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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA FACOLTÀ DI SCIENZE STATISTICHE Corso di Laurea Specialistica in Scienze Statistiche, Economiche, Finanziarie ed Aziendali TESI DI LAUREA IL COMPORTAMENTO DEL CONSUMATORE NEL SETTORE AGROALIMENTARE: UN MODELLO STRUTTURALE APPLICATO AL CASO DELLE PATATE. Relatore: Prof. Adriano Paggiaro Laureanda: Piera Grotto Anno Accademico 2009/2010

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA

FACOLTÀ DI SCIENZE STATISTICHE

Corso di Laurea Specialistica in

Scienze Statistiche, Economiche, Finanziarie ed Aziendali

TESI DI LAUREA

IL COMPORTAMENTO DEL CONSUMATORE NEL

SETTORE AGROALIMENTARE:

UN MODELLO STRUTTURALE APPLICATO AL CASO

DELLE PATATE.

Relatore: Prof. Adriano Paggiaro

Laureanda: Piera Grotto

Anno Accademico 2009/2010

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“Dividere in categorie significa considerare,

in un gruppo di individui, non quello che

ciascuno ha di proprio, ma quello che ha di

comune col gruppo a cui appartiene.

Così una classificazione è possibile,

una esatta riduzione a generi e specie”

(da “Storia della letteratura italiana”, Francesco De Amicis)

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Alla mia famiglia.

Un ringraziamento particolare e molto sentito lo

rivolgo al Prof. Adriano Paggiaro, per avermi

guidata con molta professionalità e gentilezza nella

realizzazione di questa tesi.

Un profondo ringraziamento è rivolto ai miei

genitori, che mi hanno permesso di intraprendere gli

studi universitari, sostenendomi ed incoraggiandomi

in ogni momento. Un pensiero speciale va anche a

mia sorella Marta, ad Andrea e ai due piccoli

nipotini Giacomo e Alessandra. Un grazie anche ad

Enrico, per la sua presenza costante e affettuosa.

Ricordo infine tutte le persone che con la loro

amicizia e simpatia mi sono sempre vicine.

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INDICE

INTRODUZIONE E SOMMARIO pag. 1

CAPITOLO PRIMO: Le tendenze dei consumi alimentari pag. 5

1.1 Coinvolgimento del consumatore e tipologia di beni pag. 6

1.2 Il sistema agroalimentare pag. 8

1.3 L‘analisi del comportamento del consumatore pag. 12

1.3.1 Il consumatore di alimenti pag. 16

1.4 La qualità nel marketing agroalimentare pag. 17

1.5 Misurare la qualità: la Customer Satisfaction pag. 22

CAPITOLO SECONDO: Analisi fattoriale e Modelli di equazioni

strutturali pag. 25

2.1 Analisi fattoriale pag. 26

2.2 Analisi fattoriale esplorativa pag. 29

2.3 Analisi fattoriale confermativa pag. 34

2.4 Le relazioni causali tra variabili e i modelli di equazioni

strutturali pag. 35

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2.5 Stima e verifica del modello pag. 39

2.5.1 La valutazione del modello pag. 40

2.6 L’identificazione pag. 44

CAPITOLO TERZO: Analisi fattoriale su un prodotto

alimentare: la patata pag. 49

3.1 Introduzione al caso delle patate pag. 49

3.2 L’indagine pag. 51

3.3 Il campione pag. 52

3.4 Il comportamento d’acquisto pag. 55

CAPITOLO QUARTO: Analisi fattoriale esplorativa pag. 57

4.1 Le determinanti d’acquisto pag. 57

4.2 Le opinioni pag. 62

CAPITOLO QUINTO: Analisi fattoriale confermativa pag. 71

5.1 Modello di misura per le determinanti d’acquisto pag. 71

5.2 Modello di misura per le opinioni pag. 74

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5.3 Analisi fattoriale a due livelli pag. 77

5.4 Il modello di misura finale pag. 79

CAPITOLO SESTO: Modello strutturale pag. 81

6.1 Il modello teorico pag. 81

6.2 Stima del modello pag. 83

6.3 Conclusioni pag. 87

BIBLIOGRAFIA pag. 89

APPENDICE pag. 93

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Introduzione e Sommario

Il consumo da sempre viene visto come un mezzo per soddisfare i bisogni;

tuttavia essi sono condizionati da svariati fattori, come preferenze personali,

abitudini, influenza della gente e pubblicità.

In particolare il comportamento del consumatore nel settore alimentare sembra

recentemente essersi modificato. Facendo riferimento alla scala gerarchica dei

bisogni “ ideata” da Maslow, i consumi alimentari tendono sempre più ad

occupare i livelli superiori poiché la domanda dei consumatori si sta spostando

verso prodotti salutari e di qualità, ricercando sempre il meglio per rispondere

ad esigenze di benessere per la propria salute. Per l’operatore economico

risulta sempre più difficile entrare nel mercato con la propria offerta, poiché i

prodotti devono garantire determinati standard e devono possedere determinate

caratteristiche per riuscire a soddisfare il mercato obiettivo.

Analizzare il comportamento del consumatore risulta pertanto fondamentale

anche in ambito alimentare, perché consente di capire quali siano i bisogni degli

individui e in quale modo sia possibile soddisfarli mediante l’utilizzo di beni

adatti alle svariate necessità.

A partire da queste considerazioni, l’obiettivo di questa tesi è quello di

investigare il comportamento d’acquisto in un’ottica di marketing di un prodotto

assai diffuso proveniente dal settore agroalimentare, quale la patata.

Il primo capitolo descrive il mondo dei bisogni e come questi condizionano i

consumi: partendo da alcuni schemi generali di analisi del comportamento del

consumatore, si arriva a delineare un quadro riguardante i consumi alimentari,

descrivendo quali possano essere i fattori che influiscono sugli acquisti e

affrontando in modo particolare il tema della qualità agroalimentare.

Il secondo capitolo vuole invece descrivere i metodi utilizzati per analizzare il

comportamento del consumatore, l’analisi fattoriale ed i modelli ad equazioni

strutturali, facendo in particolare riferimento all’approccio Lisrel.

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I capitoli successivi sono invece dedicati all’analisi empirica, il cui punto di

partenza sono interviste dirette face to face realizzate attraverso la

somministrazione di un questionario strutturato ad un campione rappresentativo

di 714 consumatori intervistati nella Regione Friuli Venezia Giulia, presso i punti

vendita della grande distribuzione della provincia di Pordenone.

Dopo aver presentato il prodotto oggetto d’indagine e aver descritto il campione

(capitolo terzo), si è voluto analizzare il comportamento del consumatore nel

caso di acquisto di patate: integrando le tecniche di analisi esplorativa (capitolo

quarto) e confermativa (capitolo quinto) si è giunti a rappresentare quali sono le

determinanti d’acquisto delle patate e le opinioni che le persone hanno sul

prodotto stesso.

Per quanto riguarda le prime, dal campione emerge un’attenzione particolare

verso caratteristiche riguardanti la garanzia del prodotto quali possono essere

la provenienza, il metodo di produzione e la certificazione; un'altra determinante

d’acquisto racchiude le caratteristiche di prezzo e particolari promozioni

presenti al momento dell’acquisto, attraverso le quali il consumatore riesce ad

ottenere vantaggi di prezzo; determinanti dell’acquisto di interesse risultano

essere infine variabili legate al confezionamento, legate ad elementi estetici o

ad aspetti di praticità nell’utilizzo del prodotto.

Nel momento invece in cui viene chiesto agli individui di indicare il grado di

accordo verso determinate opinioni, il campione evidenzia l’importanza

attribuita agli aspetti salutari legati al prodotto, come ad esempio i benefici

apportati all’organismo e la ricchezza di vitamine presenti nel prodotto e aspetti

legati al fattore prezzo, come il buon rapporto qualità prezzo presente nelle

patate.

Queste informazioni sono state successivamente utilizzate nel capitolo sesto

per specificare un modello strutturale con l’obiettivo di valutare i nessi causali

esistenti tra determinanti d’acquisto, opinioni, importanza che il prodotto ha

nell’alimentazione e frequenza d’acquisto del prodotto stesso. Le ipotesi

formulate possono essere così riassunte:

Ipotesi H1: le determinanti d’acquisto hanno un impatto sull’importanza del

prodotto nell’alimentazione.

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Ipotesi H2: le determinanti d’acquisto hanno un impatto sulla frequenza

d’acquisto.

Ipotesi H3: le opinioni hanno un impatto sull’importanza del prodotto

nell’alimentazione.

Ipotesi H4: le opinioni hanno un impatto sulla frequenza d’acquisto.

Ipotesi H5: l’importanza del prodotto nell’alimentazione ha un impatto sulla

frequenza d’acquisto.

La stima del modello evidenzia che le determinanti d’acquisto non hanno un

impatto significativo su nessuno dei due costrutti relativi all’importanza e alla

frequenza d’acquisto, per cui le ipotesi H1 e H2 sono rifiutate. Per quanto

riguarda le opinioni invece, esse hanno tutte un impatto significativo

sull’importanza nell’alimentazione (ipotesi H3 accettata), mentre solamente le

opinioni riguardanti gli aspetti di prezzo (rapporto qualità/prezzo) influenzano

positivamente la frequenza d’acquisto (ipotesi H4).

L’ultima evidenza proveniente dal campione riguarda la conferma dell’ipotesi

H5: il campione mette in luce il fatto che considerare le patate un prodotto

importante per l’alimentazione porta ad una maggior frequenza d’acquisto del

prodotto stesso.

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CAPITOLO PRIMO

Le tendenze dei consumi alimentari

“A Cartouche, che stava per essere giustiziato (29 novembre 1721),

il secondino, che stava bevendo caffelatte, ne propose una tazza.

Rispose che non era la sua bevanda e che avrebbe preferito un

bicchiere di vino, con un po’ di pane.”

(da “Le strutture del quotidiano”, Fernand Braudel)

Quando un soggetto deve acquistare un bene o un servizio è chiamato a

prendere numerose decisioni, la cui difficoltà dipende in grande misura dalla

natura del bene.

L’acquirente assume perciò un ruolo attivo, tanto da influenzare il

comportamento degli operatori del sistema economico. Per l’impresa produttrice

diventa pertanto fondamentale creare occasioni di contatto con i propri clienti,

così da capire e studiare quali siano i bisogni e le necessità che l’azienda con la

sua offerta potrà allora soddisfare.

Secondo Grandinetti (2002), quando ci soffermiamo sulla pubblicità di una

marca sfogliando una rivista, osserviamo un prodotto esposto nella vetrina di un

negozio, chiediamo informazioni al personale di vendita, negoziamo il prezzo

del prodotto che abbiamo deciso di acquistare, utilizziamo ed esprimiamo un

giudizio sul prodotto acquistato, compiliamo o anche buttiamo nel cestino il

questionario di customer satisfaction che il produttore ci ha inviato a casa, in

tutte queste situazioni si creano dei contatti dietro ai quali si nasconde il

complesso mondo dei bisogni e dei sistemi cognitivi dei consumatori.

È da questa consapevolezza che, attraverso il marketing, ogni produttore cerca

di investigare i comportamenti degli individui al fine di capire quali siano i loro

bisogni e tramite quali prodotti sarà possibile soddisfarli.

Se la teoria neoclassica sosteneva che il consumo rappresentasse il mezzo per

la soddisfazione dei bisogni, radicati nella natura dell’uomo, la teoria

tradizionale continua a vedere il consumo come una forma per soddisfare i

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bisogni, tuttavia non considera i bisogni solamente innatisti, ma condizionati

dalle preferenze, nelle quali rientrano abitudini, preferenze individuali, pressioni

del gruppo sociale di appartenenza, influenza dei genitori sulla formazione dei

gusti nell’infanzia, pubblicità, amore, empatia (Becker, 2000).

Gli strumenti di cui il marketing si serve per indagare l’universo dei consumatori

sono numerosi: focus groups, indagini, interviste in profondità, tecniche di

proiezione psicologica, ecc.

Questo capitolo intende descrivere il mondo dei bisogni di ogni soggetto, e

come questi bisogni condizionano i consumi.

Prima di cominciare a parlare dell’ambito dei prodotti alimentari, si farà un

accenno sulla classificazione dei beni a seconda del coinvolgimento emotivo.

Seguirà poi un’ampia discussione sul tema centrale che si vuole analizzare, il

settore agroalimentare, descrivendo alcuni modelli utili a comprendere il

comportamento dei consumatori di fronte ad acquisti di beni alimentari: si

vedranno in particolare sia le determinanti psicologiche, come le motivazioni, le

attitudini e gli stili di vita, sia i segnali di qualità percepiti degli alimenti.

Si introdurrà infine la customer satisfaction, descrivendo come possono essere

studiati i comportamenti dei consumatori.

1.1 Coinvolgimento del consumatore e tipologia di beni

Per attivare il processo di scelta, le aziende che operano sul mercato mettono

in atto le strategie di marketing-mix1, che quindi possono essere considerate

degli stimoli da sottoporre ai potenziali clienti; ad essi seguono delle risposte2

che nell’ambito del marketing riguardano tutto il percorso compiuto

dall’acquirente. In particolare, nelle risposte del consumatore, si distinguono tre

fasi:

1 Con il termine marketing mix si identificano tutte le “attività riconducibili alle politiche di gestione dellaqualità, del prezzo, della distribuzione commerciale, della promozione e pubblicizzazione di un prodottoo servizio messe in atto da un’azienda” (Brasini et al., 1999).2 Secondo la teoria economica, la risposta “consiste nell’atto di acquisto vero e proprio, trascurando ilprocesso che porta a tale atto. In questo senso la risposta del consumatore si identifica di fatto con ladomanda espressa sul mercato, misurata in termini di quantità o valore dei prodotti venduti” (Ibidem).

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! Cognitiva: riguarda il momento in cui il soggetto si affida alle proprie

conoscenze e alle informazioni di cui dispone.

! Affettiva: il soggetto collega le informazioni alle proprie preferenze e dà una

sua valutazione soggettiva.

! Comportamentale: è la fase dell’agire vero e proprio, in cui si mette in atto

l’acquisto e si utilizza il prodotto.

Quando il consumatore deve affrontare un acquisto impegnativo (di un bene

che presenta un prezzo elevato o per il quale ci sono notevoli differenze nello

stesso prodotto tra diverse marche), viene messo in atto un vero e proprio

processo di apprendimento, che porta ad un acquisto ragionato in ogni

dettaglio. Tuttavia esistono anche altri tipi di percorsi possibili: il cosiddetto

processo a coinvolgimento minimo che si ha quando non esistono particolari

legami tra i bisogni dell’acquirente e il prodotto da acquistare, risultando così

minima la generazione di elementi cognitivi; il processo a dissonanza cognitiva,

in cui il soggetto deve vagliare diverse alternative di prodotto, studiandone in

profondità gli aspetti positivi e negativi.

I due tipi di percorsi possono essere inseriti in un contesto più generale, in cui

viene messo in risalto il grado di coinvolgimento (debole o forte) nell’acquisto, e

il modo di apprendere (intellettivo, cioè ragionato e logico, o affettivo, basato

cioè sulle emozioni e intuizioni). A seconda di come si combinano tra loro

questi due aspetti, si possono classificare i beni:

! Specialty goods: in cui il processo di acquisto è caratterizzato da forte

coinvolgimento e apprendimento di tipo intellettivo. Rientrano in questa

categoria i prodotti le cui caratteristiche svolgono un ruolo importante e

sono in genere molto costosi (automobili, elettrodomestici...).

! Shopping goods: processo a forte coinvolgimento in cui nel processo di

apprendimento domina l’impulso. Siamo in presenza di prodotti la cui scelta

rivela la personalità e lo stile di vita dei consumatori (cosmetici, abiti,

mobili…).

! Experience goods: si ha un debole coinvolgimento e apprendimento della

realtà basata in grande misura sui sensi. Sono prodotti in cui è importante

l’aspetto edonistico (birra, sigarette, cioccolato…).

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! Convenience goods: si è in presenza di un basso coinvolgimento ed un

apprendimento di tipo intellettivo. Rientrano in questa categoria i beni

acquistati abitualmente, per i quali al consumatore interessa che riescano a

svolgere la loro funzione di base.

Il prodotto alimentare assume quasi sempre la natura di convenience good,

ovvero a basso valore unitario e acquisto ripetuto, determinando nel

consumatore una riduzione della sensibilità al prezzo di mercato, a vantaggio

di altre componenti che costituiscono il “prezzo d’uso” (Becker, 1965; Schary,

1971; Berry, 1979), cioè “ l’insieme delle risorse impiegate in maniera esplicita e

implicita nel processo di acquisizione-elaborazione-ingestione dei beni

alimentari” (Belletti e Marescotti, 1994).

1.2 Il sistema agroalimentare

Il termine “sistema agroalimentare” riunisce le attività che consentono di metter

a disposizione del consumatore i beni destinati alla sua alimentazione (Mariani

e Viganò, 2002). Tra i produttori agricoli e i consumatori è interposto un sistema

complesso che li condiziona reciprocamente, costituito da imprese produttivo-

commerciali e soggetti (pubblici e privati) che rappresentano la struttura

organizzativa del sistema. Quest’ultima svolge il ruolo di coordinamento, di

mercato (formazione dei prezzi di vendita) o di accordo tra le parti, per garantire

il flusso di scambio dei beni/servizi (Mariani e Viganò, 2002).

Ci sono inoltre altre variabili di tipo “ambientale” che vanno a condizionare il

sistema agroalimentare. Citiamo in particolare il “ capitale sociale” , che

comprende le infrastrutture che consentono il trasporto di beni e il flusso delle

informazioni, il sistema di regolamentazione e delle politiche, che influenzano

direttamente le attività produttive; infine, e non da ultimo, ci sono le regole e le

consuetudini sociali, che incidono in modo pesante sul modello di

comportamento dei singoli agenti (Kohls e Uhl, 1985).

Negli ultimi anni il sistema agroalimentare sta subendo un processo di

cambiamento sia nelle modalità di organizzazione delle relazioni tra gli

operatori, sia negli obiettivi e negli strumenti dell’intervento pubblico. Il fattore

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determinante di tale cambiamento è costituito dall’evoluzione della domanda

finale.

Numerosi studi3 hanno messo in luce la fase di saturazione che sta vivendo il

settore alimentare, in cui “ i bisogni di base sono ormai mediamente soddisfatti e

le disponibilità nutritive hanno superato le necessità fisiologiche della

popolazione” (De Magistris, 2004). Di fronte a questi mutamenti comincia a

diminuire l’importanza diretta di fattori tradizionali quali il livello di reddito e la

struttura dei prezzi, e assumono importanza altre determinanti delle preferenze

dei consumatori.

Un elemento a cui il consumatore sta sempre più dando peso è il fattore tempo:

i cambiamenti nell’organizzazione del lavoro, che stanno riducendo le pause

pranzo, gli spostamenti del luogo di lavoro lontani dal luogo di residenza,

l’inserimento della donna nel mondo del lavoro che causa la sua

deresponsabilizzazione negli acquisti e nella preparazione del cibo sono delle

cause che portano alla necessità di risparmiare tempo sia nelle fasi del

processo di acquisto, sia nella scelta del punto vendita, sia nei prodotti richiesti

e nella modalità di reperimento delle informazioni (Belletti e Marescotti,1996).

Ecco allora la ricerca di servizi commerciali che semplificano le operazioni

d’acquisto e permettono il time saving (lettura ottica dei prezzi, piste veloci di

pagamento ecc.). Inoltre si cercano strategie che permettono di risparmiare

tempo nell’attività di preparazione del cibo, andando ad acquistare prodotti

freschi, cibi surgelati, sughi già pronti ed esternalizzando talvolta le attività di

pulitura e cottura. Questo bisogno da parte del consumatore “non comporta

all’industria un intervento sul prodotto in quanto tale, ma spesso implica

un’attenzione particolare sul tipo di confezionamento: assume importanza

perciò la presentazione del prodotto nelle forme, dimensioni e formulazioni più

adatte alle specifiche occasioni d’acquisto-preparazione-consumo” (Belletti e

Marescotti, 1994).

In altri casi si assiste alla destrutturazione dei pasti, che consiste nella ricerca di

fruizione di pasti meno formali e fuori casa; un esempio sono la frequentazione

di fast food, paninoteche, ristoranti “ veloci” .

3 Si vedano Blandford (1984), Malassis e Padilla (1986), Wheelock e Frank (1989), Connor (1994).

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Ancora possiamo citare il fenomeno dello “snacking” (Senauer, 1990), cioè il

consumo di spuntini tra un pasto e l’altro nell’arco dell’intera giornata. In questo

modo diventa difficoltoso consumare prodotti che necessitano di un

accompagnamento (confetture, formaggi da condimento, pesci e carni fresche),

mentre risultano avvantaggiati prodotti che presentano in sé altri servizi e sono

adatti a molteplici occasioni di consumo (prodotti lattiero-caseari, formaggi molli,

yogurt, merendine confezionate, biscotti in confezioni monodose, succhi di

frutta in formato tetrapak).

