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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “TOR VERGATA” Facoltà di Medicina e Chirurgia CORSO DI LAUREA IN LOGOPEDIA PRESIDENTE: Prof. Giovanni Carlesimo L’INTERVENTO DI C.A.A. NEL BAMBINO CON BISOGNI COMUNICATIVI COMPLESSI: ANALISI DEI BISOGNI E COSTRUZIONE DI STRUMENTI ALTAMENTE PERSONALIZZATI PER LA PARTECIPAZIONE SOCIALE E L’INCLUSIONE SCOLASTICA. RELATORE: CANDIDATO: Dott.ssa Daniela Morelli Sylwia Niedbala CORRELATORE: Dott.ssa Chiara Bonazzi Anno Accademico 2012-2013

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA

“TOR VERGATA”

Facoltà di Medicina e Chirurgia

CORSO DI LAUREA IN LOGOPEDIA

PRESIDENTE: Prof. Giovanni Carlesimo

L’INTERVENTO DI C.A.A. NEL BAMBINO CON BISOGNI

COMUNICATIVI COMPLESSI: ANALISI DEI BISOGNI E

COSTRUZIONE DI STRUMENTI ALTAMENTE PERSONALIZZATI

PER LA PARTECIPAZIONE SOCIALE E L’INCLUSIONE

SCOLASTICA.

RELATORE: CANDIDATO:

Dott.ssa Daniela Morelli Sylwia Niedbala

CORRELATORE:

Dott.ssa Chiara Bonazzi

Anno Accademico 2012-2013

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INDICE

INTRODUZIONE…………………………………………………………………………5

CAPITOLO I: DEFINIZIONE, STORIA E SCOPI DELLA COMUNICAZIONE

AUMENTATIVA E ALTERNATIVA

1.1 Definizione di Comunicazione Aumentativa Alternativa………………………………7

1.2 Cenni storici: nascita ed evoluzione della CAA………………………………………..9

1.3 La popolazione disabile verbale……………………………………………………….14

1.4 La CAA in età evolutiva: principi generali di base……………………………………15

1.5 Il ruolo dei partner di comunicazione………………………………………………….17

CAPITOLO II: IL PROCESSO DI VALUTAZIONE DEL BAMBINO CON

BISOGNI COMUNICATIVI COMPLESSI

2.1 Considerazioni generali………………………………………………………………..19

2.2 La valutazione delle competenze comunicative……………………………………….21

2.2.1 Il Modello di Partecipazione………………………………………………...21

2.2.2 Social Networks……………………………………………………………...23

2.2.3 Valutazione della Comunicazione Aumentativa e Alternativa (VCAA)……...27

2.2.4Considerazioni conclusive……………………………………………………28

2.3 La valutazione delle competenze linguistiche…………………………………………29

2.3.1 Strumenti di valutazione del linguaggio……………………………………..29

CAPITOLO III: L’INTERVENTO DI CAA NEL BAMBINO CON BISOGNI

COMUNICATIVI COMPLESSI

3.1 Il progetto terapeutico integrato……………………………………………………….34

3.2 Aree di intervento e obiettivi terapeutici………………………………………………35

3.3 Tecniche di CAA assistita……………………………………………………………..38

3.3.1 I simboli……………………………………………………………………...38

3.3.2 Tecniche di trasmissione…………………………………………………….43

3.3.2.1 La selezione………………………………………………………..43

3.3.2.2 Gli ausili low-tech………………………………………………….43

3.3.2.3 Gli ausili high-tech………………………………………………...45

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CAPITOLO IV: IL LIBRO ADATTATO

4.1 Lettura condivisa e sviluppo del linguaggio…………………………………………...49

4.2 Il libro in simboli………………………………………………………………………51

4.3 Costruire un libro adattato…………………………………………………………….52

4.3.1 La scelta dell’argomento…………………………………………………….52

4.3.2 Le illustrazioni……………………………………………………………….53

4.3.3 Modificare il testo……………………………………………………………54

4.3.4 Tradurre il testo in simboli…………………………………………………..55

4.3.5 Struttura fisica del libro……………………………………………………..57

4.3.6 Facilitazioni per l’interazione……………………………………………….58

CAPITOLO V: PRESENTAZIONE DEL CASO CLINICO

5.1 Descrizione dello studio………………………………………………………………59

5.2 Descrizione del caso clinico…………………………………………………………...60

5.2.1 Anamnesi fisiologica………………………………………………………...60

5.2.2 Anamnesi patologica………………………………………………………...61

5.2.3 Il quadro clinico attuale……………………………………………………..62

5.2.4 Il progetto terapeutico……………………………………………………….63

5.3 L’intervento logopedico attuato………………………………………………………64

CAPITOLO VI: LO STUDIO DEL CASO CLINICO: VALUTAZIONE

6.1 La raccolta delle informazioni…………………………………………………………68

6.2 L’osservazione diretta…………………………………………………………………70

6.3 La valutazione secondo il Modello di Partecipazione………………………………...70

6.3.1 Inventario delle attività……………………………………………………...70

6.3.2 Identificazione delle barriere alla partecipazione…………………………..71

6.4 La valutazione formale………………………………………………………………..73

6.5 Ipotesi…………………………………………………………………………………75

CAPITOLO VII: LO STUDIO DEL CASO CLINICO: INTRODUZIONE DEL

LIBRO MODIFICATO NELL’INTERVENTO DI CAA

7.1 Costruzione del libro adattato…………………………………………………………78

7.1.1 La scelta del libro……………………………………………………………78

7.1.2 L’adattamento del testo……………………………………………………...79

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7.1.3 La traduzione in simboli…………………………………………………….79

7.1.4 La struttura del libro………………………………………………………...81

7.2 Modalità d’uso del libro adattato nell’intervento di CAA……………………………81

7.3 Risultati………………………………………………………………………………..82

7.4 Limiti dello studio……………………………………………………………………..83

CONCLUSIONI………………………………………………………………………….84

APPENDICE……………………………………………………………………………...86

BIBLIOGRAFIA………………………………………………………………………..109

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INTRODUZIONE

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la salute come “Uno stato di

completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplicemente l’assenza di malattia o

infermità”. In accordo con tale definizione, viene approvata nel 2001 la “International

Classification of Functioning, Disability and Health” (ICF), Classificazione Internazionale

di Funzionamento, Disabilità e Salute, che subentra all’“International Classification of

Impairments, Disabilities and Handicaps” (ICIDH), Classificazione Internazionale di

Menomazione, Disabilità e Handicap. Funzionamento, disabilità e salute vengono divisi in

domini e raggruppati in tre liste: la prima riguarda la menomazione di funzioni o strutture

corporee; la seconda considera le limitazioni ad attività e le restrizioni alla partecipazione;

la terza esamina i fattori ambientali. In particolare, nella seconda lista vengono inserite le

voci: “comunicazione”, “rapporti e relazioni interpersonali” e “vita di comunità, sociale e

civica”, mentre nella terza lista si trova la voce “sostegno e relazioni”, le quali rimandano

al concetto che lo stato di salute possa essere modificato in relazione alla possibilità di

comunicare e di mantenere una vita sociale. In accordo con tale assunto, lo scopo della

presente tesi è la realizzazione di strumenti altamente personalizzati, idonei al

soddisfacimento dei bisogni comunicativi e di partecipazione del soggetto in esame, per

promuoverne lo stato di salute. L’applicazione del Participation Model (Beukelman e

Mirenda, 1992, 1998, 2005) ha permesso di identificare tali bisogni e di monitorare i

cambiamenti nella comunicazione e nei modelli di partecipazione del soggetto a seguito

dell’introduzione degli strumenti appositamente realizzati per il soggetto, nell’intervento di

Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA). Quest’ultimo compito è stato

problematico, in quanto le variabili interferenti sono molte e la produzione di evidenze in

campo della CAA è molto complessa. Lo studio del caso clinico, ha portato alla

realizzazione di libri di storie per bambini adattati alle esigenze comunicative del soggetto

con l’utilizzo prevalente, ma non esclusivo, del Picture Communication System (PCS). Il

processo di adattamento ha portato alla creazione di strumenti altamente personalizzati

partendo dagli interessi e dalle caratteristiche fisiche, cognitive e comunicative del

soggetto sia nella scelta della storia (contenuto), sia nella scelta della struttura del libro

(complessità delle figure, impaginazione delle immagini e del testo, numero di pagine,

formato e consistenza delle pagine, assemblaggio delle pagine, struttura del testo, struttura

della frase, numero di simboli per pagina, dimensione dei simboli, trasparenza dei simboli).

Nella presente tesi vengono descritti in dettaglio tutti i passaggi avvenuti nell’evoluzione

dell’esperienza. Gli strumenti realizzati sono stati pensati per un utilizzo in entrata, con

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l’obiettivo di sostenere lo sviluppo di un linguaggio simbolico attraverso un’attività

motivante e ricca sul piano emotivo e relazionale: la lettura condivisa. I primi tre capitoli

della presente tesi hanno lo scopo di definire l’intervento di CAA, fornendo una

panoramica sugli strumenti di valutazione e sulle strategie di intervento, compresi gli ausili

di comunicazione. Il quarto capitolo è dedicato alla descrizione del processo di costruzione

di un libro in simboli e dell’uso che può esserne fatto nell’ambito dell’intervento di CAA.

Il quinto capitolo è dedicato alla descrizione del caso clinico in esame. Nel sesto capitolo

viene descritto il processo di valutazione effettuato e le motivazioni che hanno condotto

all’ introduzione del libro in simboli. Il settimo capitolo nella sua prima parte, descrive il

processo di adattamento dei libri svolto in funzione dei dati emersi in fase di valutazione e,

nella seconda parte, descrive le modificazioni del comportamento del soggetto osservate in

seguito all’introduzione dei libri adattati.

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CAPITOLO I

DEFINIZIONE, STORIA E SCOPI DELLA COMUNICAZIONE AUMENTATIVA

E ALTERNATIVA

1.1 Definizione di Comunicazione Aumentativa Alternativa

Per comprendere il concetto di Comunicazione Aumentativa Alternativa è innanzitutto

utile definire il concetto più ampio di comunicazione. Molte sono le definizioni proposte in

letteratura ma, ai fini di questa trattazione, è opportuno considerare la definizione proposta

dal National Joint Comittee for the Communicative Needs of Person with Severe

Disabilities, che definisce comunicazione:

[…] ogni atto con il quale una persona fornisce a un’altra persona, o riceve da essa

informazioni relative a bisogni, desideri, percezioni, conoscenze o stati affettivi. La

comunicazione può essere intenzionale o non intenzionale, può includere segnali

convenzionali o non convenzionali, può prendere forme linguistiche o non linguistiche e

può avvenire in forma parlata o con altre modalità. (1992, p. 2)

Questa definizione di comunicazione si presta ad includere una grande varietà di forme e

fenomeni diversi dai comportamenti basati esclusivamente sul linguaggio verbale, come le

vocalizzazioni, i movimenti corporei, le espressioni del viso e i gesti.

L’ASHA ( American Speech Language Hearing Association) definisce la comunicazione

aumentativa ed alternativa (CAA) come quel settore della pratica clinica che cerca di

compensare menomazioni e disabilità di individui con grave disturbo della comunicazione

espressiva mediante il potenziamento delle abilità comunicative naturali e l’uso di

modalità speciali.

L’aggettivo “aumentativa” descrive le modalità di comunicazione tese ad accrescere la

comunicazione naturale delle persone che non sono in grado di parlare abbastanza

chiaramente da essere comprese da chi le circonda. Accrescere la comunicazione naturale

significa utilizzare tutte le competenze dell’individuo includendo le vocalizzazioni o il

linguaggio verbale residuo, i gesti e i segni.

L’aggettivo “alternativa” si riferisce invece ai metodi utilizzati per sostituire la parola

qualora quest’ultima non fosse un obiettivo perseguibile a medio o a lungo termine.

Nell’ambito della CAA è contemplata, dunque, qualsiasi forma di comunicazione che

aumenti le possibilità di comunicare dell’individuo e che offra vie alternative. A tal

proposito è fondamentale puntualizzare che la CAA non nasce come alternativa al

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linguaggio nella sua globalità, ma solo all’aspetto fonetico del linguaggio.1 La CAA non è

quindi sostitutiva del linguaggio verbale e neppure ne inibisce lo sviluppo quando questo è

possibile; si traduce, invece, sempre in sostegno alla relazione, alla comprensione e al

pensiero.2 Il termine “alternativa” infatti, è stato progressivamente sempre meno utilizzato

perché le situazioni in cui l’intervento è in alternativa al linguaggio verbale sono

pochissime (quasi esclusivamente le malattie neurologiche progressive).

Sinteticamente si può definire il concetto di CAA come l’insieme delle conoscenze,

strategie e tecnologie atte a integrare, aumentare o sostituire il linguaggio verbale orale

restituendo all’individuo “non parlante” il ruolo di soggetto comunicante.

La CAA può essere non assistita e assistita.

Per CAA unaided (non assistita) si intende quella comunicazione che non presuppone l’uso

di dispositivi esterni per comunicare, perché utilizza le competenze dell’individuo stesso:

espressioni del volto, vocalizzi, gesti, segni e linguaggio verbale residuo.

La CAA aided (assistita) utilizza invece, per la comunicazione, dispositivi esterni.

Nell’ambito delle modalità di comunicazione aided sono disponibili strumenti elettronici

low-tech (bassa tecnologia), o strumenti elettronici high-tech (alta tecnologia), oppure

strumenti non elettronici. Gli strumenti non elettronici comprendono tutti quegli ausili che

non hanno bisogno di batteria o di circuiti elettrici: sistemi di simboli o di immagini,

tabelle di comunicazione, tabelle alfabetiche. Gli strumenti elettronici comprendono tutti

quegli ausili che hanno bisogno di energia per funzionare. Gli strumenti elettronici

low-tech comprendono ausili di comunicazione a uscita in voce che riproducono singoli

messaggi o messaggi in sequenza di pochi minuti (VOCAs). I dispositivi elettronici

high-tech includono ausili complessi: comunicatori simbolici multi caselle con frontalini

intercambiabili a uscita in voce, comunicatori alfabetici e display dinamici3.

1 Maria Luisa Gava, “La Comunicazione Aumentativa Alternativa tra pensiero e parola”, ed. Franco Angeli,

2007. 2 Aurelia Rivarola, “Comunicazione Aumentativa e Alternativa”, Milano 2009.

3 Secondo la classificazione ISO 9999: 2007, questo tipo di ausili appartiene alla classe 22 “ausili per

comunicazione ed informazione”

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1.2 Cenni storici: nascita ed evoluzione della CAA

La CAA nasce negli anni Settanta in Canada e negli Stati Uniti d’America, soprattutto

nell’ambito delle paralisi cerebrali infantili o di disturbi con prevalente difficoltà

espressiva.

L’acronimo AAC ( Augmentative Alternative Communication) è stato coniato negli Stati

Uniti d’America nel 1983 con la costituzione dell’ISAAC (International Society

Augmentative Alternative Communication) un’associazione internazionale, nata per

volontà di un gruppo multidisciplinare, che riconosce a ogni individuo il diritto di

comunicare anche in situazioni di grave impedimento verbale come previsto

successivamente dalla Carta dei Diritti alla Comunicazione stilata dal National Comittee

for the Communicative Needs of Person with Severe Disabilities nel 1992 (vedi figura 1).

All’ospedale universitario di Jowa City dal 1964 al 1974 venne condotto un primo

programma di CAA rivolto a bambini con paralisi cerebrale infantile. Nel frattempo si

sviluppava anche l’idea che la tecnologia potesse aggirare la disabilità comunicativa e

venivano usate per la comunicazione macchine da scrivere adattate. Il primo ausilio

tecnologico specificatamente dedicato alla comunicazione è stato il POSM (Patient

Operated Selection Mechanism) finanziato dal Polio Research Foundation, usato fino alla

fine degli anni ‘70. Vennero sviluppati, soprattutto nel Nord Europa, molti altri ausili che

erano però accessibili solo a chi aveva acquisito il codice alfabetico e molti dei quali

certamente non erano di facile uso nella vita quotidiana. Nel 1971 Shirley McNaughton,

con un gruppo di colleghi, avviò a Toronto presso l’ Ontario Crippled Children Center un

progetto di ricerca, utilizzando i simboli grafici (Blissymbolics) che Charles Bliss aveva

inventato con l’intenzione di farne un linguaggio universale per eliminare le barriere e le

guerre tra i popoli. Tali simboli, basati sul significato e non sulla fonetica, venivano

appresi con facilità anche da chi non riusciva ad acquisire il codice alfabetico e

permettevano l’espressione di concetti anche molto sofisticati. I risultati furono

entusiasmanti e i simboli Bliss vennero diffusi rapidamente in tutto il mondo. Per molti

anni Blissymbolics è stato il principale sistema grafico utilizzato nel mondo.

Prendendo spunto dalle sue caratteristiche e dal suo utilizzo, sono stati successivamente

creati altri sistemi simbolici per specifiche esigenze e categorie di disabilità nella

comunicazione. La diffusione di questi sistemi simbolici ha contribuito ad accelerare il

processo di strutturazione di questo nuovo campo clinico, che emergeva sempre di più

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come un’area specialistica: venivano pubblicati libri, articoli, test, venivano tenute

relazioni a convegni e conferenze, organizzati corsi di formazione e attivate presso

numerose sedi universitarie del Nord America e del Nord Europa le prime ricerche in

campo clinico e tecnologico. Shirley McNaughton ha creato un’organizzazione, il

Blissymbolics Communication Institute, successivamente rinominato Blissymbolics

Communication International - BCI - (tuttora impegnato nella creazione di nuovi simboli),

che ha prodotto una grande quantità di documentazione, libri, materiale d’uso e anche i

primi software con simboli. Presso il BCI sono stati organizzati corsi di formazione,

frequentati da centinaia di persone provenienti da tutto il mondo. I corsi non riguardavano

solo il sistema grafico Bliss, ma il suo utilizzo pragmatico: non veniva cioè proposto solo

un metodo, ma un approccio all’interno del quale gli strumenti e i sistemi grafici trovavano

una loro indicazione.

Un approccio funzionale per facilitare la comunicazione delle persone non parlanti

attraverso modalità non orali, fu considerato legittimo solo verso la fine degli anni ‘70.

Una legge americana del 1975 che riconosceva il diritto all’educazione per tutti i bambini

con disabilità, e quindi il loro diritto a vivere nella comunità, diede ancora più forza a

questa corrente di pensiero riabilitativo, anche se molti professionisti continuavano a

sostenere che l’uso di modalità diverse sarebbe andato a detrimento di un possibile

emergere del linguaggio orale. Tale pregiudizio è ancora presente, non solo in molti

genitori, ma anche in molti operatori della riabilitazione. Ricerche di questo periodo nel

campo della linguistica e dello sviluppo del linguaggio nel bambino, aggiunsero nuovi

stimoli a questo approccio alla comunicazione. Molti ricercatori si concentrarono

maggiormente sulla funzione anziché sulla forma dell’atto comunicativo e quindi il

linguaggio incominciò ad essere visto come un mezzo per raggiungere il fine della

comunicazione.

Le terapie logopediche iniziarono quindi a virare dal solo obiettivo di instaurare o

ristabilire un linguaggio orale a quello di migliorare la comunicazione con tutti i codici e le

modalità possibili. Questo nuovo approccio veniva sostenuto da F. Silverman nel libro

“Communication for the Speechless”, tradotto in italiano su iniziativa del Prof. O.

Schindler4, che primo in Italia affermava l’importanza di migliorare la comunicazione di

chi presentava carenza o assenza di linguaggio orale attraverso tutte le modalità possibili.

4 Ordinario di Audiologia e Foniatria; è stato: Direttore del corso di Laurea in Logopedia, Direttore della Scuola di

Specializzazione in Audiologia e Foniatria, Presidente della SIFEL (Società Italiana di Foniatria e Logopedia),

Vicepresidente dello IALP (International Association of Phoniatrics and Logopedics), Presidente del GISD (Gruppo

Italiano per lo Studio della Disfagia), Presidente dell'UEP (Union of European Phoniatricians).

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Dall’inizio degli anni ‘80 iniziarono ad essere pubblicati casi di persone che attraverso

programmi di comunicazione, riuscivano a migliorare la qualità delle loro vite.

Tali programmi venivano comunque sempre implementati dopo il fallimento di forme

tradizionali di terapie del linguaggio.

Nel 1980 e nel 1982 a Toronto si tennero le prime conferenze internazionali sulla

“Comunicazione non orale”. Nel corso della conferenza del 1982 venne presa la decisione

di creare un’organizzazione esclusivamente dedicata a questo campo clinico. Nel 1983

professionisti di 25 paesi del mondo fondarono a New Lansing (Michigan - USA)

l’International Society for Augmentative and Alternative Communication (ISAAC) e

decisero di chiamare l’area di interesse “Augmentative and Alternative Communication”.

In questa sede venne raccomandato di utilizzare il termine derivato dal verbo “to Augment”

(aumentare) in tutte le lingue dove ciò fosse possibile. Il termine “Aumentativa” doveva

chiarire come l’obiettivo dell’intervento dovesse essere quello di incrementare le capacità

comunicative esistenti. In quel periodo il Personal Computer divenne per le persone con

disabilità comunicativa una realtà e così pure gli ausili con uscita in voce sintetica o in

stampa, perché diventavano sempre più piccoli e maneggevoli.

In quegli anni i progressi nell’area della tecnologia erano quelli che più sembravano

connotare il campo della CAA. Come spesso succede, il grande entusiasmo per la

tecnologia portò a considerare gli ausili soluzioni per tutti i problemi; ci volle molto tempo

per capire che erano mezzi preziosi solo se utilizzati per precisi obiettivi, occasioni e

contesti. In quel periodo si svilupparono numerose ricerche che fornivano conoscenze e

teorie di base e contribuirono al riconoscimento scientifico del campo della CAA. I temi

emergenti delle ricerche, che hanno motivato dibattiti e relazioni a congressi, hanno

interessato diversi ambiti. Sono state riportate ricerche su quali caratteristiche dei simboli

grafici facilitassero l’apprendimento e la memorizzazione degli stessi, ricerche e articoli

sull’argomento della “selezione del vocabolario”, sulle modalità interattive tra il partner

parlante e non parlante, ricerche sul ruolo dei simboli grafici nell’acquisizione della lingua

e nell’apprendimento della letto-scrittura, ricerche sul controllo dei comportamenti

problematici tramite la CAA, ricerche sulle tecniche di accelerazione della comunicazione

tramite predizione lessicale. Inoltre avvenivano dibattiti sulla terminologia in CAA,

venivano pubblicati articoli che riferivano l’applicazione della CAA in diverse condizioni

di disabilità e ancora ricerche sui diversi modelli di valutazione e intervento in CAA, fino

alle più recenti ricerche sulla quantificazione dei risultati e sulla posizione della CAA

rispetto alla pratica basata sull’evidenza.

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In Italia la diffusione e lo sviluppo della CAA ha registrato e continua a registrare un

ritardo rispetto al Nord America e al Nord Europa.

Tappe significative nella diffusione della CAA in Italia possono essere considerate i primi

meeting internazionali del BCI a Catania e a Milano, rispettivamente nel 1983 e nel 1988.

Successivamente nel 1989 la formazione del Gruppo Italiano per lo Studio della

Comunicazione Aumentativa e Alternativa (GISCAA) e nel 1996 la creazione della prima

scuola annuale di formazione in CAA a Milano presso il Centro Benedetta D'Intino onlus.

La tappa certamente più significativa per il nostro Paese è stata la fondazione nel 2002 del

Chapter ISAAC Italy. ISAAC Italy raduna in Italia le persone interessate e coinvolte nella

CAA, cioè le persone che utilizzano la Comunicazione Aumentativa e Alternativa, i loro

familiari ed amici, professionisti, tecnici ed aziende che distribuiscono in Italia ausili e

materiali per la CAA.

Gli scopi dell’ISAAC possono essere sintetizzati come segue:

diffusione delle attuali conoscenze in ambito di CAA (strumenti, codici,

metodologie, strategie specifiche);

promozione di studi e ricerche nel campo della disabilità verbale;

creazione di una cultura della comunicazione umana con un’accezione più ampia

del linguaggio verbale, che comprenda modalità complementari ma anche

alternative alla parola. Includendo, quindi, all’interno del concetto di

comunicazione tutto ciò che consenta, faciliti o potenzi le intenzionalità espressive

di un individuo, ivi compresi i residui vocali, lo sguardo, la mimica, il gesto, la

postura, i codici alternativi, gli strumenti tecnologici e qualunque ausilio possa

essere utile a questo scopo.

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Figura 1. Carta dei Diritti alla Comunicazione

Carta dei Diritti alla Comunicazione (National Commitee for the Communication Needs of Person with Sever Disabilites,

1992)

Ogni persona, indipendentemente dal grado di disabilità, ha il diritto fondamentale di

influenzare, mediante la comunicazione, le condizioni della sua vita.

Oltre a questo diritto di base devono essere garantiti i seguenti diritti specifici:

I

Il diritto di chiedere oggetti, azioni, persone e di esprimere preferenze e sentimenti.

II

Il diritto di scegliere tra alternative diverse.

III Il diritto di rifiutare oggetti, situazioni, azioni non desiderate e di non accettare tutte le

scelte proposte.

IV

Il diritto di chiedere e ottenere attenzione e di avere scambi con altre persone.

V

Il diritto di richiedere informazioni riguardo oggetti, persone, situazioni o fatti che

interessano.

VI

Il diritto di attivare tutti gli interventi che rendano loro possibile comunicare con

messaggi in qualsiasi modo e nella maniera più efficace indipendentemente dal grado di

disabilità.

VII

Il diritto di avere riconosciuto comunque il proprio atto comunicativo e di ottenere

una risposta anche nel caso in cui non sia possibile soddisfare la richiesta.

VIII

Il diritto ad avere accesso in qualsiasi momento ad ogni necessario ausilio di

comunicazione aumentativa alternativa, che faciliti e migliori la comunicazione e il

diritto di averlo sempre aggiornato e in buone condizioni di funzionamento.

IX

Il diritto a partecipare come partner comunicativo, con gli stessi diritti di ogni altra

persona, ai contesti, interazioni e opportunità della vita di ogni giorno.

X

Il diritto ad essere informati riguardo a persone, cose e fatti relativi al proprio

ambiente di vita.

XI

Il diritto di ricevere informazioni per poter partecipare ai discorsi che avvengono

nell’ambiente di vita, nel rispetto della dignità della persona disabile.

XII

Il diritto di ricevere messaggi in modo comprensibile e appropriato dal punto di vista

culturale e linguistico.

