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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI GENOVA AREA SVILUPPO EDILIZIO SERVIZIO PREVENZIONE E PROTEZIONE AMBIENTE E ADEGUAMENTO NORMATIVO RISCHIO RADIAZIONI IONIZZANTI principi e linee guida I EDIZIONE DOTT. ANTONIO COPPOLA (ESPERTO QUALIFICATO) DOTT. ROBERTO MINAFRA

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI GENOVA AREA SVILUPPO EDILIZIO

SERVIZIO PREVENZIONE E PROTEZIONE AMBIENTE E ADEGUAMENTO NORMATIVO

RISCHIO RADIAZIONI IONIZZANTI

principi e linee guida

I EDIZIONE

DOTT. ANTONIO COPPOLA (ESPERTO QUALIFICATO)

DOTT. ROBERTO MINAFRA

INDICE

SCOPO DEL DOCUMENTO Pag. 3

GENERALITA’ SULLE RADIAZIONI IONIZZANTI Pag. 4

SORGENTI DI RADIAZIONI IONIZZANTI Pag. 6

GRANDEZZE FISICHE E UNITA’ DI MISURA Pag. 7

EFFETTI DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI SULL’UOMO Pag. 8

PRINCIPI DI RADIOPROTEZIONE Pag. 10

STRUMENTI OPERATVI DI SORVEGLIANZA FISICA Pag. 11

NORME INTERNE DI RADIOPROTEZIONE Pag. 17

NORME Dl COMPORTAMENTO Pag. 18

PROCEDURE DI DECONTAMINAZIONE Pag. 20

REGISTRO CARICO SCARICO DI ELEMENTI RADIOATTIVI Pag. 25

SORGENTI DI RAD. IONIZZANTI NELLE STRUTTURE UNIVERSITARIE Pag. 27

PRINCIPALI RADIOELEMENTI IMPIEGATI NEI LABORATORI Pag. 27

SCOPO DEL DOCUMENTO

La Legislazione Italiana con il Decreto Legislativo 17 Marzo 1995, n. 230 s.m.i. (Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/541/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia dl radiazioni ionizzanti) impone al datore dl lavoro, che esercita attività con impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti, l’attivazione della sorveglianza fisica e medica del lavoratori e in particolare all'Art. 61, comma 3 lettera e) fa obbligo ai datori di lavoro, ai dirigenti ed ai preposti (Responsabili dell’attività della didattica e della ricerca – D.M. 363/98) di:

"Rendere edotti i lavoratori nell’ambito di un programma di formazione finalizzato alla radioprotezione, in relazione alle mansioni cui essi sono addetti, dei rischi specifici cui sono esposti, delle norme dl protezione sanitaria, delle conseguenze derivanti dalla mancata osservanza delle prescrizioni mediche, delle modalità di esecuzione del lavoro e delle norme interne...“

L’art. 68 della stessa normative, sancisce gli obblighi del lavoratori, i quali debbono:

a) osservare le disposizioni impartite dal datore di lavoro o dal suo incaricato ai fini della protezione individuale e collettiva e della sicurezza, a seconda delle mansioni alle quali sono addetti;

b) usare secondo le specifiche istruzioni i dispositivi di sicurezza, i mezzi di protezione e di sorveglianza dosimetrica predisposti o forniti dal datore di lavoro;

c) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei dispositivi e dei mezzi di sicurezza, di protezione e di sorveglianza dosimetrica, nonché le eventuali condizioni di pericolo di cui vengono a conoscenza;

d) non rimuovere nè modificare, senza averne ottenuto l’autorizzazione, i dispositivi e gli altri mezzi di sicurezza, di segnalazione, di protezione e di misurazione;

e) non compiere, di propria iniziativa, operazioni o manovre che non sono di loro competenza o che possono compromettere la protezione e la sicurezza;

f) sottoporsi alla sorveglianza medica ai sensi della normativa vigente.

Tra di essi quelli che svolgono, per più datori dl lavoro, attività che li espongano al rischio di radiazioni ionizzanti, debbono “rendere edotto ciascun datore di lavoro delle attività svolte presso gli altri ... e … analoga dichiarazione deve essere resa per eventuali attività pregresse. I lavoratori esterni sono tenuti ad esibire il libretto personale di radioprotezione all’esercente le zone controllate prima di effettuare le prestazioni per le quali sono stati chiamati.

L’Art 69, comma 2) stabilisce inoltre che "è fatto obbligo alle lavoratrici di notificare al datore di lavoro il proprio stato di gestazione, non appena accertato".

Lo scopo del documento e al tempo stesso di contribuire all'adempimento di quanto previsto dell'Art. 61, comma 3 lettera e) e di richiamare l'attenzione sulla necessita di un attento rispetto da parte dei lavoratori degli obblighi loro imposti dagli Art. 68 e 69.

GENERALITA’ SULLE RADIAZIONI IONIZZANTI

Per comprendere la natura delle radiazioni ionizzanti è opportuno richiamare alcune nozioni fondamentali sulle struttura dell'atomo.

L'atomo, che è la più piccola parte di un elemento che mantiene le caratteristiche dell’elemento stesso, si comporta come un sistema solare in miniatura: è composto da un nucleo (sole) e di particelle più leggere, gli elettroni (pianeti), che gli ruotano intorno in orbite. Nel nucleo, che ha un volume infinitesimo rispetto a quello dell'intero atomo, è concentrata quasi tutta la sua massa. Esso è costituito da particelle con carica elettrica positiva, (i protoni) e dai neutroni, elettricamente neutri. Protoni e neutroni hanno una massa all'incirca 1840 volte maggiore rispetto a quella degli elettroni. Il numero di protoni determina l’elemento cui l'atomo appartiene: un atomo di idrogeno ha un solo protone, un atomo di ossigeno ne ha 8, un atomo di uranio 92. Dato che ogni atomo ha lo stesso numero di protoni ed elettroni, risulta elettricamente neutro. Gli atomi di uno stesso elemento hanno sempre lo stesso numero di protoni, ma possono avere un diverso numero di neutroni, dando origine ai vari “isotopi” di quell'elemento. Essi sono quindi identificati dal numero totale di particelle presenti nel nucleo. Ad esempio l'uranio - 238 ha 92 protoni e 146 neutroni, l’uranio - 235 ha 92 protoni ma 143 neutroni e così via. In generale un isotopo il cui simbolo sia Y e rappresentato da ZYA, in cui Z (numero atomico) indica il numero di protoni e degli elettroni, A (numero di massa) indica il numero totale di particelle presenti e N= A-Z indica il numero di neutroni. Alcuni isotopi sono stabili e come tali rimangono inalterati nel tempo, ma i più sono instabili e manifestano la loro instabilità mutando la loro natura, fino a trasformarsi in isotopi stabili. In natura si hanno molti processi di trasformazione o, con termine tecnico, di "decadimento" con grande varietà di schemi e combinazioni. Queste trasformazioni avvengono con emissione di energia sotto forma di radiazioni: ad esempio con emissione di un gruppo di due protoni e due neutroni (radiazione alfa), di un elettrone (radiazione beta), ma si possono avere anche emissioni di neutroni, protoni, etc... Di solito l’isotopo è talmente eccitato che per portarsi ad uno stato stabile non è sufficiente l’emissione di particelle; in tal caso emette pura energia in forma elettromagnetica (radiazione gamma).

L‘intero processo di trasformazione e chiamato “radioattività ” e gli isotopi instabili sono detti radioisotopi o anche radionuclidi. Ciascun radionuclide ha un proprio tempo di decadimento necessario per trasformarsi in un isotopo stabile. Si definisce a tal fine il cosiddetto tempo di dimezzamento, che rappresenta il tempo caratteristico affinché il numero di nuclei radioattivi presenti si dimezzi. Tale tempo può essere compreso tra la frazione di secondo e i miliardi di anni. Il numero di trasformazioni che avvengono in un secondo in una data quantità di materiale radioattivo costituisce la sua “attività”. L'attività si misura in becquerel (Bq), in omaggio all’uomo che scoprì il fenomeno;1 Bq corrisponde ad una trasformazione (disintegrazione) al secondo. Si utilizzano il Bq·cm-2, ed il Bq·cm-3 quando l’attività è riferita ad una superficie o ad un volume, come, ad esempio, nel caso della contaminazione di un banco di laboratorio o di quella dell’aria di un laboratorio. Allo stesso modo nel caso di matrici ambientali (per esempio: alimenti, suolo, etc.) ci si riferisce all'attività per unità di massa (Bq·kg-1).

Ciascun radionuclide si caratterizza quindi per il tipo di radiazioni emesse e per il tempo di dimezzamento. I diversi tipi di radiazioni sono emessi con diversi valori di energia, che si misura in joule (J) o più diffusamente, nella fisica delle radiazioni, in elettronvolt (eV). Un eV è l'energia che una carica elementare (elettrone o protone) acquista attraversando una differenza di potenziale di 1 volt.

Le radiazioni, oltrechè da energie associate diverse, sono caratterizzate anche da una diversa capacità di penetrazione nello spazio e/o in un dato materiale, da cui possono derivare effetti diversi sulla materia e sull’uomo. Ad esempio, la radiazione alfa, è composta da una particella con un a massa elevata ( con la sua componente pesante di neutroni), è fermata in meno di 10 cm di aria oppure da un semplice foglio di carta. Soltanto radiazioni alfa di energia maggiore di 7 MeV sono in grado di raggiungere i 70 µm di profondità

dello strato germinativo della cute. Come tali non sono, in genere, pericolose almeno fintantoché le relative sorgenti restano all'esterno del corpo; nel caso in cui risultino introdotte nell'organismo (per inalazione, ingestione o attraverso ferite aperte) la loro pericolosità aumenta notevolmente, in quanto tutta la loro energia viene ad essere ceduta agli organi ed ai tessuti interni del corpo umano.

La radiazione beta ha, invece, uno spettro energetico continuo, che si estende fino ad una energia massima tipica di ciascun radioisotopo con un'energia media pari a circa un terzo di quella massima. Anche se le radiazioni beta (e gli elettroni) hanno una modesta capacità di penetrazione della materia, i loro percorsi sono comunque assai maggiori di quelli delle alfa (fino a 4 m in aria o 4 mm in acqua per elettroni da 1 MeV). Soltanto particelle con energia maggiore di 70 keV riescono a raggiungere lo strato germinativo della cute.

