Università Telematica “e Campus” · 2019-12-28 · Finanza Comportamentale – Mercati...
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Università Telematica “e-Campus”
Facoltà di Economia
Corso di Laurea in Scienze Bancarie e Assicurative
FINANZA COMPORTAMENTALE
Mercati efficienti, errori ed emozioni nel comportamento dell’investitore
RELATORE: Prof. Aldo Livolsi
Tesi di Laurea di: Rossana Giusti
matricola num. 003004250
Anno Accademico 2012 / 2013
LEGGE 22.04.1941 N.633
TUTELA DEL DIRITTO D’AUTORE
La tesi di laurea, in quanto opera intellettuale dotata di carattere creativo, costituisce opera dell'ingegno tutelata dalla legge sul diritto d'autore;
Ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, “Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”
- “sono protette le opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”.”
- art. 6: “ ”Il titolo originario dell'acquisto del Diritto di Autore è costituito dalla creazione dell'opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale”.”
La tesi di laurea, al pari di qualunque altra espressione del lavoro intellettuale
dell’autore, è meritevole di tutela non appena viene creata e riceve espressione in forma compiuta, qualunque essa sia, ancorché in concreto non sia riconosciuta o conoscibile dai terzi per la scarsa diffusione avuta o perché rimasta inedita per volontà dell’autore, e quindi indipendentemente dal fatto che essa venga effettivamente pubblicata e resa disponibile al pubblico.”
Ai sensi della citata Legge è vietato ogni utilizzo, riproduzione o pubblicazione
non autorizzata dall’autore ed è altresì punito con le sanzioni dalla stessa e da successive modifiche previste.
AUTORIZZAZIONE
ALLA CONSULTAZIONE DELLA TESI DI LAUREA
La sottoscritta Rossana Giusti N° di matricola 003004250 nata ad Arezzo il 27 Novembre 1966 autore della tesi dal titolo: Finanza Comportamentale – Mercati efficienti, errori ed emozioni nel comportamento dell’Investitore
o AUTORIZZA la consultazione della tesi stessa, fatto divieto di riprodurne, parzialmente o integralmente, il contenuto.
Firmato Giusti Rossana
Laureato/a il 28 giugno 2013 Con la votazione di 97/ 110
PREMESSA
Mi occupo di finanza, pianificazione economica, patrimoniale, e finanziaria da
oltre 20 anni;
Ho una profonda conoscenza di questo mondo nei suoi aspetti non solo prettamente
finanziari, ma anche fiscali, previdenziali, assicurativi, riferiti al trasferimento
generazionale, alla pianificazione successoria, ai trust, alle fondazioni e così via.
Ho maturato le mie esperienze professionali in tre realtà molto diverse tra di
loro: una piccola banca locale, se pur quotata sul mercato STAR di Borsa Italiana, una
grande Banca internazionale estera ed infine, oggi, in uno dei tre Istituti di Credito
maggiori in Italia.
Sono una professionista iscritta all’albo unico nazionale dei Promotori
Finanziari, ed ho acquisito la certificazione EFA (European Financial Advisor), oltre ad
essere iscritta al RUI – (Registro Unico degli Intermediari).
Nel tempo libero mi occupo della mia famiglia, dei miei due figli Alberto e
Lucrezia, ascolto musica, sono appassionata di enologia.
Nel corso de tempo, mi sono resa conto, che il mio lavoro ha un profondo
contenuto sociale, perché ognuno di noi, ogni persona che lavora, ha come proprio
obiettivo il risparmio. Risparmiare del denaro significa creare della provvista
da utilizzare nel futuro di ognuno di noi, per uso proprio, della propria famiglia, dei
propri figli.
Ma come aver cura di quella provvista?
E’ questo il dilemma del risparmiatore il quale, frequentemente non sa come muoversi e
di conseguenza, accade spesso, che venga portato a compiere errori di scelta.
Errori che provengono da sfere differenti, ad esempio dai condizionamenti “storici”
(…ho sempre fatto così… perché cambiare?....) “emotivi”: (…ho paura….vendo
tutto…) oppure dalla “psicologia delle masse” (…tutti comprano…compro anche io…)
Quella che io definisco la “socialità del mio lavoro”, è il riuscire a far ragionare
il risparmiatore, a riportarlo ad una psicologia delle scelte corretta.
Ho scelto di sviluppare la mia Tesi di Laurea individuando come argomento la
FINANZA COMPORTAMENTALE, perché credo che niente sia più importante ed
attuale dell’approfondire il comportamento razionale/irrazionale del risparmiatore e del
poter portare alla luce quali sono le devastanti conseguenze che errori ed emozioni
incontrollate dell’individuo possono provocare nella cura dei propri risparmi, nella
gestione del proprio denaro, nella logica di scelta di una asset allocation e nella
pianificazione economica, patrimoniale e finanziaria strategica.
Mi auguro che il contenuto del mio elaborato, possa risultare utile ed istruttivo
Rossana Giusti
Arezzo, 28 giugno 2013
INDICE
INTRODUZIONE
3 Capitolo I BEHAVORIAL FINANCE ( la Finanza Comportamentale) 8 Capitolo II I MERCATI FINANZIARI; domanda e offerta di attività finanziarie ed economiche _ definizioni 15 Capitolo III I MERCATI FINANZIARI EFFICIENTI La Teoria dei Mercati Efficienti
Le Asimmetrie informative 21 Capitolo IV LA PERCEZIONE DEL RISCHIO Probabilità, rischio, benessere. Il rischio nella moderna Teoria della Finanza
Il Rischio nella prospettiva della Finanza Comportamentale Comportamenti sensibili al contesto La Familiarità Relazione rischio - rendimento
33 Capitolo V LA RAPPRESENTAZIONE DEL RISCHIO Ragione, Emozioni, Rischio Finanziario
Alcune evidenze empiriche collaterali 39 Capitolo VI LE FOLLE PSICOLOGICHE Il comportamento del gregge 42 Capitolo VII ERRORI NEL PROCESSO DI INVESTIMENTO Certezze e sicurezza Avversione miope alle perdite
Scarsa diversificazione Ottimismo I piaceri prima, i dolori poi. Bilanci e Contabilità mentali.
49 Capitolo VIII PENSIERO IMPLICITO E PENSIERO ESPLICITO
Ansia e Paura Paura e Finanza Pensiero implicito e pensiero esplicito
Paura e avidità
53 Capitolo IX LE PALUDI DELL’INCERTEZZA 55 Capitolo X PAURA, DIVERSIFICAZIONE, EVOLUZIONE DARWINIANA 59 Capitolo XI UN AIUTO VALIDO E IMPORTANTE TRA ERRORI ED EMOZIONI Il Consulente Finanziario La Norma Behavorial Law & Economics L’Educazione Finanziaria Conclusioni 67 Capitolo XII UNI ISO 22222 –
La Norma di qualità che aiuta a vivere meglio I Bisogni di consulenza del Mercato Italiano Cosa è la “UNI ISO 22222” Etica, competenze ed esperienze professionali. Considerazioni finali
81 Ringraziamenti 83 Allegato 1 PORTFOLIO SELECTION
Harry Markowitz – The Rand Corporation 97 Bibliografia
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INTRODUZIONE
Nel 1952 la rivista “The Journal of Finance” ospitava un articolo di 14 pagine
denso di formule (riportato all’allegato 1) scritto dal venticinquenne Harry Markowitz
intitolato “Portfolio Selection”, il quale stava orientando il suo interesse di ricercatore
verso l’economia dell’incertezza.
L’articolo non ebbe particolare risonanza nella comunità scientifica ma quando
anni dopo, nel 1990 Harry Markowitz insieme a Merton Miller e William Sharpe vinse
il Premio Nobel per l’economia, quell’articolo divenne lo spartiacque nella storia della
gestione di portafogli di investimento.
Nel marzo 1952 era nata quella che oggi conosciamo come la “Moderna Teoria del
Portafoglio”. Negli anni 90 fu tutto un parlare di frontiere efficienti, media, varianza,
performance risk-adjusted, ottimizzazioni di portafoglio.
Le banche e le società di gestione cominciarono ad assumere massicciamente
laureati in matematica e statistica, nacquero i “Quant Department” ovvero team di
matematici che applicavano ai mercati modelli quantitativi di ottimizzazione.
Quando nel 2002 il Premio Nobel per l’economia venne assegnato ad uno
psicologo per il suo lavoro nella finanza comportamentale, gli operatori alzarono la testa
dai modelli per scoprire che nella realtà l’Homo Economicus non esiste, che gli
individui non agiscono secondo criteri di razionalità ma sono sempre condizionati dai
propri limiti, dalle emozioni, dalle informazioni, e dalle competenze imperfette
Ci chiediamo quindi, se è più utile la Moderna Teoria di Portafoglio che descrive il
funzionamento dei mercati con eleganti modelli matematici o invece è più adeguata la
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finanza comportamentale che descrive come funziona la testa degli individui e dunque il
loro comportamento?
Harry Markowitz ha avuto il grande merito di ricondurre il rischio dalla dimensione
impalpabile di concetto (ad es. i titoli di Stato sono meno rischiosi delle azioni) alla
dimensione concreta e soprattutto misurabile di numero (la deviazione standard) ed ha
portato in evidenza la nozione cruciale di correlazione (due titoli dello stesso settore
sono più rischiosi di due titoli di settori diversi)
D’altra parte la finanza comportamentale ha il merito di evidenziare i limiti della
presunta razionalità, ed afferma che le regole dei mercati finanziari sono controintuitive
ed il loro contrasto con la natura umana richiede un maggiore impegno per evitare errori
3
CAPITOLO I
BEHAVIORAL FINANCE (la Finanza comportamentale)
Il mondo della finanza è ricco di rimpianti, sentimento ingiustificabile,
incomprensibile dal punto di vista di chi adotta razionalità economica
Si perdono risorse mentali e tempo a riflettere sul passato, ormai immodificabile.
Eppure da un altro punto di vista riflettere sul passato, farne un bilancio, per quanto non
possa ciò essere una guida per il futuro, può far capire quanto spesso l’immobilità, i
timori e la presunzione di pensare che le proprie valutazioni sono consapevoli
inducono molto spesso a scelte non coerenti con i tempi che corrono e inducono e
traghettano poi il pensiero verso i “…se avessi fatto”, verso quei rimpianti e quei
sentimenti che amareggiano la mente del risparimatore
Nella nostra vita ci guardiamo spesso alle spalle e riconosciamo tutti i cambiamenti che
abbiamo fatto nel passato, quelli che ci hanno portato ad essere quello che oggi siamo.
Tuttavia, rivolgendo gli occhi al futuro, tendiamo a pensare che resteremo gli stessi, ciò
che cambierà sarà solo il mondo attorno a noi.
E’ questa una tendenza generale, quella di sottostimare quanto una persona cambierà in
futuro.
Si ammettono i cambiamenti anche profondi avvenuti nel passato, ma si pensa ogni
volta di essersi definitivamente stabilizzati; è come se le proprie abitudini, preferenze,
emozioni, fossero divenute immutabili nel futuro.
La presunzione di stabilità del proprio sé in futuro crea inganni.
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Quando poi questo futuro diventa passato ci si accorge che si è cambiati molto più di
quanto non si pensasse.
”L’inganno” che la storia passata ci dà, è quello che ci fa credere con piena convinzione
che la nostra vita sia stata espressione delle nostre qualità, delle nostre scelte
consapevoli.
Ed è invece proprio la “non consapevolezza” l’aspetto cruciale ed ineludibile, solo che
gli uomini non lo sanno;
Se potessero rendersene conto, vivrebbero senza dubbio in un modo diverso
La finanza comportamentale serve a spiegare quelli che sono gli “errori di
scelta” , dal punto di visto degli economisti e della razionalità economica.
La finanza comportamentale ha svolto una ricerca importantissima in questo senso
perché le persone non pianificano il loro futuro economico, nella sua incertezza.
Non riescono a vedere questa incertezza.
Pensano che sia strumento validamente utilizzabile, il fare scelte che ripetono ciò che è
già stato fatto in passato, replicare ciò che hanno loro insegnato i propri padri,
Pianificare il futuro economico significa guardare dall’esterno il proprio
domani, meglio se con gli occhi di qualcun altro, meglio se con gli occhi di un esperto.
Significa inoltre non esporsi mai al rischio di trovarsi in difficoltà quando in modo
inaspettato, potremo aver necessità di utilizzare le proprie risorse finanziarie.
Se pensiamo di non essere in grado di fare ciò da soli, è meglio essere affiancati
da professionisti della finanza, per fugare incertezze, non avere più timori, non doversi
più preoccupare di come gestire i cambiamenti che inevitabilmente sopraggiungono.
La finanza comportamentale aiuta a sviluppare scelte consapevoli e coerenti, nel
pieno rispetto dei propri bisogni, delle proprie esigenze e necessità presenti e future.
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EVOLUZIONE STORICA DELLA FINANZA COMPORTAMENTALE
Per definizione, la finanza comportamentale è quella branca di studi economici
che indaga i comportamenti dei mercati finanziari includendo nei propri modelli i
principi di psicologia legati al comportamento individuale e sociale.
Si parla di finanza comportamentale già durante l’economia neoclassica, con
Adam Smith, che scrisse la sua Teoria dei sentimenti morali in cui descrive il
meccanismo dei comportamenti psicologici individuali.
L’ economia neoclassica prese però da subito le distanze dalla psicologia con
l’affermazione dell’ “homo economicus” sempre razionale ed improntato all’efficienza.
Sparita per oltre mezzo secolo, da ogni discussione di economia, la finanza
comportamentale si è ripresentata negli anni ’60 quando economisti del calibro di Ward
Edwards, Amos Tversky e Daniel Kahneman (nota 1) paragonarono i loro modelli
cognitivi del processo decisionale con i modelli economici di comportamento razionale.
Il 1979 è l’anno della svolta: Kahneman e Tversky pubblicarono il loro lavoro
“Decision Making Under Risk” che usava tecniche di psicologia cognitiva per spiegare
una serie di anomalie documentate nel processo decisionale economico razionale.
Parte delle teorie economiche come la EMH (efficient market hypothesis) partono
dall’assunto che gli individui giocano il loro ruolo all’interno del mercato in modo
razionale, valutando tutte le informazioni possibili e che i prezzi osservati sul mercato
riflettono tutta l’informazione contenuta nella serie storica dei prezzi stessi.
______________________________________________________________________ (nota 1) Daniel Kahneman – Princeton University - Premio Nobel 2002 per l’economia “per aver integrato argomenti della ricerca psicologica con le scienze dell’economia, con particolare riguardo ai processi decisionali e di giudizio nell’incertezza”
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Tuttavia, alcune anomalie di mercato, particolarmente interessanti, come le bolle
speculative, che osservano il divergere del valore di un titolo dalle sue variabili
fondamentali economiche, non possono essere semplicemente spiegate con asimmetrie
di tipo informativo o con il fallire della teoria dei mercati efficienti: è qui che entra in
gioco la finanza comportamentale.
Recenti studi di psicologia hanno dimostrato come la paura di perdere soldi con una
mossa sbagliata, sia tre volte maggiore del piacere che deriva da un successo. E il caso
di piccole correzioni di mercato che si trasformano in cadute consistenti semplicemente
perché alimentate da stati di panico dell’investitore. Oppure ancora, il caso di acquisti in
massa non giustificati da particolari informazioni relative al titolo o alla società su cui si
investe, come durante tutta la fase delle bolle speculative del mercato dei titoli
tecnologici (fine anni ’90-2001).
All’inizio le teorie dell’economia e della finanza comportamentale sono state sviluppate
partendo da test e sondaggi finendo poi, negli anni più recenti, col rivolgersi ai dati
dell’economia reale, ed alle altre scienze come quella medica, attraverso l’utilizzo della
risonanza magnetica ad esempio, per individuare quali aree del cervello vengono
coinvolte durante le scelte in condizioni di incertezza. Esistono tre punti principali
attraverso i quali ruotano le discussioni in tema di finanza ed economia
comportamentale, essi sono:
1 - L’Euristica: le decisioni si basano su regole empiriche, approssimative, che
non seguono l’analisi razionale ma vengono prese istintivamente sulla base di
esperienze passate;
2 - L’Inquadramento: la decisione di chi sceglie viene influenzata dal modo
con cui una decisione o un particolare quesito viene presentato;
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3 - Le inefficienze di mercato: spiegazioni per tutte quelle situazioni che sono
contrarie alle spiegazioni razionali e all’efficienza del mercato, come la valutazione
errata del prezzo, processi decisionali non razionali, anomalie sul ritorno.
La finanza e l’economia comportamentali fanno affidamento sia sulla psicologia
sociale che individuale. Quando infatti, individui o gruppi significativi di individui
mostrano comportamenti, intesi come preconcetti o pregiudizi, che divergono dalle
aspettative razionali, può succedere che questi comportamenti producano effetti
sull’intero mercato.
I pregiudizi cognitivi hanno infatti effetti anomali reali solo se esiste una
contaminazione sociale con un forte contenuto emotivo (paura o avidità collettiva),
portando successivamente ad un comportamento noto come “effetto del comportamento
del gregge”. Se è vero che sentimenti come paura e avidità hanno spesso giocato un
ruolo essenziale durante le fasi calde del mercato, lo è anche che esistono altre cause
dei comportamenti irrazionali. Una di queste è l’erronea valutazione delle informazioni,
errori cognitivi, (quindi perfettamente razionali) che influenzano gli investitori e le loro
decisioni.
I più critici della finanza e dell’economia comportamentale hanno messo in
evidenza come tali correnti rappresentino secondo loro, più uno studio di anomalie del
mercato piuttosto che vere e proprie branche della finanza. La loro opinione è che il
mercato è efficiente e che queste anomalie comportamentali debbano essere prezzate
fuori da esso.
