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Collana di Finanza aziendaledell’Università “La Sapienza” di Roma

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ARACNE

FINANZA CONDIZIONATA E TEORIA DEL VALORE

Volume IX

I derivati di credito

Antonio Baldelli

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I edizione: aprile 2005II edizione: luglio 2005

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Ai miei genitori

Al mio Maestro, professor FrancescoColombi, con gratitudine e affetto pergli insegnamenti di vita che attraver-so la finanza aziendale mi ha donatoe senza i quali questo mio modestolavoro non avrebbe visto le stampe

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Indice

Introduzione 11

CAPITOLO I

I DERIVATI DI CREDITO

1 Il rischio di credito 15

2 Tipologie di credit derivatives e loro utilizzo 17

2.1 Total rate of return (swap) 17

2.2 Credit spread swap - Credit spread option 19

2.3 Credit linked note - Credit - linked warrant 20

2.4 Credit default swap 20

2.5 Credit default option 21

2.6 Basket default swap 22

2.7 Collateralised debt obligation (C.d.o.) 22

2.8 Index swap 23

CAPITOLO II

RISCHI DELLE TRANSAZIONI IN CREDIT

DERIVATIVES

1 Opportunità di impiego 25

1.1 Gestione del rischio di credito 25

1.1.1 Le gestione di esposizioni creditizie «illiquide» 25

1.1.2 La gestione delle relazioni con la clientela 25

1.1.3 La riduzione del grado di concentrazione del porta-

foglio

26

1.1.4 I down-gradings creditizi 26

1.2 Copertura dai futuri costi derivanti da attività di

prestito

27

1.3 Miglioramenti della redditività 28

1.3.1 La raccolta 28

1.3.2 Il capitale economico nelle banche 30

1.3.3 Il costo del capitale e il valore d’impresa 37

1.4 Creazione di investimenti su misura 41

1.5 Le varie tipologie di rischio che si ricollegano al-

l’impiego dei Credit Derivatives

42

1.5.1 Rischio di credito 42

1.5.2 Rischio di transazione 44

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8 Indice

1.5.3 Rischio di liquidità 45

1.5.4 Rischio legale 46

1.5.5 Rischio di prezzo 46

1.5.6 Rischio operativo 46

1.5.7 Rischio di reputazione 46

1.6 Crediti derivatives e imprese non bancarie 46

1.6.1 Credit derivatives e imprese che operano su

commessa

47

1.6.2 Le compagnie di assicurazione 48

Riduzione del “portafoglio assicurati” mediante

Credit Derivatives

49

Impiego delle liquidità eccedenti 52

1.7 Alcuni modelli per il pricing dei derivati di credito 53

1.7.1 Il Value at Risk (VaR) 54

1.7.2 Il modello Credit Metrics 55

1.7.3 Il modello Credit Risk + 56

1.7.4 Il modello Credit Portfolio View 56

1.8 Alcune osservazioni sui modelli di misurazione del

rischio

57

CAPITOLO III

LA REGOLAMENTAZIONE

1 Le banche 59

1.1 Banking Book – La banca opera come Acquirente

della protezione

60

1.2 Banking Book – La banca opera come Venditore

della protezione

62

1.3 Trading Book – La banca opera come Acquirente

della protezione

63

1.4 Trading Book – La banca opera come Venditore di

protezione

64

Problematiche aperte 65

2 Le imprese di assicurazione 66

APPENDICI

Appendice 1 Esempio di Credit Spread Option 69

Appendice 2 Esempio di Tror Swap 79

Appendice 3 Esempio di Credit Linked Notes per un’operazione po-

sta in essere dalla banca americana Chase Security Inc.

87

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Indice 9

Appendice 4 Esempio di Credit-linked Notes 89

Appendice 5 Esempio di Total rate of return swap (Tror swap) 97

BIBLIOGRAFIA

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Introduzione Negli ultimi due decenni la dinamica che ha caratterizzato i mercati fi-

nanziari ha fatto sì che aumentasse sensibilmente la consapevolezza, negli operatori economici, di una maggiore rischiosità delle attività da essi svolte. Si è, infatti, prestata molta più attenzione ai rischi sui tassi d’interesse, ai ri-schi di cambio ed ai rischi di credito veri e propri. Questa maggiore sensibi-lità è riconducibile, da un lato, al rapido processo di integrazione e globaliz-zazione dei mercati finanziari e, dall’altro, ad una sempre maggiore intera-zione tra i diversi mercati nel mondo.