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1.3 La popolazione disabile verbale: ambiti di applicazione della CAA

L’ambito della CAA risulta piuttosto vasto e può interessare individui di età diverse, con

patologie molto varie: l’intervento di CAA può essere rivolto ad ogni persona (bambini e

adulti) che, per diverse ragioni, non siano in grado di comunicare primariamente con il

linguaggio verbale (orale o scritto). L’adozione di un sistema di CAA può essere

temporaneo o permanente a seconda dell’eziologia del disturbo e degli obiettivi posti

dall’intervento. Gli ambiti di applicazione sono dunque: le patologie congenite (alcuni

esempi sono: i disturbi generalizzati dello sviluppo, le paralisi cerebrali infantili, il ritardo

mentale, i deficit uditivi, i deficit prassici), le patologie acquisite (alcuni esempi sono: i

traumi cranici, l’ictus, le laringectomie, gli interventi demolitivi del cavo orale, le paralisi

bilaterali degli adduttori delle corde vocali), le patologie evolutive (alcuni esempi sono: la

sclerosi laterale amiotrofica, la sclerosi multipla, la malattia di Parkinson, la distrofia

muscolare, la leucodistrofia, l’atrofia muscolare spinale) e le patologie temporanee (alcuni

esempi sono: lo shock, le intubazioni).

Dopo queste brevi premesse, è utile, per avere una dimensione del problema, considerare i

dati epidemiologici presenti in letteratura.

I dati epidemiologici mostrano un’area di bisogno consistente: i dati internazionali

mostrano che tra lo 0,5 e lo 0,9% della popolazione infantile necessita di un intervento di

CAA.5

In Italia, più del 2% della popolazione tra 0 e 18 anni è disabile e almeno un quarto di essa

presenta disturbi di comunicazione transitori o permanenti, per un totale di circa 50.000

ragazzi e famiglie all’interno di diagnosi anche molto diverse (Costantino e Bergamaschi,

2005).

Beukelman (2012) evidenziò diversi fattori che hanno contribuito all’aumento del numero

di individui che necessitano dell’utilizzo della CAA. Ad esempio, l’aumento negli ultimi

anni dell’incidenza dei disturbi dello spettro autistico (DSA): negli Stati Uniti 1 bambino

su 88 riceve diagnosi di DSA (Centro per la Prevenzione e per il Controllo delle Malattie,

2011) e di questi bambini il 30-50% non sviluppa un linguaggio funzionale e necessita

della CAA (Consiglio Nazionale delle Ricerche, 2001). Inoltre, grazie ai progressi della

medicina, sono aumentati i tassi di sopravvivenza di bambini con disturbi dello sviluppo

alla nascita o con disturbi dello sviluppo acquisiti e ciò ha portato al conseguente aumento

del numero di persone con disabilità permanenti, molte delle quali presentano disturbi della

5 J.A. Matas, P. Mathy-Laikko, D.R. Beukelman , K. Legresley, “Identifying the nonspeaking population: a

demografic study”, Augmentative and Alternative Communication, 1985;1: 17-31

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15

comunicazione. Ad esempio, l’incidenza delle paralisi cerebrali infantili (PCI) negli Stati

Uniti sta aumentando (Loyola University Health System, 2010), rappresentando così una

delle principali cause di disabilità permanenti in età evolutiva. Non solo è aumentata

l’incidenza delle disabilità comunicative, ma è anche aumentata l’aspettativa di vita e

questo ha portato all’aumento della prevalenza della disabilità comunicativa. Inoltre,

l’aumentata aspettativa di vita ha portato all’aumento della percentuale di persone anziane

(oltre i 65 anni) che hanno quindi maggiori probabilità di sviluppare patologie cronico-

degenerative con conseguenti disturbi sensoriali, percettivi, motori, cognitivi e del

linguaggio fino ad avere bisogno della CAA per sostenere la comunicazione (Segalman,

2011).6

Data la complessità della popolazione disabile verbale si può operare una suddivisione in

tre livelli per avere una visione più organica. Tale suddivisione non deve essere considerata

in modo rigido poiché i soggetti di un livello possono nel tempo acquisire le competenze

caratterizzanti un altro livello. Possiamo dunque suddividere la popolazione disabile

verbale distinguendo tra: a) soggetti che presentano capacità di letto-scrittura, che hanno

un linguaggio interno strutturato e che quindi necessitano solamente di un by-pass

strumentale e di un ambito che faciliti la comunicazione; b) soggetti che non presentano

abilità di letto-scrittura ma che possiedono i prerequisiti per l’adozione di strumenti

alternativi (solo se il soggetto ha la capacità di rivolgere comunicazioni intenzionali si può

proporre l’utilizzo di tecniche più o meno complesse per lo sviluppo della comunicazione);

c) soggetti che non presentano i prerequisiti necessari per l’adozione di strumenti

alternativi e che quindi necessitano di un intervento di comunicazione iniziale.

1.4 La CAA in età evolutiva: principi generali di base

L’aspetto fondamentale che differenzia l’intervento di CAA rispetto agli interventi

riabilitativi classici è l’attenzione al contesto e agli interlocutori del bambino (partner di

comunicazione). L’intervento deve mirare, dunque, oltre che alla valorizzazione e

all’incremento delle risorse comunicative del bambino, anche alla modificazione delle

caratteristiche fisiche e familiari dell’ambiente, per renderlo più leggibile al bambino.

Quanto finora affermato trova giustificazione anche nella definizione dell’ ASHA

(American Speech Language Hearing Association): “ La C.A.A. si riferisce anche ai soli

aggiustamenti dei comportamenti degli interlocutori”. I modelli di intervento si rivolgono

6 Janice Light, David McNaughton, “The changing face of Augmentative and Alternative Communication:

past, present, and future challenges”, Augmentative and Alternative Communication, 2012; 28 (4): 197-204

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pertanto, sia alla persona con disabilità, sia a coloro che interagiscono con essa

quotidianamente. I caregivers, cioè i familiari, gli insegnanti, gli operatori e tutti coloro che

si trovano ad interagire abitualmente con la persona disabile, sono necessariamente parte

integrante degli interventi rivolti a sostenere i processi comunicativi e relazionali.

Partendo dal concetto di base che “la comunicazione non si insegna ma si esplica nei reali

contesti di vita del bambinoӏ immediatamente chiaro che, quando si parla di interventi di

CAA, non si tratta di insegnare qualcosa, di far apprendere delle tecnologie o prescrivere

degli ausili, ma si tratta di favorire le interazioni naturali, incoraggiare e sostenere la

comunicazione e la relazione con il bambino all’interno dei suoi contesti di vita.7 Pertanto,

quando si parla di intervento di CAA non ci si riferisce ad un setting predefinito, ma ci si

riferisce a delle interazioni, che devono avvenire nella maniera più naturale ed ecologica

possibile. Un'altra caratteristica della CAA è il concetto di sistema multimodale: la CAA si

propone di valorizzare ed incrementare tutte le risorse comunicative, sia nelle componenti

naturali che nelle componenti aumentative integrandole in un sistema comunicativo

globale. In un progetto di CAA bisogna quindi identificare, interpretare e valorizzare il

sistema di comunicazione esistente, dove per esso si intende l’insieme delle risorse naturali

della persona (comunicazione unaided). E’ importante, ad esempio, comprendere il modo

di esprimere accettazione o rifiuto, dare significato alla mimica del volto, allo sguardo, alla

pantomima, ai gesti usati e capire se esiste un modo codificato per dare l’assenso/dissenso.

L’identificazione del sistema di comunicazione esistente permette di costruire nuove

competenze a partire dalle abilità presenti e di consigliare strategie, strumenti e differenti

tipi di ausili di comunicazione speciali (comunicazione aided) che realmente migliorino le

possibilità comunicative. Per raggiungere questo obiettivo è prioritario conoscere i bisogni

e le occasioni di comunicazione del bambino in tutti gli ambienti di vita.

Altro aspetto cruciale dell’intervento di CAA riguarda la partecipazione: la CAA si

propone di incrementare in modo significativo la partecipazione in contesti naturali.

Attraverso l’incremento della partecipazione automaticamente si incrementa la quantità e

la qualità di opportunità di comunicazione. Il solo vero prerequisito per intraprendere un

intervento di CAA è la presenza di reali opportunità di comunicazione (Mirenda P. et altri,

1990).

7 Ermellina Fedrizzi “I disordini dello sviluppo motorio”, ed. Piccin, 2009; p. 189-200

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17

1.5 Il ruolo dei partner di comunicazione

La ricerca ha dimostrato che il continuo supporto dei partner di comunicazione è

fondamentale per il successo dell’intervento di CAA: quando esiste tale supporto, in

combinazione con il supporto di professionisti e con adeguate soluzioni di CAA, sono

possibili esiti positivi dell’intervento e, quando non esiste, sono stati documentati alti tassi

di rifiuto della CAA ( Fager, Hux, Beukelman, Karantounis, 2006; Johnson et al., 2006;

Lund e Light, 2007). Garantire che i partner comunicativi abbiano un ruolo significativo

nella scelta delle soluzioni di CAA durante il processo di valutazione è una strategia per

aiutare ad aumentare l’accettazione della CAA.

I partner di comunicazione in genere hanno relazioni di natura sociale, educativa o di cura

con l’utente, tramite la CAA. I partner di comunicazione collaborano allo scambio

comunicativo ad un livello superiore di quanto generalmente previsto per un ascoltatore,

lavorando insieme all’utente di CAA alla co-costruzione dei messaggi, evitando le cadute

della comunicazione (Beukelman et al., 2007). È comune per i membri della famiglia avere

il ruolo sia di facilitatori che di partner di comunicazione, pertanto dovrebbero essere

fortemente coinvolti nel processo di valutazione.8 Bronfenbrenner (1995) ha sottolineato la

grande influenza che la responsività del partner ha sull’apprendimento e sullo sviluppo del

bambino. La responsività è riferita a specifici comportamenti comunicativi come le

risposte contingenti ai potenziali atti comunicativi del bambino (Warren, Brady, Sterling,

Fleming, Marquis, 2010). Secondo altri autori, essere un partner responsivo significa

fornire al bambino occasioni di comunicazione strutturate e utilizzarle per insegnargli

forme di comunicazione più simboliche (Cress e Marvin, 2003; Snell, 2002).

Può essere, dunque, definito responsivo un partner di comunicazione capace di: 1)

osservare ed ascoltare il bambino con bisogni comunicativi complessi, assumendo il suo

punto di vista e partendo dal suo focus di interesse; 2) assumere un comportamento di

attesa, concedendo al bambino più tempo per reagire e rispondere; 3) dare risposta a tutti i

suoi segnali comunicativi; 4) offrire opportunità di utilizzo della CAA e 5) creare

opportunità di comunicazione nel contesto delle attività quotidiane.

Fornire supporti efficaci di formazione per i genitori costituisce, dunque, una parte

importante dell’intervento precoce per i bambini con bisogni comunicativi complessi

(Woods, Wilcox, Friedman, Murch, 2009) . La formazione dei genitori può essere parte di

8 Cathy Binger, Laura Ball, Aimee Dietz, Jennifer Kent-Walsh, Joanne Lasker, Shelley Lund, Miechelle

McKelvey, Wendy Quach, “Personnel roles in the AAC assessment process”, Augmentative and Alternative

Communication, 2012, 28 (4): 278-288

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18

un programma globale di intervento che coinvolge il bambino oppure può essere un

intervento a sé stante.

Diversi studi dimostrano che l'intervento centrato sul genitore può portare ad aumentare la

responsività dei genitori e ha effetti positivi sulla comunicazione di entrambi i genitori e

dei loro figli (Girolametto, Sussman, Weitzman, 2007; Mahoney, Perales, 2003;

McConachie, Randle, Hammal, Le Couteur, 2005; Pennington et al., 2009; Yoder, Warren,

2002). 9

9Malin Broberg, Ulrika Ferm, Gunilla Thunberg, “Measuring responsive style in parents who use AAC with

their children: development and evaluation of a new instrument”, Augmantative and Alternative

Communication, 2012, 28 (4): 243-253

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CAPITOLO II

IL PROCESSO DI VALUTAZIONE DEL BAMBINO CON BISOGNI

COMUNICATIVI COMPLESSI

Per una valutazione completa e per una presa in carico globale del bambino con bisogni

comunicativi complessi è indispensabile la partecipazione ed il coinvolgimento di

un’equipe multidisciplinare tuttavia, nel seguente capitolo, verranno presi in

considerazione solo i campi di competenza del logopedista.

2.1 Considerazioni generali

La valutazione e la realizzazione di un programma di CAA sono processi dinamici e in

progressione e vanno gestiti da operatori formati in CAA.

A causa dell’eterogeneità dei fruitori della CAA e di conseguenza delle loro esigenze e

competenze, la valutazione in CAA è un processo molto complesso che richiede una lunga

esperienza, conoscenze e competenze in ambito di CAA, quindi la valutazione può essere

condotta da un team. Tuttavia, la presenza di un team di valutazione è un altro fattore che

può contribuire alla complessità della valutazione in CAA. La complessità della

valutazione in CAA è ulteriormente aggravata dalla mancanza di evidenze riguardo al

processo decisionale in ambito clinico. La ricerca è molto attiva in questo senso tuttavia,

poco si sa su come i professionisti sanitari prendono decisioni durante il processo di

valutazione in CAA.10

Una valutazione accurata degli aspetti di interazione, delle abilità ed esigenze

comunicative e linguistiche, delle funzioni e delle forme del comportamento comunicativo

e delle caratteristiche sensoriali del bambino, nonché delle aspettative, delle modalità

comunicative dell’ambiente e delle barriere e opportunità di comunicazione che esso crea,

costituisce la base di partenza per l’attuazione di un percorso abilitativo. La conoscenza

approfondita del sistema comunicativo del bambino deve avvenire attraverso

l’osservazione non solo all’interno del setting di terapia ma anche in altri ambienti: si

devono valutare gli ambienti significativi per la persona con complessi bisogni

comunicativi e la loro influenza sul suo funzionamento comunicativo, cognitivo e sociale,

quali la scuola e l’ambito familiare. Per sistema comunicativo si intende l’insieme

10

Aimee Dietz, Wendy Quach, Shelley K. Lund, Michelle McKelvey, “AAC Assessment and Clinical-

Decision Making: The Impact of Experience”, Augmentative and Alternative Communication, 2012; 28 (3):

148-159

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costituito dal repertorio individuale delle modalità comunicative (anche non simboliche) e

dalle caratteristiche dei partner comunicativi.11

La valutazione si compone di una osservazione informale: cioè un’osservazione del

comportamento spontaneo del bambino e di una valutazione formale che si avvale di

materiale strutturato (test, questionari, interviste). Nella valutazione bisogna fare proposte

che possano evidenziare da subito le competenze del bambino, è opportuno inoltre, creare

fin dal primo incontro di valutazione occasioni comunicative, perché il bambino non solo

risponda, ma anche inizi l’interazione. Avere a disposizione e proporre da subito strumenti

di CAA è indispensabile perché permettono al bambino di controllare l’ambiente, di fare

scelte e permettono a chi valuta di cogliere la sua modificabilità già nel corso di un primo

incontro. In questo senso la valutazione è già l’inizio dell’intervento e non termina con

esso. Devono essere previste frequenti rivalutazioni perché cambiano le abilità cognitive,

le condizioni fisiche e i bisogni del bambino e quindi occorre modificare strategie,

strumenti e ridefinire gli obiettivi dell’intervento. Il progetto di CAA si costruisce sulle

abilità presenti e l’intervento consiste anche nel cercare di superare le barriere alla

comunicazione. Sono denominate barriere di accessibilità quelle che si riferiscono al

bambino e riguardano l’aspetto comunicativo, cognitivo, emotivo, sociale, sensoriale e

motorio. Le barriere di opportunità riguardano l’ambiente e riflettono l’insieme di

politiche, leggi, prassi, attitudini e possono tradursi nell’assenza di conoscenze specifiche

sulla CAA e sui disturbi di comunicazione, in un atteggiamento negativo nei confronti

della disabilità, nella carenza di strutture e di personale qualificato. Queste barriere,

limitando la piena partecipazione alla vita sociale delle persone disabili, impediscono la

reale implementazione di un progetto di CAA: in un processo circolare, una scarsa

partecipazione significa scarsa esperienza di comunicazione e una scarsa acquisizione di

competenza sociale.

11

Elena Danna “La comunicazione visiva: una proposta di intervento”, Presa in carico e intervento nei

disturbi dello sviluppo, ed Erickson, p. 372-391

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21

2.2 La valutazione delle competenze comunicative

2.2.1 Il Modello di Partecipazione

Un modo per osservare l’utente di CAA e l’ambiente in cui è inserito è l'applicazione del

Modello di Partecipazione (Beukelman e Mirenda, 1992, 1998, 2005) (vedi figura 2).

Questo modello fornisce una struttura per la valutazione e l'intervento e propone metodi

per modificare i molti aspetti delle barriere di comunicazione degli utenti di CAA. Il

Modello di Partecipazione è finalizzato all'individuazione ed al superamento continuo di

questi ostacoli. L'obiettivo principale è di facilitare ogni persona cercando di eliminare gli

ostacoli ed incrementando i livelli di partecipazione dell'individuo stesso nei contesti

naturali più significativi progettando degli interventi specifici, opportuni e mirati. Il

principio basilare del Modello di Partecipazione consiste nel concetto che per incrementare

la comunicazione è necessario incrementare in modo significativo la partecipazione in

contesti naturali. La valutazione secondo questo modello parte dall’individuazione dei

bisogni di partecipazione del bambino, compresi i bisogni comunicativi nei contesti

naturali come sono la casa e l'ambiente scolastico. Attraverso opportune schede di

registrazione della partecipazione (valutando dunque le barriere di accesso e di

opportunità) è possibile registrare le abilità che ogni utente possiede e di cui ha bisogno al

fine di offrire suggerimenti utili e le soluzioni più idonee per eliminare gli ostacoli

presenti. Vengono pertanto valutate le barriere di accesso, facendo riferimento ad una serie

di abilità funzionali che gli esseri umani normalmente sviluppano ovvero valutando la

disponibilità di mezzi per comunicare pienamente in tutte le situazioni; e le barriere di

opportunità considerando come l’ambiente familiare, medico, educativo, governativo e

comunitario influenza lo sviluppo delle abilità potenziali e le libertà di ogni utente CAA.

Inoltre possono essere indicati e registrati gli obiettivi e le soluzioni per la pianificazione di

un intervento di CAA. Il punto di partenza è la valutazione delle disabilità per focalizzare

poi l'interesse sulle abilità presenti ed affidabili, potenziali o potenziabili.

Il modello di partecipazione richiede che siano valutati per confronto i modelli di

partecipazione dei pari non disabili in contesti significativi. I modelli di partecipazione dei

bambini che saranno oggetto degli interventi vengono valutati negli stessi contesti dei pari

e a questi confrontati.

Un altro modello utilizzato è quello che permette la registrazione e la valutazione

dinamica dei progressi ottenuti dall'utente in seguito all'attuazione del Modello di

Partecipazione come struttura per l'intervento. All'interno di tale valutazione ogni

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soluzione viene selezionata e provata fino ad essere integrata nel programma aggiustando,

se necessario, lo stesso. Tale modello è costituito da un processo di attuazione circolare ed

è uno strumento utile che permette di migliorare le abilità di interazione sociale di un

paziente, nonostante una grave disabilità fisica, cognitiva o verbale.

Figura 2. Modello di Partecipazione

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2.2.2 Social Networks

Social Networks12

da un punto di vista teorico, si basa su modelli ampiamente accettati.

Questo strumento sostiene il Modello di Partecipazione e rispecchia le raccomandazioni

riportate nella Classificazione della Funzionalità, Disabilità e Salute (ICF) a cura

dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), incoraggiando lo sviluppo di

programmi di intervento che pongano enfasi sulla comunicazione funzionale e sulla

partecipazione alla vita della comunità. Si tratta di una rilevazione di dati che mette in

grado gli operatori di raccogliere informazioni dalla persona, dalla famiglia e dagli

operatori di CAA, sui cerchi dei partner comunicativi della persona stessa e sulle sue

attuali modalità di espressione e che permette di assistere queste persone nello sviluppo

degli obiettivi comunicativi, pianificando gli interventi di CAA e misurandone i progressi.

Social Networks non rappresenta una misurazione obiettiva dei comportamenti

comunicativi, piuttosto è uno strumento che permette che vengano considerate le

percezioni di più persone nella programmazione degli interventi nel lungo periodo. Come

tale, è un’ utile componente di una valutazione globale in CAA, di una programmazione

degli interventi e del follow-up. Partendo dal presupposto che la comunicazione è

multimodale, Social Networks fa si che gli operatori raccolgano informazioni sull’uso di

diverse modalità comunicative nell’ambito dei diversi contesti, attività e partner con una

modalità sistematica. Social Networks può aiutare a mettere in rilievo le aree specifiche di

competenza che richiedono lo sviluppo di abilità, in ciascuno dei cinque cerchi di

comunicazione (1. i partner comunicativi che accompagnano la vita di una persona; 2. gli

amici più cari, i parenti; 3. i conoscenti; 4. i lavoratori retribuiti per occuparsi della

persona; 5. i partner non familiari) (vedi figura 3) e per ciascuno dei tre gruppi di

comunicazione (1. “comunicazione emergente”; 2. “comunicazione contesto-dipendente”;

3. “comunicazione indipendente”) (vedi figura 4). Grazie a tale impostazione esso consente

di osservare come i pattern di interazione facilmente cambiano nelle diverse situazioni

sociali, con persone differenti e in diversi periodi di tempo, nel corso della vita di una

persona. Inoltre Social Networks aiuta ad individuare i componenti della famiglia che

possono trarre vantaggio da momenti di formazione destinati ai partner comunicativi. Il

Fascicolo di Rilevazione dei Dati del Social Networks è utilizzato per registrare le

informazioni durante ogni intervista. L’intervistatore, di solito un logopedista, effettua la

12

S. W. Blackstone e M. Hunt Berg, “Social Networks: rilevazione dei dati sulla comunicazione per persone

con bisogni comunicativi complessi e i loro partner comunicativi”, versione italiana a cura di A. Rivarola e

G. Veruggio, 2010; ed. Omega

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rilevazione, in una o più sessioni, con due o tre persone: un membro della famiglia, un

professionista pagato che è a conoscenza delle esperienze quotidiane di comunicazione

della persona e, quando possibile, la persona con complessi bisogni comunicativi. Le

interviste sono condotte con la contemporanea collaborazione di tutte le persone o con ogni

persona separatamente. Gli intervistatori possono decidere di omettere delle sezioni o di

cambiare l’ordine di proposta delle varie sezioni (vedi figura 5). Alla fine del fascicolo di

rilevazione dei dati sono previste inoltre le schede riassuntive che permettono

all’intervistatore ed all’ équipe di:

1. avere un quadro di tutti i partner comunicativi ed identificare i partner chiave;

2. identificare tutte le modalità utilizzate e la loro efficacia e chiarire quale è la modalità

principale in ogni cerchio;

3. riassumere le informazioni che si riferiscono alle capacità ed abilità della persona e

all’utilizzo delle strategie rappresentative, delle tecniche di selezione, delle strategie di

interazione e degli argomenti preferiti;

4. sviluppare obbiettivi funzionali di comunicazione che vadano incontro ai bisogni e alle

priorità della persona in ogni cerchio dei partner comunicativi.

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25

Figura 3. Il Modello dei Cerchi dei Partner Comunicativi (CCP)

PRIMO CERCHIO: I partner comunicativi che accompagnano la vita di una persona.

Il primo cerchio comprende i componenti della famiglia ed altri con i quali una persona risiede o è in relazione.

SECONDO CERCHIO: Gli amici più cari / i parenti. Il secondo cerchio rappresenta le persone con le quali la persona trascorre il tempo libero, condivide interessi reciproci, gioca e ha

confidenza .

TERZO CERCHIO: I conoscenti. Questo cerchio comprende le persone con le quali una persona ha un rapporto di conoscenza ma con cui non socializza regolarmente

(es.: vicini di casa, i compagni di scuola, i colleghi di lavoro).

QUARTO CERCHIO: I lavoratori pagati.

Queste sono persone che generalmente vengono pagate nei periodi di tempo in cui interagiscono con la persona (es.: terapisti, medici, insegnanti, assistenti tecnici, assistenti personali, babysitter, tutors sul posto di lavoro).

QUINTO CERCHIO: Partner non familiari.

Il quinto cerchio rappresenta "tutti gli altri". Nel riempire questo cerchio, gli intervistati non identificano delle persone in particolare. Piuttosto,essi sono portati a pensare a categorie di persone come potenziali interlocutori (es. negozianti, camerieri, lavoratori del

trasporto pubblico).

Figura 4. I tre gruppi di comunicatori (Dowden, 1999; Dowden e Cook, 2002)13

Gruppo “Comunicazione Emergente”: le persone che non hanno a disposizione valide modalità di espressione simbolica, utilizzano strategie iniziali di comunicazione (espressioni del viso, linguaggio del corpo, sguardo, gesti, vocalizzi o altre modalità di

comunicazione non simbolica). L’intervento di CAA per questo gruppo di solito è focalizzato su (1) stabilire una prima modalità

affidabile di espressione simbolica (2) aumentare le opportunità per interagire con diversi partners e (3) espandere la comunicazione oltre argomenti sul “qui ed ora”. L’intervento può aiutare la persona fornendo sia le modalità che le opportunità di comunicare in

maniera più efficace con un crescente numero di partners comunicativi e di utilizzare strategie di comunicazione simbolica in maniera

più consistente ed affidabile.

Gruppo “Comunicazione contesto-dipendente”: una larga percentuale delle persone che ricevono interventi di CAA sono nel gruppo

della comunicazione contesto-dipendente. Le loro competenze ed abilità possono variare ampiamente. Alcune persone sono in grado di

comunicare solo in alcuni contesti con un numero ridotto di partners molto familiari. Altre sono in grado di comunicare efficacemente in vari contesti con differenti partners: tuttavia per essere capite o per accedere ad un vocabolario appropriato, tutti questi

“comunicatori contesto-dipendenti” si devono affidare al supporto di partners familiari poiché: (1) si affidano ad espressioni vocali

gravemente incomprensibili o a strategie di comunicazione personalizzate, che richiedono familiarità con il partner, (2) non hanno accesso ad un sufficiente e/o appropriato vocabolario, (3) mancano di abilità di letto/scrittura o di linguaggio necessarie a generare

nuovi messaggi, (4) dipendono dagli altri per selezionare e pre-programmare il loro vocabolario (5) non hanno accesso a tecnologie

appropriate. Gli obbiettivi dell’intervento per le persone la cui comunicazione è contesto- dipendente si focalizzano sull’ aumento del vocabolario disponibile, sull’incremento delle abilità con le quali sono utilizzate le strategie di CAA, sullo sviluppo del linguaggio e le

abilità di literacy per ottimizzare l'indipendenza comunicativa, sulla fornitura di tecnologie di CAA ed istruzioni sul loro utilizzo, sulla

formazione dei partners comunicativi. Inoltre gli obiettivi possono focalizzarsi sull'aumento della partecipazione nei vari cerchi e/o sull’aumento del numero di partners all'interno di specifici cerchi e sull'espansione della gamma di argomenti di cui parlare.