La radiazione gamma, che viaggia alla velocità della luce, è invece estremamente penetrante e può attraversare una spessa lastra di piombo o calcestruzzo e quindi ancor più facilmente il corpo umano.

I neutroni, infine, nell’attraversamento di un materiale, perdono energia tramite le interazioni con i nuclei degli atomi del materiale. Nel caso del tessuto biologico, per energie dei neutroni comprese tra circa 10 keV e 10 MeV, il principale meccanismo di interazione è la diffusione elastica con la messa in moto di nuclei di rinculo, principalmente i protoni dell’idrogeno. A energie molto basse (al di sotto di 0,5 eV) prevalgono invece le reazioni di cattura da parte dei nuclei, con emissione di radiazioni gamma e altre particelle.

In base a questa diversa capacità di penetrazione dei vari tipi di radiazioni, sono conseguentemente individuabili i materiali da interporre tra la sorgente di radiazioni e il corpo umano per ridurre gli effetti derivanti dal conseguente assorbimento di energia. E’ l’energia delle radiazioni che può originare il danno sull’organismo attraverso i processi fisici di ionizzazione e/o eccitazione degli atomi e delle molecole dei tessuti biologici colpiti. Le particelle cariche (elettroni, radiazioni alfa, radiazioni beta, etc.) sono delle particelle o radiazioni direttamente ionizzanti, in quanto per interazione elettrostatica con gli elettroni atomici del materiale, ne provocano il distacco dagli atomi e dalle molecole, (che pertanto divengono ioni). Sono invece chiamate radiazioni indirettamente ionizzanti i fotoni (le radiazioni gamma e i raggi X prodotti dalle macchine radiogene) e le particelle prive di carica elettrica (i neutroni) che, interagendo con la materia, possono produrre particelle direttamente ionizzanti o dare luogo a reazioni nucleari capaci di produrre lo stesso effetto.

Oltre al fenomeno della ionizzazione, nell’interazione delle radiazioni ionizzanti con la materia, può aversi anche quello dell’eccitazione. Attraverso tale fenomeno all'atomo o alla molecola viene ceduta energia cinetica sufficiente soltanto per passare dallo stato fondamentale ad un livello energetico eccitato con rottura delle molecole e creazione di radicali liberi, etc...

SORGENTI DI RADIAZIONI IONIZZANTI

Sorgenti naturali

L'uomo è stato costantemente esposto alle radiazioni di origine naturale dovute alla presenza di radionuclidi nelle rocce e nei materiali della crosta terrestre e ai raggi cosmici, che nel loro insieme costituiscono il fondo naturale di radiazioni. I raggi cosmici sono costituiti principalmente da particelle cariche positivamente quali protoni, alfa, nuclei pesanti e la loro interazione con l’atmosfera terrestre (nei cui strati più alti vengono assorbiti) comporta l’emissione di radiazioni secondarie costituite da mesoni, elettroni, fotoni, protoni e neutroni che, a loro volta, possono dare origine ad altre particelle secondarie. L’importanza dei loro effetti aumenta con l'altitudine, con il ridursi dello spessore d'aria che fa da schermo nei confronti dell’uomo. Nella superficie terrestre, i principali radionuclidi presenti sono il K-40, il Rb-87 e gli elementi delle due serie radioattive dell’U-238 e del Th-232, la cui concentrazione può variare anche notevolmente da luogo a luogo e secondo della conformazione geologica del sito.

Nell'aria possono risultare presenti il radon e il toron, due gas appartenenti alle famiglie dell’Uranio e del Torio che, (particolarmente per quanto riguarda il radon) possano risultare emessi in misura importante anche da alcuni particolari materiali da costruzione (tufo, pozzolana, granito, etc.) e la cui concentrazione in aria, in base alle condizioni ambientali, può variare anche fortemente. La radioattività naturale nelle acque è quella derivante dal trasferimento nelle acque superficiali delle sostanze radioattive dell’aria e quella delle acque di drenaggio che convogliano nei bacini idrici le sostanze radioattive presenti nel suolo e/o nelle rocce. Attraverso la catena alimentare entrano nel corpo umano piccole quantità di sostanze radioattive. La presenza di tracce di K-40, il Ra-226, il Ra-228 e il C-14, rende l'uomo stesso una sorgente naturale lievemente radioattiva.

Il D. Lgs. 230/95 con le sue più recenti modifiche ed integrazioni, all’Art. 10 bis, prevede che si debbano adottare le necessarie misure di protezione anche in quelle attività lavorative nelle quali la presenza di sorgenti di radiazioni naturali conduce ad un significativo aumento dell’esposizione dei lavoratori o di persone del pubblico, che non può essere trascurato dal punto di vista della radioprotezione. Tra le altre sono da sottolineare:

- attività lavorative nelle quali i lavoratori e, eventualmente, persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del radon o del toron, o a radiazioni gamma o a ogni altra esposizione in particolari luoghi di lavoro quali tunnel, sottovie, catacombe, grotte e, comunque, in tutti i luoghi di lavoro sotterranei;

- attività lavorative in stabilimenti termali o attività estrattive non diversamente disciplinate;

- attività lavorative su aerei per quanto riguarda il personale navigante.

Sorgenti artificiali

La radioattività, come precisato, può essere indotta anche in modo artificiale attraverso delle reazioni nucleari. Si ha una reazione nucleare propriamente detta, quando delle particelle (protoni, neutroni, alfa) colpiscono i nuclei della materia: il nucleo colpito assorbe la particella incidente ed in genere ne emette un’altra o più di una, restando modificato nella sua struttura. Queste reazioni sono oggi possibili con gli acceleratori di particelle che consentono la produzione di un grandissimo numero di radioisotopi artificiali. Un’altra importantissima sorgente artificiale di radiazioni ionizzanti è costituita dalle cosiddette macchine radiogene ovvero quelle apparecchiature nelle quali vengono accelerate particelle elementari cariche, che incidendo su opportuni bersagli, producono i fasci di radiazione da utilizzare. Il diffusissimo tubo a raggi X,

ad esempio, è, di fatto, un piccolo acceleratore di elettroni che, emessi da un filamento riscaldato, vengono accelerati verso l'anodo per mezzo di una differenza di potenziale. Una volta giunti sull’anodo, essi danno origine a raggi X di frenamento di tutte le energie, fino a quella degli elettroni incidenti, ai quali si aggiungono i raggi X caratteristici dell'elemento di cui è costituito l'anodo stesso. Una delle più note sorgenti artificiali è però sicuramente quella costituita dagli impianti nucleari per la produzione di energia elettrica, che in vari paesi rappresentano gli impianti industriali di maggiore rilevanza. Anche molti strumenti e apparecchiature scientifiche contengono sorgenti di radiazioni ionizzanti, le cui caratteristiche ne consentono l’impiego in vari campi della ricerca scientifica e nell'industria (rivelatori di livello, rivelatori di umidità e contenuto d'acqua, etc. o controllo dei difetti nelle saldature e nelle strutture di fusione, sterilizzazione di derrate alimentari, etc.). Nel campo medico é da ricordare l'impiego di radioisotopi nella diagnostica della medicina nucleare e nella radioterapia, oltreché delle macchine radiogene che, oltre agli storici tubi a raggi X, oggi comprendono sofisticate apparecchiature di diagnostica per immagini mediante raggi X e gamma tra i quali i tomografi.

GRANDEZZE FISICHE E UNITA’ DI MISURA

Qualunque sia la modalità di esposizione (esterna quando la sorgente di radiazioni resta all'esterno del corpo o interna nel caso di introduzione per inalazione, ingestione o assorbimento cutaneo), l’interazione delle radiazioni ionizzanti con l’organo irradiato comporta un assorbimento di energia o reazioni chimiche che generano un danno biologico a livello delle cellule, del tessuto o del corpo intero. L’alterazione delle cellule può aversi per reazione meccanica dell'urto, per il fenomeno fisico della ionizzazione, per rottura dei legami atomici e degli anelli molecolari, oppure per reazioni chimiche di ossidoriduzione. Gli effetti delle radiazioni sono in ogni caso riconducibili alla quantità di energia assorbita per unità di massa del tessuto biologico. La grandezza che tiene conto di questo è la dose assorbita, D, data del rapporto tra dE e dm, in cui dE è la quantità di energia da radiazioni ionizzanti assorbita dalla materia in un elemento volumetrico e dm la massa di materia in esso contenuta. La dose assorbita si misura in gray (Gy). Un gray corrisponde all’assorbimento di un joule in un kg di materia (1Gy =1 J kg-1).

Si definisce intensità o rateo di dose assorbita, la dose assorbita per unità di tempo. Essa si misura in Gy·s-1, o più spesso con il suo sottomultiplo µGy·h-1.

La dose assorbita non è però sufficiente per valutare gli effetti biologici delle radiazioni, dato che il rischio da esposizione alle radiazioni ionizzanti dipende anche dal tipo di radiazione incidente (una dose di radiazione alfa, ad esempio, è molto più dannosa della stessa dose di radiazione beta o gamma) e dalla radiosensibilità dei vari organi e tessuti irradiati. Si tiene conto della diversa pericolosità delle radiazioni incidenti attraverso il cosiddetto fattore di ponderazione delle radiazioni, wR (già fattore di qualità della radiazione Q), un fattore che esprime la pericolosità delle radiazione rispetto ai fotoni, ai quali viene assegnato per definizione un wR uguale a 1. II prodotto della dose assorbita in un organo o tessuto DT, per il fattore di ponderazione wR, prende il nome di dose equivalente nel tessuto o organo, HT (HT= wR DT), che si misura in sievert (Sv). Le "alfa" sono le più pericolose avendo un wR = 20, mentre il wR dei neutroni assume valori compresi tra 5 e 20, a seconda dell’energia. l valori dei wR sono fissati dalla normativa per i vari tipi di radiazioni e per le varie energie. Come per la dose assorbita si definisce l’intensità o rateo di dose equivalente ci si riferisce all’equivalente di dose ricevuto nell’unità di tempo, che si esprime in Sv.s-1, o più comunemente in µSv.h-1.