L’interagire dei diversi fenomeni richiamati ha provocato forte instabilità nei predetti mercati con conseguente volatilità nella quotazione dei titoli che erano e sono oggetto di scambio sugli stessi.

La necessità, quindi, di ridurre questa crescente rischiosità sistemica ha stimolato ad individuare strumenti e tecniche in grado di governarla e non subirla; come risposta gli operatori del settore hanno predisposto un insieme di strumenti finanziari derivati (opzioni, future, swap) negoziati ormai sia sui mercati ufficiali che fuori di essi; strumenti che riconducono le loro ca-ratteristiche di base, la veste giuridica e le modalità di contrattazione all’e-sperienza condotta nei mercati dei derivati su materie prime, ormai operativi da decenni nei paesi anglosassoni.

Il contributo che questi strumenti apportano alla riallocazione dei rischi finanziari è probabilmente uno degli aspetti più importanti degli stessi, co-stituendo, come già detto, la ragione per la quale furono creati. Essi, indiriz-zando il loro campo d’azione su aspetti particolari quali il tasso di interesse o la valuta, consentono di modificare in modi specifici e secondo determina-te esigenze alcune caratteristiche non ritenute soddisfacenti dei titoli detenu-ti. Questa azione di rimodellamento permette di ritagliarsi l’abito “su misu-ra” secondo specifiche necessità, non dovendo obbligatoriamente detenere determinati rischi in certe misure predefinite, ovvero cedere l’intero rischio quando invece necessiti o sia opportuno coprirne solamente una parte.

Molti sono ormai gli strumenti derivati che la fantasia e l’ingegno dei di-versi operatori hanno elaborato; tra questi quelli oggetto del presente scritto sono i cosiddetti derivati su crediti o “credit derivatives”.

Le motivazioni della trattazione di questo particolare derivato sono ricon-ducibili a due elementi: il primo di carattere, per così dire, anagrafico; trattasi, infatti, di derivati concepiti più recentemente di quelli “tradizionali” già utiliz-

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Introduzione

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zati a copertura dei rischi di tasso e di cambio; il secondo elemento, più tecni-co, deriva dal crescente interesse rivolto negli ultimi anni, dagli addetti ai lavo-ri, verso questo strumento e scaturente, probabilmente, dalla necessità non più rinviabile, per le banche, le società finanziarie in genere e i grandi investitori, di preservare i loro investimenti dagli elevati rischi di insolvenza che sempre più frequentemente affliggono il tessuto economico dell’ultimo decennio.

Sono strumenti che permettono ai loro utilizzatori, non speculatori, di coprirsi dal rischio di credito senza privarsi formalmente del credito che quel rischio aveva originato e senza necessità di ricorrere a forme di garan-zia reale o personale, ovvero affiancando a tali garanzie eventualmente giu-dicate non più adeguate anche questa ulteriore copertura.

Come gli altri derivati, infatti, anche quelli su crediti permettono di scin-dere un certo tipo di rischio, quello di credito nel nostro caso, dal titolo sot-tostante, trasformandolo in un altro titolo autonomamente negoziabile.

Indagati nell’altro versante, quello speculativo, i derivati di credito con-sentono di accollarsi, comprandolo, un rischio di credito nei confronti di un terzo senza essere titolari del credito stesso e quindi senza dover impegnare risorse finanziarie, per l’acquisto del credito o l’emissione del prestito, e senza sostenere i relativi costi e ulteriori rischi (di tasso, di cambio, ecc.).

L’ultimo rapporto annuale della British Bankers’s Association, il Credit Derivative Report 2001/2002, ha stimato che alla fine dell'anno 2001 il mer-cato globale dei derivati di credito (compresi gli asset swaps) abbia raggiun-to la cifra di 1.189 miliardi di dollari ed alla fine dell'anno 2002, invece, l'ammontare dei contratti conclusi sia stato nell'ordine dei 1952 miliardi di dollari, con la previsione di una crescita a fine 2004 fino al raggiungimento di controvalori per circa 5 mila miliardi di dollari.