Discusso il fattore tempo, ci sono altre variabili che determinano le scelte

alimentari: stiamo parlando della sfera socio-culturale, attraverso la quale ogni

individuo riflette le proprie aspirazioni e regole di condotta. Ogni soggetto

ricerca la propria individualità, adottando uno stile di vita proprio (Fabris, 1995).

In questo contesto rientra la tendenza “ecologica” del consumatore, sempre più

attento alla provenienza geografica, alle tecnologie produttive e alle materie

prime. Questa fa scaturire la richiesta di prodotti “ verdi” , cioè ottenuti con

tecnologie produttive rispettose dell’ambiente.

L’attenzione al benessere soggettivo invece nasce dalla constatazione dei gravi

problemi nutrizionali sorti nel mondo occidentale, il che ha rinnovato l’interesse

verso la forma fisica e la cura del corpo. Da qui la richiesta di prodotti light, con

minor contenuto calorico e privi di grassi e zuccheri e l’attenzione verso prodotti

ricchi di vitamine, sali minerali, fibre ecc.; si tende inoltre a valutare la presenza

di sostanza dannose per la salute (conservanti, pesticidi, coloranti) e si esaltano

i prodotti realizzati con produzione biologica (Mackenzie, 1990); si ricercano

prodotti freschi o trasformati con procedimenti in grado di mantenere inalterate

le caratteristiche e le proprietà iniziali delle materie prime (ad esempio il latte di

alta qualità).

Il consumatore mira anche alla realizzazione della propria personalità tramite

l’esaltazione del gusto e dell’aspetto estetico del prodotto, e sotto il profilo di ciò

che desidera essere, cioè vuole soddisfare il bisogno di identificazione con

sistemi di valori e comportamenti: sono degli esempi il riavvicinamento ai valori

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del mondo rurale (prodotti tipici4, agriturismo, vendita diretta in aziende

agricole), la diffusione di catene fast food ispirate al modello americano e la

richiesta di prodotti etnici.

Il soggetto economico deve allora concentrarsi sull’alimento nella sua essenza,

sia sotto l’aspetto nutrizionale e calorico, sia sotto l’aspetto igienico-sanitario.

Dall’altro lato deve inoltre giocare su fattori di immagine, con riferimento sia al

prodotto/servizio da consumare, sia all’aspetto evocativo. È evidente che a tal

proposito il ruolo decisivo spetta alla comunicazione e all’informazione che

l’azienda pone in essere, ruolo sempre più rafforzato dalla crescita di sensibilità

e organizzazione nell’indirizzare le azioni dell’impresa, dopo aver studiato e

analizzato i bisogni dei consumatori.

Per il consumatore risulta infatti essenziale capire, oltre a natura del prodotto e

materie utilizzate, anche la filosofia dell’impresa riguardo a determinati principi

morali: ecco che diventano allora determinanti le informazioni riportate sulla

confezione e il messaggio pubblicitario, nonché l’interesse verso la

certificazione, la quale assicura la corrispondenza del prodotto a particolari

requisiti (Belletti e Marescotti, 1996).

Lo stile alimentare del consumatore moderno può essere collocato tra una

alimentazione tradizionale e quella multistile, variegata e disordinata, che

alterna comportamenti diversi addirittura nell’arco della stessa giornata. È per

questo motivo che si parla di “babele degli stili alimentari” , per intendere la

coesistenza e la frammentazione di diverse e distinte abitudini alimentari

presenti in una stessa famiglia ma ancor più nello stesso soggetto (De

Magistris, 2004). Non esiste più un consumatore-tipo verso cui tendono ad

uniformarsi i comportamenti di consumo, ma la segmentazione diventa sempre

più difficile da percorrere, in quanto a dominare sono la varietà5, la variabilità6 e

la coesistenza di molti criteri di consumo.

4 I prodotti tipici presentano caratteristiche organolettiche che sono fortemente condizionate dall’ambientein cui sono prodotte, rendendo questi prodotti non producibili altrove. L’alimentazione diventa per ilconsumatore “patrimonio di saperi locali” (Bove e Senatore, 2001).5 Il termine varietà è imputabile al moltiplicarsi delle occasioni di consumo e di fruizione dei cibi, allacostante ricerca del nuovo che determina il passaggio dall’acquisto di ampie quote di pochi prodotti apiccole quote di molti prodotti; inoltre si ha la moltiplicazione dei luoghi d’acquisto frequentati.

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Per questo motivo, gli sforzi che le imprese devono mettere in atto per capire le

strategie da perseguire sono sempre più consistenti: invece di concentrarsi sul

prodotto o sul consumatore, dovranno sempre più privilegiare i criteri che

orientano volta per volta i consumatori.

1.3 L’analisi del comportamento del consumatore

Analizzare i meccanismi che inducono il consumatore ad effettuare le proprie

scelte risulta complesso: ecco perché ci sono molte discipline che intervengono,

come il marketing, la psicologia e la sociologia.

Dal punto di vista del marketing, le indagini prendono avvio dalla ricerca

motivazionale psicoanalitica e dalle interviste in profondità, senza dimenticare

l’attenzione che si pone sui significati emozionali latenti dei beni; la psicologia

studia la personalità, il sistema di valori, gli atteggiamenti e le motivazioni che

spingono gli individui a determinati comportamenti; la sociologia analizza il

consumatore inserito in un contesto collettivo, in cui per capire i comportamenti

si studiano le influenze sociali e l’appartenenza a determinate classi sociali.

Ciò che è importante sottolineare è la posizione cruciale occupata dagli input

informativi nel corso di tutto il processo decisionale.

Se ci addentriamo nel campo della psicologia, un filone interessante studiato da

numerosi ricercatori è la teoria gerarchica dei bisogni. Come si era discusso in

precedenza, si ha un acquisto quando si vuole soddisfare un bisogno. Secondo

Maslow (1943)7 i soggetti sono eternamente insoddisfatti, infatti quando un

bisogno di base viene soddisfatto, l’individuo dirige la sua attenzione verso il

livello superiore, venendosi così a creare la famosa piramide di Maslow8.

Facendo riferimento al consumo di alimenti, successive analisi (Solè Moro,

1999) hanno messo in evidenza come la piramide di Maslow si sia modificata,

6 Il termine variabilità indica invece la facilità per il consumatore di revocare le scelte fatte diminuendo lafedeltà alla marca, prodotto o servizio. Alla variabilità le imprese devono rispondere con la flessibilità ela velocità di adattamento, nonché con la capacità di anticipare e indurre il mutamento nei consumatori.7 Psicologo statunitense nato nel 1908, noto per aver ideato una gerarchia dei bisogni umani, la cosiddettaPiramide di Maslow.8 Maslow ritiene che i soggetti abbiano bisogni che possono essere classificati secondo delle priorità,nell’ordine: 1) bisogni fisiologici o di base (punto di partenza della teoria motivazionale: ad esempio fameo sete); 2) bisogni di sicurezza e di protezione (reddito sicuro, lavoro, salute); 3) bisogni sociali diappartenenza ad un gruppo; 4) bisogno di stima e apprezzamento (status sociale, prestigio, reputazione);5) bisogno di autorealizzazione (conseguire ciò che ci si augura dal punto di vista professionale e sociale).

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perché è diminuita la distanza tra la base e il vertice della piramide. Questo

cambiamento è causato dal diverso modo in cui i bisogni fisiologici possono

essere soddisfatti attraverso il consumo di prodotti non contaminati (prodotti

biologici o tipici) e non sottoposti a una manipolazione genetica; questo tipo di

bisogno rientra pure nei bisogni gerarchicamente superiori, appiattendo così la

piramide. Il consumo di questi alimenti quindi può allo stesso tempo soddisfare

il bisogno di sicurezza e di stima, se ad esempio il consumo avviene in ristoranti

di lusso come nel caso di prodotti etnici o tipici, oltre che il bisogno fisiologico

(De Magistris, 2004).

Se invece ci soffermiamo sul campo della sociologia, altre sono le variabili che

entrano in gioco ad influenzare i comportamenti degli individui. La ricchezza

viene considerata alla base della reputazione e della stima, portando l’individuo

verso l’”agiatezza vistosa” e il “ consumo vistoso”9 (Vablen, 1899). I beni

diventano allora un mezzo per differenziarsi socialmente; l’individuo aspira ad

un livello di consumo superiore al livello di reddito disponibile, alimentando un

processo continuo di “ confronto antagonistico” all’interno dei gruppi cui il

consumatore appartiene, cercando di adottare comportamenti coerenti con

coloro che occupano le classi superiori, in modo da garantirsi una certa

rispettabilità. Ecco allora che l’emulazione diventa il meccanismo cruciale

intorno a cui ruota il comportamento del consumatore; questo determina un

incremento dei consumi di prodotti di qualità superiore e il progressivo

abbandono di beni a basso costo, che portano in alcuni casi ad una

correlazione positiva tra il livello di prezzo e la quantità consumata

(Busacca,1990).

Un altro filone di ricerca è la teoria secondo cui il consumo ha un carattere

fondamentalmente dimostrativo (Duesenberry, 1949), che si focalizza sui

significati sociali del processo di consumo: il consumatore si basa sulle

preferenze ed è influenzato dal comportamento degli altri individui; la

9 Il termine “agiatezza vistosa” definisce la classe sociale che svolge attività improduttive, sciupando iltempo e dimostrando alle classi inferiori la propria agiatezza. Le classi inferiori imitano questo modello diconsumo, ricorrendo a beni meno pregiati. Quando la diffusione dei modelli di consumo adottati da tuttele classi vanifica lo sforzo di primeggiare della classe leader, quest’ultima avvia un nuovo ciclo.Il termine “consumo vistoso” è considerato allora come lo sperpero di tempo, consumando cose superfluee ricercate.

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soddisfazione che un individuo può trarre dai propri consumi dipende in gran

parte da una comparazione tra il proprio livello di vita e quello dei gruppi con cui

instaura rapporti sociali.

Il comportamento del consumatore può essere definito come “ l’insieme delle

attività che pone in essere una persona o una organizzazione dal momento in

cui nasce un bisogno fino a quando si realizza l’acquisto del prodotto” (Engel et

al., 1987). Pertanto esso è il risultato di un processo decisionale e di attività

fisiche che si realizza quando si cercano, valutano, acquistano, usano o

consumano beni o servizi per soddisfare i propri bisogni. Da qui deriva

l’importanza del concetto di bisogno e il ruolo centrale del consumatore nelle

attività di marketing: è essenziale comprendere ciò che lo motiva, quali sono le

modalità secondo cui pone in essere gli acquisti e come utilizza i beni; solo così

l’impresa può identificare efficacemente come mettere in pratica la

comunicazione, come ottenere fiducia e fedeltà e pianificare in maniera efficace

ed efficiente la strategia commerciale. Se i prodotti venduti dall’impresa si

adattano alle necessità dei clienti e se i prezzi fissati rientrano nella fascia che il

consumatore è disposto a pagare, egli si riterrà soddisfatto ed entrerà nella

logica dell’acquisto ripetuto, instaurandosi così un rapporto di fiducia.

Sviluppare una strategia commerciale a misura di consumatore permette di

incrementare la domanda dei prodotti, aumentando così la quota di mercato

dell’impresa e i suoi profitti. Obiettivo del marketing è proprio quello di

convincere il consumatore a rinunciare a una parte del proprio reddito per

l’acquisto di prodotti che soddisfino i propri bisogni. Fondamentale è allora

definire i fattori che intervengono nelle decisioni di acquisto in tutto l’arco di

tempo in cui avviene la scelta (De Magistris, 2004).

Risulta interessante dare un accenno del modello generale proposto da Engel

et al. (1987), che fa riferimento al processo di decisionale di un consumatore

generico secondo un approccio di marketing. Esso descrive le variabili che

entrano in gioco in tutto l’arco temporale, le quali fanno riferimento a cinque

aree:

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1. Stimoli esterni che provengono da fonti di varia natura: commerciale

(pubblicità, giornali), istituzionale (mass-media), e personale (famiglia, amici,

colleghi…).

2. Area dell’elaborazione delle informazioni costituita nell’esposizione, nella

percezione, nell’utilizzo del flusso informativo. Qui rientrano l’informazione e

l’esperienza immagazzinate nella memoria dell’individuo, che agiscono

come filtro.

3. Il processo decisionale, che culmina nella valutazione dei risultati

dell’esperienza di acquisto e consumo.

4. Valutazione del processo delle alternative suddiviso in quattro fasi: criteri di

comparazione, credenze, attitudini, intenzioni.

5. Variabili che influiscono nel processo decisionale e che vengono

interiorizzate dall’individuo. Sono i fattori esterni (ambiente, reddito, tipologia

familiare, cultura) e fattori interni (motivazione, percezione, attitudini, stili di

vita, caratteristiche demografiche).

Il processo decisionale inizia con il riconoscimento del problema, in cui il

consumatore percepisce una differenza tra il suo stato reale e uno stato

desiderato; se questa differenza è abbastanza grande, viene stimolata una

motivazione. L’avvio può avvenire da stimoli esterni (esogeni) oppure interni

(endogeni) all’individuo e ad esso segue la ricerca di informazioni, ricorrendo

alla memoria oppure alla ricerca di informazioni esterne. Successivamente si

valutano le alternative10 a cui seguirà l’intenzione di acquisto, scegliendo tra i

prodotti o le marche presenti nel mercato.

In ultima analisi troviamo la valutazione post-acquisto: se si ha dissonanza tra il

risultato atteso e quello effettivo, il consumatore si sentirà insoddisfatto e

riesaminerà i suoi criteri di valutazione; nel caso contrario, si avrà la situazione

di soddisfazione, che rafforzerà i criteri valutativi e aumenterà la probabilità di

ripetere l’acquisto (De Magistris, 2004).

10 Secondo il modello di Fishbein (1967), la valutazione delle alternative scaturisce dall’interazione tra ilsistema cognitivo dell’individuo e gli input informativi. Il sistema cognitivo è composto dalle conoscenze,opinioni, attitudini e convinzioni, consentendo la valutazione delle alternative potenzialmente idonee allaformazione delle preferenze. Come risultato delle valutazioni delle alternative, si ha la formazione delle“credenze”, cioè delle opinioni sulle alternative presentate. Qualora vengano valutate positivamente onegativamente le conseguenze di un acquisto, si crea un’attitudine che se sarà positiva porteràall’intenzione di acquisto.

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1.3.1 Il consumatore di alimenti

Nel caso di acquisti di prodotti alimentari, che, come si diceva precedentemente

avvengono di frequente, il consumatore ha una notevole esperienza su questi

prodotti, e ha convincimenti radicati derivati sia dalle esperienze dirette sia da

processi di apprendimento passivi, dovuti alla comunicazione delle imprese.

Egli allora ricorre prima di tutto alle informazioni esistenti nella memoria,

utilizzando poche alternative di scelta; di frequente quindi opinioni, attitudini e

intenzioni rappresentano il risultato di un acquisto precedente.

La fase più significativa nel processo di scelta di questi prodotti si ha nella

valutazione espressa dopo l’acquisto del prodotto.

In letteratura troviamo interessanti modelli volti a spiegare il comportamento del

consumatore di alimenti.

Von Alvesleben (1989) ne presenta uno composto di quattro parti: gli

inputs/stimoli, la percezione e l’apprendimento, i risultati/output e le variabili

esterne (Figura 1.1).

! Gli inputs del modello comprendono le variabili rilevanti del consumatore

(influenze culturali, classi sociali, famiglia, variabili socioeconomiche, età,

livello di istruzione, lavoro, reddito, zona di residenza) e le variabili rilevanti

del prodotto (strumenti di marketing: prezzo, qualità, confezione,

distribuzione e promozione).

! La percezione e il processo di apprendimento comprendono motivazioni11

(nutrizionali, di salute, ludiche, di convenienza, di sicurezza e di

trasparenza, di coerenza con le norme del gruppo di appartenenza, di

prestigio e status sociale e ambientali e politiche) e attitudini: se un motivo è

forte, l’attitudine sarà positiva verso il prodotto, cioè verrà espressa una

preferenza maggiore e la probabilità di acquisto sarà maggiore; al contrario,

se il motivo è poco rilevante, il processo è inverso e la probabilità di

acquisto sarà nulla.

! I risultati/output sono le risposte tradotte nella domanda, come risultato di

interazione degli input e stato interno (percezione e apprendimento).

11 L’autore definisce le motivazioni come “tensioni interne combinate ad attitudini orientate”.

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! Le variabili esterne o esogene comprendono l’importanza di acquisto, gli

aspetti della personalità del consumatore e il tempo libero.

Figura 1.1 Alcune variabili determinanti della domanda di alimenti del Modello di Von Alvesleben (DeMagistris, 2004).

1.4 La qualità nel marketing agroalimentare

Fino agli anni settanta si riteneva che il meccanismo dei prezzi fosse l’unico

strumento indicatore della qualità: un aumento dei prezzi, in condizione di

concorrenza perfetta, indica un aumento dei costi di produzione necessario per

conseguire un miglioramento qualitativo del prodotto (Akerlof, 1970).

Analizzando i nuovi stili alimentari, invece, si osserva come i consumatori

moderni ricerchino alimenti sempre più diversificati e di maggiore qualità per la

soddisfazione dei propri bisogni, che si allontanano sempre più da quelli

puramente fisiologici. Mettere in risalto la qualità dei prodotti alimentari

rappresenta una grande opportunità per le imprese agroalimentari, perché le

rende capaci di affrontare la concorrenza dei paesi stranieri e di ridurre la

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distanza con il consumatore, generando fiducia e fedeltà. Lo strumento

essenziale per diffondere le caratteristiche qualitative dei prodotti e l’immagine

aziendale è la comunicazione.

Il concetto di qualità può essere definito come l’insieme delle caratteristiche che

conferiscono al prodotto la capacità di soddisfare esigenze esplicite ed implicite

(Norma ISO EN 8402). Ancora, la qualità può essere misurata da “quello che il

cliente è disposto a pagare in funzione di quello che ottiene e valuta” (Molina,

2000). Pertanto è possibile sostenere che (De Magistris, 2004):

! La qualità racchiude un insieme di caratteristiche fisiche o non del prodotto.

! La combinazione di queste caratteristiche origina un valore/beneficio per il

consumatore, in funzione di quello che egli desidera ottenere.

! Questo valore/beneficio deve essere comunicato dall’impresa affinché

soddisfi la domanda di mercato.

! La domanda di mercato può essere reale o latente. Ciò sta ad indicare come

il prodotto non soltanto debba incontrare le aspettative di un mercato che ha

chiaramente espresso ciò che desidera, ma anche soddisfare bisogni

inespressi o generarne di nuovi.

! Il consumatore trae un beneficio dalla qualità del prodotto, misurabile dalla

sua disponibilità a pagare un prezzo maggiore, perché comprensivo di

maggiori costi di produzione generati dall’ottenimento di un bene di

maggiore qualità.

Da un punto di vista metafisico la qualità è sinonimo di “eccellenza intrinseca

del prodotto” , ed è valutata soggettivamente sulla base della propria

esperienza.

Da un punto di vista aziendale il concetto di qualità un tempo veniva visto come

controllo sulla difettosità dei prodotti, misurando ex post le conformità. In

seguito si è cominciato a parlare di affidabilità, intesa come la probabilità del

prodotto di presentare difetti e misurata attraverso controlli statistici attuati

durante il processo produttivo. Recentemente la qualità riguarda l’intera

gestione aziendale, mirando al miglioramento di tutte le funzioni aziendali: ecco

quindi che non si controllano più solamente gli aspetti fisici e materiali del

prodotto, ma si punta ad una filosofia incentrata sulla qualità che mira alla

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soddisfazione delle aspettative del cliente. Da qui l’introduzione del concetto di

certificazione, vista come una garanzia sulle specifiche del prodotto nel suo

insieme.

Da un punto di vista economico si considerano invece gli aspetti della qualità

che influenzano la domanda e l’offerta dei prodotti alimentari. Lancaster (1966)

sostiene che il prodotto è rappresentato da un insieme di caratteristiche e

proprietà che, considerate nel loro insieme, attribuiscono utilità al bene. Il

consumatore pertanto massimizza l’utilità combinando gli attributi, scegliendo

quello che alla fine della sua analisi gli fornisce maggiore soddisfazione.

Nell’ottica di marketing, la qualità viene studiata analizzando il comportamento

del consumatore e attuando strategie di comunicazione volte a rendere noti gli

aspetti qualitativi del prodotto in modo da soddisfare le sue attese.

Seguendo l’approccio del marketing, si può vedere la qualità in vari modi. È

possibile giudicare un prodotto misurandolo in termini di proprietà fisiche

dell’alimento: percentuale di grasso nella carne, livello alcolico di un vino ecc..

Si può guardare al processo di produzione: metodo di produzione biologica,

modo di allevare gli animali, utilizzo di particolari tecnologie. È inoltre possibile

giudicare la qualità in base a come e quanto vengono rispettati determinati livelli

prestabiliti durante le varie procedure di produzione. Infine si può guardare alla

qualità orientata a chi consuma l’alimento, e ciò interessa il processo percettivo

e il contesto in cui il consumatore decide di acquistare il prodotto. Questo ultimo

modo di vedere la qualità ha natura soggettiva, perché intesa come risultato di

valutazioni personali, e quindi non è possibile misurarla. In realtà però essa è

condizionata dagli altri modi di vedere la qualità.