Della diversa radiosensibilità dei diversi organi e tessuti del corpo umano per gli effetti stocastici, si tiene conto introducendo la cosiddetta dose efficace, E, che è data dalla somma delle dosi equivalenti medie nei diversi organi e tessuti, HT, ciascuna moltiplicata per un fattore di peso, wT, che dipende dalla diversa radiosensibilità degli organi e tessuti irraggiati. Anche la dose efficace si esprime in Sv.

Nel caso di esposizione interna, l’irraggiamento si protrae fin quando il radionuclide introdotto è presente nel corpo. La dose ricevuta da un certo organo o tessuto in tale periodo è detta dose equivalente impegnata. Per i lavoratori, il calcolo della dose impegnata viene effettuato su un periodo di 50 anni a partire dall’introduzione. Si deve osservare che, poiché l'elemento al quale il radionuclide appartiene ha un dato ricambio biologico all’interno dell’organismo, si definisce un periodo di dimezzamento biologico che, insieme a quello radioattivo, concorre a determinare il periodo di dimezzamento efficace, ovvero il tempo effettivamente necessario perché la quantità della sostanza radioattiva si riduca alla metà.

Nella tabella seguente (Tab.1) sono riportati i valori assunti nel D.Lgs. 230/95 per wR e per wT.

Tipo di radiazione WR Organi WT Fotoni, tutte le energie 1 Gonadi 0,20 Elettroni e muoni, tutte le energie 1 Midollo osseo (rosso) 0,12 Neutroni di E (energia) < 10 keV 5 Colon 0,12 Neutroni con 10≤ E(KeV) ≤ 100 10 Polmone 0,12 Neutroni con 0,1< E(KeV) ≤ 2 20 Stomaco 0,12 Neutroni con E(MeV) > 20 5 Vescica 0,05 Protoni 5 Mammelle 0,05 Particelle alfa, frammenti di fissione Nuclei pesanti

20 Fegato 0,05

Esofago 0,05 Tiroide 0,05 Pelle 0,01 Superficie ossea 0,01 Rimanenti organi 0,05

Tabella 1 – Valori del fattore di ponderazione wR e di radiosensibilità degli organi wT

EFFETTI DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI SULL’UOMO

L’esposizione elle radiazioni ionizzanti può essere di tipo acuto, come si verifica nel caso di elevate intensità di dose in periodi di breve durata, o di tipo cronico con esposizioni a bassi valori di intensità di dose per lunghi periodi, come avviene normalmente nelle pratica lavorativa. I possibili effetti sull'uomo sono conseguentemente di entità e di tipo diverso e vengono normalmente distinti in tre principali categorie:

e) danni somatici deterministici;

b) danni somatici stocastici;

c) danni genetici stocastici.

Mentre i danni somatici sono quelli che concernono esclusivamente l’individuo irradiato, quelli genetici possono riguardare anche la sua progenie.

I danni somatici deterministici (o non stocastici) sono quelli per i quali la frequenza di manifestazione e la gravità variano con la dose e che si manifestano se viene superato un determinato valore di dose (dose- soglia). Sono in genere di tipo immediato, nel senso che si manifestano con un periodo di latenza breve (pochi giorni o qualche settimane), rispetto al momento in cui è avvenuta l’esposizione acuta, anche se in alcuni casi l’insorgenza può avvenire in modo tardivo (qualche mese, alcuni anni). Tra i danni somatici deterministici sono da citare, ed esempio, la cataratta, la sindrome acuta da radiazioni, l’infertilità.

Danni somatici probabilistici (o stocastici) sono invece le leucemie e i tumori solidi, che possono manifestarsi, in modo causale, in una piccola frazione degli individui irradiati, anche molto tempo dopo

l’esposizione cronica (anni o decenni). Tali danni non richiedono pertanto il superamento di un valore soglia di dose e sono come suole dirsi “senza soglia”.

Anche se a tutt’oggi non é scientificamente provato che nella specie umana le radiazioni ionizzanti possano produrre danni genetici, studi sperimentali su specie diverse indicano, comunque, che tali danni possono di fatto insorgere. Questi danni coinvolgono il patrimonio ereditario dell’individuo irradiato in età fertile (e quindi la progenie) e sono anch'essi di tipo stocastico (mutazioni geniche e aberrazioni cromosomiche).

L'esposizione alle radiazioni ionizzanti dell’embrione e del feto, può causare effetti di intensità variabile e dipendenti dal momento in cui è avvenuta l’irradiazione. Possono aversi:

- effetti del tipo “tutto-o-niente” (morte o nessun effetto) prima dell'impianto dell’embrione;

- malformazioni di organi nel periodo di organogenesi in cui si formano gli abbozzi dei vari organi e tessuti (fino alla fine del 2° mese di gravidanza);

- effetti di tipo stocastico, quali neoplasie (soprattutto leucemie), che si manifestano alla nascita o in epoche post-natale o sviluppo difettoso del sistema nervoso centrale (ritardo mentale), dall'inizio del 3° mese fino alla nascita. In tale periodo, la frequenza e la gravità delle malformazioni diminuiscono.

Tabella 2 - Corrispondenza tra dose ed effetto clinico

DOSE O RATEO DI DOSE EFFETTI CLINICI

1000 Sv Decesso in pochi secondi

100 Sv Decesso in pochi minuti o ore

10 Sv Decesso in 30-60 giorni

1 Sv Lievi sintomi; nessun decesso

0.1 Sv Effetti deboli e non rilevabili

0.1 Sv/gg Decesso in 3-6 mesi

0.01 Sv/gg Decesso in 3-6 anni

5 x 10 -6 Sv/gg (fondo naturale medio) Nessun effetto accertato

2 x 10 -6 Sv/gg (fondo gamma) Nessun effetto accertato

2,7 x 10 -6 Sv/gg (dose max) Nessun effetto accertato

2,7 x 10 -5 Sv/gg (dose max naturale) Nessun effetto accertato

PRINCIPI DI RADIOPROTEZIONE

In ragione dei rischi derivanti dell’esposizione alle radiazioni ionizzanti, l’ICRP (Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica) ha elaborato, nel corso di alcuni decenni, un sistema di limitazione delle dosi ai fini della radioprotezione che è basato su tre principi fondamentali:

1) principio di giustificazione della pratica (attività);

2) principio di ottimizzazione della protezione;

3) principio della limitazione delle dosi individuali.

Questi principi sono stati recepiti nella normativa attraverso l’Art. 2 del D.Lgs. 230/95, che stabilisce che:

1. nuovi tipi o nuove categorie di pratiche che comportano un’esposizione alle radiazioni ionizzanti, debbono essere giustificati anteriormente alla loro prima adozione o approvazione dei loro vantaggi economici, sociali o di altro tipo rispetto al deterimento sanitario che ne può derivare;

2. i tipi o le categorie di pratiche esistenti sono sottoposti a verifica per quanto concerne gli aspetti di giustificazione ogniqualvolta emergano nuove ed importanti prove della loro efficacia e delle loro conseguenze;

3. qualsiasi pratica deve essere svolta in modo da mantenere l'esposizione al livello più basso ragionevolmente ottenibile, tenuto conto dei fattori economici e sociali (ALARA);

4. la somma delle dosi derivanti da tutte le pratiche non deve superare i limiti di dose stabiliti per i lavoratori esposti, gli apprendisti, gli studenti e gli individui della popolazione.

A titolo informativo è opportuno precisare che quanto indicato al punto 4 non si applica nel caso di:

a) esposizione di pazienti nell'ambito di un esame diagnostico o di una terapia che li concerne;

b) esposizione di persone che coscientemente e volontariamente collaborano a titolo non professionale al sostegno e all‘assistenza di pazienti sottoposti a terapia o a diagnosi medica;

c) esposizione di volontari che prendono parte a programmi dl ricerca medica o biomedica, essendo tale esposizione disciplinata da altro provvedimento legislativo.

ll rispetto del principio di ottimizzazione (di cui al punto 3) indirizza e condiziona la scelta delle modalità di impiego delle sorgenti di radiazioni ionizzanti e tutto l'insieme delle pratiche operative, con l’obiettivo di rendere meno elevati possibile i valori di dose per i lavoratori esposti e le persone del pubblico, per la difesa della salute dei quali il quarto principio fissa i valori massimi di dose da non superare.

In base all’Allegato IV del D.Lgs. 230/95, per i lavoratori esposti e per gli apprendisti e studenti di età non inferiore a 18 anni, tali limiti, in un anno solare, sono di:

• 20 mSv di dose efficace;

• 150 mSv/anno di dose equivalente al cristallino;

• 500 mSv/anno di dose equivalente alla pelle;

• 500 mSv/anno di dose equivalente a mani, avambracci, piedi, caviglie.

Per i lavoratori non esposti e per gli individui della popolazione, in un anno solare, i limiti sono di:

• 1 mSv/anno di dose efficace;

• 15 mSv/anno di dose equivalente al cristallino;

• 50 mSv/anno di dose equivalente alla pelle.

In caso di esposizione interna, sono previsti dei coefficienti di dose impegnata per unità di introduzione di radionuclidi nell'organismo umano per i lavoratori e per i gli individui della popolazione (suddivisi in classi di età).

Per il rispetto del principio di ottimizzazione, si può semplicemente osservare che nel caso di irradiazione esterna, quale quella derivante dall’impiego di sorgenti sigillate e/o macchine radiogene, i provvedimenti da adottare per ridurre l’esposizione e conseguentemente la dose sono piuttosto semplici: essi consistono infatti nello:

a) schermare la sorgente;

b) aumentare la distanza tra la sorgente e la persona esposta;

c) diminuire il tempo di esposizione.

Le azioni sopra indicate restano valide, per quanto applicabili, anche nel caso della manipolazione di sorgenti non sigillate. Diviene peraltro importante seguire appropriate procedure di igiene del lavoro (uso di indumenti protettivi, etc.) che rendano di fatto del tutto improbabile l’introduzione della contaminazione nell’organismo umano.

