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Istituto MEME associato a Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles ''Uno sguardo, un contatto, una canzone, un piccolo suono: La musicoterapia nella disabilità grave e l’incontro con la musicoterapia nelle scuole” Scuola di Specializzazione: Musicoterapia Relatore: Dott.ssa Roberta Frison Collaboratori: Scuole Primarie Contesto di Project Work: Scuole Primarie Tesista Specializzando: Leonardi - Anghel Elena Anno di corso: Secondo Anno Accademico: 2016 - 2017

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Istituto MEME associato a

Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles

''Uno sguardo, un contatto, una canzone, un piccolo suono:

La musicoterapia nella disabilità grave e l’incontro con la musicoterapia nelle

scuole”

Scuola di Specializzazione: Musicoterapia

Relatore: Dott.ssa Roberta Frison

Collaboratori: Scuole Primarie

Contesto di Project Work: Scuole Primarie

Tesista Specializzando: Leonardi - Anghel Elena

Anno di corso: Secondo

Anno Accademico: 2016 - 2017

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Un viaggio fra definizioni, modelli, esperienze ed emozioni…

… Seguendo il battito del mio cuore... dolcezza e tormento si mescolano per ispirare

una poesia di suoni. Sensazioni mutevoli seguono il filo delle emozioni per

comprendere il ritorno in sé attraverso l'ascolto dell'anima nella propria vita…1

1 Daniele Gambini.

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INDICE

Introduzione ..................................................................................................................... 5

1. Aspetti generali della musicoterapia ........................................................................... 9

1.1 Cenni storici .......................................................................................................... 9

2. Definizioni di musicoterapia ..................................................................................... 12

2.1 Il suono può essere musicale o non ..................................................................... 13

2.2 Il concetto di ''processo ''o del contesto non verbale ........................................... 15

3. Modelli di musicoterapia .......................................................................................... 17

3.1 Il modello di Benenzon ....................................................................................... 18

3.2 Il modello di Orff ................................................................................................ 19

3.3 La musicoterapia Benenzoniana è basata sul concetto di relazione ................... 21

4. Principi della musicoterapia ...................................................................................... 23

4.1 il principio dell'ISO ............................................................................................. 24

4.2 Il setting .............................................................................................................. 24

4.3 Il G.O.S. .............................................................................................................. 26

4.4 Benenzon classifica gli strumenti secondo le modalità con le quali sono usati .. 26

5. La seduta di musicoterapia secondo Benenzon ........................................................ 28

5.1 Prima fase ........................................................................................................... 29

5.2 Seconda fase ....................................................................................................... 29

5.3 Terza fase ............................................................................................................ 30

6. Tetraplegia ................................................................................................................ 31

6.1 Definizione .......................................................................................................... 32

6.2 Sintomi ................................................................................................................ 32

6.3. Cause ................................................................................................................... 33

6.4 Condizioni associate ........................................................................................... 34

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6.5 Età e diagnosi ...................................................................................................... 35

6.6 Tipi di diagnosi ................................................................................................... 35

6.7 Il trattamento della tetraparesi spastica ............................................................... 36

7. La musicoterapia e tetraplegia .................................................................................. 37

7.1 Gli usi della terapia della musica ........................................................................ 38

8. Musicoterapia e canto terapia .................................................................................... 41

8.1 Gli universi relazionali ........................................................................................ 43

8.2 L’importanza della regressione ........................................................................... 45

8.3 Cantoterapia ........................................................................................................ 46

8.4 Il ruolo del Musicoterapeuta ............................................................................... 48

9. Project work ............................................................................................................... 49

9.1Musicoterapia a scuola ......................................................................................... 49

9.2 Come si svolgeva una seduta di musicoterapia .................................................. 56

10. Testi delle canzoni utilizzate durante le sedute ....................................................... 58

10.1 Giochi musicali divertenti ................................................................................. 73

11. Conclusioni .............................................................................................................. 76

12. Bibliografia .............................................................................................................. 79

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INTRODUZIONE

La battaglia che l'anima combatte2

Mi sembra utile, prima di entrare nella trattazione teorica dell’argomento, spendere

qualche parola su alcuni aspetti della mia storia personale che ne motivano la scelta e

che hanno acceso un interesse particolare per la musica in ambito scolastico.

La mia relazione con la musica è nata nell’infanzia come una grande passione, un

grande amore tra cantautori e musiche tradizionali all’estero.

Questi sono stati i luoghi di un’esplorazione da autodidatta, e non solo, nei quali la

condivisione con altri musicisti ha sempre rivestito la massima importanza, sia nel

chiuso della sala- prova, sia nelle esibizioni pubbliche dei diversi gruppi musicali di cui

ho fatto e faccio parte anche in questo periodo, per esempio del Grande gruppo

OLOGRAMMA.

2 Loredano M. Lorenzetti.

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Musiche sempre pensate per essere eseguite e condivise con altri; musiche in cui

l’arrangiamento, la composizione o l’improvvisazione, seppure contenute all’interno di

un sistema di regole piuttosto definito, rivestono grande importanza mettendo in primo

piano gli elementi dell’ascolto reciproco, della creatività personale, dello scambio e del

confronto con altri.

Queste mie esperienze hanno avuto un grande rilievo al momento dell’incontro con la

pratica musicoterapica, ed hanno contribuito a fare da ponte tra la pratica musicale e le

relazioni umane, dando senso all’ intervento con bambini e ragazzi all’interno della

scuola.

Nel corso degli anni sono venuta più volte a contatto con i problemi della scuola,

avendo modo di osservarli da diversi punti di vista: nelle scuole dell’infanzia come

insegnante, nella scuola primaria come insegnante di sostegno, con bambini e

adolescenti inseriti in comunità o in centri socio-educativi; infine come genitore.

In molte occasioni ho notato disagio e sofferenza da parte degli colleghi insegnanti, dei

bambini e delle famiglie; differenze di aspettative e spesso difficoltà di dialogo, come se

ognuno dei diversi elementi del sistema vedesse il mondo scolastico dal proprio punto

di vista, senza possibilità di confronto o di scambio.

La conoscenza diretta di un “gruppo classe” spesso mi ha fatto notare come il numero di

bambini portatori di “bisogni educativi speciali”3 sia molto più ampio di quelli per i

quali vengono attivati progetti o percorsi di sostegno, includendo “… alunni stranieri,

quelli con comportamenti devianti, con difficoltà psico-affettive, con svantaggi

relazionali, ecc.”4

In queste condizioni la quotidianità di un gruppo classe viene ad essere appesantita da

un senso di disagio, vissuto da tutti i suoi componenti, ma non ufficialmente

riconosciuto e, soprattutto, non affrontato in termini di reali interventi a favore

dell’integrazione.

Sembra che oggi la scuola sia chiamata ad assumersi un ruolo educativo in senso lato,

più di quanto non avvenisse in passato, in particolare per quanto riguarda l’acquisizione

3 Janes D., Bisogni educativi speciali e inclusione, Erickson, Trento, 2005. 4 Cajola L., Pecoraio P., Rizzo L., Musicoterapia per l’integrazione, strategie didattiche e strumenti

valutativi, Franco Angeli, Milano, 2008, p. 22.

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di modalità e regole necessarie alla quotidiana convivenza e alla socializzazione, come

se le famiglie avessero in parte abdicato a questa importante funzione.

Ascoltando, infine, lamentele e preoccupazioni dei genitori e degli insegnanti, mi

sembra di cogliere in molti di loro una discrepanza di aspettative rispetto al mondo della

scuola: luogo di custodia e di apprendimento di nozioni meccaniche e poco utili per i

primi, luogo di trasmissione di una cultura ormai poco riconosciuta per i secondi.

Negli ultimi anni la scuola, per fare fronte a queste e ad altre difficoltà, ha cominciato a

rivolgersi, oltre che alle proprie risorse interne, a diverse forme di consulenza esterna,

sia per la formazione degli insegnanti, sia per interventi diretti con gli studenti:

interventi di mediazione scolastica, di educazione alla pace e alla gestione dei conflitti,

di educazione alle emozioni, ecc..

La musicoterapia, entrata nella scuola primaria, e non solo, come “intervento

specialistico rivolto a soggetti in situazione di handicap”5 ha avuto in alcuni casi, la

possibilità di ampliare il proprio raggio di azione, proponendosi come intervento di

prevenzione primaria, finalizzando la propria azione allo sviluppo delle capacità

espressive e relazionali dei bambini, grazie alle grandi possibilità offerte dall’utilizzo di

un linguaggio non verbale e ad alto grado di simbolizzazione.

Parallelamente, questi stessi programmi didattici hanno proposto una concezione nuova

e molto più aperta della didattica musicale, stimolando una riflessione già vivace nel

mondo della pedagogia musicale e dando avvio ad una vera rivoluzione del modo di

concepire l’educazione musicale nella scuola primaria, sia che questa venisse gestita da

personale interno o affidata ad esperti esterni alla scuola.

Molti sono i progetti e le attività fiorite nel corso degli anni che condividono con la

musicoterapia, almeno parzialmente, obiettivi e strumenti, tanto che spesso è difficile,

per gli stessi operatori della scuola, distinguere tra questi diversi tipi di intervento.

D’altra parte, non credo che sia sempre necessario creare una differenziazione netta tra

questi due ambiti: si può piuttosto pensare, con maggiore aderenza alla complessità del

reale, ad un continuum di possibili interventi che utilizzano il linguaggio sonoro-

musicale, ai cui estremi si posizionano la prevenzione del disagio relazionale e

l’apprendimento del linguaggio musicale.

5 DPR 12/2/85 n.104, Approvazione dei programmi didattici per la scuola primaria.

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Sta poi alla professionalità del musicoterapista saper dosare e armonizzare questi

ingredienti, per costruire interventi il più possibile rispondenti ai bisogni che, di volta in

volta, sono espressi dagli insegnanti, dai bambini e dalle loro famiglie.

Entrare a dialogare con le molteplici dimensioni e prospettive del mondo scolastico,

impone però di individuare un modello specifico di applicazione della musicoterapia a

scuola che, proprio per la complessità del contesto, non può che essere fondato

sull’integrazione delle metodiche e dei linguaggi espressivi.

Il presente lavoro vuole essere un piccolo contributo in tale senso.

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1. ASPETTI GENERALI DELLA MUSICOTERAPIA

1.1 Cenni storici

Quando nasce la musicoterapia?

Era il 1996 quando Rolando Omar Benenzon, musicista e psichiatra argentino, istituisce

la Scuola di Musicoterapia nell’università di Buenos Aires, nella facoltà di medicina,

proprio per iniziare a diffondere la sua idea di applicare la musica nel trattamento dei

bambini affetti da autismo e psicotici.

Egli è convinto che la comprensione dell’identità sonora (detta ISO) è necessaria per

capire i processi attraverso i quali la psiche sente e ascolta i suoni e le voci che ci

circondano.

Ma la terapia della musica ha origini ben più lontane: già nel 1700 si sono trovate

testimonianze di trattati di musicoterapia, scritti dal medico/musicista Richard

Brockiesby e persino nelle religioni primitive più antiche e presso tribù (del passato e

presenti) sono molti i rituali sciamanici ad immedesimarsi nel clima della condivisione

religiosa del nucleo sociale di riferimento.

Il termine di musicoterapia è stato coniato dai greci e deriva dai termini di musikè e

therapeia.

Per musikè s'intende una rappresentazione dell'uomo in parola, suono e movimento:

per therapeia l'assistenza cura, la guarigione.

Anticamente le popolazioni attribuivano la malattia a spiriti maligni i quali dovevano

essere scacciati dal corpo e dalla mente del malato; per spaventare gli spiriti venivano

usate canzoni ritmiche accompagnate dal suono di zucche vuote e tamburi percossi.

La musica aveva diversi poteri, ad esempio per gli sciamani era il mezzo con il quale

ottenere la massima concentrazione e per intensificare la volontà di ritrovare e di

conservare il benessere fisico; i canti utilizzati a tale scopo avevano un ritmo lento ed

una intonazione monodica. La cultura greca poneva la musica al centro della vita sociale

e religiosa. I greci, infatti, ritenevano che la musica fosse la medicina dell’anima. I

ragazzi fin dalla più tenera età erano guidati nello studio della musica, dato che per i

greci un giovane oltre ad avere un aspetto fisico vigoroso doveva anche essere colto.

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Diversi filosofi dell’epoca hanno studiato gli effetti della musica sulla psiche dell’uomo.

