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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BRESCIA FACOLTÀ DI ECONOMIA CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA E GESTIONE AZIENDALE RELAZIONE FINALE UN MODELLO INTEGRATO DI IMPRESE SOCIALI: IL CASO “GRUPPO ARTIGIANELLI” Supervisore: Chiar.mo Prof. Mario Benito Mazzoleni Laureanda: Federica Pinzuti Matricola 75523 Anno Accademico 2011/2012

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BRESCIA

FACOLTÀ DI ECONOMIA CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA E GESTIONE AZIENDALE

RELAZIONE FINALE

UN MODELLO INTEGRATO DI IMPRESE SOCIALI:

IL CASO “GRUPPO ARTIGIANELLI”

Supervisore:

Chiar.mo Prof. Mario Benito Mazzoleni

Laureanda:

Federica Pinzuti

Matricola 75523

Anno Accademico 2011/2012

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III

Indice

Introduzione pag. VI

CAPITOLO 1 – LE IMPRESE SOCIALI

1.1. Le imprese sociali: una nuova forma di impresa » 1

1.2. Cosa si intende per “impresa sociale”? » 3

1.2.1. L’impresa sociale nei paesi anglosassoni » 4

1.2.2. L’impresa sociale nei paesi europei » 5

1.2.3. L’impresa sociale secondo Yunus » 7

1.2.4. Una definizione più precisa » 8

1.3. Cosa producono le imprese sociali » 9

1.3.1. La produzione di beni e servizi di interesse generale » 10

1.3.2. L’inserimento lavorativo di soggetti in difficoltà » 12

1.3.3. La promozione dello sviluppo economico in ambiti territoriali

definiti » 13

1.4. Le imprese sociali in Italia: tra passato e presente » 14

1.4.1. Le origini dell’impresa sociale in Italia » 14

1.4.2. Le imprese sociali italiane nel presente: un quadro d’insieme » 17

1.5. L’impresa sociale nel futuro: condizioni per lo sviluppo » 19

1.5.1. Maggiore consapevolezza della natura dell’impresa sociale » 20

1.5.2. Il quadro politico e normativo » 21

1.6. L’impresa sociale e la crisi economica » 23

1.6.1. Premessa » 23

1.6.2. Crisi economica italiana del 2009: cenni sul ruolo dell’impresa

sociale » 23

CAPITOLO 2 – MODELLI ORGANIZZATIVI DI IMPRESA SOCIALE

2.1. La pluralità di forme giuridiche » 25

2.2. La cooperativa sociale » 26

2.2.1. La distribuzione delle cooperative sociali in Italia » 27

2.2.2. Le cooperative sociali e l’innovazione » 28

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IV

2.3. Le associazioni di promozione sociale e le fondazioni » 29

2.3.1. Le associazioni di promozione sociale » 29

2.3.2. Le fondazioni » 30

2.4. Le società di mutuo soccorso » 31

2.4.1. Dimensione del fenomeno e cenni storici » 32

2.4.2. Basi normative » 34

2.5. L’housing sociale » 35

2.5.1. Cenni sull’esperienza dell’housing sociale in Europa » 36

2.5.2. La catena del valore nell’housing sociale e i rischi del settore » 37

2.6. Il trust sociale » 38

2.6.1. Il charitable trust e il trust di scopo » 39

2.6.2. Il trust e la qualifica di onlus » 40

2.7. Considerazioni finali » 42

CAPITOLO 3 – IL CASO “GRUPPO ARTIGIANELLI”: UNA MISSIONE

CONDIVISA NEL SOCIALE

3.1. “Gruppo Artigianelli”: cenni storici e principi fondanti » 43

3.1.1. Mission del Gruppo » 43

3.2. Composizione del Gruppo » 44

3.3. Il Gruppo e le sue realtà: relazioni e influssi » 48

3.3.1. Congregazione Sacra Famiglia di Nazareth » 49

3.3.2. Artigianelli spa » 50

3.3.2.1. Grafiche Artigianelli » 51

3.3.2.2. Gli istituti » 52

3.3.3. A.F.G.P. » 54

3.3.4. Orion srl » 55

3.3.5. Formaratio srl » 56

3.3.6. Colonia Agricola Bonsignori srl » 57

3.3.7. Le onlus » 59

3.3.7.1. S.C.A.I.P. » 60

3.3.7.2. Operazione Lieta » 62

3.3.7.3. Fondazione Piamarta » 63

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V

3.3.7.4. Associazione Amici di Macapà » 65

3.4. Considerazioni finali » 67

Conclusione » 68

Bibliografia » 70

Ringraziamenti » 72

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VI

Introduzione

La seguente relazione finale ha origine dallo svolgimento di un’esperienza di stage

all’interno della società “Artigianelli spa”.

Sin dall’inizio del percorso si è palesata l’articolata realtà che sta alla base della

società: un grande gruppo dalla conformazione piuttosto complessa.

È facile, quindi, restare colpiti da questo insieme di organizzazioni del tutto

poliedriche che costituiscono “Gruppo Artigianelli”, ed è per questo che è stato

ritenuto interessante soffermarsi proprio su questo aspetto.

Infatti, Gruppo Artigianelli è una delle poche realtà in Italia in grado di riunire i più

svariati modelli organizzativi, operando in business spesso divergenti tra loro, ma

con un obiettivo e una mission di fondo comuni: rendere i giovani protagonisti del

proprio futuro. Il fondatore di Gruppo Artigianelli, Padre Giovanni Piamarta, seguito

poi nel tempo dai Padri piamartini con lo stesso spirito pedagogico e educativo,

hanno identificato lo scopo del Gruppo proprio nella formazione integrale della

persona, in particolare dei giovani, e nel sostegno umanitario dei più bisognosi.

Le varie sezioni che lo compongono, quindi, nonostante siano costituite secondo le

più svariate forme e nonostante svolgano attività spesso divergenti, sono accomunate

da un importante scopo sociale comune. Ecco perché Gruppo Artigianelli può essere

considerato un ottimo esempio di modello integrato di imprese sociali. Ed è proprio

dal concetto di impresa sociale che prende forma la seguente relazione finale.

Essa si articolerà in tre capitoli, che cercheranno di andare ad analizzare il fenomeno

prima a livello teorico, e poi soffermandosi sul caso preso in analisi.

All’interno del primo capitolo verrà descritto il concetto di impresa sociale, in

particolare soffermandosi sull’analisi delle definizioni e dei punti cardine che

caratterizzano il fenomeno, sulle sue origini, sull’attualità della tematica, e infine

sugli ipotetici sviluppi futuri.

Il secondo capitolo si concentrerà invece sull’analisi di una serie di modelli

organizzativi che vanno a caratterizzare in modo specifico l’impresa sociale.

Verranno analizzate le cooperative sociali, le associazioni di promozione sociale e le

fondazioni, le società di mutuo soccorso, l’housing sociale e il trust sociale.

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VII

Infine il terzo capitolo sarà riservato all’esperienza di stage svolta all’interno di

Gruppo Artigianelli: saranno analizzate la storia e le origini del Gruppo, la mission e

gli obiettivi che accomunano le varie sezioni, e l’articolata composizione dello

stesso. Infine l’analisi andrà a focalizzarsi su un obiettivo specifico: valutare se le

differenti realtà che compongono Gruppi Artigianelli contribuiscano al

raggiungimento dello scopo e dalla mission generale del Gruppo e in che modo.

Verrà verificato quindi, analizzando singolarmente le varie sezioni, l’apporto che

ognuna di esse dà al complesso.

Al termine dell’analisi ci si aspetta di capire se l’operato delle singole sezioni è

effettivamente e coerentemente indirizzato al raggiungimento di un obiettivo

comune, oltre che a livello puramente teorico, anche a livello più “pratico”.

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CAPITOLO 1

Le imprese sociali

1.1. Le imprese sociali: una nuova forma di impresa Nel parlare di impresa la prima immagine che viene alla mente, ampiamente

accreditata dalle teorie economiche convenzionali1, è quella di un’organizzazione

che produce beni e servizi con l’obiettivo comune di generare un profitto a favore dei

suoi proprietari. Ci si aspetta, quindi, che nessuna impresa privata si impegni nella

produzione di beni o servizi che non consentano la realizzazione di un margine di

profitto superiore o almeno uguale a quello prevalente nell’economia.

Questa concezione semplicistica e meccanicistica del funzionamento dell’impresa e,

più in generale, del sistema economico, non è tuttavia l’unica, ma solo una delle

molteplici proposte della letteratura economica odierna2. Molti scienziati sociali

hanno, infatti, sostenuto e proposto interpretazioni diverse e a oggi anche più

realistiche. Essi hanno, per esempio, ampiamente dimostrato che spesso le imprese

orientate esclusivamente alla massimizzazione del profitto, non solo non

garantiscono la soddisfazione di molti bisogni, ma come sostiene Bauman3, possono

erodere le basi morali della cultura e delle istituzioni.

Secondo questa teoria il crollo di grandi multinazionali come Enron e Parmalat e la

successiva crisi economica mondiale ancora in corso non sono fenomeni isolati, ma

la logica conseguenza dell’aver privilegiato un’organizzazione dell’attività

economica sempre meno sostenibile sotto il profilo sia finanziario che socio-

culturale.

Esiste, tuttavia, un modo di intendere l’impresa e il suo ruolo, e più in generale il

funzionamento dei sistemi economici, radicalmente diverso da quello proposto dalla 1 Le teorie economiche convenzionali vedono l’impresa come un’organizzazione produttiva avente lo scopo di massimizzare il più possibile il profitto derivante dalle attività da essa svolte. È conoscenza comune che un’impresa sia una combinazione di fattori produttivi differenti. La teoria economica convenzionale iniziò con un modello comprendente tre fattori: la terra, il lavoro e il capitale. In seguito si ridusse a due fattori in quanto venne esclusa la terra, fino a riconoscere poi l’importanza del fattore tecnologico nel processo di generazione di ricchezza. 2 ALLERUZZO G., L’impresa meticcia, riflessioni su no profit ed economia di mercato, Trento, Centro Studi Erickson, 2005. CAMPADELLI M. e FIORENTINI G., Impresa sociale: idee e percorsi per uscire dalla crisi, Reggio Emilia, Edizioni Diabasis, 2010. 3 Zygmunt Bauman è un sociologo e filosofo polacco di origini ebraiche. Egli ha focalizzato le sue ricerche sui temi della stratificazione sociale e sui movimento dei lavoratori, soffermandosi anche su tematiche economiche, per poi elevarsi ad ambiti più generici come la natura della modernità e della post-modernità.

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teoria economica convenzionale. Vi sono, infatti, organizzazioni produttive che

perseguono in modo esplicito finalità diverse da quelle del profitto, come il

soddisfacimento dei bisogni delle persone e della collettività, e che quindi non

distribuiscono gli utili o ne distribuiscono solo una parte limitata e sono controllate

dagli stessi beneficiari. La storia economica4 dimostra che queste imprese sono da

sempre presenti in tutti i paesi sotto diverse forme giuridiche: cooperative,

partnership, fondazioni e organizzazioni non for profit, e anche se a oggi gli studiosi

non hanno ancora raggiunto un accordo su come circoscrivere e denominare queste

tipologie di imprese (tra i termini più usati si ricordano economia sociale, settore non

for profit e terzo settore), esse hanno sempre avuto e continuano ad avere dimensioni

tutt’altro che trascurabili.

L’interesse per questo diverso modo di fare impresa ha seguito nel corso degli anni

diverse tendenze. Durante il secolo scorso le imprese del terzo settore sono state

generalmente considerate marginali a seguito dell’affermarsi del paradigma

bipolare5 secondo cui l’intera offerta di beni e servizi necessari ad una popolazione

può essere garantita dall’azione combinata di due soli attori: il mercato, cioè

l’insieme delle imprese a scopo di lucro, e lo Stato. Più recentemente invece

l’interesse per queste forme d’impresa è significativamente cresciuto, sia a seguito

dell’affermarsi delle sue forme tradizionali (in particolare le cooperative), sia per la

comparsa di nuove forme, quelle appunto riconducibile al termine di impresa sociale.

Con questo termine ci si riferisce in generale ad una varietà di organizzazioni private

che producono beni e servizi di utilità sociale in modo stabile e continuativo i cui

fondatori e proprietari si accollano il rischio d’impresa e le cui risorse provengono

generalmente dalla vendita di beni e servizi ai privati o alla pubblica

amministrazione, e solo in parte da donazioni o contributi a fondo perduto.

Questa recente evoluzione delle forme di impresa che non perseguono la

massimizzazione del profitto, e in particolare l’emergere dell’impresa sociale, tende

a cogliere un cambiamento proprio nel sopracitato paradigma bipolare Stato-mercato,

4 FORNASARI M. e ZAMAGNI V., Il movimento cooperativo in Italia. Un profilo storico-economico (1854-1992), Firenze, Vallecchi, 1997. ROBBINS K., The nonprofit sector in historical perspective: traditions of philanthropy in the West, USA, British Library, 2006. 5 Per paradigma bipolare si intende l’azione combinata del mercato, comprendente le imprese a scopo di lucro, e dello Stato. Secondo questo modello gli unici due attori che possono intervenire nell’economia di uno stato sono appunto i due precedenti, vengono quindi escluse tutte le altre forme organizzative.

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sottolineando la permanenza e l’ampliamento del raggio di azione di organizzazioni

che nonostante non siano pubbliche e non dipendano dalla pubblica amministrazione,

riescono a combinare finalità sociale e natura produttiva.

Le imprese sociali presentano, infatti, le caratteristiche di vere e proprie imprese, ma

ciò che le differenzia dalle imprese normali è che il loro scopo non è la ricerca del

profitto, bensì la produzione di un bene o di un servizio in grado di risolvere un

bisogno socialmente rilevante. La differenza invece rispetto alle cooperative sta nel

fatto che le imprese sociali cercano di farsi carico anche della soluzione dei problemi

dei non soci, problemi che spesso sarebbero destinati a rimanere insoluti. L’impresa

sociale diviene così l’emblema di un’importate sfida culturale e politica: essa tenta di

ravvicinare due riferimenti culturali, l’imprenditorialità da una parte e il sociale

dall’altra, che nel corso del tempo hanno percorso strade diverse e spesso

inconciliabili. Anche in questo sta il particolare interesse verso queste nuove forme

d’impresa.

1.2. Cosa si intende per “impresa sociale”? Nonostante il successo del termine e i numerosi riconoscimenti giuridici ottenuti a

partire dal nuovo millennio, il concetto di impresa sociale è ancora lontano dall’aver

trovato una definizione condivisa, non solo a livello internazionale, ma anche nei

singoli contesti nazionali, in particolare in paesi come l’Italia, la Germania e gli Stati

Uniti. Il quadro è poi reso più complesso dagli interventi legislativi in materia che

hanno seguito strade diverse, producendo così definizioni non sempre comparabili.

In generale vi è accordo sul definire imprese sociali le organizzazioni che producono

ricchezza sociale attraverso la gestione di imprese produttive almeno in parte

remunerate. Diversi restano invece i significati che si attribuiscono ai termini

“impresa” e “sociale”. Tre sono le principali definizioni di impresa sociale che a oggi

sono più diffuse:

quella elaborata nei paesi anglosassoni, soprattutto negli Stati Uniti

d’America;

quella prevalente nei paesi europei;

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quella proposta da Muhammad Yunus6.

1.2.1. L’impresa sociale nei paesi anglosassoni

La prima definizione di impresa sociale, detta più spesso social entrepreneurship, è

quella che adotta le accezioni più ampie sia di impresa, o meglio di imprenditore, che

di sociale. Essa si è formata principalmente all’interno della realtà statunitense che è

noto essere caratterizzata da una netta prevalenza nell’economia di imprese di

capitali con l’obiettivo di generare elevati profitti spesso anche di breve periodo, da

un ruolo dello Stato limitato e da una forte presenza di organizzazioni non for profit

impegnate nella produzione di servizi sociali, culturali, sanitari ed educativi.

In un simile contesto il concetto di impresa sociale è inizialmente stato proposto a

fronte di una riduzione dei contributi pubblici e di una crescente insufficienza delle

donazioni, con l’obiettivo da parte delle organizzazioni non for profit tradizionali di

finanziare le proprie attività e soprattutto il loro sviluppo attraverso l’acquisizione e

la gestione di attività produttive finalizzate a realizzare profitti da utilizzare nella

realizzazione dello scopo sociale. Successivamente il concetto si è ampliato fino a

ricomprendere ogni iniziativa volta a cercare strade nuove e migliori per creare

valore sociale, e quindi anche attività che sono sociali non in sé, ma perché

producono beni o servizi migliorativi. E al concetto di impresa sociale si è poi andato

progressivamente sostituendo quello di imprenditore sociale, per sottolineare il ruolo

che nell’individuazione dei nuovi modi di creare valore sociale hanno avuto individui

straordinari e illuminati, con forte capacità di leadership, oltre che fortemente

orientati all’innovazione. In questo contesto sono così considerati imprenditori

sociali anche i promotori di iniziative di durata limitata, mentre non sono spesso

considerate imprese sociali iniziative che si prefiggono la produzione continuativa di

servizi di interesse collettivo solo perché non propongono soluzioni innovative ma si

limitano ad applicare innovazioni introdotte da altri. Inoltre le organizzazioni definite

come imprese sociali negli USA possono operare sia in forma for profit che non for

profit, è infatti l’imprenditore a definire il fine dell’impresa sociale. A riguardo Kash

6 Muhammad Yunus è un economista e banchiere bengalese ideatore e realizzatore del microcredito moderno, un sistema di piccoli prestiti destinati ad imprenditori troppo poveri per ottenere credito dai circuiti bancari tradizionali. Per i suoi sforzi in questo campo egli ha vinto il premio Nobel per la pace nel 2006.

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Rangan7, uno dei pionieri dell’Harvard Business School’s Social Enterprise

Initiative, in Evolution of the Social Enterprise Industry: A Chronology of Key

Events è a riguardo molto esplicito: “Noi definiamo come impresa sociale un ente

che è impegnato primariamente attraverso il suo core business a creare valore

sociale indipendentemente dal fatto che essa sia non profit o profit”.

1.2.2. L’impresa sociale nei paesi europei

Il secondo concetto di impresa sociale si è diffuso prevalentemente nei paesi europei,

sviluppandosi quindi in una realtà fortemente diversa da quella statunitense. Il

contesto europeo già da prima della rivoluzione industriale è infatti sempre stato

caratterizzato non solo dalla massiccia presenza di organizzazioni private impegnate

nell’offerta di servizi educativi, sanitari e sociali, ma anche a partire dalla rivoluzione

industriale, dalla presenza di forme d’impresa diverse da quelle capitalistiche, da una

maggior enfasi al carattere collettivo dell’impresa e da una forte presenza dello Stato

nella produzione di servizi di interesse generale. Il concetto di impresa sociale è stato

così introdotto soprattutto per sottolineare la discontinuità delle nuove forme

organizzative a orientamento produttivo sia con il non for profit tradizionale, che

come sostiene Borzaga8 è più orientato a funzioni di tutela e promozione di diritti

piuttosto che alla produzione di servizi, sia con la convinzione diffusa che la

produzione di servizi di interesse collettivo e sociale fosse esclusivo compito dello

Stato. Nel contesto europeo l’impresa sociale è stata quindi definita a partire da

un’accezione restrittiva dei concetti sia di impresa che di sociale, fondandosi infatti

nelle sue diverse forme su precisi assetti istituzionali che prevedono l’obbligatorietà

della finalità sociale, la durabilità dell’azione imprenditoriale, forme di controllo

collettive e il carattere meritorio dei beni e dei servizi prodotti.