II conseguimento più generale degli obiettivi del sistema di radioprotezione radiologica, che sinteticamente possono essere riassunti nella messa in atto di tutte le azioni atte a prevenire i danni deterministici e a limitare il rischio di quelli stocastici, sono demandati all’organizzazione della radioprotezione e in particolare alle azioni della sorveglianza fisica e medica della radioprotezione.

La sorveglianza fisica è l'insieme dei dispositivi adottati, delle valutazioni, delle misure e degli esami effettuati, delle indicazioni fornite e dei provvedimenti formulati dall’esperto qualificato, al fine di garantire la protezione sanitaria dei lavoratori della popolazione.

La sorveglianza medica, invece, è l’insieme delle visite mediche delle indagini specialistiche e di laboratorio, dei provvedimenti sanitari adottati dal medico (autorizzato o competente) al fine di garantire la protezione sanitaria dei lavoratori esposti alle radiazioni ionizzanti.

STRUMENTI OPERATIVI DI SORVEGLIANZA FISICA

L’esperto qualificato è definito, secondo l`art. 4 del D, Lgs. 230/95: “persona che possiede le cognizioni e l’addestramento necessari sia per effettuare misurazioni esami, verifiche o valutazioni di carattere fisico, teorico o radiotossicologico, sia per assicurare il corretto funzionamento dei dispositivi di protezione, sia per fornire tutte le altre indicazioni e formulare provvedimenti atti a garantire la sorveglianza fisica della protezione dei lavoratori e della popolazione”.

In questa sua veste fornisce al datore di lavoro una consulenza, in merito alla valutazione dei rischi che l’attività comporta e ai relativi provvedimenti di radioprotezione da adottare. Rientrano tra le competenze dell’esperto qualificato una serie di azioni organizzative generali e di collaborazione con il datore di lavoro, le principali delle quali riguardano:

• la classificazione delle aree con rischio da radiazioni ionizzanti;

• la classificazione del personale ai fini delle radioprotezione;

• la predisposizione delle norme interne di radioprotezione;

• la predisposizione di un programma di informazione e formazione, finalizzato alla radioprotezione, allo scopo di rendere il personale edotto dei rischi specifici a cui e esposto.

L'esperto qualificato, tra l’altro, deve (Art. 79 D. Lgs. 230/95):

• esaminare i progetti degli impianti, rilasciando il relativo benestare;

• provvedere ad effettuare il collaudo e la prima verifica degli impianti;

• verificare periodicamente l’efficacia dei dispositivi ovvero delle tecniche di radioprotezione;

• effettuare il controllo periodico del buon funzionamento della strumentazione di radioprotezione;

• effettuare la sorveglianza ambientale;

• valutare le dosi ricevute e le introduzioni di radionuclidi relativamente ai lavoratori esposti;

• procedere alla valutazione, sia in fase di progetto che di esercizio delle dosi ricevute o impegnate dai gruppi di riferimento della popolazione, in condizioni normali di lavoro e nel caso di incidenti.

Classificazione delle aree

Per quanto riguarda la classificazione delle aree di lavoro in cui si svolgano attività che comportino esposizione alle radiazioni ionizzanti, la normativa vigente definisce “Zona classificata: ambiente di lavoro sottoposto a regolamentazione per motivi di protezione contro le radiazioni ionizzanti. Le zone classificate possono essere zone controllate o zone sorvegliate”.

E’ classificata zona sorvegliata ogni area di lavoro che non debba essere classificata zona controllata e nella quale sussista, per i lavoratori, il rischio di superamento di uno qualsiasi dei limiti di dose fissati per gli individui della popolazione. Secondo quanto previsto dalla legislazione “nell'accertamento delle condizioni di cui sopra, l’esperto qualificato deve tener conto del rischio di esposizione interna ed esterna, derivante dalla normale attività lavorativa programmata nonché dal contributo delle esposizioni potenziali conseguenti a eventi anomali e malfunzionamenti che siano suscettibili di aumentare le dosi derivanti da detta normale attività lavorativa programmata”.

In alcuni casi (impianti dl irraggiamento materiali, grandi sorgenti radioattive), possono aversi zone interdette nelle quali, a cause dell’elevato valore del rateo di dose, sono necessarie specifiche procedure di accesso e appositi sistemi di sicurezza (microinterruitori sulle porte di accesso, segnalatori luminosi, etc,).

Tutte le zone classificate e quelle interdette sono segnalate mediante appositi cartelli in corrispondenza dell’ingresso.

Si riportano due esempi di norme interne, rispettivamente per un laboratorio dove si utilizzino isotopi in forma non sigillata e per un laboratorio dove si usino apparecchiature a raggi X (diffrattometri o cristallografi).

NORME DI SICUREZZA PER L'USO DEI RADIOISOTOPI

Copia di queste norme deve essere affissa nel laboratorio

1) CONSERVARE I RADIONUCLIDI IN ARMADI O FRIGORIFERI CHIUSI E CONTRASSEGNATI.

2) OPERARE IN ZONE DELIMITATE O SU VASSOI A BORDO RIALZATO INDOSSANDO GUANTI A PERDERE, PIPETTE AUTOMATICHE E VETRERIA DEBITAMENTE CONTRASSEGNATA.

3) NON MANGIARE, BERE, FUMARE NEL LABORATORIO ADIBITO ALL'USO DI ISOTOPI.

4) INDOSSARE CAPPE CONTRASSEGNATE CHE DEVONO ESSERE CONSERVATE NEL LABORATORIO, ABITI ED EFFETTI PERSONALI DOVRANNO ESSERE CONSERVATI ALL'ESTERNO DELLA ZONA SORVEGLIATA.

5) IL TRASPORTO DI CAMPIONI ATTIVI DEVE AVVENIRE IN RECIPIENTI CHIUSI ED INFRANGIBILI OD IN VASSOI A BORDO RIALZATO CONTRASSEGNATI E FACILMENTE DECONTAMINABILI.

6) NON DEVE ESSERE EFFETTUATO ALCUN SCARICO DIRETTO IN RETE FOGNARIA. GLI ISOTOPI UTILIZZATI DOVRANNO ESSERE RACCOLTI IN APPOSITI RECIPIENTI FORNITI DALLA DITTA INCARICATA DEL RITIRO PERIODICO, SUDDIVISI PER TIPO DI ISOTOPO E DI RIFIUTO (SOLIDO, LIQUIDO). EVENTUALI SMALTIMENTI IN

ESENZIONE DOVRANNO ESSERE AUTORIZZATI DALL’ESPERTO QUALIFICATO.

7) DEVE ESSERE ISTITUITO E TENUTO CONTINUAMENTE AGGIORNATO UN ELENCO DEI NUCLIDI DETENUTI, SUDDIVISO TRA NUCLIDE DA USARE E NUCLIDE USATO E PRONTO PER LO SMALTIMENTO. DEVE ESSERE TENUTO CONTO DEGLI ACQUISTI, DELL'USO (INDICANDO L'OPERATORE) E DELL'ALLONTANAMENTO TRAMITE DITTA AUTORIZZATA.

8) DOPO OGNI SERIE DI OPERAZIONI, EFFETTUARE UNA PROVA DI CONTAMINAZIONE RESIDUA SUL BANCO E SULLE ATTREZZATURE USATE, MEDIANTE STROFINIO DI IDONEI TAMPONI CHE VERRANNO SOTTOPOSTI A CONTEGGIO CON LE STESSE APPARECCHIATURE E LA STESSA TARATURA USATE PER I CAMPIONI ORDINARI. I RISULTATI DELLE PROVE DI CONTAMINAZIONE DOVRANNO ESSERE ANNOTATI IN APPOSITO QUADERNO.

9) IL CONTROLLO DELLE IRRADIAZIONI E CONTAMINAZIONI DA PARTE DELL'ESPERTO QUALIFICATO AVVERRA' CON PERIODICITA' .................

NORME DI SICUREZZA PER L'USO DEI GENERATORI DI RAGGI X

Copia di queste norme deve essere affissa nel locale dove sono installati gli strumenti.

1) LA ZONA CONTROLLATA E' CONTENUTA ALL'INTERNO DEGLI SCHERMI.

2) SE GLI SCHERMI NON VENGONO RIMOSSI, L'USO DEGLI STRUMENTI NON COMPORTA RISCHIO DI ESPOSIZIONE APPREZZABILE.

3) L'USO PUO' ESSERE CONSENTITO A PERSONALE CLASSIFICATO COME NON ESPOSTO.

4) IL MONTAGGIO DEI CAMPIONI DEVE AVVENIRE CON I RAGGI SPENTI O CON LE FINESTRE CHIUSE. DOPO OGNI MODIFICA CONTROLLARE LE TENUTE DEGLI SCHERMI.

5) L'OPERATORE DEVE ASSICURARSI CHE LA LUCE ROSSA SULLA PORTA SIA ACCESA PRIMA DI DARE TENSIONE AGLI APPARECCHI ED AI TUBI RADIOGENI.

6) DURANTE L'ESECUZIONE DELLE MISURE OGNI PANNELLO DI PROTEZIONE DELL'APPARECCHIO DEVE RIMANERE IN POSIZIONE.

7) DURANTE L'ESECUZIONE DELLE MISURE E' CONSENTITO L'ACCESSO DI VISITATORI NEL LOCALE SOLO CON L'AUTORIZZAZIONE DEI RESPONSABILI.

8) L'EVENTUALE USO DEI CALCOLATORI ANNESSI ALLE APPARECCHIATURE DA PARTE DI PERSONALE NON CLASSIFICATO NON COMPORTA RISCHIO DI ESPOSIZIONE A CONDIZIONE CHE DURANTE TALE ATTIVITA' NON VENGANO RIMOSSI I PANNELLI SCHERMANTI SE NON PREVIA CHIUSURA DEGLI OTTURATORI O SPEGNIMENTO DEI RAGGI.

9) OGNI VARIAZIONE O INCIDENTE O SOSPETTO DI DOSE ELEVATA DEVE ESSERE TEMPESTIVAMENTE COMUNICATA ALL'ESPERTO QUALIFICATO SOTTOSCRITTO.

