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1 UNIVERSITA‟ DEGLI STUDI DI MILANO Facoltà di Agraria Corso di laurea in Biotecnologie Vegetali, Alimentari e Agroambientali Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari e Microbiologiche Sicurezza Alimentare ed Agricoltura Urbana all‟interno di Al-Qaräfa (Il Cairo) Aumento delle scelte alimentari attraverso la coltivazione di ortaggi con sistemi idroponici semplificati Relatore: Prof. Salvatore CIAPPELLANO Correlatore : Dott. Antonio FERRANTE Tesi di Laurea di: Andrea GIRO Matr. n. 808890 Anno Accademico 2012-2013

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UNIVERSITA‟ DEGLI STUDI DI MILANO

Facoltà di Agraria

Corso di laurea in Biotecnologie Vegetali, Alimentari e Agroambientali

Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari e Microbiologiche

Sicurezza Alimentare ed Agricoltura Urbana

all‟interno di Al-Qaräfa (Il Cairo)

Aumento delle scelte alimentari attraverso la coltivazione di ortaggi con

sistemi idroponici semplificati

Relatore: Prof. Salvatore CIAPPELLANO

Correlatore : Dott. Antonio FERRANTE

Tesi di Laurea di:

Andrea GIRO

Matr. n. 808890

Anno Accademico 2012-2013

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Ai genitori

E una donna che reggeva un bambino al seno disse:

Parlaci dei figli:

Ed egli disse:

I vostri figli non sono i vostri figli.

Sono i figli e le figlie dell‟ardore che la Vita ha per sé stessa.

Essi non vengono da voi, ma attraverso di voi,

e non vi appartengono benché viviate insieme.

Potete dar loro il vostro amore, ma non i vostri pensieri,

poiché essi hanno i propri pensieri.

Potete custodire i loro corpi, ma non le loro anime,

poiché abitano case future, che neppure in sogno potreste visitare.

Potete sforzarvi di essere simili a loro,

ma non cercate di rendere essi simili a voi,

poiché la vita procede e non si attarda su ieri.

Voi siete gli archi da cui i vostri figli come frecce vive,

sono scoccati lontano.

L‟Arciere vede il bersaglio sul sentiero infinito

e con la forza vi tende,

affinché le sue frecce vadano rapide e lontane.

Fate che sia gioioso e lieto questo vostro essere piegati dalla mano dell‟Arciere,

poiché, come ama il volo della freccia,

così Egli ama anche l‟arco che è saldo.

Kahlil Gibran “ Il Profeta” 1923

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INDICE

1 NOTIZIE BIBLIOGRAFICHE 1.1 Sicurezza alimentare e Inurbamento 1.2 Città dei Morti: contesto socio-culturale

1.3 Sicurezza alimentare della comunità 1.4 Dieta modello e Carenze alimentari

1.5 L‟idroponica caratteristiche generali 1.6 Cooperazione e Metodo partecipativo

1.7 Coltivazioni di piante orticole in sistemi idroponici e fuori suolo

1.8 Stato dell‟arte di colture urbane usando la tecnica dei “microjardin”

2 SCOPO DELLA TESI

3 MATERIALI E METODI 3.1 Coinvolgimento della popolazione attraverso la

creazione di un centro di didattico (metodo partecipativo). Costruzione di un modello d‟impianto

(cassette) per la coltivazione fuori suolo 3.2 Valutazione del substrato idoneo con confronti in

campo tra i diversi substrati utilizzati in relazione alla crescita delle piante e alla loro produttività

3.3 Preparazione delle concimazioni e del substrato 3.4 Metodi di valutazione dello stato nutrizionale della

popolazione

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4 RISULTATI

4.1 Analisi dei valori nutrizionali dei prodotti ottenuti

tramite microjardin 4.2 Valutazione quali-quantitativa della produzione e della

crescita degli impianti di microjardin 4.3 Dieta della comunità

5 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI 5.1 Valutazione dell‟incremento del supporto alimentare ed

economico offerto dalla tecnica alla comunità 5.2 Costi della tecnica

5.3 Vantaggi diretti e indiretti al sostentamento della comunità

5.4 Scenari futuri e una strategia di uscita

6 BIBLIOGRAFIA

7 RINGRAZIAMENTI

8 APPENDICE FOTOGRAFICA

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1. NOTIZIE BIBLIOGRAFICHE

1.1 Sicurezza Alimentare e Inurbamento

Il tema della sicurezza alimentare è un tema centrale del

nuovo millennio da affrontare, a livello locale ed

internazionale, tenendo conto della multidisciplinarietà della

materia che coinvolge sia aspetti socio-culturali, politici ed

ambientali nonché agronomici ed economici (Deaton, 1998).

Con il termine “sicurezza alimentare” si definisce una

situazione in cui tutte le persone, in ogni momento,

possono disporre, dal punto di vista economico e fisico ,

degli alimenti sufficienti, appropriati e sicuri per soddisfare

il loro fabbisogno nutrizionale necessario per condurre una

vita attiva e sana (WFS – Plan of action – 1996). In accordo

con recenti stime FAO del 2010, circa 925 milioni di persone

vivono senza questa sicurezza, un trend in diminuzione

rispetto al passato grazie al miglioramento delle tecniche

agricole che hanno permesso l‟abbassamento dei prezzi dei

beni di consumo alimentare (Fig 1.0).

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Figura 1.0

Fonte: Fao 2011 numero di persone denutri t e al mondo (dati „09/ ‟10 st imati )

Figura 1.1

Fonte : Fao 2011 numero di persone denutri te in alcune aree del mondo

Tuttavia, bisogna sottolineare come il problema alimentare

abbia valenza globale e sia ormai legato alle variazioni del

prezzo delle “commodities” agricole (Fig 1.2). Questo è

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evidenziato dall‟aumento dei prezzi agricoli nel 2008, che

ha avuto ricadute immediate sul numero delle persone

malnutrite al mondo. Queste variazioni incontrollate,

provocate da eventi climatici sfavorevoli, dalla conversione

ad uso energetico di “commodities” alimentari come il mais

e dalle speculazioni, provocano disagi sociali gravi in realtà

altamente esposte, come si è verificato negli stati del Nord

Africa. Un malessere sociale che, unito alla grave situazione

politica ed economica in generale, ha portato all‟esplosione

della cosi detta “primavera araba”.

Figura 1.2

Fonte: Fondo monetar io internazionale maggio 2011

Bisogna quindi analizzare il problema da più punti di vista:

in prima istanza garantendo la disponibilità di cibo per le

popolazioni in crescita, specialmente nelle regioni in via di

sviluppo come il Nord Africa; in seconda battuta garantendo

la qualità e la salubrità del cibo prodotto e distribuito ; in

terza valutare le necessità alimentari delle comunità urbane

cercando di ridurre la loro vulnerabilità, in particolar modo

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quella delle fasce più povere, particolarmente soggetta alle

fluttuazioni dei prezzi dei prodotti alimentari .

L‟insicurezza alimentare ha diffusione globale: ci sono dati

certi che mostrano come la disponibilità all‟accesso al cibo

sia una problematica generalizzata in tutte le aree del

mondo, in particolare nelle grandi aree urbane (H. Charles,

J. Godfray et al, 2012). Secondo documenti FAO, possibili

risposte al problema della sicurezza alimentare sono la lotta

allo spreco della fil iera produttiva e di distribuzione come

evidenziato nel congresso del 2011 di Dussendorf e il

miglioramento delle pratiche agricole nei paesi in via di

sviluppo con particolare attenzione alla crescita sos tenibile

“sustainable intensification” (H. Charles, J. Godfray et al,

2012).

La prima causa di malnutrizione tuttavia è la povertà.

Quindi, l i dove c‟è difficoltà di trovar lavoro , si aggravano i

problemi alimentari. Interessante è il dato fornito dalla

World Bank che correla la crescita del GDP del settore

agricolo alla diminuzione dell‟insicurezza alimentare; il dato

evidenzia come la crescita del settore agricolo migliori

percentualmente del doppio i dati sulla sicurezza alimentare

della popolazione, rispetto alla crescita di altri settori

dell‟economia (World Development Report 2008 –

Agricolture for Development).

La domanda dei prodotti agroalimentari è destinata a

crescere col crescere della popolazione ma è anche legata

all‟aumento del tasso di urbanizzazione, soprattutto nelle

aree in via di sviluppo. Infatti, si stima che, entro il 2030,

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circa 800 milioni di persone nei paesi in via di sviluppo

vivranno in centri urbani a discapito delle zone rurali , con

conseguente cambiamento dei rapporti sociali ed economici

in molte nazioni. Questo fenomeno, inevitabile, dovuto allo

sviluppo economico, potrebbe creare ricadute negative per

quanto riguarda la sicurezza alimentare delle popolazioni

delle città, in particolare delle megalopoli .

Figura 1.3

Fonte: UNDESA 2008

Entro il 2050 circa il 70% della popolazione mondiale vivrà

in città. In particolare in Africa e in Asia ci si aspetta una

crescita esponenziale della popolazione urbana, con la

creazione di Megalopoli superiori ai 10 milioni di abitanti.

Dal 1975 al 2007 il numero di megalopoli è passato da 3 a

19 (dati Nazioni Unite 2008).

In Africa si evidenzia un ulteriore problema: circa il 51%

della popolazione urbana fin dal 2005 vive in “slums” con

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picchi del 86% e del 91% in Angola e Sudan. Recenti studi

di Chen e Ravallion del 2007 hanno messo in evidenza come

alla urbanizzazione sia collegata una crescita più veloce

della povertà rispetto alle aree rurali.

Con il termine “slums” si intende un insediamento urbano

abusivo caratterizzato da un al ta densità abitativa e da

condizioni generali di disagio sociale economico e igienico -

sanitario.

Questo fenomeno si evidenzia in tutta la sua gravità in una

realtà come quella cairota; in molti quartieri “informali”

come Al-Qarāfa, si riscontrano infatti problemi di

malnutrizione, in particolare dei soggetti più deboli della

comunità. 0ggi l‟area di Al-Qarāfa ospita circa 800 mila

abitanti, molti dei quali, non avendo una professione fissa,

vivono ai margini della società, subendo vessazioni dalle

autorità e dagli stessi abitanti del Cairo.

La situazione cairota è molto complessa con notevoli

differenze a seconda delle aree urbane e delle classi sociali;

la notevole crescita degli ultimi 20 anni ha fatto sorgere

molte aree informali, il che ha fatto spesso sotto stimare i

calcoli della reale insicurezza alimentare che l‟ intera città

rischia di correre.

Nel 2005 L‟Egypt Demographic and Heath Survey stimò che

circa il 18% dei ragazzi egiziani , e il 16,2 % dei residenti

nelle aree urbane soffrivano di malnutr izione cronica, con

conseguenti ricadute sociali, come la diminuzione dello

stato di salute e problemi di apprendimento a scuola (El-

Zanaty F., Way A.A., 2006).

A conferma di questi dati generali sulle condizione di

malnutrizione in Egitto, alcune ricerche svolte da Harper C.

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e Marcus R. nel 2003 hanno evidenziato come la

percentuale dei bambini sotto peso al Cairo , superi col

8.33% la media nazionale che è del 6.2 %.

1.2 Città dei Morti: contesto socio-culturale

Città dei morti, in arabo Al-Qarāfa, è un‟area attualmente

abitata da circa 800 mila abitanti. I l quartiere è formato da

cappelle funerarie ancora funzionanti in cui gli abitanti

coesistono nelle loro abitazioni con il culto dei morti. I

primi esempi di coabitazione risalgono al XIV secolo con la

costruzione di ripari per i più bisognosi. Tuttavia solo alla

fine degli anni ‟60 con l‟esplosione demografica (fig 1.4) ed

il fallimento di politiche edilizie svolte ad assorbire

l‟ inurbamento di grandi masse contadine al Cairo, si è

evoluta e consolidata la situazione attuale, dove una massa

di poveri ha occupato le tombe, rendendole stabilmente la

loro dimora.