La psicologia ha aiutato il marketing a capire come, parlando di prodotti

alimentari, esista una dimensione oggettiva che comprende le caratteristiche

fisiche dei prodotti (contenuto proteico, sicurezza alimentare ecc.) e una realtà

soggettiva, che guida il consumatore a scegliere il prodotto.

Facendo riferimento agli studi di Olson (1972) può essere analizzato il modo in

cui il consumatore seleziona gli attributi del prodotto e quale sia la loro

importanza nel processo di percezione della qualità. In un primo momento

vengono scelti gli attributi di qualità da un insieme di attributi del bene,

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successivamente vengono integrate le valutazioni riferite a ogni attributo

formando una valutazione globale sulla qualità del prodotto: maggiore è

l’informazione che l’attributo contiene, più viene considerato importante

l’attributo stesso. L’informazione contenuta nell’attributo può avere natura

predittiva (cioè può indurre il consumatore a credere che il prodotto soddisfi

determinate prestazioni), valore di fiducia12 (rappresenta il grado in cui il

consumatore è sicuro di poter giudicare il prodotto) e natura dicotomica

intrinseca-estrinseca. Sono estrinseci gli attributi relativi al prodotto che però

non appartengono fisicamente al prodotto e sono definiti anche “ image

variables” (Erickson et al., 1984); come esempi possiamo citare prezzo,

packaging, marca, certificazione (Cardello, 1995; Meiselman et al., 2000;

Tuorila et al., 1994; Verbeke e Viane, 1999). Gli attributi intrinseci sono invece

quelli fisici del prodotto, che non possono essere cambiati o manipolati senza

modificare allo stesso tempo le caratteristiche fisiche del prodotto (Olson,

1972): se si pensa al colore o alla quantità di grasso contenuto nelle carni si

capisce immediatamente come essi possano originare in campo agroalimentare

degli attributi di qualità identificabili con l’aspetto esteriore del prodotto stesso

(Nelson, 1970). È importante ricordare che Olson sostiene che gli attributi

intrinseci sono usati più spesso e hanno un effetto maggiore nella percezione

della qualità, mentre l’uso di quelli estrinseci dipende dal valore predittivo e dal

valore di fiducia degli attributi intrinseci.

Steenkamp e Van Trjip (1996) hanno approfondito il processo percettivo della

qualità, suddividendolo in più momenti.

Nella prima fase il consumatore individua le “ caratteristiche fisiche” del

prodotto” ; esse determinano e condizionano gli indicatori di qualità13, che

vengono suddivisi in intrinseci ed estrinseci14.

12 Un attributo che presenta valori bassi sia nella predizione che nella fiducia non conferisce alcun tipo diinformazione utile al consumatore per effettuare le proprie scelte e pertanto non ha alcuna influenza nelprocesso di percezione della qualità.13 È importante distinguere gli “indicatori di qualità” dagli attributi di qualità: i primi sono definiti comestimoli informativi che il consumatore associa alla qualità del prodotto e che sono accertati attraverso isensi prima del consumo; gli attributi di qualità invece rappresentano i benefici funzionali e psicologiciche il prodotto conferisce dopo il suo consumo. Questi ultimi si dividono in attributi di esperienza e difiducia, poiché non è possibile accertare la loro esistenza nel momento di acquisto ma solosuccessivamente al consumo del prodotto (si formano così delle credenze ed opinioni su questi attributi).

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La seconda fase è caratterizzata dal momento decisionale di acquisto, in cui il

consumatore utilizza gli indicatori di qualità per formarsi delle idee sull’esistenza

degli attributi: ad esempio il sapore di un alimento (attributo di qualità) è

accertato dopo il consumo del prodotto; il consumatore utilizza allora alcuni

indicatori di qualità, come marca, prezzo e altre caratteristiche fisiche che lo

aiutano nella formazione di alcune credenze che egli ha sul gusto del prodotto.

In questa fase ci sono altri fattori che intervengono a formare la percezione di

qualità: esperienze precedenti, livello culturale, percezione del rischio, finalità di

utilizzo ecc. La formazione delle credenze di qualità può inoltre essere avviata

da fonti esterne, quali informazioni di amici, pubblicità oppure da prove vere e

proprie, come nel caso in cui si assaggia il prodotto prima di acquistarlo (tecnica

diffusa in molti supermercati per il lancio di nuovi prodotti).

Nella terza fase avviene il consumo vero e proprio, tramite il quale è possibile

formulare dei giudizi generali sulla qualità ed accertare la vera prestazione del

prodotto: questa fase influenzerà la ripetizione degli acquisti. A tal proposito è

bene sottolineare che dal momento che la maggior parte dei prodotti

agroalimentari sono di acquisto ripetuto, l’esperienza è rilevante negli acquisti

successivi. Non a caso, quando il prodotto è cucinato e consumato, il

consumatore avrà esperienza sulla qualità, che sarà confrontata con la qualità

sperata: se le aspettative sono conformate ci sarà soddisfazione e la probabilità

di ripetere l’acquisto aumenterà, essendosi modificate le aspettative circa le

caratteristiche dell’alimento. In questo modo la qualità sperimentata dipenderà,

oltre che dal prodotto stesso, anche da come esso è cucinato, e da altri fattori

come il tempo, il giorno, il tipo di pasto.

Dal quadro presentato risulta evidente la complessità di analizzare le

caratteristiche e la qualità dei prodotti alimentari, e di conseguenza ancora più

complicato è per le imprese capire quali siano i bisogni dei consumatori così da

poter offrire prodotti adeguati e poter gestire la qualità in modo efficiente. Per

questo motivo è importante l’esistenza di un flusso informativo tra il produttore e

il consumatore riguardo agli attributi desiderati da quest’ultimo, flusso che molto

14 Ad esempio il contenuto calorico di un prodotto è una caratteristica fisica che influenza la quantitàintrinseca “valore nutrizionale” e l’indicatore di qualità estrinseca “etichetta nutrizionale” (indica il livellodi alcuni attributi quali le calorie, la percentuale di grasso, le proteine, i carboidrati, i minerali, le fibre).

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spesso viene analizzato con strumenti raffinati in grado di sondare i

consumatori e fornire dei dati quantitativi essenziali per l’azienda per mettere in

pratica l’attività produttiva.

1.5 Misurare la qualità: la Customer Satisfaction

Tutte le aziende orientate al marketing e che desiderano raggiungere alti livelli

di redditività, devono focalizzare i propri sforzi mirando alla soddisfazione della

clientela. Si è già discusso in precedenza sul fatto che soddisfare i clienti

significa riuscire ad offrire un prodotto o un servizio con delle caratteristiche

specifiche, tali che riescano a colmare i bisogni: i prodotti devono così

presentare determinati attributi di qualità.

L’aspetto fondamentale pertanto è riuscire a capire quali attributi devono

presentare i prodotti, in che misura essi devono essere presenti nel prodotto, e

come devono essere combinati tra loro perché il consumatore trovi giovamento

da un suo utilizzo. Se facciamo riferimento ad un prodotto alimentare, per

esempio, è interessante capire quali sono le determinanti d’acquisto di un certo

alimento, cioè quali requisiti deve possedere: l’etichetta DOC (Denominazione

di Origine Controllata), se dev’essere un prodotto Biologico, deve possedere un

determinato contenuto calorico, ecc… Riuscire a misurare il comportamento

d’acquisto non è cosa facile, perché chiama in causa aspetti diversi, gusti

personali, esigenze che variano da soggetto a soggetto.

Per conoscere e valutare la qualità di un bene in termini di soddisfazione della

clientela si sono sviluppate le ricerche di natura economica e psicologica,

quest’ultima volta ad analizzare cosa stimola l’acquisto.

Un approccio per valutare le caratteristiche del prodotto così come sono

percepite dai consumatori prevede la raccolta di informazioni presso campioni

di clienti sulla percezione della qualità che essi hanno sul prodotto stesso;

queste informazioni, opportunamente elaborate, permettono di costruire un

quadro generale sia sui consumatori e sulle loro richieste, sia sul prodotto da

mettere a punto e da lanciare sul mercato in modo tale che raggiunga il

successo (Brasini et al., 2002).

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Nel 1994 il National Quality Research Center presso l’Università del Michigan,

con la collaborazione dell’American Society for Quality Control, è riuscita a

formulare il sistema di misurazione noto come American Customer Satisfaction

Index (ACSI): esso è un indicatore utilizzato per valutare le performance di

singole aziende, di mercati, di attività e dell’intera economia nazionale e misura

la qualità di beni e servizi così come viene percepita e sperimentata dai clienti

che li consumano (Brasini et al., 1999).

Tale sistema è rappresentato da un modello di equazioni a variabili latenti, cioè

non direttamente osservabili, specificato nell’ambito di una classe di modelli ad

equazioni strutturali conosciuti anche con il nome di LISREL15. In questo

modello la soddisfazione è posta al centro di un sistema di relazioni di causa ed

effetto, diverse per intensità e direzione, con alcune variabili che si configurano

come le determinanti o le conseguenze della soddisfazione della clientela

(Figura 1.2). Troviamo per esempio la qualità, che corrisponde alla valutazione

sulle esperienze di consumo: essa è ipotizzata avere un effetto positivo e diretto

sulla soddisfazione. In secondo luogo troviamo i valori percepiti dei prodotti o

servizi, anch’essi aventi effetto diretto e positivo sulla soddisfazione. La terza

determinante è rappresentata dalle aspettative manifestate dalla clientela: esse

chiamano in causa le esperienze precedenti di consumo, l’informazione

pubblicitaria e l’effetto passa parola; si ritiene che le aspettative abbiano un

impatto diretto e positivo sulla soddisfazione e sul valore percepito. Dal lato

opposto della soddisfazione troviamo le conseguenze immediate di un aumento

o di una diminuzione della customer satisfaction, e cioè il numero di reclami e la

fedeltà (maggiore è la soddisfazione, più basso sarà il numero di reclami e

maggiore sarà la fedeltà).

Ognuno di questi costrutti latenti è collegato ad alcuni indicatori direttamente

osservabili; per esempio la qualità percepita può essere misurata dalla

valutazione complessiva dell’adeguatezza del prodotto utilizzato e dalla sua

affidabilità; il valore percepito può essere misurato dalla qualità del prodotto

dato il prezzo e viceversa; la soddisfazione viene misurata dal grado di mancata

conferma delle aspettative e dal confronto tra la performance del prodotto e

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l’ideale di prodotto del cliente; la fedeltà infine può essere valutata dalla

probabilità di riacquisto e dall’aumento di prezzo che il cliente sarebbe disposto

a sostenere pur di riacquistare il prodotto (Brasini et al., 1999).

Figura 1.2 Schema delle relazioni tra i costrutti dell’American Customer Satisfaction Index.

15 I modelli a variabili latenti e LISREL verranno presentati in modo approfondito nel capitolosuccessivo.

Qualità

percepita

Attese del

cliente

Valore

percepito Soddisfazione

Reclami

Fedeltà

del cliente

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CAPITOLO SECONDO

Analisi fattoriale e Modelli di equazioni strutturali

“Non ci sono informazioni migliori

delle altre. Il potere sta nello schedarle

tutte e poi cercare le connessioni. Le connessioni

ci sono sempre, basta volerle trovare.”

(da “Il pendolo di Foucalt”, Umberto Eco)

Il termine “modelli di equazioni strutturali” racchiude in se due ambiti famosi in

psicologia e sociologia: l’”analisi fattoriale” e i “ modelli causali” . Il primo

individua e studia le variabili latenti (o fattori), mentre il secondo si occupa della

causalità, cioè elabora i nessi causali esistenti tra le variabili.

I due filoni di ricerca però possono non rimanere separati, perché ad esempio

un ricercatore si potrebbe trovare nella necessità di instaurare legami causali

tra variabili latenti.

Ci sono molte ragioni che possono spingere un ricercatore ad effettuare l’analisi

fattoriale: può ad esempio voler avere una qualche idea riguardo a ciò che lega

un gruppo di variabili, può aver bisogno di validare una teoria rispetto al numero

e alla natura dei costrutti fattoriali necessari per spiegare la correlazione tra

alcune variabili, o ancora può aver bisogno di determinare l’effetto sui costrutti

fattoriali causato dai cambiamenti nelle variabili misurate e nelle condizioni nelle

quali le misure sono state raccolte (Comrey e Lee, 1995).

Metodi più elaborati sono però necessari quando si vogliono analizzare

simultaneamente i legami esistenti tra più costrutti, esaminando gli effetti

causali presenti tra diverse variabili.

Per rispondere a questi problema è nato l’approccio Lisrel (acronimo di Linear

Structural Relationship), che identifica anche un software per l’applicazione dei

modelli di equazioni strutturali, i quali appunto sono modelli nei quali ogni

equazione rappresenta un legame causale.

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Questo capitolo fornisce una panoramica generale su come agire quando si è in

presenza di un numero elevato di variabili e si vuole ridurre la complessità.

Dapprima si vedrà l’analisi fattoriale esplorativa; poi si darà un breve accenno

dell’analisi confermativa, cercando di delineare la differenza tra i due tipi di

analisi; in seguito verrà affrontato il tema delle relazioni causali attraverso

l’analisi dei modelli ad equazioni strutturali, analizzando come essi vengono

formulati e valutati.

2.1 Analisi fattoriale

Scoprire la natura delle relazioni tra variabili è un compito importante in ogni

disciplina scientifica. Spesso le variabili non sono definite con molta precisione,

e non c’è molto accordo fra i ricercatori riguardo a quali variabili dovrebbero

essere poste in relazione con altre, e la natura delle relazioni tra di esse non è

chiaramente specificata. I metodi di analisi fattoriale possono aiutare i

ricercatori a definire le variabili e a metterle in relazione tra loro, ottenendo una

migliore comprensione delle complesse relazioni tra esse (Comrey e Lee,

1995).

Di fronte ad un elevato numero di variabili rilevate in un campione, si vuole

avere una qualche idea riguardo ai costrutti che potrebbero essere usati per

spiegare la realtà ad esse sottostante, riducendo la complessità esistente e

trovando così un numero inferiore di variabili che possano spiegare le relazioni

tra le variabili di partenza.

Obiettivo pertanto dell’analisi fattoriale è quello di scoprire l’esistenza di variabili

latenti, analizzando la covarianza di un gruppo di variabili osservate (variabili

manifeste). Il punto di partenza è quindi la matrice di varianze-covarianze,

mentre il punto di arrivo sono i coefficienti che individuano le relazioni tra le

variabili osservate e quelle latenti.

Un’idea grafica di ciò che si intende con analisi fattoriale potrebbe essere

schematizzata in Figura 2.1.

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Figura 2.1 Rappresentazione grafica dell’analisi fattoriale (Albano, 2004).

Le variabili X sono quelle rilevate empiricamente, ad esempio tramite la

somministrazione di un questionario; le variabili ! sono le variabili latenti,

chiamate anche fattori comuni latenti. Le variabili indicate con la lettera "#sono

gli errori, chiamati fattori unici, i quali misurano la variabilità residua di ogni

variabile manifesta, cioè quella parte non spiegata dal legame tra variabile

osservata e latente.

La struttura di covarianza corrisponde ad un modello di analisi fattoriale che,

scritta in forma matriciale, può essere descritta dalla seguente equazione:

$%&!'"

dove

X rappresenta la matrice di variabili osservate;

! rappresenta il vettore dei fattori latenti;

& rappresenta la matrice dei coefficienti tra le variabili osservate e quelle

latenti;

" rappresenta il vettore degli errori nelle variabili X.

Gli assunti su cui si basa l’analisi fattoriale sono i seguenti:

E(!)=0 ossia il valore medio di ogni fattore è pari a zero

!( !)

X1 X2 X3 X4 Xn

"1 "2 "3 "4 "n…..

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Cov(!*")=0 i fattori sono indipendenti e ortogonali agli errori

Cov("i*"j)=0 gli errori sono fra loro incorrelati.

Se vogliamo rappresentare la forma di una singola equazione, per una variabile

osservata possiamo procedere come segue:

Nella terminologia dell’analisi fattoriale i coefficienti +#assumono il nome di

“saturazioni” (factor loading); le variabili latenti !#vengono chiamate “ fattori

comuni” (in quanto entrano nell’equazione di più variabili osservate X) e gli

errori " vengono chiamati “ fattori unici” (in quanto sono specifici di ogni variabile

osservata); l’errore rappresenta il residuo di ogni X dopo che i fattori comuni

hanno spiegato quanto è in loro potere della varianza dell’osservazione

(Corbetta, 2002).

Se indichiamo con la lettera c la componente spiegata:

possiamo scomporre l’equazione di ogni singola osservazione in due parti fra

loro incorrelate:

in cui c è detta “parte comune” di X mentre " è detta “parte unica” .

La varianza della X può essere scomposta in questo modo:

dove pertanto la varianza della singola X è data dalla somma della “ varianza

comune” con la “varianza unica” , detta anche unicità.

La varianza comune, espressa in termini di frazione di varianza totale, è detta

comunalità, ed è la frazione di varianza spiegata dai fattori comuni:

Ci sono due approcci di analisi fattoriale: il primo individua ex-post i fattori

latenti e viene indicato con analisi esplorativa; il secondo metodo viene

chiamato analisi confermativa, in cui il ricercatore definisce a priori, sulla base

di conoscenze teoriche, la struttura dei legami tra le componenti del modello.

....2211 ininiiiX "!+!+!+ ''''%

niniiic !+!+!+ '''% ...2211

iii cX "'%

)()()( iii VarcVarXVar "'%

.)(

)(

i

i

XVar

cVar

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2.2 Analisi fattoriale esplorativa

In ambito esplorativo il problema di partenza è stabilire il numero di fattori

comuni sottostanti all’intero gruppo di variabili osservate. Il ricercatore non

conosce a priori né il numero di fattori, né i legami significativi che intercorrono

tra le variabili osservate e quelle latenti.

Le fasi procedurali che caratterizzano l’analisi fattoriale esplorativa sono

riportate qui di seguito.

Prima fase

Si seleziona un insieme di variabili per il quale si suppone l’esistenza di uno o

più fattori latenti sottostanti.

Seconda fase

Si costruisce una matrice di varianza-covarianza, che descriva quindi la

concordanza che esiste tra tutte le coppie di variabili manifeste.

Terza fase

Si determina il numero K ottimale di fattori latenti comuni, in grado di riprodurre,

a meno di uno scarto minimo, le correlazioni esistenti tra le variabili osservate.

Utilizzando il software Lisrel, può essere effettuata dapprima l’analisi esplorativa

“libera” , cioè chiedendo al pacchetto di stimare il numero di variabili latenti che

possono sottostare alle osservazioni. In questo modo si ottiene un output come

quello in Figura 2.2, per l’analisi del quale si rinvia al seguito.

Figura 2.2 Esempio di output dell’analisi fattoriale esplorativa, per la decisione del numero di fattori.

Quarta fase

Vengono stimati i parametri, ossia i coefficienti di impatto dei fattori latenti sulle

variabili manifeste. Questo passo è indicato con il termine estrazione dei fattori.

Ci sono diversi metodi computazionali che si sono sviluppati per questo scopo, i

Decision Table for Number of Factors

Factors Chi2 df P RMSEA

------- ---- -- - -----

0 1891.93 45 0.000 0.263

1 926.40 35 0.000 0.207

2 385.62 26 0.000 0.153

3 208.13 18 0.000 0.133

4 51.92 11 0.000 0.079

5 5.27 5 0.384 0.010

6 0.21 0 1.000 0.000

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quali si differenziano tra loro per il diverso metodo statistico con cui vengono

stimati i parametri (Minimi Quadrati, Massima Verosimiglianza, ecc.). Tramite

questi parametri si cerca di dare ai fattori latenti un “nome” , ossia un’etichetta

che sintetizzi il contenuto delle variabili manifeste, ponendo attenzione a quelle

che presentano i coefficienti più elevati.

Quello che si ottiene con l’estrazione dei fattori (Figura 2.3) è una matrice

contenente tante colonne quante sono i fattori e tante righe tante quante sono

le variabili. Ogni colonna contiene le “ saturazioni” (o “pesi” ) delle variabili in quel

fattore: esse dicono in che misura le variabili sono in relazione con il fattore

ipotetico. Nell’ultima colonna (Unique Var) troviamo la cosidetta “ varianza

unica” che, come visto, indica la componente di varianza specifica associata a

ciascun particolare indicatore.

Figura 2.3 Esempio di output di analisi fattoriale esplorativa.

Per estrarre i fattori si guarda come sono disposte le saturazioni: ogni variabile

viene attribuita al fattore che presenta saturazione più alta (nell’esempio

“proven” , ”produz” e “certif” sono in corrispondenza del primo fattore).