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CAPITOLO II
I MERCATI FINANZIARI
Domanda e offerta di attività finanziarie ed economiche
definizioni
Una attività è un bene che incorpora valore. Attività finanziarie sono il denaro,
le obbligazioni, le azioni, ma ci sono anche attività non finanzarie quali le opere d’arte i
metalli preziosi, i beni immobili, i terreni ed altro ancora.
Un individuo che deve scegliere tra più attività, quella da acquistare, deve tener conto
di alcuni elementi, quali, le disponibilità che possiede in quel momento, quanto sarà il
rendimento che si attende da quella specifica attività, quale rischio di rendimento, o di
solvibilità o di liquidità si assume in quel momento.
Gli attori principali che intervengono nei mercati finanziari, (nota 2) e che ne
giustificano l’esistenza stessa, sono da una parte i portatori di risparmio, i cosiddetti
operatori in surplus cioè coloro che hanno disponibilità finanziarie in esubero, e
dall’altra, gli operatori in deficit che individuiamo in coloro che richiedono fondi, con
lo scopo di farne un utilizzo produttivo.
I mercati finanziari sono il luogo in cui si svolgono i trasferimenti di fondi dagli
operatori in surplus, verso appunto gli operatori in deficit
_____________________________________________________________________________ (nota 2) F. S. Mishkin Stanley G Eakins G. Forestieri- Istituzioni e mercati finanziari/Pearson 2° ediz. cap. 1
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Un utilizzo efficace di questi mercati è l’elemento chiave per una crescita economica
elevata, mentre invece un loro utilizzo inadeguato è ciò che non consente spesso a molti
paesi di uscire dalla povertà.
Il tasso di interesse (interest rate) rappresenta il costo del finanziamento, la
remunerazione del credito concesso.
Da un punto di vista generale consideriamo che i tassi di interesse hanno effetto sulle
condizioni dell’economia nel suo complesso poiché incidono sulla scelta del
consumatore di spendere o risparmiare, sulla volontà dell’operatore in surplus di dare o
non dare i propri risparmi in prestito, sulle scelte degli operatori economici di investire,
oppure no, nello sviluppo e nella crescita della propria azienda.
Le Istituzioni finanziarie garantiscono il funzionamento dei mercati finanziari
mediante la produzione ed offerta di servizi finanziari
Senza di esse i mercati finanziari non potrebbero esistere e funzionare. Non
sarebbe possibile scambiare o trasferire fondi dai risparmiatori a chi ha opportunità
produttive.
Istituzioni finnziarie sono la Banca Centrale Europea, (BCE oppure ECB-
European Central Bank), la Federal Reserve System (la FED) e lo sono anche “le
Banche” che tipicamente raccolgono il risparmio ed erogano il credito. Ma come
funzionano i Mercati Finanziari?
Molteplici sono le variabili che ne influenzano il comportamento.
Le aspettative sui rendimenti, sul rischio e sulla liquidità, sono elementi centrali nella
domanda di attività finanziarie ma anche le aspettative sull’inflazione hanno un effetto
importante sui prezzi delle obbligazioni e sui tassi di interesse
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Quelle che si riferiscono alla probabilità di insolvenza, sono il fattore che
determina la struttura per livello di rischio, dei tassi di interesse.
La struttura per scadenza, dei tassi di interesse è determinata invece dalle aspettative
sui tassi futuri a breve termine.
Il comportamento dei Mercati Finanziari è strettamente legato al comportamento delle
Istituzioni Finanziarie ed entrambi dipendono dalle aspettative che si creano.
La domanda e l’offerta di strumenti finanziari può essere rappresentata in un grafico
cartesiano che esprime le quantità in offerta nell’asse (x) delle ascisse, ed i prezzi a cui
si è disposti a vendere/comprare, nell’asse (y) delle ordinate
Si genera così la curva dell’offerta il cui punto di equilibrio, cosiddetto
“equilibrio di mercato” (il punto C del grafico 1) si individua quando si raggiunge la
condizione in cui le quantità che gli acquirenti sono disposti a comprare (domanda)
sono uguali alle quantità che i venditori sono disposti ad offrire (offerta) ad un dato
prezzo, e le due curve si intersecano;
(grafico 1)
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Il prezzo che si forma nel punto di equilibrio è anch’esso un prezzo di equilibrio ed è
tecnicamente definito market-clearing price. Allo stesso modo il tasso è definito tasso
di equilibrio o market-clearing interest-rate.
I concetti di equilibrio di mercato sono molto importanti perché ci spiegano e ci fanno
capire come il mercato tenda a dirigersi verso di essi.
In taluni casi, infatti si possono verificare situazioni in cui le quantità in offerta
superino quelle che il mercato è disposto ad acquistare o viceversa le quantità proposte
in acquisto, superino quelle che il mercato è disposto a vendere. Sono i tipici casi di
eccesso di offerta e di eccesso di domanda che il mercato tende, e riesce a
normalizzare, intorno al punto di equilibrio “C” del grafico precedente.
SPOSTAMENTI DELLE CURVE DI DOMANDA E DI OFFERTA.
Le quantità in offerta e domanda ad es. di obbligazioni dipendono sostanzialmente da
quattro fattori principali:
1. Ricchezza
2. Rendimenti attesi delle obbligazioni rispetto ad attività alternative
3. Rischio delle obbligazioni rispetto a quello delle attività alternative
4. Liquidità delle obbligazioni rispetto a quella di attività alternativa.
Punto 1 _ ricchezza:
Quando l’economia cresce velocemente attraverso una fase congiunturale positiva, e
la ricchezza aumenta, la quantità di obbligazioni richiesta in corrispondenza di
ciascun prezzo (o di ciascun tasso di interesse) parallelamente aumenta. In termini
grafici definiamo questo incremento, uno spostamento laterale, verso destra, della
curva della domanda
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Al contrario durante una recessione, quando il reddito e la ricchezza diminuiscono,
la domanda si riduce e la sua curva subisce uno spostamento laterale opposto, verso
sinistra.
Punto 2_ rendimenti attesi:
Per obbligazioni con scadenza superiore ad un anno, il rendimento atteso può
differire dal tasso di interesse. L’holding period che è il periodo previsto di
detenzione di un titolo obbligazionario, incide sulle valutazioni del prezzo del titolo
in virtù delle attese sui tassi di interesse.
- Ad un incremento del livello atteso dei tassi di interesse futuri, corrispondono
una diminuzione della domanda di obbligazioni a lungo termine e uno
spostamento della curva della domanda verso sinistra.
Al contrario,
- Ad una riduzione del valore atteso dei tassi di interesse futuri, corrispondono un
incremento della domanda di obbligazioni a lungo termine e uno spostamento
della curva della domanda verso destra.
Punto 3_ rischio:
Se i prezzi delle attività finanziarie diventano più volatili, il rischio aumenta
rendendo le obbligazioni meno attraenti.
La conseguenza è che un incremento del rischio comporta la diminuzione della
domanda di obbligazioni , viceversa se il rischio diminuisce, la domanda di
obbligazioni rispetto ad attività alternative aumenta.
Punto 4_ liquidità:
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Quando parliamo di liquidità di un titolo obbligazionario, ci riferiamo alla sua
capacità o meglio facilità di essere acquistato o venduto sul mercato secondario,
senza dover fronteggiare una rilevante variazione di prezzo.
Se il numero di operatori che si scambiano titoli obbligazionari, cresce, diventa più
facile comprare o vendere in tempi brevi.
Questo incremento di liquidità si traduce in un aumento della loro domanda.
L’INFLAZIONE
E’ doveroso aggiungere qualche nota in merito all’influenza ed ai riflessi che il tasso
di inflazione può avere nella domanda / offerta di attività finanziarie in quanto
strettamente correlata alle attese sui rendimenti.
Il rendimento/costo di un finanziamento è più correttamente espresso dal tasso reale,
che si misura sottraendo al tasso di interesse nominale il tasso di inflazione attesa.
E’ infatti corretto dire, ad esempio, che se un investimento esprime un tasso di
rendimento nominale del 4% e l’inflazione attesa, (che altro non è se non la perdita di
potere d’acquisto del denaro), si attesta al 1,5%, il rendimento reale di quell’
investimento/finanziamento è del 2,5% (4,00%-1,5%=2,5%)
Un incremento dell’inflazione attesa, provoca una riduzione del costo/rendimento reale
di una attività finanziaria con la conseguenza che le quantità offerte aumentano, ma
parallelamente le quantità domandate diminuiscono.
Il risultato di tutto ciò è che si produce immediatamente una riduzione sui
prezzi delle obbligazioni ed il punto di equilibrio tra domanda e offerta si sposta verso
un prezzo di equilibrio più basso e conseguentemente verso un tasso di interesse di
equilibrio più alto.
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Possiamo esprimere la seguente definizione:
“quando il tasso di inflazione attesa aumenta, i tassi di interesse crescono.”
Irving Fisher (nota 3) è stato il primo economista che ha evidenziato il rapporto tra
inflazione attesa e tassi di interesse;
è sua l’Equazione di Fisher che esprime appunto la relazione:
rn = rr + π
rn =rendimeto nominale
rr= rendimento reale
π=inflazione
Grazie anche ai suoi studi oggi, molti economisti ritengono che per ridurre i
tassi di interesse è opportuno combattere l’inflazione.
(nota3) Irving Fisher (27febbraio1867 - 29aprile1947) E’ stato uno dei maggiori economisti statunitensi di inizio ‘900. A lui si deve la formalizzazione dell’ equazione per stimare la relazione tra tassi di interesse nominali e reali. L'equazione è usata per calcolare lo "Yield to Maturity" ovvero il rendimento alla scadenza di un titolo, in presenza di inflazione. Fu presidente dell'American Economic Association nel 1918 e dell'American Statistical Association nel 1932 nonché fondatore nel 1930 della International Econometric Society
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CAPITOLO III
I MERCATI FINANZIARI EFFICIENTI
Le aspettative sui rendimenti, sul rischio e sulla liquidità, sono elementi centrali
nella domanda di attività finanziarie;; quelle sull’inflazione hanno effetto sui prezzi delle
obbligazioni e sui tassi di interesse; quelle che si riferiscono alla probabilità di
insolvenza sono il fattore più importante che determina la struttura per livello di rischio
dei tassi di interesse; quelle sui tassi futuri a breve termine svolgono un ruolo centrale
nella determinazione della struttura per scadenza dei tassi di interesse.
Le aspettative non sono soltanto essenziali per illuminare il comportamento dei
mercati finanziari, ma anche fondamentali per comprendere il funzionamento delle
Istituzioni finanziarie.
Per capire come si formano le aspettative, in modo da spiegare il comportamento
dei prezzi dei titoli nel tempo, utilizziamo l’ipotesi di mercato efficiente secondo la
quale, i prezzi dei titoli nei mercati finanziari tengono conto di tutte le informazioni
disponibili.
Un esempio semplice a cui ci possiamo riferire è quello sulle aspettative del
tasso di inflazione atteso di cui ho parlato nel capitolo precedente. Se l’ informazione
disponibile è quella di un saggio di inflazione crescente, il rendimento reale diminuisce
ed il prezzo conseguentemente scende.
In un mercato efficiente il prezzo di una obbligazione scende di fronte ad attese
rialziste sul tasso di inflazione.
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Analogamente il prezzo scenderebbe di fronte ad un incremento del fattore rischio,
definito come rischio insolvenza, rischio liquidità, rischio volatiltà,.. ecc..
LA TEORIA DEI MERCATI EFFICIENTI
Il modello teorico di funzionamento di un mercato finanziario, ci porta alla
definizione della TEORIA DEI MERCATI DEI CAPITALI EFFICIENTI: quando si parla di
“mercati efficienti” ci riferiamo ad un modello di mercato nel quale le attese hanno
effetto sui prezzi.
Le informazioni disponibili producono movimenti nei prezzi e nei tassi.
L’ipotesi di mercato efficiente considera le aspettative come previsioni ottimali
formulate sulla base di TUTTE le informazioni disponibili.
La PREVISIONE OTTIMALE è la migliore ipotesi che si possa fare sul futuro, ottenuta
ricorrendo a tutte le informazioni disponibili in un dato momento.
Ciò non implica necessariamente che essa sia perfettamente accurata, ma sicuramente è
la migliore possibile.
Per definizione
I prezzi correnti in un mercato finanziario saranno fissati in modo che la previsione ottimale del rendimento di un titolo ottenuta usando tutte le informazioni disponibili sia uguale al rendimento di equilibrio di un titolo.
Più comunemente gli economisti dicono
In un mercato efficiente, il prezzo dei titoli riflette interamente tutte le informazioni disponibili.
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Un esempio:
Molti analisti considerano inoltre che in un mercato efficiente i prezzi siano sempre
corretti e rispecchino il valore fondamentale (intrinseco) dei titoli, i cosiddetti
FONDAMENTALI DI MERCATO cioè tutti quegli elementi che hanno un effetto diretto
sui flussi futuri di reddito dei titoli.
“(nota 4) - ….Questa visione più restrittiva dell’efficienza del mercato, ha
numerose conseguenze importanti nel campo della finanza accademica.
In primo luogo implica che in un mercato dei capitali efficiente, un investimento abbia
le stesse opportunità di rendimento di qualsiasi altro, perché i prezzi dei titoli sono
corretti.
_____________________________________________________________________ (nota 4)_F. S. Mishkin Stanley G Eakins G. Forestieri- Istituzioni e mercati finanziari/Pearson 2° ediz. (cap. 6 pag.151)
Supponiamo che il prezzo dell’azione βeta alla chiusura del listino di borsa nel giorno (t-1) sia pari a 30,00 euro. A mercato chiuso, vengono comunicate informazioni tali da indurre gli analisti a rivedere al rialzo tale prezzo fino a 35,00 euro per l’anno seguente. Se il rendimento di equilibrio annuale per tale titolo è pari al 12% il prezzo del giorno seguente sarà …..31,25euro Rp = Pp(t-1) – Pt + C 0,12 = 35 – Pt = R Pt Pt 0,12 Pt + Pt = 35 Pt = 35,00 = 31,25 1,12
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In secondo luogo, comporta che il prezzo dei titoli rifletta tutte le informazioni
disponibili sul valore intrinseco degli stessi.
Presuppone infine che i prezzi dei titoli possano essere usati dai manager di aziende sia
finanziarie sia non finanziarie per valutare in modo accurato il loro costo del capitale
(costo del finanziamento dei loro investimenti). Pertanto i prezzi di quei titoli possono
essere utilizzati per prendere decisioni corrette riguardo all’opportunità di procedere ad
un determinato investimento.
La versione forte dell’efficienza del mercato è un principio fondamentale di gran parte
dell’analisi in campo finanziario.
L’efficienza dei mercati, ed il fatto quindi che un mercato efficiente esprima prezzi che
scontano la conoscenza di tutte le informazioni disponibili, è sostenuta anche dal fatto
che al contrario, la padronanza di informazioni non disponibili al mercato, può essere
utilizzata per speculazioni di fatto vietate dalla legge: l’insider trading
Un caso:
Nel 1986 la SEC ha indagato, multato per 100mln USD e condannato a 3anni di carcere Ivan
Boesky
Egli era uno dei più brillanti “arbs” (arbitraggisti) americani.
Peccato che per battere un mercato efficiente utilizzava informazioni riservate che comprava
corrompendo Dennis Levine, banchiere di investimento, il quale aveva accesso ad informazioni
riservate, che appunto il mercato non conosceva e che non poteva riflettere sui prezzi dei titoli.
Il sig. Boesky era un insider trader che speculava sulle variazioni dei prezzi di società
prevalentemente in corso di acquisizione/dismissione, prima che di queste operazioni
straordinarie se ne venisse a conoscenza.
Il sig. Boesky, batteva il mercato efficiente, in modo illegale _______________________________________________________________________________
19
Quando parliamo di mercati efficienti, associamo per definizione un altro
concetto: il cd. “random walk”, ..la passeggiata casuale.
Con questa espressione definiamo ed analizziamo i movimenti e l’andamento casuale
del prezzo di un titolo azionario dovuto in modo particolare alle aspettative di rialzo o
ribasso che provengono generalmente dalla stampa, più facilmente accessibile ai
risparmiatori: i rumors.
Il riflesso, in positivo o in negativo produce movimenti dei prezzi, in modo casuale, di
tipo rialzista o ribassista
LE ASIMMETRIE INFORMATIVE
Altro problema che possiamo incontrare nei mercati finanziari, sono le
asimmetrie informative che si verificano quando una delle parti coinvolte in una
transazione non ha informazioni sufficienti per poter prendere decisioni corrette.
Di fronte all’incertezza l’asimmetria informativa porta alla selezione avversa che
impedisce la conclusione di contratti: di fronte al dubbio infatti, come è facile
comprendere, i risparmiatori non investono.
Si è cercato di risolvere questo problema, affrontandolo da più punti di vista, ad
esempio:
x Gli intermediari finanziari, realizzando economie di scala.
Ad esempio, un investitore che possiede un piccolo patrimonio avrebbe la
possibilità di investire i propri denari, solo in un unico strumento finanziario,
assumendosi quindi un rischio insolvenza molto elevato. Tra gli intermediari
finanziari troviamo invece i Fondi Comuni di Investimento oppure le Sicav, gli
20
ETF o altro, che consentono non solo una grande diversificazione dal punto di
vista del rischio, perché anche con piccole cifre si ha accesso ad un numero
molto diversificato di strumenti finanziari, ma realizzano anche una notevole
riduzione proporzionale di costi di transazione.
x Le autorità pubbliche intervengono per aumentare le informazioni disponibili.