Figura 1.4

Crescita demografica in Egitto dati FAO 2005

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L‟occupazione della Città dei Morti da parte di questi abitanti per

molte generazioni ha ormai reso la situazione, un tempo straordinaria

ordinaria nel tessuto urbano e sociale della città. Molte famiglie,

sebbene siano occupanti abusive, hanno il placido accordo con le

famiglie proprietarie degli “Hosh”, le tombe, anche se, nella maggior

parte dei casi, son mal sopportate. L‟area non presenta situazioni di

degrado tipiche di altre aree periferiche delle grandi megalopoli, anzi

la situazione è privilegiata, visto che le precedenti strutture

architettoniche tombali garantiscono un ordine e una vivibilità degli

spazi sia esterni sia interni invidiabile. Inoltre, il quartiere risulta

provvisto di rete idrica, fognaria ed elettrica. Questa situazione di

privilegio del quartiere di Città dei Morti è evidente se si analizzano i

quartieri informali limitrofi in cui la densità abitativa e le situazioni

sanitarie sono di gran lunga peggiori.

La popolazione che risiede all‟interno della Città dei Morti è una

popolazione di origine contadina, migrata al Cairo dalle campagne del

Nord Egitto in cerca di fortuna, oppure storicamente legate a

professioni inerenti al culto dei morti.

Ormai sono cittadini urbani a tutti gli effetti; la velocità del ricambio

generazionale dovuta ad un elevato tasso di natalità (24.22 su mille

abitanti) ed una aspettativa di vita media non superiore ai 65 anni ha

fatto si che ormai ci siano almeno 2 generazioni nate e cresciute

all‟interno di Città dei Morti. Questa situazione risulta di particolare

interesse in quanto background culturale non è di tipo contadino, il

che rende difficile anche il passaggio di conoscenze in campo

agronomico. La popolazione ha un livello scolastico medio basso: si

ferma generalmente alla scuola dell‟obbligo che dura 8 anni suddivisi

in 2 cicli, anche se sempre più famiglie investono sull‟istruzione dei

figli, prediligendo le scuole professionali.

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Gli uomini generalmente lavorano come meccanici, manovali a basso

costo oppure in attività saltuarie legate al culto dei morti come lettori

di corano, marmisti o becchini (A. Tozzi). Tuttavia il tasso di

disoccupazione è altissimo in particolare nel 2011 in cui data la crisi

economica mondiale si sono toccate medie del 12% e punte del 45%

per i giovani.

L‟insediamento di una comunità in un‟area tombale ha portato le

autorità a stigmatizzare gli abitanti senza alcuna distinzione; l‟area

infatti viene descritta, esagerando, come un luogo ad elevato tasso di

criminalità, anche se bisogna segnalare un‟attività di piccolo spaccio e

di riciclaggio di merci e componenti per automobili.

1.3 Sicurezza alimentare della comunità

La comunità vive in ristrettezze economiche e poche famiglie possono

permettersi di mangiare in maniera regolare frutta o verdura fresca.

Il sostentamento di base è garantito da un banco alimentare

caritatevole chiamato “Egyptian Distribution Food” che fornisce pane,

riso, olio di semi, legumi, pasta, e zucchero. Il consumo di carne è

limitato, generalmente, pollame e piccione allevato o catturato. Si fa

largo uso di bevande gasate come Coca-cola e Pepsi e la tipologia di

cottura privilegiata è la frittura.

La disponibilità di calorie è quindi garantita sia dal reddito del capo

famiglia sia dal sostentamento dell‟ente caritatevole, tuttavia la dieta

è sbilanciata, con uso di carboidrati e zuccheri semplici. Una dieta

sbilanciata è la principale causa dell‟insorgere di malattie di tipo

cronico-metabolico come il diabete di tipo 2; non solo, anche l‟obesità

al pari della malnutrizione può essere una piaga sociale ugualmente

devastante. Il miglioramento economico generale dell‟Egitto ha reso

disponibile una maggiore quantità di cibo per persona. Tuttavia, nelle

aree più povere, soprattutto in quelle urbane, dove il costo della

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frutta e della verdura è elevato e manca la possibilità di reperire i

prodotti o di autoprodurli, la varietà di scelta dei prodotti alimentari è

più ristretta.

In studi fatti da Osman M. Gala nel 2001, confrontando le differenze

del BMI fra le comunità agricole e quelle urbane, si evidenzia come le

comunità urbane abbiano un maggior tasso di obesità e soprappeso

(tabella 1.1), frutto di una dieta sbilanciata e di una vita sempre più

sedentaria.

Tabella 1.1

BMI overweight ≥ 25; BMI Obesity ≥ 30; BMI Severe obesity ≥ 40

Le abitudini alimentari della comunità sono simili, sia come variabilità

sia come numero di pasti al giorno per tutte le famiglie. Gli abitanti di

Città dei Morti assumono 3 pasti principali al giorno. Gli alimenti che

compongono la prima colazione sono, per la maggioranza delle

famiglie, Foul, una purea di fave e lenticchie bollite, falafel ossia

polpette fritte di fave e ceci, e insalata; a pranzo mangiano

generalmente (makkarones) cioè pasta condita con passata di

pomodoro e aglio o zuppe di ogni tipo di verdura che riescono ad

acquistare e riso. Alla sera cenano con ciò che è avanzato dal pranzo.

Molti fanno spuntini con succhi di frutta, Tè molto zuccherato (3-4

cucchiaini x tazza) o bevande gasate. Si può apprezzare quindi una

difficoltà generalizzata della comunità nel garantire un buon apporto

vitaminico attraverso il consumo quotidiano di frutta e verdura fresca.

In questo senso il progetto di Microjardin potrà garantire ad ogni

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famiglia un apporto minimo di ortaggi in grado di implementare la

loro dieta grazie al loro contenuto in vitamine.

1.4 Dieta modello e Carenze alimentari

Nei paesi in via di sviluppo sono più comunemente presenti situazioni

di malnutrizione e di carenze alimentari rispetto a situazioni di fame

più gravi che provocano malattie come marasma e kwashiorkor.

Spesso in questi paesi il rischio di malnutrizione è legato strettamente

alla tipologia di comunità in cui si è nati, dalla zona e naturalmente

dal reddito. Il rischio di malnutrizione aumenta notevolmente nelle

categorie più esposte, come le donne e i bambini.

La malnutrizione non è legata strettamente all‟apporto calorico pro-

capite, ma al bilanciamento della dieta individuale giornaliera, che

non deve mancare di determinati micro e macro elementi; ad

esempio in Egitto e Messico l‟apporto calorico è superiore alle

necessità con conseguente rischi di obesità (L.H. Allen, 1993). Le

necessità nutrizionali di un individuo variano a seconda delle

necessità giornaliere di lavoro, salute e di età. Una donna, ad

esempio, ha maggior necessità nutrizionali durante il periodo di

gestazione rispetto al normale ed è in queste situazioni che le carenze

alimentari possono essere più dannose sia per la gestante che per il

nascituro. In Egitto le donne assumono in gravidanza generalmente

2224 kcal al giorno con un surplus energetico minimo rispetto il

minimo di sicurezza per le donne incinte che è di 2059 kcal/die.

L‟apporto calorico va aumentando di poco durante la lattazione;

tuttavia l‟apporto alimentare non è bilanciato: infatti si riscontrano un

deficit di vitamina A, vitamina B6, riboflavina, calcio, ferro e zinco

(L.H. Allen, 1993). Proprio per questo motivo non bisogna

considerare solo il problema da un punto di vista calorico ma nel suo

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complesso e valutare la dieta nel suo bilanciamento e nelle sue

ricadute sociali e individuali (Fig. 1.8).

Figura 1.8

Fonte : Riely, F. et al., USAID, 1999

La malnutrizione come fenomeno complesso è causata non solo da

una mancanza di cibo (sotto nutrizione) o di un elemento specifico

(deficienza specifica), ma anche dall‟apporto eccessivo di calorie o di

un tipo specifico di calorie come i grassi saturi o gli zuccheri

processati che portano a (sovra nutrizione).

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Tuttavia come si osserva dalla figura 1.8, intervengono molteplici

fattori socio-culturali come le conoscenze salutistiche-nutrizionali di

base, la disponibilità d‟accesso al cibo, e la distribuzione delle risorse

alimentari all‟interno del territorio.

2.4.1 I fattori da considerare per una dieta bilanciata sono molteplici:

i fattori energetici: ogni alimento contiene energia valutata

sotto forma di calorie. I principali apportatori di calorie

all‟interno di una dieta sono grassi e carboidrati 85-90%,

mentre una minima parte di energia viene prodotta dalla

metabolizzazione delle proteine circa il 10% (Sumati et al.,

1996).

Fattori metabolici: ossia quegli elementi necessari per il

funzionamento delle attività metaboliche all‟interno

dell‟organismo umano. Alcuni elementi fondamentali sono

aminoacidi essenziali, le vitamine e micro elementi minerali

come ferro e zinco (Sumati et al., 1996).

La dieta mediterranea è stata studiata per oltre 50 anni ed è definita

da molti studi la più convincete dal punto di vista del bilanciamento

dei fattori metabolico-energetici.

Il valore della dieta mediterranea è stato dimostrato già negli studi

pionieristici di Keys nel famoso confronto-studio sulle abitudini

alimentari di sette paesi. E‟ dimostrato che la dieta influenzi

l‟insorgere di patologie cardiovascolari, l‟invecchiamento precoce e le

malattie metaboliche come il diabete di tipo 2 (F. Sofi et al., 2008).

La dieta mediterranea attraverso i suo apporto nutrizionale bilanciato

sfavorisce l‟insorgere di malattie croniche, degenerative e cardio-

vascolari (L. Serra-Majem et al., 2006). Bisogna considerare tuttavia

che la dieta mediterranea è molto eterogenea poiché è frutto di una

variegato background nazional-culturale e spesso anche regionale.

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Tuttavia si può dire, tenendo conto delle differenze regionali, che la

dieta mediterranea si basa sul consumo di pasta e pane e di vegetali

(W.C. Wallet et al, 1995). L‟assunzione di legumi è tradizionalmente

legata a combinazioni con pasta e riso; questa abitudine riesce a

bilanciare i valori nutrizionali per quanto riguarda il rapporto in

amminoacidi essenziali che altrimenti risulterebbe sbilanciato. Latte

latticini e carni sono relegati ad un‟assunzione sporadica e si

preferisce il consumo di pesce a quello di carne. L‟assunzione di carne

rossa è rara generalmente legata alle feste.

I grassi utilizzati sono di origine vegetale e si fa gran uso di l‟olio di

oliva. Studi di popolazione hanno permesso di valutare la quantità di

folati e vitamina C e β-carotene nel sangue di uomini e donne

alimentati con la dieta mediterranea, riscontrando parametri

superiori, in particolare dei folati (A. Bach-Faig, D. Geleva et al.,

2006). I vegetali a foglia larga, la frutta, il latte e le uova sono buone

fonti di folato come anche i prodotti lievitati. La carenza di acido folico

è assai diffusa nei paesi in via di sviluppo e può causare problemi nel

turn-over cellulare, in particolare quello del tessuto del midollo osseo.

La dieta mediterranea può essere la risposta più conforme alle

abitudini alimentari della comunità di del Nord Africa che soffrono di

malnutrizione. Tuttavia, al fine di capire le abitudini alimentari e

definire la dieta migliore per una popolazione, bisogna sapere quali

siano i consumi tipici di una popolazione e qual è la disponibilità delle

risorse alimentari del paese (S. Dawoud, 2005). .

