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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI GENOVA FACOLTA' DI MEDICINA E CHIRURGIA “CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA” POLO DI LA SPEZIA Relatore: Dott. Gian Carlo Canese Studente: Daniele Bilotti Matr. 3145683 Correlatore : Dott.ssa Giovanna Rizzo Anno Accademico 2009-2010

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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI GENOVA FACOLTA' DI MEDICINA E CHIRURGIA

“CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA” POLO DI LA SPEZIA

Relatore: Dott. Gian Carlo Canese Studente: Daniele Bilotti Matr. 3145683 Correlatore : Dott.ssa Giovanna Rizzo

Anno Accademico 2009-2010

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2

INDICE

INDI

CE

Ringraziamenti

Prefazione Introduzione

Pag. 3

Pag. 5

Pag. 6

Capitolo Primo Evoluzione storica delle funzioni

infermieristiche e legislazione

Pag. 12

1.1. Evoluzione infermieristica storica Pag. 12

1.2. Evoluzione legislazione infermieristica Pag. 22

2. Capitolo Secondo Responsabilità infermieristiche ed errore

terapeutico

Pag. 356

3. Capitolo terzo Farmaco e sue somministrazioni

Pag. 55

3.1. Farmaco, farmacocinetica ed i loro effetti Pag. 55

3.2. Assorbimento e vie di somministrazione ( pregi e difetti)

Pag. 64

3.3 La terapia Pag. 72

3.4 La terapia orale Pag. 76

4. Capitolo Quarto governo clinico e clinical pathways

Pag. 81

4.1 Il Governo clinico. Pag. 81

4.2 Clinical pathways Pag. 99

5. Capitolo Quinto Educazione terapeutica nella

somministrazione del farmaco

Pag. 110

Conclusioni Pag. 142

Allegati Pag.147

Bibliografia Pag.159

Sitografia Pag. 168

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3

Ringraziamenti

Prima di tutti voglio ringraziare Dio.

Illuminandomi mi Ha dato l' opportunità di percorrere questo

stupendo cammino che oggi, infine, mi ha portato a scrivere e

discutere questa Tesi Universitaria.

Lo ringrazio per avermi dato l' occasione di entrare nel cuore dei

pazienti e Ringrazio perché ognuno di loro sono allo stesso tempo

rimasti nel mio cuore.

Ringrazio i miei strepitosi genitori Gerardo e Michelina che mi hanno

sostenuto con anima, cuore mente ed anche in maniera economica,

per far si che completassi gli studi.

Ce l' ho messa tutta per non deludervi, essere orgogliosi di me e

comunque non sarà solo una vita abbastanza lunga per potervi dire

grazie…...

Ringrazio di cuore il mio Direttore Universitario, nonché Relatore di

Tesi: il Dott. Gian Carlo Canese che con cuore di padre ci ha

cresciuto, inculcandoci lo spirito della professione infermieristica.

Le Tutors : Daniela Corbari e Maria Zermira Monti che con la loro

professionalità e simpatia ci hanno stimolato e educato durante

tutto il nostro percorso formativo .

Soprattutto voglio ringraziare in modo del tutto speciale la mia Tutor,

la dott.ssa. Giovanna Rizzo, mi ha insegnato molto trasmettendomi

tanta della sua esperienza oltre che della propria professionalità.

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Ringrazio il mio grande amico, l' Ing: Giovanni Bonanini. E tutti i

miei Compagni di corso per l’amicizia donatomi in questo percorso

di studi insieme…

Grazie a tutti coloro che hanno creduto in me ………. .

PREFAZIONE

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5

“L’assistenza è un’arte;

e, se deve essere realizzata come un’arte,

richiede una devozione totale ed

una dura preparazione,

come per qualunque opera

di pittore o scultore;

con la differenza che non si ha a che fare

con una tela o un gelido marmo,

ma con il corpo umano,

il tempio dello spirito di Dio.

E’ una della belle Arti

Anzi, la più bella delle Arti Belle”

Florence Nightingale

INTRODUZIONE

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6

Uno dei perni centrali che rientrano nella professione Infermieristica

è la gestione e somministrazione del farmaco.

Lo definisco perno centrale perché è un' attività molto delicata che

porta a dei rischi molto seri sia per l’ operatore che per il paziente

coinvolto. Ovvero: uno sbaglio qualsiasi può creare un danno al

paziente, o ancora peggio mettere in serio pericolo la vita dello

stesso.

Come tale, questo errore, fa gravare sul' infermiere durante la

somministrazione della terapia, un altissimo grado di responsabilità

portando con se tutte le complicanze del caso.

Tale “grado” è ovviamente regolato e disciplinato da norme ben

precise che chiariscono in maniera netta la responsabilità che ha l'

infermiere sotto gli aspetti di ordine penale, civile e disciplinare in

caso di errore durante la somministrazione del farmaco oltre alla

gestione anche le relative modalità di conservazione. Infatti il rischio

farmacologico, preoccupa a livello sia nazionale che internazionale

tutto il personale sanitario.

Come rileva un articolo su Medscape1 dove analizza i dati più recenti

e cerca di fare un punto della situazione.

Già nel 1999 l’Institute of Medicine statunitense aveva pubblicato un

1 Medscape è una risorsa web per i medici e altri professionisti della salute

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rapporto secondo il quale si registrano negli USA circa 7000 decessi

l’anno per errori di somministrazione dei farmaci. Successivamente

il rapporto del 2006 ha mostrato che la situazione non è affatto

migliorata da allora2.

In Italia il tema è stato ripetutamente segnalato e monitorato dalla

Società Italiana di Farmacia Ospedaliera (SIFO), che all'argomento

ha tra l'altro dedicato un convegno lo scorso autunno, durante il

quale si è deciso di investire a fondo per garantire una sempre

maggiore sicurezza.

Per la precisione, non solo in ospedale si verificano episodi di errori

di somministrazione dei farmaci, ma a volte gli stessi pazienti

sbagliano nella auto-somministrazione del farmaco.

Matthew Grissinger3, esperto in analisi della sicurezza in medicina,

2 Hahn KL. The “Top 10” drug errors and how to prevent them. Medscape 2007.

3 Matthew Grissinger, RPH, FASCP Direttore, Programmi Segnalazione errori. Matthew Grissinger ha una vasta esperienza in assistenza a lungo termine, di assistenza domiciliare, comunità e farmacia (http://www.ismp.org/about/staff.asp)

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ha identificato i farmaci maggiormente coinvolti in errori da parte dei

pazienti, il cui uso errato li porta ogni anno a numerose visite al

pronto soccorso. Esempio: insulina, anticoagulanti, amoxicillina,

aspirina, trimethoprim-sulfametoxazolo, paracetamolo, ibuprofene,

cefalexina e penicillina.

Sovradosaggi non intenzionali causano il 40 per cento delle visite al

pronto soccorso dovute a errori di assunzione di farmaci, seguiti dagli

effetti collaterali e dalle reazioni allergiche.

Gli errori più comuni sono: assumere dosaggi sbagliati o in orari

sbagliati, dimenticare di prendere il farmaco, interrompere

deliberatamente la terapia. Addirittura alcuni sbagliano di netto il

farmaco assumendo un farmaco al posto di un' altro o addirittura due

volte lo stesso.

In ospedale La somministrazione della terapia è effettuata dagli

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Infermieri che sotto prescrizione medica somministrano il farmaco al

paziente.

Praticamente questi operatori sono il trait d' union che unisce la

terapia prescritta dal medico al paziente. Ma non è così semplice

come si potrebbe pensare.

Infatti spesso i ritmi frenetici della corsia, la troppa burocrazia, i

tempi ristretti che si possono creare in seguito ad una emergenza,

sempre in agguato in un reparto e la mancanza di personale, ridotto

sempre al minimo per ridurre i costi, portano l' infermiere ad uno

stato di stress e deconcentrazione che alzano in maniera esponenziale

il rischio di errori clinici.

Comunque guardiamo più affondo quali sono le medicazioni

"incriminate" somministrate in ospedale: insulina, morfina, cloruro

di potassio, albuterolo, eparina, vancomicina, cefazolina,

paracetamolo, warfarin, furosemide.

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Tra gli errori che vengono commessi in corsia, tra i più comuni

possono essere inclusi: lo scambio di farmaci con confezioni simili (

vedi il ckl), confondere farmaci diversi ma con nomi somiglianti,

errori nello scrivere e nel leggere le abbreviazioni delle unità di

misura delle dosi...

Talvolta gli errori possono essere imputabili a prescrizioni scritte a

mano con una grafia poco comprensibile, ad etichette ambigue o a

personale non adeguatamente preparato.

Oltre ai precedenti fattori in grado di aumentare gli errori in corsia,

possiamo prendere in esami altri passaggi chiave in cui si può

verificare un errore. E sono: acquisizione di informazioni sul paziente

e/o su uno specifico farmaco, comunicazione tra operatori sanitari e

con i pazienti, confusione creata da etichette, confezioni e nomi dei

farmaci, conservazione e distribuzione dei farmaci,

somministrazione, eccessiva lunghezza dei turni, competenza dello

staff, livello di educazione terapeutica del paziente, qualità dei

sistemi di controllo (identificazione degli errori, ed analisi e

interventi per ridurli).

Esistono anche fattori ambientali che possono incidere e sono: scarsa

illuminazione, rumore, interruzioni.

In alcuni casi gli errori possono essere evitati con un passaggio in più

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tra la prescrizione e la somministrazione, ad esempio con una

richiesta di conferma da parte del farmacista al medico che ha scritto

la prescrizione.

Una corretta comunicazione è, infatti, un fattore determinante:

abbreviazioni, calligrafie illeggibili, ordini verbali e ambigui,

problemi in prescrizioni via fax o via computer, o addirittura

telefoniche, sono tutte fonti di possibili incomprensioni e quindi di

errore.

Un altro modo di prevenire possibili errori, secondo l’opinione di

Henry Cobb4, è tentare di ridurre il carico di stress dei farmacisti

ospedalieri, il cui numero è spesso insufficiente. Identificazione delle

fonti di stress, risposte anticipate, sistemi di supervisione e feedback

e personale competente e numericamente adeguato possono ridurre

il numero di errori dovuti ad accumulo di ordini, confusione e orari

non stop.

4 Professore associato del College of Pharmacy della University of Georgia,

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CAPITOLO PRIMO

1.1 evoluzione infermieristica storica.

“Un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai

nulla del proprio presente.”5

L' Infermieristica è una disciplina scientifica, che per essere chiamata

con l’ aggettivo scienza, deve rispondere e soddisfare i “cinque

requisiti” che una materia deve avere, proprio per essere nominata

scienza.

Questi requisiti sono:

1) Campo di studio.

2) Metodo.

3) Scopo,

4) Campo di applicazione.

5) Ragione storica di esistere.

Perciò, applicando queste voci alla Materia Infermieristica, si può

notare che queste trovano facilmente una risposta.

Nello specifico l' infermieristica ha come campo di studio l' Uomo, il

metodo si basa sul processo di assistenza, per quanto riguarda lo

scopo è rendere la persona autonoma, identificando e soddisfacendo i

bisogni della persona mediante un processo educativo.

5 Frase di Indro Montanelli

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Il campo di applicazione è ovviamente l' ambiente di vita e ultimo ma

non meno importante è la ragione storica di esistere. Infatti l'

infermiere è sempre stato presente nella storia e ha sempre avuto una

ragione storica per esistere; anche se non' è del tutto vero che l'

infermiere è sempre esistito. Più correttamente è il processo

assistenziale che è sempre esistito, fin dai tempi dell' uomo

primitivo,6 dove la donna curava i figli e l' uomo ferito che tornava

dalla caccia.

Successivamente si parla di assistenza con il popolo egizio che

addirittura nella loro cultura medica mettevano in atto ed eseguivano

i primi interventi chirurgici che ovviamente venivano erogati solo alle

persone più ricche o ai Faraoni, lo stesso valeva per l' assistenza di

6 R. F. Craven, C. J. Hirnle – “Principi Fondamentali dell’assistenza infermieristica”Casa ditrice Ambrosiana 2007

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base7.

L' evoluzione dell'assistenza continua ed arriviamo nell’antica Grecia

dove esistevano luoghi di cura di gran bellezza naturale, dove erano

prestate cure, solo a persone facoltose, in grado di affrontare le spese.

Queste cure venivano erogate nelle IATERIA o IATERION 8.

Questi, erano luoghi favolosi, costruiti in mezzo alla natura, dove i

sacerdoti e i medici, usavano come farmaco filtri di erbe mediche,

guarivano le persone ricche liberandole dai demoni che infliggevano

loro malanni.

Nel concetto greco della malattia è sempre stato rivelato la differenza

dall’aspetto fisico del corpo e quello spirituale voluto dagli dei.

Anche se la nascita del pensiero scientifico si può far risalire alla

comparsa delle prime scuole mediche in Italia (Scuola di Crotone e

Scuola di Sicilia), è in Grecia che avviene la completa e definitiva

7 G. Armocida B. Zenobio – “Storia della medicina” – Biblioteca Masson 2002 8 E. Manzoni – “Storia e filosofia dell’assistenza infermieristica” – Masson 2000

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emancipazione del medico sul sacerdote con la costituzione del

concetto di "clinica".

Nell'antica Grecia la medicina veniva praticata nei Ginnasi9, nelle

Palestre e negli jatreia: il ginnasio era il luogo in cui i giovani

venivano formati culturalmente e fisicamente, mentre nella palestra

si allenavano gli atleti veri e propri.

L'uno e l'altra consentirono un certo sviluppo della chirurgia in

seguito alle non infrequenti lesioni in cui gli atleti incorrevano

nell'esecuzione degli esercizi fisici10.

Tutti coloro che lavoravano in queste strutture avevano conoscenze

abbastanza approfondite di traumatologia e massoterapia; i medici,

che solitamente visitavano in strutture pubbliche o private (jatreia),

venivano chiamati dal ginnasiarca solo nei casi più gravi.

Ora si passa ad un periodo storico molto complicato quanto

importante che riguarda il Medioevo. In questo periodo si

registrarono importanti segnali di una progressiva specializzazione

dell’arte medica. Si cominciarono a creare i primi rifugi per derelitti e

forestieri chiamati xenodochia e vennero create le prime infermerie

chiamate nosocomia nelle quali si prestavano cure agli ammalati.11

Questi erano i primi abbozzi degli ospedali inizialmente collegati ai

monasteri e poi progressivamente diventarono autonomi.

Nello stesso periodo nacquero le Misericordie associazioni di

9 G. Armocida B. Zenobio – “Storia della medicina” Biblioteca Masson 2002 10 C. Calamandrei – “L’assistenza infermieristica – Storia, teoria, metodi” – NIS 1993 11 G. Armocida B. Zenobio – “Storia della medicina”

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volontariato di impronta cristiana impegnate nel soccorso dei

cittadini.

Progressivamente però, si determina una carenza numerica di

religiosi: suore e frati, furono richiamati nei monasteri dalle regole

rigide del loro ordine.

Diventa necessario, ora più che mai, l’impiego di personale laico

pagato con un misero compenso, quindi vengono reclutati ex

carcerati, prostitute e povera gente.

L’assistenza decade a livelli vergognosi e malati appoggiati su

pagliericci sporchi, insieme ad altri, persino di sesso e patologia

diversa. I santi riformatori dell’assistenza sono i primi a credere che

l’assistenza, cosi come concepita, non basti più, serve un’assistenza

specifica: l' assistenza infermeristica.

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Questi santi sono: Giovanni Ciudad nato nel 1495

morto ex soldato di ventura, giocatore, vagabondo è quasi messo a

morte con l’accusa di rapina. Provo’ di persona, rinchiuso in un

manicomio, quanto fu il degrado organizzativo, e com’erano trattati i

malati di mente, egli cerco’ di migliorare l’aspetto della gestione

organizzativa dell’assistenza,facendo dormire i pazienti in letti puliti,

migliorando l’alimentazione in modo piu’ appropriato, i modi delle

degenza, istituendo corsie e dividendole per patologia e sesso.

Miglioro’ il trattamento nei manicomi, prese il nome di Giovanni di

Dio e fondo’ la confraternita dei Fatebenefratelli. Camillo De Lellis

(1550-1614). Anch' esso era un soldato di ventura,

manigoldo,attaccabrighe. Fu ferito in battaglia e come esito gli rimase

una piaga cronica12. Nel suo girovagare si rivolse al convento di San

Giovanni Rotondo, dove fu curato con molta dedizione e

amorevolmente dai frati. Li ringrazio’ e ritorno’ alla sua vita di

sempre.

Torno’ a Roma, dopo poco tempo la piaga si riaprì, rincontrata

12 E. Manzoni – “Storia e filosofia dell’assistenza infermieristica” Masson

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l’incuria nell’ospedale in cui era ospite,capì quanto lavoro bisognasse

fare e quanto fosse importante dedicarsi al malato. Volle far

assistenza presso l’ospedale San Giacomo degli incurabili per “porsi

al servizio dei malati per solo amor di Dio”.

Vincenzo De Paoli (1581-1660). Francese, fu grande

innovatore dell’assistenza, devoto del Papa, durante un suo viaggio fu

ferito e si accorse di quanto degrado ci fosse e di come tristemente

erano trattati i malati.

Lottò per migliorare le cure, all’interno degli ospedali, ma era

convinto che bisognasse farlo dando soprattutto rispetto all’uomo nel

suo ambiente naturale.

Sacerdote convinto si dedicò alla carità. Ora si comincia a parlare di

assistenza in un periodo storico che parte dal 1700 fino ai giorni

nostri dove si nota come l' evoluzione dell' assistenza abbia fatto un

passo enorme e come si è capito che l' assistenza infermieristica non

debba essere effettuata da persone normali ignoranti in materia, ma

che serve una figura specializzata che prenda in mano l' intera

assistenza del paziente.

Questa figura è l' Infermiere. Nel 700 la popolazione in Europa è

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influenzata da una corrente di pensiero chiamata ILLUMINISMO13

che si propone di liberare l’umanità dal peso delle credenze e abolisce

i privilegi del clero, rende piu’ efficace l’amministrazione dello stato.

Le concezioni illuministiche investono anche il settore dell’ assistenza

e alla carità cristiana si sostituisce una solidarietà laica fondata sulla

ragione.

Si da importanza alle esigenze igieniche, si costruiscono ospedali con

padiglioni separati, ben illuminati e arieggiati.

Gli ospedali grazie ai progressi della medicina diventano luoghi di

cura veri e propri.

Le infermiere vengono considerate delle domestiche, il compito

principale consiste nelle pulizie, tutto viene gestito dalla Capo

Infermiera che diventa la padrona di casa; nello stesso tempo esiste

la studio da parte dei medici del corpo umano, con sperimentazione

sull’uomo soprattutto sul malato di mente.

Ma negli ospedali regna il caos, personale non qualificato, il

disinteresse, il lucro sono sovrani.

FLORENCE NIGTHGALE14 1820-1910 .

Appartiene ad una famiglia ricchissima inglese, nasce a Firenze, e 13 C. Calamandrei – “L’assistenza infermieristica – Storia, teoria, metodi” – NIS 1993

14 Gilbert Sinoué Titolo: La signora della lampada

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grazie agli insegnamenti del padre ed al suo impegno ottiene

un’istruzione completa.

Animata da una profonda fede religiosa, identifica l’assistenza agli

ammalati come un modo per rendersi utile al prossimo, fortemente

contrastata in questo dalla famiglia e dal proprio ambiente sociale

per la cattiva reputazione delle infermiere del tempo. Fond nel 1860

la prima scuola per infermiere al Saint Thomas Hospital. Fonda la

concezione della moderna Assistenza infermieristica.

L'assistenza infermieristica è l’uso adeguato dell’aria fresca, della

luce, della pulizia, del calore, della tranquillità e della giusta scelta

nella somministrazione della dieta.

Tutto con la minor spesa di energia da parte dell’ ammalato15.

Negli USA, fino al 1870 l’assistenza era gestita in un modo orribile, i

malati vivevano in luoghi malsani, tre in due letti, assistiti da

carcerate o da prostitute senza alcuna cognizione d’assistenza. Fu

questo il motivo che spinse alcune infermiere della scuola Florence

Nightingale ad aprire e dirigere scuole di Formazione

infermieristiche. Adelaide Nutting16 fu la prima infermiera chiamata

ad insegnare alla Columbia University di New York, mentre Isabella

Hampton17 si dedicò alle scuole di formazione ospedaliere.(norme

igiene). In Italia subito dopo l’unificazione del Regno, abbiamo una

nazione povera, dove la situazione nei grandi ospedali era disastrosa,

la preparazione infermieristica era inesistente.

15 Dal libro: “Notes on Nursing: What it is and What it is Not” di FLORENCE NIGTHGALE 16 www.nurses.info/personalities_adelaide_nutting.htm 17 � http://www.medicalarchives.jhmi.edu/papers/robb.html

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L’organizzazione seguiva ancora il codice napoleonico oppure le

regole dei vari ordini religiosi, che venivano impiegati negli ospedali

per consuetudine o per convenienza: le suore costavano molto meno

del personale laico ed erano apprezzate per la loro disciplina.

Partendo già dall’epoca fascista dove la formazione infermieristica

viene regolata a livello nazionale.

Nel 1959 gli infermieri riescono ad ottenere con una legge dello stato

la n. 1049 l’istituzione dei Collegi IP.AS.VI. Enti di diritto a tutela

della professione. Negli anni 60' con l’arrivo delle tecnologie arrivano

anche le specializzazioni.

Si promuove la formazione universitaria e nascono le Scuole Speciali

per Dirigenti dell’ Assistenza Infermieristica.

Nel 1971 con la legge 124 anche gli uomini possono accedere alla

professione, chiusura delle scuole convitto.

Nel 1974 D.P.R. 225 “Mansionario”, eliminato dalla 42/9918.

Con la legge 341/90 gli infermieri hanno ottenuto il D.U. in Scienze

Infermieristiche. Anno accademico 2002-2003 parte il primo corso

di laurea in Infermieristica. Voglio inoltre precisare che l' evoluzione

e la ricerca di un' assistenza è maturata sopratutto in campo bellico.

18 Benci L, Aspetti giuridici della professione infermieristica, III ed, Mc Graw Hill, 2002

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Infatti nei tempi antichi l’unico esercito a vantare una vera e propria

struttura di soccorso organizzata fu quello romano dove l’assistenza

ai feriti avveniva direttamente sul campo di battaglia poiché il medico

aveva in dotazione anche cassette di Pronto Soccorso contenente

bende strumenti chirurgici e linimenti Nel Medioevo.

In epoca Napoleonica il Barone Jean Dominique Larrey ebbe

l’intuizione di organizzare un sistema di ambulanze volanti per

permettere il trattamento rapido dei feriti sul campo di battaglia e un

loro eventuale trasporto verso gli ospedali da campo.