Gruppo “Comunicazione Indipendente”: le persone in questo gruppo possono interagire sia con i partners familiari sia con quelli

non abituali su qualsiasi argomento, in qualsiasi contesto. Queste persone sono di solito in grado di leggere e scrivere e hanno l'abilità di comunicare messaggi in modo indipendente. Gli obiettivi dell'intervento si possono focalizzare sull’utilizzo di tecnologie di CAA

per migliorare le competenze operative, linguistiche e strategiche, sul rafforzamento del livello delle strategie, sull’ampliamento delle

possibilità comunicative, sull’affinamento delle abilità pragmatiche e di interazione sociale, sul sostegno della partecipazione alle attività legate al lavoro, all'educazione e alla vita nella comunità.

13

Sarah W. Blakstone, “Social Networks: What is it? Why use it?”, ACN - Augmentative Communication

News, 2003, 15(2): 1-13

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Figura 5. Le dieci sezioni del Social Networks

I. Informazioni identificative.

L'intervistatore provvede a rilevare le informazioni di base sulla persona, sull’intervistato e sulla

situazione dell’intervista.

II. Comportamenti ed abilità della persona.

L'intervistatore chiede all’intervistato di valutare i livelli di abilità della persona nelle diverse aree

funzionali, in base ad una scala: Adeguato all’età /nel range di normalità; Invalidità di grado lieve;

Invalidità di grado medio; Invalidità di grado severo. Sono previste domande su: (1) emissione

della parola, (2) linguaggio (ricettivo ed espressivo, scrittura e lettura), (3) visione, (4) udito, (5)

abilità motorie, (6) capacità cognitive, (7) comportamenti adattivi e (8) utilizzo dell’ Assistive

Technology.

III. Cerchi dei Partner Comunicativi.

L'intervistatore presenta all’intervistato lo schema dei Cerchi dei Partner Comunicativi (CCP) e

chiede all’intervistato di identificare le persone in ogni cerchio. Quindi l’intervistato identifica (a)

il partner comunicativo primario della persona , (b) il partner più abile, (c) il partner con cui la

persona passa la maggior parte del tempo, (d) il partner comunicativo preferito, (e) il partner più

disponibile ad imparare nuovi comportamenti e (f) il partner che più è in grado di insegnare alle

altre persone come comunicare efficacemente con la persona.

IV. Modalità di espressione.

L'intervistatore concentra la sua attenzione sull'uso corrente delle differenti modalità di espressione

da parte della persona. Le modalità includono espressioni del viso/linguaggio del corpo,

gesti/sguardo, vocalizzazioni, segni manuali, parole, scrittura/disegno, tabelle/libri di

comunicazione non elettronici, ausili di comunicazione semplici o complessi, software speciali di

comunicazione, telefono ed e-mail. L’intervistatore fa inoltre domande sulla frequenza, efficienza,

efficacia ed intelligibilità di ogni modalità. Infine l’intervistatore chiede con quali modalità la

persona comunica abitualmente in ogni cerchio.

V. Strategie Rappresentative.

Questa sezione approfondisce se la persona utilizza correntemente oggetti, fotografie, set e sistemi

pittografici, sistemi basati sull’ortografia, segni manuali, strategie uditive e/o altre strategie per

esprimere il linguaggio. Dopo aver identificato le specifiche strategie rappresentative,

l’intervistatore interroga l’intervistato sull’efficacia, efficienza ed intelligibilità di ogni strategia

che la persona usa.

VI. Tecniche di selezione.

L’intervistatore chiede all’intervistato di identificare le tecniche di selezione che sono utilizzate

correntemente e di valutare la loro efficacia. Sono incluse la selezione diretta, la selezione a codice

basata su icone , i codici alfanumerici , la scansione non elettronica ed elettronica.

VII. Strategie di supporto all’interazione.

Scopo di questa sezione è identificare le specifiche strategie che le persone ed i loro partner

utilizzano correntemente per sostenere l’efficacia della espressione e/o la comprensione da parte

della persona delle comunicazioni quotidiane. L’intervistato valuta anche se la strategia è efficace

“per la maggior parte del tempo”, “qualche volta”, “raramente” o “mai”.

VIII. Argomenti di conversazione.

L’intervistatore chiede all’intervistato di identificare gli argomenti di conversazione di cui la

persona parla con il partner principale in ogni cerchio. Quindi si chiede all’intervistato quali

sarebbero gli argomenti di cui la persona vorrebbe parlare se avesse i mezzi per farlo.

IX. Tipi di comunicazione.

Nell’ultima sezione, l’intervistatore chiede all’intervistato se può descrivere la persona come

comunicatore emergente, comunicatore contesto-dipendente o comunicatore indipendente.

X. Riassumere le informazioni del Social Networks.

Dopo ogni intervista le informazioni possono essere organizzate per renderle più comprensibili ed

utili.

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27

2.2.3 Valutazione della Comunicazione Aumentativa e Alternativa (VCAA)

VCAA14

(traduzione italiana di ACAP – Augmentative Communication Assessment Profile)

è uno strumento utile ad identificare il sistema di CAA più idoneo alle caratteristiche

comunicative del soggetto affetto da autismo. Questo strumento riguarda solamente l’uso

dei segni e i metodi di comunicazione a bassa tecnologia: i sistemi basati sullo scambio di

immagini (Picture for Object Trading, Picture Exchange Communication System) e i

sistemi basati sull’indicazione delle immagini. Questa scelta trova giustificazione nel fatto

che per questi bambini, il ricorso a sistemi di CAA ad alta tecnologia non migliorerebbe

significativamente la loro competenza comunicativa in quanto, insita nei disturbi dello

spettro autistico, c’è una difficoltà nella comprensione della comunicazione e

dell’interazione sociale che contraddistingue questa popolazione di soggetti. Fino ad oggi

questo strumento è stato utilizzato solamente per la valutazione di bambini affetti da

autismo ma non c’è ragione di escludere la possibilità di impiego come ulteriore strumento

di valutazione, utile per persone prive di abilità verbali ma fisicamente abili. Lo strumento

prevede una sezione di pre-valutazione costituita di quattro domande a cui è necessario

ottenere una risposta positiva per poter procedere con la successiva valutazione. Il profilo

di valutazione viene ottenuto attraverso domande relative alla comunicazione suddivise in

nove categorie: attenzione, abilità visive, sguardo, abilità motorie, vicinanza

fisica/contatto, status comunicativo, comportamento, sviluppo cognitivo, sviluppo del

linguaggio ricettivo. I criteri essenziali per un sistema di comunicazione basato sullo

scambio di immagini sono: 1) abilità di attenzione minime, 2) distinzione fra oggetti e

persone, 3) esistenza di almeno un oggetto/attività motivante, 4) comunicazione

intenzionale almeno sporadica, anche se di breve durata. La persona potenzialmente capace

di comunicare indicando delle immagini deve esibire: 1) abilità di discriminazione ed

esplorazione visiva, 2) abilità di attenzione visiva, 3) comportamento comunicativo

intenzionale, 4) azione di indicazione, 5) consapevolezza della natura figurativa/simbolica

delle immagini; oltre a questi criteri essenziali sono previsti anche i criteri aggiuntivi: 6)

consapevolezza sociale, 7) senso di frustrazione quando i suoi bisogni non vengono

soddisfatti, 8) comprensione verbale/situazionale. La persona potenzialmente capace di

usare segni necessita di : 1) abilità di attenzione condivisa di livello elevato, 2)

comportamenti comunicativi intenzionali, 3) un livello sufficientemente elevato di

comprensione simbolica, 4) capacità di imitazione motoria discretamente accurate, 5)

14

Helena Goldman, “VCAA Valutazione della Comunicazione Aumentativa e Alternativa”, ed. Erickson,

2006

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28

abilità di livello elementare nell’indicare a scopo comunicativo; oltre a questi criteri

essenziali sono previsti i criteri aggiuntivi: 6) un livello sufficiente di controllo motorio

fine, 7) una sufficiente tolleranza della vicinanza e dell’aiuto fisico, 8) consapevolezza

sociale, 9) imitazione e comprensione del gesto convenzionale, 10) assenza di difficoltà di

apprendimento o di autismo grave o gravissimo.

2.2.4 Considerazioni conclusive

Alcuni strumenti di valutazione osservativi utilizzati a livello internazionale per la CAA,

come ad esempio il Communication Matrix (Rowland, 2004), il Social Networks

(Blackstone e Hunt-Berg, 2003), l’Interactive Checklist for Augmentative Communication

- INCH - (Bolton e Dashiell, 1991), permettono la descrizione del comportamento

comunicativo di un soggetto. Il Communication Matrix traccia la sequenza di sviluppo

della comunicazione a partire dai comportamenti pre-simbolici e simbolici precoci e

dall’emergere dell’intenzionalità comunicativa espressa attraverso la parola o qualsiasi

modalità alternativa. Il Social Networks descrive l'ambiente di comunicazione di una

persona che utilizza la CAA e offre la possibilità di stabilire potenziali obiettivi di

intervento sulla base dei punti di forza e di debolezza all'interno di ogni cerchio sociale.

L’INCH esamina la funzione pragmatica delle espressioni basate sulla CAA e identifica le

funzioni comunicative che mancano o sono necessarie. Presi insieme, questi tre strumenti

di valutazione forniscono alcune linee guida per lo sviluppo di obiettivi di intervento,

tuttavia, non vi è alcuna standardizzazione per il loro uso nella pratica clinica. L’ICF-CY

(International Classification of Functioning, Disability and Health – Children & Youth

Version) pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità offre una importante

risorsa per ovviare al problema esposto sopra. L’ICF – CY si incastra perfettamente

all’interno della realtà della CAA in quanto, a differenza delle misure di comunicazione

più attuali, separa le funzioni linguistiche dalle funzioni comunicative e include inoltre

items riguardanti i dispositivi di comunicazione. L’enfasi sull’aspetto della partecipazione,

che è parte integrante dell’ ICF – CY, è particolarmente appropriata per gli specialisti di

CAA che utilizzano il Modello di Partecipazione per la valutazione e l’intervento in

quanto, tale modello inizia con l’identificazione delle barriere alla partecipazione e si

conclude con la valutazione dell’efficacia dell’intervento in relazione alla partecipazione

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29

dell’individuo alle regolari attività a casa, a scuola, al lavoro e nei contesti sociali.15

Numerosi studi suggeriscono che il quadro concettuale fornito dall’ ICF e dall’ ICF – CY

offre un nuovo paradigma e una tassonomia delle funzioni umane e della disabilità che può

essere usato per guidare approcci olistici e interdisciplinari per la valutazione e

l'intervento.16

Recentemente Dempsey e Skarakis-Doyle (2010) hanno sostenuto che

questo modello “permette una visione più ampia e più integrata del funzionamento dei

bambini con disabilità” rispetto ad una classificazione basata sull’ etichettatura

diagnostica. L’eziologia non è l'unico fattore che influenza il funzionamento nella vita

reale: diverse variabili contribuiscono alla partecipazione di un bambino in un determinato

ambiente di conseguenza, la considerazione di tutte queste variabili, non solo la diagnosi

medica, devono plasmare il processo di valutazione e di intervento in CAA.17

2.3 La valutazione delle competenze linguistiche

2.3.1 Strumenti di valutazione del linguaggio

In questo paragrafo verranno descritti alcuni degli strumenti utili alla valutazione delle

competenze linguistiche sia negli aspetti espressivi che ricettivi, non verrà fornita una

descrizione di tutti gli strumenti disponibili ma ci si soffermerà in particolare su quelli più

indicati per la valutazione del bambino con bisogni comunicativi complessi e con riduzione

o assenza di linguaggio. Un elenco dei test maggiormente utilizzati per valutare le diverse

aree e gli aspetti del linguaggio verrà comunque fornito (vedi figura 6).

Valutazione del bambino con età inferiore ai 3 anni

Uno strumento molto utile per valutare la comprensione e la produzione in bambini piccoli

o con grave compromissione del linguaggio è il Primo Vocabolario del Bambino (PVB –

Caselli, Casadio, 1995). Si tratta di un questionario composto di due parti distinte per età: il

questionario “Gesti e Parole” per bambini dagli 8 ai 17 mesi, il questionario “Parole e

Frasi” per bambini dai 18 ai 36 mesi. Il questionario viene compilato dai familiari ed

indaga le competenze comunicative verbali e non verbali e l’evoluzione del lessico e le

prime abilità morfo-sintattiche. Questo strumento può essere impiegato per valutare le

competenze di bambini con età superiore ai 36 mesi nei casi in cui ci si trovi di fronte a

15

Charity Rowland, Melanie Fried-Oken, Sandra A. M. Steiner, Donald Rollar, Randall Phelps, Rune J.

Simeonsson, Mats Granlund “Developing the ICF-CY for AAC profile and code set for children who rely on

AAC”; Augmentative and Alternative Communication, 2012; 28 (1): 21-32 16

Mia Pless, Mats Granlund, “Implementation of the International Classification of Functioning, Disability

and Health (ICF) and the ICF Children and Youth Version (ICF – CY) within the context of Augmentative

and Alternative Communication”; Augmentative and Alternative Communication, 2012; 28 (1): 11-20 17

Erinn H. Finke, Emily Quinn; “Perception of communication style and influences on intervention practices

for young children with AAC needs”, Augmentative and Alternative Communication, 2012; 28 (2): 117-126

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30

bambini che non parlano. Altro strumento utilizzabile con bambini piccoli o con

significativa compromissione del linguaggio è il Test di Primo Linguaggio (TPL – Axia,

1995). Il test può essere somministrato a bambini con età compresa tra i 12 e i 36 mesi.

Questo strumento valuta gli aspetti sociali e comunicativi, gli aspetti semantici e gli aspetti

sintattici attraverso tre scale: 1) scala comunicativa e pragmatica, 2) scala del vocabolario,

3) scala della prima sintassi. La “scala comunicativa e pragmatica” esamina la capacità

comunicativa di salutare all'inizio e alla fine di un' interazione e quella di comprendere e

produrre semplici richieste; la “scala di vocabolario” valuta la capacità di comprendere e

produrre nomi sulla base di semplici figure rappresentanti oggetti della vita quotidiana; la

“scala della prima sintassi” prevede una prova di comprensione di verbi ove si richiede al

bambino di indicare una figura di un oggetto in base alla descrizione dell’uso e una prova

di produzione, ove si richiede al bambino di descrivere ciò che vede stampato su delle

vignette che rappresentano diverse azioni. Il Ping (Parole In Gioco - Bello, Caselli,

Pettenati, Stefanini , 2010) è uno strumento di valutazione del linguaggio, indirizzato a

bambini tra i 19 e i 37 mesi di età circa. Con il Ping è possibile riconoscere i processi di

organizzazione del lessico, in comprensione e produzione, valutare ampiezza e

composizione del primo vocabolario del bambino, l’accuratezza con cui le parole sono

pronunciate, l’adeguatezza delle risposte. Gli stimoli utilizzati per elicitare le risposte sono

organizzati in due serie di fotografie a colori: una serie valuta la capacità dei bambini di

comprendere e produrre nomi: subtest “comprensione nomi” somministrabile a bambini

con età uguale o superiore ai 19 mesi e subtest “produzione nomi” somministrabile a

bambini con età uguale o superiore ai 23 mesi; ed una serie valuta la capacità di

comprendere e produrre predicati: subtest “comprensione predicati” somministrabile a

bambini con età uguale o superiore ai 22 mesi e subtest “produzione predicati”

somministrabile a bambini con età uguale o superiore ai 24 mesi.

Valutazione del bambino con età superiore ai 3 anni

Il Test Fono-Lessicale (TFL - Vicari, Marotta, Luci, 2007) è un test di valutazione del

vocabolario ricettivo ed espressivo per bambini tra i 3 e i 6 anni di età. La prova di

comprensione lessicale viene eseguita mostrando al bambino le tavole su cui sono presenti

4 figure tra cui: una rappresenta il target, una ha la funzione di distrattore semantico, una

ha la funzione di distrattore fonologico e una di distrattore non correlato al target. Il test di

produzione lessicale, utilizzando le stesse immagini della prova di comprensione, valuta la

capacità di reperimento della corretta etichetta lessicale sia direttamente, sia a seguito di un

aiuto semantico e/o fonologico codificati. Si tratta di un test innovativo e particolarmente

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efficace, che per primo riporta i dati normativi relativi anche agli errori commessi dai

bambini e alle strategie utilizzate per recuperare le etichette lessicali. Il Peabody ( Ppvt-r,

Peabody Picture Vocabulary Test -revised- Test del vocabolario recettivo, Dunn, 2000) è

un test di comprensione lessicale somministrabile a bambini di età compresa tra 3,6 e i 12

anni. Questo strumento è particolarmente appropriato per i non lettori, per persone con

deficit visuo-percettivi e, poiché la risposta deve essere gestuale e non viene richiesta una

estesa interazione verbale fra esaminatore e soggetto, esso è particolarmente appropriato

per persone con grave compromissione del linguaggio espressivo. Questo test, inoltre è,

come tutti i test per la valutazione del lessico, in grado di dare un’indicazione circa lo

sviluppo cognitivo del bambino. Il test è composto di una serie di tavole ognuna delle quali

contenente quattro immagini di cui una rappresenta il target. Le parole stimolo sono

appartenenti alla classe grammaticale dei nomi, dei verbi e degli aggettivi. La

somministrazione del test inizia dalla presentazione della tavola corrispondente all’età

cronologica del bambino, dopodiché si ricerca il livello basale (basal) cioè una serie di 8

risposte corrette a partire dalla prima tavola presentata e il soffitto (ceiling) corrispondente

all’ultima tavola presentata. Il test viene interrotto quando in una serie di 8 items vengono

commessi 6 errori. Infine, la prestazione del soggetto viene convertita in punteggio

standard equivalente al fine di stabilire se il soggetto si colloca nella media o se è al di

sotto delle 2 deviazioni standard e dunque ha una prestazione patologica. Per ciò che

riguarda il versante della produzione lessicale è proponibile il Boston Naming Test (E. F.

Kaplan, Goodglass, e Weintraub, 1983), si tratta di un test di denominazione di figure di

oggetti di difficoltà crescente, su presentazione visiva somministrabile a bambini con età

uguale o superiore ai 3 anni. Il test viene interrotto quando il soggetto compie 6 errori

consecutivi. La prestazione del soggetto viene confrontata con la media e la deviazione

standard. Le Prove di Valutazione della comprensione Linguistica (PVCL – Rustioni,

Lancaster, 2007) sono utili per la valutazione della comprensione morfosintattica. Il test è

costituito da tavole raggruppate in 6 protocolli. Le tavole sono figurate e in ciascuna sono

presenti il bersaglio e tre distrattori grammaticali. I 6 protocolli corrispondono ad

altrettante fasce d’età. Il numero degli item per protocollo è variabile, e i distrattori sono

scelti per la loro significatività in quella fascia d’età. La caratteristica peculiare di questo

test è che i protocolli sono definiti a scorrimento. Ciò consente di identificare il profilo di

sviluppo di ciascun bambino; inoltre il punteggio ottenuto viene confrontato con le tabelle

di riferimento, ottenendo una classe di merito tra le sette disponibili che vanno da

“insufficiente” a “molto buono”. Infine, è possibile effettuare una valutazione qualitativa

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32

delle risposte, interpretando gli errori, individuandone le peculiarità e osservando eventuali

strategie messe in atto spontaneamente. Il Test di comprensione del Racconto Orale (TOR

– Levorato, Roch, 2007) è un test che valuta la capacità di comprendere testi narrativi in

bambini dell'età compresa tra i 3 e gli 8 anni. È adatto alla valutazione della capacità di

comprendere testi nei bambini e ragazzi che presentano uno sviluppo linguistico e/o

cognitivo atipico in quanto la valutazione della comprensione non è influenzata da capacità

espressive. Il TOR è costituito da tre forme, ognuna adatta, per lunghezza e difficoltà, a

una fascia di età, ciascuna forma comprende due brani o storie, per ognuno dei quali sono

poste una serie di domande di comprensione a risposta multipla, con 4 alternative, su

tavole figurate. Per rispondere il bambino indica semplicemente con il dito la risposta. Per

evitare un'eccessiva influenza della memoria, le domande non sono poste tutte alla fine del

brano; la storia è suddivisa in tre brevi blocchi logici, a cui corrisponde una serie di

domande.

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33

Figura 6: Elenco dei principali strumenti di valutazione del linguaggio

Area linguistica Aspetto indagato Test di riferimento Età

FONOLOGIA Linguaggio spontaneo PFLI – Prove per la valutazione fonologica del linguaggio

infantile (Bortolini, 2004)

2-5 aa.

METAFONOLOGIA Competenze meta

fonologiche

CMF – Test di valutazione delle competenze meta

fonologiche (Marotta et al., 2008)

5-11 aa.

LESSICO Comprensione

Produzione

TPL – Test di Primo Linguaggio (Axia, 1995);

PinG – Parole In Gioco (Bello et al., 2010)

PVB – Primo Vocabolario del Bambino (Caselli e Casadio, 1995)

TFL – Test Fono Lessicale (Vicari et al., 2007)

Peabody Picture Vocabulary Test (Dunn et al., 2000)

TVL – Test di valutazione del linguaggio

(Cianchetti e Sannio Fancello, 2003)

TPL – Test del primo Linguaggio (Axia, 1995)

PinG – Parole in gioco (Bello et al., 2010) PVB – Primo Vocabolario del bambino (Caselli e Casadio,

1995)

TFL – Test Fono Lessicale (Vicari et al., 2007) Boston Naming Test (Kaplan et al., 1983)

TVL – Test di valutazione del linguaggio

(Cianchetti e Sannio Fancello, 2003)

1-3 aa.

19-37 m.

18-36 m.

3-6 aa.

3-11 aa.

2,5-6 aa.

1-3 aa.

19-37 m. 18-36 m.

3-6aa. dai 3 aa.

2,5-6 aa.

SEMANTICA Contestualizzazione

Categorizzazione

Memoria di parole Descrizione di parole

Correlazioni lessico-

semantica

VCS – Test di valutazione dello sviluppo concettuale e

semantico in età prescolare (Belacchi et al., 2010)

TNL – Test Neuropsicologico lessicale per l’età evolutiva

(Cossu, 2013)

3-5 aa.

3-9 aa.

MORFOSINTASSI Comprensione

Produzione

TPL – Scala della prima Sintassi (Axia, 1995)

Prova per la valutazione della comprensione

linguistica (Rustioni e Lancaster, 2007) TROG 2 – Test for reception of grammar (Bishop, 2009)

TCGB – Test Di comprensione grammaticale

per bambini (Chilosi e Cipriani, 2006) TCR – Test dei concetti di relazione spaziale

e temporale (Edmonston e Thane, 2002)

TPL – Scala della prima Sintassi (Axia, 1995)

Prova di ripetizione di frasi per la valutazione del primo sviluppo grammaticale

(Devescovi e Caselli, 2001)

TVL – Test di Valutazione del Linguaggio (Cianchetti e Sannio Fancello, 2003)

1-3 aa.

3-8 aa.

dai 4 aa.

3-8 aa.

3-8 aa.

1-3 aa.

2-4aa.

2,5-6 aa.

ABILITA’

NARRATIVE Comprensione

Produzione

TOR - Test di comprensione del testo orale

(Levorato e Roch, 2007) Bus story test – Test di valutazione delle abilità narrative

(Cipriani et al., 2012)

3-8 aa.

3,9-8,5 aa.

PRAGMATICA TPL – Scala comunicativa e pragmatica (Axia, 1995) CCC – Children’s Communication Checklist (Bishop

2001)

PVCM – Prove di Valutazione della Comprensione Metalinguistica (Rustioni et al., 2010)

APL Medea – Abilità pragmatiche nel linguaggio

(Lorusso, 2009) PCR – Prova di comunicazione referenziale (Camaioni et

al., 1995)

1-3 aa. 4-16 aa.

8-11 aa.

5-14 aa.

I-V elem.

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CAPITOLO III

L’INTERVENTO DI CAA RIVOLTO AL BAMBINO CON BISOGNI

COMUNICATIVI COMPLESSI

3.1 Il progetto terapeutico integrato

L’intervento di CAA si rivolge spesso a bambini con quadri clinici particolarmente

complessi, rappresentati dall’associazione di più sintomi, di natura spesso differente tra

loro. Peraltro, tali quadri si caratterizzano come situazioni long-life che accompagnano il

soggetto per tutto il suo ciclo vitale. Risulta evidente, quindi, che soprattutto in età

evolutiva, si verifica frequentemente la necessità di interventi multipli, ciascuno orientato

verso uno specifico obiettivo. Risulta altresì evidente che tutti gli interventi previsti per far

fronte alle diverse difficoltà che una persona può presentare devono rientrare, nel loro

insieme, in un unico progetto, articolato in maniera armonica per rispettare l’unitarietà

della persona. “I disturbi possono anche essere molteplici ma appartengono comunque ad

un’unica persona che, in età evolutiva, deve essere aiutata a scoprire la sua unitarietà.”

Questo concetto rappresenta l’assunto dell’approccio metodologico definito come Progetto

Terapeutico Integrato (PTI), nel quale si inserisce, insieme agli altri, l’intervento di CAA.