Quinta fase

Il quinto passo viene chiamato rotazione dei fattori, utile per semplificare

l’interpretazione dei fattori. Supponiamo che le variabili manifeste siano dei

punti in uno spazio a k dimensioni (dove k è il numero dei fattori). Ciò che viene

ruotato sono proprio i fattori, in modo da ridefinire opportunamente le coordinate

dei punti che rappresentano le variabili, lasciando la loro posizione inalterata da

un punto di vista globale. Spesso, quando non si procede con la rotazione, ogni

variabile ha legami diversi da zero con ogni fattore e ciò ne rende difficoltosa

Factor 1 Factor 2 Factor 3 Factor 4 Factor 5 Unique Var

-------- -------- -------- -------- -------- ----------

PROVEN 0.76 -0.07 0.08 -0.15 -0.07 0.44

PRODUZ 0.89 0.04 -0.15 0.18 -0.04 0.24

CERTIF 0.64 -0.02 0.10 0.11 0.07 0.47

PREZZO -0.07 0.52 0.27 -0.04 -0.03 0.52

PROMOZ 0.01 1.07 -0.11 0.09 -0.06 0.00

CONFEZ -0.05 -0.10 0.92 0.33 -0.05 0.22

FORMATO 0.01 0.05 0.61 -0.09 0.05 0.54

PUBBLIC 0.13 0.12 0.21 0.68 0.10 0.41

CARQUAL 0.13 0.17 -0.02 -0.17 0.40 0.64

VARIETA -0.04 -0.08 -0.03 0.09 1.07 0.00

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l’interpretazione; con la rotazione si cerca di far passare gli assi di riferimento

(fattori) tra addensamenti di punti (variabili) in modo che risultino il più possibile

distanti da altri addensamenti, che saranno attraversati da altri assi.

Esistono due tipi di rotazioni: quella ortogonale, dove la rotazione deve

rispettare il vincolo di ortogonalità fra gli assi e quella obliqua, nella quale si

permette una certa libertà, di grado più o meno ampio, nello stabilire l’ampiezza

dell’angolo formato dalle coppie di fattori, permettendo ad essi di essere tra loro

correlati. Questo avviene perché è improbabile che i concetti misurati siano

totalmente distinti e incorrelati, ed inoltre, se i fattori sono chiaramente

incorrelati, ciò emergerà anche con la rotazione obliqua.

Per chiarire il concetto di rotazione viene proposto un grafico (Figura 2.4).

Supponiamo che i due assi cartesiani rappresentino i due fattori estratti (F1 e

F2). Le due variabili manifeste sono invece indicate con VA e VB. Sul piano

cartesiano possiamo allora rappresentare geometricamente ognuna delle due

variabili come un vettore individuato da una coppia di coordinate che

corrispondono alle saturazioni delle variabili sui fattori. Nel nostro caso ad

esempio la variabile VA ha saturazione a1A=0.5 sul fattore F1 e a2A=0.4 sul fattore

F2.

La variabile VB ha saturazione a1B=a2B=0.6 su entrambi i fattori.

Figura 2.4 Rappresentazione sul piano cartesiano di due variabili.

Ruotando gli assi di riferimento è possibile cambiare il sistema di coordinate dei

punti-vettore, lasciando inalterata la posizione relativa (correlazione) di questi

ultimi. La somma dei quadrati delle saturazioni per ogni variabile resta invariata.

Ruotando per esempio di un angolo ,=30° entrambi gli assi (rotazione

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ortogonale), otteniamo le nuove coordinate dei punti-vettore (e dunque le nuove

saturazioni) in un sistema di riferimento nuovo (con assi fattoriali F'1 e F’2) che

rispetto al precedente conserva la perpendicolarità tra i fattori (Figura 2.5).

Figura 2.5 Rotazione della rotazione degli assi.

Come si vede in Figura 2.5, le saturazioni si modificano: la variabile VA ha ora

saturazione a’1A =0.63 sul fattore F'1 e a'2A =0.1 sul fattore F’2; la variabile VB ha

saturazione a’1B=0.82 su sul fattore F'1 e a '2B=0.22 sul fattore F’2.

I valori delle saturazioni ruotate sono stati ottenuti applicando le formula

trigonometriche:

a’1A = a1A cos ,#'#a2A sen , ####e a’2A = a2A cos ,#-#a1A sen ,

a’1B = a1B cos ,#'#a2B sen ,######e a’2B = a2B cos ,#-#a1B sen ,

E’ evidente quindi che esiste un numero infinito di rotazioni possibili e il numero

cresce all’aumentare del numero di fattori. Occorrono pertanto dei criteri per

scegliere quale tipo di rotazione applicare.

Una strada possibile è quella di affidarsi ai package matematico–statistici come

Lisrel, i quali hanno implementati al loro interno questi criteri. Si tratta di regole

matematiche, che non richiedono valutazioni del ricercatore nell’applicazione al

singolo caso.

Essi si basano in gran parte su un principio generale chiamato principio della

struttura semplice. Esso non fa altro che riprendere un canone più generale

della spiegazione scientifica, quello della semplicità o parsimonia.

Nella rotazione fattoriale, per raggiungere la struttura semplice si devono

rispettare alcune regole che possono essere sintetizzate in due principi:

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! nella matrice fattoriale ruotata, ogni variabile deve avere almeno un loading

nullo, ma possibilmente anche di più;

! ogni fattore deve avere almeno K loading nulli (K: numero dei fattori

comuni), e questi devono essere diversi tra i vari fattori.

Secondo Cattell (1978), i fattori a struttura semplice oltre alla facilità di

interpretazione godono delle seguenti proprietà:

- sono più facilmente replicabili; la replicabilità della struttura semplice si

estende anche ai casi in cui le variabili rilevate non siano del tutto identiche

a quelle rilevate nella ricerca precedente;

- negli studi su matrici artificiali, in cui i fattori sottostanti (detti ‘plasmodi’)

sono noti, è stato dimostrato che le rotazioni verso una struttura semplice

producono fattori che approssimano quelli reali.

Un metodo di rotazione analitica che troviamo anche in Lisrel è il metodo

Varimax. Esso massimizza la somma delle varianze delle saturazioni al

quadrato calcolate in ogni colonna della pattern matrix (diciamo: max V). Ciò ha

come effetto, in linea di principio, quello di ottenere che alcune delle saturazioni

di ogni colonna siano molto prossime a 1, altre molto prossime a zero e poche

saturazioni di grandezza intermedia; in tal modo i fattori tendono a essere molto

distinti tra loro (cosicché l’operazione di etichettamento dovrebbe essere

agevolata). Non sempre è possibile ottenere una struttura semplice

mantenendo l’ortogonalità dei fattori; se però ciò è possibile, allora Varimax è la

procedura più efficace.

Il metodo Promax invece inizia con una soluzione ortogonale, quale potrebbe

essere Varimax. Le saturazioni ottenute vengono poi elevate a potenza: al

crescere dell’esponente le grandezze delle saturazioni diminuiranno e tale

diminuzione sarà tanto più rapida quanto più piccoli sono i valori di partenza.

La prima soluzione ortogonale viene poi ruotata con un metodo obliquo in modo

tale da approssimare al meglio la matrice delle saturazioni elevate a potenza1. I

1 La rotazione di una matrice di loading verso una matrice obiettivo, seguendo alcune regole poste a priori

(analogamente a quanto avviene nella rotazione verso una struttura semplice) è detta soluzione di

Procuste (questo metodo prende il nome da un personaggio della mitologia greca, Procuste, un oste con

un solo letto: se l’ospite era troppo piccolo per il letto, Procuste allungava l’ospite tirandolo, se era troppo

alto gli tagliava parte delle gambe). Così come nel mito l’ospite viene adattato al letto, allo stesso modo la

rotazione dei fattori si modifica per raggiungere l’obiettivo predefinito. In questo caso la matrice obiettivo

è quella di loadings e la prima soluzione elevata a potenza.

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fattori risulteranno tanto più correlati tra loro, quanto più alte sono le potenze a

cui sono elevate le saturazioni iniziali.

Un altro metodo di rotazione implementato in Lisrel è la Reference Variables

Rotation (“ variabili di riferimento” ). Essa utilizza il metodo di stima a variabili

strumentali (TSLS) per ottenere i factor loadings e la matrice di covarianza dei

fattori (esso appartiene infatti ai metodi di rotazione obliqua). Tale metodo

permette di individuare per ciascun fattore una variabile di riferimento che

corrisponde alla variabile osservata che presenta il più alto coefficiente per

ciascuna colonna della matrice &#calcolata tramite una rotazione promax. Il

vantaggio di questo tipo di soluzione risiede nel fatto che possono essere

ottenute le stime degli standard error per tutti i factor loadings, ad accezione di

quelli associati alle variabili di riferimento.

Sesta fase

Ultimo passo è quello della valutazione del modello, in cui si valuta se il modello

teorico si adatta alla struttura empirica dei dati e la significatività dei fattori

estratti. Gli indici da prendere in considerazione per valutare la bontà del

modello sono diversi, e verranno illustrati successivamente.

2.3 Analisi fattoriale confermativa

L’analisi confermativa rappresenta un approccio più evoluto perché supera le

indeterminatezze del modello esplorativo. In questa fase il ricercatore ha già

chiaro il modello teorico che intende sottoporre alla verifica dei dati empirici, e

può così specificare il numero di fattori e porre dei vincoli sui parametri.

Si tratta cioè di specificare quali parametri devono essere “ liberi” , e quindi

verranno stimati nel modello, e quali invece saranno fissati a zero, cioè ritenuti

nulli a priori. Un esempio grafico è rappresentato in Figura 2.6.

L’analisi fattoriale confermativa può anche essere utilizzata al fine di valutare

l’adeguatezza della struttura fattoriale emersa dall’analisi fattoriale esplorativa.

Rispetto all’analisi fattoriale esplorativa, il cui scopo è più semplicemente quello

di identificare la struttura fattoriale dato un set di variabili, il fine dell’analisi

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confermativa è piuttosto quello di verificare un’ipotizzata struttura fattoriale o

modello, e valutare il suo adattamento al set di dati.

Figura 2.6 Esempio di rappresentazione grafica dell’analisi fattoriale confermativa

I metodi confermativi di analisi fattoriale rappresentano spesso il modello di

misura all’interno di metodi noti come modelli causali, o anche modelli di

equazioni strutturali. Per questo motivo la descrizione dettagliata dei metodi

viene rimandata al prossimo paragrafo.

2.4 Le relazioni causali tra variabili e i modelli di equazioni strutturali

Tra due o più variabili esiste una relazione causale quando un mutamento di

una variabile produce un mutamento anche nell’altra variabile (o nelle altre).

Quando si ha una equazione di regressione classica del tipo:

.''''% nwXbXaXY ...21 ,

essa esprime il legame causale esistente fra una variabile dipendente (Y),

riportata nel primo membro dell’equazione, ed un certo numero di altre variabili

(X); i coefficienti rappresentano invece l’intensità di questa relazione. Nel

!( !)

X1 X2 X3 X4 X5

"1 "2 "3 "4 "5

1 1

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contesto dei modelli strutturali, l’equazione di regressione viene chiamata

equazione strutturale.

Un modello di equazioni strutturali è allora “un modello stocastico nel quale ogni

equazione rappresenta un legame causale” (Goldberger, 1972).

La complessità di questi modelli, e la difficoltà nella stima dei parametri, può

essere compresa con un esempio. Supponiamo di avere due equazioni, che nel

loro insieme formano un sistema:

Y=,1X1+,)X2+e

X1=/X3+u

In questo caso abbiamo un effetto diretto della X1 e della X2 (variabili

indipendenti) sulla Y, però esso non è l’unico, perché a sua volta X1 è spiegato

da X3 e pertanto indirettamente essa avrà un effetto anche su Y.

I modelli di equazioni strutturali valutano, quindi, non solo la molteplicità di

cause che agiscono su una variabile dipendente, ma anche le connessioni

esistenti tra diverse cause.

In questi modelli è necessaria una modifica nei termini con i quali usualmente si

identificano le variabili dipendenti ed indipendenti, poiché, come si vede anche

nel semplicissimo sistema riportato sopra, variabili che in una equazione

compaiono come variabili indipendenti (od esplicative), nell’equazione

successiva possono comparire come dipendenti.

Si parlerà allora di variabili esogene, in riferimento a quelle variabili che

intervengono sempre e solo come indipendenti, mentre le endogene, saranno le

variabili che possono comparire alternativamente come dipendenti od

indipendenti.

L’idea che sta alla base dell’analisi è la seguente: si ha a disposizione una

matrice di varianze-covarianze calcolata dai dati; inoltre si ha una relazione

causale teorica ipotizzata dalla realtà; quello che si vuole fare è produrre una

matrice di varianze-covarianze teorica da confrontare con quella di partenza, in

modo da capire se il modello teorico, e quindi le relazioni causali ipotizzate a

priori, sono compatibili con i dati osservati.

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37

Il punto di partenza consiste nella formulazione del modello teorico, cioè nella

traduzione della teoria in un sistema di equazioni strutturali, definendo quali

sono le variabili osservate, ipotizzando eventualmente l’esistenza di variabili

latenti e stabilendo i legami causali tra le variabili.

Il modello generale è costituito da due parti fondamentali: il modello strutturale,

che permette di evidenziare l’insieme delle relazioni causali esistenti tra le

variabili latenti esogene e quelle endogene, e il modello di misura, il quale

analizza i legami tra variabili osservate e quelle latenti.

La struttura delle relazioni causali può essere descritta dalla seguente

equazione strutturale:

0%10'2!'3

Essa rappresenta la prima equazione base di Lisrel, e contiene:

" I tre vettori delle variabili endogene (0), esogene(!) e degli errori(3).

" Le due matrici dei coefficienti strutturali, quella fra le variabili endogene (1) e

quella fra le endogene e le esogene (2). 1 è una matrice quadrata che

contiene tante righe e colonne quante sono le variabili endogene 04#la sua

diagonale è sempre costituita da 0, escludendo i coefficienti di regressione

di ogni variabile con se stessa. 2#invece è una matrice di ordine m*n (dove

m è il numero di variabili endogene e n è il numero di variabili esogene).

Il modello necessita di altre due matrici per essere correttamente

specificato. Si tratta della matrice 5, che contiene le varianze e covarianze

delle variabili esogene !*#e di 6,#che contiene le varianze e covarianze degli

errori 37#Entrambe queste matrici sono quadrate e simmetriche.

Ci sono altre due equazioni di base in Lisrel, le quali descrivono i legami tra le

variabili latenti ed i loro indicatori. Questa parte viene anche chiamata modello

di misura, perché descrive proprio come le variabili latenti sono misurate dai

loro indicatori.

8%&y0'.

$%&x!'"

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38

In queste due equazioni sono presenti:

" I vettori delle variabili osservate, endogene ed esogene (8*$), variabili

latenti endogene ed esogene (0*!) e gli errori (.*").

" Le matrici dei coefficienti che rappresentano il legame tra variabili osservate

e variabili latenti, rappresentate con il simbolo &7

" Le matrici di varianza e covarianza degli errori di misura, indicate con 9" e

9.7

In Figura 2.7 vengono riportati due esempi in forma grafica, che esprimono

separatamente le componenti del modello di misura per le variabili latenti

endogene e per le variabili latenti esogene.

Figura 2.7 Rappresentazione grafica dei modelli di misura per la variabili latenti (0#e !)7

In Figura 2.8 viene invece rappresentato un esempio della parte del modello

relativa alla struttura di relazioni causali tra le variabili.

Le assunzioni che stanno alla base dei modelli ad equazioni strutturali sono le

seguenti:

a) Le variabili sono misurate in termini di scarti dalle loro medie:

E(0)=E(3)=E(!)=E(8)=E(.)=E($)=E(")=0

b) Le variabili indipendenti e gli errori sono incorrelati fra loro nella stessa

equazione:

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E(!#3’)=E(0#.’)=E(!#"’)=0

e fra equazioni:

E(0#"’)=E(!#.’)=0

c) Gli errori delle diverse equazioni sono fra loro incorrelati:

E(3#.’)=E(3#"’)=E(.#"’)=0

d) Ultima condizione è quella che nessuna delle equazioni strutturali deve

essere ridondante, cioè la matrice 1#deve essere non-singolare. Ciò

significa che le equazioni del modello che esprimono le varie 0#devono

essere tra loro indipendenti (nessuna variabile endogena può quindi essere

combinazione lineare di altre variabili endogene).

Figura 2.8 Rappresentazione grafica delle relazioni causali tra le variabili.

2.5 Stima e verifica del modello

Il compito del ricercatore sarà quello di stabilire, durante la fase di

specificazione del modello, quali legami sono presenti fra le variabili e quali

invece sono assenti; applicando successivamente il modello teorico ai dati, si

otterrà la “ falsificazione” del modello o meno. Quest’ultima rientra nella fase

detta di verifica del modello.

In questo momento avviene il confronto fra il modello teorico e i dati osservati.

In particolare si confronta la matrice di covarianza “ osservata” fra le variabili

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40

(quella che si ottiene dai dati), e la matrice “attesa” , cioè quella prodotta dal

modello tramite i parametri stimati. I valori dei parametri vengono calcolati in

modo che la distanza tra le due matrici sia la più piccola possibile. Tuttavia

spesso accade che essa sia ancora troppo grande per poter essere considerata

compatibile con i dati.

La stima dei parametri in Lisrel avviene solitamente con il metodo della

massima verosimiglianza. Le matrici di partenza contengono dei parametri fissi,

i cui valori sono assegnati e non possono essere modificati, e altri liberi da

stimare; con la massima verosimiglianza, data la matrice di covarianza

proveniente dai dati (usualmente indicata con S), si valuta la probabilità che

essa derivi da una certa matrice teorica :#(nella popolazione) e si determinano i

valori da attribuire ai parametri liberi2 di : in modo che sia elevata la probabilità

che S derivi da :.

Successivamente, mediante un processo iterativo, vengono migliorate le stime

dei parametri strutturali per poter giungere ad avere dei valori che minimizzano

la distanza tra la matrice teorica e quella osservata3.

2.5.1 La valutazione del modello

Si è già accennato al fatto che il ricercatore parte da una certa relazione

causale teorica, per produrre una matrice di dati simile a quella di partenza,

valutando quanto essa è compatibile con la matrice di partenza; ovviamente ciò

non esclude che ci siano altri modelli teorici che possano essere compatibili con

i dati, cioè non è possibile “provare” l’esistenza dei nessi causali ipotizzati.

L’unico strumento che si ha a disposizione è quello della “non falsificazione” ,

cioè si ha la possibilità di verificare la non incongruità del modello con i dati

empirici: Lisrel aiuta il ricercatore in questa fase, producendo delle misure

essenziali per la valutazione; i principali indici vengono descritti nel seguito.

2 Ai parametri liberi vengono assegnati dei valori di “partenza” tramite il metodo dei “minimi quadrati a

due stadi” (two stage least squares). Su queste stime si innesta il metodo della massima verosimiglianza.3 Ciò avviene tramite delle opportune derivate, in particolare le derivate parziali della funzione rispetto ai

parametri da stimare. Si procede per successive approssimazioni, fino ad ottenere la convergenza (che si

ottiene quando tutte le derivate parziali si avvicinano allo zero, che significa che il massimo della

funzione è vicino).

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41

; Misure di bontà di adattamento del modello

La capacità del modello di spiegare i dati è valutata dallo scarto (S-:). L’ipotesi

nulla da verificare è quella che il modello sia vero, per cui sotto H0 si ha S=:.

Si dimostra che se il modello è corretto ed il campione sufficientemente grande,

la funzione T di adattamento del modello ai dati (è una funzione dello scarto S-:

che viene calcolata tramite la sua minimizzazione), si distribuisce, nel caso di

sovraidentificazione4, come un “chi-quadrato” con df gradi di libertà, con:

df=1/2 (p+q) (p+q+1)-t,

con t pari al numero di parametri da stimare, p il numero delle variabili Y e q il

numero delle variabili X.

Un problema che pongono le statistiche che fanno riferimento alla distribuzione

del chi-quadrato è la loro sensibilità alla dimensione del campione, nel senso

che il valore della statistica aumenta proporzionalmente all’aumentare di N

(numerosità campionaria). In particolare per campioni con N elevato è facile

arrivare a valori della statistica T significativi (cioè che propongono la

falsificazione del modello), anche se i dati si adattano bene al modello. Un

elemento che si aggiunge alla problematica del chi-quadrato è la difficoltà di

confrontare fra loro statistiche T provenienti da campioni con numerosità

diverse.

Pertanto ci sono altre misure proposte in letteratura che rendono più facile la

valutazione e il confronto. Nel seguito si presentano le principali, si veda Bollen

(1989) per una descrizione più dettagliata.

Goodness of fit index (GFI):

4 Come si vedrà nella sezione 2.6, nel caso di un modello esattamente identificato tale statistica, basata sui

residui, non ha valenza esplicativa dato che la matrice di covarianza campionaria è esattamente riprodotta

dal modello.

.)max(

1i

i

T

TGFI -%

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42

Essa assume valori compresi tra 0 (pessimo adattamento ai dati) e 1 (perfetto

adattamento). Questo indice, oltre ad essere facilmente interpretabile, offre la

possibilità di confrontare modelli su dati diversi.