Questi dati sono estrapolati da due indagini svolte dalla predetta Associa-zione attraverso l’invio di questionari ad intermediari operanti sulla piazza di Londra che si stima aver ricoperto, per l’anno 2001, circa il 49% della quota di mercato di credit derivative realizzati, per l'anno 2002 circa il 53%, con una previsione stabile all’anno 2004 di contratti in derivati di credito per circa il 51% sul totale. È interessante segnalare che oltre il 45% dei derivati su crediti realizzati nell'anno 2001 ha riguardato il credit default swap e che negli anni considerati le banche sono state di gran lunga gli operatori più presenti, sia come venditrici che acquirenti di protezione, su questo particolare segmento dei mercati finanziari. Il rapporto segnala, altresì, un crescente interesse per questa tipologia contrattuale delle compagnie di assicurazione che ci si aspetta raggiungeranno le banche quanto a quantitativi di credit derivative trattati in qualità di venditrici di protezione (protection sellers).

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Introduzione

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Un’ulteriore considerazione valida per il mercato dei Paesi aderenti alla Unione Europea, relativamente alle transazioni effettuate adottando la mo-neta comune, è che di fatto l’unico rischio finanziario rilevante da mo-nitorare e gestire rimane proprio quello di credito.

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Capitolo I

I DERIVATI DI CREDITO

1 IL RISCHIO DI CREDITO

Il rischio di credito, in generale, rappresenta la possibilità che un soggetto venga a trovarsi nella condizione di non poter onorare per qualsivoglia mo-tivo un’obbligazione. In particolare potrebbe trattarsi di un prenditore di de-naro in prestito da un Istituto di credito, di una società emittente un prestito obbligazionario, del più comune mancato pagamento di una fornitura di beni o servizi in genere. Trattasi di eventi patologici nella vita dei soggetti eco-nomici, che possono scaturire sia da particolari congiunture non favorevoli, sia da situazioni specifiche di azienda, ovvero in parte dall’una ed in parte dall’altra causa che congiuntamente si alimentano in un circolo vizioso a volte irreversibile.

Gli operatori forse più sensibili a questa categoria di rischio sono gli isti-tuti di credito, soggetti che per definizione e per fine istituzionale “vendo-no” denaro non di loro proprietà e quindi si trovano nella condizione prima-ria di valutare attentamente la capacità del prenditore di restituire quanto ri-cevuto secondo le modalità concordate.

Essi operano un’analisi economico–patrimoniale dell’affidando (credit-rating) al fine di percepire il livello di rischiosità cui si espongono; detta procedura è da un lato fortemente standardizzata perché imposta dall’alto e, dall’altro lato, è estremamente decentrata sul territorio così da risultare non strutturata e quindi non applicata a livello di portafoglio. Ciò comporta fe-nomeni di elevata concentrazione delle esposizioni su certi settori merceo-logici e/o su determinate aree geografiche, con conseguente aumento del re-lativo rischio di insolvenza del portafoglio crediti; rischio che, fino a qual-che anno fa, era affrontato per la quasi totalità acquisendo garanzie reali e personali dal prenditore o da terzi soggetti garanti. Le ripetute e consistenti situazioni di insolvenza originatesi a livello mondiale hanno suscitato, tra gli stessi operatori finanziari, un bisogno ed un’attenzione crescenti verso le problematiche riguardanti l’analisi del credit-rating e conseguentemente de-gli strumenti più idonei ad immunizzarsi da certi rischi divenuti via via più frequenti.

Riflessione che ha portato allo sviluppo ed alla definizione di questi nuo-vi derivati di credito ormai in continua ascesa quanto ad utilizzo sui mercati finanziari più sviluppati.

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Capitolo I

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Solo recentemente, per esempio, la gravissima crisi che ha caratterizzato le maggiori economie asiatiche ha posto all’attenzione del mondo finanzia-rio lo strumento dei credit-derivatives; grazie, infatti, alla inclusione di clau-sole contrattuali che proteggevano i finanziatori dal deterioramento della qualità creditizia del debitore, la Korean Development Bank e la Industrial Finance Corporation of Thailand, emittenti obbligazioni, hanno dovuto rim-borsare anticipatamente i loro finanziatori a causa della diminuzione del rating del debito dei rispettivi Paesi .

