 al Ministero delle Politiche Agricole le quantità
globali di vino da tavola oggetto dei contratti o delle
dichiarazioni sostitutive presentate.
Analoga comunicazione dovrà essere effettuata da
parte degli uffici medesimi qualora non siano stati
presentati contratti o dichiarazioni sostitutive.
Si fa presente che le comunicazioni pervenute in
ritardo non saranno prese in considerazione e,
pertanto, i relativi contratti o dichiarazioni sostitutive
saranno esclusi dall’ intervento di cui trattasi.
Sulla base delle comunicazioni effettuate dai
singoli Stati membri la Commissione U.E. deciderà,
entro il 5 febbraio 1999, in merito all’eventuale
riduzione da apportare al volume di vino complessivo
dei contratti o delle dichiarazioni presentate.
Successivamente gli anzidetti uffici procederanno
all’approvazione dei contratt i o delle dichiarazioni
presentate dagli interessati entro il termine del 28
febbraio 1999.
41
Gli uffici stessi comunicheranno tempestivamente
agli interessati l ’esito della procedura anzidetta, entro
la stessa data prevista per l’approvazione. In tal caso
la cauzione di 5 ECU per ettolitro, costituita a favore
dell’A.I.M.A. viene svincolata per il quantitativo di
vino oggetto della riduzione dovuta esclusivamente
alle decisioni comunitarie.
A tal fine, due copie dei contratti o dichiarazioni
così approvati saranno restituite alle parti contraenti
(produttore e distil latore) ed un’altra sarà inviata
sollecitamente all’A.I.M.A. unitamente alla
documentazione richiesta.
Si ricorda che per i volumi di vino avviati alla
distil lazione eccedenti i volumi consentiti non sarà
riconosciuto alcun aiuto.
Le operazioni di distil lazione possono aver inizio
solamente dopo che il contratto o la dichiarazione
sostitutiva è stato approvato.
Resta naturalmente inteso che l’aiuto comunitario
non sarà in nessun caso corrisposto prima che il
produttore abbia presentato la dichiarazione di
produzione e non potrà riguardare quantitativi
superiori a quell i risultanti dall’applicazione
dell’eventuale limite ammesso dalla Commissione.
Gli Ispettorati Provinciali dell’Agricoltura o gli
organi designati dalle Regioni dovranno comunicare,
inoltre, al Ministero delle Politiche Agricole, entro il
10 marzo 1999, i l quantitativo totale di vino indicato
nei contratti di distil lazione o nelle dichiarazioni
sostitutive approvati.13
2.11 Consegna del vino alla distil lazione:
tolleranza e causa di forza maggiore.
13 Notiziario (1999) “Associazione Naz.le Industriali Distillatori di Alcoli e di Acquaviti”
42
Il vino può essere introdotto in distil leria dopo
l’approvazione dei relativi contratti di distil lazione o
delle dichiarazioni sostitutive e, comunque, non oltre
il 30 giugno 1999.
Nell’esecuzione dei contratti è ammessa una
tolleranza del 5% in più o in meno rispetto alle
quantità di vino indicate nei contratti stessi.
In conseguenza nessun aiuto è concesso:
- per l’ intero volume di vino effettivamente
consegnato in distil leria quando questo risulta
inferiore al 95% del volume, oggetto del contratto
approvato;
- per il volume di vino che eccede il 105% della
suddetta quantità;
- per la quantità di vino che eccede quella massima
prevista per la distil lazione in causa (25 hl/ha),
tenuto conto dell’eventuale riduzione decisa dalla
Commissione.
Nella consegna del vino alla distil lazione è
ammessa, altresì, una tolleranza di 0,8 grado alcole in
più o in meno, rispetto alla gradazione alcolica
indicata nel contratto o nella dichiarazione sostitutiva,
fermo restando il l imite minimo previsto per il ti tolo
alcolometrico effettivo dei vini da tavola (di 9° nelle
zone C/I/b, C/II e C/III, che interessano l’Italia) e per
il titolo alcolometrico volumico naturale dei vini atti
(di 8° per la zona C/I/b, di 8,5° per la zona C/II e di
9° per la zona C/III).
Non appare superfluo ricordare ancora una volta
che, salvo i casi di forza maggiore, la mancata
esecuzione o l’esecuzione dei contratti di distil lazione
per quantità inferiori al l imite di tolleranza comporta
l’eventuale perdita del diritto all’aiuto comunitario e
l’ incameramento da parte dell’A.I.M.A. dell’ intera
43
cauzione nel caso sia stato corrisposto l’aiuto in via
anticipata.
Il volume minimo di vino che può essere
consegnato alla distil lazione da ciascun produttore
non può essere inferiore ai 10 ettolitri.14
2.12 Impiego del rivelatore e controllo delle
caratteristiche del vino.
Le disposizioni del citato regolamento CEE n.
2046/89, nel delegare alle autorità competenti degli
Stati membri i compiti di controllo intesi ad evitare la
sottrazione dei vini da distil lare alla loro
destinazione, prevedono:
- la possibilità di imporre l’ impiego di un rivelatore;
- i l divieto di opporsi, a causa della presenza del
rivelatore, alla circolazione del vino in questione o
alla circolazione dei prodotti ottenuti dalla
distil lazione stessa.
Con Decreto Ministeriale 20 maggio 1986,
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 140 del
19/6/1986 è stato stabilito che il vino da tavola
oggetto dei contratti di distil lazione deve essere
addizionato con cloruro di l it io nella misura compresa
tra 5 e 10 grammi per quintale di prodotto da avviare
alla distil lazione, opportunamente miscelato.
La violazione di tale obbligo comporta, per i
trasgressori, l ’applicazione delle sanzioni previste dal
D.L. 7 settembre 1987, n.370 convertito nella legge
n.460 del 4/11/1987.
I produttori debbono comunicare telegraficamente
all’Ufficio periferico dell’Ispettorato Centrale
14 Notiziario (1999) “Associazione Naz.le Industriali Distillatori di Alcoli e di Acquaviti”
44
Repressione Frodi competente, l’avvenuta
denaturazione del vino, secondo le norme del decreto
20 maggio 1986 e non possono procedere
all’estrazione o alla consegna del prodotto prima che
siano trascorse almeno 72 ore dalla predetta
comunicazione non computandosi in detto termine le
ore dei giorni festivi.
I distil latori hanno l’obbligo di non ritirare il vino
che non sia stato denaturato in conformità a quanto
prescritto dal precitato Decreto.
Il controllo delle caratteristiche del vino
consegnato in distil leria, in particolare, del
quantitativo, del colore e della gradazione alcolica
effettiva, viene effettuato dall’U.T.F. competente, per
sondaggio, secondo le istruzioni impartite dal
Ministero delle Finanze d’intesa con l’A.I.M.A.15
2.13 Documentazione relativa alla distil lazione e
adempimenti dei distil latori.
Ai fini della corresponsione dell’aiuto
comunitario secondo la procedura ordinaria o della
liquidazione definitiva dell’aiuto anticipato su
cauzione, gli aventi diritto devono presentare
all’A.I.M.A. specifica domanda, alla quale oltre agli
altri documenti che saranno previsti dall’anzidetta
Azienda, deve essere allegato il certif icato rilasciato
dall’U.T.F. competente per territorio.
Le operazioni di distil lazione devono essere
effettuate entro e non oltre il 31 agosto 1999, i
distil latori riconosciuti e loro assimilati dovranno
comunicare all’A.I.M.A. entro e non oltre il 10 di
ogni mese, le quantità di vino distil lato nel corso del
mese precedente e le quantità dei prodotti ottenuti
45
distinti in alcole neutro, alcole greggio e acquavite di
vino.
Il tardivo adempimento delle anzidette
comunicazioni comporta una riduzione dell’aiuto dello
0,1% per ogni giorno di ritardo, ai sensi del Reg. CEE
n.2721/88 modificato dal Reg. CEE n.2181/91.
Se il ritardo è superiore ad un mese l’aiuto non
viene corrisposto.
Lo stesso regolamento prevede anche una
riduzione dello 0,5% dell’aiuto per ogni giorno di
ritardo e per un periodo di due mesi, a carico del
distil latore che abbia trasmesso in ritardo:
- la prova del pagamento del prezzo minimo previsto
per la disti l lazione in causa;
- la domanda per ottenere l’aiuto.
Se il ritardo supera i due mesi l’aiuto non sarà
versato.
È previsto, altresì, che nel caso in cui il
distil latore non rispetti i l termine previsto per il
pagamento del prezzo di acquisto del vino l’aiuto sarà
ridotto dell’1% per ogni giorno di ritardo durante il
periodo di un mese.
Se il ritardo è superiore ad un mese l’aiuto non
sarà versato.
L’Ispettorato Centrale Repressioni Frodi
effettuerà indagini e controlli f inalizzati ad accertare,
anche mediante analisi su campioni prelevati,
l ’origine e le caratteristiche analitiche del vino
avviato alla distil lazione.
Si richiama l’attenzione sul contenuto dell’art.4,
comma 11, del decreto legge 7/9/1987, n.370,
convertito, con modificazioni, nella legge 4/11/1987,
n.460, il quale stabilisce, tra l’altro, che
l’ inosservanza delle disposizioni contenute nella
regolamentazione comunitaria relativa alla
distil lazione dei vini, comporta l’applicazione della
15 Notiziario (1999) “Associazione Naz.le Industriali Distillatori di Alcoli e di Acquaviti”
46
sanzione di l ire 150.000 per quintale o frazione di
quintale di prodotto e, comunque, non inferiore a lire
600.000.
47
CAPITOLO III
CICLO PRODUTTIVO
3.1 Raccolta e trasporto delle vinacce.
Nell’organizzazione della raccolta della vinaccia è
essenziale la rapidità con la quale questa, appena
uscita dai torchi, è consegnata alle distil lerie. In
particolare la vinaccia fermentata dovrebbe essere
consegnata nello stesso giorno della torchiatura,
poiché il prolungato contatto con l’aria ne provoca il
riscaldamento, facilitando l’evaporazione di alcol se
non addirittura l’acetificazione con perdita completa
di alcol.
Le vinacce sane diraspate sono più resistenti,
anche se il contatto di piccoli quantitativi di vinaccia
con l’aria è sempre comunque causa di
deterioramento, senza contare che le vinacce acetiche
possono trasmettere l’ infezione anche a quelle sane
con cui vengono a contatto nei sil i. È pertanto da
scartare il trasporto per ferrovia e da preferire quello
con autocarri, avendo così la possibilità di consegnare
in giornata anche le piccole quantità.
Una volta giunta in distil leria, la vinaccia è posata
su una speciale bilancia ed è prelevato il campione sul
quale il laboratorio chimico esegue le analisi per la
determinazione del contenuto delle sostanze
sfruttabil i. La temperatura della vinaccia, deve essere
vicina a quell’ambientale; una più bassa temperatura
48
può indicare un precedente lavaggio della stessa o che
essa sia povera di alcol; una temperatura superiore
indica che si tratta di vinaccia in fermentazione. Se i
vinaccioli fuoriescono facilmente al semplice tatto, la
vinaccia ha un alto grado di essiccamento, mentre
quella uscita da torchi continui e quindi sottoposta ad
alte pressioni e a movimenti di tensione radiale,
presenta la formazione di panelli che sembrano veri e
propri agglomerati difficilmente disgregabili.
Criterio base dell’assegnazione delle vinacce in
una determinata area, deve essere l’equa ripartizione
in rapporto alle rispettive capacità lavorative,
cercando di conseguire la massima economia nei
trasporti e di facilitare la consegna dai vinificatori.
Dal momento che la distil lazione si protrae per
quattro o cinque mesi e la massa di vinacce da
distil lare è notevole, si pone al distil latore il problema
di una corretta conservazione e insilamento delle
stesse.16
3.2 Corretta fermentazione e conservazione
dell’ insilato.
I l distil lato di vinaccia deve essere sempre più
tipizzato in funzione della zona d’origine e della
varietà d’uva da cui deriva, esso deve anche adeguarsi
all’evolversi delle esigenze igieniche e edonistiche del
consumatore. Si richiede sempre di più ad un distillato
proposto per la degustazione, assenza di difetti di
natura visiva, finezza e franchezza olfattiva,
morbidezza nel gusto in un’armonia d’insieme gusto-
olfattiva ed un sempre minor contenuto di sostanze
insalubri.
16 P.G. Garoglio (1973) “Enciclopedia Vitivinicola”; vol. 8; Ed. Scientifiche
49
La grappa di qualità si ottiene solo da vinacce
alquanto “umide”, correttamente fermentate e
conservate per tempi limitati. Modifiche agli impianti
di distil lazione, soprattutto se di tipo discontinuo,
possono contribuire solo a migliorare un prodotto già
potenzialmente di buon livello, non certo a
trasformare una materia prima alterata in un distillato
di qualità accettabile.
La vinaccia viene insilata di solito in vasche
interrate di cemento rivestite di resine epossidiche per
uso alimentare oppure, più recentemente, in recipienti
di superficie quali vasche in vetroresina o serbatoi
d'acciaio con coperchio mobile o semplici contenitori
pallettizzabili.
Nel caso della vinaccia fermentata si ha solo un
insilamento “di sosta” in attesa della distil lazione. In
questo caso, va evitata innanzi tutto l’acescenza negli
strati superficiali con una loro idonea protezione
dall’aria con telo di nylon ben compresso da uno
strato di sabbia, dopo aver fatto solo una leggerissima
solfitazione in superficie con metabisolfito di
potassio. In secondo luogo va inibita, l imitando, per
l’appunto, il periodo di sosta prima della distil lazione,
l’ insorgenza, con il protrarsi dell’ insilamento, di
alterazioni batteriche connesse con un ulteriore
aumento di pH dovuto ad eventuale fermentazione
malolattica ed all ’apporto al l iquido di sali dagli strati
cellulari più prossimi alle bucce e dai raspi nel
procedere dell’equilibrio di diffusione. Al momento
della distil lazione va comunque controllata, anche
semplicemente odorando, l’eventuale presenza di
acescenza negli strati potenzialmente a contatto con
l’aria al fine di regolare, di conseguenza, il taglio di
testa (asportazione dell’odore di aceto dato
dall’acetato di etile) e di coda (asportazione
dell’acido acetico che causa nel distil lato bruciore al
50
gusto) incrementandolo, nel caso di tale difetto, e non
riciclando dette frazioni.
La particolare cura che si deve prestare alle altre
due tipologie di vinaccia, quella vergine e quella
parzialmente fermentata, è soprattutto legata al
favorirne, rispettivamente, la corretta fermentazione o
l’esaurimento della stessa.
Primario è l’ interesse di ottenere la massima resa
in alcol e quindi la necessità di evitare delle
fermentazioni batteriche degli zuccheri che portino a
formazione di mannite o di acido lattico,
accompagnato da acido acetico e da altri prodotti
secondari, o di acido butirrico e suoi derivati per
opera di batteri del genere Clostridium.
L’instaurarsi di tali fermentazioni è sempre
accompagnato da nette anomalie organolettiche con
odori putridi marcanti, generalmente, anche da acido
solfidrico e mercaptani, composti che a loro volta si
possono incrementare per residui di zolfo sulla
vinaccia da trattamenti anticrittogamici.
Alterazioni nel normale quadro fermentativo sono
evidenziate macroscopicamente già tramite un’analisi
gascromatografica con colonna impaccata
dall’ incremento degli alcoli propilico e/o n-butil ico e
del butirrato di etile, e/o dalla formazione di 2-
butanolo a partire dal 2,3-butilenglicole, attraverso
l’ intermedio 2-butanone, per opera di particolari
lattobacill i.
Un particolare incremento si verifica negli strati
più profondi, dove si realizzano condizioni di
anaerobiosi più spinta e vi è maggiore presenza di
l iquido di ristagno e quindi un miglior substrato di
coltura per i batteri. Un passo essenziale per limitare
detto fenomeno è già un adeguato scolo del vinello da
vinaccia che dovrà, comunque, essere sottoposto
anch’esso, così come la vinaccia, ad ulteriori
appropriate “cure”. La distil lazione in sé e la presenza
51
di parti in rame dell’alambicco possono attenuare le
note più negative, quelle di putrido e di acido
butirrico –disti l labile parzialmente nelle code-, ma
non ad annullare né, tantomeno, ad eliminare la parte
anomala dell’usuale profilo gascromatografico del
distil lato, che rimane indice del fenomeno stesso.
Fra le alterazioni batteriche importanti ai fini
organolettici cit iamo anche quella a carico della
glicerina con produzione di acroleina –prodotto
lacrimogeno- e di alcol alli l ico, nonché quelle relative
a trasformazioni dei macrocostituenti del mosto e del
vino, oltre all’acido malico, quali l ’acido tartarico,
l’acido citrico e l’acido succinico, per processi
favoriti dall’elevato pH del mezzo e generanti note
acetiche e lattiche.
Come ovviare a queste alterazioni escludendo il
ricorso all’anidride solforosa?
Si può imporre un avvio deciso alla fermentazione
con abbondante inoculo di l ieviti secchi,
opportunamente moltiplicati ed irrorati sulla vinaccia
all’atto dell’ insilamento, eventualmente aggiunti di
attivanti di fermentazione, come il solfato
biammonico. Si assicura in tal modo una dominanza
della fermentazione alcolica su altri biochimismi di
trasformazione degli zuccheri.
È necessario dar corso tuttavia, entro brevissimo
tempo, alla distil lazione, prima che abbiano luogo
comunque attacchi batterici sugli zuccheri residui e
sui composti sopracitati.
Oppure si può imporre al substrato, tramite
l’acidif icazione della vinaccia con acidi forti, un pH
che sfavorisca fermentazioni batteriche, ma non quelle
dei lieviti.
Si acidifica con le adeguate precauzioni, più
comunemente con acido fosforico diluito in acqua,
irrorando uniformemente la vinaccia.
52
Oltre ad un assai rilevante miglioramento della
franchezza e finezza dell’aroma, si consegue un altro
fatto importante, la sensibile diminuzione del tenore
di alcol metilico.17
3.3 Definizione della distil lazione.
La distil lazione, per la fisica, è quell’operazione
che consente di separare due composti aventi volatil ità
diversa mediante la trasformazione dei medesimi in
vapore e la successiva condensazione. Per il
grappaiolo le cose sono un pochino più complicate
perché di sostanze a diversa volatil ità da separare, in
quel miscuglio chiamato vinaccia, non ne ha solo due,
ma alcune centinaia. Per lui la distil lazione ha quindi
una definizione diversa: è quell’operazione che
consente di l iberare dalla vinaccia i componenti
volatil i concentrando la frazione alcolica e le sostanze
aromatiche di pregio –separandole quindi da quelle di
cattivo gusto- al fine di ottenere una bevanda
organoletticamente gradevole.
Nella sua diffici le missione poteva essere molto
aiutato da chi ha semplificato il discorso dicendo che
l’alcol bolle a 78,4°C e l’acqua a 100°C per cui prima
evapora l’alcol e poi l’acqua. E così via per tutti gli
altri costituenti volatil i. Ma, se così fosse, sarebbe
sufficiente controllare con precisione la temperatura
del liquido in caldaia e, conoscendo l’esatto punto di
eboll izione di ogni componente, girare il rubinetto al
momento giusto.
La separazione dei liquidi sulla base della
temperatura di ebollizione diversa ha luogo solo se
sono immiscibili . Quando sono miscibili i l fenomeno
si complica perché la separazione è funzione non solo
17 G. Versini (1995) “Elaborazione di Grappe di Qualità: Criteri da seguire”; Grappa Ric. ‘95
53
delle temperature, ma dall’affinità delle sostanze
sciolte nel liquido maggioritario o solvente (nel caso
della vinaccia l’acqua). Le difficoltà che si
riscontrano sono quelle di separare l’alcol metil ico
perché praticamente affine all’acqua e all’etanolo,
l’acetaldeide dall ’acqua (punto di eboll izione 21°C) e
infine altre sostanze che formano miscele, con l’alcol
etil ico e qualche altro alcol superiore, a punto di
eboll izione inferiore a ciascuna delle singole sostanze.
Per comprendere quanto sempliciotta e poco
fondata sia questa teoria basti pensare che nella
grappa c’è, ad esempio, del caprilato di etile che ha un
punto di ebollizione di 244°C. Ed è solo uno dei tanti
componenti presenti che bolle oltre i 100°C.
Le cose cambiano d’aspetto se si pensa che la
distil lazione di un sistema complesso come la vinaccia
comporta:
- fenomeni di trascinamento o strippaggio di
determinati componenti che sfuggono alle leggi
fisiche dell’evaporazione;
- variazione, durante il decorso della distil lazione e
sui diversi punti dell ’alambicco, della
composizione dei liquidi o del vapore con
conseguente mutamento di comportamento di uno o
più componenti che tendano a solubilizzarsi o a
insolubilizzarsi e quindi, indipendentemente dal
loro punto di ebollizione, passano nel distil lato;
- la genesi di nuove sostanze dovute a una serie di
reazioni tra i numerosi componenti resi molto
reattivi dalla loro trasformazione allo stadio di
vapore.
Il processo di distil lazione della vinaccia, inteso
come esaurimento della componente volatile utile,
concentrazione della frazione alcolica e concomitante
selezione delle sostanze organoletticamente buone, è
condizionato da:
- i l t ipo di materia prima che si pone in distil lazione;
54
- I l tipo e la geometria dell’ impianto di distil lazione;
- La conduzione della distil lazione medesima e
quindi dall’uomo che vi opera, sia esso seduto nella
stanza dei bottoni o a stretto contatto con
l'alambicco.
Questi elementi, frutto di una storica evoluzione
promossa da nuove conoscenze tecnologiche e da
mutate esigenze di gusto, sono così cambiati nel
tempo da stravolgere i concetti classici della
distil lazione e quindi quell 'atmosfera serena in cui
tutti erano in grado di dissertare di teste, di code e
cuore.18
3.4 Disti l lazione.
Con il termine “distil lazione” si identifica
quell’operazione fisica, mediante la quale si separano
alcune sostanze che vengono trasformate in vapore per
poi essere ricondensate. L’operazione viene compiuta
tramite il calore, con il quale si vaporizzano i l iquidi,
e il freddo, che li ricondensa. Nel caso di un
miscuglio acqua-alcol, alla pressione atmosferica,
l’acqua bolle a 100°C mentre l’alcol etil ico bolle a
78,4°C; di conseguenza i vapori che si sprigionano
dalla miscela in eboll izione contengono più alcol della
miscela stessa.
Ne deriva che quando tutto l’alcol si sarà
trasformato in vapore e verrà ricondensato, nella
caldaia ci sarà ancora acqua. Il distil lato avrà quindi
un grado alcolico superiore a quello della miscela che
l’ha originato.
Il punto di ebollizione di una miscela idroalcolica
è intermedio rispetto a quello dell’acqua e dell’alcol;
18 L. Odello (1997) “Grappa : Analisi sensoriale & tecnologica”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori
55
sarà tanto più vicino a quello di quest’ultimo quanto
maggiore sarà la ricchezza alcolica della miscela.
Capovolgendo il concetto si deduce che dal punto di
eboll izione di una miscela idroalcolica si può risalire
al suo grado alcolico.
La temperatura di ebollizione di una soluzione
idroalcolica a composizione costante, si alzerà man
mano che questa perderà alcol.
Duclaux ha praticamente calcolato la percentuale
di miscela che occorre distil lare per esaurire tutto
l’alcol presente a seconda del grado alcolico della
miscela di partenza:
- miscela con 2-5°: occorre distil lare il 40%;
- miscela con 10-15°: occorre distil lare il 60%;
- miscela con 20-30°: occorre distil lare il 70%;
- miscela con 40°: occorre distil lare l’80%.
Poniamo il caso di voler distil lare 100 litri di vino
a 10° esaurendo via via le miscele di tutto l’alcol che
contengono. Con una prima distil lazione otterremo 60
litri di distil lato a 16°, con la seconda otterremo 36
litri di distil lato a 27°, con la terza ricaveremo
finalmente 25 litr i di distil lato a 40°.
Da questo esempio emergono due considerazioni:
la prima è che nella distil lazione artigianale non è
conveniente esaurire completamente l’alcol presente
nella miscela. La seconda, ancor più importante, è che
occorre concentrare al massimo i vapori alcolici prima
di condensarli, in modo da ridurre il numero delle
distil lazioni che servono per ottenere un distil lato di
una certa gradazione. Questo processo si chiama
DEFLEMMAZIONE ed avviene già in parte
all’ interno dell’alambicco. I vapori alcolici che si
formano una volta raggiunta una certa temperatura,
iniziano il loro moto ascensionale nella caldaia;
quando arrivano a contatto dell’elmo posto a chiusura
della caldaia –e ancora freddo- si condensano e
ricadono nella massa sottostante della miscela. Dei
56
vapori che avevano raggiunto l’elmo si condenserà
molta più acqua che non alcol, per cui i vapori che
transiteranno nel serpentino avranno una gradazione
alcolica superiore a quelli che si erano formati in
caldaia.
Proseguendo nella distil lazione, l’elmo si scalderà
e non riuscirà più a concentrare i vapori alcolici,
pertanto debbono essere util izzati degli appositi
apparecchi, detti “deflemmatori”.19
I deflemmatori più semplici, adatti alla
distil lazione artigianale, sono i seguenti:
- la lente deflemmatrice Deroy: la superficie
superiore della lente è mantenuta fredda da una tela
imbevuta d’acqua (FIG. 1);
-
FIG. 1: Alambicco deflemmatore Deroy (Fonte: G.
Meloni “L’industria dell’alcole”)
- la sfera di Egrot è composta da due sfere
concentriche: quella interna si riempie di acqua
fredda che viene rinnovata e forma con quella
57
esterna un’intercapedine in cui transitano i vapori.
Questi entrano nella parte inferiore della sfera e
trovano via d’uscita solo in quella superiore. Sono
quindi costretti a lambire totalmente la fredda
superficie metallica. Quelli a più alto punto di
eboll izione si condensano e ricadono in caldaia. I
più leggeri trovano sfogo nel condotto che porta al
refrigerante e vengono condensati in acquavite
(FIG.2);
FIG. 2: La sfera di Egrot (Fonte: G. Meloni
“L’industria dell’alcole”)
- i l deflemmatore ad aria di Da Ponte: sotto il
coperchio è posta una lente per una prima
19 L. Odello (1997) “Grappa: Analisi sensoriale & tecnologica”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori
58
deflemmazione, mentre all’uscita dalla caldaia il
serpentino si svolge libero nell’aria così da
procedere a una seconda concentrazione alcolica.20
Negli impianti industrial i la deflemmazione è così
completa che i vapori che si condensano raggiungono
anche 95° alcol.