L’obbligatorietà della finalità sociale è la conseguenza del fatto che il

perseguimento dei fini sociali deve costituire per le imprese sociali la ragione della

loro esistenza e non un’opzione. Inoltre la finalità sociale non può coesistere con il

perseguimento di obiettivi diversi: essi devono essere condizionati alla finalità ultima 7 Kash (Kasturi) Rangan è docente di marketing dell’università di Harvard, nonché direttore del dipartimento stesso. Oggi è anche a capo dell’iniziativa dell’Harvard Business School’s Social Enterpise Iniziative, un progetto fatto proprio analizzando la posizione delle imprese sociali e la loro evoluzione nel corso del tempo. 8 Carlo Borzaga è professore ordinario di politica economica nella Facoltà di Economia dell’Università di Trento e presidente dell’European Research Institute on Cooperative and Social Enterprises (EURICSE).

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dell’impresa, quindi se un’impresa sociale decide di non perseguire più finalità

sociali viene a cessare la sua stessa ragione di esistere. Essa deve quindi essere

vincolata o fortemente limitata nella distribuzione degli utili.

La durabilità dell’azione imprenditoriale indica che l’attività economica volta a

perseguire finalità sociali non può essere temporanea, ma deve garantire continuità;

per questa ragione l’impresa sociale deve assumere una precisa forma organizzativa e

avere una propria personalità giuridica.

Le forme di controllo collettive rimandano al fatto che non deve essere un solo

soggetto, cioè l’imprenditore, o un gruppo ristretto di individui (azionisti di

maggioranza) a decidere le linee di indirizzo e le scelte operative dell’impresa.

L’impresa sociale deve, al contrario, essere controllata dai portatori di interesse che,

o ne condividono la proprietà, oppure sono direttamente coinvolti nella governance.

Infine il carattere meritorio dei beni e dei servizi prodotti si riferisce al fatto che i

benefici derivanti dal processo produttivo vanno distribuiti ai portatori d’interesse

per i quali l’impresa è costituita, anche se esterni alla proprietà. L’impresa può essere

definita sociale solo nella misura in cui attraverso il suo agire generi vantaggi per la

comunità.

Dato il contesto in cui esse operano è ovvio che le imprese sociali così concepite

abbiano sviluppato rapporti molto stretti con i sistemi di welfare pubblici, non perché

esse siano frutto dell’iniziativa pubblica, ma perché condividono gli stessi obiettivi

dei sistemi di welfare state europei, pur realizzandoli in modo diverso. In Europa

infatti l’intervento pubblico è concepito come un’indispensabile azione di riequilibrio

delle disfunzioni del mercato ed è nella sfera della responsabilità pubblica che si

risolvono i problemi sociali e non attraverso le dinamiche di mercato. A oggi la

crescita delle imprese sociali nei paesi europei è stata largamente sostenuta da

sovvenzioni pubbliche, ma ciò non significa che l’impresa sociale debba operare solo

con istituzioni pubbliche, soprattutto se l’azione pubblica è destinata, come è ormai

evidente, a non espandersi ulteriormente o a dover ridimensionare i propri ambiti di

intervento.

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1.2.3. L’impresa sociale secondo Yunus

Il terzo modo di concepire l’impresa sociale è quello proposto da Yunus. Esso nasce

in un contesto del tutto diverso da quelli precedenti, caratterizzato da grave

sottosviluppo economico con situazioni di povertà assoluta, dove lo Stato sociale è

quasi del tutto assente e dove sono molto deboli le limitazioni ai comportamenti

opportunistici delle imprese private, in particolare delle multinazionali.

A partire dalla sua esperienza nel microcredito, Yunus ha elaborato due concetti di

impresa sociale, da lui definita social business enterprise. Il primo concetto individua

nell’impresa sociale una nuova forma di impresa che produce beni e servizi utili per

la collettività in cui è inserita, senza distribuire utili ai proprietari i quali possono solo

contare sulla restituzione del capitale originariamente investito. Nella seconda

accezione l’impresa sociale si caratterizza invece per essere posseduta e controllata

da persone povere e disagiate che dall’esistenza dell’impresa traggono due tipi di

vantaggi: la soluzione ad un particolare bisogno e gli eventuali dividendi.

È evidente che questo modo di concepire l’impresa sociale è il frutto dell’incrocio tra

una concezione molto ampia di sociale, cioè qualsiasi attività che serva a ridurre la

povertà, e una concezione molto restrittiva di impresa. Un concetto comunque molto

più vicino a quello europeo che a quello statunitense, anche se risulta in ogni caso un

sottoinsieme della versione europea di impresa sociale, in quanto Yunus ritiene

imprenditore sociale solo colui che si impegna nella creazione di una vera e propria

impresa, anche se non necessariamente innovativa, e rinuncia totalmente al profitto.

Tra il concetto di Yunus e quello europeo sono evidenti soprattutto due differenze:

La gamma di beni che lui considera sociali è molto più ampia rispetto a quella

offerta dalle imprese sociali europee.

La forma giuridica dell’impresa sociale da lui privilegiata è quella della società

per azioni e solo in via eccezionale quella cooperativa che è invece ampiamente

utilizzata in Europa. Inoltre, mentre alcune normative europee consentono

all’impresa sociale di distribuire una quota limitata di utili, almeno ai

finanziatori, Yunus propende decisamente per un vincolo totale, a meno che,

come sostiene nella sua seconda definizione, gli utili non vadano a vantaggio

esclusivo di proprietari poveri.

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La prima differenza è del tutto comprensibile poiché in situazioni di forte

sottosviluppo è opportuno che l’accezione di bene di interesse generale o meritorio

venga ampliata. La seconda differenza invece sembra basarsi sia su un pregiudizio

verso le cooperative, che secondo Yunus avrebbero perso la loro finalità originaria,

sia su un’avversione di carattere morale verso il profitto, alla cui rinuncia egli

attribuisce quasi una funzione educativa.

1.2.4 Una definizione più precisa

Dal confronto tra queste tre definizioni emergono chiaramente similitudini e

differenze, nonché vantaggi e limiti. Definizioni troppo aperte come quella

anglosassone rischiano di far perdere identità all’impresa sociale in sé, mentre

definizioni più chiuse lasciano fuori dal perimetro delle imprese sociali molte

organizzazioni socialmente importanti.

Dovendo fare una scelta sembra che la definizione che meno colga gli aspetti

innovativi dell’impresa sociale sia quella statunitense, che sembrerebbe più

finalizzata a salvaguardare il modello economico sviluppato nel corso del Novecento

piuttosto che a proporre un modo veramente nuovo di gestire attività di interesso

collettivo.

In un mercato caratterizzato da una crescente sensibilità dei consumatori verso i

prodotti etici, molti imprenditori possono ritenere conveniente caratterizzare la

propria impresa con obiettivi sociali e corporate sociale responsability (CSR), ma

un’accezione troppo ampia di imprenditore sociale non permette di distinguere

quando le attività a finalità sociale di un’impresa sono frutto di motivazioni

profonde, da quando invece hanno natura puramente strumentale, poiché sia la

decisione di destinare parte degli utili a finalità sociali, sia le pratiche di CSR

possono essere solo utili strumenti di marketing.

Alla luce di queste riflessioni un modo utile per definire meglio l’impresa sociale può

venire dall’incrocio di due condizioni:

l’impegno nella produzione di beni e servizi in modo continuativo, professionale

e autonomo dall’influenza di altri soggetti;

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l’assunzione di un preciso obiettivo sociale, garantito sia dal tipo di bene o

servizio prodotto, sia dall’adozione di precisi vincoli volti a evitare

comportamenti difformi da quelli attesi.

Dall’incrocio di queste condizioni deriva la definizione di impresa sociale più

utilizzata, che di fatto è molto simile a quella europea e ha alcuni punti di contatto

anche con la versione di Yunus. Essa si articola lungo le due dimensioni principali

del termine: quella economico-imprenditoriale e quella sociale.

La prima prevede la sussistenza dei requisiti tipici di ogni impresa: una produzione di

beni o servizi in forma continuativa e professionale, un elevato grado di autonomia

sia nella costituzione sia nella gestione, l’assunzione da parte dei fondatori e dei

proprietari di un livello significativo di rischio economico e la presenza accanto ai

volontari di un numero di lavoratori retribuiti.

La dimensione sociale richiede invece che l’impresa abbia come obiettivo quello di

produrre benefici a favore della comunità o di gruppi svantaggiati, abbia carattere

collettivo (cioè che sia promossa non da un singolo imprenditore ma da un gruppo di

cittadini), abbia un governo affidato prevalentemente a portatori d’interesse diversi

dai proprietari del capitale, garantisca una partecipazione allargata ai processi

decisionali.

Questa definizione consente di collocare in modo abbastanza preciso l’impresa

sociale rispetto alle organizzazione non for profit: non tutte le organizzazioni non for

profit sono, infatti, imprese sociali, in particolare non lo sono le realtà che non hanno

prevalentemente carattere produttivo ma che si occupano di redistribuzione di risorse

monetarie o della difesa delle cause di soggetti deboli o di gruppi svantaggiati. Nello

stesso tempo vi possono essere imprese sociale che tecnicamente non farebbero parte

dell’universo non for profit, o per la forma giuridica o perché consentono una

limitata distribuzione di utili.

1.3. Cosa producono le imprese sociali Le imprese sociali producono beni a finalità sociale, ma come detto sino ad ora il

concetto di finalità sociale tende a variare a seconda dei contesti di riferimento. In

generale si possono ritenere a finalità sociale tutte le attività che hanno come minimo

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comune denominatore la soddisfazione dell’interesse generale di una comunità o la

produzione di beni considerati meritori dalla collettività di riferimento.

Nei diversi paesi in cui oggi esistono le imprese sociali, dalle ricerche svolte sul

tema, è emerso che esse operano essenzialmente in tre ambiti:

La produzione di beni o servizi di interesse generale.

Lo svolgimento di attività che offrono occupazione a soggetti con difficoltà di

accesso al lavoro.

La promozione dello sviluppo economico, soprattutto in ambiti territoriali

definiti.

1.3.1. La produzione di beni e servizi di interesse generale

L’ambito per dimensioni più importante in cui operano le imprese sociali è proprio

quello della produzione di beni e servizi di interesse generale.

Anche se il concetto di attività di interesse generale è piuttosto ampio e varia da

contesto a contesto, in linea di massima possono essere considerate di interesse

generale tutte le attività essenziali per la vita quotidiana delle persone e che

garantiscono i diritti sociali dei cittadini. Si spazia quindi dalle attività di produzione

e distribuzione di energia, alle forniture idriche, alle telecomunicazioni, ai trasporti,

alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti, alla qualità ambientale, all’educazione,

alla salute e ai servizi sociali.

In tutti i paesi per i quali si dispone di informazioni attendibili le aree di maggiore

sviluppo sono al momento i servizi di welfare e in particolare i servizi sociali. Essi

comprendono una grande varietà di attività, quali l’assistenza per persone non

autosufficienti, l’accompagnamento dei disabili, la custodia dei figli per le madri

lavoratrici, e tutta una serie di servizi simili che fino alla metà degli anni settanta del

Novecento non venivano prodotti, o perché i bisogni a cui essi sono oggi indirizzati

sono emersi successivamente, oppure perché essi non erano riconosciuti come

rilevanti.

L’emergere di queste nuove forme di impresa ha così contribuito a istituzionalizzare

nuovi bisogni e a far maturare tra i beneficiari una maggiore consapevolezza rispetto

alle proprie esigenze, che si è trasformata in domanda. Nello stesso tempo però, dalla

fine degli anni ottanta, la crisi dello Stato sociale ha ridotto la capacità delle

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istituzioni tradizionali del welfare state9 di farsi carico della produzione di nuovi

servizi a causa della carenza di risorse e delle rigidità organizzative. Il

contemporaneo affermarsi in molti paesi delle ideologie liberiste e dei processi di

privatizzazione di molti servizi fino a quel momento offerti da imprese e istituzioni

pubbliche ha ulteriormente ridotto la capacità di risposta delle istituzioni del welfare,

e ha quindi favorito l’affermarsi e il consolidarsi delle imprese sociali.

Spesso i servizi di interesse generale prodotti dalle imprese sociali sono stati molto

innovativi in termini sia di prodotto sia di modalità di organizzazione della

produzione. In diversi paesi le imprese sociali hanno di fatto inventato nuovi servizi:

centri di riabilitazione per tossicodipendenti, malati mentali e portatori di handicap,

centri per l’infanzia, assistenza per gli anziani e attività per l’integrazione di

immigrati.

Le imprese sociali erogano sempre più spesso anche servizi sanitari, di cui la forma

più evidente sono gli ospedali e le residenze per anziani. Anche se ancora non sono

definiti imprese sociali, negli USA gli ospedali non for profit costituiscono l’ossatura

del sistema sanitario, e anche in Europa ormai la presenza di ospedali di proprietà di

fondazioni ed enti religiosi è assai diffusa. Anche fuori dai paesi occidentali i servizi

ospedalieri gestiti da forme organizzative assimilabili a imprese sociali svolgono una

funzione molto rilevante. Nei paesi in via di sviluppo in particolare un ruolo

storicamente importante è stato svolto dalle organizzazioni non governative (ONG),

che diversamente dalle imprese sociali propriamente dette, non vendono i beni o i

servizi prodotti.

Un ulteriore area di intervento delle imprese sociali è rappresentata dai servizi

educativi e culturali. Organizzazioni che operano come imprese sociali sono

tipicamente le università private senza scopo di lucro che vendono i propri servizi

almeno in parte dietro pagamento. Esse sono molto diffuse soprattutto negli Stati

Uniti, mentre in Europa la natura pubblica dei sistemi educativi ha finora ridotto la

presenza dei privati nel settore dell’istruzione e ha rallentato in parte l’evoluzione

verso nuovi modelli di impresa sociale. Tuttavia i processi di riforma dello Stato

9 Per welfare state si intende l’insieme dei provvedimenti delle istituzioni pubbliche che nel Novecento furono adottate in vari paesi per garantire ai cittadini il soddisfacimento di necessità primarie, quali l'occupazione, l'assistenza sanitaria, la casa, l'istruzione di base e la previdenza, ritenuti compiti primari dello stato.

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sociale succedutisi a partire dagli anni ottanta hanno comunque favorito l’emergere

di imprese sociali impegnate nel settore educativo anche nei paesi europei.

Nonostante i servizi di welfare costituiscano il cuore dell’azione delle imprese

sociali, il loro campo di intervento si sta progressivamente ampliando anche ad altre

attività, come quelle culturali e di servizio alla comunità.

1.3.2. L’inserimento lavorativo di soggetti in difficoltà

L’inserimento lavorativo è un secondo ambito di attività cruciale per comprendere la

nascita e lo sviluppo delle imprese sociali, al punto che sono ancora in molti a

ritenere che solo le imprese che operano in questo particolare settore siano da

considerare tali.

Rispetto alla tradizionale visione del welfare state assistenziale, che vede il

disoccupato come un soggetto avente il diritto di ricevere un sussidio economico,

l’approccio dell’impresa sociale sposta il focus sulle cosiddette capabilities, ossia

sulle competenze che gli individui devono sviluppare per essere integrati a pieno

titolo nel lavoro.

A partire dagli anni settanta sono così state avviate le prime imprese sociali di

inserimento lavorativo, spesso in forma di cooperativa o di associazione, che hanno

assunto la forma di imprese finalizzate a occupare percentuali più o meno elevate di

persone con difficoltà di accesso al lavoro. I modelli con cui esse si sono andate

configurando sono molto diversi da paese a paese: si va dalle cooperative di

inserimento lavorativo dove i soggetti svantaggiati rappresentano tra il 30% e il 50%

degli occupati, alle imprese di integrazione, che pur avendo uno statuto commerciale

operano con l’obiettivo di creare posti stabili per disoccupati di lungo periodo.

Organizzazioni che operano con vincoli totali o parziali alla distribuzione degli utili

svolgendo attività di inserimento lavorativo si vanno diffondendo anche fuori dai

paesi occidentali, ad esempio in Asia, in Africa, nei paesi dell’Europa dell’Est e in

Sudamerica. In questi paesi lo sfruttamento dell’impresa sociale costituisce spesso

l’unico mezzo per affrontare il problema della disoccupazione delle fasce più

marginali della popolazione, in assenza pressoché totale di politiche pubbliche di

sostegno all’occupazione.

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1.3.3. La promozione dello sviluppo economico in ambiti territoriali definiti

Per il tipo di attività svolta le imprese sociali possono contribuire, sia direttamente

che indirettamente, anche allo sviluppo economico nelle aree in cui operano. Lo

fanno in modo indiretto tutte le volte che per risolvere un problema sociale creano

anche occupazione e reddito. Lo fanno invece in modo diretto quando, soprattutto nei

paesi in via di sviluppo, contribuiscono a risolvere problemi che affliggono le

comunità e danno ai beneficiari la possibilità di diventare soggetti economicamente

attivi, garantendo ad essi anche un reddito e un’occupazione. Ciò avviene quando le

imprese sociali assumono come spunto delle loro azioni la situazione socio-

economica complessiva di una comunità o quella di gruppi di abitanti, in particolare

esse nascono per potenziare l’economia di comunità in difficoltà, organizzando

attività produttive di reddito e di occupazione a partire da risorse locali inutilizzate o

sottoutilizzate.

Nei paesi occidentali il focus sullo sviluppo locale ha preso forma soprattutto in

riferimento alle aree geografiche periferiche o a settori produttivi ritenuti marginali.

Infatti, nonostante i problemi economici e sociali dei paesi occidentali siano molto

diversi da quelli dei paesi in via di sviluppo, anche al loro interno esistono spazi

significativi per la creazione di queste tipologie di imprese, e spesso sono

un’interessante soluzione per promuovere sviluppo economico e coesione sociale.

Esempi di aree di intervento sono le zone rurali o attività turistiche in aree ritenute

marginali.

Lo sviluppo economico locale è comunque un obiettivo ancora più importante

all’interno dei paesi in via di sviluppo, dove sono intere collettività e non solo

particolari gruppi di soggetti ad essere svantaggiati. Fra le imprese sociali create in

questi paesi con gli obiettivi sino ad ora detti si ricorda la Grameen Bank10 teorizzata

da Yunus.

Le imprese sociali si confermano dunque come organizzazioni economiche capaci di

dare risposta a tutta una serie di problemi sociali, anticipando e sostituendo spesso

efficacemente sia l’intervento pubblico, sia quello delle imprese for profit. 10 La Grameen Bank, Fondata da Yunus nel 1976, è stata la prima banca dei poveri. L'ente concede, infatti, microprestiti alle popolazioni povere locali in Bangladesh senza richiedere garanzie, garantendo così il loro accesso al credito. Il sistema si basa sull'idea che i poveri abbiano attitudini e capacità imprenditoriali sottoutilizzate e sulla fiducia.

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1.4. Le imprese sociali in Italia: tra passato e presente A più di trent’anni dalla comparsa delle prime esperienze di impresa sociale in Italia,

la disponibilità di dati e di conoscenze sul tema rappresenta un’importante

opportunità per capire l’evoluzione di questo concetto tutt’oggi in espansione.

1.4.1. Le origini dell’impresa sociale in Italia

La nascita dell’impresa sociale in Italia risale agli anni ottanta del secolo scorso e

fino ad oggi il suo sviluppo è in lunghissima parte coinciso con la storia di una

particolare forma giuridica, quella della cooperativa sociale.