Ad esempio Platone, ne La Repubblica afferma che alcune melodie stimolano un certo

stato d’animo: i modi Ionico (sequenza di toni e semitoni: Do Re Mi Fa Sol La Si Do) e

Lidio (sequenza di toni e semitoni: Do Re Mi Fa♯ Sol La Si Do) erano ritenuti rilassanti,

mentre il modo Misolidio (sequenza di toni e semitoni: Do Re Mi Fa Sol La Si♭ Do) era

adatto a suscitare il lamento. Platone sostiene anche che solo i modi Dorico (sequenza

di toni e semitoni: Do Re Mi♭ Fa Sol La Si♭ Do) e Frigio (sequenza di toni e semitoni:

Do Re♭ Mi♭ Fa Sol La♭ Si♭ Do) hanno una funzione educativamente positiva mentre gli

altri, Ionico, Eolio (sequenza di toni e semitoni: Do Re Mi♭ Fa Sol La♭ Si♭ Do) e Lidio,

devono essere esclusi dall’educazione dei giovani.

Secondo Aristotele l’arte dei suoni ha un potere liberatorio alleviante e catartico, di

purificazione di limitazione delle tensioni psichiche, ammettendo così l’utilità di tutti i

generi di musica. Da queste testimonianze possiamo dunque dedurre che nella cultura

greca era praticata già una qualche forma di musicoterapia.

Il primo trattato di musicoterapia risale alla prima metà del 1700 a cura di un medico

musicista londinese, Richard Brockiesby. Il suo volume fece il giro d’Europa sollevando

interesse ed anche scetticismo, ma si dovette attendere fino al XX secolo inoltrato per

poter veder nascere una vera attenzione per l’uso terapeutico della musica. Uno dei

primi medici a capire la necessità di una conoscenza molto approfondita della scienza

musicale fu S. Porgeter che la applicò con successo nella cura di certi disturbi mentali.

Il primo corso di musicoterapia si tenne nel 1919 presso la Columbia University e nel

1944, al Michigan State College, venne inaugurato il primo corso quadriennale per

specialisti in tale disciplina.

I primi esperimenti di musicoterapia in Italia furono attuati nel Real Morotrofio di

Aversa a partire dal 1843 da parte di Biagio Gioacchino Miraglia (1814 –1885,

psichiatra, poeta). Da allora ad oggi l’interesse per la musicoterapia è diventato sempre

più considerevole e numerosi sono i corsi, anche universitari, dedicati a questa

disciplina.6

6 Senza entrare nei dettagli di un discorso che sarebbe vastissimo, ricordo che la musica dei Greci si

basava sui cosiddetti ''modi ''. Essi erano una serie di scale musicali rispetto alle quali si costruiva poi tutto il sistema musicale. I modi fondamentali erano: il dorico, l'eolico, il frigio, il lidio. (Enciclopedia della musica ,1996) Marilisa Bacchiega, musicista diplomata al Conservatorio di Rovigo, è tra i primi laureati in musicoterapia. Blog della musica.

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2. DEFINIZIONI DI MUSICOTERAPIA

Dottor R. Benenzon afferma:

“Da un punto di vista scientifico, la musicoterapia è un ramo della scienza che tratta lo

studio e la ricerca del complesso suono-uomo, sia il suono musicale o no, per scoprire

gli elementi diagnostici e i metodi terapeutici ad esso inerenti. Da un punto di vista

terapeutico, la musicoterapia è una disciplina paramedica che usa il suono, la musica e il

movimento per produrre effetti regressivi e per aprire canali di comunicazione che ci

mettano in grado di iniziare il processo di preparazione e di recupero del paziente per la

società” (1981).

Nella definizione di Benenzon “la musicoterapia è una tecnica psicoterapica che

produce un vincolo, una relazione tra terapeuta e paziente o gruppo, utilizzando il corpo,

lo strumento, la musica ed il suono, finalizzata alla riabilitazione, al recupero, al

miglioramento della qualità della vita del paziente”.

Il modello si fonda su alcuni presupposti concettuali e su basi teoriche, tra cui la teoria

psicoanalitica Freudiana, la teoria dell’oggetto transizionale di D. W. Winnicott, i

concetti di comunicazione analogica e digitale di P. Watzlawick, le teorie di C. G. Jung,

la prossemica di E. Hall ed altri ancora.7

7 Benenzon R. O. – G. Wagner – V. H. De Gainza, La nuova Musicoterapia, Roma, Il Minotauro, 2006.

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2.1 Il suono può essere musicale o non

L’incontro con il linguaggio dei suoni può essere occasione di crescita culturale e

sociale per ogni bambino e, in particolare, per i bimbi diversamente abili.

L’educazione per la musica deve iniziare fin dalla nascita e rappresenta un compito delle

famiglie mentre la scuola deve sviluppare la sensibilità del bambino.

Musicoterapia, o terapia musicale, è un termine poco felice per definire questa

disciplina, poiché questa definizione ne limita la vera dimensione.

Non è solo la musica ad essere utilizzata nel processo terapeutico, ma anche il suono,

nella sua più larga accezione, e il movimento.

Il movimento, la musica e il suono sono praticamente una stessa entità; si identificano

l'uno con l'altro, sino a diventare una stessa cosa.

I suoni sono fenomeni fisici in grado di influenzare tutte le cose con cui vengono a

contatto.

Suoni di particolari frequenze, possono ad esempio rompere un vetro; mentre altri,

impercettibili all' orecchio umano, possono essere utilizzati per dare ordini ad un cane.

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Studi recenti sostengono che persino la crescita delle piante può essere influenzata dal

tipo di musica che si suona nelle vicinanze.

Se vogliamo rappresentarci visivamente la propagazione del suono, pensiamo ai cerchi

che si formano nell'acqua allorché gettiamo un sasso.

I suoni acuti sono generati da vibrazioni molto rapide, quelli bassi corrispondono a

vibrazioni lente; l'orecchio umano e' in grado di percepire suoni con una frequenza

compresa tra 30 e 20.000 vibrazioni al secondo (Hertz o Hz).

Ma dove viene elaborata esattamente la musica nel nostro cervello?

Innanzitutto dobbiamo distinguere la fase dell'udire i suoni come fenomeno periferico

legato all'orecchio e al nervo acustico, una fase del sentire che si collega soprattutto a

funzioni talamiche, dove il suono viene filtrato.

Se il talamo consente il passaggio dell'informazione, essa giunge al lobo temporale, in

centri che si trovano in prossimità di quelli del linguaggio (l'area di Broca), e qui si

verifica finalmente il processo dell'ascoltare, con un coinvolgimento globale del nostro

sistema nervoso e delle funzioni psichiche ad esso connesse.

Si dice che il suono musicale viene cioè intellettualizzato.

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2.2 Il concetto di ''processo'' o del contesto non verbale8

Il modello Benenzon prevede l’instaurarsi della relazione tra terapista e paziente

attraverso l’applicazione attiva della tecnica musicoterapica e l’uso del canale non

verbale, sonoro-corporeo-musicale.

L’obiettivo è l’acquisizione da parte del paziente di nuove modalità di comunicazione

che lo aiutino a migliorare la sua qualità di vita.

La comunicazione analogica (non verbale), è fatta di gesti, posizioni, espressioni

facciali, inflessioni della voce, linguaggio sonoro, musicale, odore, colore, vibrazioni,

temperatura, gusto…

Essa non può esistere con uno solo di questi elementi, ma si attua attraverso il sistema

percettivo globale con la partecipazione di tutti i sensi.

Attraverso il sistema percettivo, l’essere umano può così riconoscere il mondo che lo

circonda, il suo contorno, il suo ambiente e l’altro essere umano con il quale è portato

8 http://www.agnesedonini.it/

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naturalmente a mettersi in comunicazione.

Il contesto non verbale, inoltre, limita la messa in atto di meccanismi di difesa

favorendo la possibilità, per il musicoterapista, di utilizzare suoni e stimoli atti a

produrre uno stato di regressione nel paziente, necessario a volte, per poter lavorare in

modo più efficace.9

9 R. O. Benenzon, ''Manuale di musicoterapia'', pp. 13-22.

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3. MODELLI DI MUSICOTERAPIA

A tutt'oggi possiamo distinguere due indirizzi generali nel modo di utilizzare le tecniche

della musicoterapia, da cui discendono a lavoro numerosi modelli.

Musicoterapia Ricettiva: basata sull' ascolto dei brani musicali con l'ausilio di

percezione, immaginazione ed elaborazione relativa alla musica proposta. Essa si

basa fondamentalmente sulla constatazione che musica, suoni e rumori sollecitano

una risposta emotiva nelle persone, evocano ricordi, stimolano la produzione di

immagini mentali: in effetti, esistono nel nostro cervello connessioni tra i centri

recettivi dei suoni e i centri deputati all'elaborazione delle emozioni.

Musicoterapia attiva: in cui il musicoterapista e il paziente interagiscono tra loro

improvvisando, cioè producendo direttamente dei suoni con degli strumenti musicali,

con la voce o il proprio corpo (usando cioè una parte del proprio corpo come una

fonte sonora, ad esempio, percuotendosi le guance o le cosce con le mani) e

influenzandosi l'un l'altro. Questo tipo di musicoterapia mette dunque al centro la

relazione tra musicoterapista e paziente; non è soltanto la musica in sé ad essere

importante per la cura della persona ma altresì il movimento, l'imitazione dei gesti

del terapista, il dialogo (sonoro) che si instaura o meno tra i due.

Durante il IX Congresso Mondiale di Musicoterapia tenendosi a Washington nel

Novembre 1999 sono stati riconosciuti cinque modelli di musicoterapia, di cui i primi

due sono di tipo ricettivo e gli altri tre di tipo attivo:

1. Musicoterapia d'Immaginazione Guidata (GIM) di H. Bonny.

2. Musicoterapia Comportamentistica di C. Madsen.

3. Musicoterapia Creativa di Nordoff-Robbins

4. Musicoterapia Analitica di M. Priestley.

5. Musicoterapia secondo il modello di R. Benenzon.

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3.1. Il modello Benenzon

Questo modello è stato costruito dal Dottor Rolando Omar Benenzon, Medico

Psichiatra della Facoltà di Medicina dell'Università di Buenos Aires, musicista e

compositore, considerato uno dei massimi esperti a livello mondiale dell'applicazione

della musicoterapia nei casi di autismo, di pazienti in coma e nel morbo di Alzheimer.

Il concetto fondamentale su cui si basa questo modello è quello di ''ISO'' (Identità

Sonora), concetto in ogni caso valido per qualsiasi approccio musicoterapico.

Secondo l'autore l'ISO è un insieme infinito di energie sonore, acustiche e di movimento

che appartengono a un individuo e che lo caratterizzano'' (Benenzon et al., 1997).

Questo flusso interno di energie deriva dall'eredità sonora del soggetto: dalle esperienze

intrauterine del periodo gestazionale alle esperienze sonore fatte dalla nascita in poi.

L'ISO non è un insieme di sensazioni elementari, ma una sensazione globale.

È il tempo mentale dell'uomo, l'immagine sonora che lo identifica (Halpern e

Savary,1991). Secondo Benenzon, nell'inconscio umano c'è un moto continuo di energie

che tendono a scaricarsi e che fluttuano liberamente in uno spazio atemporale. In base a

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ciò, l'autore ritiene che nell'inconscio le energie sonore formino ''L'ISO'' universale e

''L'ISO gestaltico''.

Il primo include le energie sonore di base ereditate da millenni: il secondo quelle che si

producono a partire dal concepimento di ogni individuo e che possono influenzare o

modificare l'ISO universale.

Una volta che le energie si ''scaricano'' passano a livello preconscio, dove l'esperienza si

storicizza e compare la temporalità. A questo punto Benenzon introduce il concetto di

''ISO culturale'',formato da flussi di energie sonoro-musicali formatisi a partire dalla

nascita e dal momento in cui il soggetto riceve gli stimoli sonori provenienti

dall'ambiente circostante.10 11

3.2. Il modello Orff

Carl Orff (Monaco di Baviera, 1895-1982) è stato un compositore tedesco, famoso

principalmente per i Carmina Burana (1937) e per i Catulli Carmina (1943).

Essendosi occupato intensamente anche di pedagogia e didattica, ha influenzato

profondamente, attraverso lo Orff-Schulwerk, l'educazione musicale.12

L’Orff-Schulwerk è una metodologia di insegnamento della musica che nasce da una

serie di esperienze didattiche nate dal compositore Tedesco Carl Orff nei primi anni

trenta.

