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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA Dipartimento di Medicina Dipartimento Medicina Animale, Produzioni e Salute Corso di Laurea in Tecniche di Laboratorio Biomedico Presidente Prof. Ambrogio Fassina TESI DI LAUREA METODI INNOVATIVI DI VALUTAZIONE QUALITATIVA DEL SEME DI ARIETE DI RAZZE VENETE A NUMEROSITA’ RIDOTTA Relatore: Prof. Mario Pietrobelli Correlatore: Calogero Stelletta Laureando: Zucchini Paolo ANNO ACCADEMICO 2011-2012

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA

Dipartimento di Medicina

Dipartimento Medicina Animale, Produzioni e Salute

Corso di Laurea in Tecniche di Laboratorio Biomedico Presidente Prof. Ambrogio Fassina

TESI DI LAUREA

METODI INNOVATIVI DI VALUTAZIONE QUALITATIVA DEL SEME DI ARIETE DI RAZZE

VENETE A NUMEROSITA’ RIDOTTA

Relatore: Prof. Mario Pietrobelli Correlatore: Calogero Stelletta

Laureando:

Zucchini Paolo

ANNO ACCADEMICO 2011-2012

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INDICE

1. SCOPO DELLA RICERCA pag 3

2. INTRODUZIONE pag 4

2.1 Struttura dello spermatozoo pag 4

2.2 Cinetica dello spermatozoo pag 11

2.3 La crioconservazione del seme pag 14

2.4 Modificazione degli spermatozoi dopo congelamento pag 16

3. MATERIALI E METODI pag 21

3.1 Raccolta e congelamento del seme pag 21

3.2 Analisi Seminali pag 26

3.3 Analisi al Citofluorimetro pag 27

3.4 Reagenti pag 32

3.5 Preparazione dei campioni e lettura al citofluorimetro pag 34

4. RISULTATI e DISCUSSIONE pag 34

4.1 Conclusioni pag

5. BIBLIOGRAFIA pag

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1.SCOPO DELLA RICERCA

Il presente studio è stato condotto per rilevare l’apoptosi degli spermatozoi di ariete dopo

congelamento con diverse tipologie di crioprotettori e tipologie di prelievo. Per lo studio si

è utilizzato lo strumento, il citofluorimetro, con due tipi di colorazione: annessina V e

ioduro di propidio. La annessina V è utilizzata per rilevare l’apoptosi, mentre lo ioduro di

propidio è utilizzato per rilevare la necrosi. Lo scopo dello studio è quello di verificare

quante cellule sono in una fase apoptotica e quante sono in fase di necrosi, valutando

l’effetto della crioconservazione e scongelamento degli spermatozoi di ariete sulla

frammentazione del DNA e sull’integrità di membrana per poter migliorare l’uso dei

crioprotettori.

La maggior parte delle cellule eucariote ha la capacità di auto-distruggersi mediante

l’attivazione di un suicidio, che prende il nome di morte cellulare programmata

(Programmed Cell Death, PCD) o apoptosi. Questo termine deriva da una parola greca,

“ptosi” significa caduta e “apo” significa “distacco”, quindi caduta per distacco che i Greci

utilizzarono per le foglie autunnali o per i fiori che sfioriscono. In medicina questo termine

è utilizzato per definire la morte cellulare programmata. Kerry nel 1972 pubblicò il primo

lavoro su questo fenomeno proprio per distinguerlo dalla necrosi, in cui le cellule si

gonfiano e si lisano rilasciando il materiale citoplasmatico nell’ambiente circostante, tra cui

enzimi lisosomiali che provocano infiammazione.

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Diversamente dalla necrosi, l’apoptosi è un processo strettamente controllato che richiede

l’attiva partecipazione della cellula destinata a morire e non si ha versamento del contenuto

citosolico all’esterno.

Coinvolta in diversi fenomeni quali l’embriogenesi, la risposta immunitaria, la PCD svolge

un ruolo di regolazione in quanto permette l’eliminazione delle cellule prodotte in numero

eccessivo, che sono sfuggite ai meccanismi di controllo del processo di sviluppo cellulare o

che hanno subito un danno genetico.

In condizioni patologiche si può avere una deregolazione dell’apoptosi e si possono

distinguere due casi: patologie associate a un aumento della sopravvivenza cellulare

(diminuzione dell’apoptosi) come avviene nei tumori, oppure patologie caratterizzate da un

eccesso di morte cellulare programmata, come per malattie virali o neurodegenerative

(AIDS; malattia di Alzheimer, morbo di Parkinson ecc.). In commercio è disponibile

un’ampia scelta di prodotti per lo studio dell’apoptosi sia in cellule in coltura e in situ.

Questi prodotti permettono di rilevare tutte le fasi di tale complesso processo; da eventi

precoci, come il cambiamento del potenziale di membrana mitocondriale, fino a eventi

tardivi come la frammentazione del DNA cromosomale.( 8 - Biotecnologie 2000 - Febbraio

2006)

2. INTRODUZIONE 2.1 Struttura dello spermatozoo.

Lo spermatozoo, o nemaspermio (dal Greco: nema=filamento; sperma=seme), è il gamete

maschile e la capacità di muoversi autonomamente, essendo una cellula dotata di una coda

mobile, è una delle sue caratteristiche peculiari. L’importanza di questa funzione ai fini

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della fertilizzazione è testimoniata dalla sua elevata conservazione nel corso

dell’evoluzione fino all’uomo (Yanagimachi 1994). La motilità dello spermatozoo si

realizza grazie alla peculiare struttura con cui è organizzato il flagello (Fig. 1).

Fig. 1 Schema di spermatozoo umano

Lo spermatozoo umano maturo, come quello di tutti i mammiferi, tra cui l’ovino, appare

costituito da tre domini: testa, collo, coda.

La testa è costituita a sua volta, dal nucleo e dall’acrosoma. Il nucleo, compatto e

condensato, contiene DNA con assetto cromosomico aploide ed è rivestito per due terzi dal

complesso acrosomiale. Tale struttura, a forma di cappuccio, è costituita da una membrana

acrosomiale interna a contatto con la membrana nucleare e da una membrana acrosomiale

esterna posta al di sotto della membrana plasmatica. L’acrosoma deriva dal corpo del Golgi

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dello spermatide e risulta indispensabile per la penetrazione ovocitaria grazie al suo

contenuto di enzimi litici.

La membrana plasmatica, che avvolge acrosoma e nucleo, mostra al microscopio

elettronico il consueto aspetto trilaminare; sulla superficie esterna è stratificato uno spesso

rivestimento glicoproteico (‘sperm coating substances’).

Il collo, rappresentato da un breve tratto, lungo solo 1 µ, si estende dalla parte posteriore

della membrana nucleare fino al punto di unione del segmento intermedio della coda con la

testa e contiene i residui citoplasmatici dello spermatide (precursore aploide dello

spermatozoo).

Tra gli elementi importanti contenuti nel collo c'è un centriolo in posizione trasversale

rispetto all'asse di simmetria dello spermatozoo, chiamato centriolo distale (l'altro centriolo,

il centriolo prossimale, è scomparso dopo aver dato origine al flagello), e una placca basale

di materiale denso dove si ancorano 9 colonne segmentate fibrose a costituzione proteica

che si continuano per tutta la coda.

La coda si divide in un “segmento intermedio” lungo 5-6 µ, in un “segmento principale”

lungo 45 µ ed in un “segmento finale” lungo 5µ. Nell’ovino le dimensioni sono: segmento

principale 40-45µ, segmento finale 8,2µ, intermedio 14µ.

E’ costituita dal complesso filamentoso assiale o assonema composta da una coppia di

microtubuli situata in posizione centrale e nove coppie disposte alla periferia

(organizzazione 9+2) (Fig. 2).

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Fig. 2 Schematizzazione della organizzazione 9+2 dell’assonema

Tale complesso di filamenti percorre tutta la lunghezza della coda.