Nella distil lazione artigianale non occorre arrivare
a queste concentrazioni alcoliche: l’obiettivo è di
arrivare ai 50-60°, per cui non sono necessarie
attrezzature complicate e costose come le colonne a
piatti.
Poiché la vinaccia, oltre ad acqua e alcol, contiene
numerosissime altre sostanze volatil i che, se passano
nella grappa in quantità modeste, le conferiscono
tipicità e finezza, mentre se superano un certo limite,
la deprezzano irrimediabilmente o la rendono
addirittura fisiologicamente dannosa, è necessario
precedere ad una separazione delle sostanze volati li di
pregio da quelle vili tramite la RETTIFICAZIONE.
Negli impianti industriali formati da colonne a
piatti (FIG.3) la rettif icazione avviene in modo
continuo, nella pratica artigianale si esegue invece
dividendo la grappa, in fase di distil lazione, in tre
frazioni: teste, cuore, code.21
TESTE: sono per lo più formate dalle sostanze
volatil i che hanno un punto di ebollizione inferiore a
quello dell’alcol etil ico, ma anche da altre (alcoli
superiori ed esteri) che formano fra loro miscele che
distil lano a basso punto di ebollizione. Nella
distil lazione discontinua rappresentano la prima
frazione di l iquido che esce dal refrigerante. Con
un’esatta separazione della frazione di testa,
sacrificando un po' di alcol etil ico, si elimina parte
dell’acetato di etile, che nei distil lati è il maggior
20 G. Meloni (1952-58) “L’industria dell’Alcole”; Ed. Hoepli 21 L. Odello (1997) “Grappa: Analisi sensoriale & tecnologica”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori
59
responsabile dell’odore acetoso e, anche se in
proporzioni minori, l ’acetaldeide che comunica alla
grappa, insieme con altri elementi, i l sentore di erba.
Lo scarto di appena 4°C tra la temperatura di
eboll izione dell’acetato di etile e quella dell’alcol
etil ico, spiega come siano così frequenti i distil lati
con odore acetoso e quanta importanza abbia evitare
le fermentazioni acetiche delle vinacce.
CORPO o CUORE: comprende la parte finale
positiva della “frazione di testa” che contiene molti
aromi fruttati; la parte a gradazione alcolica maggiore
della distil lazione, che contiene disciolti soprattutto
alcoli alquanto ininfluenti sotto il profilo aromatico;
la parte iniziale della “frazione di coda” ove, in
corrispondenza dell’ inizio della diminuzione del
grado, passano ancora altre impurità nobili, residue di
quelle non passate all’ inizio della distil lazione e
favorite da una diversa condizione di temperatura. Se
le vinacce non hanno subito alterazioni, questi
composti sono presenti in quantità limitata e non
nuocciono alla grappa, anzi fanno parte del suo
bagaglio tipico.
CODE: sono prevalentemente composte dai
costituenti volatil i che bollono a temperature
relativamente maggiori e che non hanno mostrato
“affinità” né con alcol, né con altri costituenti. Sono
prevalentemente costituite da acidi, composti con
anell i fenolici (alcol difeniletil ico e relativo acetato,
il fufurolo) e altr i esteri (lattato di etile). Gli acidi, in
particolare l’acido acetico che conferisce un sapore
pungente alla grappa ed eventualmente l’acido
butirrico, devono essere separati con molta attenzione
perché riescono ad arrivare nel distil lato passando
soprattutto in testa e in coda anche se nessuno di essi
ha un punto di ebollizione inferiore ai 100°C.22
22 L. Odello (1997) “Grappa: Analisi sensoriale & tecnologia”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori
60
FIG.3: schema della colonna classica di distil lazione a
piatti e particolare indicativo dei piatti e del loro
funzionamento (Fonte: G. Meloni “L’industria
dell’alcole”)
3.5 Impianti di distil lazione.
61
In origine gli impianti di produzione della grappa
erano costituiti da semplici alambicchi a fuoco diretto,
le cui parti essenziali erano le seguenti:
- fonte di calore: la più valida attualmente per un
alambicco artigianale è costituita dal fornello a gas
che consente di avere una buona regolazione della
quantità di calore da erogare;
- caldaia: deve essere costruita in rame (con
l’esclusione di questo metallo dall’ impianto si
hanno prodotti organoletticamente meno gradevoli)
o in acciaio inox. Materiale quale il ferro non è
adatto in quanto è facilmente aggredibile dagli
acidi delle vinacce e, oltre ad avere una vita
relativamente breve, corrodendosi diventa
difficilmente pulibile. I residui che rimangono
attaccati alla parete possono decomporsi sia durante
il periodo di inattività dell’apparecchio sia durante
la distil lazione, producendo composti che possono
alterare le caratteristiche organolettiche della
grappa. Proprio per facilitare le operazioni di
pulizia, la caldaia non deve avere spigoli vivi e
deve avere il fondo leggermente bombato per poter
distribuire meglio il calore. La chiusura del
coperchio deve essere ermetica per evitare fughe di
vapore, ma se non esiste valvola di sicurezza, il
coperchio non deve essere fissato in modo che la
caldaia possa andare in pressione e scoppiare;
- coperchio della caldaia detto anche capitello, elmo,
duomo; può essere piano (se su di esso si fa
scorrere l’acqua per avere una migliore
deflemmazione), a forma troncoconica o di pera.
Quando non esiste altra forma di deflemmazione, è
bene che l’elmo della caldaia abbia la più grande
superficie possibile esposta all’aria in modo che i
vapori siano costretti a incontrarla per la massima
parte. Le forme ad imbuto rovesciato, meglio
ancora a pera, raggiungono bene questo scopo. Per
62
la costruzione del coperchio vanno bene gli stessi
materiali indicati per la caldaia e cioè il rame e
acciaio inox. Se esiste la valvola di sicurezza,
l’elmo si può fissare sulla caldaia tramite galletti ,
oppure in modo molto rudimentale, con pasta di
farina, argilla, stucchi termoresistenti non
indurenti;
- deflemmatore che negli alambicchi semplici i più
usati sono la sfera di Egrot e la lente di Deroy, già
indicati in precedenza;
- collo di cigno è il tubo che congiunge la caldaia o il
deflemmatore con il serpentino refrigerante; per la
sua costruzione si presta bene il rame. Quando non
esiste il deflemmatore, è bene che il collo di cigno
sia abbastanza sviluppato in quanto deve svolgere
anche la funzione di arricchimento dei vapori;
- refrigerante è composto di due parti: i l serpentino e
il recipiente in cui è racchiuso. Il serpentino va
costruito in rame, la sua lunghezza e il suo
diametro variano in funzione della capacità della
caldaia, della temperatura dell’acqua di
raffreddamento e della quantità disponibile di
acqua. Il recipiente che contiene il serpentino può
anche essere di metallo diverso dal rame, come ad
esempio il ferro; non è consigliabile il legno perché
disperde male il calore e quindi porta ad un
maggior consumo d’acqua.23
3.6 I sistemi di distil lazione delle vinacce: la
distil lazione discontinua.
23 L. Odello (1997) “Grappa: Analisi sensoriale & tecnologica”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori
63
La distil lazione discontinua delle vinacce consiste
nella intermittente alimentazione dell’apparecchio di
frazionamento (alambicco) con una quantità
prestabilita di prodotto grezzo (vinacce) e nella
intermittente separazione ed estrazione del prodotto
distil lato (grappa).
Generalmente un apparecchio discontinuo è
caratterizzato da una caldaia comunicante o no con
una colonna di rif lusso, che viene riempita delle
vinacce da disti l lare in quantità prestabilita e che
viene riscaldata con temperature crescenti dal
principio alla fine dell’operazione.
Nella distil lazione discontinua il riscaldamento
può essere effettuato a fuoco diretto, a bagnomaria ed
a vapore, con netta prevalenza degli ultimi due
sistemi, in quanto prevengono la bruciatura delle
vinacce e il conseguente passaggio di aromi
indesiderati nel distil lato.
Da principio si l iberano dalla materia prima
contenuta in caldaia i componenti più volatil i: i vapori
vengono raccolti a parte, in recipienti posti sotto un
refrigerante, generalmente ad acqua.
Per procedere alla separazione dei diversi
componenti (rettif icazione) bisogna aumentare la
temperatura di riscaldamento della caldaia e la
distil lazione si arresta quando si è giunti
all’evaporazione di una certa quantità della materia
alcolica inizialmente introdotta in caldaia.
In questo modo si compie quella che
comunemente si chiama una “cotta”.
Esaurita la materia prima (la vinaccia), si scarica
la caldaia del residuo, la si riempie di nuovo con altra
materia prima e si fa un’altra cotta; e così si procede
per le disti l lazioni successive.
3.7 Gli apparecchi per la distil lazione discontinua.
64
Nelle piccole distil lerie si usano gli apparecchi di
più semplice concezione come Deroy, Egrot e simili, a
fuoco diretto o a insufflaggio di vapore.
Sono, però, molto diffusi gli alambicchi composti,
cioè collegati tra loro in batteria in modo da creare
una continuità di afflusso di vapori alcolici alla
colonna di concentrazione.
Gli alambicchi composti possono essere
raggruppati in due principali categorie:
1) alambicchi composti a vinacce “immerse”;
2) alambicchi composti a vinacce “emerse”.
- Alambicco semplice Deroy a fuoco diretto.
L’apparecchio in esame è costituito di una caldaia
o cucurbita che viene riempita delle vinacce
fresche e scaldata a fuoco diretto dal focolare a
carbone o a legna. Un rubinetto permette lo scarico
delle vinacce esauste (borlande) alla fine
dell’operazione. Un serpentino contenuto nel
recipiente metall ico, in cui circola acqua fredda e
con il quale forma il condensatore refrigerante,
costituisce la seconda parte dell’alambicco.
Il distil lato fuoriesce dal rubinetto posto alla base
del condensatore.
- Alambicco semplice con deflemmatore sferico
Egrot a fuoco diretto.
È un apparecchio simile al precedente ma con un
deflemmatore particolare, la sfera di Egrot, della
quale abbiamo già scritto a proposito della
deflemmazione.
1) Alambicchi composti a vinacce immerse.
Alambicco a testa fredda: è un apparecchio a fuoco
diretto a vinaccia sommersa (FIG.4): è costituito da
una caldaia A, chiusa in un fornello in muratura,
munita di un duomo d per la raccolta dei vapori che
sono convogliati, per mezzo di un tubo ricurvo t sul
65
fondo della colonna deflemmatrice D composta da
6 a 7 piatti a campanelle.
La testa della colonna E è raffreddata ad acqua.
L’impianto è completato da un condensatore S, da
una cassa flemme F e dal refrigerante finale R, al
quale è collegata la provetta per il controllo del
grado b.
Dopo aver caricato la caldaia della vinaccia, si
aggiunge acqua e regolando il fuoco si porta ad
eboll izione. I vapori che si sviluppano salgono nel
duomo e per mezzo di un tubo sono convogliati
nell’ebollitore della colonna, dove mettono in
eboll izione le flemme della cotta precedente che
erano state raggruppate nella cassa flemme. I
vapori sviluppatisi salgono attraverso la colonna
arricchendosi di grado e sono ulteriormente
deflemmati giungendo a contatto delle pareti fredde
della testa della colonna, che è raffreddata con
acqua.
Dalla testa i vapori passano nel condensatore a
serpentina ove i l prodotto che si condensa nelle
prime spire può essere rimandato in colonna.
Continuando nel loro percorso, tutti i vapori si
condensano e, all’uscita del condensatore, possono
essere deviati o alla cassa flemme o nel secondo
refrigerante a serpentina per l’ultimo
raffreddamento. Quando la vinaccia è esaurita si
scarica la caldaia dell’acqua residua e si sostituisce
la vinaccia con altra fresca. Contemporaneamente
si svuota il bollitore della colonna del liquido
ormai esaurito e si introduce il l iquido alcolico
contenuto nella cassa flemme.
66
Con questo impianto si possono distil lare 25 q.li di
vinaccia nelle 24 ore.
FIG. 4: Alambicco composto a testa fredda (Fonte:
G. Meloni “L’industria dell’alcole”)
Alambicco napoletano: anche questo funziona a
fuoco diretto (FIG. 5) e le vinacce sono sommerse.
Ha avuto molta diffusione nell’Italia meridionale,
ed è costituito da quattro caldaie A B C D e da una
colonna di deflemmazione P, tutte munite di un
fornello in muratura F per il riscaldamento. Le
caldaie A B C sono collegate con un proprio
condensatore R e la flemma alcolica va per caduta
nella camera superiore del bollitore M della
colonna.
La quarta caldaia D è senza condensatore: i vapori
sono convogliati nella camera superiore del
bollitore e servono a mettere in ebollizione la
flemma prodotta dalle prime tre caldaie.
67
Quando la vinaccia della quarta caldaia è esaurita
si continua la distil lazione riscaldando direttamente
la colonna per mezzo dell’apposito fornello. Il
bollitore della colonna è diviso in due camere M e
N: in quella superiore M si raccolgono le flemme
alcoliche provenienti dai condensatori delle prime
tre caldaie ed in quella inferiore N vengono
immesse le flemme della camera superiore quando
queste sono quasi esaurite.
Il vapore che si sprigiona nella camera inferiore
passa in quella superiore per mezzo di un tubo
ricurvo immerso nel liquido.
La colonna è dotata di un adeguato numero di piatt i
e di condensatore di testa per migliorare la
deflemmazione. Un secondo condensatore a
serpentina permette il ritorno in colonna del primo
liquido che si condensa.
Non è prevista la cassa flemme perché le code si
cerca di separarle passandole dalla camera
superiore del bollitore a quella inferiore ove,
bollendo, si esauriscono e sono scaricate prima di
intraprendere un’altra cotta.
Ogni cotta dura 6 ore e, nelle 24 ore, si possono
distil lare 95-100 q.li di vinaccia.
FIG. 5: Alambicco Napoletano (Fonte: G. Meloni
“L’industria dell’alcole”)
68
2) Alambicchi composti a vinacce emerse.
Negli apparecchi a vinacce immerse, dato che si
distil la una materia semisolida che pur essendo
immersa nell’acqua tende ad andare in fondo alla
caldaia, sono frequenti le bruciature con
produzione di sostanze empireumatiche e di
furfurolo ad odore e sapore sgradevoli, che passano
nelle acquaviti.
Per evitare questo inconveniente si suole dare la
preferenza ai così detti apparecchi a vinacce emerse
che evitano il contatto della vinaccia col fondo e
con le pareti della caldaia, eliminando altresì le
conseguenze della violenta ebollizione.
La caldaia dell’apparecchio Comboni è piuttosto
piccola dovendo contenere soltanto acqua; su di
essa è fissata la parte superiore a forma tronco-
conica, dove si colloca la vinaccia, suddividendola
in tre strati mediante piatti in rame bucherellati
provvisti di aste ed anelli di sospensione.
La parte superiore è completata da una corona
munita di galletti per il f issaggio del coperchio. Fra
le due parti è inserito un falso fondo.
L’apparecchio Da Ponte (FIG. 6) consiste in una
serie di caldaie Comboni: i vapori alcolici in uscita
dalle caldaie sono convogliati sul fondo del
bollitore della colonna di deflemmazione che ha
una camicia esterna nella quale si fa circolare
acqua per regolare la deflemmazione.
Completano l’apparecchio un refrigerante a
serpentina ed una cassa flemme per la separazione
delle teste e delle code.
Ogni cotta dura circa 40 minuti e, lavorando 24 ore
al giorno, si possono distil lare da 50 a 75 q.li di
vinaccia a seconda delle capacità delle caldaie.
69
FIG. 6: Apparecchio Da Ponte a vinacce emerse
Fonte: G. Meloni “L’industria dell ’alcole”)
Apparecchi a bagnomaria si possono considerare
come il termine di passaggio fra gli apparecchi a
fuoco diretto e quelli a vapore e sono caratterizzati
dall’avere la caldaia, contenente la vinaccia,
inserita in un’altra caldaia che contiene acqua
(FIG. 7).
Il riscaldamento dell’acqua viene effettuato a fuoco
diretto e quando l’acqua raggiunge l’ebollizione, il
vapore si raccoglie nella parte superiore della
caldaia e da essa, per mezzo di un tubo, viene
portato sul fondo della caldaia che contiene la
vinaccia. L’apparecchio è corredato di colonna
deflemmatrice munita di condensatore in testa per
migliorare la deflemmazione, più il solito
70
refrigerante a serpentina e la cassa flemme per la
separazione delle teste e delle code.
Questo tipo di apparecchio può distil lare circa 60
q.li di vinaccia nelle 24 ore.
FIG. 7: Apparecchio a Bagnomaria per acquaviti
(Fonte: G. Meloni “L’industria dell’alcole”)
Apparecchi a vapore hanno la caratteristica di
util izzare il vapore prodotto in apposita caldaia,
consentendo una lavorazione intermittente ma a
tempi ristretti e con afflusso di vapori alcolici in
colonna più regolare.
L’apparecchio più diffuso in Italia settentrionale è
quello tipo Erba (FIG. 8). Esso è costituito da tre (o
più) caldaie A B C o alambicchi di forma tronco-
conica collegati in serie in modo tale che il vapore
alcolico che si sviluppa dal primo di essi possa
essere inviato nel fondo del secondo alambicco e da
questo, dopo averlo attraversato, arrivare alla
colonna deflemmatrice D. Il terzo alambicco nel
frattempo viene scaricato e poi subito caricato con
vinaccia fresca.
71
Questo doppio passaggio di vapore consente di
esaurire al massimo le vinacce, producendo vapori
più concentrati e meno impurezze. Infatti i vapori
che escono dal primo alambicco in via di
esaurimento, sono carichi di impurezze e a contatto
della vinaccia del secondo alambicco si condensano
in parte, per differenza di temperatura. È la
vinaccia stessa che opera una prima
deflemmazione. L’apparecchio è completato dalla
colonna deflemmatrice D e da un doppio
refrigerante G-H per la condensazione e i l
raffreddamento del distil lato.
L’impianto può essere ingrandito con altri gruppi
di tre alambicchi per cui, sfalsando i tempi di
distil lazione, si ha un flusso costante di vapori in
colonna.
Variando il numero degli alambicchi e la loro
capacità si possono distil lare da 200 a 1000 q.li di
vinaccia in 24 ore.24
FIG. 8: Apparecchio a vapore tipo Erba (Fonte: G.
Meloni “L’industria dell’alcole”)
24 G. Meloni (1952-58) “L’industria dell’Alcole”; Ed. Hoepli
72
3.7.1 Sistema di distil lazione della Distil leria G.B.
Poli.
La distil leria G.B. Poli opera con un antico
alambicco completamente in rame, fra i pochissimi
ancora esistenti, composto da caldaiette a vapore a
ciclo discontinuo. Ciò significa che le vinacce
vengono caricate nelle caldaiette e distil late (viene
fatta la cosiddetta “cotta”); dopo circa tre ore, esaurita
la materia prima, si scaricano le caldaiette, che
vengono riempite di nuovo con vinacce fresche,
pronte per un’altra cotta.
È un alambicco artigianale adatto a distil lare
solamente piccole quantità, ma senza dubbio è quanto
di meglio esista se si considera la qualità del distil lato
che si riesce ad ottenere.
È un metodo di distil lazione assai oneroso perché
richiede molta manodopera: all ’ inizio del secolo,
quando l’ impianto fu progettato, il problema del costo
della manodopera non esisteva; la Distil leria dava
lavoro a circa 40 persone e tutte pranzavano attorno
ad una grande tavola insieme alla famiglia Poli. Oggi
invece il costo del lavoro è molto alto e per questo
motivo, a partire dagli anni ’60, sono stati costruiti
impianti di distil lazione industriale completamente
automatici che in una sola giornata possono disti l lare
circa kg 300.000 di vinaccia (circa 15 camion), mentre
alla Poli se ne possono distil lare kg 15.000 (circa un
camion), ossia 20 volte di meno.
L’util izzo di un impianto industriale o artigianale
è uno dei fattori che spiegano il motivo per cui ci
sono Grappe che costano poco e Grappe che valgono
molto.
Va detto tuttavia che i maggiori costi di
produzione degli impianti artigianali sono compensati
da una migliore qualità, ed è per questo motivo che la
73
famiglia Poli ha voluto rimanere fedele sempre allo
stesso storico alambicco, quello originale impiantato
da GioBatta, seguendo però uno stile produttivo
diverso, al fine di ottenere un distil lato più adatto al
gusto sociale di oggi.25
3.8 La distil lazione continua.
La disti l lazione continua delle vinacce consiste in
una ininterrotta alimentazione dell’apparecchio di
frazionamento con la materia prima, e in una
ininterrotta separazione delle diverse frazioni, più
o meno volatil i, in determinati punti dell’ impianto.
Gli apparecchi discontinui imperarono fino agli
anni ’60 quando si naturalizzò in Italia un
apparecchio proveniente dagli USA, in grado di
distil lare in continuo la vinaccia. Scoppiò la
polemica tra modernisti e tradizionalisti: i primi
sostenevano che distil lando in continuo si poteva
rendere più economica la produzione della grappa e
quindi favorirne la diffusione in Italia e all’estero;
i secondi controbattevano che era un tradimento
della tradizione, era la negazione di uno dei
simboli classici della grappa e da più parti si
criticava l’alambicco continuo per la qualità
dell’acquavite che originava.
Nonostante tutto l’alambicco prese piede e, oggi,
grossa parte della produzione è ottenuta con questo
metodo di distil lazione.
Gli impianti hanno una potenzialità di 500-1000
q.li di vinaccia in 24 ore. Questa si carica in un
dosatore che alimenta l ’apparecchio in
25 Informazioni gentilmente offerte dal Sig. J. Poli
74
corrispondenza della tramoggia superiore di
caricamento.
Un dosatore, a portata variabile, provvede ad
immettere la vinaccia nella sezione di pre-
riscaldamento, che incontra i vapori alcolici
ascendenti.
La vinaccia viene poi trasferita nella camera di
distil lazione nella quale viene pure immesso,
attraverso l’ intercapedine di distribuzione, il
vapore vivo.
Regolando opportunamente il l ivello della vinaccia
nella camera, se ne determina il tempo di
permanenza nell’apparecchio e quindi l’ intensità di
contatto con il vapore. La vinaccia esausta viene
scaricata all’esterno dall’estrattore ed avviata alle
successive fasi di lavorazione.
Anche in questo apparecchio il vapore alcolico
viene condensato in un capace condensatore,
passando poi in un serbatoio volano che alimenta in
modo continuo l’ impianto di distil lazione composto
da due o tre colonne che permettono la separazione
della frazione detta “buon gusto” dalle teste e dalle
code.26
3.9 Operazioni successive alla distil lazione.
** Riduzione del grado alcolico.
La grappa - al pari di tutte le altre acquaviti - viene
prodotta a una gradazione molto più elevata di quella
di consumo. Ma perché sprecare così tante risorse
energetiche per ottenere elevate concentrazioni di
alcol etil ico se poi, per poter consumare l’acquavite,
75
dovremo diluirla con acqua? Il motivo è molto
semplice: più si alza la gradazione alcolica
dell’acquavite prima di estrarla dall’alambicco e
maggiori sono le possibilità di eliminare i componenti
volatil i sgradevoli.
Da questo si può facilmente dedurre che partendo
da una vinaccia eccezionale non è necessario ricavare
uno spirito molto alcolico (60-70° sono sufficienti),
mentre se si distil la una materia prima scadente, per
eliminare tutte le sostanze indesiderate, si dovrebbe
arrivare a 95° alcol e anche oltre.
Ecco perché per tutte le grandi acquaviti è posto
al distil latore un limite invalicabile: per la grappa è di
86°.
La riduzione del grado mediante taglio con acqua
particolare (ossia priva dei componenti che ne
costituiscono la durezza e organoletticamente di
assoluta neutralità –acqua distil lata-) è comunque
importante in quanto, con l’operazione, alcuni
componenti solubili in miscele ricche di alcol si
insolubilizzano divenendo facilmente separabili con
una semplice fil trazione, o con una chiarificazione.
Questo costituisce un vantaggio notevole per la
stabilità della grappa nel tempo, in quanto si
eliminano quantità apprezzabili di acidi quali i l
miristico, laurico, stearico, oleico, linoleico, linoleico
insieme ai relativi esteri formati con l’alcol etilico,
metil ico e amilico
Anche l’acetale in parte se ne va: non sopportando
l’acqua si idrolizza nei suoi costituenti di base, l’alcol
e l’aldeide. L’intensità di questo fenomeno è funzione
del pH.
- La stabilizzazione.
Con il trascorrere del tempo gli stessi componenti
descritt i precedentemente possono insolubilizzarsi e
intorbidire la grappa; occorre perciò eliminarli. Per
26 G. Meloni (1952-58) “L’industria dell’Alcole”; Ed. Hoepli
76
vari motivi inoltre, l’acquavite prodotta può
presentare difetti che devono essere rimediati. Per
raggiungere questi obbiettivi si possono eseguire le
seguenti operazioni:
CHIARIFICAZIONE, con la quale, per mezzo di
speciali prodotti mescolati al disti l lato, si ottiene il
f locculamento delle impurità presenti che vengono
a raccogliersi sul fondo e possono essere eliminate
facilmente;
REFRIGERAZIONE, ha lo scopo di favorire
l’ insolubilizzazione degli oli di flemma in modo da
poterli separare mediante filtrazione. Si porta la
grappa ad una temperatura variabile tra 5 e 15°C
sottozero per un periodo di almeno 48 ore e poi si
fi ltra con setti in grado di trattenere gli oli
insolubilizzati.
Alcuni produttori di grappa hanno installato
impianti di stabilizzazione in continuo. Sono
composti da un frigorifero capace di portare, con un
solo passaggio, l’acquavite alla temperatura voluta
e da un filtro ad alluvionaggio;
FILTRAZIONE, ha lo scopo di rendere la grappa
limpida trattenendo gli eventuali f locculi di
prodotti insolubil i e/o di chiarificante che non sono
precipitati e altri torbidi sospesi che
accidentalmente possono essere presenti. La
filtrazione può essere eseguita con filtri a carta o
con filtri a pressione che impiegano coadiuvanti di
fi ltrazione, oppure con strati f i ltranti preformati.
Nel primo caso si miscelano alla grappa coadiuvanti
complessi formati da cotone, cellulose e filtrine, in
ragione di uno o due grammi per litro, dopodiché si
fi ltra per caduta con un comune filtro a carta o a
tela. Nei fi ltri a pressione ad alluvionaggio si
costituisce un prepanello con i coadiuvanti appena
citati, e poi si inizia la fi ltrazione della grappa
77
addizionandola in continuo di 100-200 grammi per
ettolitro di questi stessi complessi.