L‟Egitto è un grande consumatore di commodities agricole e

nonostante le politiche interne per aumentare la produzione di questi

beni rimane un grande importatore; è lontano ad essere

autosufficiente nella produzione di grano, lenticchie, zucchero, carne,

olio. Senza l‟aumento della produttività la popolazione in continua

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crescita potrebbe essere soggetta, causa aumento dei costi di

importazione, ad un aumento della vulnerabilità alimentare fig 1.9.

Figura 1.9

Fonte : Quaderno Fao Africa 2013

Al fine di capire le abitudini alimentari e definire la dieta migliore per

una popolazione bisogna capire quali siano i consumi tipici di una

popolazione.

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1.5 Cooperazione e Metodo partecipativo

Il termine cooperazione è spesso abusato per giustificare metodi di

intervento diretto monodirezionali come gli interventi umanitari.

Questa tipologia di intervento, fondamentali in situazioni di crisi

acute, sono insufficienti per risolvere problematiche a più ampio

respiro, poiché esse devono inevitabilmente passare attraverso il

coinvolgimento delle popolazioni locali. Infatti, solamente

coinvolgendo le comunità locali ed eventualmente le istituzioni, si

possono raggiungere risultati permanenti e di trasferimento delle

conoscenze essenziali per un vero sviluppo. Il metodo di

coinvolgimento partecipativo risulta fondamentale per poter operare

nel migliore dei modi in realtà socio-culturali molto diverse,

coinvolgendo le comunità direttamente nella realizzazione e nello

svolgimento del progetto. Ci sono vari metodi di approccio

partecipativo i più noti sono GOPP, (goal oriended project planning) e

il PCM, (project planning managment).

Il metodo GOPP così come altri approcci o strumenti ispirati al Quadro

Logico, nasce a partire dagli anni „60 da un insieme di tecniche e di

strumenti elaborati nel quadro delle attività di progettazione di enti e

agenzie dedite alla cooperazione allo sviluppo.

Il GOPP è un metodo che facilita la pianificazione e il coordinamento

di progetti attraverso una chiara definizione degli obiettivi e si

inquadra in un approccio integrato denominato PCM (Project Cycle

Management). Questa tecnica è stata adottata nel 1993 dalla

Commissione Europea come standard di qualità nelle fasi di

programmazione, gestione e valutazione di interventi complessi.

Durante il ciclo di vita di un progetto il GOPP può essere utilizzato

nelle fasi seguenti:

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- nella fase di identificazione e definizione, per analizzare i

problemi, stabilire possibili soluzioni, obiettivi, risultati, attività

e indicatori di monitoraggio e valutazione (costruzione

dell‟albero dei problemi e dell‟albero delle soluzioni).

- nella fase di attivazione e progettazione esecutiva, per chiarire

la suddivisione dei compiti tra i vari attori coinvolti e per fare

eventuali adattamenti (costruzione del logical framework).

- nella fase di valutazione e verifica del progetto in corso d‟opera,

per condividere eventuali adattamenti qualora siano emersi

problemi o nuove opportunità.

- nella fase di valutazione finale, per verificare il raggiungimento

degli obiettivi e individuare eventuali suggerimenti per

successivi miglioramenti e progetti futuri.

La tecnica rafforza la comunicazione fra i gruppi coinvolti e fa

emergere problemi e soluzioni in tempi relativamente ristretti.

1.6 Idroponica caratteristiche generali

Idroponica nasce nel 1930 con l‟idea di W. E. Gericke di far cresce le

piante in una soluzione nutritiva senza la presenza di suolo.

Solamente negli ultimi 40 anni l‟idroponica ha avuto un notevole

sviluppo in campo commerciale, grazie alla sua grande versatilità.

Idroponica è stata utilizzata per far crescere piante orticole e fiori sia

per colture outdoor sia per indoor (B.A Sheikh, 2006). Sebbene sia

una tecnica tecnologicamente complessa che ha come prerequisito

conoscenze agronomiche specifiche, può essere utilizzata nei paesi in

via di sviluppo e nei paesi del terzo mondo per produrre cibo in

maniera intensiva in un‟area limitata. Inoltre la razionalizzazione

dell‟uso di acqua e dei fertilizzanti permette all‟idroponica un

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potenziale sviluppo in quelle regioni in cui il terreno arabile è limitato

oppure manca completamente come nelle aree urbane (A.A. Kader et

al., 2005).

Le tecniche di coltivazione idroponica sono caratterizzate da una

crescita senza suolo con gli elementi nutritivi essenziali per la crescita

forniti direttamente in soluzione acquosa. Eliminando il suolo si

eliminano i patogeni e le infestanti e si può controllare precisamente

l‟uptake degli elementi nutritivi della pianta, garantendo così

l‟efficienza della “razione nutrizionale” ( Paulitz et al., 1997). Le radici

di una pianta in un sistema idroponico non fanno fatica a crescere,

come quelle cresciute a contatto col suolo, poiché esse devo ricercare

attivamente i nutrimenti non avendoli immediatamente disponibili in

soluzione. La pianta in idroponica, quindi, si sviluppa senza stress,

raggiunge lo stato commerciale prima, e la raccolta è semplificata. La

qualità dei prodotti è generalmente più elevata, questo è interessante

sia dal punto di vista del consumatore sia da quello del produttore

che può entrare nel mercato con un prodotto ad alto valore aggiunto.

L‟idroponica può essere anche usata come risposta a problematiche

legate all‟inquinamento dell‟ambiente agrario, allo sfruttamento dei

suoli, alla perdita di fertilità; l‟uso indiscriminato di prodotti

fertilizzanti e di fitofarmaci può essere diminuito grazie all‟utilizzo di

questa tecnica che permette anche di ridurre l‟utilizzo dell‟acqua

salvaguardandone lo spreco (N. Oyama, 2008).

L‟idroponica prevede l‟utilizzo di substrati chimicamente inerti che

permettono l‟ancoraggio e la stabilità della pianta; le caratteristiche di

capacità di ritenzione idrica e porosità di ogni substrato quindi

risultano fondamentali per la valutazione e progettazione del sistema

in cui si faranno crescere le piante ( A. Pardossi et, al 2009).

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Ci sono due principali metodi di idroponica una con il sub-strato (drip

system) l‟altra NFT (Nutrient Film Technique) dove il substrato è

assente. Ulteriori declinazioni delle tecniche precedenti possono

essere aeroponica e il floating system.

Substrate system è largamente utilizzato in settori commerciali

per facilitare la crescita di orticole a lungo ciclo, come

pomodori, cetrioli e peperoni. Le soluzioni nutritive sono date

alle piante in base alle necessità della pianta seguendo le

tempistiche di accrescimento della stessa (D.T Nhut N.H

Nguyen et al., 2006). Si possono utilizzare come substrati

torba, perlite, argilla espansa, lana di roccia, corteccia di palma

e abete. Bisogna considerare sia il pH che la capacità di

ritenzione idrica di tutti i diversi substrati al fine di garantire il

giusto rapporto fra disponibilità dell‟acqua e ossigeno, in modo

che non si rischi l‟anossia delle radici (A. Paradossi et al. 2009)

(Fig 1.5). La scelta dei substrati è condizionata dal costo e dalla

sostenibilità ambientale. In questo senso la torba, sebbene

risulti avere caratteristiche ideali, essendo leggera, con buona

porosità, omogenea e sicura come stato fito-patologico, ha lo

svantaggio di essere una materia estratta, con costi che poi

ricadono, sotto il profilo sia ambientale che economico sulla

messa appunto dell‟impianto.

NFT è una tecnica che prevede che le piante crescano in

canalette attraverso le quali scorre la soluzione nutritiva, le

radici della pianta sono a diretto contatto con la soluzione

nutritiva che passa attraverso un sistema di pompaggio che

permette il movimento e l‟ossigenazione dell‟acqua. Molti dei

sistemi NFT hanno un serbatoio di preparazione della soluzione

nutritiva, al fine di bilanciare tutti i parametri chimico fisici in

modo che siano ideali per la crescita della pianta. Il sistema

generalmente prevede anche un serbatoio di recupero della

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soluzione nutritiva, al fine di ridurre gli sprechi riutilizzandola

previo bilanciamento di tutte le componenti. Il sistema NFT è di

più difficile gestione fitosanitaria, poiché la presenza di una

soluzione nutritiva in movimento facilità la trasmissione dei

patogeni tra i quali virus.

Figura 1.5

Tipica curva di ritenzione idrica di un substrato per colture in contenitore

Il sistema Floating ha il vantaggio rispetto al NFT di ridurre i

costi per la gestione dell‟impianto e delle soluzioni nutritive.

Generalmente gli impianti sono costituiti da lunghi rettangoli

in plastica o cemento dove le piante sono adagiate in una

piattaforma di polistirolo e perlite in modo che le radici

possano crescere e svilupparsi immerse nell‟acqua che deve

essere ossigenata per garantire i livelli minimi di 5-6 mg/l di

ossigeno disciolto. La tecnica si usa principalmente per la

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coltivazione delle insalate il cui rendimento di crescita

raddoppia passando da 13 Kg a 27 kg all‟anno per metro

quadro. Inoltre la possibilità di una veloce crescita e di un

facile controllo delle soluzioni nutritive permette anche di

arricchire le insalate in micro elementi quali selenio.

Figura 1.6

Esempio di Float-system di insalata

Aeroponica è un metodo di idroponica in cui le radici sono

costantemente irrorate con un aerosol di soluzione nutritiva.

E‟ una tecnica molto usata nelle istallazioni in interni. Ad

oggi non è sviluppata per la colture di tipo economico,

tuttavia è usata per sensibilizzare la popolazione alle

tematiche ambientali e di agricoltura sostenibile ed urbana.

In tal senso gioca e giocherà un ruolo importante nel

processo di espansione delle tecniche idroponiche in ambito

urbano.

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Figura 1.7

Esempio di aeroponica al Chicago internazionale Airport

Un altro tipo di classificazione generale, che si applica a tutte le

tecniche illustrate, è quella che si basa sul riutilizzo o meno del

drenato. Infatti, per motivi tecnologici e per la qualità dell‟acqua

irrigua è necessario dare un quantitativo di soluzione nutritiva

superiore a quella evo-traspirata dalla coltura, ottenendo così un

percolato denominato drenato: se questo è raccolto e, dopo essere

opportunamente reintegrato, è risomministrato alla coltura si parla di

ciclo chiuso; mentre se questo è utilizzato su una coltura su suolo o

peggio se è scaricato nell‟ambiente si parla di ciclo aperto.

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1.7 Coltivazioni di piante orticole in sistemi

idroponici e fuori suolo

Le piante orticole ben si prestano alla coltivazione in idroponica.

Infatti l‟alto valore aggiunto dei prodotti ricavati garantisce la

sostenibilità dell‟investimento iniziale, vero elemento discriminatorio

della tecnica. La tecnica favorisce la produttività della pianta e la

qualità del prodotto, non che la standardizzazione dell‟intera filiera

produttiva. In Olanda, per esempio, il 90% dei prodotti orticoli e

floricoli coltivati utilizzando le tecniche di idroponica ( E.A Van Os e C.