A livello del tratto intermedio tale sistema è avvolto da nove fibre dense esterne, che si

presentano sottili nella zona a contatto con i microtubuli ed aumentano di spessore man

mano che si approssimano alla superficie esterna; tali fibre, a loro volta, sono circondate,

solo a livello del tratto intermedio, da un manicotto di mitocondri, definito guaina

mitocondriale, essenziale per la respirazione dello spermatozoo e per la produzione di

energia. Il segmento intermedio è separato dal segmento principale da una struttura detta

annulus, un anello di materiale denso che aderisce alla membrana del flagello.

A livello del segmento principale l’assonema e la fibre esterne sono circondate da una

guaina fibrosa composta da due colonne di fibre dense che si continuano con una struttura

circolare che avvolge le altre sette colonne rimanenti; tale struttura non è continua lungo il

decorso del flagello ma si interrompe a intervalli regolari. La sua interruzione definitiva

segna l'inizio del tratto terminale che è costituito dall’assonema rivestito unicamente della

membrana plasmatica.

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Lo spermatozoo umano maturo, lungo circa 60 µm (lungo circa 62,7-67,2µm nell’ovino), è

una cellula priva di reticolo endoplasmatico, di apparato di Golgi, di lisosomi, di

perossisomi, di inclusioni e di molte altre strutture cellulari.

La perdita di questi organuli riduce sia la massa che le dimensioni cellulari; riduzione

necessaria per realizzare con minore consumo energetico il trasporto del materiale genetico.

La durata della spermatogenesi è, nell’uomo, di circa 74 giorni (di circa 60 giorni

nell’ovino). Immediatamente dopo l’eliminazione della maggior parte del citoplasma, gli

spermatozoi si liberano nel lume del tubulo seminifero spinti dalla pressione del liquido

seminale. A questo punto lasciati i tubuli seminiferi che a livello dell’ilo assumono un

andamento rettilineo e perciò definiti tubuli retti, gli spermatozoi attraversano la rete testis,

una sorta d’inizio delle vie spermatiche, i canali efferenti, l’epididimo, il canale deferente o

dotto di Wolff e l’uretra al termine della quale abbandonano il corpo. Durante tale tragitto,

precisamente a livello dell’epididimo, gli spermatozoi subiscono un’ulteriore fase di

maturazione (Glover et al., 1974; Cooper et Orgebin-Crist, 1975).

In sede epididimaria: acquisiscono motilità che normalmente deve essere di tipo rettilineo

rapido, con una velocità media di circa 40 µm al secondo. Precisamente a livello della testa

epididimaria il flagello incomincia a compiere dei movimenti di maggiore ampiezza (15-16

µm) rispetto a quelli osservati a livello testicolare (6-7 µm) e gli spermatozoi incominciano

a mostrare movimenti propulsivi, tracciando delle traiettorie circolari o del tutto irregolari.

Durante il transito nell’epididimo la frequenza e l’ampiezza (18-19 µm) del movimento del

flagello aumentano sensibilmente, per cui la motilità nemaspermica diventa progressiva. È

importante ricordare che vari fattori contribuiscono allo sviluppo di tale caratteristica dei

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gameti, quali: l’aumento dell’osmolarità e la diminuzione del pH, l’aumento

intraspermatico di ioni calcio e di cAMP, la stabilizzazione, di numerose strutture dello

spermatozoo, quali il flagello, la guaina mitocondriale del segmento intermedio, le

membrane mitocondriali esterne, le fibre dense accessorie dell’assonema cambiano

metabolismo acquisendo, infatti, la capacità di sfruttare come fonte di energia fruttosio,

sorbitolo e glicerilfosfato che viene prodotto a partire dalla glicerofosfocolina da un enzima

presente nelle vie genitali maschili. Il fruttosio può essere utilizzato sia in condizioni

aerobiche che anaerobiche, il sorbitolo, invece, soltanto in condizioni aerobiche.

Al termine di tali cambiamenti gli spermatozoi stazionano a livello della coda

dell’epididimo come in un serbatoio di riserva e solo al momento dell’eiaculazione, si

uniscono al plasma seminale, che è il prodotto dell’azione secretoria combinata delle

ghiandole accessorie del tratto genitale maschile (vescichette seminali, prostata, ghiandole

bulbouretrali o ghiandole di Cowper) che apportano nutrienti necessari alla motilità e

producono secreti ad effetto tampone che contrastano l’acidità presente nell’uretra e nella

vagina. Le varie secrezioni non vengono emesse all’esterno in maniera casuale e

disordinata, ma seguendo una ben precisa successione: il primo secreto espulso è il

prostatico al quale segue quello epididimario (ricco di spermatozoi) e infine quello

vescicolare (Eliasson et Lindholmer, 1976; Tauber et al., 1975).

E’ stato dimostrato che numerose sostanze possono esercitare effetti tossici sulla

formazione e maturazione dei gameti maschili. Fra i danni provocati alla spermatogenesi

ricordiamo quelli derivanti da terapie farmacologiche basate sull’impiego di antibiotici,

antinfiammatori, ansiolitici, antidepressivi, antiulcera, antineoplastici ecc.; dal contatto e

dal conseguente assorbimento di tossici ambientali quali pesticidi, coloranti, composti

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chimici organici ed inorganici, inquinanti atmosferici . I difetti strutturali diffusi della coda

dello spermatozoo di origine congenita sono responsabili di un’alterata o assente motilità

spermatica. Singoli difetti della coda che interessano l’intera popolazione spermatica sono

associati ad immobilità totale dello spermatozoo (Zamboni 1987 ,Zamboni 1991 Ryder et

al. 1990) per assenza di motilità progressiva, mentre difetti misti a carico di differenti

segmenti della coda generalmente determinano severa astenozoospermia (Ryder et al. 1990

Chemes 2000) e possono essere associati a difetti misti della testa. La reale prevalenza di

tali anomalie nella popolazione degli uomini affetti da ridotta o assente motilità spermatica

è ancora poco nota. Il sospetto di una simile patologia impone innanzitutto, la necessità di

dover ricorrere ad un tipo di indagine particolare quale l’analisi ultrastrutturale dello

spermatozoo con microscopio elettronico a trasmissione (TEM). Tuttavia, gli elevati costi

di questa indagine e l’esiguo numero di centri di riferimento con esperienza provata

impongono una selezione dei casi da esaminare.

Parametri seminali normali nella specie ovina Gli arieti raggiungono la maturità della

spermatogenesi da un anno di età e le ganadotropine e gli ormoni steroidei sono coinvolti

nel processo di iniziazione e mantenimento del processo della spermatognesi. La

concentrazione sierica del testosterone sale lentamente dopo la nascita fino a 20 settimane

di età, successivamente vi è un rapido aumento, a partire da 20-35 settimane di età.

L’’endpoint” per lo sviluppo puberale viene fatto coincidere con la produzione di un

eiaculato che abbia almeno 50 milioni di spermatozoi e con più del 10% di motilità

progressiva.

L’ormone follicolo-stimolante (FSH) e l’ormone leutinizzante (LH) sono le principali

proteine responsabili nella regolazione della spermatogenesi nel maschio. Entrambi gli

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ormoni vengono prodotti e immagazzinati nelle cellule gonadotrope nell’adenoipofisi e

sono secrete in risposta al fattore di rilascio delle gonadotropine (GnRH) dall’ipotalamo. La

presenza di recettori FSH nel testicolo è limitata alle cellule del Sertoli, mentre recettori

LH si trovano principalmente nelle cellule di Leydig, anche se sono presenti nelle cellule

della spermatogenesi. L’FSH stimola la proliferazione delle cellule del Sertoli e di

conseguenza ha un effetto sul numero di cellule germinali.

L’LH stimola la secrezione di testosterone da parte delle cellule di Leydig e modula il

flusso di sangue nei testicoli. Il testosterone e i suoi metaboliti sono indicati come ormoni

sessuali e nel maschio, il testosterone assume il ruolo principale nello sviluppo morfologico

e funzionale dei testicoli.

