Università degli Studi di Verona Dipartimento di Filosofia ... · agire in piena libertà, la...

37
Università degli Studi di Verona Dipartimento di Filosofia, Pedagogia e Psicologia Master universitario di primo livello in “Apprendimento, lavoro e sviluppo organizzativo” Anno accademico 2013-2014 PROJECT WORK Le buone pratiche della didattica all'IIS Einaudi-Scarpa di Montebelluna Francesca Sodano

Transcript of Università degli Studi di Verona Dipartimento di Filosofia ... · agire in piena libertà, la...

Università degli Studi di Verona

Dipartimento di Filosofia, Pedagogia e Psicologia

Master universitario di primo livello in

“Apprendimento, lavoro e sviluppo organizzativo”

Anno accademico 2013-2014

PROJECT WORK

Le buone pratiche della didatticaall'IIS Einaudi-Scarpa di Montebelluna

Francesca Sodano

INDICE

Introduzione p. 3

Inquadramento teorico

Come coltivare comunità di pratica fra docenti p. 5

L'”apprendimento sociale” dei docenti p. 6

La “svolta pratica” della didattica p. 7

Il progetto: le buone pratiche della didattica

Finalità e obiettivi p. 10

Contesto e analisi di fattibilità p. 10

Fasi e strategie operative p. 11

Declinazione dell'obiettivo specifico scelto p. 12

Analisi dei dati raccolti p. 13

Il punto di vista degli studenti p. 23

Condivisione dei risultati e monitoraggio p. 24

Riflessioni conclusive: dalla pratica alla teoria

Autovalutazione e riflessioni p. 27

Considerazioni finali sulla gestione dei gruppi p. 28

Bibliografia p. 31

Allegato A

Allegato B

Allegato C

Allegato D

2

Introduzione

Nella consapevolezza che pratica e teoria sono imprescindibilmente legate fra loro e si influenzano

a vicenda in un continuo rapporto di determinismo reciproco, il presente progetto intende procedere

induttivamente dalla pratica didattica, la buona pratica didattica, per rivisitare le teorie

sull'apprendimento in termini di efficacia e fattibilità.

La scuola è piena di docenti esperti che hanno macinato innumerevoli corsi di aggiornamento e

affinato, negli anni, strategie, metodologie e tecniche didattiche efficaci a promuovere

l'apprendimento di contenuti e competenze negli alunni. L'idea è quella di usare strategicamente

l'esperienza degli insegnati come risorsa a disposizione della didattica: si intende partire dalla

pratica, dall'esperienza concreta di chi questa professione la svolge quotidianamente, per elaborare

un prontuario di buon pratiche e condividerlo, costruendo un patrimonio comune da integrare e

rivedere continuamente. Nell'intenzione di chi scrive questo è solo un punto di partenza, il primo

mattoncino di un progetto d'istituto a lungo termine, che dovrebbe permettere la condivisione e la

trasmissione di buone pratiche didattiche. Per questa prima esperienza di riflessione e condivisione

il tema, scelto attraverso un questionario di rilevazione dei bisogni, è stato “la gestione di classi

prime multi livello con lo scopo di creare situazioni relazionali favorevoli all'apprendimento”, da

molti colleghi sentita come situazione di criticità e difficoltà. La tecnica utilizzata per raccogliere le

buone pratiche è stata quella dell'intervista, individuale o a piccoli gruppi, basata su di un

questionario e effettuata nei ritagli di tempo in modo molto informale, per lo più durante le ore non

di lezione frontale, in sala insegnanti o al bar della scuola sorseggiando un caffè, in corriera

tornando da una gita scolastica, in pausa pranzo. Si è trattato di un'occasione di ripensare al proprio

modo di lavorare, di raccontare e confrontarsi discutendo di scuola in modo riflessivo e propositivo,

orientati verso la soluzione dei problemi, piacevolmente disponibili a dare il proprio contributo e a

condividere il proprio know how. Su suggerimento di alcune ragazze la discussione è stata allargata

a tre classi, due quinte e una seconda, che hanno ripensato e rivisitato la propria esperienza in prima

superiore e fornito il punto di vista degli studenti.

Per contestualizzare scientificamente questo lavoro, verranno prese in considerazione due grandi

aree di ricerca in campo pedagogico e psicologico: le comunità di pratica e le dinamiche di gruppo.

Le prime fungeranno da inquadramento teorico del presente progetto/prodotto; le seconde,

coerentemente con quanto affermato in questa introduzione, verranno riprese dopo aver analizzato i

suggerimenti venuti dai docenti intervistati sulla gestione dei gruppi classe, seguendo un filo

continuo che dalla teoria porta alla pratica e viceversa.

3

PRIMA PARTE

INQUADRAMENTO TEORICO

LA SVOLTA PRATICA DELLA DIDATTICA

4

1. Come “coltivare” comunità di pratica tra docenti

L'aspetto sociale e partecipativo dell'apprendimento, delineato con con chiarezza, sistematicità e

sorprendente senso di insieme da Etienne Wenger e i suoi colleghi per l'università di Harvard nel

testo del 2002 “Cultivating Communities of Practice. A Guide to Managing Knowledge”, trova in

campo educativo un terreno molto fertile di applicazione per la natura stessa dell'istituzione scuola.

Quale ambiente più “sociale e partecipativo” di una classe? Il concetto risulta quasi scontato se

prendiamo in considerazione il gruppo di studenti, essi costituiscono una comunità in cui

l'apprendimento deve necessariamente passare anche attraverso la sua dimensione sociale, e su ciò

si potrebbero fare molteplici project work, ma se spostiamo il punto di vista e consideriamo il

docente nella classe, egli, o ella che sia, è da solo. Pochi mestieri garantiscono un'autonomia di

scelta sul come e cosa fare quanto l'insegnamento; a parte alcune situazioni di compresenza tra

insegnante tecnico pratico e docente teorico in alcune discipline, l'aula costituisce un terreno dove

agire in piena libertà, la sbandierata libertà di insegnamento, e scarsissimo controllo. La prospettiva

sociale dell'apprendimento che vede la costruzione dell'esperienza soggettiva come il risultato

dell'interazione e scambio costante di reciproche esperienze tra individui, trova scarsa applicazione

nel mestiere dell'insegnante. Di qui lo spunto di ripensare il corpo docenti come ad un insieme di

comunità, in cui la libertà di insegnamento viene modulata sulla condivisione di buone pratiche, in

modo tale che queste diventino patrimonio collettivo e momento di riflessione comune in continuo

divenire.

Come coltivare comunità di pratica tra docenti così isolati nell'espletamento del loro lavoro?

Wenger propone un approccio in tre fasi: per prima cosa è necessario individuare un 'area tematica

da condividere (fase uno); intorno a questa va sviluppata una comunità di individui disponibili alla

condivisione e i cui rapporti siano improntati alla fiducia reciproca (fase due); in ultima istanza le

pratiche emerse dall'esperienza raccontata e condivisa vanno valorizzate e formalizzate in modo

produttivo, così da diventare patrimonio comune e generare senso positivo di appartenenza e

desiderio di ulteriore sviluppo e crescita (fase tre). Wenger ritiene che le comunità di pratica, se

gestite in modo adeguato, possano rappresentare l'elemento trainante del successo di una

organizzazione, e traendo spunto dalle ricerche effettuate in settori organizzativi molto diversi, da

quelli squisitamente tecnici ad altri decisamente sociali, individua una serie di fattori comuni che

ne determinano la vitalità: l'orientamento allo sviluppo, il dialogo aperto, la capacità di interessare e

coinvolgere i suoi membri, l'enfasi sul valore e la rilevanza del lavoro svolto e/o dei prodotti

ottenuti, il coinvolgimento della sfera privata come di quella pubblica della comunità, la

combinazione di elementi conosciuti con altri di novità , la presenza di una successione ritmica di

procedure che da senso e valore alle pratiche condivise.

5

Il sistema organizzativo scuola può sfruttare questi studi per migliorare la propria efficacia,

incrementare il successo formativo degli studenti e aumentare la motivazione di una classe docente

al contrario piuttosto demotivata. Una prospettiva sociale dell'insegnamento, come risultato

dell'applicazione di pratiche maggiormente raccontate, concordate e condivise, potrebbe traghettare

la scuola fuori dalla palude delle procedure eccessivamente burocratiche in cui sembra incagliata e

compensare la mancanza di tirocinio attivo nella formazione di molti docenti, a parte forse quelli di

ultimissima generazione che, comunque, nella scuola devono ancora approdare. Servirebbe inoltre a

spostare l'accento e l'enfasi dalla lamentela e dalla commiserazione per situazioni oggettive sempre

più problematiche, alla socializzazione e condivisione di questi problemi, con l'intento di trovare

soluzioni e favorire il benessere dei docenti prima ancora che degli studenti. I trentuno alunni per

classe, l'analfabetismo di ritorno, gli alunni DSA e BES, i ragazzi stranieri che combattono con testi

teorici molto difficili, la maleducazione dilagante che va di pari passo con la scarsa considerazione

di molte famiglie per la scuola e i docenti, il divario digitale, solo per indicare alcuni dei problemi

sul tavolo, risulterebbero meno irrisolvibili se fossero portati fuori dalla classe, dove il docente

opera da solo, e diventassero argomento di discussione e condivisione all'interno delle istituzione

scolastiche. La scuola ha bisogno di ritrovare il senso del suo valore e della sua importanza, della

sua centralità nella società civile.