INFORMARE IMMEDIATAMENTE DI OGNI EVENTUALE LETTURA SIGNIFICATIVA DI DOSE RILEVATA AL RICEVIMENTO DEI CERTIFICATI DOSIMETRICI INVIATI DAL LABORATORIO INCARICATO.

10) IL CONTROLLO DELLE IRRADIAZIONI DA PARTE DELL'ESPERTO QUALIFICATO AVVERRA' CON PERIODICITA' .................

La periodicità (annuale, semestrale o altro) viene fissata dall’Esperto qualificato in base al tipo di attività ed al consumo di isotopi. Le norme devono essere firmate dall’Esperto qualificato e dal Datore di lavoro o dal responsabile del laboratorio, e devono essere affisse permanentemente nei locali.

Classificazione dei laboratori

Tipi di laboratori

I laboratori ed i reparti sono classificati di tipo 1, 2 o 3 in relazione all’attività ed alla radiotossicità dei radionuclidi in essi presenti o manipolati:

Laboratori di tipo 1

Sono laboratori realizzati specificamente per manipolare sorgenti radioattive di attività e di radiotossicità di cui al tabella 3.

Per questo tipo di laboratorio o reparto devono essere poste particolari attenzioni ai sistemi di sicurezza, di contenimento e di ventilazione dell’intero edificio in modo da stabilire un regime di depressione crescente andando dall’esterno verso l’interno del laboratorio dove il rischio di contaminazione è più alto.

Laboratori di tipo 2

Sono laboratori dove si manipolano sorgenti radioattive di attività e di radiotossicità di cui al tabella 3.

I criteri costruttivi riguardano in particolare i sistemi di ventilazione e di contenimento.

Laboratori di tipo 3

Sono laboratori dove si manipolano sorgenti radioattive di attività e di radiotossicità di cui al tabella 3.

Nei laboratori di questo tipo i principi di protezione dalle radiazioni ionizzanti adottati riguardano principalmente la manipolazione delle sorgenti radioattive, il loro contenimento w/o la loro eliminazione.

Attività nei laboratori

I valori di attività in funzione della radiotossicità, posti alla base della classificazione dei laboratori e dei reparti, sono indicati nel tabella 3.

Nel caso di miscele di radioisotopi appartenenti a gruppi diversi di radiotossicità, si deve verificare che la somma dei rapporti tra le attività di ciascun radioisotopo componente la miscela e l’attività limite fissata per ciascuno di essi non sia maggiore di uno.

Tabella 3 - Criteri di classificazione dei laboratori e dei reparti

Gruppo di radioisotopi

Radiotossicità Attività minima significativa Tipo di laboratorio o di reparto

3 2 1

Attività

I Molto elevata 3700 Bq (100 nCi) ≤370 kBq

(≤10 mCi)

370 kBq -370 MBq

(10 mCi-10 mCi)

> 370 MBq

(> 10 mCi)

II Elevata 37 kBq (1 mCi) ≤3700 kBq (≤100 mCi)

3700 kBq -3700 MBq

(100 mCi-100 mCi)

> 3700 MBq (> 100 mCi)

III Moderata 370 kBq (10 mCi) ≤37 MBq

(≤1 mCi)

37 MBq -37 GBq

(1mCi-1Ci)

> 37 GBq

(> 1Ci)

IV Debole 3700 kBq (100 mCi) ≤370 MBq (≤10 mCi)

370 MBq –370 GBq

(10mCi-10Ci)

> 370 GBq

(> 10 Ci)

*Al di sotto delle minime attività significative non si applicano i criteri di classificazione di tipo 1, 2 e 3.

Classificazione dei lavoratori

ll D. Lgs. 230/95 prevede diversi adempimenti di sorveglianza fisica e medica a seconda della categorie in cui i lavoratori esposti al rischio da radiazioni ionizzanti vengono classificati. La classificazione di radioprotezione, che l’esperto qualificato deve effettuare in base all’attività lavorativa previste prima del suo inizio, è un'operazione indispensabile per una corretta programmazione delle azioni di radioprotezione. Nell’Università di Genova, la classificazione viene effettuata sulla base dei dati riportati su di un’ apposita scheda di radioprotezione (https://intranet.unige.it/sicurezza/Radioprotezione.html). Tale scheda comprende:

• una serie di informazioni fornite direttamente dal lavoratore su eventuali attività pregresse e/o svolte contemporaneamente presso Enti diversi;

• dati forniti dal Responsabile della struttura (Direttore del dipartimento) sulla posizione dell'operatore (dipendente, studente, collaboratore esterno, etc.,) e sulla natura dell’attività lavorativa prevista.

In base all‘Allegato III del D. Lgs. 230/95, i lavoratori sono distinti in lavoratori esposti e lavoratori non esposti.

Sono classificati lavoratori esposti i soggetti che, in ragione dell’attività svolta per conto del datore di lavoro, sono suscettibili di superare in un anno solare uno o più del seguenti valori:

• 1 mSv di dose efficace;

• 75 mSv/anno di dose equivalente al cristallino;

• 50 mSv/anno di dose equivalente alla pelle;

• 50 mSv/anno di dose equivalente a mani, avambracci, piedi, caviglie.

Sono considerati lavoratori non esposti i soggetti sottoposti, in ragione dell’attività svolta per il datore di lavoro, ad un’esposizione non superiore ad uno qualsiasi dei limiti fissati per le persone del pubblico.

I lavoratori esposti devono essere ulteriormente suddivisi in due categorie: cat. A e cat. B.

Appartengono alla categoria A i lavoratori suscettibili di una esposizione superiore, in un anno solare, ad uno del seguenti valori:

• 6 mSv/anno di dose efficace;

• 45 mSv/anno psr il cristallino;

• 150 mSv/anno per la pelle, mani, avambracci, piedi, caviglie.

I lavoratori esposti non classificati in categoria A sono classificati in categoria B. ll D. Lgs. 230/95 ha introdotto la categoria degli apprendisti- studenti esposti al rischio da radiazioni ionizzanti che devono essere suddivisi in relazione all’età e al tipo dl attività lavorativa o di studio, nei seguenti gruppi:

a) apprendisti e studenti, di età non inferiore a 18 anni, che si avviano a una professione nel corso della quale saranno esposti alle radiazioni ionizzanti, o i cui studi implicano necessariamente l’impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti;

b) apprendisti e studenti, di età compresa tra 16 e 18 anni, che si trovino nelle condizioni di cui alla precedente lettera a);

c) apprendisti e studenti, di età inferiore a 16 anni,

Soltanto gli apprendisti e gli studenti di età non inferiore a 18 anni, di cui alla lettera a), possono essere classificati con le modalità previste per i lavoratori e quindi essere inclusi nelle categorie A e B o in quella dei lavoratori non esposti. Per i lavoratori e gli apprendisti-studenti classificati esposti, a cura del medico autorizzato o del medico competente, deve essere preventivamente accertata l’idoneità fisica allo svolgimento delle attività che comportino esposizione alle radiazioni ionizzanti. Una volta iniziata l’attività, per i lavoratori di categoria A sono previste la sorveglianza fisica individuale e con frequenza semestrale la sorveglianza medica da parte del medico autorizzato.

Per i lavoratori di categoria B, la sorveglianza fisica individuale può essere sostituita con quella ambientale, e i controlli medici da parte del medico autorizzato o del medico competente (medico addetto alla sorveglianza medica ai fini del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.) hanno frequenza annuale. Per i lavoratori in categoria “non esposti” non è obbligatoria la sorveglianza sanitaria secondo la norma vigente.

Gli organi preposti alla vigilanza (Agenzia nazionale per la protezione dell'Ambiente, Ministero del Lavoro e della previdenza sociale attraverso l' ispettorato del Lavoro e gli organi del servizio sanitario nazionale competenti per il territorio) e i medici addetti alla sorveglianza medica possono disporre che le visite periodiche siano ripetute con maggiore frequenza in tutti i casi in cui le condizioni di esposizione e lo stato di salute del lavoratori lo esigano (Art. 85 comma 2 del D. Lgs. 230/95). Sottoporsi alla sorveglianza medica è, per i lavoratori, un obbligo espressamente sancito dalla normativa (art. 20 del D. Lgs. 81/08 e s.m.i.).

In base alle risultanze della visita medica (preventiva e periodica) i lavoratori esposti possono essere dichiarati:

• idonei;

• idonei con prescrizioni;

• non idonei.

• idoneo con limitazioni/condizioni

Il medico comunica, per iscritto, il giudizio di idoneità al datore di lavoro, e al direttore del dipartimento il quale, in base all'art. 86 del citato D. Lgs.230/95 e s.m.i. - “ha l’obbligo di allontanare immediatamente dal lavoro comportante esposizione ai rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti i lavoratori che alla visita medica risultino, a giudizio del medico, non idonei”.

NORME INTERNE DI RADIOPROTEZIONE

Le norme interne di radioprotezione vengono predisposte dall’esperto qualificato ed emanate dal Responsabile (Direttore del dipartimento) della struttura. Esse devono risultare affisse nelle zone classificate e riportare sinteticamente:

• le regole de seguire per quanto attiene all’accesso e la permanenza;

• le precauzioni da porre in atto nelle manipolazione e l’utilizzo delle sorgenti radioattive;

• indicazioni sugli eventuali sistemi di segnalazione, sicurezza ed emergenza;

• indicazioni sulle responsabilità dei vari operatori;

• precisazioni sulle azioni da porre in atto in situazioni particolari;

• richiamo sui principali obblighi dei lavoratori.

I lavoratori sono tenuti ad osservare le disposizioni in esse contenute.

Controlli dosimetrici

La sorveglianza fisica dei lavoratori esposti viene effettuata mediante dosimetri, le cui letture vengono integrate con i risultati della dosimetria ambientale, per la registrazione sulle schede dosimetriche dei relativi valori delle dosi ricevute.

A seconda del tipo di attività, sono stabilite le situazioni nelle quali i dosimetri sono obbligatori e la periodicità con cui debbono essere sostituiti.

