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Università della Svizzera Italiana, Lugano Facoltà di Scienze Economiche Università Cattolica di Milano Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali Microcredito e Finanza Islamica nel Mondo Arabo Tesi Di Master Autore: Mohamed Habbaba Relatore: Prof. Alvaro Cencini Correlatore: Prof. Mauro Baranzini Data di consegna 15-05-2015

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Università della Svizzera Italiana, Lugano

Facoltà di Scienze Economiche

Università Cattolica di Milano

Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali

Microcredito e Finanza Islamica nel Mondo Arabo

Tesi Di Master

Autore: Mohamed Habbaba

Relatore: Prof. Alvaro Cencini

Correlatore: Prof. Mauro Baranzini

Data di consegna 15-05-2015

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ABSTRACT:

La presente tesi di master, afferente l'ambito della microfinanza in Medio Oriente, nello

specifico nei Paesi Arabi, si sviluppa in tre capitoli. L'obiettivo scientifico è la ricerca e il

superamento dei blocchi derivanti dalle scelte di politiche economiche di alcuni Paesi

Arabi relativi all'accesso al credito e al divieto assoluto dell'interesse. Considerando che il

mondo islamico ha superato il miliardo e mezzo di persone, e la concentrazione della

ricchezza in tale categoria è elevatissima, il microcredito potrebbe essere parte di un

soluzione alle problematiche relative all'accesso al credito, e alla diminuzione delle

diseguaglianze che colpisce nei giorni nostri anche i Paesi Occidentali. Inoltre, può essere

considerata come parte di una cura per la struttura macroeconomica dei paesi così detti

Rentier State afflitti dal Dutch Disease. Nello specifico ci baseremo su due modelli di

Stato: le monarchie del golfo come l’Arabia Saudita e quelli che hanno una forma politica

presidenziale come il Libano. Questi hanno due forme completamente differenti dal punto

di vista socio-economico, il primo basato sulla finanza islamica, la Sharia (legge islamica),

che definisce in termini assolutistici i principi e le leggi sociali, economiche, finanziarie, e

le loro implicazioni; il secondo basato su un'economia di mercato. La prima soluzione che

vedremo sarà data proprio dal concetto di «moneta», che si è evoluto passando da una

moneta intrinseca di valore, ad una unità di misura che rappresenta il valore della

produzione, concetto che legheremo con la problematica dell'interesse. Inoltre, cercheremo

di comprendere se la finanza islamica e il microcredito possano coesistere, o il

microcredito possa essere assorbito dalla finanza islamica.

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INDICE

ABSTRACT .......................................................................................................................................... 2

INDICE ................................................................................................................................................. 3

DEDICA ................................................................................................................................................ 5

RINGRAZIAMENTI ........................................................................................................................... 6

LISTA TABELLE ................................................................................................................................. 7

LISTA ABBREVIAZIONI ................................................................................................................... 8

INTRODUZIONE ................................................................................................................................ 9

1. MONETA E INTERESSE ............................................................................................................. 13 1.1 INTRODUZIONE SUL CONCETTO DI MONETA ............................................................................... 13

1.1.1 L’INTERMEDIAZIONE BANCARIA E IL LAVORO ....................................................................... 14

1.2 IL CONCETTO DI INTERESSE NELL’ISLAM E IL DIVIETO DI RIBA ................................................. 17

1.3 LA FINANZA INFORMALE ........................................................................................................... 18

1.3.1 FORME SPECIFICHE DI FINANZA INFORMALE IN MEDIO ORIENTE ........................................ 21

1.4 “L’INFLUENZA OLANDESE” : SQUILIBRI GLOBALI, RICADUTE LOCALI E IL MICROCREDITO ..... 25

1.4.1 SOLUZIONE ALL’OSCILLAZIONE DEI CAMBI : TEORIA DEL CIRCUITO MONETARIO ................. 29

2. MICROFINANZA ISLAMICA E CONCILIABILITÀ CON LA SHARI’A ........................... 34 2.1 PRINCIPI DI FINANZA ISLAMICA ................................................................................................. 34

2.2 STRUMENTI PRINCIPALI ............................................................................................................. 35

2.3 FINANZA ISLAMICA PER IL MICROCREDITO ................................................................................ 38

2.3.1 RISCHIO CONDIVISO E IL POTENZIALE DELLE BANCHE ISLAMICHE ...................................... 41

2.4 ISTITUZIONI DI MICROFINANZA ISLAMICA ................................................................................ 45

2.4.1 ISLAMIC MICRO LEASING : LO SVILUPPO DELLA MICRO IMPRESA ....................................... 47

2.5 IL NESSO TRA FINANZA ISLAMICA E MICROCREDITO ................................................................ 49

3 CASE STUDIES ............................................................................................................................. 51

3.1 ARABIA SAUDITA ......................................................................................................................... 51

3.2 LIBANO ......................................................................................................................................... 56

3.3 IL PRIMO ISTITUTO DI MICROFINANZA ISLAMICA NELLO YEMEN ............................................... 60 3.4 IL MICROCREDITO E LE DONNE .................................................................................................... 62

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3.5 IL MICROCREDITO IN UN CONTESTO DI CONFLITTO O POST-CONFLITTO .................................... 67 3.5.1 IL MICROCREDITO STRUMENTO PER LA RICOSTRUZIONE POST-CONFLITTO ............................. 68 3.6 I POSSIBILI LIMITI O RICADUTE NEGATIVE DELLA MICROFINANZA NEL MONDO ARABO ............ 69

4. CONCLUSIONI .................................................................................................................................. 73 5. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ........................................................................................................ 80 6. SITOGRAFIA ..................................................................................................................................... 83

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Dedico questo lavoro:

Ai miei Genitori , fonte di ispirazione ed esempio costante nella vita.

In secondo luogo alla mia nazione d’origine e al suo popolo, nella speranza che il microcredito

possa aiutare a ricostruire il benessere sociale e ritrovare la dignità umana .

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RINGRAZIAMENTI

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LISTA TABELLE

Tabella 1 : Creazione e Distruzione di Reddito

Tabella 2 : Crescita del Settore Manifatturiero

Tabella 3 : World Current Account’s Evolution

Figura 4 : Ciclo di Vita di un Contratto tipico Ijara

Tabella 5 : Spese Relative dei Risparmi derivanti dal Microcredito

Tabella 6 : Dimensione dell’Empowerment Femminile ( saldi %)

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ABBREVIAZIONI

IM. Import

EX. Export

S.P. Syrian Pound

G.C.C. Gulf Cooperation Council

R.E.R Real Exchange Rate

F.M.I – I.M.F. Fondo Monetario Internazionale

M.E.N.A. Middle East and North Africa

R.O.S.C.A. Rotating Savings and Credit Association

PLS Profit and Loss Sharing

POS Point-of-Sale

ADIE Association pour le droit à l’initiative économique

MFI Microfinance Institution

UNDP United Nations Development Program

PVS Paese in Via di Sviluppo

BEI Banca Europea per gli Investimenti

UE Unione Europea

ESCWA Economic and Social Commission for Western Asia –United Nations

GLP Gross Loan Portfolio

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INTRODUZIONE

Con il fallimento dell’approccio di sviluppo economico top-down, che da diverse decadi è

stato portato avanti per combattere la povertà nella maggior parte dei Paesi in via di

sviluppo, il microcredito è risultato un nuovo paradigma per la crescita e lo sradicamento

della povertà. Elevati tassi di crescita della popolazione, limitate opportunità, turnover

tecnologico nullo, struttura finanziaria giovane e non sviluppata sul territorio hanno

provocato un elevato tasso di disoccupazione, estromettendo dalla forza lavoro e dalla

società civile un'elevata percentuale della popolazione.

Il diritto d’accesso al sistema finanziario, nel nostro caso specifico l’accesso al

microcredito, per molto tempo è stato fatto rientrare nella categoria dei diritti

sociali1, quei diritti non giustiziabili ,in altri termini non rivendicabili dal titolare

presso un tribunale ( Cencini & Borghi 2010 ).

Attraverso la tesi dell’indivisibilità e dell’interdipendenza dei diritti civili, politici,

economici, sociali, culturali e del diritto internazionale relativo ai diritti umani, il Professor

Marco Borghi ha dimostrato la giustiziabilità dei diritti sociali, fornendo ragioni

incontestabili dell’adempimento di tali condizioni nel caso del diritto al microcredito.

Il soddisfacimento di bisogni materiali elementari è direttamente riferibile alla

dignità umana e costituisce la premessa irrinunciabile per la realizzazione di tutto

quanto può ritenersi caratterizzante la natura dell'uomo. L’attuazione della dignità

dell’uomo è, quindi, anche un diritto sociale primordiale e possiede inoltre

un’importante valenza normativa perché, presupponendo la realizzazione di un

benessere sociale minimo, sancisce nel contempo tale postulato quale compito dello

1 Ne è un esempio la Costituzione Italiana: «Art. 3 È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Art. 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società».

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Stato e diritto del cittadino. Sul piano giuridico Svizzero2 e a livello internazionale

(CEDU) è oggi riconosciuto in modo inconfutabile che il diritto costituzionale alla

dignità umana, alla libertà personale ed alla vita garantisce anche il diritto al minimo

di esistenza (Cencini & Borghi 2010:133-135).

Inoltre, come vedremo più avanti, il versamento di un aiuto materiale può essere

subordinato all'implementazione di misure occupazionali e di inserimento, rendendo sul

piano giuridico il microcredito una forma efficiente e conforme alla dignità umana. Il

microcredito, a differenza del puro assistenzialismo, svolge una funzione di inclusione

sociale contribuendo inoltre ad aumentare il PIL del Paese, dato che l’unico fattore che

permette di creare ricchezza è il lavoro (Cencini 2008).

L’analisi condotta nella presente tesi di Master, non ha lo scopo di analizzare il

microcredito sotto un profilo puramente divulgativo, o di illustrare i concetti e le

problematiche generiche del microcredito, e più in generale della microfinanza, dato che vi

sono molti studi a riguardo. L'obiettivo che ci poniamo è la ricerca e il superamento dei

blocchi derivanti dalle scelte di politica economica di alcuni Paesi Arabi relativi all'accesso

al credito e al divieto assoluto dell'interesse. Difatti, come ben noto, ogni Paese ha

differenti strutture economiche e sociali e, di conseguenza, differenti vincoli per l’accesso

al microcredito sia dal punto di vista della domanda, sia dal punto di vista dell’offerta. Per

poter agire in maniera efficace bisogna saper identificare i vincoli della domanda e

dell’offerta, non trascurando però gli squilibri macroeconomici che incidono sulle singole

economie. La nostra epoca è colpita da una crisi economica, sociale e politica, e il mondo

Arabo si trova purtroppo ad essere il fulcro di queste crisi. Considerando che il mondo

islamico ha superato un miliardo e mezzo di persone,e la concentrazione della ricchezza in

tale categoria è elevatissima, il microcredito potrebbe essere parte di un soluzione per i

problemi relativi all'accesso al credito, e per la diminuzione delle diseguaglianze che

attualmente interessano anche i Paesi Occidentali. La ricerca è incentrata sull’analisi dei

possibili punti di incontro tra microfinanza e finanza islamica, oltre a valutare le ricadute

che questi strumenti hanno nell’aerea oggetto di studio.

2 Con la revisione totale della Costituzione Federale nel 1999, è stato recepito all’art. 12: «Chi è nel bisogno e non è in grado di provvedere a sé stesso ha diritto d’essere aiutato e assistito e di ricevere i mezzi indispensabili per un’esistenza dignitosa» ( Cencini & Borghi 2010:135).

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Nel primo capitolo valuteremo l’evoluzione del concetto di «moneta», sia dal punto di

vista occidentale che da quello islamico. Vedremo inoltre brevemente il funzionamento del

sistema monetario, per poter comprendere meglio il potenziale e la centralità dell’accesso

al sistema finanziario e produttivo. In seconda analisi vedremo le specificità dei Paesi

Arabi, in particolare se si basano effettivamente su una finanza interest free oppure no.

Proseguiremo così nella definizione del sottosistema finanziario, ossia la cosiddetta

“finanza informale”, nata come surrogato di un sistema finanziario per supplire ai bisogni

delle persone. Vedremo brevemente anche gli squilibri macroeconomici globali che hanno

un impatto sulla competitività dei Paesi in questione, i quali causano un rallentamento

dello sviluppo delle microimprese e del sistema economico nel suo complesso, oltre alla

perdita di risorse che potrebbero essere destinante alla crescita degli stessi Paesi.

Esporremo due soluzioni, la prima che va a tamponare gli squilibri macroeconomici, la

seconda ipoteticamente definitiva, data dalla teoria del circuito monetario .

Il secondo capitolo è incentrato sulla finanza islamica e gli istituti di microfinanza

islamica. Vedremo nello specifico gli strumenti e i contratti utilizzati in tale sistema

bancario. Cercheremo di comprendere se il sistema finanziario islamico può convivere con

il microcredito e se questo può essere assorbito, inoltre analizzeremo la nascita degli istituti

di microfinanza islamici e le problematiche relative alla gestione e all’efficienza di tali

strutture. La domanda a cui cerchiamo di rispondere è se lo sviluppo del microcredito

attraverso la creazione di istituti di microfinanza islamici sia la strada giusta da

intraprendere, oppure se sia meglio valutare alternative per potenziare tale settore in tutti i

Paesi Arabi, superando le logiche restrittive imposte da alcune legislazioni.

Il terzo capitolo è dedicato all’analisi reale del microcredito nei Paesi Arabi. Vedremo nello

specifico due sistemi economici che rispecchiano rispettivamente dei modelli politici e

sociali diametralmente opposti all’interno del sistema regionale. In particolare ci

soffermeremo sul caso Saudita, un pure rentier state, e studieremo le ricadute che il

microcredito porterebbe all’interno del sistema economico e sociale saudita, cercando

attraverso l’analisi del capitolo precedente di valutare la miglior via per introdurre la

microfinanza all’interno del Regno. Passeremo poi ad analizzare il Libano, il quale è tra i

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migliori 5 Paesi per sviluppo del mercato della microfinanza nei Paesi Arabi (Sanabel

2009).

In seguito vedremo il primo istituto di microfinanza islamica regolamentato direttamente

dalla banca centrale in Medio Oriente, nello Yemen. Passeremo poi ad analizzare la

situazione delle donne nel mondo arabo, argomento centrale dell’analisi, e valuteremo

attraverso un intervista effettuata da varie ONG operanti in alcuni Paesi Arabi gli effetti del

microcredito sull’empowerment femminile. Data l’instabilità geopolitica della regione

medio-orientale seguiranno infine alcune considerazioni sul microcredito in una situazione

di conflitto o post-conflitto.

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Capito I La moneta e gli interessi

1.1 Introduzione sul concetto di «moneta»

«Là centralità della moneta è l'elemento che caratterizza la

macroeconomia moderna» Cencini (2008:2)

La centralità della moneta3 è l'elemento che caratterizza i nostri sistemi economici: le

economie moderne si basano sul sistema bancario, il quale svolge un ruolo di interesse

pubblico, a prescindere da qualsiasi visione sociale, religiosa o ideologica. Ad esempio, nel

Corano e nella tradizione islamica la moneta è considerata una grazia, un dono divino,

mezzo di interazione tra le persone che serve a far crescere la società. È da tener presente

anche l'evoluzione nel tempo del concetto di «moneta», la cui nascita sotto forma di conio

viene attribuita nell'area occidentale dell'attuale Turchia, chiamata Lidia, nel VI secolo a.C.

(Siegfried 2001). Nella penisola arabica anche con l'avvento dell'Islam venne mantenuto il

sistema monetario bizantino, in cui le monete erano generalmente oggetto di scambio in

base al peso anziché al loro numero, così da poter stabilire il contenuto di metallo prezioso

di cui erano composte. Ciò nonostante, le monete composte da argento e rame venivano

anche scambiate attraverso il conteggio, e ciò indica che l'idea di denaro come numerario

fosse già presente nell'area mediorientale (Siegfried 2001).

La visione della moneta come unità di conto, come mezzo di scambio, è in accordo con la

natura veicolare della moneta (Schmitt 1966). Per la nostra analisi prenderemo come

riferimento la teoria della macroeconomia quantica di Schmitt, la quale rompe il legame tra

matematica ed economia e ci consente di comprendere che la produzione è l'atto che

3 «Moneta nome fatidico, che nasce a Roma. È l'anno 390 A.C. , e i Galli , penetrati nella città, muovono un assalto notturno alla rocca del campidoglio consacrata alla dea Giunone, che non soffre l'affronto e allarma i Romani agitando animali a lei sacri. L'assalto viene respinto, i Romani riconoscenti dedicano un tempio alla dea “Ammonitrice” : a Giunone Moneta. Questa è la nascita del nome» (Ruffolo 2011).

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permette di attribuire una forma numerica a prodotti fisici, beni e servizi. La moneta,

quindi, è una forma numerica, un contenitore privo di valore intrinseco: è la produzione

che rende significativa l'emissione di moneta bancaria.

1.1.1 L’intermediazione bancaria e il lavoro

L'emissione da parte delle banche di un’unità di conto è indispensabile per la presenza di

un sistema monetario. Pur non possedendo un valore intrinseco al momento dell'emissione,

la moneta ne assimila immediatamente uno derivandolo dall'abbinamento alla produzione

(Cencini 2008:28).

Tutti i tipi di pagamento richiedono la preesistenza di moneta come unità di misura e come

reddito, ad eccezione del pagamento dei salari.

Difatti «se la logica imponesse che i salari fossero pagati a partire da un reddito,

ossia se il pagamento dei salari consistesse in uno scambio relativo tra due attivi

distinti, l'abbinamento tra moneta e prodotto sarebbe destinato a rimanere un mistero,

e la creazione monetaria apparterrebbe alla categoria dei miracoli» (Cencini

2008:28).

Questa tesi nei paesi islamici verrebbe accolta molto favorevolmente, in quanto secondo

l'Islam, nello specifico nella shari’ha, la creazione di valore è giustificabile solo attraverso

il lavoro del uomo, e solo questo può giustificare “l’arricchimento” . Non è consentito

nessun pagamento di interesse prefissato, perché questo viene considerato come una

creazione di valore associata al solo decorrere del tempo. La moneta considerata un unità

di misura quindi non può generare valore per il solo passaggio di mano, difatti il suo

commercio è proibito. Solo in un caso specifico è consentito nei così detti prestiti benevoli

ossia il Qard al- Hassan che vedremo nello specifico più avanti. Possiamo considerare tale

visione simile alla concezione del filosofo e teologo San Tommaso d’Aquino (1225-1274)

oppure alla visione Ebraica che regola i rapporti tra gli stessi dove l’interesse era

considerato un abominio (Torah Esodo 22: 25-27). Tuttavia, per i paesi arabi con una

dottrina giuridico - religiosa rigida è necessario adattare i propri precetti o la loro visione

all'attualità, questo senza compromettere i loro ideali, come si vedrà in seguito. Tornando

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all'analisi della moneta in merito al pagamento dei salari, con un semplice esempio di una

rappresentazione contabile a partita doppia, risulta che la banca registra al suo passivo del

conto bancario i depositi dei lavoratori, mentre all’attivo il debito dell’azienda. Questo

deposito dei lavoratori rappresenta non un semplice deposito di moneta, ma un diritto di

prelievo sulla produzione corrente, un potere di acquisto che definisce un valore da loro

stessi prodotto. In un certo senso l'azienda è indebitata nei confronti dell'intermediario per

un ammontare equivalente al reddito generato dalla produzione, in altre parole l’azienda

deve ai lavoratori il loro prodotto.

I lavoratori partecipano inconsapevolmente al finanziamento del sistema macroeconomico

attraverso i depositi nel sistema bancario, dove gli interessi non vengono applicati o sono

irrisori; diversamente, la banca applica un tasso di interesse all'azienda per l'anticipo del

reddito. Il risultato è che la banca interviene attraverso l'intermediazione monetaria e

attraverso l'intermediazione finanziaria, per cui l'oggetto finale del debito risulta un reddito

equivalente a quello guadagnato dai titolari del deposito. Il terzo passaggio è la spesa del

reddito dei lavoratori, i quali, acquistando ad esempio le merci prodotte, portano alla spesa

definitiva del reddito stesso. Ovvero, i depositi all'interno dell'istituto bancario si

ritrasformano in reddito e il risultato nelle scritture contabili sarà la completa elisione.