Ciò non significa che nella storia italiana non siano esistite prima di allora iniziative

private impegnate nell’erogazione di servizi sociali, sanitari ed educativi. Al

contrario, l’Italia ha una lunghissima tradizione di organizzazioni non for profit

legate in prevalenza alla Chiesa, che nel corso dei secoli ha creato e gestito ospedali,

istituti di assistenza, aiuto ai poveri, ma anche servizi bancari, come nel caso dei

Monti dei pegni o delle Casse di risparmio. Si trattava però di organizzazioni che

operavano in buona parte con un approccio caritativo-assistenziale profondamente

influenzato dalle prescrizioni religiose. Il loro ruolo tuttavia, prima con la

trasformazione coatta in istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (IPAB) a

opera della legge Crispi del 17 Luglio 1980, e successivamente con la nascita e

l’estensione dello Stato sociale, è andato progressivamente riducendosi durante tutto

il Novecento. Solo sul finire del secolo si è assistito al riemergere del fenomeno, ma

in forme in parte diverse da quelle tradizionali.

Le origini dell’impresa sociale in Italia sono intimamente connesse alla complessa

stagione degli anni sessanta e settanta, dove movimenti sociali sia laici che religiosi

hanno messo in discussione i fondamenti politici e culturali della società.

In questo clima culturale effervescente molti gruppi iniziarono a dotarsi delle prime

forme di organizzazione al fine di dare continuità ad interventi che altrimenti

rischiavano di rimanere occasionali. L’obiettivo non era quello di sostituirsi allo

Stato sociale, ma di anticiparne e stimolarne l’intervento nell’attesa di riconsegnare

le esperienze avviate alle istituzioni pubbliche. È soprattutto per questa ragione che

le nuove iniziative assunsero all’inizio il carattere di associazioni di volontariato. In

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poco tempo tuttavia alcuni gruppi iniziarono a prendere atto che difficilmente i

servizi che avevano avviato sarebbero stati presi a carico delle istituzioni pubbliche,

e dovettero quindi porsi il problema di come garantire la continuità degli stessi. Due

quindi erano le questioni da risolvere: come reperire le risorse necessarie al sostegno

dell’attività e quale forma organizzativa adottare al fine di combinare finalità sociale

e gestione professionale. La scelta che emerse quasi spontaneamente in varie parti

d’Italia fu quella della cooperativa, a cui la Costituzione riconosceva una funzione

sociale e che fin da 1946 era stata limitata nella possibilità di distribuire gli utili;

andava però superato il principio della mutualità, e ciò avvenne nei fatti. Per marcare

la differenza con le cooperative tradizionali le nuove cooperative si autodefinirono in

maggioranza “di solidarietà sociale” e mantennero al proprio interno, e quindi come

soci, anche i volontari, creando così quella che da molti viene considerata ancora

oggi la prima forma riconosciuta di impresa sociale in Italia.

La legge che però riconosce ed unifica sotto il nome di “cooperative sociali” le varie

esperienze di impresa sociale che si erano andate sviluppando sino ad ora fu

approvata l’8 Novembre 1991 con il numero 381. Essa stabilisce che le cooperative

sociali, a differenza di quelle tradizionali, sono organizzazioni che perseguono

l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale

dei cittadini. La legge inoltre consente che possano essere soci delle cooperative

sociali oltre ai lavoratori e agli utenti, anche i volontari, purché il loro numero non

superi il 50% del totale dei soci.

All’art. 4 la legge elenca le tipologie di persone da considerarsi svantaggiate: gli

invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di istituti psichiatrici, i soggetti

sotto trattamenti psichiatrici, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età

lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, i condannati ammessi alle misure

alternative alla detenzione. Le cooperative che assumono almeno il 30% di lavoratori

svantaggiati hanno diritto alla totale esenzione dal pagamento degli oneri contributivi

per questi lavoratori. La legge prevede inoltre per la prima volta che gli enti pubblici

possano stipulare con le cooperative sociali di inserimento lavorativo convenzioni

sulla fornitura di beni e servizi.

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Nello stesso anno, il 1991, veniva approvato dal Parlamento anche la legge dell’11

Agosto n. 266 che interessava le organizzazioni di volontariato, favorendo la

strutturazione di queste organizzazioni anche in ottica produttiva, prevedendo la

possibilità di assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro

autonomo “esclusivamente nei limiti necessari al regolare funzionamento” oppure

“occorrenti a qualificare o specializzare l’attività svolta”.

Anche questa legge ha contribuito al formarsi di iniziative di produzione stabile di

servizi sociali, che pur non organizzate in forma cooperativa hanno tutte le

caratteristiche di imprese sociali.

Il 1991 ha rappresentato quindi un anno di svolta per l’impresa sociale in Italia

poiché le due leggi segnarono definitivamente un passo avanti nel processo di

evoluzione dell’impresa sociale, come dimostra il forte incremento nel numero di

nuove organizzazioni che si registrò in tutti gli anni novanta: al momento

dell’approvazione della legge 381/1991 le cooperative di solidarietà sociale in Italia

erano poco meno di un migliaio, mentre alla fine del decennio successivo il numero

delle cooperative sociali risultava quadruplicato. L’effetto principale delle due leggi

fu quello di legittimare come soggetti legalmente riconosciuti organizzazioni che

prima operavano in un vuoto legislativo e venivano considerate come risposte utili a

problemi reali ma destinate a durare solo fino a che l’ente pubblico non si fosse fatto

direttamente carico dei problemi.

Per molti anni, seppur con l’introduzione di modificazioni e decreti legislativi, la

situazione delle imprese sociali è rimasta pressoché stabile, fino a che, nei primi anni

del nuovo millennio, sono state avanzate diverse proposte di legge che sono

sbocciate nel 2005 con l’approvazione da parte del Parlamento della legge delega

sull’impresa sociale cui è seguito il decreto legislativo del 24 Marzo 2006 n. 155.

L’iter legislativo si è concluso nella primavera del 2010 con l’approvazione

dell’ultimo decreto ministeriale, e ora l’Italia è uno dei pochi paesi ad avere una

legge specifica sull’impresa sociale.

Ai sensi dell’art. 1 del decreto legislativo 155/2006 possono conseguire il titolo di

impresa sociale “le organizzazioni private che esercitano in via principale un’attività

economica organizzata al fine della produzione e dello scambio di beni o servizi di

utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale”. Possono quindi

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acquisire la qualifica di imprese sociali tutte le forme giuridiche previste dal codice,

e più precisamente: le associazioni riconosciute e non, le fondazioni, le società a

responsabilità limitata, le società per azioni, le cooperative sociali e i consorzi. La

normativa sull’impresa sociale non crea quindi una nuove forma di impresa, ma

consente di qualificare forme giuridiche diverse come imprese sociali. A questo fine

la legge prevede da una parte che le forme organizzative che sono già non for profit

(come l’associazione o la fondazione) si dotino dei requisiti indispensabili per

operare pienamente come imprese (capitale sociale, contabilità e bilancio pubblico,

collegio dei revisori), e dall’altra che le forme giuridiche che sono già a tutti gli

effetti imprese adottino il vincolo di non distribuzione, totale o parziale, di utili, e in

caso di scioglimento o trasformazione di devoluzione del patrimonio a favore di

iniziative a carattere sociale. A tutte è poi richiesto di garantire la partecipazione di

lavoratori e utenti e di redigere e pubblicare, oltre al bilancio economico-finanziario,

anche il bilancio sociale.

Con queste previsioni normative la legge modifica radicalmente il concetto

tradizionale di impresa, stabilendo che si può fare impresa in diverse forme, anche

per perseguire interessi diversi dal profitto e soprattutto per obiettivi di interesse

generale. La nuova legge dà anche all’impresa sociale la possibilità di operare in

settori diversi da quelli previsti per la cooperativa sociale: assistenza sanitaria,

educazione, istruzione e formazione, tutela dell’ambiente ed ecosistema, turismo

sociale, formazione universitaria e post universitaria e attività di inserimento

lavorativo di persone svantaggiate.

1.4.2. Le imprese sociali italiane nel presente: un quadro d’insieme

Le imprese sociali hanno evidenziato negli ultimi anni una notevole espansione,

qualificandosi come un soggetto di rilievo del tessuto economico del Paese. In

termini di numerosità oggi le imprese sociali rappresentano una frazione ridotta

dell’imprenditoria italiana, ma la relativa quota arriva a superare il 3% dell’economia

in termini di occupati dipendenti.

Tra il 2003 e il 2008 le imprese sociali si sono accresciute di oltre il 53%, ossia circa

4500 unità in più delle 8500 stimate all’inizio del periodo. La crescita del numero di

imprese sociali a livello territoriale è stata più accentuata nel Mezzogiorno (+66%),

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mentre l’aumento avvenuto nel Nord Ovest è stato più limitato ma pur sempre

significativo (+40%).

Dal punto di vista dimensionale le imprese sociali risultano costituite in maggioranza

da piccole e medie realtà imprenditoriali (fino a 49 dipendenti) ma comprendono

anche circa 2800 imprese che superano tale soglia. A livello economico tuttavia la

dimensione ridotta non costituisce un ostacolo per il raggiungimento di un risultato

di esercizio positivo, e soprattutto per il soddisfacimento delle finalità per cui

l’impresa si è costituita. Nonostante le dimensioni si conferma inoltre la capacità

delle imprese sociali di fare investimenti al fine di garantire la sopravvivenza

economica dell’impresa.

Per quanto riguarda invece gli ambiti di attività, sono stati precedentemente citati i

campi d’intervento in cui le imprese sociali operano. Sembra quindi utile a questo

punto capire in quali di questi settori esse concentrino maggiormente la propria

attività e in che percentuale. La classificazione Ateco11, ha individuato dei valori

chiari: la tabella 1 riporta i dati delle imprese sociali che nel corso del 2010 hanno

esercitato un’attività economica suddivise per settori di attività.

Tabella 1: Imprese sociali per settori di attività previsti dal d.lgs. 155/06

Settore di attività Valori assoluti %

Assistenza sociale 3.082 25,9

Assistenza sanitaria 511 4,3

Assistenza socio-sanitaria 1.732 14,6

Educazione, istruzione e formazione 3.596 30,2

Tutela dell’ambiente e dell’ecosistema 306 2,6

Valorizzazione del patrimonio culturale 43 0,4

Turismo sociale 153 1,3

Formazione universitaria e post 43 0,4

Ricerca 139 1,2

Formazione extra-scolastica 143 1,2

Servizi strumentali alle imprese sociali 131 1,1

Altro 2.019 17,0

Totale 11.899 100,0

Fonte: Iris Network – Unicamere, stime indagine imprese sociale, 2011

11 La classificazione delle attività economiche ATECO è una tipologia di classificazione adottata dall'Istituto Nazionale di Statistica italiano (ISTAT) per le rilevazioni statistiche nazionali di carattere economico.

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Dalla tabella emerge come il 75% delle imprese sociali concentri la propria attività

principale nei settori che hanno visto nascere e svilupparsi il settore del “sociale”,

ossia il comparto dell’assistenza socio-sanitaria (nel complesso il 44,8%) e

dell’educazione (30,2%). Sono questi i due ambiti dove trovano ampio spazio di

azione in particolare le cooperative sociali, non solo per una maggiore richiesta da

parte della comunità di servizi assistenziali ed educativi, ma soprattutto per un

maggior coinvolgimento di questa tipologia di organizzazione nell’erogazione di tali

servizi.

A questo punto quindi gli sforzi del legislatore per rilanciare la legge sull’impresa

sociale potrebbero concentrarsi sui settori di tutela dell’ambiente e del turismo

sociale, due ambiti che ad oggi sono ancora poco diffusi nonostante abbiano un

bacino di utenza già superiore ai 150.000 soggetti.

Tutta questa serie di dati ci dimostra quindi come l’impresa sociale sia ad oggi un

fenomeno interessante e in forte crescita ma da tenere necessariamente monitorato

per analizzarne gli sviluppi futuri.

1.5. L’impresa sociale nel futuro: condizioni per lo sviluppo L’emergere di forme innovative di coordinamento dell’attività economica, come

sono le imprese sociali, non garantisce necessariamente la loro sopravvivenza, e

tantomeno il loro successo. Questi aspetti dipendendo, infatti, oltre che dalla qualità

del modello imprenditoriale, anche dall’evoluzione del contesto entro cui le nuove

imprese si trovano ad operare. Alcune di queste condizioni si sono certamente

verificate, soprattutto negli anni della formazione e della diffusione delle imprese

sociali, ma sono poi divenute insufficienti e quindi necessitano ora di essere

consapevolmente promosse. Due sono quelle che ad oggi risultano le più rilevanti:

Una maggiore consapevolezza da parte di imprenditori e manager delle imprese

sociali della particolare natura delle loro aziende e dei relativi punti di forza e di

debolezza da cui derivare politiche manageriali coerenti.

Lo sviluppo di un contesto politico e normativo più dettagliato e facilitante,

nonché di forme di regolamentazione delle transazioni coerenti sia con la natura

di queste imprese sia con la specificità dei servizi prodotti.

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A oggi nessuna di queste condizioni è del tutto presente, ma lo è solo in parte, è

perciò necessario un deciso rafforzamento delle stesse.

1.5.1. Maggiore consapevolezza della natura dell’impresa sociale

La prima condizione per lo sviluppo delle imprese sociali è la capacità di mantenere

ed accrescere la loro competitività e governare correttamente i fattori organizzativi,

gestionali e produttivi.

Poiché le imprese sociali sono organizzazioni che operano con finalità sociali

attraverso forme di gestione imprenditoriali, la pressione a scivolare verso l’uno o

l’altro versante è spesso forte, ed è quindi necessario, a detta di Borzaga, che esse

adottino modelli di governo e organizzativi coerenti con le loro finalità e i loro

elementi di specificità. A questo fino è necessario che gli amministratori e i dirigenti

delle imprese sociali sviluppino e maturino una cultura imprenditoriale specifica e

siano formati ad utilizzare strumenti coerenti con essa. Dalle ricerche realizzate in

questi anni emerge infatti che esistono differenze di performance legate al livello di

consapevolezza e preparazione dei membri dei consigli di amministrazione e dei

dirigenti delle imprese sociali.

Due sembrano essere gli aspetti a cui il management delle imprese sociali dovrebbe

porre particolare attenzione.

Per massimizzare i fattori competitivi delle imprese sociali occorre innanzitutto porre

particolare attenzione alla governance. Le imprese sociali sono infatti organizzazioni

che devono rispondere contemporaneamente a bisogni e aspettative di una pluralità

di portatori di interesse: beneficiari delle attività, lavoratori e volontari. A partire da

ciò è quindi indispensabile che i portatori di interesse siano tutti coinvolti nei

processi decisionali a livello formale oppure informale. Il coinvolgimento formale

prevede la presenza di portatori di interesse diversi all’interno degli organi

decisionali come CDA o assemblee, oppure all’interno di organismi di controllo

appositamente costituiti. Il coinvolgimento informale invece è caratterizzato da

accordi informali, compartecipazioni a progetti comuni o forme di collaborazione tra

diversi portatori d’interesse.

È importante però ricordarsi che più cresce la complessità dei legami e dei problemi

che si intendono affrontare, più è necessaria l’adozione di stili di leadership e

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competenze specifiche che non vanno lasciati al caso o all’intuito di leader

illuminati.

Un secondo aspetto a cui dedicare particolare attenzione riguarda la gestione dei

rapporti con i lavoratori sia retribuiti che volontari. Soprattutto nelle imprese sociali

la motivazione dei lavoratori è un importante fattore critico di successo. La gestione

delle risorse umane e l’individuazione dei giusti mix di incentivi sono quindi aspetti

fondamentali per garantire un equilibrio fra il giusto livello di salario, il senso di

appartenenza alla mission e il clima organizzativo. Questo quindi richiede il

passaggio da un disegno spesso spontaneo dell’organizzazione, ad una progettazione

più matura che riconosca l’importanza delle risorse umane.

1.5.2. Il quadro politico e normativo

il quadro politico e normativo è un tema importante che non riguarda solo l’impresa

sociale, ma rientra nella problematica più generale della regolazione del terzo settore,

che necessita ormai da tempo di essere rivista in funzione del mutato ruolo di queste

organizzazioni e della loro crescente importanza.

Il caso della Gran Bretagna è a riguardo estremamente significativo. L’ascesa al

potere di Tony Blair12 ha portato ad una svolta radicale imponendo una nuova

ideologia. Essa si colloca tra il conservatorismo dei vecchi statalisti e

l’individualismo dei neoliberisti, e il presupposto di questa nuova dottrina è che il

mercato deve crescere ed essere sostenuto, ma garantendo che esso assuma e

mantenga una connotazione sociale. A livello di politiche di welfare questo si è

tradotto nel sostegno del mercato sociale e delle istituzione che operano con

orientamento privatistico preservando però una finalità sociale: le imprese sociali

hanno trovato quindi un territorio molto favorevole.

Nonostante la posizione inglese però, in uno studio coordinato da Kendall13 nel 2009

viene fornito un quadro della situazione europea da cui si evince come il

riconoscimento politico delle imprese sociali sia ancora molto frammentato e a

macchia di leopardo, infatti mentre l’attenzione in alcuni paesi è più forte, in altri

12 Tony Blair È stato Primo Ministro del Regno Unito dal 2 Maggio 1997 al 27 Giugno 2007, giorno delle sue dimissioni. Dalla stessa data ricopre l'incarico di inviato per la pace nel Medio Oriente, Unione europea, USA e Russia su mandato dell’ONU. 13 David George Kendall fu uno statistico e matematico inglese, conosciuto soprattutto per le sue teorie sulla probabilità. Egli ha inoltre operato nelle Università di Oxford e di Cambridge.

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l’idea di impresa sociale viene rigettata, come accade per esempio in Germania, dove

si preferisce il più tradizionale concetto di organizzazione non for profit.

Un quadro politico e normativo più chiaro e meno frammentato costituisce quindi

una condizione essenziale per sostenere la crescita futura di questo fenomeno che

sino ad ora è cresciuto prevalentemente in modo autonomo all’interno di vuoti

normativi. Un’azione pubblica coerentemente orientata a favorire lo sviluppo delle

imprese sociali è tuttavia possibile.

Innanzitutto è necessaria l’approvazione di legislazioni specifiche che distinguano

chiaramente fra il non for profit tradizionale e quello imprenditoriale, fornendo a

quest’ultimo gli strumenti normativi, giuridici e fiscali per esercitare a pieno titolo la

propria attività di impresa. Inoltre, è importante per favorire lo sviluppo delle

imprese sociali che gli stati concedano loro gli stessi benefici fiscali di cui godono le

imprese non for profit, in particolare la detassazione degli utili generati dall’attività e

non distribuiti, agevolando così l’accumulo di risorse da impiegare nello sviluppo.

In secondo luogo va meglio riconosciuto il ruolo attuale e potenziale delle imprese

sociali nell’innovazione della società, in particolare al fine di favorire lo start-up di

nuove imprese sociali e di sostenere i progetti meritevoli anche nelle fasi di ideazione

e sperimentazione. Ad esempio andrebbero potenziate e rese stabili una serie di

sperimentazioni fatte in vari paesi negli ultimi anni, come l’istituzione di fondi per il

finanziamento di bandi di progetti innovativi di imprenditorialità sociale, utilizzando

risorse pubbliche e di soggetti privati.

Il percorso di costruzione di un apparato basato su solide evidenze empiriche con cui

mettere alla prova le teorie è ancora lento e faticoso. È chiaro quindi che senza

un’accelerazione delle ricerche sarà difficile poter disporre delle conoscenze

necessarie a sviluppare una discussione politica seria sul fenomeno, con il pericolo di

perdere un’occasione per ampliare la libertà di fare impresa perseguendo al

contempo il benessere del maggior numero possibile di persone.