Si trattava di una delle prime “credit — linked — note” emesse con pro-tezione per il creditore ed evidenziante la utilità dei derivati di credito quale strumento idoneo a garantire il rischio di cambiamenti nella solvibilità degli emittenti titoli obbligazionari, ma anche quale unico strumento operativo che in quel momento ha consentito, a due prenditori non particolarmente graditi al mercato, di portare a termine un’operazione che probabilmente non aveva altra possibilità di riuscita.

Secondo una prima sistematica disamina possiamo ricondurre il rischio di credito o di controparte alle seguenti tre tipologie : 1. Rischio di credito pieno; 2. Rischio di consegna; 3. Rischio di sostituzione. Nell’ambito del rischio di credito pieno (full credit risk) vengono ricon-

dotte tutte quelle fattispecie rischiose connesse alla possibilità che la con-troparte contrattuale non adempia all’obbligazione di pagamento perché in-solvente.

Il rischio di consegna (delivery risk), invece, possibile solo quando i di-versi soggetti del contratto debbono simultaneamente eseguire reciproche obbligazioni, si manifesta allorché una sola parte adempia alla propria ob-bligazione di pagamento o consegna (esempio ne è la compravendita di di-vise).

Nella fattispecie del rischio di sostituzione (sostitution risk), caratteristico dei contratti a termine con prestazioni corrispettive, sono inquadrabili tutti quegli eventi rischiosi comportanti, a causa della insolvenza della contropar-te verificatasi prima della scadenza, un maggior costo o un mancato guada-gno per la parte contrattuale solvente ed adempiente.

Una ulteriore tipologia di rischio particolarmente vicina a quello di credi-to, seppure fermamente distinta da esso, è il rischio Paese; trattasi di quel ri-schio la cui perdita è derivante non dalla insolvenza del debitore, ma da e-venti, i più diversi, riconducibili al paese in cui egli risiede o opera. È il ca-so, non infrequente, di un paese che dichiara, unilateralmente, una moratoria sul debito pubblico. Siamo, di fatto, alla stregua di un soggetto privato che

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I derivati di credito

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dichiara la propria insolvenza. Trattasi di un rischio che si aggiunge a quello di credito, amplificandolo in taluni casi, ogni volta che il debitore ed il cre-ditore operano in paesi diversi.

2 TIPOLOGIE DI CREDIT DERIVATIVES E LORO UTILIZZO

Le principali tipologie di contratti “derivati di credito” fino ad oggi indi-viduate ed utilizzate dagli operatori sui mercati finanziari possono essere classificate in: a) derivati di credito di prima generazione (quelli introdotti per primi sui

mercati finanziari); b) derivati di credito di seconda generazione (quelli di utilizzo più recente).

Nella prima macro categoria possiamo ricomprendere: - total rate of return swap; - credit spread swap; - credit spread option; - credit linked note - credit linked warrant; - credit default option; - credit default swap. Nella seconda categoria, invece, possiamo ricomprendere: a) basket default swap; b) Collateralised debt obligation (Cdo); c) index swap.

2.1 Total rate of return swap (Tror)

Questo strumento derivato è identificabile quale contratto finanziario bi-laterale posto in essere al fine di trasferire il rischio di credito tra le contro-parti, attraverso lo scambio del rendimento economico totale del titolo in cambio di flussi finanziari “certi”. Il TROR è caratterizzato, quindi, dalla presenza di due parti: una che si accolla il rischio di credito ricevendo il flusso di guadagni (interessi ed eventuali capital gains) provenienti dal titolo e l’altra, invece, richiedente la copertura dal predetto rischio di credito, che riceve un flusso di pagamenti commisurato ad un predefinito tasso risk-free, quale ad esempio il LIBOR, più o meno uno spread, ed ogni decremento in conto capitale subito dal titolo. Il risultato cui si giunge sottoscrivendo que-sto contratto è quello di immunizzare l’acquirente della protezione da tutte le variazioni che potrebbe subire il titolo sottostante.

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Capitolo I

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Affinché questo strumento derivato sia operativo non è necessario, come vedremo, che si verifichi l’insolvenza del debitore.

Sulla piazza finanziaria londinese questa tipologia contrattuale ha rappre-sentato, nell’anno 1997, il 16% circa del mercato dei credit derivatives.