Il metodo Orff tiene in particolare considerazione il fattore ritmico nella sua totalità,

quindi la sua importanza nel movimento, nella voce e nella musica strumentale.

Attraverso le sperimentazioni effettuate da Orff possiamo conoscere le caratteristiche

fondamentali ovvero la ricerca dell’elementarità e la metodologia pratica.

Musica elementare è musica a misura di bambino, comprensibile e accessibile attraverso

l’utilizzo della scala pentatonica (ad esempio Do Re Mi Sol La).

Per quanto riguarda la metodologia, Orff propose indicazioni e dati per poi classificare e

interpretare, invece di imporle come teorie; d’altronde, come diceva Orff:

10 Rolando Benenzon, medico, psichiatra e musicoterapeuta argentino. 11 Alvin J., La musica come terapia, Roma, Armando, 1968; Bassoli F. – R. Frison, L’arte del Gorago. Un

modello sistemico-relazionale per la riabilitazione psichiatrica. Esperienze di terapia con la famiglia, terapia di gruppo e musicoterapia, Milano, Franco Angeli, 1998.

12 Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

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« la musica per bambini nasce lavorando con i bambini e questo metodo vuole essere

stimolo per un proseguimento creativo autonomo; infatti esso non è definitivo, ma in

continua evoluzione ».

Ecco un esempio di strumentario Orff:

STRUMENTI A PERCUSSIONE

tamburi (di ogni tipo e dimensione)

legnetti

sonagli

maracas

triangoli

wood-block

piatti

campanacci

nacchere

STRUMENTI MELODICI

metallofoni

xilofoni

piastre sonore

campanelle intonate

tuboing

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L’unione di musica, parola e movimento è l’idea-cardine del metodo Orff che si muove

in una dimensione aperta dell’improvvisazione grazie anche all’ utilizzo dello

strumentario a percussione che d’allora in poi è noto in tutto il mondo come

strumentario Orff, costituito da strumenti a portata di bambino ridotti in scala ma fedeli

a quelli originali per quanto riguarda il suono.

Con il metodo Orff oggi si ha il mezzo attraverso il quale il bambino si avvicina alla

musica “facendola direttamente”, usando mezzi da lui conosciuti e venendo

incoraggiato a trovare un nuovo accesso a nuove esperienze musicali, sollecitando

soprattutto la sua fantasia.

Nello stesso tempo viene sviluppata la sua formazione, generale, individuale e sociale:

coordinazione motoria, fantasia, senso critico, inserimento nel gruppo, confronto non

competitivo.

3.3 La musicoterapia Benenzoniana è basata sul concetto di relazione

Essa avviene tra paziente/i e musicoterapista (e un eventuale co-terapista) e si instaura

in un contesto non verbale nel quale l’atteggiamento dovrebbe essere aperto

all’osservazione ed all’ascolto del paziente, permettendogli di trovare uno spazio nel

quale esprimersi ed essere contenuto.

Nel contesto non-verbale il sistema percettivo del paziente viene stimolato da codici di

comunicazione alternativa alla parola quali linguaggio corporeo, sonoro, musicale e da

stimoli tattili, visivi e percettivi: l’obiettivo è il miglioramento dei processi comunicativi

e relazionali del paziente.

Il suono, la musica, il movimento e l’improvvisazione vengono utilizzati per creare

effetti regressivi e catartici al fine di avviare processi diagnostici e di cambiamento che

prendano in considerazione la relazione tra l’uomo ed il suono.

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4. PRINCIPI DELLA MUSICOTERAPIA13

La musicoterapia in quanto metodologia e tecnica d'applicazione clinica si basa sui due

seguenti principi:

- il principio dell'ISO

- l'oggetto intermediario

Questi due principi non sono appannaggio esclusivo della musicoterapia, poiché

possono essere alla base di altre tecniche cliniche non-verbali.

Tuttavia essi assumono, in musicoterapia caratteristiche particolari che gli distinguono.

Le parole chiave della musicoterapia benenzoniana sono:

ISO, SETTING e G.O.S.

13 Benenzon R. O. – L. Casiglio – M. E. D’ulisse, Musicoterapia e professione tra teoria e pratica, Roma,

Il Minotauro, 2005.

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4.1 Il principio dell’ISO

Identità Sonoro musicale, rappresenta il vissuto sonoro di ogni individuo.

È un concetto dinamico e storico al tempo stesso.

Esso ha come caratteristica quella di essere infinito, come lo è l’inconscio, verso

l’interno, mentre è definito verso l’esterno, poiché l’altro soggetto della relazione

reagirà con un feedback alla comunicazione attivata dall’incontro con l’ISO dell’altro.

È possibile distinguere diversi tipi di ISO:

- universale, inconscio, comprensivo dei suoni regressivo-genetici come battito

cardiaco, respirazione, voce materna;

- gestaltico, inconscio, cioè il vissuto sonoro dalla nascita all’età attuale;

- culturale, pre-conscio, corrispondente all’identità etnica di ogni individuo;

- gruppale, cioè l’identità sonoro-musicale che si sviluppa all’interno di un gruppo;

- complementare, preconscio, comprendente l’insieme dei quotidiani accomodamenti

dell’ISO culturale e gestaltico.

4.2 Il Setting

La musicoterapia utilizza il termine setting dal significato con cui si utilizza

tradizionalmente in psicoanalisi: un contesto spazio-temporale vincolato da regole che

determinano ruoli e funzioni (del terapeuta e del paziente, ma anche eventualmente dei

parenti del paziente ecc) in modo da poter analizzare il significato affettivo dei vissuti

del paziente in una situazione specificatamente costruita a questo fine.

Il setting è l’insieme delle regole di riferimento del percorso di musicoterapia incluso

uno spazio ben strutturato, con caratteristiche precise ed elementi definiti, all’interno del

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quale avviene la seduta e nel quale il paziente dovrebbe sentirsi contenuto.

Il setting benenzoniano deve essere di dimensioni sufficientemente grandi da permettere

il movimento, senza però creare un senso di dispersione, deve avere una limitata

quantità di stimoli che possano distogliere l’attenzione dalla seduta e sufficientemente

isolato da suoni esterni. Eventuali oggetti pericolosi, come lampade e armadi, devono

inoltre essere messi in sicurezza.

Normalmente il setting è costituito da una stanza-studio anche se, in alcuni casi, può

essere stabilito all'aperto e anche nell'acqua.

La stanza deve essere isolata acusticamente poiché ogni intromissione di suoni

interferirebbe con il processo di comunicazione; deve avere una grandezza

approssimativamente di cinque metri per cinque; il pavimento deve essere in legno al

fine di permettere la trasmissione delle vibrazioni e anche le pareti devono essere

ricoperte fino a metà dello stesso materiale.

I setting naturali hanno a loro volta dei lati positivi.

La terra, con le sue imperfezioni, fornisce degli stimoli grazie alla sua conformazione, al

suo colore, alla sua temperatura, alla sua stessa energia; inoltre lo spazio non ha limiti.

Si ritiene addirittura che l'acqua sia l'ambiente naturale più stimolante in un contesto di

musicoterapia, in quanto crea una condizione che ricorda quella fetale. È stato osservato

per esempio che nell'acqua alcuni soggetti, in particolare gli autistici, riescono a

guardare negli occhi le altre persone, ad accettare il contatto corporeo e ad eseguire le

conseguenze (Benenzon et al. 1997).

L'acqua offre la possibilità di esplorare ed aprire canali di comunicazione pre-verbali e

rinforza le spontanee esperienze motorie che il paziente vive a contatto con essa. Inoltre,

l'acqua possiede una multiformità di suoni e, di conseguenza, la terapia svolta in questo

ambiente non necessita dell'uso di altri strumenti (Baron Guinazu 1985).

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4.3 Il G.O.S.

Gruppo Operativo Strumentale, è costituito da tutti gli strumenti sonoro-musicali dei

quali il musicoterapista fa uso all’interno della seduta per comunicare con il paziente.

Qui troviamo gli strumenti Orff integrati da una serie di oggetti di varia natura, forma e

materiale che risultino utili per il lavoro terapico.

Caratteristica primaria degli strumenti è che siano di facile utilizzo.

L’uso degli strumenti, infatti, non ha alcune fine estetico, ma serve ad approfondire la

relazione tra paziente/i e musicoterapista.

4.4 Benenzon classifica gli strumenti secondo le modalità con le quali sono usati:

sperimentale, è l’oggetto verso cui il paziente sperimenta una percezione;

catartico, permette di scaricare una tensione;

difensivo, permette di occultare tensioni interne;

incistato, è usato secondo stereotipie e non finalizzato alla comunicazione;

intermediario, permette la comunicazione tra due individui;

integratore, permette la comunicazione integrando più individui.

Gli strumenti possono essere usati in maniera convenzionale o non convenzionale.

Il musicoterapista “gestisce l’ascolto e l’espressione dei codici della comunicazione non

verbale”14 e ha il compito di osservare, percepire e contenere il paziente. Si occupa

della gestione della seduta, predeterminandone i tempi e strutturando una modalità di

intervento.

È deputato a osservare il transfert del paziente, rispondendo con un proprio contro-

transfert, elaborato attraverso gli strumenti.

Può essere affiancato da un collega co-terapista o da un altro terapeuta della salute, che

avrà la funzione di sostenerlo e aiutarlo nella seduta. Il lavoro in coppia terapeutica

14 Benenzon – Wagner - De Gainza, 2006, p. 99.

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permette una maggiore riflessione sulle sedute e sul processo terapeutico, oltre che sul

transfert ed il controtransfert.

Aiuta inoltre ad evitare un possibile burn-out.15

15 Bruscia K. E., Definire la musicoterapia, Roma, Ismez, 1993.

Bruscia K. E., Modelli d’improvvisazione in musicoterapia, Roma, Gli Archetti, 1987. Ezzu A. – R. Messaglia, Introduzione alla Musicoterapia, Torino, Musica Pratica, 2006. Galimberti U., Enciclopedia di psicologia, Torino, Utet, 2006. Lorenzetti L. M., Dalla educazione musicale alla musicoterapia, Padova, Zanibon, 1989. Manarolo G., Manuale di Musicoterapia, Torino, Cosmopolis, 2006. Zucchini G. L., Animazione e disadattamento. La musica come terapia, Rimini – Firenze, Guaraldi editore, 1976.

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5. LA SEDUTA DI MUSICOTERAPIA

SECONDO BENENZON16

“La musicoterapia è una tecnica psicoterapica, che utilizza il suono, la musica, il

movimento e gli strumenti corporei, sonori e musicali per determinare un processo

storico di vincolo, tra il terapeuta e il suo paziente o gruppi di pazienti, con l’obiettivo

di migliorare la qualità della vita e di riabilitare e recuperare i pazienti per la società”.17

Come si crea questo vincolo tramite la musica e il suono? Secondo Benenzon, gli

strumenti musicali ed i suoni che essi emettono fungono da “oggetti intermediari”. Un

“oggetto intermediario” è uno strumento di comunicazione capace di agire

terapeuticamente sul paziente all’interno della relazione, capace di consentire il

passaggio di energia comunicativa tra questo e il musicoterapeuta, senza dar vita a stati

di allarme.

Le caratteristiche dell’oggetto intermediario sono le seguenti: è innocuo (non

allarmante), permette la comunicazione sostituendosi al legame e mantenendo la

distanza; si adatta bene ai bisogni del soggetto, consente una relazione intima poiché il

soggetto può identificarlo con sé stesso, può essere utilizzato come prolungamento di sé

e può essere riconosciuto immediatamente.

La scelta dell’oggetto intermediario sarà in funzione principalmente degli ISO della

madre, poiché, il primo oggetto intermediario è il corpo stesso della madre, con le sue

carezze, la sua voce. Viene detto perciò “oggetto intermediario corporale”.

Successivamente, quando il neonato è divenuto lattante, la madre utilizzerà oggetti

inanimati, come ad esempio un sonaglio, che fungano da prolungamento del suo corpo;

l’oggetto si svincola così dal corpo della madre ed inizia ad entrare in relazione con

l’ISO Gestaltico, Universale e Culturale, assumendo le caratteristiche individuali.

Infine, quando l’individuo entra in contatto, da un lato con gli ISO in interazione con il

padre, dall’altro, con la società, l’oggetto intermediario perde le caratteristiche

individuali e si carica di caratteristiche culturali, avvicinandosi sempre di più agli 16 R. O. Benenzon, ''Manuale di musicoterapia'', p. 87. 17 Benenzon, 2011.