Durante la Prima Guerra Mondiale, ed in seguito nelle guerre di

Corea e Vietnam, i medici militari si lamentarono dell’inefficacia di

evacuazione ed assistenza immediata ai feriti.19

1.2 Evoluzione legislazione infermieristica20

Come abbiamo già citato nel precedente sottocapitolo, l' evoluzione

storica assistenziale fa nascere la necessità di attribuire la stessa a

personale qualificato e specializzato cioè la figura dell' infermiere

(nurse).

Per fare ciò, comunque, nasce il bisogno di creare nuove leggi in

grado regolamentare la formazione l' assistenza e la tutela sul lavoro

infermieristica.

19 E. Manzoni “Storia e filosofia dell’assistenza infermieristica” Masson 2000 20 Benci L, Aspetti giuridici della professione infermieristica, III ed, Mc Graw Hill, 2002

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Inizialmente abbiamo visto che nel 1959 gli infermieri che prima non

erano tutelati da nessuno, riescono ad ottenere con una legge dello

stato: la n. 1049 l’istituzione dei Collegi IP.AS.VI. che sono enti di

diritto a tutela della professione infermieristica. Nel 1960 arrivano le

prime tecnologie e con esse nascono le prime specializzazioni

infermieristiche.

Inoltre si promuove la formazione universitaria e nascono le Scuole

Speciali per Dirigenti dell’ Assistenza Infermieristica. Nel 1971 con la

legge 124 anche gli uomini, possono accedere alla formazione e

successivamente praticare la professione.

Di conseguenza, quindi, c' è stata la chiusura delle scuole convitto

dove erano ammesse solo donne. Esempi di una scuola convitto: fu

aperta nell’ospedale Santo Spirito una delle sedi della scuola Convitto

San Vincenzo De Paoli, con sede provinciale presso il San Camillo e

facente capo agli Ospedali Riuniti di Roma.

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Nel 1974 D.P.R. 225 “Mansionario”, eliminato dalla 42/99.21 Con la

legge 341/90 gli infermieri hanno ottenuto il D.U. in Scienze

Infermieristiche. Anno accademico 2002-2003 parte il primo corso

di laurea in Infermieristica.

Prima di vedere nel dettaglio ed in ordine, dalla prima alla più

recente le grandi leggi che hanno cambiato e disciplinato la

professione sanitaria del' infermiere voglio riportare un articolo

scritto da Willem Tousjin,22 nella rivista di diritto delle professioni

sanitarie, 4, 2001.

Riportato anche da Luca Benci nel' “L’evoluzione dell’autonomia e

della responsabilità giuridica dell’infermiere e dell’ostetrica”, dove

Willem Tousjin ci mette davanti ad una verità che tutti sapiamo ma

che abbiamo paura di riconoscere.

Scorrendo nelle lettura dell' articolo ci si crea nella mente un' idea

generale ma concreta di come l' evoluzione di una professione

sanitaria sia stata e lo è ancora oggi molto contrastata.

“La caratteristica peculiare è la posizione assolutamente dominante

assunta sull’intero settore dalla professione medica.

Nei settori in cui operano le altre professioni intellettuali, come il

diritto o l’ingegneria-architettura, non esiste nulla di simile alla

dominanza che la professione medica ha esercitato, a partire dalla

21 “Manuale giuridico professionale per l' esercizio del nursing” Luca Benci seconda edizione. 22 Professore Facoltà di Medicina e Chirurgia di Torino

Corso di laurea specialistica in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche

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fine dell’Ottocento, su un numero crescente e ormai assai elevato di

occupazioni sanitarie. Il concetto di dominanza professionale indica

appunto la relazione di potere che la professione medica ha

instaurato nei confronti delle altre occupazioni sanitarie e che ha

assunto varie forme: dominanza gerarchica, nelle grandi

organizzazioni sanitarie come gli ospedali, dominanza

funzionale, attraverso il controllo delle fasi cruciali del processo di

cura (la diagnosi e la scelta della terapia), dominanza scientifica,

attraverso il controllo del sapere medico e della stessa definizione di

salute e malattia, dominanza istituzionale, attraverso il controllo

delle istituzioni-chiave del settore sanitario (Facoltà di medicina,

altre scuole sanitarie, organi di governo di vario tipo)”.23

La più puntuale sociologia delle professioni ha da tempo analizzato le

relazioni tra le professioni sanitarie che si sono intrecciate nel corso

della storia.

In Italia – come nel resto del mondo il termine “sanitario” ha sempre

evocato la figura medica, gli atti medici e gli atti sanitari erano in un

qualche modo sinonimi e si era arrivati a confondere la sanità con la

medicina.

La professione medica era l’unica professione sanitaria realmente

riconosciuta per secoli o anche millenni.

23 Willem Tousjin, Rivista di diritto delle professioni sanitarie, 4, 2001

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26

Basti pensare che il primo documento di carattere storico

deontologico riferito alla professione medica – Il giuramento di

Ippocrate24 – viene fatto risalire dagli storici in un’epoca

comprendente tra il quarto e il quinto secolo avanti Cristo.

Nello scorso secolo il medico è stato affiancato, per alcuni decenni, da

due figure professionali importanti: lo speziale (in seguito

farmacista) e la levatrice (in seguito ostetrica/o).

Al primo era devoluta la preparazione di preparati galenici in

un’epoca di pre industrializzazione del farmaco e alla seconda era

devoluta la competenza presso che assoluta sui parti fisiologici.25

Queste due figure professionali hanno subito nel corso dei decenni

dello scorso secolo, un processo di involuzione professionale che ha

portato da un lato, alla trasformazione del farmacista in una figura

con caratteristiche prevalentemente commerciali e dall’altro

l’ostetrica ha subito un forte ridimensionamento nella sua autonomia

dovuta alla medicalizzazione e alla ospedalizzazione del parto.

Il medico è tornato quindi a essere l’unico professionista sanitario.

Nel 1980 si sono professionalizzati i biologi, nel 1990 gli psicologi.

24 E. Manzoni “Storia e filosofia dell’assistenza infermieristica” Masson 2000 25 Benci L, Aspetti giuridici della professione infermieristica, III ed, Mc Graw Hill, 2002

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27

La svolta reale si ha però nel 1999 con l’approvazione della legge 42 e

l’uscita dall’alveo della ausiliarietà delle professioni sanitarie ex

diplomate con in prima fila infermieri e ostetriche.

Le innovazioni normative

L’esercizio professionale dell’infermiere e dell’ostetrica – e di tutte le

professioni sanitarie ex ausiliarie26 - ha subito importanti modifiche

in questi ultimi anni.

In ordine cronologico inverso dobbiamo citare le due leggi

fondamentali che hanno determinato un cambiamento

fondamentale: la legge 10 agosto 2000, n. 25127 “Disciplina delle

professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione,

della prevenzione, nonché della professione ostetrica” e la legge 26

febbraio 1999, n. 42 “Disposizioni in materia di professioni

sanitarie”.

La legge 251/2000 verrà con tutta probabilità ricordata come la legge

che ha istituito la dirigenza infermieristica e la laurea (domani laurea

specialistica), ma contiene norme inerenti anche all’esercizio

professionale.

Al primo comma dell’art. 1 infatti si legge testualmente:

“Gli operatori delle professioni sanitarie dell’area delle scienze

infermieristiche e della professione ostetrica svolgono con

26 Benci L., Professioni sanitarie non più ausiliarie, Rivista di diritto delle professioni sanitarie, 1,

1999 27 “Manuale giuridico professionale per l' esercizio del nursing” Luca Benci seconda edizione.

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28

autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla cura

e salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le

funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profili

professionali nonché dagli specifici codici deontologici e utilizzando

metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza”.28

Alcune di queste norme – segnatamente il richiamo al profilo

professionale e al codice deontologico

– sono ripetitive di disposizioni di legge che già indicavano come

criteri per l’esercizio professionale queste fonti normative,

mentre altre sono una novità assoluta.

– Da un punto di vista generale l’affermazione che l’infermiere

agisce con “autonomia professionale” riveste un’importanza

tale che travalica l’attribuzione di singoli ambiti.

In realtà, a ben vedere, tutto il percorso che il legislatore ha voluto

imprimere alla evoluzione infermieristica ed ostetrica era

profondamente intriso di autonomia professionale: la formazione

universitaria, l’abrogazione del mansionario, il richiamo al codice

deontologico ecc.

Il fatto però che l’affermazione sia diretta e contenuta in una legge

ordinaria dello Stato ha l’effetto di un pieno riconoscimento al

percorso fino a qui svolto.

28 251/2000 riferimento trascritto da http://www.camera.it/parlam/leggi/00251l.htm

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29

Altra affermazione – nuova o in realtà parzialmente nuova – è data

dalla previsione legislativa della metodologia di lavoro da adottare

nell’ambito della professione infermieristica.29

L’infermiere infatti deve utilizzare “metodologie di lavoro per

obiettivi dell’assistenza”.

E’ sinceramente strano che all’interno di una legge ordinaria si

scenda nel dettaglio tipico degli atti regolamentari, strumenti questi

ultimi che meglio si prestano, data la loro duttilità e versatilità, a

scendere in particolari di carattere professionale (posto che sia giusto

e opportuno scendere in questi ambiti da parte del legislatore).

Così però è stato e non si può non prendere atto che il legislatore ha

voluto mandare un messaggio forte: la classica metodologia di lavoro

per compiti deve essere abbandonata e abbracciare quella, che il

mondo professionale aveva già in realtà teorizzato da molti anni, di

metodologia per obiettivi.

Il terzo comma dell’art. 1, si riallaccia direttamente al primo comma.

Recita testualmente:

“Il Ministero della sanità, previo parere della Conferenza permanente

per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento

e di Bolzano, emana linee guida per:

a) l’attribuzione in tutte le aziende sanitarie della diretta

responsabilità e gestione delle attività di assistenza infermieristica e

delle connesse funzioni;

29 Spiegazione tratta da: Benci L, “Aspetti giuridici della professione infermieristica, III ed, Mc

Graw Hill, 2002”

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30

b) la revisione dell’organizzazione del lavoro, incentivando modelli di

assistenza personalizzata.”30

Ancora una volta il legislatore fa’ ricorso allo strumento delle linee

guida per regolamentare alcune parti dell’organizzazione sanitaria.

Il punto sub b) si ricollega direttamente a quanto specificato

dall’articolo: modelli di assistenza personalizzata e metodologia di

pianificazione per obiettivi sono infatti facce della stessa medaglia.

Questi due punti fanno probabilmente capire bene quale sia il fine

ultimo di tutto questo processo legislativo in corso: il cambiamento e

il miglioramento qualitativo dell’assistenza infermieristica.

Questo infatti è confermato dal secondo comma dell’art. 1 laddove si

prevede che lo Stato e le regioni devono promuovere la valorizzazione

e la responsabilizzazione delle funzioni e del ruolo delle professioni

infermieristico-ostetriche con il fine di integrare “l’organizzazione del

lavoro della sanità in Italia con quelle degli altri Stati dell’Unione

europea”.31

Di grande importanza la previsione del comma a) laddove si specifica

che in tutte le aziende sanitarie l’organizzazione del lavoro deve

prevedere la “diretta responsabilità e gestione delle attività di

assistenza infermieristica e delle connesse funzioni”.

30 251/2000 riferimento trascritto da http://www.camera.it/parlam/leggi/00251l.htm 31 Legge 251/2000 riferimento trascritto da

http://www.camera.it/parlam/leggi/00251l.htm

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31

Il dettato normativa è fin troppo chiaro: tutto ciò che attiene – in

senso stretto e in senso lato – alla professione infermieristica deve

essere gestito direttamente dalla professione infermieristica stessa.

Come altre volte è accaduto, a tutt’oggi non sono state emanate le

linee guida previste dalla legge 251/2000.

Resta l’importanza della previsione legislativa.

Non è possibile in questa sede non richiamare anche la legge

42/1999, atto normativo che, come è largamente noto, ha

rivoluzionato l’esercizio professionale previgente basato sul

sistema mansionariale.

La legge 42/1999 ha posto alla base dell’esercizio professionale tre

criteri guida ben precisi e un limite dai contorni meno precisi.

L’infermiere deve quindi agire in base ai dettami del profilo

professionale, ex DM 14 settembre 1994, 739, al contenuto degli

ordinamenti didattici di base e post base e del codice deontologico. Il

limite posto dalla legge stessa è dato dalle “competenze previste per

la professione medica”, quindi dall’atto medico32.

Bisogna precisare che non esiste una definizione in positivo di atto

medico, quanto piuttosto una definizione di ambiti residuali

contenute in varie leggi33.

32 Benci L, Aspetti giuridici della professione infermieristica, III ed, Mc Graw Hill, 2002 33 Motta G., Magliona B., Le nuove professioni sanitarie: una riforma incompiuta?, Sanità

pubblica e medicina pratica, 9, 2000

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32

Resta però ineludibile la necessità di definire con esattezza o quanto

meno con meno approssimazione il concetto di atto medico, essendo

esso posto come limite all’autonomia delle professioni sanitarie non

mediche.

Registriamo inoltre importanti novità relative alla pubblicazione

degli ordinamenti didattici dei corsi di diploma di laurea, sia

triennale che specialistica, recepiti con i decreti ministeriali 2 aprile

2001 “Determinazione delle classi delle lauree universitarie delle

professioni sanitarie” e “Determinazione delle classi delle lauree

specialistiche delle professioni sanitarie” pubblicate in Gazzetta

ufficiale del 5 giugno 2001.

Con questi provvedimenti si sancisce la fine definitiva delle

professioni sanitarie non mediche come professioni sanitarie

diplomate, venendo esse promosse al rango delle professioni

sanitarie laureate.

Come è ben noto il processo di professionalizzazione non può

esaurirsi nell’ambito della produzione di testi normativi, essendo

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33

necessario invece il contributo fattivo e positivo di tutte le professioni

sanitarie coinvolte.

Il processo normativo in corso non può non determinare una

ridefinizione di competenze, resasi già in realtà necessaria

dall’entrata in vigore della legge 42/199934. Su questa lunghezza

d’onda si muove anche l’autorità politica se pure con toni e accenti

non giuridicamente corretti35.

E’ interessante vedere come alcune Regioni si siano date determinate

condizioni organizzative di nuove realtà assistenziali. Il riferimento è

alle Regioni dell’Emilia Romagna, con l’esperienza delle lungo

degenze post acuzie e alla Toscana con l’esperienza degli ospedali di

comunità.

Il tratto comune di queste due esperienze è dato dalla esistenza di

modelli assistenziali di carattere residenziale caratterizzati dalla

assenza della presenza medica in modo continuativo.

La Regione Emilia Romagna, nella “direttiva per i criteri di

organizzazione della funzione di lungo degenza post acuzie….” del 28

luglio 1997 indica un modello chiaro di organizzazione di questa

tipologia di reparti ospedalieri, sull’esperienza delle Nursing Homes

anglosassoni.

Si legge nella direttiva che “la responsabilità organizzativa e

gestionale deve essere di norma affidata al personale infermieristico,

34 Benci L., Professioni sanitarie non più ausiliarie, Rivista di diritto delle professioni sanitarie, 1,

1999 35 Il riferimento è all’intervista che il Ministro Veronesi al Sole 24 ore del 13 ottobre 2000

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34

ferma restando la supervisione e responsabilità clinica dei singoli

medici responsabili dei degenti…..”36.

A livello apicale, è sempre la direttiva che lo indica, “la responsabilità

dell’organizzazione dell’assistenza è conferita al personale

infermieristico con funzioni dirigenziali”.

L’organizzazione di questo tipo è sembrata alla Regione la “logica più

coerente” rispetto ad altre possibili in relazione all’obiettivo che si

prefigge. Organizzazioni simili sono attuate in Toscana per gli

ospedali di comunità, nati sull’onda dei Country Hospital.

Questo tipo di organizzazione, tesa a demedicalizzare parte

dell’assistenza sanitaria e a rispondere a specifici bisogni della

popolazione, risulta del tutto facilitata dal percorso

professionalizzante della professione infermieristica, tendente ad

attribuire una maggiore autonomia e responsabilità all’infermiere.37

36 L’evoluzione dell’autonomia e della responsabilità giuridica dell’infermiere edell’ostetrica Luca Benci . 37 Benci L, Aspetti giuridici della professione infermieristica, III ed, Mc Graw Hill, 2002 Motta G., Magliona B., Le nuove professioni sanitarie: una riforma incompiuta?, Sanità pubblica e medicina pratica,

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35

CAPITOLO SECONDO

Responsabilità Infermieristiche ed Errore Terapeutico

Ho approfondito, nel precedente capitolo, l' evoluzione delle funzioni

infermieristiche, basandomi anche sulla stessa storia evolutiva dell'

assistenza.

Quindi, conoscendo ed imparato dal passato, oggi possiamo

affermare che l’infermieristica ha finalmente acquisito una posizione

di professione intellettuale che le conferisce un notevole

ampliamento dei livelli d’autonomia d’esercizio ma anche

parallelamente un ugual livello di correlate responsabilità di natura,

non soltanto assistenziale e clinica, ma anche etica, deontologica e

giuridica.

L’abolizione del mansionario (con la legge 42/1999) ha determinato,

da un lato l’abbattimento di muri fino ad allora invalicabili, dettati

dalle regole mansionariali,( dettate dal DPR 225/74), dall’altro anche

la perdita delle sicurezze rappresentate da quelle stesse regole che

traducevano l’esercizio professionale in griglie predefinite di attività.

Il professionista Infermiere oggi si trova nella condizione di

individuare:

2. I bisogni dei suoi assistiti,

3. Elaborare percorsi assistenziali nei quali egli diviene in grado

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36

d’integrarsi con altri professionisti della salute in un rapporto

d’equipe paritetico38.

L’Infermiere che applica la scienza infermieristica, adegua i propri

interventi alle prove di miglior efficacia, verifica, valuta ed ottimizza

le proprie capacità di rispondere efficacemente ai bisogni degli

assistiti.

L’enorme ampliamento concettuale della prospettiva professionale,

ha provocato in molti casi, una sorta di destabilizzazione degli assetti

professionali e della capacità dei singoli di inserirsi in questo mutato

scenario.

La mancanza di chiare linee di demarcazione dell’agire professionale,

ha creato incertezze, dubbi, timori circa le possibili implicazioni

giuridiche correlate all’assunzione diretta di responsabilità di

professionisti che si riprovano a non essere più ausiliari.

Le implicazioni giuridiche sono inoltre direttamente proporzionali

all' errore che un operatore compie nei confronti del paziente.

Quindi questa responsabilità che viene messa nelle mani dell'

infermiere fa nascere, proprio per tutelare sia l'operatore stesso che il

paziente, la gestione del rischio clinico o risk management che

significa proprio: “possibilità di subire un danno come conseguenza

38 Paritetico:agg. [f. -a; pl.m. -ci, f. -che] basato su condizioni di parità (www.sapere.it)

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37

di un errore”39

“Evitare l’errore è un ideale meschino: se non o siamo-

affrontare problemi che siano così difficili da rendere l’errore quasi

inevitabile, non vi sarà, allora, sviluppo della conoscenza.

In effetti è dalle nostre teorie più ardite - incluse quelle che sono più

erronee - che noi impariamo di più.

Nessuno può evitare di fare errori: cosa

grande è imparare da essi” (Popper, 1972)40.

In questo trattato di tesi universitaria, voglio specificare, quanto sia

importante l' errore clinico e sottolineare il rapporto stretto tra

infermiere-errore, perché quest' ultimo, in verità, accompagna turno

dopo turno ogni azione che compie l' operatore, sia direttamente sul

paziente, oppure, in secondo piano ma non meno importante, nella

gestione della documentazione infermieristica.

Uno dei rapporti più stretti infermiere-errore che ho preso come

ispirazione per scrivere questa tesi è il rischio clinico nella

somministrazione dei farmaci.

39 “ Errore clinico e gestione del farmaco: il ruolo dell' infermiere nella gestione del rischio” di

Francesco Falli e Massimo Cariolato

40 Karl Raimund Popper (Vienna, 28 luglio 1902 – Londra, 17

settembre 1994) è stato un filosofo e epistemologo austriaco, naturalizzato

britannico. È considerato uno dei più influenti filosofi del Novecento. (definizione data da:

wikipedia.org)

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38

La Farmaco vigilanza si occupa della rilevazione e valutazione delle

reazioni avverse a farmaci ed è finalizzata ad identificare i potenziali

rischi al fine di minimizzarli e se possibile eliminarli.

Le reazioni avverse, definite nel Dlgs. 95/2003 come risposte ad un

farmaco che siano nocive e non intenzionali e che avvengono alle dosi

normalmente usate nell’uomo per la profilassi, la diagnosi, la terapia

o per ripristinare, correggere o modificare le funzioni fisiologiche,

possono essere attese o inattese in base a quanto riportato nel

riassunto delle caratteristiche del prodotto in relazione alla loro

natura e gravità.

Accanto alle reazioni avverse, legate alle proprietà specifiche della

terapia farmacologica, esistono eventi avversi legati all’errore e

quindi potenzialmente prevenibili ed evitabili.

Come detto prima è importante non perdere l’opportunità di

imparare da ciò che gli errori possono insegnare.

Per definire meglio il termine errore voglio proporre una definizione

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39

data dal National Coordinating Council for Medication Error

Reporting and Prevention (NCCMERP): “per errore di terapia

si intende ogni evento avverso, indesiderabile, non intenzionale,

prevenibile che può causare o portare ad un uso inappropriato del

farmaco o ad un pericolo per il paziente.

Tale episodio può essere dovuto ad errore di prescrizione, di tra-

smissione della prescrizione, etichettatura, confezionamento o

denominazione, allestimento, dispensazione, distribuzione,

somministrazione, educazione, monitoraggio ed uso”41.

Se la FV valuta le reazioni avverse a farmaci legate alle proprietà

farmacologiche e quindi intrinseche al farmaco stesso, la valutazione

dell’errore di terapia si basa prevalentemente sulle modalità di

impiego del farmaco e sul rischio clinico che ne può derivare. È molto

importante definire il termine di errore.

Sopratutto definirlo nel campo della somministrazione dei farmaci.

Infatti la somministrazione dei farmaci fa gravare sull' infermiere una

grande fetta percentuale di responsabilità, come dichiarato dalla

legge 739 del 199442.