Il PTI racchiude in sé alcuni aspetti caratterizzanti: è personalizzato, dinamico,

interdisciplinare e centrato sulla famiglia. Il PTI è personalizzato in quanto l’intervento

individuato per il trattamento di uno specifico disturbo deve integrarsi nell’ambito di tutta

una serie di altri interventi, la cui scelta non è dettata dal tipo di patologia, ma

esclusivamente dai bisogni di quello specifico bambino, in quella determinata fase dello

sviluppo, in rapporto alle caratteristiche del suo ambiente significativo. Il PTI è dinamico,

in quanto deve essere periodicamente aggiornato l’ordine gerarchico dei bisogni e

conseguentemente devono essere ridefinite le priorità del progetto. La dinamicità del

progetto si realizza attraverso le periodiche valutazioni previste, le quali rappresentano un

momento di verifica dell’efficacia degli interventi che sono stati praticati permettendo di

apportare i necessari aggiustamenti al progetto inizialmente formulato. Il PTI è

interdisciplinare, in quanto coinvolge necessariamente molteplici figure professionali che

non possono rimanere confinate nel loro specifico teorico, metodologico e tecnico. Il PTI è

centrato sulla famiglia in quanto i genitori rappresentano i naturali mediatori di

qualsivoglia intervento rivolto al bambino. In questa prospettiva, i genitori vengono

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individuati quali interlocutori privilegiati, per realizzare con essi tutte le fasi previste dal

progetto.18

3.2 Aree di intervento e obiettivi terapeutici

Nell’intervento sugli aspetti comunicativi si possono individuare tre aree di intervento, che

riflettono profili e stadi diversi di sviluppo del bambino con bisogni comunicativi

complessi: tale suddivisione consente di avere una visione globale dello sviluppo del

bambino, delle sue capacità di rappresentazione e dei suoi bisogni interni e di collocarvi

l’intervento comunicativo.

Una prima area di intervento si rivolge a bambini con bisogni comunicativi complessi che,

indipendentemente dall’età cronologica, non hanno stabilizzato la loro intenzionalità

comunicativa pertanto, si situano in una fase di sviluppo comunicativo che può essere

definita pre-intenzionale e pre-simbolica. Questi bambini necessitano di supporto per

sperimentare e condividere l’interazione e la partecipazione. I pattern comunicativi e

partecipativi dei bambini in fase pre-intenzionale e pre-simbolica sono caratterizzati da

un’iniziativa prevalentemente assente e da comportamenti raramente intenzionali, lunghi

tempi di attivazione, scarse intenzioni comunicative e di difficile evidenza, prevalenza di

forme di comunicazione espresse attraverso il canale corporeo (espressioni del volto,

modificazioni tonico-posturali, comportamenti quali: l’azione di dirigersi verso un oggetto

o di prendere un oggetto), funzioni comunicative difficilmente individuabili e maggiore

efficacia comunicativa con partner di comunicazione familiari e in contesti abituali,

all’interno di routines prevedibili. I bambini in fase pre-intenzionale e pre-simbolica

presentano, inoltre, difficoltà nella comprensione del linguaggio verbale ed extra-verbale a

vari livelli di gravità, difficoltà cognitive ed emotivo-relazionali che incidono sul livello e

sul grado di rappresentazione mentale, sul pensiero, sull’emergere e riconoscere bisogni

interni, sulle competenze simboliche, sulle competenze di categorizzazione e sulla capacità

di condividere e riconoscere emozioni e idee pertanto, l’intervento rivolto ai bambini in

fase pre-intenzionale e pre-simbolica, è finalizzato allo sviluppo di esperienze condivise,

capaci di fornire significati alla realtà interna ed esterna. Gli obiettivi dell’intervento di

comunicazione iniziale sono: 1) sostenere la comunicazione iniziale ed i segnali

comunicativi emergenti individuando opportunità di comunicazione nelle routines

quotidiane e favorendo la capacità di anticipare le situazioni e gli eventi della quotidianità;

2) favorire la nascita di nuovi bisogni e la possibilità di eseguire scelte attive al fine di

18

Roberto Militerni, “Neuropsichiatri Infantile”, ed. Idelson-Gnocchi, 2009.

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36

promuovere la nascita dell’intenzionalità comunicativa; 3) ampliare la partecipazione

attiva del bambino definendo contesti comunicativi e di vita più responsivi alle esigenze

del bambino e 4) avviare la comparsa di un codice assenso/dissenso più funzionale e

condiviso. In un intervento di comunicazione iniziale è necessario partire dai minimi spazi

di aggancio e scegliere situazioni altamente motivanti, strutturare un ambiente facilitante

specifico, consentire maggiore controllo e prevedibilità, offrire opportunità di effettuare

delle scelte, utilizzare la CAA sia per produrre sia per ricevere significati. In questa fase

dello sviluppo comunicativo l’attenzione al contesto e ai partner di comunicazione riveste

un ruolo centrale e ciò è giustificato dalle teorie sull’acquisizione del linguaggio in

bambini con sviluppo tipico. Durante le prime fasi dello sviluppo comunicativo e

linguistico, il contesto sociale gioca un ruolo fondamentale. Innanzitutto, il linguaggio

rivolto ai bambini piccoli dai loro partner di comunicazione, è un linguaggio adattato alle

ancora limitate capacità di comprensione dei giovanissimi interlocutori: le frasi sono brevi

e sintatticamente semplificate, l’intonazione è esagerata, il lessico è concreto e sono

presenti numerose ripetizioni (Snow e Ferguson 1977). Questo linguaggio adattato viene

definito motherese. Inoltre, secondo J. Bruner i bambini apprendono il linguaggio nel

contesto familiare degli scambi con chi li accudisce, egli individua nei cosiddetti format di

“attenzione condivisa” e di “azione condivisa” le sequenze sociali più significative per

imparare ad esprimere le proprie intenzioni e comprendere quelle altrui.19

Nell’intervento di comunicazione iniziale, al fine di creare situazioni fortemente motivanti,

è necessario offrire al bambino opportunità di scelta in tutte le situazioni possibili, offrendo

inizialmente due alternative delle quali l’una sia gradita e l’altra no, evitando l’errore di

offrire due alternative entrambe molto gradite che metterebbero il bambino in difficoltà. Al

fine di favorire la partecipazione e la comunicazione dei bambini in fase pre-intenzionale e

pre-simbolica l’interlocutore propone delle modalità comunicative atte a supportare il

bambino e a fornire dei prompt. Un’attività che riveste particolare importanza in questa

fase dello sviluppo è il gioco. Attraverso l'incremento della partecipazione ad attività di

gioco, noi automaticamente incrementiamo la qualità e la quantità di opportunità di

comunicazione (Brodin, 1991).20

L’attività di gioco deve essere libera e svincolata

dall’esercizio riabilitativo e dall’apprendimento. Le strategie del gioco adattato possono

permettere una maggiore partecipazione e condivisione dell’attività di gioco a bambini con

19

Luigia Camaioni, Paola Di Blasio, “Psicologia dello sviluppo”, ed. il mulino, 2007 20

P. Mirenda e D. R. Beukelman, “Trattamento di bambini piccoli con esigenze di C.A.A.”, Augmentative

and Alternative Communication, Paul H. Brookes Publishing Co., 1992 (1^ ed.) - cap. 10, pp. 175-198

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37

disabilità comunicativa e motoria. Al fine di allestire un contesto di gioco per un bambino

con le caratteristiche sopra descritte ci si deve interessare agli aspetti della selezione, della

stabilizzazione e dell’accesso. Le attività di gioco devono essere selezionate tenendo conto

delle risorse e potenzialità del bambino, delle preferenze ed interessi personali e delle

difficoltà. I giochi possono essere classificati in quattro categorie: giochi a carattere senso-

motorio, giochi reattivi, giochi imitativo-simbolici e giochi strutturati con regole. Per

evitare ripetuti scivolamenti degli oggetti o frequenti cadute oltre il piano di gioco che

possono determinare nel bambino un calo dell’interesse e un aumento della frustrazione è

utile stabilizzare i giochi attraverso l’utilizzo di superfici antiscivolo, moquette o fettucce

di velcro. Per favorire la manipolazione ed il controllo attivo dell’oggetto da parte del

bambino è possibile attuare una serie di adattamenti che rendano accessibili i materiali di

gioco: ne sono degli esempi i prolungamenti e le impugnature per facilitare la presa degli

oggetti, sensori per l’accesso ai giochi elettrici, adattamenti per garantire l’accesso ai libri

come l’ispessimento degli angoli delle pagine con dei pezzi di gomma piuma o di

moquette.

La seconda area di intervento si rivolge a bambini con bisogni comunicativi complessi che

presentano forme attive ed intenzionali di comunicazione pertanto, si situano in una fase di

sviluppo comunicativo che può essere definita intenzionale. In tale fase dello sviluppo

comunicativo, il bambino con bisogni comunicativi complessi si dimostra presente, attento

e partecipe al contesto di interazione; le forme di comunicazione sono espresse sia nel

canale corporeo che attraverso l’indicazione ambientale, lo sguardo o la voce direzionata;

l’intenzionalità comunicativa è presente e le funzioni comunicative sono individuabili ed

estese a contenuti più ampi dei soli bisogni primari pertanto, la comunicazione risulta

essere efficace anche in contesti poco familiari. Gli obiettivi di un intervento sulla

comunicazione in questa fase dello sviluppo sono: 1) supportare ed ampliare la

comunicazione esistente attraverso l’individuazione di attività e contesti valorizzanti la

comunicazione, l’ampliamento delle opportunità di comunicazione, il supporto ai partner

di comunicazione, il passaggio a forme di comunicazione simbolica e l’espansione delle

funzioni comunicative; 2) organizzare gli ambienti di vita attraverso l’esposizione al

codice simbolico; 3) codificare le risposte gestuali; 4) favorire l’interazione in contesti più

allargati e con interlocutori meno familiari. Nella fase intenzionale dello sviluppo

comunicativo sono proponibili una serie di strategie e di ausili: quaderno dei resti,

vocabolario dei gesti, sistemi simbolici, tabelle di comunicazione, strisce e calendari delle

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attività, cartelloni, marcatura, VOCAs (Vocal Output Communication Aids), comunicatori

alfabetici, ausili informatici, dispositivi elettronici per il controllo ambientale e altri.

La terza area di intervento si rivolge ai bambini con bisogni comunicativi complessi che

presentano un livello di comunicazione funzionale a soddisfare esigenze e bisogni routinari

e che sono in grado di utilizzare specifiche abilità naturali ed assistite di comunicazione

che si integrano in un sistema comunicativo globale, pertanto si collocano in una fase dello

sviluppo comunicativo che può essere definita intenzionale e simbolica. Le finalità

dell’intervento rivolto a bambini con bisogni comunicativi complessi che utilizzano un

sistema comunicativo globale sono: 1) espandere i contenuti e le funzioni comunicative

attraverso la costruzione e lo sviluppo di ausili e l’ampliamento del vocabolario; 2)

sostenere i partner di comunicazione incoraggiandoli all’utilizzo ed al modellamento degli

ausili; 3) sostenere l’uso del sistema comunicativo globale in ambienti e contesti

comunicativi diversi.

3.3 Tecniche di CAA assistita

3.3.1 I simboli

I simboli possono essere classificati in tre categorie: simboli tangibili, fotografie e simboli

grafici. I simboli tangibili sono gli oggetti veri, le imitazioni di oggetti, le miniature o parti

di oggetti. Le foto comprendono sia fotografie personali che fotografie di giornali o riviste

o logo di prodotti.

I simboli grafici differiscono tra loro per livello di simbolizzazione: i simboli trasparenti

sono facilmente intuibili perché assomigliano visivamente al concetto che rappresentano; i

simboli opachi non hanno alcuna relazione con il concetto che rappresentano, sono

arbitrari; i simboli traslucenti non sono facilmente intuibili ma si caratterizzano per la

facilità di apprendimento. I simboli sono raggruppati in set o sistemi di simboli. Un set di

simboli è un insieme definito di simboli; è quindi limitato par la sua stessa natura; può

essere prodotto da specialisti di CAA o essere composto da blocchi di simboli reperibili sul

mercato, da autoadesivi o da cartoncini contenenti un numero limitato di simboli. Un set di

simboli può essere ampliato ma non ha regole chiaramente definite per la sua espansione.

Un sistema di simboli si riferisce ad un insieme di simboli specificamente ideato per essere

usato insieme allo scopo di permettere la migliore comunicazione. I sistemi di simboli

includono regole o una logica per lo sviluppo dei simboli non ancora rappresentati nel

sistema (Vanderheiden, Lloyd, in Blackstone, 1986).

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I simboli più diffusi nel contesto italiano sono Picture Communication Symbols (PCS),

Widgit Literacy Symbols (WLS) e Blissymbolics (Bliss). Ognuno di essi presenta

caratteristiche peculiari che possono determinare vantaggi e svantaggi diversi

nell’approccio della simbologia e nelle evoluzioni e arricchimenti che possono essere

introdotti nel tempo. Il PCS è il più diffuso set di simboli in uso nel mondo. Il PCS è

un’ampia raccolta di più di 10.000 simboli. I PCS sono nati negli Stati Uniti d’America

che restano il contesto nel quale vengono maggiormente impiegati; esistono in 42 lingue

con rappresentazioni adatte a diversi contesti culturali (vedi figura 7). Molti simboli sono

presenti in diverse versioni più trasparenti o più stilizzate (vedi figura 8). La caratteristica

principale è la trasparenza di questi simboli, che pur con qualche stilizzazione, mantiene

una buona riconoscibilità immediata. Ciò vale in particolar modo per gli oggetti e alcuni

verbi mentre i simboli relativi ai concetti astratti risultano comunque poco trasparenti (vedi

figura 9). I PCS sono caratterizzati, grazie alle loro peculiarità, da una facilità di

apprendimento immediato da parte dei bambini piccoli o con difficoltà cognitive. Il

vocabolario in simboli è molto ricco per quanto riguarda nomi e termini legati al concreto

ma risulta decisamente meno fornito di concetti astratti. Questo sistema manca inoltre di

elementi morfo-sintattici quali il plurale, molti pronomi e altri elementi della morfologia

libera, comparativi e superlativi, alcuni avverbi e congiunzioni. I simboli PCS sono

utilizzati in un gran numero di software, il più noto ed utilizzato è il software Broadmaker

nato per la costruzione di tabelle di comunicazione. Tra i vantaggi del suo uso per la

produzione del testo in simboli vi sono: la veloce reperibilità dei simboli anche attraverso

la ricerca per categorie; la possibilità di ampliare abbastanza agevolmente la libreria con

nuovi simboli, immagini e foto; la facilità nel modificare sia il testo che i simboli; la

facilità nell’impaginazione a seconda del bisogno e la possibilità di scegliere la dimensione

dei simboli e del testo. La possibilità di costruire nuovi simboli è importante ma al tempo

stesso espone al rischio di un’eccessiva individualizzazione d’uso.

Figura 7. Simboli PCS adatti a diversi contesti culturali

ANTIPATICO

ANTIPATICO

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Figura 8. Simboli PCS con diverso livello di stilizzazione

Figura 9. Simboli PCS opachi

WLS è un sistema di simboli nato nel Regno Unito come evoluzione dei simboli Rebus. Il

WLS è stato appositamente ideato per supportare l’apprendimento delle capacità di letto-

scrittura. Lo stile grafico è meno infantile rispetto ai PCS e dunque adatto a tutte le età. I

simboli di oggetti mantengono lo stesso livello di trasparenza dei PCS, mentre la presenza

di elementi per la rappresentazione delle componenti morfosintattiche della lingua avvicina

i WLS al Bliss. Oltre a un ampio vocabolario (oltre 10.000 simboli, disponibili sia a colori

che in bianco e nero, in grado di rappresentare un vocabolario di oltre 30.000 parole nella

lingua italiana), il sistema WLS ha precise regole interne che consentono di identificare

categorie linguistiche omogenee (vedi figura 10). Il software che utilizza il sistema WLS in

italiano è Symwriter che nasce come sistema di trascrizione in simboli della scrittura

alfabetica.

Figura 10. Principali convenzioni di utilizzo dei simboli Widgit (WLS)

EDIFICI

Per la rappresentazione di edifici, sono usati due stili:

edifici standard ed edifici di grandi dimensioni. In

questo modo, è possibile distinguere le diverse categorie

di edifici come, ad esempio, piccoli negozi e

supermercati, ambulatori e ospedali.

STANZE

Il simbolo che raffigura una stanza è circondato da un

quadrato. In questo modo, è possibile distinguere la

libreria intesa come edificio a sé dalla libreria

all’interno di un’aula scolastica, oppure un ristorante da

una sala da pranzo.

NEGOZI

Un negozio generico è rappresentato da un edificio con

un registratore di cassa. I diversi tipi di negozio sono

raffigurati dall’edificio con il registratore di cassa

insieme ad un numero minimo di oggetti necessari per

descrivere il tipo di negozio.

DORMIRE

DORMIRE

BELLO

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Continua figura 10. Principali convenzioni di utilizzo dei simboli Widgit (WLS)

PROFESSIONI

Le persone e le occupazioni sono rappresentate dalla

figura di una persona più un qualificatore

esemplificativo che illustra l’attività svolta. I plurali di

molti lavori sono rappresentati da più persone anziché

dall’uso del qualificatore grammaticale.

FAMIGLIA

Il cerchio intorno al simbolo indica ‘appartenenza’.

Quindi, il simbolo ‘madre’ è raffigurato con un cerchio

intorno alla figura di una donna (per indicare il suo

legame con il soggetto), mentre il simbolo ‘moglie’ è

accompagnato da un cuore. ‘Fidanzata’ ha il cuore, ma

non il cerchio. I simboli per ‘sorella’ e ‘fratello’ sono in

grigio per attirare l’attenzione sull’elemento principale,

con una figura senza genere dentro al cerchio. I membri

della famiglia provenienti dalla famiglia più ampia sono

rappresentati da un cerchio con persone all’interno per

indicare un uomo/donna/ragazzo/ragazza legati alla

famiglia. Le relazioni di parentela acquisita sono

indicate da un cerchio tratteggiato.

PRONOMI

Esistono due tipi di pronomi raffigurati con simboli:

quelli personali e quelli possessivi. Pronomi personali:

la mano è rappresentata con una freccia che indica la

persona. Il pronome possessivo, invece, ha un piccolo

cerchio pieno per rappresentare il pugno stretto in segno

di possesso.

PREPOSIZIONI

L’elemento da considerare è ombreggiato in

grigio/rosso.

TEMPI

VERBALI

I tempi passati dei verbi sono indicati da una freccia con

la punta rivolta verso sinistra collocata sopra al verbo,

mentre i tempi futuri hanno una freccia con la punta

rivolta verso destra.

PLURALI

I plurali sono raffigurati dal doppio segno del ‘più’

NEGATIVI

Sono indicati da una linea rossa che appare sopra ai

simboli, sia quelli a colori che quelli in bianco e nero.

COMPARATIVI Vengono indicati con i punti esclamativi: uno piccolo

per i comparativi e due per i superlativi.

Il Blissymbolics nasce per opera di Charles K. Bliss dopo la Seconda Guerra Mondiale, la

finalità per cui viene progettato è quella di creare una lingua internazionale che faciliti la

comunicazione tra persone parlanti lingue diverse. Il sistema Blissymbolics è ispirato alla

scrittura cinese basata su ideogrammi. La rappresentazione delle parole utilizza come

elementi primitivi 26 segni grafici elementari che possono essere potenzialmente combinati

all’infinito per creare nuove parole ed esprimere elementi grammaticali e morfosintattici

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similarmente a quanto avviene con i suoni del linguaggio. Ogni singolo segno viene

posizionato all’interno di uno spazio definito da due linee immaginarie parallele: la linea

del cielo e la linea della terra, in questo modo la posizione del simbolo all’interno delle due

linee immaginarie ne determina il significato. I simboli possono essere composti da più

elementi primitivi (vedi figura 11). Gli indicatori sono segni più piccoli che vengono

posizionati sopra i simboli all’interno dello spazio delimitato dalle due linee immaginarie

del cielo e della terra che permettono di rispettare le regole grammaticali e la morfologia

propria di ogni lingua (vedi figura 12); i modificatori sono simboli che permettono di

modificare il significato del simbolo. Esistono inoltre numerosi simboli che hanno la

funzione di preposizione, articolo, avverbio, aggettivo e altri.

Figura 11. Simboli composti da uno o più elementi primitivi

Figura 12. Indicatori di azione

Rispetto ai PCS e al WLS, il Bliss ha una trasparenza minore, pertanto richiede un tempo

maggiore per l’apprendimento dei simboli. Inoltre, in quanto il Bliss rispetta le regole del

linguaggio verbale, non è possibile utilizzarlo senza evidenziare da subito tutti gli elementi

morfosintattici, non è possibile, quindi, introdurre progressivamente livelli di complessità

maggiore in base alle specifiche necessità di ogni utente e alle sue modificazioni nel

tempo. Il Bliss è il sistema simbolico grafico più evoluto. Le applicazioni software in

italiano per il Bliss sono poche e abbastanza recenti di cui la più nota è Mind Express.

Altri set e sistemi di simboli meno diffusi nel contesto italiano sono: il Core Picture

Vocabulary, il Pictogram Ideogram Communication (PIC), il Pic Syms. Il Core Picture

Vocabulary è un codice pittografico. Questo set di simboli è stato creato nel 1985 da Don

Jonston ed è costituito da un ristretto vocabolario di significati prevalentemente concreti,

rappresentati da circa 160 simboli in bianco e nero. I simboli trasparenti rendono questo

sistema adatto ai bambini piccoli. Il PIC è un codice in parte pittografico e in parte

ideografico creato dalla George Foundation. Si tratta di un set di circa 1400 simboli che

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vengono rappresentati su fondo nero e sono adatti per persone adulte o con difficoltà

visive. Il Pic Syms è un sistema di simboli creato da F. Carlson e si basa sul lessico

generalmente utilizzato dai bambini in età prescolare, rappresentato da circa 850 simboli. I

simboli sono raggruppati per categorie semantiche e rappresentano sia concetti concreti

che astratti.

3.3.2 Tecniche di trasmissione

Quando si parla di “tecniche di trasmissione” ci si riferisce alle modalità di esposizione,

visualizzazione e selezione dei simboli.

3.3.2.1 La selezione

Nell’ambito della CAA assistita si possono distinguere modalità di selezione diretta e

modalità di selezione indiretta. La selezione diretta avviene mediante l’indicazione.

L’utente può indicare attraverso l’utilizzo delle dita delle mani, il direzionamento dello

sguardo, un ausilio di puntamento nel pugno o su di un caschetto, un’asta tenuta fra le

labbra o attraverso un fascio di luce applicato su un caschetto o altro ancora. La selezione

indiretta può avvenire attraverso due modalità: a scansione o a codifica. La selezione a

scansione può essere assistita dal partner di comunicazione o da sistemi elettronici. Nel

primo caso il partner indica uno per volta i simboli o un gruppo di simboli (scansione riga-

colonna); nel secondo caso è il sistema che indica i simboli uno per volta o a gruppi

attraverso un segnale luminoso accompagnato o meno da un segnale acustico, l’utente

segnala la sua scelta. La selezione a codifica avviene attraverso l’uso di un codice di

riferimento che viene attribuito ad ogni elemento.

3.3.2.2 Gli ausili low-tech

Si definisce con il termine ausilio qualsiasi prodotto, strumento, attrezzatura o sistema

tecnologico utilizzato per compensare, alleviare o eliminare un problema temporaneo o

permanente. Lo scopo è dare maggiore autonomia e migliorare la qualità della vita. Gli

ausili possono favorire la graduale crescita di identità del bambino, prevenire le

complicanze, promuovere l’autonomia, favorire la socializzazione, facilitare le attività nei

diversi ambienti di vita del bambino. Esistono ausili a tecnologia povera, a tecnologia

media e ad alta tecnologia. Gli strumenti a tecnologia povera (low-tech) non hanno

batterie, componenti elettroniche o emissione di voce. Essi vengono creati con simboli,

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fotografie, immagini, oggetti o materiali comuni. Si tratta di supporti sempre disponibili e

facilmente accessibili all’utente.

Il “quaderno dei resti” è uno strumento che permette al soggetto di raccontare o

condividere un’esperienza fatta precedentemente. La tecnica dei resti consiste nel

raccogliere ed organizzare gradualmente, ad esempio in un quaderno, i frammenti e i resti

concreti di un’attività o situazioni vissute direttamente dal bambino e che vengono

utilizzati come prima forma di rappresentazione simbolica. Le diverse tracce delle

esperienze significative permetteranno al bambino di espandere le funzioni comunicative.

Il “vocabolario dei gesti” è uno strumento che permette da una parte, la consultazione

veloce per consentire ai partner non familiari di comprendere il significato dei gesti

prodotti dal bambino e dall’altra, di valorizzare le competenze gestuali per sostenere

l’espansione del suo codice gestuale. Il vocabolario dei gesti deve essere redatto attraverso

una ricognizione accurata del patrimonio gestuale del bambino, facendo delle fotografie o

disegnando o descrivendo il gesto prodotto e annotando il significato specifico che esso ha

per quel bambino.

Le “tabelle di comunicazione” sono dei supporti comunicativi cartacei che raccolgono

bisogni e messaggi rappresentandoli in modi diversi: oggetti concreti, miniature di oggetti

fotografie, disegni, sistemi simbolici, lettere o parole. Il bambino comunica attraverso

l’indicazione diretta dei simboli o assistita dal partner. Le tabelle di comunicazione sono

accuratamente scelte in funzione delle caratteristiche comunicative, fisiche, cognitive del

bambino, attraverso la raccolta del vocabolario di base e la scelta dei contenuti da inserire;

la selezione del sistema rappresentazionale da utilizzare; la scelta delle dimensioni dei

simboli e della spaziatura fra di essi; la selezione della modalità d’accesso (indicazione

diretta o a scansione); la scelta della forma, della struttura e delle dimensioni della tabella

in considerazione della trasportabilità. Esistono diversi tipi di tabelle. Le “tabelle minime”

sono formate da pochi simboli o oggetti e favoriscono la scelta. Le “tabelle a scelta

multipla” permettono di aumentare le possibilità di scelta, generalmente sono costruite con

foto o simboli. Le “tabelle a tema” sono strumenti utili per interagire durante una specifica

attività o per raccontare qualcosa, il vocabolario viene selezionato in funzione dello

specifico contesto comunicativo. Le tabelle a tema si differenziano dalle tabelle a scelta

multipla per la presenza di simboli di azioni oltre che di oggetti. Le “tabelle a cascata” (o

a Matrioska) sono formate da una tabella a scelta multipla che si sviluppa con un insieme

di tabelle a tema concatenate. Le “tabelle principali” sono strutturate in modo da poter

essere utilizzate durante tutte le attività del bambino e contengono il vocabolario di base.

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Possono avere forma, dimensioni, struttura e modalità di accesso differenti in funzione

delle caratteristiche del soggetto, ma per quanto possibile sono organizzate fisicamente in

modo da facilitare la strutturazione della frase.

L’ “etichettatura” è una tecnica che consiste nel posizionamento di simboli all’interno di

un ambiente organizzato. Questa tecnica consente al bambino un maggiore controllo

sull’ambiente e lo espone al codice rappresentazionale facilitandone l’uso, soprattutto in

entrata. L’etichettatura è definita denominativa se viene applicata al singolo oggetto o

organizzativa se viene posizionata all’esterno di contenitori per indicarne il contenuto.