E' particolarmente importante una corretta utilizzazione dei dosimetri, in particolare:

• devono essere sempre impiegati durante l’attività lavorativa, ma non al di fuori di essa;

• quando non utilizzati, debbono essere conservati accuratamente in luogo distante da sorgenti di radiazioni e/o fonti di calore;

• l’eventuale smarrimento deve essere tempestivamente comunicato all’esperto qualificato;

• la restituzione e il ritiro dei dosimetri deve avvenire nel tempi e con le modalità disposte dall’esperto qualificato.

NORME Dl COMPORTAMENTO

La normativa vigente all’Art. 68 D. Lgs.230/95 e s.m.i., come riportato all’inizio del presente documento, definisce gli obblighi specifici dei lavoratori nello svolgimento delle attività con esposizione alle radiazioni ionizzanti e all‘Art. 139 le relative sanzioni in caso di mancato adempimento.

L’Art. 69 D. Lgs.230/95 e s.m.i. stabilisce poi disposizioni particolari per le lavoratrici, che:

• debbono notificare il proprio stato di gestazione, non appena accertato;

• se gestanti, non possono svolgere attività in zone classificate o comunque attività che potrebbero esporre il nascituro ad una dose che ecceda un mSv durante il periodo della gravidanza;

• in caso di allattamento, non possono essere adibite ad attività comportanti un rischio di contaminazione.

Ricordando che le norme di protezione e sicurezza, adeguate al rischio di radiazioni, debbono risultare consultabili nel luoghi dl lavoro ed in particolare nelle zone controllate, nel seguito sono indicate alcune regole generali di comportamento che, se rispettate, contribuiscono a soddisfare quanto previsto dal principio della ottimizzazione e, più in generale, a realizzare l'obiettivo di una adeguata protezione radiologica degli operatori:

• tenere sempre presente i rischi da irradiazione;

• è vietato rimuovere o manomettere i cartelli di delimitazione di area, di segnalazione di pericolo di irradiazione o contaminazione;

• l’accesso alle aree-classificate è consentito solo al personale addetto risultante da apposito elenco affisso all’ingresso;

• ogni variazione all‘attività lavorativa nelle singole aree classificate o di quella specifica dei singoli operatori, deve essere segnalata all'esperto qualificato per gli eventuali adempimenti del caso;

• laddove previsti, debbono essere correttamente impiegati i dispositivi di protezione e di controllo dosimetrico individuali.

Nell'impiego di diffrattometri:

• osservare le norme generali di sicurezza indicate nel manuale d’uso delle apparecchiature che deve risultare presente nel locale di impiego;

• non porre in atto operazioni che consentano l’accesso alla sorgente di raggi X e alle parti elettriche sotto tensione con generatore in funzione;

• richiedere alla ditta fornitrice o a quella incaricata della manutenzione l’effettuazione delle operazioni più complesse di taratura o centratura del fascio;

• non rimuovere o modificare i dispositivi di autoprotezione.

Nell’impiego di sorgenti sigillate:

• mettere in atto, compatibilmente con il tipo di attività da svolgere, tutte le azioni possibili (distanza, interposizione di materiali schermanti, tempi di esposizione) per ridurre al minimo l’esposizione;

• provvedere a conservare negli appositi depositi le sorgenti quando non utilizzate;

• laddove previsto, e secondo le indicazioni dell’esperto qualificato, provvedere a delimitare aree di lavoro in cui si faccia uso temporaneo di sorgenti.

Nell’impiego di sorgenti non sigillate, in aggiunta a quanto sopra indicato per le sorgenti sigillate, debbono essere poste in atto tutte le azioni per evitare o quantomeno ridurre al minimo le possibilità di contaminazione delle superficie di lavoro e degli operatori. In particolare:

• è severamente vietato fumare, bere, e mangiare nelle aree classificate;

• la manipolazione del materiale radioattivo deve essere eseguita entro le aree previste e sui banchi di lavoro appositamente protetti con materiale assorbente, da rimuovere al termine dell’impiego e da trattare, se nel caso, come rifiuto radioattivo;

• utilizzare guanti e/o indumenti protettivi adeguati all’attività da svolgere, prestando la massima attenzione a non trasferire l’eventuale contaminazione dei guanti alle altre superfici od oggetti, evitando in particolare di toccare telefoni, libri, etc.;

• è vietato pipettare le soluzioni radioattive con la bocca. Utilizzare le apposite propipette e/o pipette automatiche;

• le operazioni che possano comportare sviluppo di polvere, vapori o gas radioattivi debbono essere effettuate sotto cappa;

• nell’impiego di liquidi radioattivi utilizzare vassoi o recipienti idonei a contenere il materiale che possa eventualmente sversarsi;

• fare uso, per quanto possibile, di materiale monouso o, in caso contrario, procedere ad eventuale decontaminazione prima del riutilizzo;

• al termine del ciclo di impiego delle sostanze radioattive, procedere al controllo della contaminazione personale e superficiale nei punti di interesse delle singole aree di lavoro, segnalando al preposto eventuali contaminazioni presenti;

• effettuare l’eventuale trasferimento di materiale radioattivo soltanto entro aree autorizzate, mediante appositi contenitori, avendo cura di evitare possibili sversamenti;

• a fine giornata lavorativa assicurarsi di non lasciare cappa, lavandino, banco o altro in situazioni di contaminazione, effettuare test tampone. Deporre tutto il materiale negli appositi contenitori, armadi o frigoriferi specifici;

• provvedere a conservare i rifiuti radioattivi prodotti e a effettuarne lo smaltimento secondo le indicazioni dell’esperto qualificato;

• verificare periodicamente il buon stato di conservazione dei materiali per la decontaminazione personale e delle aree di lavoro;

• effettuare la decontaminazione personale secondo le indicazioni fornite dall'esperto qualificato. In particolare, evitare di estenderla con un lavaggio generale, limitandosi a lavare delicatamente la sola parte interessata con sapone neutro e abbondante lavaggio, ripetendo eventualmente l’operazione se il monitoraggio non ne conferma l’avvenuta rimozione;

• in caso di contaminazione persistente, e nel casi più gravi (contaminazione di naso, bocca e occhi, contaminazione con ferita e/o ustioni) rivolgersi al medico autorizzato/competente.

Da ricordare che debbono essere poste in atto tulle le norme antincendio previste dalla legislazione vigente (in particolare per quanto attiene alle caratteristiche strutturali del locale) e che le tecniche dl lavoro devono

essere tali da ridurre al minimo il rischio di incendio (presenza nei locali di solventi e materiali infiammabile, presenza dl sistemi estinguenti, etc.) e nel rispetto delle disposizioni impartite dall’Autorità che ha rilasciato il Nulla Osta all’impiego della sorgente di radiazioni. In caso di incendio, si deve in particolare:

• avvisare immediatamente Vigili del Fuoco e esperto qualificato;

• informare i Vigili del Fuoco sulla presenza e collocazione delle sorgenti radioattive;

• porre in atto tutte le precauzioni al fine di evitare la dispersione di sostanze radioattive nell’ambiente, rimuovendo, laddove possibile, le sorgenti radioattive dal luogo dell‘incendio;

• ridurre al minimo l'uso di acqua, per evitare la propagazione di eventuali contaminanti.

PROCEDURE DI DECONTAMINAZIONE

Si premette che i processi di decontaminazione tendenti a rimuovere il materiale contaminante da una superficie contaminata non possono raggiungere efficienze del 100%, specialmente se intercorre parecchio tempo fra la contaminazione e le operazioni di decontaminazione. Il tempo gioca infatti un ruolo determinante nella riuscita di qualsiasi processo di decontaminazione nel senso che, quanto più si ritarda il trattamento, tanto più diminuisce la possibilità di riuscita del trattamento stesso, in quanto tutti i fenomeni chimico-fisici, tendenti a legare stabilmente l'agente contaminante alla superficie contaminata, dipendono in misura notevole dal tempo di contatto: così ad esempio, superfici di vetro contaminate da lungo tempo, difficilmente potranno essere decontaminate, in dipendenza degli scambi cinetici intercorrenti fra il supporto ed il contaminante che, con il passare del tempo, fissano stabilmente l'isotopo contaminante.

E' pertanto raccomandabile adottare tutte le precauzioni possibili per evitare lo spargimento di contaminazione radioattiva e, comunque, in caso di incidente, intervenire immediatamente con le conseguenti operazioni di bonifica.

E' inoltre opportuno ricordare che in generale, a parità di altri fattori, la decontaminazione dei vari materiali decresce secondo la sequenza:

• materie plastiche (teflon, PVC, polietilene, moplen, resine epossidiche e poliuretaniche, ect.)

• acciaio inossidabile

• acciaio al carbonio

• materiali non ferrosi

• alluminio

In altre parole si può affermare che in genere le superfici aventi una resistenza molto buona agli agenti chimici ed una struttura liscia e compatta hanno bassa contaminabilità e buona attitudine alla decontaminazione.

Si consiglia comunque, per questo motivo, per quanto possibile, di proteggere apparecchiature e superfici suscettibili di essere contaminate.

Come suggerimenti di carattere generale si citano le principali precauzioni da adottare, integralmente o parzialmente, durante ogni operazione di decontaminazione:

• assicurarsi dei sistemi di ventilazione;

• impedire che il materiale contaminato venga a contatto con qualsiasi parte del corpo;

• confezionare al più presto eventuali rifiuti prodotti o accumulati in imballi tali da impedire la fuoriuscita di polveri radioattive. Per questo scopo possono essere impiegati i normali materiali da imballo come carta, fogli di plastica, ecc.;

• versamenti liquidi devono essere assorbiti con materiali adatti: carta assorbente, argille assorbenti, segatura, vermiculite, cemento, ecc. quindi smaltiti a dovere;

• limitare e segnalare l'estensione della contaminazione;

• assicurarsi che le installazioni circostanti non corrano il rischio di essere contaminate proteggendole adeguatamente o allontanandole;

• predisporre tutto il materiale necessario per l'operazione, al fine di non dover uscire dalla zona contaminata durante l'intervento;

• controllare spesso il livello di radioattività ambientale ed eventuali contaminazioni residue;

• indossare adeguati indumenti protettivi: camice, guanti, sovrascarpe, occhiali, maschere antipolvere, ecc.;

• nelle fasi di decontaminazione evitare di mangiare, bere o comunque portarsi le dita alla bocca;

• togliere qualsiasi indumento che possa essere rimasto contaminato, lavarsi e controllarsi accuratamente, prima di allontanarsi da una zona contaminata;

• in presenza di ferite contaminate sollecitare la fuoriuscita di sangue mediante pressione manuale intorno alla lesione o mediante l'impiego di ampolle di aspirazione e contemporaneamente richiedere l'intervento del medico.