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oggetti sociali (gli strumenti musicali). Nel processo musicoterapeutico, il fine è quello

di procedere a ritroso, partendo dall’oggetto intermediario di quest’ultima fase e

andando verso quello della fase originaria.

Le sedute di musicoterapia costituiscono la parte attiva e terapeutica del trattamento.

A questo punto il musicoterapeuta dispiegherà tutta la propria capacità d'elaborazione

dei pensieri non-verbali, di echi, di risonanze, di vibrazioni, la propria capacità di

scoperta dell'ISO del paziente e la sua abilità nell'impiego degli oggetti intermediari e

integratori.

Una seduta di musicoterapia comporta implicitamente tre fasi, anche se non sempre

specificamente codificate.

5.1 Prima fase

Riscaldamento e catarsi; in musicoterapia in questa fase iniziale, si ottiene una scarica di

tensione simultanea al riscaldamento: per questo si parla di catarsi, che è molto

agevolata dalla presenza dello strumento, in quanto questo consente la canalizzazione di

energie fisiche e psichiche trattenute.

5.2 Seconda fase

È definita, invece, “percezione e osservazione dell’esame non verbale”, in cui il

musicoterapeuta cerca di entrare in contatto con l’ISO del paziente, elaborando

un’ipotesi sul suo ISO Complementare, ossia la fluttuazione momentanea dell’ISO

Gestaltico, in risposta di circostanze ambientali specifiche, in questo caso, la seduta di

musicoterapia.

Tutto ciò al fine di aprire un canale di comunicazione tra terapeuta e paziente: gli ISO

del musicoterapeuta entrano in contatto con quelli del paziente, ed il suo compito sarà

quello di discriminare tra il proprio ISO e quello del paziente e sintonizzarsi con l’ISO

Complementare e Gestaltico di quest’ultimo.

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5.3 Terza fase

Dalla sintonizzazione degli ISO deriverà un dialogo, motivo per cui, la terza fase è

detta “dialogo sonoro”.

In quest’ultima fase, il canale di comunicazione è stabilito e costituisce il punto centrale

della seduta: qui il paziente rivive situazioni inconsce che lo porteranno a ricostruire la

sua dinamica interna, recuperando informazioni importanti per lui. Una seduta nella

quale si sia ottenuto il dialogo sonore è facile a terminarsi, quando non vi si aggiunge,

invece, il musicoterapeuta trova difficoltà.18

18 R. O. Benenzon, ''Manuale di Musicoterapia'', pp. 100-103.

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6. TETRAPLEGIA

La tetraplegia o quadriplegia è una paralisi del torso e di tutti e quattro gli arti

conseguente ad un trauma o ad una malattia.

Si distingue dalla paraplegia che coinvolge solamente gli arti inferiori.

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6.1 Definizione

La tetraparesi spastica è la paralisi parziale dei quattro arti dovuta ad una lesione

encefalica localizzata nel sistema piramidale (parte dell’encefalo da cui partono gli

impulsi necessari alla funzione motoria). È la forma più grave di paralisi cerebrale.

Allo stesso modo che negli altri tipi di paralisi cerebrale spastica, la tetraparesi spastica

è caratterizzata da rigidità o contrazione permanente della muscolatura interessata.

Tuttavia, la gravità della condizione può variare da bambino a bambino. I soggetti con

tetraparesi spastica moderata possono essere in grado, ad esempio, di sedersi da soli e di

camminare percorrendo brevi distanze. Invece, quelli affetti da forme di tetraparesi più

gravi tendono ad avere grandi difficoltà a svolgere ogni attività della vita quotidiana.

6.2 Sintomi

Nelle forme di tetraparesi spastica, il disturbo motorio interessa in eguale misura gli arti

inferiori e superiori e si manifesta generalmente fin dalla nascita. Lo sviluppo posturo-

motorio presenta un ritardo importante. I sintomi della tetraparesi includono:

difficoltà od impossibilità di comunicare (disartria – anartria);

disturbi visivi (agnosia visiva, paralisi dello sguardo, strabismo, riduzione

dell’acuità visiva, ecc.);

disturbi della funzione uditiva;

epilessia (spasmi infantili, sindrome di Lennox-Gastaut, ecc.);

disturbo cognitivo;

contratture muscolari diffuse e deformità articolari.19

19 Assetto del rachide.

Rachide lombare-FKT È la parte inferiore della nostra schiena, struttura complessa posta tra la parte dorsale della colonna vertebrale e il bacino, su cui poggia. Comprende: – cinque vertebre lombari: sono cinque ossa poste una sull'altra formanti un pilastro (mobile) a funzione di sostegno. fkt.it/rachide-lombare/

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6.3 Cause

La tetraparesi spastica è causata da un esteso danno encefalico provocato da lesioni

subite in epoca pre, peri o neonatale o da malformazioni congenite dell’encefalo.

Tra la 26ª e la 34ª settimana di gravidanza, inoltre, la sostanza bianca dell’encefalo del

bambino è particolarmente suscettibile a subire danni. La tetraparesi spastica può essere

infatti causata da20 la leucomalacia periventricolare è il rammollimento patologico della

sostanza cerebrale, cioè di una parte dell'encefalo funzionale alla trasmissione degli

impulsi nervosi. una lesione, appunto, della sostanza bianca cerebrale.21

Il feto può anche essere colpito da ictus provocati da grumi di sangue della placenta che

ostruiscano il flusso sanguigno o da malformazioni dei vasi sanguigni dell’encefalo.

L’ictus fetale determina un’emorragia nell’encefalo del feto la quale, a sua volta,

provoca lesioni all’encefalo stesso.

Anche lo stato di salute della mamma può incidere sulla salute del bambino. I figli di

madri aventi alta pressione sanguigna durante la gravidanza sono soggetti ad alto rischio

di ictus; l’alta pressione sanguigna materna costituisce un fattore di rischio comune e

come tale deve essere attentamente monitorato al fine di salvaguardare la salute sia del

bambino che della mamma. Anche le infezioni materne, in particolare i disordini

infiammatori pelvici, possono causare ictus.

La Infezioni virali materne possono infettare l’utero della placenta. In risposta

all’infezione, si verifica un aumento di cellule di anticorpi, detti citochine, le quali

producono infiammazione. L’infiammazione, tuttavia, pur essendo volta a combattere

l’infezione, può anche danneggiare l’encefalo del bambino.

Soprattutto la mancanza di ossigeno nell’encefalo del bambino (asfissia) può causare

danni devastanti. L’asfissia può verificarsi, durante la gravidanza ed il parto, in seguito

ai seguenti eventi:

rottura prematura delle membrane

rottura dell’utero

emorragie cerebrali

idrocefalo

parto indotto con ossitocina 20 La leucomalacia periventricolare. 21 Wikipedia libera enciclopedia.

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lesioni del cordone ombelicale e della placenta

bassa pressione sanguigna della mamma

parto oltre termine

macrosomia

aspirazione di meconio

ittero

travaglio prolungato

corioamnionite e villite

ipoglicemia neonatale

infezioni materne

Le situazioni sopra descritte devono essere prevenute e, in ogni caso, tempestivamente

diagnosticate e trattate al fine di evitare che possano determinare al bambino danni

irreversibili. Il battito cardiaco del bambino, in presenza di fattori di rischio, deve essere

costantemente monitorato al fine di rilevare la sofferenza fetale, indice di mancanza di

ossigeno al cervello. In tal caso è necessario provvedere con urgenza ad effettuare il

parto cesareo.

6.4 Condizioni associate

La tetraparesi spastica, interessando l’intero corpo del soggetto affetto, può comportare

diversi tipi di deformazione degli arti. La tensione dei muscoli affetti da spasticità sulle

ossa può comportare seri problemi. Circa un quarto dei pazienti con paralisi cerebrale

sviluppano scoliosi ed i soggetti affetti da tetraparesi spastica sono particolarmente

predisposti a tale tipo di deformazione della spina dorsale. La scoliosi, peraltro, aggrava

le difficoltà di deambulazione dei soggetti affetti da tetraparesi spastica.

Nei soggetti con tetraparesi spastica sono molto diffuse anche le deformità dei piedi.

L’anca equina, una condizione in cui la flessibilità dell’anca è limitata e la persona

cammina sulle punte dei piedi, può essere presente.

Inoltre, il soggetto affetto da tetraparesi spastica può avere grandi difficoltà di

deglutizione (disfagia). Ciò può comportargli non solo difficoltà nella nutrizione ma

anche difficoltà respiratorie nel caso in cui il cibo venga aspirato.

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6.5 Età e diagnosi

La tetraparesi spastica viene normalmente diagnosticata durante l’infanzia nel momento

in cui il medico e i genitori notano un significativo ritardo dello sviluppo del bambino.

Alcuni bambini con tetraparesi spastica possono essere colpiti da episodi convulsivi

prima di giungere al sesto mese di età. È possibile, tuttavia, che alcuni soggetti affetti

dalla condizione non siano mai colpiti da convulsioni.

6.6 Tipi di diagnosi

La diagnosi di tetraparesi spastica avviene, normalmente, prima del secondo anno di età

del bambino. Nei casi moderati, lo specialista potrebbe non riuscire a diagnosticare la

condizione prima del quarto o quinto anno di età del bambino. Il soggetto affetto da

tetraparesi spastica ha maggiori probabilità di raggiungere un certo livello di

indipendenza motoria se la diagnosi viene effettuata presto. Alcuni tipi di paralisi

cerebrale spastica possono presentarsi come disordini metabolici. È necessario, quindi,

effettuare esami adeguati al fine di escludere dalle cause fattori metabolici.

La diagnosi di paralisi cerebrale spastica viene normalmente effettuata con esami per

immagini quali:

Ultrasuoni

Ultrasuoni costituiscono il metodo diagnostico non invasivo. Tuttavia, non sono in

grado di individuare cambiamenti nella sostanza bianca dell’encefalo. Per questa

ragione, non possono essere considerati il metodo diagnostico più accurato.

TAC

La TAC (tomografia assiale computerizzata), sfrutta i raggi x per generare immagini che

consentono allo specialista di individuare il danno presente dell’encefalo del paziente.

Risonanza magnetica

La risonanza magnetica combina l’uso di onde radio, campi magnetici e computer al

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fine di creare un’immagine dell’encefalo del paziente. Tale immagine è più dettagliata

di quella ottenuta attraverso la TAC. Ciò rende la risonanza magnetica l’esame più

appropriato al fine di diagnosticare la lesione encefalica alla base della tetraparesi

spastica.

Attraverso la TAC e la RMN è possibile individuare lesioni encefaliche anche molto

piccole. Tuttavia, abbastanza frequentemente, sia la TAC che la risonanza magnetica

possono risultare negative nonostante la presenza di espliciti segni di ordine

neurologico. Di conseguenza, è sempre necessaria una valutazione clinica che, se

effettuata da persone di esperienza, può essere la sola in grado di evidenziare una

condizione di sofferenza del SNC e di valutarne la gravità ed approssimativamente

anche la prognosi (previsione del probabile andamento della malattia).

6.7 Il trattamento della tetraparesi spastica

Il miglioramento della motricità del paziente costituisce l’obiettivo principale del

trattamento per la tetraparesi spastica.

Sebbene per la tetraparesi spastica non esiste una cura, la vita del paziente può essere

resa più facile attraverso la combinazione di vari tipi di trattamento.

Allo stesso modo che per le altre forme di paralisi cerebrale, la tetraparesi spastica viene

sempre trattata mediante fisioterapia. L’obiettivo della fisioterapia è quello di rafforzare

gli arti e prevenire contratture (una condizione in cui i muscoli diventano tesi a tal punto

da piegare e deformare gli arti).

Anche la cura farmacologica è utilizzata al fine di ridurre la spasticità nella tetraparesi

spastica.

Farmaci possono essere utilizzati anche per controllare le convulsioni che a volte sono

associate alla condizione menomativa.

A volte anche la chirurgia può essere utilizzata al fine di correggere deformità degli arti

e consentire al paziente di muoversi più facilmente.

Infine, la terapia del linguaggio e le tecnologie assistive possono aiutare il bambino ad

integrarsi nelle attività famigliari e scolastiche.22

22 www.paralisi-cerebrale-infantile.it/.../tipi/tetraparesi-spastica-e-tetraplegia-spastica/

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7. LA MUSICOTERAPIA E TETRAPLEGIA

Scopo della musicoterapia non è una rimozione totale delle cause che hanno generato le

patologie o le situazioni di disagio, ma quello di migliorare la qualità della vita delle

persone, di sviluppare le loro qualità e risorse, in una parola di far crescere.