Tabella 1 Creazione e Distruzione di Reddito

Fonte Elementi di Macroeconomia Monetaria ( Cencini 2008: 35)

Banca

Attivo Passivo

(1)Azienda Importo X Lavoratori Importo X

(2)Lavoratori Importo X Titolari di reddito X

(3)Titolari di reddito Importo X Azienda Importo X

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Come accennato precedentemente, secondo Bernard Schmitt l’unico pagamento che porta

alla formazione di un reddito positivo è quello dei salari, dato che il lavoro è l’unico fattore

della produzione che può essere addebitato e accreditato. Il pagamento di terra e di

capitale, come anche tutti gli altri tipi di pagamento, richiedono in maniera assoluta un

reddito preesistente: è lo scambio tra moneta e prodotto che trasforma il prodotto reale in

moneta-reddito. Come aveva affermato Adam Smith nel l’opera “ Indagine sulla natura e le

cause della ricchezza delle nazioni” , reddito e prodotto non sono unità distinte, difatti il

prodotto nazionale non è altro che l’aspetto reale del reddito nazionale, il quale è

l’espressione monetaria dello stesso.

Questi concetti sono fondamentali per comprendere come il microcredito alla produzione

sia un ottimo strumento per creare lavoro, dato che il lavoro è l’unico fattore in grado di

creare forma-utilità, quindi reddito, e di conseguenza una certa quantità di ricchezza.

Inoltre, il microcredito è sicuramente una buona soluzione per quei paesi dove l’intervento

statale attraverso i sussidi è molto elevato, con conseguenze quali la trappola della povertà4

che disincentiva l’impegno individuale a migliorare la propria condizione, una situazione

che interessa molti paesi europei dove vi è un imponente sistema di sussidi. Tra gli impatti

del microcredito bisogna inoltre considerare la riduzione del costo sociale ed economico

alla disoccupazione (Cencini & Borghi 2010 : 73). Difatti, secondo l'AIDE5, un'istituzione

di micro finanza, in Francia la creazione di una microimpresa individuale costa 4000 euro,

mentre il versamento dei sussidi di disoccupazione per persona hanno un costo annuo

totale di 18 600 euro. Questa situazione si riscontra in tutti i paesi mediorientali, nello

specifico nei paesi del Golfo, dove i sussidi coprono la quasi totalità di settori quali:

l’alimentare, le abitazioni, il settore energetico, e anche alla disoccupazione, poiché le

istituzione pubbliche sono utilizzate come ammortizzatori sociali, come si vedrà in seguito

nel caso specifico dell'Arabia Saudita.

4 «La trappola della povertà è un circolo vizioso, così detto equilibrio Pareto-Dominato, molti contributi teorici hanno studiato le soglie di un'accumulazione di capitale che limitano in modo efficace l’ulteriore crescita del reddito delle famiglie. Le spiegazioni proposte sono diverse, ad esempio la non linearità nel rapporto tra nutrizione e produttività, i vincoli di liquidità, queste spiegazioni sono legate ai mercati incompleti» (Kwak & Smith 2011 : 2-3). 5 L’ADIE, Associazione per i Diritti all’Iniziativa Economica, è stata fondata da Maria Nowak a Parigi nel 1989. Il suo scopo è sostenere coloro che sono stati esclusi dal mercato del lavoro e dal sistema bancario classico, attraverso il microcredito e i servizi di accompagnamento.

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1.2 Il concetto di «interesse» nell’Islam e il divieto di riba

L’interesse è stato vietato per molti secoli dalle religioni monoteiste: difatti nell’ebraismo,

nel cristianesimo e nell’Islam vi è sempre stato un divieto assoluto dell’usura, che è poi

divenuto, attraverso l’interpretazione dei teologi, un divieto dell’interesse. A differenza dei

paesi che hanno aderito ad un’economia di mercato liberale e che sono costituzionalmente

laici, nella gran parte degli stati a giurisdizione islamica la stretta relazione tra la

dimensione teologico - morale e quella normativa, sia a livello sociopolitico che

economico, ha portato a mantenere il divieto di interesse. Secondo i dettami della Shari’ah,

la legge islamica, vige il divieto di riba6, che letteralmente significa «accrescimento» o

«aumento».

In generale oggi il concetto di riba è definito come divieto di pagamento di interessi

legati al fattore temporale, frutto di una semplice rendita finanziaria non correlata ad

un’attività reale con un determinato livello di rischio (Salvi & Miglietta 2013:21).

Ciò implica che in molti paesi arabi qualsiasi tipo di prestito è assoggettato a queste norme,

compresa la micro finanza, dove, non avendo per la gran parte dei casi alcuna garanzia

collaterale per il prestito ottenuto, i tassi di interesse risultano maggiori rispetto ai tassi di

mercato attuati nel mondo occidentale. Di conseguenza la microfinanza viene vista come

una forma di appropriazione indebita, o sfruttamento economico. Il concetto di riba viene

molte volte applicato secondo l’interpretazione dei giuristi: nel corso del tempo il sistema

finanziario islamico è stato definito in maniera semplicistica come interest free, il che è

molto riduttivo. Secondo Siddiqi (2004) la possibilità di applicare il tasso di interesse alle

transazioni finanziarie espone il sistema finanziario ad un’alterazione della sua funzione

strumentale all’economia reale, perché il denaro diverrebbe uno strumento per generare

altro denaro, il quale, come abbiamo visto nella teoria economica quantica, può essere

generato solo tramite il lavoro. Questo principio lo ritroviamo nella concezione islamica, in

cui il denaro è solo un mezzo, di per sé incapace di generare valore.

6

Nel Corano troviamo il divieto di accrescimento in quattro Sure, termine Arabo utilizzato per indicare ognuna delle centoquattordici ripartizioni testuali in cui è diviso il Corano : Ar-rùm (30 : 39), Al-Imran (3 : 130), Al-Baqara (2 : 275-281), An-Nisa (4 : 161).

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Malgrado il concetto di riba sia molto generico, la maggior parte dei giuristi e teologi

verte su una definizione restrittiva del termine, anche se come vedremo, questo non

implica che le forme di prestito tradizionali siano totalmente vietate e che la raccolta

del capitale non sia accompagnata dal pagamento di un costo, difatti vengono

ammessi schemi di finanziamento basati sul Profit and Loss Sharing, il cui

rendimento varia in base all’andamento dell’attività finanziata (Siddiqi 2004 ).

Una forma molto comune usata nei paesi medio orientali è il posticipo del pagamento delle

merci tra i commercianti. Secondo gli studiosi di finanza islamica, questa forma di

posticipo del pagamento determina un costo, il quale è ammesso secondo i dettami della

legge islamica. Il principio di applicazione di tale prassi è fondamentalmente

un’attualizzazione, giustificata dalla nozione di preferenza temporale, ossia la preferenza

per il consumo di un determinato bene oggi, rispetto al consumo dello stesso bene in un

periodo futuro. Viene quindi applicato un tasso di interesse, che fungerebbe da tasso di

sconto. La differenza tra i valori attuali e futuri non viene però giustificata da un aumento

del valore della merce, dato che questa non può variare nel tempo, ma attraverso un

ragionamento basato sulla legge della domanda e dell’offerta, ossia che nella linea

temporale le forze della domanda e dell’offerta variano, così da ammettere un diverso

prezzo in momenti diversi. Un altro elemento rafforzativo alla legge della domanda e

dell’offerta riguarda la variazione dovuta all’inflazione: difatti viene considerato che 100

euro di oggi, non equivarranno a 100 euro di domani. Seguendo la logica sopra citata il

creditore potrebbe vedere il capitale prestato ridursi, invece di accrescere di un determinato

tasso.

1.3 La finanza informale

Molti studi che hanno per oggetto i paesi in via di sviluppo hanno mostrato che le strutture

finanziarie di tali paesi hanno una natura dualistica. Da una parte troviamo una struttura

che comprende un insieme di istituzioni finanziarie facenti parte del cosiddetto “sistema

formale”, regolamentato da norme nazionali e internazionali, quali banche commerciali,

compagnie assicurative, banche per lo sviluppo le quali nella prassi sono sotto il controllo

diretto della Banca Centrale. In parallelo troviamo il così detto “sistema informale”, al di

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fuori del controllo giuridico stabilito (African Economic Research Consortium 1993),

composto da usurai, Rotating Savings and Credit Associations (ROSCA), o in generale

pratiche limitate di prestito gestiste da associazioni comunitarie, membri di famiglie,

commercianti e prestatori su pegno (Cencini & Borghi 2010).

La micro finanza si inserisce in un contesto dove la finanza informale ha un ruolo centrale

nel sistema economico; ciò è dovuto al sistema finanziario immaturo dei Paesi in via di

sviluppo, alla lontananza degli istituti finanziari dai centri urbani e alla mancanza di

collaterali che i prenditori dovrebbero dare in garanzia per accedere al credito bancario. La

microfinanza, quindi, per essere efficace deve tenere in considerazione la struttura

dell’economia e l'organizzazione sociale del Paese, e avere la possibilità di entrare nel

sistema assimilando alcuni tipi di finanza informale laddove sia possibile. In seguito

vedremo nello specifico alcune tipologie di finanza informale nel mondo arabo, ad ogni

modo le ROSCA sono istituzioni piuttosto diffuse: associazioni i cui membri versano

periodicamente risparmi di un dato ammontare e beneficiano a turno di prestiti

corrispondenti al totale dell’ammontare versato da tutti (Cencini & Borghi 2010). Grazie

ad un’intervista ad un membro che ha fatto parte di una di queste associazioni ( Dahhan

2014) ho potuto individuare le differenze fondamentali rispetto alle metodologie applicate

in altri PVS. In Medio Oriente l’uso di questa pratica creditizia è molto sviluppata,

prendendo in considerazione Bilad al-Sham, ossia «il Levante», questa viene comunemente

chiamata Jemhie, ossia «settimanale», anche se il ritrovo dei membri può essere sia

mensile che settimanale. Una differenza fondamentale delle ROSCA in Medio Oriente,

rispetto ad altri PVS, è che non vengono dati beni in garanzia: i membri dell’associazione

sono conoscenti o parenti ed il ciclo dei prestiti varia in basa al numero dei partecipanti.

Questa pratica di credito informale è generalmente gestite dalle donne, il cui ceto sociale è

medio alto, e la somma versata varia, ad esempio, da 2000 S.P. fino a 10 000 S.P. ossia

da 20 $ a 200 $ secondo la World Bank (2007). Sembra che chi utilizza questa forma di

credito informale sia solo lo strato sociale benestante, difatti analizzando i dati

macroeconomici quali il PIL pro capite, che secondo i dati della World Bank nell’anno

2007 era pari a 2,065.5 $, ne troviamo un ulteriore conferma . Il prestito viene utilizzato

comunemente come credito destinato al consumo, ad esempio per l’acquisto di un

elettrodomestico, oppure come una forma di risparmio che consente alle donne di

comprare oro: in sostanza è una forma di pagamento rateale senza tassi di interesse. La

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sanzione sociale e l'eventuale perdita dello status fa si che sia molto difficile che un

membro non adempia alle sue obbligazioni, così questa forma di garanzia sociale fa sì che

vi sia una continuità nella raccolta e nell’emissione di questi piccoli prestiti.

Un'altra forma di finanza informale utilizzata in Medio Oriente è il cosiddetto “credito

accordato dai commercianti”: questa forma è ampiamente utilizzata nell’ambito lavorativo,

dato che il sistema bancario e di garanzie è accessibile solo alle grandi imprese oltre a non

esserci un sistema bancario ramificato sul territorio. Nel caso dei piccoli commercianti, i

beni vengono venduti ratealmente pagando un sovrapprezzo: ad esempio, se il bene in

questione ha un prezzo di 20 S.P. cada uno, il cliente che comprerà la merce pagherà 22

S.P. cada uno, per accedere al pagamento rateale. Inoltre, quando gli importi sono cospicui

il prezzo viene fissato in valuta estera o viene legato all’oro, così da avere una sorta di

garanzia per il creditore contro possibili svalutazioni monetarie. Il credito accordato dai

commercianti non viene utilizzato solo in un ambito territoriale limitato ,come città o

provincie, ma spesso viene concesso anche ai Paesi limitrofi. Tale prassi era infatti molto

utilizzata tra le piccole manifatture con sede in Siria e i commercianti residenti in Libano.

Anche per questa forma di credito ha molta rilevanza la sanzione sociale e la famiglia che

opera nel settore può vedere il suoi introiti calare se non rispetta i suoi adempienti. Inoltre,

vi è anche un fattore di continuità lavorativa: non potendo accedere ai servizi bancari che

solitamente si interpongono tra i commercianti e le imprese, non rimane che l’utilizzo di

queste forme di finanziamento per poter avere una continuità lavorativa.

Un'altra importante forma di finanza informale, che possiamo far rientrare nella categoria

“credito accordato dai commercianti” è quella derivante dal prestito concesso su vendita di

un bene, immobile o mobile, ad un prezzo nettamente inferiore rispetto al mercato.

Solitamente dopo che si è stabilito il periodo del prestito, il prenditore cede

momentaneamente il bene in questione, attraverso un negozio giuridico, per ricevere la

controprestazione monetaria, la quale può andare da un terzo fino a metà del prezzo reale.

Il prenditore dovrà restituire la somma stabilita con gli interessi, i quali possono

raggiungere oltre il 100% su base annua. Se il debitore non riuscirà ad onorare il suo

impegno, il creditore venderà il bene per rifarsi sul credito concesso; il terzo che ha

interesse all’acquisto del bene, sovente viene trovato già alla stipula del contratto iniziale

tra debitore e creditore. Queste operazioni assumono un valenza legale in quanto vengono

poste in essere attraverso l’uso del diritto, e solitamente gli avvocati vengono usati come

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procacciatori d’affari, cui spetta una certa percentuale su ogni operazione effettuata.

Questo tipo di prestazione è un paradosso, dato che in molti Paesi Arabi, anche se vi è

un’accettazione del prestito con interessi a livello giuridico, vi è un ripudio di questo a

livello ideologico e sociale. Tali operazioni, quindi, possono essere solo considerati una

forma di usura.

Infine, vi è la possibilità di un anticipo del reddito da parte del datore di lavoro verso i

propri dipendenti per coprire i bisogni del momento, una prassi molto utilizzata dato che le

fasce operaie hanno molta difficoltà ad accedere agli istituti bancari tradizionali a causa di

vari fattori: analfabetismo, lavoro irregolare senza un contratto ufficiale, ecc.

1.3.1 Forme specifiche di finanza informale in Medio Oriente

Tra le forme di finanza informale che troviamo in Medio Oriente, anche se propriamente

non rientrerebbero nella categoria dei prestiti, ma possono essere considerati comunque

fonti di finanziamento, possiamo indicare:

x Zakat

x Le rimesse

x Il sussidio statale

Il Zakat è il terzo pilastro dell’Islam, fra i più importanti doveri religiosi (Corano, sura II

verso 43). Il termine Zakah non trova alcun equivalente in nessun’altra lingua, ma

possiamo definirlo in maniera superficiale come una detrazione di una certa percentuale

delle proprie sostanze. Secondo i Sufi7 la Zakah non è una semplice elemosina, in quanto

questa sorta di redistribuzione consente di ridurre le sofferenze dei membri poveri della

società. È una sorta di consolazione, che conforta gli individui meno fortunati, ma

comunque rimane un appello a migliorare la propria condizione. Vediamo nello specifico

come funziona il Zakat. Secondo i dettami, ogni musulmano che alla fine dell’anno sia in

possesso di circa quindici dollari o più, in contanti o in beni commerciabili, deve versare il

7 Sufismo: secondo l’enciclopedia Treccani il Sufismo nell’Islam è la dottrina e la disciplina di perfezionamento spirituale. Si presenta come un insieme di metodi e dottrine che tendono all’approfondimento interiore dei dati religiosi, per preservare la comunità dal rischio di un irrigidimento della fede e di un letteralismo arido e legalistico.

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2,5% dell’importo posseduto; in caso il denaro sia investito in attività come industria o

immobili, lo Zakat va calcolato sul totale netto del reddito, e può essere consegnato in

forma monetaria o sotto forma di beni. I destinatari vengono suddivisi in categorie, quali i

bisognosi, i neofiti, gli indebitati8.

La gestione di tali fondi trova due modelli applicativi: il primo è il caso saudita, in cui con

il regio decreto 3321 art. 19, del 21/01/1370 H (ossia nel 1950) viene delegato all’autorità

del Ministero delle finanze la raccolta dello Zakat. Tutti gli individui e le aziende in

possesso della cittadinanza saudita sono quindi sottoposti alla tassazione del 2.5%.

Successivamente tale norma è stata introdotto anche per tutti i paesi membri della GGC9 e

per gli stranieri operanti nell’area del Golfo. Lo Stato diviene l’amministratore di tali

somme di danaro, le quali sono reinvestite secondo i dettami islamici, ossia per il

miglioramento sociale attraverso una redistribuzione gestita dall’alto. Il secondo modello

lo troviamo soprattutto nel Levante, come in Libano e Giordania, in cui è stata introdotta

la raccolta dei fondi tra i compiti del ministero delle finanze, come nella GGC, ma questa

non è stata- concepita come tassazione; ai cittadini è lasciata la possibilità di decidere se

effettuare il versamento e soprattutto a chi versarlo, come ad esempio ONG, fondi di

banche islamiche, ecc. Questi modelli che definiamo top-down e bottom-up rispecchiano in

un certo senso la struttura politica dei Paesi stessi.

Accanto allo Zakat, le rimesse svolgono un ruolo molto importante per i Paesi emergenti,

considerando che secondo i dati della banca mondiale si stima che le rimesse nell’anno

2014 hanno subito un incremento del 7,2% rispetto all’anno passato, toccando i $ 436

Miliardi (KNOMAD World Bank, 11/04/2014). Rimangono dunque una risorsa chiave,

superando di gran lunga l’aiuto pubblico allo sviluppo e rimanendo più stabile del debito

privato e dei flussi di portafoglio azionario. Oltre ad essere una fonte finanziaria per le

famiglie svolgono un ruolo centrale nel reperimento di valuta estera, permettendo di pagare

le importazioni e coprire in parte il disavanzo commerciale.

Tra i Paesi di cui ci occupiamo nel nostro studio, il Libano si trova nettamente in una

situazione differente rispetto al Regno Saudita: infatti, secondo i dati pubblicati dalla 8 Sufi (fonte web) 9 GCC : Gulf Cooperation Council organizzazione nata nel 1981 oltre all’obiettivo della moneta unica e alla cooperazione militare, gli scopi prefissati dell’organizzazione riguardano una regolamentazione comune di alcune questioni nei campi dell’economia, della finanza, del commercio, e del turismo, il progresso tecnologico e scientifico, i membri attuali della GCC sono Arabia Saudita – Bahrain – Emirati Arabi Uniti – Kuwait – Oman – Qatar .

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Banca Mondiale, nel 2013 il Migrant Remittance Inflows del Libano è ammontato a $ 7200

milioni, ovvero, in termini di Remittances as a Share of GDP (%), al 16,1%. Mentre il

Regno Saudita nell’anno 2013 ha registrato un Migrant Remittance Inflows di $ 274

milioni, ovvero lo 0,034 %. Il Regno Saudita si trova quindi in una situazione opposta

rispetto a quella libanese. Analizzando i flussi in uscita, infatti, si nota che il suo Migrant

Remittance Outflows nel 2012 era pari a $ 29.493 milioni, mentre quello libanese si aggira

negli anni dal 2010 al 2012 attorno a $ 4200 milioni. Quest’ultimo dato è da considerarsi

un dato gravato dal flusso di migranti provenienti dalla Siria, i quali hanno superato il

milione di persone, pari a più del 22% della stessa popolazione libanese, secondo una stima

delle Nazioni Unite.