2. L' “apprendimento sociale” dei docenti

Il presente lavoro discute quindi di apprendimento pensando ai docenti, piuttosto che agli studenti,

i quali si interrogano sul significato della propria esperienza di insegnamento, ripensano alla propria

comunità di appartenenza, si chiedono cosa fanno nella pratica quotidiana e riflettono

sull'evoluzione del proprio ruolo, in definitiva sulla propria identità. Per uscire da pratiche

stereotipate e ripetute, sempre uguali, nel corso degli anni, affinché la scuola si adegui ad una

società in evoluzione rapida e costante, é necessario che gli insegnanti portino le pratiche didattiche

fuori dalle classi, le raccontino e le formalizzino all'interno della propria comunità di appartenenza,

per dare forma a un significato condiviso di pratiche di insegnamento efficaci, le buone pratiche

della didattica che fanno l'insegnante del ventunesimo secolo. Ciò non significa mettere in

discussione la libertà di insegnamento, ma offrire a ciascun docente una gamma di opzioni e

possibilità di intervento modulate sulla condivisione di esperienze e negoziate con gli altri attori

sulla scena; lui/lei poi deciderà, in piena autonomia, quali adottare a seconda delle situazioni e delle

proprie caratteristiche personali. Lo stesso Etienne Wenger in un recentissimo contributo al Festival

della Ricerca, organizzato dall'Università di Brighton nel novembre 2013, dal titolo “Learning in

landscapes of practice: recent development in social learning theory” ha delineato un nuovo e

6

complesso scenario per l'apprendimento sociale, che rappresenta un'evoluzione rispetto al concetto

di comunità di pratica elaborato circa quindici anni prima, quello del “paesaggio

dell'apprendimento”. (Un simile scenario, the learning landscape, è stato delineato da Serafina

Pastore in “Lavoro e Apprendimento” del 2012). In esso l'individuo, che ricopre un ruolo

fondamentale, traccia e percorre la sua traiettoria incontrando varie comunità di pratica,

soffermandosi e assolvendo alla propria funzione sociale dove lo ritiene necessario, ma muovendosi

sostanzialmente da solo in un mondo sempre più complesso. Questo non significa rinunciare ad una

teoria sociale dell'apprendimento, ma adattare la teoria alle esigenze del singolo individuo. Durante

la conferenza Wenger proietta sullo schermo l'immagine di un camminatore con una traiettoria

tracciata in giallo su di un paesaggio ampio tra colline, valli e montagne in lontananza. Il

camminatore è attrezzato per affrontare il percorso, sembra sapere già dove andare e si muove da

solo. E` un po' come il docente della scuola italiana che arriva con la sua formazione universitaria,

ha un curriculum da seguire, indicazioni ministeriali da applicare e svolge la sua funzione in

solitudine. Il paesaggio dove agire è ben più ampio della classe, è fatto di organi collegiali, istituto

o istituti di appartenenza, il bar della scuola, corsi di aggiornamento, master di primo livello,

funzioni strumentali, incarichi, progetti regionali e progetti europei, la rete… Il docente agisce in

tutte queste comunità, attinge da esse conoscenza/competenza che poi trasferisce nel proprio

insegnamento. Manca forse la socializzazione di questa operazione squisitamente individuale e

originale, la condivisione di pratiche didattiche efficaci, nella consapevolezza che esse sono

irripetibili e vanno adattate alle mutate e mutevoli situazioni contingenti.

3. La “svolta pratica” della didattica

L'idea di come coltivare comunità di pratica all'IIS Einaudi-Scarpa di Montebelluna è nata durante

le prime lezioni di questo master e dalla lettura del volume di Giuseppe Tacconi “La didattica al

lavoro”, dove l'autore dà voce ai docenti di area culturale che operano nei Cfp (Centri regionali di

formazione professionale) a proposito di “quella complessa azione che è l'insegnamento”1, che

costituisce ben più di “un sapere sui contenuti stessi”2. Questa ricerca empirica di tipo qualitativo

sulle “pratiche formative” di una tipologia particolare di docenti, quelli che operano con studenti

con un basso stato socio-economico-culturale cercando di insegnare loro materie di cultura generale

che contribuiscono alla formazione della persona e del cittadino, mi ha aperto gli occhi alla

possibilità di utilizzare, all'interno del microcosmo del mio istituto di riferimento, una tecnica di

intervento su e condivisione di pratiche di insegnamento, simile a quella delineata in questo

1 � Giuseppe Tacconi, “La didattica al lavoro”, Franco Angeli, 20112 � ibidem

7

interessantissimo libro. Mi sento di sposare senza riserve la teoria della “svolta pratica” che

scaturisce da questa ricerca, condivido il metodo della grounded theory, in essa citato, che procede

induttivamente dai dati raccolti, ovvero dalla pratica, per elaborare una teoria radicata nel fare, che

ripensa l'azione di insegnamento mentre viene raccontata e la prende a modello di azioni future,

nella consapevolezza che la pratica possa pervenire alla riflessione e generalizzazione teorica

altrettanto quanto le teorie didattiche influenzano la pratica didattica. Come spiega Giuseppe

Tacconi nella parte prima di questo volume, il tradurre le pratiche didattiche dei docenti in

resoconto scritto, in modo che possano costituire un patrimonio di risorse operative a cui attingere,

implica contemporaneamente un processo di “descrizione o narrazione e concettualizzazione”3 dove

analisi e sintesi contribuiscono, assieme, a costruire “una teoria dell'azione”4. E' questo che si tenta

di fare, in misura molto limitata, con il presente lavoro: indurre i docenti a raccontare e

contemporaneamente a ripensare in modo critico il proprio operato in aula, relativamente ad un

aspetto particolare del loro mestiere. Noi insegnanti veniamo finalmente riconosciuti quali veri

“esperti” di didattica, coloro che sul campo applicano teorie pedagogiche di vario orientamento e le

trasformano in pratiche didattiche quotidiane, in continua evoluzione, per assecondare situazioni

mai ripetibili. Chi scrive trova in questo importante cambiamento di prospettiva un'opportunità di

miglioramento e crescita in una categoria alquanto fiacca e demotivata che sente il bisogno di

vedere riconosciuta la propria rilevanza e la propria professionalità.

3 � Giuseppe Tacconi, “La didattica al lavoro”, Franco Angeli, 20114 � ibidem

8

SECONDA PARTE

IL PROGETTO

LE BUONE PRATICHE DELLA DIDATTICA

Per una gestione efficace delle classi prime multilivello

9

Finalità e obiettivi

Questo progetto nasce con la finalità di promuovere la condivisione di buone pratiche didattiche tra

i docenti dell'IIS Einaudi-Scarpa di Montebelluna. La condivisione di buone pratiche persegue i

seguenti obiettivi generali:

promuovere motivazione,

creare un gruppo di docenti affiatato,

favorire l'inserimento di nuovi arrivati,

produrre materiale significativo e spendibile nella pratica didattica quotidiana,

favorire una didattica che miri alla costruzione di un ambiente favorevole a promuovere

curiosità, coinvolgimento e conseguente apprendimento negli studenti.

La curiosità implica una disposizione di allerta, una soglia di attenzione alta, la voglia di mettersi in

gioco, l'apertura verso il nuovo partendo dal conosciuto, il piacere di conoscere; non va data per

scontata, ma va indotta e coltivata. E` contagiosa, induce interesse e determina il coinvolgimento

dei discenti che sono disposti ad apprendere per soddisfare un desiderio ed un impulso interiore,

per entusiasmo.

Nel presente caso, l'obiettivo specifico, individuato attraverso un questionario di rilevamento dei

bisogni5, è quello di condividere strategie e pratiche per creare una situazione favorevole

all'apprendimento nelle classi prime dell'IIS Einaudi-Scarpa di Montebelluna, composte da

studenti con caratteristiche individuali, storie personali, competenze e conoscenze di base

diversificate.

Contesto e analisi di fattibilità

L'Istituto di istruzione superiore Einaudi-Scarpa è nato dal recente accorpamento dell'Istituto

Tecnico Einaudi con l'Istituto Professionale Scarpa. E`una scuola piuttosto grande con circa duemila

ragazzi e duecento docenti, molti dei quali con parecchi anni di insegnamento alle spalle, “esperti”

di didattica sul campo, risorse fino ad ora poco sfruttate dalla didattica teorica. Il primo passo è

stato quello di presentare la proposta nel dipartimento di lingue e in collegio docenti a giugno 2013.

La bozza di progetto6 è stata definitivamente approvata nel collegio docenti di settembre.

5 � Vedi allegato B6 � Vedi allegato A

10

Fasi e strategie operative

Si è proceduto mettendo in atto le seguenti azioni:

A) Presentazione della proposta nel dipartimento di lingue7 e approvazione del collegio docenti;

B) Costruzione e somministrazione di una scheda di rilevazione dei bisogni8;

C) Costruzione e somministrazione di un questionario relativo al bisogno più sensibile emerso

dalla scheda di rilevazione9;

D) Analisi dei risultati

E) Condivisione dei risultati:

- per mezzo della pubblicazione dei risultati sul sito web della scuola

- prevedendo alla ripresa delle attività scolastiche a settembre 2014 un focus group aperto a

tutti gli interessati.

All'approvazione della bozza di progetto in Collegio Docenti sono seguite una serie di interviste

individuali (22) effettuate fra ottobre e i primi di novembre 2013 utilizzando la scheda di

rilevazione dei bisogni sopra menzionata. Sono stati sentiti in questa prima fase colleghi di varie

discipline e di età anagrafiche diverse come risulta dalla compilazione della scheda10.

I più hanno indicato “modalità condivisa di gestione classi prime multi-livello / creare condizioni

relazionali per lavorare bene” come argomento per la riflessione e condivisione di buone pratiche.