In quest'ottica si può affermare che la musicoterapia è in realtà usata molto più spesso

come insieme di tecniche atte alla prevenzione ed alla riabilitazione che non alla terapia.

In primo luogo, la musicoterapia permette di comprendere meglio il funzionamento

e lo studio della motricità (analisi funzionale dell'handicap).

La relazione costruita con la musica permette di esplorare il modo di essere di una

persona, i suoi processi cognitivi ed affettivi, offrendo così la possibilità di

instaurare una relazione significativa.

La musicoterapia facilita l'espressione di vissuti emozionali e la loro regolazione e

pertanto sostiene un processo di sviluppo psicomotorio (per fare un esempio, il

parametro della motricità può essere studiato per valutare se un atteggiamento

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stereotipato è espresso con un tono muscolare teso o rilassato).

Attraverso la musicoterapia si può lavorare sul piano cognitivo assistendo ad

assimilazioni e accomodamenti verificabili a breve e a lungo termine.

Dato che la musica suscita emozioni, la delicatezza e la profondità degli affetti

messi in gioco nella relazione musicoterapica devono sempre essere tenuti in conto

dal riabilitatore.

Tali affetti non consentono infatti di attivare percorsi riabilitativi in assenza di una

progettualità e di obiettivi rigorosamente definiti.

7.1 Gli usi della terapia della musica

L’uso attivo e passivo della terapia basata sulla musica trova diversi campi

d’applicazione: suonando uno strumento o ascoltarne il suono risulta essere utile

soprattutto nella riabilitazione neurologica che in quella psichiatrica.

Nei casi di autismo, ritardo mentale, Alzheimer, psicosi, disturbi dell’alimentazione,

dell’umore, del linguaggio,23 e disabilità fisiche gravi o croniche la musica diventa una

terapia importante che ha dato ottimi risultati sui pazienti.

Inoltre, allevia molti dei sintomi di malattie psicosomatiche quali ad esempio la

sindrome da dolore cronico, chiamata fibromialgia, che porta a stati di ansia e

depressione chi ne è affetto.

Uno studio spagnolo ha riscontrato un aumento della qualità della vita in seguito alla

musicoterapia applicata a pazienti affetti da questa patologia, confermando ancora il

potere terapeutico della musica.

Nei casi di trauma cranico, ischemia, emorragia, la musicoterapia è indicata qualora il

paziente sia affetto da afasia, ovvero incapacità di articolare parole e suoni: il soggetto,

considerato come parte attiva della terapia, instaura un rapporto molto stretto sia con

essa che con il musicoterapeuta, che a sua volta adatta la terapia al singolo soggetto.

La musica dà la possibilità di esprimere il proprio io anche nel caso in cui non si riesca

23 Sindrome di Down.

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a comunicare con il resto del mondo, come per chi soffre di autismo, che tende a

chiudersi nel suo mondo interiore e rifiuta ogni contatto esterno.

La musica riesce invece a fare breccia nelle barriere di difesa e permette di iniziare un

processo di apertura e quindi di guarigione.24

Esistono diverse scuole in cui la musica viene usata come terapia e ognuna si differenzia

in base alla strategia utilizzata:

le scuole a tendenza somatica si occupano del singolo paziente, quelle a tendenza

psicosomatica trattano invece anche i gruppi e persone con disabilità mentali riguardanti

l’aspetto cognitivo, motorio, espressivo e dell’apprendimento. Infine, le scuole a

tendenza psicoanalitica mirano a ricostituire la socialità del singolo all’interno dei

gruppi.

L’effetto Mozart nella terapia con la musica

I giornali diffusero la notizia che l’ascolto della musica composta da Mozart fosse

d’aiuto in diverse fasi della vita dell’individuo: nel ventre materno essa stimola il feto a

mobilità e intelligenza mentre un esperimento del 1997 ha dimostrato un fenomeno

molto interessante. La Sonata in re maggiore per due pianoforti di Mozart è in grado di

migliorare notevolmente le capacità spaziali dei soggetti che l’ascoltano. Anche

nell’università del Wisconsin si è riprodotto questo tipo di esperimento, che ha mostrato

esattamente gli stessi risultati sui soggetti. In realtà con l’espressione Effetto Mozart si

indica l’effetto terapeutico della musica sulla psiche dei soggetti, riscontrati in più di

un’occasione come il trattamento dell’epilessia, i cui attacchi diminuiscono

notevolmente grazie all’ascolto delle sinfonie più importanti.

In attesa che la musicoterapia diventi disciplina e tecnica riabilitativa riconosciuta

ufficialmente, non ci resta che godere dei suoi effetti rilassanti e piacevoli al di là di

tutte le polemiche.25

24 La sindrome di Down (DS: dall'inglese Down's syndrome), detta anche trisomia 21 o, in passato,

mongoloidismo, è una condizione cromosomica causata dalla presenza di una terza copia (o una sua parte) del cromosoma 21. La sindrome di Down è la più comune anomalia cromosomica nell'uomo, solitamente associata ad un ritardo nella capacità cognitiva e nella crescita fisica, oltre che ad un particolare insieme di caratteristiche del viso. wikipedia libera enciclopedia

25 Dr. Alfred A. Tomatis (1920-2001) Uno dei maggiori studiosi del suono dal punto di vista medico, Alfred Tomatis, dichiara che "Mozart è un’ottima madre, provoca il maggior effetto curativo sul corpo umano". Lo ‘effetto Mozart’ riesce ad agire essenzialmente come tecnica psicologica nella

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modificazione di problemi emotivi e può modificare le varie patologie di cui è affetto l’essere umano: è un’eccellente tecnica di comunicazione ma anche un aiuto ad altre tecniche terapeutiche. La World Federation Music Therapy – WFMT è un’organizzazione che dal 1985 si dedica a far conoscere la musicoterapia a livello mondiale, mostrando di essere una cura riconosciuta a tutti gli effetti.

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8. MUSICOTERAPIA E CANTO TERAPIA

Il canto può essere considerato una forma di autoterapia, infatti tutti conosciamo il

vecchio detto “canta che ti passa”.

Il canto porta benessere, se siamo tristi, cantiamo e la tristezza un po’ se ne va; il

canto ci porta in contatto con le nostre emozioni, se ascoltiamo una vecchia canzone, ci

vengono in mente vecchi ricordi; quando cantiamo, ci capita di immedesimarci nel

contenuto e di dare patos alla nostra interpretazione. Sono molteplici le ricerche che

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dimostrano come il canto porti alla secrezione di endorfine che creano benessere e

rilassamento nel nostro corpo. Grazie all’uso del diaframma, il canto provoca

un allentamento della tensione muscolare; scatena l’aumento di produzione di

analgesici endogeni, come le catecolamine, da parte del sistema nervoso; affina il

funzionamento del sistema immunitario migliorando lo stato generale di salute

dell’individuo.

Il percorso intrapreso da me con la G. si è basato sul modello musicoterapico della

Dott.ssa Mirella De Fonzo psicologa, docente di Psicologia negli anni Settanta

all’Università di Catania. Negli anni ottanta scrive per enciclopedie e pubblica una serie

di recensioni di critica d’arte, che abbandona però per la ricerca terapeutica dell’arte

stessa. Alla passione per la psicologia dell’arte si unisce quella per il canto, che la

conduce a sperimentare i benefici dell’espressione canora anche al Policlinico Umberto

I° de “La Sapienza” di Roma, nel reparto di Oncologia Pediatrica. Attualmente

promuove la divulgazione in Italia degli studi internazionali di Neuroscienze sull’atto

canoro. Studia e ricerca presso centri anziani vocalizzi mirati alla terapia canora nel

Parkinson.Ho trovato questo metodo in linea con gli obiettivi e le richieste del percorso

e con il profilo diagnostico di G. Le sedute con la bambina non sempre erano

individuali dato che partecipavano spesso anche i suoi compagni di classe.

Tale modello di riferimento è volto a produrre effetti positivi sullo sviluppo:

emotivo, offrendo a lei la possibilità di una gratificazione immediata e un mezzo

d’identificazione;

intellettivo, rafforzando l'autocontrollo, la memoria, l'attenzione, la

consapevolezza della propria personalità;

sociale, migliorando l'interazione di gruppo e l'accettazione delle norme, nonché

l'assunzione di responsabilità.

Ho utilizzato cantoterapia, ritmo come uno dei canali di espressione in quanto può

essere assimilato facilmente dato che G. adora tutte le musiche ritmate. Questo metodo

è incentrato sul produrre ed ascoltare musica utilizzando ogni tipo di fonte sonore-

musicale.

Esiste l'impiego di strumenti e voce inventando temi musicali così favorisce il paziente

che è libero di scegliere una pulsazione, un ritmo, un tema musicale.

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Questa parte dedicata all'improvvisazione appartiene nel mio lavoro dove ho integrato

l'aspetto vocale con gli strumenti musicali a favorire l'interesse per il suono al fine di

instaurare un canale comunicativo al verbale.

Spesso i segnali comunicativi legati all’esperienza di vita di una persona con tetraplegia

e ritardo mentale grave sono davvero minimi, e necessitano quindi di un grande ascolto

e di una grande valorizzazione.

Entrare in relazione con queste persone richiede tempo e attenzioni, e in certi casi per

me è stato (e in futuro potrà esserlo con altri) molto difficile.

Sono davvero pochi i “movimenti” vitali di un tetraplegico, o le sue espressioni, di riso

o di rabbia, davvero pochi i suoi segni e, peraltro, di difficile interpretazione: proprio

per questo motivo hanno un’importanza vitale per lui e per le persone che gli sono a

fianco. Ecco che ciascuno di loro è una persona e non solo l’espressione di una

patologia.

8.1 Gli universi relazionali

Cosa vuol dire Relazione? Innanzitutto relazione, in musicoterapia e non solo, significa

saper entrare con discrezione nel mondo della persona che si ha di fronte, chiedendo

“permesso” e rispettando i tempi e gli spazi di chi abbiamo di fronte.

La relazione è il canale che abbiamo per avvicinare una persona che ci viene affidata da

un servizio o dalla famiglia, o che si affida a noi consapevolmente, in senso

assistenziale o terapeutico.

La relazione comprende delusioni, invadenze, pretese, ricatti, seduzione, abbandono,

aspettative, dipendenza, consapevolezza, rispetto, distacco, comprensione, pena,

accudimento, salvezza, eroismo, speranza, ricordo, compensazione, paura, vincolo,

lucidità, istinto, visione d’insieme, gelosie, invidia, proiezioni, stimolo, potenzialità, il

qui ed ora, viaggio, avventura, alleanza, complicità, accettazione, rifiuto, antipatia, “a

pelle”, correttezza, responsabilità, cambiamento, mettersi in gioco, gioie e dolori…

Tutto questo è ciò che c’è di profondamente insito nelle relazioni umane e che si

amplifica nel momento in cui si ha a che fare con persone che non sembrano avere,

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secondo le modalità usuali, gli strumenti comunicativi (o propriamente relazionali) per

incontrare l’altro in autonomia.

Come già descritto, avere a che fare con persone gravemente compromesse a livello

relazionale significa farsi carico del loro universo relazionale, avere la responsabilità di

poter arricchire il loro quotidiano mettendosi nel ruolo di stimolatori ed interpretatori

delle relazioni in atto, garantendo (quasi utopico) un atteggiamento imparziale e lucido,

distaccato e consapevole, senza incorrere nei territori appunto dell’eroismo, della

seduzione, della dipendenza…

Sarebbe quanto meno di facile realizzazione, per esempio, una relazione di tipo

“dipendente” nei confronti di un tetraplegico, ai cui occhi l’operatore si prende la briga

di presentarsi come “eroe”, come qualcuno che ha il merito di avere più attenzioni, per

esempio, degli altri operatori dell’equipe e che si occuperà meglio di quella persona.

Nella mia esperienza professionale e di tirocinio, però, ho sperimentato almeno due tipi

di relazione: la relazione d’aiuto e la relazione terapeutica; due mondi ben distinti che

presentano aspetti comuni, conflitti e differenze.

Come già descritto, lavoro con la disabilità da 2-3 anni, e questi anni sono stati per me

un percorso di consapevolezza e di acquisizione, ho acquisito una certa professionalità

in termini di relazione d’aiuto.

occuparsi dell’igiene e della cura della persona (compresa l’alimentazione)

sapersi relazionare con la persona, avendo come obiettivo una relazione positiva,

accogliente e stimolante al tempo stesso

saper ascoltare

saper proporre dei contenitori relazionali e comportamentali chiari e definiti

saper animare, giocare, sorridere per offrire un “tempo di qualità”

saper offrire stimoli educativi, finalizzati al mantenimento o al miglioramento

dell’autonomia.