Le “strisce delle attività” consentono di aumentare la prevedibilità degli eventi, possono

riguardare la scansione di un’attività, di una parte della giornata o della giornata intera,

della settimana o di un lungo periodo. Possono essere costruite e utilizzate in vari modi in

relazione alle caratteristiche e ai bisogni di prevedibilità e di controllo di ogni bambino.

I “cartelloni” affissi alla parete sono strumenti utili per esprimere comunicazioni in

determinati contesti.

I “passaporti” e le “presentazioni”, sono supporti per favorire la conoscenza ad

interlocutori non abituali del bambino, dei suoi interessi, delle sue modalità e dei suoi

bisogni di comunicazione.

L’ “E-tran” è uno strumento di straordinaria efficacia per ampliare le possibilità espressive

utilizzando l’ indicazione di sguardo. Non esiste un solo tipo o modello di E-tran, ma in

generale esso è sempre costituito da un pannello trasparente sul quale sono fissati simboli,

lettere o numeri. I materiali normalmente impiegati per costruire il pannello sono il

Plexiglass e il Lexan, più resistente ai graffi. Si tratta di oggetti che non sono reperibili in

commercio, ma vanno costruiti artigianalmente. Il pannello viene posto fra la persona non

parlante e il suo interlocutore. Quando il primo guarda una lettera sul pannello, il secondo,

dalla parte opposta, può vedere dove si dirigono gli occhi e l’elemento che viene indicato.

La comprensione, di norma, risulta molto rapida così come gli scambi comunicativi.

3.3.2.3 Gli ausili high-tech

Gli ausili a media e alta tecnologia sono tutti quei dispositivi che per funzionare hanno

bisogno di energia e sono dotati di componenti elettroniche. È disponibile un’ampia

gamma di ausili a media e alta tecnologia in commercio, nel seguente paragrafo non verrà

fornito un elenco completo, ma verrà fornita una descrizione di alcuni dei principali ausili

per fini esemplificativi.

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Ausili a tecnologia media

Fanno parte della categoria degli ausili a media tecnologia i VOCAs, i comunicatori

simbolici e i comunicatori alfabetici.

“Comboard” è uno strumento per la comunicazione molto semplice basato sul movimento

rotatorio di una freccia su di un pannello trasparente sul quale sono fissati simboli,

immagini o pezzi di un gioco da tavolo. L’utente potrà indicare i simboli fermando il

movimento della freccia che viene azionata da un sensore. Questo strumento è

particolarmente adatto a bambini con gravi difficoltà motorie, per la partecipazione a

giochi o a semplici attività didattiche. Comboard funziona a batterie.

I “VOCAs” (attualmente definiti SGDs – Speech Generating Devices insieme ai

comunicatori simbolici più avanzati) sono ausili di comunicazione con uscita in voce che

permettono di emettere un messaggio sonoro precedentemente registrato. “Big Mack” è un

ausilio per la comunicazione a singolo messaggio, dedicato a bambini con grave disabilità.

Il suo funzionamento è elementare: si registra sul dispositivo un messaggio utile all’utente

e si applica sulla superficie un’immagine che ne richiami il contenuto; successivamente,

l’utente potrà usare quel messaggio nel contesto appropriato, premendo la superficie

colorata. “I Talk 2” è un ausilio per la comunicazione a 2 messaggi.

I comunicatori simbolici sono ausili di comunicazione con uscita in voce (SGDs) dotati di

un numero variabile di caselle e di frontalini intercambiabili che consentono di registrare

un numero variabile di messaggi e consentono diversi livelli di registrazione. Ne esistono

diversi tipi in commercio che differiscono tra loro per numero di messaggi, tempo totale di

registrazione e modalità di accesso. “Super Talker” è un ausilio che permette agli utenti di

passare gradualmente dall’uso di un singolo messaggio all’uso di più messaggi fino ad una

massimo di 8 messaggi. “Tech Talk” è un ausilio con uscita in voce dotato di 32 caselle a

ciascuna delle quali è possibile associare un messaggio registrato e un'immagine per

rappresentarne il significato. Grazie alla presenza di 6 livelli di registrazione, questo

strumento permette di mantenere registrati contemporaneamente 192 diversi messaggi

suddivisi in 6 tabelle. Il contenuto dei messaggi viene selezionato dall'utente premendo le

otto aree sulla tastiera. I vantaggi legati all’utilizzo di questi strumenti sono molti:

sostengono l’intenzionalità comunicativa e la partecipazione del bambino attraverso la

possibilità di richiesta di attenzione, di inserimento spontaneo in una conversazione e di

presa del turno. Inoltre garantiscono l’immediatezza della comunicazione e una maggiore

velocità grazie all’uso di modalità preprogrammate.

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I comunicatori alfabetici sono dispositivi che permettono di generare parole o frasi a

partire dal codice alfabetico presente sulla tastiera. “Light Writer” possiede due display

contrapposti, uno destinato all'utente, l'altro al suo interlocutore che può leggere i messaggi

rimanendo di fronte all’utente. I messaggi una volta composti vengono ripetuti in voce

dalla sintesi vocale incorporata. Per consentire una maggiore velocità di composizione dei

messaggi, questo strumento consente di memorizzare frasi di uso frequente e di richiamarle

attraverso la digitazione di una parola o di poche lettere. “Neo” è una tastiera con display

in grado di memorizzare automaticamente il testo scritto e ne consente il trasferimento sul

computer o la stampa con cavo USB. “Allora” è un comunicatore alfabetico portatile

dotato di una sintesi vocale di alta qualità (Real Speak). La sintesi vocale comprende sia

una voce femminile che una voce maschile. Oltre alla sintesi vocale, questo dispositivo

integra un sistema intelligente di predizione delle parole: mentre l’utente digita i primi

caratteri di una parola nella prima riga del display, nella seconda riga vengono visualizzati

alcuni termini d’uso frequente che iniziano con la medesima radice: con un semplice

comando l’utente può così completare rapidamente la parola e passare alla successiva.

Quando uno dei suggerimenti della predizione viene utilizzato dall’utente, il dispositivo

mostra una serie di parole logicamente correlate ad esso. La predizione permette di

velocizzare significativamente gli scambi comunicativi.

Ausili a tecnologia alta

Fanno parte degli ausili di comunicazione ad alta tecnologia (high-tech) i comunicatori

dinamici, i sistemi di puntamento oculare e i software di comunicazione.

La definizione di comunicatori dinamici nasce da una specifica caratteristica di questi

dispositivi: quella di permettere all’utente di passare autonomamente da una pagina di

simboli ad un’altra, operazione spesso impossibile con gli ausili di comunicazione più

tradizionali che impiegano una tabella cartacea. “Tech Touch” è un ausilio a display

dinamico, nato per l’uso specifico della comunicazione e dotato delle funzioni di un

potente computer con il sistema Windows. “XL-Tablet” è un Tablet PC di ultima

generazione che può essere impiegato per realizzare strumenti per la comunicazione, a

display dinamico. Entrambi questi strumenti consentono l’installazione dei software di

comunicazione che permettono di realizzare sistemi di comunicazione completamente

personalizzati, sia con l’uso di simboli e fotografie, sia con la scrittura alfabetica. Inoltre,

consentono la selezione dei messaggi attraverso il touch screen, a scansione con uno o due

sensori o mediante il mouse o un emulatore. “XL-Tablet”, nella versione più sofisticata, si

presta particolarmente all’impiego di sistemi di puntamento oculare.

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I sistemi di puntamento oculare permettono di comunicare attraverso la rilevazione della

direzione di sguardo, sfruttando la tecnologia a infrarossi. La composizione dei messaggi

avviene puntando gli occhi sulle caselle di un display e confermando col battito o

mantenendo fisso lo sguardo sul tasto per pochi istanti. Una volta che il messaggio è stato

completato può essere ripetuto in voce, attraverso la sintesi vocale integrata nel sistema. I

software di comunicazione più diffusi che consentono di costruire materiale cartaceo per la

comunicazione sono “Broadmaker” e “Symwriter”. “Boardmaker” è il programma grafico

più noto e utilizzato per realizzare, con i simboli PCS, tabelle di comunicazione, calendari

con i simboli, etichette da applicare sugli oggetti, testi corredati di simboli e altro. Il

programma contiene oltre 6500 simboli grafici che possono essere dimensionati a

piacimento e utilizzati sia in versione a colori che bianco e nero. “Symwriter” è un

programma che consente la traduzione automatica in simboli del testo alfabetico, tenendo

conto degli aspetti grammaticali. Il programma consente di personalizzare la grafica dei

simboli e di creare simboli con immagini personali.

“The Grid 2” è un programma che consente di utilizzare il computer come ausilio di

comunicazione con uscita in voce, impiegando simboli o testo per comporre frasi inoltre, è

dotato di funzioni integrate di controllo del computer. Può essere utilizzato con sensori,

mouse ed emulatori di mouse come trackball e joystick speciali, puntatori col capo,

puntatori oculari, touch-screen.

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CAPITOLO IV

IL LIBRO ADATTATO

4.1 Lettura condivisa e sviluppo del linguaggio

La lettura ad alta voce di libri illustrati da parte dell’adulto ai bambini piccoli si colloca

nell’ambito della predisposizione umana per la narrazione. La narrazione rappresenta una

delle funzioni principali della comunicazione umana ed assume un ruolo fondamentale

nell’organizzare e trasmettere l’esperienza e nel dare senso agli eventi della vita (Bruner,

1992). J. Bruner considera la capacità di produrre e ascoltare narrazioni come una delle

caratteristiche fondamentali del pensiero umano, talmente radicata e specifica da far

presupporre che possa essere alla base della nascita del linguaggio.

La lettura ad alta voce da parte dell’adulto di libri illustrati ai bambini è un’attività

motivante e ricca sul piano emotivo e delle interazioni e vi sono numerose evidenze del

ruolo positivo che la lettura ad alta voce esercita sullo sviluppo e sulla crescita dei bambini

sia sul piano emotivo che linguistico e cognitivo. Da diversi anni ormai è stato dimostrato

che i neonati e i bambini nei primi anni di vita sono soggetti altamente competenti e che,

allo stesso tempo, la qualità delle esperienze a cui vengono esposti sia fondamentale per il

loro successivo sviluppo, in un intrecciarsi continuo tra predisposizione e ambiente.

A partire dagli anni Sessanta sono state attivate nei paesi anglosassoni iniziative di

supporto alla lettura precoce ad alta voce ai bambini da parte dell’adulto come importante

azione preventiva nei confronti della comparsa di disturbi di apprendimento. I bambini che

hanno beneficiato di tali iniziative sono stati confrontati con i bambini che non ne hanno

usufruito ed è stato confermato un effetto preventivo sulle difficoltà di apprendimento.

Inoltre è stato evidenziato anche un miglioramento delle relazioni e delle interazioni tra

genitori e bambini, un aumento dell’interesse verso i libri e un incremento dello sviluppo

del linguaggio espressivo e soprattutto della comprensione linguistica.

Le attività di lettura genitore-bambino hanno molteplici effetti positivi: il tempo condiviso,

non interrotto, durante il quale il bambino è accolto e sostenuto fisicamente e interagisce

con il proprio genitore procura un grande piacere al bambino. E’ stato dimostrato che le

storie con un linguaggio ripetitivo e prevedibile stimolano una migliore partecipazione del

bambino e sono associate ad un feed-back più intenso. L’effetto della lettura ad alta voce

sulle performances nel linguaggio scritto e parlato è stato misurato da un gruppo di

ricercatori canadesi in bambini della seconda infanzia e successivamente in ambito

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scolastico. La lettura ad alta voce del genitore aveva un impatto diretto sul linguaggio

parlato del bambino, ma non su quello scritto (decodifica, conoscenza dell’alfabeto e

dell’ortografia).21

Recentemente, anche l’Accademia Americana di Pediatria ha indicato

che la promozione della lettura ad alta voce in famiglia debba far parte delle guide

anticipatorie che ogni pediatra deve offrire ai neogenitori, riconoscendone l’efficacia per la

promozione delle competenze linguistiche e per il miglioramento delle performances

scolastiche.22

Sono stati eseguiti studi sperimentali per la valutazione dell’effetto della

promozione della Literacy da parte del pediatra, sulle competenze di linguaggio dei

bambini. Un gruppo di 49 bambini di bassa estrazione socioeconomica che aveva

partecipato al programma di Reach out and Read è stato comparato ad un secondo gruppo

di controllo di 73 bambini. L’analisi del linguaggio, a distanza di tre anni dall’inizio del

programma, ha rilevato nel gruppo di intervento un incremento significativo nelle

performances di linguaggio ricettivo e di linguaggio espressivo rispetto ai controlli.23

Una recente ricerca nella regione Veneto sulle capacità linguistiche acquisite dai bambini

partecipanti al programma di Nati per Leggere (NpL) ha rilevato che anche nel nostro

territorio la promozione della lettura condivisa favorisce un miglior linguaggio ricettivo.

Lo studio randomizzato controllato ha reclutato 208 bambini di sei mesi di età come

gruppo di intervento e 227 bambini della stessa età come gruppo di controllo. La

valutazione del linguaggio effettuata all’età di cinque anni ha evidenziato che i bambini

esposti alla lettura condivisa almeno quattro volte la settimana avevano una ricchezza di

vocabolario significativamente superiore ai bambini esposti occasionalmente o non esposti

a NpL. 24

In sintesi, i diversi studi scientifici presenti in letteratura dimostrano che l’interazione

verbale genitore-figlio durante la lettura ad alta voce da parte del genitore, è un’esperienza

che facilita l’apprendimento e lo sviluppo del linguaggio nel bambino piccolo e, in

prospettiva, migliora le capacità di lettura nel bambino più grande.

21

M. Sénéchal, J. Lefevre, E.M. Thomas, K.E. Daley, “Differential effects of home literacy experiences on

the development of oral and written language.” Reading Research Quarterly, 1998, 33(1), 96–116 22

P.C. High - American Academy of Pediatrics Committee on Early Childhood, Adoption, and Dependent

Care and Council on School Health -, “School readiness”, Pediatrics, 2008, 121(4): e1008-15 23

A.L. Mendelsohn, L.N. Mogilner, B.P. Dreyer, J.A. Forman, S.C. Weinstein, M. Broderick, K.J. Cheng, T.

Magloire, T. Moore, C. Napier, “The impact of a clinic-based literacy intervention on language development

in inner-city preschool children”, Pediatrics, 2001, 107(1):130-4 24

G. Toffol, M. Melloni, R. Cagnin, M. Sanzovo, L. Giacobbi, C. Montini, “Studio di efficacia del progetto

«Nati per Leggere». Valutazione degli effetti della lettura ad alta voce da parte dei genitori sullo sviluppo

del linguaggio dei bambini”, Quaderni acp 2011; 18(5): 195-201

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51

4.2 Il libro in simboli

L’utilizzo del libro in simboli in CAA non è una novità. L’aspetto innovativo consiste nella

finalità dell’utilizzo: fino a non molto tempo fa ci si è concentrati sul tema della

partecipazione attiva e dell’accesso alla lettura (Millar, 1996; Schiaffino e Veruggio, 2005,

Veruggio et. al 2005) e poco sul tema dell’esposizione alla lettura ad alta voce precoce da

parte dell’adulto, sia all’estero che in Italia.

Gli aspetti positivi della lettura di libri in simboli sono molti: garantisce la possibilità di

accedere alla funzione di lettura e scrittura a bambini che non hanno acquisito le abilità di

letto-scrittura alfabetica; aiuta a supportare lo sviluppo della frase; supporta la

comprensione linguistica attraverso l’esposizione ad un ampio vocabolario e a simboli di

difficile presentazione come quelli rappresentanti concetti astratti ai quali il bambino, in

assenza del libro, rischierebbe di non essere esposto; supporta il pensiero, il linguaggio

interno, la narrazione, le autonomie e il linguaggio verbale. La stabilità del simbolo

consente maggiore prevedibilità e controllo e contribuisce a cambiare positivamente

l’immagine di sé per il soggetto e per gli altri: il bambino diventa un soggetto capace.

Inoltre, quando possibile, la lettura di libri in simboli facilita l’accesso alla lettura e alla

scrittura alfabetica (Bishop, Rankin e Mirenda, 1994). Vi sono diverse ricerche che

dimostrano che la lettura di libri in simboli promuove lo sviluppo dei prerequisiti della

letto-scrittura alfabetica e successivamente dell’alfabetizzazione. Grazie all’esposizione

precoce ai libri in simboli in entrata, i bambini sviluppano la consapevolezza che i simboli

esprimono un significato stabile e possono più agevolmente trasferire questo concetto al

testo alfabetico. La presenza costante della riquadratura intorno al simbolo e della parola

scritta al suo interno espone anche alla componente alfabetica ed evidenzia chiaramente

l’esistenza di un insieme “parola-simbolo” stabile e la corrispondenza tra essa e un

significato univoco. Il testo in simboli segue un’organizzazione da sinistra verso destra e

dall’alto verso il basso analoga alla direzione del testo stampato. Grazie al modeling

costante da parte dell’adulto che indica i simboli con il dito mentre legge ad alta voce, la

direzione del testo è resa immediatamente evidente, molto più di quanto non accada con il

testo scritto alfabetico. I simboli all’interno del testo si ripetono, alcuni sono composti da

più unità elementari unite e una sequenza di simboli diventa una frase. In tal senso il libro

in simboli può diventare uno strumento di inclusione se introdotto nella scuola

dell’infanzia, poiché non è uno strumento che connota la disabilità di un singolo ma

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un’opportunità che potenzia le possibilità di accesso di tutti.25

L’ “inclusione sociale” è

infatti un concetto diverso dall’ “integrazione”: mentre l’integrazione indica l’inserimento

delle persone in un contesto di regole e principi già definito e la persona con disabilità deve

adeguarsi a quanto già deciso dalla comunità che lo integra, l’inclusione, invece, è basata

sulla partecipazione della persona ai processi decisionali e programmatori dell’intera

comunità che tiene conto delle diversità culturali, religiose e psicofisiche della persona che

entra nella comunità. Il ruolo della persona con disabilità è così paritario a quello di altri

individui già inclusi.26

I libri in simboli possono essere di due tipi: personalizzati o modificati. Il libro

personalizzato è un libro creato ex-novo per quello specifico bambino e racconta

esperienze emotivamente significative per il bambino. Parte da un livello motivazionale

alto e rappresenta spesso il miglior aggancio iniziale, soprattutto in bambini piccoli o in

situazioni di gravità. Il libro modificato parte invece da un libro già esistente che viene

adattato per essere reso accessibile.

4.3 Costruire un libro adattato

4.3.1 La scelta dell’argomento

Nella creazione di un libro su misura, il primo passaggio riguarda l’argomento. Nello

scegliere l’argomento bisogna partire dagli interessi e da ciò che piace al bambino. Per

scegliere un argomento che sia d’aggancio è necessaria una conoscenza approfondita del

bambino con bisogni comunicativi complessi, dei suoi punti di forza e di debolezza, e

richiede una particolare sensibilità e capacità di ascolto. Il libro personalizzato parte da un

livello motivazionale alto e rappresenta spesso il miglior aggancio iniziale. Molto più

complicato è modificare libri esistenti: i libri esistenti in commercio adeguati per

lunghezza e struttura linguistica presentano spesso argomenti inadatti, mentre i libri

adeguati all’età del bambino sono spesso troppo lunghi e complessi da modificare. La

scelta del libro da modificare è molto importante: da un lato bisogna considerare gli

interessi e le caratteristiche del bambino e dall’altro, bisogna individuare libri con buone

immagini e buone trame narrative tra le numerose proposte del mercato. Nei bambini

piccoli gli argomenti preferibili sono: gli eventi della vita quotidiana (la pappa, la nanna,

ecc.), le piccole separazioni (la mamma va via, il primo giorno di scuola, ecc.), le

25

Maria Antonella Costantino, “Costruire libri e storie con la CAA”, ed. Erickson, 2011 26

Presidenza del Consiglio dei Ministri - Comitato Nazionale per la Bioetica, “Bioetica e riabilitazione”,

2006

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53

emozioni. Nei più grandi diventano rilevanti tutte le tematiche intorno alla vita autonoma,

al futuro, al lavoro, alla vita affettiva, alla contrapposizione con l’adulto,

all’innamoramento. Per essere scelto, un libro, deve suscitare emozioni, stimolare il

pensiero e la curiosità, avere una storia avvincente e coinvolgente, avere un ritmo

scorrevole. Inoltre è preferibile scegliere libri diffusi, conosciuti e amati dai bambini in

modo che siano di aggancio per tutta la classe quando vengono proposti a scuola.

4.3.2 Le illustrazioni

La presenza delle illustrazioni rappresenta un elemento essenziale della lettura ad alta voce

da parte dell’adulto perché facilita l’ascolto e la comprensione comunicativa e linguistica.

Le funzioni che le illustrazioni possono avere nell’ambito del testo narrativo sono diverse:

una funzione decorativa; una funzione descrittiva, cioè la funzione di annunciare quello

che il testo verbale enuncia, consentendo di creare un contesto condiviso di riferimento;

una funzione di rinforzo dell’atmosfera della storia; una funzione di ambientazione della

storia. Nella scelta di un libro da modificare, il primo elemento da considerare sono le

illustrazioni. Le illustrazioni devono essere, per assolvere le loro funzioni, in particolare

quella descrittiva, coerenti e congruenti con il testo, essenziali, schematiche, riconoscibili e

senza elementi confusivi. In generale, alcuni elementi possono facilitare la percezione

visiva e rendere più agevole seguire le immagini. Le immagini devono essere nitide, ben

contrastate, le figure devono avere contorni netti e neri, avere colori decisi ed essere

adeguatamente distanziate tra loro. Una distanza eccessiva tra le figure all’interno

dell’immagine può rendere difficile cogliere il legame fra di esse, mentre un’eccessiva

vicinanza può rendere difficile cogliere le specificità delle singole figure. L’immagine deve

contenere pochi elementi, ben distinguibili dallo sfondo: lo sfondo bianco è

particolarmente facilitante. Oltre a queste accortezze generali, nel caso siano presenti

difficoltà visive, sarà necessario adottare specifiche modifiche in base alle caratteristiche

del bambino.

Un’altra possibilità è quella di rielaborare le immagini, scannerizzandole e modificandole

al computer, grazie al quale, è possibile ripulire lo sfondo, spostare o eliminare alcuni

elementi per semplificare l’immagine, aumentare il contrasto, eliminare o spostare la parte

di testo scritto, ricompattare l’immagine su di un'unica facciata nel caso in cui si sviluppi

su due facciate. Gli adattamenti introdotti consentono una maggiore leggibilità delle

immagini e consentono anche a bambini con difficoltà visive di seguire la storia sfruttando

pienamente le illustrazioni.

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54

4.3.3 Modificare il testo

Una volta scelto il libro da modificare si deve decidere quali modifiche introdurre nel testo.

Le modifiche saranno introdotte sulla base del livello di complessità del libro, che deve

essere adeguato alle necessità e capacità del bambino. I livelli di complessità possono

essere schematizzati come segue (vedi figura 13).

Figura 13. Schema dei modelli di riferimento per la costruzione di libri modificati

(Costantino et al., 2010)

Livello di

complessità del

libro

Struttura del libro Caratteristiche del

bambino

LIBRO MOLTO

SEMPLICE

Contenuto di massimo aggancio

motivazionale;

Figure su fondo bianco, chiare, nitide, ben

contrastate, con pochi elementi

Poche pagine (da 1 a 4)

Struttura della frase semplice e breve

Numero limitato di simboli per pagina (tra

4 e 8), con bordo.

Rivolto a bambini piccoli (1

anno), poco esposti alla lettura ad

alta voce da parte dell’adulto, con

una capacità attentiva di breve

durata e con importanti difficoltà

di comprensione.

LIBRO

SEMPLICE

Figure chiare;

Numero di pagine tra 4 e 10;

Struttura della frase semplice non

necessariamente breve;

Discreto numero di simboli per pagina (da

8 a 20) con bordo;

No contenuti banali.

Rivolto a bambini piccoli (2-3

anni), con media esposizione alla

lettura ad alta voce da parte

dell’adulto, con tempi di

attenzione ridotti, con lieve

difficoltà di comprensione o lieve

compromissione cognitiva.

LIBRO

ELABORATO

Figure di maggiore complessità;

Numero di pagine abbastanza elevato (più

di 10);

Struttura della frase più ricca;

Molti simboli per pagina (tra 20 e 40)

Rivolto a bambini di 4-5 anni di

età che non abbiano difficoltà a

seguire una storia, abbastanza

esposti alla lettura ad alta voce da

parte dell’adulto, con tempi di

attenzione sufficientemente

lunghi e con poche o nessuna

difficoltà di comprensione o

compromissione cognitiva.

LIBRO MOLTO

ELABORATO

Figure complesse;

Numero di pagine anche molto elevato

(più di 15);

Struttura della frase ricca e complessa;

Moltissimi simboli per pagina (più di 40).

Rivolto a bambini con età uguale

o superiore ai 6 anni, senza

difficoltà a seguire una storia,

molto esposti alla lettura ad alta

voce da parte dell’adulto, con

tempi di attenzione lunghi e con

buone capacità cognitive.

Una volta scelto il livello di complessità del libro è possibile introdurre le opportune

modifiche al testo: semplificandolo e tenendo solo i punti salienti o, al contrario,

ampliandolo per esplicitare alcuni nessi logici o per arricchirlo di contenuti e di emozioni.

A questo punto del lavoro si procede con la ristrutturazione frasale, ponendo particolare

attenzione al vocabolario scelto e alla struttura sintattica. La ristrutturazione frasale, come

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ogni passaggio nella costruzione del libro adattato, tiene conto delle esigenze e delle

capacità del bambino, ma in generale gli aggiustamenti da introdurre sono i seguenti:

evitare la presenza eccessiva di coordinate e subordinate, molto frequenti nella lingua

italiana, dividendo le frasi in frasi più brevi; preferire l’indicativo e le forme attive a quelle

passive; evitare i verbi riflessivi; esplicitare chiaramente soggetto e complemento ed

evitare l’uso eccessivo di pronomi e di elementi impliciti. Un aspetto da considerare è che

il livello di comprensione linguistica di una stessa frase è molto superiore in un contesto

narrativo rispetto alla presentazione isolata (Florit et al., 2009, 2011). Recenti ricerche

(Brizzolara, 2008) dimostrano che in bambini con grave compromissione della

comprensione linguistica, in particolare morfosintattica, l’ascolto di libri con un testo più

complesso del livello di comprensione dimostrabile per le frasi isolate, sembrerebbe

migliorare progressivamente la comprensione linguistica, grazie al supporto degli elementi

inferenziali e narrativi presenti. Da una parte l’essere esposti ad un linguaggio già

conosciuto non permette di fare nuove acquisizioni e, dall’altra, l’esposizione ad un

linguaggio troppo elaborato risulta essere controproducente, in quanto le componenti non

note sono eccessive ed impediscono la comprensione del senso complessivo. Nella

ristrutturazione della frase è, inoltre, importante tenere in considerazione la sequenza di

acquisizione della capacità di comprensione delle diverse parti del discorso, nei bambini

con sviluppo tipico.