2.2 Cinetica dello spermatozoo

Come in tutti i mammiferi, anche nell'uomo il movimento dello spermatozoo è di tipo

flagellare e consiste in una serie di onde che si originano alla base del flagello e si

propagano lungo quest'ultimo, per cui la testa viene spinta in avanti passivamente con

oscillazioni ritmiche di ampiezza regolare (Katz and Overstreet, 1979; Amelar, 1980). La

progressione dello spermatozoo nello spazio è in realtà dovuta alla sommazione di due tipi

di movimento, uno oscillatorio ed uno rotatorio intorno all’asse longitudinale della cellula,

che originano nel collo e percorrono la coda in tutta la sua lunghezza. La motilità

rappresenta senza dubbio una proprietà fondamentale dello spermatozoo che insieme alle

contrazioni del tratto genitale femminile consentono il passaggio degli spermatozoi

attraverso la cervice e l’utero (Hunter 1980). Inoltre, anche, il passaggio attraverso la

giunzione utero-tubarica e lungo la tuba richiede la motilità degli spermatozoi, mentre

l’accentuato movimento a frusta è indispensabile per la penetrazione nel cumulo e nella

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zona pellucida. Nell’analisi seminale la motilità viene valutata al microscopio ottico.

Devono essere valutati almeno venti campi microscopici per preparato e, comunque, non

meno di 100 elementi nemaspermici. Nei campioni a bassa concentrazione risulta

indispensabile ripetere la valutazione su vari preparati. È peraltro necessario valutare non

soltanto la percentuale di forme mobili, ma anche il tipo di motilità, che normalmente deve

essere di tipo rettilineo rapido, cioé con una velocità media di circa 40 µ al secondo.

Quando la velocità media è significativamente al di sotto di tali valori, ma il movimento è

sempre di tipo rettilineo, la motilità viene definita rettilinea lenta. La motilità non rettilinea,

viene definita come discinetica; nei casi in cui non vi è uno spostamento reale dello

spermatozoo nello spazio, si parla di motilità agitatoria in loco o in situ.

Una caratteristica importante è la persistenza della motilità totale nel tempo: in condizioni

normali, se la situazione chimico-fisica del plasma seminale lo consente, essa si mantiene al

di sopra del 30-35% alla 24° ora. Il campione seminale deve essere naturalmente

conservato a temperatura costante, preferibilmente a 35°C, dal momento che le temperature

superiori aumentano la velocità riducendone la durata nel tempo per un maggiore consumo

energetico, mentre risultati opposti si ottengono a temperature più basse di 25°C.

La motilità deve essere distinta dalla vitalità nemaspermica. Infatti, gli spermatozoi per

essere vitali non debbono essere necessariamente mobili. Un classico esempio di tale

situazione è rappresentato dalla mancanza congenita dei bracci di dineina nell'assonema

nemaspermico. In tale condizione gli spermatozoi possono essere vitali, ma sono totalmente

immobili (acinesi).

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Per ottenere l’energia necessaria alla motilità e al mantenimento di gradienti ionici di

membrana (Harrison 1977), lo spermatozoo metabolizza molecole semplici, principalmente

zuccheri e loro derivati (fruttosio, glucosio, mannosio e piruvato), attraverso la via aerobica

e anaerobica.

L’attività cinetica degli spermatozoi è l’espressione di un complesso processo molecolare

comprendente:

1) ossidazione di substrati energetici (Ruiz-Pesini et al. 1998; Ruiz-Pesini et al.2000);

2) metabolismo ciclico di nucleotidi e fosforilazione di proteine coinvolte nella traduzione

del segnale attraverso la membrana plasmatica (Aoki et al. 1999, Luconi et al. 2001; Uma

Devi et al. 2000);

3) la conversione di energia chimica in energia meccanica a livello del complesso

assonemale (Gagnon 1995).

Una motilità ridotta o assente ,(astenozoospermia), è una causa frequente di infertilità

maschile (Bourgeron 2000, Irvine 2000, Mundy et al. 1995) e rappresenta un segno clinico

piuttosto che una vera e propria diagnosi. Ci sono molti fattori morfologici, biochimici e

molecolari responsabili della normale motilità degli spermatozoi, quindi le possibili cause

di astenozoospermia possono essere diverse e nella gran parte dei casi non solo difficili da

stabilire ma rimangono anche inspiegabili (Courtade et al. 1998). L’astenozoospermia,

infatti, può essere causata da alterazioni strutturali, da alterazioni delle vie metaboliche che

forniscono energia, da alterazioni ormonali e da difetti genetici. Infatti ci possono essere

alterazioni funzionali e /o morfologiche mitocondriali che forniscono energia (Bourgeron

2000, Mundy et al. 1995, Rawe et al. 2001) o difetti strutturali del flagello (Chermes et al.

1998). Peraltro, ad oggi non sono ancora noti i meccanismi alla base dell’astenozoospermia

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ed in particolare la comprensione dei processi molecolari ci permetterebbe di affrontare il

problema da un punto di vista clinico con trattamenti terapeutici mirati , per es. stimolando

importanti vie di trasmissione energetiche o mediante terapia genica, piuttosto che superare

il problema con la Fecondazione Assistita.

2.3 La crioconservazione del seme

I primi successi nell’ottenere spermatozoi vivi dopo averli congelati e scongelati risalgono

alla metà del secolo scorso, ad opera di Smith e Polge (1950) su seme bovino. Nel 1951

nacque il primo vitello derivante da un’inseminazione artificiale con seme congelato

(Stewart, 1951).

La crioconservazione degli spermatozoi è una potente tecnica che offre innumerevoli

possibilità, rendendo inutile il trasferimento degli animali e rendendo possibile l’impiego

del seme quando necessario, ottenendo inoltre da un solo eiaculato, più dosi inseminanti.

Per ottenere la più rapida diffusione di individui con un buon corredo genetico,

l’inseminazione artificiale (IA) con seme congelato è stata usata commercialmente nei

bovini da latte per decenni. E’ una tecnica estremamente utile anche per la conservazione

del prezioso patrimonio genetico di maschi di alta fertilità o per preservare il genoma di

razze in via di estinzione.

Ad oggi, nella specie bovina, si ottengono buoni risultati di fertilità con IA con seme

congelato rispetto all’ accoppiamento naturale.

In altre specie di ruminanti come pecore, capre, bufali ed anche nei camelidi, la

crioconservazione per IA è commercialmente limitata.

La crioconservazione degli spermatozoi è una tecnica che da più di 50 anni rappresenta un

importante metodica per la valutazione e salvaguardia della fertilità maschile. La tappa più

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importante della crioconservazione del liquido seminale fu la scoperta di Polge (Polge C,

Smith AU 1949) dell’efficacia del glicerolo come agente crioprotettivo per il seme bovino.

Poco tempo dopo Sherman dimostrò con successo la crioconservazione degli spermatozoi

umani in ghiaccio secco (a-78°C), seguita da un normale scongelamento. Sempre Sherman

descrisse l’uso di vapori di azoto liquido per il congelamento e ottenne la prima gravidanza

attraverso l’inseminazione intra-uterina con spermatozoi congelati. (Bunge RG, Sherman JK.

1953). Da allora ci sono stati molti sviluppi nelle metodiche che hanno portato al

perfezionamento della tecnica di crioconservazione.

La crioconservazione è un metodo che comporta un elevato livello di adattamento delle

cellule biologiche, per una serie di cause, come diluizione, incubazione, il raffreddamento,

il congelamento o lo scongelamento, che causano alterazioni strutturali, biochimiche e

funzionali degli spermatozoi (Watson et al., 1992 ; Holt 2000). La capacità di una cellula,

infatti, di sopravvivere al congelamento dipende dalla sua forma e dimensione, dalla

quantità d’acqua in essa contenuta e dalle proprietà permeabili della membrana. Il

congelamento è un evento stressante per tutti i tipi di cellule, ma gli spermatozoi, grazie al

piccolo volume cellulare e alla compatta organizzazione cellulare della testa

(eterocromatizzazione del nucleo e scarso citoplasma), subiscono pochissime variazioni di

struttura durante tale processo. Nonostante questo, al momento dello scongelamento, essi

presentano alcune alterazioni e una riduzione della motilità (30%-50%). Inoltre ogni

campione seminale non avrà più le stesse capacità fecondanti e potranno verificarsi

variazioni di qualità anche tra campioni diversi appartenenti allo stesso paziente. Le

variazioni della qualità post-congelamento non dipendono dalla tecnica di congelamento

utilizzata, ma dalle caratteristiche biochimiche del campione stesso. Infatti, migliori sono le

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caratteristiche basali del liquido seminale, migliori saranno i risultati in termini di recupero

di spermatozoi mobili, pur utilizzando metodiche di congelamento e scongelamento

differenti che creano il minor danno cellulare possibile.