Oggi esistono in commercio particolari coadiuvanti
di fi ltrazione ad elevato effetto adsorbente che sono
in grado di consentire una notevole stabilità della
grappa e parallelamente, un notevole ingentil imento
del gusto.
I f i ltri a pressione che impiegano strati f i ltranti
sono senza dubbio i più idonei per le piccole e le
medie produzioni. Si trovano in commercio strati di
ogni dimensione e di diversa permeabilità che si
adattano praticamente a tutti i tipi di fi ltri e alle
diverse difficoltà di fi ltrazione che presentano le
grappe.
In genere, per ottenere una buona qualità del
fi ltrato, occorre util izzare strati a media e bassa
permeabilità comunemente definit i bril lantanti.
** Riduzione del contenuto di anidride solforosa e di
acidità totale nel distil lato.
Un utile dispositivo per il contenimento
dell’anidride solforosa e dell’acidità volatile durante
la distil lazione è costituito, come proposto da
Defrancesco nel 1968, dall’ inserimento, negli
alambicchi discontinui, all’uscita della caldaia e
prima della colonna di rettif ica, di un contenitore di
pezzi di marmo adeguatamente sminuzzati. Essi
riescono a fissare parzialmente l’anidride solforosa
come solfito di calcio, ma anche a diminuire il
contenuto di acidità volatile neutralizzando l’acido
acetico.
In distil lazioni di confronto sul vino, operando
con l’ inserimento del marmo, si ha una diminuzione di
circa 5 volte del livello di anidride solforosa e di 3
volte di quello dell’acidità volatile.
78
È interessante osservare che, nel corso della
distil lazione, senza l’ impiego di detto accessorio, si
ha comunque una perdita dal 50 al 70% di anidride
solforosa e che essa passa soprattutto nelle teste. Il
fatto, già noto, ha indotto al posizionamento di un
idoneo sfiato prima della zona di condensa del
distil lato per favorire una consistente eliminazione
dell’anidride solforosa.
Per quanto riguarda i pezzi di marmo, occorre
tuttavia prestare attenzione affinché getti di l iquido
non vadano a bagnarli durante la distil lazione, con
conseguente dissoluzione del sale formatosi in altre
cotte, con liberazione e forte passaggio di anidride
solforosa in quel distil lato. È inoltre buona norma che,
i pezzi di marmo, siano sostituiti almeno alcune volte
nel corso della campagna distil latoria.
Tra i tanti problemi creati dall’anidride solforosa
vi è l’attacco del rame metallico della colonna, con
formazione di ione rameico che, avendo come contro
ione il solfato o acidi grassi, può passare nel distil lato
per trascinamento, specialmente se il processo avviene
nelle parti superiori della colonna stessa.
Il rame è notoriamente un elemento tossico e, se
presente in quantità rilevanti, indicativamente oltre i 5
mg/l alla gradazione di consumo, va eliminato dalla
grappa. A tal fine si può operare con coadiuvanti ad
azione adsorbente (caseinato di potassio) e, non senza
particolari attenzioni, con il trattamento al
ferrocianuro, tuttavia non previsto dalla normativa
vigente. Ricordiamo inoltre che la legislazione
comunitaria, recepita da quella italiana, prevede
l’assenza (< 10 mg/l) di anidride solforosa nei
distil lati.
Bisogna comunque osservare che una limitata
formazione di ioni rame alla superficie della colonna,
ha effetti positivi sulla qualità del prodotto poiché può
fissare tracce di acido solfidrico, nonché parte degli
79
acidi grassi liberati dalle cellule dei lieviti nel
riscaldamento in caldaia, formando saponi verdastri e
puzzolenti che rimangono appiccicati alla colonna e
che dovrebbero essere periodicamente rimossi. Nel
caso di vinacce a fecce con penetrante odore di acido
solfidrico, diventa indispensabile, del solfato di rame
che lo precipita come solfuro. Non altrettanto efficace
è tale aggiunta quando siano presenti mercaptani, che
formano sali meno insolubili con lo ione rameico, e
tantomeno in presenza dei loro eteri, i dialchisolfuri e
disolfuri, non complessabili dal rame. Una presenza di
questi ultimi, palesata da odore di crauti, sconsiglia la
stessa distil lazione, pena l’alterazione organolettica di
tutta la massa del distil lato in cui confluisce una pur
piccola parte così alterata. Si suggerisce, per evitare
l’ insorgenza di tali sostanze soprattutto nelle fecce, di
sollecitare alla cantina il loro conferimento e di
acidificarle immediatamente a pH intorno a 3,
prevedendo così alterazioni batteriche anaerobiche
che, in gran parte, le generano.
** Riduzione dell’acetaldeide e dell’acetato di etile.
Mentre l’acetato di etile può essere sensibilmente
ridotto nel distil lato con un marcato taglio delle teste,
poiché distil la quasi esclusivamente in esse –anche se,
così facendo, si asportano molti esteri bassobollenti
gradevoli a nota fruttata e composti di natura
terpenica- l’acidità volatile può essere diminuita con
un forte taglio nelle code - ma mai intervenendo con
una neutralizzazione delle vinacce con potassa prima
della distil lazione perché si ingenera
un’insopportabile nota di cenere nella grappa -
l’acetaldeide, pur con un punto di eboll izione di 21°C,
non si può separare nelle teste essendo molto affine
con le soluzioni idroalcoliche. La completa
eliminazione, così come quella di altre aldeidi a corta
80
catena e dell’acetato di etile insieme ad alcuni esteri a
basso peso molecolare fino al propionato di etile, si
raggiunge con l’ impiego della colonna demetilante,
fornita di un elevato numero di piatti e usualmente
impiegata, come dice il nome stesso, per la
diminuzione del contenuto di alcol metilico. Vista
l’ impossibilità per le piccole distil lerie di accedere a
questa colonna sia per il prezzo che per la necessità di
disporre di una certa quantità di distil lato per metterla
a regime, si è ideata nel Trentino una particolare
tecnologia di ridistil lazione di pratico impiego che
permette di mettere l’ impianto in condizioni operative
simili a quelle della colonna demetilante. Il distil lato
subisce un impoverimento intorno all ’80%
dell’acetaldeide e dell’acetato di etile ma non del
metanolo, migliorandosi decisamente senza perdere le
note positive, fruttato incluso, mascherate da tali
eccessi. Questa tecnica può realmente risolvere il
difetto di erbaceo, che si può presentare anche dopo
essersi attenuti ai migliori criteri conservativi delle
vinacce.27
3.10 L’invecchiamento della grappa.
L’invecchiamento della grappa non cominciò per
necessità ma per moda. È un’affermazione che ha un
contenuto polemico e, certamente, non dà una
fotografia fedele della realtà. Ma c’è del vero.
La grappa, quale acquavite ricavata dalla vinaccia
e quindi da una materia prima ricchissima d’aroma,
non necessita certo di interventi che ne amplificano il
quadro organolettico. E poi invecchiare grappa è
27 L. Odello (1997) “Grappa: Analisi sensoriale & tecnologia”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori
81
terribilmente difficile, in quanto l’esito del suo
matrimonio con il legno è imprevedibile e bizzarro. Si
corre di sovente il rischio di ottenere sovrapposizioni
d’aroma anziché fusioni e, non di rado, ci si può
trovare con dei bisticci organolettici che volgarizzano
in modo irreparabile il prodotto.
Ecco perché si adduce la responsabilità alla moda
di quegli anni.
Per invecchiamento si intende la conservazione
prolungata di un distil lato in fusti di legno, per lo più
rovere, che non abbiano subito impermeabilizzazione.
Secondo la legge italiana, per parlare di grappa
invecchiata è necessario che il prodotto sia sottoposto
ad un periodo di affinamento di almeno 12 mesi, di
cui almeno 6 in fusti di legno.
L’invecchiamento implica una serie di
trasformazioni, a carico del quadro aromatico,
prodotte da due fonti distinte e concomitanti: da un
lato la presa continua e costante di ossigeno
dall’ambiente circostante; dall’altro la
solubil izzazione di determinati composti del legno
che, degradati ed amalgamati con quelli preesistenti,
daranno origine a sensazioni olfattive e gustative
inedite. Il legno, essendo formato da un intreccio
fittissimo di fibre, consente un contatto tra aria e
acquavite; l’aria infatti, sollecitata dalla pressione
atmosferica, si infila nei pori del legno, mentre
l’acquavite si insinua nei canalicoli formati dalle fibre
e tenta di uscire. Una parte di acquavite vi riuscirà
trasformandosi in vapore e determinando una perdita
in grado ed in volume che dipende dalla capacità dei
fusti, dalla temperatura e dall’umidità dell’ambiente.
Queste perdite si aggirano normalmente attorno al
2,5% annuo in alcol anidro. Il contatto tra aria e
acquavite che così si determina, provoca l’ossidazione
di alcuni componenti per cui una parte degli alcoli si
trasforma in aldeidi e una percentuale delle aldeidi si
82
trasforma in acidi. Cambiano quindi le sensazioni
gustative in quanto aumenta l’acidità. Inoltre le
aldeidi si uniscono con gli alcoli formando gli acetali,
mentre gli acidi di neoformazione reagiscono con gli
alcoli originando nuovi esteri responsabili di ulteriori
sensazioni. Non meno importanti sono le cessioni alla
grappa di nuove sostanze derivate dai costituenti del
legno. Dalla lignina vengono cedute alcune aldeidi, tra
cui spicca la vanil l ina, acidi fenolici (quercina,
quercitrina e altr i tannini) e lattoni, tutti composti che
danno sensazioni olfattive dolci e a volte un po’
speziate. Dall’emicellulosa la grappa ricava
soprattutto zuccheri (xilosio, arabinosio, glucosio e
fruttosio) che sono i fautori della morbidezza delle
grappe di lungo invecchiamento. Naturalmente le
sostanze di neo- formazione, sia quelle derivate
dall’ossidazione che quelle estratte dal legno, tendono
a reagire tra loro creando nuove molecole odorose e
innescando un processo a catena nel quale sono
difficilmente prevedibili gli sviluppi e i risultati
f inali.
L’invecchiamento dell’acquavite di vinaccia
comporta delle difficoltà tali che, il mondo della
grappa si spaccò in due e ognuna delle due frazioni
scelse una strada diversa anche se coerente e non
antagonista.
La prima punta ad una specie di riposo attivo
dell’acquavite in cui i costituenti si amalgamano con
l’aiuto di una leggera partecipazione dell’ossigeno
fino a trovare un equilibrio organolettico più
armonico in cui la caratteristica nervosità
dell’acquavite di vinaccia lascia il posto a più pacate
emozioni. La seconda punta invece a più ambiziosi
traguardi: trasferire nel distil lato un aroma nuovo –
quello del legno- e fonderlo con quello preesistente in
un complesso unico e inimitabile, di notevole
ampiezza e mirabile articolazione. Naturalmente, tra
83
questi due estremi, ci sta tutta una serie di situazioni
intermedie non valutabili a priori ma solo con
l’apprezzamento sensoriale dell’acquavite.
Per l’acquavite si deve distinguere tra un breve
(piccolo) invecchiamento e un lungo (grande)
invecchiamento.
Nel caso del piccolo invecchiamento si dovrebbe
più propriamente parlare di affinamento nel legno: la
durata infatti è limitata a 6-12 mesi, le cessioni da
parte dei fusti sono minime e questi possono essere di
dimensioni notevoli e raggiungere anche i 6000 litri e
più di capacità. In questo modo la grappa raggiunge
una tinta paglierina o rimane bianca, il gusto si
armonizza e i profumi aumentano leggermente in
intensità e finezza.
Il grande invecchiamento consiste invece nel far
soggiornare l’acquavite in fusti di legno per periodi
che superano i 5 anni e possono arrivare anche a 15.
In questo caso, affinché avvenga una adeguata
estrazione di composti dal legno, è necessario che si
realizzi un certo rapporto tra superficie di contatto e
volume del liquido contenuto. È per questo che si
util izzano fusti piccoli con capienza massima di 700
litri ( i migliori risultati si ottengono però con fusti di
capienza pari a 200-300 litri con doghe piuttosto
spesse). Il prodotto risultante presenta un colore che
varia dal giallo paglierino al giallo dorato scarico, un
profumo nettamente più intenso, più etereo e più
armonico e un gusto rotondo (meno pungente) e senza
spigoli, con netto sentore di vaniglia.
Tra le altre cose, si deve poi anche tenere presente
che la vita di una botte è limitata nel tempo. Dopo un
certo uso infatti la botte diventa un recipiente, senza
sensibil i cessioni e può servire, per esempio, per
conservare una grappa già invecchiata a tutto grado e
portata alla gradazione di smercio, per il breve
periodo prima dell’ imbottigliamento. Prima dell’uso,
84
le botti nuove devono essere vaporizzate o perlomeno
lavate con acqua bollente per eliminare le sostanze
legnose facilmente solubili, ma poco gradevoli nel
distil lato. È buona norma riempire i fusti nuovi e
vaporizzati con acquavite di minor pregio, per 4-5
mesi, prima di procedere ad un grande invecchiamento
di una grappa di qualità.
Per quanto riguarda i locali di invecchiamento,
questi devono avere una temperatura media intorno ai
20-25°C ed una umidità relativa non inferiore al 70%.
Infatti, se gli ambienti sono troppo freddi, le reazioni
chimiche vengono rallentate, mentre se troppo caldi, i l
calo della grappa per evaporazione diventa rilevante
(si ha una perdita notevole in volume anche quando
gli ambienti sono troppo secchi). Gli ambienti troppo
umidi determinano il maggior calo in gradazione,
poiché l’umidità si oppone all’evaporazione
dell’acqua, ma non dell’alcol.
Un’altra scelta importante è quella del tipo di
legno da impiegare, poiché la medesima acquavite
invecchiata in legni diversi assume gusti differenti,
anche se solo pochi legni hanno la capacità di
neutralizzare la personalità propria dell’acquavite,
cosicché risulta quasi impossibile per l’assaggiatore
determinare in quale legno essa è stata invecchiata.
Il legno più usato è certamente il rovere, il quale
attribuisce all’acquavite un colore ambrato,
conseguenza dei prodotti di ossidazione dei tannini
estratti dal legno.
Rovere è un termine generico util izzato per
definire varie specie appartenenti al genere Quercus;
esso comprende più di trecento specie, di cui al
bottaio però ne interessano solo tre: la “peduncolata”,
la “sessilis” (o rovere vero) e l’“alba”.
La prima orna il panorama di mezza Europa: nel
meridione della penisola scandinava, in Russia,
Polonia, Spagna del Nord, Portogallo, Italia e Grecia.
85
Gradisce terreni fertil i, ma si adatta anche a
condizioni disagevoli e climi umidi.
La quercus “sessilis” è di taglia più piccola e di
minor longevità rispetto alla precedente. Cresce sugli
altipiani dell’Europa centro occidentale, in cui trova
climi secchi e terreni asciutti.
La quercus “alba” vive invece in America ed è
caratteristica per la sua chioma ad ombrello.
Il rovere, apprezzato nel campo
dell’ invecchiamento perché caratterizzato da fibre di
grande omogeneità e ben allineate, grana finissima e
bassa porosità, varia le sue caratteristiche in funzione
dell’ecosistema in cui si sviluppa. Non solo cambiano
i parametri f isici del legno, ma anche le sostanze che
contiene e che quindi può cedere all’acquavite. Col
passare del tempo hanno acquisito fama e prestigio
alcune foreste che si sono specializzate nel fornire
legni per l’educazione di vini e distil lati, mentre
querce cresciute in terreni particolari, quali per
esempio quelli ferrosi, vengono accuratamente
scartate.
Tra i roveri francesi spicca l’Allier, che cresce
nell’omonimo dipartimento. In esso predomina la
quercus “sessilis”, che da doghe poco porose di un
caldo color rosa dorato. Alla bevanda cede abbondanti
quantità di pregiati tannini, dolci e vanigliati. Una
specie del dipartimento di Allier deriva dalla foresta
del Tronçais, dove le piante sono secolari e la grana
del legno è molto fine. Essa presenta le stesse
caratteristiche dell’Allier, ma più accentuate. Poco più
a nord cresce la foresta di Nevers, dove la quercia non
è molto differente da quella dell’Allier.
Sostanzialmente differente è invece il rovere del
Limousin, che cresce nell’ovest della Francia, dove il
terreno è più fertile e calcareo. Qui prospera la specie
“peduncolata” e il legno è più poroso, meno compatto
e più ricco di tannini astringenti. I l rovere di
86
Slavonia, regione della Croazia compresa tra la Drava
e la Sava, è la quercus “sessilis” che presenta
caratteristiche tipiche derivanti dal terreno umido e
fertile in cui cresce: fibre lunghe, perfettamente
allineate e separate da molti canali l infatici che gli
conferiscono più porosità e meno densità. È ricco di
sostanze estrattive di scarsa nobiltà ed è per questo
che è ottimo per fusti di grandi dimensioni, ma non è
usato per le piccole botti. Oltre oceano è la quercus
“alba” che predomina e da i risultati migliori nel
Kentucky e nel Missouri, dove viene chiamata “blue
grass”. I fusti costruiti con rovere americano cedono
un sentore di legno più deciso e notevoli quantità di
tannini colorati. Tutti i roveri comunque sono distinti
dalla cessione di significative quantità di acidi
(malico, succinico, lattico, acetico e gallico) e di altri
componenti organoletticamente attivi quali
siringaldeide, acido siringico, vanill ina, acido
vanil l ico, scopoletina e furfurolo. Il rovere offre
quindi alle acquaviti un notevole blasone, ma non è
l’unico legno usato dai produttori che anzi
ultimamente stanno proponendo esperienze nuove e di
grande interesse, pertanto vengono sinteticamente
riferite le principali caratteristiche di altri legni
proposti:
- Acacia: colora l’acquavite di color oro con riflessi
verdolini. Porta nuance gustative leggermente
amare ma tutt’altro che sgradevoli;
- Castagno: contiene grandi quantità di tannini e si
distingue per porosità elevate. È, di conseguenza,
poco util izzato;
- Frassino: interessantissima essenza da lungo
invecchiamento, colora poco, non trasferisce toni
amari o duri neanche con elevati tempi di contatto,
mentre dona pregiati toni di suadenza aromatica;
87
- Gelso: conferisce al distil lato un color oro
squillante e una nota balsamica pulitissima che si
rafforza nelle sensazioni di retrobocca;
- Ginepro: non è util izzabile da nuovo per lunghi
invecchiamenti per la nota aromatica decisa e
potente che difficilmente si fonde con l’aroma
prepotente della grappa. È delizioso se usato con
moderazione;
- Mandorlo: dona all’acquavite un bel dorato antico e
una nuance olfattiva che ricorda l’erba appena
tagliata;
- Melo: poco caratterizzante sotto il profilo
aromatico, ha indubbie capacità colorative;
- Pero: cede all’acquavite un colore dorato senza
influire molto sul quadro aromatico;
- Ciliegio: dona al distil lato in esso conservato per
un giudizioso periodo, fulvi rif lessi ed un aroma
caratteristico quasi resinoso, ma senza particolari
quarti di nobiltà.
Da quanto fin qui esposto, si può dedurre quanto
sia difficile l’ invecchiamento della grappa e quanto
esso sia più un arte che una scienza. I produttori
potranno così esprimere la loro abilità ed esperienza
non solo variando il mix delle variabili tipiche del
processo di invecchiamento (umidità, temperatura,
tipo di legno, capacità della botte, durata ecc.), ma
adeguandolo anche alla personalità e alle necessità
dell’acquavite. Premesso che solo l’acquavite della
migliore qualità dovrebbe essere sottoposta ad
invecchiamento, soprattutto il grande invecchiamento,
il buon “maestro di cantina” valuterà per ogni tipo di
acquavite il corso di invecchiamento più idoneo,
stabilendo con approssimazione il tempo e l’ iter che
dovrà compiere.28
28 L. Odello (1997) “Grappa : Analisi sensoriale & tecnologia”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori
88
3.11 L’aromatizzazione.
La nascita della grappa-bevanda è stata preceduta
da quella della grappa-medicina nei secoli bui. La
distil lazione era allora finalizzata alla produzione di
medicinali e gli alchimisti, associando le erbe
all’alcol, miglioravano le proprietà terapeutiche di
entrambi.
Le grappe aromatizzate rappresentano comunque
un capitolo interessante perché, se preparate bene,
acquisiscono dall’erba officinale impiegata molte
virtù terapeutiche. Inoltre con le erbe si possono
ottenere una notevole varietà di sensazioni
organolettiche positive che aumentano il piacere del
bere.
Le piante officinali sono così chiamate perché
hanno proprietà farmacologiche che derivano loro da
una serie di composti chimici in esse contenuti e in
grado di essere solubilizzati nelle miscele
idroalcoliche: si tratta di zuccheri, acidi organici
(malico, ossalico, citrico, succinico, tartarico), fenoli,
saponine triterpeniche, steroidi, alcoloidi, essenze,
amari e resine. In pratica, l’aromatizzazione si ott iene
mediante macerazione nella grappa di una pianta
officinale (o parte di essa) allo stato fresco, essiccato
o sotto forma di tintura alcolica. Dal punto di vista
qualitativo, non fa molta differenza usare una pianta
fresca o essiccata. La tintura alcolica si prepara
invece macerando l’erba in alcol di una determinata
gradazione per un periodo che varia tra i 5 e i 10
giorni, dopo di che si separano le parti solide dal
liquido mediante filtrazione o pressatura. Per legge
l’alcol aggiunto con la tintura non deve superare del
3% quello contenuto nella grappa. Quest’ultimo
89
metodo è più comodo perché consente di aromatizzare
la grappa di volta in volta partendo dalla stessa base e
aggiungendo questa o quella tintura alcolica. Esso è
però più laborioso.
Le grappe aromatizzate vengono sempre più o
meno edulcorate con zucchero (per legge non
superiore al 2%), perché esso migliora il sapore
rendendolo più armonico. Diluire poi la grappa
aromatizzata può essere rischioso perché alcuni
componenti possono insolubil izzarsi provocando
intorbidimenti e alterazioni nel gusto; ecco perché la
pianta deve essere immersa nella grappa già al tenore
alcolico a cui sarà consumata. Al termine
dell’aromatizzazione è bene eseguire una filtrazione
per rendere limpida l’acquavite.
Alcuni esempi di grappe aromatizzate sono:
grappa alla salvia, al rosmarino, al ginepro,
all’eucalipto, alle more, ai mirt il l i, alla pera ecc.;
alcune di queste sono molto diffuse, altre sono di
produzione solo locale legate ad antichi usi ed alla
possibil ità di reperire in loco il materiale
aromatizzante.29
3.12 Altre lavorazioni della vinaccia e della
feccia.
La vinaccia viene lavorata non solo per la
produzione di grappa, ma anche per la produzione di
alcol, destinato ad usi diversi.
I diversi tipi di alcol in commercio sono i
seguenti:
29 L. Odello (1997) “Grappa : Analisi sensoriale & tecnologia”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori
90
- Alcol denaturato: non è commestibile e contiene,
insieme all’alcol etil ico, tutte le impurità di testa e
di coda. Esso viene venduto pressoché esente da
oneri fiscali e adulterato in modo permanente dalle
Autorità Governative con denaturanti (sostanze di
odore e sapore disgustoso, miscibili con l’alcol e
alle relative impurità e da esso non separabil i
mediante distil lazione, che rendono l’alcol non
commestibile). Questo tipo di alcol ha una
gradazione compresa tra 90 e 94°C e viene
util izzato come disinfettante, come diluente o come
combustibile. Sono normalmente destinate alla
denaturazione anche le frazioni di testa e di coda
(dette “alcol cattivo gusto”) scartate dalle
distil lerie produttrici di grappa.
- Alcol buon gusto: è l’alcol etil ico che si ricava per
distil lazione frazionata dei liquidi fermentati e dal
quale siano state eliminate le teste e le code. È
normalmente definito “alcol puro” e può essere di
diverse qualità: neutro, extra neutro e raffinato ed
ha una gradazione compresa tra 95 e 97°C. Viene
usato quando sia richiesta una certa purezza o una
certa delicatezza di sapore ed odore.
- Alcol assoluto: è l’alcol etil ico anidro, cioè privo
d’acqua. Ha una gradazione compresa tra 99,6 e
99.8°C e si ottiene con speciali procedimenti di
disidratazione, per esempio con ricorso a
distil lazioni a miscele ternarie. È usato
nell’ industria chimica ed un tempo veniva usato
come carburante.
La produzione di alcol per distil lazione delle
vinacce viene effettuata da grandi distil lerie con
grossi impianti continui, situate soprattutto nell’Italia
centro-meridionale dove meno radicata è la tradizione
della produzione della grappa. Esse producono sia
alcol puro che alcol destinato alla denaturazione.
Poiché non vi è l’obbligo della distil lazione diretta
91
delle vinacce, come la grappa, l’alcol è anche prodotto
tramite distil lazione dei vinelli, ottenuti per lavaggio
o lisciviazione delle vinacce.
È qui il caso di fare appena un accenno alla
lavorazione della feccia, che per la produzione della
grappa può essere util izzata in ragione del 25%
massimo.30
Le fecce di vino sono reperibili sul mercato sotto
forma di fecce semi-liquide (quelle naturali di
decantazione residuate dai travasi in fase di
fermentazione) e semi-solide (panelli residui ottenuti
dalla fi ltrazione di vini fecciosi); l ’unica differenza è
che le prime possono essere lavorate direttamente,
mentre le seconde devono essere preventivamente
spappolate e diluite con acqua. Esse poi,
opportunamente diluite e preriscaldate, vengono
distil late per ottenere alcol.
30 P.G. Garoglio (1973) “Enciclopedia Vitivinicola”; vol. 8; Ed. Scientifiche
92
CAPITOLO IV
SMALTIMENTO DEI SOTTOPRODOTTI DELLA
DISTILLAZIONE
4.1 Uso delle vinacce esauste come mangime.
Se si rivela sempre conveniente, ai fini economici,
l ’uso di questi prodotti complementari dei foraggi,
addirittura essenziale diventa nell’economia agricola
il loro uso in annate, più o meno frequenti, di scarsa
produzione foraggera.
L’apporto che al problema zootecnico può essere
conferito da questa util izzazione è notevolissimo
quando sia legato al suo razionale sfruttamento,
giacché tali prodotti complementari dei foraggi non
sono alimenti completi, ed hanno, in genere, il difetto
di un eccesso di volume e di essere scarsamente
digeribili, presentando altresì una deficienza di
proteine e di sostanze minerali nutritive. Quando non
danno inconvenienti potrebbero da soli condurre a
risultati mediocri, risultando comunque consigliabile
integrarli e prepararli al fine di eliminare i loro
caratteristici inconvenienti per gli usi zootecnici.