Innumerevoli sono gli studi effettuati sulla gestione del rischio clinico

nella somministrazione dei farmaci, tutto questo per capire come si

possano ridurre le statistiche dove riportano migliaia di casi di errori

determinati da terapie sbagliate. Riconosco la mia brevissima vita all'

41 National Coordinating Council for Medication Error Reporting and Prevention CPMERP.

www.nccmerp.org

42 Dichiarazione elaborata secondo il DM 739/94 l' infermiere resposabile dell' assistenza generale infermieristica.

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interno di una unità ospedaliera, ma tutto ciò non mi stupisce affatto.

Durante il tirocinio pratico da allievo infermiere, ho notato che

esistono molte lacune che riguardano l' approccio al grande capitolo

del rischio abbinato alla somministrazione della terapia. Spesso, si

arriva alla conclusione che la scienza giusta, insegnataci in sede

universitaria, sono quasi, se non totalmente, travisate a livello pratico

dagli infermieri di ruolo.

Quando si entra all' interno di un reparto ospedaliero, si è pieni di

sete di sapere e voglia di unire le teorie universitarie con la pratica.

Perciò vengono fornite agli infermieri di turno tantissime domande

non solo su come gestire un paziente, ma anche domande che

riguardano la responsabilità e la terapia, sopratutto su come gestirla

e come conservare i farmaci.

Ma l' unica spiegazione che ci è concessa la maggior parte delle volte

dagli infermieri è un timido: “ Si è sempre fatto così.......”, oppure: “

Gli effetti di questo farmaco..... chiedili al medico”, “questo ¼ di

pastiglia senza blister è sicuramente il betabloccante, ormai sono

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41

esperta/o, possiamo somministrarlo al paziente”.

Oppure presentano un' imbarazzato silenzio quando gli si chiede se

un farmaco va somministrato al paziente a stomaco vuoto o pieno.

Potrei continuare all' infinito, a citare memorabili versetti recitati in

corsia. Sono proprio queste frasi che a noi allievi ci fanno riflettere ed

a volte critichiamo gli infermieri, anche perché basandoci sui nostri

studi universitari cerchiamo di portare un pochino di innovazione

senza mai imporre o pretendere nulla.

Ma le reazioni sono molto diverse dalla collaborazione o apprensione

che un allievo si poteva aspettare.

Infatti risposte come:”

Ecco, è arrivato lui/lei dall' università e ci vuole insegnare a noi, io

sono trent'anni che lavoro qui”, “ti credi che dopo che ti sei laureato,

di essere un' infermiere migliore di noi che siamo usciti con il

diploma?”.

Non sono le sole, anche se siamo nel 2010 tanti medici che

dovrebbero aver capito che cos' è la scienza infermieristica trattano

gli infermieri come segretari e questi, spesso, vengono richiamati

severamente se non gli viene portato all' istante un documento, senza

tenere conto che gli infermieri sono occupati ad erogare assistenza

infermieristica a qualche paziente .

Conclusa questa digressione voglio parlare proprio delle statistiche e

di come si distinguono gli errori in corsia. Alcuni studi condotti negli

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42

USA e in Australia43 hanno dimostrato che fino al 16,6 % dei pazienti

ricoverati in ospedale è colpito da un evento avverso.

Un articolo pubblicato nel 2003 sul New England Journal of

Medicine 44riporta i risultati di uno studio di coorte prospettico

condotto su pazienti ambulatoriali per valutare tassi, tipi, gravità e

prevedibilità degli eventi avversi a farmaci.

Il 39% degli eventi avversi a farmaci riportati nello studio era

prevenibile o migliorabile. In Olanda si stima che la percentuale degli

errori di terapia sia compresa tre il 12% ed il 20% del totale degli

errori.

Da uno studio condotto nel Regno Unito più di metà degli eventi

registrati risulta dovuta ad errori legati all’uso dei farmaci e ad una

gestione clinica in reparto non corretta45.

43 U.S.A: Brennan TA, Leape LL, Laird MN, et al. Incidence of adverse events and negligence in

hospitalised patients. N Engl JMed 1991; 324: 370-6. Australia: Wilson RM, Runciman WB, Gibberd

RW, et al. The quality in Australian health care study. Med J Aust 1995; 163: 458-71.

44 New England Journal of Medicine 2003

45 Woloshynowych M, Neale G, Vincet C. Adverse events in hospitalised patients: a pilot study

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43

Il collegio IPASVI in un articolo intitolato: “Professione e

responsabilità Errori professionali e profili di responsabilità degli

infermieri ” riporta statistiche che presentano numeri altissimi.

Secondo l' IPASVI, 320.000 persone ogni anno su 8 milioni di

ricoverati sono vittime di errori legati a terapie sbagliate o disservizi

strutturali; circa 35000 i decessi in seguito a manovre sbagliate,

diagnosi scorrette e ritardi negli interventi; 12000 le cause pendenti

davanti ai tribunali contro professionisti e strutture sanitarie; 10

miliardi di euro l’anno vengono sborsati a titolo di risarcimento

danni46.

Queste sono cifre altissime, ma dobbiamo comunque pensare come

abbiamo gia detto che l’esperienza negativa deve trasformarsi in

qualcosa di utile, trasformandola in qualcosa di costruttivo.

and preliminary fin-dings. Clinical Governance Bullettin, Vol. 1, N. 2 settembre 2000, pag. 2-3.

46 Professione e responsabilità Errori professionali e profili di responsabilità degli infermieri

articolo del collegio IPASVI

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44

La gestione del rischio deve partire da un' azione combinata che

coinvolge ed educa tutti gli operatori sanitari.

Solo in questo modo è possibile creare una base su cui lavorare per

abbassare il rischio clinico. Ovviamente per attuare una buona

educazione, bisogna valutare tutti i punti ed ogni dato possibile.

Ora (prendendo in considerazione l' aspetto psicologico), andiamo a

classificare secondo protocolli internazionali, gli: “episodi di rischio”

o classificazione del comportamento umano:

1. skill-based error: (assenza, mancanza di atten-

zione relativa ad azioni routinarie). Tipo di com-

portamento riscontrabile in situazioni di routine.

2. rule-based error:(non rispetto di norme, anche di

buona pratica, definite per prevenire gli errori o

ridurre gli esiti avversi).

Il problema che si pone all’individuo è di identificare la giusta norma

per ogni specifica situazione attenendosi ad un modello mentale di

tipo causale.

3. knowledge-based error: (sbagliata pianificazione dovuta a

conoscenze o esperienza inadeguata).

È la situazione che richiede il maggior impiego di conoscenze e

l’attivazione di una serie di processi mentali che dai simboli

porteranno all’elaborazione di un piano per raggiungere gli obiettivi.

L’errore può nascere ad ogni livello di comportamento, ma diverse

sono le cause: l’interpretazione errata dello stimolo a livello skill-

based, scelta di una norma non adeguata per i comportamenti

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rule-based, pianificazione di una strategia non adatta a raggiungere

gli obiettivi specifici della situazione a livello knowledge-based47.

Sulla base del modello proposto da Rasmussen, Reason48 distingue

tra errori d’esecuzione e tra azioni compiute secondo le intenzioni e

delinea così tre diverse tipologie di errore:

• errori di esecuzione che si verificano a livello di abilità (slip). In

questa categoria vengono classificate tutte le azioni eseguite in modo

diverso da come pianificato.

• errori d’esecuzione provocati da un fallimento della memoria

(laspes).

L’azione ha un risultato diverso a causa di un fallimento della

memoria.

• errori non commessi durante l’esecuzione pratica dell’azione

(mistakes).

Si tratta di errori pregressi che si sviluppano durante i processi di

pianificazione di strategie.

Possono essere di due tipi:

1. rule-based: si è scelto di applicare una regola o una procedura che

non permette il conseguimento dell’obiettivo;

2. knowledge-based: sono errori che riguardano la conoscenza che

porta a ideare percorsi che non permettono di raggiungere l’obiettivo.

È evidente che questa analisi ci richiama ad un nostro preciso ambito

47 Rasmussen, 1987; Runcinan et al., 1993.

48 James Reason: professore emerito dell'Università di Manchester dove è stato docente di

psicologia dal. 1976 al 2001.

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46

di competenza, responsabilità ed autonomia.49

La competenza, la perfetta conoscenza del proprio campo e delle leggi

proprie di ciascuna disciplina, costituisce il primo indiscutibile

obbligo morale.

In ambito sanitario l’errore dovuto a incompetenza può recare grave

danno alla salute.

Esercitare la professione infermieristica oggi richiede la necessità di

dominare un ampio orizzonte di conoscenze, di competenze e di

abilità. Il livello di competenza raggiunto richiama alla responsabilità

che l’infermiere deve/può assumere.

Il termine responsabilità include il concetto deontologico di

impegno: è responsabile chi risponde delle proprie azioni, ossia colui

che possiede la capacità, raggiungibile da parte di ogni essere umano,

di prendere coscienza delle proprie azioni e di non rinnegarle.

Nessuna persona nasce già in possesso di quel bagaglio di conoscenze 49 “L' errore umano” J.Reason, 1990

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teoriche e pratiche che lo renderanno un individuo maturo e quindi

responsabile di riconoscere i propri limiti e quindi richiedere

l’intervento di esperti.

Dal punto di vista giuridico, il richiamo al livello di competenza

raggiunto fa propria una tendenza irreversibile nell’attuale analisi

della responsabilità

professionale: la “critica al mansionismo”; il parametro prevalente

cui è rapportata l’azione professionale nelle aule di giustizia è

l’efficacia dell’azione verso il raggiungimento del risultato più che un

piano operativo definito da un preciso ed omogeneo ambito di

competenze e mansioni.

Dentro tale approccio, la conoscenza dei propri limiti risulta

indispensabile per l’infermiere che deve sviluppare capacità di

autovalutazione.50

Un’indagine condotta da nove State Boards ofNursing51 (Il Kansas

State Board of Nursing (KSBN) è l'agenzia di Stato di infermieristica

regolamentazione Kansas '.

La sua missione dichiarata è quella di "proteggere la salute pubblica,

sicurezza e benessere dei cittadini del Kansas attraverso il processo di

Licensure e regolamento.")ha permesso di identificare gli errori più

frequenti, classificati poi in una tassonomia che racchiude otto

categorie.

Le otto categorie di errori infermieristici che rappresentano un largo

50 IPASVI professione e responsabilità.

51 agenzia di Stato di infermieristica regolamentazione Kansas

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range di possibili errori e fattori contributivi o causativi sono le

seguenti:

• Mancanza di attenzione

• Mancanza di interesse fiduciario

• Giudizio inappropriato

• Mancanza di interventi nell’interesse del paziente

• Errori terapeutici

• Mancanza di prevenzione

• Sbagli o equivoci di altri operatori

• Errori di documentazione

Vediamoli brevemente52.

Per prima cosa la mancanza di attenzione è un buon esempio di una

categoria di errori particolarmente rilevante nell’assistenza

infermieristica perché la sicurezza del paziente dipende dal livello di

attenzione degli infermieri alle condizioni cliniche del paziente e alla

risposta alla terapia.

La mancanza di attenzione può essere causata da problemi a livello di

sistema quali livelli di organico insufficienti, elevato turnover,

improvvisa modifica delle condizioni dei pazienti senza incremento 52 IPASVI professione e responsabilità.

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49

dello “nursing staff”.

La mancanza di interesse fiduciario è legata al fatto che ogni

infermiere sviluppa un rapporto di fiducia con il paziente ed i

familiari che si fidano delle conoscenze, delle abilità e dell’assistenza

data.53 L’agente morale di riferimento è l’infermiera. È comunemente

riconosciuto che una buona pratica assistenziale è quella che vede le

azioni infermieristiche a difesa del paziente. Così l’agente morale si

può considerare mancante quando non persegue l’interesse del

paziente (l’infermiera non chiama il medico se i segni vitali del

paziente sono critici).54

Il giudizio inappropriato richiama alla competenza infermieristica di

identificare la natura della situazione clinica e perseguire il processo

di assistenza infermieristica utilizzando la conoscenza della

situazione clinica.

Gli errori si verificano quando ad esempio si mal interpretano segni e

sintomi del paziente.

La mancanza di interventi nell’interesse del paziente richiama al

concetto della colpa specifica di negligenza. Il venir meno del

concetto di prendersi cura delle persone affidate.

Per quanto riguarda gli errori terapeutici, si identificano sette

tipologie di errori:55

53 Benner P., Individual, Practice, and System Causes of Errors in Nursing, Jona, 2002, 32:509-

523. 54 Martini M., Aspetti medico-legali nelle scienze infermieristiche, Utet, Torino, 1992. 55 Benner P., Individual, Practice, and System Causes of Errors in Nursing, Jona, 2002, 32:509-523

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50

• Sbagliare la dose del farmaco

• Sbagliare gli orari di somministrazione sia

aumentandone che riducendone la frequenza

• Incremento di velocità di somministrazione

• Sbagliare concentrazione o dosaggio di somministrazione

• Sbagliare via di somministrazione

• Sbagliare farmaco

• Sbagliare paziente

La prevenzione del potenziale errore terapeutico è l’aspetto che

maggiormente implica il ruolo degli infermieri. L’azione

infermieristica è intermediaria tra il paziente e gli altri operatori

sanitari, infine, l’infermiera è l’ultima persona che arriva il paziente e

che può prevenire e riconoscere il potenziale errore terapeutico.

La Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizations

(è un settore privato sede negli Stati Uniti senza fini di lucro. La

Commissione mista gestisce programmi di accreditamento per un

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51

canone di abbonamento ospedali e ad altre organizzazioni di

assistenza sanitaria.

La Commissione mista accredita più di 17.000 organizzazioni

sanitarie e programmi negli Stati Uniti. )56La missione dichiarata di

questa organizzazione è: "

Per migliorare costantemente l'assistenza sanitaria per il pubblico, in

collaborazione con altri soggetti interessati, valutando le

organizzazioni sanitarie e stimolandolo a eccellere nel fornire cure

sicure ed efficaci di altissima qualità e valore”57. Perciò in base alla

loro missione hanno identificato le seguenti fonti di errori

58terapeutici:

• Farmaci con nomi simili

• Farmaci con confezione simile

• Farmaci che non sono comunemente usati o prescritti

• Farmaci di uso comune a cui alcuni pazienti sono allergici

dove impera ancora l’eccessiva variabili

• Farmaci che richiedono test per assicurare che vengano mantenuti

livelli appropriati.

La mancanza di prevenzione identifica la prevenzione di

complicanze, di errori, di minacce alla sicurezza del paziente

(prevenzione delle infezioni e delle complicanze da allettamento)

quali significativi obiettivi di una buona assistenza infermieristica.59

Per quanto riguarda gli sbagli o gli equivoci di altri operatori, questa 56 "American Society for Healthcare Engineering" 57 http://www.jointcommission.org/AboutUs/Fact_Sheets/joint_commission_facts.htm Facts

About The Joint Commission, The Joint Commission Web site 58 Ufficio di Presidenza A.N.I.N.

59 Assistenza infermieristica specialistica. Procedure, protocolli e linee guida

a cura di Ufficio di Presidenza A.N.I.N.

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52

categoria include tutti gli sbagli creati da confusione o errori di altri

operatori che producono un intervento errato.

Tipico è la prescrizione verbale del medico; inutile richiamare alla

responsabilità condivisa tra le due professioni perché, così come

richiamato dal magistrato nella sentenza della Cassazione Penale

n.60 1878/2000 dove a seguito del decesso di una paziente per una

prescrizione sostitutiva di un farmaco non corretta (verbale, errata

nel dosaggio essendo questo diverso da quello del farmaco sostituito),

ha stabilito che oltre ai precisi obblighi di garanzia del medico, nei

confronti del paziente, l’infermiere è tenuto a chiedere chiarimenti al

medico, essendo esigibile da parte dell’infermiere che l’attività di

preparazione del flacone non sia prestata in modo meccanicistico,

ma in modo collaborativo con il medico non per sindacare circa

l’efficacia ma per richiamare i dubbi avanzati circa il dosaggio in

presenza di variazione dello stesso.

60 Assistenza infermieristica specialistica. Procedure, protocolli e linee guida

a cura di Ufficio di Presidenza A.N.I.N

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53

Infine, per quanto riguarda gli errori di documentazione, l’articolo

richiama alla cancellazione di procedure e trattamenti prima che

questi siano completati; documentare azioni non effettuate (falso

ideologico in atto pubblico)61, documentare in modo erroneo e

alterare la documentazione (falso materiale in atto pubblico).

Quanto detto ci deve stimolare ad acquisire un approccio

metodologico nuovo per gestire gli errori professionali, per evitare di

nasconderli e banalizzarli ma per apprendere dall’errore. 62

Solo così gli infermieri nel loro agire quotidiano mantengono un

comportamento eticamente responsabile orientato a garantire la

miglior assistenza possibile; in secondo luogo emerge come una

buona pratica clinica ci impone di standardizzare e omogeneizzare i

comportamenti al fine di ridurre quelle aree grigie dell’assistenza

infermieristica dove impera ancora l’eccessiva variabilità

professionale: anche i codici penale e civile prevedono, tra gli

obblighi delle professioni sanitarie, quello di dominare e contribuire

61 Benci L., Manuale giuridico professionale per l’esercizio del nursing, Mc Graw-Hill, Milano, 1998. 62 Collegio IPASVI Professione e responsabilità 4 2° parte Errori professionali e profili di

responsabilità degli infermieri

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a diffondere le informazioni rispetto al proprio patrimonio

conoscitivo tra cui ad esempio i protocolli e le linee guida.

Per quanto riguarda invece gli errori basati su mancanza o minore

abilità e conoscenze, si deve fare appello all’impegno morale di ogni

singolo professionista rispetto alla manutenzione della propria

formazione e del proprio patrimonio conoscitivo oltre che definire

percorsi di accoglimento e inserimento dei neoprofessionisti.63

Ancora, tali riflessioni sono state possibili perché era disponibile una

bibliografia ampia a cui fare riferimento: come professione sanitaria

non possiamo più esimerci dal raccogliere dati, catalogarli,

classificarli, analizzarli e divulgarli. Solo così contribuiamo, oltre

che alla nostra crescita, anche al consolidamento del nostro

patrimonio disciplinare.64

63 Vanzetta M, Valicella F., Errori e assistenza infermieristica, in Management Infermieristico

2003; 3: 28-35. 64 Collegio IPASVI Professione e responsabilità 4 2° parte Errori professionali e profili di

responsabilità degli infermieri

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CAPITOLO TERZO

Farmaco e sue somministrazione

3.1. Farmaco, farmacocinetica ed i loro effetti.

Una volta che il medico ha prescritto il farmaco, il responsabile della

sua corretta somministrazione, come definito dal DM 739/9465, è l'

infermiere.

Il profilo professionale dell’infermiere, individuato dal D.M. 14

settembre 1994, n. 738 prevede, tra le altre, che l’infermiere

“garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico

terapeutiche” (cfr. art. 1, n. 3, lettera d), d.m. 739/94).

E’ opportuno sottolineare come tale funzione sia l’unica che non

viene svolta in assoluta autonomia ma è riconducibile a prescrizione

medica.

L’autonomia e la responsabilità dell’infermiere circa questa funzione

consistono nello svolgimento delle procedure e nelle valutazioni

necessarie per garantire la correttezza dell’applicazione, laddove

l’abrogato mansionario in termini del tutto diversi attribuiva

all’infermiere un ruolo (apparentemente) esecutivo; si parlava infatti

di “somministrazione dei medicinali prescritti ed esecuzione dei

seguenti trattamenti diagnostici e curativi ordinati dal medico”

65 Dal D.M. 739/94 www.ministerodella salute.gov

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56

Sono indicati in letteratura infermieristica una serie di

controlli generali da effettuarsi al fine di eliminare o ridurre al

minimo la possibilità di insorgenza di errori nel corso del processo di

somministrazione della terapia.

Questi controlli comprendono:

la registrazione della prescrizione;

la regola delle 7G.

Per registrazione della prescrizione si intende la necessità di

avere una prescrizione medica (scritta) reperibile nella cartella clinica

e/o nella cartella infermieristica. Nella prescrizione di un farmaco

devono comparire sette elementi che garantiscono un’adeguata

completezza di informazioni rispetto a ciò che si sta somministrando

e alla persona a cui lo si somministra:

1) il nome della persona; 2) la data della prescrizione; 3) il nome del farmaco; 4) il dosaggio; 5) la via di somministrazione; 6) la frequenza di assunzione; 7) la firma di chi ha prescritto la terapia.66

Con il termine "farmaco" si indica: una sostanza o un

composto che viene usato per la prevenzione, la cura o la diagnosi di

66 Pearce Evelyn, Manuale di Nursing, Utet, 1985.

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57

una determinata malattia67.

Quando somministra i farmaci, l’infermiere deve essere consapevole

che il farmaco, a causa della sua composizione chimica e della sua

azione fisiologica, può dare luogo a più effetti.

Quindi l' atto della terapia ha come scopo quello di portare all’interno

dell’organismo una sostanza curativa attraverso le diverse vie

utilizzabili affinché possa agire e dare il risultato terapeutico

desiderato.

La terapia farmacologia si basa sulla somministrazione di principi

attivi che agiscono con diversi meccanismi sul sintomo e/o sulla

causa della malattia; tali principi attivi sono in genere addizionati ad

eccipienti che ne modificano le caratteristiche organolettiche,

rendendoli il più gradevoli possibili alla persona e favorendone

l’assorbimento e la distribuzione nell’organismo.

Perché sia efficace il farmaco viene somministrato in dosi adeguate e

idonee a raggiungere determinate concentrazioni nel sangue e nei

tessuti.

Tali concentrazioni devono essere mantenute costanti nelle 24 ore

ricorrendo, se necessario, a più somministrazioni nel corso della

67 Definizione data dal sito: http://www.galenotech.org/biofarm1.htm

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giornata.68 L’infermiere non deve stabilire il dosaggio dei farmaci per

i pazienti (compito del medico), ma deve essere consapevole delle

dosi normali, nonché dei criteri per stabilirle.

Infatti la corretta somministrazione del farmaco dipende dalla

capacità dell’infermiere di calcolare e misurare accuratamente il

dosaggio.

Chi prescrive il farmaco e il paziente si affidano all’infermiere per il

controllo del dosaggio prima della somministrazione del farmaco.69

Il sistema più frequentemente usato nella misura dei farmaci è quello

metrico.

I farmaci però, non sono sempre commercializzati nell’unità di

misura in cui vengono poi prescritte.

Esempio : vancomicina 1g.

La farmacia fornisce fiale da 500 mg. Quindi: 1,0 g. corrisponde a 68 TERAPIA, FARMACI, LORO SOMMINISTRAZIONE E SMALTIMENTO Avvocato Giannantonio Barbieri su Professione Infermiere, periodico del Collegio IPASVI della Provincia di Bologna, n. 1/2006 69 “Errore clinico e gestione del farmaco: il ruolo dell’infermiere nella gestione del rischio.” Di: Francesco Falli e Massimo Cariolato.