Mi spiego meglio: La CONSOB in Italia, la SEC (Securities and exchange
Commission) negli Stati Uniti d’America, la FSA (Financial Services Authorty)
in Gran Bretagna sono gli enti governativi che hanno richiesto per le aziende
quotate in borsa, l’obbigo di sottoporsi a revisioni contabili indipendenti.
Società come la KPMG, la Price Waterhouse Coopers, certificano i bilanci delle
società quotate e ne dichiarano la conformità ai principi di contabilità standard e
soprattutto che le informazioni in essi contenute sulla situazione economica,
finanziaria e patrimoniale siano veritiere e corrette.
21
CAPITOLO IV
LA PERCEZIONE DEL RISCHIO
La parola “rischio” ha fatto la sua prima comparsa nel lessico delle lingue
europee verso la fine del basso medioevo e si è progressivamente diffusa a partire dal
sedicesimo secolo.
Con il processo di industrializzazione e lo sviluppo del progresso umano che si
basava sulla conoscenza oggettiva del mondo attraverso il metodo scientifico e
l’indagine razionale, il suo significato ed il suo uso hanno subito una profonda
evoluzione.
In particolare con lo sviluppo del calcolo delle probabilità si è affermata la possibilità di
misurare l’impatto che il rischio poteva avere nelle manifestazioni future degli eventi.
Fu quindi proposta per la prima volta dall’economista Frank Knight la distinzione tra
rischio, che rappresenterebbe una situazione in cui è possibile assegnare agli eventi
futuri una stima probabilistica, ed incertezza, dove non è disponibile una misura di
probabilità.
Questa cosa è stata, ed è, molto importante per la crescita dell’industria finanziaria. Per
un investitore scegliere di rinunciare ad un beneficio oggi in vista di un supposto
maggiore vantaggio in futuro, la consapevolezza di poter misurare un obiettivo (il
rendimento medio) e le deviazioni dall’obiettivo (il rischio) è un potente stimolo alla
decisione di accettare un investimento.
22
PROBABILITA’, RISCHIO, BENESSERE.
Molte scienze moderne non potrebbero esistere e funzionare se non potessimo
applicarvi il concetto di probabilità e sue misurazioni.
La finanza, l’economia, non ne costituiscono eccezione.
Il concetto di rischio, fondamentale nella teoria di portafoglio, è strettamente collegato
alla nozione di probabilità.
La probabilità spesso inganna:
x se siamo certi che un evento si verifichi, la probabilità è rappresentata da un
valore positivo;
x se siamo certi che un evento NON si verifichi, la probabilità è allora zero;
tra le due certezze sta l’incertezza della probabilità, il senso comune di non
sapere se l’evento si verificherà oppure no, di non sapere con quale entità
potrebbe verificarsi: è questo IL RISCHIO
Ma c’è un altro aspetto che riguarda i risparmiatori in modo particolare: la
probabilità corrispondente alle cose che succedono nel mondo non corrisponde mai alla
probabilità che le menti “filtrano”.
Spesso si confonde la media, con la varianza, spesso si fanno guidare dalle
statistiche degli eventi passati. Ciò che cattura maggiormente l’interesse del
risparmiatore, sono le previsioni per il futuro ed è qui che passando dall’analisi del
passato a quella del futuro il quadro si fa ancora più incerto.
23
L’Economist del 26jan2013 (pag.61) approccia delle previsioni di rendimento
per la prossima decade, riferendosi a varie asset class e tre regioni geografiche differenti
(vedi tabella)
Buy the numbers Projected ten-year inflation-adjusted returns Dec 31
st2012, annual % change, low/high range
Asset United States Europe Britain
Cash -0.25/1.50 0.50/1.75 0.75/2.50 Gov’t bonds Credits*
-4.00/1.25 -3.00/3.25
-2.50/1.25 -2.75/3.00
-3.75/0.50 -3.50/2.50
Equities Property
-1.00/8.00 0.25/8.75
0.75/9.50 1.00/9.50
1.00/9.00 nil/8.00
Source: Standard Life Investments *Investment-grade corporate bonds
La forte attenzione che le previsioni future creano nelle aspettative di ognuno,
porta a considerazioni ed analisi di tipo individuale: gli analisti concordano, gli analisti
discordano, ma poi ognuno di noi, valuta le aspettative che sono dentro la propria testa e
tenendo conto della “media delle valutazioni” degli analisti, agisce in modo personale.
In aiuto a questo tipo di scelte sono stati introdotti degli indici che aiutano a
comprendere meglio gli eventi e il rischio. Ad es. il Chicago Board Options Exchange
Volatility Index, meglio noto come VIX, misura il costo dell’uso di opzioni per
assicurarsi contro perdite in termini di voltilità dello S&P 500.
Il VIX è una misura di breve termine e contempla le proiezioni dei valori del passato, il
ritorno alle medie storiche e soprattutto, l’assenza di eventi straordinari come guerre,
terrorismo, eventi naturali ecc..
Questi indici, statistiche, analisi, proiezioni, riescono a misurare i timori degli
investitori, ma non i “dolori” cioè le perdite potenziali del risparmitore. E’ per questo
24
che, nonostante i rari momenti di vera gioia per i risparmiatori vengano dal mondo
azionario (vedi i periodi 1997-99 oppure 2009-11), essi non investono ugualmente nei
modi indicati dall’Economist, ma premiano le obbligazioni, che esprimono rendimenti
addirittura negativi, (vedi tabella) rispetto alle azioni, che hanno previsioni ottimali.
Benessere è dunque tutto ciò che psicologicamente fa star bene, anche in
materia di Finanza.
IL RISCHIO NELLA MODERNA TEORIA DELLA FINANZA
Nelle teorie della finanza il rischio è tipicamente definito come:
1. varianza dei rendimenti attesi (se l’investimento si colloca sulla frontiera
efficiente)
2. covarianza con un portafoglio di mercato (se l’investimento considerato a se
stante non si colloca sulla frontiera efficiente, ma può formare un portafoglio
efficiente se combinato con altri
In questa prospettiva il rischio si configura come un fenomeno oggettivo in cui la
dimensione soggettiva non ne modifica la percezione ma ne definisce solo l’accettabilità
o meno.
I fautori dell’approccio oggettivo al rischio, sostengono che il sistema finanziario
moderno favorisce il verificarsi di condizioni che alimentando un processo di feedback e
apprendimento, e aiuta gli individui ad assumere un atteggiamento più razionale nella
percezione e valutazione dei rischi finanziari.
Ciononostante spesso le decisioni più importanti non sono ripetute frequentemente
poiché gli individui si trovano, ogni volta di fronte a situazioni nuove.
25
IL RISCHIO NELLA PROSPETTIVA DELLA FINANZA COMPORTAMEN-
TALE
Con una prospettiva prevalentemente descrittiva, la finanza comportamentale
fornisce una rappresentazione del rischio meno univoca ed oggettiva, pur non volendo
assumere un unico punto di vista nella descrizione del comportamento in condizioni di
incertezza.
Il riferimento teorico più importante nelle ricerche della finanza comportamentale è la
“Teoria del Prospetto” proposta da Kahneman e Tversky (1979)
Essa rappresenta un'alternativa descrittiva alla Teoria dell'utilità attesa di John Von
Neumann e Oskar Morgenstern; mentre la teoria classica aveva il fine di stabilire le
condizioni ideali (‘’normative’’) secondo cui una decisione può essere definita
‘’razionale’’, la Teoria del Prospetto si propone invece di fornire una descrizione di
come gli individui effettivamente si comportano di fronte a una decisione. La teoria del
prospetto si focalizza in particolare sulle decisioni in condizione di rischio, che sono
definite come le decisioni in cui è conosciuta (o si può stimare) la probabilità associata
ai possibili esiti di ogni alternativa a disposizione.
La Teoria suddivide il processo di scelta in condizioni di incertezza in due fasi distinte:
una prima fase di strutturazione o rappresentazione del problema, ed una seconda fase di
valutazione delle alternative.
La funzione di valore del grafico (1) che segue si mostra convessa nella regione delle
perdite e concava nella regione dei guadagni.
grafico
26
VALUE
GAINS
LOSSES
Ciò significa che:
x una perdita produce un dispiacere molto più rilevante di un guadagno. Si dice
pertanto che gli individui sono avversi alle perdite.
x Il comportamento dell’individuo nel momento in cui deve comparare
alternativamente due investimenti con guadagni diversi mostra che preferisce
essere sicuro di guadagnare es. il 2% piuttosto che sapere che in media potrebbe
guadagnare il 2%
x Al contrario, quando si comparano investimenti che producono perdite, un
investitore piuttosto che perdere il 5%, preferisce rischiare di perdere in media il
5%, sostenuto dalla speranza di essere fortunato e non perdere quel 5%.
La Teoria del Prospetto mette in discussione due importanti postulati della finanza
classica e definisce che gli investitori sono avversi al rischio (l’atteggiamento degli
investitori non può essere definito a priori) e che la misura del rischio non sempre
coincide con la volatilità (per gli individui la perdita è un concetto saliente; in alcune
circostanze, preferiscono porre l’accento sulla probabilità di subire una perdita
piuttosto che sulla semplice dispersione degli esiti)
27
In realtà la considerazione principale della finanza comportamentale è che il
rischio non è mai visto da un investitore come un’ opportunità, ma si identifica i
particolare con la possibilità di subire una perdita di ammontare elevato piuttosto che
nella variabilità dei risultati. Inoltre, nella prospettiva della finanza classica, gli
investitori prendono in considerazione solo investimenti che a valori correnti hanno un
rendimento atteso positivo. La teoria del prospetto, mostra invece come gli investitori
valutino le alternative di investimento rispetto ad un punto di riferimento che in genere
è diverso dal valore corrente e più spesso coincide con un valore passato, come il costo
d’acquistoRispetto a questi punti di riferimento dunque, il rendimento atteso e quello
mediano possono essere anche negativi. Possiamo dire quindi, che la percezione del
rischio è stabilmente influenzata dalla probabilità di perdita, mentre la variabilità non ha
un impatto univoco.
Un approfondimento: IL DILEMMA DEL PRIGIONIERO
Il dilemma del prigioniero è un gioco ad informazione completa proposto negli anni
cinquanta da Albert Tucker come problema di teoria dei giochi. Oltre ad essere stato approfonditamente studiato in questo contesto, il "dilemma" è anche piuttosto noto al pubblico non tecnico come esempio di paradosso. Può essere descritto come segue:
Due criminali vengono accusati di aver commesso un reato. Gli investigatori li arrestano entrambi e li chiudono in due celle diverse, impedendo loro di comunicare. Ad ognuno di loro vengono date due scelte: confessare l'accaduto, oppure non confessare. Viene inoltre spiegato loro che:
1. se solo uno dei due confessa, chi ha confessato evita la pena; l'altro viene però condannato a 10 anni di carcere.
2. se entrambi confessano, vengono entrambi condannati a 6 anni. 3. se nessuno dei due confessa, entrambi vengono condannati a 1 anno
Questo gioco può essere descritto con la seguente bimatrice:
CONFESSA
NON CONFESSA
CONFESSA
( 6, 6 )
( 0, 10 )
NON
CONFESSA
( 10, 0 )
(1, 1 )
28
La miglior strategia di questo gioco non cooperativo è (confessa, confessa).
Per ognuno dei due lo scopo è infatti di minimizzare la propria condanna; e ogni prigioniero:
confessando: rischia 0 o 6 anni non confessando: rischia 1 o 10 anni
La strategia non confessa è strettamente dominata dalla strategia confessa
Eliminando la strategia strettamente dominate si arriva all'equilibrio di Nash, dove i due prigionieri confessano e hanno 6 anni di carcere.
Il risultato migliore per i due è naturalmente di non confessare (1 anno di carcere invece di 6), ma questo non è un equilibrio.
Supponiamo che i due si siano promessi di non confessare in caso di arresto. Sono ora rinchiusi in due celle diverse e si domandano se la promessa sarà mantenuta dall'altro; se un prigioniero non rispetta la promessa e l'altro sì, il primo è allora liberato.
C'è dunque un dilemma: confessare o non confessare.
La teoria dei giochi ci dice che c'è un solo equilibrio (confessa, confessa).
IL PARADOSSO: Il dilemma del prigioniero ha causato interesse come esempio di gioco in cui l'assioma di razionalità pare apparentemente fallire, prescrivendo un'azione che procura più danno ad entrambi i contendenti della scelta alternativa (non confessa, non confessa). Gli studiosi di teoria dei giochi fanno notare che chi la pensa in questo modo probabilmente si immagina un gioco diverso, in cui la vittoria viene valutata sulla somma degli anni di carcere.
CONFESSA
NON CONFESSA
CONFESSA
( 12 )
( 10 )
NON
CONFESSA
( 10 )
( 2 )
È facile vedere che questo nuovo gioco, semplificando le strategie dominanti, ha come equilibrio (non confessa, non confessa), ovvero la scelta che conduce al miglior risultato possibile per entrambi.
Questa seconda formulazione (sommando gli anni di carcere) prevede che il prigioniero debba preferire il danno minore per la coppia ma non è questo il suo obiettivo nella formulazione originaria. In quella si suppone che il prigioniero sia interessato solo ai rischi che corre personalmente.
segue..
29
COMPORTAMENTI SENSIBILI AL CONTESTO
La percezione del rischio è influenzata dal contesto in cui le decisioni sono prese.
Gli investitori sono ad esempio disposti ad assumere più rischi in caso di mercati
orientati al rialzo di quanto non facciano quando i mercati sono orientati al ribasso.
Il rischio percepito è inferiore nel primo caso.
Questi errori cognitivi possono derivare da vari fattori ad esempio da overconfidence,
una distorsione che induce a sottostimare la variabilità dei fenomeni, ed a sovrastimare
le proprie abilità nel determinare l’esito degli investimenti.
In un mercato TORO l’attesa di rendimenti positivi aumenterebbe l’overconfidence
piuttosto che un mercato ORSO che invece la attenuerebbe.
---------- § ----------
Il dilemma del prigioniero può spiegarci quanto un individuo possa essere influenzato
dal dubbio e dall’incertezza relativa a ciò che non può controllare
(in questa fattispecie la decisione sconosciuta dell’altro prigioniero) ed arrivi a considerare
decisioni lontane dagli assiomi di razionalità
---------- § ----------
Un approfondimento:
LE MAPPE COGNITIVE
Le mappe cognitive sono una rappresentazione interna all’individuo di concetti e di relazioni tra concetti che l’individuo stesso usa per comprendere e creare il proprio ambiente di riferimento. In altre parole sono degli schemi mentali di interpretazione di una particolare situazione, che identificano il percorso decisionale e le modalità di azione dei soggetti quando sono posti di fronte ad un particolare problema o ad una particolare scelta in un determinato contesto. Le relazioni tra i concetti possono essere di vicinanza, di similarità, di causa-effetto, di contiguità o di categoria. La loro rappresentazione nelle mappe cognitive contribuisce a far emergere il sistema di credenze degli individui a livello implicito.
segue..
30
LA FAMILIARITA’
Un aspetto che influenza la percezione del rischio è la scarsa conoscenza del prodotto o
la difficoltà di osservare gli elementi che ne connotano le caratteristiche essenziali. La
percezione di un legame tra conoscenza e rischio è del tutto ragionevole, anche se si
dovrebbe specificare cosa si intende per conoscenza. Spesso infatti si confonde la
conoscenza con la familiarità: la familiarità è un’euristica in base alla quale le persone
attribuiscono una maggiore importanza agli eventi solo perché sono più familiari nella
loro memoria.
Gli investitori possono credere di avere una migliore conoscenza ad esempio dei titoli
del settore automobilistico del proprio paese rispetto a titoli di aziende estere, grazie
alla maggiore copertura offerta dai media alle notizie che le riguardano ed alla
familiarità con le loro autovetture.
La familiarità favorisce spesso distorsioni cognitive che minano le capacità di fare
previsioni ben calibrate.
..segue
Nella mappatura degli approcci cognitivi, sono utilizzabili tecniche diverse quali l’analisi del contenuto dei testi, di affermazioni scritte, interviste in cui gli investitori fanno domande a se stessi (self Q-technique) Le mappe cognitive consentono di rilevare la struttura delle conoscenze utilizzate dai soggetti in un determinato momento. Esse consentono inoltre confronti intertemporali che mettono il luce i cambiamenti dovuti ad effetti di apprendimento anche in seguito alla soluzione di determinati problemi o questioni.
31
La distorsione e gli errori che provocano la familiarità sono statisticamente dimostrati
dalle scelte che statisticamente fanno gli investitori preferendo titoli domestici con cui
hanno appunto familiarità, rispetto a titoli con cui NON hanno confidenza.
Scelte operate assolutamente senza tener conto né delle performances storiche né
soprattutto dei fondamentali del titolo.
Un approfondimento:
DISTORSIONI COGNITIVE DA APPRENDIMENTO
Borus Skinner, celebre psicologo, ideatore delle “scatole di Skinner” inventò dei
contenitori che hanno consentito di osservare come si comporta un animale posto all’interno mentre questo può percepire solo i messaggi esterni che lo sperimentatore decide di inviargli.