Ecco invece in sintesi alcune mansioni previste per la relazione terapeutica:

saper proporre un contesto di libera espressione

saper cogliere e osservare

saper empatizzare

avere la capacità di emozionarsi per emozionare, mantenendo un distacco

emotivo e relazionale

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offrire la possibilità di aprire canali di comunicazione

saper regredire per far regredire

stare in silenzio e ascoltare.

Di fondamentale importanza è quindi la consapevolezza del terapeuta nel proporre una

relazione che sia chiara, definita che sia parte esclusiva del setting. Questo faciliterà il

percorso terapeutico e lo porterà verso il raggiungimento dei possibili obiettivi.

8.2 L’importanza della regressione

Dedico ancora un piccolo paragrafo alla trattazione dell’argomento della regressione,

importante, in generale, nell’approccio alla disabilità e, in particolare, nella relazione

musicoterapica.

Avere la capacità di regredire nella relazione con una persona disabile significa saper

entrare nel suo mondo, spesso caratterizzato da atteggiamenti, affetti e processi

cognitivi simili a quelli di un bambino. Come già descritto, in presenza di un ritardo

mentale grave si è in presenza di un’età cognitiva che si aggira intorno ai due o tre anni,

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e si arriva al massimo fino ai sei. Così come nella relazione con un bambino, l’adulto

deve saper entrare nel mondo del bambino, saper parlare la sua lingua e farsi capire,

saper emozionarsi insieme al bambino per potergli ispirare fiducia e condurlo nella

relazione educativa, allo stesso modo, l’operatore ha la “possibilità” (perché come si

diceva non è deontologicamente riconosciuto…; invece dovrebbe far parte di una buona

prassi professionale) di sintonizzarsi (parlando il linguaggio di Stern) con la persona,

andando a recuperare gli aspetti peculiari della sua comunicazione e dei suoi

atteggiamenti che spesso hanno a che fare con le espressioni primitive dell’uomo: versi,

movimenti apparentemente non finalizzati, grida, neologismi verbali e costruzioni delle

frasi non strettamente corrette, etc…

8.3 Cantoterapia

Il canto è una modalità espressiva che valorizza particolarmente la voce. Si canta

attraverso la voce che, nella sua sonorità e modulazione, è anche un importante

strumento di comunicazione. La voce è uno strumento musicale che fa parte del nostro

organismo e che possiamo imparare ad usare nella sua naturale fisiologia senza sentire

troppa fatica ed evitando di danneggiare le corde vocali.

La voce è una funzione che ci accompagna in tutto il nostro percorso evolutivo, ancora

prima che il bambino impari a parlare. È attraverso la modulazione della voce che il

neonato fa capire di cosa ha bisogno e chiede all’adulto di soddisfare questi bisogni,

senza timore di non piacere o di non essere corrisposto. La voce è anche qualcosa di

unico, così come le impronte digitali, non esiste una voce identica ad un’altra e per

questo è una Funzione fondamentale nella costruzione dell’identità personale e della

propria Consistenza. Come Funzione partecipa a tutte le esperienze di vita, ma, con

l’attraversamento di esperienze di vita insoddisfacenti o inadeguate, col tempo l’adulto

può perdere la capacità di chiedere, di esprimere i propri sentimenti attraverso la voce, o

perdere il piacere di farsi ascoltare, anche attraverso il canto. Questo può accadere

quando le richieste non vengono mai soddisfatte, quando si è stati soggetti a critiche,

quando non ci si è sentiti per lungo tempo ascoltati e considerati, quando si è costretti in

stereotipie di controllo, chiusure posturali ed espressive.

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Non si canta solo con la voce, si canta con tutto il sé: sul piano fisiologico interviene la

respirazione calma e diaframmatica, sul piano posturale è importante trovare una

postura ben radicata a terra e rilassata nello stesso tempo e modificare la mimica

facciale per cambiare l’intonazione; dal piano emotivo intervengono passione, gioia e

tristezza, e dal punto di vista cognitivo si attribuisce un valore positivo al proprio modo

di cantare e sapere quello che si sta facendo. Il canto è un modo per riscoprire sé stessi,

per conoscersi e Sentirsi. Permette di acquisire uno stato di Benessere: ricerche

scientifiche hanno dimostrato che crea, grazie all’uso del diaframma, un allentamento

della tensione muscolare; scatena l’aumento di produzione di analgesici endogeni, come

le catecolamine, da parte del sistema nervoso; affina il funzionamento del sistema

immunitario migliorando lo stato generale di salute dell’individuo. Anche nella vita

intrauterina varie ricerche hanno dimostrato che le canzoni cantate da mamma e papà

calmano e la musica influisce sulla plasticità cerebrale.

Per tanto tempo si è creduto che il canto rappresentasse solo un’espressione della

musica, con ovvia conclusione che la terapia canora null’altro fosse che un aspetto della

musicoterapia. Ma di recente si stanno portando prove del potere speciale che risiede

nell’attività canora, sicché le sue endogene e autonome proprietà si sono rivelate, vere e

proprie forma di cura o riabilitazione, a tal punto terapeutiche, da rimettere in

discussione – in ambito epistemologico – i principi terapeutici del canto, proprio perché

si tratta di uno strumento addirittura “insito” nell’uomo. Vale la pena dunque

riconsiderare questo nostro apparato fonatorio che può acquisire perfino specifica

idoneità a trasformarsi in una forma di “aiuto”, fruibile per l’equilibrio psicofisico

dell’uomo. Mirata è stata perciò, in questo breve testo di auto aiuto, la necessità di

indicare alcuni esercizi sul fenomeno vibratorio della voce, così da richiamare l’idea di

alcuni importanti principi fisici all’interno delle dinamiche fisiologiche. Il canto non è

soltanto mero evento estetico, sia pur frutto di creatività e arte, in cui l’uomo si rifugia

per procurarsi un intenso ma finito piacere, perché le ricerche dei metodi sulla vocalità

hanno documentato come l’energia vibrazionale, sbloccando gli anelli di tensioni, possa

far esplodere proprietà distinte, ma tali da potersi utilizzare per la salute dell’uomo. Il

fenomeno vibratorio della nostra voce testimonia quanto il detto popolare: “canta che ti

passa!” abbia oggi numerose conferme scientifiche, identificate e riconosciute in tutto il

mondo.

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8.4 Il ruolo del Musicoterapeuta

Il musicoterapeuta opera in ambito riabilitativo (autismo, paralisi cerebrali infantili,

plurihandicap eccetera); terapeutico (pazienti psichiatrici, percorsi psicoterapeutici che

prevedono l’uso della musica); preventivo (scuola, famiglie, gruppi sociali,

integrazione); del benessere (lavoro con persone, in condizione non patologica,

desiderose di apportare cambiamenti e trasformazioni nella propria vita, o di

migliorarne le condizioni di benessere).

La musicoterapia fa parte del più ampio contesto della “relazione d’aiuto”, all’interno

del quale si caratterizza per il ricorso privilegiato, benché non esclusivo, ai suoni e alla

musica. Il concetto di musicoterapia come disciplina scientifica si sviluppò all'inizio del

secolo XVIII: il primo trattato di musicoterapia risale alla prima metà del 1700 e

l’autore è un medico musicista londinese, Richard Brockiesby.

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9. PROJECT WORK

9.1 Musicoterapia a scuola

Tetraplegia e musica

(la mia esperienza)

Una bambina dolcissima, dallo sguardo profondo ed espressivo...

Questa esperienza si è svolta all'interno di una scuola primaria...

Sono una insegnante elementare di sostegno e vi voglio raccontare la mia esperienza

con G. una bambina con la disabilità che io definisco “variopinta” per 17 ore

settimanali.

La Tetraparesi spastica in quanto ricca di sfumature, solo vedendo il quadro della

situazione ha colorato già il mio cammino professionale…

Il tutto è iniziato a ottobre, quando a scuola hanno avuto la "brillante idea" di

assegnarmi una bambina affetta da tetraparesi spastica distonica con assenza di

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comunicazione verbale, dovuta a sofferenza perinatale. Mi ricordo ancora primo

incontro con lei... i suoi occhioni grandi che mi fissavano mi comunicavano già, non

potevo credere ai miei occhi: comunicava senza parlare! L''esperienza avuta con la sua

Dott.ssa. neuropsichiatra e la logopedista, è stata veramente significativa: mi ha aiutato

a credere che esiste sempre una soluzione ed a vivere questo percorso con la giusta

serenità. Anche le parole delle mie colleghe, che dopo mi hanno presentato meglio il

caso, “non ti preoccupare è una bambina dolcissima, dallo sguardo profondo ed

espressivo ed è seguitissima dalla famiglia” mi sono servite per capire meglio la

situazione.

Io, ottimista, ho accettato: questo è il mio lavoro! Naturalmente non potevo fare

altrimenti e, al momento, non mi sono resa pienamente conto della "gravità" della

situazione.

Sapete come mi sono sentita il primo giorno?

IMPOTENTE. Anzi più che IMPOTENTE!! e... sinceramente mi veniva anche da

piangere perché quando mi prendo l'impegno di portare a termine qualcosa di veramente

importante ce la metto tutta.

La domanda che mi assillava era: Riuscirò, sarò in grado di aiutarla? Era veramente la

prima volta che mi trovavo di fronte a questo tipo di disabilità e questa volta non si

trattava di studiarla sui libri.

Di teoria se ne fa tanta, ma solo quando ti trovi davanti a situazioni difficili inizi ad

aprire gli occhi, a riflettere e così ho ripensato alle parole della professoressa del corso

di specializzazione: la Dott.ssa Roberta Frison che una volta ha detto “Tutti i "casi",

anche quelli più "disperati" hanno un canale sul quale poter lavorare".

Quelle parole hanno suscitato in me una spinta, una energia che probabilmente avrei

capito e riconosciuto molto tempo dopo!

Mi sono sfidata, ho affrontato le mie paure e mi sono detta: È la prima volta,

cominciamo!

Ho ritenuto opportuno, indispensabile chiedere alla madre, la possibilità di partecipare

alle terapie con la logopedista per capire meglio questa modalità di comunicazione e

farla più mia.

Il reale problema era il mio perché lei comunicava e io non ero in grado di decifrare

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bene il messaggio inviato.

Gli incontri sono stati sorprendenti e veramente utili; ho avuto come scopo principale

quello di riuscire a trovare la chiave che potesse aprire la porta della comunicazione…

Comunicazione non verbale, visiva, auditiva, o cenestesica, visto che la bambina,

presenta questa grave disabilità fisica che la porta a non avere autonomia in nulla.

Il suo ritardo mentale gli vieta di comunicare con la voce.

G. ha 11 anni molto impegnativa, ma solare che mi ha accettata subito da quando mi ha

vista, con un grande sorriso. Con lei trovare la chiave della comunicazione è stata per

me una sfida, una volontà interna che mi ha portata e porterà ad una continua

formazione al fine di offrire all’alunna un percorso educativo-didattico idoneo ai suoi

bisogni e alle sue potenzialità, non dimenticando mai i suoi limiti.

Per camminare bisogna accompagnarla sulla sedia a rotelle, per mangiare deve essere

imboccata, in quanto non riesce a controllare in modo del tutto volontario la

deglutizione, spesso fa fatica a deglutire cibi e le bevande rigurgitandoli il più delle

volte. Nella cura igienica personale, ha bisogno degli adulti in ogni momento della

giornata, porta il pannolino.

Lo stare seduta troppo tempo sulla sedia a rotelle la porta a stancarsi molto perché

indossa un busto molto rigido, quindi bisogna farla riposare sul suo lettino personale,

dove, senza busto e senza tutori per le gambe, si rilassa ascoltando musica o giocando

con vari giochi appesi che attirano la sua attenzione, mantenendo sempre distacco dalla

realtà a causa del suo scarso livello cognitivo.

È stata una attenta osservazione sistematica che mi ha permesso la stesura del piano

educativo individualizzato.

G. ha seguito in passato a suo modo la programmazione semplificata, con un approccio

metodologico caratterizzato dalla comunicazione visiva attraverso un linguaggio

alternativo Pecs. (C.A.A)

La scelta di tale metodologia è stata obbligata per l’assenza di linguaggio verbale

dell’alunna e alla volontà di permetterle di interagire con i compagni di classe, che sono

molto legati a lei, per poter esprimere visivamente una emozione, senza aiuto degli

interlocutori.