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1000 mg. Quindi 1000mg/500mg.=2fiale.

Per quanto riguarda i bambini, essi metabolizzano ed eliminano i

farmaci in modo differente dagli adulti. Per cui sono state concepite

varie formule che riguardano il peso, l’età, superficie del corpo. Per

stabilire il dosaggio adatto ai bambini si può usare il monogramma di

West raramente usato e consiste nel calcolare:

Dose del bambino= area di superficie corporea del bambino

(mq)/1,75 mq x dose dell’adulto. Il più usato in pediatria è dose

pediatrica= superficie corporea (SC) m² x dose/m².70

Un' altro esempio di una differente metabolizzazione ed eliminazione

dei farmaci riguarda la grande popolazione rappresentata dalle

persone anziane. Infatti non esistono formule speciali per calcolare i

dosaggi dei farmaci destinati agli anziani.

Va ricordato che il metabolismo e il grado di eliminazione

nell’anziano sono molto alterati e quindi il rischio di sovra dosaggi è

molto alto.71

Dopo la somministrazione, il farmaco viene assorbito, distribuito,

metabolizzato ed eliminato. Da tali processi dipende quale

percentuale della dose somministrata raggiunge il sito d’azione. Essi

sono influenzati da diversi fattori quali l’area della superficie

corporea, il contenuto in acqua e grasso del corpo e le riserve

proteiche.

70 “Elementi di pediatria per infermieri” di Teresa De Toni

71 fattori determinanti le modificazioni nella farmacocinetica http://www.galenotech.org/farmcodin6.htm

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60

Quando si prescrivono i farmaci, come esempio gli antibiotici, lo

scopo è quello di raggiungere un livello ematico costante del farmaco

entro un range di tempo terapeutico sicuro.

Il paziente e l’infermiere devono seguire uno schema di dosaggio

regolare e le dosi prescritte vanno somministrate a intervalli corretti

(giusto orario)72. Anche la conoscenza degli intervalli temporali

relativi al farmaco è utile per prevederne gli effetti.

L' azione di un farmaco all' interno di un' organismo si divide

in quattro fasi:

4. Esordio dell’azione - periodo di tempo trascorso dopo la

somministrazione del farmaco prima che questo dia origine a

una risposta;

5. Picco dell’azione – tempo che occorre affinché il farmaco

raggiunga la sua più alta concentrazione e quindi la sua

72 Ripreso dalla regola delle 7G

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massima efficacia.

6. Durata dell’azione – arco temporale durante il quale il

farmaco è presente in concentrazione ancora sufficiente

elevata da dare luogo a una risposta;

7. Plateau – concentrazione sierica nel sangue raggiunta e

mantenuta dopo dosi ripetute e fisse.

Finito di esaminare anche la farmacocinetica, adesso prendiamo in

considerazione gli effetti che può avere un qualsiasi farmaco

introdotto nell' organismo.

Tali effetti sono suddivisi in:

EFFETTI TERAPEUTICI

L’effetto terapeutico è la risposta fisiologica, voluta o prevista,

prodotta dal farmaco. Esempio se somministro un diuretico, mi

aspetto che la diuresi oraria e totale del paziente aumenti, creando di

conseguenza un abbassamento della pressione sanguigna. Ciascun

farmaco possiede un dato effetto terapeutico per il quale viene

prescritto. Uno stesso farmaco può avere più effetti terapeutici (x es.

l’aspirina che oltre ad avere un effetto anti-aggregante, viene usata

per le nevralgie e per gli stati febbrili).

EFFETTI COLLATERALI

C' è la possibilità, inoltre che un farmaco causi effetti secondari non

voluti. Gli effetti collaterali possono essere innocui oppure dannosi .

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Se gli effetti collaterali del farmaco sono superiori ai suoi effetti

terapeutici, chi lo prescrive può decidere di far sospendere al paziente

l’assunzione.

EFFETTI TOSSICI

Dopo l’assunzione prolungata di un farmaco ad alte dosi, dopo

l’ingestione di farmaci per applicazione esterna o quando un farmaco

si accumula nel sangue a seguito di compromissione del metabolismo

o dell’eliminazione, può comparire un effetto tossico ( che può anche

portare alla morte) .

REAZIONI IDIOSINCRASICHE

I farmaci possono causare effetti imprevedibili, il paziente reagisce

eccessivamente a un farmaco o presenta reazione diversa da quella

normale. A volte è possibile prevedere quali pazienti possono

presentare una risposta idiosincrasia. Per esempio nell’anziano alcuni

tranquillanti portano ad agitazione e delirio.

REAZIONI ALLERGICHE

La reazione allergica è una risposta imprevedibile al farmaco

somministrato. L’esposizione alla dose iniziale di un farmaco può

provocare una risposta di sensibilizzazione immunologica. Il farmaco

agisce in questo caso come un antigene e induce la produzione di

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anticorpi.

In caso di somministrazione ripetuta, il paziente va incontro a una

risposta allergica verso il farmaco, verso i suoi eccipienti o verso un

suo metabolita.

La reazione allergica può essere lieve o grave. I sintomi allergici

variano secondo il paziente e il farmaco. Tra i vari farmaci gli

antibiotici hanno un’elevata incidenza di reazioni allergiche.

Le reazioni gravi, ovvero l’anafilassi (shock anafilattico), sono

caratterizzate da un’improvvisa costrizione dei muscoli bronchiolari,

da edema della laringe, da spiccati sibili, dispnea.

Può manifestarsi grave ipotensione e necessità di ricorrere a misure

di rianimazione . se un paziente conosce la sua allergia a qualche

farmaco deve segnalarlo e, ciò deve essere annotato in cartella in

apposito spazio ben evidente a tutte le persone coinvolte

nell’assistenza.

I pazienti con evidente conoscenza di allergia a un determinato

farmaco dovrebbero portare un cartellino identificativo. Solitamente

individui che sanno di andare in schok anafilattico per diversi fattori,

portano con se una siringa precaricata, simile a quelle penne per auto

somministrarsi l' insulina, ma carica di adrenalina.

TOLLERANZA E DIPENDENZA DA FARMACI

La tolleranza ai farmaci si verifica quando il paziente assume lo

stesso farmaco per un lungo periodo di tempo e necessita di dosi più

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alte per ottenere lo stesso effetto. Con il trascorrere del tempo il

paziente che usa sempre lo stesso farmaco va incontro a tolleranza

(esempio della morfina, un antidolorifico oppiaceo). La dipendenza

da farmaci invece può essere psicologica o fisiologica.

1) psicologica: avviene quando il paziente desidera il farmaco

perché pensa di trarne beneficio.

2) Fisiologica: invece avviene quando il paziente presenta

reazioni negative se non assume il farmaco (astinenza) .

INTERAZIONE FRA FARMACI

Quando un farmaco modifica l’azione di un altro farmaco si verifica

un’interazione tra farmaci. Le interazioni sono frequenti nei pazienti

che assumono più farmaci. Un farmaco può potenziare o diminuire

l’azione di un altro farmaco, può alterare le modalità di

metabolizzazione o eliminazione. Due farmaci se somministrati

simultaneamente possono avere un effetto sinergico o additivo.

Nella reazione sinergica l’azione dei due farmaci è maggiore rispetto

all’assunzione separata (alcool più antidepressivi). A volte l’effetto

sinergico è voluto dal medico (diuretici e vasodilatatori).

3.2. Assorbimento e vie di somministrazione (pregi e

difetti).

La via di somministrazione scelta per un farmaco dipende dalle sue

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proprietà, dall’effetto desiderato e dalle condizioni fisiche e mentali

del paziente.

L’infermiere è la persona più adatta per giudicare quale sia la via

migliore e preferita dal paziente.

Le vie di somministrazione sono: orale (boccale sottolinguale),

sottocutanea, intramuscolo ed endovena. Si può somministrare

farmaci attraverso la cute ( topica o transdermica). Si possono

somministrati attraverso le mucose (naso, occhi, vagina, retto ecc.),

oppure per via inalatoria (aerosol,nebulizzatori).

Solitamente la via di somministrazione più pratica e comoda è quella

orale (capsule, compresse, confetti, sciroppi, emulsioni, sospensioni,

soluzioni) che richiede soltanto la disponibilità del paziente. Non

mancano tuttavia possibili inconvenienti.

Alcuni farmaci, spesso di uso molto comune, determinano irritazioni

della mucosa gastrointestinale: i salicitati (aspirina®), ad esempio, a

dosi elevate, possono aumentare i sintomi di un'ulcera, provocare

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emorragie gastrointestinali e gastriti erosive; altri farmaci non

possono essere assunti per via orale in quanto verrebbero inattivati o

distrutti dagli enzimi del succo gastrico e/o dalla forte acidità (per

esempio l' insulina che essendo una proteina verrebbe smantellata

dagli enzimi gastrici); altri ancora, infine, non sono assorbibili dalla

mucosa gastro-intestinale.

Infatti, la maggior parte dei farmaci vengono assorbiti dalla mucosa

gastrointestinale per semplice diffusione, però questo processo è

ampiamente legato allo stato elettrico delle molecole dei farmaci

introdotti, a sua volta notevolmente influenzato dal succo gastrico.

Per esempio, la chinidina, molto usata nella terapia delle aritmie

cardiache, nell'ambiente acido dello stomaco assume una forte carica

elettrica che ne riduce sensibilmente l'assorbimento73; il farmaco sarà

assorbito e potrà svolgere la sua azione terapeutica solo quando

entrerà in circolo transitando per l'intestino.

Ora passiamo ad elaborare una ad una le vie di accesso di un farmaco

nell' organismo:

assorbimento gastrointestinale: il fatto che la velocità di

assorbimento attraverso la mucosa gastrointestinale dipenda dal

tempo di dissoluzione delle compresse (o delle altre forme

farmaceutiche solide utilizzare nella somministrazione orale dei

farmaci), ha consentito di realizzare preparazioni ad azione

73 www.galenotech.org/biofarm1.htm

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prolungata che consentono un lento ed uniforme assorbimento delle

sostanze attive per periodi di otto e più ore, con intuitivi vantaggi non

solo verso il paziente ma anche per l' infermiere, come :

somministrazioni distanziate nel tempo ed eliminazione degli

inconvenienti sempre possibili quando un farmaco raggiunge troppo

rapidamente un'alta concentrazione nell'organismo.

assorbimento per via cutanea: la somministrazione per via

cutanea è indicata per azioni locali; comunque, il controllo

dell'assorbimento attraverso gli strati più interni della pelle, permette

di ottenere anche effetti sistemici

via iniettiva: la somministrazione di farmaci per via iniettiva

(endovenosa, sottocutanea, intramuscolare, flebo, ecc.) presenta,

rispetto a quella orale, alcuni vantaggi fondamentali. Innanzitutto, il

farmaco iniettato evita il filtro epatico (passaggio obbligato dopo

l'assorbimento gastrointestinale) dove può subire trasformazioni tali

che lo possono inattivare. Inoltre, il dosaggio può essere stabilito più

accuratamente, ottenendo effetti terapeutici più rapidi e controllabili;

infine, le vie iniettive costituiscono l'unica alternativa possibile

quando il paziente non vuole o non può assumere farmaci per via

orale.

Le vie iniettive presentano tuttavia svantaggi notevoli che non

devono essere trascurati.

Le iniezioni endovenose, pur permettendo dosaggi accuratissimi ed

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effetti immediati, possono dare, più di qualsiasi altra via di

somministrazione, reazioni sfavorevoli ed imprevedibili.

Per questo, la somministrazione di farmaci per via endovenosa deve

essere evitata a meno che vi siano motivi particolari per preferirla,

come ad esempio nell'anestesia chirurgica, dove le sostanze iniettate

devono essere accuratamente dosate e la somministrazione avviene

nel corso dell'intervento in funzione della risposta del paziente;

oppure quando è necessaria la somministrazione di volumi elevati di

farmaco (fleboclisi).

Le iniezioni sottocutanee sono spesso utilizzate per la

somministrazione di farmaci e garantiscono un assorbimento

abbastanza uniforme, ma la via parenterale più frequente è

indubbiamente quella intramuscolare che consente un rapido

assorbimento dei farmaci in soluzione acquosa; d'altra parte, quando

i farmaci sono in soluzione oleosa o in particolari forme deposito,

possono essere ottenuti assorbimenti lenti ed uniformi.

via rettale: la somministrazione per via rettale offre buone

possibilità alternative quando il paziente non può utilizzare la via

orale; tuttavia, l'assorbimento rettale dei farmaci è spesso troppo

irregolare ed incompleto per garantire una adeguata affidabilità

quando la terapia esige regolarità ed accuratezza nei dosaggi.

via inalatoria: la grande superficie di assorbimento sviluppata dal

letto vasale polmonare costituisce un'ottima sede per i rapido

assorbimento dei farmaci allo stato gassoso o per soluzioni

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atomizzate di farmaci che possono essere inalate come aerosol ed

entrare facilmente in circolo, oppure per svolgere la loro azione

localmente, come avviene per l'epinefrina nel trattamento dell'asma

bronchiale.

Gli svantaggi di questa via di somministrazione sono tuttavia

rilevanti, essenzialmente per l'azione irritante di molti farmaci sugli

epiteli polmonari.

Ecco di seguito una tabella riassuntiva dove vengono menzionati tutti

i pregi e difetti dal punto di vista infermieristico delle varie vie di

somministrazione dei farmaci.

Tabella riassuntiva74

Via di somministrazione Svantaggi

/controindicazioni/accorgiment

i

Orale/ boccale/

sottolinguale

Facile e comoda da

somministrare, economica,

può provocare effetti locali o

sistemici.

Evitare di usarla nei pazienti con

alterazioni della funzione

gastrointestinale (per esempio,

nausea, vomito) riduzione della

motilità (dopo anestesia o

infiammazione dell’intestino) e

resezione gastrointestinale

chirurgica. Alcuni farmaci vengono

74 Tabella elaborata e modificata su base della tabella riportata sul sito

http://www.galenotech.org/biofarm1.htm

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distrutti dalle secrezioni gastriche,

pazienti con difficoltà a deglutire

disfagia, i farmaci per os non possono

essere somministrati a pazienti in

aspirazione gastrica e sono

controindicati prima di taluni esami o

dell’intervento chirurgico. Il paziente

confuso o privo di coscienza può non

volere o non essere capace di

inghiottire il farmaco o di tenerlo

sotto la lingua. I farmaci orali

possono irritare il rivestimento del

tratto gastrointestinale, cambiare

colore ai denti o avere un gusto

sgradevole.

Via sottocutanea (s.c.),

intramuscolare (i.m.),

endovenosa (e.v.) e

intradermica .Si ha un

assorbimento più rapido

rispetto alla via orale o topica.

L’infusione e.v. è utile in

situazioni critiche. Se la

perfusione periferica è scarsa

Rischio di infezioni, farmaci costosi:

queste vie si evitano in pazienti con

tendenza a sanguinare.

Rischio di danno tissutale con le

iniezioni s.c.

Le vie i.m. ed e.v. possono essere

pericolose perché l’assorbimento del

farmaco è rapido. Possono indurre

nei pazienti ansia.

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la via e.v. viene preferita a

quella i.m.

Cute : topica e transdermica.

L’applicazione topica procura

principalmente un effetto

locale. È indolore, gli effetti

collaterali sono limitati. La

transdermica fornisce un

prolungato effetto sistemico

con limitati effetti collaterali.

Le applicazioni estese possono

essere voluminose, i pazienti con

abrasioni cutanee corrono il rischio di

rapido assorbimento del farmaco e di

effetti sistemici.

La transdermica la scia una sostanza

oleosa

Mucose : occhi, naso, vagina,

retto, boccale e sottolinguale

Le soluzioni acquose si

assorbono con molta facilità e

sono in grado di provocare

effetti sistemici. Le mucose

sono un alternativa se vi sono

controindicazioni orali.

Dalle mucose le sostanze vengono

assorbite rapidamente (sono molto

irrorate di capillari)

L’introduzione per via rettale o

vaginale a volte è fonte di disagio.

Vi sono controindicazioni in casi di

interventi chirurgici rettali o vaginali,

Inalazione: l’inalazione

assicura un rapido sollievo ai

problemi respiratori locali.

Rapido accesso di gas

anestetici.

Alcune sostanze a uso locale

provocano gravi effetti sistemici e

locali. (irritazione polmonare).

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72

Dischi intraoculari. Non

necessita di frequenti

somministrazioni(come i

colliri), si può portare mentre

si dorme.

Reazioni locali (lacrimazione ecc)

Ansia per il paziente.

3.3 La terapia.

Abbiamo approfondito gli aspetti principali che l' infermiere deve

conoscere per effettuare una corretta somministrazione dei farmaci;

ora andiamo ad esaminare il vero e proprio atto della

somministrazione del

farmaco.

L' infermiere per portare a termine correttamente il suo compito di

somministrazione della terapia deve ricordarsi un metodo semplice e

specifico che facilita di netto questa funzione molto delicata, ed è la

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famosa e sopracitata regola delle 7G:

1 Giusto farmaco: il farmaco che si sta somministrando deve

essere quello effettivamente prescritto.

2 Giusta dose: il farmaco deve essere somministrato nella dose

prescritta.

3 Giusta via di somministrazione: il farmaco deve essere

somministrato per la via prescritta

4 Giusto orario: il farmaco deve essere somministrato con la

frequenza prescritta e all' ora indicata dai protocolli in uso.

5 Giusto Paziente: il farmaco deve essere somministrato alla

persona alla quale è stato prescritto

6 Giusta registrazione: si registra nella documentazione clinica

dell' avvenuta somministrazione ( o non avvenuta con le

relative motivazioni)

7 Giusto controllo: sia su tutte le fasi di gestione della terapia,

ovvero dalla lettura della prescrizione alla somministrazione,

sia in merito all' esecuzione di eventuali controlli successivi

(per esempio, la rilevazione della pressione arteriosa nel caso

di somministrazione di un anti ipertensivo).75

Perciò l'infermiere trascrive la prescrizione sulla scheda della

somministrazione di farmaci (Meglio sarebbe se il medico scrivesse

direttamente la somministrazione del farmaco con le indicazioni sulla

75 Tratto da: “responsabilità infermieristiche nella somministrazione dei farmaci

capitolo 1 pag 3

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74

scheda della terapia del paziente ).da un punto di vista giuridico l’atto

della somministrazione si distingue in due momenti:

1) L’atto della prescrizione, di competenza medica,

2) L’atto della somministrazione di competenza

infermieristica.

Se questi due momenti vengono tenuti distinti, l’infermiere

risponderà solo degli errori legati alla somministrazione.

La trascrizione della prescrizione comprende; nome e cognome del

paziente, numero di stanza e letto, la data di inizio e fine della

terapia, nome e dosaggio del farmaco, orario e via di

somministrazione.

L’infermiere deve somministrare terapie prescritte dal medico e

controllare se è scritto il dosaggio e se è presente la firma del medico

prescrivente.

Se manca anche solo una di questi due fattori andate dal medico per

chiarire oppure rifiutatevi di fare la terapia.

Comunque non è così semplice, per questa fase di ricezione della

prescrizione, esistono diversi punti che l' infermiere deve osservare

per garantire una successiva somministrazione del farmaco in

maniera idonea.

Andiamoli ad esaminare:

1. per ogni farmaco che l’infermiere somministra è necessaria

una prescrizione farmaceutica.

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2. controllare con attenzione tutte le prescrizioni trascritte,

confrontandole con quelle di chi ha prescritto il farmaco.

Qualsiasi trascrizione macchiata illeggibile va nuovamente

controllata con il prescrivente.

3. assicurarsi che la prescrizione contenga i seguenti elementi: la

data in cui è stata scritta, il nome e il dosaggio del farmaco da

somministrare , la via di somministrazione e la firma di chi ha

prescritto il farmaco.

4. valutare l’anamnesi di allergia del paziente. Se il farmaco è

controindicato, avvisare chi lo ha prescritto.

5. occorre conoscere dei farmaci l’azione e lo scopo, il dosaggio e

via di somministrazione indicata, intervallo di tempo prima

della comparsa dell’azione, effetti collaterali e implicazioni

relative alla somministrazione e al controllo richiesto

all’infermiere .

6. somministrare il farmaco negli orari stabiliti in base al

frazionamento della posologia.

La premedicazione prima dell’intervento va somministrata entro

un tempo specifico. L’insulina va somministrata a distanza

opportuna prima del pasto.

7. la prescrizione verbale consiste in un farmaco o in una

prescrizione terapeutica ricevuti dall’infermiere in presenza di

chi prescrive il farmaco. Vanno comunque riportate in cartella

con il nome di chi le ha prescritte.

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76

3.4. La terapia orale

Specificamente, dato che l' obbiettivo della mia tesi è quello di creare

un vademecum farmaceutico per abbassare il rischio clinico nella

somministrazione dei farmaci per via orale, descriverò il modo

corretto per garantire al paziente una corretta assunzione del

farmaco.

Tenendo conto anche delle specifiche linee guida.

Con somministrazione per via orale si intende: l’assunzione per bocca

e la successiva deglutizione di un farmaco.

Questa modalità di somministrazione richiede normalmente che il

paziente sia cosciente, collaborante e con riflesso della deglutizione

presente.

I farmaci impiegati si presentano sotto forma solida (compresse,

capsule, confetti, polveri ecc.) o fluida (sciroppi, gocce, gel ecc.)

L’assorbimento del farmaco somministrato per via orale è molto

variabile in quanto dipende da quattro punti fondamentali:

1) proprietà fisiche e chimiche del farmaco;

2) velocità di svuotamento gastrico (è maggiore con il paziente in

posizione laterale dx);

3) variazioni del ph nelle varie porzioni del tratto digerente;

4) irrorazione ematica della superficie d’assorbimento.

In particolare, a livello gastrico l’assorbimento è influenzato dalla

presenza di cibo nello stomaco (migliore quando è vuoto ma allo

stesso tempo più pericoloso per la possibile irritazione della

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parete dello stomaco), mentre a livello intestinale è influenzato

dalla velocità di transito (migliore quando il transito non è

accelerato, se il paziente presenta diarrea ricordiamoci che il

transito è accelerato).la somministrazione per via orale può avere

effetti gastrointestinali indesiderati come nausea, vomito ,

irritazione gastrica che può causare anche ulcere.

L’infermiere deve controllare la capacità del paziente di deglutire

in condizioni di sicurezza:

Valutazione della capacità del paziente di deglutire.

• Chiedere al paziente di ripetere alcuni suoni che richiedono gli

stessi movimenti muscolari della deglutizione: “mi-mi-mi-(per

le labbra) ; “le-le-le” (per la lingua); “ga-ga-ga” (per il palato

molle e la faringe).