Skinner ad esempio metteva in ciascuna scatola un piccione al quale venivano inviati chicchi di grano ad intervalli di tempo uguali e coincdenti con movimenti particolari del piccione. Poiché la caduta del chicco coincideva sempre con il movimento, tipo alzare una zampa, il piccione con il passar del tempo si convinceva che l’erogazione del chicco fosse legata al suo movimento e dopo un po’ di tempo, si ottenevano schiere di piccioni che ripetevano instancabilmente lo stesso gesto. Altro esempio di condizionamento psicologico lo verifichiamo con un esperimento che alcuni pscicologi hanno svolto in una scuola elementare su 18 maestre. Gli psicologi simularono un test di intelligenza sugli allievi e consegnarono alle maestre un elenco di circa un 20% di normalissimi allievi, spacciandoli come bambini particolarmente dotati ed intelligenti che sicuramente avrebbero espresso nel corso dell’anno prestazioni eccezionali. La differenza tra gli scolari estratti e gli altri esisteva dunque solo nelle menti delle insegnanti. Quando alla fine dell’anno lo stesso test venne ripetuto, esso mostrava un reale aumento al di sopra della media del quoziente intellettivo di quel 20% di scolari. Essi inoltre erano stati segnalati nel corso dell’anno scolastico, per le loro eccellenti doti di curiosità, educazione, spirito di collaborazione ecc.. (tratto da R. Rosenthal, L. Jacobson, Pigmalione in classe, 1983)
32
RELAZIONE RISCHIO-RENDIMENTO
Il principio fondamentale della finanza è che la relazione rischio-rendimento sia
positiva: all’aumentare del rischio, il rendimento atteso aumenta.
Mentre la teoria ci conferma tale assunto, empiricamente si è potuto dimostrare che
spesso non è così.
Il problema che contrasta la teoria è che la natura multi-dimensionale e
soggettiva del rischio ostacola una chiara convergenza su come debba essere definito e
misurato. E’ invece molto più semplice dare una definizione generalmente accettata di
rendimento atteso.
Ne consegue che è molto più difficile fare un ranking del rischio piuttosto che
del rendimento.
In linea di massima i comportamenti degli investitori, se pur teoricamente in
linea con la definizione di relazione positiva tra rischio e rendimento, si manifestano in
concreto frequentemente incoerenti e portano a scelte errate a causa dell’ instabilità e
della confusione nella percezione del rischio.
33
CAPITOLO V
LA RAPPRESENTAZIONE DEL RISCHIO
RAGIONE, EMOZIONI, RISCHIO FINANZIARIO
Nella letteratura scientifica è ormai consolidato come le scelte dell’essere umano
siano il risultato dell’interazione tra ragione ed emozioni.
Il rapporto tra risparmiatori, intermediari e mercati finanziari, si fonda
intrinsecamente su un processo di presa di decisioni in condizioni di incertezza.
Sebbene si sia consapevoli che le dimensioni di incertezza e di rischio possano non
coincidere sul piano concettuale, ogni “contratto di investimento” siglato tra
risparmiatori-intermediari-mercati consiste in un contratto sul rischio (finanziario).
Dalle teorie più classiche che motivano come e perché un individuo si privi di liquidità
corrente (preferenze intertemporali dei consumi), alle formule odierne della finanza
(C.A.P.M., Capital Asset Pricing Model), fino ai concetti che sono alla base del pricing
dei prodotti finanziari più complessi, il rischio finanziario diviene la dimensione che
sintetizza e semplifica molti aspetti delle relazioni risparmiatori-intermediari-mercati.
L’atteggiamento dell’essere umano verso questo tipo di rischio esprime il
complesso processo di interazione tra ragione ed emozioni che si attiva nel prendere
decisioni le cui implicazioni finali restano incerte.
L’argomento risulta particolarmente importante, e per questo ha coinvolto nel
biennio 2008-2010 anche il Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica il quale
34
con la ricerca “L’Attitudine al rischio nelle decisioni di investimento e finanziamento”
introduce la consilience come metodo di lavoro.
Consilience è la confluenza di studi diversi verso un unico obiettivo di
conoscenza e ben rappresenta la collaborazione che si rende indispensabile tra
economisti, psicologi e neuro-scienziati per conoscere come si comporti l’individuo in
modo particolare nella presa di decisioni in condizioni di incertezza.
La ricerca, che ha coinvolto tre Atenei Universitari (Università Politecnica delle
Marche, Università degli Studi di Milano e Università degli studi di Bologna), si è
focalizzata sull’analisi dell’attitudine al rischio, la cosiddetta risk tolerance.
Lo scopo era quello di verificare se i metodi correnti utilizzati sul piano
regolamentare e normativo (vedi MIFID) per valutare la risk tolerance di un individuo,
si basavano su un approccio intrinsecamente corretto oppure no.
In altri termini se si chiede a un individuo di fare una auto-valutazione della
propria risk tolerance, questi è in grado di esprimerla in modo attendibile, o il giudizio
che egli esprime è distorto, in qualche modo, dalla rappresentazione che questi vuole
dare di sé agli altri, o addirittura a se stesso?
In realtà le componenti emotive, le caratteristiche socio-demografiche o professionali,
incidono notevolmente sulla rappresentazione della tolleranza al rischio dell’ individuo.
In sintesi possiamo dire che quando un individuo auto-definisce la propria
tolleranza al rischio, la valutazione che ne deriva è distorta (biased) per la difficoltà di
auto-rappresentarsi correttamente, per il grado di autostima, per l’immagine che si vuole
rappresentare a sé stessi ed agli altri. Inoltre le aspettative implicite che generano forti
tensioni verso un obiettivo ad esempio di rendimento atteso, possono indurre un
individuo a dichiarare una propensione al rischio non rispondente al vero.
35
I questionari utilizzati normativamente (previsti dalla direttiva cd. MIFID ) forniscono
dunque una misurazione teoricamente distorta (biased) perché si basano appunto su
criterio di autovalutazione (domande a cui gli individui devono rispondere in
autovalutazione)
Esistono invece questionari che vanno nella direzione di simulare decisioni prese nella
vita reale come il test denominato “Iowa Gambling Task” ( I.G.T.) che viene spesso
associato ad un sistema di rilevazione di risposte cutanee (Skin Conductance Response
– S.C.R.).
Il test consente di replicare, in laboratorio, il processo di assunzione personale del
rischio, mettendo di fronte a scelte reali di investimento un numeroso gruppo di
individui con competenze ed esperienze diverse. Le risposte invece che vengono dai
tratto somato-viscerali del corpo umano ( quindi le emozioni ) guidano l’individuo nella
loro presa di decisioni in condizioni di incertezza.
L’osservazione dell’individuo nelle modifiche impercettibili della sudorazione della
pelle, (misurate dalle variazioni della conduttanza cutanea), nelle reazioni emotive
attivate dal “decidere” possono rappresentare basi solide per una misurazione “non
distorta” della sua tolleranza al rischio: unbiased risk tolerance
In sintesi, la ricerca ha definito i seguenti profili:
biased risk tolerance (BR) : è la dimensione di tolleranza al rischio che deriva da
questionari. E’ fortemente soggettiva sia per i contenuti (rilevanza solo
potenziale) che per il meccanismo di autovalutazione
36
unbiased risk tolerance (UR) : il contenuto è ancora fortemente soggettivo in
quanto risulta comunque dall’elaborazione di scelte di investimento svolte in
laboratorio, anche se valutate tenendo conto dei test IGT+SCR
real-life risk tolerance (R.L.R.): sintetizza il grado di rischio assunto
dall’individuo nella via reale. E’ quindi, per sua natura oggettivo, perché si basa
su meccanismi di rilevazione che garantiscono forte attendibilità dei dati
raccolti.
Riepiloghiamo nella fig.1, che segue i profili definiti
indicatore significato estremo inferiore 0 Å - - - - - - - - - -
estremo superiore - - - - - - - - - Æ 1
Biased risk (BR)
Livello di rischio indivi- duale autodichiarato
Soggettiche si auto-valutano non amanti del rischio
Soggetti che si auto-valutano amanti del rischio
Unbiased risk (UR) Livello di rischio indivduale osservato in esperimento in laborato-rio tenendo conto delle reazioni emotive (test IGT+SCR)
Soggetti con scarsa attrazione emotiva verso il rischio
Soggetti con forte attrazione emotiva verso il rischio
Real-life risk attitude (RLA)
Livello di rischio che si è assunto con le proprie decisioni di investimento(nella vita reale)
Soggetti che hanno preso decisioni finanziarie NON rischiose
Soggetti che hanno preso decisioni finanziarie rischiose
Real-life risk-capacity (RLC)
Livello di rischio che si è in grado di sopportare
Soggetti con capacità di sopportazione BASSA
Soggetti con capacità di sopportazione ALTA
37
ALCUNE EVIDENZE EMPIRICHE COLLATERALI
Il legislatore Europeo ha avviato una serie di riforme, nell’ambito della direttiva
MIFID (Markets in Financial Instruments Directive) volte a innalzare le forme di
protezione dei risparmiatori-investitori e tra l’altro anche ad aumentare la concorrenza
tra intermediari e mercati.
Ha introdotto i questionari di profilatura della clientela, che dovrebbero
consentire l’acquisizione di informazioni utili per “profilare” o meglio classificare gli
investitori in base alla loro propensione/avversione al rischio.
Simili strumenti, in realtà in parte già usati in finanza, trovano legittimazione
quale mezzo di tutela degli investitori.
Le evidenze empiriche dimostrano come tali questionari, utilizzati dai primi 14 gruppi
bancari italiani, con una copertura quindi di circa il 90% del campione “investitori
italiani” hanno mostrato, (oltre al contenuto minimo previsto dalla normativa), una serie
di distorsioni e carenze.
Il confronto della profilatura proveniente da questionari diversi fa emergere, come in
non pochi casi uno stesso individuo venga classificato in modo molto differente.
Questi risultati sono da attribuire al fatto che ogni intermediario segue un
proprio modello di business e a scelte di struttura, che portano a contenuti del
questionario molto diversi.
Occorre tuttavia riflettere come, a ben vedere, per gli intermediari non sembri
importante rilevare la “risk tolerance” oggettiva del proprio cliente, effettivo o
potenziale, ma quella che risulta soggettivamente più fruibile per il modello di offerta
proposto.
38
Tuttavia i questionari di rischio hanno una valenza informativa preziosa per gli
Intermediari Finanziari perché una auto-rappresentazione del cliente lo porta ad
effettuare:
scelte rischiose per coloro che si auto-rappresentano favorevoli al rischio
scelte prudenti per chi si auto-rappresenta avverso al rischio.
In ogni caso, molta prudenza deve essere mantenuta nell’interpretazione di questi
risultati perché, ammesso e non concesso che lo strumento delle autovalutazioni sia
impiegato correttamente dagli Intermediari, l’output di profilatura del questionario può
restare valido in condizioni di mercato “normali”.
Istituzioni ed operatori dovrebbero essere consapevoli che eventi drammatici ed
imprevedibili potrebbero “attivare” comportamenti emotivi imprevedibili ed
inconsapevoli.
Le informazioni raccolte in questi casi dovrebbero essere costantemente verificate da
una attività di osservazione personale, continuativa e diretta del cliente da parte del
responsabile della relazione, e da una mediazione del processo decisionale dei meno
esperti.
Questo al fine di contenere le reazioni imprevedibili che possono scaturire dalle
dissociazioni che caratterizzano il comportamento umano.
39
CAPITOLO VI
LE FOLLE PSICOLOGICHE
IL COMPORTAMENTO DEL “GREGGE”
Geneticamente esposte ad ogni sorta di eccitazione e sollecitazione esterna, le
masse psicologiche, per effetto della percezione di invulnerabilità che il senso di
appartenenza conferisce ai soggetti che la rappresentano, non conoscono né dubbi né
incertezze e si spingono sotto il profilo emozionale, perennemente agli estremi.
I membri della folla, incapaci nel concreto di volontà personale, possono infatti
percorrere la gamma dei più opposti sentimenti sotto l’influsso di momentanee
sollecitazioni.
Impulsività, irritabilità, incapacità di ragionamento logico, assenza di giudizio e
spirito critico, esasperazione dei sentimenti costituiscono i caratteri specifici e distintivi
di una folla.
Le folle sono facilmente influenzabili e la suggestione, innescando una sorta di
“meccanismo circolare auto-alimentante” diviene contagiosa.
La prima suggestione indica alla massa la direzione.
Nei soggetti suggestionati, l’idea, o meglio la percezione dell’idea, si trasforma in
azione.
Sotto l’effetto delle più svariate sollecitazioni, spinta da sentimenti irrazionali ed
estremi, la folla rileva tutta la sua straordinaria ingenuità alla quale si aggiunge
l’incredibile capacità di alterare e distorcere gli eventi.
40
Gli avvenimenti reali, nell’immaginazione collettiva, si trasformano in percezioni
illusorie ingannevoli per effetto dell’annullamento della capacità di osservazione e
dello spirito critico delle unità che la compongono.
Il fenomeno “effetto gregge” può essere spiegato con un modello dinamico.
La prima illusione è generata da un unico individuo dotato di capacità carismatiche.
In un secondo momento subentra il contagio, esasperato dall’incredulità delle folle.
Per quanto assurdo possa sembrare, le folle necessitano dell’autorità di un leader, il
fulcro attorno al quale si formano le opinioni condivise che crescono e consolidano il
comportamento del “gregge”.
Le emozioni e i sentimenti esternati dalle folle sono semplici, elementari e al tempo
stesso esagerati.
Le masse psicologiche subiscono principalmente il fascino di passioni impetuose, e
vengono colpite soprattutto dal lato ”meraviglioso” delle cose.
Un’idea, una volta carpito l’interesse delle folle acquisisce un potere irresistibile.
Tuttavia non è l’idea in sé, quanto piuttosto la percezione che si ha dell’idea, a
condizionare in maniera determinante l’orientamento dei sentimenti e delle emozioni
dei componenti il gregge.
In tale contesto, l’immaginazione figurativa costituisce un elemento di impatto decisivo
nel processo di orientamento dei sentimenti delle masse. Esse sono incapaci di
analizzare gli eventi utilizzando il rigore della logica, non sono in grado di distinguere il
possibile dall’inverosimile.
Si lasciano sedurre ed impressionare dalle immagini utilizzate per comunicare con loro.
E’ attraverso l’ immagine, precisa ed impressionante, capace di evocare eventi
avvincenti e meravigliosi, che il surreale diventa verosimile.
41
L’ingenuità che subisce la folla, l’influenza delle illusioni, le utopie che si evocano,
producono nei mercati, quei grandi movimenti, quelle varianze così accentuate che
portano spesso a ciò che comunemente viene definito “bolla speculativa”
Momento di euforia irrazionale:
Le conseguenze sui portafogli dei risparmiatori possono essere devastanti.
Il gregge si muove comprando
Il gregge si muove vendendo
Il timing è molto spesso totalmente sbagliato
“La ragione più stupida del mondo per acquistare un’azione
è il fatto che la sua quotazione stia salendo” Warren Buffet
42
CAPITOLO VII
ERRORI NEL PROCESSO DI INVESTIMENTO
Si formano spesso opinioni condivise sull’andamento dei mercati che attivano mode e
comportamenti gregari
Alcuni dati:
COME SI MUOVONO I VOLUMI DEL RISPARMIO
ANNO MSCI World Racc. mln € ANNO MSCI World Racc. mln €1984 19,00% 113,10 1996 7,10% 2.060,70- 1985 18,30% 2.220,80 1997 32,80% 15.479,00 1986 11,50% 5.298,80 1998 14,50% 24.004,30 1987 -0,50% 354,80- 1999 44,70% 32.104,00 1988 35,80% 1.260,70- 2000 -8,20% 39.418,50 1989 11,50% 190,10- 2001 -13,40% 18.878,00- 1990 -27,60% 39,80 2002 -33,00% 9.399,10- 1991 18,10% 1.024,70- 2003 8,80% 4.660,90- 1992 19,10% 720,50- 2004 4,70% 2.757,00- 1993 39,90% 3.192,20 2005 24,00% 479,90- 1994 -2,10% 9.034,40 2006 3,50% 2.826,60 1995 16,10% 1.969,80-
Il gregge compra quando i mercati salgono e continua a comprare quando i
mercati iniziano lo storno; le folle vendono quando i mercati scendono e continua a
vendere anche quando i mercati sono in ripresa.
Nel 1986 i mercati hanno iniziato a scendere si sono attestati ad un +11,5% rispetto al
+18,3% dell’anno precedente. La raccolta è salita del 238%!
43
L’anno successivo al 1993 che registra un +39,9% a fronte di una raccolta di
3.192,20 € registra un -2,10% ma con una raccolta quasi triplicata.
Il 1995, anno del rimbalzo ha invece una raccolta negativa.
CERTEZZE E SICUREZZA
L’eccessiva sicurezza arriva a tutti i livelli:
o Greenspan (ottobre 2006): “…..sull’immobiliare il peggio dovrebbe essere
passato….”
o Su 60 analisti, sul Wall Street Journal (marzo 2007), in rapporto 4 a 1
dichiarano: “il peggio della crisi immobiliare è dietro alla spalle…”
o A. Alesina (Il Sole 24 Ore 20.08.2007): “…Non ci sarà nessuna crisi del
1929….. quella in atto è una correzione ma ce ne sono tante altre….
Inoltre anche se non è possibile prevederne l’andamento giorno per giorno, i
mercati quando scendono, scendono in fretta, perciò non mi stupirei se fossimo
già alla fine della caduta.
No non vedo lo scoppio di una bolla come quella della New Economy.
I mercati hanno i loro alti e bassi, le pause sono fisiologiche.
Ultimamente si era esagerato un po’ a prestare denaro grazie ai tassi di
interesse troppo bassi, ora è in atto una forte correzione, tutto qui….”
AVVERSIONE MIOPE ALLE PERDITE
Investire nel lungo termine ma valutare le informazioni che arrivano nel breve
Aumentare l’orizzonte temporale significa poter verificare a posteriori che le
affermazioni e le stime fatte a priori sono state molto più sicure nella programmazione.