Il terzo fattore di finanza informale che prenderemo in considerazione è il sussidio statale,

usato soprattutto nelle monarchie del Golfo, dove l’obiettivo di ogni regime è preservare il

proprio potere. Difatti, la strategia della legittimità neo-patrimoniale ha due obiettivi

principali: (i) controllare gli attori interni al sistema; (ii) promuovere un tipo di sviluppo

economico che neutralizzi la volontà di cambiare lo status quo. Il secondo punto è

fondamentale dato che le politiche implementate dai regimi del mondo arabo non appaiano

improntate su strategie volte a promuovere lo sviluppo della produttività, del commercio

internazionale e a migliorare la stabilità del sistema nel suo complesso. Al contrario, lo

sviluppo è prettamente funzionale a preservare la capacità dei regimi di mantenere le

proprie basi di legittimità (Locatelli & Parsi 2013). L’analisi delle politiche economiche dei

Paesi arabi mostra che il mantenimento di una tassazione minima da parte dello Stato, un

ampio impiego pubblico, sebbene inefficiente, ed un costoso sistema di sussidi che va a

toccare la quasi totalità dei beni di prima necessità, dai prodotti alimentari all’agricoltura in

generale, al gasolio ecc., sono stati fattori cruciali per garantire il contenimento delle spinte

centrifughe in grado di destabilizzare il potere stesso. Per quanto concerne la nostra analisi,

questa tipologia di struttura economica e sociale ci consente di definire tali sussidi al pari

di donazioni, fatto che ha portato alcuni Paesi arabi ad essere definiti come “economie

delle rendite”, grazie agli enormi giacimenti di risorse naturali che permettono una

“prosperità pigra” (Locatelli & Parsi 2013). Una struttura economica inefficiente ha portato

paesi come il Regno Saudita ad una continua contrazione del settore manifatturiero: come

possiamo osservare nella tabella 2, il settore manifatturiero si è contratto in percentuale al

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PIL, passando da un -2,1% della decade 1980/1990 a -8,1 punti percentuali della decade

2000/2008.

Tabella 2 Crescita del Settore Manifatturiero (% PIL)

1970-1980 1980-1990 1990-2000 2000-2008

Algeria 1.9 -5.8 -10.9 -0.2

Egitto 1.0 1.1 -2.7 1.3

Giordania 9.5 -8.8 -1.2 1.2

Kuwait 7.3 -1.9 2.9 0.4

Marocco n.d. -7.4 -0.2 -0.5

Arabia Saudita n.d. -2.1 n.d. -8.1

Siria 4.0 3.8 6.5 -0.1

Tunisia n.d n.d. n.d -1.3

Yemen n.d n.d. n.d 0.9

Fonte ( Locatelli & Parsi 2013 : 82 tabella 2 )

Secondo la pubblicazione del FMI (Marzo 2014) sui dati relativi ai sussidi energetici, la

regione MENA eroga circa metà dei sussidi energetici globali. Nel 2011 sono state

calcolate le risorse impiegate nella regione relative ai sussidi energetici e i dati risultano

sconcertanti: pari a 237 miliardi di $. L’analisi portata avanti dal FMI dimostra che tali

sussidi non forniscono un sostegno efficace alla popolazione più povera, difatti solo una

parte è utilizzata come sussidio diretto alle famiglie, ma la maggioranza di tali sussidi è

rivolta alle grandi imprese, che sfruttano i bassi costi energetici per essere più competitive

sul mercato. Inoltre vengono sottolineate le conseguenze di tali sussidi, quali:

x distorsione dell’economia, perché si scoraggiano gli investimenti nel settore

energetico alternativo e nelle industrie labour-intensive;

x eccessivo consumo dei prodotti petroliferi disincentivando un’ottica di efficienza

energetica, sia a livello industriale che sociale;

x aumento dell’inquinamento e del surriscaldamento globale.

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Vi sono forti ostacoli al cambiamento, come abbiamo visto: fattori relativi al mantenimento

dello status-quo, un deficit informativo, e infine l’impatto sulla fasce povere della

popolazione.

Secondo il FMI serve una road for reform che si sviluppi su vari punti: con un piano

strutturato di riforma, una strategia comunicativa per poterla intraprendere, un incremento

graduale dei prezzi e strumenti di mitigazione per le fasce più povere (una soluzione

indicata è quella dei vauchers, o trasferimenti diretti alla popolazione). L’approccio di

mitigazione del FMI verso le fasce più povere risulta però lasco, anzi, se riprendiamo il

concetto definito da Novak (2005), si mostra completamente errato. L’autrice definisce

infatti la povertà come una situazione nella quale le persone non dispongono di un reddito

guadagnato in maniera autonoma e rispettoso della dignità della persona.

L’assistenzialismo, come primo strumento utilizzato oggi nel mondo arabo attraverso i

sussidi, produce tre effetti perversi: è passivizzante, uccide la solidarietà tra i cittadini ed

incrementa la burocrazia. Il microcredito può essere la soluzione alla povertà,

rimpiazzando completamente l’assistenzialismo che fino ad oggi ha provocato questi tre

effetti perversi, o come definito in precedenza da Parsi ( Locatelli & Parsi 2013 ), la

«Prosperità Pigra dei paesi Arabi».

1.4“L’influenza olandese”: squilibri globali, ricadute locali e il microcredito

Il termine Dutch disease fu coniato dal giornale The Economist, in un articolo del 26

novembre 1997, per descrivere gli effetti sfavorevoli del settore manifatturiero in Olanda a

seguito delle scoperte di giacimenti di gas negli anni '60. Con la scoperta di giacimenti di

gas l’economia olandese ha infatti vissuto un forte incremento del suo commercio, ma tale

sviluppo nel settore delle risorse naturali ha avuto un grosso impatto sull’export di tipo non

petrolifero, apprezzando il fiorino olandese, con una conseguente graduale riduzione della

competitività del mercato manifatturiero. Tale processo economico viene definito oggi

come Dutch disease (Rabbi & et alii 2013).

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In termini più generici possiamo definirlo come un concetto economico che cerca di

spiegare l’apparente relazione tra il maggior afflusso di valuta estera e il declino

dell’economia. Difatti questo problema può essere riscontrato non solo nei paesi

esportatori di materie prime, ma anche in quei paesi, come il Libano, in cui vi è un elevato

flusso di rimesse, le quali secondo la teoria potrebbero rendere il mercato produttivo meno

competitivo, a causa di un aumento del saggio di cambio Rabbi et alii (2013) hanno

elaborato un modello per la verifica degli effetti del Dutch disease in Bangladesh

relativamente alle rimesse degli immigrati, mostrando gli effetti di tale fenomeno

basandosi sulle dimostrazioni fatte da Keynes e Holin (1929:1-17). Generalmente, un forte

afflusso di reddito da aiuti stranieri o rimesse crea ricchezza per l’economia, riducendo la

povertà, e ciò dovrebbe portare i Paesi poveri alla famosa spinta che li permetterebbe di

uscire dalla trappola della povertà citata precedentemente. Ma gli studi empirici

suggeriscono il contrario: alcune ricerche hanno mostrato come un significativo aumento

di capitale può portare ad apprezzare il tasso di cambio reale, mettendo in crisi il settore

dell’export. I fattori monetari e i fattori reali influenzano infatti il tasso di cambio, portando

a:

1) variazione dei tassi di crescita monetari, i quali provocano anch’essi variazione delle

aspettative e inflazione persistente;

2) variazione della domanda relativa dei prodotti domestici, la quale porta ad un

apprezzamento del real exchange rate.

Nell’analisi fatta dal centro di ricerca dell’Università di Notre Dame in Australia (2013) si

afferma che l’equilibrio del tasso di cambio reale è influenzato dai “fondamentali”, o

variabili reali, sia nel breve che nel lungo periodo, mentre le variabili nominali hanno

effetto solo nel breve periodo. Quindi, un aumento della domanda interna, spinto

dall’aumento di liquidità (rimesse) provocherà un apprezzamento del tasso di cambio reale,

in altri termini una perdita di competitività esterna.

Tuttavia, le variabili nominali come il deprezzamento nominale e l'espansione del credito

interno possono essere utilizzate come dispositivi di politica per correggere il

disallineamento della tasso di cambio reale dal suo valore di equilibrio nel breve periodo.

Queste affermazioni sono state dimostrate attraverso un’analisi dei dati relativi al

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Bangladesh dal 1971 fino al 2011. Dato che non tutti i dati relativi ai fondamentali RER10

erano disponibili per il periodo preso in considerazione, è stato costruito un real exchange

index, in base al quale il peso commerciale relativo al tasso di cambio nominale si è

sgonfiato, rapportando i prezzi esteri ai prezzi domestici. Pertanto, una diminuzione in tale

rapporto indica un apprezzamento reale, quindi una perdita di competitività internazionale.

Successivamente sono stati usati diversi test per la verifica, come il Chow Test11, il quale

ha dato come risultato una rottura nell’anno 1994, e i dati sono stati quindi corretti

attraverso un modello aggiornato con l’aggiunta di altre variabili.

I risultati ottenuti sono i seguenti:

Nonostante gli effetti socio - economici positivi delle rimesse, questo studio conclude che

l'enorme afflusso di rimesse sta avendo effetti negativi sul tasso di cambio reale, che

tuttavia possono essere contrastati dal governo del Bangladesh attraverso la progettazione e

l'attuazione di politiche in grado di deviare le rimesse del settore non- tradable per progetti

di investimento nell’economia.

Così il governo può ridurre gli effetti del Dutch disease, aumentando la competitività;

difatti, oltre a cercare di indirizzare il flusso di tali capitali, lo studio dimostra che

l’apertura al commercio, quindi l’abbattimento di dazi o contingentamenti, può rivelarsi

uno strumento per deprezzare il tasso di cambio reale. Dai calcoli effettuati si evidenzia

che un aumento di un punto percentuale nell’apertura al commercio comporta nel caso del

Bangladesh un deprezzamento del 2.38% del tasso di cambio reale (Rabbi, et alii 2013).

10 L’effetto delle rimesse fu definito dal seguente modello RER Model:

LNREER=α+β1LNRREMTT+β2Xt+εt (1)

Dove LNREER è la chiave esplicativa del logaritmo naturale del rapporto tra flusso di rimesse e PIL. Il vettore di controllo delle variabili xt: contiene le ragioni di scambio (LNTOT), l’apertura al commercio ( LNOPEN ), il progresso tecnologico (Tecp) e le variabili Nominali: composte da offerta di moneta (LMN2), svalutazione nominale (ND). εt che identifica il termine di errore. 11 Il test di Chow (dal nome dello statista statunitense Gregory Chow) è una prova econometrica sulla stabilità dei parametri. Immaginiamo infatti di avere una serie temporale che però manifesta una rottura strutturale, ovvero si manifesta un cambiamento netto nel tempo dei parametri della regressione. Se conducessimo un'unica regressione il risultato sarebbe quello di ottenere una relazione valida in media, ossia che combina i differenti periodi. Il test di Chow allora verifica se esiste ed è significativa una data di rottura.

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Grazie a questa dimostrazione empirica possiamo affermare che sia nel caso di economie

considerate relativamente ricche, quali i paesi del golfo, sia nel caso del Levante, vi è un

problema di Dutch disease: nel primo caso provocato dalle materie prime, mentre nel

secondo relativo alle rimesse. Una politica economica adeguata, cioè l’apertura al

commercio e un indirizzamento dei capitali verso i settori tradable, può contrastare il

problema derivante dalle rimesse. «Increasing trade openness by reducing trade restrictions

like tariffs and quotas lowers the relative price of tradables to non-tradables and improves

the competitiveness of a country in the external trade» ( Rabbi, et alii 2013 : 158).

«Il classico Dutch disease scenario mina la fiducia in se stessi, così come gli sforzi di

stimolo dell’economia interna e il più alto livello occupazionale nazionale» (Remenyi &

Quinones 2000). Gli autori del testo da cui è tratta questa osservazione riportano

l’esperienza della micro-finanza nelle isole del pacifico come la Papua New Guinea, Fiji

ecc., e affermano che, laddove le politiche di governo per garantire una crescita economica

sostenibile siano apparse inefficaci, si è focalizzata l’attenzione sulla necessità di

accelerare lo sviluppo del settore privato, tra cui lo sviluppo delle microimprese. Gli autori

sottolineano non solo la perdita di competitività verso l’esterno, ma anche il meccanismo

relativo alla perdita di posti di lavoro, data dallo spostamento dai settori tradable ai settori

non tradable. La soluzione da loro proposta riflette in parte quella data dai tre economisti

australiani, ossia indirizzare i capitali verso la creazione di micro imprese, oltre ad

investire nelle infrastrutture e nell’istruzione che, come ben noto, dà i suoi benefici nel

lungo periodo.

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1.4.1 Soluzione all’oscillazione dei cambi: Teoria del Circuito

Monetario12

Abbiamo visto un’analisi del Dutch disease e le problematiche derivanti da questa analisi,

oltre alle possibili soluzioni indicate dalle teorie economiche classiche, ma anche

l’economia quantica propone una soluzione a questi tipi di squilibri. Per poter seguire

meglio l’analisi considerata presenterò brevemente alcuni concetti necessari alla

comprensione. Il termine «microcredito» può addurre confusione e far pensare che,

parlando di importi esigui il credito accordato agli imprenditori sia di natura

microeconomica, ma interrogandosi sul significato del credito alla produzione si può

arrivare a comprendere che il credito accordato agli imprenditori è di natura

macroeconomica. Il pagamento dei salari è un’operazione macroeconomica per eccellenza:

l’attribuzione di una forma numerica al prodotto fisico porta alla nascita di un reddito

che definisce l’arricchimento del sistema economico nel suo insieme. La produzione

economica non è una creazione fisica, ma monetaria e il reddito è il risultato

dell’associazione tra moneta e prodotto.

Per comprendere meglio bisogna tener presente che il credito accordato dalle banche

che paga i salari è quantico, proprio perché non implica un prestito di un reddito

preesistente prima che la produzione abbia luogo, ma di quello che nasce al

pagamento stesso. Il reddito macroeconomico è quindi l’oggetto del credito quantico,

l’attivo netto creato nel pagamento dei salari e prestato all’azienda. (Cencini &

Borghi 2010 : 89)

La distinzione tra operazioni microeconomiche e macroeconomiche non sempre è

immediata, il singolo pagamento di un salario difatti arricchisce il soggetto, e sicuramente

12 “ L’analisi sviluppata negli ultimi quarant’anni da Bernard Schmitt (1929 -2014) mostra come la scienza economica sia effettivamente in grado di contribuire a risolvere il problemi che incontrano i nostri sistemi economici, sia a livello nazionale, sia a livello internazionale. Nella sua analisi quantica della moneta, la produzione è concepita come un’emissione, un evento istantaneo attraverso il quale il prodotto fisico assume forma monetaria ed è emesso in un «istante temporale». Infatti, il concetto di «emissione» è conforme ai pagamenti monetari, essendo emessa la moneta in un movimento circolare che implica la sua creazione e la sua simultanea distruzione contabile ” (cfr. http://www.quantum-macroeconomics.info ). Per approfondimenti, cfr. Cencini (2008).

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l’insieme del quale egli fa parte, quindi ogni attivo netto definisce un reddito

macroeconomico.

Un esempio di operazione microeconomica lo troviamo nel credito al consumo, che infatti

rientra nei crediti ordinari, ossia un reddito esistente già formato, che viene trasferito da un

risparmiatore a coloro che chiedono un prestito. Secondo l’analisi della macroeconomia

quantica, «il credito ordinario si appoggia al credito quantico, dato che il tutto deve essere

preceduto dalla produzione per far si che nasca un reddito, anche se nulla vieta alla banca

di anticipare il reddito, il quale a livello contabile si annullerà alla sua formazione»

(Cencini & Borghi 2010).

Chiarito il legame tra microfinanza e la natura macroeconomica di operazioni quale il

microcredito, che genera ricchezza attraverso la produzione per l’intera collettività,

possiamo passare all’analisi degli squilibri sopracitati. «A differenza della maggioranza dei

modelli che pretendono di spiegare le fluttuazioni del tasso di cambio, l’analisi quantica

dell’economia monetaria mostra come la variazione dei tassi di cambio non dipende dai

tassi di interesse, o come l’esempio riportato precedentemente da squilibri commerciali o

finanziari tra i paesi»13. Nella nostra analisi vengono presi in considerazione gli squilibri

commerciali derivanti dall’export petrolifero e gli squilibri monetari derivanti dalle

rimesse, le quali possono dare beneficio all’economia da un punto di vista delle riserve

(nell’attuale disordine monetario), ma come abbiamo visto provocano una perdita di

competitività del settore export, oltre a provocare la così detta “deindustrializzazione” data

dal Dutch disease.

Nell’attuale disordine monetario la moneta perde la funzione di numerario e viene elevata

a livello di merce, trasformandola in oggetto di scambio, anche se oggigiorno non esiste

più nessun legame tra moneta e metalli preziosi, poiché «la natura della moneta è

immateriale e tale rimane qualunque oggetto fisico venga utilizzato per rappresentarla»

(Cencini & Borghi 2010 : 108).

Il risultato è che le teorie economiche tradizionali non riescono a proporre una soluzione

definitiva, come abbiamo visto nella ricerca effettuata dall’università australiana, ma

13 ( Manifesto per lo sviluppo e la diffusione della Macroeconomia Quantica ) fonte web.

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solamente strumenti che cercano di tamponare i vizi del sistema internazionale dei

pagamenti.

Vediamo con un esempio come avviene la creazione di moneta patologica che va ad

alimentare il mercato speculativo e il disordine monetario: useremo il dollaro, ma il

concetto può essere applicato a qualsiasi valuta.

Se gli USA trasferiscono la loro moneta al resto del mondo (R) in cambio di beni e

servizi, si limitano a riconoscersi un debitore di R, a inviargli un pagherò. La somma

di $ registrata dalle banche R definisce la somma totale del debito dell’intero sistema

bancario statunitense, e quindi del paese Stati Uniti d’America.

La conseguenza di questo non-sistema dei pagamenti, è che nessun paese può pagare

le sue importazioni commerciali nette, trasferendo al resto del mondo il suo

riconoscimento di debito, questa viene chiamata duplicazione del dollaro, il quale è

registrata al tempo stesso al passivo delle banche statunitensi e all’attivo delle

banche di R. (Cencini & Borghi 2010:109-111).

In altre parole, R diviene titolare di un deposito presso le banche USA e l’ammontare

registrato all’attivo delle banche R non è nient’altro che una duplice registrazione.

Tornando al fondamentale concetto di moneta, la moneta che ha contenuto reale, quindi un

valore positivo, si trova all’interno del sistema bancario USA dove rimane disponibile

all’interno del sistema, mentre la moneta non legata alla produzione, una pura emissione

numerica, rimane il duplicato registrato all’attivo del sistema bancario di R. Questo è un

esempio del capitale patologico nel mercato internazionale, in cui investimenti speculativi

sono fonte di ripetuti disordini.

Un altro grosso problema evidenziato nell’analisi macroeconomica, è « il doppio onere che

colpisce il pagamento degli interessi netti da parte degli indebitati» (Cencini & Borghi

2010). Problema che colpisce maggiormente i Paesi in via di sviluppo, data la loro

posizione di svantaggio, comportando un continuo aumento del debito estero, oltre ad una

costante riduzione delle riserve. Tale situazione «è stata verificata attraverso l’analisi fatta

dal FMI, Report on the World Current Account Discrepancy published September 1987

(Tab 3), la quale mostra un enorme discrepanza negativa dal 1996 al 2002 nella bilancia

dei pagamenti aggregata» (Cencini, 2005). Secondo il FMI questo risulterebbe da errori di

natura statistica, ma l’ampiezza delle discrepanze non può essere giustificata in tal

maniera.

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Come si può notare vi è una percentuale di errore non trascurabile e secondo l’analisi

effettuata dalla teoria economica quantica: tale fatto è il risultato di una mancanza di un

sistema di pagamento internazionale, che provoca un «duplice onere nei pagamenti netti,

ovvero quando gli interessi debitori superano quelli creditori» (Cencini&Borghi 2010 :

113). Tabella 3 World Current Account’s Evolution

(in billions of US dollars)

1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002

World Current

Account -32.3

29.9 -48.7 -80.0 -102.7 -117.8 -76.0

Fonte Cencini A. (2005:9)

Esemplificazione :

Un PVS in una situazione in cui IM > EX, si indebiterà per pagare le importazioni,

cedendo parte del suo reddito futuro, quindi della sua produzione futura, ma a questo si

aggiungerà una seconda espropriazione, un secondo costo, al momento del pagamento

degli interessi netti, in cui il trasferimento sarà unilaterale senza contropartita. Il Paese

dovrà perciò attingere dalle proprie riserve per pagare l’interesse, oppure potrà contrarre un

altro debito, che provocherà l’incremento del debito estero. A queste problematiche

vengono date alcune soluzioni, come l’istituzione di una camera di compensazione

internazionale per le banche centrali, prevista dal piano Keynes (1942,1943) a Bretton

Woods.

La proposta di Schmitt e dei suoi sostenitori mira a trasformare l’attuale sistema dei tassi

relativi di cambio in un sistema a tassi assoluti di cambio. Ossia, utilizzando l’intuizione

suggerita da Keynes (1936, 1942, 1943), che risolverebbe il problema di fluttuazioni e

capitali speculativi: una banca mondiale che emetta una valuta internazionale che agisca da

intermediario monetario e stanza di compensazione.