Stanghellini, 2001). La tecnologia idroponica permette inoltre la

meccanizzazione e l‟automatizzazione di molte pratiche agronomiche

come la potatura e la raccolta con vantaggi dal punto di vista

gestionale e della produzione che garantiscono l‟aumento

dell‟efficienza produttiva. Per esempio nelle piante orticole a ciclo

unico, come pomodori o peperoni la produttività aumenta

notevolmente, nel caso del pomodoro si riescono a raccogliere fino a

20-25 palchi per un ciclo di produzione. Questo significa che un

raccolto si aggira intorno a 45-50 kg al metro quadro (progetto

interregionale regione Sicilia: Orticoltura 2001-2004). Il sistema è

molto efficace anche dal punto di vista dell‟ottimizzazione delle

risorse idriche e dei fertilizzanti, garantendo così anche una maggior

sostenibilità del sistema produttivo dal punto di vista ambientale (C.

de Fraiture, D. Wichelns ,2010). La pianta coltivata in idroponica non

entra mai a contatto con il suolo agrario, questo minimizza la

vulnerabilità della pianta all‟attacco degli agenti patogeni che in esso

sono presenti.

La sua versatilità può garantire la produzione di specie orticole li dove

non è presente suolo agrario, come nel caso di aree urbane (B. A.

Sheikh, 2006). Recenti studi stanno cercando di aumentare ancora la

sostenibilità dei sistemi idroponici, sia ad esempio migliorando i

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sistemi chiusi (S. Krauss et al, 2006) che garantiscono la minor

perdita di fertilizzanti, sia studiando substrati alternativi ecosostenibili

come la fibra di cocco e il compost vegetale (E. R. Graber et al,

2010). Proprio per le colture orticole si studiano nuove strategie di

“nutrizione vegetale”. In recenti studi eseguiti in Australia da N.

Oyama nel 2008 viene proposto l‟utilizzo di acque dei reflui urbani

come fertilizzanti, dopo averle appositamente trattate per limitare le

contaminazioni da parte di possibili patogeni (N. Oyama et al, 2004).

Tuttavia, i trattamenti secondari delle acque reflue abbassano il livello

di azoto nelle acque rendendole non ottimali dal punti di vista della

nutrizione vegetale (C. Unkovich et al, 2004). In America sono state

studiate da J. Cheng et al. nel 2004 colture di pomodoro in

idroponica che sfruttano le acque reflue; si sono notati buoni livelli

d‟assorbimento dell‟azoto da parte delle foglie tuttavia la crescita

risultava dipendente dalla quantità di azoto disponibile nelle acque.

Gli aspetti positivi dell‟utilizzo delle acque reflue per la coltivazione in

idroponica nascondono il rischio di contaminazioni batteriche e di

agenti tossici inorganici come i metalli pesanti; proprio per questo

motivo, l‟utilizzo delle acque reflue nella colture floricole potrebbe

essere una risposta che limita il rischio di entrata dei possibili

contaminanti nella filiera alimentare umana (Department of Health

and Ageing Office of the Gene technology Regulation, 2006). Sempre

negli studi svolti da N. Oyama nel 2008 si evidenzia come la specie

floricola Dianthus caryophyllus L. “garofano” ha dei vantaggi di

crescita utilizzando acque reflue, rispetto alla coltura di pomodoro e

di insalata; infatti entrambe le colture orticole risultano aver sintomi

di carenza d‟ azoto. Questi studi aprono ulteriori prospettive per la

coltura idroponica che, sfruttando le acque reflue, può diventare una

delle risposte per la sostenibilità ambientale nei trattamenti delle

acque di scarto delle aree urbane, diventando non solo mezzo di

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“phytoremediation” ma anche mezzo di produzione di specie orticole

e floricole nelle aree limitrofe alle città.

1.8 Colture urbane e Sistemi di Idroponica

Semplificata (SH) o micro-jardin.

La tecnica micro-jardin nasce in Senegal nel 1999 grazie ad un

progetto FAO di sistemi idroponici semplificati (SH). Il progetto ha

come scopo fornire alla popolazione ortaggi e verdure fresche con

standard qualitativi-sanitari elevati nelle aree urbane e peri-urbane

della città di Dakar creando un indotto produttivo ed economico in

aree depresse. Oggi a più di 10 anni dall‟introduzione di questa

tecnica, si sono moltiplicati gli esempi della sua applicazione, in

diverse realtà nel mondo in particolare nelle realtà cittadine dei paesi

in via di sviluppo.

L'agricoltura urbana contribuisce, in larga misura, alla sicurezza

alimentare di molte grandi città, sia come componente del sistema

alimentare urbano sia come sostegno per gruppi vulnerabili,

eliminando o riducendo al minimo i loro problemi di insicurezza

alimentare.

Studi indicano un notevole grado di autosufficienza produttiva di

verdure fresche e di produzione avicola e di altri sottoprodotti animali

di molte grandi città dei paesi in via i sviluppo (M. Armar-Klemesu,

2003). Ad esempio, Dakar produce il 60% del suo consumo di

verdure, mentre produce pollame per circa 65-70% del fabbisogno

nazionale (A. Mbaye & P. Moustier 2000); Accra, produce il 90% della

verdura fresca consumata all'interno della città (CENCOSAD 1994). A

Dar es Salaam, più del 90% delle verdure a foglia provenienti dai

mercati ha la sua loro origine negli spazi aperti limitrofi alla città o nei

giardini di casa (D.S. Stevenson et al. 1996).

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L‟agricoltura urbana è efficace per migliorare i fabbisogni alimentari

delle comunità più vulnerabili come evidenziato da studi svolti da G.

Mwagi a Nairobi; tuttavia uno dei problemi principali dell‟agricoltura

urbana è la competizione per gli spazzi con la città stessa: persone,

mezzi di trasporto, animali. Proprio il controllo degli animali da cortile

è importante per garantire il mantenimento della pulizia degli impianti

e per evitare il danneggiamento delle piante ad opera degli animali

stessi, come nel caso di polli ed uccelli (Tecnichal manual “ Popular

Hydorponic Gardens”).

L‟ idroponica semplificata permette di coniugare una efficace

produzione agricola in spazi limitati; come all‟interno degli spazi

urbani, in particolare nelle città delle aree in via di sviluppo (B. A.

Sheikh, 2006). La tecnica HS permette una più alta produttività, una

maggior sicurezza del prodotto.

La migliore qualità e la diminuzione del rischio di contatto con i

contaminanti del suolo ne aumenta anche il mantenimento post

raccolta, fattore da tener in considerazione nei contesti in cui la

maggior parte delle perdite nel settore alimentare avviene post-

raccolta (Fig 1.8). Progetti di colture cittadine sfruttando l‟idroponica

semplificata sono presenti a Dakkar con il progetto della Fao più

longevo, al Cario, in Equador, Costarica, Brasile, India. Viene ormai

considerata la strategia di intervento migliore e standardizzata nelle

aree urbane per intervenire in situazione di disagio economico-sociale

e nel miglioramento generale della dieta di una comunità.

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Figura 1.8

Fonte : Maplecroft 2012

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Secondo le direttive FAO l‟idroponica semplificata fornisce un

considerevole vantaggio per le comunità povere cittadine da più punti

di vista:

1. Migliora ed incrementa la disponibilità di cibo

2. Aumenta il benessere delle famiglie diminuendo le spese per gli

alimenti

3. Migliora le capacità di autosufficienza organizzativa della

comunità

4. Promuove l‟impresa e l‟attività delle persone generalmente

passive all‟interno della famiglia (anziani, giovani) con

un‟attività dal limitato sforzo fisico.

5. Dà la possibilità alle persone con deficit mentali di rendersi utili

alla comunità.

6. Promuove l‟entrata nella cura della famiglia dei giovani e ne

promuove una futura attività.

Inoltre la possibilità di usare materiale di recupero riduce di molto i

costi dell‟avvio degli impianti familiari, promuovendo l‟acquisizione

della tecnica proprio nelle aree più povere, che spesso sono già

propense all‟utilizzo di materiale di recupero (Tecnichal manual “

Popular Hydorponic Gardens”). Ci sono criteri minimi per la

coltivazione dei micro-jardin, che riguardano la scelta del sito, delle

coltivazioni e delle fonti idriche. Un sito è adatto per la coltivazione

dei micro-jardin quando:

1. Ha un minimo di 6 ore di luce diurna.

2. Ha l‟impianto vicino ad una fonte d‟acqua.

3. Non è esposto ad un vento forte.

4. è il più vicino possibile a dove si preparano le soluzioni

nutritive.

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5. Non è eccessivamente ombreggiato da alberi e case.

6. È il possibile protetto dagli animali.

Inoltre si devono scegliere :

7. colture con crescita adeguata al periodo climatico più

favorevole.

8. fonti idriche non contaminate da possibili rifiuti industriali o

urbani.

L‟idroponica semplificata va considerata in parte come una tecnica di

“agricoltura sociale”. In questo senso sono importanti l‟istruzione e la

collaborazione degli operatori specializzati nell‟avvio degli impianti e

nella formazione della comunità nei primi stadi di sviluppo del

progetto. Bisogna sottolineare come, attraverso la trasmissione della

dedizione e della cura verso questi semplici impianti, si riesca a

superare la prima discriminante negativa della produttiva dei sistemi

di HS; infatti la cura e la dedizione sono la variabile più importante da

considerare in un sistema delicato come è un sistema idroponico,

variabile senza la quale non vi è possibilità di produzione.

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Note: immagini della comunità in alto a sinistra inizio dell‟attività d‟approccio partecipativo nella

costruzione della struttura in legno per l‟ombreggiatura, in alto a sinistra Mohamed (professione

falegname) assieme ad un ragazzino vicino di casa, in basso a sinistra Mustafà e il figlio Mohamed intenti

nel irrigazione dei pomodori, in basso a destra le mani di Hussein che piantano un pomodoro in uno dei

suoi box.

Centro di formazione: lezione di costruzione degli impianti e di cure agronomiche

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2. Scopo della Tesi Questo lavoro di tesi si pone come obbiettivo la creazione di una

piccola comunità agricola all‟interno del quartiere informale del Cairo

conosciuto col nome comune di “Città dei morti”. Per tale scopo si è

utilizzato una tecnica di idroponica semplificata HS ad hoc per

l‟ambiente e le esigenze delle comunità. E‟ prevista un‟attività di

valutazione di metodi di coltivazione con substrati alternativi, in modo

da ridurre i costi degli impianti al fine di rendere sostenibile l‟intero

progetto.

Il progetto include, inoltre, controlli sulla qualità dei prodotti ottenuti

(pomodoro) per escludere eventuali contaminazioni nocive per la

salute.

Le famiglie saranno sottoposte a interviste alimentari, per valutare

l‟eventuale impatto della tecnica sulla dieta comunità; al fine di

rendere maggiormente focalizzata la pianificazione di futuri interventi

per il miglioramento dello stato di salute della popolazione coinvolta.

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3. MATERIALI E METODI

3.0 Coinvolgimento della popolazione attraverso la

creazione di un centro didattico (metodo

partecipativo).

L‟approccio partecipativo, conosciuto come “bottom up” implica il

coinvolgimento attivo dei beneficiari potenziali nelle diverse fasi di un

piano, fin dalla sua ideazione. Per questo motivo prima della

creazione di un centro di formazione abbiamo iniziato colloqui porta a

porta con tutte le famiglie coinvolte nel progetto; bisogna quindi

lavorare considerando la comunità come insieme di gruppi famigliari

allargati instaurando un rapporto privilegiato con i capofamiglia e le

personalità guida. Grazie all‟aiuto della Dottoressa Sarah Dalaway che

ha collaborato con noi alla creazione dei workshoops, siamo riusciti a

capire i feedback della popolazione e ricevere eventuali consigli su

come affrontare i problemi riscontrati sul campo per quanto riguarda

l‟organizzazione del lavoro e la crescita delle piante. Inoltre abbiamo

spiegato i nostri progetti e cercato di farli coincidere con i loro.