44
Spesso accade invece che l’ansia da volatilità deriva proprio da scelte
concettualmente corrette che poi vengono rapportate e confrontate con ciò che accade
nel breve periodo.
Nel grafico che segue emerge una elevata volatilità sui prezzi di breve anche del 20%
nell’arco di due tre mesi, regolarmente annullata nel trend di medio periodo.
Grafico: esempio di trend primario sull’oro e volatilità di breve periodo
45
SCARSA DIVERSIFICAZIONE:
Con il senno di poi……
o Luigi Guiso, La Voce 07.10.2008:
-“…La lezione numero 1 della finanza è diversificare, la numero 2 è
diversificare, la numero 3 è diversificare.
Nessuna delle tre lezioni è stata applicata: tutti i titoli sono concentrati in un
unico settore, quello bancario, due terzi degli investimenti nel debito di una
unica banca. Buona parte è a medio termine, esponendo il portafoglio a un
incredibile rischio tasso …..”
In precedenza, lo stesso Luigi Guiso, Corriere della Sera 19.8.2007 aveva
esattamente sostenuto il contrario:
-“…in passato il rischio era concentrato soprattuto sulle banche. …Oggi
i benefici dell’innovazione finanziaria sono arrivati fino alle famiglie …”,
riferendosi alla diversificazione offerta dall’utilizzo di prodotti derivati dai
sub-prime.
OTTIMISMO
La sovrastima delle proprie capacità accentua l’overtrading, ma i costi di transazione,
oltre al timing che spesso è errato, erodono i rendimenti.
Come mostra il grafico che segue, l’overtrading non produce quasi mai extra
rendimento per vlori rilevanti, mentre ne disperde una parte sensibile in costi di
transazione.
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Esempio di:
Grafico dei rendimenti lordi e netti riferiti a differenti livelli di turnover di portafoglio
(i rendimenti sulle ordinate sono valori %)
I PIACERI PRIMA, I DOLORI POI
Il desiderio ossessivo dell’anticipare i piaceri e posticipare i dolori conduce alla
vendita repentina dei titoli in cui si guadagna ed al mantenimento dei titoli in perdita
(timing emotivo errato), con il seguente effetto statistico medio osservato:
(vedi tabella che segue)
0,00
5,00
10,00
15,00
20,00
25,00
30,00
basso turnover medio t. alto t. altissimo turnover
turnover mensile rendim. lordo annuo rendim. netto annuo
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PERFORMANCE dopo
84 gg. Lavorativi
PERFORMANCE dopo
1 anno
PERFORMANCE dopo
2 anni
Su titoli in utile venduti
0,47%
2,35%
8,45%
Su titoli in perdita mantenuti
-0,56%
-1,06
2,87%
Essa dimostra che mantenere titoli in perdita non produce rendimenti tali da recuperare
le perdite subite e realizzare i guadagni sperati. Al contrario invece, i titoli che hanno
già prodotto reddito hanno spesso mostrato buoni fondamentali e la loro capacità di
reddito normalmente prosegue e permette di beneficiare di nuove plusvalenze.
BILANCI e CONTABILITA’ MENTALI.
La mente umana opera in modo locale, suddividendo in categorie separate entità
economiche analoghe, ad esempio tutto quello che possediamo o un singolo titolo
azionario. Il riferimento dell’investitore non è un portafoglio organico ma tante piccole
situazioni spezzettate all’interno delle quali tende sempre ad evidenziare quelle negative
procurandosi dolore.
Ragionare a compartimenti stagno, senza una visione d’insieme della ricchezza o del
reddito complessivo, distrae l’attenzione da fatti o dati che possono incidere in maniera
rilevante e significativa sulla redditività complessiva del patrimonio (ad esempio la
mancata compensazione di plusvalenze e minusvalenze).
RIMEDIO al bilancio mentale che scompone la rilevazione unitaria di una
programmazione complessiva del patrimonio, può essere quello di utilizzare la
Piramide del Rischio.
48
La Piramide guida gli investimenti, aiuta a capire quanta parte del patrimonio va
collocato in ciascuna parte del triangolo, quanta in basso, nell’area del rischio contenuto
e quanta parte nel triangolo al vertice, quello in cui vengono allocati gli asset più
rischiosi.
Inquadrando in una logica di obiettivi specifici ciascuna asset allocation, l’investitore
riesce a scomporre il portafoglio, così come legge la sua mente, ma poi anche a
ricomporre l’unitarietà del patrimonio. In questo modo è in grado di indirizzarsi verso
una sana e costruttiva opera di diversificazione, meglio ancora se associata ad accurata
decorrelazione degli strumenti finanziari.
Option/ Futures
Real Estate/Equity
/High Income Bunds
Gov. Bonds/ Money Market/ Cash
HIGH RISK
LOW RISK
49
CAPITOLO VIII
PENSIERO IMPLICITO E PENSIERO ESPLICITO
ANSIA E PAURA
L’Ansia, è uno stato emotivo, è conseguenza emotiva della paura; fa stare male,
provoca dolore e per eliminare il dolore si deve eliminare la paura.
La Paura è uno stato cognitivo. E’ il processo per cui si ritiene di correre un
pericolo;; è l’idea che si ha sui rischi che si corrono.
Spesso paura e ansia derivano da una errata percezione del rischio e da confusione tra
breve e lungo termine. Quando sono in azione i meccanismi della negatività sono gli
altri meccanismi, quelli della positività che devono entrare in gioco.
Non si può agire direttamente sull’ansia ma si deve agire sulle cause che l’hanno
prodotta.
La mente è guidata dal principio di verità e solo guardando alle verità delle serie
storiche, alle verità dei dati di medio-lungo periodo, alle verità della solvibilità degli
strumenti presenti nei mercati che si possono sedare paura ed ansia.
PAURA E FINANZA
Lunghe tradizioni di ricerca evidenziano che le persone non hanno paura delle cose
veramente pericolose.
Si limitano a temere gli eventi soggettivamente paurosi. Questo avviene per motivi
diversi: talvolta le persone sono convinte di poter controllare un processo o un’ attività
più di quanto non ne siano effettivamente capaci.
50
Ad esempio hanno più paura di viaggiare in aereo che in macchina (in cui invece il
pericolo oggettivo è maggiore).
Non sanno valutare correttamente il rischio perché è difficile stimarne l’entità se il
fenomeno non tende a ripetersi spesso. In questo sono utili serie storiche relative ad
analoghi eventi verificatisi nel passato, e spesso non bastano. Risulta di conseguenza
difficile acquisire la consapevolezza dei pericoli che il tempo ha disseminato, a causa
della rarità con cui si sono presentati e perché si ha come l’impressione che l’evento non
possa toccarci, né coinvolgerci.
Quando poi l’evento eccezionale e disastroso si verifica, la rarità scompare.
Con il senno del poi, l’evento sembra inevitabile.
La nostra mente di fronte a tali scenari evoca la forte emozione del rimpianto, del
“se avessi fatto” e del “ se non avessi fatto”.
PENSIERO IMPLICITO E PENSIERO ESPLICITO
In finanza comportamentale, ogni decisione presa, o non presa, è un’azione.
Poniamo ad esempio una persona di fronte ad una scelta economica secondo le seguenti
fattispecie e le seguenti opzioni decida di:
x Consumare tutto il reddito che dispone oppure dedicarne una parte al risparmio;
x Risparmiare con lo scopo di far fronte a impegni futuri, oppure con il solo
obiettivo di far generare soldi ai soldi
x Gestire il proprio risparmio da sé oppure affidarsi ad un consulente esperto
Queste scelte vengono prese dagli individui ogni giorno, alcuni in modo consapevole e
strutturato, altri senza pensarci.
51
In psicologia della finanza comportamentale, il pensiero implicito innesca due
scelte: le azioni non meditate e le non-azioni.
Il pensiero esplicito invece caratterizza coloro che prendono decisioni con azioni
vagliate e ponderate attentamente, se pur alla fine la decisione fosse quella di non fare
nulla. Anche il non fare può essere un’azione accuratamente valutata.
PAURA E AVIDITA’
Larry Summers, ex direttore del National Economic Council degli Stati Uniti d’America
(dal 2009 al 2010), ipotizzava che paura e avidità potevano trovare compensazione sui
mercati finanziari. Sempre in teoria, queste due emozioni, avrebbero potuto funzionare
come un termostato nei mercati, controbilanciando le scelte di chi ha paura con quelle di
chi ama il rischio.
Se un titolo scende il pauroso lo vende, e chi ha un profilo di rischio più audace ne
approfitta e lo compra.
Ma i mercati esprimono sentimenti sempre eccessivi, come lo stesso Larry Summers
ammette e dichiara che a volte nei mercati c’è troppa poca paura, come nel caso delle
bolle speculative oppure a volte ce ne è troppa, come nel corso del 2009.
Bolla speculativa bolla e crash
52
Più ampiamente, di seguito la rappresentazione grafica della bolla speculativa
sui titoli tecnologici del 1999/2000 ed in seguito il Crash di borsa della prima
settimana di ottobre 2008
a
53
CAPITOLO IX
LE PALUDI DELL’INCERTEZZA
Con la fine del 2012 si chiude un lungo periodo in cui le previsioni degli esperti
sono state spesso disattese rispetto a quello che poi è successo sui mercati del
mondo.
Una fase piena di sorprese, e non sempre piacevoli.
Il lungo periodo di crisi che stiamo ancora vivendo, è iniziato con la sottovalutazione da
parte di S.&P. e Moody’s del rischio associato ai mutui immobiliari statunitensi.
Questa sottovalutazione ci ha spostato dagli scenari rassicuranti del rischio calcolato,
quello che si presume misurato e controllato dalle agenzie di rating, alle paludi
dell’incertezza.
Il dramma più profondo della nostra cosiddetta età dell’informazione (nota 5) è dovuto al
fatto che, sebbene le conoscenze sugli andamenti del mondo stiano crescendo, in
parallelo cresce sempre più il dislivello tra quello che abbiamo imparato e quello che
crediamo d’aver imparato sul mondo.
Questo gap non è stupefacente: quando si incomincia a capire qualcosa, gli
interrogativi si moltiplicano.
In sintesi, questo scarto dipende dal procedere razionale e scientifico della mente che
trasforma i misteri in problemi.
___________________________________________________________________
(nota 5) Nate Silver – The Signal and the Noise: Why So Many Predictions Fail-But Some Don’t – Penguin Press – settembre 2012
54
La differenza tra il sapere e il credere di sapere si accompagna a predizioni verosimili,
che appaiono molto precise, ma che in realtà non sono così accurate.
Moody’s faceva dei calcoli precisi ai decimali, nella valutazione dei rischi associabili ai
vari scenari, ma non era accurata nel valutare i periodi su cui si basavano detti calcoli,
perché erano troppo brevi e le situazioni prese in esame non utilizzavano campioni
abbastanza ampi. Ad esempio, la bolla immobiliare statunitense non è stata individuata
per tempo nonostante già negli anni 90 si fosse verificata in Giappone.
In generale, le previsioni possono essere
x Accurate e precise: tengono conto degli scenari più ampi e di periodi molto
lunghi
x Non accurate ma precise: scarsi scenari considerati, ma precise nei calcoli
x Accurate ma non precise: ampi scenari ma calcoli approssimativi su periodi non
sufficientemente lunghi
x Non accurate e non precise: è una previsione generica ed approssimativa di cui
sarebbe meglio accorgersi subito, per evitarla e cestinarla immediatamente.
55
CAPITOLO X
PAURA,
DIVERSIFICAZIONE, EVOLUZIONE DARWINIANA
La paura è cattiva consigliera anche sotto l’aspetto della diversificazione.
Poniamo ad esempio che una persona, molto paurosa per sua natura, decida di comprare
il titolo che ritiene più sicuro in assoluto, un governativo quinquennale tedesco, che
essendo Tripla AAA di rating, ha probabilità di default pari allo 0,1%, ed è quindi molto
più sicuro di altro titolo obbligazionario con rating doppia BB, definito dalle agenzie di
rating con probabilità di default di almeno venti volte superiore.
Se invece acquistasse quote di un fondo obbligazionario che contiene mediamente titoli
con rating doppia BB, si troverebbe ad avere un portafoglio, i cui titoli, singolarmente
presi, sono molto più rischiosi del Treasury Bond tedesco.
Tuttavia non dovrebbe trascurare il fatto che i titoli in portafoglio sono centinaia, che
ciascun titolo copre una percentuale minima del patrimonio del fondo e che soprattutto,
i fallimenti sugli emittenti sono eventi per larga parte rara e indipendente tra di loro.
Matematicamente, la probabilità di default di ciascuno di essi va moltiplicata per la
probabilità degli altri: il risultato è straordinario e ci dice che non è più probabile che
fallisca nel suo complesso il Bond Fund del titolo governativo tedesco.
Questo effetto combinato di rischio e diversificazione non viene colto dai non
addetti ai lavori, che spesso in preda alle paure, si rifugiano nel titolo super-sicuro, il
quale in termini di rendimento, non compensa nemmeno l’inflazione, piuttosto che
56
scegliere correttamente le quote del fondo obbligazionario che consente di acquistare
un portafoglio estremamente diversificato.
Un fondo obbligazionario di quel tipo, rispetto al T. Bond tedesco produrrebbe in
termini di rendimento un risultato almeno cinque volte maggiore, ma, attenzione, a
parità di stesso rischio default.
Quando un portafoglio è ben diversificato al suo interno, (e questo con i fondi di
investimento si ottiene anche impiegando piccole cifre di investimento), è molto più
capace di resistere agli eventi inattesi che colpiscono un paese o una parte del mondo. Il
portafoglio concentrato su un paese è molto più vulnerabile, e questo nonostante si
possa avere molta fiducia nello sviluppo di quel paese.
La diversificazione estrema funziona come l’evoluzione di una specie, che affronta il
futuro producendo molte varianti, rispetto invece ad un’altra specie che si riproduce
sempre nello stesso modo identico generazione dopo generazione.
Quando l’ambiente cambierà in modo imprevedibile ed imprevisto, una parte delle
varianti si adatterà meglio al nuovo ambiente. La specie modificandosi sopravviverà,
anche se probabilmente perderà per strada gli elementi inadatti ai nuovi ambienti.
La vulnerabilità di un portafoglio concentrato su un solo mercato o su un solo emittente
(ad es. solo bonds finanziari e magari anche di un solo emittente, oppure solo T.Bonds
di un singolo paese), quando capitano eventi inattesi e rari, è altissima.
Oggi per fortuna, le cose sono un po’ diverse: nessuno investirebbe tutto il proprio
patrimonio finanziario ad esempio nella Cina, anche se essa rappresenta, in questo
momento, la più grande potenza industriale, con il più grande sviluppo economico.
Eppure, nonostante questo sia un dato di fatto, moltissimi investitori continuano ad
57
investire su ciò che ritengono di conoscere meglio, realizzando così scarsa
diversificazione se non addirittura concentrazioni consapevoli ed accettate.
Un esempio:
EURO STOXX 50
S & P 500
MSCI Asia Pacific
Index
Valori al 28.02.2013
Rapporto P/U
10,9%
13,7%
14,8%
Alla fine del febbraio 2013, l’Euro Stoxx 50 valeva 10,9% in termini di P/U, lo S&P500
13,7% ed il MSCI Asia Pacific Index era a 14,8%.
Ancora una volta è la paura ad aver depresso le quotazioni e ad aver procurato
l’incerto futuro dell’Europa.
Il punto non è l’ignoranza della vastità degli scenari mondiali, oggi a tutti noi noti, ma
la difficoltà cognitiva ed emotiva che ci impedisce di usare una strategia veramente
differenziata su così tante variabili.
Basterebbe dar per scontato che non conosciamo il nostro futuro, e che non dobbiamo
basarci su ciò che conosciamo meglio. Conoscevamo bene la Parmalat, conoscevamo
bene Cirio, Del Monte e altri emittenti che hanno profondamente deluso, e ferito
gravemente il risparmio italiano.
Pensiamo agli ex dipendenti della Parmalat, anche quelli in pensione, che avevano
investito tutti i loro risparmi o addirittura tutto il loro trattamento di fine rapporto
nelle obbligazioni della società che conoscevano meglio, quella in cui lavoravano o
avevano lavorato per una vita, quale danno economico, patrimoniale e psicologico
possono aver subito per aver concentrato i loro investimenti in un unico emittente.
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La difficoltà spesso è il comprendere che ci è richiesto un cambio di prospettiva. La
sorte dei portafogli è fatta dai mercati, più che dalle scelte personali.
Ed è sufficiente limitarsi a diversificare per ridurre il rischio e per rendere un
portafoglio forte di fronte ad ogni evenienza.
59
CAPITOLO XI
UN AIUTO VALIDO e
IMPORTANTE tra ERRORI ed EMOZIONI
L’Economia nasce dalle prime forme di relazione tra gli individui;; all’inizio era
“questo oggetto è mio” poi, “questo oggetto è mio e voglio scambiarlo con
quell’oggetto che è tuo”.
L’economia è contigua alla psicologia, alle neuroscienze, alla biologia evolutiva.
L’economia, sotto il profilo degli scambi, è studio di come gli individui reagiscono a
determinati incentivi e di come essi diventano in tal modo agenti economici.
Nella teoria classica L’HOMO OECONOMICUS decide sulla base di scelte razionali
nel fine esclusivo del proprio interesse.
Ma nella realtà, abbiamo visto, che un uomo così razionale non esiste. Esistono invece
individui che decidono sulla base di informazioni scarse, scarse competenze, e sulla
base di forte emotività.