Una seconda fase di ristrutturazione frasale avviene nel momento in cui il testo viene

tradotto in simboli, i quali pongono una serie di limitazioni.

4.3.4 Tradurre il testo in simboli

In bambini con sviluppo tipico, il livello di esposizione naturale alla lingua è elevatissimo,

molto al di sopra rispetto al livello di comprensione o di produzione e, certamente, questo

rappresenta un elemento funzionale all’acquisizione del linguaggio. I bambini con

disabilità comunicativa sono molto meno esposti dei coetanei ad interazioni comunicative

e linguistiche. È evidente, dunque, l’importanza del ruolo del libro adattato utilizzato come

strumento in entrata. L’ascolto dei libri permette un’esposizione a frasi più complesse e a

un vocabolario più ampio di quello utilizzato negli scambi comunicativi quotidiani, ma

fortemente legato al contesto della storia: condizioni favorevoli per ampliare la

comprensione linguistica e la conoscenza dei simboli, prima di quando vengano utilizzati

in uscita. Pertanto, è utile esporre il bambino a un numero di simboli sufficientemente

elevato ed esporlo anche a simboli sconosciuti, opachi, rappresentanti concetti astratti,

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emozioni e verbi che vengono più facilmente compresi all’interno del contesto narrativo.

È consigliabile comunque porre attenzione perché, questi ultimi simboli, non siano

predominanti all’interno della frase. Nella scelta del sistema simbolico, bisogna tenere in

considerazione al tempo stesso necessità attuali e possibili necessità future dell’utente,

garantendo la massima stabilità ed espandibilità nel tempo del sistema simbolico che si

decide di introdurre. Altra decisione da prendere, riguarda la scelta tra simboli in bianco e

nero e simboli a colori. I simboli a colori sono utili per attirare l’attenzione quando il

numero dei simboli all’interno della pagina è ridotto, mentre rappresentano un carico

attentivo eccessivo se sono inseriti all’interno di pagine molto ricche di simboli. Nei libri

complessi, con molti simboli per pagina, l’uso dei simboli a colori rallenta la lettura con il

rischio di perdere il significato complessivo. I simboli in bianco e nero facilitano, inoltre, i

soggetti con difficoltà visive. Altro elemento importante è la riquadratura attorno al

simbolo che aiuta a delimitare l’unità di senso, poiché lega insieme la parola scritta e il

simbolo, facilitando l’attribuzione del significato, rende inoltre più semplice l’indicazione

da parte del lettore adulto. Affinché la riquadratura non rappresenti un elemento di

distrazione deve essere lineare, nera, con bordo non eccessivamente marcato. Quando si

traduce il libro in simboli, sarebbe opportuno mantenere l’intero nucleo di senso su una

singola riga. Poiché le dimensioni della pagina non sempre lo consentono, bisogna prestare

attenzione quando si va a capo, cercando di preservare il più possibile un senso compiuto

nelle diverse righe. La spaziatura tra i simboli deve essere regolare e può essere aumentata

quando è funzionale alla separazione delle diverse parti della frase. La punteggiatura è di

aiuto per chi legge, che altrimenti faticherebbe molto nell’intonazione, e per chi ascolta che

progressivamente comprende il significato della punteggiatura stessa. Il testo alfabetico

dentro il riquadro, è preferibilmente posto in alto per evitare che venga coperto durante

l’indicazione da parte dell’adulto. Bisogna identificare il livello di completezza

morfosintattica a cui il bambino ha bisogno di essere esposto. La comprensione del

linguaggio orale in bambini con sviluppo tipico inizia dalla comprensione contestuale, gli

elementi pragmatici sono particolarmente rilevanti in questa fase. Progressivamente la

comprensione si estende ai principali nuclei di senso, senza la considerazione degli aspetti

morfologici e sintattici che modulano ulteriormente il significato e che verranno compresi

solo successivamente. Inizialmente, con bambini piccoli, o nelle prime fasi di acquisizione

del linguaggio, o alle prime esperienze di esposizione ai simboli, non è opportuno

rappresentare ogni parte del discorso con un simbolo. È opportuno, invece, aumentare

progressivamente il livello morfosintattico in parallelo con lo sviluppo del bambino:

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evidenziando dapprima i pronomi personali e possessivi, gli articoli, le preposizioni, i

plurali e, successivamente, i tempi verbali, i pronomi riflessivi e relativi. L’esposizione agli

elementi morfosintattici in CAA è importante per i seguenti motivi: studi dimostrano che

in bambini bilingue con disturbo specifico del linguaggio, ciò che viene acquisito in ambito

riabilitativo in una lingua viene trasferito anche all’altra (Fabbro, 2004); e che i bambini

sordi esposti contemporaneamente alla lingua dei segni e al linguaggio verbale, mostrano

una maggiore capacità di comprensione e produzione rispetto a coloro che sono stati

esposti ad una sola lingua (Goodwyn, Acredolo, Brown, 2000). Si può ragionevolmente

concludere che gli elementi morfosintattici appresi attraverso la CAA vengano trasferiti al

linguaggio verbale. La correttezza e la completezza morfosintattica del sistema simbolico a

cui sono esposti i ragazzi nell’intervento di CAA possono influenzare in modo

significativo lo sviluppo linguistico, nonché l’uso del sistema di CAA in uscita, in

particolare in soggetti con disturbi di comprensione (Soto et al., 2010).

4.3.5. Struttura fisica del libro

Il formato delle pagine deve essere deciso tenendo in considerazione le caratteristiche del

bambino, del testo e del lettore adulto. I formati utilizzabili sono: il formato A4 (210x297),

il formato A5 (148x210) e, per i libri cartonati, il formato quadrato piccolo (12x21), medio

(18x18) e grande (24x24). L’impaginazione può essere in orizzontale o in verticale.

L’impaginazione orizzontale (A4) è utile per i soggetti che hanno necessità di non

interrompere il filo del discorso con l’andare a capo. Il formato deve essere scelto tenendo

in considerazione anche la dimensione dei simboli. L’immagine potrà essere collocata sulla

stessa facciata del testo in simboli o su due facciate diverse, preferibilmente con

l’immagine a sinistra e il testo a destra. La consistenza delle pagine è un altro elemento

importante. Tanto più le pagine sono rigide, tanto più diventa semplice maneggiarle. La

consistenza delle pagine può essere ispessita lievemente attraverso l’utilizzo di un

portalistini, inserendo i fogli di cartoncino nelle buste, o attraverso la plastificatura leggera

o più pesante delle pagine. Un’alternativa sono i libri cartonati, di cartone leggero o

pesante. La plastificatura è di aiuto, oltre che in presenza di disturbi della motricità fine e

globale, anche in presenza di scialorrea o in caso di comportamenti oppositivi e distruttivi.

Per l’assemblaggio delle pagine è possibile scegliere tra l’utilizzo di un portalistini, di un

quaderno ad anelli o di una spirale. Gli accorgimenti descritti riguardanti la struttura fisica

del libro, consentono di abbattere le barriere di accesso, fornendo al bambino con bisogni

comunicativi complessi gli strumenti idonei all’aumento della partecipazione.

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4.3.6. Facilitazioni per l’interazione

Si definiscono facilitazioni per l’interazione, tutti gli strumenti e gli accorgimenti utili ad

aumentare la partecipazione attiva da parte del bambino con bisogni comunicativi

complessi durante la lettura da parte dell’adulto. Un primo strumento di questo tipo è la

tabella di scelta del libro, costruita con le immagini scannerizzate o con fotografie delle

copertine dei libri tra cui scegliere. In caso di problemi motori, per consentire al bambino

di maneggiare il libro, oltre all’ispessimento delle pagine possono essere necessari ulteriori

strategie: possono essere inseriti separatori tra le pagine, possono essere applicate mollette,

abbassalingua o altro per consentire al bambino di girare le pagine autonomamente. Altri

strumenti utilizzabili per sostenere la partecipazione attiva del bambino sono i VOCAs che

consentono di esprimere emozioni, o di commentare i punti salienti della storia, o di

esprimere richieste. I VOCAs a singolo messaggio limitano le possibilità di interazione del

bambino. Al fine di allargare le possibilità di interazione, si possono introdurre tabelle a

tema (vedi figura 14) o comunicatori simbolici multicaselle. È possibile, inoltre, costruire

tabelle o frontalini dei comunicatori simbolici, specifici per ogni libro per permettere

interazioni sempre più complesse e particolareggiate. Infine, è importante porre attenzione

al posizionamento del libro: è necessario consentire al bambino di accedere visivamente sia

al testo in simboli che alle immagini ed è necessario che il libro sia posizionato in maniera

tale da consentire al bambino di accedervi fisicamente per indicare un simbolo o per girare

le pagine. Le facilitazioni aggiuntive fin qui descritte non devono essere utilizzate per

valutare la comprensione del bambino o per fare richieste prestazionali, ma esclusivamente

allo scopo di aumentare la sua partecipazione.

Figura 14. Tabella a tema per la lettura

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CAPITOLO V

PRESENTAZIONE DEL CASO CLINICO

5.1 Descrizione dello studio

Lo studio del caso clinico in oggetto complessivamente ha avuto una durata di 6 mesi e si è

articolato in tre diverse fasi: una fase iniziale di valutazione, una fase operativa di

intervento ed una fase conclusiva di monitoraggio dei risultati. La fase iniziale comprende

la raccolta delle informazioni, l’osservazione diretta e la valutazione strutturata. La fase

operativa consiste nella costruzione di strumenti utili al raggiungimento degli obiettivi

terapeutici e nell’introduzione degli stessi all’interno del setting terapeutico, nonché

nell’ambiente di vita del bambino con bisogni comunicativi complessi. La fase conclusiva

consiste nella valutazione dell’efficacia dell’intervento e nell’individuazione di eventuali

punti critici. La consultazione delle cartelle cliniche ha permesso la raccolta delle

informazioni anamnestiche e delle informazioni riguardanti i piani d’intervento attuati, gli

obiettivi terapeutici raggiunti nei precedenti percorsi riabilitativi e i tempi utili al

raggiungimento degli stessi. Le informazioni riguardanti il contesto in cui il bambino è

inserito sono state ottenute attraverso colloqui con i genitori e con le insegnanti. È stata

inoltre impiegata una metodica maggiormente strutturata per la raccolta delle informazioni

attraverso l’impiego del Social Networks. L’osservazione diretta si è svolta all’interno del

setting riabilitativo, durante le sedute di terapia logopedica a frequenza bisettimanale. La

raccolta delle informazioni e l’osservazione diretta hanno permesso di effettuare la

valutazione dei modelli di partecipazione, dei bisogni comunicativi e delle barriere di

accesso e di opportunità alla comunicazione, ispirandosi al Modello di Partecipazione

proposto da Beukelman e Mirenda (2005). Ai fini di una valutazione completa sono stati

impiegati inoltre strumenti standardizzati. A seguito della fase valutativa è stato possibile

formulare una serie di ipotesi che hanno condotto alla fase operativa. La fase operativa

dello studio in questione si è concretizzata nella realizzazione di strumenti di CAA idonei

alle capacità e alle esigenze del bambino. Sono stati creati pertanto, strumenti di intervento

e di inclusione in particolare, è stato possibile adattare alle esigenze comunicative del

soggetto dei libri di storie per bambini con l’utilizzo prevalente, ma non esclusivo, del

Picture Communication System (PCS). Il processo di adattamento ha portato alla creazione

di strumenti altamente personalizzati partendo dagli interessi e dalle caratteristiche fisiche,

cognitive e comunicative del soggetto sia nella scelta della storia (contenuto), sia nella

scelta della struttura del libro (complessità delle figure, impaginazione delle immagini e

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del testo, numero di pagine, formato e consistenza delle pagine, assemblaggio delle pagine,

struttura del testo, struttura della frase, numero di simboli per pagina, dimensione dei

simboli, trasparenza dei simboli). A seguito dell’introduzione di questi strumenti negli

ambienti di vita del bambino ed all’interno della seduta di terapia è stato possibile

effettuare alcune considerazioni conclusive e formulare alcune ipotesi.

5.2 Descrizione del caso clinico

Il soggetto dello studio ha un’età di 4,4 anni e presenta una sindrome genetica non

codificata all’interno dei sistemi diagnostici nosografici internazionali, associata ad una

grave compromissione del linguaggio.

5.2.1 Anamnesi fisiologica

Dall’anamnesi risulta che la bambina è unicogenita, nata il 15 novembre 2008 da settima

gravidanza, di cui le precedenti sei esitate in aborti interni. Riferito distacco placentare. Dal

controllo ecografico pre-amniocentesi risultava un ritardo di crescita intrauterino. Veniva

effettuato taglio cesareo elettivo alla 37ᵃ settimana di gestazione. La bambina nasceva a

termine con un basso peso alla nascita: pari a 2150 gr., collocandosi lievemente al di sotto

del 10° percentile della tabella dei centili per la classificazione dei neonati secondo il peso

e l’età gestazionale, collocandosi quindi all’interno della classe dei SGA (Small for

Gestational Age). L’indice di Apgar al 1’ e al 5’ risultava pari a 9. L’allattamento avveniva

tramite biberon, la suzione risultava essere valida e non veniva riferito alcun problema di

deglutizione. All’età di 10 mesi veniva inserita nell’asilo nido con educatore aggiunto al

gruppo classe. Lo sviluppo psicomotorio risultava essere ritardato: raggiungeva la

posizione seduta senza sostegno all’età di 15 mesi e iniziava a deambulare all’età di 22

mesi. A partire dall’età di 41 mesi iniziava a spostarsi con la navigazione a costiera per

lunghi tratti. All’età di 46 mesi raggiungeva il controllo sfinterico diurno. All’età di 48

mesi la produzione verbale si limitava alla parola “mamma”, presenti l’indicazione

richiestiva e dichiarativa, presente un codice assenso/dissenso. Nel settembre 2012 la

bambina iniziava la scuola materna con AEC (Assistenza Educativa Culturale) e Sostegno

con intera copertura dell’orario scolastico.

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5.2.2 Anamnesi patologica

La bambina iniziava trattamento riabilitativo a 40 giorni di età, seguita domiciliarmente

dall’ASL per il primo anno di vita. Nel settembre 2009 la bambina effettuava la visita

genetica e prelievo per lo studio di citogenetica molecolare a CGH che portava alla

diagnosi di “microdelezione sul braccio corto del cromosoma 1 regione 1p36.33-

>1p36.32 estesa per circa 4Mb, microduplicazione del braccio corto del cromosoma X,

nella regione Xp22.33->Xp22.32”.

Nel dicembre 2009 la bambina veniva ricoverata per un secondo episodio convulsivo (il

primo si manifestava all’età di 3 mesi) in corso di broncopolmonite con insufficienza

respiratoria. Nello stesso mese si assisteva alla riesacerbazione bronchitica, per la quale

veniva indicata una terapia antibiotica domiciliare. La bambina iniziava, inoltre, terapia

intramoenia settimanale presso il Servizio di Riabilitazione Pediatrica Extraospedaliera

dell’IRCCS Fondazione Santa Lucia di Roma, in attesa di essere chiamata per la presa in

carico ambulatoriale, avvenuta nel settembre 2010. Nell’aprile 2011 si verificava un

secondo episodio di broncopolmonite con focolaio polmonare sinistro, per il quale viene

prescritta la terapia antibiotica. In terza giornata di iperpiressia compariva vomito

incoercibile, con successiva disidratazione della bambina, con conseguente necessità di

terapia reidratante tramite flebo. La bambina effettuava controlli neurologici periodici e

veniva inserita in terapia con il Tegretol, successivamente sostituito con il Tolep. Nell’

aprile 2011 effettuava valutazione logopedica dalla quale emergevano difficoltà prassiche e

assenza di linguaggio verbale, a fronte di una buona triangolazione di sguardo e presenza

di indicazione richiestiva e dichiarativa. Venivano inoltre contemporaneamente prescritti

tutori gamba-piede e calzature predisposte per il tutore. Nel giugno 2011, all’età di 31

mesi, effettuava la valutazione cognitiva attraverso la somministrazione delle Scale di

Sviluppo Griffiths.27

Dall’analisi delle prestazioni alle singole scale emergeva un profilo

disomogeneo, con migliori competenze rispetto alle autonomie personali-relazionali e una

maggiore carenza rispetto alle abilità grosso-motorie e prassiche e di quelle non verbali di

interazione con gli oggetti. Emergeva un’età di sviluppo corrispondente ad 11 mesi di età

con un quoziente globale pari a 34, indicando un ritardo psicomotorio. L’esame delle

27

Le “GMDS – Griffitths Mental Development Scales” sono in grado di valutare lo sviluppo intellettivo di

bambini con differenti tipologie di handicap. Sono costituite da due set di scale, ciascuna per una fascia d'età

differente: 0-2 anni (Ruth Griffiths,1954, 1960, 1996) e 2-8 anni (Ruth Griffiths, 1970, 1987, 2006). La scala

0-2 anni comprende le sub-scale: locomotoria, personale-sociale, dell’udito e del linguaggio, della

coordinazione occhio-mano e di performance; la scala 2-8 anni comprende le sub-scale: locomotoria,

personale-sociale, del linguaggio, della coordinazione occhio-mano, di performance e di ragionamento

pratico.

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62

risposte al questionario PVB28

per lo sviluppo comunicativo e linguistico indicava una

comprensione globale del linguaggio corrispondente a un’età di 16-17 mesi. Dalla

valutazione della deglutizione non emergeva nulla di patologico. Nell’ottobre 2011 veniva

inserito nel progetto, il trattamento logopedico. Durante il controllo neurologico effettuato

a febbraio del 2012 veniva eseguito EEG, riferito migliorato e veniva iniziato lo

svezzamento dal Tolep, completatosi nel mese di giugno 2012. Con la sospensione del

farmaco la madre osservava un miglioramento della reattività e della curiosità della

bambina verso l’ambiente. Nel mese di aprile 2012 effettuava visita oculistica a seguito

della quale veniva prescritto bendaggio 1 ora al giorno per strabismo da ipermetropia. Nel

novembre 2012 eseguiva impedenzometria che evidenziava un timpanogramma di tipo A

(normale).

5.2.3 Il quadro clinico attuale

Aspetto motorio

Attualmente la bambina è in grado di raggiungere la posizione in side-sitting partendo da

quella long-sitting in maniera autonoma e può mantenerla senza appoggio per gli arti

superiori. Non raggiunge ancora la posizione in ginocchio autonomamente neppure con

appoggio anteriore bilaterale in quanto, sono presenti molte difficoltà di estensione delle

anche. Se posizionata, però, può mantenere tale postura a lungo. La posizione in half-

kneeling non è raggiunta autonomamente e viene mantenuta solo con appoggio anteriore,

notevole flessione anteriore del tronco. La bambina è in grado di raggiungere la stazione

eretta alzandosi da una sedia con appoggio per gli arti superiori, o scendendo da un letto o

da un divano scivolando in avanti. È presente la deambulazione autonoma per lunghi tratti,

con o senza tutori. Durante la deambulazione si rileva: base d’appoggio allargata, scarso

pendolarismo degli arti superiori, riduzione dell’escursione articolare nei diversi distretti

degli arti inferiori con uso en-block di questi ultimi e scarsa modulazione del movimento.

È presente valgismo delle ginocchia ed extra-rotazione degli arti inferiori, notevolmente

ridotti rispetto al passato. La bambina è in grado di fermarsi e ripartire, cambiare direzione,

di portare un oggetto in mano durante il cammino, salire dei gradini con aiuto, ma non è

ancora possibile il superamento di un ostacolo né lo scendere le scale. Sono presenti inoltre

comportamenti oppositivi quando la bambina si trova in situazioni di difficoltà o posture

per lei faticose.

28

Caselli, Casadio “Primo Vocabolario del Bambino (PVB)”, 1995 - adattamento italiano del "MacArthur-

Bates, Communicative Development Inventory-CDI"

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63

Aspetto comunicativo e linguistico

La produzione linguistica è limitata alla parola “mamma”. Presenti l’attenzione condivisa e

l’intenzionalità comunicativa. È presente l’uso dei gesti referenziali: “ciao”, “vieni qui”,

“basta”, “via”, “da’”, “mandare un bacio”; la bambina solleva le braccia in alto per

esprimere gioia; utilizza molto la triangolazione di sguardo e l’indicazione. È presente un

codice assenso/dissenso e la bambina esprime il proprio disappunto o approvazione

attraverso la modulazione del vocalizzo /e/. La bambina ha iniziato ad utilizzare una tabella

comunicativa in continua espansione e modifica anche se non ha ancora generalizzato l’uso

ai vari ambienti di vita. La comprensione del linguaggio appare buona per comandi

semplici e contestualizzati. La bambina riesce con molta fatica ad imitare alcune prassie

orali. Nella ripetizione di parole riesce a muovere la bocca nel tentativo di imitare la

posizione articolatoria senza riuscire a imitare il suono udito.

Aspetto cognitivo

La somministrazione delle Scale di Sviluppo Griffiths indica un’età di sviluppo di circa 18

mesi ed un Quoziente Globale di Sviluppo <50, indicando un ritardo psicomotorio. Si

evidenzia un profilo caratterizzato da migliori prestazioni ottenute nella Scala delle Abilità

Non Verbali, nella Scala della Coordinazione Manuale-Visiva e nella Scala Personale-

Relazionale; e prestazioni peggiori ottenute nella Scala Locomotoria e nella Scala di

Apprendimento e Linguaggio. Il livello di sviluppo cognitivo è stato valutato inoltre con la

Leiter International Performance Scale29

, la quale evidenzia un ritardo lieve con un Q.I. di

58 corrispondente ad un’età mentale di anni 2,9 (età cronologica: 4,4). La bambina,

nell’esecuzione delle prove, mostra maggiori difficoltà negli items che richiedono abilità

visuo-costruttive e l’elaborazione delle dimensioni dei diversi stimoli.

5.2.4 Il progetto terapeutico

L’attuale progetto terapeutico, prevede una modalità di intervento estensiva ed un impegno

riabilitativo medio della durata di 180 giorni. Fanno parte del Progetto Riabilitativo

Individualizzato: la terapia logopedica bisettimanale e la terapia neuropsicomotoria

bisettimanale. Gli obiettivi terapeutici perseguiti nell’intervento neuropsicomotorio

riguardano la facilitazione dell’esecuzione dei diversi passaggi posturali ed il

29

La “Leiter International Performance Scale – Revised”, (Gale H. Roid, Lucy J. Miller, 1997, trad. it. 2002)

è una scala completamente non verbale, consiste di due batterie standardizzate: Visualizzazione e

Ragionamento (VR), costituita di 10 subtest; Attenzione e Memoria (AM), costituita anch'essa di 10 subtest.

La scala permette di individuare soggetti affetti da ritardo mentale, deficit di attenzione ed iperattività,

disturbi dell’apprendimento ed altri deficit di carattere neuropsicologico

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miglioramento dell’uso degli arti superiori durante gli stessi; il mantenimento di posture

antigravitarie diverse con particolare attenzione alla posizione in ginocchio e a quella in

half-kneeling; il miglioramento dello schema del passo, con maggiore possibilità di

flessione delle ginocchia e dei cambi direzionali; l’aumento dell’interesse e dell’attenzione

verso i giochi e le attività svolte nonché l’aumento dell’accettazione del setting riabilitativo

e delle sue regole. Le proposte operative finalizzate al raggiungimento degli obiettivi

terapeutici comprendono tecniche di manipolazione miofasciale e di mobilizzazione

neurodinamica, facilitazioni secondo Bobath all’apprendimento neuromotorio ed ai

passaggi posturali e stimolazioni sensitivo-sensoriali. Gli obiettivi terapeutici perseguiti

nell’intervento logopedico riguardano l’aumento delle occasioni comunicative negli

ambienti di vita; l’aumento delle capacità naturali di comunicazione; l’incremento delle

abilità comunicative attraverso l’introduzione di ausili di CAA; l’incremento del gioco

simbolico. Le proposte operative finalizzate al raggiungimento degli obiettivi terapeutici

comprendono interventi di adattamento dell’ambiente e formazione dei partner di

comunicazione e dei facilitatori; costruzione di ausili di CAA e modellamento in entrata;

attività di gioco e colloqui con i familiari e gli insegnanti.