La moneta essendo un mezzo di pagamento, come affermato precedentemente, un

veicolo numerico di natura bancaria dovrà rispettare gli stessi principi . «La valuta

internazionale, denominata unitas, una volta emessa dalla banca soprannazionale,

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sarà garante della stabilità monetaria solo se rispetterà la natura veicolare della

moneta internazionale e delle varie monete nazionali attraverso un movimento di

flusso-riflusso il quale non alteri né il rapporto reciproco, né quello con l’unitas»

(Cencini 2008:444).

Il risultato è un intermediazione, la moneta sovrannazionale svolge una funzione

puramente veicolare permettendo di lasciare inalterato i saggi di cambio, difatti l’unitas

veicolare svolta la funzione di monetizzare le transizione internazionale scompare. Ciò

risolverebbe gli squilibri monetari derivanti dalla mancanza di un sistema di pagamenti

internazionale. Quindi servirebbe una riforma del sistema dei pagamenti internazionale, ma

nell’attuale situazione di disordine vengono date soluzioni alternative in attesa di una

conferenza come quella di Bretton Woods. Ne sono un esempio ‘la soluzione regionale’

(Cencini 2008:447-454), una soluzione inter-regionale (Cencini2008:454-456) e una

soluzione applicabile da ogni ‘singolo paese’ (Cencini 2008:457-458) , le quali possono

essere intraprese in modo indipendente con la possibilità di intervento diretto per alleviare

il peso del debito estero, aumentando le risorse economiche disponibili sia per i PVS che

per gli stessi paesi avanzati sotto la morsa delle crisi economiche dei nostri giorni.

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Capitolo II Microfinanza Islamica e conciliabilità con la Shari’a

2.1 Principi della Finanza Islamica

La finanza Islamica è l’insieme di istituti giuridici, strumenti finanziari ed imprese

conformi ai dettami e alle tradizioni della Shari’ah14, la quale evidenzia i comportamenti

da non intraprendere piuttosto che quelli leciti: secondo un principio fondamentale della

shari’ah «tutto è permesso purché non sia espressamente vietato». Altri principi

fondamentali sono la trasparenza, la responsabilità sociale e il contenimento della

speculazione. Antonio Salvi, direttore dell’osservatorio M&A presso l’Università

Commerciale Luigi Bocconi, riassume in maniera chiara le principali imposizioni in

materia economico-finanziaria (Salvi & Miglietta 2013:18) :

x Divieto di riba (spiegato nel capitolo precedente).

x Divieto di gharār, letteralmente: eccessiva incertezza. Sia il Corano che la Sunna

vietano l’idea del rischio eccessivo, come il gioco d’azzardo, tuttavia un certo

grado di rischio è concesso. La definizione di Gharār si focalizza più su pratiche

commerciali ingannevoli o sull'utilizzo di mezzi che portano ad esiti non chiari o

sufficientemente certi. Ad esempio: transizioni con pagamento rinviato in un

periodo di tempo non definito; i classici strumenti dei capitali, come i derivati,

prodotti con leve finanziare che non rappresentano un oggetto tangibile.

x Il divieto di Maysīr, molto spesso associato con il Gharār, usando lo stesso termine

per identificare attività ludiche in cui l’abilità ricopre un importanza trascurabile. Il

Maysīr deriva probabilmente dal gioco del maysīr, gioco d’azzardo utilizzato dagli

antichi Arabi. In letteratura però viene definito divieto al ricorso alla speculazione. 14 «La Shari’ah governando gli aspetti religiosi, socio-economici, politici e culturali delle società musulmane, è al tempo stesso legge sacra dell’islam e fonte incontestabile del diritto. Le sue fonti sono rinvenibili nel Corano e nella Sunnah, ossia i detti e le azioni del profeta Muhammad, trasmessi per via orale in forma di Hadīt, (racconti dei compagni del Profeta). La Shari’ah si completa, infine, con la giurisprudenza islamica (Fiqh), basata sul processo di interpretazione che gli esperti di giurisprudenza islamica applicano in caso di regole implicite o non chiare, utilizzando il ragionamento deduttivo-analogico (qiyās) o fondandosi sul consenso degli esperti nelle varie scuole» (Gomel et alii 2010).

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x Inoltre, vi sono le attività proibite dal Corano (Harām) legate al commercio di armi,

all’alcool, alla carne di maiale, al gioco d’azzardo e alla pornografia. La finanza

islamica assorbe tali divieti e, a prescindere dalla struttura dell’affare, vige il

divieto di concedere credito ad attività che operano in tali settori.

Altro presupposto fondamentale che ricade in ambito economico finanziario è l’idea che

non si possa realizzare un guadagno senza l’assunzione di un rischio, definito in altri

termini profit and loss sharing, sui cui si fonda il sistema contrattuale ed operativo delle

banche islamiche. Antonio Salvi sottolinea anche che nella finanza islamica

«ogni operazione finanziaria deve avere dei sottostanti reali affinché la transizione

possa essere definita concorde alla shari’ah. Ne deriva, pertanto, che il bene

sottostante alle operazioni deve essere posseduto o acquistato da una delle parti.

A titolo esemplificativo, la finanza islamica non prevede la possibilità di

finanziare l’acquisto di un bene, occorre disporre del bene stesso per poterlo

vendere» (Salvi & Miglietta 2013: 19).

2.2 Strumenti principali

Le banche islamiche per la raccolta dei depositi utilizzano due strumenti principali (cfr.

Salvi & Miglietta 2013: 39-41): (i) Unrestricted Mudārabah e (ii) Restricted Mudārabah. I

primi sono i classici depositi a vista, privi di remunerazione e senza alcun tipo di spesa a

carico dei depositanti, i secondi sono depositi a termine i quali sono investiti in attività che

prevedono una partecipazione agli utili o all’eventuale perdita dell’attività finanziata.

I contratti utilizzati e considerati conformi alla Shari’ah sono basati sul principio del PLS.

In primis troviamo il contratto di Mudārabah, dove l’imprenditore si impegna a gestire la

somma che è stata concessa in prestito, con il fine di ottenere un profitto da ripartire in

base a una percentuale stabilita in fase contrattuale come quota parte del totale degli utili,

ma non come somma fissa. Vi è anche il contratto di Mushārakah, che può essere

considerato alla stregua di una joint venture tra la banca e l’imprenditore: entrambe le parti

partecipano all’attuazione e alla gestione del progetto, e quindi agli utili, ma in caso di

perdita i soci adempiranno per le obbligazioni sociali in percentuale alla quota

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partecipativa. La differenza tra i due tipi di contratto sta nel capitale conferito: nel primo

caso, interamente dalla banca; nel secondo, sia la banca che l’imprenditore partecipano

finanziariamente al progetto. Altro aspetto fondamentale è la proprietà degli asset

acquistati con l’investimento: solo nel contratto di Mushārakah l’imprenditore è

comproprietario, mentre nel contratto di Mudārabah, la banca detiene il totale della

proprietà degli asset.

Le più diffuse forme di finanziamento non-PLS impiegate per i finanziamenti a breve

termine o per il credito al consumo sono Murābaha, la cosiddetta vendita a termine, e

l’Igārah, definibile come leasing. I flussi finanziari generati da suddette forme tendono a

replicare quelle del credito bancario convenzionale, anche se la remunerazione non viene

esplicitamente legata alla dimensione temporale. Altra forma facente parte dei non-PLS è il

Tawarroq, tipologia di contratto che si sviluppa in due fasi: nella prima vi è la stipula del

contratto tra banca e società, che prevede l’acquisizione della proprietà di un bene da parte

dell’azienda stipulante; la seconda è quella della liquidazione del bene in questione, in

questo caso l’azienda venderà il bene o sul mercato o direttamente alla banca attraverso un

contratto di agenzia. L’obiettivo di questa tipologia di contratti è l’esigenza immediata di

liquidità. Rientra nella categoria dei contratti Tawarroq l’istisna, nel quale un'azienda o

imprenditore si impegna ad acquistare un bene non ancora esistente a fronte del pagamento

dello stesso in via anticipata o rateale, un esempio tipico di applicazione di tale contratto lo

si può osservare nel mercato immobiliare. Il contratto di Salam presenta una caratteristica

affine all’istisna, ossia la vendita differita con pagamento immediato, ed è molto utilizzato

per i piccoli agricoltori che necessitano di liquidità per poter intraprendere la coltivazione

dei propri terreni, il vantaggio per l’acquirente è il prezzo fissato del bene agricolo.

«Principio della condivisione del rischio è sempre integrato da un approccio etico

alle transizioni finanziare. Proprio per questa ragione la finanza islamica rivolge la

propria offerta anche a quei soggetti che per la finanza tradizionale potrebbero essere

considerati ‘non bancabili’, privilegiando il principio etico dei finanziamenti» (Salvi

& Miglietta 2013: 26) .

Salvi presenta inoltre una forma che considera di microcredito a disposizione delle banche

islamiche, ossia Al-Rahnu (islamic pawn banking), un canale di credito per tutti quei

soggetti che devono ricoprire esigenze quotidiane, oppure per soddisfare il fabbisogno

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temporaneo di capitale circolante delle PMI. I collateral solitamente sono costituiti da beni

valutabili come oro, gioielli ecc., e nei prestiti convenzionali garantiti da pegno viene

aggiunto un interesse e il collateral venduto in caso di default, nello schema Al-Rahnu,

invece, non è applicato alcun tipo di interesse, tuttavia deve essere fornito un collaterale,

sul quale viene dato un prestito non superiore al 60%-70% del valore del pegno, con la

possibilità di aggiungere un costo assicurativo su richiesta del lender, che graverà sul

borrower. In caso di insolvenza i beni sono messi in vendita e l’eventuale plusvalenza

restituita al soggetto finanziato.

Si può trarre già una conclusione da queste tipologie di contratti: vi è un vantaggio per quei

soggetti considerati non bancabili dal punto di vista di un sistema convenzionale, ma ciò

non risolve un problema di fondo, ossia l’accesso al credito per quelle persone che non

hanno un collaterale. La maggior parte dei contratti bancari visti fino ad ora hanno alla

base l’utilizzo di un collaterale, o di una quota capitale; senza dubbio vi è una convenienza

rispetto al sistema bancario tradizionale, dato che in caso di prestito per un impresa vige il

principio PLS. Salvi, però, indirettamente giustifica questa critica affermando:

Il legame forte con l’etica e la sensibilità verso il benessere comune, considerato

essenziale nel processo di creazione, è altresì evidente nella presenza, all’interno

della finanza islamica, di transizioni caratterizzate da negozi unilaterali e

rigorosamente no-profit. Istituzioni come Zakat, Sadaqah, Awqaf rappresentano un

obiettivo no-profit della finanza islamica (Salvi & Miglietta 2013: 26).

A differenza dello zakat, visto nel capitolo precedente, al Awqaf e al Sadaqah rientrano

sempre nella dottrina giuridica dell’Islam, ma non sono obbligatori.

Al Awqaf è un antica pratica giuridica, molto diffusa nel mondo islamico, risaliva

nella sua elaborazione dottrinale all’origine dell’Islam, ma non rispondeva ad alcun

precetto coranico, diversamente dallo Zakat anche le minoranze religiose dell’area

facevano ricorso alla medesima forma istituzionale nella gestione dei propri, distinti,

patrimoni comuni, difatti si avevano al Awqaf Ebraici ,al Awqaf Cristiani, al Awqaf

Copti ecc.. Un soggetto che sceglieva di costituire in Awqaf una parte del suo

patrimonio, prevalentemente un bene immobile, ci si spogliava del bene il quale

veniva bloccato in perpetuo. Con le risorse raccolte i soggetti meno abbienti ricevono

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una serie di servizi, quali educazione, la sanità, le infrastrutture di base. ( Medici

2008: 1-2).

Al Sadaqah, invece, che letteralmente significa “rafforzare qualcosa con qualcosa”, è una

forma filantropica del tutto libera, senza limiti superiori né inferiori, utilizzata anche come

pagamento di un pegno nell’eventualità di non aver adempiuto a uno dei fondamenti

dell’Islam, come il digiuno, la preghiera ecc. Secondo Salvi, attraverso la

responsabilizzazione economica effettuata in modo sistematico e strutturato nelle aree più

povere, la popolazione esclusa dal settore bancario migliora il suo status, e ciò permette un

incremento del numero di soggetti bancabili che riescono così ad accedere agli strumenti di

finanza islamica sopracitati. In altre parole, le istituzioni no-profit della finanza islamica

migliorano lo status dei soggetti considerati non bancabili, accrescendo il numero di

soggetti che possano accedere ai servizi bancari. Questo però, nella realtà dei fatti, non si

verifica: le tre forme sopracitate danno sicuramente un contributo al miglioramento sociale,

fornendo i beni essenziali alla popolazione indigente, ma nella gran parte dei casi non si

riesce a elevare lo status a soggetto bancabile anche sotto il profilo del sistema bancario

islamico.

2.3 Finanza Islamica per il Microcredito

Secondo Badawi & Grais (Nazim 2012: 9-16), vi è un elevata domanda di strumenti di

microfinanza shari’a compliant, che fino ad oggi trovano applicazione solo tramite poche

ONG, le quali operano in gran parte attraverso donazioni. I due autori credono che vi sia

una grossa opportunità per le banche islamiche ben capitalizzate per sviluppare modelli che

non si basino su fondi dei donatori, ma applichino principi che enfatizzino la profittabilità,

offrendo la possibilità di un elevato livello di trasparenza attraverso:

«(i) The materiality of products, as represented in a Murābaha and ijra instruments,

(ii) and risk-sharing, as represented in the Mushārakah instruments»(Nazim 2012:

11).

Secondo gli autori, questi strumenti possono aiutare non solo lo sviluppo dei servizi

finanziari per i poveri in modo conforme alle norme religiose, ma possono potenzialmente

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contribuire allo sviluppo del settore della microfinanza in generale. Tale interpretazione è

quindi differente rispetto all’analisi portata avanti da Salvi e Miglietta, dato che gli

strumenti di microfinanza vengono fatti rientrare nella categoria delle donazioni o

semplicemente nel pegno. Come abbiamo visto, nel Murābaha and Ijra instruments il

fornitore di capitale acquista la commodity, la quale viene ceduta al richiedente attraverso

un contratto di compravendita o di leasing contro un pagamento dilazionato, o in toto, alla

fornitura del bene stesso in cambio di un mark-up. La banca si occuperà della gestione

comprendete i relativi costi quali acquisto, mantenimento, vendita o leasing, e

monitoraggio del bene. Questi passaggi necessitano di un elevata trasparenza, la quale

sfocerà in una maggiorazione del costo per l’operazione, il che ci porta a domandarci se è

sostenibile per il microimprenditore attuare il microprestito tramite la finanza islamica o

meno.

Si può cercare una risposta attraverso l’esperienza della microfinanza tradizionale: secondo

il Microbanking Bulletin, pubblicato da MIX, l’ Average Operating Expense Ratio15 (OER)

dei prestatori di micro finanziamenti si aggira attorno al 30% . Questo è considerato

inefficiente dal sistema bancario tradizionale: dove l'OER risulta inferiore al 5% la causa

risiede nei costi generati dai servizi accessori e dal numero di prestiti dall’importo esiguo,

i quali diminuiscono l’efficienza ( Nazim 2012:12).

La microfinanza tradizionale ha trovato una risposta a queste problematiche attraverso

l’aumento dei tassi di interesse, anche se tale questione è ancora oggi molto dibattuta, dato

che molti istituti di microcredito offrono prestiti a tassi molto elevati. La finanza islamica

non è immune a tale questione, ma non potendo aumentare l’efficienza fissando un tasso di

interesse, deve trovare una soluzione alternativa. 15 «In questo indicatore troviamo al numeratore le cosiddette spese operative, ossia l’insieme di tutti i costi sostenuti per la gestione operativa, più i costi per il personale e l’amministrazione. Il rapporto , espresso in genere in percentuale, fornisce la quantità di costi che l’Istituzione deve sostenere per unità di crediti concessi. Se, ad esempio, il valore di OER fosse pari al 30%, ciò significherebbe che per ogni euro di crediti concessi l’istituzione sostiene costi operativi totali pari a 30 centesimi. Trattasi dell’indicatore di efficienza più usato, ma il suo utilizzo non può prescindere da alcune considerazioni di fondo. Infatti, bisogna notare che le MFI che erogano in prevalenza crediti di basso importo sembrano essere caratterizzate, almeno in linea teorica, da coefficienti di efficienza minori rispetto a quelle che erogano crediti di più largo ammontare e ciò anche qualora esse stiano comunque evitando sprechi e impiegando al meglio le risorse. La motivazione di questo squilibrio la troviamo, nella presenza di economie di scala e nel conseguente miglioramento della struttura dei costi per quelle MFI che erogano crediti di medio - alto importo» (Pellegrino 2010 : 15).

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Secondo Badawi & Grais (Nazim 2012: 12)

«to deal effectively with them, islamic microfinance providers, regardless of the

instruments they utilize, must: (1) be realistic about the cost of serving poorer

customers, especially in remote rural areas; (2) engage policymakers and others to

educate them about the true cost of microfinance; and (3) explore innovative ways to

reduce the cost of microfinance transactions».

I due autori sottolineano un punto fondamentale: innanzitutto ci deve essere una sorta di

realismo sui costo che si affrontano nel servizio offerto ai più poveri, inoltre, come si può

notare nel punto (2), si parla di educazione sui costi reali della microfinanza, ciò è

fondamentale per poter intraprendere attività di microfinanza in paesi dove il concetto di

interesse non è accettato da gran parte della società. Terzo punto, un esempio di

esplorazione di nuove vie per ridurre il costo della microfinanza è l’utilizzo dei cellulari

nelle zone rurali. È ormai noto che vi deve essere un adattamento alle tecnologie esistenti

per abbattere i costi dei servizi bancari per i più poveri, e da questo punto di vista sono stati

fatti notevoli investimenti verso l’adeguamento del sistema bancario tradizionale, come

l’utilizzo di bancomat, internet e la telefonia mobile. In tal modo i clienti dei grandi gruppi

bancari possono assumersi gran parte del peso dei costi di fornitura dei servizi finanziari,

abbattendo gli enormi costi derivanti dalle filiali. I recenti sforzi per estendere questo

servizio brachless banking per la popolazione più povera sono molto promettenti per il

futuro, anche se attualmente la maggior parte dei programmi di microfinanza devono

ancora affidarsi su uffici di prestito per raccogliere o erogare i pagamenti.

Oltre alla soluzione della telefonia mobile, Badawi & Grais propongono altre due soluzioni

per l’abbattimento dei costi per Murābaha and Ijra transactions:

«(i) the first, and more obvious, is by utilizing microchip technology to track assets.

(ii) The second involves leveraging Point-of-Sale (POS) devices to extend outreach

through banking agents» (Nazim 2012:13).

Per Banking Agents vengono intesi venditori al dettaglio, uffici postali, ma anche qualsiasi

stabilimento locale di fiducia che può agire come una sorta di banca, effettuando

operazioni come money transfer, pagamento delle pensioni e depositi. In Brasile, per

esempio, vengono chiamati correspondentes bancarios.

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Gli Agenti bancari operano attraverso POS, card reader, barcode scanners e, in alcuni casi,

computer collegati direttamente al server del sistema bancario; i retail outlets ricevono un

compenso per il servizio offerto. Senza dubbio questo sistema può aumentare il rischio di

frode, perciò molte banche utilizzano società di gestione che supportano l’agente bancario,

dalla formazione al supporto tecnico; inoltre, cedono in toto la responsabilità del denaro

gestito. Secondo Badawi & Grais in un eventuale Murābaha and ’Igārah transactions il

rischio sarebbe minore, in altre parole un “Agente Bancario Islamico” potrebbe svolgere

un ruolo diretto nella negoziazione del bene reale che sottostà a questo tipo di transizioni,

quindi non occuparsi solo del denaro contante. Sottolineano anche il fatto che gli agenti,

essendo fornitori locali, sono un collegamento naturale con la società stessa; inoltre, con

tali operazioni si stimolerebbe la concorrenza che comporterebbe un abbattimento dei

costi, maggiore innovazione, più scelte per i consumatori. Le sfide poste della gestione

efficiente delle transazioni rispecchiano quelle della microfinanza convenzionale, questo

sicuramente è un vantaggio per lo sviluppo della microfinanza islamica, data dalla seppur

breve esperienza acquisita in questi anni.