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1.6. L’impresa sociale e la crisi economica

1.6.1. Premessa

L’impresa sociale potrebbe giocare un ruolo nella crisi economico-finanziaria

italiana, avendo riflessi temporali positivi a breve e medio termine. Essa può essere

vista come “ammortizzatore sociale”, cioè un metodo utile al sistema socio-

economico per la tutela dei lavoratori che sono in procinto di perdere o hanno perso

il posto di lavoro. Inoltre può essere una specifica formula imprenditoriale che

coesiste con le imprese for profit e con le aziende pubbliche, abbandonando il ruolo

di cornice che spesso le riservano.

Prima di parlare dell’impresa sociale rapportata alla crisi, pare utile analizzare i

profili giuridici che essa può assumere:

Impresa sociale di sistema: azienda che al pari di altre produce e scambia beni e

servizi di utilità sociale per l’interesse generale senza distribuzione di utili in

un’ottica di gestione finalizzata all’equilibrio economico-finanziario.

Impresa sociale come “spin off” sociale di impresa for profit: azienda (spa o srl

senza distribuzione di utili) creata anche con la partecipazione di un’impresa for

profit per il presidio produttivo e di scambio di attività sociali dell’impresa for

profit stessa (asilo nido, soggiorni estivi, animazione per i dipendenti pensionati

ecc.).

Impresa sociale come “saving company”: azienda che produce beni e servizi

impiegando risorse umane che un’impresa for profit reputa essere in esubero a

fronte di una situazione economico-finanziaria critica. In essa si collocano

dipendenti che avrebbero la prospettiva di perdere il posto di lavoro, in cassa

integrazione guadagni ordinaria o straordinaria e i disoccupati.

1.6.2. Crisi economica italiana del 2009: cenni sul ruolo dell’impresa sociale

“La crisi morde l’economia reale”, sostiene Giorgio Fiorentini14. Anche la stabilità

sociale è in bilico e rischia di creare tensioni fra i vari attori del mondo del lavoro.

Alcune centinaia di migliaia di lavoratori hanno già perso e perderanno il lavoro, è

14 FIORENTINI G., Ecco perché le imprese sociali possono tirarci fuori dalla crisi, il sussidiario.net, 2009. Giorgio Fiorentini è professore associato di economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche presso l'Istituto di Pubblica Amministrazione e Sanità (IPAS) ed è responsabile del settore Imprese Sociali e Aziende Non profit sempre pressol’Istituto di Pubblica Amministrazione e Sanità.

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necessario quindi reagire velocemente, e in alcuni casi fra i vari interventi possibili è

utile dare discontinuità alla formula imprenditoriale classica, che se non equilibrata

ha dimostrato di fare dell’obiettivo del raggiungimento del profitto senza limiti uno

dei motivi della crisi che si è determinata.

La storia economica e sociale dimostra che nei momenti di crisi la forma d’impresa

partecipata sia stata una via d’uscita e di reazione con risultati positivi e di recupero.

E quindi le imprese sociali possono intervenire come saving company per recuperare

sia posizioni di mercato di imprese for profit, dove alcune regole tossiche

dell’impresa stessa hanno condotto alla deriva, sia posti e posizioni di lavoro

instabili, che altrimenti, dopo la cassa integrazione guadagni, non avrebbero speranza

di mantenimento e di continuità. Con questa formula imprenditoriale si manterrebbe

infatti una continuità di attività lavorativa e di brand che farebbe cogliere i primi

segnali di ripresa, poiché se le imprese cessassero la loro attività si rischierebbe di

perdere valore, mercato e brand. In questo modo si affronterebbe la crisi con maggior

ottimismo pensando anche al dopo crisi.

L’impresa sociale ha il vantaggio di avere una formula imprenditoriale con un asset

aziendale in grado di stare in equilibrio gestionale a prezzi competitivi poiché i costi

di gestione e produzione sono inferiori rispetto a quelli della formula imprenditoriale

tradizionale che deve massimizzare in assoluto il profitto per distribuirlo ai

conferenti di capitale. Le imprese sociali in forma di saving company non

distribuiscono utili, mantenendo però un equilibrio economico-finanziario che

stabilizza l’operatività e permette di rimanere più facilmente sul mercato anche in

situazioni di crisi come quella attuale, ovviando all’alternativa della formula

imprenditoriale tradizionale che spesso porterebbe alla chiusura dell’azienda in parte

o addirittura nella sua totalità.

L’impresa sociale quindi, connotata da tutte le caratteristiche fino ad ora descritte, se

sapientemente “sfruttata”, potrebbe essere un mezzo valido e innovativo per uscire

dalla crisi, o per lo meno per ridurne il più possibile gli effetti negativi sulla

collettività.

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CAPITOLO 2

Modelli organizzativi di impresa sociale

2.1. La pluralità di forme giuridiche Il legislatore italiano ammette che un’impresa sociale possa costituirsi in varie forme.

Un’impresa sociale, dunque, è tale non perché costituita in una particolare modalità,

ma perché presenta i requisiti sostanziali e organizzativi definiti dalla legge e a loro

volta adattati a ciascuna delle forme giuridiche. Coerente con questo disegno è anche

l’esclusione delle amministrazioni pubbliche volte alla sola produzione di benefici

per gli associati o gli aderenti, in quanto tali caratteristiche sono giudicate

incompatibili con i requisiti sostanziali di utilità sociale e indipendenza dal settore

pubblico15.

Il pluralismo delle forme giuridiche dell’impresa sociale rappresenta ad oggi

un’interessante opportunità di scelta.

Un’opportunità in quanto le forme non sono neutre: scegliere l’una o l’altra tra le

forme consentite significa per un’impresa optare per un modello più o meno incline

alla capitalizzazione o al finanziamento esterno, più o meno idoneo alla

differenziazione dei ruoli decisionali e amministrativi. Saranno dunque i promotori

dell’impresa sociale a scegliere la forma che di volta in volta meglio risponde alle

proprie modalità operative e alle proprie strategie organizzative.

La legislatura italiana ammette che un’impresa sociale possa costituirsi in forma di

cooperativa sociale, di associazione, di fondazione, o più generalmente di società,

sia quest’ultima cooperativa o non cooperativa, purché in tale ultimo caso adotti il

divieto totale o parziale della distribuzione degli utili.

È data quindi la possibilità a tutte le tipologie societarie di svolgere attività sociali,

addirittura alle società per azioni, purché lo statuto della società stessa contenga

espressa dichiarazione della volontà di operare in un ambito sociale non distribuendo

gli utili, ma reinvestendoli.

A oggi, accanto alle forme giuridiche più classiche e tradizionali quali quelle sopra

citate, sono sorti numerosi fenomeni che possono essere ascritti al concetto di 15 D.lgs. 24 Marzo 2006 n. 155, Art 1.

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impresa sociale. Essi sono volti soprattutto a rispondere a bisogni già esistenti ma

rivalutati, oppure a necessità del tutto nuove. Fra questi fenomeni hanno rilevanza

soprattutto le società di mutuo soccorso, l’housing sociale e il trust sociale.

2.2. La cooperativa sociale Le cooperative sociali costituiscono a oggi la tipologia di impresa sociale più diffusa

in Italia e all’estero, poiché possiede una struttura organizzativa che meglio

rappresenta questa particolare classe di imprese.

Con il termine cooperativa sociale si intende una particolare tipologia di società

cooperativa, che si occupa principalmente di gestire servizi socio-sanitari ed

educativi, oppure di attività di vario genere finalizzate all'inserimento nel mercato

del lavoro di persone svantaggiate.

Il fenomeno è più diffuso in Italia, ma si sviluppa in varie forme in molte altre realtà.

In paesi come la Svezia e la Gran Bretagna le cooperative sociali esistono senza una

legislazione specifica, mentre elementi analoghi al modello italiano si ritrovano nella

legislazione del Belgio e della Polonia.

In Italia le cooperative sociali rientrano, come detto, nella speciale categoria delle

imprese sociali, e si caratterizzano quindi per l’obiettivo di perseguire l’interesse

generale della comunità, la promozione umana e l’integrazione sociale dei cittadini

attraverso due forme:

la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi (tipo A);

lo svolgimento di attività diverse (agricole, industriali, commerciali o di servizi)

finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate (tipo B).

Questa è la definizione che dà l'articolo 1 della Legge 381/91, la quale disciplina le

cooperative sociali e alla quale occorre fare riferimento per conoscere gli specifici

obblighi e divieti cui queste cooperative sono sottoposte, e che ne giustificano il

particolare regime tributario. La stessa legge disciplina la figura del socio volontario

e del socio svantaggiato e prevede convenzioni stipulabili tra enti pubblici e

cooperative sociali di tipo B.

Le cooperative sociali che rispettano la normativa della Legge 381/91

sono considerate onlus di diritto.

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2.2.1. La distribuzione delle cooperative sociali in Italia

Al 31 Dicembre 2008 risultano attive 13.938 cooperative sociali, pari al 19,5% del

totale delle imprese cooperative e allo 0,3% del totale delle imprese italiane. La

tabella 2 mostra la diffusione delle cooperative sociali a livello regionale. La più alta

concentrazione di tali organizzazioni si presenta nelle regioni settentrionali (35,8%),

seguite da quelle meridionali (27,7%).

Tabella 2: cooperative sociali e dipendenti della cooperative sociali per regione – Anno 2008

Fonte: Euricse

Come si nota in tabella, le regioni più popolose d’Italia (Lombardia, Campania,

Lazio e Sicilia), registrano anche il maggior numero di cooperative sociali attive sul

proprio territorio: complessivamente nelle quattro regioni ha sede il 47,7% delle

organizzazioni prese in esame. Centrale è il ruolo giocato dai capoluoghi delle

quattro regioni: a Roma ci sono 1.117 cooperative sociali, a Milano 627, a Napoli

484 e a Palermo 377. Oltre che nei suddetti capoluoghi di regione, il numero di

cooperative sociali ha superato quota 200 anche in alcune province, per lo più

corrispondenti alle più grandi aree metropolitane italiane. Tra queste si segnalano

Torino e Brescia al nord, Frosinone e Latina al centro, e Bari, Salerno, Catania e

Cagliari nelle regioni meridionali ed insulari.

La tabella mostra inoltre che, nel complesso, le cooperative sociali occupano 317.339

lavoratori dipendenti, il 59,2% dei quali sono impiegati in cooperative con sede nelle

regioni settentrionali e in particolare in Lombardia (18,6%), in Emilia Romagna

(12,9%) e in Piemonte (11,7%). Il dato rispetto alla popolazione conferma il maggior

peso occupazionale delle cooperative del nord Italia rispetto a quelle delle regioni

meridionali: le regioni del nord, sebbene registrino un numero minore di cooperative

Cooperative sociali Dipendenti

Ripartizione Valore assoluto % Valore assoluto %

Nord-ovest 3.092 22,2 107.402 33,8

Nord-est 1.901 13,6 80.698 35,4

Centro 2.920 20,9 63.556 20

Sud 3.856 27,7 37.644 11,9

Isole 2.169 15,6 28.039 8,8

Italia 13.938 100,0 317.339 100,0

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ogni 100.000 abitanti, sono in grado di generare un numero maggiore di posti di

lavoro nel territorio in cui operano.

A oggi circa otto cooperative sociali su dieci operano nel settore dei servizi. Oltre al

settore della sanità e dell’assistenza sociale (44,4%) risultano rilevanti il settore dei

servizi di supporto alle imprese (11,8%) e il settore dell’istruzione (5,9%). Il

rimanente 10% si suddivide tra l’industria (5,8%), e in misura minore, tra agricoltura

(2,6%) ed edilizia (3%).

Tra le organizzazioni per le quali si dispongono informazioni, il 54,4% opera nei

settori assimilabili alle attività delle cooperative sociali di tipo A, quali sanità e

assistenza sociale, istruzione e attività artistiche, sportive e di intrattenimento.

Analizzando i dati per ripartizione territoriale emerge che le cooperative di tipo A si

concentrano prevalentemente nelle regioni settentrionali, dove il 60,2% delle

cooperative sociali attive sul territorio offre servizi educativi o di assistenza

sanitario-sociale.

2.2.2. Le cooperative sociali e l’innovazione

Il concetto di impresa sociale, e più in particolare quello di cooperativa sociale, è

direttamente associato a quello di innovazione. Già l’idea stessa di cooperativa

sociale rappresenta un modo innovativo di concepire la tradizionale organizzazione

caritativa di terzo settore.

L’idea di innovazione è molto discussa, ma generalmente si fa riferimento alla

formulazione di Schumpeter16 che la descrive come la creazione e la realizzazione di

nuove combinazioni di strategie, prodotti, servizi, mercati, sistemi produttivi e

forniture di beni e servizi.

L’innovazione sembra aver portato alla luce, anche se il fenomeno è ancora in parte

da esplorare, una nuova generazione di cooperative sociali meno legate alla cultura

tradizionale del welfare e più portate a pensare alle problematiche dell’inclusione

sociale e della qualità della vita in modo nuovo.

La sfida centrale per promuovere e sostenere la spinta riformatrice delle nuove

cooperative sociali è da collocarsi in pieno all’interno delle politiche pubbliche. Ma

per politiche pubbliche di sostegno all’innovazione non vanno intese le abitudini di

16 Joseph Alois Schumpeter (1883 – 1950) è stato un economista austriaco, tra i maggiori del XX secolo.

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semplice trasferimento di risorse economiche alle cooperative per l’erogazione di

servizi specifici, bensì soprattutto la costruzione di condizioni di contesto tali da

favorire lo sviluppo e la diffusione dell’innovazione.

Come ha evidenziato Everett Rogers17, il precursore degli studi sulla diffusione

dell’innovazione, uno dei requisiti fondamentali del processo diffusivo è

rappresentato dal livello di riconoscimento che il contesto sociale e istituzionale

attribuisce all’innovazione. La legge 381/91, precedentemente citata, costituisce un

esempio esplicito del ruolo che il riconoscimento istituzionale assume per la

diffusione dell’innovazione stessa.

2.3. Le associazioni di promozione sociale e le fondazioni 2.3.1. Le associazioni di promozione sociale

Come cita la legge 383 del 2000 all’articolo 2: “sono considerate associazioni di

promozione sociale le associazioni riconosciute e non riconosciute, i movimenti,

i gruppi e i loro coordinamenti o federazioni, costituiti al fine di svolgere attività di

utilità sociale a favore di associati o terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto

della dignità e della libertà degli associati”.

Le associazioni di promozione sociale possono quindi essere definite delle

organizzazioni in cui gli individui si associano per perseguire un fine comune non di

natura commerciale. Possono assumere la denominazione di associazione di

promozione sociale:

Le associazioni riconosciute e non riconosciute.

I movimenti e i loro coordinamenti o federazioni.

I gruppi e i loro coordinamenti e federazioni.

La loro valenza sociale deriva dal fatto che esse non sono assimilabili a

quelle associazioni che hanno come finalità la tutela esclusiva di interessi economici

dei membri, come nel caso delle associazioni in partecipazione. Inoltre questa

tipologia di associazione non può prevedere limitazioni all'ammissione degli

associati con riferimento alle condizioni economiche, né prevedere altre forme

di discriminazione.

17 Everett M. Rogers (1931 – 2004) è stato uno studioso di comunicazione e sociologia, scrittore e insegnante. Ha raggiunto la popolarità grazie alla sua teoria sulla diffusione dell’innovazione.

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Il ruolo svolto dalle associazioni di promozione sociale le fa avvicinare molto alla

realtà del volontariato, ma mentre le organizzazioni di volontariato non possono

remunerare i soci, le associazioni di promozione sociale possono in caso di

particolare necessità remunerare i propri soci. Queste ultime, inoltre, devono

caratterizzarsi per una valenza mutualistica dei servizi erogati, anche se è indubbio

che oggi le associazioni non si limitino solamente alla mera soddisfazione degli

interessi e dei bisogni degli associati, ma abbiano sviluppato una forte apertura al

sociale operando promozioni della partecipazione e della solidarietà.

In virtù del loro peculiare valore sociale la legge prevede:

l'istituzione di un apposito registro nazionale, regionale e provinciale al quale i

soggetti in possesso dei requisiti previsti dalla legge possono iscriversi per

ottenere delle agevolazioni previste dalla legge stessa.

Osservatori nazionali e regionali dell'associazionismo.

Particolari agevolazioni, fiscali e non fiscali.

La possibilità di ricevere donazioni e lasciti testamentari.

In base al Rapporto di performance per l'anno 2007 del Ministero della Solidarietà

Sociale18, il fondo nazionale per le associazioni di promozione sociale ha finora

erogato a circa 369 soggetti, spesso gli stessi che ogni anno presentano nuovi

progetti, un totale di circa 51 milioni di euro.

2.3.2. Le fondazioni

le fondazioni sono figure generali di persone giuridiche private riconosciute dal

nostro ordinamento.

Una fondazione in particolare è un ente privato senza finalità di lucro costituita da

uno o più fondatori, che ha a disposizione un patrimonio da destinare a determinati

scopi: religiosi, culturali, educativi, scientifici. La fondazione ha un organizzazione

propria, propri organi di governo e utilizza e gestisce le sue stesse risorse. Esse si

costituiscono per atto pubblico o per disposizione testamentaria.

18 Il Ministero della Solidarietà Sociale era un dicastero del Governo italiano, accorpato dal 2008 al Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali.

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La particolare struttura di questi enti non rende necessaria l’esistenza o la

permanenza, al loro interno, del soggetto o dei soggetti “fondatori”, infatti la

fondazione non prevede la figura del socio (o associato, o altre figure assimilabili).

Il metodo ordinario con cui si costituisce una fondazione è quello del lascito, da parte

di uno o più fondatori, di un patrimonio vincolato al perseguimento di determinati

scopi non lucrativi, che saranno non tanto mutualistici, quanto piuttosto di matrice

sociale, culturale, solidaristica.

Esistono due tipi di fondazione:

la fondazione operativa (operating foundation) che persegue il suo scopo

direttamente, avvalendosi della propria organizzazione.

la fondazione di erogazione (grantmaking foundation) che persegue il suo scopo

indirettamente, finanziando altri soggetti che lo perseguono.

Gli amministratori, nominati in atto costituivo o dai soggetti statutariamente

identificati, di norma non rispondono dei debiti della fondazione. L’amministrazione

del patrimonio è funzionale al raggiungimento degli scopi, che come abbiamo detto,

sono solitamente culturali e solidaristici ed individuati dal fondatore.

Essa finanzia i propri scopi con il lascito del fondatore ed i relativi frutti e raggiunge

il proprio obiettivo con lo svolgimento delle iniziative ritenute opportune dagli

amministratori nell’ambito della missione statutaria.

2.4. Le società di mutuo soccorso Le società di mutuo soccorso (SMS), nate durante la rivoluzione industriale quale

primo esempio di organizzazione della classe operaia, sono realtà collettive composte

da persone che volontariamente decidono di versare somme di denaro per scopi non

lucrativi al fine di costituire un fondo destinato a fornire sussidi e crediti ai soci stessi

al verificarsi di particolari situazioni di difficoltà (malattie, infortuni, decesso dei

coniugi…). Il funzionamento economico ed organizzativo di tali soggetti, basato su un

meccanismo di tipo assicurativo, tuttavia, non ha escluso la possibilità che

contemporaneamente fossero tenuti in considerazione risvolti ed aspetti solidaristici

di notevole importanza, capaci di generare meccanismi in grado di sviluppare

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coesione sociale tra i membri, finendo per essere inglobate nel fenomeno di impresa

sociale.