Soprattutto abbiamo puntato sul coinvolgimento dei ragazzi cercando

di capire il loro punto di vista. Infatti, la fascia più giovane della

comunità è anche la più interessante per quanto riguarda il

trasferimento delle conoscenze agronomiche e per lo sviluppo futuro

del progetto. Il metodo d‟approccio partecipativo spesso può essere

considerato un salto nel vuoto poiché le differenze fra le abilità degli

organizzatori e la comunità possono essere ampi, inoltre il concetto di

collettività e di senso comune nella comunità in cui si è operato è

spesso diverso da quello occidentale; tuttavia l‟unico approccio

possibile per il trasferimento della tecnica ed il miglioramento della

condizione di vita della popolazione, passa senza alcun dubbio, dal

coinvolgimento della comunità e dalla creazione di un centro di

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formazione che appartenga a loro. Nei primi tre mesi, a mano a mano

che il progetto è stato portato avanti nei primi tre mesi, il centro di

formazioni co-gestito è stato fonte di insegnamento per un iniziale

gruppo nonché punto di riferimento per la comunità.

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Strategia di interazione con le famiglie

Note: colloqui svolti con le famiglie dal 15 di marzo 2013 al 1 aprile 2013

1°Workshop Members:

Young members

Old members

Female Members Male Members

1. Nada 14 years and

Mohamed 10 years

1. Two boy children

around 10 years (Ali

and Zyad)

Mostafa and Karima

(30 years old)

2. two girls children 10 years

old (Omnya and Asraa)

2. Hamdy (25 years old) Hisham (40 years)

3. Hagar and Mariam 3. Anabah (16 years old)

(his father)

4. Asmma around (20 year

old)

4. Mohmed around (20

year old)

More two 10 years old girls

(in hamza house) mother

not accepting to join!!!

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3.1 Progettazione delle unità per la coltivazione fuori

suolo

Per effettuare la coltivazione fuori suolo, si è deciso di costruire unità

modulari singole trasportabili in conformità al bando vinto dall‟ONG

“Liveinslums”. Le casse costruite in legno hanno dimensioni 100cm x

50cm profonde 20 cm al fine di garantire le condizioni migliori di

crescita delle piante e la praticità del trasporto, fondamentale aspetto

per la situazione socio-ambientale in cui si è operato (P. J. A Santos

and E.T. M. Ocampo, 2005) . Le piante di pomodoro richiedono un

minimo di profondità fra i 30 cm e i 20 cm per lo sviluppo del loro

apparato radicale (Y. Iwasa, J. Roughgarden, 1984).

In teoria in campo lo sviluppo dell‟apparato radicale raggiunge

profondità fino a 1 m, tuttavia si può forzare la radice della pianta in

uno spazio minore, garantendo in ogni caso una buona produzione

sebbene non quella ottimale (R. G., Hurd, et al., 2010) In un primo

momento si sono utilizzati moduli costruiti in pallet in cui era possibile

mettere a dimora 2 piante orticole. Solamente in secondo momento si

sono costruiti moduli singoli di legno di palma di fabbricazione locale

di 50 cm x 50 cm profondi 25 cm per ridurre i costi della casse;

riducendo il volume disponibile nel box si sono quindi messe a dimora

singole piante (tabella 1.2); la scelta del rapporto fra superficie e

pianta è stata fatta seguendo gli standard di messa a dimora delle

coltivazioni di pomodoro in pieno campo (manuale agronomia).

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Tabella 1.2

Tipologia Box Dimensioni N° piante Materiale

A 100cmx50cmx20cm 2 Pallet

B 50cmx50cmx25cm 1 Palma

La scelta di costruire moduli trasportabili è stata operata data la

necessità di rispettare il suolo sacro del cimitero e quella della

popolazione abusiva di spostare le casse, nel caso fossero sottoposti

a controlli da parte autorità e/o dei proprietari delle tombe. La cassa

è stata rivestita con un film di polietilene nero al fine di mantenere

l‟umidità del substrato utilizzato e evitarne la sua dispersione (A.

Pardossi et al., 2009). Dato il clima estremo del Cairo si è optato per

un telo di pacciamatura bianco al fine di ridurre l‟evaporazione

dell‟acqua dal box e limitare eventuali problemi di surriscaldamento

del substrato durante la stagione estiva (S. E. Weaver et al., 2004).

Le cassette di tipo A hanno un volume totale di 100l e le prove di

ritenzione idrica del substrato hanno evidenziato come l‟acqua iniziale

per l‟adacquamento fosse di litri 60l, il rapporto fra acqua trattenuta e

acqua persa è fondamentale per evitare successivi problemi di

asfissia dell‟apparato radicale (A. Pardossi et al. 2009). Le cassette di

tipo B hanno un volume di 62,5l e il rapporto di adacquamento

iniziale è stato di 37,5l per box.

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3.2 Valutazione del substrato idoneo con confronti in

campo tra i diversi substrati utilizzati in relazione alla

crescita delle piante e alla loro produttività.

La valutazione delle performance del substrato è stato fatta

confrontando i risultati di crescita e produzione di 24 piante di

pomodoro, andando a valutare la crescita della pianta e la quantità e

qualità del prodotto. Si sono utilizzate entrambe le tipologie di casse A

e B in modo da valutare eventuali differenze prestazionali in relazione

ai substrati.

L‟esperimento è stato svolto seguendo le seguenti modalità:

Preparazione dei substrati scelti con le seguenti percentuali:

50% sabbia 50% fibra di cocco e 70% torba e 30% perlite.

Adacquamento di saturazione e concimazione

Pacciamatura e messa a dimora

Copertura con telo per la riduzione dell‟intensità luminosa

Il volume di adacquamento iniziale per la preparazione del substrato è

stato di 60l per le cassette di tipo A e di 37,5l per quelle di tipo B,

calcolato sperimentalmente attraverso la seguente relazione (C.

Bibbiani and A. Pardossi) per entrambe le combinazioni di substrato.

Infatti, come per il terreno, anche nelle colture su substrato si può

parlare di ”capacità di campo” o, meglio ”capacità di contenitore”

(CC). CC rappresenta il contenuto di acqua massimo per un substrato

posto in un particolare contenitore, cioè la quantità 'acqua che il

sistema trattiene dopo un'irrigazione fino a saturazione e successivo

drenaggio (sgocciolamento). La CC non dovrebbe essere inferiore al

50% del volume del contenitore. In un contenitore, dopo irrigazione

fino a saturazione e successivo drenaggio, quando l'acqua cessa di

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drenare significa che si è raggiunto un equilibrio di Ψw , con Ψw = 0,

perché sul fondo permane uno strato d'acqua libera (a tensione nulla,

assumendo come detto Ψw = 0).

Quindi, se Ψw= 0, Ψm = - Ψg‟ , sul fondo del vaso Ψm = - Ψg = 0,

ma ad un‟altezza „H‟, Ψm = - Ψg = - H ) ( A. Pardossi, et al. 2009).

Illustrazione schematica dei valori di potenziale idrico in un ipotetico punto ad altezza H di un

vaso di coltura

Ossia con il gocciolamento del substrato dal fondo del cassette A-B

dopo un‟abbondande irrigazione si perde acqua fintanto che la forza di

ritenzione con cui il substrato trattiene l‟acqua sia pari almeno al

potenziale gravitazionale.

Per ridurre ulteriormente la variabile legata alla posizione rispetto

all‟ambiente, le cassette sono state poste in alternanza, a scacchiera

per quanto riguarda le cassette di tipologia B e alternate per le

cassette di tipo A. La copertura con il telo ombreggiante 73% di

copertura è stata posta in un‟unica soluzione creando una piccola

serra, in modo che permettesse il facile raggiungimento delle piante al

fine di semplificare le cure agronomiche. Le piante sono state

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acquistate al vivaio del ministero dell‟Agricoltura del Cairo e sono state

messe a dimora il giorno 14/3/2013.

Si sono svolti trattamenti con antiparassitari (Mospilan 20SP) a

concentrazione 0,4 g/l per contrastare gli attacchi della larva minatrice

presenti fin dalle prime fasi di crescita e di Zolfo micronizzato (Sulgran

80% WG) per contrastare eventuali attacchi fungini ad una

concentrazione di 0,3 g/l a cadenza bi-settimanale.

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3.3 Preparazione delle concimazioni e del substrato.

Si sono utilizzati 2 substrati diversi per la preparazione delle cassette,

il primo costituito da un mix di torba gialla e perlite in proporzione 2

torba 1 perlite e il secondo con sabbia e fibra di cocco con proporzioni

1:1. La concimazione è stata fatta per entrambe i substrati in fase di

preparazione con 25g di NPK titolo 20/20/20 contenente anche Fe

5000ppm, Zn 5000ppm, Mg 1000g e con 1 g di micro elementi-

Mikrom-(tabella 1.8). Per quanto riguarda il pH del substrato a base di

torba si è dovuto procedere con l‟aggiunta di 200g di NaCO3 al fine di

portare il pH dalla torba da 3,5 a 5,5.

Tabella 1.8

Boro (B)

Rame (Cu)

Rame (Cu)

Ferro (Fe)

Ferro (Fe)

Manganese (Mn),

Manganese (Mn);

Molibdeno (Mo)

Zinco (Zn)

Zinco (Zn)

Ossido di magnesio (MgO)

Anidride solforica (SO₃).

solubile in acqua

solubile in acqua

chelato con EDTA

solubile in acqua

chelato con EDTA

solubile in acqua

chelato con EDTA

solubile in acqua

solubile in acqua

chelato con EDTA

solubile in acqua

solubile in acqua

0,5%

0,5%

0,5%

4%

4%

4%

4%

0,2%

1%

1%

3%

6%

Agente chelante: EDTA. Intervallo di pH che garantisce una buona stabilità della frazione chelata: 2-10.

La torba gialla utilizzata ha le seguenti specifiche tecniche:

pH 3,5

conduttività 10ms/m

Capacità di ritenzione per acqua 70 vol%

Per quanto riguarda la fertirrigazione delle piante si è utilizzato un

piano irriguo che prevede l‟irrigazione settimanale con 20 l di acqua, al

fine di garantire il necessario adacquamento, per evitare l‟aumento

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della salinità. Tuttavia, considerando il dilavamento dei Sali, in

particolar modo dei nitrati, il programma ha previsto l‟integrazione

con 3 g di Ca(NO3)2 per pianta alla settimana con la composizione di

15,2% di N totale frazionata in N-nitrato 13,7% e N-ammonio 1,5% e

di CaO 26%, e un integrazione mensile di 25g di NPK 20-20-20 e di 1

g microelementi (vedi tabella). La conduttività elettrica (C.E) del

sistema è stata valutata con il conducimetro portatile Acquapro della

ditta HM digital, Inc.

Specifiche tecniche

EC 0-9999µS(µS/cm) Risoluzione 1µS

Intervallo di temperatura 0-80°C ATC Si (0-80°C)

Accuratezza ± 2%(della lettura) Calibrazione 700µS

Potenza 1 x 3V button cell Dimensioni 15 x 2.8 x 1.3 cm

Peso 42,5 g

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3.4 Metodi di valutazione dello stato nutrizionale

della popolazione.

Per analizzare lo stato di alimentare della popolazione si è proceduto

con l‟analisi della dieta di alcune famiglie campione rappresentative

della comunità per un totale di 30 famiglie.