Tecniche di decontaminazione

Decontaminazione di superfici di lavoro ed attrezzature

Qualsiasi operazione di decontaminazione dovrà essere preceduta da una esatta valutazione tecnico-economica che, tenendo conto dei rischi cui vengono sottoposti gli operatori, consenta di stabilire se il recupero dell'oggetto contaminato sia conveniente o meno.

Il recupero di oggetti od attrezzature potrà essere effettuato mediante la scelta di una delle soluzioni seguenti:

• attendere il decadimento naturale del contaminante (evidentemente tale metodo può essere applicato in rare occasioni ed in presenza di isotopi aventi un periodo di decadimento molto breve);

• fissare stabilmente l'agente contaminante alla superficie contaminata mediante vernici, colle adesive, mastici, ecc., onde impedire successive contaminazioni individuali anche avvolgere in contenitori di plastica (naturalmente la possibilità di applicazione di tale metodo sono limitate ai casi di debolissime contaminazioni superficiali tali da non creare nelle immediate vicinanze sensibili campi radioattivi);

• decontaminare il materiale, ossia rimuovere le sostanze radioattive dalle superfici contaminate e confinarle in maniera opportuna onde impedire successive contaminazioni.

Oggetto di ogni procedimento di decontaminazione è la rimozione degli agenti contaminanti, riducendo ad un livello accettabile la radioattività associata con l'oggetto contaminato ed assicurandosi contemporaneamente che la contaminazione residua, anche se accettabile, non possa venire facilmente asportata.

Le operazioni che determinano le modalità di esecuzione di qualsiasi procedimento di decontaminazione dipendono da diversi fattori quali:

• il grado di contaminazione;

• l'urgenza delle operazioni;

• la natura della superficie contaminata;

• il tempo intercorso;

• il tipo di legame che si è instaurato tra la superficie ed il contaminante;

• altri.

In base a tali considerazioni è facile rilevare la complessità dei problemi connessi con una razionale applicazione delle varie tecniche di decontaminazione possibili. Infatti, a seconda dei vari parametri e modalità che influenzano il processo della contaminazione radioattiva, la decontaminazione fa appello a metodi diversi di trattamento il cui scopo finale è quello di rimuovere il contaminante lasciando, possibilmente, inalterata la superficie.

Tale risultato può essere raggiunto per via chimica mediante l'uso di appropriate miscele decontaminanti, oppure con processi puramente fisici come la raschiatura, la sabbiatura a secco e a umido, l'asportazione del materiale per via elettrolitica, ecc.

In pratica la difficoltà principale consiste nell'esatta individuazione del metodo più idoneo, al fine di conseguire un livello di decontaminazione accettabile senza alterare sostanzialmente la superficie e mantenendo i costi entro valori accettabili e commisurati al valore del prezzo da recuperare, tendo in considerazione anche il principio di minimizzare la quantità di rifiuti radioattivi prodotti.

Decontaminazione individuale

La decontaminazione deve avvenire sul posto dove si è manifestata la contaminazione. Dopo questo intervento l'interessato dovrà avvisare il preposto di radioprotezione, e se è il caso, l'esperto qualificato il quale provvederà alla valutazione dell'entità della contaminazione anche attraverso una eventuale raccolta di campioni biologici e darà ulteriori disposizioni sugli interventi e procedure di decontaminazione da eseguire.

In merito alla decontaminazione delle persone vengono di seguito riportati alcuni suggerimenti.

Decontaminazione della pelle

Prima di ogni altra azione bisogna adottare le seguenti misure:

verifica dell'assenza di ferite;

• trattamento delle ferite prima del trattamento di decontaminazione nel caso di danno alla cute prodotto da contaminanti chimici;

• verifica immediata del livello di contaminazione. Nel caso di livelli elevati può essere importante mettere una maschera al paziente ed al personale che lo assiste e rimuovere immediatamente il vestiario, eseguendo una decontaminazione rapida e grossolana per evitare una sovraesposizione al corpo intero, il vestiario rimosso andrà chiuso in sacchetto di plastica per essere trattato come rifiuto radioattivo;

• in ogni caso vanno adottati tutti gli accorgimenti idonei a contenere il diffondersi della contaminazione.

Contaminazione di un'area estesa della pelle

L'interessato va sottoposto a doccia tiepida. Ove possibile, l'acqua utilizzata deve essere monitorata prima dello smaltimento. Dovrà essere utilizzato un sapone morbido, preferibilmente acido; il lavaggio deve avvenire dall'alto verso il basso. Quando il paziente è asciutto deve essere ricontrollato e, nel caso di contaminazione residua, si procede secondo le istruzioni contenute nel punto successivo

Contaminazione residua

Se la contaminazione persiste dopo gli interventi sopra descritti, vanno usati dei decontaminanti più specifici:

• in presenza di terre rare, plutonio e transplutonici, lavare con soluzione di DTPA 1% (pH 3-5); strofinare delicatamente andando dal centro verso la periferia della zona contaminata. Se non è disponibile il DTPA usare una soluzione acquosa di HCl; se necessario ripetere più volte ma smettere se interviene un arrossamento della pelle;

• in presenza di alcalini o alcalinoterrosi dovrebbe essere sufficiente il semplice lavaggio con acqua che, peraltro, può essere continuato a lungo; nel caso dello stronzio bisogna controllare attentamente che non siano presenti ferite, anche piccole; se ve ne sono va tenuta una insolubilizzazione locale dell'elemento (per es. con rodizionato di potassio);

• in presenza di uranio, lavare con una soluzione di bicarbonato di sodio;

• in alcuni casi il materiale contaminante insolubile annidato in zone localizzate dello strato corneo della pelle può essere rimosso con carta abrasiva o nastro adesivo;

Mani

In caso di contaminazione delle mani, effettuare nell'ordine i seguenti trattamenti:

• lavaggio accurato per circa 3 min. con acqua tiepida e sapone neutro esente da abrasivi e da additivi, usando uno spazzolino di setola morbida, soprattutto tra le dita e sotto le unghie, avendo cura di evitare eventuali abrasioni;

• monitoring;

• ripetere due volte le operazioni suddette;

• se la cute è sottile: lavare per circa 5 min. con soluzione al 2% di bromuro di cetiltrimetilammonio (tipo Cetavlon) detergente cationico, dopo aver allontanato, con accurata risciacquatura, ogni traccia di sapone;

• se la cute è spessa: lavaggio per 5 min. con detersivo in polvere miscelato con crusca o semola fine ed acqua, a formare una pasta (azione detergente, adsorbente, lievemente abrasiva) seguito da accurata risciacquatura;

• monitoring;

• ungere con creme a base di lanolina e, se la contaminazione persiste, fasciare o far indossare i guanti di filo;

• controllare il giorno successivo e, se le condizioni della cute lo consentono, praticare ulteriori trattamenti di decontaminazione.

Capelli

La decontaminazione dei capelli va effettuata mediante prolungato e ripetuto shampooing, per esempio con una soluzione al 4% di Cetavlon che va versata sui capelli già bagnati e sui quali si deposita in pellicola, poi rimossa risciacquando con acqua; durante il lavaggio il capo va mantenuto reclinato su una adeguata bacinella proteggendo gli occhi con tamponi di ovatta; nei casi più gravi si dovrà procedere alla rasatura.

Naso

Per la decontaminazione delle fosse nasali, utilizzare un irrigatore a bassa pressione munito di cannule di gomma morbida da inserire per circa 3 cm in ciascuna narice; tenere il capo inclinato su una bacinella e usare una soluzione di un composto chelante; inserire a lungo (10-15 min. ogni volta). Strofinare l'interno delle narici con dei bastoncini ovattati e monitorare l'eventuale contaminazione asportata.

Bocca

La decontaminazione della bocca può essere effettuata con collutorio all'acqua ossigenata a 13 volumi; in casi eccezionali può essere necessario l'intervento dell'odontoiatra per rimuovere una contaminazione a carico dei denti.

Occhi

Il primo e più importante intervento medico, consiste nel dilavare il prodotto nocivo irrorando l’area ustionata, con la massima rapidità possibile e con abbondanti quantità di acqua: un simile trattamento è, nella quasi totalità dei casi, in grado di limitare la gravità delle conseguenze, mentre anche un ritardo di pochi secondi, può risultare fatale.

Per la decontaminazione degli occhi usare soluzioni a pH appropriato al fine di neutralizzare l'azione caustica del materiale contaminante; in molti casi può essere opportuna la instillazione preliminare di una soluzione anestetica, per esempio collirio di cocaina al 2%. Al termine dei lavaggi potrebbe essere necessario prelevare un tampone faringeo per verificare l'eventuale contaminazione interna avvenuta tramite il canale naso-lacrimale.

Il trattamento di pronto soccorso relativo agli occhi deve risultare anch’esso immediato e consistere di irrigazioni prolungate dell’organo esposto, fatte con copiose quantità di acqua a bassa pressione, per non causare ulteriori danni dovuti a getti violenti d’acqua, provenienti da fontanelle, docce, canne per innaffiare o da qualsiasi contenitore: anche se la vittima indossa lenti a contatto, l’irrorazione deve iniziare al più presto possibile mentre i mezzi correttivi vengono rimossi, poiché un lievissimo ritardo nel soccorso può essere sufficiente a causare danni rilevanti, fino a giungere alla perdita della funzione visiva.

In tutti i casi, gli occhi devono essere subito esaminati da un medico specialista.