L'obiettivo di un protocollo di crioconservazione è quello di preservare spermatozoi

biologicamente funzionali che poi dovranno sopravvivere nell'ambiente uterino seguendo

quello che succede in una inseminazione naturale, quindi essere trasportati passivamente

all’ ovidotto, e mantenuti lì finché non arrivino in contatto con l'ovocita, anche grazie a

movimenti propri, per poi penetrare nell’ovocita e essere in grado di produrre un embrione

vitale.

2.4 Modificazioni degli spermatozoi dopo congelamento

A dispetto di uno sviluppo estensivo di protocolli di crioconservazione, la fertilità che si

ottiene con seme congelato-scongelato non è sempre paragonabile a quella ottenuta con

seme fresco. La riduzione della fertilità dopo crioconservazione è dovuta sia a una

diminuzione di vitalità degli spermatozoi, sia a una disfunzione subletale della popolazione

superstite (Watson, 2000), per effetto di maggiori anomalie morfologiche e genomiche

indotte dal gelo-disgelo, e dal tasso di riduzione della motilità degli spermatozoi (Pèrèz. Pe

etal,2002;.Martinetal,2004).

L’eiaculato è costituito da una popolazione eterogenea di cellule, in grado di raggiungere il

loro pieno potenziale di fertilità a ritmi diversi all'interno del tratto femminile e quindi

aumentare le probabilità che uno spermatozoo fertile fecondi un ovocita. Generalmente,

circa 40-50% della popolazione spermatica non sopravvive dopo congelamento-

scongelamento (Watson, 2000). Nei montoni, lo sperma congelato-scongelato può avere

una percentuale elevata (40-60%) di cellule mobili, anche se solo il 20-30% rimane

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biologicamente funzionale (Medeiro et al., 2002). Il problema biologico della

crioconservazione di materiale cellulare è rappresentato dal possibile danno che le basse

temperature provocano sulle cellule nemaspermatiche. Per ovviare a tali danni si ricorre a

metodologie che proteggano il materiale biologico dallo shock termico( uso di sostanze

crioprotettive e idonei tempi e procedure di congelamento e scongelamento).

In campo seminologico, la possibilità di congelare la cellula namaspermatica è basata

sull’impiego di vari terreni di crioconservazione. Questi hanno in comune di preservare lo

spermatozoo dalla disidratrazione e dall’aumento della concentrazione e dall’aumento di

concentrazione di sali (glicerolo, glicina, saccarosio, ecc.) e di ottimizzare l’osmolarità nei

fluidi extracellulari.( zuccheri, sali, ecc). La cinetica di entrata e di uscita del crioprotettore

dipende dalla temperatura. L’interazione del crioprotettore con il calo di temperatura

dipende dalla permeabilità all’acqua della membrana così come dalla superficie e dal

volume della cellula considerata.

Crioprotettori. Il glicerolo è il crioprotettore più utilizzato per gli spermatozoi sia umani

che in zootecnia. Esso è un crioprotettore permeante che agisce sulla struttura della

membrana sulla permeabilità e stabilità del doppio strato lipidico, sull’associazione delle

proteine di superficie e sul metabolismo cellulare. Se usato da solo dà un risultato

sfavorevole per la sopravvivenza, per la membrana e per l’acrosoma, ma il suo utilizzo

permette anche il congelamento di spermatozoi di scarsa qualità. Studi di Sherman hanno

messo in evidenza che l’utilizzo di solo glicerolo provoca alcune alterazioni come: la

presenza di una membrana ondulata, la membrana acrosomale interna non si presenta più

parallela alla membrana esterna, il nucleo appare disomogeneo, si presentano alterazioni ai

mitocondri, le creste appaiono disorganizzate( Sherman JF. Keel B, Webster BW. 1990).

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Gli zuccheri: sono crioprotettori non permanenti. Sono molecole molto grandi con elevato

peso molecolare, che sfavoriscono la disidratazione cellulare durante il raffreddamento.

Hanno diverse funzioni: contribuiscono all’osmolarità, forniscono energia allo

spermatozoo, infatti il glucosio e il fruttosio sono zuccheri glicosilabili perciò ossidabili per

lo spermatozoo.

Proteine e Lipidi: Permettono di diminuire la concentrazione di glicerolo. Il tuorlo d’uovo

di gallina, che viene spesso incluso nel medium di crio-conservazione, non è di per sé un

crioprotettore, ma sembra conferire maggiore fluidità alle membrane citoplasmatiche degli

spermatozoi, grazie alla componente fosfolipidica delle proteine; ripara la membrana

scambiando acidi grassi con la membrana stessa; controlla la concentrazione di ioni Ca2+

intracellulare diminuendone l’accumulo dovuto al freddo(protegge le membrane sia dal

punto di vista funzionale che strutturale). E’ presente in quasi tutti i medium dal 3% al 25%

secondo la specie.

Antiossidanti: evitano la perossidazione lipidica creando dei legami con dei lipidi insaturi,

ma in realtà essi sono tossici ed interferiscono con la fluidità della membrana.

Detergenti non ionici: solubilizzano il tuorlo d’uovo.

Elettroliti e sali: favoriscono la disidratazione.

Agenti antimicrobici: a largo spettro, per evitare la proliferazione microbica. Lo scopo è di

eliminare la flora patogena che produrrebbe delle tossine utilizzando i differenti

componenti del diluente come substrato metabolico.

Altre sostanze: enzimi (amilasi) e stimolanti metabolici ( caffeina, callicreina,

prostaglandine).

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Qualunque sia la metodica di congelamento utilizzata (metodo rapido, o metodo veloce) è

indispensabile effettuare correttamente tutte le fasi pre e post crioconservazione per

ottenere il miglior risultato. Tali fasi prevedono uno studio seminologico accurato, la scelta

del terreno crioprotettivo più adeguato, il corretto condizionamento propedeutico al

congelamento e, infine, lo scongelamento.

Per condizionamento si intende le fasi di aggiunta del crioprotettore al liquido seminale. Il

volume di crioprotettore aggiunto è in genere pari al volume del liquido seminale da

crioconservare. E’ necessario che il terreno di crioconservazione interagisca con le cellule,

infatti, l’efficacia delle sostanze crioprotettrici è anche in funzione al tempo di interazione

tra il crioprotettore e le cellule. Per evitare shock osmotici, il terreno crioprotettivo viene

aggiunto goccia a goccia e miscelato delicatamente a temperatura ambiente, poi viene

posto e a 37°C per 10-15 minuti per permettere l’equilibrazione tra le cellule e il terreno. La

tecnica di scongelamento è altrettanto importante, perché deve consentire alle cellule di

recuperare le normali attività biologiche limitando il più possibile rapide differenze di

temperatura. Infatti, al fine di evitare bruschi sbalzi termici è necessario estrarre lentamente

le pailettes dall’azoto liquido e consentire il raggiungimento dell’equilibrio termico tra

materiale cellulare e ambiente esterno. Attualmente vengono impiegate varie tecniche di

scongelamento, tra cui ricordiamo: lo scongelamento a T ambiente per 10 minuti e il

successivo passaggio in termostato a 37°C per altri 10 minuti; lo scongelamento in

termostato in bagnomaria a 37°C per 10 minuti; lo scongelamento a T ambiente (22°C) per

15 minuti. Una volta scongelato il liquido seminale viene separato dal terreno di

crioconservazione mediante lavaggi con il terreno di coltura e centrifugazione. Dopo il

congelamento sia lento che veloce, cioè utilizzando diverse curve di discesa della

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temperatura, negli spermatozoi di montone, è meglio conservata la motilità che l'integrità

morfologica. L'architettura mitocondriale è alterata, ma il filamento della coda e le fibrille

non mostrano alcun cambiamento rilevabile (Salamon and Maxwell, 2000).