L‟indagine si è svolta mediante con un colloquio con le madri o le

donne della famiglia responsabili della preparazione dei pasti, alle

quali sono state poste semplici domande sulla frequenza dei pasti,

tipologie e nonché sulla grandezza delle portate. Si è potuto così

creare una scheda alimentare rappresentativa dei prodotti consumati

dalla comunità. Successivamente le famiglie sono state sottoposte

all‟‟intervista alimentare vera e propria che si riferisce al ricordo della

frequenza di consumo di un prodotto per gruppo alimentare, il che

data la scarsa variazione del cibo disponibile è ben rappresentativo

della dieta della comunità (tabella 1.9). Bisogna considerare che, data

la differenza culturale, le porzioni sono considerate diverse dalle

nostre essendo piatti comunitari da cui il commensale si serve

direttamente. Eccetto alcune differenze legate alla situazione

economica le porzioni consumate dagli adulti sono porzioni

sicuramente abbondanti, in particolare quelle di riso e pasta. Bisogna

sottolineare come la paura di essere giudicati può portare le famiglie a

dichiarare un paniere alimentare più ampio di quello effettivo.

Questo dato poi verrà normalizzato con quelli colti sul campo

dall‟operatore, il quale, stando a stretto contatto con la comunità, si

può rendere meglio conto della vera dieta che le famiglie fanno. In

questo modo si possono costruire anche le classi di pietanze che sono

consumate dalla comunità andando ad integrare i dati forniti dalle

schede dei consumi alimentari per classi di prodotto.

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Tabella 1.9

Note: Schema di intervista delle abitudini alimentari per classe di alimenti.

I dati delle schede sono stati elaborati usando un foglio di calcolo

Excel in cui compare una divisione giornaliera, settimanale ed mensile

dei prodotti consumati. I valori calcolati sono il risultato di una media

aritmetica normalizzata con la deviazione standard del campione. I

prodotti consumati in maniera limitata sono stati presi in

considerazione solo nella costruzione del report finale.

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4. RISULTATI

4.0 Analisi dei valori nutrizionali dei prodotti ottenuti

tramite microjardin.

Le analisi svolte con ICP-MS (Inductivitly Coupled Plasma- Mass

Spectroscopy) hanno messo in evidenza una sostanziale uguaglianza

dei valori di micro e macro elementi all‟interno dei frutti coltivati nei

sistemi HS. Le analisi sono state svolte anche su pomodori utilizzati

abitualmente dalla popolazione locale per loro alimentazione. In

questo modo si è potuto confrontare i pomodori coltivati in HS con i

prodotti presenti al mercato e coltivati in Egitto con sistemi di

coltivazione tradizionale. Sono state riscontrate in tutti i campioni

tracce di metalli pesanti: i livelli di Piombo sono bassi sia per i

campioni coltivati in idroponica, che oscillano dai 1,66 µg/l per i

pomodori coltivati su torba e perlite ai valori più alti 6,132 µg/l

coltivati su sabbia/fibra di cocco, sia per quelli acquistati al mercato.

La divergenza dei valori fra i due substrati è causata dell‟utilizzo della

sabbia come substrato: un substrato acquistato all‟interno di città dei

morti e che quindi è soggetto a contaminazioni ambientali. Sebbene il

valore risulti essere 6 volte maggiore rispetto a quello della torba;

sono comunque valori abbondantemente sotto al limite di legge per le

tracce di piombo sugli alimenti che è di 1,5 mg/l. Valori molto più

elevati si riscontrano invece nei pomodori provenienti dal mercato che

hanno valori di piombo di circa 28 µg/l. Questo andamento sui valori

dei metalli pesanti si nota anche per quanto riguarda il Cadmio (Cd);

nei prodotti coltivati in idroponica, infatti, le tracce presenti oscillano

da 1 µg/l dei pomodori torba/perlite ai 6 µg/l per i pomodori

Sabbia/fibra. Anche in questo caso si riscontrano valori maggiori per

quanto riguarda i pomodori del mercato che si aggirano sui 10 µg/l.

Per quanto riguarda altri elementi come il rame (Cu) non risultano

differenze evidenti fra tutti i pomodori analizzati: i valori oscillano da

2,58 µg/l dei pomodori coltivati con substrato torba/perlite a 3,38

µg/l dei pomodori acquistati al mercato. I valori di Potassio (K), Sodio

(Na), Magnesio (Mg) risultano essere elevati in particolare nei

pomodori del mercato rispetto a i pomodori in idroponica. I valori dei

pomodori in idroponica per K, Na, Mg risultano essere in media il 30-

40% in meno rispetto i pomodori del mercato.

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Concentrazioni Macro-micro Elementi

Concentrazione metalli Pesanti

Bisogna considerare, tuttavia, i risultati in relazione ai valori standard

dei pomodori secchi. Per far ciò, i valori della concentrazione sono

stati messi in rapporto con il peso del campione originale in modo tale

da ricavarne il rapporto percentuale fra mg dell‟elemento ogni 100g di

prodotto secco. Questo valore è stato messo in relazione con i valori

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forniti dalla banca dati della “Food and Drug Administration” ente

federale americano per il controllo dei prodotti alimentari.

Confrontando i risultati si nota come i pomodori coltivati in

idroponica, abbiano valori inferiori a quelli convenzionali, analizzati

dall‟ente americano. I valori di sodio (Na) dei pomodori secchi in

database sono 2000 mg x 100g; i valori dei pomodori coltivati in HS

risultano essere 127,6 mg x 100g per i pomodori coltivati con

substrato torba e perlite, 45,5 mg x 100g per i pomodori coltivati in

substrato fibra di cocco e sabbia. I pomodori del mercato di

Mokattam, risultano avere valori simili ai valori ai pomodori coltivati

in HS con 177,0 mg per 100g. Per quanto riguarda potassio (K) e

calcio (Ca), i valori riferimento del FDA risultano essere 3000mg x

100g per il K e di 110 mg x 100g per il Ca. I valori di questi due

elementi nei pomodori coltivati su torba e perlite risultano essere di

1679 mg per il K e di 74 mg per il Ca ogni 100 g di prodotto; valori

simili si ritrovano anche nei pomodori coltivati su sabbia e fibra di

cocco: 68 mg di Ca e 1768 mg di K x 100g di prodotto. Ciò lega i

valori nutrizionali riscontrati alla capacità della tecnica HS nel

sostenere l‟uptake dei micro-elementi. In tal senso il magnesio (Mg) è

minore dei pomodori coltivati in HS rispetto allo standard di

rifermento americano: 87 mg per i pomodori torba e perlite e 71 mg

fibra di cocco e sabbia rispetto ai 194 mg x 100g dello standard.

Invece ,per quanto riguarda i micro elementi, come Fe, Mn, Zn, Cu,

c‟è maggior variabilità; infatti, i pomodori coltivati in HS, risultano

essere a volte superiori a volte inferiori, ai valori dello standard

americano, suggerendo una differenza non solo legata alla diversa

tecnica produttiva utilizzata, ma anche, una legata alla diversa

tipologia di substrato.

Quantità di microelementi in mg x 100g prodotto secco

Dati pomodori standard delle FDA: percentuale di acqua nei pomodori secchi è del 15%

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4.1 Dieta della comunità.

Dalla analisi svolta attraverso i questionari alimentari alle 30 famiglie

studiate, si evidenziano abitudini alimentari comuni per quanto

riguarda il consumo dei principali alimenti che compongono la dieta

della comunità. Il questionario è stato sottoposto alla donna di casa

che si occupa delle cure parentali riguardanti il cibo per l‟intera

famiglia. Il campione delle 30 famiglie quindi è esemplificativo di una

comunità che si avvale di circa 150 individui delle più disparate fasce

di età dall‟infantile alla senile, escludendo i lattanti. I campioni sono

stati analizzati attraverso metodi di calcolo Excel per costruire un

report suddividendo le abitudini dei consumi alimentari per classe di

alimento durante la giornata, la settimana, il mese, e l‟anno. I dati

sono stati normalizzati inserendo l‟errore legato alla deviazione

standard ad ogni valore medio di consumo per alimento riscontrato

all‟interno della comunità.

I risultati delle ricerche evidenziano che alcune classi di alimenti come

crostacei e conchiglie, non fanno parte dell‟alimentazione della

comunità; questo fatto è dovuto al basso potere d‟acquisto delle

famiglie e dai prezzi elevati di questi prodotti, che risultano essere

alimenti per le classi più abbienti. La dieta giornaliera delle famiglie è

basata sul consumo di prodotti cerealicoli, pane e pasta, consumati

generalmente 2/3 volte al giorno e che così risultano essere il pasto

principale insieme ai legumi, che vengono consumati con la stessa

frequenza. La medesima frequenza di consumo di prodotti cerealicoli

e legumi non deve sorprendere poiché questi sono generalmente

mangiati in combinazione a pasta o riso durante i pasti principali. I

legumi più utilizzati sono fagioli e fave generalmente inscatolati quasi

mai freschi. Nella dieta vengono assunte anche molte bevande

zuccherate come succhi di frutta, pepsi e il tè.

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Il tè viene preso in grandi dosi: generalmente per ogni individuo,

escluso la fascia infantile, circa 4/5 volte al giorno. E‟ abitudine

comune dell‟intera comunità l‟aggiunta di molteplici cucchiaini di

zucchero circa tre per bicchiere: questa abitudine fa diventare il tè un

vero proprio alimento all‟interno delle dieta giornaliera.

Tutte le fasce di età, ma in particolare i bambini, durante la giornata

consumano snacks confezionati. Questa abitudine risulta essere

confermata dai molteplici negozi che proprio all‟interno del quartiere

risultano essere le principali attività commerciali.

Da sottolineare come il consumo di verdura non rientri nei consumi

alimentari giornalieri ma che sia limitata ai consumi settimanali. I

consumi settimanali, ben integrano le abitudini alimentari giornaliere

dando un quadro meglio definito della dieta modello del campione

della comunità.

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La dieta della comunità così come viene messo in evidenza dai

risultati dei consumi alimentari, risulta una dieta che integra la tipica

dieta giornaliera basata su carboidrati semplici e complessi con

proteine e grassi animali apportati da formaggi e carni bianche. La

verdura viene consumata in media dalle 3 alle 4 volte a settimana: un

valore che di molto si discosta dalle direttive alimentari corrette che

legano il consumo di frutta e verdura ad una abitudine giornaliera. Il

consumo di uova è limitato principalmente alle preparazioni culinarie

legate alla tipologia di cottura che viene privilegiata all‟interno della

comunità, ossia la frittura.

Il consumo di latte e yogurt è scarso anche da parte dei bambini.

E‟ singolare, d‟altra parte, il buon apporto di micro-elementi dovuto

all‟uso di mangiare frutta secca e semi in particolare arachidi, e mais

tostato e semi di zucca e girasole durante la settimana.

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I dati dei consumi mensili sono più incerti, spesso legati alle festività

tradizionali e religiose che polarizzano la vita alimentare della

comunità.

In questo senso il periodo della festa del sacrificio, successiva alla

festività del “Ramadan” mostra una interessante discrepanza delle

abitudini alimentari mensili. Infatti, durante questa festa,

tradizionalmente, i ricchi donano ai poveri carne rossa,

incrementandone il consumo mensile per le due settimane

successive. Sempre durante il mese sacro, i Mussulmani aumentano il

consumo di frutta in particolare quello di more e datteri. Un‟altra

ricorrenza che altera le abitudini alimentari delle famiglie cade nel

mese di maggio, in concomitanza con la Pasqua copta, che è

tradizionalmente una festività è legata al consumo di pesce. Tuttavia

escludendo le singolarità legate alle feste tradizionali i consumi di

carne rossa e pesce sono limitati a consumi mensili di scarsa entità,

insieme al consumo di dolci freschi tradizionalmente legato alle feste

famigliari celebrative come matrimoni, battesimi e fidanzamenti.