• Valutare il riflesso della deglutizione inducendo il paziente a

far scivolare la lingua all’indietro lungo il palato.

• Sistemare pollice e indice sulla laringe del paziente e

chiedergli di deglutire: in condizioni normali la laringe si

eleva.

Allutazione della tosse del paziente

Fare due respiri lenti e profondi inspirando attraverso il naso ed

espirando attraverso la bocca.

Inspirare per una terza volta e trattenere il fiato contando fino a

tre. Tossire con forza per due o tre volte consecutive senza

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inspirare tra un colpo di tosse e l’altro (in questa fase bisogna far

uscire tutta l’aria dai polmoni).

Valutazione del riflesso faringeo del paziente

• Valutare il riflesso faringeo colpendo la parete posteriore

della faringe con un abbassalingua.

• Non ricercare mai il riflesso faringeo ij un paziente con

tosse o deglutizione compromesse.

Per proteggere le vie aeree controllare che il paziente presenti

tutti e tre i riflessi: faringeo, della deglutizione e della tosse. Tutto

questo è documentato da linee guida create specificamente per

valutare le funzioni sensoriali di un paziente.

LINEE GUIDA

1. Valutare le funzioni sensoriali del paziente, compresa la vista,

l’udito, tatto, e la coordinazione fisica. I deficit sensoriali e

della coordinazione possono compromettere, infatti, la

capacità del paziente di vedere i farmaci, di aprire i flaconi e di

leggere le etichette.

2. Spesso il paziente assume per bocca più di un farmaco

contemporaneamente. L’infermiere deve valutare le potenziali

interazioni di ciascun farmaco con il cibo o altri farmaci. Se

sorge qualche dubbio, consultarsi sempre con il farmacista.

3. Valutare quali farmaci possono essere assunti con il cibo;

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alcuni infatti vanno assunti a stomaco vuoto per potenziarne

l’assorbimento;altri invece possono irritare il rivestimento

gastrico e vanno sempre assunti assieme al cibo.

4. Per ogni farmaco per bocca o per via topica raccogliere le

informazioni che riguardano: azione, scopo, dosaggio normale

e via di somministrazione, effetti collaterali frequenti, tempo

di comparsa dell’effetto ed effetto massimo, implicazioni per

l’assistenza infermieristica.

5. Per ogni farmaco somministrato per bocca o per via topica

rivedere nella prescrizione il nome del paziente, quello del

farmaco, la sua concentrazione, il momento della

somministrazione e la zona di applicazione.

6. Prima di applicare un farmaco topico, lavare qualsiasi

superficie che possa essere contaminata da sangue, liquidi

corporei, secreti o escreti.

7. Usare guanti puliti monouso quando si applicano i farmaci

topici per prevenire il rischio che la cute dell’infermiere li

assorba. (Non solo con il rischio dello stesso di creare una

sensibilizzazione al farmaco: ma assorbendo una parte del

principio attivo, il paziente assorbirà il farmaco con una dose

sbagliata).

8. Seguire i consigli della casa farmaceutica produttrice per

applicare correttamente il farmaco.

9. Quando si usano farmaci topici, controllare prima della

somministrazione le allergie del paziente, in particolare ai

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conservanti e ai profumi.

10. Se il paziente è mentalmente e fisicamente capace, prepararlo

alla dimissione istruendolo sulle tecniche di auto

somministrazione.

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CAPITOLO QUARTO

Governo clinico e clinical pathways

4.1 Il Governo clinico.

“Il governo clinico non è né un’innovazione né un déjà vu”.76

Cos' è il governo clinico? Per Governo Clinico si intende un

“approccio integrato per l’ammodernamento del SSN, che pone al

centro della programmazione e gestione dei servizi sanitari i bisogni

dei cittadini e valorizza il ruolo e la responsabilità dei medici e degli

altri operatori sanitari per la promozione della qualità”77.

In altre parole il governo clinico rappresenta una politica sanitaria

che mette al centro della propria attenzione l’efficacia e

l’appropriatezza clinica delle prestazioni, creando le condizioni

necessarie per fare in modo che la valutazione della qualità di queste

ultime diventi parte integrante dell’attività istituzionale dei servizi e

non, com’è stato solitamente, un fatto occasionale, episodico e

volontaristico. 76 Frase di Roberto Grillo direttore asl

77 Definizione del ministero della salute

http://www.salute.gov.it/qualita/paginaInternaQualita.jsp?id=232&

menu=qualita

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82

Potremmo pensare che questa definizione sia stata coniata ai giorni

nostri; per porre rimedio ad un' idea generale formatasi nella mente

delle persone che ormai negli ospedali, non si pensi più a curare la

salute dei pazienti, ma piuttosto, a far quadrare un bilancio

economico.

Infatti, ho notato che sempre più pazienti, parlando con loro in

corsia, ascoltando le loro storie e raccogliendo le loro critiche, sono al

corrente della situazione economica negli ospedali, cercando di

rivolgersi di conseguenza (almeno ché non siamo costretti a rimanere

vicino ai familiari), alle ASL che non sono in “rosso” (come l' ASL

ligure)78.

I pazienti hanno l' enorme paura che nelle ASL in deficit, medici ed

infermieri, abbiano a propria disposizione per risparmiare, materiale

scadente per diagnosticare e curare malattie. Oppure che non

ricevano un adeguato livello di assistenza.

Forse tutto questo è anche nato dal fatto che le cose sono cambiate: i

pazienti di oggi, per la maggior parte anziani, erano abituati ad un

sistema di erogazione di assistenza sanitaria diverso, la mutua,

ovvero: dove le spese delle prestazioni sanitarie, da parte delle

vecchie USL (unità sanitaria locale), venivano pagate non dallo stato,

ma dalla classe di lavoratori e quindi, venivano fornite prestazioni

qualitativamente migliori79.

78 Dato elaborato dallo studio e visione dei grafici Istat sul debito delle Asl.

79 “Argomenti di economia per le professioni sanitarie” di: Marinella D’Innocenzo, Stefano

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Parlando di USL, un' altra fonte di preoccupazione che ha portato le

persone, ( allo stesso tempo i pazienti), a consolidare nella loro mente

l' ideologia sopracitata, è stato proprio il successivo cambiamento del

nome USL, con il d.lg. 502/92 in aziende sanitarie locali (ASL)80. Il

termine “Azienda”, potrebbe far intuire alla gente che non ci si stà

più rivolgendo ad una struttura sanitaria, incentrata sui bisogni della

persona, dove un futuro paziente potrà trovare qualità sia nei più

semplici strumenti diagnostici; ma anche nei processi assistenziali.

Ma che si rivolga ad una azienda vera e propria, dove uno degli

obiettivi fondamentali è arrivare a fine anno, presentando un bilancio

positivo, applicando la regola economica che con il minimo spreco di

risorse (denaro), bisogna erogare il massimo delle prestazioni. Ed

anche il vecchio “paziente” che una volta era ricoverato in reparto ora

viene chiamato “utente” o “cliente”81.

In realtà gia più di un secolo fa, Florence Nightingale indicava, con

una consapevolezza che all’epoca non era certamente di molti, questa

affermazione:

“It may seem a strange principle to enunciate as the very

first requirement in a hospital that it should do the sick no

harm”.82

Trippetti casa editrice Mc grow-hill

80 DECRETO LEGISLATIVO 30 dicembre 1992, n.502

81 “Argomenti di economia per le professioni sanitarie” di: Marinella D’Innocenzo, Stefano Trippetti casa editrice Mc grow-hill 82 Florence Nightingale, Notes on Hospitals (1863).

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Tradotto letteralmente significa: “Può sembrare strano un principio

di enunciare l'esigenza prima in un ospedale che deve fare i malati

del male”.

Già in quell’epoca la Nightingale reclamava la necessità di garantire

ai pazienti di non trovarsi a dover soffrire per le indesiderate

conseguenze dell’assistenza loro prestata, in aggiunta a quelle dovute

alla loro malattia.

L’affermazione della Nightingale indica il problema, oggi quanto mai

al centro dell’attenzione, della “gestione del rischio”. Ovvero come

garantire la sicurezza dei pazienti all’interno di contesti

inevitabilmente “pericolosi” quali possono essere gli ambiti

assistenziali83.

Mai come ora queste affermazioni ritrovano un riscontro in questa

realtà moderna dove, ricollegandoci alle precedenti affermazioni,

l’attenzione principale dei sistemi sanitari sembra essere concentrata

principalmente sulla necessità di contenere i costi operando sugli

assetti gestionali e organizzativi, con l’esplicito intento di recuperare

margini di efficienza operativa.

Via via stà cambiando ideologia basandosi sulla consapevolezza che

l’efficacia clinica delle prestazioni e l’appropriatezza del loro utilizzo

nella pratica, debbano rappresentare un interesse primario.

Si è visto, infatti, come fosse trascurata una dimensione

assolutamente rilevante ed essenziale della qualità dell’assistenza,

83 Marco Rossi, infermiere affermazione elaborata dal suo articolo sulla rivista on-line Infermieri ...Scoperte Scientifiche e ?Infermieristica e scoperte in campo medico

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vale a dire, la capacità dei servizi e degli operatori di mantenere

performance professionali su standard accettabili in termini di

risultati clinici ottenuti e di appropriatezza nell’uso degli interventi.

Ed è per questo che si presta maggiore attenzione a come realmente

vengono assistiti i pazienti, attenzione che nel mondo anglosassone

viene definita “clinical governance”, sottolineando, in questo modo,

l’importanza della funzione clinico-assistenziale dell’attività dei

servizi, e quindi delle diverse figure professionali che ne sono

responsabili direttamente.

La qualità non può essere promossa attraverso l’applicazione di

norme o sanzioni; può fondarsi solo su un patto con i professionisti

sanitari che li veda protagonisti e responsabili delle azioni ma anche

della definizione delle strategie e della valutazione dei risultati.

Il termine governo clinico compare per la prima volta in un

documento inglese intitolato “ A first class service84 : Quality in the

new national healt service “, in cui viene introdotto il concetto di

“clinical governance”, ovvero di un contesto in cui i servizi sanitari si

rendono responsabili del miglioramento continuo della qualità

dell’assistenza e mantengono elevati livelli di prestazioni creando un

ambiente che favorisce l’espressione dell’eccellenza clinica nel limite

delle risorse disponibili.

84 da “A first Class Service”, 1998 di Donalds

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Nel particolare Donaldson85 lo definisce: “ “il sistema attraverso il

quale le organizzazioni sanitarie si rendono responsabili per il

miglioramento continuo dei loro servizi e garantiscono elevati

standards di performance assistenziale, assicurando le condizioni

ottimali nelle quali viene favorita l’eccellenza clinica”. D.B.

Freedman86 ci fornisce un' altra definizione di governo clinico: “può

essere considerato un cambiamento generale della cultura del

sistema che fornisce i mezzi per lo sviluppo delle capacità

organizzative necessarie a erogare un servizio di assistenza

sostenibile, responsabile, centrato sui pazienti e di qualità”.87

85 Donaldson: Chief Medical Officeron.

86 D.B. Freedman

87 D.B. Freedman dall' articolo “analisi e condivisione delle esperienze di governo clinico”

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L’OMS (organizzazione mondiale della sanità) “The principles of

quality assurance” del 1983 divide la qualità in 4 aspetti principali:

• qualità tecnica dei professionisti

• uso delle risorse - efficienza

• gestione del rischio

• soddisfazione dei pazienti88

.Cioè parlare di governo clinico oggi, si intende assicurare la

qualità,efficacia, sicurezza, centralità del paziente, tempestività,

efficienza delle prestazioni.

Per erogare i migliori risultati possibili in salute e l’uso efficiente

delle risorse, vengono impiegate metodologie e strumenti quali:

1)Formazione continua

2)le linee guida ed i profili di assistenza basati su prove di efficacia,

3)la gestione del rischio clinico,

4)Audit clinici

5)Medicina basata sull’Evidenza: EBM, EBHC e EBN

6)Gestione dei Reclami e dei contenziosi

7) Comunicazione e gestione della documentazione.

8) Ricerca e sviluppo

9)Esiti

10)Collaborazione multidisciplinare

www.salute.gov.it

88 ripreso dall' articolo dell' OMS “The principles of quality assurance”

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11)Coinvolgimento dei pazienti

12)Valutazione del personale89

Tutto ciò costruito a partire dalla cartella clinica integrata

informatizzata, la valorizzazione del personale e la relativa

formazione, la integrazione disciplinare e multiprofessionale, la

valutazione sistematica delle performance per introdurre innovazioni

appropriate ed con il coinvolgimento di tutti i soggetti, compresi i

volontari e la comunità.

In questa ottica, il ministro della Salute Livia Turco, in una audizione

alla Camera dei Deputati del 23 gennaio 200790, parla del Governo

clinico come di “un importante elemento che può contribuire ad

integrare una serie di elementi e questioni ormai giunte a

maturazione:

• l’esigenza di assicurare omogeneità, per qualità e quantità,

nonché per requisiti minimi di sicurezza e garanzie di efficacia,

alle prestazioni erogate su tutto il territorio nazionale;

• la necessità di passare speditamente a percorsi diagnostico-

terapeutico-assistenziali costruiti sulla appropriatezza e sulla

centralità del paziente;

• il dovere di procedere con rapidità all’innalzamento dei livelli

di sicurezza delle prestazioni attraverso la introduzione di

tecnologie di prevenzione del rischio di malpractice;

89 Piano d’indirizzo per la Riabilitazione del Ministero della salute 90 "Governo clinico, qualità e sicurezza delle cure” del Ministero della Salute

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• l’urgenza di cominciare a costruire il secondo pilastro della

sanità pubblica, quello della medicina del territorio, a partire

dalla riorganizzazione e promozione delle cure primarie e della

integrazione socio-sanitaria, con particolare riferimento alla

presa in carico e alla continuità della assistenza nell’arco delle

24 ore e sette giorni su sette;

• la opportunità di aprire il sistema, nella sua interezza, alla

cultura della valutazione, puntando con decisione sulla

utilizzazione di indicatori di esito e valutazione in termini di

obiettivi di salute conseguiti, più che di mera sommatoria di

prestazioni erogate;

• l’esigenza di aumentare la trasparenza del sistema, a

cominciare dalla rivalutazione del merito professionale, e dalla

ridefinizione delle norme sul reclutamento della dirigenza e

sulla progressione delle carriere. Si tratta di una condizione

imprescindibile per assicurare alla sanità pubblica le migliori

competenze, rilanciare le politiche del personale, incidere sul

rapporto perverso tra sanità e cattiva politica, ridare fiducia ai

cittadini;

• l’urgenza di dare effettività alla tanto declamata centralità del

paziente, nella consapevolezza che il sistema è chiamato ad un

impegno che va la di la della corretta informazione nei suoi

confronti.”91

91 ripreso dal ministero della salute http://www.salute.gov.it/qualita/

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90

Per ottenere i risultati desiderati, occorre che le capacità tecnico-

cliniche siano adeguatamente supportate da un ambiente funzionale

al raggiungimento degli obiettivi clinici dei servizi.

Si tratta di un impegno multidisciplinare, che deve trovare la clinica,

sia tra chi nei servizi ha responsabilità cliniche e chi ha in

collaborazione sia tra operatori clinici, sia tra chi nei servizi ha

responsabilità cliniche e chi ha invece responsabilità organizzative e

manageriali.

E’ proprio in questa specifica connotazione culturale che le linee

guida possono trovare nel governo clinico il contesto

idoneo alla realizzazione delle loro potenzialità come strumenti per la

promozione dell’efficacia e dell’appropriatezza clinica.

Per essere utilizzate come strumento di valutazione della qualità delle

prestazioni erogate, le linee guida devono poter fornire indicatori

misurabili degli aspetti rilevanti e critici dei processi assistenziali.

A tal fine, devono presentare specifiche caratteristiche e requisiti:

devono essere valide dal punto di vista scientifico, condivise dai

destinatari ed esplicitamente orientate ad affrontare problemi

assistenziali nel loro insieme.

Proprio perché il governo clinico ha come obiettivo il miglioramento

della qualità dell’assistenza, non si può, in questo caso, non parlare

dell’uso delle informazioni scientifiche92 come riferimento per le

92 Evidence-based medicine dall' articolo di Marco Rossi

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decisioni cliniche, al fine di orientarle verso una maggiore efficacia ed

appropriatezza clinica.

Tuttavia il governo clinico non si limita solo ad applicare

praticamente i principi dell’ ”Evidence-Based Medicine”, ma fa in

modo che il riferimento alle informazioni scientifiche disponibili

diventi parte integrante delle modalità operative dell’intera

organizzazione.

L' Evidence-Based Medicine ( EBM) è un movimento culturale che si

è progressivamente diffuso a livello internazionale, favorito da alcuni

fenomeni che hanno contribuito ad una crisi dei modelli tradizionali

della medicina.93

E’ in questo contesto che s’inserisce il principio di “imparare

dall’esperienza”94, il quale implica non solo un’analisi dei processi

assistenziali sulla base delle evidenze scientifiche nell’ambito della

valutazione dell’efficacia degli interventi sanitari, ma implica anche

93 Definizione del GIMBE: grupo Italiano per la medicina basata sulle evidenze. 94 Articolo Marco Rossi su: Infermieri ...Scoperte Scientifiche e ? Infermieristica e

scoperte in campo medico

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l’adozione di meccanismi e strumenti d’identificazione ed analisi

degli errori e delle loro cause, attraverso una politica di sorveglianza

per identificare quei fattori che inducono a commettere errori.

Imparare dalle esperienze significa anche porsi nella condizione di

poter apprendere da quelle altrui, mediante una comparazione tra le

prestazioni erogate da team di operatori e da servizi così da

raggiungere migliori risultati clinici.

E’ proprio in questo contesto che possiamo introdurre il concetto di

“responsabilizzazione”, verso la qualità come dovere istituzionale, che

il governo clinico richiede ai professionisti.

Parlare di responsabilizzazione significa: “porsi l’obiettivo di una

buona qualità dell’assistenza nei confronti del sistema all’interno del

quale si opera, non come generico compito professionale del singolo

operatore, ma come impegno dei team nel loro insieme, attraverso la

scelta responsabile di sottoporsi a forme di controllo e monitoraggio

delle proprie prestazioni secondo principi di valutazione

professionalmente condivisi.”95

Infine, un altro importante aspetto che caratterizza il concetto di

“governo della pratica clinica” è quello della partecipazione: un

processo di condivisione e partecipazione attiva degli utenti

all’attività dei servizi corrisponde non solo a un generico diritto del

paziente, ma soprattutto ad una delle condizioni necessarie per il

raggiungimento degli obiettivi clinici desiderati.

95 Definizione data da Marco Rossi

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Partecipazione dell’utenza significa, in concreto avviare una politica

di comunicazione e informazione con il pubblico, affinché migliori la

consapevolezza rispetto a quanto può aspettarsi dagli interventi

sanitari disponibili e dalla tipologia di offerta dei servizi; significa

anche migliore comunicazione con il paziente per una maggiore

collaborazione con gli operatori; significa, infine, mettere il paziente

in grado di operare delle scelte, laddove varie opzioni diagnostico-

terapeutiche siano possibili e il problema sia trovare quella più adatta

alle esigenze e alle preferenze del singolo.

Come definito dal ministero della salute Le linee guida vengono

definite dall’Institute of Medicine che (IOM) che “è

un'organizzazione indipendente senza scopo di lucro che opera al di

fuori del governo o di enti pubblici.” 96“raccomandazioni, elaborate

in modo sistematico, con lo scopo di supportare ed orientare medici

e pazienti nelle decisioni concernenti le modalità assistenziali più

appropriate in specifiche situazioni cliniche”.97

Esse rappresentano uno strumento essenziale del governo clinico

finalizzato alla promozione della buona pratica clinica e a favorire

l’approccio multidisciplinare e la collaborazione interprofessionale

nel processo di miglioramento continuo della qualità.

I principali fattori che hanno favorito la produzione di linee guida,

sono:

• il fenomeno della variabilità nella pratica clinica,

96 Da: “About the IOM” The Institute of Medicine (IOM) of the national academis.

http://www.iom.edu/About-IOM.aspx 97 “Analisi e condivisione delle esperienze di governo clinico” del Ministero della salute

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• gli ampi periodi di tempo necessari per ottenere l’evidenza su

aspetti clinici specifici,

• la necessità di sintetizzare l’evidenza,

• la necessità di supporto alle decisioni clinico assistenziali.98

Un aspetto particolarmente rilevante, però, è quello relativo alla

qualità delle linee guida; infatti se è vero che negli ultimi tempi

abbiamo assistito ad una vasta proliferazione di linee guida, è anche

vero che solo una piccola parte di esse risulta di qualità; non è raro,

per esempio, riscontrare su una specifica condizione clinica

raccomandazioni discordanti che disorientano l’operatore sanitario.

Pertanto, il processo di produzione di linee guida richiede un

approccio metodologico particolarmente complesso e rigoroso, che

tiene conto di precisi criteri che ne determinano la qualità. A tal

proposito esistono diversi strumenti per l’elaborazione e la

valutazione delle linee guida.

Tra questi ricordiamo AGREE che è “una collaborazione

internazionale di ricercatori e responsabili politici che cercano di

migliorare la qualità e l'efficacia delle linee guida di pratica clinica

attraverso la definizione di un quadro condiviso per il loro sviluppo,

comunicazione e valutazione.”99

98 “Analisi e condivisione delle esperienze di governo clinico” del Ministero della salute 99 Da: “Introduction What is AGREE? Dal sito ufficiale: http://www.agreecollaboration.org/intro/”

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Esso costituisce un metodo di elaborazione - valutazione-

aggiornamento delle linee guida applicabile a tutte le aree cliniche

(promozione della salute, diagnosi, terapia) e ai diversi livelli di

contesto (nazionale, regionale, locale).100

La qualità delle linee guida, inoltre, è condizionata dal livello di

evidenza disponibile sullo specifico argomento clinico.