Questo primo giro di interviste ha messo anche in luce quali esperienze professionali i docenti

interrogati considerano significative per la propria formazione. Oltre ai corsi di aggiornamento, i

colleghi vedono nell'esperienza diretta con gli studenti un elemento fondamentale della propria

crescita professionale. In particolare l'insegnare in situazioni di difficoltà (casi di dislessia,

bullismo, studenti stranieri, autismo o altro handicap) obbliga la classe docente a trovare strategie di

intervento originali e nuove, come pure l'insegnare in ordini di scuola diversi. Alcuni colleghi hanno

dichiarato di aver condiviso pratiche di insegnamento e di aver collaborato con docenti della stessa

disciplina con maggiore esperienza, formando vere e proprie comunità di pratica.

L'idea iniziale di organizzare dei focus group dove discutere di pratiche didattiche, che emerge nella

bozza di progetto allegata, è stata abbandonata dopo questo primo giro di interlocuzioni, e ho

accolto il suggerimento operativo di una collega di inglese: elaborare un ulteriore questionario per

la riflessione e la discussione della problematica scelta, e procedere a somministrarlo. Altre

proposte sulle modalità di lavoro fornite in questa fase interlocutoria sono state: la discussione di

esempi pratici e problemi complessi, il coinvolgere sia colleghi con anni di esperienza che colleghi

7 � Vedi allegato A8 � Vedi allegato B9 � Vedi allegato C10 � Vedi allegato D

11

giovani, l'organizzazione di un paio di incontri di feed back / follow up, allargare le buone pratiche

ai consigli di classe e ai dipartimenti, utilizzare il sito web della scuola e la piattaforma Moodle.

Come si vede dalle azioni indicati in apertura di questo capitolo, la pianificazione finale e la

realizzazione del lavoro ha tenuto in considerazione molti di questi suggerimenti.

La fase successiva ha visto la somministrazione di un nuovo questionario sulla gestione di classi

prime multi livello con lo scopo di raccogliere le buone pratiche messe in atto nel nostro istituto. Le

interviste effettuate in modo informale nei ritagli di tempo sia individualmente che a coppie o

piccoli gruppi, come già spiegato nell'introduzione, hanno avuto luogo tra febbraio e marzo 2014.

Declinazione dell'obiettivo specifico scelto

Il questionario somministrato è stato costruito declinando l'obiettivo specifico in sotto obiettivi e

formulando una domanda che perseguisse ciascuno di essi.

BISOGNO SCELTO / OBIETTIVO DEL QUESTIONARIO: condivisione di buone pratiche sullagestione di classi prime multi-livello per creare condizioni relazionali favorevoliall'apprendimento.

Sotto-obiettivi: Relative domande:

Raccogliere strategie utilizzate per relazionarsi con una nuova classe prima.

1. E` la prima ora di lezione con la tua nuova prima. Come gestisci quest'ora?

Raccogliere le modalità usate per stabilire i livelli di partenza della classe.

2. Come procedi per comprendere il livello di partenza degli studenti?

Raccogliere le modalità usate per generare dinamiche relazionali utili nel gruppo classe.

3. Cosa fai per favorire dinamiche relazionali dinamiche relazionali improntate al rispetto e alla collaborazione all'interno del gruppo?

Raccogliere gli aspetti critici principali che solitamente vengono rintracciati nella gestione dei livelli di partenza.

4. Quali sono i principali aspetti critici che hai rilevato nel corso della tua carriera nella gestione delle classi prime relativamente ai livelli di partenza?

Raccogliere gli aspetti critici principali che solitamente vengono rintracciati nella gestione delle dinamiche relazionali.

5. E relativamente alle dinamiche relazionali?

Raccogliere le modalità di gestione usate per fare fronte agli aspetti critici rilevati.

6. Come hai affrontato nel corso della tua carriera agli aspetti critici sopra citati? Quali sono state le modalità di gestione che hai

12

trovato più efficaci?

Raccogliere le modalità di gestione per fare fronte a studenti considerati “problematici”.

7. Come ti comporti con gli studenti particolarmente problematici? Ricordi un caso particolare in cui sei riuscito/a a coinvolgere positivamente questo tipo di studente?

Raccogliere le modalità di monitoraggio delle strategie di gestione usate.

8. Dopo aver messo in atto una tecnica di intervento efficace, cosa fai?

Raccogliere valutazioni sulle risorse offerte dall'ambiente di lavoro rispetto alla questione incampo.

9. L'ambiente in cui operi come favorisce la soluzione dei problemi collegati alla gestione delle classi prime?

Analisi dei dati raccolti

Il questionario è stato utilizzato come traccia per intervistare un totale di 46 docenti sui circa 200

che operano all'IIS Einaudi-Scarpa di Montebelluna.

Di seguito vengono analizzate le risposte alle singole domande, per ognuna delle quali si inserisce

una tabella che elenca le pratiche emerse e i relativi numeri di docenti che le hanno menzionate. Le

domande 4 e 5 vanno a individuare le principali problematiche incontrate dagli insegnanti e la nove

chiede una valutazione generale sull'ambiente di lavoro. Avendo lasciato libera scelta ai rispondenti

su come esprimersi, il numero di pratiche o di criticità citato da ognuno di essi è risultato variabile,

dunque la somma delle citazioni inserite nelle tabelle supera, alle volte è inferiore, il numero di

docenti intervistati.

Alcune delle pratiche emerse sono risultate popolari con molti docenti, altre sono state indicate

sporadicamente, se non una sola volta. L'attenzione di questo lavoro va indistintamente a tutti gli

aspetti emersi, a prescindere dalla loro popolarità, in quanto possono costituire uno spunto alla

crescita professionale di ognuno di noi.

Domanda 1:E` la prima ora di lezione con la tua nuova prima. Come gestisci quest'ora?

Presentazione degli studenti 32

Presentazione dell'insegnante 25

Presentazione della materia e del materiale 17

Regole da rispettare 9

Aspettative dei ragazzi 9

13

Recuperare le conoscenze pregresse sulla disciplina 6

Lavori di gruppo 4

Conoscenza pregressa della proposta formativa dell'indirizzo scelto 3

Informazioni sulla scuola 3

Parlare di sport 3

Collegare la disciplina alla vita quotidiana 3

Essere autoritari 2

Giro della scuola 2

Illustrazione dei processi cognitivi sottostanti lo studio della disciplina 1

Appello delle emozioni 1

Parlare di scuola e di studio 1

Improvvisare 1

Doveri dell'insegnante 1

Già dall'analisi della prima domanda balza agli occhi la varietà e la ricchezza delle risposte. A

fianco di pratiche comuni condivise dai più, quali le presentazioni da parte degli attori in scena,

docenti e studenti, e la presentazione della disciplina, sono state fornite altre pratiche meno scontate

ma ugualmente significative. Perché non imitare la collega che quando parla di doveri, insiste anche

sui propri doveri di docente, doveri di rispetto e di tempi di consegna dei lavori, ad esempio? Anche

l'idea di iniziare subito con una breve attività a coppie o gruppi, oppure di collegare la disciplina

alla vita quotidiana degli studenti può essere utile per partire con il piede giusto. Così come sondare

le aspettative dei ragazzi, oppure vedere se conoscono quali materie andranno a studiare e indicare,

intuitivamente, i processi cognitivi sottostanti lo studio di quella disciplina, magari nelle classi che,

sulla carta, sembrano avere studenti dotati di una buona base di partenza. Si potrebbe fare l'appello

delle emozioni del tipo “come vi sentite in questo momento?” con una classe a maggioranza

femminile, o parlare di sport, per introdurre il concetto delle regole, con una classe soprattutto

maschile, ragionando secondo il senso comune. Se proprio non si è avuto modo di preparare una

scaletta, si può sempre improvvisare, alle volte sono proprio queste le lezioni migliori.

E' utile pensare di avere una vasta gamma di opzioni a cui ricorrere e da adattare alla situazione del

momento, sulla base delle proprie caratteristiche personali, di quelle degli studenti che si hanno di

fronte, e, perché no, sull'onda dell'umore del momento.

14

Domanda 2:Come procedi per comprendere il livello di partenza degli studenti?

Test di ingresso 20

Osservazione e ascolto degli studenti che si presentano oralmente 10

Raccolta di informazioni fornite dalla Scuola Media 10

Attesa dei risultati delle prime verifiche 6

Test di ingresso modulato sugli INVALSI 3

Domande orali per verificare le conoscenze pregresse 3

Presentazione degli studenti tramite tema scritto 3

Niente 3

Chiedere in merito alle aspettative sulla disciplina 1

Le risposte alla seconda domanda individuano nel test di ingresso la pratica maggiormente utilizzata

per individuare il livello di partenza degli studenti. Seguono l'osservazione sistematica del loro

comportamento e la raccolta di informazioni fornite dalla Scuola Media. I dati tabulati, però, non

illustrano a pieno la questione collegata alla somministrazione di questi test, che emerge invece

dalle interviste. Andrebbero raccordati con i test di uscita della scuola media, secondo alcuni,

modulati sui test INVALSI, secondo altri (questione dolente, quella degli INVALSI, per molti

docenti), concordati in dipartimento per molti, totalmente inutili e fuorvianti per alcuni. Ci sono i

docenti che li somministrano per farsi un'idea del livello di partenza ma sono consapevoli che i

risultati successivi possono smentire in pieno l'esito di questi test, e altri che trovano nel corso

dell'anno un conferma costante di quanto emerso all'inizio.

Il buon senso sembrerebbe indicare la necessità di un maggiore raccordo tra docenti della stessa

disciplina all'interno del nostro istituto, ma anche verso l'esterno in entrata ed uscita, per favorire un

intervento più coerente e omogeneo, e evitare inutili doppioni. Anche il dibattito sull'utilità dei test

INVALSI e l'opportunità di adeguarvi i nostri test andrebbe affrontato con serietà e chiarezza.