Anna Maria Lusardi, ricercatrice italiana che da anni lavora negli USA ed è anche
consigliera del Tesoro USA, al Convegno “Alfabetizzazione finanziaria e scelte
economiche” del dicembre 2011, ha presentato il suo studio “FLaT World – Financial
Literacy around the World”, in cui si illustra quanto la scarsa competenza in campo
finanziario, sia un male che affligge i risparmiatori un po’ in tutto il mondo.
60
L’indagine prevedeva tre domande a gruppi di cittadini di otto paesi diversi (USA,
Olanda, Germania, Italia, Svezia, Russia, Nuova Zelanda e Giappone) relativamente a
tre aspetti macro della finanza:
x Come funziona il tasso di interesse composto
x La comprensione degli effetti dell’inflazione sui rendimenti
x Il concetto di rischio collegato agli investimenti.
I risultati mostrano profondi gap cognitivi tra paesi, tra regioni all’interno dello stesso
paese, tra gruppi sociali.
Ma l’indagine non doveva evidenziare tanto i gap cognitivi quanto verificare la
coerenza tra conoscenze e scelte di investimento.
E’ emerso che chi ha risposto in modo corretto alle domande, dispone mediamente di
più ricchezza e soprattutto si è già occupato di pianificazione finanziaria e
previdenziale.
Non sempre però chi ha risposto correttamente alle domande dichiara di essere
competente in materia di finanza, anzi, paradossalmente dichiara molto serenamente la
propria incompetenza in materia, ma dichiara anche, che proprio per questo, si affida
alle conoscenze e competenze di un professionista.
Il paradosso che ne deriva è che chi riconosce la propria incompetenza in materia
finanziaria, e decide di affidarsi ad un esperto, in realtà rivela di possedere una buona
alfabetizzazione finanziaria.
IL CONSULENTE FINANZIARIO
Tra le scelte di investimento e le emozioni che inevitabilmente condizionano i
comportamenti degli individui, riteniamo a questo punto opportuno individuare la
61
soluzione che possa fare da guida e da scudo per proteggere in modo efficace ed
efficiente i risparmi di un investitore.
E’ nella figura professionale che si chiama “Consulente Finanziario”.
Nessuno rinuncerebbe a un avvocato in una controversia giudiziale, o a un chirurgo in
caso di bisogno, anzi cerca il migliore, il più bravo, ilpiù competente, eppure molti
investitori pensano di poter fare da sé la propria pianificazione finanziaria.
Alcune massime di Warren Buffett (nota 6):
“Non farti cogliere dal panico a causa delle fluttuazioni di mercato…”
“Non compro mai un titolo che non sono sicuro di capire…”
“Ogni scelta di investimento richiede conoscenza e consapevolezza...”
A fronte della complessità di mercati e prodotti e delle crisi economiche e finanziarie,
non sono cresciute l’educazione finanziaria e la consapevolezza dei risparmiatori, in
Italia come negli altri paesi.
E’ per questa ragione che c’è e ci sarà sempre bisogno di un esperto che “accompagni”
famiglie ed investitori nelle scelte di pianificazione di medio-lungo periodo.
Nei mercati vi sono asimmetrie informative, non tutte le informazioni sono disponibili
nello stesso momento per tutti, ci sono errori di valutazione, c’è una vasta area di non
conoscenza delle più elementari regole degli investimenti finanziari.
____________________________________________________________________ (nota 6) Warren Edward Buffett (Omaha, 30agosto 1930) è imprenditore ed economista statunitense E’ considerato il più grande value investor di sempre. Nel 2012, con un patrimonio di oltre 44mld di dollari è il terzo uomo più ricco del mondo. Nei più grandi interventi di Finanza viene presentato con la seguente formula: "Ladies and Gentlemen, the legendary investor Warren Buffett"!!
62
Il professor Paul Samuelson, Nobel per l’economia nel 1970, sostiene che
“..quella degli investimenti è un’attività noiosa. Se vuoi emozioni forti, prendi
800 dollari e vai a Las Vegas…”
L’attività di investimento richiede una pianificazione intelligente, tempi lunghi,
metodo e pazienza.
L’inefficienza dei mercati, l’emotività, la debole conoscenza della materia,
costituiscono una pericolosa commistione spesso all’origine delle più azzardate scelte
di investimento.
E’ qui che entra in gioco la figura dell’esperto, quel professionista che conosce
le dinamiche emotive del proprio cliente e che lo aiuta a tenerle a bada.
Non è vero infatti che gli individui decidono freddamente e razionalmente. Gli
psicologi e la finanza comportamentale hanno dimostrato che, al contrario, gli
investitori in condizioni di elevata volatilità, decidono sotto la pressione della paura,
dell’emotività, e frequentemente emulando gli altri.
Un Consulente, serio e preparato, smorza le emozioni del risparmiatore, riesce a
dimostrargli come le scelte di investimento siano spesso controintuitive, come i
momenti di elevata volatilità possano costituire ottime occasioni di ingresso e non di
fuga, quanto possa essere fatale, per analogia, entrare in una festa quando portano via i
bicchieri!
Il Consulente può definirsi un mediatore tra le scarse competenze e l’emotività
dell’investitore da una parte, e la complessità dei mercati dall’altra.
Riesce a riunire due variabili molto diverse: il numero che esprime il rischio di
volatilità di un investimento e l’emotività che individua i rischio come realmente
percepito, inteso quindi come la paura di perdere.
63
Un altro aspetto che il Consulente riesce a gestire è il tempo. L’orizzonte temporale del
risparmiatore non è mai compatibile con i tempi lunghi dei mercati, nemmeno se
parliamo di finalità previdenziali.
Tipica indole dell’uomo è quella di valutare in orizzonti temporali brevi anche ciò che
avrà conseguenze nel lontano futuro.
Ricordiamo ad esempio che per molti anni le obbligazioni ed i titoli di debito hanno
avuto rendimenti reali negativi a fronte di tassi nominali molto elevati.
Mi riferisco al periodo in cui i Titoli di Stato Italiani avevano un rendimento nominale
del 18%, e piacevano molto, anche se l’inflazione era al 20%
Era una “illusione monetaria”, così come definita da Keynes (nota 7)
Ma ancora oggi, molti investitori ricordano il periodo dei tassi al 18% come preferito
rispetto a quello in cui i rendimenti sono al 4% con un’inflazione appena sopra
l’1,00%.
Il paradosso metodologico della finanza comportamentale nasce dalla
constatazione simultanea che i prodotti finanziari hanno prestazioni misurabili con un
rigore assoluto e che i clienti non sono attrezzati a misurare e confrontare tali
prestazioni.
Da qui la necessità della consulenza, consigliabile prima di tutto ai non-esperti.
LA NORMA
Per evitare che i risparmiatori siano vittime dei propri errori, interviene il legislatore che
regola, e disciplina la norma.
___________________________________________________________________
(nota 7) John Maynard Keynes, (Cambridge, 5 giugno 1883 – 1946) economista britannico, padre della macroeconomia, considerato uno dei più grandi economisti del XX secolo.
64
Gli emittenti di prodotti finanziari devono fornire numerose informazioni di dettaglio
affinché il sottoscrittore possa decidere in piena conoscenza e consapevolezza.
Gli intermediari che prestano servizi di consulenza sono tenuti ad acquisire tutte le
informazioni relative all’esperienza ed alla conoscenza in materia finanziaria del loro
cliente, ne devono conoscere la situazione economica e patrimoniale, e solo in base a
queste informazioni possono raccomandare soluzioni di investimento.
L’impegno del legislatore è forte, ma si basa sul presupposto errato del vecchio
paradigma classico secondo il quale gli individui si comportano con razionalità.
La finanza comportamentale ci dice, invece, come abbiamo visto, che non è così.
Gli errori (bias) di ragionamento e di preferenze che gli individui commettono
sistematicamente sono riconducibili per massima parte all’utilizzo di regole
approssimative (le cosiddette euristiche) che apparentemente semplificano problemi
complessi.
BEHAVIORAL LAW&ECONOMICS
Il filone della letteratura noto come behavioral law&economics offre
interessanti spunti di riflessione circa gli approcci che il regolatore potrebbe seguire per
arginare l’impatto degli errori comportamentali.
Esistono due posizioni interessanti anche se contrapposte.
x La Paternalistica, che vorrebbe contenere le conseguenze dei bias riducendo le
opzioni disponibili
x La Anti-paternalistica che indica invece misure atte a “disattivare” i presupposti
degli errori decisionali.
65
Secondo l’approccio paternalistico, gli interventi più efficaci sono quelli che indirizzano
le scelte individuali nella direzione ritenuta corretta sia fissando un’opzione predefinita,
che può essere abbandonata solo con una rinuncia esplicita (come già accade ad
esempio nella previdenza complementare), sia limitando le opzioni disponibili, fino a
giungere nel caso più estremo al divieto dei prodotti più rischiosi.
Una critica che viene fatta a questo approccio è quella che ritiene che limitare le opzioni
di scelta agli individui potrebbe penalizzarne i processi di apprendimento.
Secondo invece l’impostazione Anti-Paternalistica, l’intervento pubblico dovrebbe
mirare a correggere gli errori agendo sulle circostanze che ne favoriscono l’insorgere
(cosiddetto debiasing throw law; Jolls e Sustein, 2006). Si collocano in questa
prospettiva l’investor education, in quanto strumento utile per l’innalzamento della
cultura finanziaria e della consapevolezza degli errori comportamentali, nonché il
potenziamento dell’efficacia della trasparenza informativa rispetto sia alla fruibilità sia
alla rappresentazione dei contenuti oggetto dell’informativa stessa.
L’EDUCAZIONE FINANZARIA
L’educazione finanziaria si sviluppa in tre ambiti differenti concernenti
nell’informazione, istruzione e supporto attivo (training).
Divulgare informazioni, colmare le lacune derivanti dalla scarsa cultura finanziaria
(istruire), effettuare verifiche empiriche possibilmente frutto di interazione tra
Autorità di vigilanza, associazioni di categorie e scuole (supporto attivo, training).
Strumenti possono essere:
1. Warning: è l’avviso che si limita a segnalare a circostanza in cui si sta
compiendo un errore
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2. Feedback: il riscontro che riporta le conseguenze dell’errore alla situazione
personale
3. Training: l’addestramento, ossia l’applicazione di un comportamento corretto in
più contesti. Il “learning by doing” rende più agevole la memorizzazione
dell’errore, delle sue conseguenze e delle azioni correttive necesssarie.
CONCLUSIONI
La consulenza si qualifica come lo strumento attraverso il quale poter ridurre il divario
tra le scelte osservate e le scelte ottimali, secondo la teoria classica.
Ponendosi a metà strada tra l’approccio descrittivo e l’approccio normativo, la
consulenza è stata qualificata come “l’attività prescrittiva il cui obiettivo principale
consiste nel guidare gli investitori nel processo decisionale, nel loro migliore interesse”
(Kahneman e Riepe, 1998)
Il Consulente può aiutare l’investitore ad interpretare correttamente le informazioni
sfuggendo alle varie trappole che ne alterano la percezione e che lo distolgono dalle
valutazioni degli elementi più importanti.
L’attività di consulenza fondata sulla logica del “servizio al cliente”, sembra costituire
dunque un complemento indispensabile per il potenziamento della tutela dell’investitore
e per il contenimento degli errori comportamentali più diffusi.
67
CAPITOLO XII
UNI ISO 22222
LA NORMA DI QUALITA’ CHE AIUTA A VIVERE MEGLIO Con il contributo di PROGeTICA
Il risparmio e la ricchezza rappresentano normalmente un mezzo per realizzare
gli obiettivi di vita personali e familiari, quali, ad esempio, gestire gli imprevisti,
garantire una adeguata formazione ai figli o mantenere un accettabile tenore di vita al
tempo del pensionamento.
Le possibilità di raggiungere i nostri obiettivi o di espandere le nostre possibilità
dipendono in maniera significativa da come gestiamo ed organizziamo le nostre risorse.
Le esperienze e le ricerche internazionali evidenziano che, generalmente, la
maniera meno vantaggiosa di affrontare il tema è quella del "fai date";
purtroppo, infatti, accade spesso che facendo da sé si riesce, addirittura, a
compromettere la stabilità e lo sviluppo economico-patrimoniale futuro della nostra
famiglia. Diversamente, utilizzare competenze consulenziali e professionali permette
una organizzazione efficiente ed efficace delle risorse, e, principalmente coerente con
gli obiettivi personali.
Ma come poter valutare la professionalità del consulente a cui rivolgersi?
E a quale standard può far riferimento il consulente per acquisire un bagaglio
professionale distintivo e consistente?
Interrogativi di grande importanza, individuale e sociale ai quali la norma di qualità
UNI ISO 22222 può fornire risposte chiare, efficaci ed esaurienti.
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I BISOGNI DICONSULENZA NEL MERCATO ITALIANO. Contributo di Fabrizio Fornezza, GfK Eurisko, Direttore Generale
“Riassumendo in poche parole lo scenario di fronte al quale ci poniamo
possiamo dire che:
• L’offerta finanziaria (di qualità abbastanza scarsa, salvo poche ma onorevoli
eccezioni: le migliori reti di promotori … assieme a pochi altri) ha affrontato il mercato
in questi ultimi anni ponendo attenzione a campi diversi dalla gestione del risparmio:
c/c, credito, raccolta diretta, qualche prodotto di risparmio fra quelli più vantaggiosi
per il conto economico del proponente.
• La stessa occasione della previdenza integrativa è stata colta solo parzialmente, in
ritardo con prospettive di breve respiro.
• La presa in carico del problema dell’investitore, il concetto di gestione (da cui anche
il risparmio gestito), i temi della consulenza sono stati anche questi patrimonio di pochi
e talvolta con approcci di buona volontà e impegno professionale di individualità (più
che con approcci sistematici, progettuali e tecnologici di ampio respiro).
Di fronte a questa "distrazione del sistema finanziario" rispetto ai bisogni delle
famiglie, le famiglie stesse stanno reagendo con compostezza e ragionevole saggezza:
• continuano ad accumulare risparmio nell’incertezza dello scenario del nostro paese,
ma con un certo ottimismo rinascente in questi mesi, malgrado le paure sul versante
inflazione e redditi
• si dimostrano moderatamente disposte a tornare ad investire le eccedenze anche
modeste accumulate con fatica.
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Certamente tutto questo è più effetto di "buon senso sociale" del nostro paese che di
capacità di programmare e definire progetti per il futuro finanziario. E’ in questo gap
fra offerta e bisogni, la domanda di consulenza e di guida che le famiglie italiane
esprimono.
Ma le famiglie italiane vanno anche oltre nella definizione del loro bisogni. Pur senza
riuscire a focalizzare pienamente ogni aspetto con linguaggio tecnico sono in grado di
esprimere implicitamente le linee guida di un eventuale intervento per soddisfare il
bisogno di consulenza:
• Servono brand ed istituzioni al servizio di questi bisogni e realmente interessate ad
uno scambio equo (nel quale c’è valore ed un prezzo adeguato al valore attribuito, non
necessariamente solo servizi di basso livello e costo)
• Serve un intervento di education, non solo in generale (i basic dell’investimento) ma
anche di training specifico nella propria gestione del denaro famigliare e personale:
come gestire il denaro, come connettere mezzi e fini, nella pianificazione, come
controllare il progetto in corso d’opera, etc.
• Servono interlocutori preparati e pronti a mettere la propria professionalità al
servizio del cliente
• Sono necessari processi e culture aziendali di servizio (se i modelli di business
dell’offerta sono impostati su campagne di vendita di prodotto, c’è poco da fare)
• Sono necessari strumenti e comportamenti effettivi nella interazione con ogni singolo
cliente: avere sistemi di supporto adeguati per la pianificazione, saperli usare
nell’interesse del cliente, saperli spiegare con linguaggi naturali e non tecnicismi.
70
A tutti questi aspetti il cliente è sensibile, ma per la storia recente sembra dedicare
particolare attenzione al primo citato: l’essere sicuro che l’istituzione a cui ci si affida
rappresenti una sicurezza e non un "rischio". Questo è oggi un piccolo paradosso del
nostro mercato, molte istituzioni propongono alle famiglie prodotti che garantiscono
dal rischio mercati (perdere il capitale, etc.). Ma il primo rischio percepito dalle
famiglie è quello di affidare i propri soldi all’istituzione (o persona) sbagliata.
Dimostrare di essere l’istituzione e la persona giusta per questo lavoro, richiede oggi
molto di più di una semplice ed assertiva affermazione in pubblicità.
Ogni ipotesi di certificazione (nota 8) concreta di tutto ciò, ci sembra dunque
interessante a priori”.
___________________________________________________________________
(nota 8) si fa riferimento alla certificazione ISO 22222
71
Cosa è la UNI ISO 22222
Nel dicembre 2005, in seguito all’attività di una commissione di esperti e di
rappresentanti di 38 Paesi ( nota 9) venne rilasciata la norma di qualità ISO 22222, che
nel maggio 2008 è entrata a far parte del nostro corpo normativo nazionale grazie
all’adozione di essa da parte dell’Ente Nazionale Italiano di Unificazione con il nome di
UNI ISO 22222
La norma ha l’obiettivo di definire un parametro di riferimento, che sia globalmente
accettato, per tutti coloro che forniscono un servizio professionale di pianificazione
finanziaria economica e patrimoniale personale ai propri clienti.
Il servizio di pianificazione, denominato dagli anglosassoni "Personal Financial
Planning", consiste essenzialmente nel supportare i clienti nella realizzazione degli
obiettivi di vita propri e della sua famiglia, sull’intero ciclo di vita.
Così, in sintesi, la norma specifica la metodologia della pianificazione nonchè i
comportamenti etici, le competenze, l’esperienza professionale, richieste ai consulenti e
descrive i vari metodi di valutazione della conformità, precisando i requisiti applicati a
ognuno di essi.