Infatti, il livello di evidenza per le raccomandazioni di una linea guida

viene classificato nel seguente modo:

A. Basato su studi randomizzati controllati o sistematic reviews

B. Basato su “robusti” studi sperimentali o osservazionali

C. Basato sul consenso e l’opinione di esperti a livello nazionale

D. Basato sul consenso e l’opinione di esperti a livello locale

Le linee guida dovranno altresì possedere i seguenti

requisiti:101

1. Chiare indicazioni dell’obiettivo, della popolazione target e del

contesto clinico

necessario per la loro applicazione

100 “Analisi e condivisione delle esperienze di governo clinico” del Ministero della salute 101 “Analisi e condivisione delle esperienze di governo clinico” del Ministero della salute

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2. Chiare indicazioni su chi ha formulato le linee guida

3. Appropriata rappresentazione delle diverse discipline coinvolte nel

gruppo tecnico di lavoro

4. Chiare metodologie di come l’evidenza è stata ricercata e valutata

5. Chiare indicazioni su come sono state formulate le linee guida dal

gruppo di lavoro

6. Il livello di evidenza a supporto delle raccomandazioni

7. Indicazioni sui tempi di aggiornamento delle linee guida

8. Considerazioni di tipo costo-efficacia e dell’efficacia clinica delle

raccomandazioni

Altro strumento fondamentale del governo clinico è rappresentato

dai percorsi assistenziali o percorsi assistenziali integrati, che

possono essere definiti “i piani assistenziali integrati che delineano il

processo di assistenza per una particolare condizione

dall’ammissione sino alla dimissione”.102

Essi includono anche gli aspetti organizzativi legati al processo

assistenziale, e sono adattati alla realtà locale.

Essi, quindi incorporano le linee guida, fanno riferimento ad espliciti

standard, coinvolgono differenti figure professionali, migliorando la

comunicazione interdisciplinare, evitando duplicazioni di

informazioni e trattamenti, riducendo la variabilità nella pratica

clinica.

102 Definizione data dal ministero della salute www.ministerodellasalute.gov

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Abbiamo parlato ampiamente del governo clinico, dalla sua nascita,

su cosa si basa e abbiamo accurato che pone al centro del processo

sanitario assistenziale il paziente.

Per concludere voglio proporre una visione pratica di come è formato

un governo clinico in Italia riportando un discorso del Ministro della

Salute Girolamo Sirchia scritto nel 2004103:

“L’attuazione del governo clinico è responsabilità del Capo

Dipartimento che, con l’aiuto di personale amministrativo,

predispone e sottopone all’Amministrazione dell’Ente (Ospedale o

ASL) un piano d’azione triennale che miri, nell’ambito di un budget

assegnato con ampia facoltà di spesa, a trattare il maggior numero di

casi e a garantire l’out come del trattamento.

Nel caso, ad esempio di una cardiochirurgia, è responsabilità del

Capo Dipartimento assicurare all’Amministrazione dell’Ospedale un

numero minimo di interventi (ad esempio by-pass aorto-coronarico)

con mortalità a 30 giorni inferiore al 2%, nel rispetto delle risorse

economiche disponibili.

Perché questo obiettivo possa essere conseguito, è necessario che il

Capo Dipartimento mantenga con azione sistematica le Linee guida

razionalmente e internazionalmente validate e utilizzi appieno le

possibilità correttive offerte dal controllo di gestione, di cui il

dipartimento deve essere dotato.

Il programma di Clinical Governance non può prescindere da una

103 http://documenti.camera.it/Leg14/dossier/Testi/AS0302b.htm

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sistematica azione di aggiornamento del personale in tutte le sue

forme, da un sistematico sostegno della cultura della qualità, da

incentivi che premino la partecipazione del personale ai programmi

di miglioramento delle qualità e che premino il conseguimento degli

obiettivi prefissati.

I vantaggi di un buon sistema di governo sono numerosi, sia in

termini di indicatori di salute, sia in termini economici. Si pensi solo

ai vantaggi di evitare le conseguenze della non-qualità, la quale infatti

genera costi aggiuntivi, mentre la qualità genera risparmi.104

Il conferimento del governo clinico ai poteri e alla responsabilità del

Capo Dipartimento ha l’innegabile vantaggio di riportare la decisione

in capo ai medici, pur nel rispetto dei vincoli di bilancio e quindi di

ridurre l’atteggiamento economicistico oggi ampiamente lamentato

in sanità e dovuto al fatto che la decisione è nelle mani del potere

amministrativo.

E’ perciò opportuno ricordare che, contrariamente a quanto alcuni

pensano, il governo clinico non si contrappone alla norma ISO 9000,

ma la integra utilmente negli ambiti medici.

Infatti la norma ISO non ha l’ambizione di determinare la qualità del

prodotto o del servizio, ma solo di creare le premesse operative

perché, operando in un sistema organizzato con regole ben precise, il

raggiungimento della qualità dei prodotti o servizi sia possibile; il

104 “governo clinico” di Girolamo Sirchia tratto dal sito

www.salute.gov.it/rassegna/ilPunto.jsp?id=3

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governo clinico aggiunge alla macchina basata sulla norma ISO la

finalizzazione e la competenza clinica necessaria all’obiettivo

specifico”105.

4.2 Clinical pathways

I percorsi assistenziali (in inglese per lo più clinical o critical

pathways) possono essere definiti come piani multidisciplinari ed

interprofessionali relativi ad una specifica categoria di pazienti in

uno specifico contesto locale e la cui attuazione è

valutata mediante indicatori di processo e di esito.106

Ovvero: I critical pathways sono strumenti fondamentali usati nei

sistemi managed care e case management. Essi si costruiscono con

la collaborazione di tutto il team assistenziale di un ospedale. Sono la

versione abbreviata del percorso ospedaliero del cliente in base al

DRG o al caso tipo. Forniscono le informazioni necessarie per erogare

un assistenza di qualità con un buon rapporto costo efficacia. Ciascun

reparto ospedaliero sviluppa i propri critical pathways107.

105 (Girolamo Sirchia Ministro della Salute – Roma, 13 maggio2004)

106 Woolf, 1990; Canadian Medical Association, 1995; Pearson et al, 1995; Wall e Proyect, 1998 107 Wieczorek P., Developing Critical Pathways for Operating Room, Aorn Journal

December, 2(6), 1995.

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Un critical pathway è un piano scritto che funziona come guida per

un’assistenza del paziente efficiente e puntuale, essi possono essere

comparati ad una cartina stradale che orienta ogni disciplina sugli

interventi essenziali e sui risultati che debbono essere raggiunti in un

determinato giorno o in un determinato periodo di tempo108.

I critical pathways aiutano il team assistenziale a

raggiungere i risultati attesi in un appropriato numero di giorni di

degenza e vengono costruiti per pazienti o popolazioni di pazienti che

andranno incontro a esperienze cliniche simili e che richiederanno

trattamenti, servizi e risorse simili.

Essi sono sviluppati in base alle esperienze e conoscenze dei membri

team assistenziale. Li si potrebbe anche considerare linee guida

clinico-organizzative. Un percorso assistenziale è il macro processo

108 Byron Smith G., Danforth D.A.,Owens P.J., Role restructuring: nurse, case manager ad

educator, Nursing administration Quarterly, 19(1), 1994.

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che corrisponde alla intera gestione di un problema di salute.

Si può

considerare un sinonimo di percorso diagnostico-terapeutico, ma la

parola assistenziale include anche l’assistenza alla persona per la cura

di sé e per eventuali disabilità e il sostegno psico-emozionale e

sociale. Idealmente la gestione dei percorsi assistenziali dovrebbe

riguardare sia la componente territoriale, sia quella ospedaliera.109

Infatti dovrebbe.

Ma con le risorse a disposizione e le scelte di allocazione delle stesse;

portano comunque la maggior parte delle volte a focalizzarci solo sul

contesto ospedaliero o solo sul territorio.

Migliorandone una a discapito di un' altro.

Si parla di linee guida perché i clinical pathways si basano su:

11. standard di assistenza di specifiche popolazioni di pazienti,

sulle migliori evidenze scientifiche e su dati di benchmarking;

12. specificano il periodo di riferimento e il flusso temporale con

date e tempi per il raggiungimento dei risultati attesi (giorni,

nei reparti per acuti; ore, minuti, nelle aree critiche; visite, per

l’assistenza domiciliare; periodi, per pazienti cronici);

13. usano i DRG per diagnosi mediche, insieme alle diagnosi

infermieristiche e alle linee guida;

109 Definizione tratta dalla rivista Siryo rivista specializzata in scienze infermieristiche ostertiche, dall'

articolo “i percorsi assistenziali midwifery Clinical pathways” di Freancesca Franchi

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I DRG o: Diagnosi s-related group o più semplicemente DRG, è

l'equivalente in italiano Raggruppamenti Omogenei di

Diagnosi oppure ROD.

Esso è un sistema che permette di classificare tutti i pazienti dimessi

da un ospedale (ricoverati in regime ordinario o day hospital) in

gruppi omogenei per assorbimento di risorse impegnate.

Tale aspetto permette di quantificare economicamente tale

assorbimento di risorse e quindi di remunerare ciascun episodio di

ricovero. Una delle finalità del sistema è quella di controllare e

contenere la spesa sanitaria.110

I critical pathways prevedono in dettaglio tutte le attività previste

per trattare quel caso specifico secondo la migliore sequenza

110 Definizione data dal libro “Argomenti di economia per le professioni sanitarie” Marinella D’Innocenzo, Stefano Trippetti casa editrice Mc Grow-Hill

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temporale in relazione agli esiti da conseguire; in questo modo è

possibile verificare quotidianamente gli scostamenti e assumere le

decisioni necessarie per correggerle.

Si tratta di strumenti secondo cui per ogni singola diagnosi sono

formulati degli out comes, (cioè prestazioni sanitarie che sono il

risultato degli output che sono rappresentati dai ricoveri, visite

prevenzioni e gli in put che sono le risorse dedicate alla sanità.)111, ai

quali corrispondono degli interventi chiave relativi ad una serie di

elementi assistenziali generali (consulenze, accertamenti,

trattamenti, nutrizione, farmaci, attività, sicurezza, educazione e

pianificazione della dimissione) (Zander 1992)112

quindi i percorsi assistenziali, (clinical pathways), hanno lo

scopo di eliminare il più possibile i ritardi e gli sprechi, contenere le

variazioni non necessarie nei trattamenti, assicurare la continuità e il

coordinamento dell’assistenza, ridurre al minimo i rischi per i

pazienti, (prevenzione del rischio) e migliorare gli esiti.

Per un buon percorso assistenziale è necessario che:113

1) vi sia un approccio interprofessionale, multidisciplinare e talvolta

anche possibile basate sulle evidenze scientifiche ;

2) vi sia l ’ adattamento e la condivisione locale delpiano ;

111 Definizione tratta da “Il processo di produzione di salute” del dipartimento di Economia e

Metodi Quantitativi dell' università degli Studi di Genova.

112 Definizione di Zander 1992. tratta da IL CASE MANAGEMENT Newsletter Collegio Ipasvi

della Spezia, marzo 2007 A cura di Patrizia Nunziante

113 I punti a susseguirsi sono trattis dall' articolo del collegio IPASVI di Gorizia: “I percorsi clinico-assistenziali: quali evidenze per un’assistenza di qualità?” redatto dalla Dott.ssa Gloria MORETTO

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3) il percorso sia suddiviso in fasi di durata definita;

4) sia specificata la sequenza degli atti dei professionisti coinvolti

(chi deve fare che cosa quando ) nelle diverse fasi ;

5)sia valutata l ’ attuazione del percorso mediante

validi indicatori di processo e possibilmente anche di esito ;

6) sia promosso il coinvolgimento degli utenti.

Essendo strumenti coincisi e generali che includono dei piani

standardizzati, non tutti i pazienti seguono meticolosamente il piano.

Per questo si utilizzano i copathways che permettono di affrontare

una comorbilità e gli algoritmi per il trattamento di varianze

frequenti.

I critical pathways migliorano e facilitano la comunicazione con il

paziente e coordinano il processo di cura e sono un valido mezzo per

esaminare e valutare il processo di assistenza e le sue conseguenze.

Per ottimizzare la comunicazione alcune istituzioni forniscono al

paziente una copia semplificata del critical pathways; ciò stimola il

paziente a porre delle domande e quindi a stabilire un dialogo con

l’equipe assistenziale114.

I critical pathways possono essere un potente strumento per

prevenire le cause di “malpractice” (cura sbagliata), perché

testimoniano la conduzione degli interventi secondo gli standard

assistenziali.

114 June Forkner, Clinical Pathways: benefits and liabilities, Nursing Management,

novembre 1996.

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Con i critical pathways e con l’uso delle mappe di cura, nei paesi in

cui sono stati adottati, si è superato il processo di nursing, non come

metodo scientifico, ma come metodo mono disciplinare ridondante

nella prospettiva di una presa in carico globale della persona115.

Tutto questo non è nato per caso e anche se è una strategia nata da

poco, il clinical pathways ha una storia precisa che è indispensabile

per comprenderne l' evoluzione. Dunque:

L’opportunità dello sviluppo e dell’applicazione di percorsi

assistenziali è stato sostenuta anche dal comitato di esperti116

convocato dal prestigioso Institute of Medicine americano.

I percorsi assistenziali sono comparsi in un periodo relativamente

recente, insieme all’affermarsi della managed care.

La managed care nasce negli Stati Uniti intorno agli anni trenta del

secolo scorso, quando le compagnie petrolifere, le società per la

realizzazione di opere pubbliche, l’industria estrattiva mineraria, ecc.

cominciarono ad avvertire la necessità di contrattare con le

organizzazioni sanitarie pacchetti predefiniti di prestazioni per i

propri dipendenti117.

I primi percorsi assistenziali si ispirarono alla tecnica dei critical

pathways (percorsi critici)usata nel mondo industriale per 115 Antullo A., Case Management, in Benci L. Manuale giuridico professionale per l’esercizio

del nursing, edizione McGraw-Hill, Milano 2001.

116 Commettee on the Quality of Health Care in America

117 Fairfield et al, 1997; Robinson e Steiner, 1998.

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ottimizzare i tempi di lavoro.

Il percorso critico è la sequenza di attività, dall’ordine dei materiali ai

fornitori alla consegna del prodotto, che dà luogo ad una durata

minima del processo produttivo Ci si è resi presto conto che i percorsi

assistenziali potevano servire non solo a migliorare l’efficienza e la

continuità delle cure e a ridurre la variabilità, ma anche a favorire

l’applicazione delle conoscenze scientifiche sull’efficacia degli

interventi.

Approfondito il quadro storico voglio concludere esaminando gli

aspetti positivi (vantaggi) e negativi (svantaggi) che hanno i clinical

pathways.

Hanno il vantaggio di favorire la continuità degli interventi e

l’integrazione tra unità organizzative ed anche talvolta tra

organizzazioni diverse e di diminuire così gli inconvenienti per i

pazienti alle interfacce.

La ricostruzione ed analisi dei percorsi assistenziali, come di

qualunque processo, permette di identificare lentezze e attese

riducibili, attività poco utili o troppo costose, ripetizioni, rischi

evitabili. La scomposizione dell’intero percorso assistenziale in fasi

obbliga a chiarire i criteri clinici e organizzativi applicati per inserire

o “arruolare” l’utente in una fase e per “trasferirlo” alla fase

successiva. Rispetto ad altre forme di gestione per processi, i

percorsi assistenziali hanno il vantaggio di dare importanza

fondamentale ai criteri di appropriatezza professionale degli

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interventi e agli esiti di salute e quindi di richiamare l’attenzione sul

fatto che il vero prodotto di una organizzazione sanitaria non sono le

prestazioni (i prodotti o out put), ma gli esiti (gli out come).

In effetti la diffusione dei percorsi assistenziali è stata favorita dall’

“ondata della EBM” che ha reso più disponibili e più accettabili

rassegne sistematiche e linee guida che tengono conto delle evidenze

scientifiche.

Non sono pochi poi i vantaggi dei percorsi assistenziali per gli utenti,

anche se di solito non sono realizzati completamente.

I percorsi assistenziali rendono più facile l’omogeneità delle

informazioni che i professionisti sanitari offrono agli utenti sull’iter

del piano di cura.

Dall’applicazione dei percorsi assistenziali ci si può ragionevolmente

attendere una rilevante diminuzione della variabilità ingiustificata

nei comportamenti dei professionisti sanitari, un aumento della

produttività, ed anche un miglioramento della sicurezza per i pazienti

(diminuzione delle complicazioni) e degli esiti.

In conclusione, i percorsi assistenziali possono essere considerati uno

strumento per migliorare l’efficienza nell’uso di risorse scarse senza

compromettere la qualità professionale dell’assistenza, che anzi può

migliorare118

Va detto che un buon percorso assistenziale va continuamente

118 Wall e Proyect, 1998.

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ripensato alla luce delle difficoltà di applicazione, dei risultati

ottenuti e di nuove eventuali acquisizioni e quindi implica il suo

continuo aggiornamento.

Il principale svantaggio è che i professionisti sanitari considerino che

i percorsi assistenziali portino ad una perdita di flessibilità ed

autonomia e ad una medicina tipo “libro di ricette di cucina” poco

sensibile alle caratteristiche individuali del singolo paziente.

In realtà, come si è già accennato, le raccomandazioni professionali

di un buon percorso assistenziale dovrebbero sì essere quelle più

accreditate alla luce delle evidenze scientifiche ma: Il singolo

professionista è comunque autorizzato a scostarsi dalle

raccomandazioni, quando pensa non adatte al caso particolare.

Basta che lo dichiari e ne spieghi i motivi, anche per contribuire

all’aggiornamento e alla maggiore articolazione del percorso; i

percorsi devono in certo qual senso essere considerati sempre

provvisori, soggetti a verifiche e a continui aggiornamenti, in

dipendenza dai risultati della loro applicazione e di eventuali nuove

acquisizioni conoscitive o tecnologiche.

La possibilità di dare luogo ad un confronto (di fare bench marking)

degli esiti può portare i professionisti insicuri a non impegnarsi.

Altri ostacoli dipendono da carenze organizzative: limitatezza delle

risorse disponibili al momento (ma occorrerebbe essere capaci di

progettare a lungo termine), difficoltà di adeguare i sistemi

informativi, ritardi nell’“allineare” gli incentivi economici e di

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carriera in modo che favoriscano l’applicazione dei percorsi. Inoltre

talvolta i percorsi possono comportare per la singola organizzazione

notevoli cambiamenti ed anche costi aggiuntivi, almeno

inizialmente.

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110

CAPITOLO QUINTO

Educazione terapeutica nella somministrazione dei farmaci

Educare deriva dal latino. educare, intensivo di educere ‘trarre fuori,

allevare’, comp. di ex- ‘fuori’ e ducere ‘trarre’.119 cioè specifica l'

educazione come un processo interattivo dove il messaggio educativo

non passa in maniera passiva da insegnante ad allievo; ma l'

educazione è un processo attivo che porta ad una collaborazione tra

insegnante e allievo. Solo in questo modo il messaggio educativo può

trasferirsi in maniera impeccabile e rimanere immagazzinata nella

mente. Esistono due tipi di educazione:

La pedagogia è “l’arte e la scienza di insegnare ai bambini” e

L’andragogia “l’arte e la scienza di aiutare gli adulti ad apprendere”120

. Entrambe hanno i soliti obbiettivi, ma pertanto, avendo a che fare

con due tipologie diverse di persone con diverso bagaglio di

esperienza il processo educativo sarà differente per raggiungere gli

obbiettivi prefissati.

L' educazione è una parte integrante del processo infermieristico e l'

infermiere per attuarla deve avere dei requisiti fondamentali, e sono

sono:

119 definizione data dal vocabolario on-line di sapere.it

120 M.Knowles psicologo

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111

essere, saper essere e saper fare. V. Henderson afferma che:

“l’infermiere deve avere una base teorica di conoscenza

per mettere in pratica un’assistenza individualizzata e

umana ed essere capace di risolvere problemi su base

scientifica”121.

L' educazione terapeutica è un compito prettamente infermieristico

ed esistono varie definizioni per descrivere in cosa consiste per

esempio: “Educazione terapeutica non è insegnare, istruire,

informare, consigliare, persuadere... è l’arte di aiutare gli adulti ad

apprendere” , oppure: “è l’arte di aiutare gli adulti ad apprendere”,

“è motivare la persona a cambiare”122

Queste affermazioni sono molto importanti e devono essere impresse

nella mente dell' operatore sanitario e sono regolate nello specifico,

come definito dal Codice Deontologico Art.1.2 : “l’assistenza

infermieristica è servizio alla persona e alla collettività. Si realizza

attraverso interventi specifici, autonomi e complementari, di natura

121 George J.B., “Le teorie del nursing”

122 definizione data da Knowles e K.King.

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112

tecnica, relazionale ed educativa.”123

Tutto il processo di nursing formato dalle fasi di Accertamento,

diagnosi infermieristica, pianificazione obbiettivi , attuazione degli

obbiettivi e valutazione, sono incentrate a riportare il paziente in una

fase autonoma, dove lo stesso, ha imparato a conoscere la malattia e

le potenziali complicanze, riesce a gestire i presidi sanitari e la terapia

domiciliare.

Tutto questo riportato ovviamente in un contesto sociale, poiché, il

paziente non deve essere solo educato all' auto cura: ma deve essere

in grado di vivere in armonia con le persone nel contesto sociale di

tutti i giorni.

Perciò l' infermiere educa e rassicura il paziente rispondendo ai suoi

dubbi e vanificando le paure di essere “diverso” dalle altre persone,

oppure che sia di “peso” ai suoi parenti che in caso di emergenza

dovrebbero gestire tutta la sua vita.

Nonostante ciò Assal , ci da una definizione realistica di

come avvenga l' educazione terapeutica: mettendo in risalto la

leggerezza del personale sanitario quando si parla di mettere in

pratica l' educazione terapeutica: “...l’esperienza attuale mostra

costantemente come gli operatori sanitari tendano a informare che

123 Codice deontologico Art.1.2

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113

cosa è la malattia, quali sono i metodi terapeutici, quale

comportamento bisogna adottare, piuttosto che aiutare i pazienti ad

acquisire le appropriate capacità necessarie alla gestione quotidiana

della loro malattia...”.124

L’organizzazione mondiale della sanità (OMS), invece, definisce così

l' educazione terapeutica (ETP): “L’educazione terapeutica deve

permettere al paziente di acquisire e mantenere le capacità che gli

permettono di realizzare una gestione ottimale della propria

malattia.” 125

L’ETP è pertanto un processo continuo integrato nell’assistenza

sanitaria.

Essa è centrata sul paziente... include l’informazione

l’apprendimento dell’autogestione della cura... Essa è finalizzata ad

aiutare i pazienti e le loro famiglie a comprendere la malattia e il suo

trattamento, a cooperare con gli operatori sanitari....”

In realtà dobbiamo distinguere che l' educazione terapeutica oggi è

effettuata a tutti i pazienti sia con patologie acute che patologie

croniche.

Proprio questa distinzione permette di capire le difficoltà per un

infermiere di eseguire una corretta educazione terapeutica e

riconoscerne attraverso la valutazione i punti critici e gli errori che

effettua il paziente o l' infermiere stesso.

124 Assal et al. Docente universitario, diabetologo e consulente dell' OMS. Dalle sue riflessioni

nacque la Educazione terapeutica.