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Da sottolineare come il consumo di frutta sia limitato durante il mese

a poche volte in media 4-5; la causa principale del suo scarso

consumo è il costo di quest‟ultima che non ne permette

l‟approvvigionamento da parte delle famiglie. I pochi frutti consumati

all‟interno della comunità, sono quelli prodotti da fichi e melograni,

alberi che sono presenti nei cortili delle tombe occupate, quasi

esclusivamente fichi e melograni. Durante il periodo estivo il consumo

di angurie viene legato a quello di formaggio fresco, e risulta essere il

pasto principale del periodo caldo delle famiglie più abbienti della

comunità.

4.2 Valutazione quali-quantitativa della produzione e

della crescita degli impianti di microjardin.

La crescita della pianta è stata studiata dal mese di marzo al mese di

giugno 2013 fino alla raccolta dei primi prodotti della pianta. Si sono

studiate diverse condizioni colturali in modo da verificare quali

fossero le componenti meglio utilizzabili per l‟idroponica semplificata.

I dati si riferiscono all‟impianto pilota nato all‟interno di Città dei

Morti, che ha studiato la crescita di 24 piante di pomodoro con

diverse tipologie di impianti e substrati.

Le piante, acquistate nelle serre del ministero dell‟agricoltura del

Cairo, sono state messe a dimora il giorno 10-3-2013 ad un altezza

media di 9 cm; successivamente sono state valutate ogni mese

precisamente nei giorni 9-4-2013, 4-5-2013 e 1-6-2013. I grafici di

crescita evidenziano come la pianta abbia una crescita costante nei

primi 3 mesi di coltivazione e che poi nei mesi di giugno rallenti fino

ad arrivare ad un sostanziale arresto ad giugno inoltrato. La tipologia

degli impianti usati influenza marginalmente la crescita della pianta,

anche se un leggero vantaggio risulta esserci da parte dell‟impianto A

(pallet), tuttavia considerando la variabilità legata all‟errore nelle

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misure, le variazioni di 4 centimetri nel mese di aprile e di giugno non

possono essere considerati significativi.

I dati di crescita media della pianta nei diversi substrati invece

evidenzia una notevole differenza legata proprio alla performance del

substrato. L‟andamento di crescita è sostanzialmente identico a quello

studiato per la crescita legata all‟impianto; tuttavia risulta esserci una

notevole divergenza di crescita a favore del substrato formato da

fibra di cocco e sabbia. Questa divergenza che rimane constante di 10

cm per ogni periodo studiato. E‟ Interessante notare che la crescita

nel substrato fatto da sabbia e fibra di cocco sia quasi costante per

tutto il periodo analizzato, rispetto a quella nel substrato fatto da

torba e perlite. Tuttavia nel periodo che va da Aprile a Maggio, le

divergenze per quanto riguarda la velocità di crescita nei due

substrati si arrestano. Si nota infatti una crescita con la stessa

velocità, fatto che non allarga ulteriormente la forchetta della

divergenza di crescita. La distanza fra gli sviluppi diminuisce nel

periodo finale, con un sostanziale arresto del substrato formato da

sabbia e fibra di cocco ed una crescita seppur minima in media 3 cm

da parte delle piante che utilizzano come substrato torba e perlite.

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Questi dati evidenziano come il fattore fondamentale sia legato prima

che alla tipologia dell‟impianto stesso alla tipologia del substrato;

questo fatto è ulteriormente confermato dai dati che mettono in

relazioni entrambi i fattori.

Si noti come che la crescita delle piante con il substrato sabbia/fibra

di cocco sia migliore rispetto a quelle con la torba; ma anche come il

fattore torba/perlite sia mitigato dalla miglior efficienza dell‟impianto

A che rende la combinazione torba/perlite quasi paragonabile per

crescita agli al substrato sabbia/fibra di cocco. Tuttavia risulta esserci

una divergenza 2-3 cm durante tutto il periodo rispetto alla

combinazione torba/perlite con impianto B.

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Per quanto riguarda invece il processo di fioritura che segnala

l‟eventuale efficienza produttiva della pianta, si segnalano i risultati in

data 4-5-2013, ossia durante la prima fioritura, in cui si evidenzia

come i dati siano strettamente legati alla crescita della pianta stessa.

La fioritura media delle piante cresciute con fibra di cocco/ sabbia

supera di due volte il numero medio dei fiori delle piante cresciute

con il substrato torba/perlite.

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E‟ interessante notare come, in questo caso, ci sia una notevole

influenza legata alla tipologia di impianto. Se consideriamo la media

totale dei fiori per pianta, che è di 6,79 si evidenzia come,

nell‟impianto A, le piante cresciute con substrato torba e perlite siano

di poco inferiori rispetto a quelle cresciute sul substrato sabbia/fibra

di cocco.

Questa divergenza viene amplificata dall‟impianto B che segna una

capacità di sviluppo fiorale, da parte delle piante che utilizzano come

substrato sabbia/fibra di cocco, 8 volte superiore rispetto alle piante

con substrato torba/perlite. L‟impianto B limita notevolmente la

fioritura della pianta che utilizza come substrato torba e perlite, come

evidenziato dalla notevole divergenza rispetto al dato di fioritura

medio.

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5. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

5.1 Valutazione dell’incremento del supporto

alimentare ed economico offerto dalla tecnica alla

comunità.

Il lavoro di coltivazione degli “orti urbani” attraverso tecniche

idroponiche ha come finalità il miglioramento della dieta della

comunità garantendo prodotti sicuri per la sua alimentazione. In

questa prima fase, lavorando con pochi metri quadrati di impianti per

ciascuna famiglia, il miglioramento della dieta è di tipo diretto, cioè

integrativo della normale dieta familiare grazie ai prodotti coltivati

nell‟orto. Tuttavia, il miglioramento della situazione alimentare ed

economica potrà anche essere dato, in futuro, da un‟eventuale

attività di vendita diretta dei prodotti agricoli su scala locale. Proprio

per questo motivo la scelta delle cultivar è stata effettuata tenendo

conto delle abitudini alimentari della comunità, dell‟adattabilità della

cultivar alle condizioni di temperatura e di tecnica e al miglior

rapporto dei prodotti sia in termini di qualità nutrizionali che di

interesse economico.

La comunità, dai dati emersi dall‟indagine alimentare, ha una dieta

che segue tipicamente la “dieta mediterranea”, con consumo

giornaliero di legumi e cereali, anche se il consumo di piante orticole

e di frutta non sono frequenti. Il consumo di frutta risulta mensile,

mentre quello dei prodotti dell‟orto è a cadenza settimanale. Questa

frequenza di consumo non ricalca le direttive alimentari del consumo

di frutta e verdura dell‟Organizzazione Mondiale della Sanità che ne

consiglia il consumo giornaliero.

Di conseguenza, la produzione in casa di prodotti orticoli incentiva il

loro consumo e migliora il benessere alimentare della famiglia in

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generale, già in gran parte garantito dal consumo di prodotti

alternativi, come succhi di frutta freschi e frutta secca, che integrano

il fabbisogno giornaliero di vitamine e sali minerali. Il consumo di

frutta secca, in particolare semi, risulta molto frequente durante la

settimana, e questo fatto spiega come non ci siano carenze evidenti

di micro-elementi e acidi grassi (K. M. Phillips et al., 2005) che

potrebbero sopraggiungere dato lo scarso consumo di latte e

formaggi e grassi animali in particolare nella fascia di età infantile e

adolescenziale.

Foto di Francesco Giusti per l‟ONG “live in slums”, scattata all‟interno di un‟Hosh.

La comunità ha una dieta relativamente bilanciata e sostanzialmente

corretta; unico problema riscontrato, è l‟eccessivo consumo di

zuccheri semplici giornalieri. Il consumo di zucchero, quantificabile in

372 Kcal pro die a persona, è legato all‟alto consumo di tè e alle

quantità di zucchero utilizzato per la sua dolcificazione. Il dato

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sull‟utilizzo di zuccheri semplici è ulteriormente incrementato dal

consumo di succhi di frutta e bevande gasate e zuccherate. A

conferma dello stato di malnutrizione legato all‟eccessivo apporto di

zuccheri semplici nella dieta c‟è il dato preoccupante dell‟incidenza del

diabete di tipo 2 nelle famiglie. Diabete che colpisce quasi un

componente per ogni famiglia. Le più colpite sono donne, che nel

complesso, evidenziano, nella maggior parte, dei casi i classici

sintomi di sindrome metabolica. Questo risultato mette in relazione la

situazione alimentare di Città dei Morti con un trend riscontrabile in

altri paesi in via di sviluppo in particolare nelle aree urbane (A. Misra,

L. Khurana, 2008). L‟incremento dell‟IMB e di apporti alimentari

scorretti sono spesso associato in queste aree alla poca attività fisica

e ciò amplifica i rischi per la salute.

Ad oggi data la ridotta superficie coltivata per famiglia, la tecnica di

coltivazione fuori suolo gioca un ruolo importante nella

sensibilizzazione della comunità alla corretta alimentazione.

Infatti, sebbene la dieta della comunità risulti essere, nella maggior

parte dei casi bilanciata, ne aumenta l‟apporto di alimenti freschi dalle

alte qualità nutrizionali nell‟ottica di un miglioramento psicofisico

generale della comunità legato sia al cibo che al lavoro.

Per quanto riguarda la salubrità dei prodotti la tecnica di idroponica

utilizzata, ha garantito un prodotto di qualità, simile a quello che la

comunità acquista e consuma per l‟apporto nutrizionale di micro e

macro elementi ma superiore per sicurezza dal punto di vista dei

contaminanti fitosanitari e biologici. Infatti grazie all‟utilizzo di

coperture culturali si è ridotto l‟utilizzo di prodotti fitosanitari,

garantendo un prodotto di alta qualità da consumare fresco; d‟altra

parte, la tecnica in sé elimina le possibili contaminazioni da parte del

suolo sia biologiche che chimiche. In questo senso, un incremento

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ulteriore delle superfici coltivate ed un‟organizzazione maggiore da un

punto di vista della rete distributiva, potrebbero incrementare anche

il beneficio economico diretto dato dalla vendita di un prodotto ad alto

valore aggiunto.

Alcuni prodotti Orticoli coltivati in HS all‟interno di Al-Quarafa

Foto di Francesco Giusti per l‟ ONG “live in slums ”.

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5.2 Valutazione della tecnica: Produttività e Costi

L‟idroponica è un sistema altamente produttivo, tuttavia ha dei costi

gestionali e di investimento iniziali difficilmente sostenibili dalle

comunità povere che vivono all‟interno di insediamenti informali.

Proprio per questo motivo il progetto di coltura idroponica all‟interno

della “Città dei morti” si è posto come obbiettivo la riduzione dei costi

di impianto e di gestione degli “orti urbani”. I costi maggiormente

impattanti sulla realizzazione dell‟impianto sono i box e i substrati.

Tuttavia, per quanto riguarda la creazione di un protocollo efficiente,

bisogna considerare i costi in relazione alla produttività del

medesimo.

La tipologia d‟impianto risulta essere la variabile minore per quanto

riguarda la crescita della pianta, mentre è un variabile che invece

incide sui costi di avviamento e gestione.

L‟impianto di tipologia B costa sensibilmente meno nella sua

realizzazione rispetto all‟impianto di tipo A, più complesso nella

realizzazione, che si aggira come costo sui 200 pounds a box

completo, ossia circa 25 euro (tabella costi). Per quanto riguarda la

sostenibilità economica-ambientale, i box di legno di palma risultano

oltre vantaggiosi in ottica di ridistribuzione del benessere da reddito

sia di reperibilità dei materiali, visto che i box sono prodotti all‟interno

della Città dei Morti dagli stessi abitanti della comunità. Ciò determina

una riduzione dei costi per il materiale e di trasporto. Tuttavia i molti

vantaggi dell‟impianto B si legano come dimostrano i risultati ad una

criticità dal punto di vista della capacità produttiva. La stima del

numero di fiori, evidenzia come l‟impianto di tipo B discrimini

fortemente la tipologia di substrato da utilizzare; rendendo

sostanzialmente obbligatorio l‟utilizzo del substrato composto da

sabbia e fibra di cocco.