Un ultimo commento sul suggerimento fornito da tre colleghi di lettere che entro le prime due

settimane di scuola fanno scrivere agli studenti un testo personale, sotto forma di mail, pagina di

diario o tema tradizionale, in cui i ragazzi si raccontano e dicono ciò che non hanno avuto il

coraggio di raccontare davanti a tutti. Questi colleghi hanno così modo di valutare le competenze di

scrittura degli studenti e contemporaneamente fornire loro una porta di ingresso nel nostro istituto

da attraversare con le proprie passioni, i propri dubbi e le proprie difficoltà.

15

Domanda 3:Cosa fai per favorire dinamiche relazionali improntate al rispetto e alla collaborazione all'interno del gruppo?

Lavori di gruppo e a coppie 23

Tutoraggio: i bravi aiutano i compagni in difficoltà 11

Gestione della disposizione dei banchi 7

Stabilire regole da seguire 6

Uscite all'inizio dell'anno 3

Ragionare e discutere con gli studenti 3

Far parlare di sé 2

Invitare gli studenti a usare gli spazi scolastici al pomeriggio 1

Giochi sulla fiducia 1

Richiamare all'ordine quando ci sono problemi 1

Appoggiarsi a un'equipe esterna 1

Non si può in quanto le classi sono troppo numerose 1

La pratica del lavoro di gruppo e/o a coppie risulta ampiamente utilizzata all'IIS Einaudi-Scarpa e

considerata una strategia utile a favorire dinamiche relazionali positive e inclusive. Le modalità di

gestione dei gruppi è varia: si va da gruppi scelti dagli studenti, magari in prima battuta, a gruppi

preparati a tavolino dal docente, quando ha in mente un obiettivo ben preciso e conosce meglio gli

studenti. I gruppi sono alla base di molte attività laboratoriali, ma vengono utilizzati da parecchi

docenti anche nelle classi tradizionali. Il lavoro di gruppo, perché sia proficuo, necessita di regole

precise che vanno stabilite e rispettate. Si sta diffondendo inoltre nella nostra scuola l'idea di

utilizzare gli studenti migliori come tutor dei ragazzi in difficoltà a supporto dell'attività docente.

Anche questa tecnica contribuisce a creare un ambiente favorevole all'apprendimento.

Un altro aspetto emerso è quello della disposizione dei banchi all'interno della classe. Tra le varie

tecniche adottate, rotazione, scorrimento, disposizione ragionata o casuale che sia, mi sembra

interessante quella proposta da una collega che fa preparare ogni mese e mezzo ai ragazzi la nuova

piantina della classe sulla base di 4 regole: tutti con tutti, girando tutte le posizioni, evitando

accoppiamenti che provocano disturbo, dando la precedenza a problemi di vista o concentrazione.

Anche per questo terzo quesito, alcune delle strategie indicate da pochi o da un solo docente sono

originali e da sfruttare. Ad esempio l'idea di affrontare i problemi di petto e ragionarne con gli

studenti, oppure di invitare gli studenti a utilizzare gli spazi scolastici per lavorare assieme al

pomeriggio o di utilizzare giochi. Infine anche il ricorrere a una equipe esterna di esperti in casi di

gruppi classe particolarmente difficili può risultare efficace, soprattutto se gli esperti, come

16

nell'esempio riportato durante le interviste, sono ragazzi di poco più vecchi dei nostri.

Domanda 4:Quali sono i principali aspetti critici che hai rilevato nella gestione delle classi prime relativamente ai livelli di partenza?

Livelli di competenza e di motivazione molto diversi 17

Difficoltà di comprensione del testo e povertà di linguaggio 8

Studenti che non seguono l'orientamento della scuola media 6

Numero troppo elevato di studenti in classi troppo piccole 5

Livelli sempre più bassi 4

Mancanza di un metodo di studio e di autonomia 4

Scarse conoscenze di base in matematica e geometria 3

Scarsa manualità e scarsa percezione di dimensioni e misure 3

Non portano il materiale 3

Disomogeneità nella valutazione in uscita della scuola media 2

Poche ore a disposizione 1

Livelli di partenza sbilanciati fra classi che scelgono francese e classi che scelgono tedesco 1

Non riescono a sostenere 5 ore di scuola 1

Dalla lettura della tabella risulta evidente come i docenti delle classi prime abbiano, come si usa

dire, “una bella gatta da pelare”: classi numerose in spazi angusti, studenti con livelli di partenza

molto diversi, tra cui ragazzi che capiscono poco di quello che leggono, con un lessico molto

povero, scarse conoscenze di base di matematica e geometria, ma anche scarsa manualità. I colleghi

intervistati riferiscono che, di solito, questi studenti non hanno ancora acquisito un metodo di studio

e dimostrano poca autonomia nell'esecuzione dei compiti assegnati, spesso vengono a scuola senza

materiale, non reggono le cinque ore dense di insegnamenti che il sistema impone e

necessiterebbero di un intervento individualizzato e di un rapporto uno a uno. Risulta molto

problematico far coincidere le esigenze di questi ragazzi in difficoltà con quelle degli studenti che

invece approdano alla scuola media superiore ben “corazzati”: buona preparazione, capacità di

concentrazione e autonomia, e che hanno lo stesso diritto allo studio dei loro compagni.

Il fatto che la valutazione in uscita dalla scuola media sia poco omogenea con notevoli differenze da

circolo a circolo e che molti ragazzi non seguano i consigli orientativi ricevuti, viene indicato come

ulteriore fattore critico nella formazione delle classi prime.

17

Domanda 5:Quali sono i principali aspetti critici che hai rilevato nella gestione delle classi prime relativamente alle dinamiche relazionali?

Ragazzi fragili, leader negativi, studenti che disturbano, si sentono fuori luogo e mollano 13

La presenza di studenti con età anagrafiche diverse e di bocciati 7

La presenza di studenti stranieri e conseguente intolleranza 6

Una società sempre più complessa dove la famiglia risulta meno presente 5

Scarso rispetto per il docente e per le regole in generale 5

Episodi di bullismo e la tendenza a emarginare gli studenti in difficoltà 5

DSA, BES, handicap 3

Chiacchiere, superficialità, scarsa capacità di concentrazione 3

Le solite problematiche adolescenziali 2

Le risposte a questa quinta domanda confermano come la scuola rimandi a specchio la complessità

della società italiana contemporanea: multi-etnica, dove la famiglia, istituzione portante di questa

società, tende a disgregarsi e dove l'adolescente risente di un vuoto di valori e certezze che

amplificano le insicurezze caratteristiche di questa età.

I ragazzi fragili, quelli che non riescono a adeguarsi alle richieste di un ambiente orientato allo

studio, chiacchierano, non riescono a concentrarsi, disturbano, si sentono fuori posto e cominciano a

fare i bulli, mancano di rispetto verso l'insegnante, infrangono le regole, alcuni si rifanno

prendendosela con i compagni più deboli, poi tendenzialmente mollano. Se vengono bocciati,

diventano un problema nella classe successiva, dove risultano più grandi e alle volte assumono il

ruolo di leader negativi, role-model al contrario, piccole bombe pronte ad esplodere. Alcuni colleghi

ritengono che si tratti delle solite problematiche adolescenziali, ma la maggior parte tende a

descrivere una realtà sempre più difficile.

Altre difficoltà di relazione vengono individuate nella presenza nelle classi prime di alunni portatori

di handicap, DSA (con disturbi specifici dell'apprendimento) o BES (con bisogni educativi

speciali).

Domanda 6:Come hai affrontato gli aspetti critici sopra citati? Quali sono state le modalità di gestione che hai trovato più efficaci?

LIVELLI DI PARTENZA

Fare intervenire i ragazzi per parlare dei loro vissuti 11

Dedicare il primo mese al recupero dei prerequisiti 9

18

Utilizzare la peer education 6

Somministrare lavoro aggiuntivo da svolgere a casa 6

Usare gli errori per imparare 4

Schematizzare, usare mappe concettuali, gessetti colorati 2

Annotare il progresso e le carenze di ciascun ragazzo 1

Concordare un percorso comune con le discipline affini 1

Controllare sistematicamente i compiti assegnati 1

Lavorare sulle tecniche di studio (uso del dizionario, significato di proverbi, lettura) 1

Utilizzare le ore di compresenza 1

Condividere gli obiettivi della disciplina con gli studenti 1

Non dare alcuna conoscenza per scontata 1

I docenti intervistati “si fanno in quattro” per agevolare l'inserimento degli studenti nelle classi

prime e amalgamare i livelli di partenza: cercano di motivarli coinvolgendoli personalmente,

intervengono sui prerequisiti necessari ad affrontare la propria disciplina, magari pianificando

l'intervento con i colleghi di discipline affini, schematizzano i concetti, non penalizzano gli errori

ma li sfruttano per facilitare l'apprendimento, assegnano schede semplificate e riassunti da fare a

casa, individualizzano gli interventi sfruttando, se possono, le ore di compresenza, controllano

sistematicamente i compiti assegnati e utilizzano l'aiuto degli studenti migliori per favorire

l'insegnamento da pari a pari. A questo proposito merita un cenno particolare la pratica introdotta da

una collega di lettere qualche anno fa, e mai più da lei abbandonata, di assegnare due tutor allo

studente che deve recuperare con un tempo stabilito di intervento e una prova finale per verificare il

superamento delle lacune; l'esito soddisfacente della prova premia anche i due tutor che si vedono

assegnato un voto positivo.

L'ultima considerazione nell'analisi di questa tabella riguarda la pratica utilizzata da un collega di

matematica per registrare carenze e progressi dei suoi studenti: un “registrino” dove annota gli esiti

di ciascuna prova, scomposti per argomenti, così da avere sempre sottomano il progresso di

ciascuno studente e sapere dove intervenire.