5.3 L’intervento logopedico attuato

Lo studio oggetto di questa trattazione ha avuto inizio a circa due anni di distanza dalla

prima presa in carico ambulatoriale della bambina presso il servizio di riabilitazione

pediatrica extraospedaliera dell’IRCCS Fondazione Santa Lucia di Roma. In questo

paragrafo verrà descritto brevemente il percorso riabilitativo effettuato precedentemente

all’inizio dello studio in questione. L’intervento iniziale partiva dalla strutturazione di un

setting favorevole all’interazione. A tale scopo è stato necessario partire da ogni occasione

di aggancio, scegliendo situazioni altamente motivanti, partendo dagli interessi della

bambina e strutturando un ambiente facilitante che garantisse maggior controllo e

prevedibilità. La bambina manifestava la sua intenzionalità comunicativa attraverso

modalità non simboliche: gesti, vocalizzi, sguardo e linguaggio del corpo. La bambina

utilizzava la triangolazione di sguardo per esprimere richieste o condividere l’attenzione,

soprattutto con la mamma; inoltre utilizzava l’indicazione con funzione dichiarativa e

richiestiva, quest’ultima accompagnata dal vocalizzo /e/. La bambina naturalmente

esprimeva il suo assenso o dissenso attraverso la modulazione del fonema /e/. Obiettivo

dell’intervento, è stato sostenere ed espandere tali modalità naturali attraverso l’impegno in

scambi reciproci utilizzando modalità gestuali e di movimento ed attraverso la formazione

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65

dei genitori e degli altri partner di comunicazione, i quali hanno ricevuto un supporto

finalizzato all’aumento della loro ricettività nei confronti dei segnali inviati dal bambino. I

genitori sono stati guidati, nell’interazione con la loro bambina, al rispetto dei turni

comunicativi della bambina e dei suoi tempi; all’attuazione di pause durante l’interazione;

al riconoscimento dei comportamenti comunicativi ed alla risposta a questi ultimi anche

quando scarsamente interpretabili; alla promozione della comunicazione attraverso

l’individuazione di situazioni favorenti l’interazione comunicativa, la strutturazione di un

ambiente facilitante, l’utilizzo di incitamenti e di appropriati stimoli linguistici. Il lavoro

sui facilitatori e sul contesto è stato centrale nell’intervento iniziale con l’ulteriore fine,

oltre quello di motivare la bambina a comunicare e sostenere i suoi comportamenti

comunicativi, di evitare la comparsa di comportamenti problematici che possono essere

utilizzati da parte del bambino con bisogni comunicativi complessi come strategia di

recupero delle cadute di comunicazione. L’intervento iniziale inoltre prevedeva un lavoro

sull’attenzione sostenuta. I tempi di attenzione venivano progressivamente aumentati

attraverso il coinvolgimento della bambina in attività di gioco, alimentando continuamente

l’interesse all’interno di una stessa attività e scoraggiando comportamenti di cambiamento

continuo dei giochi. Per quanto concerne le funzioni esecutive, oltre che sulle capacità

attentive, è stato necessario lavorare sulla capacità di inibizione di alcuni comportamenti

problematici, quali il continuo portare alla bocca tutti gli oggetti ed i materiali di gioco od

il continuo comportamento di buttarli a terra. Il lavoro sulle funzioni esecutive, in

particolare sulla funzione attentiva è un fondamentale precursore del lavoro sulle capacità

comunicative poiché, prerequisito fondamentale della comunicazione è l’attenzione

condivisa. Nell’intervento iniziale è stato effettuato un lavoro finalizzato allo sviluppo del

gioco simbolico. L’emergere del gioco simbolico è fortemente correlato con lo sviluppo

del linguaggio: lo schema d’azione con l’oggetto, che normalmente compare intorno ai 12

mesi di età, correla con l’emergere della produzione di parole mentre lo sviluppo del gioco

simbolico, che normalmente avviene tra i 24 ed i 30 mesi di età, correla con lo sviluppo

della grammatica. La bambina all’età di due anni mostrava la capacità di effettuare lo

schema con l’oggetto ma non era evidente né la presenza dell’uso di un oggetto neutro, né

la presenza di alcuna sequenza di gioco simbolico. Al fine di favorirne la comparsa è stato

utilizzato il modeling accompagnato dalla descrizione verbale di ogni azione durante lo

svolgimento della sequenza di gioco. Il training sulle abilità orali è stato previsto in quanto

la bambina non era in grado di eseguire, né su comando verbale né su imitazione, alcuna

prassia orale, tantomeno era in grado di ripetere sillabe, anche se significative, quali /si/ e

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66

/no/. In un intervento di comunicazione iniziale, al fine di motivare il soggetto alla

comunicazione, di fargli comprendere la sua funzione e di garantirgli il diritto di

influenzare attraverso le proprie scelte il proprio ambiente di vita, è necessario offrire

opportunità di scelta. In quest’ottica è stata introdotta la tabella minima con due alternative

tra cui scegliere il gioco da svolgere in terapia, rappresentate attraverso immagini o

simboli. Progressivamente la tabella minima è stata ampliata fino a diventare una tabella a

scelta multipla, con un maggior numero di stimoli visivi tra cui scegliere. Con il progredire

dell’intervento, è stato allestito un quaderno iniziale con immagini e fotografie che

permettevano semplici comunicazioni, fortemente contestualizzate, ad utilizzo esclusivo

all’interno del setting terapeutico. In questa fase dell’intervento, ed a questo livello di

sviluppo simbolico, è stato possibile proporre l’utilizzo di alcuni segni appartenenti alla

Lingua Italiana dei Segni (LIS) ed è stato proseguito l’intervento finalizzato all’incremento

dei gesti deittici e referenziali. All’età di 3,6 anni dalla valutazione funzionale della

bambina emerge un significativo miglioramento in tutte le competenze comunicative,

nonché attentive e di gioco. Ciò ha reso possibile il passaggio ad una tabella comunicativa

costruita con foto, disegni, immagini e simboli PCS. Le tabelle a tema introdotte

riguardavano inizialmente le attività di gioco svolte in terapia. A differenza delle

precedenti tabelle a scelta multipla, nelle tabelle a tema per il gioco, sono stati introdotti i

simboli “ancora”, “basta”, “cambia” ed alcuni verbi: “disegnare”, “giocare”, “leggere”.

Progressivamente sono state introdotte le tabelle a tema per la lettura e la scelta dei libri da

leggere in terapia e la tabella a tema per la scelta della musica da ascoltare in terapia. Tutte

le tabelle a tema sono state assemblate grazie all’impiego di un portalistini.

Progressivamente questo quaderno di comunicazione si è sempre maggiormente ampliato

di ulteriori tabelle a tema. Inoltre, al fine di preparare la bambina al passaggio verso una

tabella principale e per favorire l’emergere della frase, il quaderno è stato organizzato in

maniera tale da avere sulla prima facciata una tabella con le foto delle persone con cui la

bambina generalmente interagisce e, nelle pagine successive, le immagini o i simboli

rappresentanti le attività che la bambina svolge quotidianamente, inserendo inizialmente

alcuni sostantivi che richiamassero l’attività: “casa”, “scuola”, “fisioterapia”, “esercizi”,

“logopedia” e altri, e progressivamente introducendo i verbi: “mangiare”, “fare”, “giocare”

e altri. Progressivamente il quaderno è stato arricchito con tabelle a tema per le attività di

gioco e di lettura svolte a casa e tabelle a tema per le attività scolastiche come la tabella a

tema per il disegno e la tabella per la scelta dei colori. È stata costruita, inoltre, la tabella

per la scelta dei cibi. Il quaderno comunicativo diventava, in tal modo, uno strumento utile

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a sostenere la comunicazione nei vari ambienti di vita della bambina. Con lo scopo di

sostenere lo sviluppo del gioco simbolico, oltre che della comunicazione, è stata introdotta

la tabella per il gioco con la bambola. Quest’ultima tabella è una tabella a cascata in cui,

nella parte superiore, vi è una tabella minima che permette la scelta dell’attività di gioco

che si intende svolgere con la bambola scegliendo tra: “mangiare” e “fare il bagnetto”;

nella parte sottostante vi sono due tabelle a tema con i simboli raffiguranti gli oggetti utili

allo svolgimento di ognuna delle due attività di gioco. La tabella per il gioco con la

bambola è uno strumento molto utile da utilizzare sia in entrata che in uscita. Attraverso il

modeling dell’adulto che svolge l’attività di gioco, descrivendo verbalmente ciò che sta

facendo ed indicando i rispettivi simboli è stato possibile effettuare un lavoro finalizzato

all’incremento del gioco simbolico. Inoltre, la situazione di gioco induceva la creazione di

un bisogno comunicativo, cioè quello di fare richieste all’adulto per ottenere gli oggetti

necessari allo svolgimento dell’attività.

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68

CAPITOLO VI

LO STUDIO DEL CASO CLINICO:

VALUTAZIONE

6.1 La raccolta delle informazioni

Attraverso la consultazione delle cartelle cliniche ed attraverso i colloqui con i genitori è

stato possibile ricostruire la storia clinica, la quale è stata precedentemente descritta in

questa trattazione, del soggetto in esame. Sono stati raccolti dati riguardanti i precedenti

interventi terapeutici attuati, gli obiettivi raggiunti ed i tempi necessari al raggiungimento

degli stessi. Inoltre, è stato inquadrato il quadro clinico attuale e descritto il progetto

riabilitativo, con i relativi obiettivi terapeutici attualmente perseguiti. Il soggetto in esame è

una bambina affetta da una sindrome genetica congenita. La sindrome in oggetto non è

codificata nei sistemi diagnostici nosografici internazionali pertanto, non è stato possibile

conoscerne la storia naturale. Conoscere il fenotipo comportamentale sarebbe stato utile al

fine di attuare interventi precoci, mirati alla prevenzione del rischio di manifestazione di

determinati comportamenti che, poiché frequentemente associati ad un determinato profilo

genetico caratteristico di una determinata sindrome, hanno maggiori probabilità di

comparsa. La conoscenza del fenotipo comportamentale può essere, in tal senso, di grande

aiuto per i clinici nell’attuazione di interventi maggiormente mirati, che ovviamente

devono essere pianificati tenendo in considerazione le caratteristiche del singolo individuo

e del suo ambiente di vita. Nel caso in esame non è stato possibile confrontare la storia

naturale di altri bambini con la stessa sindrome per mancanza di dati in letteratura.

La rilevazione dei dati sulle diverse modalità comunicative, nell’ambito dei diversi

contesti, delle diverse attività e con partner differenti, è stata effettuata attraverso l’impiego

del Social Networks (vedi par. 2.2.2), uno strumento che permette la raccolta delle

informazioni attraverso un’intervista strutturata. Il soggetto intervistato è la madre della

bambina. Dopo l’intervista sono state compilate dall’intervistatore le schede riassuntive.

L’intervistato definisce il soggetto: comunicatore contesto-dipendente. Nella scheda

riassuntiva A sono stati inseriti i nomi dei partner comunicativi per ciascun cerchio. Nel

primo cerchio sono stati inseriti: la madre, il padre e la nonna paterna; nel secondo cerchio

sono stati collocati: i due amici di famiglia che si prendono cura della bambina dopo la

scuola e la accompagnano in terapia e la nonna materna; nel terzo cerchio sono stati

inseriti: i compagni di scuola, gli insegnanti e gli assistenti educativi culturali; nel quarto

cerchio sono stati inseriti: i logopedisti, il terapista della neuropsicomotricità e il

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fisioterapista; nel quinto cerchio è stato inserito il gelataio. Successivamente è stato

individuato il partner principale, il partner preferito, il partner con più capacità, il partner

più disponibile all’apprendimento di nuove capacità, il partner disposto ad insegnare ad

altri come comunicare con la persona, i quali coincidono tutti con la madre della bambina,

mentre i partner con cui la persona trascorre la maggior parte del tempo sono gli

insegnanti ed i compagni di scuola. Nella scheda riassuntiva B sono stati indicati il numero

dei partner per ogni cerchio e le modalità principali di comunicazione utilizzate negli

scambi comunicativi con gli stessi. Nel primo cerchio sono stati individuati 3 partner e le

modalità principalmente utilizzate, che sono state giudicate efficaci per la maggior parte

delle volte, sono: espressioni del viso, linguaggio del corpo, gesti, vocalizzi, segni manuali,

parole e tabella di comunicazione. Nel secondo cerchio sono stati individuati 3 partner di

comunicazione, le modalità principalmente utilizzate sono quelle naturali (espressioni del

viso, linguaggio del corpo, gesti, vocalizzi, parole), giudicate dall’intervistato efficaci

qualche volta. Nel terzo cerchio sono stati collocati 25 partner di comunicazione con i

quali vengono utilizzate dal soggetto le stesse modalità impiegate nel secondo cerchio

(modalità naturali), giudicate raramente efficaci negli scambi comunicativi con i compagni

di scuola e qualche volta efficaci negli scambi comunicativi con gli insegnanti e gli

assistenti. Nel quarto cerchio sono stati individuati 4 partner ed in questo cerchio vengono

impiegate tutte le modalità a disposizione del soggetto (come nel primo cerchio), giudicate

efficaci per la maggior parte delle volte. Nel quinto cerchio è stato collocato 1 partner di

comunicazione, con il quale la bambina utilizza modalità naturali che risultano essere

efficaci per la maggior parte delle volte. La scheda riassuntiva C ha messo in evidenza le

abilità presenti e quelle da sviluppare ulteriormente, le strategie che supportano

l’interazione e gli argomenti di conversazione. La scheda riassuntiva D ha permesso la

definizione di obiettivi terapeutici per ogni cerchio e la formulazione di un’ipotesi

d’intervento rivolto ai vari contesti di vita della bambina. Nel primo cerchio è stata

evidenziata la necessità di espandere gli argomenti di conversazione. A tal fine, è

necessario ampliare la tabella di comunicazione ed è necessario introdurre ulteriori

strumenti di CAA, per la costruzione e l’aggiornamento dei quali, è necessaria la

collaborazione dei genitori. Allo scopo di avere la migliore collaborazione da parte dei

genitori sarebbe utile la loro partecipazione ad un corso di formazione sulla CAA. Poiché i

partner del secondo cerchio non rinforzano l’utilizzo degli ausili di CAA, sarebbe utile

richiedere la loro presenza alle sedute di terapia perché possano, attraverso il modeling del

terapista, apprendere la migliore modalità di utilizzo degli ausili di CAA. Agli insegnanti e

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agli assistenti (terzo cerchio) è proponibile un corso di formazione della durata di quattro

incontri da tre ore ciascuno. Per supportare la comunicazione con i partner del quarto

cerchio, sarebbe indicata una riorganizzazione degli ambienti e degli spazi di terapia e

l’utilizzo dell’etichettatura. Per gli scambi con i partner del quinto cerchio è proponibile

l’utilizzo di un VOCA per rendere la comunicazione più immediata con partner non

abituali.

6.2 L’osservazione diretta

L’osservazione diretta è stata condotta all’interno del setting terapeutico durante le sedute

di logopedia a frequenza bisettimanale per un periodo di sei mesi. Dopo ciascuna seduta di

terapia sono stati presi appunti circa i comportamenti osservati. L’osservazione diretta è

stata, nel caso in esame, uno strumento molto utile per cogliere alcuni aspetti del soggetto

non oggettivabili attraverso misurazioni standardizzate. Le caratteristiche intrinseche

dell’osservazione diretta ne determinano una serie di limiti e di svantaggi in quanto, è

fortemente soggettiva, non si avvale di strumenti, non produce una documentazione e non

permette di fare un confronto tra la situazione iniziale e quella successiva al trattamento.

Tuttavia permette di descrivere gli eventi ed i comportamenti del soggetto, senza

incasellarli in categorie predefinite, utilizzando un linguaggio descrittivo e non valutativo.

6.3 La valutazione secondo il Modello di Partecipazione

A seguito della raccolta delle informazioni e dell’osservazione diretta è stato possibile

valutare il livello di partecipazione del soggetto in esame secondo il Modello di

Partecipazione. Al fine di identificare i modelli di partecipazione ed i bisogni comunicativi

del soggetto è stato condotto un inventario delle attività quotidiane, è stata valutata la

capacità comunicativa attuale e sono state identificate le barriere alla partecipazione.

6.3.1 Inventario delle attività

La bambina frequenta la scuola dell’infanzia a tempo pieno. I genitori sono entrambi

impegnati in attività lavorative ed anche la nonna materna pertanto, una coppia di amici di

famiglia, all’uscita da scuola, accompagnano la bambina a casa ed a terapia. La bambina

effettua quattro terapie a settimana, distribuite su due giorni, presso il servizio di

riabilitazione pediatrica extraospedaliera dell’IRCCS Fondazione Santa Lucia: due sedute

di terapia logopedica e due sedute di terapia neuropsicomotoria. La bambina effettua

inoltre la terapia logopedica a frequenza bisettimanale presso un altro centro, dove ha

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iniziato un intervento mirato sulla disprassia. La bambina frequenta la piscina, dove

effettua una terapia incentrata sull’aspetto motorio. Le attività di gioco svolte a casa sono

rappresentate prevalentemente da giochi reattivi. Altra attività praticata a casa con i care

givers è la lettura di libri per bambini, attività particolarmente amata dalla bambina. A

scuola la bambina è seguita, con copertura dell’intero orario, da un insegnante di sostegno

e dall’assistente educativo culturale.

6.3.2 Identificazione delle barriere alla partecipazione

Barriere di opportunità

Per comunicare nei vari ambienti di vita la bambina ha a disposizione le tabelle di

comunicazione, inserite in un quaderno che porta sempre con sé. La bambina si esprime

attraverso modalità non simboliche: gesti, segni, vocalizzi, sguardo, mimica facciale,

linguaggio del corpo. Poiché la bambina è sufficientemente espressiva da essere compresa

da partner di comunicazione abituali in contesti e situazioni routinarie, spesso i partner di

comunicazione non rinforzano l’utilizzo delle tabelle di comunicazione, in particolare nel

contesto scolastico. A scuola i partner di comunicazione tendono spesso ad assumere uno

stile direttivo, facendo domande, richieste, dando comandi. Questa modalità di interazione

limita fortemente le possibilità della bambina. Spesso i turni della bambina non vengono

rispettatati, con anticipazioni ed eccesso di verbosità da parte dei partner di comunicazione.

Gli insegnanti della bambina hanno scarsamente aderito al progetto di CAA pianificato per

la bambina, come dimostrato dalla scarsa attuazione delle indicazioni fornite dal

logopedista e dalla scarsa disponibilità a fissare periodici incontri. La tabella comunicativa

viene inoltre arricchita di nuovi simboli solamente all’interno del contesto terapeutico, ciò

rappresenta un’importante barriera alla comunicazione, poiché i simboli devono essere

introdotti partendo dalle esperienze vissute direttamente dal bambino. Le esperienze offerte

dal contesto scolastico sono ampiamente superiori rispetto a quelle possibili all’interno

della seduta di terapia. I genitori hanno partecipato ad incontri di formazione, che li hanno

guidati e supportati nell’interazione con la loro bambina. La madre della bambina

interagisce con lei utilizzando le tabelle di comunicazione ed effettua il modeling in

entrata. La madre, tuttavia, ha deciso di far intraprendere alla bambina un altro percorso

riabilitativo incentrato sull’incremento delle capacità articolatorie, oltre al percorso di

CAA già intrapreso. Tale percorso non interferisce con l’intervento di CAA, ma

rappresenta sicuramente un impegno ulteriore per la bambina e dunque una barriera alla

partecipazione alle normali attività extrascolastiche svolte dai pari. La bambina è molto

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impegnata nelle attività scolastiche e terapeutiche nelle quali investe gran parte del tempo e

delle energie. La scarsa adesione all’intervento di CAA da parte dei contesti di vita della

bambina è probabilmente dovuto ai pregiudizi nei confronti di tale pratica clinica ancora

ampiamente diffusi in Italia.

Barriere di accessibilità

Nella valutazione delle barriere di accessibilità è necessario considerare gli aspetti motori,

cognitivi, linguistici, di letto-scrittura, sensoriali, percettivi dell’utente di CAA, nonché le

caratteristiche dell’ambiente. Da un punto di vista motorio, la bambina, presenta un

compromissione delle capacità grossomotorie e della motricità fine. Nella deambulazione

la bambina ha ancora un atteggiamento insicuro ed instabile pertanto, è impossibilitata a

partecipare ad alcuni giochi motori a scuola: correre, saltare, giocare a nascondino, giocare

a “1,2,3, stella” e altri giochi comunemente svolti dai pari. La compromissione della

motricità fine e la difficoltà nella coordinazione bimanuale comporta per la bambina una

difficoltà nelle attività quali: colorare, disegnare, tagliare, incollare ed altre. Le difficoltà

motorie e di coordinazione provocano difficoltà in molte attività di gioco. Autonomamente

la bambina non è in grado di effettuare neanche il gioco degli incastri che comporta

l’utilizzo di entrambe le mani: una per afferrare e trattenere il contenitore degli incastri e

l’altra per inserirli negli appositi spazi. Non è in grado di effettuare alcuni giochi con la

bambola: spogliare e vestire la bambola, anche in questo caso, a causa della

incoordinazione bimanuale. Il gioco è compromesso ulteriormente dal ritardo di sviluppo

cognitivo. La bambina presenta una sola sequenza di gioco simbolico mentre ci si

aspetterebbe la presenza di almeno quattro sequenze, per l’età cronologica. La bambina

non ha la possibilità di partecipare a nessuna attività che richieda capacità di espressione

verbale in quanto il linguaggio in produzione è gravemente compromesso. L’interazione è

resa possibile attraverso le tabelle di comunicazione a tema per le attività scolastiche o per

il gioco. Per permettere la partecipazione ad attività che richiedono capacità di espressione

verbale, quali recitazione di poesie, filastrocche, canto di canzoni oppure per offrire la

possibilità di presa del turno in giochi sociali potrebbe essere opportuno impiegare un

dispositivo di comunicazione con uscita in voce. Quest’ultimo non è stato introdotto a

causa della scarsa adesione al progetto da parte degli insegnanti, viene invece utilizzato

dalla bambina all’interno delle sedute di terapia logopedica. La compromissione del

linguaggio si estende inoltre al versante della comprensione dunque, la bambina ha

difficoltà ad orientarsi nelle diverse attività senza alcun supporto visivo. Allo scopo di

favorire la prevedibilità e la controllabilità dell’ambiente sono state introdotte le strisce

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delle attività, purtroppo raramente impiegate nel contesto scolastico. Le tabelle

comunicative vengono utilizzate in entrata dall’adulto al fine di sostenere la comprensione.

I cambi delle attività non avvengono in maniera repentina al fine di rispettare i tempi della

bambina. Rappresenta una barriera alla partecipazione per la bambina inoltre, l’impegno

lavorativo dei genitori i quali, avendo poco tempo a disposizione, hanno difficoltà a

contribuire all’ampliamento delle tabelle comunicative ed alla costruzione di nuovi

strumenti quali: libri adattati, calendari di attività con i simboli, etichette con cui marcare i

vari ambienti o da applicare sugli oggetti, il vocabolario dei gesti, il passaporto, questi

ultimi due molto utili per permettere la comunicazione con partner non abituali, tutti

strumenti che sarebbero proponibili a questo livello dello sviluppo simbolico. Il limitato

utilizzo degli ausili di CAA comporta una limitata possibilità di interazione con i pari.

All’interno delle sedute di terapia, sia logopedica che neuropsicomotoria, la bambina

comunica con le tabelle di comunicazione. Richiede la tabella, indicando la borsa in cui

viene trasportata, quando questa non viene immediatamente fornita all’arrivo in terapia dai

care givers che l’accompagnano. La comunicazione riguarda contenuti semplici riguardanti

il “qui ed ora”. Il livello dei contenuti di comunicazione dipende, oltre che dalla

compromissione del linguaggio, anche dalla compromissione cognitiva. Non è presente la

costruzione frasale.

6.4 La valutazione formale

Ai fini di una valutazione completa e con l’obiettivo di rendere oggettivabile

l’osservazione condotta sono stati somministrati test standardizzati. Per valutare il livello

della comprensione lessicale è stato somministrato il Peabody Test (Test di Vocabolario

Recettivo). La somministrazione del test non ha permesso di classificare la prestazione del

soggetto in quanto non è stato raggiunto il livello basale (8 risposte corrette consecutive a

partire dalla prima tavola presentata). A tal proposito è utile puntualizzare che il livello

basale non è stato raggiunto per un solo errore: a partire dalla prima tavola presentata,

corrispondente all’età cronologica, si è registrato un errore al terzo item pertanto, è stato

necessario retrocedere, a partire dalla tavola corrispondente all’età cronologica del

soggetto, fino ad ottenere una sequenza di otto risposte corrette; nelle tavole n.8-1 è stato

commesso un solo errore sulla parola “trattore”. Non è stato possibile dunque valutare la

comprensione attraverso questo strumento. Questo dato è stato messo in relazione alle

caratteristiche cognitive del soggetto. La bambina dimostra una scarsa autoregolazione del

comportamento e scarsa capacità di inibizione e di attenzione sostenuta. Dopo avere

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prestato attenzione al compito per un tempo molto limitato inizia ad indicare gli stimoli

senza guardare, in maniera impulsiva. Quando la si richiama al compito riesce a

concentrarsi nuovamente per un brevissimo intervallo di tempo fino alla caduta completa

dell’interesse e della motivazione. Dimostra di comprendere la consegna del compito. È

utile sottolineare tuttavia, che la prestazione migliora nelle prime tavole rispetto alla

prestazione relativa alle tavole più complesse, dove progressivamente si registra una

maggiore frequenza degli errori, dimostrando che non è solo l’attenzione ad influenzare la

prestazione. Interferiscono sulla prestazione, inoltre, la difficoltà di programmazione ed

esecuzione del gesto, nonché la disponibilità a collaborare. La prestazione in questo

compito è stata inoltre paragonata al comportamento della bambina osservato in situazioni

non strutturate. La bambina è in grado di effettuare alcuni ordini semplici. Nel gioco con la

bambola di “fare il bagnetto” dimostra una comprensione, oltre che globale anche lessicale,

attraverso l’esecuzione degli ordini: “lavale i piedi”, “le guance”, “il sedere”, “la fronte”,

“la schiena” e così via, senza mai sbagliare. La comprensione in questo caso è fortemente

favorita dal contesto situazionale (il gioco della bambola) e dal contesto linguistico

(l’articolo davanti al sostantivo) tuttavia, quest’ultimo, è un dato prezioso per impostare un

trattamento ed avere un’ipotesi circa il funzionamento e le capacità del bambino che non

sono valutabili attraverso strumenti standardizzati.

Altro strumento utilizzato per valutare le capacità comunicative del soggetto è stato il

VCAA (Valutazione della Comunicazione Aumentativa e Alternativa). Questo strumento è

indicato per la valutazione di persone affette da autismo tuttavia, per la mancanza di

strumenti di valutazione standardizzati, tradotti in italiano e pubblicati in ambito di CAA e

prendendo spunto da una considerazione della stessa autrice, la quale sostiene che non vi

siano ragioni di escluderne la possibilità di impiego, come ulteriore strumento di

valutazione, utile per persone prive di abilità verbali ma fisicamente abili, è stato fatto un

tentativo di applicazione dello stesso al caso in esame. Il profilo ottenuto indica la presenza

di: abilità di attenzione condivisa di livello elevato, comportamenti comunicativi

intenzionali, un livello sufficientemente elevato di comprensione simbolica, capacità di

imitazione motoria, abilità di livello elementare nell’indicare a scopo comunicativo, una

sufficiente tolleranza della vicinanza e dell’aiuto fisico, consapevolezza sociale, imitazione

e comprensione del gesto convenzionale; e assenza di autismo grave o gravissimo. Il

profilo individuato sarebbe compatibile, secondo questo strumento, con l’utilizzo di un

metodo comunicativo basato sui segni (principale metodo comunicativo suggerito = segni:

punteggio 15/27). Essendo il questionario poco esteso, non considera alcuni aspetti

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fondamentali per la scelta di un sistema di CAA, deve essere associato pertanto ad altre

valutazioni, più approfondite, delle capacità cognitive, linguistiche, motorie e sensoriali.