2.3.1 Rischio condiviso: Mushārakah

Analizziamo ora il rischio condiviso, una delle prerogative che ha permesso lo sviluppo del

microcredito tradizionale, una rivoluzione che ha portato nel 2006 il premio Nobel per la

pace al suo ideatore Muhammed Yunus. Il microcredito ha dato inizio ad una rivoluzione,

essendo uno strumento ed un'opportunità di emancipazione, sostenuto e partecipato dal

basso, individuando nella fiducia e nel riscatto civile elementi di promozione per

l’individuo e per la costruzione e lo sviluppo del capitale sociale. La responsabilità

condivisa sembra la soluzione che garantisce meglio un elevato tasso di rimborso dei

prestiti, e ciò viene motivato da Armendàriz & Morduch in base a tre fattori:

«(i) la formazione dei gruppi tende ad escludere le persone meno affidabili, (ii) la

sanzione sociale colpisce l’intero gruppo, (iii) il controllo sociale scoraggia di

presentare risultati di esercizio falsati» (Cencini & Borghi, 2010:10).

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Vi sono anche caratteristiche ben note della microfinanza derivate dall’esperienza sul

campo della Grameen Bank, come l’aumento graduale della somma prestata in funzione

dei rimborsi effettuati, e l’obbligo dei beneficiari di ripagare il prestito poco dopo che stato

concesso, strumenti che hanno contribuito agli elevati tassi di rimborso registrati dagli

istituti di microcredito. Nella finanza islamica, come abbiamo accennato

antecedentemente, troviamo il contratto di Mushārakah, il quale si basa sul principio del

rischio condiviso, ma in realtà questo strumento deve essere adattato al microcredito.

Inoltre, secondo i dati (FMI 2002), i contratti basati sul PLS non superano il 25%

dell’intera attività finanziaria delle banche islamiche. In questa forma contrattuale, come

abbiamo visto, il fornitore di capitale entra in accordo di partecipazione azionaria con altri

partner per cofinanziare il progetto di investimento e partecipare alla sua gestione. Questo

però secondo Cencini & Borghi (2010: 17) può considerarsi un aspetto negativo, dato che

se si applicasse al microimprenditore o alle organizzazioni finanziarie che operano nel

settore del microcredito, in entrambi i casi ci sarebbe un'ingerenza nell’attività.

Secondo Badawi & Grais (Nazim 2012:14-15), il contratto di Mushārakah dà ai provider

di microfinanza una partecipazione pari al successo dei propri clienti, e ciò viene

considerato dagli autori un potenziale per la creazione di posti di lavoro nel mondo

islamico, proponendo quindi una visione discordante con la letteratura prevalente. Tuttavia,

l’operatore di microfinanza non può esimersi dai significativi rischi e costi dell’operazione,

quindi, come soluzione per l’abbattimento del rischio gestionale, l’istituto di microfinanza

islamica dovrebbe fornire i cosiddetti building development and capacity services, per

aiutare ad acquisire quelle competenze di base necessarie alla gestione efficiente, in

maniera separata dal servizio finanziario. Ciò, nel microcredito, è definito servizio di

accompagnamento.

Una possibile soluzione per l’utilizzo del contratto di Mushārakah per la microfinanza è

centrata sul costo dell’accompagnamento, il quale non ricade sul microimprenditore, ma

viene separato completamente dall'operazione di microprestito, attingendo dai fondi dello

Zakat, Sadaqah o Awqaf. Per affrontare questa sfida, alcuni istituti di microfinanza hanno

trovato una via per legare gli esistenti safety net programs ai servizi finanziari,

svincolando i più poveri dalla dipendenza dai sussidi. Questa operazione è stata attuata dal

microcredito tradizionale, nello specifico nel caso francese, dove ADIE, grazie ai sussidi

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incrociati, offre gratuitamente i servizi di accompagnamento. I costi sono coperti dallo

Stato francese, in quanto fatti rientrare come parte integrante del servizio pubblico per

l’inserimento nel lavoro.

Questo programma ha un grosso impatto sui rischi associati al microcredito, dato che un

programma di formazione, attuato prima dell’accesso ai servizi di microfinanza e

coordinato con esso, genera informazioni relative ai partecipanti, che possono essere

utilizzate per un aumento dell’efficienza per l’istituto erogatore di microcredito oltre ad

aumentare la fiducia.

Abbiamo visto quali sono i tre strumenti che posso offrire prodotti e servizi per i

microimprenditori, rispettando gli intenti, i modelli e la natura della finanza islamica. I

primi due strumenti possono essere utilizzati da microimprenditori che hanno già avviato

una qualche attività, come piccoli agricoltori, mentre la Mushārakah ha un grosso

potenziale se implementata e indirizzata verso la lotta contro la povertà, sviluppando al

contempo le capacità dei microimprenditori. Questo mostra come la microfinanza può

essere assorbita dagli istituti di finanza islamica, senza creare strutture che si occupino

nello specifico di microcredito. Il vantaggio è dato dalla predisposizione della struttura

della banca islamica, la quale a differenza delle banche tradizionali, includono di per sé la

dimensione sociale.

Al giorno d'oggi, però, molti degli istituti finanziari islamici, come la controparte

convenzionale in Occidente, non sono ancora entrati nel mercato della microfinanza.

Secondo Habib Ahmed, professore in Islamic Law and Finance presso la Durham

University (UK) « laddove sia comprensibile le motivazioni alla base per cui le banche

tradizionali non siano entrate nel mercato della microfinanza, lo stesso principio non vale

per gli istituti finanziari islamici » (Nazim 2012: 25) . Il professore sorvolando sulle cause

assodate quali sostenibilità ed efficienza economica, trova una risposta che si fonda sugli

obiettivi che stanno alla base delle due tipologie di sistema bancario, che possiamo

riassumere come (i) mechanism of it e (ii) spirit of it. Mentre il primo è attinente al

soddisfacimento dei principi islamici, il secondo riguarda la fede. Nell’analisi fatta si

afferma che qualsiasi istituto finanziario può soddisfare il meccanismo del sistema

bancario islamico, ne sono un esempio la Noriba Bank del gruppo UBS, ma ciò che in

realtà distingue gli istituti di credito tradizionale da quelli conformi alla Shari’ha è la

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componente fideistica, ossia la radice filosofica su cui si sviluppa il concetto degli istituti

finanziari islamici: la giustizia sociale, detta adl, e la benevolenza, in arabo hisan.

Khan (1997: 12-13) spiega che le implicazioni di questi concetti sono

«taking care of those who cannot be taken care of by market, who cannot play with

economic forces or do not have access to economic means to enable them to exploit

the economic opportunities around them».

Data questa caratteristica, la dimensione sociale diviene un imperativo da includere nelle

quotidiane pratiche bancarie. Un esempio è il qard al hassan uno strumento di sostegno

finanziario interest free per le persone meno abbienti le quali desiderano sposarsi,

proseguire gli studi, o pagare delle cure mediche. Vediamo nello specifico come viene

gestito questo strumento basandoci sui servizi offerti dalla Dubai Islamic Bank16 .

Tutti i fondi del qard al hassan sono canalizzati in un conto corrente dedicato, tale servizio

è disponibile grazie alle donazioni di persone fisiche, società finanziare, ONG, il governo e

la banca stessa che dedica una percentuale dei sui ricavi per scopi sociali. I prestiti possono

essere dati a fondo perduto in base al caso trattato, inoltre per i matrimoni la Dubai Islamic

Bank concede un massimo di 20 000 AED ( circa 5 445 $ USA), mentre per le altre

richieste 10 000 AED ( circa 2 722 $ USA ). La restituzione dei fondi deve avvenire entro

un anno solare, il rimborso di partenza inizia entro un mese dalla data di ricezione dello

stesso.

Quasi la totalità delle istituzioni di microfinanza ha adottato un programma di sviluppo

sociale integrato; le banche islamiche, come abbiamo visto, avendo al loro interno il

principio base di giustizia sociale e il principio di benevolenza, idealmente possono

assorbire completamente un approccio di microfinanziamento. Oltre alla dimensione

sociale ci sono altri punti a favore del coinvolgimento delle istituzioni finanziarie islamiche

nel microcredito, o meglio dei vantaggi rispetto alle istituzioni di microfinanza tradizionali

che operano nei Paesi in via di sviluppo. Il finanziamento delle attività produttive è ciò su

cui sono specializzati gli istituti finanziari e il micro finanziamento potrebbe essere un

16 ( Dubai Islamic Bank ) fonte web.

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estensione della clientela di base delle banche islamiche, avendo queste il vantaggio di una

struttura già formata sul territorio arabo, oltre che una forza lavoro qualificata.

Questo comporta che il costo del servizio finanziario sarà minore rispetto alle MFIs; difatti,

rispettando lo stesso modus operandi, le operazioni di microfinanza in una banca islamica

sul campo possono essere condotte dalle filiali già presenti sul territorio, coordinando tali

operazioni a livello nazionale.

2.4 Istituzioni di Microfinanza Islamica

Abbiamo visto i principi base della finanza in Medio Oriente e il potenziale sviluppo che

potrebbe avere il microcredito attraverso il sistema finanziario islamico, dati i principi

imperativi etico sociali dell’islam e la struttura già presente sul territorio con personale già

qualificato. Ora analizziamo le non molto diffuse istituzioni di microfinanza che si sono

conformate sui principi religiosi islamici ma non rientrano nel sistema bancario islamico.

Secondo Habib (Nazim 2012: 22) la maggior parte degli istituti di microfinanza osservanti

i principi islamici ha adottato i Group-Based lending con l’uso dei contratti base utilizzati

dagli istituti di credito islamici. La differenza, oltre al non utilizzo dell’interesse fisso, è la

composizione dell’attività e delle passività della MFI islamica, difatti, la composizione

delle attività comprende diversi tipi di strumenti finanziari infruttiferi.

Tra i contratti maggiormente utilizzati troviamo i PLS, nelle sue due forme Mushārakah e

Mudārabah, e i contratti relativi al pagamento differito, come il contratto Murābaha o il

leasing. Il problema che si presenta per gli istituti di microfinanza islamica è la

sostenibilità, oltre alla mancanza di collaterali da parte del richiedente. Habib in

Organizationals Models of Islamic Microfinance identifica tre problemi principali legate

alla sostenibilità di finanziamento delle micro imprese (Nazim 2012: 24):

x Mitigation Credit risk:

questione legata all’assenza di garanzie materiali. Il rischio di credito è stato

minimizzato dalle MFIs tradizionali sostituendo il collaterale fisico con un

collaterale sociale, tramite i cosiddetti gruppi di sostegno reciproco. Gli istituti di

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microfinanza islamica hanno assorbito l’esperienza e i modelli attuati dalla

Grameen Bank, soprattutto attraverso la formazione dei gruppi di restituzione

solidali e il rimborso settimanale. Molti istituti di microcredito utilizzano anche

altri tipi di strumenti per la mitigazione del rischio quali «coperture assicurative di

vario genere e i programmi che abbinano l’aiuto finanziario a schemi di risparmio

di tipo diverso» (Cencini & Borghi 2010: 11).

x Resolving the moral hazzard problem:

questo problema è legato all’uso del capitale preso a prestito. Ad esempio, se

questo viene utilizzato per attività non produttive come il pagamento di debiti

pregressi o per il consumo, il risultato è un aumento della probabilità di default.

«Gli istituti di microfinanza tradizionali hanno agito attraverso l’arginamento delle

asimmetrie informative, piuttosto che nell’acquisizione delle informazioni per il

loro superamento dato l’elevato costo. Ciò significa che gli istituti agiscono

direttamente sul contratto in modo da sfruttare indirettamente le informazioni

possedute dal cliente o da soggetti terzi» (Foschi & Benvegnù 2006:15). Inoltre,

anche qui subentra il monitoring del gruppo stesso e la pressione sociale svolge un

ruolo fondamentale. Negli istituti di microcredito Sharia compliant il problema

viene arginato alla base, dato che nei contratti utilizzati vi è un sottostante reale,

quindi un'impossibilità del soggetto richiedente di utilizzare il capitale a prestito per

altri scopi, e per di più vengono applicati i principi di pressione sociale.

x Economic Viability: le operazioni delle Islamic MFIs sono simili a quelle delle controparti

convenzionali, entrambi si trovano ad affrontare il problema della redditività a

causa degli elevati costi operativi e finanziari. A causa di ciò, la maggior parte delle

istituzioni non sono economicamente sostenibili. Ad esempio, secondo l’analisi di

Hashemi and Khandaker, la Grameen Bank opererebbe in perdita se non utilizzasse

i sussidi: attraverso il Subsidy Dependence Index (SDI), sviluppato da Yaron

(1997), nel 1996 la Grameen Bank avrebbe dovuto alzare i suoi tassi del 21% per

raggiungere il pareggio di bilancio (Nazim 2012: 22). Questo vale anche per istituti

di microcredito Sharia compliant, i quali sono a loro volta supportati da sussidi o

donazioni private, ma tra questi non rientrano i fondi provenienti da fonti

istituzionali islamici tra cui Zakat, Sadaqah e Awqaf, i quali rimangono disponibili

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all’interno del circuito bancario islamico tradizionale. Inoltre, le Islamic MFIs si

trovano ad affrontare una difficoltà maggiore rispetto alle tradizionali istituzioni di

microfinanza per ottenere fondi da fonti esterne che richiedono un interesse fisso,

con cui esse non possono operare. La mancanza di fondi ha delle conseguenze

anche sul profilo gestionale, dato che non possono permettersi personale

specializzato, creandosi vuoti sul monitoraggio e sulla supervisione, essenziali per

le operazioni di microfinanza. La soluzione a questo problema è data dall’utilizzo

dei fondi di Zakat, Sadaqah e Awqaf che potrebbero essere integrati nelle Islamic

MFIs.

2.4.1 Islamic Microleasing: lo sviluppo della micro impresa

Abbiamo visto il modello di microfinanza che si sta sviluppando in Medio Oriente e il

potenziale del sistema bancario islamico in questo ambito. Analizziamo ora il sistema di

microleasing promosso dalla Gramin Bank già dal 1992 con un enorme successo. Questo

strumento è stato molto utilizzato per i micro imprenditori che hanno il bisogno di

migliorare il loro accesso ai beni strumentali o accedere alle nuove tecnologie. Solitamente

chi utilizza tale strumento non possiede uno storico del credito affidabile, un adeguata

capitalizzazione, o dei collaterali sufficienti per accedere ad un credito bancario ordinario.

Come abbiamo visto precedentemente, molte ONG o MFIs che operano nei Paesi

musulmani, dove vi è una normativa adattata all’Islam, hanno introdotto programmi di

microcredito conformi alla shari’a, divenendo così istituti di microfinanza islamica.

Riportiamo il ciclo di vita del modello più utilizzato dalle MFIs o ONG che si sono

adattate alle normative locali, o attuano tali procedure per arrivare a quel segmento di

mercato non raggiungibile con un modello classico di microfinanza.

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“Ciclo di Vita di un Contratto tipico Igārah”

[3] Vendita Apparecchiature

[2]Pagamento Intera Somma

[7]Trasferimento Proprietà [4] Consegna Apparecchiature

[5] Canone periodico [1]Contratto Ijara

[6] Completo pagamento dell ammontare

Figura 4. Fonte Nazim (2012: 139 )

Come si può osservare, il modello è molto semplice: dopo aver stipulato il contratto tra

MFI e microimprenditore [1], l’istituto di microfinanza acquista dal supplier il macchinario

[3], pagandolo per intero [2]. Il macchinario viene consegnato al micro imprenditore [4], il

quale lo dovrà utilizzare secondo gli accordi contrattuali dietro pagamento di una fee [5]

per un determinato periodo di tempo. La fee include nel prezzo il costo dell’asset, e un

markup predeterminato; il bene in questione non può essere né venduto o impegnato in

alcun modo. A seconda della natura del contratto di Igārah e dei termini stabiliti viene

effettuato l’ultimo pagamento [6], questo permette il passaggio del titolo di proprietà al

microimprenditore in base ai termini stabiliti dalle parti [7].

Generalmente la durata del contratto si sviluppa in base alla vita-utile dell’asset, il cui

valore è ammortizzato ad un tasso concordato, che corrisponde di prassi a quello di

mercato rilevato dalla natura e dalla tipologia del bene. Al termine del leasing l’asset viene

valutato calcolando il suo valore residuo, il microimprenditore in questo caso ha la

possibilità di acquistare il valore residuo o, in virtù di un prezzo precedentemente

concordato, riceve il titolo di proprietà del bene in questione al pagamento dello stesso.

Tale strumento si è rivelato molto utile non solo perché in armonia con i principi normativo

sociali, ma anche per il potenziale sviluppo delle attività micro imprenditoriali. Inoltre nel

caso di nascita della microimpresa attraverso questo strumento si elimina il rischio di

Lessor

(Shari’a Compliant)

MFI)

Fornitore Apparecchiatura

Lesee

(Microentrepreneur)

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moral hazard da parte del microimprenditore, come ad esempio l’utilizzo del prestito per

ripagare debiti o per altre attività.

2.5 Il nesso tra Finanza Islamica e microcredito

Valutiamo ora i nessi esistenti tra la Finanza Islamica e la microfinanza attraverso l’analisi

di Asad Kamran Ghalib, ricercatore associato della Brooks World Poverty Institute,

dell’Università di Manchester. Ma prima di approfondire l'analisi è opportuno stabilire

alcuni principi guida alla base della Best Practice della microfinanza, che possiamo

riassumere in (Nazim 2009: 136):

1. Covering Cost: ossia la sostenibilità dell’istituto di microfinanza; a prescindere

dall’assetto istituzionale, per poter avere una continuità nel tempo l’istituzione deve coprire

i costi dei prestiti.

2. Achieving a certain scale: il successo raggiunto dalle MFIs è misurabile dal numero di

prestiti attivi, il quale dipenderà dalla metodologia utilizzata, dalla dimensione dei prestiti,

dalle condizioni proposte e dallo scenario locale in cui operano.

3. Avoiding Subsidies: le sovvenzioni governative, vengono molto spesso viste in maniera

negativa poiché dal punto di vista del micro imprenditore il rischio di cadere in una

interpretazione fallace è elevato, uguagliando l’operazione di micro-credito ad un opera di

carità, e quindi scoraggiando il rimborso e vanificando il progetto stesso. Dalla prospettiva

delle MFIs di lungo periodo può essere pregiudizievole dato che non incentiva la ricerca

dell’efficienza, oltre al pericolo di discontinuità delle donazioni o sussidi statali che

potrebbero mettere in crisi la sostenibilità del operatore di microfinanza.

4. Promoting outreach and demand-driven service delivery: le istituzioni di microfinanza

che hanno avuto successo hanno incrementato l’accesso ai servizi finanziari per un numero

crescente di clienti a basso reddito, offrendo servizi di risparmio e prestiti semplici e

veloci. La prevalenza dei prestiti è di breve durata e i successivi crediti si basano sul flusso

di cassa del mutuatario piuttosto che sui beni o garanzie.

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5. Maintaining a clear focus: essendo necessario molto tempo ed impegno per costruire un

programma sostenibile di microfinanza, è consigliato accompagnare i servizi di

microfinanza con la fornitura di servizi di tipo sociale, poiché ciò evita di inviare segnali

negativi ai clienti.

Alla luce di queste considerazioni riguardanti le Microfinance Best Practices, Asad

Kamran Ghalib afferma che «appare chiaro che il modello di microfinanza è coerente con

gli obiettivi che si prefigge il sistema bancario islamico. A partire dall’approccio

egualitario, privo di classi e democratico nell’ essere aperto a tutti i clienti, senza fissare

apparenti limiti alle differenti categorie degli stessi» ( Nazim 2009: 137). Dunque, secondo

tale affermazione vi è un collegamento ideologico, parzialmente anche nell’approccio, tra

il sistema tradizionale Islamico e quello del microcredito. Difatti, si sottolinea che entrambi

i sistemi sostengono l’inclusione finanziaria, l’imprenditorialità e la condivisione del

rischio attraverso le partnership; inoltre, come abbiamo visto antecedentemente, la finanza

islamica ha un imperativo nell’inclusione della dimensione sociale tra le sue operazioni, e

ciò lo ritroviamo come ultimo punto delle Microfinance Best Practices.

A.K.Ghalib riporta l’analisi di M. Obaidullah, professore dell’Università King Abdul Aziz

a Jedda, il quale ha analizzato i legami tra microcredito convenzionale e finanza islamica:

secondo il suo pensiero, le banche islamiche ed i programmi di microcredito possono

essere visti come complementari, sia in termini ideologici che pratici, dato che entrambi

promuovono l’equità, scoraggiando la miseria e la mendicanza, con l’obiettivo di

massimizzare i benefici sociali (Nazim 2009: 137-138)

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Capitolo III

Case Studies

In questo Capitolo analizzeremo la fotografia di due paesi del mondo arabo, che potremmo

definire diametralmente opposti il Regno Saudita e il Libano.