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Costo di realizzazione dei un Box

Impianto A

costo in euro

-

-

-

-

-

-

-

-

-

-

€ 25,00€ 12,49

Impianto B

14

21,6

10

101,4costo totale

perlite

costo coperture

costo pergola

costo in euro

€ 1,93

€ 3,21

€ 0,10

€ 0,39

€ 0,06

€ 0,19

€ 1,28

1,5

10

Costo in pound

15

25

0,8

3

€ 2,77

€ 1,28

€ 1,28

0,5

macro elementi NPK

plastiche

box legno palma/legno

torba

sabbia

fibra di cocco

micro-elementi

I substrati risultano essere quindi un vero elemento discriminatorio

per quanto riguarda costi e benefici produttivi della tecnica. Il

substrato con sabbia e fibra di cocco con rapporto 50% risulta essere

il migliore per quanto riguarda la crescita e produttività con il minimo

dispendio economico.

La migliore produttività è dovuta probabilmente alla sofficità del

substrato in confronto a quello formato da torba e perlite che

garantisce una maggior areazione e sviluppo delle radici nelle

condizioni colturali utilizzate. Da notare che il vantaggio competitivo

diminuisce all‟aumentare della criticità delle temperature nel periodo

di fine Maggio/Giugno.

Il sistema con sabbia e fibra, infatti, risulta essere più drenante

rispetto a quello con torba e perlite e di conseguenza la crescita

risulta compromessa dallo stress idrico proprio nel periodo più caldo.

Tuttavia, dato le temperature proibitive dell‟area in quel periodo, la

problematicità del substrato sono comunque un fattore trascurabile,

poiché le temperature sono sfavorevoli alla crescita della pianta in

generale. Questo è stato evidenziato dai risultati i campo con piante

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che crescevano in substrati meno drenanti come la torba e perlite in

rapporto 70/30.

I substrati per idroponica, infatti, sono generalmente solidali alle

temperature esterne atmosferiche, il che provoca spesso stress

termici. Le temperature estive del Cairo spesso sfiorano i 45°

determinando sia blocco vegetativo sia aborti fiorali. Questo elemento

deve essere preso in considerazione se si vuole completare un intero

ciclo produttivo in efficienza, anticipando la messa a dimora delle

piantine. Come evidenziato dal grafico delle temperature

dell‟aeroporto del Cairo, il periodo di messa a dimora delle piante può

essere anticipato a febbraio adottando le adeguate contromisure per

lo sbalzo termico delle temperature notturne.

L‟escursione termica fra giorno e notte infatti, deve essere limitata

dalla costruzione di micro serre che ne limitino il fenomeno.

Temperature Al Cairo nel 2013

Temperature misurate all‟aeroporto internazionale del Cairo

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5.3 Vantaggi diretti e indiretti al sostentamento della

comunità.

Il progetto, nasce in seno all‟esperienza e al lavoro sul campo

dell‟ONG “live in slums” vincitrice del bando comunale “Milan‟s 2015

Expo competition for the dietary safety” e ad una collaborazione fra

più enti universitari milanesi e locali sotto la tutela e la valutazione

del comune di Milano. Il lavoro è stato svolto in due fasi parallele e

sequenziali per una durata di 12 mesi; la prima fase è stata orientata

alla coltivazione e all‟insegnamento dei primi rudimenti agronomici

porta a porta cercando di instaurare, lavorando insieme, un rapporto

fiduciario. La seconda fase invece è stata rivolta alla formazione

dell‟intera comunità attraverso la creazione di un centro di

formazione. I soggetti maggiormente coinvolti sono stati i più giovani,

perché più ricettivi, anche al fine di costruire le basi per un‟erudizione

agronomica che permetta lo sviluppo e la continuazione del progetto

in maniera autonoma.

Al fine di semplificare la gestione dell‟intero processo produttivo è

approntato un protocollo semplificato dove viene spiegata la tecnica

nel suo insieme dalla costruzione degli “impianti-cassette” ai

trattamenti fitosanitari. La coltivazione degli orti urbani incrementa la

disponibilità di prodotti orticoli per l‟alimentazione delle famiglie

coinvolte; l‟incremento, data la scarsa superficie disponibile e la

dimensione pilota del progetto, non garantisce tuttavia

un‟autosufficienza alimentare, ma vuole essere di stimolo alle attività

della comunità e alla sensibilizzazione sui temi della corretta

alimentazione.

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Come evidenziato, i costi, seppur ridotti con l‟introduzione del nuovo

modello di impianto “B”, rimangono sostanzialmente elevati e poco

competitivi sotto un profilo economico-produttivo.

Questo è dovuto al fatto che l‟investimento iniziale per la costruzione

dell‟impianto di microjardin non è coperto ne dai ricavi in termini di

incremento della disponibilità di cibo ne dalla diminuzione delle spese

famigliari legati ai prodotti orticoli. Ciò introduce un elemento di

criticità poiché i ricavi economici-alimentari diretti non sono sufficienti

a giustificare un investimento autonomo da parte della singola

famiglia.

Bisogna considerare, tuttavia, in un progetto di “social agriculture” le

esternalità positive che ricadono sulla comunità e sull‟area non sono

di solo carattere economico in senso stretto. Ad esempio, la creazione

di un network fra le famiglie coinvolte nel progetto aumenta il

benessere sociale dell‟intera comunità coinvolta. Inoltre la creazione

di una rete sociale ha ricadute dirette anche sulla diminuzione

potenziale dei costi. Facendo si che ci siano gruppi di acquisto unici

per il materiale, si aumenta di riflesso la sostenibilità economica della

tecnica da parte della comunità.

Gli impianti sono generalmente gestiti dai componenti

economicamente non attivi della famiglia, come anziani, bambini e

donne. Il coinvolgimento della componente femminile risulta essere

molto importante poiché la rende partecipe di un‟attività ad alto

valore aggiunto che valorizza la sua posizione anche agli occhi dei figli

e della famiglia in una realtà profondamente maschilista. In questo

senso il coinvolgimento delle donne è fondamentale per dare

continuità al progetto stesso, infatti, le madri stesse promuovono a

loro volta il coinvolgimento dei loro figli e figlie, poiché si rendendo

conto delle potenzialità formative del progetto, al di la delle mere

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ricadute economiche. L‟attività di agricoltura, promuovendo la

formazione e la socializzazione, permette quindi di rendere attive

alcune realtà sociali depresse della comunità e incentiva anche

l‟attività della componente femminile altrimenti relega dall‟età della

pubertà alla mera gestione famigliare.

Alcune donne coinvolte nel progetto microjardin.

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5.4 Scenari futuri e una strategia di uscita.

Lo sviluppo del progetto si pone come obbiettivo l‟incremento delle

superficie coltivate con HS e l‟aumento del numero di famiglie

coinvolte, al fine di raggiungere una superficie e una capacità

produttiva autonoma che riesca a sostenere le spese della tecnica e

ne permetta il mantenimento dell‟attività degli impianti già presenti

sul territorio. Ciò comporta la formazione di personale locale di Città

dei Morti e l‟istruzione di referenti locali in grado di gestire i pochi ma

fondamentali strumenti tecnologici, come ad esempio il conducimetro.

La formazione di personale e l‟incremento dell‟attività di formazione

tramite l‟ampliamento del “centro di formazione” risulterà elemento

essenziale per la continuazione dell‟intero progetto. Solamente se si

riuscirà a formare un gruppo di persone locali esperte nella tecnica, si

riuscirà a farlo radicare sul territorio. Proprio per questo motivo,

proseguendo l‟attività porta a porta di monitoraggio ed

insegnamento, si cercherà far apprendere la tecnica ed incentivare

l‟attività di reclutamento delle famiglie con figli in età scolare, in

modo che esse siano per un lungo periodo sul territorio. Inoltre lo

stimolo, all‟apprendere una potenziale istruzione agronomica di base

è particolarmente sentita dalle famiglie con figli e ne aumenta le

motivazioni e le attività proattive per il progetto stesso e la comunità.

Data la difficile condizione sociale ed economica in cui si è operato e

in cui opererà, è difficile immaginare risultati sul breve-medio

periodo. La tecnica, infatti, seppure sia stata migliorata in termini di

efficienza, ha bisogno di ulteriori studi per aumentare la capacità

produttiva.

Il contesto sociale in cui si opera è lento nell‟affrontare i cambiamenti

e diffidente verso le autorità di qualsiasi genere. Per questo motivo, il

coinvolgimento delle istituzioni locali è difficoltoso e spesso è visto

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dalla comunità come minaccia, anche perché le famiglie vivono per lo

più in situazioni di illegalità. Ciò rende difficile e più lento il lavoro e i

movimenti all‟interno del territorio, ma rende i legami con chi accetta

il progetto duraturi e di totale fiducia: ciò permette un notevole

ottimismo sullo sviluppo del progetto a medio-lungo periodo.

L‟obbiettivo principale da raggiungere è l‟autonomia della produzione

orticola, incrementandola. Ma non solo: ci si deve porre come

obbiettivo anche l‟istruzione della comunità sia dal punto di vista

agronomico sia alimentare, in particolare puntando sulle donne. Sono

le donne infatti che, oltre a essere le più interessate alla salute del

nucleo famigliare, risultano essere le più recettive al cambiamento.

Se i due obbiettivi di istruzione e produzione saranno perseguiti in

parallelo, si creerà sostanzialmente un circolo virtuoso fra conoscenza

del problema e soluzione dello stesso: questo renderà le famiglie

della comunità potenzialmente attive e capaci di decidere in

consapevolezza del loro futuro.

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7. Ringraziamenti

Ringrazio l‟ONG “liveinslums”, nella figura del suo presidente la dott.

Silvia Orazi e del vice presidente arch. Gaetano Berni: senza di loro

“Città dei Morti” sarebbe una meta inaccessibile. Insieme a loro

ringrazio anche l‟Università degli Studi di Milano per l‟opportunità di

formazione data e per l‟esperienza fatta sul campo nella totale

sicurezza.

Ringrazio Il professor Salvatore Ciappellano e Il dottor Antonio

Ferrante per avermi seguito anche fisicamente in Egitto nel lavoro di

tesi; per aver sostenuto assieme alle persone coinvolte nel progetto

l‟emozioni e le difficoltà della realtà Cairota ed in particolare, quella di

Città di Morti dei suoi dintorni.

Ringrazio i compagni sul campo, il cui aiuto è stato fondamentale per

la realizzazione del mio lavoro e l‟organizzazione dell‟intero progetto.

Ringrazio in particolar modo chi mi ha preceduto, dott. Carmen

Manocchia, e l‟arch. Tommaso Sacconi, e chi mi ha accompagnato

come la dott. Veronica Vecchi.

Ringrazio il supporto delle dottoresse dell‟Università di Agronomia del

Cairo: dott. Reda, dott. Esraa, dott. Heba: il loro supporto linguistico

ha reso più agevole il reperimento del materiale necessario e

l‟insegnamento della tecnica alla comunità.

Ringrazio tutte le ragazze e i ragazzi, che a titolo diverso chi per una

giornata chi per un workshoop mi hanno aiutato e la professoressa

Elisabetta Bianchessi per averli gestiti.

Ringrazio il dottor. “Mammudì”, “Vero” e “Giulia” per avermi fatto

sentire a “Pension Roma” in famiglia.

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8. Appendice Fotografica

8.1 Centro di Formazione

8.2 Le piante

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8.3 Workshoops

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8.4 Le famiglie

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8.5 Varie