Come precedentemente detto, durante il processo di crioconservazione, gli spermatozoi

subiscono enormi insulti chimici e fisici come temperatura ridotta, formazione di cristalli di

ghiaccio intercellulare (che sono letali per le cellule), disidratazione cellulare, lesioni

osmotiche durante l'aggiunta e la rimozione dei crioprotettori, mostrando tutti gli stessi

danni(GaoeCrister,2000;Gilmoreetal,2000;.Watson,2000).

Gli spermatozoi sottoposti a crioconservazione sono molto sensibili a una rapida riduzione

della temperatura da 25 a 5 ° C (Watson, 1981). Questo produce uno shock termico, una

transizione e alterazione di fase della membrana (Morris et al., 1987) e influenza la

asimmetria dei fosfolipidi con una rottura che risulta molto marcata. La perdita della

permeabilità selettiva e dell'integrità della membrana plasmatica porta a esposizione e

riorganizzazione dei siti di legame di actina (Holt e Nord, 1991), ridistribuzione degli ioni,

e cambiamenti nelle membrane acrosomiale e mitocondriale, riduzione del pH e del

metabolismo cellulare e la perdita della motilità (Quinn e White, 1966; Pickett e Komarek,

1967; Watson, 1995; Gadea, 2003).Questo potrebbe spiegare la riduzione della fertilità con

spermatozoi crioconservati nei piccoli ruminanti.

Gli effetti dannosi di raffreddamento e congelamento sulla membrana degli spermatozoi

variano da specie a specie ed sono influenzati da diversi elementi e cioè, dal rapporto

colesterolo / fosfolipidi, dal contenuto di lipidi nel doppio strato, dal grado di saturazione

degli idrocarburi e dal il rapporto di proteine / fosfolipidi (Medeiro et al. 2002 ). Lo

scongelamento inverte il processo di congelamento, costringendo la cellula a ripercorrere il

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suo percorso a ritroso attraverso i vari ambienti incontrati (Quinn e White, 1966) e il flusso

di acqua conseguente può alterare la membrana. Dopo scongelamento il seme diventa più

sensibile alla perossidazione lipidica rispetto al seme fresco (Trinchero et al., 1990), per

effetto delle modifiche di membrana prodotte durante il processo di crioconservazione.

Molto recentemente, Martin et al. (2006) hanno osservato che la morte cellulare e

l’aumento della permeabilità della membrana dopo la crioconservazione potrebbe non

essere unicamente dovuta alla formazione di ghiaccio ma anche a causa di un ipotetico

processo di apoptosi nelle cellule spermatiche. E’ stato osservato che le caratteristiche di

eventi apoptotici sono comparse negli spermatozoi di toro durante il processo di

crioconservazione, come una diminuzione del potenziale di membrana mitocondriale

(MMP), osservati immediatamente dopo la diluizione nel mezzo di crioconservazione,

attivazione delle caspasi, dopo cambiamenti nella permeabilità della membrana e dopo il

completo processo del congelamento/scongelamento si è arrivati all’evento apoptotico

come la morte. Molti studi hanno confermato come, velocità di raffreddamento e

congelamento, il tipo di agenti crioprotettivi e la loro concentrazione, la composizione

dell’extender’, i tassi di diluizione, la temperatura alla quale viene aggiunto il crioprotettore

al seme, il tempo di equilibrio, e la velocità di scongelamento sono considerati molto

importanti per il successo della crioconservazione (Mazur, 1994, Salamon e Maxwell,

1995; Aisen et al, 2000;. Paulenz et al, 2004;. Anel et al, 2005)..

3. MATERIALI E METODI

3.1 Raccolta e congelamento del seme

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Sono stati utilizzati in questo studio adulti fertili di ariete di razze diverse: Alpagota,

Lamon, Brogna Vicentina o Foza. Inoltre si sono utilizzati 31 soggetti di arieti adulti di

razze Venete in via di estinzione, da cui sono stati prelevati i testicoli al momento della

macellazione.

Si sono dunque eseguite due metodologie di prelievo del seme: mediante

elettroeiaculatore,sui soggetti vivi, e dall’epididimo, post mortem.

Ogni eiaculato è stato diviso in due parti e trattato con due differenti extender commerciali

( Tryladil e Andromed) per un totale di 31 animali di cui 13 il seme prelevato

dall’ipididimo e 18 il seme prelevato con l’elettroeiaculatore.

L’extender Tryladil è composto da TRIS, glicerolo ( crioprotettore), fruttosio, antibiotici,

acido citrico e prevede l’aggiunta di tuorlo d’uovo, mentre l’Andromed è composto da

TRIS, glicerolo, fruttosio, antibiotici, acido citrico e fosfolipidi come protettori di

membrana al posto del tuorlo d’uovo.

Elettroeiaculazione

Si è utilizzato un elettroeiaculatore “Ruakura Ram Probe”.

Sviluppato per prelievi su arieti. Si tratta di uno strumento costituito da un tubo di vetro al

cui interno è alloggiato un circuito elettrico. Il primo tubo si collega ad un secondo in

metallo che ha funzione di sostegno e che alloggia 4 batterie da 3 Volt ciascuna, per un

totale di 12 Volt. Alla base del sostegno è posto un pulsante, facendo pressione su questo si

provoca il contatto delle batterie con il circuito elettrico, in questo modo la corrente può

passare. All’apice del tubo di vetro si trovano due elettrodi ad anello posti a distanza di un

centimetro.

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Per eseguire il prelievo, l’ariete è stato contenuto, il retto è stato svuotato dalle feci e sono

stati inseriti nel retto 6 ml di lidocaina al 2% al fine di anestetizzare localmente la mucosa

rettale. Per esplorazione rettale è stata localizzata la prostata. L’elettroeiaculatore è stato

quindi inserito nel retto in modo che i 2 elettrodi si localizzassero dorsalmente alla parte

mediale della prostata. La stimolazione è stata eseguita applicando stimoli di 3 secondi

intervallati da un secondo di intervallo fino all’avvenuta eiaculazione, che di solito ha luogo

nell’arco di 10-12 stimolazioni. La tecnica è risultata essere ripetibile e pressochè

atraumatica per l’animale. L’eiaculato è stato raccolto per mezzo di una guaina conica in

lattice collegata all’estremità con un tubo graduato.

Il seme viene mantenuto a 37°C e sottoposto a valutazione visiva macroscopica: misura del

volume, colore, presenza di tracce di sangue o di odori anomali di urina; successivamente,

con l’osservazione microscopica vengono valutati i parametri spermatici che ne

determinano la congelabilità. I principali parametri valutabili sono: motilità di massa degli

spermatozoi (con punteggio variabile da 0 a 3).

I campioni ottenuti con una concentrazione maggiore di 3 miliardi di spermatozoi/ml e un

punteggio di massa maggiore di 2 sono stati considerati idonei per la preparazioni di dosi

da sottoporre al congelamento. I campioni, quindi, sono stati divisi in aliquote, una a cui è

stato aggiunto il diluente commerciale Triladyl e l’altro il diluente Andromed.

Il seme diluito aspirato in “cannuccie” (pailettes), tubi di plastica crio-resistenti, da 0,25 o

da 0,5 ml, ad una diluizione finale di 80 milioni di spermatozoi per pailettes. Dopo la

chiusura le pailettes vengono stabilizzate a 4°C per 2 ore e successivamente esposte a

vapori di azoto ( -75°C) per 5 minuti prima di essere definitivamente immerse in azoto

liquido.(-196°C). Alcune pailettes sono state scongelate a bagnomaria a 37°C per 60

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secondi, al fine di valutare sia le caratteristiche spermatiche post scongelamento. Le dosi

del seme così conservate sono utilizzabili quando neccessario per inseminare le pecore, che

devono essere opportunamente preparate, ovvero con estro sincronizzato

farmacologicamente.

L’inseminazione artificiale negli ovini avviene principalmente per via laparoscopica, cioè

depositando il seme, direttamente a livello delle corna uterine vicino all’ovidotto dove

avverrà la fecondazione.