6.5 Ipotesi

A seguito della fase iniziale di valutazione del presente studio ed in considerazione delle

evidenze presenti in letteratura e delle teorie sullo sviluppo del linguaggio e della

comunicazione, sono state formulate alcune ipotesi. Nel caso clinico in esame il deficit

linguistico riguarda il versante della comprensione oltre che la produzione. In tali

situazioni è di particolare importanza un uso della comunicazione aumentativa in entrata,

che ha la funzione di supportare e progressivamente di ampliare il livello di comprensione

linguistica e comunicativa (Sevcik, Romski, 2002). Le ricerche dimostrano che l’intervento

di CAA può migliorare la comprensione oltre che la produzione (Bruce, Trief, Cascella,

2011; Sevcik, 2006; Wood, Lasker, Siegel-Causey, Beukelman, Ball, 1998). L’idea che sia

indispensabile potenziare l’uso della comunicazione aumentativa in entrata affonda le

radici nella sempre maggiore rilevanza che l’approccio di “Comunicazione Totale”

(esposizione contemporanea alla lingua dei segni ed alla lingua orale) ha assunto per i

bambini sordi (Caselli, Maragna, Volterra, 2006). Nella letteratura sullo sviluppo tipico del

linguaggio orale, vi è un accertato consenso sul fatto che la comprensione precede e, in

qualche modo, contribuisce alla capacità di produzione.30

Inoltre, nel corso dello sviluppo

normale del linguaggio, i bambini sono naturalmente ed ampiamente immersi per almeno

un anno in continue interazioni comunicative nella lingua che dovranno apprendere, prima

che inizino a produrre le prime parole. Ai bambini ed ai ragazzi con difficoltà di

comunicazione spesso, invece, viene chiesto di iniziare ad usare strumenti di CAA in

uscita avendo avuto pochissima esperienza dell’uso che altri ne fanno intorno a loro

(Romski, Sevcik, 2003). Molti studi dimostrano infine che i bambini con difficoltà

comunicative sono esposti meno dei loro coetanei alla lingua madre, sia sul piano

quantitativo che qualitativo. La difficoltà nella circolarità della comunicazione porta

facilmente i partner di comunicazione ad utilizzare un linguaggio meno interattivo, più

direttivo e povero di contenuti con domande chiuse e risposte già note e quindi meno

adatto per l’apprendimento della lingua (Blockberger, Sutton, 2003). Il soggetto in esame

presenta un ritardo dello sviluppo cognitivo. Nella teoria di J. Bruner sullo sviluppo

cognitivo, la formazione dei concetti ed il processo di formazione del pensiero passa

30

Catherine Boyer, Natacha Trudeau, Ann Sutton, “Performance of children with typical development when

reading and interpreting graphic-symbol sequences”, Augmentative and Alternative Communication, 2012;

28 (2): 96-105

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attraverso tre forme di rappresentazione: la rappresentazione esecutiva, la rappresentazione

iconica e la rappresentazione simbolica basate sull’azione, sull’immagine e sul linguaggio

rispettivamente (Bruner, 1968). La rappresentazione iconica è il sistema di codifica della

realtà più utilizzato fino ai 6-7 anni, benché il linguaggio verbale compaia già alla fine del

secondo anno di vita. Impiegare strumenti basati sull’utilizzo di immagini dunque,

significa sostenere il processo di formazione del pensiero. Secondo la teoria di J. Bruner i

processi mentali hanno un fondamento sociale e la cognizione umana è influenzata dalla

cultura. L’influenza della cultura si realizza attraverso relazioni sociali. In quest’ottica è

fondamentale sostenere la partecipazione sociale nell’ambito di un intervento che favorisca

lo sviluppo del pensiero. I valori della cultura vengono trasmessi attraverso il linguaggio,

ed in particolare attraverso la narrazione, che è lo strumento privilegiato di trasmissione

culturale, che consente di organizzare l’esperienza, di costruire e trasmettere significati. È

evidente che nello sviluppo cognitivo, comunicativo e sociale la partecipazione gioca un

ruolo fondamentale, assumono particolare importanza le relazioni con i pari e la

partecipazione scolastica. Spesso i bambini con bisogni comunicativi complessi ricevono il

supporto degli adulti nella maggior parte delle attività scolastiche. Questo rappresenta un

maggiore impegno con gli adulti che con i coetanei. Eriksson et al. (2007) hanno

dimostrato che i bambini con disabilità hanno avuto minore partecipazione ad attività

strutturate e non strutturate a scuola rispetto ai bambini senza disabilità. Hanno inoltre

dimostrato che i bambini che hanno ricevuto più sostegno, hanno avuto una possibilità di

partecipazione minore. Altri studi hanno anche documentato che la presenza di assistenza

da parte dell’adulto spesso ha ridotto le opportunità di stabilire e di esplorare le relazioni

tra pari (Carter et al., 2008; Egilson, Traustadottir, 2009; Mihaylov et al., 2004).

Partecipare a meno attività con i coetanei porta ad un minor numero di opportunità di

interazione comunicativa con gli stessi e un inadeguato sviluppo di capacità sociali

(Batorowicz et al., 2006; Raghavendra et al., 2011; Thirumanickam et al., 2011).31

Il

soggetto in esame presenta una compromissione motoria. Nelle ricerche degli ultimi anni

basate sulle teorie dell’embodied cognition (Thelen, 1995; Iverson, Thelen, 1999; Borghi,

Iachini, 2002), del connessionismo (Elman et al., 1996; Bates, Dick, 2002) e dei sistemi

dinamici (Thelen, Smith, 1994) si va sempre più affermando l’ipotesi che le esperienze

ricavate dal corpo giocano un ruolo essenziale per lo sviluppo della mente, ovvero per lo

31

Parimala Raghavendra, Catherine Olsson, Janelle Sampson, Rachael McInerney, Timothy Connell,

“School participation and social networks of children with complex communication needs, physical

disabilities, and typically developing peers”, Augmentative and Alternative Communication, 2012; 28 (1):

33-43

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sviluppo cognitivo. Il pensiero secondo questa teoria nasce e si sviluppa dall’interazione

del corpo con l’ambiente: la cognizione nasce e progredisce tramite l’esperienza e la

percezione del mondo circostante e inoltre mediante l’azione su di esso; essa dipende in

modo cruciale dal fatto di avere un corpo capace in termini di funzioni percettive e motorie

e soprattutto dal tipo di esperienze che tale corpo ha avuto possibilità di compiere (Iverson,

Thelen, 1999).32

Nelle situazioni in cui ci sia una compromissione motoria che impedisce

l’azione sul mondo circostante, non permettendo di sperimentare l’esito della propria

azione, è possibile acquisire nel proprio bagaglio esperienze di altri, attraverso l’ascolto di

narrazioni. Tutte le considerazioni fin qui esposte, nonché le evidenze sull’importanza

dell’esposizione del bambino alla lettura ad alta voce da parte dell’adulto già citate nella

seguente trattazione (vedi par. 4.1), hanno portato alla formulazione delle seguenti ipotesi:

attraverso la costruzione e l’ introduzione nell’intervento di CAA di libri in simboli adattati

alle esigenze ed alle capacità del soggetto in esame, si potrebbe ottenere un miglioramento

della comprensione linguistica, una maggiore esposizione al codice simbolico con

conseguente aumento dell’utilizzo dei sistemi di CAA in uscita, un aumento della

partecipazione sociale e dell’inclusione scolastica.

32

Letizia Sabbadini, “La disprassia in età evolutiva: criteri di valutazione ed intervento”, ed. Springer, 2007

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CAPITOLO VII

LO STUDIO DEL CASO CLINICO:

INTRODUZIONE DEL LIBRO MODIFICATO NELL’INTERVENTO DI CAA

7.1 Costruzione del libro adattato

7.1.1 La scelta del libro

La scelta del libro da modificare è stata determinata dal livello di sviluppo cognitivo,

linguistico, sensoriale e percettivo del soggetto, nonché dai suoi interessi e dalle sue

esigenze. I primi aspetti che hanno determinato la scelta del libro riguardano il contenuto e

le immagini. Il soggetto non presenta disturbi visivi particolarmente significativi tuttavia,

le caratteristiche cognitive e le limitate capacità attentive, hanno determinato la scelta di

libri con immagini semplici: nitide, ad alto contrasto, non troppo ricche di elementi, con

figure dai contorni ben definiti. La scelta delle immagini è stata fatta inoltre, in

considerazione della compromissione della comprensione del linguaggio, proponendo

immagini che fossero il più possibile funzionali al sostegno della comprensione della storia

e non fossero, al contrario, distraenti. Con il fine di sostenere la comprensione, sono state

scelte immagini con un alto livello di congruenza con il testo scritto. Nella scelta del libro

si è tenuto conto degli interessi del soggetto e dei suoi pari, che hanno determinato la scelta

di libri molto attuali, che potessero essere idonei ad attirare l’interesse dei compagni di

classe, qualora fossero stati introdotti in ambito scolastico. Sono stati pertanto adattati alle

caratteristiche ed esigenze del soggetto alcuni libri di storie per bambini di Peppa Pig (ed.

Giunti Kids) ed altri (vedi appendice). Sono stati scelti contenuti riguardanti situazioni di

vita quotidiana che potessero aiutare la bambina a rielaborare le esperienze vissute in

prima persona: “La festa in maschera”, “L’armadio dei giocattoli”, “La fatina dei dentini”.

Un altro libro, “Il pesciolino pagliaccio” (ed. Niños), il cui contenuto riguarda una breve

separazione dalla mamma, è stato scelto per via della morale in esso contenuta (non

disubbidire alla mamma), utile per prevenire ed estinguere comportamenti oppositivi e

provocatori manifestati in alcune situazioni dalla bambina. I libri sono stati scelti, inoltre,

in funzione delle possibilità, offerte dagli stessi, di sostenere la comprensione e la

rielaborazione delle emozioni.

Una volta fatta la scelta dei libri da modificare, questi sono stati scannerizzati e salvati in

formato pdf.

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7.1.2 L’adattamento del testo

La decisione circa il livello di complessità più idoneo alle capacità del soggetto ha portato

alla costruzione di un “libro semplice” (vedi par. 4.3.3). Il testo dei libri selezionati

utilizzava già in origine un linguaggio adatto a bambini con età uguale o superiore ai tre

anni, con un vocabolario sufficientemente semplice, sono state tuttavia necessarie ulteriori

semplificazioni della struttura frasale. È stata ridotta la lunghezza delle frasi e ne è stata

semplificata la struttura sintattica. Le frasi, originariamente lunghe, sono state divise in più

frasi di lunghezza inferiore. Il soggetto della frase è stato sempre esplicitato. Le frasi sono

state ricostruite secondo una struttura SVO, ma in alcuni casi la frase ha raggiunto i quattro

elementi (SVOC). I verbi sono stati tutti coniugati al tempo presente dell’indicativo ed è

stata preferita la forma attiva, in alcuni casi sono stati utilizzati verbi riflessivi. È stato

completamente evitato l’uso di frasi subordinate mentre, in qualche occasione, sono state

impiegate frasi coordinate, ma il testo è stato ristrutturato con un utilizzo prevalente di frasi

semplici (con un solo predicato). Per ogni pagina sono state previste un massimo di tre

frasi, nella maggior parte dei casi due frasi per pagina.

Esempio di frase ristrutturata:

“Un giorno il pesciolino decise di andare a fare un giretto da solo, quando ad un certo

punto vide un buco…”

- Un giorno pesciolino si allontana da solo. Pesciolino vede un buco…-

(da “Il pesciolino pagliaccio”)

7.1.3 La traduzione in simboli

Per la traduzione dei libri sono stati impiegati i simboli PCS. Questi ultimi sono stati scelti

sia perché impiegati nell’ambito dell’intervento di CAA già avviato, sia per le loro

peculiarità che li rendono adatti alle caratteristiche della bambina. Poiché esistono diverse

versioni dello stesso simbolo, tra queste, sono stati scelti i simboli con un maggior livello

di stilizzazione, adatti al livello di sviluppo simbolico del soggetto. I simboli opachi non

sono stati quasi mai impiegati. Ogni simbolo è stato inserito all’interno di un riquadro dal

contorno nero e lineare di dimensione 3,5 x 3,5 cm. Il riquadro ha la doppia funzione di

facilitare il lettore nell’effettuazione del modeling in entrata e di facilitare la bambina nel

riconoscere l’unità di senso costituita dal simbolo e dalla parola scritta. La dimensione dei

simboli è stata stabilita tenendo in considerazione le capacità visuo-percettive del soggetto

e la disponibilità di spazio per pagina, la quale a sua volta è dipesa dalla spaziatura tra i

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simboli e dal numero di simboli per pagina, anche questi ultimi stabiliti in base alle

capacità del soggetto. All’interno del riquadro, oltre al simbolo, è stato inserito il testo

scritto. Il testo all’interno del riquadro comprende la parola cui il simbolo si riferisce,

accompagnata dagli elementi morfologici, sia morfemi liberi: articoli, preposizioni,

congiunzioni, pronomi; sia morfemi legati: flessioni dei verbi, dei nomi e degli aggettivi.

Oltre a consentire l’esposizione della bambina alla morfologia, questa scelta consente di

facilitare il lettore. Il testo all’interno del riquadro è stato disposto in alto, su una singola

riga. Il testo è stato collocato nella parte superiore del riquadro perché non venisse coperto

durante l’indicazione dei simboli da parte dell’adulto. È stato scelto il carattere Calibri, in

grassetto, dimensione 16. La dimensione del testo è tale da permettere di attirare

l’attenzione della bambina anche sul testo scritto, oltre che sul simbolo. La dimensione del

carattere è stata ridotta in caso di parole lunghe per evitare che il testo si disponesse su due

righe. La scelta dei simboli a colori è stata fatta al fine di attirare l’attenzione della

bambina sui singoli simboli. Alcuni simboli sono stati creati ex novo perché inesistenti

nella collezione. Ne sono un esempio i simboli per rappresentare i personaggi “Peppa Pig”

e “George” oppure il simbolo per rappresentare la parola “pezzi” (vedi figura 15), per il

quale si è scelto di utilizzare un’immagine di pezzi di puzzle neri su sfondo bianco. Alcuni

simboli non disponibili nella raccolta sono stati creati, invece, a partire da simboli esistenti,

ne sono un esempio i simboli per rappresentare la parola “tempo” o la parola “allontanarsi”

(vedi figura 16). Nel primo caso, è stato utilizzato il simbolo PCS “orologio” all’interno

del quale è stata aggiunta una freccia rossa che indicasse il movimento delle lancette. Nel

secondo caso, è stato utilizzato il simbolo “lontano” al quale è stata aggiunta la freccia

rossa con la punta rivolta in direzione opposta alla casa raffigurata nel simbolo. Le

modifiche sono state apportate attraverso il programma Paint di Windows.

Figura 15. Esempi di simboli realizzati ex novo

Figura 16. Esempi di simboli creati a partire da simboli PCS disponibili

PEPPA

GEORGE

PEZZI

TEMPO

ORA

LONTANO

ALLONTANARSI

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7.1.4 La struttura del libro

Elemento importante per determinare la scelta del formato e dell’impaginazione del libro è

l’aspetto motorio del bambino. Nel caso specifico, per le pagine è stato scelto il formato

A4 (210x297mm), con impaginazione orizzontale. Quest’ultima scelta è stata operata in

funzione della necessità di non interrompere le frasi nell’andare a capo. La bambina non

presenta ancora una costruzione frasale nell’utilizzo dei simboli in uscita, pertanto è stato

necessario focalizzare la sua attenzione sull’unitarietà della sequenza di parole che

compongono una frase di senso compiuto. Sono state inserite in ogni pagina una, due o un

massimo di tre frasi. Le frasi sono state disposte su un massimo di due righe di simboli:

una frase per ogni rigo, ad eccezione dei casi in cui le frasi fossero tre, in tal caso è stata

aumentata la spaziatura tra una frase e l’altra, mantenendo due frasi sullo stesso rigo. I

simboli sono stati collocati nella parte inferiore del foglio, mentre nella parte superiore è

stata inserita l’immagine scannerizzata della pagina originale del libro. Le dimensioni delle

immagini scannerizzate sono state adattate al formato del foglio in modo che metà foglio

fosse occupata dal testo in simboli e l’altra metà dall’immagine originale (altezza: 10,73

cm; lunghezza: 24,3 cm). Il numero di simboli per pagina è stato stabilito tra un minimo di

quattro ed un massimo di dieci. In considerazione della compromissione della motricità

fine, le pagine sono state lievemente ispessite attraverso l’uso di un portalistini che, inoltre,

ne ha permesso l’assemblaggio. L’ispessimento così ottenuto ha permesso alla bambina

l’accesso fisico al libro, consentendole di girare le pagine in autonomia. Con i fogli inseriti

nelle buste del portalistini, quest’ultimo posizionato in maniera tale da avere il lato lungo

in alto, è sufficiente, infatti, far scivolare una pagina sull’altra utilizzando tutto il palmo

della mano, con un movimento di estensione del braccio. Oltre che permettere l’accesso al

libro, questo sistema permette di prevenire l’usura delle pagine del libro. Per ogni libro

sono state previste undici/dodici pagine.

7.2 Modalità d’uso del libro adattato nell’intervento di CAA

L’attività di lettura del libro in simboli è stata proposta con regolarità nella seduta di

terapia, in modo da trasformare tale attività in una routine, nel contesto della quale si

potessero sviluppare opportunità di interazione sempre più ricche. Al fine di sostenere

l’interazione sono state fornite alcune facilitazioni. È stata quindi costruita una tabella con

le immagini scannerizzate delle copertine dei libri tra cui scegliere. Una tabella a tema è

stata costruita al fine di consentire all’utente di esercitare un controllo sul lettore facendo

richieste (rileggere, cambiare, girare pagina) e di esprimere il proprio parere. Le

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facilitazioni introdotte non sono state utilizzate con l’obiettivo di effettuare verifiche

prestazionali, ma solo allo scopo di aumentare la partecipazione del soggetto. Il primo

obiettivo è stato quello di rendere l’attività di ascolto del libro piacevole e divertente per la

bambina. Il lettore, al fine di sostenere la comprensione, ha utilizzato una ricca gestualità e

mimica, amplificando la componente pragmatica attraverso la drammatizzazione,

l’enfatizzazione, il ritmo. In ogni occasione di lettura è stato effettuato il modeling: il

lettore ha costantemente accompagnato la lettura dal movimento di indicazione dei

simboli, avendo cura che l’indicazione non coprisse né il simbolo, né il testo scritto al suo

interno. Alcune volte sono stati indicati alcuni elementi delle illustrazioni per rinforzare

alcuni passaggi salienti della storia. Solo dopo molte occasioni di lettura dei libri

modificati è stato possibile interrompere la narrazione per fare alcune domande o alcuni

commenti, se tali interruzioni fossero state introdotte dopo poche presentazioni del libro,

queste avrebbero interferito con la comprensione. La comprensione è un processo che si

sviluppa nel corso delle varie occasioni di lettura e rilettura della stessa storia, che

permettono di comprendere meglio, ogni volta, sia il linguaggio che gli elementi di

contesto e di elaborare progressivamente le emozioni della storia. L’attività di lettura

condivisa è un’opportunità molto ricca sul piano della relazione, dell’interazione e della

comunicazione. Sono state fornite pertanto, alcune indicazioni ai genitori perché potessero

sfruttare al meglio tali opportunità anche a casa.

7.3 Risultati

Il monitoraggio dei risultati è stato effettuato applicando il Modello di Partecipazione:

confrontando i pattern di partecipazione, le modalità di comunicazione e le barriere di

accessibilità e di opportunità, individuate nella fase di valutazione iniziale (vedi par. 6.3)

con quelli successivi all’introduzione dei libri adattati nell’intervento di CAA. Grazie

all’utilizzo dei libri in simboli è stato possibile esporre il soggetto ad una grande quantità

di simboli e, di conseguenza, è stato possibile ampliare il vocabolario contenuto nel

quaderno di comunicazione utilizzato dalla bambina. In particolare, è stato possibile

introdurre simboli relativi alle emozioni, che la bambina ha iniziato ad utilizzare in

maniera coerente, dimostrando di averli appresi: nel corso di una seduta di terapia, il

logopedista ha chiesto alla bambina imbronciata che cosa le fosse successo, la bambina ha

indicato il simbolo “arrabbiato”. È stato possibile inoltre espandere il vocabolario con

alcuni verbi che tuttavia, vengono ancora scarsamente utilizzati in uscita dall’utente. Non è

emersa la frase, è stato però osservato l’emergere delle prime combinazioni di simboli:

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l’utente indica “fisioterapia”, “che schifo”, “casa” accompagnando l’indicazione con il

vocalizzo /e/, modulato in maniera tale da esprimere disappunto. La lettura del libro in

simboli rappresenta per il soggetto un’attività piacevole da condividere con partner di

comunicazione abituali e non, offrendo a questi ultimi la possibilità di avere interazioni più

ricche sul piano cognitivo, comunicativo e linguistico con la bambina, evitando che questi

ultimi assumano uno stile direttivo con frequenti domande chiuse di cui le risposte spesso

sono già note. La lettura dei libri in simboli ha favorito l’incremento dell’interesse del

soggetto nei confronti dei libri. La bambina in terapia richiede continuamente la lettura dei

libri in simboli, dimostrando una notevole gratificazione dallo svolgimento di questa

attività. Per quanto riguarda la comprensione del linguaggio, non è possibile misurare se

questa sia migliorata o meno. È possibile affermare che sia migliorata la comprensione di

alcuni simboli, i quali vengono utilizzati in uscita. Nello svolgimento dell’attività di lettura

durante la seduta di logopedia, dopo aver svolto tale attività molte volte senza rivolgere

alcuna richiesta prestazionale, sono state introdotte progressivamente alcune domande alle

quali la bambina risponde in maniera coerente dimostrando di essere in grado di anticipare

gli eventi, nonché di comprendere la domanda. Prima di girare la pagina è stato chiesto alla

bambina dove andrà il protagonista e la bambina ha risposto con il gesto “casa” o

“dormire”, oppure le è stato chiesto cosa farà il protagonista e la bambina ha risposto con il

gesto “aspettare”. A causa della scarsa adesione delle insegnanti al progetto di CAA, non è

stato possibile proporre l’utilizzo dei libri in simboli in ambito scolastico con il fine di

coinvolgere i compagni di classe in questa attività.

7.4 Limiti dello studio

L’impossibilità di oggettivare i risultati ottenuti, attraverso l’impiego di test standardizzati,

rappresenta un importante limite per il seguente studio. Ciò è dovuto alle caratteristiche del

soggetto, le quali rendono difficoltosa la valutazione indiretta delle abilità indagate

attraverso l’impiego di test standardizzati e portano ad una marcata discrepanza tra la

prestazione ottenuta in compiti strutturati ed il comportamento comunicativo spontaneo.

Tali limiti sono imposti inoltre dalla mancanza di strumenti standardizzati di valutazione in

CAA, tradotti e validati in lingua italiana. Inoltre, i risultati ottenuti non si possono

correlare con certezza all’introduzione dei libri in simboli a causa delle molte variabili

interferenti. Infine, i risultati ottenuti non sono generalizzabili poiché lo studio è stato

effettuato su un caso clinico singolo.

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CONCLUSIONI

Le motivazioni personali che hanno spinto l’autore alla stesura della presente tesi, derivano

dalla percezione di un pregiudizio ancora molto diffuso nei confronti dell’intervento di

CAA, anche tra i professionisti della riabilitazione. Spesso l’intervento di CAA viene

intrapreso dopo aver tentato, senza risultati, tutti gli interventi possibili orientati

all’incremento del linguaggio orale. È, invece oggi, dato concreto che le persone con

bisogni comunicativi complessi non traggano beneficio da un intervento tradizionale che

riduca l'impairment (Cherney, Halper, Holland e Cole 2008; Hustad, Keppner, Schanz e

Berg 2008), quindi da un intervento speech oriented. Queste persone possono invece

beneficiare di un intervento che includa strumenti di CAA ed ausili low e/o high

technology (Beliveau, Hodge e Hagler 1995; Beukelman, Fager, Ball e Dietz 2007),

beneficiando così di un intervento communication oriented. L’utilizzo della CAA è

indispensabile per i soggetti in età evolutiva privi di linguaggio verbale perché può sia

avviare che sostenere lo sviluppo del linguaggio. Recentemente sono state formulate

alcune importanti raccomandazioni riguardanti l'intervento precoce, la più importante delle

quali suggerisce di intraprendere l'intervento di CAA il prima possibile a partire dal

momento di identificazione delle difficoltà di comunicazione. È stato regolarmente

dimostrato che l’intervento di CAA è in grado di supportare la comunicazione (Branson,

Demchak, 2009; Preston, Carter, 2009; Schlosser, Sigafoos, 2006) e molti studi hanno

dimostrato che la CAA favorisce lo sviluppo di entrambi: il linguaggio e l’articolazione

della parola (Millar, Light, Schlosser, 2006; Romski et al., 2010; Schlosser, Sigafoos,

2006; Schlosser, Wendt, 2008). Un altro fattore importante rispetto all’intervento precoce

in CAA, riguarda il coinvolgimento della famiglia. Fornire ai genitori le conoscenze e il

supporto è indispensabile perché l'intervento dovrebbe essere parte delle interazioni

naturali quotidiane che avvengono a casa (Granlund, Björk-Åkesson, Wilder, Ylvén, 2008;

Iacono, 1999; Pickl, 2011; Pennington et al., 2004; van der Schuit, Segers, van Balkom,

Stoep, Verhoeven, 2010). L’intervento attraverso l’utilizzo dei libri modificati è una

proposta interessante, che sostiene attraverso un’attività piacevole e motivante lo sviluppo

cognitivo, comunicativo, linguistico, emozionale, relazionale e sociale del bambino con

bisogni comunicativi complessi. Inoltre, rappresenta un esempio di come si possano usare

strumenti speciali per garantire pari opportunità e consentire di usufruire di occasioni

normali. In quest’ottica i libri modificati rappresentano uno strumento di inclusione. La

diffusione dei libri in simboli nelle biblioteche, negli ambulatori e nelle scuole, oltre che

offrire occasioni di partecipazione a coloro che ne sono privati, sarebbe utile per

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promuovere un cambiamento del contesto sociale e dell’atteggiamento nei confronti della

disabilità. La realizzazione dei libri modificati è un compito che richiede l’investimento di

molte energie e richiede una conoscenza approfondita del bambino con bisogni

comunicativi complessi, è pertanto indispensabile la collaborazione dei care givers.

Tuttavia l’esperienza diretta da parte del professionista nella costruzione dei libri è

fondamentale poiché permette di cogliere alcune sfumature nel processo di adattamento

che possono fare la differenza.

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APPENDICE

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