Le differenze sostanziali tra questi due paesi riguardano la struttura politica, economica e

sociale. Ci soffermeremo sull’impatto che il microcredito può avere, in queste due modelli

di Stato. In prima analisi vedremo il caso saudita, basandoci sui dati macroeconomici e le

problematiche relative allo sviluppo specifiche del paese, cercheremo una soluzione

alternativa ad una crescita sostenuta dal petrolio.

Nel secondo caso valuteremo il caso libanese, dove il microcredito ha preso diverse

sfaccettature, un mercato molto attivo in questo ambito. Faremo una breve analisi anche

nel caso Yemenita dato lo sviluppo del primo istituto di microfinanza islamica.

Dopo di che vedremo secondo una ricerca effettuata attraverso una rete di ONG l’impatto

quantitativo del microcredito sull’empowerment femminile.

In ultima istanza in una regione instabile come quella mediorientale analizzeremo

l’impatto dei conflitti sul microcredito e l’uso di quest’ultimo nella ricostruzione post-

conflitto sia a livello sociale che materiale, nonché i possibili limiti o ricadute negative dei

programmi di microfinanza .

3.1 Arabia Saudita

La situazione economico sociale del Regno Saudita riduce l’interesse per la microfinanza,

questo è dato dal sistema di sussidi pubblici e sostegno finanziario .

La presenza dello Stato come entità assistenziale è di ostacolo allo sviluppo della micro-

imprenditorialità (Cencini & Borghi 2010 : 63). A differenza dell’Europa il modello di

assistenzialismo creatosi nel mondo Arabo ha radici completamente differenti, che trovano

la base nella strategia della legittimità neo-patrimoniale.

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Come afferma il professor Cencini descrivendo il caso europeo

“ le persone in assistenza beneficiano di un’entrata fissa che, seppur minima,

garantisce loro una certa sicurezza e sono poco incentivate a lanciarsi in un’attività

indipendente dalle prospettive di guadagno incerte. Un ulteriore ostacolo è la marcata

preferenza al lavoro salariato” (Cencini & Borghi 2010 : 63 ).

Questa situazione nel Regno Saudita è amplificata dato l’obiettivo di mantenere uno Status

Quo, difatti secondo una recente pubblicazione del FMI (March 2014), nella sola regione

MENA, i sussidi energetici rappresentano circa la metà dei sussidi energetici Globali, il

FMI afferma che questi sussidi creati a vantaggio della popolazione più povera, ai conti

fatti avvantaggiano il ceto benestante. Questa tipologia di sussidi oltre a pesare sui bilanci

pubblici a scapito di investimenti nell’istruzione, nella sanità e nelle infrastrutture tendono

a spingere le industrie ad alta intensità di capitale a scapito di quelle employment intensive,

sviluppando un elevato impatto ambientale.

Secondo il Country Report dell’IMF (March 2013 ) ci sono diverse sfaccettature da

considerarsi nel mercato del lavoro Saudita, l’educazione media dei cittadini sauditi è

molto più elevata dei lavoratori stranieri, questi sono maggiormente impiegati nel settore

pubblico, una percentuale che si aggira attorno al 65% , mentre i lavoratori stranieri non-

qualificati dominano il settore privato, difatti solo il 20 % dei cittadini sauditi è occupato in

tale settore. Le cause sono da ricercare nella tipologia di crescita che il governo Saudita ha

perseguito in questi anni, difatti sono stati realizzati grossi investimenti nelle infrastrutture,

dove la mano d’opera era prevalentemente estera, questo anche se ha inciso sul PIL dello

stato, non ha contribuito alla diminuzione della disoccupazione. Altro aspetto è la politica

degli stipendi, dato che il settore pubblico offre stipendi più elevati rispetto al privato.

Argomento centrale è la partecipazione delle donne alla forza lavoro, difatti per un fattore

che possiamo definire ideologico, la forza lavoro femminile contribuisce per una piccola

quota percentuale rispetto al resto del mondo, vi è stato un lieve miglioramento dato anche

dalle piccole aperture del defunto Re Saudita Abdullah, passando dal 12 % nel 2006 al

16% nel 2012.

Questo inefficiente sistema fino ad oggi è stato retto dalle immense risorse petrolifere

possedute dal regno Saudita, la cui spesa pubblica dipende per l’80% dagli introiti

petroliferi, ma secondo il rapporto del think tank Chatham House redatto da Lahn (2011)

il consumo energetico interno dell’Arabia Saudita potrebbe limitare le sue esportazioni di

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petrolio nel giro di una decade. Inoltre va a gravare sulla situazione l’instabilità dei prezzi

petroliferi data anche dall’ingresso dello shale oil nel mercato.

Secondo l’analisi portata avanti dal think tank inglese, con una produzione di 2.8 M barili/

giorno, stimando una produzione stabile il Regno Saudita diverrà un importatore netto

entro il 2038. La rapida crescita della popolazione, attualmente 27 M residenti nel Regno,

di cui un terzo della popolazione sotto i 14 anni, una disoccupazione reale che si aggira dal

28% al 30% (15 - 25 anni), Chatham House afferma che se non venissero prese delle

misure, lo scenario sopra ipotizzato potrebbe risultare reale. C’è da sottolineare un punto

fondamentale nell’analisi sulla disoccupazione che vengono divulgati dal FMI o dalla

Banca Mondiale : il fatto che non si prenda in considerazione il potenziale della forza

lavoro del genere femminile, che potrebbe avere la volontà di entrare nel mercato del

lavoro, oltre ad essere un grosso potenziale per l’incremento del PIL e la riduzione della

dipendenza petrolifera del paese se questo venisse indirizzato per i settori non-oil.

Nella pubblicazione Lahn (2009:9), viene mostrato che il consumo di energia all’interno

del Regno Saudita cresce due volte rispetto al tasso di crescita del PIL. La soluzione che la

Famiglia Reale ha dato a queste problematiche viene presentata sotto una riforma

energetica, ossia aumentare l’efficienza attraverso l’introduzione delle energie rinnovabili e

un progetto di 16 reattori nucleari entro il 2030, i quali soddisferanno il 20% del

fabbisogno energetico della popolazione. Tali riforme sono atte ad un obiettivo

d’indipendenza interna da fonti petrolifere, con lo scopo di dedicare il settore oil & gas per

l’export. Soluzione che risolve in parte la dipendenza del Regno dal petrolio, dato che il

problema della disoccupazione, della volatilità e della sostenibilità della spesa pubblica nel

lungo periodo persistono.

Il Think Tank Inglese difatti suggerisce come primo passo per superare questo inefficiente

sistema, senza sconvolgimenti socio-politici, un azione rapida nella diversificazione

economica attraverso le nuove tecnologie, una diminuzione graduale dei sussidi energetici

attraverso l’educazione della società, implementazione delle politiche energetiche volte al

risparmio sia civile che industriale, come ad esempio possono essere le Energy Service

Company l’uso delle certificazioni e titoli verdi introdotte in Europa .

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Secondo i dati della World Bank il PIL pro capite saudita nell’anno 2013 è stato di

25,961.8 $, questo dato preso singolarmente se definito secondo gli standard

dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico ci informa che l’Arabia

Saudita rientra tra i paesi ad alto livello di reddito. Purtroppo i dati relativi alla

disuguaglianza interna non sono disponibili, ma si può supporre che, anche se non vi fosse

una disuguaglianza elevata tra i cittadini sauditi, vi è sicuramente tra i residenti stranieri

che lavorano stabilmente in Arabia Saudita, che secondo il rapporto di Amnesty

International (Gruppo Ticino 48), nell’anno 2000 risultava essere dell’80% della forza

lavoro del settore privato. Possiamo quindi supporre l’esistenza di un alto livello di

povertà relativa17 se consideriamo il Regno nel suo complesso, prescindendo dalla

cittadinanza.

Oltre alla questione della povertà relativa è da tenere conto anche la situazione femminile

attraverso un analisi non solo prettamente legata alla ricchezza.

Misurare la povertà con una visione monodimensionale offre solo un riflesso della realtà e

della situazione analizzata, come afferma l’economista Amartya Sen, attraverso la

“Capability Approach” introduce un concetto di multidimensionalità della povertà, che

non si limita nella sfera dell’Utilità o delle Risorse, le quali sicuramente sono mezzi

fondamentali per raggiungere il benessere, ma amplia il concetto immettendo aspetti che

sono definiti dall’UNDP come sviluppo umano18 .

Riassumiamo i due concetti fondamentali su cui si sviluppa l’approccio: il primo è quello

dell’entitlement, cioè la possibilità di un individuo di accedere attivamente ai beni e ai

processi produttivi che possono soddisfare i suoi bisogni; il secondo è quello della

capability , il possesso degli strumenti che rendono capace un individuo di esprimere i

molteplici aspetti del suo essere (fonte web Enciclopedia Treccani). 17 Povertà Relativa : misure che passano attraverso l’utilizzo di valutazioni della disuguaglianza nel reddito all’interno di ciascuna situazione di riferimento ( pase, regione, aerea geografica, gruppo sociale ecc. ) (Enciclopedia Treccani) fonte web.

18 Sviluppo Umano: possibilità di condurre una vita sana, acquistare conoscenza e poter accedere ad un livello di reddito che possa garantire uno standard di vita dignitoso. Il processo di sviluppo dovrebbe creare una situazione in cui le persone, individualmente e collettivamente, siano in grado di sviluppare pienamente le proprie potenzialità ed avere una ragionevole probabilità di condurre una vita produttiva e creativa a misura delle proprie necessità ed interesse. Il concetto di sviluppo umano non si ferma qui, vengono considerati aspetti come la gamma di libertà politica, l’opportunità di essere creativi e produttivi, godere del rispetto di sé e dei diritti umani garantiti. (Human Development Report 1990 : 10)

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Sen parla di functioning (funzionamenti) come di “an achievement of a person: what she

or he manages to do or to be”(Sen 1999:88). Questo è il concetto centrale a cui faccio

riferimento per il caso Saudita, sollevando la problematica relative alla questione delle

donne, che pur avendo i mezzi necessari sono limitate nel “manages to do it”.

Il microcredito è uno degli strumenti che può essere introdotto come spinta verso il

cambiamento graduale senza minare la stabilità del paese stesso. In questo caso si

assumono in parte gli obiettivi del modello dei PVS e in parte quelli relativi al modello

europeo , dove il fine

“ è combattere l’esclusione e l’emarginazione sociale, che si inserisce in un

programma centrato sullo sviluppo della microimprenditorialità. L’intervento delle

istituzioni europee di microfinanza è in molti casi considerato funzionale alla crescita

economica e alla coesione sociale, perché finalizzato a consentire l’accesso al credito

ai piccoli imprenditori sprovvisti dei requisiti richiesti dalle banche private ” Cencini

& Borghi ( 2010 : 66).

Sicuramente il livello di credito concesso deve essere adeguato al paese: in Europa è

considerato microcredito una somma fino ai 20 000 Euro.

Il microcredito in Arabia Saudita può apportare un grande cambiamento graduale, difatti

applicando un modello di riduzione dei sussidi, destinando queste quote a progetti

microimprenditoriali, in un ottica di lungo periodo si riuscirebbe a ridurre gli stessi

sussidi, in altre parole l’obiettivo proposto è spostare parte delle risorse in progetti

produttivi. Questo come abbiamo dimostrato nel capitolo precedente, si può attuare

attraverso lo stesso sistema delle banche islamiche, quindi senza alcuna modifica, o

investimento nel sistema nazionale. I benefici che si apporta attraverso questa politica

contribuirebbero a risolvere parte dei problemi sopracitati, come la creazione di un tessuto

micro imprenditoriale, il quale oltre a dare un beneficio in termini di diversificazione

economica contribuirebbe a diseducare la popolazione dal sistema dei sussidi, risolvendo

anche la problematica relativa alla disoccupazione giovanile. Un grande impatto si

potrebbe avere sull’empowerment femminile, un beneficio per una maggiore parità di

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genere, che migliorerebbe non solo la società in termini di equità, ma porterebbe ad un

maggior benessere economico19.

Inoltre non possiamo non considerare un aspetto fondamentale ossia il livello di istruzione,

secondo i dati pubblicati dal Ministero dell’Educazione Saudita (SAMA 2008)20, la

percentuale di studenti di genere femminile è passata dal 33% nell’anno 1974 al 48%

nell’anno 2004, a livello universitario le donne rappresentano il 58% degli studenti. Questo

è rilevante per la nostra analisi, dato che il microcredito si è sviluppato in paesi dove il

tasso di alfabetizzazione è molto basso ( in Bangladesh si aggira intorno al 41% UNICEF

2004). Ciò comporta una maggiore probabilità di successo per le microimprese, oltre a

minor costi derivanti dall’accompagnamento. Se si sviluppasse un politica di riforma volta

ad incentivare l’accesso al mercato del lavoro per le donne attraverso la

microimprenditorialità, queste contribuirebbero a diversificare l’economia del Regno,

rendendole indispensabili per una crescita sana.

3.2 LIBANO

La Repubblica Libanese è un paese variegato per struttura etnico - religiosa, ha un sistema

politico particolare basato sul confessionalismo.

La storia libanese ha lasciato in eredità un elevata povertà relativa tra la popolazione,

causata dalla grande guerra civile che ha sconvolto il paese fino agli anni 90 e dalle

problematiche dei conflitti interni nel sistema regionale Arabo.

La disoccupazione nell’anno 2013 è rimasta elevata, gravata, come abbiamo visto nel

capitolo precedente dai profughi della vicina Syria. Secondo il report della World Bank

( Mottaghi 2014 ) le stime sul tasso di disoccupazione si aggirano dal 12 % al 13% , questo

raddoppia per la popolazione con età inferiore ai 25 anni.

19 Se si raggiungesse una parità di tasso occupazionale tra Uomo e Donna, comporterebbe un incremento del PIL per l’Egitto del 34 %, per il Giappone 9%, per gli USA del 5% (Stima Previsioni PIL 2020) , The Economist ( Oct 20th2012). 20 ( Saudi Arabia Monetary Agency ) fonte web.

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A differenza della regione del Golfo, l’area del levante si basa su un economia più vicina a

quella occidentale, un economia di mercato, dove convivono i due modelli di sistema

bancario classico e islamico.

Secondo il rapporto della UNDP (Anno 2005) il 29 % della popolazione Libanese ha un età

inferiore a 15 anni, il paese è classificato nella categoria di reddito medio alta, tuttavia il

28% della popolazione è considerata povera ( soglia definita : meno di 4 $ al giorno), ed

una percentuale dell’8 % considerata estremamente povera, la quale vive con meno di 2,8 $

al giorno.

Secondo Sanabel (2009) in termini di estensione il Libano si posiziona tra i primi cinque

nel mercato della microfinanza tra i paesi arabi, un ammontare di prestiti che si aggira

attorno ai 50 milioni di $. Attualmente lo sviluppo del mercato del microcredito si è

ridotto, per le problematiche geopolitiche, comunque sono attive oltre 23 programmi di

microfinanza all’interno del paese. Nel 1990 attraverso Qard al Hassan che abbiamo visto

antecedentemente, partono i primi programmi di sostegno finanziario per la popolazione,

non si tratta di un vero e proprio programma di microcredito, ma di un dovere etico che

rientra nella gestione quotidiana dei gruppi bancari islamici. Oggi troviamo una

diversificazione nelle strutture del microcredito nel paese, la maggior parte degli operatori

sono ONG, ad eccezione di Ameen s.a.l. , il primo istituto di microcredito riconosciuto e

regolamentato dal 2007 direttamente dalla Banca Centrale libanese il quale opera anche

attraverso i maggiori istituti di credito convenzionale.

Ameen s.a.l. ha suddiviso i suoi servizi i 5 categorie, il primo dedicato al microcredito sia

per le micro-imprese che le medie imprese, è richiesto un collaterale o un garante per

l’emissione del credito. Il secondo è dedicato alla riparazione, ricostruzione o rinnovo delle

abitazioni, strumento utile per un paese che ha sofferto la devastazione della guerra.

Il terzo è dedicato al settore Information and Technology per informatizzare o creare start-

up nelle zone rurale o pre-urbane. La garanzia può essere materiale, istituzionale, privata, o

solidale tra i soci nel progetto, la cifra del prestito concesso va da 300 $ a 10 000 $ .

Il quarto strumento è chiamato Kiva21, trattasi di una piattaforma On-line dove il prestito è

one to one, ossia qualunque persona può concedere un microprestito in maniera

completamente libera su singoli progetti. Il piano di rimborso è esposto assieme al progetto

21 (Kiva) fonte web.

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di microcredito, una volta concluso il rimborso del prestito il concedente sceglierà se

ritirare i soldi versati nella piattaforma, oppure reinvestirli in un altro progetto di

microcredito. Come quinto servizio offerto troviamo il prestito al consumo. Sempre

attraverso il Crowdfunding, su modello della Kiva sorge la prima Waqf Platform22,

piattaforma dedicata solo al mondo arabo, con l’obiettivo di finanziare i giovani

microimprenditori.

I prodotti di microfinanza nel mercato libanese sono variegati, dominano il panorama

economico quelli relativi al credito alla produzione, con un aumento negli ultimi anni dei

prestiti al consumo, quelli relativi ai bisogni primari delle famiglie e prestiti per lo studio.

Sono state introdotte da alcuni istituti di microfinanza prestiti stagionali dedicati al credito

agricolo e prestiti per l’installazione di pannelli fotovoltaici per le famiglie, dato l’enorme

deficit energetico nel paese.

Attualmente le ONG e la stessa Ameen s.a.l. operano attraverso sussidi e donazioni, nel

2012 a Beirut arriva il primo progetto di microfinanza a livello regionale, denominato

IBDA, nato dalla collaborazione AGFUND (Arabian Gulf Program for United Nation

Development), il capitale iniziale è stato versato dal principe Tala Bin Abdul Aziz

coadiuvato per la nascita del progetto dal premio Nobel Muhammed Yunnus. I tassi di

interesse seguono il principio della sola copertura dei costi operativi nella gestione delle

operazioni bancarie. Difatti i tassi si aggirano attorno al 10%, mentre in Giordania lo Stato

gli ha fatti passare dal 12% al 6 % sovvenzionando il progetto. Tale operazione nata grazie

al capitale versato dall’AGFUND, ha permesso di creare istituti di microfinanza in nove

paesi Libano – Giordania – Syria – Sierra Leone – Sudan – Palestina – Mauritania –

Yemen – Bahrain il quale è il pioniere tra i paesi ad alto reddito del Golfo a creare un

istituto di microfinanza.

Il progetto IBDA, nato grazie all’Arabian Gulf Program for United Nation, offre quattro

servizi principali23. Il primo Sayedati, dedicato alle solo donne dai 18 ai 60 anni, che

possono essere disoccupate o occupate sia come dipendenti o già microimprenditrici, la

garanzia è richiesta solo in casi specifici. Il secondo è denominato Tatweer, dove il target

22 (Narwi) fonte web.

23 (Ibda Lebanon) fonte web.

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sono le micro o piccole imprese già attive, l’età è sempre dai 18 ai 60 anni, il prestito è

concesso per un periodo da 6 a 36 mesi, le garanzie sono obbligatorie in questo caso.

Il terzo Darajati è utilizzato per l’acquisto di un motociclo, l’idea è fornire un mezzo di

trasporto per migliorare le condizioni lavorative, il rimborso ha un periodo che va da12 a

18 mesi, non è richiesta nessuna garanzia. L’ultimo strumento è chiamato Dirasati, prestito

per lo studio, con un ammontare che va da 200 $ a 2000 $ è concesso senza garanzia, il

rimborso dovrà essere onorato in un periodo da 4 a 9 mesi.