Gli elementi essenziali del contratto di TROR sono: - il titolo di riferimento: deve trattarsi di un titolo quotato al fine di co-

stituire elemento oggettivo di riferimento per la determinazione dei flussi e la valorizzazione del contratto stesso; alcune volte anziché un titolo viene preso come riferimento un indice obbligazionario, come il Corporate Loan Index di Lehman Brothers, oppure un paniere di titoli. Così come avviene per gli altri derivati, l’operazione trova attuazione attraverso la definizione ed il regolamento dei flussi differenziali sen-za scambio dei titoli sottostanti, che rilevano solo quali valori nozio-nali;

- la durata: generalmente la durata del TROR varia tra 1 e 5 anni, con maggiore diffusione di quelli con durata compresa tra i 3 ed i 5 anni;

- la liquidazione: lo scambio dei flussi relativi alle variazioni in conto capitale, calcolate come differenza tra valore iniziale e finale del tito-lo, può avvenire nel corso del contratto in date stabilite, oppure a sca-denza.

Esso consente di replicare sinteticamente la performance totale realizzata tramite una posizione lunga su un titolo, finanziata con una posizione corta sul mercato dei riporti. I vantaggi di questa formula contrattuale possono così riassumersi: 1. fornire uno strumento “off balance sheet”, che non appesantisce la strut-

tura patrimoniale dell’utilizzatore; 2. attribuire la possibilità di vendere allo scoperto il titolo di credito; 3. consentire di alterare la durata della esposizione al rischio di credito ri-

spetto a quella del titolo sottostante; acquistare un TROR a due anni su di un titolo a cinque è come acquistare un titolo a due anni non presente sul mercato: così si completano sinteticamente le possibilità offerte dal mer-cato stesso e nel contempo si aumentano le alternative di investimento;

4. permettere la netta separazione tra titolo sottostante e derivato: questo consente di cedere il rischio di credito senza il preventivo consenso del debitore e senza che questi, quindi, ne venga a conoscenza (per gli opera-tori bancari e non è di fondamentale importanza);

5. consentire consistenti risparmi nei costi di provvista e di transazione gra-zie alla possibilità, per gli investitori, di accedere a settori del mercato fi-nanziario prima preclusi per motivi geografici, dimensionali o eccessi-vamente onerosi.

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I derivati di credito

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Ad esempio alcuni investitori istituzionali quali i fondi pensione o i fondi

d’investimento in passato, a causa della carenza infrastrutturale, non han-

no potuto partecipare al mercato dei prestiti sindacati; oggi per il tramite

di questo strumento possono investirvi e sfruttare opportunità altrimenti

non acquisibili, per migliorare la redditività e la rischiosità dei portafogli

gestiti.

Per un istituto di credito l’utilizzo del TROR, in alternativa alla cessione

del credito, presenta almeno due consistenti vantaggi:

1. consente di diversificare il rischio legato all’insolvenza senza dover tra-

sferire a terzi la titolarità del credito unitamente a tutte le informazioni

sul cliente che tale titolarità comprende;

2. riduce sensibilmente i costi amministrativi rispetto alla cessione del cre-

dito.

Si consideri, per esempio, un operatore bancario che abbia concesso

un prestito ad una certa impresa sua cliente e che vada a stipulare con un

terzo operatore finanziario un TROR su tale credito, ricevendo un interesse

sul finanziamento accordato all’impresa ad un tasso (pari al tasso sui titoli

dello Stato a 6 mesi, per esempio) maggiorato di uno spread dell’1,50%.

La conseguenza per il nostro operatore — banca è quella di aver pra-

ticamente eliminato il rischio di insolvenza, trasferito sul terzo intermediario

finanziario e di essersi assicurato, sul prestito in discorso, una serie di flussi

di incassi legati a dei titoli risk — free e di avere quindi ricostituito per pari

importo una disponibilità utilizzabile per altri impieghi.

Un’altra possibilità concessa dallo strumento in esame può trovare

applicazione nel caso di due banche operanti in settori merceologici e aree

geografiche diverse che, al fine di ridurre la scarsa diversificazione merceo-

logica e/o geografica e quindi l’elevato rischio di insolvenza settoriale e/o

geografico, ricorrano ad un credit swap (loan portfolio swap) accordandosi,

direttamente o tramite l’intervento di un terzo intermediario, per scambiarsi

una parte dei flussi di cassa che riceveranno dai loro debitori. Si realizza co-

sì indirettamente una diversificazione merceologica e territoriale del porta-

foglio prestiti, riducendo nel contempo la rischiosità legata all’insolvenza

delle operazioni attive.