Ferite

1 Ferita sicuramente non contaminata ma associata a contaminazione di cute sana in zona adiacente

Il trattamento sarà deciso caso per caso; quasi sempre però la lesione rappresenta l'elemento di maggior urgenza. In linea di massima i tempi successivi di intervento saranno i seguenti:

- protezione della zona contaminata con cerotto impermeabile o con medicazioni topiche al collodio

- trattamento medico chirurgico delle ferite

- monitoring della lesione e del materiale sanitario utilizzato (tamponi di garza, soluzioni disinfettanti, etc.)

- protezione impermeabile della lesione

- decontaminazione della zona cutanea attigua alle lesioni, previa rimozione del cerotto o del film protettivo, regolandosi come già detto

- ferita contaminata

2. Le ferite lievi

Le ferite lievi, che sono anche le più frequenti nella pratica di laboratorio, vanno dalle semplici abrasioni alle lacerazioni e alle ferite di punta. Il trattamento è condizionato dall'agente contaminante e, in particolare, dal suo grado di solubilità nei liquidi dell'organismo: è quindi difficile fornire indicazioni valide per i vari casi. Uno schema di carattere generale, efficace principalmente quando si tratti di contaminanti insolubili può essere il seguente:

- far sanguinare abbondantemente la ferita, applicando eventualmente un laccio venoso;

- irrigare a bassa pressione con soluzione fisiologica sterile o con soluzione di DaKin tiepida;

- applicare un anestetico di superficie, per es. xilocaina al 4%;

- monitoring;

- se la contaminazione è circoscritta detergere meccanicamente con tamponcini di garza su pinza chirurgica;

- monitoring (ferita, zone limitrofe, garze e soluzioni di lavaggio);

REGISTRO CARICO SCARICO DI ELEMENTI RADIOATTIVI

In base a quanto visto nei punti precedenti è estremamente importante non eccedere nell’acquisto e nella detenzione/manipolazione delle sostanze radioattive in quanto la progettazione di un reparto, di un laboratorio, di una stazione di lavoro adatta alla manipolazione di radioisotopi avviene a seguito di precise richieste ed esigenze, le quali, se dovessero mutare, dovranno essere tenute in considerazione per apportare le dovute modifiche od integrazioni là dove è possibile o la riprogettazione dell’intero reparto/laboratorio.

Nel laboratorio deve essere istituito un registro per la registrazione del carico e dello scarico dei radioisotopi, il quale deve essere sempre tenuto aggiornato riportando non solo i tipi di radioisotopi detenuti con le attività

di base e le quantità acquistate, ma anche il decadimento che, inevitabilmente, ciascun radioisotopo possiede. Tale registro sarà controllato e aggiornato nelle visite semestrali/annuali dall’Esperto Qualificato.

Si ribadisce l’importanza di non eccedere nella detenzione delle attività al fine di rendere valide le protezioni personali e della struttura pensata per uno specifico impiego dei radioisotopi.

Tutte le singole operazioni di carico e di scarico devono essere registrate sul supporto cartaceo ponendo particolare attenzione a marcare i contenitori ove sono contenuti i diversi radioisotopi in quanto ciascuno elemento ha un proprio decadimento che deve essere singolarmente gestito.

Sarà cura dell’Esperto Qualificato verificare se sono presenti rifiuti decaduti a tal punto da essere considerati come rifiuti speciali e non più rifiuti radioattivi.

Gestione dei rifiuti radioattivi

I rifiuti radioattivi sono un prodotto inevitabile quando si impiegano sorgenti radioattive non sigillate (cioè tali per cui nelle condizioni normali di impiego e le caratteristiche del rifiuto, non permettono di prevenire qualsiasi dispersione di materiale radioattivo e qualsiasi rischio di contaminazione. Il rifiuto, può presentarsi in forma solida, liquida, gassosa). E' necessario quindi trattare tali rifiuti in modo che non diano luogo né ad un'irradiazione eccessiva, né ad un eventuale contaminazione dei lavoratori esposti e del pubblico.

Vi sono tre metodiche fondamentali con cui si possono trattare i rifiuti radioattivi:

� eliminazione tramite ditte autorizzate come rifiuti speciali nel rispetto dei limiti di smaltimento previsti dalla normativa vigente, qualora le quantità e le concentrazioni siano di entità minima (regime di esenzione);

� immagazzinamento in condizioni di sicurezza finché la loro attività non sia decaduta a livelli tali da consentire lo smaltimento da ditte autorizzate come rifiuti speciali, previa autorizzazione dell’Esperto Qualificato;

� consegna dei rifiuti ad una ditta o ad enti autorizzati allo smaltimento come rifiuti radioattivi.

I rifiuti radioattivi devono essere distinti in rifiuti liquidi e rifiuti solidi.

Sono da considerarsi rifiuti liquidi le soluzioni o sospensioni di sostanze radioattive, i liquidi di scintillazione, i liquidi di lavaggio e decontaminazione, le soluzioni residue non più utilizzate, le soluzioni impiegate per la decontaminazione, ecc.

Sono invece da considerarsi rifiuti solidi i materiali di uso corrente, quali le provette, pipette, puntali, guanti, carta, ecc.

In Italia, la classificazione dei rifiuti è contenuta nella Guida Tecnica n. 26 emanata dall’ENEA-DISP ora APAT (Agenzia Protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici). Secondo questo documento i rifiuti sono classificati in tre categorie, ciascuna delle quali prevede una diversa modalità di gestione e di smaltimento:

- I Categoria: rifiuti radioattivi la cui radioattività decade fino al livello del fondo naturale in tempi dell'ordine di mesi o al massimo di qualche anno. A questa categoria appartengono una parte dei rifiuti da impieghi medici o di ricerca scientifica;

- II Categoria: rifiuti radioattivi a bassa/media attività o a vita breve, che perdono quasi completamente la loro radioattività in un tempo dell'ordine di qualche secolo;

- III Categoria: rifiuti radioattivi ad alta attività o a vita lunga, per il decadimento dei quali sono necessari periodi molto più lunghi, da migliaia a centinaia di migliaia di anni.

SORGENTI DI RADIAZIONI IONIZZANTI NELLE STRUTTURE U NIVERSITARIE

Le principali sorgenti di radiazioni ionizzanti presenti presso le strutture universitarie (non convenzionate come l’Azienda IRCCS) sono costituite da apparecchiature e sorgenti necessarie per attività di ricerca scientifica. In alcune strutture vengono impiegate sorgenti radioattive sigillate (sorgente ECD gascromatografo) per la calibrazione di strumenti, che presentano problemi dl irradiazione esterna diversi a seconda del tipo di sorgente. In aggiunta alle macchine per irraggiamento di materiali, vengono utilizzati generatori di raggi X per analisi cristallografiche i diffrattometri. Tra le sorgenti non sigillate maggiormente impiegate, sono da ricordare: H3, C14,I 125 , P32 e S35 che (a parte il P32) non presentano significativi problemi di irradiazione esterna. Peraltro, la possibilità di dispersione del materiale, se non utilizzato con la cautela prescritta, potrebbe dar luogo a problemi di contaminazione del luoghi dl lavoro e/o degli operatori.

PRINCIPALI RADIOELEMENTI IMPIEGATI NEI LABORATORI

Trizio (H3)

Caratteristiche fisiche:

Emettitore Beta puro

Forma Solubile

Energia Media = 0,006 MeV

Max = 0,018 MeV

Attività specifica 9,8 x 10-3 Ci/g come elemento

2,6 x 10-3 Ci/g come biossido

Periodo di dimezzamento 4,5 x 103 giorni (pari a 12,26 anni)

Organo critico Tessuto corporeo (per immissione = pelle)

Radiotossicità Debole (gruppo 4°)

Il trizio generalmente si trova sotto forma di molecola marcata in un gran numero di composti organici che normalmente vengono impiegati in studi di medicina o biologia come traccianti. Tra gli altri si ricordano: timidina –H3, benzoato di sodio –H3; paraffina anche in soluzione, ad esempio in alcuni impianti nucleari come i reattori ad acqua pesante, ove si forma per cattura neutronica dando luogo ad acqua tritiata. Per evaporazione il trizo, presente in aria, può essere assorbito nel corpo o attraverso i polmoni, ovvero attraverso la pelle. Approssimativamente, si può affermare che l’intensità di assorbimento attraverso i polmoni, è uguale alla intensità di assorbimento attraverso la pelle di tutto il corpo. Nei casi di rischio di contaminazioni da traccianti in soluzioni, sono sufficienti le normali precauzioni da adottare per le manipolazioni delle soluzioni radioattivi come ad esempio guanti, camici, superfici isolate piane, banchi e cappe radiochimiche, etc.

Fosforo 32 (P32)

Caratteristiche fisiche:

Emettitore Beta puro

Energia Max = 1,71 MeV

Attività specifica 2,86 x 105 Ci/g

Periodo di dimezzamento 14,3 giorni

Organo critico Ossa

Massimo carico corporeo 6 mCi

Radiotossicità Moderata (gruppo 3°)

Carbonio 14 (C14)

Caratteristiche fisiche:

Emettitore Beta puro

Forma Solubile

Energia Media = 0,050 MeV

Max = 0, 155 MeV

Attività specifica 4,61 Ci/g

Periodo di dimezzamento 2,03 x 106 giorni (5560 anni)

Organo critico Ossa (per immersione = pelle)

Radiotossicità Moderata (gruppo 3°)

Iodio 131 (I131)

Caratteristiche fisiche:

Emettitore Beta - gamma

Energia Beta: 608 keV (87%)

Gamma: 364 keV (80%)

Periodo di dimezzamento 8,5 giorni

Organo critico Tiroide

Radiotossicità Elevata (gruppo 2°)

Zolfo (S35)

Caratteristiche fisiche:

Emettitore Beta puro

Forma Solubile

Energia 1,67 keV

Periodo di dimezzamento 87,2 giorni

Organo critico Gonadi

Radiotossicità Debole (gruppo 4°)

Note di riferimento da:

- “RADIAZIONI IONIZZANTI” II Edizione Ing. I. Ciucci Università di Pisa

- “Corso d'informazione per i lavoratori operanti con le radiazioni ionizzanti” Ing. Aldo DELIA – Ing.

Giovanni CALISESI