Per la determinazione del valore nutritivo di
questi sottoprodotti come mangimi, è indispensabile
indicare a parte il tenore di cellulosa e lignina, sotto
la denominazione di cellulosio greggio e di fibra
greggia, raggruppando sotto il nome di estratt ivi
inazotati gli amidi, gli zuccheri, ecc. I dati analitici
indispensabili da valutare sono quindi: umidità,
93
proteina digeribile (sostanze azotate digeribili),
estrattivi inazotati digeribili (amidi, zuccheri, ecc.),
cellulosio o fibra greggia, ceneri (sostanze minerali).
Si deve tenere conto che per un maggiore contenuto in
cellulosio, minori sono le digeribilità ed il valore
nutritivo del mangime.
Ai fini dell’alimentazione del bestiame, bisogna
distinguere la diversa qualità di vinacce a
disposizione, premettendo subito che dal punto di
vista dell’economia dell’alimentazione, i grassi sono
destituiti da qualsiasi valore se si raffronta al prezzo
del grasso ricavabile; che i vinaccioli ricchi di fibra e
di l ignina hanno un valore nutritivo limitatamente alla
quantità di olio che possiedono, diluito in troppa
sostanza o dannosa o inerte; mentre le bucce
rappresentano la parte più nutriente e sapida delle
vinacce. Ne consegue che lo sfruttamento industriale
dei sottoprodotti vitivinicoli coincide con la necessità
di uno sfruttamento zootecnico dei residui. Infatti
mentre in linea di massima è preferibile e di maggior
ricavo separare i vinaccioli per sfruttarli, come
vedremo, in modo ben più razionale che non per usi
zootecnici per ricavare oli, le bucce private dai raspi
inutil i possono essere poi essiccate e sfarinate,
rappresentando un ottimo ingrediente per mangimi,
più o meno appetibili e di sicura conservabilità allo
stato secco.
Le vinacce possono essere, come suol dirsi
integrali o diraspate. Scartando dagli usi zootecnici le
vinacce con raspo e limitandoci a parlare di quelle
diraspate, diremo subito che anzitutto vi è pochissima
differenza nel valore nutritivo delle vinacce sia che
queste siano già private dell’alcol oppure ancora da
esaurire.
Le vinacce provenienti dalla distil lazione sono
anzi da preferire a quelle vergini fermentate per varie
ragioni: perché con il trattamento industriale, che si
94
può considerare equivalente ad una cottura, taluni
principi nutritivi (estrattivi inazotati) diventano più
digeribili ed assimilabili, perché durante la
distil lazione si ha una certa perdita di acqua e quindi
un aumento percentuale della sostanza secca; infine
perché le vinacce distil late sono da un punto di vista
microbiologico assolutamente steril i e, insilate in tini
di cemento o in fosse murali, si conservano a lungo
molto meglio delle vinacce ordinarie. I dati analitici
seguenti, dovuti al Maccagno, dimostrano le
variazioni nella composizione chimica per effetto
della distil lazione.
Vinaccia non
distil lata
Vinaccia
distil lata
Acqua 62,62 60,50
Proteina greggia 5,37 7,31
Grassi e idrati di Carbonio 20,15 27,04
Ceneri 6,84 5,09
Se poi si tiene conto che, nella pratica
dell’al imentazione, le vinacce fermentate provenienti
dalla torchiatura del vino possono provocare disturbi
alla salute degli animali (gastroenteriti, dermatiti)
dovuti alla presenza dell’alcol e di altre sostanze
volatil i, appare chiaramente la superiorità delle
vinacce distil late anche da questo punto di vista.
Resta quindi confermata ancora una volta
l’opportunità che gli agricoltori hanno di sfruttare
l’alcol a parte come sottoprodotto importante della
vinificazione, senza per questo perdere nulla del
valore alimentare della vinaccia per il bestiame.
Lo sfruttamento dei sottoprodotti nelle aziende
agrarie, perché sia razionale dal punto di vista
economico ed agricolo, dovrebbe svolgersi in questi
tre tempi: esaurimento della vinaccia con acqua per
dare il vinello da consegnare in distil leria,
95
essiccamento della vinaccia seguito da diraspamento e
separazione dei vinaccioli, a mezzo degli spartisemi
onde ricavare la quasi totalità di questo importante
sottoprodotto che ha anche i suoi profondi rif lessi nel
settore oleario, ed infine util izzazione delle bucce
essiccate e sfarinate come ingredienti per mangimi
misti. I graspi potrebbero servire come combustibile,
le cui ceneri potrebbero a sua volta essere util izzate,
da ultimo, come discreto concime.
Il valore nutritivo della buccia di vinaccia secca,
può stare a confronto a molti foraggi comunemente
usati, ed allo stesso fieno di buona qualità tanto da
essere utilmente impiegato in miscela con questi
foraggi per l’alimentazione del bestiame.31
4.2 Uso delle vinacce e derivati come concime.
Un’ultima util izzazione della vinaccia, e alla
quale si ricorre con più frequenza di quanto non si
dovrebbe, consiste nel suo impiego come concime.
E’ ovvio che in genere ciò può essere solo
conveniente quando il prodotto abbia subito delle
notevoli alterazioni, tali che non consentano più un
razionale sfruttamento neppure come mangime,
altrimenti detto impiego è del tutto sconsigliabile.
Comunque in certi particolari casi può essere
conveniente fare assolvere alla vinaccia una funzione
concimante e in tal caso dovrà essere somministrata in
ambiente alcalino e disposta in strati alternati con
scorie Thomas e con fosforite. Esiste a questo
proposito lo specifico procedimento Roos col quale
tutti i cascami non altrimenti util izzabili dell’ industria
vinicola, mediante una spesa relativamente lieve,
possono costituire un buon fertil izzante di pronto
96
effetto e che può servire egregiamente per la
concimazione di viti giovani, piante da frutto,
piantoni di ulivi, vivai di barbatelle ecc.
Il procedimento consiste essenzialmente nel
disporre la vinaccia previamente pesata in uno strato
di 25 cm (in concimaia, in fossa o platea a tenuta di
l iquido) sul quale viene sparso il 5% del peso della
vinaccia di perfosfato oppure il 4% di Scorie Thomas
e il 4% di solfato potassico o in mancanza di questo
12-15% di cenere. Al di sopra di tale stratificazione
viene distribuita uniformemente una certa quantità di
terra, poi si formano altri strati di vinacce addizionate
nella maniera anzidetta fino a che il cumulo non
raggiunga un’altezza intorno a m 1,25. Dopo di che si
praticano, con un palo di ferro, alcuni fori
sufficientemente larghi e che consentano di versarvi
dentro il solfato ammonico in ragione di kg 5 ogni 10
kg di vinaccia impiegata procurando che tale concime
scenda nel fondo della massa costituita. Negli stessi
fori viene gettata inoltre una certa quantità di latte di
calce (soluzione di acqua e calce viva al 3%) e infine
vengono tappati.
In tale maniera la calce a contatto del solfato
ammonico reagisce mettendo in libertà l’ammoniaca
che si diffonde in tutto l’ammasso favorendo la
decomposizione della sostanza organica, che
trasformata con una certa sollecitudine in humus,
consente la possibilità di disporre nel mezzo
successivo di un ottimo terriccio di effetto attivo e
rapidissimo.
Tra i prodotti uti l izzabili come concime, debbono
annoverarsi anche i panelli residui dall’estrazione
dell’ol io dai vinaccioli, e dobbiamo rilevare che ciò
rappresenta la migliore ultima util izzazione dei
vinaccioli (quando non costituisce materia da
distil lazione secca) in quanto l’elevato contenuto in
31 P.G. Garoglio (1973) “Enciclopedia Vitivinicola”; vol.8; Ed. Scientifiche
97
cellulosa ne vieta la somministrazione al bestiame,
anche per il loro contenuto in sostanze tanniche;
eccezionalmente possono costituire un ingrediente di
una razione alimentare per suini.32
4.3 Uso delle vinacce esauste come combustibile.
La vinaccia può venire lavorata a mattonelle.
Dopo la distil lazione dell’acquavite o l’esaurimento
dei vinelli, i l materiale viene essiccato e finemente
macinato. Vi si aggiunge meno del 0,5% di farina di
castagne d’India e 6% circa di acqua calda e si lascia
rigonfiare la massa durante tre ore. Indi ad una
pressione di kg 1500 si formano delle mattonelle del
peso di g 100. Il prodotto contiene 12,9% di acqua e
14,2% di ceneri, ed ha un potere calorifico di 3800
cal.33
4.4 L’estrazione dell’ol io dai vinaccioli.
Un tempo in Italia lo sfruttamento dei vinaccioli
si compiva regolarmente per dare olio adibito
all’alimentazione e per usi industriali, ma oggi è stato
completamente abbandonato.
Durante la prima guerra mondiale si preconizzò
l’uso dell’olio di vinaccioli come succedaneo dell’olio
di ricino per motori, per la sua miscibilità con oli i
minerali e la sua resistenza alla congelazione.
Dopo l’asportazione dell’alcol e delle sostanze
tartariche, le vinacce vengono private dei vinaccioli.
32 P.G. Garoglio (1973) “Enciclopedia Vitivinicola”; vol.8; Ed. Scientifiche 33 P.G. Garoglio (1973) “Enciclopedia Vitivinicola”; vol.8; Ed. Scientifiche
98
I vinaccioli costituiscono il 20-25% del peso della
vinaccia umida (e fino al 40% della vinaccia torchiata
fortemente e diraspata ad esempio al torchio continuo)
e quindi sono sfruttabili kg 4 a 5 di vinaccioli portati
ad un tasso di umidità del 10% circa (al di sotto si
notano minori rese in olio per incipiente torrefazione).
Il vinacciolo è costituito da una mandorla
contenuta in una membrana cornea resistente, la quale
si oppone in parte ai fenomeni di osmosi che si
producono durante la fermentazione.
E’ così che vengono cedute ai vini solo materie
tanniche o resinose che sono la caratteristica del
sapore astringente dei vini a lungo contatto con le
vinacce.
La mandorla è costituita da un albume
eminentemente ricco di olio. Finché il vinacciolo è
fresco, la sostanza grassa in esso contenuta resta
neutra cioè indecomposta, ma se si produce
innalzamento di temperatura si formano delle azioni
diastasiche con idrolisi e messa in libertà di acidi
grassi.
L’olio di vinaccioli, oltre che per uso
commestibile, ha rappresentato anche un notevole
contributo come discreto sostituto dell’olio di l ino
nelle industrie di vernici. Anche se non sarà possibile,
per diversi motivi, sfruttare in Ital ia al cento per cento
il quantitativo raccoglibile teoricamente dai
vinaccioli si può già dire di aver raggiunto cifre fino a
poco tempo fa impensabili, cioè i 100 mila q di olio
estratto dai vinaccioli, ogni anno.
Il processo produttivo per l’estrazione dell’olio
dai vinaccioli è relativamente semplice.
Le vinacce, dopo essere giunte all’oleificio,
vengono diraspate, se necessario. Dopo di che i
vinaccioli sono separati dalle bucce dell’uva; il seme
viene pulito dalle impurità o dai detriti contenuti e,
99
conseguentemente, viene essiccato ed è così pronto
per la disoleazione.
A questo punto si possono usare due tipi di
trattamenti:
1) si impasta la farina di vinaccioli essiccati con
acqua calda; scaldato l’ impasto a 60-70°, si attende
un po’ per permettere all’ol io di fuoriuscire, si
pressa quindi al torchio idraulico a 300 atmosfere;
2) si estrae a mezzo solventi l ’olio che poi è
sottoposto a raffinazione.
L’olio di vinaccioli è util izzato industrialmente:
1) come alimento, previa rettif icazione, sia puro, sia
tagliato con altri olii di semi;
2) nella fabbricazione dei saponi, saponi duri (alla
soda) e molli (alla potassa) adatti questi ultimi per
il lavaggio di lane grezze e per sgrassare la seta;
3) per sostituire vantaggiosamente l’olio di l ino
nell’ industria delle vernici;
4) nell’ industria casearia nell’Italia settentrionale, si
usa inoltre l’olio di vinaccioli per ungere le forme
di formaggio di grana.
I residui della lavorazione degli oli possono
essere ulteriormente sfruttati per dare o panelli
combustibili (potere calorifico = 3000 calorie) o
possono servire di base per l’estrazione del tannino.34
4.4.1 Le vinacce esauste della distil leria G.B.
Poli.
La distil leria G.B. Poli vende le vinacce esauste
all’oleificio Medio Piave di Oderzo in provincia di
Treviso.
Le vinacce esauste vengono acquistate sia dalla
zone limitrofe che da tutto il Nord Italia. Possono
100
giungere all’oleificio già diraspate, cioè i vinaccioli
separati dalle bucce, oppure subire questa prima
operazione di preparazione all’ interno dell’oleificio.
Dalla separazione otteniamo due prodotti:
1) le bucce dalle quali otteniamo una farina util izzata
come combustibile sotto forma di mattonella;
2) i l vinacciolo che viene frantumato e, attraverso
l’util izzo di un solvente “esano”, estratto l’olio in
esso contenuto. La miscela ottenuta viene
successivamente distil lata al fine di separare l’olio
dal solvente che verrà riutil izzato in ulteriori
processi. L’olio grezzo deve essere raffinato e
decolorato secondo quanto indicato dalla legge
Salari del ’65 e deodorato in quanto l’odore è così
intenso e poco commestibile.
Il mercato dell’olio di vinacciolo è in continuo
aumento nonostante le quantità prodotte siano
limitate e i prezzi siano superiori rispetto ad altr i
tipi di olio di semi.
4.5 Util izzo delle borlande e delle vinacce per
l’estrazione di cremortartaro e fabbricazione
dell’acido tartarico.
Dalle vinacce si estrae normalmente il 60-70% dei
tartrati che esse contengono, dopo essere state
sottoposte a disti l lazione.
Le acque rosse (borlande) degli alambicchi che
hanno distil lato le vinacce, lasciate a riposo
abbandonano dei cristalli di bitartrato potassico (o
cremortartaro o tartrato acido di potassio).
Le vinacce spogliate dall’alcol negli alambicchi
subiscono ancora una prolungata eboll izione allo
scopo di solubilizzare il cremore che contengono. In
34 P.G. Garoglio (1973) “Enciclopedia Vitivinicola”; vol.8; Ed. Scientifiche
101
seguito si scaricano gli alambicchi e si raccolgono le
acque rosse bollenti che sono convogliate in appositi
recipienti: bacini, tini od altro per la cristallizzazione.
Le vinacce rimaste si centrifugano o si torchiano
per cavarne tutte le acque tartariche che sono unite
alle borlande di prima.
E’ importante che tutti questi l iquidi siano
mantenuti ben caldi, ricordando che il raffreddamento
diminuisce grandemente la solubilità del cremore. Di
solito ci si serve di canali di legno, mai di metallo; i l
locale di cristalizzazione si trova ad un livello più
basso del punto di partenza delle borlande, ed è
mantenuto ad una temperatura fresca, dai 10° ai 15°.
Ivi si trovano i vari recipienti dove si scaricano le
borlande, le quali per raffreddamento lasciano
separare il cremore.
Il cremortartaro si deposita sul fondo dei
recipienti, sulle pareti oppure sui rami di pruni che si
possono mantenere sospesi al centro, e che si caricano
di cristalli facilmente distaccabili.
Le acque madri, almeno le più chiare, si
aggiungono di solito alle nuove vinacce da distil lare,
oppure si abbandonano per lungo tempo entro grandi
recipienti di legno o di cemento intonacato di una
vernice protettiva dove, specialmente quando la
stagione è fredda, lasciano depositare insieme a tante
impurezze un’altra materia tartarica.
Tutti i depositi fecciosi ottenuti durante
l’estrazione del cremore dalle vinacce si chiamano
limi o paltoni e allo stato secco contengono 30-60% di
bitartrato di potassio e 10-20% di tartrato di calcio.
Il tartrato greggio viene raffinato con vari sistemi.
La raffinazione del tartrato greggio delle vinacce è
tanto più difficile quanto più povero è in vero
bitartrato potassico e sovente nella pratica si
preferisce fare delle miscele di materiali a titolo alto e
titolo basso per arrivare ad una media del 60-65% nel
102
caso però che sia richiesto un tartrato raffinato di
grande purezza.
La fabbricazione dell’acido tartarico
(cremortartaro, limo, tartrato di calcio) e più
comunemente si util izzano le acque madri scure e tutti
i depositi e i paltoni delle fabbriche di cremortartaro.
Il metodo più comunemente usato è quello della
calce, il quale consiste nel trattare le soluzioni
bollenti di cremortartaro con latte di calce o con
carbonato di calcio in polvere; si forma così dapprima
per metà del tartrato di calcio insolubile e per l’altra
metà del tartrato neutro di potassio solubile, i l quale
si separa poi, esso pure, allo stato di tartrato di calcio
insolubile, per semplice aggiunta di solfato di calcio o
cloruro di calcio.
Dal tartrato di calcio si mette in libertà l’acido
tartarico mediante acido solforico.
I procedimenti sopra descritti sono diventati
economicamente non convenienti, per le singole
distil lerie, a causa degli altissimi costi necessari per
lo smaltimento delle acque risultanti dal processo
produttivo del cremortartaro e dell’acido tartarico.35
4.6 Fattori di inquinamento delle distil lerie.
L’inquinamento è uno degli aspetti più drammatici
della nostra epoca, dovuto soprattutto all’esplosione
demografica, tecnico-industriale ed urbanistica e
all’emissione sul suolo, nell’acqua e nell’aria di
sostanze che alterano le caratteristiche chimiche e
fisiche di tali elementi vitali della biosfera. Questa
alterazione, compromette in modo serio la salute in
quanto le naturali capacità autodepurative del suolo,
dell’acqua e dell ’aria non riescono più a trasformare
103
in sostanze innocue tutti i materiali inquinanti
riversati nell’ambiente, perché sono in quantità
enorme o addirittura non sono “degradabili”.
Le disti l lerie, per loro conto, sono produttrici di
alcuni “agenti inquinanti”:
- l ’emissione in atmosfera dei fumi derivanti dalle
fonti di calore adoperate per la distil lazione;
- le acque rosse;
- eventuali residui semiliquidi di fermentazione di
sostanze da sottoporre a distil lazione (es. frutta);
- oltre a ciò, le vinacce esauste, a norma della attuale
legislazione, non sono solo rif iuti ma anche materie
prime secondarie.36
4.7 L’inquinamento delle acque.
Le prime mosse per un intervento organico
riguardante lo smaltimento dei rif iuti furono prese con
la legge 319 del 1976, la cosiddetta “legge Merli”,
riguardante gli scarichi l iquidi; successivamente tale
legge fu abrogata, insieme ad altre normative, con il
Decreto legislativo 11 maggio 1999, n.152 il quale
emana le disposizioni sulla tutela delle acque
dall’ inquinamento con recepimento della dirett iva
91/271/CEE concernente il trattamento delle acque
reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa
alla protezione delle acque dall’ inquinamento
provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole.
Non si può ignorare la realtà della situazione
precedente all’anno 1976: pluralità di leggi obsolete,
inadeguate e settoriali, elaborate in tempi lontani per
una realtà ambientale del tutto diversa; suddivisione
35 P.G. Garoglio (1973) “Enciclopedia Vitivinicola”; vol.8; Ed. Scientifiche 36 Trecani (1989 ) “Enciclopedia Giuridica”
104
delle competenze tra più autorità, quindi senza una
chiara visione di assieme e con la conseguenza di
interferenze, conflitti, interventi frammentari e
disorganici, in definitiva, inefficaci.
Per lo smaltimento dei rif iuti l iquidi (fanghi) alle
distil lerie si offrono poche possibilità:
a) una prima, la più seguita dagli imprenditori del
settore e anche dalla ditta da me presa in esame
“Poli”, è quella della consegna di tali scarichi a
consorzi di raccolta e smaltimento. Questo tipo di
smaltimento dei fanghi di distil leria comporta
costi crescenti che incidono negativamente sul
conto economico delle aziende;
b) una seconda è quella dello scarico di acque reflue
industriali in acque superficiali le quali devono
avvenire nei limiti indicati nella tabella 3
dell’al legato 5 o dalle relative norme stabilite
dalle Regioni; oppure l’allacciamento alla rete
fognaria, fermo restando l’ inderogabilità dei valori
l imite di emissione per le sostanze della tabella 5
dell’al legato 5.
E’ vietato lo scarico sul suolo o negli strati
superficiali del sottosuolo fatta eccezione per gli
scarichi di acque reflue urbane e industriali per i
quali si sia accertata l’ impossibilità tecnica o
l’eccessiva onerosità, a fronte dei benefici
ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici
superficiali, purché gli stessi siano conformi ai
criteri ed ai valori l imite di emissione fissati a tal
fine dalle Regioni.
E’ vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee
e nel sottosuolo.
Tutti gli scarichi devono essere preventivamente
autorizzati e l’autorizzazione è valida per quattro
anni dal momento del rilascio.
I titolari degli scarichi esistenti devono adeguarsi
alla nuova disciplina entro tre anni dalla data di
105
entrata in vigore del Decreto legislativo, vale a
dire entro il 13 giugno 2002.37
4.8 L’inquinamento atmosferico.
Altro agente inquinante emesso dalle distil lerie è
quello rappresentato dai fumi provenienti dalle caldaie
degli alambicchi.
A tale proposito la nostra normativa, con il D.P.R.
24 maggio 1988, n.203, dava attuazione alle dirett ive
CEE nn. 80/779, 82/884, 85/203 concernenti norme in
materia di qualità dell’aria, relativamente a specif ici
agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli
impianti industriali.
Con D.Lg. 31 marzo 1998, n.112 sono state
devolute alle Regioni a agli enti locali tutte le
funzioni amministrative inerenti alla materia della
tutela dell’ambiente dall’ inquinamento, ad eccezione
di quelle espressamente mantenute allo Stato.
Il provvedimento presenta alcuni punti salienti:
- i l presente decreto detta norme per la tutela della
qualità dell’aria ai fini della protezione della salute
e dell’ambiente su tutto il territorio nazionale.
Sono sottoposti alla disciplina del presente decreto
tutti gli impianti che possono dar luogo ad
emissioni nell’atmosfera (art.1);
- viene definito inquinamento atmosferico ogni
modificazione della normale composizione o stato
fisico dell’aria atmosferica, dovuta alla presenza
nella stessa di uno o più sostanze in quantità e con
caratteristiche tali da alterare le normali condizioni
ambientali e di salubrità dell’aria; da costituire
pericolo ovvero pregiudizio diretto o indiretto per
la salute dell’uomo; da compromettere le attività
37 Gazzetta Ufficiale n. 124 del 29/05/99
106
ricreative e gli altri usi legittimi dell’ambiente;
alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi ed i
beni materiali pubblici e privati (art. 2, comma 1);
- con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente, di
concerto con i Ministri della sanità e dell’ industria,
del commercio e dell’artigianato, sono fissati ed
aggiornati i valori l imite ed i valori guida di qualità
dell’aria, validi su tutto il territorio nazionale
(art.3);
- per la costruzione di un nuovo impianto deve essere
presentata domanda alla Regione o alla Provincia
autonoma, di autorizzazione, corredata di un
progetto contenente le informazioni tecniche
sull’ impianto che si intende adottare (art.6);
- per gli impianti esistenti, quindi per tutte le
distil lerie operanti, dovrà essere presentata
domanda di autorizzazione alla Regione o alla
Provincia autonoma competente entro 12 mesi dalla
data di entrata in vigore del presente decreto,
corredata da una relazione tecnica contenente la
descrizione del ciclo produttivo, le tecnologie
adottate per prevenire l’ inquinamento, la quantità e
la qualità delle emissioni, nonché un progetto di
adeguamento delle emissioni (art.12);
- la mancata autorizzazione sia per impianti di nuova
costruzione che per quelli già esistenti comporta
l’arresto fino a due anni e un’ammenda in denaro;
- sono esclusi dal campo di applicazione del D.P.R.
203/88 i seguenti impianti: impianti termici non
inseriti in un ciclo di produzione industriale, gli
impianti di climatizzazione, gli impianti termici
destinati al riscaldamento di ambienti, al
riscaldamento di acque per utenze civili, ecc.38
107
4.9 L’inquinamento da rifiuti solidi.
La materia della gestione dei rif iuti era
originariamente regolata molto sommariamente dalla
legge 20 marzo 1941, n. 36.
Un assetto organico della stessa viene dato molti
anni più tardi dal D.P.R. n. 915/1982 che distingue i
rif iuti in: urbani, speciali, tossici e nocivi,
disciplinando dettagliatamente la complesse attività
attinenti allo smaltimento (stoccaggio, trasporto,
trattamento). Il decreto prevede standard, piani e
soprattutto autorizzazioni per quasi tutte le operazioni
relative allo smaltimento stesso. Sono coinvolti nella
gestione dei rif iuti: Stato, Regioni, Province e Comuni
secondo un modello organizzatorio che si riscontra in
tutta la legislazione ambientale.39
Recentemente il decreto legislativo “Ronchi” 5
febbraio 1997, n. 22 già modificato dal D.Lvo 8
novembre 1997, n. 22, ha mutato profondamente la
fi losofia tradizionale della gestione dei rif iuti basata
sullo “smaltimento” (discariche e inceneritori)
mirando essenzialmente al recupero dei materiali.
I punti fondamentali che meritano di essere
segnalati sono i seguenti:
- sotto il profilo organizzatorio permane
fondamentalmente il preesistente sistema di
distribuzione delle funzioni tra Stato, Regioni,
Province e Comuni. Viene anche creato presso il
Ministero dell’ambiente un “Osservatorio nazionale
sui rif iuti”;
- cambia la classif icazione dei rif iuti. Questi ultimi,
sono classificati secondo l’origine in: urbani e
speciali e secondo le caratteristiche in pericolosi e
38 D.lg. del 31/05/98 n.112 39 F. Salvia (1998) “Diritto Urbanistico”; Ed. Cedam
108
non pericolosi; le vinacce sono da considerarsi
rif iuti speciali in quanto provenienti da lavorazioni
industriali;
- la corretta gestione del rif iuto non si esaurisce nella
fase terminale dello smaltimento e del recupero, ma
parte molto da lontano: dallo sviluppo delle
tecnologie pulite, dalla promozione di strumenti
economici, ecc.;
- restano in vigore le normative dettate
precedentemente per quanto riguarda la disciplina
dello smaltimento nelle acque, sul suolo e nel
sottosuolo dei liquami e dei fanghi, l ’emissione dei
fumi nell’aria ecc.;
- le vinacce possono diventare direttamente o previo
trattamento materia prima in altri processi
produttivi.