2.2 Credit spread swap – Credit spread option

Sono contratti differenziali, implicanti cioè la liquidazione alla scadenza

convenuta di un ammontare determinato come differenza tra due prezzi (tas-

si di riferimento) di cui uno stabilito nel contratto ed il secondo determinato

dal mercato.

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Capitolo I

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Il mercato dei predetti strumenti, sempre sulla piazza londinese, ha pesa-to nel 1997 per una percentuale intorno al 13% del complessivo mercato dei derivati di credito (pari per quell’anno a 180 miliardi di dollari).

Nel caso di credit spread swap si acquisisce l’obbligo allo scambio a sca-denza delle prestazioni contrattualmente identificate, mentre nel caso di credit spread option si acquisisce il diritto, ma non l’obbligo in acquisto o in vendita, di scambiarsi a scadenza certe prestazioni.

L’obiettivo degli strumenti in esame è quello di tutelarsi da variazioni nel merito di credito di prenditori diversi. 2.3 Credit linked note – Credit linked warrant

La credit linked note ha le caratteristiche di un titolo obbligazionario i cui

flussi di cassa in conto capitale ed interessi vengono corrisposti unicamente se non si determina l’insolvenza di un altro titolo di riferimento; il verificar-si di tale evento consentirebbe, infatti, di ricevere esclusivamente il valore di mercato del titolo di riferimento. L’acquirente di una credit linked note si è di fatto assunto il rischio di credito dell’emittente il titolo di riferimento.

Quando, invece, l’accordo fra le parti riproduce lo schema tipico del–l’obbligazione consentendo a chi la emette di poter ridurre l’ammontare dei pagamenti relativi al titolo qualora si verifichi un determinato evento in-fluenzante negativamente il rating di credito di un terzo, siamo nella fatti-specie del credit linked warrant (che unisce le caratteristiche dell’ob-bligazione con quelle di una credit option).

Un esempio potrebbe essere quello di una compagnia assicurativa che si fi-nanzi emettendo un credit linked warrant e promettendo di pagare agli acqui-renti - investitori un importo fisso prestabilito più una cedola annuale del 4% o del 2% qualora il tasso annuo di sinistrosità nel ramo x o y o complessivo risul-ti, rispettivamente, inferiore al 7% o superiore alla predetta soglia.

La compagnia di assicurazioni così operando riesce a ridurre i pagamenti in conto interessi sulle obbligazioni emesse in funzione dell’andamento del-la variabile sinistri, con evidenti positive ripercussioni nella dinamica eco-nomica e finanziaria.

2.4 Credit default swap

Questa tipologia contrattuale è strettamente legata al verificarsi di un e-

vento patologico della vita d’impresa, cioè a dire l’insolvenza. Il meccanismo dell’operazione di credit default swap prevede, infatti, che

un operatore corrisponda ad un altro operatore, entro una certa data e previo

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I derivati di credito

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pagamento di un premio, un importo determinato qualora un terzo soggetto, debitore del secondo, risulti insolvente. Trattasi della tipologia più rappresen-tativa e tipica della classe dei derivati di credito ove un operatore, previo in-casso di un premio, si assume il rischio di credito su un terzo. Il meccanismo del credit default swap consente, ad esempio, ad un operatore, acquirente di obbligazioni di diversi soggetti, di coprirsi dal rischio di un deterioramento del rating creditizio degli emittenti e quindi dalla diminuzione di valore dei relativi titoli, attraverso l’acquisto di credit default swap che offre un importo qualora un certo predefinito numero di quelle emittenti, entro un determinato lasso di tempo, risulti insolvente.

Tale tipologia contrattuale è spesso assimilata alle credit default option unitamente alle quali, nel 1997, secondo stime della British Bankers Asso-ciation, questi derivati di credito hanno rappresentato il 52% circa del mer-cato londinese dei credit derivatives. 2.5 Credit default option

Questo strumento attribuisce all’acquirente la facoltà, ma non l’obbligo,

di trasferire ad un terzo entro una certa data prefissata un credito qualora il debitore risulti insolvente.