È possibile dunque asserire che la diffusione delle società di mutuo soccorso permise

di creare quell’apparato “mutualistico” necessario allo sviluppo di una coscienza di

classe, gettando le basi per l’affermazione di una più ampia “cultura della

solidarietà”.

La mutualità volontaria, inoltre, è fondata sul principio della ripartizione dell’onere,

derivante da una situazione di disagio di un singolo, tra tutti i soggetti, che

egualmente sono sottoposti al possibile verificarsi dello stesso rischio. Il socio

aderisce infatti a questa tipologia organizzativa sia per tutelare se stesso e la sua

famiglia, ma anche perché sceglie di sostenere responsabilmente, con il suo

contributo, il bisogno di tutela degli altri soci e delle rispettive famiglie.

Da un punto di vista giuridico-fiscale, l'ordinamento italiano identifica come

mutualistiche quelle azioni che un insieme di persone scambiano tra di loro.

2.4.1. Dimensione del fenomeno e cenni storici

I dati quantitativi esistenti indicano una rapida crescita in termini numerici delle

società di mutuo soccorso dall’Unità d’Italia in avanti: infatti, se nel 1862 le SMS

censite in Italia erano 443, nel 1885 esse raggiungevano le 4.896 unità (+1005%), per

toccare quota 6.700 (+37%) nel 1897. La statistica ministeriale del 1904, facente

seguito a quelle del 1885 e del 1897, attestava l’esistenza di 6.535 società, 4.067

delle quali insediate nel nord Italia (62,2%) e le rimanenti divise quasi equamente tra

il centro e il sud.

Lo squilibrio numerico della distribuzione a livello territoriale era il riflesso delle

diverse condizioni di sviluppo del paese: la solida presenza delle società di mutuo

soccorso nell’area settentrionale è spiegata dalla “creazione della base industriale

italiana e dal suo rafforzamento, con l’espansione dell’indotto e l’aumento di tante

attività collaterali di produzione e di servizi”19.

Con l’andare del XX secolo, le società di mutuo soccorso furono investite dalla

progressiva radicalizzazione del conflitto sociale, che contribuì a trasferire su altri

19 FABBRI L. G., Solidarismo in Italia fra XIX e XX secolo. Le società di mutuo soccorso e le casse rurali, Torino, Giappichelli, 1996.

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soggetti la capacità di interpretare con maggiore incisività domande ed aspirazioni

dei lavoratori. Fino alla Prima Guerra Mondiale, tuttavia, le società di mutuo

soccorso crebbero in numero ed importanza, per lasciare successivamente spazio alla

costruzione di quello che sarebbe dovuto diventare lo “Stato assistenziale”, vedendo

conseguentemente ridimensionata ed orientata la loro funzione originaria verso

attività di altro tipo. Ciò portò altresì alla chiusura per estinzione di molte di esse.

Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale e più tardi l’avvento del Fascismo

decretarono la netta disgregazione del movimento mutualistico. La gestione della

previdenza sociale fu definitivamente sottratta alle società di mutuo soccorso e

l’unico referente su tali temi divenne nel 1933 l’Istituto Nazionale di Previdenza

Sociale (INPS).

Nel secondo dopoguerra, le società di mutuo soccorso rimaste in vita affrontarono la

ripresa, stentando però a ritrovare motivazioni operative coerenti con l’attività

sviluppata nell’Ottocento. Iniziarono così a svilupparsi le SMS dedicate a finalità

ricreative e culturali.

Il periodo dal 1965 in poi rappresenta una fase caotica in termini di reperimento di

dati su queste società.

Come mostrato in tabella 3, al 2009 in Italia è possibile contare 1.429 soggetti, un

numero ancora contenuto rispetto all’importanza rivestita dal fenomeno in passato.

La distribuzione geografica delle società di mutuo soccorso invece dimostra che più

della metà delle stesse (53%) presenti in Italia sono concentrate in sole tre regioni,

Piemonte, Liguria e Sicilia.

I soci e i loro familiari sono complessivamente circa 600.000 e la loro distribuzione

geografica evidenzia una loro concentrazione in particolare nelle aree del centro e del

sud (rispettivamente 23% e 25%) e delle isole (14%). Ciò può essere giustificato dal

fatto che, coerentemente con le modalità di sviluppo territoriali delle aree

geografiche italiane, le società di mutuo soccorso sono nate e si sono radicate in

particolare nel nord Italia, mentre il divario tra sviluppo economico e welfare ha

determinato una maggiore domanda di assistenza nelle regioni meridionali.

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Tabella 3: La ripartizione delle società di mutuo soccorso in Italia – Anno 2009

Regione Numero di SMS Piemonte 409 Liguria 252 Sicilia 96 Veneto 84 Lazio 74 Puglia 73 Lombardia 67 Emilia-Romagna 65 Friuli Venezia Giulia 54 Marche 54 Toscana 52 Campania 34 Umbria 27 Sardegna 21 Calabria 21 Basilicata 16 Abruzzo 15 Valle d’Aosta 5 Trentino Alto Adige 5 Molise 4 Totale 1.429

Fonte: elaborazione su dati FIMIV

2.4.2. Basi normative

La legge n. 3818/1886, la quale approva la costituzione legale delle società di mutuo

soccorso, costituisce tuttora il riferimento legislativo fondamentale per le stesse.

Tuttavia, la possibilità che tali realtà siano destinatarie di una serie di disposizioni

agevolative è subordinata al requisito della registrazione, necessaria per acquisire la

personalità giuridica e perfetta autonomia patrimoniale.

La SMS registrata deve essere ricondotta fra gli enti non commerciali. Infatti, la sua

attività principale consiste per legge nell’erogazione di sussidi ai propri soci in

ambiti che sono riconducibili ai settori dell’assistenza sanitaria e previdenziale.

Peraltro, la caratteristica di mutualità pura, dove cioè i beni e i servizi erogati sono

destinati ai soci e non rivolti al mercato, e dove l’erogazione dei sussidi avviene solo

in caso di capienza del patrimonio sociale, confermano che l’attività principale svolta

dalle società di mutuo soccorso è di tipo non commerciale.

Le principali caratteristiche del modello, così come emerge dalla legge n. 3818/1886,

sono:

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divieto di svolgere attività commerciale: le società di mutuo soccorso incassano

somme dai soci (quote associative) che vengono successivamente ridistribuite

agli stessi associati in particolari situazioni di disagio (sussidi). È proibita, ad

esempio, l’attività assicurativa esercitata in maniera diretta: ciò si traduce

nell’impossibilità da parte delle SMS di stipulare contratti di assicurazione con i

propri associati assumendo il ruolo di compagnia assicuratrice (come, invece,

fanno le mutue assicuratrici). È loro concessa, invece, la possibilità di fare da

tramite tra i propri associati e le compagnie assicuratrici.

Divieto di distribuire avanzi di gestione tra i soci, sotto forma di dividendi o in

qualunque altro modo.

Divieto di partecipazione alla società in qualità di soci sovventori o finanziatori e

relativa emissione di strumenti finanziari di qualsiasi genere.

I soci non hanno diritto ad ottenere il rimborso dei contributi versati in caso di

scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio, come anche nel caso

di scioglimento della società.

2.5. L’housing sociale Il fenomeno dell'housing sociale può essere schematicamente riassunto come “il

tentativo di superare un sistema di produzione di edilizia pubblica ormai debole,

obsoleto e del tutto incapace di rispondere in maniera appropriata all'evolvere della

domanda abitativa”20.

Esso nasce dalla constatazione che produrre alloggi in grande quantità non ha

comunque portato a risolvere problemi abitativi di tutte le fasce della popolazione,

sopratutto quella marginale.

Inoltre, oggi le condizioni del mercato immobiliare rendono l'accesso all'acquisto

sempre più difficile e contemporaneamente rendono improponibile l'affitto per

diverse fasce di popolazione, soprattutto quella giovanile. Appare allora necessario

promuovere interventi abitativi che sappiano da un lato far convergere le risorse

attraendole dal settore privato, e dall'altro sappiano rispondere in modo appropriato

al complessificarsi della domanda abitativa.

20 Cittalia, 2010. La fondazione Cittalia, centro europeo di studi e ricerche per i comuni d’Italia, è la struttura dell’ANCI dedicata agli studi e alle ricerche. La sua missione è accompagnare le città e i comuni italiani nel confronto con le sfide poste dalla trasformazione della società e dell’economia.

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Costruire quartieri ed interventi edilizi capaci di rispondere in maniera flessibile al

mutare delle popolazioni residenti e non residenti nel tempo, far convergere interessi

in una determinata area sottoutilizzata in modo da promuoverne lo sviluppo secondo

criteri di sostenibilità sociale, economica e ambientale, promuovere una politica di

gestione della proprietà del suolo attenta all'ampliamento del sistema residenziale

sociale al di là dell'intervento pubblico, appaiono come alcuni degli elementi

principali attorno a cui si strutturano gli interventi di housing sociale.

In una parola potremmo dire che l'housing sociale, almeno in teoria, perseguendo

l'integrazione socio-territoriale, cerca di rimettere al centro dell'interesse

dell'intervento residenziale l'abitante nella sua relazione con il progetto di residenza e

con il contesto abitato.

La definizione che ne da il Cecodhas21, l’organizzazione europea degli operatori del

settore, richiama i seguenti concetti:

con l’housing sociale si cerca di offrire alloggi per coloro che non riescono a

soddisfare il proprio bisogno abitativo sul mercato (per ragioni economiche, per

assenza di un’offerta adeguata o anche per difficoltà di accesso al credito).

Presenza di criteri particolari di assegnazione degli alloggi che li connotano come

servizio di interesse economico generale.

2.5.1. Cenni sull’esperienza dell’housing sociale in Europa

L’analisi delle esperienze europee evidenzia alcuni messaggi chiave. Innanzitutto,

come evidente in figura 1, nei paesi considerati, escludendo la Germania, l’housing

sociale rappresenta circa il 20% del mercato residenziale.

Anche se esistono tendenze ricorrenti non vi sono formule di generale applicazione

del fenomeno, ma in ogni paese esso si realizza secondo le più svariate modalità.

Il reperimento di risorse private si accompagna spesso a meccanismi di garanzia, o

ad altre forme di riduzione degli oneri finanziari e di sussidio, e all’istituzione di

un’autorità di vigilanza.

Il livello dei canoni consente generalmente l’equilibrio economico del proprietario:

l’inquilino è protetto da sussidi personali e assistenziali e da meccanismi di

calmieramento dei canoni 21 Il Cecodhas Housing Europe, fondato nel 1988, è l’organo comunitario addetto al controllo e alla regolamentazione dell’housing e del social housing in Europa.

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Figura 1: L’housing sociale in Europa

Fonte: The Policy Press e Joseph Rowntree Foundation

2.5.2. La catena del valore nell’housing sociale e i rischi del settore

Per massimizzare l’efficacia di un progetto di housing sociale, occorre mantenere in

equilibrio le varie componenti del valore delle iniziative.

Nella situazione attuale, dati i vincoli di bilancio delle amministrazioni pubbliche, è

sempre più difficile raggiungere l’equilibrio attraverso il ricorso ai sussidi e alla

fiscalità. A oggi però i sussidi oltre che pubblici possono essere interni ai progetti,

prevedendo delle iniziative che contribuiscano al sostegno di altre (per esempio

alloggi con affitti o prezzi di vendita più elevati il cui sovrarendimento sussidia

alloggi a canone calmierato).

Nel settore si sta soprattutto sviluppando una notevole attenzione a leve quali quella

fondiaria (valore delle aree) e finanziaria (canali di finanziamento agevolati). Inoltre,

è opinione diffusa che vi siano margini per recuperare efficienza nella fase di

realizzazione degli immobili e della loro successiva gestione, ad esempio attraverso:

economie di scala.

nuove procedure e tecniche di costruzione.

partecipazione degli inquilini e incentivazione di meccanismi di controllo sociale

che aiutino a contenere fenomeni di vandalismo e di morosità.

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Il valore economico e sociale di un intervento dipende, infine, dall’attivazione di

servizi e di altre funzioni di supporto alle nuove residenze che arricchiscano la

qualità del nuovo tessuto sociale.

Data la particolarità del settore, gli investitori considerano l’housing sociale ad alto

rischio ed è probabile che questa percezione permarrà fino a che non vi siano

sufficienti storie di successo.

I principali rischi possono essere relativi alla natura immobiliare, in riferimento alla

morosità, alle manutenzioni da compiere per fare in modo che le abitazioni siano al

passo con i tempi, e alla perdita di valore degli alloggi, che con il passare degli anni

diminuiscono il loro potenziale iniziale.

Esistono poi anche dei rischi di natura finanziaria, relativi principalmente ai tassi

d’interesse che possono essere applicati su eventuali finanziamenti richiesti, sociali,

in particolare riferiti a danneggiamenti e alla criminalità, e politici, riguardanti il

reperimento di aree, sussidi, convenzioni e autorizzazioni dalle autorità competenti.

Sul profilo di rischio dei progetti influiscono elementi innanzitutto relativi al settore,

infatti ognuno di essi ha particolari sussidi, agevolazioni fiscali e fondi di garanzia

che differiscono di caso in caso. È quindi importante nel momento in cui si opera in

un settore essere a conoscenza di tutte queste variabili.

Inoltre, sul profilo di rischio del settore influiscono anche fattori interni ai progetti,

come la pianificazione, la realizzazione di servizi e il rafforzamento della comunità.

A oggi l’housing sociale è in continua espansione, come tutto il settore delle imprese

sociali, e si spera di riuscire a raggiungere buoni risultati negli prossimi anni,

mostrando oggi il fenomeno buoni potenziali di crescita e sviluppo.

2.6. Il trust sociale Anche il trust sociale può essere annoverato tra i fenomeni che a oggi hanno avuto

recenti e interessanti sviluppi in abito sociale.

È importante però definire prima il trust nella sua forma tradizionale.

Il trust è un istituto giuridico di origine anglosassone la cui struttura essenziale consiste in un accordo in base al quale un soggetto disponente, il settlor, trasferisce

dei beni ad un altro soggetto, il trustee, affinché quest’ultimo li amministri

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nell’interesse di uno o più beneficiari, ovvero in funzione della realizzazione di un

fine specifico, indicato dal settlor. Oltre a tali soggetti, che possono essere

considerati come “necessari”, può essere prevista la figura del protector, che avrà il

compito di vigilare sull’operato del trustee e che potrà essere istituito

facoltativamente. È possibile rintracciare nella prassi numerose tipologie di trust, in quanto la sua struttura può essere adattata, di volta in volta, alle esigenze concrete delle parti, anche al fine di fornire una tutela ad interessi e posizioni giuridiche che, altrimenti,

non troverebbero protezione con altri strumenti presenti nell’ambito del nostro

ordinamento giuridico. Il trust, infatti, si presta ad innumerevoli iniziative di carattere

patrimoniale, successorio, societario, e, negli ultimi periodi, anche sociale. Come può evincersi da questa prima analisi, non esiste un elenco che definisce tassativamente quali siano gli interessi che possono essere tutelati tramite l’utilizzo

di questo strumento, e da ciò ne deriva che, qualora siano presenti tutte le condizioni

di legge, quest’ultimo possa essere utilizzato per la tutela di interessi di natura

collettiva.

2.6.1. Il charitable trust e il trust di scopo

Il trust é uno strumento estremamente elastico che, oltre ad essere funzionale alla

protezione di interessi privati, può essere utilizzato anche per il raggiungimento di

finalità di interesse generale.

Nel modello inglese (all’interno del quale il fenomeno ha avuto origine), fatta

eccezione per il caso dei charitable trusts, che possono essere considerati validi solo

qualora perseguano finalità caritatevoli e siano soggetti alla vigilanza della Charity

Commission22, i trusts di scopo non sono ammessi e, come affermato anche dalla

dottrina, sarebbero pertanto soggetti a nullità per mancanza del beneficiario e quindi

del soggetto legittimato a pretendere l’adempimento dal trustee delle obbligazioni

previste nell’atto istitutivo.

Un trust è detto di scopo quando, contrariamente a quanto accade nella maggioranza

dei casi, i beneficiari non vengono individuati ex ante, in quanto il trust viene

22 La charity commission vigila e controlla sugli organi di beneficienza e che operano nel sociale in Inghilterra e in Galles. Essa offre consigli e provvede a dare una vasta gamma di servizi e di aiuti a queste organizzazioni per renderle più autonome e per promuovere il loro sviluppo.

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istituito per il perseguimento di uno scopo determinato e generale, possibile e non

contrario a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume. In particolare

un trust di scopo non deve avere finalità caritatevoli, che sono invece obiettivo dai

charitable trust, ma deve perseguire interessi che coinvolgano la collettività e la

società in generale.

I trusts di scopo, non trovando spazio nella legislatura anglosassone, hanno trovato

cittadinanza in altri ordinamenti giuridici che, tramite l’adozione di precise

disposizioni, ne hanno legittimato l’operatività.

Numerosi stati, infatti, hanno introdotto nella propria legislazione la validità di quei

trusts che pur essendo finalizzati ad un scopo di interesse generale, non sono

considerati charitable, in base ai parametri stabiliti dal diritto inglese.

Volendo far riferimento alla definizione coniata dalla dottrina, è possibile definire il

trust di scopo come un trust in cui “il compito affidato al trustee va a vantaggio di

una generalità di soggetti”.

Il modello inglese, quindi, si differenzia in maniera netta dal modello convenzionale

il quale ha introdotto la possibilità di istituire trust di scopo, al di fuori della categoria

dei charitable, che invece sono assolutamente vietati nel Regno Unito.

Alla luce di quanto rappresentato, è del tutto evidente come sembrerebbero non

esistere vincoli in merito alla costituzione di un trust per scopi benefici o caritatevoli

in Italia, e come di conseguenza si tratti di uno strumento che per la sua duttilità si

presta anche alla tutela di interessi collettivi.

2.6.2. Il trust e la qualifica di onlus

Analizzata la struttura del trust e verificato che quest’ultimo può essere costituito

anche per il perseguimento di uno scopo sociale, occorre approfondire il tema

centrale del contributo, e cioè la possibilità che un trust, costituito per il

perseguimento di un scopo benefico, possa ottenere la qualifica di onlus.

Fatta questa doverosa premessa, occorre analizzare gli elementi che devono essere

necessariamente ricompresi nell’atto costitutivo del trust al fine di richiedere

l’iscrizione all’anagrafe unica delle onlus.

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Per prima cosa, è necessario che lo scopo del trust rientri fra quelli indicati dalla

legge quando parla di onlus. Inoltre, quest’ultimo dovrà assumere la denominazione

“Trust [...] Onlus”.

Da ciò ne deriva che l’attività del trust dovrà comunque essere rivolta o a soggetti

che presentano una condizione di svantaggio, o alla collettività in generale.

In relazione agli altri requisiti previsti dalla vigente normativa, dovranno essere

espressamente riportate nell’atto di trust tutte le clausole che di fatto qualificano lo

statuto di un’organizzazione non lucrativa di utilità sociale, fra le quali il divieto di

distribuzione di utili, chiaramente in capo al trustee, l’obbligo di impiegare gli utili e

gli avanzi di gestione per la realizzazione dello scopo del trust, l’obbligo di redazione

del bilancio e l’esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale.