125 Definizione dell' Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)

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La gestione della diagnosi e della terapia delle malattie acute e la

cura del paziente affetto da malattia cronica richiedono due

impostazioni cliniche molto differenti... Gli operatori sanitari che se

ne occupano devono pertanto possedere due identità professionali

ben distinte.

Mentre il modello assistenziale della medicina acuta è notevolmente

efficace, la qualità delle malattie croniche lascia molto a desiderare...

126

JP Assal nel 1999 riporta una statistica molto importante per quanto

riguarda l' assunzione dei farmaci da parte dei pazienti cronici.

Ovviamente si prendono in considerazione molto di più i pazienti

cronici perché hanno bisogno tutta la vita di determinati

farmaci e quindi l' educazione terapeutica va modellata per l' arco di

una vita intera.

Una percentuale che varia da 30-80% dei pazienti con malattia

cronica manifesta una scarsa compliance o non segue affatto il

trattamento prescritto.

A questo punto, sorge una domanda: Perché il paziente non

dovrebbe seguire una prescrizione data dal medico e che gli serve per

vivere?

Sempre Assal ci regala una risposta molto interessante e che fa

riflettere molto sull' argomento “... al paziente cronico il medico

proibisce mille attività, ne impone cento altre.

126 “Considerazioni sui metodi della medicina convenzionale” Jean-Philippe Assal, Alain Golay,

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Chiede di prendere a orari definiti decine di pillole al giorno.

Ci sono patologie la cui terapia richiede al paziente tre ore di impegno

al giorno.

Altre, come il diabete, chiedono una decina di atti fra misurazioni e

iniezioni. E questo ogni giorno per tutta la vita.

Il medico fa bene, ma fa presto a scrivere su un foglio: faccia quattro

controlli della glicemia e tre insuline al giorno”.127

Questo tipo di stress del paziente lo porta inevitabilmente a non

seguire in maniera corretta o addirittura nulla, la terapia prescritta,

creandosi non solo danni alla salute con il rischio di acutizzare una

patologia gia cronica; ma danneggia inevitabilmente la fase educativa

che l' infermiere attua su di lui.

Il risultato è che lo stress del paziente si trasferisce anche sull

infermiere e sull' equipe che lo sta educando.

Infatti: Le équipes degli operatori sanitari che si occupano

dell’assistenza a lungo termine sono molto spesso vittime della

sindrome del burn-out.128

127 Articolo “Parla il professor Assal” della rivista modus 128 Freudenberger, 1980; Pines et al., 1981; Maslach, 1979

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Una ricerca infermieristica svoltasi in quest'anno (2010), condotta

da: Patrizia Fabbri e Angela Sartini dal titolo:”le strategie per

migliorare l' aderenza terapeutica nella popolazione adulta” mettono

in evidenza alcune conclusioni basandosi su: una revisione della

letteratura scientifica per verificare se ci sono evidenze che

supportino metodologie mirate all’educazione terapeutica e in

particolare a migliorare l’aderenza dei pazienti verso la terapia

farmacologica, e ricercare eventuali strategie per il miglioramento

della non adesione”.129

Quindi hanno tratto queste conclusioni: “Per anni si è sempre

ricercata la perfetta soluzione al problema, ma sembra che nessun

intervento sia migliore dell’altro, forse perché molte variabili

possono influire sulla decisione di assumere farmaci.

Intuitivamente si può ritenere che un intervento combinato

129 Articolo del centro studi EBN redatto da Patrizia Fabbri e Angela Sartini dal titolo “LE

STRATEGIE PER MIGLIORARE L’ADERENZA TERAPEUTICA NELLA POPOLAZIONE ADULTA”

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(comportamentale ed educativo), possa essere di maggior aiuto per

migliorare le modalità e l’aderenza di assunzione, e di conseguenza

migliorare lo stato di salute, ma più dati devono essere studiati

attraverso metodi di ricerca standardizzati, per confermare questa

ipotesi.

Interventi per migliorare l’aderenza di assunzione dei farmaci, basati

sulle evidenze scientifiche, potrebbero inoltre ritardare lo sviluppo di

complicanze e contribuire a ridurre i costi sanitari.”130

Ora vediamo nello specifico l' applicazione della farmacologia nella

educazione del paziente.

“Il processo infermieristico è una cornice concettuale che gli

infermieri impiegano per guidare le prestazioni sanitarie. Noi

considereremo come il processo infermieristico si può applicare alla

terapia farmacologica.

Prima di discutere come il processo infermieristico si applica alla

terapia farmacologica, occorre riassumere i punti chiave del processo

stesso.

Nella sua forma più semplice, il processo infermieristico può essere

visto come una procedura circolare con cinque momenti

fondamentali:

1)valutazione iniziale,

2) analisi (che include la diagnosi infermieristica),

130 Conclusioni tratte dall' articolodi Patrizia Fabbri e Angela Sartini dal titolo “LE STRATEGIE PER

MIGLIORARE L’ADERENZA TERAPEUTICA NELLA POPOLAZIONE ADULTA” centro studi EBN

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3) pianificazione,

4) attuazione

5) valutazione dei risultati.

1)Valutazione iniziale. La valutazione iniziale consiste nella raccolta

dei dati sul paziente. Questi dati servono per identificare problemi

medici reali o potenziali. Il database prodotto durante la valutazione

iniziale rappresenta le fondamenta per passare alle fasi successive.

Metodologie importanti per la valutazione iniziale sono le domande

al paziente, la storia medica e sull’utilizzo di farmaci, l’esame fisico,

l’osservazione del paziente e gli esami di laboratorio.

Analisi: la diagnosi infermieristica. In questa fase, l’infermiere

analizza i dati raccolti per scoprire problemi medici reali o potenziali.

Questi problemi possono essere fisiologici, psicologici, o sociali.

Ciascun problema è categorizzato nella forma di una diagnosi

infermieristica, che può essere definita come un problema medico

reale o potenziale verso il quale l’infermiere è qualificato e

autorizzato al trattamento.

Una diagnosi infermieristica completa è costituita da due

affermazioni:

8 una affermazione sul problema medico reale o potenziale del

paziente, seguita da:

9 una affermazione sulla probabile causa o sui fattori di rischio

del problema.

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119

Tipicamente, le due affermazioni sono separate dall’allocuzione

correlato a , come nel seguente esempio di diagnosi infermieristica

su un farmaco: “mancata aderenza al regime prescritto (problema)

correlato a incapacità alla auto-somministrazione del farmaco (la

causa).”

2)Pianificazione. Nella fase di pianificazione, l’infermiere delinea

interventi specifici diretti a risolvere o a prevenire i problemi

identificati nella fase precedente. Il piano deve essere

individualizzato per ciascun paziente. Quando si fa un piano di cura,

l’infermiere deve definire gli obiettivi, evidenziare le priorità,

identificare gli interventi infermieristici e stabilire i criteri per

valutare il successo finale. In aggiunta agli interventi infermieristici,

il piano dovrebbe includere anche interventi di altri professionisti

sanitari. La pianificazione è un processo in divenire che può essere

cambiato con la conoscenza di nuovi dati.

3)Attuazione (intervento). L’attuazione del piano inizia applicando

gli interventi pianificati. Alcuni interventi si attuano in

collaborazione mentre altri sono indipendenti. Gli interventi

collaborativi richiedono un ordine da parte del medico, mentre ciò

non è necessario per gli interventi indipendenti. Oltre ad attuare gli

interventi, questa fase coinvolge l’azione coordinata di altri membri

dello staff sanitario. L’attuazione è completa con l’osservazione e la

registrazione dei risultati. La registrazione dovrebbe essere

scrupolosa e precisa.

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120

4)Valutazione dei risultati. Questa fase serve per determinare il

grado di successo del trattamento. La valutazione si fa analizzando i

dati raccolti durante l’attuazione. La valutazione dovrebbe

identificare gli interventi che devono continuare, quelli che invece

devono cessare e nuovi potenziali interventi da attuare. La

valutazione completa il primo ciclo del processo infermieristico e

pone le basi per l’inizio di un eventuale nuovo ciclo.

Applicazione del processo infermieristico nella terapia

farmacologica

Avendo descritto il processo infermieristico, possiamo adesso vedere

come esso si applica alla terapia farmacologica. Bisogna ricordare che

l’obiettivo finale in terapia farmacologica è di ottenere il massimo

beneficio con il minimo danno. Per ottenere ciò, dobbiamo tenere in

considerazione le caratteristiche uniche di ciascun paziente. Cioè

dobbiamo individualizzare la terapia. Il processo infermieristico si

adatta bene a questo scopo. Per applicare il processo infermieristico

in terapia farmacologica, per prima cosa bisogna avere solide basi

conoscitive di farmacologia. Inoltre, si può vedere che applicare il

processo infermieristico alla terapia farmacologica è, in gran parte,

un esercizio di buon senso.

Valutazione pre-somministrazione

La valutazione pre-somministrazione stabilisce i dati di base che

occorrono per tagliare la terapia farmacologica su misura del singolo

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paziente. Attraverso l’identificazione delle variabili che possono

influenzare la risposta individuale ai farmaci, possiamo adattare il

trattamento per massimizzare i benefici e minimizzare i danni. La

valutazione pre-somministrazione ha quattro obiettivi fondamentali:

5 - Raccolta dei dati di base che occorrono per valutare le

risposte terapeutiche

6 - Raccolta dei dati di base che occorrono per valutare gli effetti

avversi

7 - Identificazione dei pazienti ad alto rischio

8 - Valutazione della capacità del paziente alla auto-cura.

I primi tre obiettivi sono specifici del particolare farmaco che deve

essere utilizzato.

Quindi, per raggiungere questo obiettivo, l’infermiere deve conoscere

la farmacologia del farmaco in questione. Il quarto obiettivo si

applica più o meno ugualmente a tutti i farmaci – anche se può essere

più importante per alcuni farmaci rispetto ad altri.

Metodologie importanti per la raccolta dati includono l’intervista al

paziente e ai suoi familiari, osservazione del paziente, esame fisico,

analisi di laboratorio, la storia medica del paziente e la storia

farmacologica del paziente.

La storia farmacologica dovrebbe includere i farmaci prescritti, i

farmaci da banco, le medicazioni vegetali, e farmaci presi per

obiettivi non medici (alcool, nicotina, caffeina, droghe illegali).

Dovrebbero essere annotate anche precedenti reazioni avverse a

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farmaci, tra cui reazioni allergiche ed di idiosincrasia.

Dati di base che servono per valutare l’effetto terapeutico. I farmaci

vengono somministrati per ottenere una risposta desiderata. Per

sapere se abbiamo ottenuto quella risposta, occorre stabilire

misurazioni di base dei parametri che la terapia vuole cambiare. Per

esempio, se stiamo somministrando un farmaco per abbassare la

pressione sanguigna, dobbiamo conoscere la pressione prima del

trattamento. Senza questa informazione, non abbiamo nessun

riferimento per sapere se il farmaco ha fatto effetto oppure no. E se

non sappiamo se il farmaco ha agito, non c’è nessuna giustificazione

alla sua utilizzazione. Da questo esempio, dovrebbe essere ovvio che,

per sapere quali misurazioni di base fare, bisogna conoscere il motivo

dell’uso del farmaco.

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Questa conoscenza deriva dalla farmacologia.

Dati di base che servono per valutare gli effetti avversi. Tutti i

farmaci producono effetti avversi. Nella maggioranza dei casi, gli

effetti avversi che un determinato farmaco può produrre sono noti. In

molti casi, lo sviluppo di un effetto avverso sarà totalmente ovvio

anche in assenza di dati di base. Per esempio, non ci serve nessun

dato di base speciale per sapere che la perdita di capelli che segue la

chemioterapia antitumorale è stata causata dai farmaci. Comunque,

in altri casi, i dati di base servono per capire se un effetto avverso c’è

stato oppure no.

Per esempio, alcuni farmaci possono alterare la funzionalità epatica.

Per sapere se un farmaco ha compromesso la funzione epatica,

dobbiamo conoscere tale funzione prima dell’utilizzazione del

farmaco. Senza questa informazione, non potremo mai sapere da

misurazioni successive se una disfunzione epatica era preesistente o è

stata causata dal farmaco. Chiaramente, in casi come questo, è

necessario raccogliere i dati di base. Come già evidenziato, conoscere

quali sono i dati da raccogliere ci deriva direttamente dalla

conoscenza del farmaco da utilizzare.

Identificazione dei pazienti ad alto rischio. A causa delle sue

caratteristiche individuali, un determinato paziente può essere ad

alto rischio di sviluppo di risposte avverse ad un determinato

farmaco. Quali sono le caratteristiche individuali che predispongono

un paziente ad una reazione avversa dipende dal farmaco preso in

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considerazione. Per esempio, se un farmaco è eliminato dal corpo

soprattutto per escrezione renale, un individuo con funzione renale

alterata sarà a rischio di accumulo di questo farmaco a livelli tossici.

Allo stesso modo, se un farmaco è eliminato attraverso il fegato, un

individuo con alterata funzione epatica sarà a rischio di accumulo del

farmaco a livelli tossici. Il messaggio è che, per identificare un

paziente a rischio, bisogna conoscere la farmacologia del farmaco

somministrato.

Molteplici fattori possono aumentare il rischio del paziente per effetti

avversi verso un determinato farmaco. Sono state appena citate

l’alterata funzione epatica e renale. Altri fattori sono età,

composizione corporea, gravidanza, dieta, eredità genetica, uso

contemporaneo di altri farmaci, e praticamente qualsiasi altra

condizione fisiopatologica.

Quando vengono identificati fattori che mettono a rischio il paziente,

bisognerebbe distinguere tra fattori che mettono il paziente a rischio

estremamente elevato da fattori di rischio moderato o basso.

Dovrebbero essere usati i termini controindicazione e precauzione

per fare questa distinzione.

Una controindicazione è definita come una condizione preesistente

che preclude l’uso di un determinato farmaco a meno di circostanze

disperate.

Per esempio, una grave reazione allergica alla penicillina avvenuta

precedentemente (che può mettere in pericolo la vita del paziente)

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rappresenta una controindicazione all’ulteriore uso della penicillina –

a meno che il paziente non abbia una infezione che può essere fatale e

che non possa essere controllata con altro antibiotico.

Una precauzione, al contrario, può essere definita come una

condizione preesistente che aumenta significativamente il rischio di

una reazione avversa ad un determinato farmaco, ma non fino al

punto da mettere a rischio la vita del paziente. Per esempio, una

precedente reazione allergica blanda alla penicillina porterà all’uso

ulteriore della penicillina con precauzione.

Quindi, in un caso come quello riportato, il farmaco potrà essere

usato, ma deve essere esercitata una attenzione maggiore che in un

caso normale. Preferibilmente dovrebbe essere usato qualche altro

farmaco.

Valutazione della capacità del paziente alla cura di se stesso.

Qualora la terapia ha successo, il paziente deve essere capace di auto

somministrarsi le medicazioni prescritte a domicilio. Quindi deve

essere valutata la sua capacità per la cura di se stesso.

Se il paziente si rivela incapace a fare ciò, devono essere prese delle

misure alternative. Molteplici fattori possono influenzare la capacità

di auto-cura e la probabilità di aderenza al regime prescritto.

Paziente con una diminuzione della acuità visiva o con una limitata

destrezza manuale possono essere incapaci di auto-medicarsi,

soprattutto se la tecnica di somministrazione è complessa. Pazienti

con una limitata abilità intellettuale possono essere incapaci di

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comprendere o di ricordare cosa devono fare. Pazienti con gravi

malattie mentali (per es. depressione, schizofrenia) possono non

comprendere o non avere le motivazioni necessarie per l’auto-

medicazione.

Alcuni pazienti possono non avere i soldi necessari per comprare i

farmaci. Altri possono non riuscire a prendere farmaci a causa di

avversione individuale o culturale verso di essi. Tra i pazienti

geriatrici una ragione comune di fallimento è la convinzione che i

farmaci a quella determinata dose non sono necessari. Una

valutazione seria consentirà di identificare tutti questi fattori,

consentendo all’infermiere di tenerne conto nella formulazione della

diagnosi infermieristica e del piano di cura per quel paziente.

Analisi e diagnosi infermieristica

Con riguardo alla terapia farmacologica, la fase di analisi del

processo infermieristico si pone tre obiettivi.

1) Bisogna giudicare l’appropriatezza del regime prescritto.

2) Bisogna identificare i potenziali problemi di salute che il

farmaco può causare.

3) Bisogna capire la capacità del paziente alla propria cura.

Come ultimo anello nella catena della difesa del paziente contro

una terapia inappropriata, l’infermiere deve analizzare i dati

raccolti durante la valutazione per capire se il trattamento

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proposto ha una ragionevole probabilità di essere efficace e

sicuro.

Questo giudizio viene effettuato considerando la diagnosi medica,

le azioni conosciute del farmaco prescritto, una eventuale risposta

precedente del paziente al farmaco e la presenza di

controindicazioni.

L’infermiere dovrebbe discutere l’appropriatezza del farmaco se:

1) il farmaco no ha delle azioni risapute che possano far beneficiare il

paziente con una determinata diagnosi medica,

2) il paziente non ha risposto in passato allo stesso farmaco,

3) il paziente ha avuto in passato una grave reazione avversa a quel

farmaco e

4) il paziente è affetto da una condizione o sta usando un farmaco che

controindica il farmaco prescritto.

Se qualcuna di queste condizioni sono presenti, l’infermiere si

dovrebbe consultare con il medico per capire se il farmaco debba

essere somministrato.

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L’analisi deve identificare potenziali effetti avversi e interazioni

farmacologiche. Ciò si ottiene sintetizzando le conoscenze del

farmaco in questione ed i dati raccolti durante la fase di valutazione.

Le conoscenze sul farmaco indicheranno gli effetti avversi che è

probabile tutti i pazienti possano sviluppare. I dati individuali del

paziente potranno indicare ulteriori effetti avversi ed interazioni a cui

quel particolare paziente è predisposto.

Una volta che gli effetti avversi e le interazioni potenziali sono stati

identificati, può essere formulata una diagnosi infermieristica

pertinente.

Per esempio, se è probabile che il trattamento causi una depressione

respiratoria, una appropriata diagnosi infermieristica sarebbe

“alterato scambio gassoso correlato alla terapia farmacologica”.

L’analisi deve caratterizzare la capacità del paziente ad auto curarsi.

L’analisi dovrebbe indicare i potenziali impedimenti alla auto-cura

(per es. alterazione visiva, ridotta destrezza manuale, alterata

funzione cognitiva, insufficiente comprensione del regime prescritto)

in modo che questi fattori vengano citati nel piano di cura. In grado

variabile, quasi tutti i pazienti non avranno familiarità con l’auto-

medicazione e con il regime terapeutico.

Quindi, una diagnosi infermieristica applicabile a quasi tutti i

pazienti sarà “insufficiente conoscenze in relazione al regime

farmacologico”.

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Pianificazione

La pianificazione consiste nel definire gli obiettivi, stabilire le

priorità, identificare gli interventi specifici e stabilire i criteri per

valutare il successo. Una buona pianificazione consentirà di

promuovere effetti farmacologici benefici. Di importanza anche

maggiore, una buona pianificazione consentirà di prevenire gli effetti

avversi – invece che di reagire dopo che si sono sviluppati.

Definire gli obiettivi. In tutti i casi, l’obiettivo della terapia

farmacologica è di ottenere il massimo beneficio con il minimo

danno. Cioè si vuole utilizzare i farmaci in modo da massimizzare le

risposte terapeutiche prevenendo o minimizzando le reazioni e le

interazioni avverse. L’obiettivo della pianificazione è di formulare le

vie per raggiungere questo scopo.

Stabilire le priorità. Ciò richiede la conoscenza del farmaco e delle

caratteristiche uniche del paziente – e nonostante queste conoscenze

stabilire le priorità può essere difficile. La priorità più elevata viene

data alle condizioni che mettono in pericolo la vita (per es., shock

anafilattico, fibrillazione ventricolare).

Tali condizioni possono essere indotte dai farmaci oppure possono

essere il risultato di una malattia. Una alta priorità è data anche a

reazioni che causano un grave disagio acuto ed a reazioni che

determinano danni a lungo termine.

Dal momento che non è possibile gestire tutti i problemi

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contemporaneamente, quelli meno gravi devono aspettare finché il

paziente e lo staff sanitario non abbiano il tempo e la possibilità di

dedicarsi ad essi.

Identificare gli interventi. Il cuore della pianificazione è

l’identificazione degli interventi infermieristici. Questi possono

essere divisi in quattro gruppi principali:

14. somministrazione dei farmaci,

2) interventi per migliorare gli effetti terapeutici,

3) interventi per minimizzare gli effetti e le interazioni avverse e

4) l’educazione del paziente.

Quando si pianifica la somministrazione dei farmaci, l’infermiere

deve considerare il dosaggio e la via di somministrazione ed anche

fattori meno ovvi come il tempo di somministrazione in relazione ai

pasti e alla somministrazione di altri farmaci.

E’ anche importante il tempo in relazione agli effetti collaterali. Per

esempio, se un farmaco causa sedazione, può essere desiderabile dare

il farmaco la sera prima di andare a dormire, invece che al mattino o

durante il giorno.

Misure non farmacologiche possono contribuire agli effetti

terapeutici e dovrebbero essere inclusi nella pianificazione. Per

esempio, la terapia farmacologica dell’ipertensione dovrebbe essere

associata con la perdita di peso (nei pazienti obesi), la restrizione

salina, e la cessazione del fumo.

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Gli interventi per prevenire o minimizzare gli effetti avversi sono di

importanza ovvia.

Quando si pianificano questi interventi, bisognerebbe distinguere tra

le reazioni che si sviluppano prontamente e quelle che si sviluppano

in un secondo momento. Alcuni farmaci possono causare reazioni

avverse gravi (per es., shock anafilattico) subito dopo la

somministrazione. Quando si devono somministrare questi farmaci,

bisogna accertarsi che i mezzi per gestire queste reazioni siano

prontamente disponibili.

Le reazioni ritardate possono essere spesso minimizzate, o

addirittura evitate.

La pianificazione dovrebbe includere degli interventi a questo scopo.

Una educazione del paziente ben pianificata è fondamentale per il

successo.

Il piano dovrebbe considerare la capacità del paziente

all’apprendimento, e dovrebbe rispondere a ciò che segue: tecniche di

somministrazione, dosaggio e tempi, durata del trattamento, metodo

di conservazione dei farmaci, misure per promuovere l’effetto

terapeutico e misure per minimizzare gli effetti avversi.

Stabilire i criteri di valutazione. E’ ovvio il bisogno di stabilire i

criteri per misurare le risposte farmacologiche desiderate. Senza

questi criteri no si può stabilire se i farmaci sono stati utili. E quindi,

non si hanno basi razionali per cambiare il dosaggio o per decidere

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quanto deve durare il trattamento. Se il farmaco deve essere

utilizzato a domicilio dal paziente, devono essere pianificate delle

visite di controllo.