Siamo di fronte ad una tipica opzione put con prezzo di esercizio uguale al valore nominale del credito. È, ad esempio, utilizzabile per garantire l’investitore obbligazionista dal rischio di insolvenza dell’emittente; rischio di insolvenza che può essere individuato non soltanto quale stato di falli-mento vero e proprio conseguente ad una dichiarazione giudiziale, ma anche come instaurazione di una procedura concorsuale, di liquidazione volontaria o coatta, di mancato pagamento di una o più obbligazioni pecuniarie o sem-plicemente quale declassamento del rating creditizio dell’emittente stesso.

È ovvio che qualora l’evento “insolvenza” non avesse a manifestarsi, l’opzione non verrà esercitata e il possessore dell’obbligazione incasserà i flussi finanziari previsti dal piano di ammortamento del prestito, vedendo però ridotta la redditività del suo investimento in misura pari al costo di ac-quisto della credit default option.

Il meccanismo del derivato in esame può essere attuato anche come op-zione call o di acquisto, consentendo al suo titolare la facoltà di acquistare determinati titoli di primari emittenti ad un prezzo inferiore al loro valore qualora, ad esempio, si verificasse l’insolvenza dell’operatore nei confronti del quale l’acquirente dell’opzione call vantasse un credito. L’esercizio dell’opzione consente di acquisire, a parziale o totale compensazione delle perdite subite, titoli privi di rischio.

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Capitolo I

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Il derivato in esame può costituire utile strumento per società intenziona-te ad emettere prestiti obbligazionari e che temano il deterioramento del loro rating creditizio e quindi prevedano la necessità di offrire condizioni più ap-petibili ai potenziali sottoscrittori, al fine di collocare agevolmente il presti-to.

Il pagamento del premio attribuisce, alla società acquirente l’opzione, la copertura di un eventuale deterioramento delle condizioni di emissione del prestito obbligazionario, ovvero le garantisce la possibilità di provvedere al-la emissione dello stesso a condizioni certe fin dal concepimento della intera operazione; è di fatto equivalente all’acquisto di una copertura assicurativa. 2.6 Basket default swap

È un contratto a mezzo del quale si acquista la protezione contro l'inadem-

pimento per un certo numero di soggetti inclusi nel basket, senza però assicu-rarli tutti. L’inadempimento o default è collegato a più attività appartenenti a diversi soggetti emittenti. Nella formula “first to default” la protezione è atti-vata quando è colpita da default la prima delle attività incluse nel basket. Al verificarsi, pertanto, dell'evento creditizio cui è collegata la protezione, si avrà la possibilità di scegliere tra la consegna materiale dell'attività oggetto di de-fault contro il pagamento del suo valore nominale, ovvero il pagamento del-l'attività al nominale meno il valore del titolo oggetto di default. Al verificarsi dell'evento che determina l'attivazione della copertura il contratto si estingue e tutte le attività che ne facevano parte, esclusa ovviamente quella oggetto del default, rimangono prive di copertura, con evidenti possibili ripercussioni sul proprietario delle stesse a motivo della possibile correlazione tra le medesime. 2.7 Collateralised debt obligation (C.d.o.)

È uno strumento obbligazionario avente come sottostanti un insieme di

prestiti (collateralised loan obligation) o di obbligazioni (collateralised bond obligation) le cui tranches sono cedute ad investitori e fruttano un interesse variabile, generalmente ancorato al tasso libor, più uno spread volto a remu-nerare il rischio d'insolvenza. Si tratta di uno strumento utilizzato per rivita-lizzare e rendere negoziabili attività caratterizzate da basso rating e scarsa liquidità e che, in caso di default, darà un valore di rimborso determinato sulla base di un tasso di recupero stabilito tra le controparti dell'operazione. Nella ipotesi, invece, di assenza di eventi dannosi si avrà, similmente a qualsiasi altro debito obbligazionario, corresposione di interessi e rimborso del nominale alla scadenza.

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I derivati di credito

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2.8 Index swap

È uno strumento simile al total return swap, con la differenza di avere

come sottostante un indice anziché singole attività finanziarie, in modo che l’esposizione al default sia collegata non ad un unico soggetto emittente, ma ad un elevato numero di imprese

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