Poiché questa misura non tiene conto dei gradi di libertà, se ne trova una

versione modificata, adjusted goodness of fit index (AGFI)5:

Anche questo indice presenta un range di valori compreso tra 0 e 1. Tuttavia

Anderson e Gerbing (1988) sostengono che questi valori tendono a diminuire

quando il numero di indicatori per fattore, o anche il numero di fattori, cresce,

specialmente quando si è in presenza di campioni con numerosità piccola.

Un’ulteriore misura calcolata da Lisrel è la Root Mean Squared Error of

Approximation (RMSEA), definita come6:

Tale indice è stato introdotto da Browne e Cudeck (1989) e misura il grado di

errore per grado di libertà, pesato per ampiezza campionaria.

Neanche di tale misura si conosce la distribuzione, ma un criterio affinché il

modello sia buono è che il suo valore si avvicini a 07. Vi sono attualmente due

soglie convenzionali utilizzate in letteratura: un valore inferiore a 0,05 indica la

presenza di un modello che si adatta bene ai dati, mentre si ha un modello

accettabile se l’RMSEA è compreso tra 0.05 e 0.08. Valori al di sopra di 0.08

indicano un cattivo adattamento ai dati.

; Miglioramento del modello

Un ulteriore passo da fare, dopo aver valutato la bontà di adattamento

complessiva è quello di fare delle considerazioni sui singoli parametri, così da

5 Dove k è il numero di varianze-covarianze in input6 Dove Fmin è la funzione che minimizza lo scarto tra S e :77 A differenza delle misure precedenti, tale misura non ha una soglia superiore.

).1(1 GFIdf

kAGFI --%

< => ?.

0,)1/(min

d

NdFMaxRMSEA

--%

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43

valutare quali potranno essere esclusi o inclusi dal modello, e procedere

eventualmente alla riformulazione.

Lisrel presenta la stima dei parametri incogniti, e con essi riporta il “ valore-t” e la

probabilità ad esso associata. Ad esempio, con l’usuale livello del 5%

potrebbero essere eliminati dal modello (o meglio fissati secondo la

terminologia lisrel) i parametri che presentano un “valore-t” minore in valore

assoluto di 1,96.

Per valutare invece quali parametri inizialmente imposti come fissi possano

essere inseriti nel modello, Lisrel fornisce gli indici di modifica (MI). Essi

rappresentano il miglioramento che si avrebbe in termini di statistica del chi-

quadrato se il parametro venisse inserito nel modello per essere stimato.

L’indice di modifica si distribuisce approssimativamente come un chi-quadrato

con un grado di libertà, e pertanto è significativo al 5% se il suo valore è

superiore a 3.84.

; Analisi dei residui

Un altro elemento importante per l’analisi del modello è la matrice dei residui

standardizzati, chiamata in Lisrel “ standardized residuals8” , dove in ogni casella

è riportata la differenza standardizzata fra la covarianza osservata e quella

attesa. Tali residui si distribuiscono approssimativamente come una normale,

perciò ogni valore di tale matrice è significativo al 5% se superiore a 1,96.

Il programma fornisce il diagramma di dispersione dei residui standardizzati

(Figura 2.9). Se essi sono distribuiti normalmente e con media zero allora la

retta interpolante i residui si sovrappone alla retta punteggiata a 45° tracciata

nel diagramma e ciò sta ad indicare che i valori effettivi e i valori attesi

coincidono. Se la retta ha inclinazione minore di 45° ciò significa che i residui

sono maggiori (in valore assoluto) di quanto atteso dalla distribuzione normale.

Se i residui non si dispongono lungo una retta, allora essi non sono distribuiti

come una normale e siamo in presenza di un modello non correttamente

specificato. Molto frequente è il caso in cui nella parte centrale la curva dei

8 Lisrel produce anche la matrice dei residui non standardizzati, chiamata “fitted residuals”.

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44

residui si adatta bene alla retta di 45°, mentre nelle parti in basso a sinistra e in

alto a destra si nota un allontanamento: solitamente in questo caso sono

sufficienti piccole modifiche per avere un buon adattamento del modello ai dati.

3.5.......................................................................... . ..

. . .

. . .

. . .

. . .

. . .

. . .

. . .

. . .

. . .

. . .

. . x

. . .

. . .

N . . x .

o . . x .

r . . x .

m . . x .

a . . x .

l . . x .

. . x .

Q . . x x .

u . . x .

a . x .

n . x .

t . x . .

i . x . .

l . x . .

e . x . .

s x . .

. . .

. . .

x . .

. . .

. . .

. . .

. . .

. . .

. . .

. . .

. . .

. . .

. . .

-3.5..........................................................................

-3.5 3.5

Figura 2.9 Esempio di q-plot dei Residui Standardizzati

2.6 L’identificazione

Un modello non può essere compatibile con differenti insiemi di parametri

strutturali; se ciò avviene vuol dire che esistono troppe soluzioni che portano

alla stessa matrice di covarianze.

Si suppone di avere un sistema con p variabili osservate e k fattori latenti. È

noto che con p variabili osservate si avranno ½* p* (p+1) momenti osservabili

distinti.

In generale una condizione necessaria per l’identificazione è che il modello non

abbia più incognite che equazioni, cioè non ci siano più parametri da stimare

che coefficienti di varianza-covarianza fra le variabili osservate.

L’identificazione ha come condizione necessaria:

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45

dove t è il numero di parametri da stimare. Questa è anche chiamata regola t e

in sostanza afferma che il numero di parametri liberi (t) deve essere minore o al

più uguale al numero di elementi non ridondanti della matrice di covarianza

delle X.

Esistono inoltre condizioni sufficienti specifiche dei diversi tipi di modello.

Nel caso di analisi fattoriale esplorativa la condizione necessaria e sufficiente

per l’identificazione è:

In particolare si hanno p*k parametri da stimare in &,#p parametri da stimare in

9", e ½* k* (k+1) parametri da stimare in 5, per un totale complessivo di p*k+

p+½* k* (k+1). Se non vengono introdotte ulteriori restrizioni il modello risulta

sottoidentificato, poiché è possibile rimpiazzare ! con M!#e & con &M’, essendo

M una qualsiasi matrice ortogonale di ordine k, senza modificare il sistema di

equazioni e la struttura di covarianza del modello (Lawley e Maxwell, 1971).

Occorre pertanto imporre restrizioni perché il modello di analisi fattoriale

esplorativa risulti identificato. Per risolvere il problema delle restrizioni

solitamente si procede ponendo 5%@*#ponendo quindi ½* k* (k+1) restrizioni; le

rimanenti ½* k* (k-1) restrizioni vengono imposte in sede di specificazione del

modello, fissando pari a 0 alcuni elementi di &x.

Le regole di identificazione per quanto riguarda l’analisi fattoriale confermativa

possono essere suddivise in due casi, a seconda se si hanno tre o più indicatori

per ogni fattore oppure se si hanno solo due indicatori per ogni fattore. In

particolare:

! Nel caso di tre indicatori per ogni fattore ciò che si richiede è di avere

almeno un elemento non zero per ogni riga della matrice &x ed inoltre che la

matrice 9"#sia diagonale. Va detto inoltre che se il modello presenta più di

tre indicatori per ogni fattore, allora esso è sovraidentificato.

kpkp 'A- 2)(

2k

tpp A' )1(**2

1

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46

! Nel caso di due indicatori per fattore si deve avere, oltre alle due condizioni

citate poc’anzi, una ulteriore restrizione e cioè che Bij siano diversi da zero,

ossia che ogni riga di 5#presenti almeno un elemento al di fuori della

diagonale non posto pari a zero.

Un sommario delle regole di identificazione per l’analisi fattoriale confermativa

è riportato in Figura 2.10.

Figura 2.10 Regole di identificazione dell’analisi fattoriale confermativa.

Un caso particolare di identificazione riguarda le variabili latenti. Infatti poiché

esse non sono osservate, sono prive di unità di misura e pertanto spetta al

ricercatore il compito di fissarne la metrica per riuscire a definire la loro

relazione con le variabili osservate.

I criteri maggiormente utilizzati per questo scopo sono due:

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47

! Assegnare alla varianza delle variabili latenti una valore pari a 1, in modo da

standardizzarle. Questo criterio è applicabile solo alle variabili latenti !7

! Attribuire alla variabile latente la stessa metrica di una delle variabili

osservate che dipendono da essa: questo lo si ottiene assegnando il valore

1 al relativo parametro +7 Questo criterio è applicabile in tutti i modelli, anche

per le variabili latenti di tipo 0.

Per quanto riguarda i modelli strutturali, possiamo aggiungere delle altre

condizioni di identificazione per due classi di modelli: regressione (fornisce la

media condizionata della variabile dipendente come funzione lineare di un

vettore di variabili esplicative) e modelli ricorsivi.

Per quanto riguarda il modello di regressione, univariato o multivariato, c’è

corrispondenza biunivoca tra i parametri del modello e le varianze e covarianze

in :, pertanto il modello risulta esattamente identificato: non impone restrizioni

al meccanismo generatore dei dati. Eventuali restrizioni nella struttura dei

parametri portano alla sovraidentificazione.

I modelli ricorsivi sono invece quelli in cui è previsto un ordinamento causale di

variabili e equazioni e pertanto sono necessarie due restrizioni: 1#deve essere

subdiagonale e 6#diagonale poiché tutta la correlazione tra le variabili y è

spiegata dalle variabili x. Se B e' subdiagonale completa il modello e'

esattamente identificato, mentre se ci sono ulteriori restrizioni e'

sovraidentificato.

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49

CAPITOLO TERZO

Indagine su un prodotto alimentare:

la patata

3.1 Introduzione al caso delle patate

Si sente spesso dire “un campo di patate" in modo dispregiativo, per identificare

qualcosa di arido e brutto. Un campo di patate non è mai considerato radioso

come un campo di mais, di granoturco o di una risaia. La patata raramente

appare bella poiché vive sottoterra, e quasi sempre è sporca. Nonostante tutto

questo, l’immagine di un oggetto che si crea nella mente umana può non

coincidere con il contenuto prezioso che esso porta con sé.

Molti sono infatti i pregi di una coltura di patate: esse sono facili ed economiche

da coltivare; in un centinaio di giorni arrivano a fine coltura; ed inoltre

possiedono capacità nutrizionali che difficilmente si riscontrano in altri alimenti.

A tal proposito basta pensare che la patata è ricca di vitamine, potassio, fibre, e

ha proprietà antiossidanti e anti-ipertensione: se consumata con la buccia è

infatti fonte di benefici nella prevenzione dell'infarto e delle patologie

coronariche. Un tubero al giorno è sufficiente a coprire il 21% del potassio

necessario al nostro corpo, facilitando il metabolismo del calcio e quindi la

formazione e consolidamento delle ossa. Inoltre la patata contiene glutatione,

che ha funzione preventiva per alcuni tipi di tumore. Essa inoltre presenta al

suo interno carboidrati sotto forma di amidi e quando viene cotta dà la

sensazione di saziare in maniera consistente, aspetto questo che potrebbe

contrastare il fenomeno dell’obesità, presente in modo pericoloso ai giorni nostri

(a questo proposito è bene sottolineare che questo prodotto, se privo di

condimento, viene spesso inserito nelle diete dimagranti).

Si pensa inoltre che un’intensificazione a livello mondiale della coltivazione di

patate potrebbe risolvere l’eterno problema del costante aumento del prezzo del

grano, prendendo il posto di quest’ultimo.

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50

Pensando ai Paesi in via di sviluppo, come l'India e l'Africa in cui la domanda di

alimenti aumenterà nei prossimi anni, l'estensione della coltivazione di patate

potrebbe rappresentare una svolta per risolvere il problema della fame nel

mondo.

Se invece pensiamo agli aspetti ecologici, si ritiene che i resti della lavorazione

possano essere utilizzati, mediante tecnologie moderne, per la produzione di

energia e di plastica riciclabile1.

Per questi svariati motivi, sebbene le patate non risultino essere così “ attraenti”

e non godano della fama di essere un prodotto nobile, ad esse l’assemblea

generale dell’ONU ha dichiarato addirittura un’intera annata, il 2008 come

“Anno Internazionale dalla Patata” . Questo per “approfondire la comprensione

del ruolo della patata nell'agricoltura mondiale, nell'economia e nella sicurezza

alimentare globale e promuovere la ricerca e lo sviluppo di sistemi agricoli

basati sulla patata come via per contribuire al raggiungimento degli Obiettivi di

Sviluppo del Millennio”2.

Analizzare l’atteggiamento nei confronti della patata è importante per riuscire a

migliorarne i metodi di coltivazione e di vendita, e ciò lo si raggiunge con una

migliore informazione del pubblico e degli operatori del settore, e tramite

l’adozione di politiche e legislazioni che permettano la valorizzazione del suo

potenziale.

Dal punto di vista del marketing la patata, considerata una commodity, sta

trovando delle nuove ed interessanti collocazioni sul mercato, grazie ad

operazioni di comunicazione delle aziende degne dei prodotti più “ ricchi”3.

Alcuni fattori strategici di questo prodotto sono:

! innanzitutto una diversificazione di varietà (rossa, novella, zagara, rubino,

ecc..), ognuna delle quali con caratteristiche e sapore differente;

! gli adattamenti secondo funzioni d'uso, che ne permettono l'utilizzo in

maniera differente (ad esempio crude o cotte);

! le scelte di packaging, che stanno permettendo il posizionamento sullo

scaffale in maniera differenziale;

1 Da www.eurosalus.com, di Ivano Gregorini “2008, anno della patata”.2 Da Corriere Della Sera (14/01/2008), di Germano Antonucci “Il 2008? L’anno della patata. E non solo”.3 Da www.marketingFocus.it, “Il marketing delle patate”, (30/04/2007).

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51

! l’innovazione, che viene spinta per ottenere prodotti sempre più facilmente e

direttamente utilizzabili dal consumatore finale.

Risulta quindi di interesse comprendere come i soggetti si comportano di fronte

a questo prodotto e quale sia la percezione di qualità che essi hanno dello

stesso: sapere quali sono le determinanti che innescano l’acquisto e le opinioni

sulla patata aiuta gli operatori economici a capire come agire sul mercato e

quali informazioni mettere in atto per promuovere il prodotto.

Obiettivo di questa tesi è esplorare l’atteggiamento nei confronti di questo

prodotto alimentare investigando le opinioni, le abitudini e il comportamento

d’acquisto verso le patate.

In questo capitolo, dopo aver descritto il questionario e aver preso visione del

campione oggetto dell’indagine, vengono analizzate due domande tramite

l’analisi fattoriale esplorativa: la prima volta a raccogliere le determinati

d’acquisto delle patate e la seconda che chiedeva di esprimere il grado di

accordo rispetto ad alcune opinioni sulle patate.

3.2 L’indagine

Lo studio empirico è stato condotto tramite interviste dirette face to face

realizzate attraverso la somministrazione di un questionario strutturato ad un

campione rappresentativo di 714 consumatori intervistati nella Regione Friuli

Venezia Giulia, presso i punti vendita della grande distribuzione della provincia

di Pordenone.

Poiché le risposte mancanti sono concentrate in un numero ridotto di

questionari, si è deciso di effettuare le analisi presentate nel seguito sulle 596

interviste nelle quali si sono ricevute tutte le risposte.

Il questionario somministrato si articola in due sezioni4. La prima intesa ad

individuare le caratteristiche socioeconomiche e socio-culturali degli intervistati,

raccogliendo informazioni, oltre che sull’età e sulla provenienza, anche sulla

situazione lavorativa, il titolo di studio, la composizione del nucleo familiare,

ecc.

4 Per una visione del questionario complessiva si veda l’APPENDICE.

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52

La seconda parte è invece orientata ad esplorare le abitudini di frequenza al

consumo e la percezione della qualità del prodotto oggetto dell’analisi.

In particolare si chiede di indicare con quale frequenza vengano acquistati

diversi prodotti alimentari, a seconda se essi sono a marca commerciale oppure

“made in Italy” .

Successivamente si entra nello specifico delle patate, chiedendo ad esempio

quali marchi o varietà di patate sono conosciuti e acquistati dall’intervistato. Un

altro elemento presente nell’indagine riguarda il “ formato” che i soggetti

intervistati sono soliti acquistare, distinguendo in particolare tra la confezione

“vertbag” , “ reticelle” e “sacchetto” .

Le informazioni successive, di diretto interesse di questo studio, sono quelle

raccolte tramite scala ordinale con punteggi da uno a sette. Esse vogliono

individuare l’importanza del prodotto, se il gusto viene apprezzato (e quanto è

apprezzato) e la frequenza di consumo. Infine vengono rilevate le informazioni

sulle determinanti d’acquisto e sulle opinioni.

3.3 Il campione

Ai fini della nostra analisi l’interesse si è rivolto principalmente alla seconda

parte del questionario, tuttavia è utile capire come è composto il campione e

quali siano le caratteristiche principali degli intervistati.

I grafici in Figura 3.1 riportano alcune informazioni socio-demografiche che

descrivono sinteticamente il campione.

Il campione è costituito in prevalenza da donne, cosa immaginabile visto il

contesto in cui è stata svolta la rilevazione; i soggetti provengono quasi tutti

dall’Europa Occidentale e per quanto riguarda la situazione lavorativa si nota

una percentuale maggiore di intervistati che svolgono la mansione di impiegati.

Inoltre l’ampiezza del nucleo familiare varia prevalentemente da due fino a

quattro componenti per famiglia.

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Figura 3.1 Distribuzione delle caratteristiche socio-demografiche del campione.

Un altro elemento interessante è vedere quale sia il luogo preferito dal

campione per effettuare i propri acquisti. È noto che il concetto di forma

distributiva ha un’importanza fondamentale nel caratterizzare l’offerta

commerciale, in quanto identifica una particolare tipologia del punto di vendita

sotto il profilo dei servizi offerti.

Le forme distributive sono diverse nell’ambito della distribuzione grocery

rispetto agli altri settori commerciali: esso infatti include i prodotti alimentari, i

beni per la pulizia della casa e per l’igiene personale e gli altri articoli non

durevoli che costituiscono il normale assortimento offerto da un supermercato.

Più semplicemente è possibile definirli beni di largo consumo, caratterizzati da

un modesto livello di coinvolgimento del consumatore nel processo di acquisto.

Le tipiche forme della distribuzione grocery sono i supermercati e gli

SESSO

MaschiFemmine

PROVENIENZA

Europa Occidentale

Europa Orientale

Africa

Nord America

Centro-Sud America

Asia

NUMERO PERSONE IN FAMIGLIA

1

2

3

4

5

6 o più

SITUAZIONE LAVORATIVA

Operaio

Impegato

Dirigente

Commerciante

Imprenditore

Docente

Studente

Casalinga

Libero Professionista

Pensionato

Disoccupato

Altro

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54

ipermercati5, che hanno preso il posto del negozio tradizionale di beni alimentari

poiché offrono le caratteristiche di libero servizio e convenienza di prezzo e

presentano notevoli dimensioni a riguardo della superficie di vendita e

ampiezza dell’assortimento (Grandinetti, 2002).

Considerato il luogo in cui è stata effettuata l’intervista, è facile aspettarsi che il

campione in questione dichiari di svolgere i propri acquisti presso assortimenti

commerciali ampi e molto profondi (Figura 3.2). Interessante è però notare

come i dettaglianti e il mercato cittadino rientrino comunque nelle scelte dei

luoghi d’acquisto.

Figura 3.2 Distribuzione delle forme distributive dove vengono effettuati gli acquisti.

5 L’ipermercato è un esercizio di vendita al dettaglio, organizzato prevalentemente a libero servizio, con

pagamento all’uscita, che si estende su una superficie di vendita non inferiore a 2500 mq. Distribuisce

beni alimentari e non e la sua filosofia è basata sulla convenienza di prezzo al consumatore con margini

bassi per il distributore. Si differenzia dal supermercato per una minore profondità nell’assortimento, e si

distingue dai grandi magazzini per l’assortimento non food più banalizzato e con un coefficiente di

servizio commerciale più basso. Gli ipermercati sono localizzati prevalentemente in aree urbane

periferiche per utilizzare ampi spazi a destinazione commerciale o per sfruttare le grandi arterie di

traffico. Il supermercato si estende su una superficie superiore a 400 mq; nel tempo questa forma

distributiva ha visto crescere l’importanza dei reparti dei prodotti freschi. Esistono piccoli supermercati

che sfruttano il fattore prossimità, fino al supermercato di grandi dimensioni (o integrato), che non si

differenzia molto per composizione e superficie dagli ipermercati più piccoli (Grandinetti, 2002).

SOLITAMENTE DOVE SVOLGE I SUOI ACQUISTI ALIMENTARI?

Super/Ipermercato

Dettagliante

Mercato cittadino

Produttori Locali

Vendita a domicilio

Altro

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55

3.4 Il comportamento d’acquisto

La seconda parte del questionario vuole rilevare le “abitudini di frequenza” ,

analizzando la propensione all’acquisto di prodotti a marca commerciale e

prodotti “made in italy” ed il formato preferito, oltre che rilevare le opinioni e le

determinanti d’acquisto del prodotto, che saranno però esaminati con maggior

attenzione nei paragrafi seguenti.