Vi sono interventi a livello internazionale relativi al microcredito, in particolare nel paese

dei Cedri è stato avviato un programma della BEI ( Banca Europea degli Investimenti) con

progetti specifici afferenti la microfinanza in varie aree esterne all’UE. La BEI opera

attraverso strumenti quali garanzie e capitale azionario24, nel rapporto della rivista

d’informazione della BEI (2007:30) si afferma che le politiche adottate per promuovere il

microcredito hanno dato un risultato positivo, concretamente si sottolineano che gli

strumenti quali fondi di investimenti di microcredito, hanno consentito alle MFI di

accedere a linee di credito potendo così aumentare l’offerta di microcredito all’interno dei

paesi stessi. Un esempio di collaborazione di grande successo è stato realizzato nel 2011

tra la BEI e l’ONG Al Majmoua creata da un progetto pilota di Save the Children nel

1997. L’ONG ha come obiettivo principale il finanziamento di progetti per le donne con

rischio condiviso, i dati pubblicati dalla BEI mostrano che Al Majmoua conta più di 26000

mutuatari attivi detenendo un cospicuo portafoglio pari a 22 milioni $, ha erogato dal 1997

al 2011 oltre 170 000 prestiti. Oltre alla mera erogazione di strumenti finanziari sono stati

attivati servizi non-finanziari che consistono sostanzialmente nella formazione in materia

di contabilità di base, tenuta dei libri contabili e tecniche di vendita, strumenti utili per

poter migliorare le microimprese nella gestione e nelle performance.

La BEI ha accordato un prestito all’ONG di 1.5 Milioni $, i quali sono stati impiegati

direttamente nel mercato libanese.

24 Rivista d’informazione del Gruppo Banca Europea per gli Investimenti (2007 : 30).

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3.3 Il primo Istituto dei Microfinanza Islamica nello Yemen

La repubblica dello Yemen si trova in una situazione di instabilità politica dall’anno 2011.

Secondo i dati della Banca Mondiale la popolazione è di circa 24.5 milioni di persone

(2013), la forza lavoro attiva nel paese è il 40% della popolazione totale nel gruppo di età

15-64 anni, dove gli uomini costituiscono circa il 90% di essa. Si stima che due milioni di

yemeniti lavorino in Arabia Saudita, questi incidono attraverso le loro rimesse per il 6%

del PIL (IMF No.13/246 -2013). All’interno dell’analisi del FMI si riscontra che oltre la

metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà, circa il 55% vive con meno di 2 $ al

giorno. La stessa Banca Mondiale afferma che lo Yemen ha uno dei tassi di malnutrizione

più elevati al mondo, quasi il 60% dei bambini sotto i cinque anni soffre di malnutrizione

acuta e il 35% è sottopeso. Una situazione sociale drammatica, la quale si è cercato di

combattere attraverso aiuti internazionali, tra questi troviamo sempre attraverso il sostegno

dell’AGFUND il progetto di Al Amal Bank, primo istituto di microfinanza islamica

registrato sotto la banca centrale Yemenita. Attraverso una breve analisi cerchiamo di

capire le problematiche pratiche riscontrate sul campo.

Il CEO Mohamed Al-Lai ha rilasciato un intervista nel 200725 dove afferma che

“ Al-Amal Bank is the first Islamic Microfinance Bank providing diversified financial

products to the Islamic population supervised by the Central Bank of Yemen. We

provide solely Islamic products and when it comes to lending, this can be split in two

areas. Firstly, Murabahah, and secondly, Islamic Leasing, which is the leading one.

We also provide savings products, investment funds, fixed deposits and current

accounts. ” ( Speaks :Al-Lai 2007).

Secondo il CEO la microfinanza si è espansa negli ultimi anni, ma non ha considerato nella

area mediorientale quella grosso segmento di popolazione che ricerca prodotti in accordo

con i principi islamici . Le problematiche riscontrate dal gruppo Al Amal Bank , è relativo

alla regolamentazione della banca centrale, che regola e supervisiona il mercato bancario,

non differenziando i requisiti degli istituti convenzionali da quelli che si occupano di

microfinanza, ciò pone molti ostacoli per lo sviluppo di tali istituti, i quali già di per sé non

sono efficienti in un ottica finanziaria convenzionale. Un esempio operativo che pone

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grosse difficoltà, e che la banca sta cercando di combattere, è relativo alla richiesta dei

documenti di riconoscimento delle donne in un paese come lo Yemen, dove spesso le

donne non è consentito portare i documenti di identità con sé, quindi bloccando a priori

una possibile operazione . In secondo luogo troviamo i costi di gestione che sono molto più

elevati, dato che operando attraverso i principi islamici, non vengono utilizzati i contanti,

ma bisogna appoggiarsi ad una terza parte per la fornitura dei beni. Come abbiamo visto

questo è un problema riportato nel capitolo precedente, dove nella nostra analisi l’abbiamo

superato attraverso l’assorbimento della microfinanza negli istituti di credito islamici

convenzionali, dato che hanno già un personale formato e una struttura ben espansa sul

territorio. Questo consentirebbe di rendere i costi più sostenibili a differenza di una

struttura che deve creare il network . Ciò che si sta verificando è la nascita di un tessuto di

microfinanza islamica, che va a supportare le ONG già presenti sul territorio e i programmi

di aiuti internazionali.

Secondo l’annual report 2013 di Al Amal Bank sono stati accordati nell’anno 2013 crediti

attraverso gli islamic principles per 239761 clienti ad un target di micro e piccoli

imprenditori, con un range da USD $ 46 a USD $46.511. Dopo le problematiche della

primavera araba nel 2011 dove l’attività del istituto è calato in maniera drastica, nel 2013

l’incremento dei clienti attivi rispetto all’anno precedente è stato del 32% ossia 34374

clienti tra questi il tipo di credito accordato è stato: individuale (24067), gruppi

solidali(10307), di partnership con il settore pubblico, legati al social welfare e infine

dedicato allo sviluppo dei giovani imprenditori dai 18 ai 30 anni.

Inoltre l’istituto bancario di microfinanza islamica ha creato dei appositi strumenti di

risparmio, per educare a costruire una buona base patrimoniale, prodotti di risparmio

dedicati ai bambini, e strumenti di risparmio per i microimprenditori.

Per quanto riguarda i servizi non finanziari, sono stati attivati sei corsi per

l’imprenditorialità tra cui finanza per le donne, vendite e marketing, project management

skills ecc.. I dati relativi alle performance della banca, sono stati estrapolati dalla

dalll’agenzia Mix Market26 con sede Pennsylvania Washington DC, dato che alcuni dati del

report pubblicato dalla banca non vengono riportati. La percentuale delle donne attive cui

hanno partecipato ai programmi di microcredito nell’anno in questione è stata del 51.26%, 26

(Mix Market ) fonte web.

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questo ha consentito di creare 8193 posti di lavoro . I programmi di risparmio intrapresi dal

genere femminile nel 2013 è stato di 25699, questi dati sono molto inferiori rispetto ai

programmi di microcredito tradizionale attivi in altri paesi. La motivazione che il CEO

Mohamed Al-Lai della Al Amal Bank dà è relativa ai disordini politici e civili che il paese

sta attraversando, quindi problematiche riguardanti la sicurezza personale.

MixMarket riporta nella sua analisi che i pagamenti definiti Deliquency Rate, ossia in

ritardo, su un Gross Loan Portfolio (GLP) di 8 860 768 $ risultano dello 0.23% , è da

sottolineare che il GLP per genere è suddiviso in Female 2 459 785 e Male 6 400 982.

Come si può notare anche se le donne ricevono il 51,26% dei prestiti, rapportandolo al

GLP la percentuale di prestiti in termini monetari rispetto al totale si riduce al 27.76%.

Le informazioni che ha fornito l’istituto di microfinanza islamica mostra delle ottime

performance, difatti risulta secondo il loro rapporto annuale, che l’operational self

sufficency, ossia la capacità finanziaria di coprire con i ricavi operativi tutti i costi operativi

nell’anno 2013 è stata del 230.79%. La redditività del capitale investito è dichiarata del

10.72%. Se le dichiarazioni risultassero veritiere, sembra che gli istituti di microfinanza

islamica abbiano sviluppato attraverso la fusione degli strumenti delle banche islamiche e

degli istituti di microcredito tradizionale la via per poter non solo operare

autofinanziandosi, ma potersi anche sviluppare.

3.4 Il Microcredito e le Donne

I programmi di microcredito hanno rappresentato uno strumento di emancipazione

femminile. In particolare modo nei PVS le donne che hanno beneficiato di questi

programmi, hanno acquisito la partecipazioni alle decisioni famigliari, il potere di

contrattazione, la libertà di uscire autonomamente . Su un analisi effettuata in

collaborazione con varie ONG italiane con più di 4000 interviste27, è risultato che il 70 %

delle donne ha avuto in incremento del proprio reddito Corsi (2008:22).

27 Le interviste sono state effettuate dall’MFIs, partner Fondazione Risorsa Donna e il Comitato Italiano Permanente per il Microcredito, dislocate in dodici paesi del Mediterraneo . La scelta delle donne da intervistare è stata casuale. La grande maggioranza delle donne intervistate è sposata, con un’età tra i 35 e i 45 anni, con un tasso di alfabetizzazione basso.

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I paesi che prendiamo in considerazione dalla ricerca effettuata, sono Egitto, Libano ,

Giordania, Marocco, Albania, Bosnia, Croazia, Francia, Italia, Kosovo, Spagna e Tunisia.

Le donne che hanno avuto accesso al credito in questi paesi, hanno dichiarato di aver avuto

un incremento dei risparmi, i quali come si può vedere nella Tabella 5 sono stati dedicati

per la gran parte per le spese famigliari.

Tabella.5 Spese Relative dei Risparmi derivanti dal Microcredito Utilizzo dei Risparmi in (%) Spese Famigliari Alimentazione

Abbigliamento

Salute

Miglioramento dell’Abitazione

Istruzione

Rimesse

60.8 34.6

4.0

7.0

13.0

1.6

0.6

Attività Lavorativa Nuova Attività Agricola

Nuova Attività non Agricola

Miglioramento Attività Esistente

29.0 1.2

0.6

27.2

Rimborso del prestito 5.3

Altro 2.7

Mai utilizzati 2.2

TOTALE 100

Tab.5 – Non rientrano nell’analisi Francia e Croazia in quanto i dati non sono disponibili. Fonte Corsi (2008:22)

Prendendo in considerazione i Paesi Arabi data la nostra analisi, le donne intervistate

dichiarano che dopo aver avviato il programma di microcredito, è aumentato il consumo

medio di alimenti, con un superamento delle carenze alimentari per il 6.1% nel caso del

Libano, per le donne Giordane il 18.6%, il Marocco per 17.5% e l’ Egitto del 6.3%.

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Come si può notare dalla Tab.5 le donne investono la gran parte dei risparmi derivanti dal

microcredito nelle spese rivolte alla famiglia, dedicando il 60,8% al proprio nucleo

famigliare. Si evidenzia inoltre il contributo rivolto alla salute e al miglioramento delle

abitazioni, ciò incede nel benessere e nella qualità della vita dell’intero gruppo famigliare.

Queste evidenze mostrano una delle motivazioni per cui le donne sono il target ideale per il

microcredito, difatti

“ la donna è il principale fattore di stabilità e unità famigliare. Ciò, da un punto di

vista economico, si traduce in una gestione responsabile del denaro finalizzata ad

accrescere il benessere della famiglia” Corsi (2008:13).

Inoltre tutte l’ esperienze di microcredito hanno accertato che le donne hanno maggiore

senso di responsabilità che si traduce in un più elevato tasso di rimborso dei prestiti.

Come abbiamo visto precedentemente, il microcredito per le realtà come l’Arabia Saudita,

può avere un impatto significativo a livello famigliare, ma anche ad un livello

macroeconomico. Abbiamo dimostrato ampliamente, nel caso Saudita, che l’ingresso delle

donne nel mercato del lavoro migliorerebbe non solo la società in termini di equità, ma

porterebbe ad un maggior benessere economico, incrementando il PIL di diversi punti

percentuale. Nei così detti Rentier State, una politica dedicata all’integrazione delle donne

nel mercato lavorativo, risulterebbe una cura per la dipendenza dalle risorse fossili e

introdurrebbe quel cambiamento graduale nella mentalità della popolazione volto a liberare

le potenzialità imprenditoriali delle donne e non solo.

Aspetto centrale è l’empowerment femminile, la domanda cui cercheremo di rispondere è

quale dimensione assume attraverso il microcredito. Per dare una risposta concreta

utilizzeremo la ricerca effettuata sul campo tramite le MFIs ,dove sono state considerate

sette dimensioni della vita sociale e civile delle donne Corsi (2008:31-30).

Sono stati costruiti indici in grado di considerare i sette indicatori, rispettivamente è stato

assegnato il valore -1 quando la risposta alla domanda relativa all’impatto è stata

diminuita, 0 se non vi è stato nessun cambiamento e +1 nel caso di un miglioramento della

condizione. Si è così rilevata la misura dei cambiamenti raggiunti in ciascuna dimensione,

utilizzando la media di valori ottenuti si è ricavato un numero indice che varia da -100 a

+100.

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LEGENDA:

A = Possibilità di Uscire di Casa

B = il Ruolo all’Interno della Comunità di Riferimento

C = la Partecipazione alla Vita Sociale e Civile

D = la Capacità di Fare acquisti

E = la partecipazione alle decisioni sugli investimenti

F = il potere di contrattazione

G = la capacità di conciliare lavoro e famiglia

Tabella 6. Dimensione dell’Empowerment Femminile ( saldi %)28

A B C D E F G Indice Egitto 56 48 48 66 55 50 42 52

Giordania 53 66 24 56 52 74 63 56

Libano 18 33 49 44 30 45 29 35

Marocco 83 22 20 68 59 46 7 43

Tunisia 87 33 67 83 93 83 90 77

Media

Ponderata

53

49

43

63

53

53

44

51

Fonte Corsi (2008:30)

Come si può osservare dalla Tab. 6 gli impatti dell’microcredito sull’empowerment

femminile nei Paesi Arabi presi in considerazione è positivo in termini assoluti,

considerando tutte le dimensioni dell’empowerment, con picchi che raggiungono quasi il

90% in alcuni casi, come si osserva per il caso tunisino dove l’87% delle donne ha

migliorato la dimensione “ possibilità di uscire di casa ”. La capacità di fare acquisti (

senza chiedere l’autorizzazione al coniuge ) è considerato il vantaggio principale per le

donne in Egitto, mentre in Giordania il genere femminile ritiene maggiormente importante

l’aumento del loro potere di contrattazione in seno alla famiglia.

“La capacità di conciliare lavoro e famiglia” è la dimensione che ha portato maggiori

critiche nei programmi di microcredito in generale. Come si può osservare nel Mondo 28 Tutte le variabili sono quantificate tramite il saldo: f(nt, t)= 1 n1t + 0 n2t -1 n3t, dove n1t = diminuito, n2t = rimasto uguale, n3t = aumentato. Il saldo ha dimostrato di essere un metodo altamente affidabile per convertire informazioni qualitative in forma quantitative. Per maggiori dettagli, si veda Commissione Europea (1991), The System of Business Surveys in the European Community, «European Economy» – Suppl. B, ed. speciale, luglio.

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Arabo non si è osservato un indice negativo, a differenza dei paesi occidentali, in cui si è

registrato -12% per le donne francesi, e -5% per quelle italiane29. In termini di

empowerment negativo percentuale, suddiviso per regioni del mondo, il fattore G (

capacità di conciliare lavoro e famiglia) è stato considerato negativo per il 3.7% dalle

donne Arabe, mentre per l’Europa Occidentale ha raggiunto il 20.3% .La motivazione

sembra essere legata al servizio offerto dalle organizzazioni di microfinanza, lo studio

riportato dimostra che:

“ si è riscontrato una performance migliore in termini di empowerment per le MFIs

che offrono insieme al credito e prodotti per il risparmio servizi non finanziari,

definendolo approccio integrato30. Programmi esclusivamente integrati portano in

media a un impatto positivo in termini di empowerment per il 76% delle intervistate,

mentre le istituzioni con approcci minimalisti ottengono il 62% di risultati positivi.

Ciò suggerisce l’importanza della prestazione di servizi non finanziari per riuscire a

influenzare l’empowerment ” Corsi (2008: 32).

Inoltre si è riscontrata una correlazione positiva tra l’indice di empowerment da un lato e la

durata delle partecipazioni e dal numero di prestiti ricevuti dall’altro.

Questi risultati dimostrano quantitativamente che l’accesso al credito può modificare le

condizioni di vita, e che le attività di microcredito possano rappresentare un forte incentivo

all’emancipazione femminile, riferendomi sia all’emancipazione economica che sociale.

Gli strumenti non finanziari aiutano ad ottenere migliori risultati ma occorre applicare un

approccio sensibile alla questione di genere ed inclusivo tendo conto dei bisogni ed i

vincoli della donna nello specifico paese, come la ridotta mobilità, mancanza di titoli di

proprietà da offrire in garanzia, ecc. e tradurli in condizioni contrattuali, prodotti finanziari

e metodologie di erogazione del credito coerenti.

29 CFR Corsi (2008: 32)

30 Per approccio integrato si intende l’offerta di servizi finanziari e non finanziari : come mediazione sociale, formazione in materia di gestione aziendale, servizi sociali, servizi sanitari educazione ecc.

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3.5 Il Microcredito in un contesto di Conflitto o Post-Conflitto

Abbiamo analizzato lo sviluppo del microcredito nei paesi Arabi, cercando di capire come

si possa estendere lo sviluppo di questo non solo nei paesi poveri, ma anche per quei paesi

considerati a reddito alto, spiegando le motivazioni e i benefici che apporterebbe il

microcredito ad essi. Non si può fare a meno di prendere in considerazione le instabilità

che attraversano il Medio Oriente, e capire come queste possano avere delle ricadute sui

programmi attivi nella regione. I conflitti interni ai paesi e i conflitti statali, hanno

pregiudicato le attività economiche, decrementando lo sviluppo. Secondo il rapporto delle

Nazioni Unite del dipartimento ESCWA ( 2009 : 7 ), ambienti di conflitto o post-conflitto

sono caratterizzati da tre aspetti :

(i) un contesto psico-sociale dove vi è una perdita di fiducia, separazione dalle famiglie e

l’aumento della paura per le violenze.

(ii) una situazione economica debole e distorta, una perdite dei business assets, della

fiducia nel sistema finanziario oltre alla perdita della mano d’opera qualificata.

(iii) Il danneggiamento delle infrastrutture che riduce l’accesso ai servizi basilari come la

scuola, la sanità ecc. .

Il primo aspetto è fondamentale, in quanto la fiducia e la solidarietà è la base della

microfinanza, gli altri due aspetti acuiscono le problematiche bloccando il sistema.

Nel report delle Nazioni Unite viene fatta una analisi del comportamento degli istituti di

microfinanza nelle fasi post conflitto, dove è risultato che la maggior parte delle MFIs ha

cercato di apportare delle modifiche ai propri prodotti o fornire di nuovi, come ad esempio

la rinegoziazione dei prestiti o prodotti specifici per la ricostruzione post conflitto, questo

però provoca un aumento del rischio e dei costi per il creditore. Ne è un esempio il secondo

strumento, che abbiamo visto antecedentemente, dell’istituto di microfinanza Ameel s.a.l.

con base in Libano, il quale offre prestiti per la ricostruzione. Le MFIs in ambiti di post-

conflitto si trovano ad affrontare importanti limitazioni dal punto di vista delle risorse

umane, con un aumento dei costi operativi in seguito all’assunzione di personale straniero

o alla formazione locale. La sicurezza è un altro fattore che incide in termini di limitazioni

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delle operazioni delle MFIs gravando ulteriormente sugli istituti. Tutto ciò causa

un’insostenibilità degli istituti di microfinanza sia a livello finanziario che istituzionale.

Inoltre, “ l’incremento dei costi operativi e amministrativi potrebbe essere attribuito

all’aumento crescente delle spese di monitoraggio per mantenere un portafoglio di

alta qualità, misure di sicurezza supplementari, investimenti addizionali nell’

advocacy31 e nello sforzo di formare o riformare il personale specializzato ”

Rapporto ESCWA ( 2009: 9 ).

Altro aspetto che andiamo analizzare è il rischio di bilancio, i conflitti abbassano i

rendimenti sugli investimenti, secondo il rapporto sopracitato:

ciò è dovuto all’indebolimento dei rimborsi, causato dalla riduzione della capacità

produttiva e operativa dei clienti. Per di più i fondi per i prestiti diminuiscono, dal

momento che i depositi o i lending resources vengono congelati o ridotti, in aggiunta

i valori patrimoniali declinano a causa di svalutazioni monetarie e inflazione

Rapporto ESCWA ( 2009: 9-10 ).