DINAMICHE RELAZIONALI

Coerenza di comportamento da parte del Consiglio di Classe 8

Sinergia con la famiglia 7

Coinvolgere gli studenti e ascoltarli, anche gli stranieri 7

Imporsi con autorità e severità, minacciare, isolare gli studenti problematici 7

Il docente come role model, colui che per primo porta rispetto e che rispetta le regole 5

19

Comportarsi con autorevolezza senza reprimere 5

Evitare lo scontro diretto, il muro contro muro, “alleandosi con lo studente” 4

Responsabilizzare gli studenti difficili affidando loro incarichi particolari 5

Usare l'ironia e la prontezza di spirito, stupire i ragazzi 3

Affrontare direttamente i problemi (per esempio attraverso letture appropriate) e discuterne 3

Usare la ricompensa piuttosto che la punizione 1

Scoraggiare con convinzione la mancanza di rispetto 1

Usare il dialetto per essere più efficaci 1

La coerenza di comportamento da parte dei docenti del consiglio di classe nella gestione delle

relazioni all'interno della classe è vista come aspetto sensibile da parte di molti, assieme alla

necessità di muoversi con la collaborazione della famiglia nei casi problematici (per quanto ciò non

sia sempre possibile). Sembrano emergere due scuole di gestione delle dinamiche relazionali

quando si creano situazioni critiche: quella autoritaria che impone il rispetto delle regole ad oltranza

e quella più “morbida” della comprensione che cerca l'alleanza con lo studente.

Inserisco qui una considerazione personale, dicendo che la maggior parte dei docenti applica

probabilmente entrambe le pratiche a seconda dei casi particolari. Non credo sia possibile assolvere

al ruolo di educatori senza a volte sbraitare, minacciare, ricattare e altre volte comprendere,

persuadere e blandire, con la prevalenza dell'una o dell'altra modalità a seconda delle caratteristiche

individuali. Ritengo però che la coerenza del Consiglio di Classe nel gestire le relazioni all'interno

del gruppo sia fondamentale per l'efficacia degli interventi, che il docente dovrebbe per primo

portare rispetto verso i ragazzi, se lo esige da loro, e assolvere ai propri doveri, se vuole che gli

studenti facciano la stessa cosa.

Dalla tabella emergono altre pratiche interessanti da condividere e provare: ad esempio quella di

assegnare agli studenti difficili incarichi particolari anche di responsabilità, trasformando le loro

energie negative in contributo positivo al benessere di tutti; oppure ricorrere alle ricompense

piuttosto che alle punizioni; affrontare i problemi “di petto” non appena si presentano e discuterne

con i ragazzi; ricorrere all'ironia, avere prontezza di spirito, stupire gli studenti e, se lo si sa fare,

perché no, usare anche il dialetto. Un docente tecnico-pratico che sembra non avere alcun problema

di disciplina porta con sé in cartella un pre-stampato, dall'aspetto “molto ufficiale”, in cui si richiede

un colloquio con la famiglia che firma e fa firmare allo studente e ai genitori. Lo tira fuori senza

mezzi termini quando è necessario e sostiene sia efficacissimo.

Mi ha particolarmente affascinato la pratica di una collega di diritto che in prima mette in secondo

piano i contenuti per lavorare sul metodo, sui processi mentali, sull'auto-consapevolezza, così da

20

rendere gli studenti meno manipolabili. Cerca di ragionare con i ragazzi via via che sorgono

problemi di relazione, ascolta il loro punto di vista e utilizza la disciplina che insegna per creare

consapevolezza sui diritti e i doveri di chi fa parte di una comunità. La stessa collega sa ricorrere

all'ironia, alla prontezza di spirito e stupire gli studenti in situazioni critiche, come quella volta che

ha sequestrato un palloncino ricavato da un preservativo e ha continuato tranquillamente a spiegare

con l'oggetto in mano, serissima, come se niente fosse.

Domanda 7:Come ti comporti con gli studenti particolarmente problematici? Ricordi un caso particolare in cui sei riuscito/a a coinvolgere positivamente questo tipo di studente?

Instaurare un rapporto di fiducia 22

Collaborare con la famiglia e i servizi sociali 7

Far ripetere un anno o indirizzare a un altro ordine di scuola 4

Non cedere alle provocazioni 3

Imporsi, anche con la forza, usando la propria autorità 3

Ricorrere ad una motivazione esterna (la gita) 2

Usare l'ironia per sgonfiare le situazioni serie 2

Coinvolgere lo studente in attività integrative quali il teatro 1

Far scrivere 1

Saper cedere al momento giusto 1

Il denominatore comune a molte risposte, il comportamento che ha prodotto maggiori risultati

positivi nei rapporti con gli studenti problematici è stato, secondo gli intervistati, quello di creare

un rapporto di fiducia tra docente e studente, cercando di farlo ragionare, valorizzandone i lati

positivi e dicendogli che ce la può fare, diventando suo complice, trattandolo come una persona

responsabile e stringendogli la mano. Molte delle proposte contenute nella tabella relativa alla

domanda n. 6 sono anche quelle che hanno sortito effetti positivi in questi casi particolarmente

difficili. Alcune sono soluzioni dettate dalla comprensione, altre dal senso di equità e altre ancora

dall'impulso di imporre la propria autorità. Tutte e tre possono sortire effetti positivi. Ci sono

colleghi, tendenzialmente maschi, che quando perdono la pazienza si impongono fisicamente, senza

mezzi termini e funziona. La bocciatura alle volte fa capire la necessità di un maggior impegno e

trasforma studenti negligenti in ragazzi impegnati, mentre il passaggio ad un ordine di scuola meno

teorico può aiutare studenti demotivati a trovare la propria strada. Anche una ricompensa esterna,

quale la gita a Roma da fare in seconda, può dare la motivazione giusta e modificare comportamenti

poco scolarizzati.

21

Infine suggerire la partecipazione ad attività integrative quali il teatro o di mettere nero su bianco il

malessere provato, può risultare un “toccasana” per studenti che sembrano aver perso i propri punti

di riferimento. Mentre il docente che riesce a capire quale sia il momento in cui cedere un po' di

autorità, si guadagna la fiducia del ragazzo e ne riceve le scuse.

Le proposte sono molte e diversificate, ma, hanno convenuto due dei colleghi intervistati, nei casi

“realmente problematici” la scuola, per come è organizzata, può fare ben poco.

Domanda 8:Dopo aver messo in atto una tecnica di intervento efficace, cosa fai?

Riproporre le pratiche efficaci adattandole alle situazioni nuove 13

Riflettere su ciò che ha funzionato o non ha funzionato 3

Esplicitare il successo e gratificare gli studenti 3

Condividere le buone pratiche e assistere alle lezioni dei colleghi 2

Lasciare spazio ai rapporti personali con gli studenti ( attraverso le mail) 1

Registrare le buone pratiche e trasformarle in procedure 1

La domanda n. 8 ha spiazzato alcuni dei colleghi intervistati che l'hanno considerata quasi scontata

e non hanno risposto. Tra coloro che si sono espressi, la maggior parte tende a riproporre le pratiche

efficaci adattandole alle mutate situazioni, alcuni hanno messo in evidenza la necessità di una

riflessione su ciò che ha o non ha funzionato, altri quella di rendere esplicito il successo così da

gratificare gli studenti. Sembrano piuttosto interessanti un paio di suggerimenti che puntano alla

condivisione delle buone pratiche: registrare e trasformare le buone pratiche in procedure

riutilizzabili in altre situazioni da un lato, e assistere a lezioni di colleghi dall'altro.

Andando contro il modo di lavorare individualista e un po' estemporaneo di noi docenti, riprendere

queste due strategie, già utilizzate in anni passati ma poco praticate oggi, potrebbe essere utile a

creare maggior riflessione, auto consapevolezza e discussione sulle pratiche didattiche all'interno

del nostro istituto.

Domanda 9:L'ambiente in cui operi favorisce la soluzione dei problemi collegati alla gestione di classi prime?

NO

E` difficile condividere le modalità di intervento 6

Le classi sono troppo numerose 4

Eccessiva burocrazia 4

Eccessiva rigidità 3

22

Luoghi e strumenti poco adeguati 3

La scuola sembra dover risolvere tutti i problemi della società 2

Le valutazioni della scuola media non sono omogenee 1

Troppe classi 1

SI

I rapporti con i colleghi sono buoni 3

I laboratori sono una risorsa importante 3

E` possibile ricorrere al CIC11 e chiedere l'intervento di esperti esterni 1

Oltre a quanto inserito in tabella, quattro colleghi hanno sostenuto che dipende da quanto il

consiglio di classe riesce a adottare strategie comuni e coerenti, e altri quattro ritengono che stia

tutto al singolo docente indipendentemente dall'ambiente in cui opera. In due reputano la posizione

del dirigente scolastico fondamentale nel creare un ambiente più o meno favorevole alla gestione

delle classi prime.

Visto che luoghi e strumenti sono gli stessi per tutti, le valutazioni contraddittorie che si evincono

dalle tabelle indicano come la percezione dell'ambiente di lavoro dipenda da altri fattori, quali la

composizione delle classi, per numero e tipo di studenti, e dei relativi consigli di classe. Sembra che

il riuscire ad avere sinergia fra colleghi sia percepito come molto importante per creare un ambiente

di lavoro favorevole alla gestione delle classi prime multilivello. Questa, tra l'altro, è proprio la

direzione in cui si vuole andare con il presente lavoro.