La comunicazione Alternativa Aumentativa si avvale di molti strumenti per facilitare la

comunicazione, quelli che menzionerò successivamente sono quelli da me utilizzati

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all’interno del percorso di apprendimento visivo-auditivo e in generale nella

realizzazione del percorso didattico progettato per G.

Dopo i primi approcci terapeutici, dopo esserci conosciute reciprocamente, la situazione

è cambiata in meglio e, come si vuol dire, mi si è "aperto un portone."

Abbiamo lavorato tutti giorni con la musica nello specchio e non solo, visto che il suono

le dava gioia e felicità.

Gli obiettivi che ci siamo posti sono stati:

Favorire la capacità di mettersi in relazione il più possibile con gli altri attraverso i

sensi.

La musica come nuovo linguaggio non verbale che cattura l'attenzione.

La potenza della musica sta nel creare un nuovo linguaggio, ma anche nella capacità di

attirare l'attenzione laddove è molto difficile.

Vederla serena e star bene a scuola, a casa, era il mio compito importante per lei.

Esercizi di manipolazione.

Conoscenza di oggetti nuovi.

Simboli PCS.

Tavoletta in plexiglass.

Colori, immagini che rappresenta lei, la sua famiglia.

Schede operative e test adeguati.

Strumenti musicali di tutti tipi, canzoni, favole sonore, giochi musicali, stereo,

macchina fotografica, cd, registratore, microfoni, fotocopie e materiale vario.

I PCS, raggruppati in categorie:

Nomi, Verbi, Aggettivi, Luoghi, Cibo, Persone.

Tenendo bene conto di:

Semplicità, Chiarezza, Completezza, Gradualità, Flessibilità, Efficacia in situazione,

Accessibilità, Possibilità di verbalizzazione.

La disposizione dei simboli dovrebbe favorire la possibile traduzione della selezione in

un messaggio verbale; ogni simbolo sarà accompagnato da un'etichetta verbale, molti

bambini e adulti che, a causa di una grave disabilità motoria, non sono in grado di

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parlare, fanno spontaneamente uso dello sguardo come mezzo per comunicare con gli

altri.

G., avendo integra questa opportunità visiva, abbiamo cercato di lavorarci quanto più

possibile…

Indicando con gli occhi oggetti e persone nell’ambiente essi segnalano interessi,

bisogni, rispondono a richieste, supplendo così parzialmente non solo all’assenza di

linguaggio, ma anche alla impossibilità di indicare con la mano, di prendere, di andare

verso.

L’ indicazione con gli occhi può essere uno strumento alternativo di comunicazione

molto efficace, visto che G ha dei sensi sani che la aiutano, soprattutto quando venga

supportato da tecniche e strumenti specifici capaci di amplificarne il potenziale.

Insegnare ad un bambino “l’indicazione visiva” non è molto semplice. Si possono però

sostenere con pazienza i processi che portano allo sviluppo di questa capacità,

ripercorrendo con lentezza le tappe fisiologiche dello sviluppo comunicativo e

valutando con professionisti competenti le facilitazioni più utili. Pur attraverso il

complesso e problematico processo evolutivo che abbiamo appena tracciato, ci sono

però molti bambini che, in tempi diversi, giungono a utilizzare la indicazione dello

sguardo per supplire alle loro difficoltà di comunicazione.

Le tecniche che cercano di potenziare l’indicazione con lo sguardo fanno uso di una

grande varietà di strumenti.

Ciascuno di questi strumenti può impiegare diverse forme, come la rappresentazione

visiva di oggetti reali, miniature, fotografie, disegni e simboli, lettere o parole stampate

...

Anche le modalità con cui l’utente può selezionare gli elementi varia da caso a caso.

Alcuni possono usare una tecnica di selezione diretta (ad esempio, fissare direttamente

lo sguardo sugli elementi del messaggio), altri possono trovare più vantaggioso l’uso di

livelli di codifica (ad esempio, una lettera è segnalata attraverso la indicazione di un

codice colore).

Per individuare la tecnica di comunicazione con lo sguardo utile a ogni singolo utente è

necessaria una valutazione che tenga conto insieme della competenza cognitiva, motoria

e sensoriale, oltre a considerare la capacità di comunicazione intenzionale.

Mi sono accertata di come G indicava, con gli occhi, oggetti e persone nell'ambiente e

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segnalava interessi e bisogni. Rispondeva a richieste varie, utilizzando il sorriso e la

testa proiettata in avanti per indicare "Sì", mentre il lamento e il pianto per indicare il

"No", supplendo così parzialmente non solo all'assenza di linguaggio, ma anche alla

impossibilità di indicare con la mano, di prendere, di andare verso.

Era in grado di portare volontariamente il capo verso il basso per esprimere il No e

mantenere gli occhi fissi con l'interlocutore per dire Sì. Nonostante i suoi limiti, che

compromettono la capacità di comunicazione verbale, la bambina dimostra di possedere

buone capacità relazionali e sociali. Il punto di partenza consiste nel credere che c'è

sempre qualcosa in evoluzione e di positivo anche nelle disabilità più difficili.

Conoscere G è stato possibile solo attraverso un'attenta osservazione, condivisione e

"ascolto". Ascoltare aiuta a portare dentro di sé le problematiche di chi sta di fronte e ci

consente un primo approccio al suo mondo. Dopo aver compreso che G capiva molto

più di quanto si potesse immaginare, si è avvertita la discrepanza tra il livello di

comprensione della bambina e le sue possibilità espressive.

Ho percepito subito che G era parte integrante della classe, i suoi compagni si sono

mostrati pronti ad aiutarla a comunicare con lei, e il modo in cui si rivolgevano alla loro

compagna più bisognosa e come la accudivano era veramente amorevole e "speciale"

(es. mi stupiva che gli asciugassero l'eccesso della salivazione senza provare disgusto e

se il bavaglino era troppo bagnato glielo cambiavano).

G. ricambia il fatto di sentirsi accettata e voluta bene e ha instaurato con i amici un

grande feeling che la porta ad essere solidale con loro si nota un clima di appartenenza.

Ringrazio G per avermi dato quella spinta in più che ci voleva per mettermi in gioco

senza avere paura di sbagliare.

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La musica ha la capacità di mettere le persone in uno stato di comunione.

E' quanto scrive Stern: mettersi in comunione significativa partecipare alla vita dell'altro

senza alcun tentativo di modificare ciò che l'altro fa credere 26

26 Stern, 1985, p. 156.

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9.2 Come si svolgeva una seduta di musicoterapia con G.

Per la realizzazione del progetto, l'ideale sarebbe stato un locale insonorizzato, magari

dotato di specchio unidirezionale, con moquette o tappeti sul pavimento e dove fosse

stato possibile disporre gli strumenti in ordine regolare.

Ma la stanza di G. a scuola è comunque un luogo fantastico... accogliente, luminoso

ampio e soprattutto molto familiare a lei dove si sente molto serena ed a proprio agio.

Durante il primo incontro, ho curato, osservato con attenzione la personalità della

bambina, le ho fatto ascoltare una serie di brani per aiutarla a capire quali fossero le sue

preferenze musicali, in modo da personalizzare al meglio l'intervento terapeutico.

In base ai risultati dei test di ascolto ed alla natura del disturbo, ho provato a stabilire un

rapporto per poter lavorare con lei e fare un percorso adeguato.

Il progetto si è articolato in una serie di incontri quasi giornalieri e con sedute di circa

45 min.

Quando G. era in compagnia dei suoi amici preferiti la seduta poteva avere una durata

più lunga e più impegnativa sino a circa 1ora o poco più.

In questo caso la seduta veniva suddivisa in due parti, separate da una pausa durante la

quale venivamo raggiunti dai suoi amici, nella sua stanza dove si svolgeva la terapia.

Nella prima parte veniva applicato un approccio ricettivo della musica; quindi più

centrata sul rilassamento e sullo scarico delle tensioni emotive da parte dell’utente

(musicoterapia).

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La seconda parte, invece, si utilizzava un approccio attivo della musica (musica-gioco).

Ogni incontro, incentrato su un'emozione specifica è stato costruito seguendo una

''scaletta ''che prevedeva alcuni momenti fondamentali.

1. Momento iniziale di saluto con il segnale che l'attività poteva cominciare, e che ci si

poteva liberare...

2. Emozione del giorno in cui si ascoltavano alcuni brani opportunamente selezionati e,

in secondo momento, della lettura di un breve ma significativo racconto.

Ed ora via libera alla creatività... canti, disegni e danze insieme.

saluto finale.

Durante gli incontri venivano proposti ascolti di brani familiari al gruppo, preceduti e

seguiti dalla verbalizzazione di pensieri, ricordi, sensazioni ecc; canto nelle varie forme

(solo voci, con la base del brano, con accompagnamento strumentale); utilizzo degli

strumenti musicali per favorire l’improvvisazione e la comunicazione non verbale.

CANTARE (canto attivo).

L’attività vocale, individuale e corale, coinvolgeva sia in apertura di seduta, mediante la

melodia del saluto, sia nel corso della seduta, intonando canzoni note suggerite da me o

qualche compagno.

Le canzoni più utilizzate sono indicate di seguito.

ASCOLTARE (canto recettivo).

Oltre a consentire l’attivazione di un processo di comprensione, l’ascolto delle canzoni

permetteva anche di approfondire gli aspetti emotivi suscitati nei ragazzi: è una

rievocazione delle emozioni che ciascuno associa a quella canzone, il ripetersi di un

tempo vissuto, spesso scambiato con il presente a seconda del livello di compromissione

cognitiva.

Infine, si preferiva utilizzare sempre la stessa musica sia per l’inizio che per la fine della

seduta, in modo da creare anche attraverso il suono, uno spazio ben definito in cui

potersi esprimere e rilassare.

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10. TESTI DELLE CANZONI UTILIZZATE

DURANTE LE SEDUTE

Benvenuto27

Benvenuto benvenuto, questo è il mio saluto

Benvenuto benvenuto, questo è il mio saluto

Benvenuto benvenuto, questo è il mio saluto

Benvenuto benvenuto, questo è il mio saluto

Sulla porta la maestra

un saluto alla finestra

è una cosa delicata

incomincia la giornata

Benvenuto benvenuto, questo è il mio saluto

Benvenuto benvenuto, questo è il mio saluto

Benvenuto benvenuto, questo è il mio saluto

Benvenuto benvenuto, questo è il mio saluto

Si saluta con il sorriso

è più dolce ogni viso

si saluto ogni bambino

con la mano ed un bacino

27 http://www.rosalbacorallo.it/canzoni

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Benvenuto benvenuto, questo è il mio saluto

Benvenuto benvenuto, questo è il mio saluto

Benvenuto benvenuto, questo è il mio saluto

Benvenuto benvenuto, questo è il mio saluto

C’è chi arriva e chi va via

si saluta in allegria.

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Il gioco dei suoni28

l'orologio che il nonnino

mette sempre nel taschino

fa tic tac... Tic tac

mentre il gallo poverino è già

sveglio da un pochino

e fa chicchi chicchiricchi'

invece l'auto di papà quando

è accesa come fa

fa brum brum... Brum brum

mamma bussa alla porta

con la mia fetta di torta

e fa toc toc... Toc toc

orologio

tic tac... Tic tac

gallo

chicchirichi... Chicchirichi

auto

brum brum... Brum brum

bussare

toc toc... Toc toc

orologio

tic tac... Tic tac

gallo

chicchirichi... Chicchirichi

auto

28 https://www.youtube.com

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brum brum... Brum brum

bussare

toc toc... Toc toc

la domenica mattina

la campana della chiesa

fa din don... Din don

senti passa il mio trenino

tu indovina come fa

fa ciuf ciuf... Ciuf ciuf

e se sento un applauso

batton forte le manine

fan clap clap... Clap clap

quando batto sul tamburo

mi diverto di sicuro

a far bum bum... Bum bum

campana

din don... Din don

trenino

ciuf ciuf... Ciuf ciuf

applauso

clap clap... Clap clap

tamburo

bum bum... Bum bum

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Un giorno un pesciolino29

Un giorno un pesciolino

nuotar non volle più

e dietro una conchiglia

si mise a muso in giù.

Un bimbo col ditino,la coda gli toccò,

si volse il pesciolino e gli disse:

“Senti un po’:

son stanco di nuotare

andare avanti e andrè,

vorrei poter girare

il mondo insieme a te”.

Il bimbo pian pianino dall’acqua lo levò

e con il pesciolino per strada se ne andò.