Agli intervistati è stato chiesto di specificare con quale frequenza acquistano

determinati prodotti alimentari, scegliendo in particolare tra quattro possibilità:

mai, raramente, spesso, occasionalmente.

Per non uscire dal nostro focus di analisi, si è deciso di riportare qui solamente

la sintesi del prodotto oggetto di studio, e cioè della patata.

La maggior parte delle persone intervistate hanno dichiarato di acquistare

spesso le patate made in Italy (321 intervistati) e mai o di rado le patate a

marca commerciale (311). Questo a conferma di quanto emerso nel capitolo

uno, ossia del fatto che, come ritengono molti autori, recentemente si assiste al

ritorno ai valori rurali, in cui la dimensione del luogo di provenienza viene

valutata in modo significativo prima di procedere all’acquisto. In particolare è

interessante notare come il marchio commerciale, per un prodotto agricolo

come la patata, non gioca un ruolo significativo ma più importante è invece

guardare dove è stato coltivato, dando risalto al Paese di origine.

Per quanto riguarda il formato, il campione esaminato dichiara di preferire

maggiormente il confezionamento delle patate in reticelle (Figura 3.3); ciò

probabilmente è dovuto al fatto che questo tipo di formato è il più conosciuto

per i prodotti provenienti dal settore agricolo e probabilmente è anche il più

ecologico6.

6 Il formato vertbag è una tipologia di borsa, chiusa mediante termosaldatura, la cui caratteristica

principale è l’ampio spazio utilizzabile come supporto stampa, consentendo così all’azienda produttrice di

rendere visibile sulla confezione un gran numero di informazioni, che solitamente non appaiono nel

confezionamento a reticelle o quando la frutta o la verdura viene acquistata sfusa (da

www.ermesagricoltura.it di Scarapelli D.).

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Figura 3.3 Distribuzione del formato/confezionamento preferito.

QUALE FORMATO PREFERISCE?

Vertbag

Reticelle

Sacchetto di plastica

Sfuse

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CAPITOLO QUARTO

Analisi fattoriale esplorativa

Le domande di interesse per la nostra analisi vengono misurate da una scala

ordinale. Essa viene utilizzata per valutare l’atteggiamento di un intervistato nei

confronti di una affermazione e prevede di chiedere al soggetto il grado di

accordo o disaccordo (o l’importanza) rispetto ad alcune affermazioni (items).

Nel nostro caso il grado di accordo/disaccordo viene rilevato con una scala a

sette modalità, in cui uno indica disaccordo completo (o importanza minima)

verso un’affermazione e sette indica il pieno accordo.

4.1 Le determinanti d’acquisto

La prima domanda su cui si è svolta l’analisi fattoriale esplorativa vuole

individuare le determinanti d’acquisto delle patate (Tabella 4.1), chiedendo agli

intervistati di “ classificare su una scala da 1 a 7 una serie di determinanti

d’acquisto delle patate, in cui il punteggio uno è il più basso e sette il più alto” .

Guardando brevemente alle medie a fini descrittivi, si nota che la variabile con

punteggio inferiore è quella relativa alla pubblicità; a seguire troviamo la

variabile relativa alla marca commerciale. Il punteggio medio più alto invece lo

si ha per l’item relativo alle “ caratteristiche qualitative visibili” . Osservando

inoltre i valori dello standard error vediamo che l’item appena citato è il più

concentrato attorno al valore medio (st.error pari a 1.54). Sempre restando ai

valori riportati dallo standard error si osserva che il più alto valore lo si ha in

corrispondenza dell’item “ promozioni” . Interessante è inoltre osservare come

l’item relativo alla pubblicità, oltre ad avere un valor medio basso, presenti

anche uno standard error piuttosto elevato (1.86).

Una ulteriore osservazione può essere fatta relativamente agli items “ varietà” e

“certificazione della qualità” , i quali presentano due medie pressoché uguali ma

standard error diversi (1.56 e 1.84 rispettivamente per “ varietà” e “ certificazione

di qualità” ).

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58

Guardando alla differenza interquantile, notiamo inoltre che la più elevata si ha

in corrispondenza dell’item “ marca commerciale” , in cui il primo quartile

presenta un valore pari a 1 mentre il terzo quartile presenta un valore pari a 5.

Tabella 4.1 Items usati per misurare le determinanti d’acquisto.

Passando invece all’analisi di interesse sulle covarianze, la Tabella 4.2

suggerisce di descrivere queste dodici variabili tramite sei fattori latenti,

ottenendo in questo caso un valore dell’indice RMSEA pari a 0.037 e una

statistica chi-quadrato non significativa al livello del 5% (p-value 0.059).

Tabella 4.2 Analisi fattoriale e bontà di adattamento.

In particolare, mediante la rotazione promax, dai dati si ottengono i sei fattori

descritti in Tabella 4.3.

Le variabili risultano raggruppate in maniera soddisfacente per quanto riguarda

la logica della teoria economica: è ragionevole infatti che la “provenienza” , il

”metodo di produzione” (il quale presenta il peso maggiore nel fattore) e la

”certificazione di qualità” risultino misurare assieme un fattore, il quale può

quindi descrivere la ricerca del benessere soggettivo da parte del consumatore

Factors Chi2 df P RMSEA

------- ---- -- - -----

0 2368.11 66 0.000 0.242

1 1146.27 54 0.000 0.185

2 597.50 43 0.000 0.147

3 291.05 33 0.000 0.115

4 151.59 24 0.000 0.095

5 47.66 16 0.000 0.058 6 16.41 9 0.059 0.037

ITEM MEDIA ST.ERROR 1° QUARTILE 3° QUARTILE

Marca Commerciale 3,39 1,96 1,00 5,00

Prezzo 4,84 1,87 4,00 6,00Packaging/Confezione 3,59 1,75 2,00 5,00Formato/Quantità 4,62 1,58 4,00 6,00Tipologia d'utilizzo 5,09 1,57 4,00 6,00Promozioni 4,39 2,03 3,00 6,00Luogo di provenienza 5,15 1,78 4,00 7,00Metodo di produzione (es. biologico) 4,49 2,00 3,00 6,00Pubblicità 2,80 1,86 1,00 4,00Caratteristiche qualitative visibili 5,76 1,54 5,00 7,00Varietà 4,97 1,56 4,00 6,00Certificazione di qualità 4,93 1,84 4,00 7,00

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(si veda cap.1.2), attento agli effetti dell’attività di produzione e alla dimensione

del prodotto in senso fisico, con particolare attenzione agli ingredienti utilizzati e

ai metodi di produzione, aspetti che, contornati dalla certificazione di qualità,

garantiscono una elevata fiducia per l’acquirente; tale fattore può essere

chiamato garanzia.

Per tutte e tre queste variabili i punteggi assegnati dagli intervistati si attestano

attorno a valori piuttosto elevati, il che indica una discreta attenzione verso

questi aspetti legati alla produzione.

Il secondo fattore racchiude le variabili “prezzo” e “ promozioni” , e questo

richiama l’attenzione al costo che i soggetti devono fronteggiare di fronte a

qualsiasi acquisto; in questo caso il peso maggiore nel fattore si ha in

corrispondenza della variabile “promozioni” .

Anche se talvolta si è disposti a pagare un prezzo superiore per aver garantita

una certa qualità, l’attenzione al prezzo risulta comunque determinante per il

bilancio familiare: da qui è fondamentale la scelta del luogo d’acquisto, con la

corsa verso la grande distribuzione o i luoghi d’acquisto che permettono di

spuntarla sul costo, offrendo interessanti agevolazioni tramite particolari offerte

promozionali. Chiameremo questo fattore prezzo.

La rinnovata attenzione al prezzo è presente anche nel nostro campione,

presentando delle medie superiori al valore quattro.

Il terzo fattore è rappresentato dalle variabili “ formato” e “ confezione” .

Difficilmente questo aspetto può essere collegato, come si accennava nel

capitolo 1.2, al fenomeno della destrutturazione dei pasti, che comporta una

riorganizzazione del momento del consumo alimentare, rivolto sempre più al di

fuori dell’ambiente casalingo e quindi richiede la necessità di poter avere un

determinato tipo di confezione in base al luogo di fruizione; sembra più intuitivo

invece considerare il formato come una caratteristica legata allo spazio

necessario per poterle conservare in casa. È bene osservare inoltre che il peso

maggiore in questo fattore si ha in corrispondenza della variabile “ confezione” ,

e forse in questo senso si potrebbe pensare ad una certa attenzione dei

consumatori verso l’aspetto “estetico” del prodotto. In ogni caso etichettiamo

questo fattore con packaging.

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Il quarto fattore è caratterizzato dalle variabili “ caratteristiche qualitative visibili”

e “ varietà” , che richiama l’attenzione verso l’aspetto fisico del prodotto e il suo

aspetto intrinseco; pertanto chiameremo questo fattore caratteristiche

intrinseche, abbreviato car.intrinseche. In particolare è interessante il fatto che il

punteggio medio relativo alle “ caratteristiche qualitative visibili” è piuttosto

elevato, segno che sicuramente l’aspetto esteriore del prodotto gioca un ruolo

molto importante nelle decisioni d’acquisto in merito a questo tipo di prodotti.

Gli ultimi due fattori sono misurati da un solo indicatore, rispettivamente da

“marca commerciale” e “pubblicità” . La media della variabile “pubblicità”

presenta il valore più basso tra le variabili fin qui analizzate, indice che

probabilmente per la patata la pubblicità non è determinante nel guidare le

decisioni d’acquisto (ed infatti è difficile ricordare spot di aziende agricole rivolti

a pubblicizzare le patate).

Il valore basso riportato dalla variabile “marca commerciale” è in accordo con

quanto emerso nel paragrafo 3.4, e cioè la scarsa attenzione che viene data al

marchio commerciale quando si parla di patate.

L’ultima variabile presentata è la “ tipologia d’utilizzo” . Essa presenta saturazioni

basse in corrispondenza di tutti i fattori e la sua varianza unica è piuttosto

elevata, e ciò sta a significare che la variabile in questione non ha ipotetiche

relazioni con nessuno dei fattori estrapolati dai dati. Questo è un motivo che

spinge il ricercatore a togliere dall’analisi la variabile, cercando così di ottenere

un modello migliore e più significativo ai fini della ricerca; questo va fatto

ovviamente con le dovute cautele, cercando di capire se il miglioramento in

termini statistici porta a togliere una variabile interessante dal punto di vista

teorico.

Tabella 4.3 Pesi fattoriali con sei fattori e dodici variabili.

Factor 1 Factor 2 Factor 3 Factor 4 Factor 5 Factor 6 UniqueVar

-------- -------- -------- -------- -------- --------

PROVENIENZA 0.69 -0.08 0.02 -0.06 0.11 -0.17 0.45

PRODUZIONE 0.96 0.06 -0.08 -0.04 -0.10 0.18 0.22

CERTIFICAZ 0.62 -0.02 0.10 0.10 0.02 0.12 0.47

PREZZO -0.11 0.53 0.20 -0.02 0.09 -0.04 0.51

PROMOZIONE 0.04 1.10 -0.10 -0.06 -0.05 0.12 0.00

CONFEZIONE -0.01 -0.08 1.01 -0.06 -0.08 0.30 0.22

FORMATO -0.04 0.04 0.59 0.07 0.02 -0.13 0.52

CARATT.QUAL 0.05 0.16 -0.05 0.55 -0.07 -0.09 0.59

VARIETA -0.05 -0.12 -0.04 1.02 0.01 0.15 0.20

MARCACOM -0.02 -0.03 -0.06 -0.01 1.04 0.16 0.00

PUBBLICITA 0.17 0.14 0.22 0.11 0.17 0.72 0.34

UTILIZZO 0.12 0.08 0.05 0.18 0.07 -0.33 0.67

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Prima di procedere con l’eliminazione di variabili si è provato a condurre l’analisi

esplorativa sullo stesso numero di variabili però assegnando un numero di

fattori pari a cinque, con il quale si otteneva un RMSEA pari a 0.058. I risultati

non vengono riportati in forma dettagliata, tuttavia anche in questo caso

vengono confermati i quattro fattori trovati in precedenza (garanzia, prezzo,

packaging e car.intrinseche), è ribadito il legame praticamente nullo della

variabile “utilizzo” con ognuno dei cinque fattori, in aggiunta però si scopre che

la variabile “ marca commerciale” presenta ora saturazioni basse (quella più alta

è pari a 0.30), non sufficienti per poterla legare a nessuno dei fattori (la

saturazione più elevata si ha in corrispondenza del fattore packaging).

Provando a togliere la variabile “utilizzo” e stimando pertanto il modello con

undici variabili e con cinque fattori, l’RMSEA peggiora lievemente rispetto a

prima, pertanto non sembra questa essere la soluzione migliore.

Si è provato allora ad eliminare dal modello anche la variabile “marca

commerciale” , che nel caso di cinque fattori non legava in modo significativo

con nessuno di essi ed inoltre si è visto essere una caratteristica non

fondamentale a descrivere la frequenza d’acquisto per le patate.

Ne risulta che con cinque fattori si ottiene un ottimo modello sia in termini di

RMSEA (0.01) che di statistica chi-quadrato (p-value pari a 0.384). Con quattro

fattori si ottiene invece un modello discreto (RMSEA inferiore a 0.08) e poiché il

nostro obiettivo è ridurre la complessità della realtà cercando di spiegare le

determinanti d’acquisto con il minor numero di fattori, si è provato a stimare il

modello sia con cinque sia con quattro fattori.

In particolare con cinque costrutti latenti si ottengono nuovamente i quattro

fattori garanzia, prezzo, packaging e car.intrinseche e ancora troviamo il fattore

della pubblicità isolato.

L’analisi sulle stesse variabili però con quattro fattori porta ad escludere, come

d’altronde ci si aspettava, la variabile pubblicità, dal momento che il suo legame

viene “disperso” sui quattro fattori rimasti invariati fin dall’inizio, presentando

saturazioni basse che non legano in modo evidente con nessun fattore.

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Siamo giunti così ad un buon livello di analisi per quanto riguarda questo

gruppo di items, che da un lato ci ha permesso di semplificare la realtà

riducendo il numero di variabili, dall’altro lato però abbiamo scoperto che per

spiegare le determinanti d’acquisto delle patate esistono quattro fattori, ai quali

siamo riusciti a dare anche un’interpretazione compatibile con la teoria

economica.

Si possono allora riassumere i fattori trovati e le rispettive variabili, riportando i

risultati finali mediante la Tabella 4.4 per la decisione del numero di fattori e la

Tabella 4.5 con la suddivisione delle variabili tra i fattori con il metodo di

rotazione promax.

Tabella 4.4 Analisi fattoriale e bontà di adattamento.

Tabella 4.5 Pesi fattoriali con quattro fattori e nove variabili.

4.2 Le opinioni

Si procede ora all’analisi esplorativa per la seconda domanda del questionario,

che racchiude il gruppo di items che misurano il pensiero delle persone

intervistate riguardo le patate.

Factor 1 Factor 2 Factor 3 Factor 4 Unique Var

-------- -------- -------- -------- ----------

PROVEN 0.61 -0.05 0.07 0.11 0.51

PRODUZ 0.91 0.08 -0.09 -0.06 0.26

CERTIF 0.64 0.00 0.13 0.09 0.45

PREZZO -0.10 0.48 0.30 0.05 0.52

PROMOZ 0.07 1.02 -0.03 -0.03 0.00

CONFEZ 0.07 -0.04 0.82 -0.14 0.41

FORMATO -0.09 0.00 0.63 0.17 0.52

CARQUAL -0.02 0.13 -0.11 0.71 0.51 VARIETA 0.06 -0.13 0.03 0.75 0.40

Factors Chi2 df P RMSEA

------- ---- -- - -----

0 1264.73 45 0.000 0.316

1 605.88 34 0.000 0.267

2 287.95 28 0.000 0.130

3 86.70 18 0.000 0.088

4 50.65 10 0.000 0.080

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La domanda posta è la seguente: “ Qui di seguito troverà alcune affermazioni

che possono descrivere quello che le persone pensano delle patate. Le

chiediamo di esprimere la sua personale opinione indicando quanto si trovi

d’accordo, su una scala da 1 a 7, con il contenuto di ogni frase. Valuti ogni

affermazione come a se stante senza considerare le risposte precedentemente

date.”

Come si vede in Tabella 4.6, tutti gli items sono misurati da scale ordinali dirette

ad eccezione di uno (“possono provocare mal di stomaco” ), in cui la

misurazione avviene in modo inverso: questo item infatti misura un aspetto

“negativo” riguardo la patata e un individuo che assegna un punteggio alto a

questa proposizione sta affermando di essere pienamente d’accordo; invece

punteggi alti assegnati a tutti gli altri items indicano un’opinione positiva nei

confronti delle patate. Poiché questo aspetto potrebbe comportare dei problemi

nel momento in cui ci effettua l’analisi fattoriale, si è deciso di invertire i valori

assegnati dagli individui per “ regolarizzarli” con tutto il resto del questionario1.

Dopo aver compiuto l’operazione di ri-codifica della variabile “ stomaco” , si

presentano le medie relative ad ogni affermazione calcolate sulla base delle

risposte del nostro campione.

Come si vede in tabella, gli individui intervistati si dichiarano maggiormente

d’accordo con l’affermazione “sono buone al forno” e “ sono buoni gli gnocchi” ,

mentre la media più bassa viene rilevata in corrispondenza dell’affermazione

“sono consigliate in una dieta dimagrante” ; possiamo osservare che tale item

presenta anche il valore più elevato in termini di standard error (1.93), con uno

scarto interquantile pari a 4, mentre i due item “ sono buone al forno” e “ sono

buoni gli gnocchi” presentano standard error molto bassi (addirittura l’item “ sono

buone al forno” presenta il valor medio più elevato e lo standard error più

basso); questo pertanto va a confermare come la maggioranza delle persone si

trovi sostanzialmente in accordo con il giudizio relativo all’affermazione “ sono

buone al forno” .

1 Invertendo la scala dei punteggi è come se fosse stato invertito il significato dell’affermazione,

diventando in questo modo “Non possono provocare mal di stomaco”.

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Tabella 4.6 Items usati per misurare le opinioni circa le patate.

L’analisi esplorativa per questo gruppo di variabili, data la presenza di 26 items,

ha richiesto un maggior numero di passi. Nel seguito si presenta un breve

riassunto del percorso seguito.

La Tabella 4.7 presenta il grado di adattamento per i modelli fino a dodici fattori.

Considerati i buoni valori dell’RMSEA, è stata sviluppata l’analisi con un numero

di fattori variabile da sei a dodici; un’evidenza stabile è che l’item “ è un prodotto

naturale” non lega in modo significativo con nessun fattore e pertanto è stato

subito eliminato.

ITEM MEDIA ST.ERROR 1° QUARTILE 3° QUARTILESono convenienti 4,98 1,61 4,00 6,00Sono facili da cucinare 5,64 1,37 5,00 7,00Si consumano durante i pasti principali 5,09 1,59 4,00 6,50Sono ben tollerate dall'organismo 5,10 1,47 4,00 6,00Sono salutari 5,15 1,40 4,00 6,00Piacciono ai bambini 5,86 1,34 5,00 7,00Sono un prodotto con poche calorie 3,90 1,69 3,00 5,00Sono facili da masticare 5,60 1,46 5,00 7,00Fanno bene all'organismo 4,88 1,47 4,00 6,00Possono provocare mal di stomaco 4,89 1,83 4,00 6,00Sono consigliate in una dieta dimagrante 3,30 1,93 1,00 5,00Sono un prodotto adatto a molti impieghi/ricette 5,74 1,43 5,00 7,00La marca è indice di qualità 3,83 1,91 2,00 5,00Sono buone fritte 5,79 1,50 5,00 7,00Sono facilmente digeribili 4,64 1,48 4,00 6,00E' più buona la tipologia "patata novella" 4,87 1,66 4,00 6,00Lasciano un buon sapore in bocca 4,85 1,54 4,00 6,00Hanno un buon rapporto qualità/prezzo 5,18 1,44 4,00 6,00Sono un prodotto che si consuma regolarmente 5,17 1,48 4,00 6,00Accontentano tutti in famiglia 5,65 1,40 5,00 7,00Sono buone lesse 5,32 1,61 4,00 7,00Sono buone al forno 5,96 1,25 5,00 7,00Sono buoni gli gnocchi 5,88 1,38 5,00 7,00Sono un prodotto naturale 5,72 1,29 5,00 7,00Sono ricche di vitamine 4,47 1,57 4,00 6,00Rinforzano le difese immunitarie 3,84 1,65 2,00 5,00

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Tabella 4.7 Analisi fattoriale e bontà di adattamento.