Prelievo dall’epididimo

I testicoli sono stati trasportati al laboratorio in soluzione salina ad una temperatura di 4° C

entro 4 a 6 ore post-mortem. Dall’arrivo in laboratorio gli epididimi sono stati separati dai

testicoli. I testicoli sono stati valutati e i montoni con testicoli anatomicamente anormali

non sono stati utilizzati in questo studio.

Il materiale seminale è stato raccolto dall’epididimo, il tratto iniziale del dotto escretore dei

testicoli, dove gli spermatozoi transitano dopo essersi formati a livello del parenchima

testicolare; in questa porzione anatomica quindi si possono trovare spermatozoi a diverso

stadio di maturazione. Dopo averlo separato dal testicolo, l’epididimo viene aperto

attentamente in condizioni di sterilità e il materiale seminale raccolto mediante il taglio

della coda dell’epididimo questo viene prima miscelato con una soluzione idonea al suo

mantenimento (comunemente definito mestruo) e successivamente sottoposto a valutazione

qualitativa.

Nell’analisi microscopica il materiale seminale è stato valutato in base a diversi parametri

(concentrazione di spermatozoi, motilità prima e dopo l’aggiunta di glicerolo, presenza di

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malformazioni, ecc.) al fine di definirne la qualità complessiva e il numero di dosi utili

ottenibili da sottoporre a crioconservazione.

Per ciascun testicolo, la coda dell’epididimo è stata selezionata tagliando il vaso deferente

del corpo dell'epididimo (Figura-3). Alla dissezione, ogni coda è stata lavata con soluzione

fisiologica per togliere qualunque materiale residuo prima dell’estrazione degli spermatozoi

dell'epididimo. I campioni di ogni coda sono stati poi lavorati con gli extender (Tryladil e

Andromed). Gli spermatozoi dell'epididimo sono stati raccolti facendo 5-6 incisioni con

una lama chirurgica nella coda. La struttura, posta in una piastra Petri, è stata quindi irrigata

con il terreno di diluizione per per raccogliere la massima concentrazione di sperma. La

soluzione di spermatozoi è stata trasferita in una provetta da 15 ml e posta in un bagno

maria a 37° C per 15 minuti per analisi della qualità seminale.

I campioni prelevati dall’epididimo dei testicoli di un soggetto sono stati divisi in due

aliquote e destinati alla diluizione con due extenderd.(Tryladil e Andromed).

Figura 3. Raccolta dello sperma da epididimo.

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La concentrazione è stata portata a 400 x 106 spermatozoi/ml con l'aggiunta degli

extender. La provetta contenente il campione di spermatozoi dell'epididimo è stata posta in

un bicchiere di vetro contenente acqua e il becher è stato posto in un frigorifero per il

raffreddamento a 4° C per 2 ore. Tutti i campioni sono stati caricati in pailettes da 0,25 ml

con una concentrazione di 100x106 spermatozoi / ml. Poi le pailettes sono state poste a 4°

C per ulteriori 2 ore di equilibratura. Trascorso il tempo di equilibrazione sono state

collocate in vapori di azoto (2-3 cm) per 5 minuti e poi immerse in azoto liquido e

conservate a -196°C.

3.2 Analisi Seminali

Parametri Rilevati “Computer-Aided Semen Analyzer” (CASA)

La motilità del seme dopo scongelamento è stata analizzata utilizzando l’apparecchio

Hamilton-Thorne Computer-Aided Semen Analyzer (CEROS 12.1 M analyzer Hamilton-

Thorne Research, USA), gentilmente messo a disposizione da Intermizoo Brussa Caorle

Venezia. Tale sistema funziona come un analizzatore del movimento degli spermatozoi e

della morfometria, e consiste in un microscopio a contrasto di fase, un piano portaoggetti

riscaldabile, un analizzatore digitale di immagini collegato ad un computer. Il seme è stato

trasportato all’Intermizoo in auto in un contenitore apposito mantenendolo a -196°C,

scongelato, in acqua calda a 37°C per 1’ e diluito con Tris Buffer in rapporto 1:2 e 10 µl di

seme sono stati posti su un vetrino tipo “ Cell-vu” preriscaldato a 37°C. Il vetrino è stato

collocato per un minuto sopra il piano preriscaldato in modo da far stabilizzare la goccia.

Per eseguire l’analisi si sono presi in considerazione 8 campi microscopici non consecutivi,

selezionati in modo casuale, che sono stati scansionati dall’analizzatore d’immagine. I

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risultati di ogni campo microscopico sono stati analizzati dal computer in modo da ottenere

un valore medio di ogni parametro preso in considerazione. Tale tipo di analisi è stata

eseguita su due gocce per campione; i risultati ottenuti corrispondono alla media dei

risultati delle due gocce. Poi per ogni campione sono stati presi in considerazione i seguenti

parametri:

- Motilità totale (%)

- Motilità progressiva (%)

- VAP (Velocity Average Pathway), cioè la velocità media del tracciato degli

spermatozoi motili, espresso in µm/sec

- VSL (Velocity Straight Line), cioè la velocità media misurata in linea retta

dall’inizio alla fine del tracciato, espresso in µm/sec

- VCL (velocity Curvilinear), cioè la velocità media misurata punto per punto sul

tracciato seguito dallo spermatozoo, espresso in µm/sec

- ALH (Amplitude Lateral Head), cioè l’ampiezza dello spostamento laterale della

testa, espresso in µm

- BCF (Beat Cross Frequency), cioè la frequenza delle oscillazioni della testa degli

spermatozoi lungo il tracciato, espresso in Hertz

- STR ( Straightness), espresso in percentuale, è il rapporto VLS/VAP, ed esprime la

vicinanza alla linea retta della direzione degli spermatozoi considerati con il 100%

corrispondente ad un movimento perfettamente rettilineo

- LIN (Linearity), espresso in percentuale, è il rapporto VSL/VCL, ed esprime la

vicinanza alla linea retta del tracciato seguito dagli spermatozoi.

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3.3 Analisi al Citofluorimetro

Descrizione dello strumento

Nato alla fine degli anni '70, il citofluorimetro a flusso, viene utilizzato nell’ individuazione

della presenza di determinanti antigenici, di membrana o citoplasmatici, effettuata con

metodi di immunofluorescenza, ma viene anche impiegato per misurare, a livello di singole

cellule, una serie di parametri come il volume, la ‘granulosità’ cellulare, il contenuto di

DNA, RNA, la concentrazione di ioni calcio, la permeabilità di membrana, le attività

enzimatiche, il pH intracellulare.

Per alcuni parametri, le informazioni sono ricavate dalla luce diffusa (scattering) della

cellula che attraversa il fascio laser di eccitazione, per altri si usa la proprietà posseduta

dalla sostanza in esame (es. derivati antraciclinici) di emettere fluorescenza in seguito

all’eccitazione, per altri ancora la rilevazione viene effettuata mediante sonde, come gli

anticorpi monoclonali coniugati con fluorocromi (es. FITC, PE). La possibilità di associare,

mantenendole distinte, la misura di diffusione con quella di fluorescenza o la misura di un

fluorocromo associato ad altri (PI con FITC o PE) consente, mediante la strumentazione in

commercio, di ricavare fino a 5-6 parametri contemporaneamente, acquisendo in pochi m-

secondi, svariate informazioni per ogni singola cellula che attraversa il fascio di

eccitazione.

Una delle peculiarità della citofluorimetria a flusso risiede nella velocità di misura; essa,

infatti consente l’analisi di un numero di cellule dell’ordine di decine di migliaia sfruttando

un’automazione spinta della fase di misura e di acquisizione dei dati, ma non consente di

ricostruire la morfologia della cellula, come, del resto, si può fare con strumenti basati sulla

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microscopia. Ciò implica che le misure effettuate mediante FACS (Fluorescence Activated

Cell Sorting) siano di tipo ‘demografico’ ovvero su popolazioni cellulari, che costituiscono

il pool delle cellule da analizzare, campionate significativamente. L’output analitico, in

altre parole, sarà la frequenza di distribuzione delle risposte dell’intensità di luce emesse

dalle cellule.