Quanto alla durata del trust, le leggi promulgate da diversi paesi, consentono la

possibilità che abbia durata illimitata. Di conseguenza, quest’ultimo potrà estinguersi

nel caso in cui lo scopo sia divenuto impossibile e dovrà essere previsto che il

patrimonio venga devoluto ad altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale o a

fini di pubblica utilità, sentito l’organismo di controllo.

Alla luce di quanto sin qui rappresentato, un trust può quindi aspirare ad ottenere la

qualifica di onlus e godere di tutte le agevolazioni previste, qualora l’atto costitutivo

sia redatto in maniera corretta e costruito in modo coerente con quanto stabilito dalla

normativa vigente.

In conclusione, si ritiene che il trust possa legittimamente aspirare ad essere uno

strumento per la tutela di interessi generali, in quanto garantirebbe di godere di un

margine di operatività che al momento nessuno strumento all’interno

dell’ordinamento italiano sembrerebbe garantire.

Alla luce di quanto sopra esposto, qualora si rilevi la presenza di tutti i requisiti, non

sembrerebbero esservi ragioni ostative per non concedere l’iscrizione all’anagrafe

unica delle onlus.

E’ opportuno ricordare, in ogni caso, che occorre ricorrere all’istituto del trust solo

qualora l’ordinamento non offra altri strumenti che garantiscano la medesima tutela,

e per perseguire uno scopo che non sarebbe altrimenti raggiungibile. In caso

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contrario si correrebbe il rischio di utilizzare questo veicolo in maniera impropria,

snaturandone la funzione.

Alcune esperienze sono già state avviate e si ritiene che alla luce delle recenti novità

interpretative, ed in considerazione della versatilità che caratterizza questo veicolo,

vi sarebbe la possibilità di sperimentare altre soluzioni innovative volte al

perseguimento di uno scopo socialmente rilevante.

2.7. Considerazioni finali

Questa pluralità di forme giuridiche, che a oggi possono essere ricomprese nel

concetto di impresa sociale, ha permesso alle stesse imprese sociali di svilupparsi e

crescere nel tempo.

Ciò soprattutto poiché oggi operare nel sociale non è più una decisione così

vincolante, ma è possibile scegliere, come detto, fra una molteplicità di modelli

organizzativi differenti, andando ad individuare quello che meglio si presta alle

esigenze dei soggetti e del settore di attività prescelto.

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CAPITOLO 3

Il caso “Gruppo Artigianelli”:

una missione condivisa nel sociale

3.1. “Gruppo Artigianelli”: cenni storici e principi fondanti Fondato oltre cento anni fa da Padre Giovanni Battista Piamarta, Gruppo Artigianelli

è una realtà storica del panorama formativo e scolastico bresciano, che affonda le sue

radici nella missione umanitaria e religiosa del promotore.

Nucleo originario del gruppo è l’Istituto Artigianelli, fondato da Piamarta nel 1886

con l’obiettivo di istruire i giovani, vocazione che ancora oggi è mantenuta viva

all’interno di tutto il gruppo stesso. Gruppo Artigianelli si costituisce infatti di una

serie di realtà diverse, che come detto, sono accomunate dallo stesso spirito

pedagogico e umanitario che ne ha contrassegnato gli esordi.

Tutte le realtà che lo compongono hanno una lunghissima tradizione alle spalle, e

sono state in grado di contrassegnare la storia educativa odierna e del secolo scorso

nel territorio bresciano e addirittura a livello mondiale.

Ricalcando le orme del Padre promotore, il Gruppo è gestito oggi dalla

Congregazione religiosa del Santo Padre Piamarta, avviata dallo stesso nel lontano

1900 per assistere i ragazzi più poveri e per dedicarsi a tempo pieno alla loro

formazione.

Il principio ispiratore degli esordi si riflette oggi in tutte le realtà che compongono il

Gruppo, sia attraverso l’educazione scolastica, sia tramite le numerose opere

missionarie gestite dai piamartini in tutto il mondo.

L’obiettivo fondante di Gruppo Artigianelli è quello di coinvolgere appieno le

persone nella loro vita, e in oltre un secolo di attività, è riuscito a portare un aiuto

concreto ai bisognosi e a dare un futuro a migliaia di giovani in tutti gli angoli del

pianeta.

3.1.1. Mission del gruppo

Rendere i giovani protagonisti del loro futuro: nello spirito pedagogico ed educativo

del padre fondatore, la mission di Gruppo Artigianelli è volta alla formazione

integrale della persona e al sostegno umanitario dei più bisognosi. Obiettivo che, pur

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se talvolta con modalità diverse, viene perseguito da tutte le sezioni che compongono

il gruppo, volte a dare un’offerta formativa e un’educazione integrale della persona,

rivolgendosi principalmente alla preparazione e alla formazione dei giovani.

Tale mission si identifica concretamente sia nella proposta educativa e professionale

fornita dagli istituti scolastici e dalle realtà lavorative che compongono il Gruppo, sia

nelle opere umanitarie e benefiche che i piamartini sostengono in Italia e nel mondo

a favore dei bisognosi.

Valorizzare quindi la ricchezza di ogni persona, insegnare la collaborazione e offrire

solidarietà sono alcuni punti cardine su cui si basa l’opera di Gruppo Artigianelli, che

grazie a valori fondanti e a sinergie collaudate, può vantare un respiro e una

diffusione internazionali.

3.2. Composizione del gruppo Gruppo Artigianelli è oggi una delle pochissime realtà in Italia in grado di unire le

più svariate tipologie organizzative di impresa all’aspetto sociale, che come è stato

precedentemente detto, è il principio cardine che lega le imprese del Gruppo.

Le sezioni che lo compongono possono quindi catalogare il Gruppo come un

modello integrato di imprese sociali, e nonostante esse operino spesso in business

differenti tra loro, sono in grado di perseguire la finalità sociale per cui sono state

costituite e dalla quale sono legate.

La realtà multiforme di Gruppo Artigianelli può essere rappresentata attraverso il

seguente organigramma (figura 2).

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Figura 2: Organigramma di Gruppo Artigianelli

Fonte: Elaborazione personale su dati del gruppo aggiornati all’anno 2011

Gruppo Artigianelli è dunque composto da una serie di diverse realtà:

Fondazione Sacra famiglia di Nazareth è una fondazione di culto e religione

costituitasi il 5 Agosto 1946, e oggi dipendente dalla Curia Vescovile di Brescia.

Santo Giovanni Piamarta

Fondazione Sacra Famiglia di Nazareth

Congragazione Sacra Famiglia di Nazareth

Editrice Queriniana Istituto Santa Maria di Nazareth Casa S. Obizio Collegio Piamarta Centro Giovanile Guerrieri

Artigianelli spa

Grafiche Artigianelli Istituto Artigianelli Istituto Piamarta Istituto Bonsignori

Formaratio srl Colonia

Agricola Bonsignori

srl Orion srl A.F.G.P.

Associazione Formazione

Giovanni Piamarta

Onlus

S.C.A.I.P. Servizio Collaborazione Assistenza Internazionale Piamartino

Operazione Lieta Fondazione Piamarta Associazione Amici di Macapà

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Essa è un ente istituzionale, quindi non commerciale, e pertanto non ha l’obbligo

di redigere il bilancio.

La fondazione possiede numerosi terreni e fabbricati e si occupa principalmente

di attività di gestione immobiliare negli immobili in suo possesso a Maderno,

Gavardo e Albano Laziale.

Dall’esperienza di Fondazione Sacra Famiglia di Nazareth si sviluppa l’idea di

costituire la cosiddetta Congregazione Sacra Famiglia di Nazareth, che assume

personalità giuridica il 27 Ottobre 1950. Essa è costituita da una parte

istituzionale e da una parte commerciale, ed è al suo interno suddivisa in una

serie di realtà, quali:

- Editrice Queriniana (Brescia), una casa editrice cattolica che pubblica libri

di teologia, spiritualità, manuali scolastici e pubblicazioni periodiche di

riviste religiose.

- Istituto Santa Maria di Nazareth (Brescia), un istituto scolastico paritario

composto da scuola dell’infanzia, scuola elementare e scuola media.

- Casa Sant’Obizio (Angolo Terme, BS), che oggi è sede del Capitolo

Generale e dell’Assemblea Intercapitolare, di ritiri di molti incontri dei

religiosi italiani e degli alunni degli istituti piamartini.

- Collegio Piamarta (Cecchina, RM), che ospita sistematicamente gruppi in

pellegrinaggio a Roma o alla ricerca di momenti di spiritualità.

- Centro Giovanile Guerrieri (Roseto degli Abruzzi, TE), che oggi gestisce un

Centro di Formazione Professionale (A.F.G.P.) e un centro giovanile.

Artigianelli spa è una società soggetta a direzione e coordinamento di

Congregazione Sacra Famiglia di Nazareth, la quale possiede il 66% delle quote

azionarie della stessa società. Le restanti quote azionarie sono distribuite per il

33% a Fondazione Sacra Famiglia di Nazareth, e per l’1% a Padre Enzo

Turriceni, il superiore generale dei piamartini. Artigianelli spa è stata fondata il 9

Febbraio 1895, e oggi risulta suddivisa in varie sezioni:

- Grafiche Artigianelli (Brescia), un’importante tipografia conosciuta in tutto

il panorama bresciano, che da poco si occupa anche di editoria sotto il nome

“Edizioni Arti”.

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- Istituto Artigianelli (Brescia), dove sono siti un doposcuola, un semiconvitto

e uno dei centri di A.F.G.P. (Associazione Formazione Giovanni Piamarta).

- Istituto Piamarta (Brescia), una scuola superiore paritaria dove sono attivi i

seguenti indirizzi: I.G.E.A. (Istituto Giuridico Economico Aziendale), Liceo

Linguistico Europeo e I.T.I. di Perito per l’Informatica.

- Istituto Bonsignori (Remedello, BS), dove sono siti una scuola secondaria di

primo grado paritaria, un Liceo Scientifico paritario con potenziamento nelle

scienze ambientali, un doposcuola e un semiconvitto.

Orion srl, Organizzazione Ricerca Innovazione e Orientamento (Milano), è una

società partecipata di Congregazione Sacra Famiglia di Nazareth. Fondata il 23

Gennaio 1992, si occupa di grafica a ciclo completo e da qualche anno anche di

progettazione web.

A.F.G.P., Associazione Formazione Giovanni Piamarta, costituita nel 1992, è

stata emanata da Congregazione Sacra Famiglia di Nazareth.

Dal 1954 al 1972 ha realizzato corsi di formazione professionale e istruzione

autorizzati e finanziati dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale.

Dal 1972 in poi ha realizzato corsi di formazione professionale convenzionandosi

con le Regioni. L’attività di A.F.G.P. si sviluppa in diverse sedi:

- Centro Artigianelli, a Brescia.

- Centro Bonsignori, a Remedello (BS).

- Centro Padre Piamarta, a Milano.

- Centro Guerrieri, a Roseto degli Abruzzi (TE).

Formaratio srl (Brescia) è una società di formazione giuridico-fiscale-

amministrativa partecipata di Artigianelli spa per il 50%, e per il restante 50% di

Centro Studi Castelli, una realtà non facente parte di Gruppo Artigianelli. Essa è

stata fondata il 6 Novembre 2006 e si occupa di formazione per commercialisti,

consulenti del lavoro e aziendali, imprenditori, responsabili amministrativi e del

personale, collaboratori di studio, praticanti e neo assunti.

Colonia Agricola Bonsignori srl (Soriasco, PV) è una società partecipata di

Artigianelli spa per il 90%, e per il restante 10% di Congregazione Sacra

Famiglia di Nazareth. Essa è stata fondata il 27 Novembre 2007 ed è un azienda

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vitivinicola sita a Santa Maria della Versa, frazione di Soriasco, che si occupa

appunto della vendita di vini.

Infine gravitano attorto a Gruppo Artigianelli quattro onlus di fondamentale

importanza:

- S.C.A.I.P., Servizio Collaborazione Assistenza Internazionale Piamartino

(Brescia), è stata fondata il 29 Ottobre 1983 ed è un ONG riconosciuta dal

Ministero degli Affari Esteri italiano e dall’Unione Europea per progetti

formativi e scolastici nei paesi in via di sviluppo, in particolare in Brasile,

Cile, Angola e Mozambico.

- Operazione Lieta (Brescia), è stata fondata nel 1983 per sostenere una serie

di iniziative in favore dei bambini più poveri nel nord-est del Brasile e alle

periferie delle città.

- Fondazione Piamarta (Brescia) è stata fondata da ex alunni degli istituti

piamartini nel 1997 per la promozione dei giovani attraverso borse di studio

e per fortificare la loro educazione culturale.

- Associazione Amici di Macapà (Remedello, BS), è stata fondata il 3 Aprile

2008 in aiuto della popolazione della città di Macapà, in Brasile.

3.3. Il Gruppo e le sue realtà: relazioni e influssi Dopo aver analizzato le poliedriche realtà che compongono Gruppo Artigianelli, la

mia attenzione andrà a focalizzarsi su come l’operato delle sue singole sezioni vada

ad influire sulla mission e sui valori sui quali lo stesso Gruppo si fonda.

È importante, infatti, nel momento in cui si opera all’interno di una realtà di gruppo,

che tutte le sezioni dello stesso abbiano un obiettivo convergente e che ognuna di

esse sia in grado di apportare al complesso un influsso positivo.

Andremo quindi di seguito a verificare se Gruppo Artigianelli è in grado di rispettare

questo principio e in che modo, analizzando singolarmente le realtà economicamente

più rilevanti in relazione al Gruppo nel suo insieme.

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3.3.1. Congregazione Sacra Famiglia di Nazareth

Fondazione Sacra Famiglia di Nazareth è, come detto, una fondazione di culto e

religione, ed in particolare un ente istituzionale e non commerciale. Oggi essa svolge

attività immobiliare i cui ricavati saranno reinvestiti nel gruppo.

Dall’esperienza di Fondazione Sacra Famiglia di Nazareth nasce la cosiddetta

Congregazione Sacra Famiglia di Nazareth, che è stata fondata da Padre Giovanni

Piamarta nella prima metà del 1900 ed è il fulcro dal quale è stato creato Gruppo

Artigianelli e tutte le sezioni che lo compongono.

La congregazione si dedica principalmente all’educazione dei giovani e al loro

inserimento nel mondo del lavoro, offrendo percorsi di fede, di formazioni umana, di

preparazione al lavoro e alla vita per valorizzare la ricchezza di ogni persona,

insegnando la collaborazione e costruendo ponti di solidarietà. Oggi essa è presente,

oltre che in Italia, anche in Brasile, in Cile, in Angola e in Mozambico.

Congregazione Sacra Famiglia di Nazareth è al suo interno composta da una serie di

diverse realtà. Casa Sant’Obizio e Collegio Piamarta come già accennato operano in

stretto legame alla realtà religiosa di cui fanno parte, ospitando incontri, convegni e

gruppi in pellegrinaggio, mentre Centro Giovanile Guerrieri è una delle sedi di

A.F.G.P. e al suo interno vengono svolti dei corsi di formazione professionale

giovanili.

Accanto a queste realtà esistono anche l’istituto Santa Maria di Nazareth, che

accompagnando i giovani nei primi anni della loro vita, si occupa di educare e far

crescere insieme ai bambini valori e fondamenti morali importanti, e l’Editrice

Queriniana, nata nel 1884 come tipografia, e poi diventata una delle più importanti

case editrici religiose del panorama bresciano e italiano, la quale diffonde le proprie

pubblicazioni con lo scopo di avvicinare sempre più la gente e in particolare i

giovani alla religione. La casa editrice svolge un ottimo operato, facendo in modo

che le proprie opere siano riconosciute tra le migliori e le più vendute addirittura a

livello nazionale.

Fra tutte le realtà che compongono la congregazione, a livello economico assume

maggiore rilievo proprio quest’ultima. Editrice Queriniana infatti, nonostante la

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criticità del periodo, riesce a chiudere in utile ad avere un margine positivo già in

gestione caratteristica di 31.787€. Fra i servizi che la casa editrice offre, rilevante è il

l’aspetto e-commerce, dal quale nel 2011 si sono guadagnati 26.289€.

Le realtà facenti parte di Congregazione Sacra Famiglia di Nazareth, come in

generale tutte le sezioni che compongono il Gruppo, non distribuiscono gli utili, ma

li reinvestono per la realizzazione dei progetti che più stanno a cuore ai promotori, in

relazione alla mission di cui tutto Gruppo Artigianelli si fa portatore.

3.3.2. Artigianelli spa

Artigianelli spa è un’importante realtà all’interno di Gruppo Artigianelli costituita

sottoforma di società per azioni.

La società possiede una particolarità che le permette di posizionarsi coerentemente

all’interno del contesto sociale di cui fa parte: nello statuto infatti, nonostante la

struttura organizzativa sotto forma di spa, è contenuto un articolo volto a sottolineare

che gli amministratori non percepiscono compenso. Di conseguenza gli utili non

saranno distribuiti, ma reinvestiti all’interno delle attività che compongono il gruppo

stesso.

Ecco che quindi Artigianelli spa è considerabile in tutto e per tutto un’impresa

sociale, ed una realtà importante per Gruppo Artigianelli poiché in grado di garantire

fondi da destinare ai vari progetti messi a punto e realizzati nel tempo.

La società ha come scopo primario l’educazione, la formazione e l’istruzione

scolastica e professionale, prestando particolare attenzione ai giovani poveri e

abbandonati. L’attività di Artigianelli spa si articola quindi in una serie di settori

finalizzati al raggiungimento di questi obiettivi, tra cui la gestione di istituti, scuole e

convitti, l’acquisto e la coltivazione di terreni per diffondere teoricamente e

praticamente l’insegnamento agrario, l’assunzione e la gestione di aziende

industriali, commerciali e agrarie, e l’attività editoriale in generale.

Artigianelli spa è molto vicina anche alle tematiche ambientali, dimostrando un forte

impegno a riguardo di temi di responsabilità sociale e di tutela del territorio. Queste

tematiche sono infatti ormai parte integrante dei principi e dei comportamenti della

società, orientata all’eccellenza tecnologica, al mantenimento di elevati livelli di

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sicurezza, di tutela ambientale ed efficienza energetica, nonché alla formazione, alla

sensibilizzazione e al coinvolgimento del personale riguardo a temi di responsabilità

sociale.

Fondamentale in questa realtà sono inoltre la crescita e la valorizzazione

professionale della persona quali fattori determinanti per l’evoluzione e lo sviluppo

delle proprie attività. L’elevato livello delle competenze e delle conoscenze

acquisite, nonché l’impegno, la flessibilità, la dedizione nei compiti assegnati e la

ricerca quotidiana dell’eccellenza nel proprio lavoro, sono un patrimonio prezioso

che la società intende preservare e incrementare.

Tutto ciò ci dimostra come Artigianelli spa, nonostante la sua forma giuridica, sia

assolutamente in grado di rispondere a 360 gradi allo scopo sociale che il Gruppo si è

prefissato.

Ma andiamo ad analizzare questi aspetti più nel dettaglio, addentrandoci nelle sezioni

che compongono la società.

3.3.2.1. Grafiche Artigianelli

Grafiche Artigianelli è una tipografia bresciana che si occupa di stampa tipografica

di libri, periodici e materiale pubblicitario, offrendo un’ampia gamma di servizi ai

propri clienti, tra i quali la stampa offset e la stampa digitale, la legatoria e il

confezionamento, e dallo scorso anno anche un servizio di editoria.

Tutta l’attività tipografica si fonda sulla professionalità e sulle competenze acquisite

in anni di esperienza sul campo. Il principio ispiratore della tipografia è quello di

realizzare una “stampa di carattere”, che si rispecchia chiaramente nell’etica

professionale e umana alla base dell’operato. Non a caso Grafiche Artigianelli,

insieme ad Editrice Queriniana, ha trainato e incrementato per molti anni tutta la

stampa cattolica bresciana.