Dalle successive analisi tuttavia si è visto che ci sono altre variabili con

saturazioni incerte, le quali hanno dimostrato di non appartenere in modo

specifico a nessuno dei fattori stimati e pertanto sono state tolte dall’analisi;

esse sono: “ sono un prodotto adatto a molti impieghi/ricette” , “ la marca è un

indice di qualità” e “sono facilmente digeribili” .

Una volta ridotto il numero di variabili (arrivando a considerarne ventidue), si è

proceduto nuovamente con l’analisi esplorativa; la tabella per la decisione del

numero di fattori evidenzia un RMSEA di 0.066 in corrispondenza di 9 fattori, e

un RMSEA di 0.074 per 7 fattori e, dal momento che esso rientra nel range di

accettabilità, si è provato a stimare le saturazioni con quest’ultimo numero di

fattori.

A questo punto per le variabili che fin dall’inizio presentavano margini di

incertezza nel legame con i fattori tale debolezza viene qui nuovamente

confermata. Esse sono “sono convenienti” , ” sono facili da cucinare” , “ si

consumano durante i pasti principali” , “ piacciono ai bambini” , “ possono

provocare mal di stomaco” , “è più buona la tipologia patata novella” .

Si è giunti pertanto a ridurre la complessità del questionario, considerando

solamente 16 variabili; anche se tale numero sarà destinato ad abbassarsi

nuovamente, vale la pena di soffermarci per vedere quali sono gli items che

stiamo considerando, presentando alcuni valori dell’adattamento e i gruppi di

variabili che identificano i fattori (si vedano le Tabelle 4.8 e 4.9).

Factors Chi2 df P RMSEA

------- ---- -- - -----

0 7664.70 325 0.000 0.195

1 3127.80 299 0.000 0.126

2 1947.00 274 0.000 0.101

3 1422.85 250 0.000 0.089

4 1137.22 227 0.000 0.082

5 899.36 205 0.000 0.076

6 751.47 184 0.000 0.072

7 603.66 164 0.000 0.067

8 492.64 145 0.000 0.064

9 399.46 127 0.000 0.060

10 310.76 110 0.000 0.055

11 232.05 94 0.000 0.050 12 171.88 79 0.000 0.044

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66

Tabella 4.8 Analisi fattoriale e bontà di adattamento.

Con le variabili ora considerate, Lisrel suggerisce che con sei o sette fattori il

modello è discreto (RMSEA rispettivamente pari a 0.063 e 0.057).

Con il metodo di rotazione promax sono stati stimati i valori delle saturazioni,

così da poter dare un nome ai fattori (Tabella 4.9).

Tabella 4.9 Pesi fattoriali con sei fattori e sedici variabili.

Possiamo pertanto affermare che:

! “sono ben tollerate dall’organismo” e “sono salutari” costituiscono un fattore

che possiamo identificare con il nome benefici;

! un fattore che chiamiamo leggerezza è costituito dalle variabili “ sono un

prodotto con poche calorie” e “sono consigliate in una dieta dimagrante” ;

! un fattore versatilità è caratterizzato dalle variabili “ sono buone lesse” , ” sono

buone al forno” , ”sono buoni gli gnocchi” ;

! le variabili “ sono ricche di vitamine” e “rinforzano le difese immunitarie”

rappresentano un fattore che possiamo chiamare proprietà nutrizionali;

Factors Chi2 df P RMSEA

------- ---- -- - -----

0 4592.43 120 0.000 0.250

1 1975.91 104 0.000 0.174

2 1095.11 89 0.000 0.138

3 678.03 75 0.000 0.116

4 425.49 62 0.000 0.099

5 250.52 50 0.000 0.082

6 130.54 39 0.000 0.063

7 84.58 29 0.000 0.057

Factor 1 Factor 2 Factor 3 Factor 4 Factor 5 Factor 6 UniqueVar

-------- -------- -------- -------- -------- --------

TOLLRANZA 0.76 0.08 0.12 0.03 0.03 -0.12 0.29

SALUTARI 0.91 -0.04 0.04 0.07 -0.09 0.05 0.15

ORGANISMO 0.41 0.09 -0.04 -0.06 0.46 0.11 0.36

CALORIE 0.02 0.64 -0.03 -0.01 0.23 0.06 0.48

DIETA 0.02 0.74 0.00 0.04 -0.05 0.09 0.39

RAPP.Q/P 0.09 -0.09 0.59 -0.06 0.00 0.09 0.59

CONSUMO 0.05 0.00 0.91 -0.09 -0.05 0.01 0.26

FAMIGLIA -0.04 -0.03 0.66 0.28 0.06 -0.06 0.27

SAPORE -0.05 0.05 0.41 0.06 0.14 0.05 0.72

LESSE -0.02 0.22 0.26 0.60 -0.06 -0.08 0.48

FORNO 0.02 0.02 0.00 0.91 0.00 -0.06 0.18

GNOCCHI 0.06 -0.10 -0.07 0.73 0.02 0.16 0.38

MASTICARE -0.01 0.04 0.04 0.06 0.82 -0.10 0.27

FRITTE 0.01 -0.44 0.08 0.24 0.26 0.11 0.53

VITAMINE 0.02 0.01 -0.03 0.02 -0.05 0.89 0.22DIFIMMUNIT -0.05 0.22 0.05 -0.03 -0.05 0.69 0.38

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67

! il fattore tre riunisce invece una variabile legata al prezzo (“hanno un buon

rapporto qualità/prezzo” ) con il consumo regolare del prodotto (“ sono un

prodotto che si consuma regolarmente” ) e con il fatto che le patate

“accontentano tutta la famiglia” e “ lasciano un buon sapore” ; legare assieme

queste variabili non permette di identificare chiaramente un fattore

attribuendogli un nome, tuttavia si può pensare che il fatto che il prodotto

presenti un buon rapporto qualità prezzo, accontenti tutte le persone e

presenti un buon sapore possa portare un nucleo familiare a consumare il

prodotto spesso e con regolarità;

! le variabili “ fanno bene all’organismo” e “sono buone fritte” invece

presentano legami con più di un fattore; tuttavia se il fatto di essere buone

fritte non è interessante ai fini della nostra analisi, e quindi si è deciso di

eliminare tale variabile dal modello, lo stesso ragionamento non può essere

fatto per l’affermazione “ fanno bene all’organismo” , perché è un’opinione

che può risultare interessante nel seguito dell’analisi.

! Un altro problema è rappresentato dalla variabile “ sono facili da masticare” ,

poiché essa spiega da sola il fattore 5. Si è provato comunque a stimare un

nuovo modello includendola nell’analisi (eliminando pertanto solo “ fritte” di

cui al punto precedente) ottenendo valori dell’RMSEA del tutto

insoddisfacenti (il più basso è pari a 0.09). Si presume pertanto che questa

variabile possa creare non pochi problemi nell’analisi, pertanto si è provato a

toglierla dal gruppo.

Si è pertanto giunti a stimare un modello con quattordici variabili. Lisrel

suggerisce che sottostanti le variabili considerate esistono quattro fattori.

Osservando attentamente le saturazioni che si ottengono in questo caso si

nota facilmente che la variabile “hanno poche calorie” presenta una relazione

debole con due fattori e pertanto si è provato a toglierla dalla stima del

modello. Inoltre la variabile “ sono consigliate in una dieta dimagrante” sembra

essere legata in modo soddisfacente con il fattore quattro, ma allo stesso

tempo anche il legame con il fattore uno non è così irrilevante. Ad ogni modo,

eliminando solamente la variabile “ hanno poche calorie” , il valore dell’RMSEA

nel modello con 4 fattori è discreto (0.066).

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68

L’analisi fattoriale esplorativa si è conclusa qui, poiché sarà l’analisi fattoriale

confermativa che permetterà di ottenere informazioni più dettagliate riguardo ai

legami esistenti tra le variabili in esame.

A conclusione di questa prima parte vengono riportati, come fatto per il primo

gruppo di items, i risultati della tabella per la decisione del numero di fattori

(Tabella 4.10) e la tabella dei legami tra fattori e variabili osservate ottenute con

il metodo di rotazione promax (Tabella 4.11).

Tabella 4.10 Analisi fattoriale e bontà di adattamento.

Tabella 4.11 Pesi fattoriali con quattro fattori e tredici variabili.

Si può concludere l’analisi esplorativa per le opinioni avendo individuato un

fattore benefici misurato dagli items “ sono ben tollerate dall’organismo” , “ sono

salutari” e “ fanno bene all’organismo” ; un secondo fattore non ben definibile con

un termine preciso misurato da “hanno un buon rapporto qualità/prezzo” , “ sono

un prodotto che si consuma regolarmente” , “ accontentano tutta la famiglia” e

“lasciano un buon sapore in bocca” ; un altro fattore chiamato versatilità

Factors Chi2 df P DChi2 Ddf PD RMSEA

------- ---- -- - ----- --- -- -----

0 3621.13 78 0.000 0.277

1 1430.74 65 0.000 2190.39 13 0.000 0.188

2 814.52 53 0.000 616.22 12 0.000 0.156

3 372.76 42 0.000 441.76 11 0.000 0.115

4 115.87 32 0.000 256.89 10 0.000 0.066

5 73.55 23 0.000 42.32 9 0.000 0.061

6 27.44 15 0.025 46.11 8 0.000 0.037

7 9.09 8 0.334 18.35 7 0.010 0.015

Factor 1 Factor 2 Factor 3 Factor 4 Unique Var

-------- -------- -------- -------- ----------

TOLLRANZA 0.88 0.07 -0.02 -0.13 0.25

SALUTARI 0.84 0.03 0.07 -0.01 0.22

ORGANISMO 0.65 0.03 0.04 0.08 0.47

RAPP.Q/P 0.06 0.61 -0.05 0.03 0.60

CONSUMO 0.02 0.90 -0.11 0.04 0.27

FAMIGLIA -0.01 0.68 0.27 -0.08 0.27

SAPORE 0.04 0.42 0.08 0.07 0.73

LESSE 0.03 0.22 0.51 0.05 0.52

FORNO 0.01 -0.02 0.93 -0.03 0.16

GNOCCHI 0.04 -0.02 0.74 0.06 0.43

VITAMINE -0.01 0.03 0.07 0.74 0.44

IFIMMUNIT -0.12 0.01 0.00 0.96 0.16

DIETA 0.22 -0.11 -0.15 0.45 0.70

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69

caratterizzato dalle variabili “ sono buone lesse” , ” sono buone al forno” , ” sono

buoni gli gnocchi” ; ed infine un fattore proprietà nutrizionali misurato da “ sono

ricche di vitamine” e “ rinforzano le difese immunitarie” .

Sarà questo gruppo di items il punto di partenza per l’analisi confermativa,

discussa nel dettaglio nel prossimo capitolo.

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CAPITOLO QUINTO

Analisi fattoriale confermativa

L’analisi esplorativa descritta nel capitolo precedente ha permesso di

semplificare la realtà a nostra disposizione, mettendo in evidenza le variabili e i

fattori di diretto interesse per il nostro obiettivo.

Il passo successivo è quello di analizzare, mediante l’analisi confermativa, i due

gruppi di variabili a cui si è giunti in precedenza. Lo scopo è verificare con

maggior precisione l’adeguatezza del modello ai dati e valutare le modifiche che

possono essere apportate al modello ai fini di un utilizzo successivo nell’analisi

strutturale.

5.1 Modello di misura per le determinanti d’acquisto

Per quanto riguarda il primo gruppo di variabili l’analisi esplorativa ci ha

suggerito di considerarne nove per iniziare un’analisi confermativa. Con esse, e

con i fattori trovati in precedenza, si è stimato un modello confermativo (Figura

5.1). L’adattamento del modello ai dati in termini di RMSEA (0.080) è al limite

per essere considerato discreto.

Osservando in Taballa 5.1 i valori dell’R-quadro associato a ogni variabile,

osserviamo che “ car_qual” presenta il valore più basso; visionando inoltre i

modification index si nota facilmente che la stessa variabile presenta il valore

più alto in corrispondenza del fattore DET2 e ciò sta a significare che tale

variabile è in relazione anche con quest’ultimo fattore.

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72

Figura 5.1 Modello confermativo con nove variabili e quattro fattori.

Tabella 5.1 Valori di R-quadro e dei modification index.

La ricerca di specificazione in passi successivi ha portato all’eliminazione in un

primo momento dell’intero fattore det41 e successivamente dell’item

“produzione”2 dal primo fattore.

1 Il motivo di questa eliminazione è da ricercare nei valori elevati dei modification index (19.96) relativi

ad entrambe le variabili del fattore; eliminando questo fattore si ottiene un RMSEA pari a 0.072 ed un p-

value ancora pari a 0 che però tende ad aumentare (0.00001).2 Anche in questo caso la variabile è stata eliminata dal modello per il valore elevato dei modificationindex.

Squared Multiple Correlations for X - Variables

PROVENIE PRODUZIO CERTIFIC PREZZO PROMOZIO CONFEZIO FORMATO CAR_QUAL VARIETA

-------- -------- -------- -------- -------- -------- ------- -------- -------

0.52 0.61 0.58 0.69 0.58 0.48 0.51 0.39 0.67

Modification Indices for LAMBDA-X

DET1 DET2 DET3 DET4

-------- -------- -------- --------

PROVENIE - - 0.17 0.72 0.87

PRODUZIO - - 7.20 15.59 10.94

CERTIFIC - - 5.57 10.42 6.08

PREZZO 0.72 - - 0.80 0.18

PROMOZIO 0.72 - - 0.80 0.18

CONFEZIO 2.32 0.11 - - 8.80

FORMATO 2.32 0.11 - - 8.80

CAR_QUAL 6.28 19.96 5.62 - - VARIETA 6.28 19.96 5.62 - -

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73

Quello che si ottiene è un netto miglioramento (Figura 5.2).

Come si nota immediatamente, in questo caso si ha un buon adattamento in

termini di RMSEA (0.053), e anche il p-value relativo al test chi-quadro è

notevolmente aumentato, diventando non significativo addirittura ad un livello

dell’1%.

Figura 5.2 Modello di misura per le determinanti d’acquisto delle patate.

Dalla Tabella 5.2 si osserva che l’R-quadro più basso ora si ha in

corrispondenza della variabile provenienza (0.41), e i modification index

presentano tutti valori molto bassi inferiori a 2 (è noto che sono significativi al

5% valori al di sopra di 3.84).

Il valore del GFI è pari a 0.99, pertanto si conclude che l’adattamento del

modello ai dati è buono.

Tabella 5.2 Valori di R-quadro e dei modification index.

Squared Multiple Correlations for X - Variables

PROVENIE CERTIFIC PREZZO PROMOZIO CONFEZIO FORMATO

-------- -------- -------- -------- -------- --------

0.41 0.65 0.69 0.59 0.53 0.47

Modification Indices for LAMBDA-X

DET1 DET2 DET3

-------- -------- --------

PROVENIE - - 0.25 0.25

CERTIFIC - - 0.25 0.25

PREZZO 0.12 - - 0.12

PROMOZIO 0.12 - - 0.12

CONFEZIO 1.95 1.94 - - FORMATO 1.95 1.94 - -

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74

Arrivati a questo punto è pertanto possibile ritenere che il fattore garanzia,

misurato dalla “ provenienza” e dalla “ certificazione” , giochi un ruolo importante

nell’indirizzare le scelte d’acquisto nel caso delle patate; questo va a

confermare le teorie esposte in precedenza riguardanti in generale tutto il

settore dei beni alimentari.

Un altro aspetto di interesse è rappresentato dal fattore prezzo, misurato da

“prezzo” e “ promozione” : questo conferma nuovamente l’importanza che può

essere attribuita a tutte le occasioni di risparmio, in cui il consumatore riesce a

ottenere dei vantaggi di prezzo.

Per ultimo, ma sicuramente non meno importante, è il fattore riguardante il

confezionamento del prodotto: sia che esso riguardi il lato “ estetico” del

prodotto, sia che esso misuri elementi più pratici come può essere l’ingombro

occupato nella dispensa di casa, questo aspetto non è mai da sottovalutare.

5.2 Modello di misura per le opinioni

L’analisi confermativa per le variabili riguardanti le opinioni è stata effettuata a

partire dall’insieme di variabili a cui si è giunti al termine dell’analisi fattoriale

esplorativa: si trattava di tredici variabili raggruppate in quattro fattori.

Le variabili riunite in questo modo rivelano un RMSEA pari a 0.086 (Figura 5.3).

Come previsto anche dall’analisi esplorativa al capitolo precedente, la variabile

“dieta” presenta un R-quadro pari a 0.25, e ciò suggerisce che togliendola dal

modello probabilmente si ottiene un miglioramento. Ci sono altre due variabili

che presentano un R-quadro basso (“ rappQ_P” : 0.38 e ” sapore” : 0.27).

Anche in questo caso, la ricerca di specificazione in passi successivi ha portato

all’eliminazione di alcune variabili, qui di seguito elencate.

! La variabile “ dieta” e “ sapore” , per i motivi citati in precedenza.

! La variabile “ famiglia” per i valori elevati dei modification index (MI pari a

73.50 in corrispondenza del fattore opin3); inoltre vanno ricordate le

considerazioni fatte in occasione dell’analisi esplorativa, in cui si era rilevato

un margine di dubbio sul significato da attribuire a tale fattore perché riuniva

variabili molto diverse fra loro.

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! Le variabili relative al fattore opin3: in un primo momento veniva suggerito di

eliminare la variabile “ lesse” , ma, data la poca importanza di questo fattore

ai fini della nostra analisi, e visti gli effettivi miglioramenti ottenuti in termini di

RMSEA, è stato deciso di eliminare il fattore intero.

! La variabile “ tolleranza” , la quale presenta modification index piuttosto

elevati, dimostrando pertanto di essere legata anche ad altri fattori.

Figura 5.3 Analisi fattoriale confermativa per le opinioni.

Procedendo in questo modo si è ottenuto un modello che sembra avere un

adattamento molto buono ai dati rilevati con il nostro questionario. Come si nota

immediatamente il valore dell’ RMSEA è ottimo, e anche il p-value pari a 0.182

suggerisce l’esistenza di un ottimo adattamento del modello ai dati (Figura 5.4).

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Figura 5.4 Modello di misura per le variabili relative alle opinioni degli intervistati3.

Come emerge dalla Tabella 5.3, gli R-quadro relativi alle sei variabili sono tutti

abbastanza elevati (superiori a 0.45).

Inoltre il valore dell’indice GFI è pari a 1.00, a conferma dell’ottimo adattamento.

Anche i modification index non segnalano particolari anomalie e il q-q plot dei

residui standardizzati come evidenziato in Figura 5.5 è molto buono: si possono

considerare distribuiti normalmente.

Tabella 5.3 Valori di R-quadro e dei modification index.

Si è pertanto deciso di procedere nell’analisi delle relazioni causali mantenendo

questo modello di misura per descrivere le opinioni degli intervistati verso il

prodotto in questione.

3 Per semplicità di lettura, ora il fattore opin3 corrisponde al fattore definito in Figura 5.3 come opin4.

Squared Multiple Correlations for X - Variables

SALUTAR ORGANISM RAPP_QP CONSUMO VITAMIN DIF_IMM

-------- -------- -------- -------- -------- ------- 0.75 0.54 0.45 0.63 0.85 0.53

Modification Indices for LAMBDA-X

OPIN1 OPIN2 OPIN3

-------- -------- --------

SALUTAR - - 6.04 6.04

ORGANISM - - 6.04 6.04

RAPP_QP 0.16 - - 0.16

CONSUMO 0.16 - - 0.16

VITAM 0.20 0.20 - - DIF_IMM 0.20 0.20 - -

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77

Figura 5.5 Q-q plot dei residui standardizzati.

Al termine di questa analisi possiamo pertanto ritenere che il campione

intervistato risulta in accordo con il fattore opin1 legato agli aspetti nutrizionali e

di salute. Si dichiara inoltre in accordo con il fattore opin2 relativo agli aspetti di

prezzo e consumo del prodotto ed infine con il fattore opin3 relativo a

caratteristiche nutrizionali ed intrinseche del prodotto.

5.3 Analisi fattoriale a due livelli

Una volta determinati i due modelli di misura si è tentato di formulare un

modello complesso a due livelli in cui si è ipotizzato esistere un fattore unico per

spiegare i tre fattori delle determinanti d’acquisto trovati in precedenza, ed un

altro fattore unico per spiegare le opinioni. I due fattori così determinati

sarebbero poi stati inseriti nel modello strutturale schematizzato in seguito

(capitolo sesto).

3.5..........................................................................

. .. . . .

. . . . . . . . .

. . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . .

. . . . . x . N . . .

o . . x . r . . .

m . . x . a . . x . l . . .

. . x . Q . . x .

u . x . . a . x . . n . . .

t . x . . i . x . .

l . . . e . x . . s . . .

. x . . . . .

. . . . . .

. . . . . . . . .

. . . . . .

. . . . . . . . .

. . . -3.5.......................................................................... -3.5 3.5

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78

In questo modo tuttavia non si è ottenuto un risultato, in termini di bontà di

adattamento ai dati, tale da consentirci di indirizzare l’analisi verso questa

direzione: come è facile notare dalle Figure 5.6 e 5.7, i modelli a due livelli

presentano infatti valori dell’indice RMSEA troppo elevati, sia per quanto

riguarda il modello che fa riferimento alle determinanti d’acquisto, sia quello che

fa riferimento alle opinioni.