Attuazione

L’attuazione del piano di cura in terapia farmacologica ha quattro

componenti principali:

• somministrazione dei farmaci,

• educazione del paziente,

3) interventi per promuovere gli effetti terapeutici

4) interventi per minimizzare gli effetti avversi.

Valutazione

Lungo il corso della terapia farmacologica, il paziente deve essere

valutato per:

• le risposte terapeutiche,

2) le reazioni e le interazioni avverse del farmaco,

3) l’aderenza al regime prescritto,

4) soddisfazione verso il trattamento.

La frequenza della valutazione dipende dalla durata della terapia e

dagli effetti avversi. Così come la valutazione iniziale, anche quella

finale si basa su esami di laboratorio, osservazione del paziente,

esame fisico e intervista del paziente.

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Le conclusioni che si traggono dalla valutazione servono per

modificare gli interventi infermieristici ed il regime farmacologico.

Le risposte terapeutiche sono valutate paragonando lo stato attuale

del paziente con i dati di partenza. Per valutare il trattamento,

bisogna conoscere il motivo della utilizzazione del farmaco, i criteri di

successo (definiti dalla pianificazione), e i tempi attendibili della

risposta (alcuni farmaci agiscono in minuti, mentre per altri

occorrono settimane per vedere effetti positivi).

La necessità di anticipare e valutare gli effetti avversi è evidente. Per

fare queste valutazioni, bisogna conoscere i probabili effetti avversi,

come si manifestano, e i tempi probabili.

Il metodo di monitoraggio dipende dall’effetto avverso atteso. Per

esempio, se ci si attende l’ipotensione, verrà monitorata la pressione

sanguigna; se ci si attende una costipazione, verrà monitorata la

funzione intestinale; e così via.

Dal momento che alcuni effetti indesiderati potrebbero essere fatali

se non presi in tempo, è inutile enfatizzare ulteriormente

l’importanza del loro monitoraggio e dell’essere preparati a trattarli

rapidamente.

La valutazione dell’aderenza è desiderabile in tutti i pazienti – ed è di

valore speciale quando la terapia fallisce o quando gli effetti avversi

sono inaspettatamente gravi.

Tra i metodi per valutare l’aderenza ci sono la misurazione della

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concentrazione plasmatica del farmaco, l’intervista del paziente, ed il

conteggio delle pillole.

La valutazione dovrebbe consentire di sapere se il paziente ha

compreso quando deve prendere i farmaci, il dosaggio da assumere, e

la tecnica di somministrazione.

La soddisfazione del paziente per la terapia farmacologica migliora la

qualità di vita e l’aderenza del paziente. Se il paziente non è

soddisfatto, un regime che altrimenti sarebbe stato efficace non viene

preso come da prescrizione.

Tra i fattori di insoddisfazione ci sono effetti collaterali inaccettabili,

posologia scomoda, somministrazione difficoltosa e costo elevato.

Quando la valutazione mette in evidenza insoddisfazione, dovrebbe

essere attuato un tentativi di cambiamento del regime per renderlo

più accettabile”131.

Durante gli studi universitari ci si occupa molto di questa fase,

riguardante l' educazione del paziente.

Riassumendo, ogni forma di cambiamento, problema o abitudine del

paziente è preso in considerazione e valutato per creare il miglior

piano assistenziale personalizzato dove l' ammalato è il centro di

questo lavoro non solo infermieristico ma che può spesso riguardare

un' equipe di professionisti.

131 Tratto da “Pharmacology for nursing care”, Richard A. Lehne, Ed. Sanders Elsevier

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Leggendo sui libri di nurse cosa vuol dire essere infermiere, con le

relative responsabilità giuridiche e soffermandomi sulle frasi come l'

infermiere è il responsabile oppure che l' infermiere educa alla salute,

mi sorge spontanea una domanda:

“ L' infermiere che adesso è in corsia conosce tutto questo? Effettua l'

educazione terapeutica?” queste domande le ho applicate

esaminando punto per punto un turno “tipo” in una corsia di

ospedale. Effettivamente ho notato che qualcosa non andava sempre

per il verso giusto.

Non c' è da stupirsi perché in un reparto succedono tante cose in una

volta che possono avere la priorità e che portano via molto tempo

perciò nonostante la volontà poi di eseguire correttamente alcune

prestazioni, un po' per lo stress, un po' per la disorganizzazione

generale i servizi infermieristici non sono erogati in maniera

piuttosto idonea.

Comunque non bisogna neanche nascondersi dietro questa idea,

quindi, ho deciso di trarre dalle domande precedentemente citate, un

questionario applicato su un punto cardine che apporta sull'

infermiere molta responsabilità: la somministrazione del farmaco per

via orale.

Per la parte del questionario riguardante la conoscenza sui farmaci,

ho scelto quelli che sono maggiormente somministrati per via orale

in corsia.

Quindi ho preso in esame: l’ acido acetilsalicilico (cardioaspirina/

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aspirina). Un ACE inibitore: ramipril (triatec). Un beta-bloccante:

bisoprorolo (cardicor). Diuretico: furosemide (Lasix). Un

anticoagulante: farfari sodico (coumadin). Un tranquillante:

bromazepam (lexotan). Due antidiabetici (metformina-glicazide). Un

antidolorifico Ketorolac trometamina (lixidol). Ho messo anche una

domanda che mi incuriosiva molto: il luan gel è applicato in maniera

sterile sul catetere vescicale?

La domanda in questione mi destava una certa curiosità, in quanto, si

parla spesso di procedure sterili e volevo sapere come la pensavano

gli infermieri di corsia. Poi ho proposto una serie di domande

riguardanti la legislazione infermieristica.

Ecco il questionario che ho proposto di compilare agli infermieri di

corsia:

Luangel: secondo Lei è applicato in maniera sterile sul catetere vescicale?

NO

20%

SI

80,00%

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0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Aspirina

Triatec

Cardicor

Lasix

Coumadin

Eutirox

Tavor

Metformina

Trometamina

Non conosce dopo quanto compare l'esordio dell'azione

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Aspirina

Triatec

Cardicor

Lasix

Coumadin

Eutirox

Tavor

Metformina

Trometamina

Non conosce a quale categoria di farmaco appartiene

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Aspi rina

Triatec

Cardicor

Lasix

Coumadin

Eutirox

Tavor

Metformina

Trometamina

Non conosce gli effetti collaterali

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0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Aspirina

Triatec

Cardicor

Lasix

Coumadin

Euti rox

Tavor

Metformina

Trometamina

Non conosce le interazioni con gli altri farmaci

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Aspi rina

Triatec

Cardicor

Lasix

Coumadin

Eutirox

Tavor

Metformina

Trometamina

Non conosce le interazioni con gli alimenti

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Aspirina

Triatec

Cardicor

Lasix

Coumadin

Eutirox

Tavor

Metformina

Trometamina

Non conosce se provoca effetti tossici

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0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Aspirina

Triatec

Cardicor

Lasix

Coumadin

Eutirox

Tavor

Metformina

Trometamina

Non sa se può avere effetti sulla tolleranza e dare dipendenza

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Aspirina

Triatec

Cardicor

Lasix

Coumadin

Eutirox

Tavor

Metformina

Trometamina

Non conosce dopo quanto si manifesta il picco d'azione

Chi è il responsabile della detenzione dei campioni farmaceutici?

Infermiere

20%

Medico

30%Caposala

40%

Nessuna risposta

20%

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La somministrazione e la detenzione di farmaci guasti o imperfetti è

regolamentata da:

Art 443 C.p

40%

Art 54 C.p

10%

D.P.R. 261/94

20%

Nessuna risposta

30%

La legge 42/99:

Abolisce il mansionario e regola

la competenza e la responsabilità

professionale

50%

Costituisce i l mansionario

infermieristico

20%

È i l profilo professionale

infermieristico

10%

non ha risposto

20%

La somministrazione dei farmaci deve seguire:

i l prontuario farmaceutico

20%

Nessuna risposta

20%

La regola delle 7G

60%

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L'art 54 C.p.:

Nessuna risposta

20%

Ci permette di diluire i farmaci

per il turno successivo.

20%Non ci consente di

somministrare farmaci per

nessun motivo.

50%

Ci permette di somministrare

farmaci in caso di

necessità/pericolo imminente di

vita.

10%

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CONCLUSIONI

I risultati del questionario compilato dagli infermieri di reparto,

hanno evidenziato la loro parziale conoscenza sui farmaci e sulla loro

gestione.

In particolare metto in evidenza le alte percentuali che in media

sfiorano il 80%, riguardanti il non riconoscimento delle potenziali

complicanze, riguardanti l'assorbimento del farmaco nell' organismo;

come l' interazione con altri farmaci o alimenti.

Oppure, altre alte percentuali di operatori che non sono in grado

(come dichiarato nel test), di riconoscere gli effetti tossici e collaterali

che potrebbe avere il principio attivo.

Legato all' argomento “somministrazione” gli operatori sanitari sono

stati chiamati a rispondere a delle domande sulla legislazione

infermieristica.

Questo argomento ha dato paradossalmente dei risultati migliori.

Infatti una scarsa maggioranza ha risposto correttamente alle

domande sulle leggi.

Malgrado questo, una fetta grande di minoranza, è convinta che la

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legge 42/99 costituisca il mansionario (20%). un timido 10% mi ha

risposto che è il profilo professionale. Un' altro 20% non ha risposto.

Un 40% è convinto che il caposala sia il responsabile della detenzione

dei farmaci campione.

Un operatore, nonostante sia ben espresso nel questionario, che i

farmaci sono tutti somministrati per via orale, alla domanda: “l

esordio dell' azione del farmaco dopo quanto tempo compare?” mi ha

risposto testuali parole “dipende dalla via di somministrazione”.

Dopo aver letto questo ho pensato che una possibile origine a tutti

questi errori sia anche lo scarso interesse in quello che si sta facendo

o nel leggere le cose.

Ho pensato che se questo/a infermiere/a, invece che il questionario,

avesse avuto tra le mani una prescrizione medica e avesse letto come

spesso accade con svogliatezza: cosa sarebbe successo?

Avrebbe potuto capire male la via di somministrazione di un kcl o di

insulina.

C' è un dato che risalta molto: il 60% degli infermieri riconosce

giustamente che la terapia deve seguire la regola delle 7G.

Ma allora perchè non sanno gli effetti collaterali legati ad ognuna di

queste 7 voci?

Un' alta percentuale (80%), degli operatori sanitari, dichiara che il

farmaco Luan gel è applicato in maniera sterile per effettuare il

cateterismo vescicale.

Questo non è assolutamente vero e porta l' infermiere a commettere

errori di giudizio clinico che alzano la percentuale di infezioni

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nosocomiali annue.

Un paziente rischia di entrare in Pronto soccorso per una patologia e

uscirne fuori con una in più, molto probabilmente che aggrava il

quadro clinico della malattia di base: come le infezioni delle vie

urinarie, causata dalla scorretta manovra di inserimento del catetere.

Questo sembra non avere relazione con la somministrazione dei

farmaci orali.

Invece è ben correlato ed è un chiaro esempio di come vengano

eseguite le operazioni infermieristiche in reparto; come per il

cateterismo così per la somministrazione dei farmaci.

Per questo mi è venuta l' idea di proporre uno strumento economico e

di facile consulto che riesca a diminuire il rischio clinico sulla

somministrazione dei farmaci.

Infatti fino ad oggi i reparti più avanzati sono dotati di computer

collegati alla farmacia dove l' infermiere deve solo rilevare il codice a

barre del paziente, tramite un' apposita pistola che legge i codici a

barre.

Dopo di che il computer che ha elaborato il codice del paziente, si

collega alla prescrizione medica che dalla farmacia fa arrivare

direttamente in reparto la terapia. Tutto ciò per dimezzare il rischio

clinico.

Questo potrebbe risultare molto bello e utile ma non toglie all'

infermiere la responsabilità sulla gestione del paziente dopo la

somministrazione, con le relative complicanze.

Senza togliere che questo metodo porta ad un oneroso dispendio di

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budget.

In questo mio elaborato, per questioni di tempistica ho concluso di

basarmi solamente sui maggiori farmaci somministrati per via orale,

ho preso in considerazione i farmaci orali più usati e realizzando un

vademecum infermieristico di facile consultazione (lettura a griglia)

che esamini il farmaco in toto sotto i punti di vista della gestione e

responsabilità giuridica infermieristica.

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Di seguito ho riportato un' esempio di pagina del vademecum che prende in considerazione il farmaco Lasix 30 cpr da 25mg

Principio attivo Farmaco alternativo

Forma farmaco Assunzione

Furosemide Furosemide, diuremid diuresix, torasemide, tauzil.

Compresse Orali Stomaco vuoto

Periodo di validità e conservazione

Effetti terapeutici

Interazioni farmaci e alimenti

Effetti collaterali

5 anni a confezionamento integro. Proteggere dalla luce.

Diuretico dell' ansa Farmaci: La somministrazione orale di furosemide e di sucralfato devono essere distanziate di almeno 2 ore, in quanto il sucralfato riduce l´assorbimento intestinale della furosemide, riducendone di conseguenza l´effetto.La concomitante somministrazione di antinfiammatori non steroidei, incluso l´acido acetilsalicilico, può ridurre l´effetto della furosemide. Alimanti: La possibilità e l´eventuale grado di alterazione dell´assorbimento della furosemide somministrata insieme al cibo sembrano dipendere dalla sua formulazione farmaceutica.

Disidratazione, squilibrio idroelettrolitico, ipopotassemia, ipovolemia, sete, cefalea, stato confusionale alterazioni ritmo cardiaco tetania, miastenia, disturbi gastrointestinali

Sovradosaggio Antidoto Tolleranza dipendenza

ipovolemia, disidratazione, emoconcentrazione, aritmie cardiache (comprendendo blocco A-V e fibrillazione ventricolare). I sintomi di questi disturbi sono costituiti da ipotensione grave (fino allo shock), insufficienza renale acuta, trombosi, stati di delirio, paralisi flaccida, apatia e stato confusionale.

Non è noto alcun antidoto specifico per la furosemide. Tuttavia si può tentare di limitare l´assorbimento sistemico del principio attivo mediante provvedimenti come la lavanda gastrica o tali da ridurre l´assorbimento (ad es. carbone attivo). Devono essere corretti gli squilibri clinicamente rilevanti del bilancio idroelettrolitico.

/ /

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ALLEGATI

QUESTIONARIO DI CONOSCENZA SULE IMPLICAZIONI NELLA SOMMINISTRAZIONE DELLA TERAPIA ORALE IN OSPEDALE Università degli studi di Genova Studente del terzo anno CL: Daniele Bilotti Il seguente questionario verrà compilato in forma anonima. Bisogna

solo indicare l' età, il sesso, gli anni di servizio e la propria U.O.

Tenete conto che le domande sono relative ai maggiori farmaci usati

in ambito ospedaliero espressi non solo con il nome

commerciale ma anche con il principio attivo e

somministrati PER VIA ORALE. Le modalità di compilazione

del seguente questionario è semplice: bisogna segnare con la penna

una sola delle risposte e giustificarla se richiesto. Vi ringrazio in

anticipo per la vostra collaborazione. Cordiali saluti.

ETÀ SESSO ANNI DI ANZIANITÀ DI SERVIZIO

UNITÀ OPERATIVA

M F

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FARMACO: acido acetilsalicilico (cardioaspirina/aspirina)

QUESITO RISPOSTE

1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene?

Si no

2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no

3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no

4 Conosce le interazioni con gli altri farmaci?

Si no

5 Conosce le interazioni con gli alimenti?

Si no

6 Sa dirmi se provoca effetti tossici?

Si no

7 Sa dirmi se può avere effetti sulla tolleranza e dare dipendenza?

Si no

8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere?

30' 45' 60' 120' 180' no

9 L' esordio dell' azione dopo quanto tempo compare?

30' 45' 60' 120' 180' no

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FARMACO: ramipril (Triatec)

QUESITO RISPOSTE

1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene?

Si no

2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no

3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no

4 Conosce le interazioni con gli altri farmaci?

Si no

5 Conosce le interazioni con gli alimenti?

Si no

6 Sa dirmi se provoca effetti tossici?

Si no

7 Sa dirmi se può avere effetti sulla tolleranza e dare dipendenza?

Si no

8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere?

30' 45' 60' 120' 180' no

9 L' esordio dell' azione dopo quanto tempo compare?

30' 45' 60' 120' 180' no

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FARMACO: bisoprololo (Cardicor)

QUESITO RISPOSTE

1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene?

Si no

2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no

3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no

4 Conosce le interazioni con gli altri farmaci?

Si no

5 Conosce le interazioni con gli alimenti?

Si no

6 Sa dirmi se provoca effetti tossici?

Si no

7 Sa dirmi se può avere effetti sulla tolleranza e dare dipendenza?

Si no

8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere?

30' 45' 60' 120' 180' no

9 L' esordio dell' azione dopo quanto tempo compare?

30' 45' 60' 120' 180' no

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FARMACO: furosemide ( Lasix)

QUESITO RISPOSTE

1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene?

Si no

2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no

3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no

4 Conosce le interazioni con gli altri farmaci?

Si no

5 Conosce le interazioni con gli alimenti?

Si no

6 Sa dirmi se provoca effetti tossici?

Si no

7 Sa dirmi se può avere effetti sulla tolleranza e dare dipendenza?

Si no

8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere?

30' 45' 60' 120' 180' no

9 L' esordio dell' azione dopo quanto tempo compare?

30' 45' 60' 120' 180' no

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FARMACO: warfarin sodico (Coumadin) QUESITO RISPOSTE

1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene?

Si no

2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no

3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no

4 Conosce le interazioni con gli altri farmaci?

Si no

5 Conosce le interazioni con gli alimenti?

Si no

6 Sa dirmi se provoca effetti tossici?

Si no

7 Sa dirmi se può avere effetti sulla tolleranza e dare dipendenza?

Si no

8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere?

30' 45' 60' 120' 180' no

9 L' esordio dell' azione dopo quanto tempo compare?

30' 45' 60' 120' 180' no

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FARMACO: Levotiroxina sodica (Eutirox)

QUESITO RISPOSTE

1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene?

Si no

2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no

3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no

4 Conosce le interazioni con gli altri farmaci?

Si no

5 Conosce le interazioni con gli alimenti?

Si no

6 Sa dirmi se provoca effetti tossici?

Si no

7 Sa dirmi se può avere effetti sulla tolleranza e dare dipendenza?

Si no

8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere?

30' 45' 60' 120' 180' no

9 L' esordio dell' azione dopo quanto tempo compare?

30' 45' 60' 120' 180' no

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FARMACO: lorazepam (Tavor)

QUESITO RISPOSTE

1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene?

Si no

2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no

3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no

4 Conosce le interazioni con gli altri farmaci?

Si no

5 Conosce le interazioni con gli alimenti?

Si no

6 Sa dirmi se provoca effetti tossici?

Si no

7 Sa dirmi se può avere effetti sulla tolleranza e dare dipendenza?

Si no

8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere?

30' 45' 60' 120' 180' no

9 L' esordio dell' azione dopo quanto tempo compare?

30' 45' 60' 120' 180' no

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FARMACO: bromazepam (Lexotan)

QUESITO RISPOSTE

1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene?

Si no

2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no

3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no

4 Conosce le interazioni con gli altri farmaci?

Si no

5 Conosce le interazioni con gli alimenti?

Si no

6 Sa dirmi se provoca effetti tossici?

Si no

7 Sa dirmi se può avere effetti sulla tolleranza e dare dipendenza?

Si no

8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere?

30' 45' 60' 120' 180' no

9 L' esordio dell' azione dopo quanto tempo compare?

30' 45' 60' 120' 180' no

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FARMACO: metformina

QUESITO RISPOSTE

1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene?

Si no

2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no

3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no

4 Conosce le interazioni con gli altri farmaci?

Si no

5 Conosce le interazioni con gli alimenti?

Si no

6 Sa dirmi se provoca effetti tossici?

Si no

7 Sa dirmi se può avere effetti sulla tolleranza e dare dipendenza?

Si no

8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere?

30' 45' 60' 120' 180' no

9 L' esordio dell' azione dopo quanto tempo compare?

30' 45' 60' 120' 180' no

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FARMACO: Glicazide

QUESITO RISPOSTE

1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene?

Si no

2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no

3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no

4 Conosce le interazioni con gli altri farmaci?

Si no

5 Conosce le interazioni con gli alimenti?

Si no

6 Sa dirmi se provoca effetti tossici?

Si no

7 Sa dirmi se può avere effetti sulla tolleranza e dare dipendenza?

Si no

8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere?

30' 45' 60' 120' 180' no

9 L' esordio dell' azione dopo quanto tempo compare?

30' 45' 60' 120' 180' no

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FARMACO: Ketorolac Trometamina (Lixidol)

QUESITO RISPOSTE

1 Conosce a quale categoria di farmaco appartiene?

Si no

2 Conosce gli effetti terapeutici? Si quali: no

3 Conosce gli effetti collaterali? Si quali: no

4 Conosce le interazioni con gli altri farmaci?

Si no

5 Conosce le interazioni con gli alimenti?

Si no

6 Sa dirmi se provoca effetti tossici?

Si no

7 Sa dirmi se può avere effetti sulla tolleranza e dare dipendenza?

Si no

8 Il picco di azione dopo quanto tempo si deve raggiungere?

30' 45' 60' 120' 180' no

9 L' esordio dell' azione dopo quanto tempo compare?

30' 45' 60' 120' 180' no

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10 Secondo Lei il Luan gel: è applicato in SI NO maniera sterile sul catetere vescicale? Domande sulla legislazione.

1 Secondo il D.Lgs. n. 541/1992 richiamano l'art. 201 del T.U. delle leggi sanitarie del 1934, n. 1265, chi è il responsabile della detenzione dei campioni farmaceutici?

Infermiere medico caposala

2 La somministrazione e la detenzione di farmaci guasti o imperfetti è regolamentata:

Art. 443 C.p. Art. 54 C.p. D.P.R. 261/94

3 La legge 42/99 Abolisce il mansionario e regola la competenza e la responsabilità professionale

Costituisce il mansionario infermieristico

È il profilo professionale infermieristico

4 La somministrazione dei farmaci deve seguire:

La regola delle 7G

Il mansionario Il prontuario farmaceutico

5 Art 54 C.p: Ci permette di somministrare farmaci in caso di necessità/pericolo imminente di vita.

Non ci consente di somministrare farmaci per nessun motivo.

Ci permette di diluire i farmaci per il turno successivo.

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