Nell’analisi citofluorimetrica la sospensione cellulare, marcata precedentemente, viene

aspirata attraverso un sistema campionatore; le cellule vengono trasportate, mediante un

flusso di soluzione fisiologica a regime laminare, e convogliate in una cuvetta in quarzo

(negli strumenti di 1° generazione all’interno di un nozzle) una alla volta, ben separate ed

allineate, ad intercettare un fascio di un laser di eccitazione (laser ad Argon, 488nm).

Quando le cellule marcate con Ioduro di Propidio attraversano il fascio laser, emettono un

segnale di luce diffusa ed un segnale di fluorescenza rossa che viene raccolta a 90° rispetto

al laser incidente che eccita il colorante. Il segnale di fluorescenza così selezionato viene

rilevato da un fotomoltiplicatore. Il citofluorimetro raccoglie gli impulsi elettrici

equivalenti agli impulsi di fluorescenza emessi da una cellula nell’attraversamento (un

tempo molto piccolo, 2 ms) del fascio laser in una scala arbitraria di intensità di

fluorescenza.. Il citofluorimetro acquisisce in ogni sessione di lavoro di ogni campione un

numero elevato di eventi (cellule marcate) dell’ordine delle migliaia; garantendo un’elevata

validità statistica del campionamento. Il risultato è una distribuzione statistica del numero

di cellule versus fluorescenza cellulare chiamata ‘istogramma di DNA’ .

Un citofluorimetro a flusso è costituito da:

• Una sorgente di luce di eccitazione: laser o lampada a vapori di mercurio.

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Nella maggior parte degli strumenti viene impiegato un laser a ione Argon accordato sulla

lunghezza d’onda di 488nm (blu). Questa particolare lunghezza d’onda consente

un’efficace misura dei parametri fisici e può eccitare contemporaneamente fino a tre diversi

fluorocromi.

• Un sistema idrodinamico di trasporto delle cellule.

• Un sistema ottico costituito da lenti e filtri opportunamente disposti, che seleziona

le radiazioni emesse.

• Un sistema di misura della luce diffusa e di fluorescenza.

• Un sistema di memorizzazione e analisi dei dati.

• “Cell sorter”: sistema di separazione fisica delle popolazioni cellulari sulla base

delle caratteristiche misurate. Il flusso di liquido contenente le cellule, dopo aver

intersecato il fascio luminoso, viene frammentato in gocce mediante la vibrazione di

un trasduttore piezoelettrico; le gocce contenenti le cellule con le caratteristiche

selezionate vengono quindi caricate e, mediante il passaggio in un campo

elettrostatico, separate fisicamente dalle altre.

I citogrammi prodotti dall’elaborazione statistica possono essere di tre tipi:

• Istogramma monodimensionale; quando l’analisi è monoparametrica.

Il grafico è tracciato in due dimensioni, con la frequenza sull’asse verticale e la grandezza

della variabile su quello orizzontale.

Nella generazione del grafico a istogramma i segnali digitalizzati si accumulano, in base al

loro valore, nei rispettivi canali creando un diagramma di distribuzione di frequenza ad

istogrammi.

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I canali sono molto ravvicinati tra loro e il calcolatore mostra solo gli apici degli

istogrammi; ne deriva un istogramma il cui aspetto grafico è caratterizzato da curve o

picchi, in ognuno dei quali si può analizzare il numero degli eventi, il canale di massima

frequenza e il coefficiente di variazione.

• Dot plot e contour plot; quando l’analisi è biparametrica bidimensionale.

Nel dot plot ogni particella è rappresentata da un punto in una visualizzazione

bidimensionale, che corrisponde alle coordinate dei valori misurati.

Nel contour plot le linee collegano punti che hanno un valore maggiore o uguale a

determinati punti fissi.

• Rappresentazione prospettica.

Si tratta di una distribuzione biparametrica della frequenza, in cui i valori delle due variabili

in esame sono tracciati come un reticolo di coordinate, con la frequenza degli oggetti che

risulta come la distanza al di sopra del piano del reticolo stesso.

La citofluorimetria a flusso sostituisce per certi versi la microscopia a fluorescenza, ma ci

sono vantaggi e svantaggi in entrambe le tecniche. L’analisi microscopica comporta la

valutazione dell’operatore nel determinare le cellule da includere nell’analisi ed è quindi

soggetta a variazioni individuali; il numero di cellule analizzato è ridotto e inoltre i tempi di

analisi sono piuttosto lunghi. Tutto ciò comporta un’accuratezza limitata.

Si possono tuttavia ottenere informazioni che il citofluorimetro non può fornire, quali la

localizzazione del fluorocromo nei vari compartimenti cellulari. Inoltre i costi di

manutenzione e di utilizzo sono decisamente ridotti rispetto a quelli del citofluorimetro.

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D’altra parte il citofluorimetro seleziona elettronicamente le cellule da analizzare, conta

10000 cellule in pochi secondi a tutto vantaggio dell’accuratezza del risultato; inoltre non

dipendendo dall’operatore l’analisi è estremamente ripetibile e la lettura più obiettiva.

Lo strumento utilizzato FACS Canto II Flow Cytometer (Becton Dickinson) è stato messo

gentilmente a disposizione da………………………………

3.4 Reagenti Si sono scelti due fluorocromi, annessinaV coniugata con FITC (Boehringer Mannheim) e

ioduro di propidio (Sigma) per individuare apoptosi e necrosi cellulare.

Saggi con Annessina V e Ioduro di Propidio.

L’Annessina V è una proteina con elevata affinità per la fosfatidilserina (PS). Poiché

l’esposizione della PS sulla membrana esterna è stata associata all’inizio della fase di

esecuzione dell’apoptosi, ben prima che sia possibile vedere la frammentazione del DNA.

Il saggio con l’Annessina V è considerato un metodo di rivelazione più precoce di altri

metodi basati sul DNA.

La traslocazione di PS sulla superficie cellulare esterna, che si verifica con qualsiasi

stimolo iniziale di apoptosi, non avviene unicamente nell’apoptosi ma anche durante la

necrosi. La differenza tra queste due forme di morte cellulare consiste nel fatto che nelle

fasi iniziali di apoptosi la membrana cellulare rimane intatta mentre nel momento in cui si

verifica la necrosi la membrana cellulare perde la sua integrità.

Se si procede alla colorazione simultanea della PS di superficie con annessina V marcata

con molecole fluorescenti e di cellule necrotiche con ioduro di propidio, il saggio consente

di distinguere l’apoptosi dalla necrosi in citofluorimetria o microscopia in fluorescenza. Le

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cellule necrotiche sono facilmente colorate sia con annessina V che con ioduro di propidio

(che invece è escluso dalle cellule normali e da quelle apoptotiche), mentre le cellule

apoptotiche sono colorate solo con annessina V.

La marcatura delle cellule con annessina è rapida (circa 10 minuti) e non è richiesta

fissazione. Il saggio è in genere molto sensibile, permettendo di rilevare anche solo una

cellula marcata.

Oltre ai Kit completi, è possibile acquistare la singola proteina non coniugata o coniugata

PE, APC, FITC, Alexa 568, Cy3, Cy5, EGFP o biotina. ( 8 - Biotecnologie 2000 - Febbraio

2006).

Lo ioduro di propidio(3,8- diammino-5dietilmetil amminopropil-6fenilfenantridin diioduro)

(PI) è un colorante sintetico caratterizzato da una bassa fluorescenza (rosso arancio), in

grado di legarsi selettivamente agli acidi nucleici. Il PI instaura essenzialmente due tipi di

legame con il DNA o RNA a doppia elica: un legame primario, quando il colorante si lega

a due coppie di basi adiacenti dell’acido nucleico, e un legame secondario, esterno alla

doppia elica.