Tutti i residui di lavorazione, ivi compresi quell i
venduti come materie prime ad altre aziende,
devono essere considerati a tutti gli effetti rif iuti, e
non potranno pertanto essere ceduti che a
trasportatori e raccoglitori in possesso di
autorizzazione;
- registro di carico e scarico e comunicazione
annuale dei rif iuti prodotti. L’obbligo di tenuta dei
registri di carico e scarico è stato esteso a tutti i
produttori di rif iuti speciali provenienti da
lavorazioni industriali e artigianali. Sul registro,
numerato in ogni sua pagina e vidimato dall’Ufficio
Registro, devono essere annotate le quantità di
rif iuti e residui prodotti, distinti per tipologia
(carico) e quantità smaltite o cedute a terzi per
essere util izzate (scarico). Chiunque produca o
smaltisca rif iuti industriali è tenuto a denunciare
annualmente la quantità e la qualità dei rif iuti
prodotti o smaltit i;
- a chiudere il sistema abbiamo un complesso di
sanzioni penali e amministrative che vanno dalle
109
sanzioni pecuniarie alle rimozioni e ripristino dello
stato dei luoghi, alla confisca dei mezzi e alla
sospensione delle cariche, ecc..
110
CAPITOLO V
COMMERCIALIZZAZIONE DEL PRODOTTO
FINITO
5.1 Evoluzione del settore della grappa.
Delineare un quadro preciso del settore della
grappa è operazione difficile a causa sia della varietà
di panorami in esso individuati che della scarsità di
mezzi conoscitivi disponibili.
Infatti, pur essendo un settore soggetto, da parte
del Ministero delle Finanze, a controlli ancor più
severi di quell i del comparto petrolifero, non è
possibile venire in possesso di dati ufficiali completi
idonei a delineare nel dettaglio il suo profilo.
Sulla base dell’elaborazione di informazioni e
valori principalmente forniti dai funzionari di zona
degli U.T.F., da riviste, esperti del settore e dagli
stessi produttori è comunque possibile effettuare
un’analisi generale della sua struttura attuale,
dell’evoluzione che ha subito, dei livell i di
produzione, di esportazione, di importazione e di
consumo, nonché delle sue prospettive future.
Nel settore della grappa operano tre categorie di
imprese: i produttori veri e propri, gli imbottigliatori
ed i commercianti con marchio proprio che si fanno
confezionare il prodotto dalle precedenti tipologie di
aziende.
I produttori veri e propri sono le distil lerie che
non si l imitano ad esibire questo termine nella ragione
111
sociale, ma fanno veramente fumare l’alambicco.
Attualmente nella nostra penisola se ne contano poco
più di centoventi: un numero molto contenuto se lo si
accosta a quello delle altre categorie ed ancora più
modesto se confrontato con i più di duecentomila
distil latori esistenti a fine del secolo scorso. Nel
vicentino se ne contano undici.
I principali responsabili di questa riduzione
numerica vanno individuati, a partire dal secondo
dopoguerra, nella soverchiante burocrazia fiscale, nel
radicale cambiamento dell’enologia che ha fornito
vinacce sempre più asciutte e meno fermentate, nelle
leggi non sempre congrue ed eque in materia di
impatto ambientale. Responsabile del fenomeno in
esame è pure, negli ultimi anni, una sensibile
riduzione dei consumi di distil lati dovuta a tendenze
salutistiche e al cambiamento delle abitudini
alimentari, pesantemente influenzata anche da
campagne pubblicitarie contro l’abuso nell’assunzione
di alcolici e da una pressione fiscale sempre più
penalizzante.
Per quanto riguarda le campagne salutistiche si è
pronti a condannare il consumo di alcol in sé, senza
considerare, invece, la misura in cui viene assunto,
alla quale va addebitata parte della responsabilità di
questo grave problema sociale. In relazione alla
seconda responsabilità è sufficiente ricordare che nel
giro di pochi anni l’accisa sugli alcoli è raddoppiata,
determinando non solamente un aggravio di spesa sui
consumatori, ma anche una notevole perdita di
l iquidità per le imprese. Queste ultime, infatti devono
anticipare alle finanze l’ imposta al momento in cui i l
prodotto esce dall’azienda nonostante il relativo
importo venga recuperato solo dopo mesi: i pagamenti
concessi ai clienti sono, infatti, dilazionati.
Considerando che il valore d’accisa per una bottiglia
di grappa di 40° ammonta a circa lit. 5000 e che ad
112
essa si assommano anche altri tributi da versare (IVA)
si comprende quanto il peso degli eventuali interessi
passivi bancari possa incidere gravemente sulla
gestione finanziaria e sui conti economici delle
imprese di questo settore.
La categoria degli imbottigliatori comprende circa
seicento aziende che si l imitano a selezionare diverse
partite di acquavite di vinaccia presenti sul mercato
per poi miscelarle in modo tale da ottenere bevande
dal profilo organolettico costante e rispondente alle
esigenze dei consumatori. Nonostante svolgano, sia
pure mirabilmente, attività di sola miscelatura,
imbottigliamento e commercializzazione, possono
comunque util izzare l’appellativo di produttori di
grappa in quanto è loro consentito dalla legge vigente.
Agli effett i normativi, infatti, essendo l’ultimo
trasformatore a determinare le caratteristiche del
prodotto, si può interpretare come produttiva anche la
semplice attività di miscelatura. La conseguenza
negativa della scarsa precisione della disposizione
legislativa richiamata è l’ impossibil ità, per il
consumatore, di poter distinguere nettamente a quale
delle due categorie di “distil latori” appartenga il
produttore indicato sull’etichetta della bottiglia.
La terza tipologia di operatori del settore è
costituita in prevalenza da imprese vitivinicole - circa
mille - molte delle quali discendono direttamente
dalle vecchie aziende agricole che, nei tempi lontani
in cui non esistevano le regole rigide dell’attuale
burocrazia fiscale, lavoravano direttamente i
sottoprodotti del processo di vinificazione, util izzando
ciascuna il proprio alambicco. Col trascorrere degli
anni la produzione diretta di grappa, a causa anche
dell’alto costo del lavoro, è divenuta antieconomica
per queste imprese che si sono trovate costrette ad
abbandonarla. L’esigenza di disporre di una grappa
dal profilo organolettico coerente con quello dei
113
propri vini non è, però, venuta meno e le ha spinte a
cedere le loro vinacce al proprio distil latore di fiducia
per farsi ricavare e confezionare un disti l lato di
qualità da poter poi commercializzare con proprio
marchio. Il fenomeno viene disciplinato dall’apposita
normativa sulla Grappa di Fattoria e la sua continua
espansione testimonia il successo che il nostro
distil lato di bandiera sta riscuotendo non solo nel
mercato nazionale, ma anche in quello straniero.40
Tornando ad analizzare il comparto delle aziende
distil latrici, che sono le vere depositarie dell’arte
della produzione della grappa, occorre sottolineare
come, parallelamente al processo di riduzione
numerica, si sia assistito anche all’ incremento
dimensionale di diverse società. Alcune di esse
rappresentano oggi realtà economicamente importanti
che spesso sono il risultato di crescite graduali unite
ad acquisizioni di aziende più piccole.
La conseguenza più immediata di questa
evoluzione si evidenzia nella produzione di acquavite
di vinaccia: i due terzi della grappa in commercio
sono attualmente ottenuti da una ventina di grandi
imprese che rappresentano poco più del 16% del totale
dei distil latori.
Dalla fine degli anni Ottanta, nel settore
alimentare si è assistito all’accentramento dei
principali marchi nelle mani di pochi grandi gruppi
internazionali: una scelta strategica giustificata in
relazione all’esigenza di un grosso aumento delle
spese di promozione e comunicazione necessarie per
affrontare la metamorfosi che ha coinvolto parte del
comparto distributivo.
Il processo di consolidamento che, comunque si
evidenzia in tutt i i grandi mercati internazionali, ha
determinato anche l’esodo di prestigiosi marchi di
distil lati e liquori di casa nostra: la Stock è stata
40 L. Odello (1995) “Grappa: tra assaggi e alambicchi”; Ed. Centro Studi e Form. Assaggiatori
114
acquistata dal colosso tedesco Eckes, la Martini &
Rossi appartiene alla Bacardi (Usa), la Cinzano fa
parte del gruppo londinese Idv –Gran Metropolitan.
Le grandi società italiane come Averna
(Caltanissetta), Borsci (Puglia), Branca, seguono una
politica di consolidamento e di espansione su nuovi
mercati detti del Far East: Asia, ma soprattutto
Russia, Repubblica Ceca, Ungheria ed in generale nei
Paesi dell’ex URSS.
Questa strategia espansiva rivolta all’estero
permette, infatti, di compensare i più contenuti
consumi interni e, nel contempo, di operare su volumi
in grado di assicurare rilevanti economie di scala nella
produzione ed util i sinergie in campo commerciale e
amministrativo.
Nel settore della distil lazione, tuttavia,
permangono –concentrate nelle regioni settentrionali-
molte aziende di dimensione medio-piccola che in più
occasioni hanno dimostrato una buona capacità
innovativa ricavandosi ed affermandosi, sia con
quantitativi modesti, in nuove nicchie del mercato
locale, ma spesso anche su quello nazionali ed
internazionale. Avvalendosi di moderni strumenti
contrattuali come il franchising distributivo o accordi
con grandi colossi della distribuzione e puntando su
una politica di qualità e di immagine, molti piccoli e
medi produttori hanno conquistato segmenti di
consumo medio alti. Ad essi va attribuito gran parte
del merito di aver contribuito, recentemente, a
risollevare la sorte delle nostre acquaviti non solo
contrastando il calo dei consumi, ma soprattutto
ponendo le basi di un radicale cambiamento i cui
effetti si sono già incominciati a vedere: in diverse
località che fanno moda, nei bar di classe, una grappa
di prestigio viene venduta a più del doppio di un
Cognac eccellente.
115
La figura riportata in calce mette in evidenza i
vari canali di vendita.
Ciascun mercato conserva proprie peculiarità che
riflettono differenti comportamenti di consumo
facendo assumere alla domanda una struttura
diversificata in grado di consentire ai piccoli e medi
produttori di coesistere accanto ai grossi colossi.
(FIG. 1)
FIG. 1: Fonte: Studi dell’ impresa di settore
116
5.2 Produzione, esportazione, importazione.
La produzione italiana di l iquori e superalcolici
ha subito un declino negli ultimi anni, principalmente
per effetto della generale debolezza dei consumi e
della maggior competizione dei prodotti importati, tra
i quali mantengono un peso assai significativo il
whisky e la vodka. Il primo, in particolare, costituisce
il distil lato straniero più richiesto nel nostro paese.
L’Ital ia, infatti, dipende dal Regno Unito – la patria
del whisky - per più della metà del totale delle
importazioni di bevande ad elevata gradazione
alcolica.
Per quanto riguarda la produzione di grappa, la
riduzione è leggermente più contenuta della media
generale dei prodotti ad alta gradazione alcolica,
tuttavia nell’analizzare l’andamento produttivo
dell’acquavite di vinaccia è preferibile far riferimento
alle elaborazioni realizzate dal Ministero delle
Finanze che riportano le produzioni di alcol eti l ico
ottenute annualmente dalla distil lazione di vinaccia.
(FIG.2)
Per comprendere meglio l’andamento della
produzione di grappa è opportuno ricordare
l’ammontare complessivo di uva raccolta nel nostro
Paese e destinata alla vinificazione. Tale quantità
negli ultimi anni è di circa 80 milioni di quintali. Da
essi si ricavano approssimativamente 9 milioni di
quintali di vinaccia di cui complessivamente solo un
terzo è destinato all’ottenimento di acquavite di
vinaccia.
117
FIG. 2: Produzione di alcol etil ico da distil lazione di
vinacce (Fonte: elaborazioni annuali Ministero delle
Finanze)
I diversi quantitativi di vinacce lavorate nelle
regioni italiane (FIG.3) evidenziano come queste
contribuiscano in modo diverso alla produzione annua
complessiva di grappa: circa il 65% dell’acquavite di
vinaccia si ottiene nel Nord della penisola sul cui
territorio si concentra più dell’85% del totale delle
distil lerie attualmente attive. Da questo si evince che
nel Centro-Sud del Paese è localizzato un minor
numero di aziende, caratterizzate da dimensioni e
capacità produttiva mediamente superiori a quelle dei
produttori ubicati nel settentrione. Il primato spetta al
Veneto, che disti l la, da solo, quasi il 35% del totale
nazionale delle vinacce destinate all’ottenimento di
grappa, mentre la distil leria italiana di maggiori
dimensioni ha sede nell’Italia centrale.
118
Vinacce lavorate q.li Distil lerie attive
Piemonte 400000 22
Lombardia 113000 11
Trentino 175000 29
Veneto 735000 27
Friuli V.G. 213000 15
Centro-Sud 990000 17
FIG.3 e FIG.4: “L’Italia della Grappa in cifre”.
(Fonte: L. Odello (1995) “Grappa: Tra Assaggi e
Alambicchi”. Ed. Centro Studi e Formazione
Assaggiatori.)
119
Al fine di una visione più ampia e completa
dell’andamento produttivo dell’acquavite di vinaccia
italiana nell’ult imo ventennio, risulta uti le far
riferimento al trend di produzione desumibile dai dati
relativi all’estrazione di grappa, forniti dall’U.T.F. ed
espressi in bottiglie equivalenti di capacità e
gradazione alcolica pari rispettivamente a lt. 0,7 e a
40° (FIG.5). Da essi emerge una spiccata tendenza
all’aumento dei quantitativi prodotti e venduti –fatto
salvo il grosso calo del 1975- fino al 1976, anno in cui
si sono sfiorati i 68 milioni di bottiglie. Si registra un
andamento oscil latorio negli anni successivi: una
prima caduta nel ’77, una breve ripresa fino al ’79 ed
una continua riduzione negli anni seguenti sino all’88.
Avendo risentito dell’andamento positivo delle
campagne vit ivinicole, dal 1988 al 1993 la produzione
è andata sostanzialmente aumentando. Preme, tuttavia,
sottolineare che l’ incremento delle estrazioni di
grappa è dovuto all’aumento delle bottiglie esportate a
cui va il merito di aver compensato la riduzione dei
consumi interni.
120
Anni Bottigl ie
Equiv. Ital ia
Bottigl ie
Equiv. Export
Bottigl ie
Equiv. Totali
1965 28.668.571 - 28.668.571
1966 31.106.071 - 31.106.071
1967 35.320.357 - 35.320.357
1968 41.621.786 - 41.621.786
1969 46.618.214 - 46.621.786
1970 50.530.000 - 50.530.000
1971 51.863.561 757.343 52.620.904
1972 58.426.071 967.643 59.393.714
1973 60.175.357 428.589 60.603.946
1974 64.223.571 637.029 64.860.600
1975 60.983.571 709.114 61.692.685
1976 67.039.286 8630718 67.903.004
1977 57.395.296 573.296 57.968.592
1978 60.338.096 645.018 60.983.114
1979 62.529.768 756.093 63.285.861
1980 53.705.236 967.818 54.673.054
1981 46.117.496 921.300 47.038.796
1982 46.018.293 903.154 46.921.447
1983 40.518.800 797.107 41.315.907
1984 40.408.311 819.921 41.228.232
1985 43.774.214 1.037.432 44.811.646
1986 40.292.232 1.160.371 41.452.603
1987 39.587.050 1.436.875 41.023.925
1988 34.833.954 1.160.896 35.994.850
1989 36.249.300 1.531.114 37.780.414
1990 34.888.436 2.207.286 37.095.722
1991 33.308.243 5.521.061 38.829.304
1992 34.469.286 3.947.825 38.417.111
1993 38.348.014 3.021.146 41.369.160
1994 31.177.857 2.909.286 34.087.143
1995 36.666.878 5.573.464 42.240.342
FIG.5: Dati relativi all’estrazione annuale di grappa,
espressi in bottiglie equivalenti (lt. 0,7 a 40°). (Fonte:
U.T.F.)
121
Facendo riferimento ai dati sopra riportati è
interessante osservare anche il trend dei quantitativi
di grappa esportati: dalle 757.343 bottiglie del 1971 si
è giunti alle 5.521.114 bottiglie sui mercati stranieri
nel 1991. Negli anni successivi le esportazioni della
nostra acquavite di bandiera sono andate riducendosi
fino al 1994, quando si è avuta un’inversione di
tendenza principalmente dovuta al fatto che anche i
mercati stranieri hanno risentito del calo generale dei
consumi di grappa.
Il principale mercato straniero della nostra
acquavite resta quello tedesco nel quale la
penetrazione della grappa continua, ma ad esso si
affiancano altri interessanti mercati di sbocco tra i
quali per importanza vanno ricordati quello belga,
statunitense, francese, mentre per elevato ritmo di
crescita occorre annoverare i mercati di Paesi vicini
tra cui la Svizzera, l’Austria, la Slovenia e stati più
lontani fra i quali la Russia ed in generale i Paesi
dell’Est (FIG.6).
122
PAESE 1994 1995 VAR
Germania 1.115.858 1.199.592 8%
Belgio e Lux. 75.731 62.570 -17%
U.S.A 46.611 57.120 31%
Francia 36.262 32.963 -9%
Canada 28.221 27.579 -2%
Svizzera 27.798 53.260 92%
Spagna 26.058 31.135 19%
Slovacchia 19.875 6.222 -69%
Austria 14.419 24.173 68%
Regno Unito 14.257 13.358 -6%
Paesi Bassi 12.231 13.225 8%
Russia 11.302 87.798 677%
Sudafrica 11.217 1.655 -85%
Brasile 7.858 9.114 16%
Isole Canarie 7.576 8.099 7%
Giappone 7.297 9.359 28%
Rep. Ceca 6.405 3.340 -48%
Taiwan 4.633 10.435 125%
Città Vaticano 4.287 3.753 -12%
Australia 4.145 4.831 17%
Grecia 3.632 3.210 -12%
Venezuela 3.598 2.868 -20%
Messico 2.502 1.940 -22%
Tailandia 1.903 2.530 33%
Malta 1.622 1.653 2%
Svezia 1.505 5.358 256%
Slovenia 1.364 6.295 362%
Norvegia 1.176 1.376 17%
Rep. Dominic. 1.029 2.390 132%
Danimarca 1.025 1.658 62%
Finlandia 924 1.185 28%
Altri 68.983 148.639 115%
TOTALE 1.568.304 1.838.683 17%
FIG.6: Esportazione di Grappa in recipienti di
capacità fino a 2 litri, espresse in litri di alcol puro.
(Fonte: ISTAT 1996)
123
PAESE I° BIM. 95 I° BIM. 96 VAR.
Germania 83.669 125.362 33%
Belgio e Luss 8.851 6.990 -27%
U.S.A 5.492 6.332 13%
Francia 5.117 4.873 -5%
Canada 7.941 3.484 -128%
Svizzera 5.228 11.190 53%
Spagna 4.022 6.197 35%
Slovacchia Non disp. 1.156
Austria 2.001 8.387 76%
Regno Unito 3.597 1.304 -176%
Paesi Bassi 2.192 3.200 32%
Russia Non disp. 378
Sudafrica Non disp. 189
Brasile 1.069 382 -180%
Isole Canarie 1.449 916 -58%
Giappone 416 3.657 89%
Repubb. Ceca 1.991 180 -1006%
Taiwan 1.009 114 -785%
Città Vaticano 1.164 549 -112%
Australia 800 213 -276%
Grecia 169 204 17%
Venezuela Non disp. Non disp.
Messico Non disp. 168
Tailandia Non disp. 873
Malta Non disp. 52
Svezia 554 1.143 52%
Slovenia 3.063 Non disp.
Norvegia Non disp. Non disp.
Rep.Dominic. 307 112 -174%
Danimarca 253 491 48%
Finlandia 8 36 78%
Altri 5.177 7.932 35%
TOTALE 145.539 196.064 26%
FIG.7: Esportazione di Grappa in recipienti di
capacità fino a 2 litri, espresse in litri di alcol puro.
(Fonte: ISTAT 1996)
124
Le importazioni di acquavite di vinaccia, essendo
un distil lato tipicamente italiano, sono molto
contenute. Secondo le statistiche ISTAT, nel 1995 si
sono importati complessivamente 68.785 litri anidri
provenienti principalmente dalla Francia e dalla
Germania.
Si può quindi, affermare nell’ambito dell’ import-
export, che le esportazioni di grappa, dopo il periodo
di difficoltà registrato dal 92 al 94, stanno
dimostrando una tendenza positiva che testimonia il
riscoperto valore, sui mercati mondiali, di un prodotto
tutto italiano.
5.3 Politica produttiva e commerciale della ditta
G.B. Poli.
I distil lati Poli traggono la loro precisa identità
concettuale da due diversi fattori che si intende
coniugare:
- sistema produttivo nella più ferrea tradizione;
- distil lati affini al gusto sociale che continuamente
si evolve, e che ora richiede una maggiore
genti lezza ed eleganza organolettica.
Questo difficile equil ibrio viene ricercato
mediante una rigida selezione della materia prima e
un'attenta distil lazione della stessa; a questo
proposito, particolare cura viene posta nella
eliminazione di quei componenti dell’aroma della
Grappa il cui eccesso l’ha resa storicamente pesante e
ruvida, con l’obiettivo di ottenere delle Grappe dal
ricercato equilibrio di carattere ed eleganza.
Uno dei fattori cruciali per il raggiungimento di
tale obiett ivo è costituito dalla rigida selezione della
vinaccia, che deve essere necessariamente di ottima
qualità. Una grande Grappa deriva soprattutto da una
vinaccia di grande qualità.
125
Qualità della vinaccia significa innanzitutto
freschezza e perfetto stato di sanità. La vinaccia è una
materia prima solida, spugnosa e molto delicata:
infatti, dopo che è stata separata dal vino, il contatto
con l’aria ne provoca l’ossidazione e la conseguente
perdita di profumi e di aromi.
Purtroppo la vinaccia arriva in grandi quantità in
un periodo molto breve, quello della vendemmia, e
quasi sempre le Distil lerie non sono in grado di
distil lare subito; sono costrette perciò ad insilarla in
attesa di poterla distil lare. Questo provoca gravi
difetti e alterazioni nella materia prima e di
conseguenza anche nella Grappa.
La Poli ha risolto il problema della freschezza
molto semplicemente sulla base della seguente
considerazione: visto che l’alambicco può distil lare
solamente 15.000 kg di vinaccia al giorno, ne verrà
raccolta solamente 15.000 kg al giorno, anche se il
mercato ne offrirebbe molti di più.
E’ un principio produttivo semplice a dirsi ma
meno a realizzarsi, perché costringe a limitare la
produzione: infatti, distil lando solo vinaccia fresca
nel brevissimo periodo della vendemmia si ottiene una
quantità totale di Grappa alquanto limitata e per
questo motivo molte volte la Poli non è in grado di
soddisfare la domanda della clientela.
Grazie a questa nuova filosofia produttiva la
Distil leria Poli ha contribuito a cambiare l’ immagine
della Grappa in Italia e nel mondo: una volta era
considerata una specie di “scaldabudella” mentre oggi
ogni buon ristorante offre alla propria clientela una
valida selezione di Grappe.
Per quanto riguarda la politica commerciale, la
Distil leria Poli, avendo più di un secolo di storia, ha
visto e vissuto in prima linea il ciclo di vita della
Grappa, con i suoi periodi di sviluppo, maturità,
declino, nuovo vigore, e tutto ciò per diverse volte,
126
sempre passando indenni attraverso le tempeste,
semplicemente restando fedele alla propria etica
aziendale fondata sulla continuità dell’antica
tradizione pur con un moderno approccio
commerciale. Non si vuole snaturare l’essenza
artigianale e familiare della gestione e quindi i
programmi di sviluppo sono concepiti in quest’ott ica.
Si mira ad un aumento qualitativo e non quantitativo.
Le prospettive per il futuro sono ottime, soprattutto in
considerazione dell’ interesse dimostrato per la Grappa
da parte di mercati finora indifferenti: sud Italia,
mercati esteri.
A tale proposito va sottolineato che la Disti l leria
Poli da molto tempo è vocata all’esportazione.
Documenti commerciali datati 1930 testimoniano
di vendite in Brasile, dove molti veneti emigrarono.
Tutt’oggi il mercato sudamericano rappresenta per
l’azienda il quarto mercato in ordine di importanza.
Una vera e propria strategia distributiva
internazionale è stata messa a punto nei primi anni
’80, quando la famiglia Poli decise di cercare una
risposta ad una semplice domanda: “perché ci sono dei
buoni whisky e dei buoni cognac in tanti buoni
ristoranti d’Italia e non ci sono delle buone Grappe in
tanti buoni ristoranti nel mondo?”. Si pensò che la
chiave fosse in tutti quei “buoni” e che il motivo per
cui la grappa non era gradita ai consumatori d’oltralpe
fosse da ricercare nella sua qualità. Si cominciò
quindi a lavorare sodo sui fattori basilari che
determinano la qualità della Grappa e vennero stilati i
cinque fondamenti dell’etica produttiva Poli:
1) scegliere esclusivamente vinaccia freschissima
e sana;
2) distil lare immediatamente la materia prima;
3) usare con maestria lo storico alambicco;
4) lavorare con costanza e passione;
5) rispettare il distil lato e il consumatore.
127
Sulla base di questi principi fu possibile ottenere
una Grappa diversa da quella prodotta fino ad allora,
più elegante, più gentile, meno aggressiva, più adatta
al gusto di un consumatore che si era via via evoluto.
Questo nuovo distil lato fu proposto ad una clientela
internazionale attraverso quella stupenda rete di
promotori culturali che sono i ristoratori ital iani
all’estero.
Il canale principale per la diffusione dei distil lati
Poli all’estero è infatti la gastronomia: la ristorazione
italiana ha fatto conoscere al mondo non solo i
tradizionali piatti italiani e quell i della dieta
mediterranea, ma anche tutti i prodotti di pregio
provenienti dall’I talia.
I ristoratori italiani infatti, affermando la propria
arte culinaria sui più diversi mercati, sono divenuti
locali specializzati in tipici piatti italiani. Di
conseguenza è stata quasi necessaria l’esigenza di
sostituire i soliti superalcolici internazionali con
quell i italiani, i quali hanno suscitato interesse presso
i clienti locali. Fra questi primeggia la Grappa che ha
arricchito l’assortimento dei carrelli degli “spirits” ed
è richiesta non solo da chi già la conosce da tempo,
ma anche da chi vi si accosta per la prima volta.