Figura 5.6 Modello fattoriale a due livelli per le determinanti d’acquisto.

Figura 5.7 Modello fattoriale a due livelli per le opinioni.

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Si nota immediatamente, anche dai soli valori riportati nel grafico, che stimare

un modello partendo da questi due fattori non avrebbe portato sicuramente a

risultati soddisfacenti. Tuttavia, solo a scopo informativo e di curiosità, si è

provato a stimare un modello unendo i due fattori di secondo livello (Figura 5.8).

Il modello di misura così risultante è pertanto rifiutato a partire dai dati osservati.

Figura 5.8 Modello fattoriale a due livelli complessivo.

5.4 Il modello di misura finale

Dal momento che l’analisi fattoriale a due livelli non ci è stata d’aiuto, si è

provato a stimare un modello di misura unico, ottenuto con l’unione dei fattori

riguardanti le determinanti d’acquisto e le opinioni, mantenendo in questo modo

un solo livello (Figura 5.9).

Visto il buon adattamento del modello ai dati ottenuto in questo caso (si vedano

gli indici descritti in seguito), si è deciso di utilizzare questo modello di misura

per l’analisi strutturale illustrata nel capitolo successivo.

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80

Figura 5.9 Modello di misura finale a un livello.

Come è facile notare il modello così impostato presenta un indice di

adattamento buono (RMSEA=0.05); e anche l’indice GFI presenta un valore

piuttosto elevato (GFI=0.97).

Anche per quanto riguarda gli R-quadro in Tabella 5.4 ci si può ritenere

soddisfatti, ad eccezione forse della variabile “ produzione” , la quale presenta un

R-quadro pari a 0.36.

Tabella 5.4 Valori di R-quadro.

Squared Multiple Correlations for X - Variables

PRODUZIO CERTIFIC PREZZO PROMOZIO CONFEZ FORMATO

-------- -------- -------- -------- -------- --------

0.36 0.99 0.68 0.59 0.52 0.48

SALUTARI ORGANISM RAPP_QP CONSUMO VITAM DIF_IMM

-------- -------- -------- -------- -------- -------- 0.76 0.54 0.46 0.62 0.73 0.63

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81

CAPITOLO SESTO

Modello strutturale

6.1 Il modello teorico

Nel primo capitolo si è a lungo spiegato come sia importante, per gli operatori

economici, studiare il comportamento d’acquisto dei consumatori, individuando

quali siano gli aspetti del prodotto e del servizio a cui gli individui danno

importanza e che fanno innescare la decisione stessa dell’acquisto, o per lo

meno la aiutano.

Nassivera e Mason (2009) hanno utilizzato il medesimo campione con cui si è

lavorato in questa tesi per stimare le relazioni esistenti tra qualità percepita

(analizzando in modo particolare gli attributi intrinseci ed estrinseci del

prodotto), soddisfazione e loyalty, dimostrando che la qualità percepita è un

fattore influente sulla soddisfazione e di conseguenza sulla loyalty; così facendo

i due autori hanno tentato di applicare il modello della customer satisfaction al

campione a nostra disposizione. In particolare nel loro lavoro hanno individuato

alcuni fattori per descrivere gli aspetti legati alla qualità estrinseca delle patate

(in questo caso gli indicatori utilizzati sono per esempio il “ metodo di

produzione” , la “certificazione” , la “provenienza” ecc.), altri per descrivere la

qualità intrinseca ( per esempio “sono ben tollerate dall’organismo” , “ sono facili

da masticare” , “sono facilmente digeribili” ecc.), altri ancora per descrivere la

soddisfazione ( “ sono convenienti” , “ hanno un buon rapporto qualità/prezzo” ,

“accontentano tutta la famiglia” ) ed infine un gruppo di fattori per descrivere la

loyalty (“ si consumano regolarmente” , “ sono un prodotto da consumare durante

i pasti principali” ecc.).

Tuttavia questo modo di procedere è sembrato troppo forzato poiché ci vuole

molta cautela per sostenere che la soddisfazione e la loyalty possano essere

misurate dalle variabili definiti dagli items a nostra disposizione.

In particolare non è chiaro il procedimento per cui a partire da batterie di items

omogenee alcune vengono selezionate come endogene.

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82

Il questionario somministrato agli intervistati è stato decisamente utile ai fini del

nostro obiettivo, perché presenta due domande molto interessanti rilevate al di

fuori dei due blocchi di items finora analizzati, le quali sono state utilizzate

nell’analisi come fattori endogeni direttamente misurati.

In particolare si sta facendo riferimento alle seguenti domande:

1. Esprima in una scala da 1 a 7 l’importanza delle patate nella sua

alimentazione (1=min (per nulla); 7=max (estremamente importante)).

2. Esprima in una scala da 1 a 7 la frequenza di consumo delle patate (1=min;

7=max).

Avendo a disposizione queste informazioni, si è deciso di impostare un’analisi

seguendo lo schema della customer satisfaction, e sostituendo i costrutti

previsti da quest’ultima con le informazioni rilevate con la somministrazione del

questionario a nostra disposizione.

Pertanto, grazie all’unione dei due quesiti posti poco sopra con le informazioni

riguardanti le determinanti d’acquisto e le opinioni, è possibile formulare un

modello teorico di riferimento, in cui le ipotesi da formulare possono essere così

riassunte:

Ipotesi H1: le determinanti d’acquisto (DET) hanno un impatto

sull’importanza del prodotto nell’alimentazione (IMPORT).

Ipotesi H2: le determinanti d’acquisto (DET) hanno un impatto sulla

frequenza d’acquisto (FREQ_ZA).

Ipotesi H3: le opinioni (OPIN) hanno un impatto sull’importanza del

prodotto nell’alimentazione (IMPORT).

Ipotesi H4: le opinioni (OPIN) hanno un impatto sulla frequenza

d’acquisto (FREQ_ZA).

Infine è logico supporre che l’importanza del prodotto nell’alimentazione possa

influire sulla frequenza d’acquisto del prodotto stesso, e pertanto una ulteriore

ipotesi che può essere formulata è la seguente:

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83

Ipotesi H5: l’importanza del prodotto nell’alimentazione (IMPORT) ha un

significativo impatto sulla frequenza d’acquisto (FREQ_ZA).

Il modello concettuale elaborato sulla base delle ipotesi formulate può essere

rappresentato come in Figura 6.1.

Figura 6.1 Modello teorico di riferimento.

6.2 Stima del modello

Per formulare un modello strutturale, è necessario aggiungere al modello di

misura finale per le variabili esogene (si veda la Figura 5.9) le due variabili

endogene rilevate dal questionario, riguardanti l’importanza delle patate

nell’alimentazione e la frequenza di consumo di patate. In questo modo è

possibile capire quali determinanti d’acquisto/opinioni influenzino l’importanza e

la frequenza di consumo del prodotto in esame; inoltre è possibile vedere se

l’importanza nell’alimentazione delle patate influenza la frequenza di consumo

(Figura 6.2).

Determinanti

Acquisto

OpinioniFrequenza

Acquisto

Importanza

H5

H1

H4

H3

H2

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84

Figura 6.2 Modello strutturale complessivo.

L’adattamento del modello ai dati appare subito buono, presentando un RMSEA

pari a 0.053. Inoltre il valore dell’indice GFI è pari a 0.97.

Analizzando i residui graficamente per mezzo del q-q plot si nota

immediatamente che essi sembrano con buona approssimazione distribuirsi

come una normale (Figura 6.3).

Considerato il buon adattamento del modello ai dati, ora è possibile andare a

guardare alla significatività dei coefficienti che legano i fattori, per rispondere

alle 5 ipotesi formulate in precedenza.

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85

Figura 6.3 Q-q plot dei residui standardizzati.

Ciò è possibile osservando la matrice gamma rappresentata in Tabella 6.1, la

quale lega i fattori riguardanti le determinanti d’acquisto e le opinioni con le due

variabili direttamente osservate dell’importanza e della frequenza d’acquisto.

Tabella 6.1 Matrice Gamma.

! Ipotesi H1: le determinanti d’acquisto (DET) hanno un significativo impatto

sull’importanza del prodotto nell’alimentazione (IMPORT).

Come si vede dai coefficienti relativi alle determinanti d’acquisto in

relazione al fattore “ import” , nessuno di essi è significativo (test t inferiore

in valore assoluto a 1.96).

3.5..........................................................................

. .. . . . . . .

. . . . . .

. . . . . . . . x

. . . . . x

. . x . . x . . x x

. . x x . N . . xxx .

o . . xx x . r . . xx . m . . xxx .

a . . *x x . l . . x*x x .

. xx*x . Q . .*x . u . xxx .

a . * .x . n . x* xx .

t . xx* . . i . x xx . . l . * xx . .

e . x . . s . x xx . .

. x x . . . xx . . x . .

x . . x . .

. . . x . . . . .

. . . . . .

. . . . . . . . .

-3.5.......................................................................... -3.5 3.5

DET1 DET2 DET3 OPIN1 OPIN2 OPIN3

-------- -------- -------- -------- -------- --------

IMPORT -0.01 -0.01 0.05 0.18 0.40 0.14

(0.04) (0.03) (0.06) (0.06) (0.07) (0.05)

-0.32 -0.27 0.85 2.96 5.76 2.92

FREQ_ZA 0.02 -0.01 0.04 0.07 0.45 -0.09

(0.06) (0.05) (0.09) (0.09) (0.10) (0.07) 0.33 -0.25 0.39 0.80 4.37 -1.31

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86

! Ipotesi H2: le determinanti d’acquisto (DET) hanno un significativo impatto

sulla frequenza d’acquisto (FREQ_ZA).

Le stesse considerazioni possono essere fatte per quanto riguarda la

relazione tra le determinanti d’acquisto e la frequenza di consumo:

nessuno dei coefficienti è significativo per il nostro modello.

! Ipotesi H3: le opinioni (OPIN) hanno un impatto significativo sull’importanza

del prodotto nell’alimentazione (IMPORT).

Le opinioni invece sembrano impattare significativamente sull’importanza

del prodotto nell’alimentazione: i tre coefficienti sono significativamente

diversi da zero. In particolare l’impatto più significativo si ha nel caso del

fattore opin2; nel caso di opin1 e opin3 la significatività al 5% è al limite

dell’accettabilità.

! Ipotesi H4: le opinioni (OPIN) hanno un impatto significativo sulla frequenza

d’acquisto (FREQ_ZA).

Per quanto riguarda le opinioni è necessario distinguere i tre fattori: infatti

solamente nel caso del fattore opin2 si ha un coefficiente significativo

sulla frequenza d’acquisto; tale fattore riguarda gli items relativi al

rapporto qualità/prezzo e alla frequenza di consumo.

In particolare, sembra che ad avere leggermente più peso su questo

fattore sia l’item sulla frequenza di consumo (R-quadro 0.62 contro un R-

quadro 0.46 del rapporto qualità/prezzo).

Questo può risultare anche logico visto che si chiedeva un’opinione

sull’affermazione “è un prodotto che si consuma regolarmente” ; tuttavia

l’R-quadro pari a 0.46 evidenzia una importanza anche del rapporto

qualità/prezzo.

Si può pertanto affermare che il fattore “prezzo” sia considerato

importante nella decisione d’acquisto.

! Ipotesi H5: l’importanza del prodotto nell’alimentazione (IMPORT) ha un

significativo impatto sulla frequenza d’acquisto (FREQ_ZA).

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87

Per rispondere all’ultimo quesito è fondamentale invece prendere in

considerazione il parametro beta, il quale lega i due fattori relativi

all’importanza e alla frequenza d’acquisto.

Ciò che si può dire è che l’importanza del prodotto nell’alimentazione ha

un impatto alquanto deciso sulla frequenza d’acquisto (il parametro

strutturale è pari a 0.66), e questo valore è decisamente significativo nel

modello (test t pari a 10.23).

6.3 Conclusioni

Lo scopo di questo lavoro è stato quello di investigare il comportamento del

consumatore durante il processo di acquisto di un prodotto agroalimentare

molto importante nell’alimentazione di ogni persona: la patata.

Sono stati analizzati molti aspetti, concentrandosi in modo particolare sulle

determinanti d’acquisto e su varie opinioni che si possono avere relativamente

a questo prodotto. Nello specifico questi due ambiti sono stati messi in

relazione con l’importanza che il prodotto riveste nell’alimentazione e la

frequenza con la quale questo prodotto viene acquistato.

I legami significativi si sono avuti principalmente tra l’importanza

nell’alimentazione e opinioni riguardanti aspetti salutari (opin1 e opin3) e di

prezzo (opin2). Per quanto riguarda invece la frequenza d’acquisto il legame è

significativo con le opinioni legate al prezzo (opin2).

Altro aspetto rilevante è che l’importanza delle patate nell’alimentazione

influenza in modo diretto la frequenza d’acquisto del prodotto.

Dal punto di vista economico e di marketing ciò che appare evidente è che, se i

fattori opin1 e opin3 misurano aspetti prevalentemente intrinseci del prodotto

sui quali difficilmente gli operatori economici possono agire, il fattore opin2

include la variabile legata al prezzo sulla quale è possibile operare per

aumentare la frequenza di acquisto e consumo.

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93

APPENDICE

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95

UUUnnniiivvveeerrrsssiiitttààà dddeeegggllliii SSStttuuudddiii dddiii UUUdddiiinnneee

Progetto scientifico di ricerca

“La competitività delle patate friulane”

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96

A) PROFILO CLIENTI

4.

Operaio Impiegato Dirigente Commerciante Imprenditore DocenteSituazione

lavorativa

intervistatoStudente Casalinga

Libero

professionistaPensionato Disoccupato

Altro

(specificare)

……………

Operaio Impiegato Dirigente Commerciante Imprenditore DocenteSituazione

lavorativa

capo

famiglia Studente CasalingaLibero

professionistaPensionato Disoccupato

Altro

(specificare)

…………….

1. Sesso M F

2. Età

3. Europa

Occidentale

Europa

Orientale

AfricaProvenienza

Nord America Centro-Sud

America

Asia

5. Licenza

elementare

Licenza media Licenza superioreTitolo di studio

Laurea Altro

6. Abitazione Di proprietà Affitto Altro

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97

11. Che ampiezza ha il suo centro abitato?

< 2.000

2.000 – 10.000

10.000 – 100.000

>100.000

13. Solitamente dove svolge i suoi acquisti alimentari?

Supermercato/ipermercato

Dettagliante

Mercato cittadino

Produttori locali

Vendita a domicilio da catalogo

Altro

7. Abita con: Famiglia/conviv. Amici/conoscenti Nessuno

8. Numero persone in famiglia

9. Numero dei redditi

10. Figli Età EtàNumero figli

Età Età

12. Chi è responsabile degli

acquisti alimentari?

Intervistato Capo famiglia Altro

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98

B) ABITUDINI DI FREQUENZA

14. Propensione all’acquisto di prodotti a marca commerciale (del distributore, es.: Coop,

Despar)

Alimentari: Mai Raramente Spesso Occasionalmente

Pasta e riso

Crackers/grissini

Carne

Pesce

Olio di oliva

Olio di semi

Latte e yogurt

Formaggi e uova

Frutta

Verdura

Patata

Bevande

Birra/vino

Acqua minerale

Caffé

Piatti pronti

Dolciumi e biscotti

Non alimentari

15. Propensione all’acquisto di prodotti “made in Italy”

Alimentari: Mai Raramente Spesso Occasionalmente

Pasta e riso

Crackers/grissini

Carne

Pesce

Olio di oliva

Olio di semi

Latte e yogurt

Formaggi e uova

Frutta

Verdura

Patata

Bevande

Birra/vino

Acqua minerale

Caffé

Piatti pronti

Dolciumi e biscotti

Non alimentari

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99

16. Quali marchi e/o varietà di patate conosce? (Ne elenchi almeno due)

...................... ...................... ...................... ......................

17. Quali marchi e/o varietà di patate acquista?

...................... ...................... ...................... ......................

18. Che formato preferisce?

Vertbag da 1,5 Kg Reticelle da 1,5 Kg Sacchetto di plastica da 2 Kg

Vertbag da 2 Kg Reticelle da 2 Kg Sacchetto di plastica da 5 Kg

Vertbag da 2,5 Kg Reticelle da 2,5 Kg Sacchetto di carta da 2,5 Kg

Vertbag da 5 Kg Reticelle da 5 Kg Sacchetto di carta da 5 Kg

Sfuse Reticelle da 10 Kg ......................

19. Esprima in una scala da 1 a 7 l’importanza delle patate nella sua

alimentazione (1= min (per nulla); 7 = max (estremamente importante))

1 2 3 4 5 6 7

20. Esprima in una scala da 1 a 7 l’apprezzamento del gusto delle patate (1=

min (per nulla); 7 = max (estremamente buone))

1 2 3 4 5 6 7

21. Esprima in una scala da 1 a 7 la frequenza di consumo delle patate (1= min; 7 = max)

mai annualmente mensilmente ogni 15

giorni

Ogni 7

giorni

2 volte a

settimana

ogni giorno

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100

22. Classifichi su una scala da 1 a 7 le sotto indicate determinanti d’acquisto delle patate (1

min; 7 max).

marca commerciale 1 2 3 4 5 6 7

prezzo 1 2 3 4 5 6 7

packaging/confezione 1 2 3 4 5 6 7

formato/quantita’ 1 2 3 4 5 6 7

tipologia d’utilizzo 1 2 3 4 5 6 7

promozioni 1 2 3 4 5 6 7

luogo di provenienza 1 2 3 4 5 6 7

metodo di produzione (es. bilogico…) 1 2 3 4 5 6 7

pubblicità 1 2 3 4 5 6 7

caratteristiche qualitative visibili 1 2 3 4 5 6 7

varietà 1 2 3 4 5 6 7

certificazioni di qualità 1 2 3 4 5 6 7

23. Indichi la fascia entro la quale ricade il prezzo al quale abitualmente acquista le patate

(€ al kg)

A 0,50/1,00

B 1,00/1,50

C 1,50/2,00

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101

24. Qui di seguito troverà alcune affermazioni che possono descrivere quello che le persone

pensano delle patate. Le chiediamo di esprimere la sua personale opinione indicando quanto si

trovi d’accordo, su una scala da 1 a 7, con il contenuto di ogni frase. Valuti ogni affermazione

come a se stante senza considerare le risposte precedentemente date.

Non sono per nulla

d’accordo

Sono un po’

d’accordo

Sono abbastanza

d’accordo

Sono molto

d’accordo

Sono completamente

d’accordo

1 2 3 4 5 6 7

LE PATATE

Sono convenienti 1 2 3 4 5 6 7

Sono facile da cucinare 1 2 3 4 5 6 7

Sono un prodotto da consumare durante i pasti principali 1 2 3 4 5 6 7

Sono ben tollerate dall'organismo 1 2 3 4 5 6 7

Sono salutari 1 2 3 4 5 6 7

Piacciono ai bambini 1 2 3 4 5 6 7

Sono una prodotto con poche calorie 1 2 3 4 5 6 7

Sono facili da masticare 1 2 3 4 5 6 7

Fanno bene all'organismo 1 2 3 4 5 6 7

Possono provocare mal di stomaco 1 2 3 4 5 6 7

Sono consigliate in una dieta dimagrante 1 2 3 4 5 6 7

Sono un prodotto adatto a molti impieghi/ricette 1 2 3 4 5 6 7

La marca e' indice di qualità 1 2 3 4 5 6 7

Sono buone fritte 1 2 3 4 5 6 7

Sono facilmente digeribile 1 2 3 4 5 6 7

E’ più buona la tipologia “patata novella” 1 2 3 4 5 6 7

Lasciano un buon sapore in bocca 1 2 3 4 5 6 7

Hanno un buon rapporto qualità/prezzo 1 2 3 4 5 6 7

Sono un prodotto che si consuma regolarmente 1 2 3 4 5 6 7

Accontentano tutti in famiglia 1 2 3 4 5 6 7

Sono buone lesse 1 2 3 4 5 6 7

Sono buone al forno 1 2 3 4 5 6 7

Sono buoni gli gnocchi 1 2 3 4 5 6 7

Sono un prodotto naturale 1 2 3 4 5 6 7

Sono ricche di vitamine 1 2 3 4 5 6 7

Rinforzano le difese immunitarie 1 2 3 4 5 6 7

...................... 1 2 3 4 5 6 7

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Page 112: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA ... - tesi.cab.unipd.ittesi.cab.unipd.it/22662/1/Grotto_Piera.pdf · TESI DI LAUREA IL COMPORTAMENTO DEL CONSUMATORE NEL SETTORE AGROALIMENTARE:

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25. Acquista una particolare varietà di patate?

SI …………………………..(specificare)

NO

26. Conosce la varietà “Kennebec” di patate?

SIIndichi l’utilizzo…………………………………………….

NO

27. Cosa le evoca il nome “Kennebec”?

GRAZIE PER LA COLLABORAZIONE