Il punto di vista degli studenti

Come indicato nell'introduzione, sono state sentite anche tre classi di studenti (due quinte e una

seconda). L'idea è venuta da loro, durante un viaggio di istruzione, quando mi hanno visto

somministrare il questionario agli altri docenti accompagnatori: “perché non intervista anche noi

prof?”. Avrei dovuto individuare sotto-obiettivi adeguati agli studenti con le relative domande, ma,

per mancanza di tempo, ho utilizzato il questionario per docenti proponendo solo i quesiti adatti

anche a raccogliere il punto di vista dei ragazzi (quesiti 1, 3, 4, 5, 6, 7). Nonostante lo scarso

“rigore” della procedura mi pare interessante riportare l'esito di questa operazione.

Gli studenti hanno detto di apprezzare molte delle pratiche menzionate dai docenti nella gestione

delle classi prime multilivello. Piacciono l'utilizzo dei lavori di gruppo e i progetti di classe, le

uscite di un giorno fatte all'inizio dell'anno scolastico, l'uso di giochi e competizioni, la peer

education (anche se non a tutti), le attività di ripasso e potenziamento gestite contemporaneamente.

11 � Centro di Informazione e Consulenza

23

La distribuzione dei posti all'interno della classe è considerata dai ragazzi strategica per la gestione

delle dinamiche relazionali; secondo loro nelle prime i posti vanno cambiati frequentemente, sia a

tavolino che decisi dal caso; mi hanno raccontato di episodi in cui la vicinanza con un compagno

considerato inizialmente antipatico abbia favorito il nascere di un'amicizia.

Per quanto riguarda il primo giorno di scuola, sembrerebbe esserci un generalizzato senso di ansia

tra i ragazzi: un po' per la situazione nuova e un po' per le presentazioni, da loro definite

“terroristiche”, dei docenti. Dopo aver indagato ulteriormente sulla faccenda “terrore”, gli studenti

mi hanno spiegato che sentono la necessità di cogliere una disponibilità da parte dei docenti ad

ascoltarli e capirli. Hanno tenuto a specificare che i ruoli sono loro chiari e che un docente severo

ed esigente viene da loro apprezzato, nel momento in cui si dimostra anche disponibile. Ritengono

che il biennio richieda un comportamento autoritario da parte dei docenti e che le regole vadano

fatte rispettare. Alla domanda relativa alla gestione di studenti problematici, i ragazzi concordano

con quanto suggerito da alcuni insegnanti e propongono di farli partecipare maggiormente alla

lezione, magari assegnando loro incarichi particolari. Suggeriscono anche di interrompere la lezione

per una breve pausa quando l'insofferenza del gruppo classe é palpabile, in quanto “staccare la

spina” é ritenuta a volte la modalità migliore per riguadagnare la concentrazione.

Un aspetto molto sentito dagli studenti riguarda l'equità della valutazione e la coerenza nel

comportamento da parte dei docenti; coloro che agli occhi dei ragazzi peccano in uno di questi

fattori vengono vissuti male dalle classi e perdono la fiducia degli studenti.

Infine, tra le altre cose, mi ha colpito particolarmente la consapevolezza da parte degli studenti

quindicenni della mia seconda che i comportamenti disturbanti di alcuni di loro derivano

dall'insuccesso scolastico e non, come si potrebbe pensare, da caratteristiche individuali.

Condivisione dei risultati e monitoraggio

Il primo passo per restituire ai colleghi i dati raccolti e iniziare un discussione produttiva sulla

gestione di classi prime multilivello sarà quello di caricare questo lavoro e una serie di slides che lo

riassumono sul sito della nostra scuola www.iiiseinaudiscarpa.gov.it al link “didattica”. Sto

valutando con il collega che se ne occupa come mettere in evidenza graficamente il contributo, che

apparirà anche tra le ultime notizie della homepage. Ho concordato poi con la nostra dirigente

scolastica un mio intervento nel collegio docenti di giugno, quello in cui viene fatta la valutazione

del lavoro dell'anno scolastico appena terminato e si guarda già in prospettiva all'anno successivo.

Intendo in questa sede invitare i colleghi a visitare il link “le buone pratiche dell'IIS Einaudi

Scarpa” e il relativo forum dove possono lasciare commenti e riflessioni. Farò una breve

valutazione del lavoro e farò una proposta operativa: continuare con la condivisione di buone

24

pratiche delegando/assegnando al primo incontro di dipartimento di settembre il compito di

individuare un tema per la riflessione e la discussione per l'anno scolastico 2014/2015. Il tema

potrebbe essere trasversale a più discipline oppure squisitamente disciplinare e la

discussione/riflessione dovrebbe occupare una parte delle riunioni di dipartimento del prossimo

anno. I risultati andrebbero nuovamente condivisi sul nostro sito web. Mi renderò inoltre

disponibile per un incontro iniziale in cui restituire in modo ragionato e dettagliato il presente

lavoro e raccogliere suggerimenti e idee per altre modalità di condivisione di buone pratiche

didattiche nella nostra scuola. Chiederò, inoltre, ai colleghi se ritengono che questa modalità, la

condivisione di buone pratiche, possa essere allargata anche ai consigli di classe per favorire quella

coerenza di comportamento nella gestione delle classi in generale, e delle situazioni “difficili” in

particolare, ritenuta fondamentale da molti di noi.

Per monitorare la validità delle pratiche condivise, si potrà di volta in volta dedicare parte degli

incontri alla riflessione sull'efficacia degli interventi effettuati e/o discuterne sul forum delle buone

pratiche rispondendo alla seguente domanda: Le buone pratiche condivise in precedenza si sono

rivelate utili a migliorare il vostro lavoro? Se si, come? Se no, perché? Inoltre il questionario sulla

percezione della qualità dell'ambiente di studio e di lavoro compilato online ogni anno da studenti,

genitori, personale ATA12 e insegnanti permetterà di vedere se questa percezione é in

miglioramento.

12 � Persoanle Amministrativo, Tecnico e Ausiliario

25

TERZA PARTE

RIFLESSIONI CONCLUSIVE

DALLA PRATICA ALLA TEORIA

26

Autovalutazione e riflessioni

Sono consapevole del fatto che lo slancio e entusiasmo che sentivo al momento della pianificazione

di questo progetto é andato un po' scemando in corso d'opera, e che l'idea iniziale di organizzare

almeno un paio di incontri nella forma di focus group, allargati ai docenti interessati, avrebbe

favorito una maggiore ricchezza di spunti e punti di vista sul tema presentato alla discussione: la

gestione di classi prime multilivello. Vedo la motivazione principale di questo cambiamento di rotta

nella stanchezza di un anno scolastico caratterizzato da tante iniziative e tanti progetti: alternanza

scuola-lavoro, la scuola 2.013, il move for the future14 (per altro non approvato), per nominarne solo

alcuni, e dal registro elettronico ancora in fase di sperimentazione per cui affiancato a quello

cartaceo. Altri fattori che hanno contribuito a rendere l'anno scolastico 2013/2014 particolarmente

faticoso sono: la parcellizzazione delle riunioni pomeridiane di coordinamento, i vari collegi

docenti, dipartimenti effettuati a due ore alla volta, le riunioni per adempiere alla normativa sulla

sicurezza, e la riorganizzazione della nostra scuola per far fronte all'accorpamento dell'istituto

professionale Scarpa, per cui ora siamo l'IIS Einaudi-Scarpa. Probabilmente non l'anno migliore per

partire con un progetto di questo tipo. Non me la sono sentita di proporre ulteriori incontri, temevo

venissero vissuti come un'altra incombenza e ho preferito procedere con le interviste che ho

descritto nella seconda parte di questo elaborato.

Ciò nonostante resto convinta della validità di un laboratorio di buone pratiche nella mia

organizzazione di riferimento per tutte le ragioni già addotte, prima fra tutte quella di creare

motivazione in noi docenti e di conseguenza anche nei nostri studenti. Bisognerebbe davvero

ripensare ad un uso più pratico e meno burocratico delle riunioni fra docenti e trovare il tempo per

raccontare e condividere le modalità che usiamo per insegnare la nostra disciplina e come facciamo

fronte ai problemi quando emergono. L'anno scolastico che si sta chiudendo, ad esempio, é stato

caratterizzato da parecchi problemi nella gestione delle classi prime, che hanno portato alla

convocazione di consigli di classe straordinari e alla comminazione di sanzioni disciplinari in più di

una classe. Proprio il tema scelto per questo primo contributo alla condivisione di buone pratiche

nel mio istituto. Mi piacerebbe che i dati raccolti dalle interviste e la riflessione su di essi nel corso

del prossimo anno scolastico, magari con l'aggiunta di altri dati e contributi, potessero risultare utili

ai colleghi nella gestione di classi prime multilivello. E mi piacerebbe anche che il senso di questa

utilità pratica inducesse la mia organizzazione, nelle persone dei docenti che vi lavorano, a

proseguire nella condivisione di buone pratiche anche relativamente ad altri temi e questioni, visto

che gli argomenti per la discussione sono fra i più vari. Nelle risposte al questionario per

13 � Quella digitale14 � Progetto della Regione Veneto per favorite l'apprendimento delle lingue straniere attraverso la mobilità

all'estero

27

l'individuazione dei bisogni15 i colleghi hanno indicato tra i temi più adatti a iniziare un laboratorio

di condivisione di buone pratiche i seguenti argomenti:

strutturare la lezione in modo efficace

valorizzare l'esperienza

insegnare a alunni DSA e BES

la valutazione.

C'é chi sente la necessità di condividere pratiche meno trasversali, come il potenziamento dello

speaking per la lingua inglese, o chi sente il bisogno di condividere pratiche di coordinamento di

una classe quando ne si viene nominato coordinatore. I temi sensibili sono molti e ritengo che essi

possano costituire il prosieguo di un laboratorio di condivisione di buone pratiche, concepito come

modalità di riflessione e di autovalutazione per un miglioramento del servizio offerto dal mio

istituto.