Se i ristoranti italiani sono stati i l trampolino di
lancio della Grappa all’estero, dobbiamo tuttavia
riconoscere che anche la ristorazione propria di ogni
mercato e soprattutto i negozi di specialità alimentari
si sono sempre più interessati a questo distil lato, al
fine di soddisfare le richieste dei loro clienti che
magari l ’avevano degustato in Italia durante le
vacanze. Ecco perché fra gli obiettivi della distilleria
Poli rientra anche la diffusione della conoscenza della
Grappa presso ogni tipo di ristorazione internazionale.
Oggi la Distil leria Poli esporta circa il 60% della
propria produzione nei più importanti paesi del
mondo, fra i quali Stati Uniti, dove è l’azienda leader
128
nel mercato, Canada, Brasile, Venezuela, Hong kong,
Cina, Giappone, Taiwan, Australia, Germania,
Svizzera, Austria, Francia, Norvegia, Spagna,
Andorra, Grecia, Ungheria, Olanda, Belgio,
Lussemburgo, Svezia, Uruguay, Argentina, ecc.; in
ognuno di questi paesi, come pure in Italia, ci si
avvale di importanti distributori che si rivolgono alla
ristorazione qualificata e alle enoteche specializzate.
In tutti i mercati si registra un interesse crescente,
pur con i l imiti che un distil lato dal grande carattere
come la Grappa può incontrare quando entra in
contatto con palati non abituati. Ancora una volta
bisogna ribadire l’ importanza della qualità del
prodotto, perché un consumatore che per la prima
volta assaggia una Grappa e la trova cattiva non
tenterà una seconda volta.41
5.4 Il consumo della Grappa ieri, oggi, domani.
Quaranta milioni di bottiglie l’anno è il volume
stimato di grappa che raggiunge il consumatore. Il 10-
15% raggiunge utenti stranieri, in particolare
Tedeschi, che assorbono quasi il 50% delle
esportazioni. Perché parliamo di stime e non di dati
precisi? Nel nostro Paese avere statistiche tempestive
ed esaustive sulla grappa non è ancora cosa possibile,
ma le promesse da parte dell’autorità competente
lasciano ben sperare. La realtà non dovrebbe
comunque essere molto distante da quella ipotizzata e
il fatturato generato oscilla tra 150 e 200 milioni di
euro di cui circa un terzo viene prelevato dallo Stato
come imposta di fabbricazione.
Nordica, alpina, rurale, maschile e materiale:
questa la grappa di ieri. E quando diciamo ieri non
parliamo del secolo scorso, ma degli anni Settanta,
129
quando la nostra acquavite di bandiera aveva superato
i 70 milioni di bottiglie equivalenti (0,7 lt. A 40°).
Rivaleggiava con i minacciosi spiriti stranieri che
avevano dalla loro i miti della società consumistica,
miti capaci di aprire nuovi orizzonti sul modo di
vivere e di offrire modelli alternativi alla civiltà
mediterranea. In parte la grappa si adeguava al
combattimento util izzando le nuove metodologie di
marketing largamente impiegate nei paesi dai quali
proveniva la minaccia: non solo si impegnava in
campagne pubblicitarie che sono passate alla storia
nel mondo del bere, ma tentava anche un radicale
cambiamento di gusto passando da spirito inquieto e
selvatico ad acquavite neutra, quasi ad emulare le
asessuate modelle dell’epoca.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare non
le andò più di tanto bene: il volere accontentare tutti
non portava alla cattura di nuovi consumatori e finiva
per farle perdere quelli tradizionali. Le cause non si
l imitavano ovviamente alle scelte strategiche, ma
anche a profondi mutamenti nella fi losofia sociale e
nei mercati: basti pensare al salutismo con la
conseguente fuga dall’alcol, al cambiamento nel modo
di vivere e all’aumento delle imposte che riduceva di
fatto la competitività di prezzo. I consumi si ridussero
quasi alla metà e il mondo della produzione si
interrogò con notevole maturità per giungere a
progettare il rinascimento della grappa.
Ecumenica, urbana, immateriale, grande fonte di
sapere e di sapore: è la grappa di oggi. Il suo consumo
riparte da un rito intimo che tende a unire le
generazioni del consumerismo alla civiltà rurale di un
tempo, senza retorica, senza nostalgia, ma con il
desiderio di operare un recupero selettivo del passato
per cogliere quanto di bello ci ha lasciato. La grappa
diventa quindi puro spirito, elemento di un consumo
41 Informazioni gentilmente offerte dal Sig. J. Poli
130
raffinato, sapiente, moderato, intelligente. Diventa
oggetto di conversazione con scambi di opinioni sul
suo profilo sensoriale e di notizie sulla reperibilità di
una tipologia.
Recenti indagini rivelano che il consumatore
accredita alla grappa un’immagine semplice e
genuina, un gusto particolare e inconfondibile, nonché
un buon livello di qualità e il ruolo emblematico di
uno status qualificante.
Sono le caratteristiche che fanno privilegiare la
grappa nei consumi relegando in coda altri
superalcolici e, in particolare, le acquaviti estere. Un
campione di oltre 500 persone, in maggioranza
residenti al nord, ha consentito di stilare, ponendo in
ordine decrescente, la seguente classifica: grappa,
whisky, amari, vodka, cognac, rum, brandy e tequila.
Ma la conferma della leadership della nostra acquavite
di bandiera è assicurata da numerose altre indagini, di
queste una mette in evidenza che i due terzi di quanti
bevono superalcolici consumano anche grappa.
Il crescente amore per questo disti l lato porta larga
parte degli intervistati ad auspicare una maggiore
comunicazione sulla grappa e, soprattutto, la necessità
di farla conoscere anche all’estero quale simbolo della
nostra cultura.
Le motivazioni che portano all’avvicinamento ad
un bicchierino di grappa stanno determinando, in
pratica, una variazione sempre più rilevante nei
momenti canonici di consumo. Ormai scomparso il
“cicchetto” di primo mattino, in forte declino il
digestivo del dopo pranzo – anche per la sempre più
ridotta importanza dell’atto del mezzogiorno – il
consumo della Grappa si sta concentrando nel dopo
cena e sta assumendo una fisionomia diversa da quella
del digestivo. Un piccolo calice di quelli giusti sta
diventando sempre più il simbolo di una conclusione
di un pranzo di classe, un modo piacevole per
131
continuare a stare seduti a tavola, un insostituibile
elemento di conversazione.
Le indagini compiute indicano una crescente
tendenza all 'acquisto della grappa nella stessa
distil leria di produzione, quasi a voler sottolineare la
volontà di verificare di persona che cosa sta dietro
l’etichetta o di voler unire il piacere dell’acquisto
della grappa a quello più sottile di un turismo volto
alla ricerca delle proprie origini. A seconda del target
coinvolto nell’ indagine, i canali util izzati (produttore,
negozio tradizionale, distribuzione moderna e negozio
specializzato) variano, ma complessivamente risultano
quasi equivalenti.
Per quanto riguarda invece il luogo di consumo
prevale ancora largamente quello fatto in casa, anche
se il ristorante detiene una buona posizione. Ma è da
tenere presente un fenomeno recente: il consumo
nell’ambito dell ’agriturismo. La cosa è spiegabile
considerando due fattori: da una parte il successo di
questo tipo di ospitalità rurale, dall’altro il quadro
psicologico estremamente favorevole alle
connotazioni del vissuto della grappa che viene a
crearsi durante il pranzo in campagna.42
5.5 Vicenza: un modo nuovo per far conoscere la
Grappa.
Chi apprezza l’acquavite sa che una delle
principali aree di produzione in Italia è il Veneto, una
regione in cui il distil lato non è semplicemente un
prodotto tipico ma una bevanda profondamente legata
alla cultura e alle tradizioni locali.
Per valorizzare e far conoscere questa tipicità
l’Azienda Speciale Vicenza Qualità, in collaborazione
con la Camera di Commercio e gli assessorati
132
all’agricoltura provinciali e regionali, ha indetto per il
terzo anno consecutivo la manifestazione “Distil lerie
Aperte ’99. Vedi come distil l iamo”. Attraverso questa
manifestazione si vuole incrementare quella forma di
turismo sempre più diffusa, quella dei buongustai che
vogliono abbinare vacanza, gastronomia e scoperta dei
prodotti del territorio.
Dieci produttori di Grappa vicentini hanno
mostrato al pubblico i loro impianti di distil lazione,
hanno fatto scoprire i segreti della lavorazione della
vinaccia e naturalmente degustare il prodotto finito.
Oltre a Bassano, le località interessate sono state
Alonte, Asiago, Bolzano Vicentino, Costabissara,
Moltegalda, Ponte di Barbarano, Rosà, Schiavon e
Villaga.
La manifestazione ha avuto enorme successo tanto
che si è registrato il pienone alla Distil leria Poli di
Schiavon dove i visitatori sono stati più di 4800.
Le Dieci Distil lerie che partecipano alla
manifestazione si snodano lungo la Strada della
Grappa studiata da Pierluigi Lovo e Maurizio Onorato.
Essa permette di attraversare la provincia da Bassano
a Sarego, passando da una distil leria all’altra.
1) NARDINI: un tempo la distil leria aveva sede
all’ imbocco orientale del Ponte Vecchio oggi gli
impianti moderni sono situati fuori Bassano e di
quella bottega è rimasta l’antica “Osteria” dove si
può andare a bere la famosa “tajadela” prodotto
tipico di questa distil leria.
Tipo di impianto util izzato è il discontinuo, a
vapore, sottovuoto.
2) CAPOVILLA: l’Azienda ha sede a Rosà nelle
vecchie cantine della Villa Dolfin Boldù.
Specializzata nella produzione di Grappe,
Distil lati di frutta e distil lati d’uva. Gli impianti di
produzione sono piccoli alambicchi a bagnomaria
42 Rivista n.73 Primavera (1999) “L’assaggiatore”
133
costruit i da un artigiano della Foresta Nera in
Germania. Il sistema a bagnomaria è senz’altro più
lento e laborioso ma permette di ottenere distil lati
di qualità superiore.
3) CAVAZZA: ha sede ad Alonte sui Colli Berici in
un contesto viticolo di primaria importanza da cui
si ottengono delle vinacce di ottima qualità.
Specializzata in Grappe di monovitigno e
Distil lati. L’impianto di distil lazione è discontinuo
a vapore.
4) DALL’OLIO: ha sede ad Asiago. I prodotti
proposti hanno tutti una caratterizzazione locale in
quanto util izzano quelle materie prime che fanno
parte degli usi e delle tradizioni della montagna.
Specializzata in Liquori d’erbe, Grappe
aromatizzate, Liquori di frutta e Distil lati.
L’impianto util izzato è discontinuo.
5) DAL TOSO: ha sede a Ponte di Barbarano,
produce Grappe di monovitigno, Distil lati di frutta
e d’uva, Liquori. L’impinto util izzato è di tipo
discontinuo a vapore.
6) BRUNELLO: ha sede a Montegalda presso il
“Palazzone” dimora di campagna cinquecentesca
molto dignitosa; distil la vinacce provenienti dai
Colli Berici ed Euganei. Specializzata in Grappe
nostrane giovani ed invecchiate. L’impianto di
distil lazione usato è di tipo discontinuo a vapore.
7) GRANDI MARCHE VENETE: ha sede a Bolzano
Vicentino presso una villa palladiana del 1600, ha
affinato i propri prodotti agli attuali gusti del
pubblico pur mantenendo inalterate negli anni le
tecniche di produzione. Specializzata in Grappe
bianche, invecchiate, di monovitigno, Distil lati
d’uva e Limoncello.
8) LI.DI.A: ha sede a Villaga, il nome della ditta
deriva da Liquori Distil lati e Affini; è una piccola
azienda a conduzione familiare che concentra
134
l’attività di distil lazione in circa 40 giorni
all’anno, corrispondenti al periodo di raccolta
dell’uva. Specializzata in Grappe e Distil lati d’uva
di monovitigno e non, prodotti in quantità limitata.
L’impianto di distil lazione è discontinuo a vapore.
9) SCHIAVO: ha sede a Costabissara. Specializzata
in Grappe monovitigno, Grappe tradizionali e
Distil lati d’uva. L’impianto di distil lazione è
discontinuo in alambicchi di rame.
10) POLI: ha sede a Schiavon. L’edificio in cui è
collocata la distil leria è considerato di interesse
storico ristrutturato recentemente mantenendo
intatta la struttura tipica delle antiche abitazioni
rurali venete. A Bassano del Grappa, di fronte allo
storico Ponte Vecchio, la distil leria Poli ha
istituito il Museo della Grappa, dove la storia
della distil lazione e la storia della Grappa vengono
presentate con eleganza ed efficacia in uno spazio
raccolto e suggestivo, attraverso un percorso
didattico breve ma esauriente. Specializzata in
Grappa, Distil lati d’uva, Distil lati di vino e
Distil lati di frutta. L’impianto util izzato è
discontinuo a vapore ed opera con un alambicco
completamente in rame.
Distil lerie lungo la “Strada della Grappa”
1. Distil leria LI.DI.A. **
2. Distil leria Chiarello
3. Distil leria Cavazza **
4. Distil leria Dal Toso **
5. Distil leria Brunello **
6. Distil leria Grandi Marche Venete
7. Distil leria Schiavo **
8. Distil leria Dalla Vecchia
9. Distil leria Boschiero **
10. Distil leria Zanin
11. Distil leria Dall’Olio **
135
12. Distil lerie G.B. Poli **
13. Distil leria Nardini **
14. Distil leria Monte Grappa
15. Distil leria Capovilla **
** indica le distil lerie che partecipano alla
manifestazione
FIG. 8: “La Strada della Grappa” (Fonte: P. Lovo
“Grappaioli e itinerari di terra vicentina”)
136
CAPITOLO VI
CONTROLLO DEL MARCHIO DI QUALITÀ
6.1 Definizione di qualità.
In riferimento alla norma ISO 8402 la qualità è
definita come “l’ insieme delle proprietà e delle
caratteristiche di un prodotto o di un servizio che
conferiscono ad esso la capacità di soddisfare
esigenze espresse o implicite”. Quindi la qualità è
l’attitudine di un prodotto o servizio a soddisfare i
bisogni dei clienti.43
I l problema è se attribuire la qualità alle
caratteristiche intrinseche, percepibili e non, di un
prodotto, oppure all ' interazione utente e prodotto.
In realtà il problema non si pone in quanto
entrambe le definizioni concorrono a definire la
qualità realmente percepita del prodotto. Sono infatti
le caratteristiche intrinseche a generare il tipo di
interazione tra il prodotto e l’util izzatore. La qualità
percepita è la sintesi di ciò che serve per definire e
controllare “la qualità” di un prodotto o un servizio,
in quanto nulla varrebbero gli sforzi mirati a definire
una qualità non percepibile.44
43 AA.VV. (1995) “Grappe & Vino. Certificazione della Qualità”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori
137
6.2 Assicurazione qualità.
Per le aziende non è sufficiente proporre prodotti
di qualità ma esse devono dare fiducia, confidenza,
del proprio sistema di produzione.
Il mercato chiede partner affidabil i cioè:
- costanza produttiva
- capacità di prevenzione
- capacità di dimostrazione.
Il mercato chiede “l’assicurazione della qualità”.
In riferimento alla norma ISO 8402, l’assicurazione
qualità è definita come l’ insieme di azioni prestabilite
(pianificate) e sistematiche volte a fornire
all’acquirente adeguata confidenza nel fatto che
un’azienda produttrice di prodotti e/o servizi ha la
capacità di soddisfare in modo “Regolare” e
“Costante” le esigenze specificate in materia di
qualità, esigenze che devono permettere di rispondere
ai bisogni espressi e impliciti dei clienti.
In pratica assicurazione qualità vuol dire chiedere
al produttore di dimostrare che ha realizzato un buon
sistema qualità, cioè organizzazione, risorse di
personale ed attrezzature ecc., affinché la qualità dei
propri prodotti sia garantita, mantenuta e migliorata
nel tempo.
L’assicurazione qualità può essere schematizzata
in questi punti:
- FARE: fare ciò che si è stabilito.
- VERIFICARE: verificare che si è fatto
correttamente quanto definito.
- DIMOSTRARE: conservare traccia scritta di ciò
che si è fatto e dei relativi controlli.
Realizzare questa molteplicità di approcci,
mettere in pratica le tecniche appropriate nei diversi
44 R. Zironi (1996) “La Certificazione Naz.le della Qualità della Grappa”; tratto da “XIV Convegno Naz.le Grappa”
138
momenti, in modo coordinato ed efficiente, significa
in sostanza sviluppare un vero e proprio “sistema di
qualità”.
Un’azienda grande o piccola che sia, impegnata
nella ricerca della qualità, non può prescindere dalla
necessità di strutturare un’organizzazione più o meno
complessa alla quale dedicare mezzi e risorse, nella
quale definire responsabilità, per la gestione della
qualità.
Esistono precise norme relative al sistema qualità
aziendale:
- norme internazionali ISO 9000;
- riprese in ambito europeo come norme EN serie
9000;
- riprese in ambito nazionale come norme UNI EN
ISO 9000.
Sono norme volontarie che valgono per tutti i
settori merceologici.
L’azienda che sceglie di adottare le norme ISO
9000 sviluppa il concetto di assicurazione qualità e
miglioramento:
- prevenire
- tenere sotto controllo (gestire)
- migliorare
riprendendo un concetto di DEMING secondo il quale
“ricercare la qualità di un prodotto non vuol dire
ottenere un prodotto di alta qualità, ma migliorare
continuamente il processo affinché il consumatore
possa fidarsi della regolarità e costanza qualitativa del
prodotto”.
Le imprese che, seguendo le norme ISO 9000, si
sono dotate di un Sistema Qualità hanno disegnato una
struttura organizzativa, individuato responsabilità,
procedure, procedimenti e risorse per mettere in atto
la conduzione aziendale volta alla Qualità. Ciò è tanto
più possibile, quanto più nell ’ impresa esiste un
orientamento al consumatore. Il prodotto risponde,
139
infatti, alle esigenze di questo, quando esso è posto al
centro dell’attività dell’ impresa e quest’ult ima,
organizzata come un sistema organico e accordato,
risponde alle molteplici esigenze del consumatore e si
sa modificare quando le condizioni lo richiedano.45
La grappa è una delle produzioni nazionali più
legate alla tradizione e proprio da essa trae la sua
forza il mercato. La grappa è nient’altro che il
distil lato di ciò che la natura mette a disposizione,
interpretato da imprese di elevata esperienza. I
grappaioli, nel loro solitario rapporto con l’alambicco,
sanno esprimere qualcosa di grande e di incorruttibile,
come il loro onore: un’acquavite di vinaccia unica e
irripetibile.
La grappa è sempre stata proposta al mercato con
l’ impronta che il distil latore sapeva darle e che poteva
venire apprezzata o meno dal consumatore. Oggi il
consumatore si è evoluto, ha acquisito maggiore
consapevolezza delle proprie scelte ed è diventato
l’ indiscusso perno del mercato.
Questo non vuol dire che il distil latore debba
standardizzare la propria produzione alla volontà, non
sempre positiva, del mercato, ma deve cambiare la
gestione del prodotto per ottimizzare la richiesta reale
e potenziale del consumatore.
Negli ultimi anni la grappa, grazie anche a
persone di elevata lungimiranza, ha saputo
conquistarsi una nicchia ben precisa del mercato.
Basta confrontare i volumi del mercato della grappa
con quello del cognac o dello scotch whisky, per
capire che la nicchia non è grande, ma è in
espansione. I produttori per non perdere queste
opportunità, non possono guardare solo alla
tradizione, ma devono affrontare il nuovo mercato con
45 AA.VV. (1995) “Grappe & Vino. Certificazione della Qualità”; Ed. Centro Studi e Formazione Assaggiatori
140
lo spirito innovativo. In futuro verranno avvantaggiati
i produttori che non si lasceranno condizionare dalle
proprie tradizioni, dalla propria esperienza e dalle
proprie tecnologie ma che sapranno ascoltare e
osservare il mercato, fi lo guida delle attività
produttive. La parola chiave, per leggere il mercato,
adattare la produzione in tempo reale e sviluppare
sempre nuove tecnologie, è qualità. Lo sviluppo di un
sistema qualità permette di avere sotto controllo gli
impianti produttivi mediante sistemi di controllo di
processo, di leggere il mercato mediante sistemi di
valutazione della qualità percepita dal consumatore
(analisi sensoriale) e di applicare le proprie
conoscenze e le informazioni acquisite per il
miglioramento qualitativo delle produzioni con
congrui e remunerativi investimenti in tecnologia.
Trasmettere questa innovazione al cliente è il
passo fondamentale per chiudere il cerchio della
qualità. Non esiste un reale legame azienda-sistema
qualità-cliente se quest’ultimo non viene debitamente
informato del progresso svolto dall’ impresa. La più
efficace comunicazione dell’applicazione del sistema
qualità, una volta istituito, è la certif icazione
effettuata da un ente esterno appositamente designato
dagli organismi sovranazionali per la gestione della
qualità (ISO, UNI, EN). Oggi molte grapperie stanno
compiendo questo cammino, dimostrando grande
lungimiranza, perché il futuro non sarà certamente in
un marchio qualunque, ma in un serio lavoro di
innovazione tecnico-gestionale opportunamente
certif icata.
Sistema di qualità vuol semplicemente significare:
controllo applicato alla salvaguardia del genio
distil latorio nell’ottenimento di prodotti ad alto
livello di tipicità. Genio distil latorio intimamente
legato al volto umano della grapperia, lo stesso che
141
caratterizza il prodotto ed esprime l’aureola di nobiltà
e incorruttibilità della grappa stessa.46
6.3 Riflessi sulla garanzia della qualità.
La grappa, ormai da diversi anni, sta
attraversando un momento particolarmente felice, è
infatti l ’unica bevanda alcolica che conosce uno
sviluppo dei consumi ed oggi possiamo dire che non si
tratta soltanto di una moda passeggera. Vi è, insomma
un interesse del consumatore per il prodotto.
Il successo della grappa deve essere ascritto alla
serietà della maggioranza dei produttori che, in
assenza di qualsiasi regola ufficiale, si sono imposti
produzioni di elevata qualità in grado di seguire
l’evoluzione del mercato ed il gusto dei consumatori.47
Non è più pensabile a una grappa generica che si
inserisce nel mondo dei superalcolici come qualsiasi
spirito che, per caratteristiche della materia prima e/o
della tecnologia di produzione, abbia perso ogni
rif lesso con l’origine.
Da secoli i governi che si sono succeduti nelle
zone di produzione della grappa hanno, via via sempre
più sradicato la grappa dall ’alveo agricolo e
vitivinicolo in cui è nata e cresciuta. Fino ad un certo
punto della nostra storia l’esigenza di condurla in esso
non è stata più di tanto sentita, ma oggi il
consumatore ha dimostrato di premiare la nostra
acquavite sulle altre soprattutto quando dimostra di
essere un diretto rif lesso della natura e della cultura
agreste che la distingue.
46 R. Zironi (1996) “La Certificazione Naz.le della Qualità della Grappa”; tratto da “XIV Convegno Naz.le Grappa” 47 G. Martellini (1996) “La Nuova Normativa: Riflessi sulla Garanzia della Qualità”; tratto dal “XIV Convegno Naz.le grappa”
142
Ecco quindi l’esigenza di una nuova gerarchia
della grappa che non può non seguire quella dei vini;
e questo per almeno un paio di buone ragioni. In
primo luogo per essere più facilmente capita e
ricordata in quanto in grado di sfruttare una piramide
esistente e ampiamente pubblicizzata;
secondariamente perché il rif lesso della terra, del
vitigno e dell’uomo sul suo profilo organolettico è
vero e reale. Con questo non è detto che tutta la
grappa debba essere a denominazione geografica o a
indicazione di vitigno: la storia tecnologica insegna
che molte volte i prodotti più completi sono frutto di
sapienti matrimoni.
L’importante però è che la piramide ci sia e, a
differenza di quanto previsto oggi dal 1576/89, che di
scalini ne abbia molti. I l più basso potrebbe essere
rappresentato dalla grappa standard, quello superiore
dalla grappa a denominazione geografica regionale
con l’ indicazione o meno del vitigno di origine e,
salendo, si potrebbe proprio pensare ad una grappa
DOC in perfetto parallelismo con la normativa dei
vini.48
6.4 L’analisi sensoriale a garanzia della qualità
della grappa.
Recenti studi di marketing hanno consentito di
mettere a punto un sistema sul quale basare le future
fortune della grappa. Esso si articola in cinque punti
fondamentali: sensorialità, sincerità, italianità, rarità,
ricchezza. Il fatto che la sensorialità sia in pole
position la dice lunga sull’ importanza dell’analisi
sensoriale nella contribuzione alla formazione e alla
48 R. Ottina (1996) “L’identità Regionale: Tradizione e Tecnologia per una Grappa di Qualità”; tratto dal “XIV Convegno Naz.le Grappa”
143
garanzia di sistemi di qualità. Gli obiettivi di
quest’ultima diventano veramente ambiziosi:
- determinare in modo oggettivo la rispondenza del
profilo sensoriale di una grappa con quello
maggiormente preferito dal consumatore;
- fornire dati certi sui quali implementare una
metodologia di innovazione tecnologica;
- determinare la rispondenza del profilo sensoriale di
una grappa alle caratteristiche di tipicità
dell’acquavite;
- fornire una pluralità di profil i accettati dal
consumatore per non deprimere la ricchezza di
gamma della grappa, altro fattore imprescindibile
nella determinazione della qualità;
- compendiare l’analisi chimica nei sistemi di
controllo di processo di produzione della grappa.
Per raggiungere questi obiettivi è stato messo a
punto un metodo tanto semplice quanto oneroso dal
punto di vista della realizzazione. In che consiste?
In pratica decine di grappe pronte per il mercato
vengono testate attraverso migliaia di consumatori
differenti per sesso, età, provenienza, cultura ecc.
registrando di ognuno il profilo per compiere
l’opportuna segmentazione richiesta dal marketing e
elaborando i giudizi espressi attraverso appropriate
tecniche statistiche. Delle medesime grappe si rileva:
- i l profilo sensoriale attraverso giudici esperti al
fine di determinare i parametri capaci di descriverle
compiutamente e la loro dimensione quantitativa;
- i l profilo chimico al fine di ricavare indicatori
significativi riguardanti i l processo tecnologico.
Attraverso il test sui consumatori si ha la risposta
di quale grappa piace e a chi, mediante l 'analisi
chimica si possono valutare una serie di condizioni in
cui è avvenuta la produzione e, per mezzo del panel di
assaggiatori, si disegna il profi lo sensoriale delle
diverse grappe. Correlando i dati del test sui
144
consumatori con quelli del panel analitico sensoriale
si ha l' indicazione di quali parametri occorre
enfatizzare e/o deprimere per accrescere la
soddisfazione dell 'utenza; correlando i dati del panel
analitico con quell i ottenuti attraverso l’analisi
chimica si ottengono indicazioni sulle modifiche da
apportare al ciclo di produzione. E, tanto i dati dedotti
dal test sui consumatori, quanto quelli ricavati
dall’analisi chimica vengono util izzati nella
formazione degli assaggiatori per ottenere risultati
sempre più precisi e mirati dall’analisi sensoriale.