Una volta intercalato nei siti “primari” tra le coppie di acidi nucleici, il PI incrementa di 20

volte rispetto al colorante libero la sua efficienza quantica di fluorescenza, mentre per il

colorante legato nei siti “secondari” questo non si verifica. Questo effetto è probabilmente

il risultato dell’immersione del colorante nel mezzo idrofobico del sito di intercalazione e

rende il PI un ottimo “marker” fluorescente degli acidi nucleici in doppia elica che

possiedono siti primari. Il PI legandosi stechiometricamente alla doppia elica del DNA (o

RNA a doppia elica) fornisce un’informazione sulla quantità di DNA contenuta nelle

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cellule, in relazione all’intensità di fluorescenza (maggiore è il contenuto di DNA maggiore

sarà la fluorescenza).

3.5 Preparazione dei campioni e lettura al citofluorimetro

Seme di due arieti, a conc di 100 milioni spermatozoi/ 0,25ml in una pailette per un totale

di 8 campioni, anessina V coniugata con FITC (Boehringer Mannheim) e ioduro di

propidio a concentrazione di 1µg/ml della ditta Sigma. Come controllo seme fresco (non

congelato) di bovino ad una concentrazione di 100 milioni spermatozoi/ml.

I campioni per l’analisi con il citofluorimetro( FACS Canto II flow cytometer Becton

Dickinson) sono stati preparati nel modo seguente. Prelevati 2µl del campione

(corrispondenti a 200 mila spermatozoi) e aggiunti in 50µl di soluzione FACSMIX,

contenente 135mM di NaCl, 10 mM HEPES, 5 mM CaCl2, è stato addizionato con

Annessina V coniugata con FITC ( Boehringer Mannheim) per marcare le fosfatidil-serine

esposte sulla superficie delle cellule apoptotiche e con Ioduro di Propidio (PI 1µg/ml) per

identificare le cellule morte con alterazioni di integrità di membrana plasmatica. Poi i

campioni sono stati messi ad incubare a 37°C per 20 minuti (colorazione). Al termine

dell’incubazione sono stati aggiunti 350µl di soluzione FACSMIX non contenente ioduro

di propidio e annessina per un volume finale per campione di 400µl. Tutto è stato poi

trasferito nei tubi di lettura, i campioni sono stati, poi, acquisiti e analizzati(488nm per

l’annessina coniugata con la FITC e ioduro di propidio) utilizzando FACS Diva software.

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4.1 Risultati e discussione

La prima analisi effettuata ai nostri campioni è stata l’analisi cinetica dopo congelamento e

i risultati ottenuti sono riportati nella seguente tabella. I campioni sono stati così suddivisi:

18 animali prelievo del seme con elettroeiaculatore e 13 animali prelievo del seme

dal’ipididimo.

  EE  A   EE  T   EPI  A   EPI  T  Motilità   46,50  ±  20,59a*   49,77  ±  27,92a*   63,77±27,14a   55,08  ±  23,48a  Prog   16,50  ±  5,88a   17,82±9,07a   21,31±8,04a   18,00±6,36a  VAP   88,93±11,87a   78,00±20,21a*   95,97±29,35a*   85,89±25,71a  VSL   62,69±6,78a   56,81±10,37a*   65,75±16,47a   60,42±14,15a  VCL   141,96±19,39a   124,84±38,15a*   160,79±53,56a*   141,94±40,04a  ALH   15,09±2,16a   14,48±2,86a   16,23±2,68b   16,32±2,21b  BCF   15,94±1,47a   15,92±1,03a   15,24±1,16a   15,74±1,31a  STR   71,36±3,80a   74,36±6,84a   69,69±5,69a   71,46±5,62a  LIN   47,00±5,00a   50,55±8,00a   45,10±5,62a   46,80±5,42a  elong   40,43±5,29a*   42,14±4,52a   42,85±5,48a   44,61±5,04a*  

Tabella 1( i valori indicati con la lettera b indicano una differenza statistica significativa

con P<0,05, mentre con il simbolo * indica………)

Nella tabella 1 sono indicati valori medi dei parametri rilevati dal CASA, su seme di ariete

prelevato mediante elettroeiaculazione (EE) o dall’epididimo (EPI), congelato con diluitore

Andromed (A) e Tryladil (T). I valori seguiti dalla lettera (b), nel parametro ALH(ampiezza

dello spostamento laterale della testa) sono significativamente differenti (P<0,05). Cioè

nota che c’è una differenza statistica (P<0,05) per quanto riguarda i diluitori nel metodo di

raccolta EPI. Mentre nei campioni raccolti con il metodo EE, evidenzia che c’è una

tendenza statistica(P>0,05) nel parametro “Motilità” dovuta, molto probabilmente, alla

presenza del liquido seminale che influisce negativamente sulla motilità.

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I risultati dell’analisi citofluorimetrica del seme sono raffigurati nei ‘dot-plot’. Il

diagramma di dispersione a punti o ‘dot plot’ rappresenta la correlazione fra due parametri,

in cui ogni punto rappresenta un singolo evento dotato di un particolare valore per ciascuno

dei i due parametri. All’interno dei dot plot si possono definire quadranti e finestre di

diverse dimensioni. Ogni singolo valore relativo a ciascun parametro misurato, dopo essere

stato amplificato e convertito, rappresenta il “quanto” citometrico e prende il nome di

evento.

In Figura 4 è riportata l’analisi del seme fresco di bovino, utilizzato come controllo positivo

di vitalità, in quanto i campioni di seme di ariete erano crioconservati.

Figura 4 Campione di seme fresco di bovino

Sull’asse delle ordinate sono riportati i valori dell’intensità del segnale emesso dallo

ioduro di propidio (PI) e sull’asse delle ascisse l’intensità del segnale del fluorocromo

FITC(fluorescina isocianato) coniugata con annessina V. La colorazione con PI indica che

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le cellule sono permeabili a soluti dall’esterno e quindi danneggiate solitamente in maniera

irreparabile e sono in genere da considerarsi morte, mentre la positività al segnale di FITC

indica che le cellule stanno andando incontro al processo apoptotico. Il grafico è stato

diviso in 4 parti identificando i quadranti Q1,Q2,Q3 e Q4. Nel Q1 è riportata la percentuale

di cellule positive allo ioduro di propidio, nel Q2 è invece rappresentata la percentuale di

cellule positive ad entrambi i parametri (FITC e PI), nel Q4 è rappresentata la percentuale

di cellule positive solo per la FITC ed infine nel Q3 sono plottati gli eventi negativi ad

entrambi le colorazioni. Dalla distribuzione degli eventi possiamo vedere che il 73,2% delle

cellule non hanno colorazione (appartengono al Q3) e quindi sono vitali; il 25,6% è

positivo al PI(quadranti Q1+Q2) indicano che le cellule sono morte.

Figura 5 Campione 1: n° 76371 EE-A Campione 2: n°76371 EE-T

Nella Figura 5 vengono rappresentati, come esempio due Dot Plot di due campioni di seme

di ariete congelati analizzati con il metodo FITC e ioduro di propidio e con i due diversi

diluenti (Andromed, e Tryladil). Si può vedere che già a prima vista nel Q3, dove sono

rappresentate le cellule vive, il campione 2 (contenente Tryladil) ha una percentuale di vivi

maggiore (Q1), che è del 34,2%, mentre nel campione 1 la percentuale (Q1) è del 16,9%.

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Cosi come nei positivi all’Ioduro di propidio (Q1+Q2) si ha che nel campione 1 è del

83,1% mentre nel 2 è del 63,1%. La positività alla annessina FITC (Q4) è invece stata ne

campione 1 di 0,1% mentre nel campione 2 del 2,7%. Questo andamento di percentuale si è

più o meno mantenuto in tutti i campioni secondo le tabella riportata sotto dove, sono stati

anche inseriti i dati della cinetica (motilità e progressività) dei due animali analizzati con il

citofluorimetro.

 A/IP-­‐   A+   IP+   motilità   prog  

EEA   12,1a   0,15a   86,75a   65a   20,5a  EET   25,2b   2,35a   72,45a*   85b   25a  EPIA   3,45a*   4,85a   91,75a   68ab   25a  EPIT   18,6a*   2,35a   79,05a*   63ab   20a  

Tabella 6 Percentuale di spermatozoi positivi all’

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4.1 Conclusioni

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