Ancora una volta quindi anche Grafiche Artigianelli si fonda sugli stessi ideali e

valori che hanno il loro punto di partenza nella tradizione religiosa alla base di

Gruppo Artigianelli, rivolgendosi però oggi anche a nuove realtà che gravitano negli

ambiti editoriali più disparati. In particolare la tipografia lavora in un’ottica

finalizzata ad ottenere progetti di stampa validi e interessanti, avviando una

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collaborazione sinergica e proficua con il cliente, consigliandolo e realizzando il

prodotto al meglio.

La lunga tradizione nel settore tipografico, l’esperienza consolidata e la scrupolosa

cura di ogni fase produttiva sono i fattori critici di successo che permettono alla

tipografia di realizzare qualsiasi richiesta ed esigenza di stampa.

In linea con il principio del gruppo, la mission della tipografia si fonda storicamente

sullo stretto contatto del fondatore con la gioventù della sua epoca, alle prese con il

duro mondo delle fabbriche e della nascente industria bresciana.

La filosofia di base, che ancora oggi permea l’operato di Grafiche Artigianelli, è

quella di consentire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, imparando sul

campo un mestiere o una professione. Da qui la creazione, sin dagli esordi del

Gruppo, di una serie di laboratori che poi portò alla nascita della tipografia.

Tramite l’insegnamento dell’arte della stampa tipografica Grafiche Artigianelli si

preoccupa di trasmettere ai propri collaboratori l’importanza di lavorare per sé, per il

proprio benessere, ma anche per chi non ha le stesse opportunità.

Ancora oggi l’obiettivo di Grafiche Artigianelli è quello di sostenere realtà educative

diverse, utilizzando una parte dei ricavi per sovvenzionare la formazione scolastica

di molti giovani in Italia e nel mondo.

3.3.2.2. Gli istituti

Gli istituti facenti parte di Artigianelli spa - Istituto Artigianelli, Istituto Piamarta e

Istituto Bonsignori - sono una presenza attiva e qualificata nella realtà bresciana da

quasi un secolo. Essi sono stati fondati a Brescia in diversi momenti per continuare e

potenziare l’ormai nota sfida formativa volta ad un’educazione integrale del corpo,

della mente e del cuore lanciata da Padre Giovanni Piamarta.

È chiaro quindi come gli istituti scolastici siano in grado di partecipare in modo

attivo alla mission del Gruppo, operando direttamente sui giovani e sulla loro

formazione, in particolare offrendo a loro e alle famiglie la possibilità di scegliere

delle scuole qualificate e con diversi percorsi di studio, che sappiano però anche

donare principi e valori morali.

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Oggi l’Istituto Artigianelli è sede di un doposcuola, di un servizio di semiconvitto, e

di un centro di formazione professionale (A.F.G.P.).

L’istituto Piamarta dà invece la possibilità di scegliere fra diversi percorsi come

l’Istituto Tecnico Industriale, il Liceo Europeo ad indirizzo linguistico moderno,

oppure ha inteso rispondere all’informatizzazione e all’evoluzione del mondo

economico con il Liceo Giuridico Economico Aziendale.

Infine, l’Istituto Bonsignori offre un servizio di scuola media e un Liceo Scientifico

con un potenziamento nelle scienze ambientali, coerentemente con le origini di Padre

Bonsignori dal quale l’Istituto prende il nome, un doposcuola e un semiconvitto.

L’analisi dei dati di bilancio del 2011, denota, dopo un calo a ritroso negli anni

passati della frequenza presso le scuole del Gruppo, una certa stabilità nel numero

degli iscritti, rimanendo comunque abbastanza bassa la presenza media per classe

degli alunni. Ingenti sono gli sforzi, economici e finanziari, chiesti ai soci per

sostenere le attività scolastiche che sono lo scopo fondamentale della società, come

forte è l’impegno profuso per ricercare un recupero nella realtà della provincia,

affinché l’attività scolastica ritorni ad essere un punto di riferimento a livello

provinciale. Attualmente, dato il numero degli studenti ridotto, anche i relativi ricavi

delle rette sono bassi. I costi invece sono rimasti pressoché eguali, essendo i costi

fissi invariabili rispetto al numero degli allievi per classe. Questo incide molto sul

fatturato, in particolare nella sezione Istituto Piamarta, mentre presso l’istituto

Bonsignori si può considerare positiva la situazione della scuola secondaria di primo

grado, segnalando invece lo sforzo per portare a regime il liceo scientifico, giunto al

suo quinto anno. Il fatturato degli istituti e della tipografia, comparato con gli esercizi

precedenti, presenta le seguenti variazioni percentuali:

Tabella 4: Incremento/decremento del fatturato

Fonte: Bilancio Artigianelli spa, anno 2011

Variazioni fatturato 2011 2010 2009 2008 2007

Grafiche Artigianelli 1,0% 9,1% -24,5% 1,0% 13,4%

Convitti e scuole -6,3% -4,4% 3,0% 12,0% 5,6%

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Forte di queste considerazioni, Artigianelli spa e il Gruppo in generale stanno

tentando di mettere a punto delle scelte gestionali che possano portare gli Istituti,

nonostante il periodo difficile, a rifiorire, riportando ai risultati passati, o addirittura a

oltrepassarli. Già nel 2011, Artigianelli spa ha effettuato una serie di importanti

investimenti soprattutto nelle scuole (figura 3), con il tentativo di migliorare la

situazione venutasi a creare e con l’obiettivo di continuare anche nel 2012 con la

stessa politica.

Figura 3: Investimenti Artigianelli spa

Fonte: Bilancio Artigianelli spa, anno 2011

3.3.3. A.F.G.P.

A.F.G.P. (Associazione Formazione Padre Giovanni Piamarta) è un’associazione

senza fini di lucro a vocazione scolastica, formativa, di orientamento e

accompagnamento al lavoro.

Essa è stata costituita nel 1992 a Brescia, come continuazione delle attività avviate

dalla Congregazione Sacra Famiglia di Nazareth e ha diverse sedi in Italia (Brescia,

Remedello, Milano e Roseto degli Abruzzi) e all'estero (America latina e Africa).

Il Centro Artigianelli, sede storica dell’A.F.G.P., è un'istituzione nel panorama

scolastico e formativo bresciano che, investendo e realizzando azioni mirate nel

settore della formazione e dell'orientamento, è considerato uno dei punti più

eccellenti e specializzati.

La dimensione professionale si radica nel progetto educativo e nella proposta

formativa che afferiscono al carisma piamartino improntato con particolare riguardo

€ 162.762

€ 21.598

€ 108.998

€ 48.030

Istituto Bonsignori

Istituti Piamarta

Istituto Artigianelli

Grafiche Artigianelli

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ai giovani e ai lavoratori, curandone la crescita umana, cristiana e l’elevazione

professionale, al fine di mantenere vivo il patrimonio ideale e gli indirizzi educativi e

sociali che hanno caratterizzato l’azione svolta dal fondatore Giovanni Piamarta.

Per la realizzazione del suddetto scopo l’associazione istituisce scuole, centri di

assistenza per persone con disabilità e minori, corsi ed attività di formazione

professionale culturale e sociale.

In particolare:

promuove organizza e gestisce attività di istruzione e formazione professionale,

ivi compresi corsi ed attività di orientamento, riqualificazione, qualificazione,

specializzazione, aggiornamento e perfezionamento, istruzione e formazione

tecnico superiore. Promuove, istituisce e attua anche corsi di formazione per

tecnici che intendono svolgere la propria professione in paesi esteri e in via di

sviluppo.

Organizza e svolge convegni, corsi ed altre iniziative, sia teoriche che pratiche,

tendenti alla formazione culturale umana cristiana tecnico didattica e

all’aggiornamento di docenti ed educatori.

Organizza e gestisce strutture e centri di assistenza per la riabilitazione, il

recupero e la formazione di giovani disagiati e con disabilità.

Promuove ed organizza iniziative di tipo ricreativo, culturale e formativo rivolte

ai giovani in situazioni di disagio ed ogni altra attività rientrante nelle politiche

sociali e giovanili.

A.F.G.P. mostra una situazione reddituale positiva, con un fatturato annuo nel 2011

di 8.710.648€. Nonostante i costi consistenti, A.F.G.P. è riuscito a ridurli, e anche ciò

ha contribuito a chiudere l’esercizio in utile.

3.3.4. Orion srl

Orion srl è una piccola azienda milanese di grafica a ciclo completo, che da qualche

anno si occupa anche di progettazione web e che si specializza nelle produzioni

scolastiche. Anche in questo caso i profitti derivanti dall’operato di Orion saranno

ridistribuiti al Gruppo e utilizzati per la realizzazione di vari progetti.

L’attività e gli obiettivi che Orion si propone di realizzare sono sicuramente molto

vicini a quelli dell’altra grande tipografia che compone il Gruppo, Grafiche

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Artigianelli. Infatti, anche in questo caso la missione principale che Orion si propone,

in conformità con la volontà del fondatore, è quella di inserire i giovani nel mondo

del lavoro, permettendogli di imparare praticamente delle mansioni e delle attività, in

modo da renderli “protagonisti del loro futuro” e facendo si, inoltre, che la maggior

parte dei ricavi derivanti dalla tipografia serva per sovvenzionare la formazione

scolastica di molti giovani nel mondo. La dimensione professionale, dunque, si

radica nel progetto educativo e nella stessa proposta piamartina, improntata a

sostenere una scuola dinamica, aggiornata e orientata alla crescita professionale e

cristiana della persona.

Orion offre in particolare un servizio tipografico destinato alle scuole e agli istituti di

formazione, facendosi conoscere in tutto il panorama milanese nonostante le modeste

dimensioni. Anche questo può essere ritenuto un aspetto in conformità con la mission

del Gruppo: contribuire ad aiutare le scuole con mezzi e supporti idonei ad

organizzare meglio il lavoro e ad istruire con più facilità i giovani.

Alla fine dell’esercizio 2011, l’attività di Orion chiude con una lieve perdita di

2.652€. Tuttavia essa non desta preoccupazione in quando ritenuta dagli

amministratori di modesta entità e assolutamente recuperabile nel corso del 2012.

3.3.5. Formaratio srl

Formaratio è una società a responsabilità limitata che si occupa principalmente

di formazione in aula per commercialisti, consulenti del lavoro e aziendali,

imprenditori, responsabili amministrativi e del personale, collaboratori di studio,

praticanti e neo assunti. Essa, in risposta a questa esigenza, propone percorsi di

approfondimento, incontri di aggiornamento, seminari, corsi base e di formazione

personalizzata per la crescita professionale ispirata alle problematiche quotidiane del

lavoro, arricchita da esempi pratici e dalla discussione di casi concreti.

Gruppo Artigianelli ha deciso di impegnarsi anche in questa nuova realtà,

acquisendone una parte, proprio perché risponde in modo efficace alla mission che si

propone, finalizzata a formare e istruire i giovani. In questo caso l’azienda completa

la loro formazione professionale insegnando importanti competenze essenziali per

chi vuole affacciarsi al mondo del lavoro.

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Anche in questo caso la parte di utili di spettanza alla società non viene distribuita

ma reinvestita nel Gruppo.

Formaratio risulta essere una realtà importante nel panorama bresciano e più in

generale italiano, e consapevole della rilevanza etica dei comportamenti assunti, in

coerenza anche alla mission di Gruppo Artigianelli di cui è parte per il 50%,

considera l’applicazione dei disposti di legge un prerequisito fondamentale della

propria attività, ma non esaustivo né sufficiente. Si impegna infatti nello sviluppo e

nell’applicazione di tutte le iniziative che concorrono a promuovere l’etica

d’impresa.

La gestione dei rapporti interpersonali all’interno di Formaratio deve essere

sviluppata evitando ogni forma di abuso che si trasformi in esercizio del potere,

lesivo della dignità e dell’autonomia della persona.

A tutti coloro che intrattengono rapporti con l’azienda, a prescindere

dall’inquadramento contrattuale, sono garantite condizioni di lavoro rispettose della

dignità umana ed ambienti di lavoro sicuri e salubri, sono contrastati atti di violenza

psicologica e atteggiamenti o comportamenti discriminatori o aggressivi.

La selezione del personale è condotta nel rispetto delle pari opportunità e senza

discriminazione riguardo alla sfera privata.

Formaratio attribuisce alla formazione valore primario e qualificante e dedica risorse

e strumenti adeguati al raggiungimento degli obiettivi definiti, poiché crede

fortemente nell’importanza della formazione completa della persona per potersi

affermare e per poter rendere la propria figura protagonista del proprio futuro.

Inoltre, l’azienda pone la tutela ambientale quale presupposto rilevante nelle scelte

delle tecnologie, dei programmi e delle strategie aziendali, prevenendo

l’inquinamento in ogni sua forma e valutando gli impatti ambientali di ogni nuovo

processo, prodotto o servizio offerto; per raggiungere questo obiettivo è grande

l’impegno per rispettare tutte le leggi e le norme nazionali e locali riferite alla tutela

dell’ambiente.

3.3.6. Colonia Agricola Bonsignori srl

Colonia Agricola Bonsignori è una società a responsabilità limitata che reinveste gli

utili ottenuti all’interno di Gruppo Artigianelli, del quale fa parte.

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L’11 Novembre 1895 prende avvia l’idea delle Colonia Agricola e vengono effettuati

dei lavori di bonifica su una proprietà di circa 140 ettari acquisita da Padre Piamarta

in collaborazione con Padre Bonsignori e Padre Baizini.

Queste sono le origini della società, la quale oggi è un’azienda vitivinicola che si

occupa di rilanciare i vini della Congregazione sotto il nominativo di “Colonia

Bonsignori 1895”.

Colonia Agricola Bonsignori ha da sempre orientato la propria attività ad obiettivi

del tutto consoni agli impegni del Gruppo e in sintonia con lo spirito piamartino.

L’istruzione della comunità, che è la vocazione fondamentale delle iniziative di

Gruppo Artigianelli, deve passare entro tutte le forme possibili per promuovere una

cultura e dei valori che sostengano i concetti di correttezza, salute, equità e rispetto

dell’uomo.

In quest’ottica, in una realtà che produce vini, Azienda Agricola Bonsignori si è

prefissata di rigenerare la sua vitalità realizzando prodotti all’insegna del rispetto

dell’ambiente e della salute di chi lavora direttamente nei campi, di chi consuma i

vini, e di chi vive accanto alle terre in possesso dei piamartini.

Per fare ciò sono stati perseguiti dei percorsi specifici ed innovativi.

Innanzitutto la società si è orientati alla tutela del paesaggio, il quale è espressione di

armonia e ordine, mettendo in atto azioni caute nei confronti della natura e

rispettando l’originaria conformazione del terreno, in modo da preservare la

spontaneità del luogo. Viene curata, infatti, la gestione del paesaggio mantenendo

inalterata l’orografia23 ed il profilo dei suoli, conservando il bosco, le essenze, gli

alberi e gli arbusti fruttiferi o spontanei, che sono un patrimonio storico e

naturalistico importante.

Viene tutelata poi la salute, come fondamento del rispetto verso l’uomo. Con metodi

a basso impatto, infatti, Colonia Agricola Bonsignori opera ragionando sulle

necessità reali di intervento contro infestanti e parassiti. Facendo ciò viene ridotto al

minimo l’utilizzo di antiparassitari da sintesi chimica e viene ricercato un equilibrio

nel quale la vite risulti meno suscettibile, più rustica e meno condizionata da sostanze

estranee. Ne derivano un’uva e del vino più salutari e più espressivi di un territorio

con grande vocazione viticola. 23 L'orografia è quella branca della geografia fisica che studia i rilievi della Terra, sia quelli superficiali, sia quelli sottomarini.

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Inoltre, la società punta molto anche al risparmio energetico come spunto di saggezza

verso il consumo irresponsabile. Per fare ciò, l’azienda fa propri i criteri di controllo

condivisi da “Ita.Ca”24, un programma internazionale di misura dell’anidride

carbonica prodotta dalle attività umane, ed esegue quindi un monitoraggio delle

proprie emissioni in ambiente. Sulla base poi di un esame rigoroso, è in grado di

adottare tutte le misure possibili per ridurre progressivamente l’incidenza delle

proprie attività sull’effetto serra nelle diverse fasi della filiera produttiva.

L’Azienda Agricola Bonsignori vuole poi evidenziare il valore del prodotto come

criterio di equità. Il vino della società, preparato seguendo questo stile, viene

proposto al consumatore con prezzi che consentono al Gruppo di realizzare in modo

essenziale i propri obiettivi. Non si pone quindi in concorrenza con un mercato

aggressivo, e il valore dei vini si basa su un costo di produzione reale e corretto.

Ulteriore obiettivo di Colonia Agricola Bonsignori è anche l’impegno a divulgare

cultura e tradizione. In conformità a ciò anche la sede dell’azienda vitivinicola è

messa a disposizione per iniziative orientate a comunicare e promuovere solidarietà,

rispetto, arte e passione.

Tutta quest’attenzione che Colonia Agricola Bonsignori mette nel proprio lavoro

necessita ovviamente di investimenti rilevanti, e nonostante il periodo difficile la

società continua a credere in questi valori e a portarli avanti nel tempo, mettendo al

centro del proprio operato l’uomo, il suo benessere e la sua salute.

3.3.7. Le onlus

Infine, come detto, fanno parte di Gruppo Artigianelli anche una serie di onlus. Più

precisamente:

S.C.A.I.P.

Operazione Lieta.

Fondazione Piamarta.

Associazione Amici di Macapà.

24 Ita.Ca (Italian wine carbon calculator) è il primo strumento di calcolo di emissioni di anidride carbonica per le aziende vitivinicole. Esso nasce da una rielaborazione dell’International wine carbon calculator (IWWC) e dal suo adattamento alla realtà produttiva italiana. In particolare con questo nuovo strumento è possibile calcolare le emissioni dirette di CO2 dovute a combustibili fossili di cui l’azienda sotto esame è responsabile diretta. È poi possibile misurare il consumo di energia acquistata e tutte le emissioni legate alla produzione di materiali acquisiti o smaltiti dall’azienda.

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3.3.7.1. S.C.A.I.P.

S.C.A.I.P. è l’acronimo di Servizio Collaborazione Assistenza Internazionale

Piamartino. Essa è un’associazione nata nel 1983 a Brescia su iniziativa di un gruppo

di persone che desideravano impegnarsi nella cooperazione internazionale.

S.C.A.I.P. è cresciuta nel tempo ed è oggi divenuta ONG (organizzazione non

governativa) e onlus (organizzazione non lucrativa a utilità sociale).

Nell’anno della fondazione l’entusiasmo sopperì alla carenza di mezzi e diede il via

ad un’avventura della quale S.C.A.I.P. continua ad essere testimonianza.

La onlus poggia le sue fondamenta sulla mission di Gruppo Artigianelli,

declinandola più specificamente: un costante impegno e una sola grande, unica

aspirazione, essere di aiuto allo sviluppo dei popoli. Con questo spirito S.C.A.I.P. si

è schierata dalla parte dei poveri e dei bisognosi, immaginando per loro un mondo

più giusto.

In 30 anni S.CA.I.P. ha gestito circa 21 milioni di euro a favore dei più deboli

attraverso le missioni e i progetti nei paesi del sud del mondo, e sono migliaia le

persone in Africa e in Sud America che hanno beneficiato di questi aiuti.