Attraverso la prima ampia sperimentazione del
metodo si è giunti a delineare il profilo della grappa
symbol, la grappa che piace alla maggioranza dei
consumatori italiani. Non solo: di essa si sono definiti
i caratteri che creano la preferenza in modo da poterli
enfatizzare garantendo quindi la pluralità sensoriale
della grappa.
Volendo sintetizzare al massimo i risultati derivati
dalla sperimentazione si può dire che la grappa
symbol è un’acquavite morbida ma non dolce, molto
pulita e ricca di sensazioni floreali e fruttate.49 (Fig.
1)
49 R. Beltramo L. Odello (1996) “L’analisi sensoriale a garanzia della qualità della Grappa”; tratto dal “XIV Convegno Naz.le Grappa”
145
FIG. 1: Il nuovo modello di indagine (Fonte: AA.VV.
1997 “Grappa: analisi sensoriale e tecnologia”)
6.5 L’attuale percezione della qualità.
Trasportando i concetti solitamente usati per la
degustazione del vino, nel settore della grappa
possiamo ritenere che la percezione della qualità della
grappa si rilevi come segue:
a) aspetto visivo: se un raggio di luce attraversa
una bevanda senza essere deviato da corpuscoli
e giunge diritto al nostro occhio, si dice che il
146
liquido in esame è perfettamente trasparente.
Nel vocabolario della degustazione si usano i
termini bril lante, cristallina e limpidissima.
Quando questa virtù decade per la presenza di
crescenti quantità di particelle, anche se di
piccolissime dimensioni, gli aggettivi usati per
formare una scala discendente sono: limpida,
chiara, velata, opalescente, lattiginosa, torbida.
b) Nettezza olfattiva: la grappa, come il vino,
deve presentare solo profumi pulit i e di estrema
finezza. Le varie tipologie possono essere più
fruttate, o spiccatamente aromatiche e varietali,
oppure ampie ed eteree; altre ancora, una
maggiore persistenza aromatica. Ad ogni
livello ci può essere qualità, ma questa non può
transigere da un’impeccabile nettezza olfattiva.
c) Persistenza aromatica: dovuta alle componenti
aromatiche e sostenuta dagli elementi della
struttura; deve sfumare lentamente, a “becco di
flauto”, senza retrogusti particolari.
d) La tipicità: riferita a quelle grappe che “oltre al
nome portano anche un cognome”, le cosiddette
“da monovitigno”, dove il degustatore ricerca e
pretende di trovare componenti aromatici
varietali che identificano il vitigno di origine.
E’ la tipologia di grappa oggi più richiesta sul
mercato italiano ed estero, soprattutto per i
prodotti riferiti a vitigni di lunga tradizione
italiana.
La percezione della qualità, nelle grappe, così
come nel vino, deve essere svolta nell’assoluto
rispetto delle temperature di servizio, e delle forme
dei calici da degustazione.
La grappa è sempre stata l’orgoglio della
popolazione; tutti sanno cos’è, ma ancora pochi si
rendono conto della sua evoluzione qualitativa di
questi ultimi anni: dalla scelta delle materie prime,
147
alla cura nelle distil lazioni, all’ invecchiamento, sino
alla sua presentazione al mercato in nuove vesti, con
packaging particolari e studiati per una nuova
immagine di qualità che ultimamente ha raggiunto,
riaffermando ed incrementando il suo successo.
Ciò è dovuto alla sensibilità e oculatezza dei vari
produttori e degli esperti del settore che unendo le
loro forze sono riusciti a realizzare un prodotto
“nuovo”, se pur tradizionalmente antico, così da
riavvicinare una larga fascia di mercato a questo
nettare con profumo, aroma e gusto più variabil i e
soavi senza alterare quella forza e quel vigore che da
sempre racchiude in sé.
La grappa è unica, non ha rivali ne concorrenti, è
la tipica espressione del nostro amore per le cose
genuine, naturali e sincere che anche il resto del
mondo apprezza e consuma non solo qui in Italia, ma
anche a casa propria.50
6.6 L’importanza del bicchiere.
Dopo aver parlato della qualità della grappa e di
ciò che il consumatore cerca nella grappa, non
possiamo non sprecare una parola a favore del
bicchiere su cui deve essere degustata.
Ogni grande bevanda ha un suo bicchiere, un
bicchiere simbolo che fa del suo consumo un rito.
Ci sono grappe fantastiche che profumano come
giardini in fiore, e poi, versate nel solito bicchierino,
mantengono poche delle promesse che magari abbiamo
letto frettolosamente in controetichetta. Il mezzo
tecnico di degustazione – il bicchiere che ci troviamo
50 E. Furlan (1996) “ L’attuale percezione della qualità in Italia e all’Estero”; tratto da “XIV Convegno Naz.le Grappa”
148
in mano – difficilmente è capace di trasmettere le
tante sfaccettature di un buon disti l lato.
Il bicchiere per la degustazione della Grappa deve
essere in vetro o cristallo incolore e trasparente, per
poter valutare la trasparenza e la limpidezza della
Grappa giovane, l’ intensità e la tonalità di colore di
quella invecchiata.
La forma a “tulipano”, per permettere agli aromi
della Grappa di svilupparsi, concentrarsi ed infine
tornare ad aprirsi.
La superficie di evaporazione non deve essere
eccessiva, per evitare che la componente alcolica, più
volatile, prevalga sui profumi della materia prima,
dell’ invecchiamento o dell’aromatizzazione.
L’imboccatura leggermente svasata, per portare il
l iquido sulla parte anteriore della lingua, dove si
percepisce la sensazione dolce, e non sulla parte
posteriore dove si avverte maggiormente il gusto
amaro.
Il gambo lungo e sottile con anellino di fermo,
perché la mano rimanga lontana dalla coppa del
bicchiere, così da evitare di riscaldare la Grappa
provocando l’evaporazione della parte alcolica a
danno di quella aromatica.
149
CAPITOLO VII
ASPETTI LEGISLATIVI
7.1 La normativa.
Quando ci si trova di fronte ad un prodotto di
l imitata tiratura e di alta tipicità, distinto quindi da
forti ambizioni di voler trovare collocazione su
mercati dei cinque continenti, la normativa –ossia
l’ insieme delle regole che deve rispettare per poter
essere esportato- è cosa assai complicata in quanto,
non di rado, ci si trova di fronte a sovrapposizioni,
contraddizioni, provvedimenti che sbucano fuori dalla
memoria di solerti funzionari e adempimenti bizantini
capaci di complicare la vita anche al più determinato
produttore.
7.2 La normativa Europea.
Prima della pubblicazione del Regolamento
1576/89/CEE nessuna disposizione comunitaria
contemplava le bevande spiritose, in particolare per
quanto riguardava la definizione di tali prodotti e le
norme relative alla loro designazione e presentazione;
che, tenuto conto dell’ importanza economica dei
prodotti in causa, occorreva adottare in questo settore
disposizioni intese a facilitare il funzionamento del
mercato comune.
150
Le bevande spiritose rappresentano un importante
sbocco per l’agricoltura comunitaria, fatto non
disgiunto e direttamente conseguente alla rinomanza
che tali prodotti hanno conquistato nella Comunità e
sul mercato mondiale. Tale rinomanza è connessa al
l ivello qualitativo dei prodotti tradizionali ed è quindi
opportuno, per conservare questo sbocco, mantenere
elevato il, loro livello di qualità. Il mezzo migliore
per conseguire tale obiettivo consiste nel definire i
prodotti tenendo conto degli usi tradizionali che sono
alla base della loro rinomanza e riservare l’ impiego
delle denominazioni così definite a prodotti i l cui
profilo corrisponde a quello dei prodotti tradizionali,
per evitare che le denominazioni stesse vengano
sminuite di valore.
La normativa comunitaria deve riservare a
determinati territori, tra i quali possono figurare in via
eccezionale certi paesi, l ’ impiego di denominazioni di
natura geografica ad essi relative, sempre che le fasi
di fabbricazione del prodotto finito durante le quali
quest’ultimo acquista il suo carattere e le sue qualità
definit ive si siano svolte nella zona geografica in
causa. La normativa salvaguarderà il carattere di
indicazioni di provenienza delle denominazioni in
questione e impedirà che queste divengano di uso
comune e conseguentemente denominazioni generiche.
Le denominazioni devono garantire l’ informazione al
consumatore circa la provenienza del prodotto.
Il metodo normalmente e abitualmente seguito per
informare il consumatore consiste nel riportare
sull’etichetta un certo numero di diciture; che in
materia di etichettatura, alle bevande spiritose si
applicano le norme generali stabilite dalla dirett iva
79/112/CEE relativa al ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri concernenti
l ’etichettatura e la presentazione dei prodotti
151
alimentari, nonché la relativa pubblicità, modificata
da ultimo dalla direttiva 86/197/CEE.
La dirett iva 79/112/CEE rende obbligatorio talune
diciture nell’etichettatura, essa peraltro relativamente
imprecisa per quanto concernente il luogo di
fabbricazione; tale nozione, nel settore delle bevande,
ha un’importanza del tutto particolare a motivo
dell’associazione che spesso il consumatore instaura
tra la bevanda in questione e il suo luogo di
fabbricazione; l’assenza di tale indicazione rischia di
dare al consumatore l’ impressione di una falsa
origine.
Mi accingo a riportare le parti più salienti del
Regolamento CEE riguardante specificatamente la
grappa.
REGOLAMENTO CEE 1576/89
ARTICOLO 1
1) I l presente regolamento stabil isce le norme
generali relative alla definizione, alla
designazione e alla presentazione delle bevande
spiritose.
2) Ai sensi del presente regolamento si intende per
bevanda spiritosa il l iquido alcolico:
- destinato al consumo umano,
- avente caratteristiche organolettiche particolari e,
ad eccezione dei prodotti elencati nell’allegato III,
punto 1, un titolo alcolometrico minimo di 15% vol.
e ottenuto:
a) sia direttamente mediante distil lazione, in
presenza o meno di aromi, di prodotti
fermentati naturali e/o mediante macerazione di
sostanze vegetali e/o aggiunta di aromi,
zuccheri o altri prodotti edulcoranti e/o prodotti
agricoli nell’alcole etil ico di origine agricola
152
e/o distil lati di origine agricola e/o acquaviti,
quali definiti nel presente regolamento;
sia mediante miscelazione di una bevanda spiritosa
con una o più bevande spiritose; alcole etil ico di
origine agricola, distil lato di origine agricola o
acquavite; una o più bevande alcoliche; una o più
bevande.
Dopo le definizioni preliminari di cui cito le più
importanti:
- EDULCORAZIONE:
l’operazione che consiste nell’ impiegare, per la
preparazione delle bevande spiritose, uno o più dei
seguenti prodotti:
zucchero di fabbrica, zucchero bianco, zucchero
bianco raffinato, destrosio, sciroppo di glucosio,
zucchero liquido, zucchero liquido invertito,
sciroppo di zucchero invertito, mosto di uve
concentrato rettif icato, mosto di uve concentrato,
mosto di uve fresche, zucchero bruciato, miele,
sciroppo di carruba, nonché altre sostanze
glucidiche naturali aventi effetto analogo a quello
dei prodotti sopra elencati.
Per zucchero bruciato si intende il prodotto
ottenuto esclusivamente mediante riscaldamento
controllato del saccarosio, senza aggiunta di basi,
di acidi minerali o di altro additivo chimico.
(Direttiva 94/35/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio del 30 giugno 1994, sugli “edulcoranti”
destinati ad essere util izzati nei prodotti
alimentari);
- AROMATIZZAZIONE:
l’operazione consiste nell’ impiegare, per la
preparazione delle bevande spiritose, uno o più
aromi come definiti all’art.1, paragrafo 2, lettera a)
della direttiva 88/388/CEE;
153
-COLORAZIONE:
l’operazione consiste nell’ impiegare, per la
preparazione delle bevande spiritose, una o più
sostanze coloranti. E’ disciplinata dalla Direttiva
94/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 30 giugno 1994, sulle “sostanze coloranti”
destinate ad essere util izzate nei prodotti
alimentari.
La grappa non deve contenere additivi coloranti, se
invecchiata può contenere:
E 150a – Caramello semplice
E 150b – Caramello solfito-caustico
E 150c – Caramello ammoniacale
E 150d – Caramello solfito ammoniacale;
i l Regolamento passa a definire le categorie di
bevande spiritose e, per quanto riguarda
l’acquavite, cita alla lettera f del punto 4 dell’art.1:
ACQUAVITE DI VINACCIA O MARC
- La bevanda spiritosa:
- ottenuta da vinacce fermentate e distil late
direttamente mediante vapore acqueo oppure
dopo l’aggiunta di acqua e con eventuale
aggiunta di feccia, in una proporzione da
stabilire secondo la procedura prevista all’art.
15; la distil lazione è effettuata in presenza delle
vinacce stesse a meno di 86% vol. La
ridistil lazione a questa stessa gradazione alcolica
è autorizzata;
- Con un tenore di sostanze volatil i pari o
superiori a 140 g/hl di alcole a 100% vol e un
tenore massimo di alcole metilico di 1000 g/hl di
alcole a 100% vol.
- La denominazione acquavite di vinaccia o marc
può essere sostituita della denominazione grappa
154
unicamente per la bevanda spiritosa prodotta in
Italia.
ARTICOLO 2
Fatti salvi gli articoli 3, 4 e 12, per poter essere
commercializzata ai fini del consumo con una delle
denominazioni di cui all’art. 1, una bevanda
spiritosa deve rispondere alla definizione e ai
requisit i riguardanti la categoria alla quale
appartiene.
ARTICOLO 3
Fatta eccezione per le bevande spiritose al ginepro,
per poter essere destinate al consumo umano nella
Comunità con una delle denominazioni di cui
all’art.1, le bevande spiritose sotto elencate (cito
soltanto l’acquavite), devono possedere il seguente
titolo alcolometrico volumico minimo:
Acquavite Titolo alcolometrico minimo
Acquavite di vino 37,5% vol.
Acquavite di vinaccia 37,5% vol.
Grappa 37,5% vol.
ARTICOLO 4
La Comunità con la Direttiva 80/778/CEE del
Consiglio del 15 luglio 1980, concernente la qualità
delle acque destinate al consumo umano, e la
Dirett iva 80/777/CEE del Consiglio del 15 luglio
1980, ha definito le caratteristiche delle acque che
possono essere impiegate per l’alimentazione cioè
l’acqua aggiunta deve essere distil lata o
demineralizzata.
155
ARTICOLO 5
Nei vari punti di questo articolo si comprende che
la normativa comunitaria riserva a determinati
prodotti, l ’ impiego di denominazioni di natura
geografica ad essi relative, sempre che le fasi di
fabbricazione del prodotto finito durante le quali
quest’ultimo acquista il suo carattere e le sue
qualità definitive si siano svolte nella zona
geografica in causa. Riconoscendo così ai
produttori interessati diritti esclusivi. La normativa
comunitaria salvaguarda il carattere di provenienza
delle denominazioni in questione e impedisce che
queste divengano di uso comune e
conseguentemente denominazioni generiche.
Queste denominazioni garantiscono anche il
consumatore fornendogli informazioni precise circa
la provenienza di un prodotto caratterizzato dalle
materie prime impiegate o da particolari
procedimenti di produzione.
Gli Stati membri possono applicare norme nazionali
specifiche di produzione, di circolazione interna, di
designazione e presentazione di prodotti ottenuti
nel loro territorio sempre che siano compatibili con
il diritto comunitario.
ARTICOLO 7
La Comunità, sempre attraverso il Regolamento
1576/89 ha ritenuto opportuno fissare norme
relative alla maturazione o invecchiamento delle
bevande spiritose indicandolo alla lettera d) del
punto 2 dell’art.7:
Salvo eccezioni, la durata di invecchiamento può
essere indicata soltanto se riguarda il più giovane
dei costituenti alcolici, purché il prodotto sia stato
156
invecchiato sotto controllo fiscale o sotto controllo
che offra garanzie equivalenti.
CONFEZIONAMENTO
Imballi: molto particolareggiata è la disciplina
degli imballi che si estrinseca in diversi
provvedimenti normativi di seguito citati:
Dirett iva 75/107/CEE
Le bottiglie recipienti misura conformi a tale
direttiva devono riportare in modo chiaramente
visibile, leggibile e indelebile:
a) sulla superficie laterale, sulla superficie di
raccordo tra la superficie laterale e il fondo o sul
fondo:
- l ’ indicazione della capacità nominale, espressa in
litri, centil itri o mill i l itri;
- marchio di identificazione del fabbricante;
- i l contrassegno “3” (epsilon rovesciato) di altezza
minima di 3mm;
b) sul fondo o sulla superficie di raccordo tra la
superficie laterale e il fondo, per mezzo di cifre
aventi la stessa altezza minima sopraindicata:
- l ’ indicazione della capacità rasobordo, espressa in
cl, non seguita dal simbolo cl;
- e/o l’ indicazione della distanza in mm, seguita dal
simbolo mm, del piano del bordo dal livello di
riempimento corrispondente alla capacità nominale.
Regolamento 3280/CEE
Divieto di dispositivi di chiusura rivestiti da
capsula o involucro a base di piombo.
Dirett iva 94/62/CEE
Entro il 31 dicembre 1996 il Consiglio decide in
merito alla marcatura degli imballaggi, sulla base
del sistema di identificazione in allegato, in
157
particolare, il vetro deve avere una numerazione da
70 a 79 e/o l’abbreviazione del materiale usato,
inserita al centro o al disotto del marchio grafico
che indica la natura riutil izzabile o recuperabile
dell’ imballaggio.
Gli imballaggi devono essere muniti dell’opportuna
marcatura apposta sull’ imballaggio stesso o
sull’etichetta e deve essere chiaramente visibile e di
facile lettura. Requisiti essenziali riguardanti:
fabbricazione, composizione, riutil izzabilità e
recuperabilità.
Per quanto concerne la concentrazione dei metalli
pesanti presenti negli imballaggi, i l ivelli totali di
concentrazione di piombo, cadmio, mercurio e
cromo esavalente non devono superare i valori di
600 ppm in peso dopo due anni dal recepimento
della direttiva, 250 ppm in peso dopo 3 anni, 100
ppm in peso dopo 5 anni.
Tali l ivelli di concentrazione non si applicano agli
imballaggi interamente costituiti da cristallo.
ETICHETTATURA E PRESENTAZIONE
Le indicazioni obbligatorie sono:
- Denominazione di vendita: il regolamento
1576/89/CEE ammette la denominazione di grappa
unicamente per la bevanda spiritosa prodotta in
Italia.
- Elenco degli ingredienti: per quanto concerne le
bevande con un contenuto alcolico superiore a 1,2%
in volume il Consiglio stabilisce entro quattro anni
dalla notifica della presente direttiva le norme di
etichettatura.
- Quantitativo netto: espresso in unità di volume, la
direttiva 75/106/CEE, modificata dalla direttiva
78/891/CEE e 79/1005/CEE, afferma che
l’ iscrizione del volume nominale, espresso in litri,
158
centi l itri o mill i l itri, deve essere effettuata a mezzo
di cifre aventi altezza minima di: 6mm se il volume
nominale è superiore a 100 cl; mm4 se è compreso
fra i 100 cl inclusi e i 20 cl esclusi; 3 mm se è
compreso fra 20 cl inclusi e 5 cl esclusi; 2 mm se è
uguale o inferiore a 5 cl. Le cifre devono essere
seguite dal simbolo dell’unità di misura util izzata o
eventualmente dal suo nome. La lettera minuscola
“e”, dell’altezza minima di 3 mm, deve essere
collocata nello stesso campo visivo del volume
nominale.
- Termine minimo di conservazione: tale indicazione
non è richiesta per le bevande con un contenuto di
alcole pari o superiore al 10% in volume.
- Condizioni particolari di conservazione e di
util izzazione.
- Nome o ragione sociale e indirizzo del fabbricante
o del condizionatore o di un venditore stabilito
nella comunità.
- Luogo di origine o di provenienza: qualora
l’omissione possa indurre in errore il consumatore.
- Istruzione per l’uso: quando l’omissione non
consenta un uso appropriato della bevanda.
- Titolo alcolometrico volumico: per le bevande con
contenuto alcolico superiore all’1,2% in volume. La
direttiva 87/250/CEE afferma che il numero
corrispondente al titolo alcolometrico comprende al
massimo un decimale ed è accompagnato dal
simbolo “% vol.” e può essere preceduto dal
termine “alcol” o dalla sua abbreviazione “alc.”. E’
ammessa una tolleranza, in più o in meno, espressa
in valori assoluti di 0,3% vol.
- Indicazione del lotto: la direttiva 89/396/CEE
stabilisce che in etichetta deve comparire
un’indicazione che consenta di identificare la
partita alla quale una derrata alimentare appartiene,
preceduta dalla lettera “L”, salvo nel caso in cui,
159
questa indicazione, si distingua chiaramente dalle
altre indicazioni in etichetta.
La denominazione di vendita, la quantità nominale e il
titolo alcolometrico volumico vanno indicati nello
stesso campo visivo. Tali indicazioni devono essere
facilmente comprensibili ed apposte in un punto
evidente, in modo da essere facilmente visibili,
chiaramente leggibili e indelebili. Vanno fornite in
una lingua facilmente compresa dagli acquirenti. I l
regolamento 1586/89/CEE afferma che le indicazioni,
in esso previste, devono essere espresse in una o più
lingue ufficiali della Comunità.
La direttiva 75/106/CEE prevede che sia riportato un
marchio o un’iscrizione che permetta al servizio
competente di identificare chi ha effettuato il
riempimento, oppure l’ importatore stabili to nella
Comunità.
Tra le indicazioni non obbligatorie va ricordato i l
“codice a barre”.
ACCISA
Norma emanata dalla direttiva 92/12/CEE: l’accisa
diventa esigibile all’atto dell ’ immissione in
consumo ed è dovuta dalla persona che effettua la
fornitura o che detiene i prodotti destinati ad essere
forniti o alla quale i prodotti sono forniti
all’ interno di uno Stato membro diverso da quello
in cui sono già stati immessi in consumo o da parte
dell’operatore professionale o dall’organismo di
diritto pubblico.
La circolazione tra i territori dei diversi Stati membri
avviene sotto la scorta di un documento di
accompagnamento comunitario.
La circolazione in regime sospensivo deve avere luogo
tra depositi f iscali, accompagnato da un documento
rilasciato dallo speditore. Esso può essere un
160
documento amministrativo o un documento
commerciale. Qualora i prodotti che circolano in
regime sospensivo siano esportati, questo regime è
epurato mediante una certif icazione, da parte
dell’Ufficio doganale di uscita dalla Comunità, da cui
risulti che i prodotti hanno effettivamente lasciato la
Comunità.
(allegato II punto 6: acquavite di vinaccia)
7.3 La normativa Italiana.
Pur complesso, il quadro normativo dell’Unione
Europea tende indubbiamente ad armonizzare le regole
dei singoli paesi che, però, mantengono ancora alcune
peculiarità distintive.
Evidenzierò soltanto i punti che completano e
integrano la normativa comunitaria all’ interno del
nostro paese.
L’Ital ia è l’unico paese in cui l’acquavite di
vinaccia possa denominarsi grappa. E se allo stato
attuale alcune definizioni lasciano ancora un margine
interpretativo piuttosto elevato, l’attesa normativa in
fase di emanazione dovrebbe chiarire definitivamente
che per grappa si intende l’acquavite ottenuta da
vinaccia di uve maturate in Italia e distil lata su
territorio nazionale.
ETICHETTATURA
La materia è disciplinata dal Dlgs 27 gennaio
1992, n.109 relativo all’attuazione delle dirett ive
89/395/CEE e 89/396/CEE concernenti l ’etichettatura,
la presentazione e la pubblicità dei prodotti
alimentari.
161
L’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei
prodotti alimentari non devono essere tali da indurre
ad attribuire al prodotto proprietà atte a prevenire,
curare o guarire malattie umane né accennare a tali
proprietà che non possiede; non devono inoltre,
evidenziare caratteristiche particolari, quando tutt i i
prodotti alimentari analoghi possiedono le stesse
caratteristiche.
Il Dlgs 25 gennaio 1992, n.108, all’art. 3, comma 4,
specifica: il presente decreto non pregiudica
l’applicazione delle norme comunitarie previste ma le
integra con ulteriori obblighi:
a) Licenza fiscale: con il Rdl 2 febbraio 1933, n. 23
“Nuove misure per ostacolare lo smercio di alcole
di contrabbando”.
Art. 1 Chiunque produca e comunque prepari a
scopo di commercio, o importi dall 'estero,
parimenti a scopo di commercio, liquori, ovvero
estratti od essenze anche non contenenti alcol,
destinati alla preparazione di l iquori, come pure
profumerie alcoliche, è considerato come
fabbricante agli effetti delle leggi d’imposta sugli
spiriti e deve essere in possesso di l icenza annuale
rilasciata dalla Finanza.
Art. 3.2 Per i prodotti nazionali condizionati, a
norma del disposto del precedente comma, nella
fabbrica di origine, dovrà all’esterno dei recipienti
come sopra, oltre all’ indicazione della ditta o del
luogo ove esiste la fabbrica, indicarsi anche i l
numero della relativa licenza, di cui all’art.1.
Dlgs 26 ottobre 1995, n. 504. Sulle etichette,
applicate ai recipienti, devono risultare gli estremi
della licenza fiscale della ditta fabbricante o di chi
ha effettuato il confezionamento.
b) Marchio CEE con cui i fabbricanti devono
contrassegnare, i preimballaggi di propria
produzione per essere considerati preimballaggi
162
CEE, è costituito dalla lettera minuscola “e2”,
avente l’altezza minima di 3mm e la forma
rappresentata nell’allegato I al Dm 5 agosto 1976.
Il marchio CEE deve essere collocato nello stesso
campo visivo dell’ indicazione della quantità
nominale e deve essere indelebile e ben visibile
nelle condizioni usuali di presentazione dei
preimballaggi.
c) Riciclaggio: visto il comma 10 dell’art. 9quiter
della legge n. 475/1988 che, a partire dal 1 luglio
1989, prescrive che sugli imballaggi o sulle
etichette devono figurare chiaramente visibili ,
l ’ invito a non disperderli nell’ambiente dopo l’uso
e l’ indicazione dell’eventuale riempibilità, secondo
la direttiva 85/339/CEE del 27 giugno 1985, e che
da tale obbligo sono esclusi i contenitori riempibil i
per i quali valgono usi consolidati di ritiro.
d) Contrassegni di Stato consistono in fascette che
indicano recipienti contenenti l iquori e acquaviti,
previsti dai Dm 30 aprile 1949 e 30 dicembre 1950.