Mi preme, inoltre, sottolineare che le ore trascorse a intervistare i colleghi sono state molto

gradevoli e molto utili a capire la qualità, realmente celata all'interno delle singole classi,

dell'insegnamento impartito nella mia organizzazione. Ho dei colleghi e delle colleghe molto

competenti che hanno dimostrato disponibilità e voglia di raccontarsi. Sono risultate

particolarmente piacevoli le interviste fatte a coppie o gruppi di tre, dove la domanda da me posta

faceva scaturire un dibattito e il commento fatto dall'uno richiamava ulteriori considerazioni e

ricordi nell'altro. Anche la sottoscritta veniva trascinata nel discorso, il piacere della discussione e

della condivisione era palpabile per i partecipanti e per chi ci stava a guardare. Mi sono davvero

divertita.

Considerazioni finali sulla gestione dei gruppi

Comincerei con la geniale definizione di gruppo di Kurt Lewin: “qualcosa di più, o per meglio dire,

qualcosa di diverso dalla somma dei suoi membri: ha struttura propria, fini peculiari e relazioni

particolari con gli altri gruppi. Quel che ne costituisce l’essenza non è la somiglianza o la

dissomiglianza riscontrabile tra i suoi membri, bensì la loro interdipendenza. Esso può definirsi una

totalità dinamica. Ciò significa che il cambiamento di stato di una sua parte interessa lo stato di

tutte le altre”16 . La valenza, pregnanza e veridicità di questa definizione può essere confermata da

qualsiasi docente. Basta qualche anno di insegnamento per rendersi conto che ogni gruppo classe

acquista una fisionomia particolare, diversa da tutti gli altri, che non é costituita dalla somma delle

singole individualità, ma ha un'alchimia propria alle volte impenetrabile. Ogni anno le classi prime

15 � Allegato D16� Lewin K. Teoria del campo delle scienze sociali. Selected Theorical Papers. (Hardcover - 1951)

28

vengono formate al tavolino, mettendo assieme le informazioni che provengono dalla scuola media,

cercando di formare gruppi eterogenei al loro interno e omogenei fra loro. Spesso il risultato non é

quello atteso e le classi si dimostrano tutt'altro che omogenee: nascono le classi dove riesce tutto, e

quelle dove non riesce nulla. In questo caso avere a disposizione una serie di strategie efficaci di

intervento potrebbe essere molto utile. La capacità di gestire i gruppi costituisce una risorsa

preziosa, per non dire fondamentale, per tutti noi docenti, in quanto la scuola é fatta di gruppi:

gruppi docenti, gruppi classe, comitati, gruppi sportivi e gruppi teatrali.

Cosa ci dice la ricerca in proposito? Elabora costrutti teorici, si occupa di definizioni, fornisce

tipologie, distingue categorie, attacca etichette ai concetti, elabora ipotesi e promuove ricerche che

confermino l'assunto iniziale con risultati a volte contraddittorii. Ci spiega la differenza fra

collaborare e cooperare, distingue tra “compiti ben definiti, compiti ben strutturati e compiti mal

definiti”, ci parla di “comunicazione interna”, “gruppi omogenei e eterogenei”, tipologie di

“apprendimento di gruppo” e di “stile di leadership”, di “teamwork”, della variabile “dimensione

del gruppo”17. Ci fornisce diverse modalità di apprendimento all'interno di un gruppo: quella delle

organizzazioni, mediante lo scambio di conoscenze all'interno di comunità di pratica, attraverso il

problem solving, tramite la riflessione, il sapere implicito, l'autoconsapevolezza, la flessibilità, la

cooperazione e la collaborazione, il gioco di squadra. Tutte modalità percorribili e utilizzabili nella

pratica a seconda delle situazioni contingenti, contributo fondamentale alla formazione di noi

docenti.

La teoria, quindi, ricerca la coerenza del ragionamento, il supporto scientifico dei propri costrutti,

l'elaborazione di costrutti validi. Dalle interviste condotte nel corso dell'ultimo anno, noto che

invece nel mondo scolastico, dove questi costrutti dovrebbero trovare la propria ricaduta pratica,

tutto ruota intorno alle soluzioni concrete di problemi specifici: una volta individuati gli aspetti

critici, si va per tentativi ed errori, si ricorre ad una serie di soluzioni già provate per vedere quella

più adatta alla situazione contingente. Troverei utile e sensato un maggiore collegamento fra i due

mondi, quello della ricerca teorica e quello della quotidianità didattica, così come ha descritto

Giuseppe Tacconi nel suo libro La Didattica al Lavoro, e così come avviene per tanta ricerca in

campo didattico che proviene dalla cultura anglosassone.

Il lavoro che io ho svolto mira, nel piccolo della mio contesto lavorativo, a creare questo

collegamento. Un laboratorio di buone pratiche metterebbe i docenti nella condizione di riflettere

sulla propria pratica quotidiana, di trarne delle considerazioni condivisibili, utilizzabili da altri, di

offrire valutazioni, pensieri, obiettivi e strategie... e, azzardo, non é teoria questa? Si tratta di teoria

prodotta induttivamente dalla pratica, frutto delle conoscenze di chi lavora sul campo, che durante il

17 � Riccardo Sartori GRUPPI_COOPERAZIONE. Pdf /slides

29

laboratorio mescolerà le proprie esperienze a quelle di tutti gli altri, a quanto si scrive sui libri e a

quanto dicono i ricercatori. Il prodotto che i partecipanti creeranno, a fronte di esperienza pratica e

teoria, sarà pronto ad essere utilizzato nelle classi, e soprattutto sarà “qualcosa di più, o per meglio

dire qualcosa di diverso, dalla somma delle sue parti”.

30

Bibliografia

Lewin, Teoria del Campo delle Scienze Sociali, Selected Theoretical Papers 1951

Gardner, Frames of Mind: the Theory of Multiple Intelligences, Basic Books 1983

Stevick, Images and Options in the language classroom, Cambridge 1986

Byrne, Techniques for Classroom Interaction, Longman 1987

Underwood, Effective Class Management, Longman 1987

Di Pietro, Strategic Interaction,Cambridge 1987

Goleman, Intelligenza Emotiva,Rizzoli 1997

Arnold, Puchta, Rinvolucri, Imagine that!, Helbling 2007

Wenger, Modermott, Snyder, Coltivare Comunità di Pratica ( acura di D.Lipari), Guerini 2007

Pastore, Lavoro e Apprendimento, guerini scientifica 2012

Sartori, Orientamento Formazione e Lavoro, LED 2012

Tacconi, La didattica al Lavoro, FrancoAngeli 2012

Wenger, Learning in and across Landscapes of practice, recent Developments in Social learning

Theory, conferenze tenute a Copenhagen University, University of Brighton 2013

31

ALLEGATO A

Nuovo progetto a.s. 2013-2014 – PROPOSTATitolo: Comunità di buone pratiche / Laboratorio di condivisione di buone praticheMotivazione: la convinzione che la scuola sia per eccellenza un ambiente di lavoro dove la pratica, didattica nel nostro

caso, è preponderante rispetto alla teoria; le teorie didattiche che vengono proposte nei corsi diaggiornamento, secondo corsi e ricorsi storici, lasciano gli insegnanti spesso perplessi in quanto pocopraticabili nella realtà di tutti i giorni e elaborate da “esperti” che non entrano in classe da anni;

la consapevolezza che la scuola, in particolare la nostra, è piena di docenti “esperti” che hanno affinato neglianni, strategie, metodologie, tecniche didattiche efficaci a promuovere l'apprendimento di contenuti ecompetenze nei nostri alunni;

l'idea che la condivisione di buone pratiche potrebbe promuovere motivazione, creare un gruppo di docentiaffiatato, favorire l'inserimento di nuovi arrivati, produrre materiale significativo e spendibile nellapratica didattica quotidiana.

Bozza operativa: rivolto a coloro che sono interessati presentazione della proposta al Dipartimento di Lingue e successiva approvazione da parte del

Collegio Docenti preparazione di un questionario da utilizzare per rilevare i bisogni e individuare la/le tematiche per la

riflessione raccogliere le esperienze dei colleghi interviste individuali viene individuato il tema/i temi per la riflessione fra una serie di tematiche proposte che possono

presentare delle criticità quali ad esempio: modalità condivisa di gestione di classi prime multi-livello / creare le condizioni relazionali per

lavorare bene strutturare la lezione in modo efficace valorizzare l' esperienza simulare l'attività lavorativa valutazione in funzione del successo formativo alunni DSA e BES abilità trasversali valutazione delle interrogazioni orali coordinare un C.diC. / Dipartimento ...F) viene elaborato un secondo questionario sul tema maggiormente “sentito” dai colleghi con lo scopo

di individuare prima le criticità e, poi, le buone pratiche messe in attoG) vengono calendarizzati ed effettuati gli incontri cominciando con il tema più scelto H) si privilegia la modalità del racconto / narrazione I) le buone pratiche emerse vengono raccolte, analizzate e sistemate per essere visibili e fruibili (sotto

forma di protocolli, semplici suggerimenti, elenchi di strategie, veri e propri racconti?)

Francesca Sodano Montebelluna 03/09/2013

32

ALLEGATO B

LABORATORIO DI CONDIVISIONE DELLE BUONE PRATICHE

Scheda di rilevazione dei bisogni. INTERVISTE INDIVIDUALI

1. DatiQuanti anni hai? Da quanti anni insegni? Quale disciplina? In quali tipi di scuola hai insegnato?

Quale esperienza consideri più significativa (esperienza personale, corso di aggiornamento) eperché? Dove ti pare di aver acquisito più abilità e competenze per la tua professione?