___________________________________________________________________
(nota 9) I Paesi partecipanti alla produzione della Norma sono stati 17: Australia ( SA ), Austria ( ON ), Bulgaria ( BDS ), Canada ( SCC ), China ( SAC ), Colombia ( ICONTEC ), France ( AFNOR ), Japan ( JISC ), Korea, Republic of ( KATS ), Malaysia ( DSM ), Netherlands ( NEN ), Norway ( SN ), South Africa ( SABS ), Sweden ( SIS ), USA ( ANSI ), United Kingdom ( BSI ). I Paesi osservatori sono stati 20: Argentina ( IRAM ), Bosnia and Herzegovina ( BAS ), Botswana ( BOBS ), Costa Rica ( INTECO ), Egypt ( EOS ), Hong Kong, China ( ITCHKSAR ), India ( BIS ), Jamaica ( BSJ ), Kuwait ( KOWSMD ), Mauritius ( MSB ), Morocco ( SNIMA ), Poland ( PKN ), Russian Federation ( GOST R ), Serbia ( ISS ), Singapore ( SPRING SG ), Spain ( AENOR ), Switzerland ( SNV ), Trinidad and Tobago ( TTBS ), Turkey ( TSE ), Vietnam
72
Più in particolare in relazione agli aspetti tecnici, il processo di Personal Financial
Planning è costituito da almeno 6 fasi che possono essere percorse ripetutamente nel
tempo.
Il supporto al cliente si estende su tutte le necessità ed i bisogni della famiglia, quali la
tutela della sicurezza, l’investimento, l’indebitamento, l’immobiliare, il pensionamento
e la fiscalità, che tuttavia devono essere analizzate, valutate e pianificate in maniera
integrata. Inoltre nell’esecuzione del compito il consulente deve seguire precise
procedure per rispondere compiutamente a tutte le richieste del cliente e lo svolgimento
di ciascuna fase deve essere documentato per iscritto.
Le fasi
Il processo consulenziale non ha un esito definitivo. Ciascuna fase può, a volte deve,
essere approfondita e ripercorsa nel tempo, per il fatto che il Personal Financial
Plannner deve rispondere alle esigenze di ciascuno in qualsiasi momento della sua vita,
che per definizione è mutevole.
I FASE: "Definire la relazione professionale"
II FASE:
"Acquisire le informazioni dal consumatore e definire obiettivi ed aspettative"
III FASE: "Analizzare e valutare lo status finanziario del consumatore"
IV FASE: "Sviluppare e presentare il piano finanziario"
V FASE: "Implementare il piano finanziario"
VI FASE: "Monitorare il piano finanziario e la relazione professionale"
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¾ I fase: "Definire la relazione professionale"
Il Planner deve fornire al consumatore il quadro entro il quale si svolge la
relazione professionale descrivendo bene le tre componenti:
Planner: l’obiettivo del servizio di pianificazione finanziaria offerto, le
qualifiche e l’esperienza professionale maturata, la dichiarazione
dettagliata del metodo utilizzato per dimostrare la conformità all’
UNI_ISO_22222
Consumatore: il profilo del consumatore e della sua famiglia, età,
condizioni di salute ed elementi che possono avere un impatto sulla
aspettativa di vita, attività lavorativa, relazioni, posizione finanziaria,
situazione assicurativa e previdenziale, pubblica e privata, necessità
immediate, obiettivi a breve e a lungo termine.
Servizio: le modalità di remunerazione, qualsiasi elemento di conflitto di
interesse conosciuto dal Planner, i tempi delle fasi e di rilascio del
servizio, la durata del servizio, la frequenza degli incontri, gli impegni
alla riservatezza circa le informazioni acquisite.
¾ II fase: "Acquisire le informazioni dal consumatore e definire obiettivi ed
aspettative"
Le informazioni da acquisire sono: stato patrimoniale e conto economico
personale e familiare elementi rilevanti attinenti alla gestione del rischio (finanziario
e demografico), documenti rilevanti per la pianificazione finanziaria, dettaglio di
esigenze ed obiettivi, opportunamente quantificati, con le relative scadenze
temporali e priorità. Dati relativi alla tolleranza del rischio finanziario,
orientamenti ed attitudini di tipo sociale, etico, religioso ed ambientale.
74
In particolare, viene richiesta la capacità del Planner di comprendere la relazione
tra tempo, rischio finanziario ed obiettivi del consumatore, al fine di determinare gli
effetti congiunti delle prime due variabili sugli obiettivi medesimi
¾ III fase: "Analizzare e valutare lo status finanziario del consumatore"
Le informazioni raccolte nelle fasi precedenti debbano essere utilizzate per
fornire l’output così come esplicita chiaramente la norma. Inoltre, l’analisi della
situazione del consumatore deve essere effettuata anche in una prospettiva
evolutiva, identificando i potenziali cambiamenti futuri e includendo i suoi obiettivi
e preferenze. Infine, la valutazione dello status del consumatore deve identificare e
rappresentare, in maniera comprensibile, i punti di forza e di debolezza del Suo
conto economico e del Suo stato patrimoniale in relazione a: obiettivi, vincoli, grado
di tolleranza al rischio finanziario, gestione dei rischi demografici e dei bisogni
assicurativi di tutela, di previdenza e successori
¾ IV fase: "Sviluppare e presentare il piano finanziario"
Elaborare un documento che deriva dagli output precedenti, da sottoporre al
consumatore le cui finalità sono:
Verificare la comprensione e la completezza dell’interpretazione fatta dal
Planner circa le informazioni acquisite, gli obiettivi, la tolleranza al rischio
finanziario;
Far comprendere al consumatore le metodologie utilizzate per supportare
l’acquisizione dei suoi obiettivi. In altre parole, il Planner deve essere in grado
di spiegare il "perché" le soluzioni elaborate sono adeguate per il consumatore,
mettendo in evidenza le teorie utilizzate, le tecniche e i procedimenti impiegati;
75
Dettagliare una lista di raccomandazioni da implementare, basate sul conto
economico e lo stato patrimoniale attuale e futuro, che devono essere discusse
con il consumatore, laddove ciascuna raccomandazione deve rispondere
chiaramente ai termini: chi, che cosa, quando, dove, perché e come.
V fase: "Implementare il piano finanziario"
Lo standard indica che in relazione agli output prodotti nella fase precedente il
Planner dovrà produrre una appropriata documentazione nella quale si descrive l’esito
della discussione con il consumatore. Per ciascuna raccomandazione presentata nel
piano finanziario deve essere specificata la determinazione del consumatore e le sue
motivazioni: accettata, modificata, integrata, differita o rifiutata. In caso di difformità
della decisione, il Planner dovrà evidenziare in maniera trasparente le conseguenze delle
decisioni del consumatore sugli obiettivi e sullo status economico-finanziario.
Infine, il Planner dovrà assistere il consumatore, direttamente e/o indirettamente, nella
realizzazione delle raccomandazioni in sintonia con i termini dell’accordo inizialmente
stabiliti
VI fase: "Monitorare il piano finanziario e la relazione professionale"
La Norma prescrive che il Planner, in seguito alle azioni di implementazione,
deve ridefinire nel continuo temporale l’intero set informativo e dispositivo, adattandolo
ai cambiamenti derivanti dalla situazione del consumatore, lo scenario economico,
finanziario e normativo.
Tale operatività deve essere coerente con la programmazione ed i termini dell’accordo
di prestazione professionale laddove la metodologia del monitoraggio consiste nel
ripetere il processo sin dall’inizio ed eventualmente effettuare interventi correttivi
relativamente a tutte o parti delle fasi.
76
Ogni attività di monitoraggio si deve concludere con la produzione di un documento che
aggiorna le raccomandazioni evidenziando per ciascuna l’accettazione, la
modificazione, l’integrazione, il rinvio o il rifiuto da parte del consumatore.
ETICA, COMPETENZE ED ESPERIENZE PROFESSIONALI
La Norma descrive un corredo di requisiti etici che necessariamente il Planner deve
avere e dimostrare di mettere in pratica, in qualsiasi aspetto della propria attività
quotidiana.
L’etica professionale richiesta dalla norma, corrisponde ad un corredo di requisiti che
possiamo riassumere nei seguenti 10 principi che devono ispirare i comportamenti:
1. integrità,
2. priorità degli interessi del consumatore,
3. diligenza,
4. osservanza degli standard professionali,
5. gestione attenta di ogni conflitto di interesse,
6. comprensibilità nella comunicazione,
7. obiettività,
8. riservatezza,
9. trasparenza in merito alla sua condizione professionale,
10. competenza
Il Consulente deve mostrare in modo indiscutibile di possedere quei requisiti di
competenza, capacità, conoscenze ed atteggiamenti necessari per l’efficace svolgimento
dell’attività di Personal Financial Planner.
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La norma ha identificato, al riguardo, una “mappa” che identifica l’insieme di queste
competenze/conoscenze.
Essa si articola su diversi livelli cognitivi (conoscenza, comprensione, applicazione,
analisi e valutazione) e vengono elencati i metodi che consentono la valutazione del
grado di padronanza delle competenze, anche in relazione al loro mantenimento e
sviluppo nel tempo.
Per quanto riguarda il bagaglio di esperienze professionali, lo standard, specifica sia le
attività di costituzione dell’esperienza che le condizioni ed i requisiti della sua
valutazione
CONSIDERAZIONI FINALI
L’attuale contesto di mercato e le recenti evoluzioni normative nel settore finanziario ed
assicurativo, italiano ed europeo, evidenziano che la UNI ISO 22222 risponde ad una
impellente necessità del nostro tempo.
Ad esempio, essa può arricchire di contenuto tecnico la direttiva europea MiFID
(Market in Financial Instruments Directive) in vigore dall'1 novembre 2007.
Tale direttiva ha la finalità di armonizzare la disciplina che regola i comportamenti degli
intermediari laddove introduce la consulenza finanziaria come nuovo servizio di
investimento e ridisegna il sistema di tutela dell’investitore con precise regole di
condotta, con l'obbligo di servire al meglio l’interesse del cliente e con una chiara
disciplina del conflitto d’interesse.
Così la UNI ISO 22222 può contribuire a:
78
1. il raggiungimento degli obiettivi generali della MiFID, in quanto concorre a
migliorare l’efficienza del funzionamento dei mercati, stimolare la competizione fra gli
intermediari in un’ottica di miglioramento del servizio per i clienti ed innalzare il livello
di tutela per la clientela che decide di sottoscrivere strumenti finanziari;
2. la concreta attuazione dei principi fondamentali che la MiFID intende applicare alle
imprese che svolgono attività d’investimento, ossia l'agire in modo onesto, equo e
professionale, per servire al meglio gli interessi del cliente, il fornire informazioni
appropriate e complete che siano corrette, chiare e non fuorvianti, e l'offrire servizi che
tengano conto della situazione personale del cliente.
In particolare, il contributo che la norma UNI ISO 22222 può fornire per una efficace
applicazione della MiFID in Italia è duplice.
¾ Da una parte può rendere consapevoli i consumatori dei propri diritti, delle proprie
responsabilità e del ruolo attivo che dovrebbero assumere all'interno del processo
consulenziale, laddove tale consapevolezza potrebbe consentire la discriminazione
di comportamenti non professionali degli operatori e dunque la loro
marginalizzazione.
¾ Dall'altra parte può fornire agli operatori ed alle loro organizzazioni una indicazione
consistente circa i contenuti metodologico - tecnici del processo consulenziale che
possono essere iscritti all'interno della cornice normativa dettata dalla MiFID.
A tal proposito, la definizione che la MiFID dà della consulenza è che tale servizio
"consiste nella prestazione di raccomandazioni personalizzate al cliente, su richiesta
del medesimo o ad iniziativa dell’intermediario, riguardo a una o più operazioni
relative ad un determinato strumento/prodotto finanziario/servizio di investimento".
79
Inoltre la tutela del cliente è assicurata dal fatto che l’intermediario può fornirgli
soltanto raccomandazioni a lui "adeguate", laddove la valutazione preventiva
dell’adeguatezza consiste in un giudizio attraverso il quale l’intermediario deve
verificare che:
a) il cliente sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio connesso
all’operazione o al servizio consigliato, compatibilmente con i suoi obiettivi di
investimento;
b) l’operazione o il servizio consigliato corrispondano agli obiettivi di investimento del
cliente;
c) il cliente sappia comprendere i rischi inerenti all’operazione o al servizio consigliati.
Dunque la convergenza delle indicazioni normative con il processo di pianificazione
definito dalla norma UNI ISO 22222 è evidente sebbene la MiFID, naturalmente, non
entri nel merito della questione specificando la metodologia di valutazione del grado di
personalizzazione e di adeguatezza delle proposte.
80
CONCLUSIONI PERSONALI
Per quanto mi riguarda, mi sto già occupando della norma
UNI ISO 22222, in quanto la ritengo una ulteriore, indispensabile
certificazione professionale, che dopo la discussione della presente
Tesi di Laura, costituirà il mio prossimo obiettivo.
81
RINGRAZIAMENTI
Ringrazio la E-Campus, il mio Tutor Maria Letizia Puzzella che mi
ha seguito in questo percorso, il professor Aldo Livolsi che è stato prezioso
supporto nella stesura e redazione della Tesi, ma soprattutto tengo a
ringraziare la mia famiglia e in particolare i miei figli, Lucrezia e Alberto,
per la pazienza, la comprensione e la tolleranza che hanno avuto, per lo
stimolo e il sostegno che mi hanno dato, se pur bambini, nel momento in
cui ho dedicato tempo allo studio, dopo il lavoro, piuttosto che a loro
stessi.
Novedrate, 28 giugno 2013
Rossana Giusti
82
ALLEGATO 1 1952, april The Journal of Finance page 77
PORTFOLIO SELECTION
HARRY MARKOWITZ
The Rand Corporation
THE PROCESS OF SELECTING a portfolio may be divided into two stages. The first stage starts with observation and experience and ends with beliefs about the future performances of available securities. The second stage starts with the relevant beliefs about future performances and ends with the choice of portfolio. This paper is concerned with the second stage. We first consider the rule that the investor does (or should) maximize discounted expected, or anticipated, returns. This rule is rejected both as a hypothesis to explain, and as a maximum to guide investment behavior. We next consider the rule that the investor does (or should) consider expected return a desirable thing and variance of return an undesirable thing. This rule has many sound points, both as a maxim for, and hypothesis about, investment behavior. We illustrate geometrically relations between beliefs and choice of portfolio according to the “expected returns—variance of returns” rule.
One type of rule concerning choice of portfolio is that the investor does (or should) maximize the discounted (or capitalized) value of future returns.1 Since the future is not known with certainty, it must be “expected” or “anticipated” returns which we discount. Variations of this type of rule can be suggested. Following Hicks, we could let “anticipated” returns include an allowance for risk.2 Or, we could let the rate at which we capitalize the returns from particular securities vary with risk.
83
The hypothesis (or maxim) that the investor does (or should) maximize discounted return must be rejected. If we ignore market imperfections the foregoing rule never implies that there is a diversified portfolio which is preferable to all non-diversified portfolios. Diversification is both observed and sensible; a rule of behavior which does not imply the superiority of diversification must be rejected both as a hypothesis and as a maxim.
The foregoing rule fails to imply diversification no matter how the anticipated returns are formed; whether the same or different discount rates are used for different securities; no matter how these discount rates are decided upon or how they vary over time.3 The hypothesis implies that the investor places all his funds in the security with the greatest discounted value. If two or more securities have the same value, then any of these or any combination of these is as good as any other.
We can see this analytically: suppose there are N securities; let rit be the anticipated return (however decided upon) at time t per dollar invested in security i; let dit be the rate at which the return on the iik security at time t is discounted back to the present; let Xi be the relative amount invested in security i. We exclude short sales, thus Xi ≥ 0 for all i. Then the discounted anticipated return of the portfolio is
x
is the discounted return of the ith security, therefore
R = ΣXiRi where Ri is independent of Xi. Since Xi ≥ 0 for all i and ΣXi = 1, R is a weighted average of Ri with the Xi as non-negative weights. To maximize R, we let Xi = 1 for i with maximum Ri. If several Raa, a = 1, …, K are maximum then any allocation with
x
maximizes R. In no case is a diversified portfolio preferred to all non-diversified portfolios.4
84
It will be convenient at this point to consider a static model. Instead of speaking of the time series of returns from the ith security (ri1, ri2, …, rit, …) we will speak of “the flow of returns” (ri) from the ith security. The flow of returns from the portfolio as a whole is R = ΣXiri. As in the dynamic case if the investor wished to maximize “anticipated” return from the portfolio he would place all his funds in that security with maximum anticipated returns.
There is a rule which implies both that the investor should diversify and that he should maximize expected return. The rule states that the investor does (or should) diversify his funds among all those securities which give maximum expected return. The law of large numbers will insure that the actual yield of the portfolio will be almost the same as the expected yield.5 This rule is a special case of the expected returns—variance of returns rule (to be presented below). It assumes that there is a portfolio which gives both maximum expected return and minimum variance, and it commends this portfolio to the investor.
This presumption, that the law of large numbers applies to a portfolio of securities, cannot be accepted. The returns from securities are too intercorrelated. Diversification cannot eliminate all variance.
The portfolio with maximum expected return is not necessarily the one with minimum variance. There is a rate at which the investor can gain expected return by taking on variance, or reduce variance by giving up expected return.
We saw that the expected returns or anticipated returns rule is inadequate. Let us now consider the expected returns—variance of returns (E-V) rule. It will be necessary to first present a few elementary concepts and results of mathematical statistics. We will then show some implications of the E-V rule. After this we will discuss its plausibility.