La fascetta deve essere attaccata intorno al collo
dei recipienti contenenti prodotti alcolici in modo
da ricoprire, con all’ incirca la metà della sua
altezza, il bordo della capsula applicata a chiusura
dei recipienti stessi.
L’adesivo impiegato dai fabbricanti per
l’ incollatura della fascetta deve essere approvato,
prima dell’uso, dall’Amministrazione finanziaria e
ciò per accertare che riesca ben difficile recuperare
in buono stato, sia con acqua fredda o calda, sia
con solventi, la fascetta dai recipienti a cui sia
stata applicata.
ACCISA
I prodotti soggetti ad accisa secondo quanto
indicato dal DL 31 dicembre 1992, n. 513 sono:
163
Art. 1
1) gli oli minerali, l ’alcole, le bevande alcoliche, i
tabacchi lavorati, come definiti negli articoli 17,
21, 22, 23, 24, 25, e 27 sono sottoposti ad accisa
secondo le disposizioni stabili te dal presente
decreto.
2) Ai fini del presente decreto si intende per:
a) accisa: l’ imposizione indiretta sulla produzione
o sui consumi prevista, dalle vigenti
disposizioni, con la denominazione di imposta
di fabbricazione o di consumo e corrispondente
sovrimposta di confine o di consumo;
b) deposito fiscale: l’ impianto in cui vengono
fabbricate, trasformate, detenute, ricevute o
spedite merci soggette ad accisa, in regime di
sospensione dei diritti di accisa, alle condizioni
stabilite dall’amministrazione finanziaria;
c) deposito autorizzato: il soggetto titolare è
responsabile della gestione del deposito fiscale;
d) regime sospensivo: il regime fiscale applicabile
alla fabbricazione, alla trasformazione, alla
detenzione ed alla circolazione dei prodotti
soggetti ad accisa fino al momento
dell’esigibilità dell’accisa o del verificarsi di
una causa estintiva del debito d’imposta.
e) Fatto generatore ed esigibilità dell ’accisa:
- i prodotti di cui all’art. 1, comma 1, sono
assoggettati ad accisa al momento della
fabbricazione o della importazione.
- L’accisa è esigibile all’atto dell’ immissione in
consumo del prodotto. Si considera immissione in
consumo anche:
a) l ’ammanco in misura superiore a quella
consentita o quando non ricorrono le condizioni
per la concessione dell’abbuono di cui all’art.
5;
164
b) lo svincolo, anche irregolare, da un regime
sospensivo;
c) la fabbricazione o l’ importazione, anche
irregolare, avvenuta al di fuori di un regime
sospensivo.
- E’ obbligato al pagamento dell’accisa il titolare del
deposito fiscale dal quale avviene l’ immissione al
consumo ovvero il soggetto nei cui confronti si
verificano i presupposti per l’esigibilità
dell’ imposta o che si è reso garante di tale
pagamento.
Art. 3
Accertamento liquidazione e pagamento dell’accisa.
1) I l prodotto da sottoporre ad accisa deve essere
accertato per quantità e qualità con l’osservanza
delle modalità operative stabili te dal Ministero
delle finanze – Dipartimento delle dogane e delle
imposte indirette.
2) La liquidazione dell’ imposta si effettua applicando
alla quantità di prodotto l’aliquota di imposta
vigente alla data di immissione in consumo. Per gli
ammanchi si applicano le aliquote vigenti al
momento in cui essi si sono verificati ovvero se
tale momento non può essere determinato le
aliquote vigenti all’atto della loro constatazione.
3) I l pagamento dell’accisa deve essere effettuato
entro il giorno 15 del mese successivo quello
dell’ immissione in consumo. Per i prodotti
d’importazione l’accisa è riscossa dalle dogane con
le modalità e nei termini previsti per i diritti di
confine fermo restando che il pagamento non può
essere fissato per un periodo di tempo superiore a
quello mediamente previsto per i prodotti
nazionali.
Art. 14
165
Rimborso d’accisa.
1) I prodotti assoggettati ad accisa immessi in
consumo possono dar luogo a rimborso della
stessa, su richiesta dell’operatore nell’esercizio
dell’attività economica da lui svolta, quando sono
destinati al consumo in un altro stato membro o
all’esportazione.
2) I l rimborso può essere concesso anche mediante
accredito dell’ imposta da uti l izzare per il
pagamento dell’accisa.
3) Con decreto del Ministro delle finanze sono
stabilite le caratteristiche e il prezzo dei
contrassegni previsti dall 'art. 13, nonché le
modalità per l’effettuazione dei rimborsi e dei
controlli in conformità alle disposizioni
comunitarie.
7.4 La denominazione d’origine controllata.
Nel giugno del 1990 il CIPE aveva approvato un
piano di intervento per il settore vitivinicolo che
prevedeva anche per le acquaviti viticole oltre che la
protezione delle denominazioni tradizionali anche
quella delle “denominazioni di origine”.
Nel 1991 allorché fervevano le discussioni sulla
riforma del D.P.R. 930 sulle denominazioni di origine
dei vini, era stato previsto di regolamentare anche le
denominazioni di origine delle acquaviti.
Anche in quella sede, però, i vecchi contrasti
hanno prevalso tanto che quel capitolo fu stralciato e
la nuova legge 164 del 1992 è nata senza nulla
prevedere per il settore specifico.
Per i sostenitori delle denominazioni di origine,
dare una carta d’identità alla grappa non significa
standardizzare il prodotto, ma regolamentare il meglio
dei suoi contenuti tradizionali in modo da costituire
166
un minimo comune entro il quale ogni produttore
possa esprimere la propria abilità ed esperienza.
Fare una regola che si basi sul concetto di
“tipicità” inteso come sinergismo tra ambiente,
vitigno e tecnologia di produzione.
Le difficoltà insorgono non appena si passa alla
fase operativa quando una norma che leghi, in modo
stretto, la grappa al territorio minaccia di ledere
interessi consolidati o va ad incidere sulle convinzioni
di fasce non trascurabili di produttori.
La denominazione di origine è una qualificazione
importante per il riconoscimento della originalità dei
prodotti e va gestita con coerenza ed in conformità
alle norme vigenti in materia.
Non è superfluo richiamare la definizione che di
“denominazione di origine” viene data dall’art. 2 del
Regolamento 2081/92/CEE nonché dalle convenzioni
internazionali quali quella famosa di Lisbona:
“il nome di una regione, di un luogo determinato o, in
casi eccezionali, di un paese che serve a designare un
prodotto agricolo o alimentare originario di tale
regione, di tale luogo determinato o di tale paese e la
cui qualità o le cui caratteristiche siano dovute
essenzialmente o esclusivamente all’ambiente
geografico comprensivo dei fattori naturali ed umani e
la cui produzione, trasformazione ed elaborazione
avvengano nell’area geografica delimitata”.
Con questa definizione contrastano taluni
riconoscimenti effettuati nel nostro paese per prodotti
che, pur possedendo particolari caratteristiche di
qualità e tipicità, non derivano alcuna caratteristica
particolare dall’ambiente geografico considerato; anzi
talvolta le denominazioni di origine sono studiate a
tavolino.
Il concetto di denominazione d’origine e la
designazione di un prodotto col nome della zona
geografica ove lo stesso è stato preparato evocano nel
167
consumatore una originalità ed una garanzia di qualità
acquisita attraverso la notorietà.
Talvolta le richieste per ottenere tale
riconoscimento sono state presentate non in presenza
di una effettiva esigenza di protezione di un nome, ma
allo scopo di creare nicchie di potere e/o di mercato e
far pagare quel prodotto a prezzo più elevato perché a
denominazione di origine.
La confusione è enorme sia nel mondo agricolo
che tra i mass-media che sono portati a considerare
DOC un prodotto che possieda un minimo di qualità,
mentre l’origine va riconosciuta e protetta in presenza
di un luogo che ha conferito notorietà e caratteristiche
specifiche derivanti dall’ambiente geografico, di
un’affermazione commerciale e di atti di concorrenza
sleale e/o di imitazione.
Ove tali regole non vengano attentamente valutate
la denominazione di origine viene svuotata del suo
reale significato e si riduce solo ad una presa in giro
per il consumatore.
Non bisogna dimenticare che, nell’ impatto
commerciale, è vero che alla denominazione di origine
viene attribuita dal consumatore grande importanza,
ma è altrettanto vero che la marca o il marchio
aziendale si impone con forza ancora maggiore sul
consumatore soprattutto quando il prodotto presenta
peculiari e soddisfacenti caratteristiche.
Ci si auspica che questo provvedimento sia varato
al più presto e il riconoscimento della DOC alle
grappe diventi uno strumento per farne un prodotto di
alta qualità nell’ interesse dei consumatori e
dell’economia nazionale.
168
CAPITOLO VIII
IL CONSUMATORE E LA GRAPPA
8.1 Il problema dell’alcolismo.
L’accentuarsi delle problematiche salutistiche ha
infervorato il dibattito sulle bevande alcoliche e sul
problema dell’alcolismo. La sempre maggiore
attenzione alla salute ha poi dato vita in quasi tutti i
paesi europei, nord americani, asiatici e dell’Oceania
a vere e proprie campagne per contenere il consumo di
alcol; inoltre si sono registrate limitazioni all’offerta,
incrementi nelle tasse e norme restrittive sulla
promozione. Tutti questi provvedimenti hanno come
obiettivo dichiarato la riduzione dell’abuso di alcol,
ma dietro questo scopo si nascondono attacchi alle
stesse bevande alcoliche e a quel consumo normale e
moderato proprio della maggioranza della
popolazione.
Non vi sono dubbi che un consumo eccessivo di
alcol possa arrecare, sul breve e lungo periodo, danni
sotto il profilo medico o sociale. Ma è altrettanto vero
che nessuno di questi effetti negativi è mai associato a
un consumo normale; anzi, numerosi fatti dimostrano
che vi è una relazione fra il consumo di due, tre drinks
al giorno e una diminuzione delle malattie cardiache,
un abbassamento della pressione, un minor stress e un
miglioramento dei rapporti sociali. Si tratta quindi di
battersi per un consumo di alcol responsabile,
169
riconoscendo la falsità del concetto secondo il quale
diminuendo il consumo totale di alcol se ne
diminuisce l’abuso.
E’ interessante notare come l’alcol sia una delle
sostanze su cui sono state fatte più ricerche;
nonostante ciò nessuno ha una risposta precisa alla
domanda: “Cos’è un alcolista e quali sono i fattori che
fanno sì che una persona diventi tale?”.
Alcolista viene definito generalmente chi è
mentalmente o fisicamente dipendente da quantità di
alcol assunte regolarmente, ma come le persone
giungano a tale stadio è una questione a cui non è
ancora stata data una soluzione univoca. A questo
proposito vi sono due tesi: la prima considera
l'alcolismo una malattia che colpisce alcune persone
vulnerabili, per la quale non vi sono cure ma a cui si
può porre rimedio astenendosi dal bere alcolici per
tutta la vita; la seconda, invece, asserisce che
l’alcolismo è acquisito socialmente, è un’esperienza
che si apprende forse come reazione a condizioni
personali o sociali, a un’incapacità di far fronte alla
vita o a una bassa considerazione di se stessi.51
Recenti statistiche mettono in evidenza il profilo
dei consumatori di Grappa divisi per sesso, età ed aree
geografiche:
SESSO
Maschi 70,3%
Femmine 29,6%
51 Rivista (1991) “Bargiornale”
170
ETÀ
18-24enni 6,0%
25-34enni 12,6%
35-44enni 23,3%
45-54enni 23,5%
55-64enni 17,4%
65-79enni 16,9%
AREA GEOGRAFICA
Nord-Ovest 32,8%
Nord-Est 38,9%
Centro 22,5%
Sud-Isole 5,6%
L’abuso è un male ma un uso corretto di Grappa
può essere un complemento dell’alimentazione
quotidiana. Assumere un bicchierino dopo il pasto
serale, sgombra il terreno dagli stati di ansia
accumulata durante il giorno, favorendo il sonno.
8.2 La classificazione dei consumatori.
I consumatori possono essere classificati in tre
grandi categorie:
- I dinosauri.
Hanno normalmente più di cinquant’anni, una
cultura medio bassa, leggono poco e affidano
pigramente la loro informazione alla televisione,
non viaggiano molto e dispongono di redditi medio
bassi. Sono ancora dei buoni consumatori, ma di
grappa standard, non di rado invecchiata. Si
171
rivolgono prevalentemente a marche conosciute e
dedicano una notevole attenzione al prezzo. Di essi
la grappa ha bisogno perché rappresentano
comunque una buona fascia di consumatori che
partecipano in modo significativo alla
determinazione dei volumi di vendita. Ma sono in
via di estinzione e difficilmente si potranno
convertire ad un consumo più qualificato.
- I sapienti.
Hanno generalmente un’età compresa tra
trentacinque e cinquant’anni, conducono una vita
attiva e piena, sono laureati o almeno diplomati,
leggono, viaggiano, ci tengono a mantenersi
aggiornati su tutto, partecipano a corsi di
educazione alimentare e di assaggio, amano la
civiltà della tavola e la vita di società.
Rappresentano il punto di appoggio per la crescita
della grappa in quanto sanno valutare e premiare gli
sforzi prodigati dai produttori per fare cose nuove,
migliorare la qualità, dare grappe con
caratteristiche sensoriali maggiormente appaganti.
Sono però degli infedeli: non solo consumano molte
altre acquaviti oltre la grappa, ma nell’ambito della
categoria merceologica consumano grappe di
marche diverse e rincorrono l’ultima novità.
- Le grandi promesse.
Appartengono a questa categoria i giovani e le
donne. I primi, di età compresa tra i 18 e i 25 anni,
apprezzano soprattutto liquori di grappa alla frutta
e acquaviti particolarmente gentil i e aromatiche.
Ma, da quando si è notato con le ultime indagini, si
avvicinano alla grappa con crescente interesse e
molta attenzione. Contrariamente a quanto si pensa,
hanno disponibil ità finanziarie non troppo esigue e
sono degli sperimentatori infaticabili. La grappa
172
per loro è un compendio per la socializzazione,
viene quindi consumata prevalentemente fuori casa,
nei punti di aggregazione. E il problema potrebbe
proprio essere questo: la gestione di questi punti
molte volte non è sufficientemente il luminata da
poter essere educata ad una proposta di grappa di
qualità.
Le donne stanno manifestando un notevole interesse
per la grappa e costituiscono un elemento strategico
per il futuro della nostra acquavite. Esse
rappresentano infatti la coscienza del nucleo
famigliare: presidiano il budget e quindi hanno
molta voce in capitolo sulla destinazione della
spesa, difendono la salute del marito e dei figli e
sono le guardiane della moralità. Se la donna ama
la grappa diventa una grande alleata: trova in essa
un elemento di comunione con il partner, è
consumatrice attenta alla qualità e apre
adeguatamente i cordoni della borsa.52
52 Rivista n.73 Primavera (1999) “L’assaggiatore”
173
CONCLUSIONE
L’acquavite di vinaccia è definita, dal
regolamento CEE 1576/89, come una bevanda
spiritosa ottenuta da vinacce distil late direttamente,
mediante vapore acqueo o con l’aggiunta di acqua o
con l’eventuale aggiunta di feccia in una proporzione
da stabilire, secondo quanto previsto dall’art.15 del
Regolamento.
La denominazione “Acquavite di Vinaccia” può
essere sostituita dal termine “Grappa” soltanto per la
bevanda spiritosa prodotta in Italia.
Come sia nata la Grappa non lo sappiamo con
precisione, è probabile che, nei tempi lontani, qualche
servo abbia imparato a fare ciò che il padrone faceva
con il vino ma distil lando le vinacce; ottenendo una
bevanda rude non certo per palati genti l i.
Un tempo la Grappa era diffusa solo tra i ceti più
umili, oggi è un prodotto di qualità che fa tendenza
nei locali più alla moda.
La storia della Grappa può essere riassunta in tre
punti fondamentali:
1. Dai primordi della distil lazione della vinaccia alla
fine della I guerra mondiale. Nel primo periodo la
sua diffusione è molto limitata, è una bevanda
destinata al consumo familiare e contadino della
gente del Nord. Con l’avvento della I guerra
mondiale milioni di soldati convergono nel
territorio Veneto per far barriera agli austroungarici
e molti di essi imparano a conoscere e apprezzare la
Grappa. È in questo periodo che nasce l’abbinata
grappa-alpino.
2. Dal termine della II guerra mondiale agli anni ’60.
Gli uomini che furono al fronte si portarono
appresso il ricordo della Grappa. Iniziarono ad
174
aumentare le richieste e di conseguenza anche le
distil lerie aumentarono.
3. Dagli anni ’60 ai giorni nostri. I l periodo positivo
continuò fino agli anni ’80, quando si è presentata
la tendenza negativa dei consumi della Grappa e di
tutti i superalcolici. Numerose distil lerie chiusero e
le rimanenti dovettero cambiare il modo di vedere e
produrre la Grappa.
Anche la distil leria da me presa in considerazione –
G.B. Poli- ha subito un’evoluzione nel tempo. Ciò che
andava bene una volta non è detto che vada bene
anche ora. I gusti della clientela sono cambiati, un
tempo si beveva Grappa per riscaldarsi, si potrebbe
anche dire per nutrirsi, oggi si degusta la Grappa per
ricercare sensazioni organolettiche nuove.
La Grappa, per la particolarità della materia prima
da cui deriva, presenta gusti e caratteristiche ben
marcate e tipiche, con intenso aroma di uva e di
fermentazione, presente soprattutto nelle Grappe non
invecchiate. L’aroma di una Grappa è la risultante di
una serie di fattori che partono dal vitigno di
provenienza per finire ad operazioni quali
invecchiamento ed aromatizzazione con piante
officinali. Le Grappe prodotte nel Nord Italia hanno
caratteristiche e gusti diversi a seconda che
provengano dal Nord-Est o dal Nord-Ovest. E’ vero
che si tratta sempre di Grappa, ma le condizioni
climatiche e i diversi vitigni di provenienza ne
influenzano in maniera impressionante l’aroma. Le
Grappe venete, friulane e trentine si presentano come
distil lati più morbidi e aromatici, mentre quelle
piemontesi e lombarde sono più secche e aromatiche
più idonee all’ invecchiamento.
L’ubicazione geografica presenta dei vantaggi da
un punto di vista produttivo in quanto consente un
rapido collegamento con le aree di
approvvigionamento della materia prima. Il motivo
175
principale per cui i l fondatore della distil leria G.B.
Poli la situò in Schiavon, provincia di Vicenza, fu la
comodità con la zona di Breganze, ricca di vigneti.
Tutt’oggi la distil leria G.B. Poli acquista la vinaccia
necessaria alla produzione dei propri distil lati da
cantine private, sociali e piccoli viticoltori i cui
vigneti si trovano in zone D.O.C., situati in provincia
di Vicenza e nelle provincie limitrofe di Treviso e
Padova. È una scelta dettata dalla volontà di conferire
al distil lato una tipicità organolettica derivante dal
territorio di origine della materia prima.
Per quanto riguarda il processo produttivo, può
essere condotto con impianti discontinui oppure con
impianti continui.
La distil lazione discontinua delle vinacce,
consiste nella intermittente alimentazione
dell’alambicco con una quantità prestabilita di
vinaccia (prodotto grezzo) e, nella intermittente
separazione ed estrazione del prodotto: Grappa.
Nella distil lazione discontinua il riscaldamento
può essere effettuato a fuoco diretto, a bagnomaria ed
a vapore, con netta prevalenza degli ultimi due
sistemi, in quanto evitano le bruciature delle vinacce e
il conseguente passaggio di aromi indesiderati nel
distil lato.
Il procedimento di distil lazione continua delle
vinacce consiste in un carico e scarico della vinaccia
dall’alambicco senza mai interrompere il processo
produttivo.
Fino agli anni ’60 il sistema di distil lazione in
Italia era rappresentato dai sistemi discontinui,
successivamente si fece avanti dagli Stati Uniti un
apparecchio in grado di distil lare la vinaccia in modo
continuo. Scoppiò la polemica tra modernisti e
tradizionalisti: i primi sostenevano che distil lando in
continuo si poteva rendere più economica la
produzione della Grappa e quindi favorirne la
176
diffusione anche all’estero, i secondi controbattevano
che era un tradimento della tradizione, era la
negazione di uno dei simboli classici della Grappa e
da più parti si criticava l’alambicco continuo per la
qualità dell’acquavite che originava. Nonostante tutto
l’alambicco prese piede e, oggi, grossa parte della
produzione è ottenuta con questo metodo che dà un
prodotto neutro non adatto alle produzioni di Grappe
pregiate che sono distil late con impianti discontinui.
La distil leria G.B. Poli util izza un alambicco in
rame composto da caldaiette a vapore a ciclo
discontinuo. E’ un alambicco artigianale adatto a
distil lare piccole quantità, ma senza dubbio è quanto
di meglio esista se si considera la qualità del distil lato
che si riesce ad ottenere.
Il processo produttivo, come del resto ogni
produzione industriale ed artigianale, è afflitto da
alcuni problemi relativi allo smaltimento o al
riciclaggio dei sottoprodotti, non scevri da
implicazioni di carattere ecologico.
Il problema principale concerne le acque di
scarico o “borlande”, mentre i vinaccioli vengono
inviati agli oleifici e le bucce essiccate possono essere
util izzate come combustibile, come mangime o ancora
come concime.
L’estrazione dei tartrati rappresenta anch’essa una
util izzazione dei sottoprodotti, ma comporta notevoli
problemi relativamente alle acque di lavorazione,
notevolmente inquinanti e richiedenti pertanto costosi
impianti di depurazione. Nell’ ipotesi che si proceda
alla sola distil lazione, estrazione dei vinaccioli ed
essiccamento delle bucce, il l ivello inquinante delle
acque di scarico è notevolmente ridotto rispetto a
quello in cui vi fosse anche l'estrazione dei tartrati. La
legge vieta lo scarico diretto nelle acque sotterranee e
nel sottosuolo. Tutti gli scarichi devono essere
preventivamente autorizzati e, l ’autorizzazione è
177
valida per quattro anni dal momento del rilascio. I
titolari degli scarichi esistenti devono adeguarsi alla
nuova disciplina entro tre anni dalla data di entrata in
vigore del D.Lg cioè entro il 13 giugno 2002.
Per lo smaltimento dei rif iuti due sono le
opportunità offerte alle distil lerie: la prima, consiste
nel consegnare gli scarichi a consorzi di raccolta e
smaltimento, risulta essere la più seguita, anche dalla
ditta Poli, nonostante comporti alti costi economici
che incidono sul conto economico delle aziende, la
seconda, consiste nello scarico in acque superficiali
nei l imiti indicati dalla legge e dalle norme Regionali
oppure l’allacciamento alla rete fognaria, fermo
restando l’ inderogabil ità dei limiti.
Dopo la distil lazione l’acquavite è sottoposta ad
una serie di operazioni consistenti nella riduzione del
grado alcolico, nella chiarif icazione e nella
fi ltrazione-refrigerazione, per eliminare eventuali
cause di torbidità, nell’eventuale aromatizzazione e
nell’ invecchiamento; quest’ultima lavorazione lascia
notevole spazio all’ inventiva dell’operatore sia per
quanto riguarda il legno da adottare, sia dal punto di
vista del periodo di invecchiamento e dell’uso
alternato di botti più o meno grandi. Risulta quindi
evidente che la preziosità e la particolarità di un
distil lato invecchiato dipendono molto dall’abili tà e
dall’estro del “mastro bottaio”.
La Grappa negli ultimi anni ha rinnovato la sua
immagine, attraverso la diffusione di Grappe di
qualità e prestigio che incontrano i nuovi gusti dei
consumatori e le nuove tendenze in atto nella società.
A questo proposito è molto importante notare che
anche in questo settore sta assumendo sempre più
importanza il marchio come garanzia di qualità,
poiché il consumatore è sempre più attento al nome
che non alle caratteristiche del prodotto. Inoltre si
presta sempre maggiore attenzione al packaging, che,
178
attraverso particolari bottiglie confezionate da famosi
mastri vetrai, da un ulteriore tocco di classe alle già
blasonate acquaviti monovitigno rendendole preziosi
regali da fare e da ricevere ed addirittura pezzi da
collezione.
In questo tentativo di rinnovamento di immagine,
si sta ponendo notevolmente l’accento da parte dei
produttori sulla tutela del prodotto, finora largamente
insufficiente per garantirne la qualità presso il
consumatore.
Il Regolamento CEE 1576/89, riconoscendo la
denominazione “Grappa” alla sola acquavite di
vinaccia prodotta in Italia, le attr ibuisce la “patente”
di distil lato tipicamente italiano.
Ci sono state delle proposte al fine di istituire la
denominazione di origine controllata alla Grappa,
sulla scorta delle esperienze conseguite per i vini ma,
il tutto fu arenato e la Grappa sta ancora aspettando la
sua D.O.C..
È opportuno, a questo punto, spendere due parole
sull 'ANAG (associazione di assaggiatori) fondata nel
1978, con il compito di educare i consumatori e di
premere sui prodotti affinché perseguano la linea di
qualità. Questo organismo, unico nel suo genere in
campo mondiale nel comparto dei distil lati, ha saputo
creare, anche tramite l’ istituzione dell’albo delle
Grappe di qualità e, particolari schede di assaggio
della stessa, uno straordinario movimento di opinione
a favore dell’ intero settore attribuendo a questo
distil lato il simbolo del “made in Italy” di cui andare
giustamente orgogliosi. Si tratta di sfatare quella
ingiusta nomea che è stata data dai salutisti all’alcol.
Un consumo eccessivo di alcol può arrecare danni
sotto il profi lo medico e sociale ma è altrettanto vero
che questi effetti negativi non possono essere
associati ad un consumo normale.
179
L’acquavite di vinaccia sta ritornando di moda e,
soprattutto, sta riconquistando la fiducia dei
consumatori, troppe volte in passato tradita dalla
mancanza di cura nella sua produzione presentata da
vinificatori improvvisatisi distil latori che sfruttavano
le opportunità offerte dall 'util izzo degli scarti del
vino, le vinacce appunto. Ora, invece, i produttori si
stanno muovendo verso una sempre maggiore cura
della qualità del prodotto, attraverso attenti controlli
che tutelino la qualità e la buona fede del
consumatore. Gli sforzi in questa direzione sembrano
dare buoni frutti dato l’ incremento delle esportazioni.