L’articolo 3 dello statuto dell’associazione sottolinea che S.CA.I.P. ha lo scopo di

promuovere e gestire interventi di cooperazione al progresso umano, economico e

sociale dei paesi in via di sviluppo o in stato di necessità. In particolare, per il

perseguimento di questi scopi sociali, S.CA.I.P. si occupa di:

sostenere la realizzazione di progetti plurisettoriali nei paesi in via di sviluppo.

Svolgere attività di studio, ricerca, informazione, sensibilizzazione ed educazione

sui problemi riguardanti lo sviluppo.

Organizzare e gestire corsi di formazione per il personale da inviare nei paesi in

via di sviluppo o in stato di necessità e per persone provenienti da paesi in via di

sviluppo.

Organizzare e gestire, sia autonomamente che in collaborazione con alti enti

pubblici o privati, interventi specifici di promozione e sviluppo sociale ed

economico in aree del terzo mondo.

Organizzare e sostenere iniziative di adozione morale a distanza.

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Realizzare ogni altra iniziativa e svolgere ogni operazione che serva a conseguire

le finalità per cui la stessa associazione è stata fondata.

S.C.A.I.P. focalizza la sua azione prevalentemente in Africa e in Sud America,

sviluppando una serie di progetti finalizzati alla formazione dei giovani e allo

sviluppo di questi paesi.

Figura 3: Dislocazione dei progetti di S.C.A.I.P. nel mondo

Fonte: sito dell’associazione, www.scaip.it

Come evidente dalla figura 3, in Africa l’azione di S.C.A.I.P. coinvolge l’Angola, il

Burundi, il Cameroun, il Congo, il Mali e il Mozambico, mentre in Sud America la

Bolivia, il Brasile, il Cile e il Perù. All’interno di queste realtà sono stati messi a

punto una serie di progetti, frutto di lunghi anni di lavoro, dei quali molti hanno già

portato a importanti miglioramenti.

A oggi i più rilevanti progetti in corso sono:

Lo sviluppo delle comunità rurali in Burundi, con l’obiettivo di promuovere

l’uguaglianza di genere e rafforzare economicamente e socialmente le donne e le

famiglie contadine nelle comunità rurali, attraverso una azione di

alfabetizzazione, di tutela dei diritti, di educazione socio-sanitaria, di

miglioramento delle condizioni abitative e ambientali, di trasferimento di

competenze agro-zootecniche, di produzione e trasformazione di prodotti agricoli

e di lavoro in forma cooperativa.

Lo sviluppo rurale e della sanità comunitaria in Mozambico, allo scopo di

migliorare la produzione agricola e zootecnica, promuovere la

commercializzazione agro-zootecnica ed elevare gli standard di vita socio-

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economici e socio-sanitari attraverso l’aumento delle competenze e delle

conoscenze produttive e commerciali, l’assistenza tecnica e l’accesso al credito.

La riabilitazione dopo il terremoto di corsi professionali in Cile, in particolare

dei corsi di elettronica e telecomunicazioni danneggiati dal terremoto del 2010.

Inoltre, S.C.A.I.P. è costituita da un team di persone qualificate che vivono il

proprio lavoro con la consapevolezza e la passione propria di chi sa quanto sia

importante il valore della solidarietà e del sostegno. Ciò consente di curare e gestire

progetti in molte nazioni del sud del mondo e contribuire in Italia alla creazione di

una cittadinanza attiva, vicina alle tematiche della cooperazione internazionale.

Lo sforzo di chi opera all’interno di S.C.A.I.P. è quello di destinare ai progetti e alle

missioni la maggior parte delle risorse raccolte. Per questa ragione i costi di gestione

sono stabilmente contenuti sotto il 7%.

In 30 anni sono stati raccolti e gestiti circa 21 milioni di euro, suddivisi in diversi

paesi in Sud America e in Africa. Migliaia di bambini e di famiglie hanno potuto

beneficiarne tramite le missioni e i progetti, sottoforma di servizi o attrezzature.

Per ogni euro donato o ottenuto tramite bandi istituzionali S.C.A.I.P. destina ai

progetti almeno 93 centesimi.

3.3.7.2. Operazione Lieta

Operazione Lieta è un’associazione onlus nata nel 1983 per sostenere una serie di

iniziative messe in atto per i bambini più poveri nel nord-est del Brasile, a Fortaleza,

e alle periferie delle grandi città. Cuore di questa iniziativa sono i missionari

piamartini e i volontari che nel tempo hanno saputo farla crescere, ed hanno

assicurato a centinaia di bambini una casa, del cibo, l’affetto di una famiglia e

l’educazione scolastica indispensabile a dare loro un futuro.

Anche in questo caso l’attività di Operazione Lieta è in assoluta conformità rispetto

alla mission di Gruppo Artigianelli, e assai vicina all’attività della sopracitata

S.C.A.I.P.

L’associazione in particolare si propone esclusivamente fini di solidarietà sociale,

svolgendo la sua attività nei settori del volontariato, dell’istruzione, della formazione,

dell’assistenza sociale e sanitaria, della beneficienza e della tutela dei diritti civili, sia

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in Italia che all’estero. Per il perseguimento dei propri scopi l’associazione promuove

occasionalmente raccolte pubbliche di fondi, anche mediante l’offerta di oggetti di

modico valore.

Operazione Lieta, nonostante collabori a progetti anche in Africa, svolge la sua

principale attività in Brasile, dove ogni anno mette a punto una serie di progetti

innovativi e importanti per lo sviluppo delle popolazioni locali. Oggi fra i vari

progetti è di maggiore rilevanza quello riguardante la promozione di una rete di

sviluppo agricolo sostenibile nelle aree rurali di Santa Luzia e Limoeiro de Norte, in

Brasile. Il progetto, svolto in collaborazione con S.C.A.I.P., ha come obiettivo la

costruzione di una serie di laboratori e l’avvio di corsi professionali, e il suo valore

complessivo è pari a 64.440,69€.

Il punto di forza di Operazione Lieta sta però nell’organizzazione di eventi per la

raccolta di fondi e in una serie di iniziative destinate all’aiuto dei bambini e delle

famiglie del sud del mondo, fra le quali l’adozione a distanza, il “pacco famiglia”,

che assicura generi di prima necessità alle famiglie bisognose, l’acquisto di libri per

la raccolta di fondi, l’organizzazione di mercatini natalizi, e infine l’evento centrale

dell’associazione: Brasilieta. Essa riguarda una serie di giornate dedicate al Brasile

dove vengono svolti spettacoli e iniziative utili per finanziare i progetti messi in atto

dell’associazione.

Grazie a questa importante attività di raccolta fondi, Operazione Lieta e insieme

S.C.A.I.P. hanno la possibilità di finanziare i propri progetti per il recupero dei paesi

più poveri del mondo, risultando realtà importanti e conosciute in tutto il mondo.

3.3.7.3. Fondazione Piamarta

Fondazione Piamarta Onlus, costituita ufficialmente nel novembre 1997, è stata

riconosciuta Ente Morale con Decreto del Ministero dell'Interno.

Essa è stata costituita in occasione della Beatificazione di Padre Giovanni Piamarta

da un gruppo di ex alunni delle scuole piamartine, nel desiderio di manifestargli la

propria riconoscenza. In questa direzione viene concretizzata l’idea di dare ulteriore

sostegno all’azione educativa a favore della gioventù, tuttora svolta da Gruppo

Artigianelli.

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Fondazione Piamarta Onlus, in un’epoca di scarsa sensibilità per le opere educative,

intende svolgere un’azione di appoggio a coloro che operano in questo campo

decisivo per il domani della nostra società e per il futuro dei giovani.

Essa nasce con l’intenzione di proseguire la promozione della preparazione cristiana

della gioventù attraverso il lavoro, lo studio, l’educazione, la responsabilizzazione

dei giovani nei confronti della famiglia e della società. Il suo scopo esclusivo è il

perseguimento di finalità di solidarietà sociale attraverso il sostegno e il

coordinamento delle opere piamartine già esistenti e la creazione e lo sviluppo di

nuove iniziative educative, formative e culturali.

In particolare la fondazione in Italia e all’estero esercita la sua attività nei seguenti

modi:

Istituisce borse di studio volte al sostegno di studenti meritevoli o bisognosi.

Promuove e finanzia progetti ed altre iniziative educative, formative e culturali.

Organizza stage o esperienze di altro tipo per avvicinare la scuola al mondo del

lavoro.

Finanzia le attività di S.C.A.I.P. e di altre organizzazioni non governative.

Promuove la conoscenza, l’immagine e la qualità delle scuole e delle altre opere

piamartine.

A livello pratico l’attività di Fondazione Piamarta si concretizza in una serie di

attività che rispondono in modo del tutto coerente allo scopo e alla mission di

Gruppo Artigianelli. In particolare essa opera mettendo a punto una serie di iniziative

che la distinguono all’interno del territorio bresciano.

Innanzitutto istituisce una serie di concorsi annuali intitolati “Un tema per

migliorare” riservati agli studenti delle classi quarte e quinte delle scuole superiori di

Brescia e provincia, che vuole essere uno strumento di contatto tra la Fondazione

Piamarta ed il mondo dei giovani. Nel primo quinquennio sono stati proposti

argomenti di forte interesse quali il lavoro, la famiglia, il tempo libero, la religione e

la scuola. L'obiettivo è quello di pubblicare un libretto con i lavori migliori, da

distribuire alle scuole ed alle famiglie.

Inoltre la fondazione organizza concerti e convegni su varie tematiche, e in

collaborazione con Congregazione Sacra Famiglia di Nazareth istituisce alcune borse

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di studio per la frequenza gratuita nelle scuole o nei convitti del Gruppo, in

particolare nell’Istituto Artigianelli, nell’Istituto Bonsignori e nell’Istituto Piamarta.

Queste borse di studio sono istituite per garantire l'accesso alle suddette scuole o ai

convitti anche a coloro che, pur essendo animati da serie motivazioni allo studio, non

dispongono delle necessarie risorse economiche. L'impegno di Fondazione Piamarta

sarà protratto per tutti gli anni di frequenza, nel rispetto del regolamento.

Per concludere, come detto precedentemente, missione della fondazione è sostenere

progetti volti alla crescita dei giovani nel mondo del lavoro e delle professioni in una

prospettiva valoriale ispirata all'opera educativa del Padre fondatore. In tale

prospettiva, la fondazione intende oggi promuovere un premio, denominato premio

civitas, rivolto a giovani bresciani neodiplomati e neolaureati particolarmente

distintisi negli studi. Scopo dell'iniziativa è contribuire alla formazione di figure

professionali di alto livello disposte a mettere le proprie capacità e competenze al

servizio di un'idea del lavoro e dei rapporti economici non meramente finalizzata al

guadagno, ma inserita in una visione etica, che favorisca la crescita materiale e

spirituale dell'intero corpo sociale.

Diversamente da una normale borsa di studio, il premio civitas intende offrire ai

giovani vincitori un preciso iter formativo, della durata di un anno, individuato da un

comitato scientifico appositamente nominato dalla fondazione stessa. Tale iter

prevede la frequenza presso corsi universitari e postdiploma in istituti italiani ed

europei e periodi di tirocinio presso primarie realtà del mondo produttivo e

lavorativo in genere. Una particolare attenzione nella costruzione del percorso

formativo verrà dedicata agli aspetti etici e sociali, che potranno anche costituire

tematiche specifiche degli studi.

Per ogni anno si prevede l'assegnazione del premio a giovani neodiplomati e

neolaureati. L’ambito degli studi ammesso a concorrere varierà di anno in anno, così

da coprire nel tempo un ampio ventaglio di professionalità.

3.3.7.4. Associazione Amici di Macapà

Macapà è una città brasiliana situata sulle sponde del Rio delle Amazzoni, ed è una

delle zone più povere del Brasile: disoccupazione, mancanza di istruzione e

situazioni familiari precarie sono la causa di un’elevata delinquenza minorile.

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Da alcuni anni i padri piamartini gestiscono una scuola alla periferia della città che

dà istruzione ed il minimo sostentamento a 530 ragazzi raccolti dalla strada, senza

casa e famiglia, cacciati da altre scuole e con alle spalle situazioni di degrado,

povertà e violenza.

La cosiddetta “Scuola Agricola” è una realtà unica nel suo genere: oltre all’istruzione

viene fornito ai ragazzi e alle loro famiglie il necessario per vivere.

Dal 1999 un gruppo di volontari di ex alunni dell’Istituto Bonsignori di Remedello

promuove iniziative finalizzate alla raccolta di fondi destinati alla missione

brasiliana, poiché le risorse a disposizione dei padri di Macapà sono sempre assai

ridotte.

Ad integrare l’aiuto economico c’è inoltre l’esperienza estiva di volontariato che tutti

gli anni viene proposta a chi termina il percorso di studi a Remedello e a chiunque

dimostri interesse ad impegnare parte delle sue vacanze lavorando nella missione e

prestando il proprio aiuto nei confronti dei ragazzi del luogo.

Anche in questo caso l’attività di Associazione Amici di Macapà risponde

perfettamente alla mission che contraddistingue l’operato di Gruppo Artigianelli. In

particolare l’associazione istituisce una serie di importanti iniziative volte a

raccogliere fondi da destinare a Macapà. Fra queste si ricordano la grande lotteria

annuale, con una sottoscrizione di premi che vede impegnati ogni anno nella vendita

dei biglietti tutti i ragazzi che frequentano l’Istituto Bonsignori, il Macaparty, un

weekend per i giovani con musica dal vivo e punto di ristoro per condividere le

proprie esperienze e far conoscere Macapà promuovendo iniziative di beneficienza,

Natale e Pasqua solidale, dove viene effettuata la vendita di panettoni e uova il cui

ricavato dona una festa più serena anche ai giovani della Scuola Agricola, le

domeniche missionarie, dove i giovani si riuniscono per testimoniare la propria

esperienza di missione parlando dell’associazione e proponendo l’esperienza estiva,

e infine le bomboniere solidali che sono un segno diverso da regalare in occasione di

molte ricorrenze.

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3.4. Considerazioni finali L’intera mia ricerca si è focalizzata sul verificare se le realtà che compongono il

Gruppo, relativamente al loro indirizzo e alla loro attività, siano in grado di dare un

apporto alla mission generale di Gruppo Artigianelli, e se sì, in che modo.

Dopo aver terminato l’analisi, risulta chiaro che tutte le differenti sezioni che

compongono il Gruppo, analizzate singolarmente, sono capaci di dare un importante

contributo all’indirizzo che è stato voluto per Gruppo Artigianelli, ognuna

diversamente a seconda del campo di attività di cui si occupa: alcune apportando

fondi e risorse, altre offrendo istruzione, formazione e lavoro, e altre ancora

realizzando progetti in aiuto dei bisognosi in tutto il mondo.

Analizzando i bilanci 2011 tutte le realtà riescono, in diversa maniera, ad avere

risultati nel complesso positivi e a dare il loro importante contributo al gruppo, con

l’unica eccezione degli istituti scolastici. Come accennato, essi hanno subito un

notevole calo di iscrizioni, comunque giustificabile dal periodo di crisi che sta

attraversando il mondo e il nostro Paese. Nonostante ciò Gruppo Artigianelli è già

all’opera per tentare di migliorare la situazione e per fare in modo che anche le

scuole tornino ad essere realtà forti e di riferimento per la provincia bresciana e non

solo, come succede per le altre sezioni.

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Conclusione

La tematica affrontata all’interno di questa relazione finale è stata l’imprese sociale,

prima analizzata nei suoi aspetti teorici, e successivamente declinata più nello

specifico all’interno del caso pratico.

La scelta è ricaduta su questo argomento proprio per l’interessante aspetto sociale su

cui si fondano le realtà dell’intero Gruppo Artigianelli.

Durante lo svolgimento della relazione finale, il problema maggiore che è stato

dovuto affrontare è quello relativo al reperimento delle informazioni.

Questo soprattutto per due ragioni: prima di tutto poiché l’analisi si fondava su

aspetti prettamente qualitativi, piuttosto che quantitativi, e spesso all’interno delle

imprese è più semplice e usuale avere a che fare con numeri e bilanci, e

successivamente poiché reperire informazioni su un Gruppo con una realtà così

ampia e dislocata è risultata un’operazione complessa.

Nonostante ciò, la problematica è stata affrontata in diversi modi.

Anzitutto il problema è stato risolto “respirando” la realtà e l’operato su cui si

fondano le sezioni del Gruppo, in particolare andando ad analizzarli sul campo

attraverso il confronto e il dialogo con alcuni dei dipendenti e dei dirigenti, e

ovviamente grazie all’esperienza di stage avuta all’interno del Gruppo, tramite la

quale è stato possibile apprendere, oltre ad aspetti contabili, anche i valori e le

relazioni intercorrenti fra le realtà di Gruppo Artigianelli.

Successivamente, numerose informazioni qualitative ottenute sono state frutto

dell’interpretazione fatta su dati e documenti importanti, come statuti e bilanci, i

quali, oltre a offrire interessanti nozioni funzionali e tecniche, se ben interpretati

come ci è stato insegnato nel percorso di studi, sanno tradursi in molto altro.

E infine, il reperimento delle informazioni è stato reso meno complicato anche grazie

alla collaborazione e alla disponibilità da parte di chi lavora nel Gruppo.

Dopo aver terminato l’analisi si ritiene di poter dire che i risultati raggiunti siano in

conformità con ciò che era stato previsto. Gruppo Artigianelli, infatti, con modalità

pressoché differenti, è in grado comunque di perseguire un obiettivo di fondo

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comune, che non diventa un aspetto secondario, ma, anzi, resta sempre un principio

fondamentale da perseguire con coerenza.

Anche analizzando l’economicità, le realtà, seppur con qualche eccezione, sono in

grado di dare diversamente il loro apporto, permettendo al Gruppo di portare avanti i

propri progetti e di perdurare nel tempo. E questo, in un periodo di forte crisi come

quello attuale, è un risultato del tutto apprezzabile.

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Ringraziamenti

Al termine di questo percorso sento di dover ringraziare le persone che, a proprio

modo, hanno contribuito al raggiungimento della prima tappa di un traguardo che da

sempre mi sono prefissata.

Desidero innanzitutto ringraziare il Prof. Mazzoleni per il tempo dedicato alla mia

relazione finale, per la sua disponibilità durante la stesura di questo lavoro e per i

preziosi consigli che mi ha saputo dare.

Ringrazio poi i miei genitori che mi hanno sempre sostenuta durante questo

importante cammino. Grazie per aver gioito insieme a me dei miei successi e per

avermi consolata dopo le sconfitte. La prima telefonata dopo gli esami era sempre

per voi! Grazie per esserci sempre stati, nonostante gli impegni, i pensieri e i

problemi.

Ringrazio anche il resto della mia famiglia, in particolare i miei nonni, le mie nonne

e i miei amati T. e L. per l’affetto, l’appoggio e la forza che hanno sempre saputo

infondermi.

Grazie a te, Michele, per avermi incoraggiata e spronata nei momenti in cui avevo

bisogno. Indubbiamente senza di te quest’esperienza non sarebbe stata la stessa.

Abbiamo percorso questo cammino insieme, conoscendoci, crescendo e maturando, e

sono felice e fiera di raggiungere insieme a te questa meta importante.

Grazie infine all’intero Gruppo Artigianelli, in particolare a Padre Orlini per avermi

permesso di svolgere una piacevole esperienza di stage, a Mario per avermi sempre

affiancata e per avermi dato la possibilità di provare sul campo gli insegnamenti

appresi, e a Valentina per avermi inserito nella sua attività lavorativa e per l’amicizia

che insieme abbiamo costruito.