In our presentation we try to avoid complicated mathematical statements and proofs. As a consequence a price is paid in terms of rigor and generality. The chief limitations from this source are (1) we do not derive our results analytically for the n-security case; instead, we present them geometrically for the 3 and 4 security cases; (2) we assume static probability beliefs. In a general presentation we must recognize that the probability distribution of yields of the various securities is a function of time. The writer intends to present, in the future, the general, mathematical treatment which removes these limitations.
85
We will need the following elementary concepts and results of mathematical statistics:
Let Y be a random variable, i.e., a variable whose value is decided by chance. Suppose, for simplicity of exposition, that Y can take on a finite number of values y1, y2, …, yN. Let the probability that Y = y1, be P1; that Y = y2 be p2 etc. The expected value (or mean) of Y is defined to be
x
The variance of Y is defined to be
x
V is the average squared deviation of Y from its expected value. V is a commonly used measure of dispersion. Other measures of dispersion, closely related to V are the standard deviation, σ = √V and the coefficient of variation, σ/E.
Suppose we have a number of random variables: R1, …, Rn. If R is a weighted sum (linear combination) of the Ri
x
then R is also a random variable. (For example R1, may be the number which turns up on one die; R2 that of another die, and R the sum of these numbers. In this case n = 2, a1 = a2 = 1).
It will be important for us to know how the expected value and variance of the weighted sum (R) are related to the probability distribution of the R1, …, Rn. We state these relations below; we refer the reader to any standard text for proof.6
The expected value of a weighted sum is the weighted sum of the expected values. I.e., E(R) = a1E(R1) + a2E(R2) + … + anE(Rn) The variance of a weighted sum is not as simple. To express it we must define “covariance.” The covariance of R1 and R2 is
x
i.e., the expected value of [(the deviation of R1 from its mean) times (the deviation of R2 from its mean)]. In general we define the covariance between Ri and Rj as
x
86
σij may be expressed in terms of the familiar correlation coefficient (ρij). The covariance between Ri and Rj is equal to [(their correlation) times (the standard deviation of Ri) times (the standard deviation of Rj)]:
x
The variance of a weighted sum is
x
If we use the fact that the variance of Ri is σii then
x
Let Ri be the return on the ith security. Let μi be the expected value of Ri; σij, be the covariance between Ri and Rj (thus σii is the variance of Ri). Let Xi be the percentage of the investor's assets which are allocated to the ith security. The yield (R) on the portfolio as a whole is
x
The Ri (and consequently R) are considered to be random variables.7 The Xi are not random variables, but are fixed by the investor. Since the Xi are percentages we have ΣXi = 1. In our analysis we will exclude negative values of the Xi (i.e., short sales); therefore Xi ≥ 0 for all i.
The return (R) on the portfolio as a whole is a weighted sum of random variables (where the investor can choose the weights). From our discussion of such weighted sums we see that the expected return E from the portfolio as a whole is
x
and the variance is
x
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For fixed probability beliefs (μi, σij) the investor has a choice of various combinations of E and V depending on his choice of portfolio X1, …, XN. Suppose that the set of all obtainable (E, V) combinations were as in Figure 1. The E-V rule states that the investor would (or should) want to select one of those portfolios which give rise to the (E, V) combinations indicated as efficient in the figure; i.e., those with minimum V for given E or more and maximum E for given V or less.
There are techniques by which we can compute the set of efficient portfolios and efficient (E, V) combinations associated with given μi and σij. We will not present these techniques here. We will, however, illustrate geometrically the nature of the efficient surfaces for cases in which N (the number of available securities) is small.
The calculation of efficient surfaces might possibly be of practical use. Perhaps there are ways, by combining statistical techniques and the judgment of experts, to form reasonable probability beliefs (μi, σij). We could use these beliefs to compute the attainable efficient combinations of (E, V). The investor, being informed of what (E, V) combinations were attainable, could state which he desired. We could then find the portfolio which gave this desired combination.
Two conditions—at least—must be satisfied before it would be practical to use efficient surfaces in the manner described above. First, the investor must desire to act according to the E-V maxim. Second, we must be able to arrive at reasonable μi and σij. We will return to these matters later.
Let us consider the case of three securities. In the three security case our model reduces to
x (1))
x (2))
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x (3))
x (4))
From (3) we get
x (3′))
If we substitute (3′) in equation (1) and (2) we get E and V as functions of X1 and X2. For example we find
x (1′))
The exact formulas are not too important here (that of V is given below).8 We can simply write
x (a))
x (b))
x (c))
By using relations (a), (b), (c), we can work with two dimensional geometry.
The attainable set of portfolios consists of all portfolios which satisfy constraints (c) and (3′) (or equivalently (3) and (4)). The attainable combinations of X1, X2 are represented by the triangle in Figure 2. Any point to the left of the X2 axis is not attainable because it violates the condition that X1 ≥ 0. Any point below the X1 axis is not attainable because it violates the condition that X2 ≥ 0. Any point above the line (1 − X1 − X2 = 0) is not attainable because it violates the condition that X3 = 1 − X1 − X2 ≥ 0.
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We define an isomean curve to be the set of all points (portfolios) with a given expected return. Similarly an isovariance line is defined to be the set of all points (portfolios) with a given variance of return.
An examination of the formulae for E and V tells us the shapes of the isomean and isovariance curves. Specifically they tell us that typically9 the isomean curves are a system of parallel straight lines; the isovariance curves are a system of concentric ellipses (see Fig. 2). For example, if μ2 ≠ μ3 equation 1′ can be written in the familiar form X2 = a + bX1; specifically (1)
x
Thus the slope of the isomean line associated with E = E0 is − (μ1 − μ3)/(μ2 − μ3) its intercept is (E0 − μ3)/(μ2 − μ3). If we change E we change the intercept but not the slope of the isomean line. This confirms the contention that the isomean lines form a system of parallel lines.
Similarly, by a somewhat less simple application of analytic geometry, we can confirm the contention that the isovariance lines form a family of concentric ellipses. The “center” of the system is the point which minimizes V. We will label this point X. Its expected return and variance we will label E and V. Variance increases as you move away from X. More precisely, if one isovariance curve, C1, lies closer to X than another, C2, then C1 is associated with a smaller variance than C2.
With the aid of the foregoing geometric apparatus let us seek the efficient sets.
X, the center of the system of isovariance ellipses, may fall either inside or outside the attainable set. Figure 4 illustrates a case in which X falls inside the attainable set. In this case: X is efficient. For no other portfolio has a V as low as X; therefore no portfolio can have either smaller V (with the same or greater E) or greater E with the same or smaller V. No point (portfolio) with expected return E less than E is efficient. For we have E > E and V < V.
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Consider all points with a given expected return E; i.e., all points on the isomean line associated with E. The point of the isomean line at which V takes on its least value is the point at which the isomean line is tangent to an isovariance curve. We call this point X (E). If we let E vary, X(E) traces out a curve.
Algebraic considerations (which we omit here) show us that this curve is a straight line. We will call it the critical line l. The critical line passes through X for this point minimizes V for all points with E(X1, X2) = E. As we go along l in either direction from X, V increases. The segment of the critical line from X to the point where the critical line crosses the boundary of the attainable set is part of the efficient set. The rest of the efficient set is (in the case illustrated) the segment of the line from d to b. b is the point of maximum attainable E. In Figure 3, X lies outside the admissible area but the critical line cuts the admissible area. The efficient line begins at the attainable point with minimum variance (in this case on the line). It moves toward b until it intersects the critical line, moves along the critical line until it intersects a boundary and finally moves along the boundary to b. The reader may wish to construct and examine the following other cases: (1) X lies outside the attainable set and the critical line does not cut the attainable set. In this case there is a security which does not enter into any efficient portfolio. (2) Two securities have the same μi. In this case the isomear lines are parallel to a boundary line. It may happen that the efficient portfolio with maximum E is a diversified portfolio. (3) A case wherein only one portfolio is efficient.
The efficient set in the 4 security case is, as in the 3 security and also the N security case, a series of connected line segments. At one end of the efficient set is the point of minimum variance; at the other end is a point of maximum expected return10 (see Fig. 4).
Now that we have seen the nature of the set of efficient portfolios, it is not difficult to see the nature of the set of efficient (E, V) combinations. In the three security case E = a0 + a1X1 + a2X2 is a plane; V = b0 + b1X1 + b2X2 + b12X1X2 + b11X2
1 + b22X22 is a
paraboloid.11 As shown in Figure 5, the section of the E-plane over the efficient portfolio set is a series of connected line segments. The section of the V-paraboloid over the
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efficient portfolio set is a series of connected parabola segments. If we plotted V against E for efficient portfolios we would again get a series of connected parabola segments (see Fig. 6). This result obtains for any number of securities.
Various reasons recommend the use of the expected return-variance of return rule, both as a hypothesis to explain well-established investment behavior and as a maxim to guide one's own action. The rule serves better, we will see, as an explanation of, and guide to, “investment” as distinguished from “speculative” behavior.
Earlier we rejected the expected returns rule on the grounds that it never implied the superiority of diversification. The expected return-variance of return rule, on the other hand, implies diversification for a wide range of μi, σij. This does not mean that the E-V rule never implies the superiority of an undiversified portfolio. It is conceivable that one security might have an extremely higher yield and lower variance than all other securities; so much so that one particular undiversified portfolio would give maximum E and minimum V. But for a large, presumably representative range of μij, σij the E-V rule leads to efficient portfolios almost all of which are diversified.
Not only does the E-V hypothesis imply diversification, it implies the “right kind” of diversification for the “right reason.” The adequacy of diversification is not thought by investors to depend solely on the number of different securities held. A portfolio with sixty different railway securities, for example, would not be as well diversified as the same size portfolio with some railroad, some public utility, mining, various sort of
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manufacturing, etc. The reason is that it is generally more likely for firms within the same industry to do poorly at the same time than for firms in dissimilar industries.
Similarly in trying to make variance small it is not enough to invest in many securities. It is necessary to avoid investing in securities with high covariances among themselves. We should diversify across industries because firms in different industries, especially industries with different economic characteristics, have lower covariances than firms within an industry.
The concepts “yield” and “risk” appear frequently in financial writings. Usually if the term “yield” were replaced by “expected yield” or “expected return,” and “risk” by “variance of return,” little change of apparent meaning would result.
Variance is a well-known measure of dispersion about the expected. If instead of variance the investor was concerned with standard error, σ = √V, or with the coefficient of dispersion, σ/E, his choice would still lie in the set of efficient portfolios.
Suppose an investor diversifies between two portfolios (i.e., if he puts some of his money in one portfolio, the rest of his money in the other. An example of diversifying among portfolios is the buying of the shares of two different investment companies). If the two original portfolios have equal variance then typically12 the variance of the resulting (compound) portfolio will be less than the variance of either original portfolio. This is illustrated by Figure 7. To interpret Figure 7 we note that a portfolio (P) which is built out of two portfolios P′ = (X′1, X′2) and P″=(X″1, X″2) is of the form P = λP′ + (1 − λ)P″ = (λX′1 + (1 − λ)X′1, λX′2 + (1 − λ)X′2). P is on the straight line connecting P′ and P″.
The E-V principle is more plausible as a rule for investment behavior as distinguished from speculative behavior. The third moment13 M3 of the probability distribution of returns from the portfolio may be connected with a propensity to gamble. For example if the investor maximizes utility (U) which depends on E and V(U = U(E, V), ∂U/∂E >
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0, ∂U/∂E < 0) he will never accept an actuarially fair14 bet. But if U = U(E, V, M3) and if ∂U/∂M3 ≠ 0 then there are some fair bets which would be accepted.
Perhaps—for a great variety of investing institutions which consider yield to be a good thing; risk, a bad thing; gambling, to be avoided—E, V efficiency is reasonable as a working hypothesis and a working maxim.
Two uses of the E-V principle suggest themselves. We might use it in theoretical analyses or we might use it in the actual selection of portfolios.
In theoretical analyses we might inquire, for example, about the various effects of a change in the beliefs generally held about a firm, or a general change in preference as to expected return versus variance of return, or a change in the supply of a security. In our analyses the Xi might represent individual securities or they might represent aggregates such as, say, bonds, stocks and real estate.15
To use the E-V rule in the selection of securities we must have procedures for finding reasonable μi and σij. These procedures, I believe, should combine statistical techniques and the judgment of practical men. My feeling is that the statistical computations should be used to arrive at a tentative set of μi and σij. Judgment should then be used in increasing or decreasing some of these μi and σij on the basis of factors or nuances not taken into account by the formal computations. Using this revised set of μi and σij, the set of efficient E, V combinations could be computed, the investor could select the combination he preferred, and the portfolio which gave rise to this E, V combination could be found.
One suggestion as to tentative μi, σij is to use the observed μi, σij for some period of the past. I believe that better methods, which take into account more information, can be found. I believe that what is needed is essentially a “probabilistic” reformulation of security analysis. I will not pursue this subject here, for this is “another story.” It is a story of which I have read only the first page of the first chapter.
In this paper we have considered the second stage in the process of selecting a portfolio. This stage starts with the relevant beliefs about the securities involved and ends with the selection of a portfolio. We have not considered the first stage: the formation of the relevant beliefs on the basis of observation.
Footnotes
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x 1. See, for example, J. B. Williams, The Theory of Investment Value (Cambridge, Mass.: Harvard University Press, 1938), pp. 55–75.
x 2. J. R. Hicks, Value and Capital (New York: Oxford University Press, 1939), p. 126. Hicks applies the rule to a firm rather than a portfolio.
x 3. The results depend on the assumption that the anticipated returns and discount rates are independent of the particular investor's portfolio.
x 4. If short sales were allowed, an infinite amount of money would be placed in the security with highest r.
x 5. Williams, op. cit., pp. 68, 69. x 6. E.g., J. V. Uspensky, Introduction to Mathematical Probability (New York:
McGraw-Hill, 1937), chapter 9, pp. 161–81. x 7. I.e., we assume that the investor does (and should) act as if he had probability
beliefs concerning these variables. In general we would expect that the investor could tell us, for any two events (A and B), whether he personally considered A more likely than B, B more likely than A, or both equally likely. If the investor were consistent in his opinions on such matters, he would possess a system of probability beliefs. We cannot expect the investor to be consistent in every detail. We can, however, expect his probability beliefs to be roughly consistent on important matters that have been carefully considered. We should also expect that he will base his actions upon these probability beliefs—even though they be in part subjective.This paper does not consider the difficult question of how investors do (or should) form their probability beliefs.
x 8. V = X21(σ11 − 2σ33 + σ33) + X2
2(σ23 − 2σ22 + σ33) + 2X1X2(σ12 − σ13 − σ22 + σ22) + 2X1(σ13 − σ23) +2X2(σ33 − σ22) + σ33
x 9. The isomean “curves” are as described above except when μ1 = μ2 = μ3. In the latter case all portfolios have the same expected return and the investor chooses the one with minimum variance.As to the assumptions implicit in our description of the isovariance curves see footnote 12.
x 10. Just as we used the equation to reduce the dimensionality in the three security case, we can use it to represent the four security case in 3 dimensional space. Eliminating X, we get E = E(X1, X2, X3), V = V(X1, X2, X3). The attainable set is represented, in three-space, by the tetrahedron with vertices (0, 0, 0), (0, 0, 1), (0, 1, 0), (1, 0, 0), representing portfolios with, respectively, X4 = 1, X3 = 1, X2 = 1, X1 = 1.Let s123 be the subspace consisting of all points with X4 = 0. Similarly we can define sa1, …, aa to be the subspace consisting of all points with Xi = 0, i ≠ a1, …, aa. For each subspace sa1, …, aa we can define a
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critical line la1, … aa. This line is the locus of points P where P minimizes V for all points in sa1, …, aa with the same E as P. If a point is in sa1, …, aa and is efficient it must be on la1, …, aa. The efficient set may be traced out by starting at the point of minimum available variance, moving continuously along various la1, …, aa according to definite rules, ending in a point which gives maximum E. As in the two dimensional case the point with minimum available variance may be in the interior of the available set or on one of its boundaries. Typically we proceed along a given critical line until either this line intersects one of a larger subspace or meets a boundary (and simultaneously the critical line of a lower dimensional subspace). In either of these cases the efficient line turns and continues along the new line. The efficient line terminates when a point with maximum E is reached.
x 11. See footnote 8. x 12. In no case will variance be increased. The only case in which variance will
not be decreased is if the return from both portfolios are perfectly correlated. To draw the isovariance curves as ellipses it is both necessary and sufficient to assume that no two distinct portfolios have perfectly correlated returns.
x 13. If R is a random variable that takes on a finite number of values r1, …, rn withprobabilities p1, …, pn respectively, and expected value E, then
x 14. One in which the amount gained by winning the bet times the probability of
winning is equal to the amount lost by losing the bet, times the probability of losing.
x 15. Care must be used in using and interpreting relations among aggregates. We cannot deal here with the problems and pitfalls of aggregation.
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BIBLIOGRAFIA
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¾ Paolo Legrenzi - I Soldi in testa – editrice Laterza, edizione giugno 2012
¾ Paolo Legrenzi – Psicologia e investimenti finanziari – Il Sole 24 Ore, seconda ristampa febbraio 2009
¾ Ugo Rigoni – Finanza comportamentale e gestione del risparmio – G. Giappichelli editore Torino 2006
¾ Massimo Ferrante- Stefano Zan - Il Fenomeno organizzativo - Carocci editore, 1° ristampa gennaio 2012
¾ Giovanni Costa, Paolo Gubitta – Organizzazione aziendale. Mercati, gerarchie, convenzioni – McGraw-Hill seconda edizione 2008