2. Scelta dell'argomento/argomenti per la riflessione

Tra i seguenti argomenti scegli i due che ritieni più adatti per iniziare un laboratorio di condivisionedi buone pratiche:

modalità condivisa di gestione di classi prime multi-livello / creare le condizioni relazionaliper lavorare bene

strutturare la lezione in modo efficace valorizzare l' esperienza simulare l'attività lavorativa valutazione in funzione del successo formativo alunni DSA e BES abilità trasversali valutazione delle interrogazioni orali coordinare un C. di C. / Dipartimento ...

Aggiungeresti altre tematiche che consideri particolarmente rilevanti ?

J) Suggerimenti per le modalità di lavoro.

Come organizzeresti 3- 4 incontri di 2-3 ore ciascuno (da effettuarsi prima di Natale) perattivare/favorire/suscitare/promuovere prima la narrazione di esperienze significative vissutedagli interessati relative a situazioni particolarmente critiche o particolarmentesoddisfacenti e successivamente la riflessione sulle medesime?

Ritieni che partire dalle esigenze di giovani colleghi/colleghe per focalizzare alcune delle

difficoltà della nostra professione potrebbe essere stimolante?

33

ALLEGATO C

Questionario: condivisione di buone pratiche sulla gestione di classi prime multi-livello percreare condizioni relazionali favorevoli all'apprendimento.

DOMANDE APERTE:

E' la prima ora di lezione con la tua nuova prima. Come gestisci quest'ora?

Come procedi per comprendere il livello di partenza degli studenti?

Cosa fai per favorire dinamiche relazionali improntate al rispetto e alla collaborazione all'interno del gruppo?

Quali sono i principali aspetti critici che hai rilevato nel corso della tua carriera nella gestione delle classi prime relativamente ai livelli di partenza?

E relativamente alle dinamicherelazionali?

Come hai fatto fronte agli aspetti critici sopra citati? Quali sono state le modalità di gestione che hai trovato più efficaci?

LIVELLI DI PARTENZA:

DINAMICHE RELAZIONALI:

Come ti comporti con gli studenti particolarmente problematici? Ricordi un caso particolare in cui sei riuscito/a a coinvolgere positivamente questo tipo di studente?

Dopo aver messo in atto una tecnica di intervento efficace, cosa fai?

L'ambiente in cui operi favorisce la soluzione dei problemi collegati alla gestione di classi prime?

34

ALLEGATO D

LABORATORIO DI CONDIVISIONE DELLE BUONE PRATICHE

Scheda di rilevazione dei bisogni. INTERVISTE INDIVIDUALI

1. DatiQuanti anni hai? Da quanti anni insegni? Quale disciplina? In quali tipi di scuola hai insegnato?

Quale esperienza (professionale o di aggiornamento) consideri più significativa e perchè? Doveti pare di aver acquisito più abilità e competenze per la tua professione?

Inglese anni Esperienze professionali significative

RITA 57 Progetto Lingue / aggiornamento

PAOLA 50 14 anni di Istituto professionale: dislessia, bullismo, gestione classi, stranieri,autismo, valutazione … (corsi di aggiornamento e condivisione fra colleghi)

MARCUCCIA 59 14 anni di Istituto professionale: dislessia, bullismo, gestione classi, stranieriautismo, valutazione … (aggiornarsi per sopravvivere)

MICHELA 48 L'esperienza di insegnare più discipline (spagnolo e inglese), il feedbackdegli studenti, i libri di testo ( quelli di inglese sono molto buoni), corsi diaggiornamento, LIM e nuove tecnologie ...

SILVIA 54 Insegnamento al liceo scientifico molto gratificante, l'esperienza più recentein un istituto tecnico ha indotto l'acquisizione di ulteriori competenze eabilità per poter traghettare verso le giovani generazioni, diverse da quelle di10 anni fa.

FLORIANA 53 L'esperienza in classe accompagnata da parecchi corsi d'aggiornamento

ANNA RITA 53 Imparare dai ragazzi, corsi di aggiornamento, scambio di esperienze con icolleghi il lavorare con il diverso (Nostra Famiglia)

TedescoSANDRA 56 Vari corsi di formazione, borse di studio in Germania, scrittura di un libro di

testo, POF Ricatti, CLIL, formazione docenti presso SSIS.

ItalianoANNA 53 Collaborazione con docenti più esperti, una comunità di pratica alla scuola

media e la produzione di unità di apprendimento. Corsi di aggiornamento eletture, anche sulla “relazione”, a conferma di certe scelte di tipo didattico.

CHIARA 41 L'esperienza continuativa con la stessa classe per 5 anni. Imparare dai ragazzie crescere con loro come docente.

CARMELA 54 Dalla scuola materna (4 anni) alle superiori 30 anni di scuola: esperienzapersonale e contatto con i ragazzi.

MatematicaRICCARDO 59 La condivisione di “buone” pratiche con i colleghi più esperti.

ANGELO 48 Evoluzione progressiva, letture specifiche, ambiente di lavoro favorevole allacondivisione e accettazione (l'Istituto Einaudi in particolare).

35

ROMILDA 50 L'esperienza personale condivisa con le esperienze dei colleghi per riusciread applicare strategie corrette con gli studenti.

TIZIANA 53 La pratica quotidiana e l'esperienza che fa cambiare verso una maggiore tolleranza e minore rigidita'; avere figli a scuola; certi corsi di aggiornamentosulle relazioni e la comunicazione

Scienze, Chimica, FisicaALESSANDRA 47 L'esempio di colleghi piu' esperti, lavorare per prove ed errori con classi

difficili

DANIELA 37 L'esperienza negli istituti professionali dove, in particolare al biennio, la capacita` di gestire le classi e` fondamentale

GIANPIETRO 44 Non riesce a spiegare la propria esperienza, corsi di aggiornamento solo sullasicurezza

EconomiaTONI 59 L'esperienza, alle volte azzerando il gia' fatto per partire con nuove idee; il

contributo di colleghi piu' esperti

ALESSANDRO 53 La didattica si fa insegnando e i corsi di aggiornamento non servono a niente;ci si forma con l'esperienza, anche quella esterna alla scuola, il contatto diretto con il mondo del lavoro e` fondamentale

DirittoMARIA 42 L'esempio della madre, insegnante, e l'esperienza con i ragazzi nei

professionali e nei tecnici

ElettronicaLUCA 43 L'esperienza di otto anni tra istituti professionali e IFP con ragazzi “difficili”

2. Scelta dell'argomento/argomenti per la riflessione

Tra i seguenti argomenti scegli i due che ritieni più adatti per iniziare un laboratorio di condivisionedi buone pratiche:

K) modalità condivisa di gestione di classi prime multi-livello / creare le condizioni relazionaliper lavorare bene XXXXXXXXXXX

L) strutturare la lezione in modo efficace XXXXXXXM) valorizzare l' esperienza X (condivisione materiali /esperienze, link sul sito della scuola,

anonimato MICHELA) XXXXXXXN) simulare l'attività lavorativa XX (intervento di esperti esterni, progetto del C.di C.

MICHELA)XO) valutazione in funzione del successo formativo XXXP) alunni DSA e BES (colleghi SCARPA)X XX (assieme al primo punto)XQ) abilità trasversali XR) orientamento

Aggiungeresti altre tematiche che consideri particolarmente rilevanti ? potenziamento e valutazione dello speaking (RITA) X coordinamento di una classe (SABRINA) X X

36

valutazione (ANGELO) X corsi di recupero (RICCARDO) X indicatori e descrittori per una scheda di valutazione della produzione orale e scritta (griglia

di dipartimento) in li gua straniera (SANDRA) X collegamenti fra i PW dei nostri master (SANDRA) X le nuove tecnologie (FLORIANA) X

Suggerimenti per le modalità di lavoro.

Come organizzeresti 3- 4 incontri di 2-3 ore ciascuno (da effettuarsi prima di Natale) perattivare/favorire/suscitare/promuovere prima la narrazione di esperienze significative vissutedagli interessati relative a situazioni particolarmente critiche o particolarmentesoddisfacenti e successivamente la riflessione sulle medesime?

Ritieni che partire dalle esigenze di giovani colleghi/colleghe per focalizzare alcune delledifficoltà della nostra professione potrebbe essere stimolante?

Proposta MICHELAstep 1 interviste individuali per rilevazione bisogni (20-25), da elaborare di volta in volta, anche a giovani colleghi e new entries;step 2 sistemazione delle informazioni raccolte e individuazione di due/ tre aree di discussione;step 3 preparazione di un questionario per la riflessione e la discussione per ciascuna area;step 4 somministrazione del questionario da riconsegnare personalmente o digitalmente entro un tempo dato;step 5 focus group, 1 incontro prima di Natale sul problema scelto (condivisione);step 6 uso della piattaforma moodle (forum, caricare materiali, postare link, wiki … ) e del sito della scuola per allargare la condivisione.

Proposta SILVIA Portare esempi pratici e dire come sono stati affrontati e risolti. Coinvolgere i docenti piu' giovaniperche' piu' vicini ai ragazzi.I colleghi più giovani potrebbero essere un reale risorsa per entusiasmo, motivazione e maggioreconoscenza delle nuove tecnologie ( ANNA)

Proposta SANDRA interviste individuali a colleghi “esperti” e giovani (alcuni di loro sono ben preparati) confronto tra soluzioni a problemi complessi

Proposta FLORIANA individuazione dei bisogni individuazione degli “esperti” fra i colleghi questionario da somministrare agli esperti sui temi (un paio) individuati come i più sentiti un paio di incontri di 2h ciascuno di feedback/follow-up per ciascuna tema

Proposta CHIARA classico cerchio con le sedie dove ognuno si presenta e spiega dicendo perchè ha scelto

questo laboratorio e che cosa si aspetta disponibilità a condividere i problemi, ne abbiamo tutti

Proposta MARIA allargare le buone pratiche ai consigli di classe e ai dipartimenti

37