Glu glu glu 29 https://www.youtube.com

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Glu glu glu, ripeteva il pesciolino

Glu glu glu

Glu glu glu, gli altri stavano a guardar

Ma a un tratto il pesciolino

gli scappò via di man,

gli fece l’occhiolino

e gli disse: “Ciao a doman”.

Il bimbo poverino

invano lo chiamò

quel pesce birichino

nell’acqua si tuffò.

Dall’acqua il pesciolino

sorrise a quel bambino

gli andò vicin vicino

e gli disse: “Ciao son qui”.

Vorrei con te restare,

tu sei un buon piccin,

ma c’è una pesciolina

Che vuol che io resti qui!”.

Glu glu glu

Glu glu glu

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La canzone delle vocali30

A-a-a ma che gran risata

e-e-e ma che hai combinato

i-i-i ma che sorrisino

o-o-o ma che bella canzone

u-u-u prova anche tu

u-u.u prova anche tu

a-e-i-o-u

a-e-i-o-u

a-e-i-o-u

aiuto aiuto non mi fermo più

aaaa ma che gran lamento

eeee ma tu la sai lunga

iiii ma chi piange ancora

oooo ma che bella sorpresa

uuu prova anche tu

uuu prova anche tu

aaaa-eeee-iiii-oooo-uuuu questo mi piace di più!

a-e-i-o-u 30 Licenza YouTube standard.

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a-e-i-o-u

a-e-i-o-u

aiuto aiuto non mi fermo più a-e-i-o-u

Categoria Musica

Pubblicato il 24 luglio 2015.

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Canzone dei colori dell’arcobaleno31

Viola, blu indaco e verde

Giallo, arancio e rosso

Sono i più bei colori

Disse l‘arcobaleno

Non guardai più indietro

Il sole racconta un segreto

Segui veloce i colori

Alla fine c’è una pentola piena di oro

Io corsi al fiume

Attraverso il verde dei fiori

Solo per scoprire cosa nasconde l’arcobaleno

Attraversai veloce le montagne

Viola, blu indaco e verde

Giallo, arancio e rosso

Sono i più bei colori

31Licenza YouTube standard.

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Disse l‘arcobaleno

Per la valle con il fiume

passai tra enormi alberi

e c’era l’arcobaleno

e la magica cascata

Viola, blu indaco e verde

Giallo, arancio e rosso

Sono i più bei colori

Disse l‘arcobaleno

Il mondo della magia diventa realtà

Dove gli unicorno vivono felici

Con fiori colorati ovunque

E oro dove guardi

L’arcobaleno risplende luminoso

E gocce di felicità cadono dal cielo

Navigo attraverso il mio mare

E l’arcobaleno mi saluta

Categoria

Persone e blog

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Girotondo

Giro giro tondo

Giro giro tondo,

casca il mondo,

casca la terra;

tutti giù per terra!

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I tre porcellin

In un tiepido mattin

se ne vanno i porcellin

dimenando al sole i loro codin,

spensierati e birichin.

Il più piccolo dei tre

ad un tratto grida "ahimé",

da lontano vedo un lupo arrivar

"non facciamoci pigliar".

Marcia indietro fanno allor

a gran velocità

mentre il lupo corre ancora

a casa sono già

Prima chiudono il porton

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poi s'affacciano al balcon

or che il lupo non può prenderli più,

tutti e tre gli fan cucù.

Ah ah ah che bell'affare,

il lupo non potrà cenar

Siam tre piccoli porcellin,

siamo tre fratellin

mai nessun ci dividerà,

trallalla-lallà.

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Tanti auguri

Tanti auguri

Tanti auguri

Tanti a G...

Tanti auguri a te!

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Volare32

Penso che sogno così

Non ritorni mai più,

Mi dipingevo la faccia

E le mani di blu,

Poi d'improvviso venivo

Dal vento rapito,

E incominciavo a volare

Nel cielo infinito.

Volare oh oh

Cantare oh oh oh oh,

Nel blu dipinto di blu,

Felice di stare lassù,

E volavo volavo

Felice più in alto del sole

Ed ancora più sù,

Mentre il mondo

Pian piano spariva lontano laggiù,

Una musica dolce suonava

Soltanto per me.

Volare oh oh

32 Domenico Modugno.

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Cantare oh oh ohoh

Nel blu degli occhi tuoi blu

Felice di stare quaggiù.

10.1 Giochi musicali divertenti

Voglio entrare nella canzone

Giocatori – Quanti si vuole, con un conduttore.

Occorrente – Niente.

Preparazione – I giocatori cantano tutti insieme una decina di canzoni.

Regole – Ciascun giocatore sceglie una delle canzoni e ci mette dentro dieci parole a

sua scelta, sostituendone altrettante di uguale lunghezza, ma diverso significato. Nel

fare questo deve cercare di ottenere un testo buffo, mantenendo nello stesso tempo la

canzone scorrevole. Quando tutti i giocatori hanno memorizzato bene i cambiamenti

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che hanno effettuato nella loro canzone, la cantano, a turno, ai compagni e al

conduttore.

Vince – Chi riesce, a giudizio di una giuria presieduta dal conduttore e formata da tutti

i giocatori, a creare la canzone più divertente.

Gli scioglilingua

Ciascun giocatore inventa uno scioglilingua con tre caratteristiche precise: quella di

essere il più lungo possibile, quella di poter essere pronunciato tutto d’un fiato e quella

di essere formato dal maggior numero possibile di parole diverse tra loro. A queste

caratteristiche ne può aggiungere un’altra di sua invenzione. Lo scioglilingua può, per

esempio, essere comico, far paura, essere formato dai nomi degli altri giocatori, far

venire l’acquolina in bocca e così via. Questo gioco ha di solito due vincitori: chi

inventa il miglior scioglilingua e chi riesce a pronunciare con più scioltezza quelli

inventati dai compagni.

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La bolla e la bestia

Occorrente - Una blubblatrice (anche detta fabbrica-bolle…), uno scatolone, un paio

di forbici e qualche pennarello colorato.

Si disegna su un lato dello scatolone la faccia di un mostro (la bestia…) e si ritagliano

al suo interno tre buchi: due più piccoli in corrispondenza degli occhi e uno più grosso

in corrispondenza della bocca. Si traccia a terra una riga, a tre passi di distanza dal

tavolo su cui si posa lo scatolone. Il primo giocatore riceve la blubblatrice e il gioco ha

inizio. Ciascun giocatore, a turno, ha due minuti di tempo per produrre delle bolle di

sapone e cercare di farle finire nella bocca del mostro. Le bolle devono sempre

nascere dietro la linea tracciata a terra, ma per spingerle avanti, soffiando, ci si può poi

avvicinare allo scatolone. Un punto per ogni bolla che finisce nella bocca del mostro e

una penalità per ogni bolla che gli finisce invece in un occhio. Vince il giocatore che

conclude il gioco con il punteggio finale (punti conquistati meno penalità ricevute) più

alto.

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11. CONCLUSIONI

All’inizio del progetto di musicoterapia, G era molto infastidita dai suoni acuti, dal

volume alto della musica e dai rumori improvvisi; aveva paura degli spazi che non

conosceva a scuola e degli ambienti a lei non famigliari.

Di fronte a situazioni nuove o che la spaventavano reagiva con urla o con pianti,

rifiutando il cibo e tutti i contatti con il mondo che la circondava.

Ho iniziato gradualmente con la musicoterapia, cercando di non traumatizzarla o

stancarla, con alcuni brani leggeri ed a basso volume sonoro, utilizzando strumenti vari.

Le nacchere e le maracas hanno iniziato ad interessarla da subito, mentre un'attrazione

particolare che ho notato era per il tamburo di pelle, mostrando un'attivazione emotiva

evidente.

Durante le sedute ha espresso la voglia di comunicare attraverso il contatto fisico e la

ricerca dello sguardo.

È stata sempre partecipe nei momenti di lavoro in piccolo gruppo e ha iniziato a imporsi

pian piano nelle attività proposte, accettandole o rifiutandole in modo chiaro, con un

sorriso o un pianto.

Le sedute di musicoterapia sono state svolte in ambienti dapprima conosciuti, come la

sua cameretta, poi abbiamo iniziato a farle anche in palestra, nel teatrino scolastici o in

altri spazi che prima la spaventavano o che rifiutava, per farle prendere sempre più

confidenza con il mondo a lei esterno.

Siamo giunti a farla partecipare anche alle feste scolastiche ed alle rappresentazioni che

si sono tenute nel teatrino.

L’esperienza è stata molto impegnativa ed allo stesso tempo gratificante; ora G ha un

interesse maggiore nei confronti del suo mondo, anche attraverso la musica.

L'iniziale rigidità, le paure ed i timori verso il mondo, si sono trasformati in gioia,

felicità e spensieratezza, grazie anche al coinvolgimento dei suoi compagni di classe che

le sono stati sempre molto vicini.

Ma anche per i compagni di classe l’esperienza con G ed il loro coinvolgimento è stata

una grande risorsa di comunicazione, di partecipazione ad un progetto e di crescita.

Ritengo che si siano raggiunti risultati soddisfacenti, confermati anche da tutto il

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collegio docenti, dalla neuropsichiatra e dalla logopedista, concordi nel ritenere che la

musica sia un canale privilegiato di comunicazione e sia stata di fondamentale

importanza per G. e per gli altri bambini:

il benessere psicologico, il rafforzarsi dell'autostima e la vita sociale.

Concludendo posso dire che in questo percorso, ci sono stati miglioramenti di alcuni

aspetti della salute fisica e mentale di G, confermati soprattutto in ambito famigliare: G.

ha dimostrato meno paure, si è dimostrata più comunicativa con lo sguardo, ha ripreso

una alimentazione più corretta, aumentando anche di peso. Ha iniziato a salutare con la

mano.

La musica con il suo potere evocativo è in grado di dare grandi risultati e ne ho avuto

una chiara dimostrazione.

Mi auguro che questo sia effettivamente l'inizio di un percorso di crescita e di

evoluzione delle capacità relazionali, sia per questi bambini sia per noi stessi che

abbiamo il desiderio di imparare nella continua scoperta di cose nuove.

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Vivo con le ruote per terra, ma faccio dei salti altissimi.

Iacopo Melio

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12. BIBLIOGRAFIA

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Orff-Schulwerk, Musik für Kinder (con Gunild Keetmann) (1930–1935,

riadattato nel 1950–1954).

LIBRI DI JACKIE COOKE (Erickson)

Il laboratorio delle attività sensoriali. Vista, tatto, gusto e olfatto

LIBRI DI MARYLYN CROPLEY (Erickson)

Laboratorio delle attività artistiche. Percorsi per ragazzi e adulti con difficoltà

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Sabrina Freeman, Lorelei Dake

Il linguaggio verbale nell'autismo. Strategie di insegnamento per bambini con disturbi

dello spettro autistico

L'Autoterapia Razionale Emotiva, Albert Ellis

Come pensare in modo psicologicamente efficace

Disabilità e società, Tom W. Shakespeare

Diritti, falsi miti, percezioni sociali

Qualità di vita nella disabilità adulta, Lucio Cottini, Daniele Fedeli, Simone Zorzi

Percorsi, servizi e strumenti psicoeducativi

Io sono speciale, Peter Vermeulen

Attività psicoeducative per la conoscenza di sé nell'autismo

Emozioni e sindrome di Asperger, Tony Attwood, Michelle Garnett

Educazione affettiva per bambini e ragazzi con sindrome di Asperger

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La musica è il linguaggio della trascendenza.

Il che spiega le complicità che crea tra gli esseri umani.

Li immerge in un universo dove cadono le frontiere. Al mondo della musica si accede

veramente solo quando si oltrepassa l'umano. La musica è un universo, estremamente

reale seppure inafferrabile ed evanescente. Un individuo che non possa penetrarvi,

perché insensibile alla sua magia, è privo della ragione stessa di esistere. Il supremo gli

è inaccessibile. Comprendono la musica soltanto quelli a cui è indispensabile. La

musica deve farti impazzire, altrimenti non è nulla."

Emil Cioran

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Vuoi gustare il miele senza soffrire le punture delle api?

Desideri la corona della vittoria senza i pericoli della battaglia?

E il pescatore trarrà la perla dal fondo del mare se, o uomo, temendo il coccodrillo,

indugia sulla riva?

Rischia dunque!

Quello che Dio ti ha destinato, nessuno può sottrartelo.

In verità, lo ha destinato a te, a te che sei l’uomo audace.

(Anonimo)