3.5.1 Il Microcredito Strumento per la Ricostruzione Post-Conflitti Secondo il rapporto delle Nazioni Unite (2009) la microfinanza può considerarsi uno

strumento utile per lo sviluppo e la costruzione di una pace sostenibile. Al di là della

promozione dello sviluppo locale, i servizi di microfinanza possono svolgere un ruolo

importante nell’assistenza alla riabilitazione nell’immediato post-conflitto attraverso la

mobilitazione sociale, la responsabilizzazione, la stabilizzazione ed infine la

valorizzazione del capitale sociale. Nel United Nation Report of Secretary General (2009),

viene dichiarato che uno degli obiettivi prefissati per il raggiungimento della pace

immediatamente dopo i conflitti è sostenere la ripresa economica attraverso la creazione di

31 Advocacy: processo politico che mira ad influenzare le politiche pubbliche e l'allocazione delle risorse all'interno dei sistemi politici, economici e sociali e relative istituzioni. L’advocacy può includere numerose attività che una persona o organizzazione può svolgere, incluse campagne a mezzo stampa, comizi pubblici, commissionamento e pubblicazione di ricerche o sondaggi e raccolta di documentazione favorevole. “ le ONG operanti nelle zone post-conflitto si incentrano sulla difesa dei diritti fondamentali e perciò di denuncia della loro violazione” ( enciclopedia Treccani ) fonte web.

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lavoro per i giovani, in particolare per gli ex-combattenti nonché la riabilitazione delle

infrastrutture di base. Ne è un esempio l’esperienza dell’ ONG Child of Afghanistan

(CFA), la quale attraverso la creazione di gruppi solidali misti, formati da ex combattenti e

contadini, ha attuato dei microprestiti. L’ONG è riuscita a reintegrare nella società gli ex-

combattenti, effettuando la prima erogazione del credito a favore di questi, quindi

stimolando i civili a collaborare con loro al fine di garantire il tempestivo rimborso, così da

poter accedere a cicli di credito successivi. Questo ha portato al rafforzamento della

solidarietà della collaborazione, incoraggiando la responsabilità condivisa, la fiducia e la

cooperazione.

Importanti studi rivelano che “ the microfinance encourages reconciliation and

conflict resolution by involving cross-ethnic cooperation; for example producers and

consumers interact across ethnic borders. According to Larson (2001)32,

microfinance efforts smooth the transition to a normal life after conflict by

developing social capital through solidarity mechanisms ” United Nation Report of

Secretary General (2009).

In altre parole la microfinanza ha delle ricadute su più aspetti, dalla lotta alla povertà, al

reintegro sociale come abbiamo visto per gli ex-combattenti che rientrano nella società

civile, ed infine l’abbattimento delle barriere etnico religiose. Tale strumento può essere

utilizzato per riportare la fiducia nelle comunità, e il riavvicinamento tra etnie e religioni

differenti, ciò potrebbe essere applicato per il caso Israelo-Palestinese con possibili risultati

positivi.

3.6 I possibili limiti o ricadute negative della microfinanza nel mondo Arabo

Prima di trarre le conclusioni definitive bisogna ragionare sugli eventuali limiti o ricadute

negative che può avere la microfinanza nei paesi Arabi.

32(USAID US Government Agency ) fonte web

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Tralasciando i limiti relativi alla operatività e alla struttura che abbiamo già visto

precedentemente, cercheremo di analizzare dalla breve esperienza della microfinanza

tradizionale le potenziali barriere e ripercussioni negative che si potrebbero avere in alcuni

Paesi arabi.

Alcuni studi portati avanti da Goetz e Gupta pubblicati nel 1996 hanno mostrato un

impatto negativo della microfinanza sulle donne, l’impatto negativo a cui si riferiscono i

due ricercatori è legato alla gestione dei prestiti delle donne, i quali dai risultati delle loro

ricerche, venivano controllati direttamente dai rispettivi mariti (Al Amin & Tayub 2008:

17). Inoltre è stato dimostrato che i prestiti investiti in malo modo da parte dei mariti hanno

provocato una drastica riduzione delle spese domestiche riguardanti i bisogni primari per

poter ripagare i debiti contratti . In alcuni casi si sono verificate aumenti della violenza

domestica o un minor contributo finanziario da parte degli uomini alle spese del nucleo

famigliare, una volta che le consorti inizino a guadagnare un piccolo reddito. (

Cencini&Borghi 2010 : 24)

L’impatto dei vari programmi di microcredito dipende però dalla singola situazione

famigliare, dal tipo di attività svolta e dalla formazione scolastica delle donne. Credo che i

problemi sopra elencati non possano però essere imputati ai programmi di credito, ma alle

norme sociali e culturali, pertanto è logico che la riduzione della povertà non possa essere

raggiunta senza mettere in discussione parte delle norme sociali stesse.

Credo che attraverso la microfinanza islamica o attraverso l’introduzione del microcredito

negli istituti finanziari islamici si possa in qualche maniera attenuare le ricadute negative

che si sono verificate nei programmi di microcredito convenzionale. In primis la

motivazione è che si utilizzano strumenti che fanno parte della cultura e del sistema

socioeconomico locale, questo potrebbe migliorare l’assorbimento dei cambiamenti a

livello di equità di genere.

Inoltre a livello pratico possiamo dimostrare con un esempio il fatto che attraverso alcuni

strumenti della finanza islamica il credito accordato non viene consegnato direttamente, ma

viene offerto lo strumento per poter intraprendere l’attività lavorativa, non solo, sono da

considerarsi fondamentali il supporto della micro-imprenditrice attraverso i servizi non

finanziari, che nel microcredito convenzionale hanno attenuato le ricadute negative e i

programmi di risparmio pre-imposti. Tali strumenti utilizzati in maniera congiunta aiutano

a diminuire il rischio dell’uso del prestito da parte del marito . Per quanto riguarda i paesi

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del levante si è dimostrato attraverso l’intervista che l’impatto per la maggior parte delle

donne è stato positivo, la vicinanza alla cultura occidentale, il passato coloniale rende

questi paesi molto più aperti a strumenti quali il microcredito convenzionale.

Un'altra critica che si solleva al microcredito è relativa al potenziale sviluppo da

microimprese a piccole imprese, ossia vengono riconosciuti gli effetti relativi all’impatto

sociale e all’auto-impiego, ma non viene riconosciuto il potenziale sviluppo economico che

contribuirebbe a rendere competitivo il paese. Questo senza dubbio non è verificabile, data

che si tratta di uno strumento giovane, ma ragionando sulla crescita del microcredito in

Europa che ha un obiettivo differente rispetto a quello dei PVS, ossia crescita economica e

promozione dell’auto-impiego, il microcredito sembra procedere proprio in questa

direzione. Di certo bisogna colmare molti gap dalla tecnologia, all’istruzione ecc. ma l’uso

di tale strumento nel mondo arabo, bisogna considerarlo rieducativo. Una rieducazione

volta a decrementare nel tempo gli enormi sussidi statali e migliorare la condizione della

donna, rendendola partecipe alla vita sociale ed economia nel paese. Rimane rilevante un

concetto centrale ossia come abbiamo visto precedentemente che il lavoro è l’unico fattore

a livello macroeconomico in grado di arricchire il sistema nel suo complesso quindi creare

forma-utilità .

Secondo Karnai (2007) l’impatto del microcredito mostra i suoi benefici per la categoria

di persone al disopra della soglia di povertà, piuttosto che per la categoria che sta al di

sotto della poverty line. Questo viene giustificato attraverso l’idea che i mutuatari con più

reddito sono disposti ad assumersi più rischi, mentre i mutuatari più poveri raramente

investono in nuove tecnologie o assunzione di nuova manodopera dato che devono

proteggere la loro sussistenza. Inoltre si sottolinea il fatto che nella maggior parte dei casi

le micro imprese sono troppo piccole, non hanno personale retribuito, possiedono pochi

beni e operando su piccola scala non possono raggiungere l’efficienza, e quindi realizzano

guadagni molto bassi (Karnai 2007:37). Secondo l’autore per sradicare la povertà il

microcredito non è uno strumento adatto, anche se reputa l’impatto sociale derivante dal

esso positivo, nello specifico l’accompagnamento e dal miglioramento della condizione

femminile. Karnai afferma che è più efficiente investire nelle imprese già presenti,

aumentando la loro produttività, invece di creare micro-imprese, dato che l’aumento della

produttività comporta un aumento dei salari, di conseguenza la diminuzione della povertà

stessa. Per questo si considera che non è sufficiente creare posti di lavoro attraverso il

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microcredito ma è necessario migliorare la produttività delle imprese già presenti per poter

sradicare la povertà. Secondo Karnai(2007:40) è possibile per un economia investire in

entrambe le direzioni, ma i governi devono dare la priorità ad apporci di sviluppo che

hanno un pay-off più alto, traendo esempio dalle esperienze di paesi come la Corea del Sud

e Taiwan i quali attraverso l’incremento della produttività hanno reso competitive le loro

aziende e hanno contribuito in maniera evidente allo sradicamento della povertà stessa.

Di certo è condivisibile l’idea che non è sufficiente creare micro-imprese per sradicare la

povertà, ma bisogna trovare il modo di migliorare l’efficienza di queste.

Una soluzione è la cooperativa o i consorzi che riuniscono piccoli agricoltori autonomi o

artigiani, permettendo di creare una massa che non solo consente l’incremento della

produttività, ma addirittura di competere sul mercato. Il caso più eclatante lo troviamo in

Italia, dove Melinda ha riunito oltre 4000 famiglie di frutticoltori, riuscendo a renderli

competitivi non solo a livello nazionale, ma anche europeo.

I Soci ogni anno conferiscono il loro raccolto alla propria Cooperativa di

appartenenza che è una delle 16 che costituiscono Consorzio Melinda, cui è delegata

l’organizzazione e la gestione di tutte le attività successive alla raccolta quali

stoccaggio,frigo-conservazione,selezione, confezionamento, spedizione, promozione,

vendita, amministrazione, acquisti, gestione del Personale etc. Fonte web (Melinda).

Nell’anno 2015 il consorzio Melinda ha presentato una previsione di fatturato di 244

milioni di euro, questo esempio scredita le affermazione che le micro imprese possano

essere utilizzate solo come strumento di sussistenza e che non possano dare un contributo

alla crescita del paese.

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CONCLUSIONI

La microfinanza ha sicuramente effetti e impatti differenti legati al contesto sociale,

economico e politico. Per la riduzione della povertà e il miglioramento dell’equità di

genere il microcredito ha un ruolo importante nella creazione di un quadro di riferimento in

cui gli interventi per lo sviluppo in generale possono produrre risultati positivi. Non si deve

considerare la microfinanza come un rimedio universale per affrontare tutte le cause della

povertà e della disuguaglianza di genere, ma la microfinanza deve poter essere sostenuta da

un pacchetto di misure strategiche e di lungo termine che supportino il microcredito con il

coinvolgimento di tutte le parti in causa, come Governi, ONG, il settore privato, i donatori,

ecc. (Amin & Tayub 2008: 25).

I Paesi hanno differenti strutture economiche e sociali e, di conseguenza, differenti vincoli

per l’accesso al microcredito, sia dal punto di vista della domanda, sia dal punto di vista

dell’offerta, e ciò comporta risultati e ricadute differenti per ogni aerea che si va ad

analizzare. La mia affermazione trova supporto dalla storia economica recente: sono

oramai note le critiche di economisti eterodossi, premi nobel come Joseph Stiglitz e vari

accademici, sulla ricetta universale imposta dal FMI e dalla Banca Mondiale per l’uscita

dalle crisi economiche per i PVS, il così detto Washington consensus. Ma per poter agire in

maniera efficace bisogna saper identificare i vincoli della domanda e dell’offerta per ogni

singolo Paese, dato che anche all’interno dei Paesi Arabi vi è una evidente differenza. In

maniera semplicistica possiamo dividerli in due macro aeree: i Paesi del Golfo da un lato, e

dall'altro l'area identificabile col Levante e il Nord Africa. Questo consentirebbe di poter

adattare prodotti efficaci o di crearne nuovi e, inoltre, attraverso la cooperazione tra ONG,

settore privato, Governi e Società Civile, sviluppare soluzioni adeguate per affrontare le

problematiche e migliorare l’impatto e le ricadute positive del microcredito.

Abbiamo anche analizzato il concetto di moneta secondo la visione islamica appurando il

legame con la natura veicolare della moneta di Bernard Schmitt. Approfondendo l’analisi

abbiamo ricostruito il ruolo dell’intermediazione bancaria e ciò ha dimostrato

l’importanza del microcredito, dato che l’unico fattore in grado di creare forma-utilità,

quindi ricchezza, è il lavoro. La povertà non può essere curata solo attraverso donazioni o

sussidi statali, ma bisogna fornire gli strumenti adeguati per poter produrre ricchezza,

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consentendo di reintrodurre nella società quelle persone che fino ad oggi sono state

estromesse dal sistema finanziario e asservite ai sussidi e alle donazioni. È stato doveroso

analizzare la cosiddetta proibizione dell’interesse nell’islam, dato che il microcredito per

sua caratteristica utilizza interessi più elevati rispetto agli interessi di mercato (ciò è dovuto

alla struttura su cui si regge il microcredito stesso, ossia la mancanza di garanzie e gli alti

costi operativi). Attraverso l’indagine sulla riba abbiamo dimostrato che il concetto di

interest free è in parte riduttivo, dato che la forma di interesse sugli investimenti viene

riconosciuta nel mondo islamico ma, a differenza del mercato tradizionale, non viene

prefissata. Abbiamo poi osservato il quadro della finanza informale specifica del mondo

arabo: questa si è creata per una mancanza di accesso ad un sistema finanziario formale

garantito per tutta la popolazione; inoltre, abbiamo considerato alcune forme che apportano

un contributo al sistema finanziario, ma che non possiamo propriamente far rientrare nella

finanza informale, come lo Zakat, le rimesse e il sussidio statale.

I fondi dello Zakat, come abbiamo visto, sono gestiti in maniera differente nei Paesi Arabi

e questo rispecchia in un certo modo la struttura politico sociale dei Paesi. In un caso

troviamo una gestione top-down dei fondi, i quali sono ritirati come forma di tassazione

diretta da parte dello Stato. Nel secondo modello troviamo una libera gestione dei fondi, i

quali possono essere dedicati secondo la propria propensione individuale per lo scopo

sociale a cui si desidera apportare il contributo. L’utilizzo di tali risorse, secondo l’ipotesi

portata avanti, può dare un contributo agli istituti di microcredito e ai programmi di

accompagnamento che gli istituti di microfinanza adottano nei loro progetti formativi.

Gli altri due fattori che hanno un ruolo rilevante all’interno del Medio Oriente sono le

rimesse e sussidi statali. Le rimesse, come abbiamo visto nel caso libanese, hanno un

grosso peso nell’economia dei Paesi Arabi cosiddetti Semi-Rentier State. L’afflusso di

capitali esteri può sembrare ad un'analisi superficiale solo un fattore positivo, ma la

cosiddetta “influenza olandese” ha mostrato la relazione tra maggior afflusso di valuta

estera e il declino dell’economia, definita in altri termini deindustrializzazione.

Questo problema è stato analizzato secondo l’approccio odierno alla lotta agli squilibri

macroeconomici, il quale ci ha portato a definire una soluzione per ridurre il tasso di

cambio reale. Troviamo l’indirizzamento dei capitali verso i settori tradable, per il quale il

microcredito svolgerebbe un ruolo centrale, e l’apertura al commercio attraverso la

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riduzione di dazi e contingentamenti; nello specifico, un aumento di un punto percentuale

all’apertura al commercio comporterebbe per il caso studio relativo al Bangladesh una

riduzione del tasso di cambio reale del 2,38%. In aggiunta a ciò abbiamo visto l’esperienza

relativa al contrasto del dutch disease in pacifico, focalizzando l’attenzione sulla necessità

di accelerare lo sviluppo del settore privato, in particolare lo sviluppo delle microimprese,

dato che le politiche di governo per garantire una crescita economica sostenibile sono

apparse inefficaci. In quest'ottica, il microcredito ha svolto un ruolo importante soprattutto

dal punto di vista del reintegro dei posti di lavoro persi.

In seguito si è analizzata una soluzione alternativa agli squilibri monetari, derivanti dalle

rimesse relative al dutch disease che colpisce i Paesi esportatori di materie prime. La

nostra analisi ha ricercato una soluzione definitiva tra le teorie macroeconomiche,

sottolineando il fatto che attualmente si utilizzano strumenti che abbiamo definito

“tampone” per gli squilibri monetari. La mancanza di un sistema internazionale di

pagamento provoca squilibri macroeconomici che gravano soprattutto sui Paesi in via di

sviluppo; inoltre abbiamo visto che il pagamento del debito estero è gravato da un doppio

onere, il quale costringe il Paese indebitato a utilizzare le proprie riserve, o a indebitarsi

per ripagare gli interessi ed il debito contratto precedentemente, e ciò comporta un ingente

spreco di risorse che potrebbero essere impiegate per migliorare le condizioni dei PVS.

Tali risorse, oltre a poter essere impiegate per programmi di sviluppo, risulterebbero utili

per creare quelle infrastrutture che consentirebbero di vivere in modo dignitoso, portando

alla realizzazione di un benessere sociale minimo, un diritto universale che ritroviamo in

tutte le costituzioni, ossia quello relativo alla dignità umana.

Il terzo fattore che abbiamo considerato è il sussidio statale, il quale è presente sotto varie

forme nel mondo arabo. Troviamo aiuti diretti alla disoccupazione, impiegati in grande

quantità nel settore pubblico il quale è utilizzato come ammortizzatore sociale, oltre a

sovvenzioni dirette sull’energia, sul cibo, ecc.. Il mondo arabo usa tale strumento per

preservare il potere, ciò però ha portato alla così detta “prosperità pigra” dei Paesi Arabi,

contraendo il sistema industriale, come dimostrato dai dati, e provocando la

passivizzazione dei cittadini. Il microcredito, invece, può essere utilizzato per diseducare la

popolazione al sussidio statale cercando di invertire una crescita insostenibile e

inefficiente, ponendo così le basi per un cambiamento sociale ed economico.

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Per poter introdurre il microcredito in un sistema come, ad esempio, quello Saudita,

abbiamo analizzato i principali strumenti finanziari utilizzati nella finanza islamica e

analizzato i principi alla base degli istituti di credito islamici. Tali strumenti sono stati

adattati per la creazione di micro banche che offrono microcredito attraverso la fusione

delle esperienze del sistema bancario islamico con quello tradizionale, come abbiamo visto

nel caso yemenita e libanese. Questo ha portato ad un riscontro positivo, anche se

attraverso la nostra analisi abbiamo visto che le banche islamiche potrebbero assorbire il

microcredito in maniera più efficiente senza mettere in discussione i propri principi, questo

perché hanno una struttura consolidata che risulta vantaggiosa rispetto alla creazione di

nuovi istituti, hanno personale già formato e una disponibilità finanziaria maggiore rispetto

agli istituti di microfinanza islamica, i quali hanno difficoltà nel reperimento dei fondi per i

progetti, dato che sono limitati nella raccolta di capitali dall’estero. Con l’analisi della best

practice della microfinanza appare chiaro che il modello è coerente con gli obiettivi che si

prefigge il sistema finanziario islamico, il quale si fonda su un approccio egualitario, privo

di classi e democratico nell’essere aperto a tutti i clienti, senza fissare apparenti limiti alle

differenti categorie degli stessi. Le banche islamiche ed i programmi di microcredito

possono essere visti come complementari, sia in termini ideologici che pratici, dato che

entrambi promuovono l’equità, scoraggiando la miseria e la mendicanza, con l’obiettivo di

massimizzare i benefici sociali.

Un altro aspetto da prendere in considerazione, che va a rafforzare l’idea che il

microcredito possa essere uno strumento più efficace se assorbito dalla finanza islamica, è

il fattore di sviluppo futuro delle microimprese. Se il micro imprenditore potesse essere

seguito, fin dalla nascita della micro impresa, direttamente dagli istituti finanziari islamici,

si potrebbe consolidare la fiducia tra istituto finanziario e microimprenditore, permettendo

lo sviluppo da microimprese in PMI. L’esperienza pregressa, lo storico di buon pagatore, la

formazione continua e la fiducia che si instaura sono flussi di informazioni preziose che

possono essere utilizzate per dare una spinta al settore industriale, potendo così elevare il

microimprenditore a imprenditore. Il contratto di Igārah è uno strumento che potrebbe

essere usato per tale passaggio, dato che il prestito viene effettuato direttamente attraverso

il bene strumentale, abbattendo il rischio di moral hazard, ossia l’uso del prestito per altri

scopi.

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Per poter attuare una politica di questo tipo bisogna però educare la persone sui costi reali

della microfinanza, attuando delle campagne informative che spieghino che le

problematiche relative agli interessi sono legate agli elevati costi che sostengono gli istituti

erogatori, in maniera tale da poter introdurre nella società il concetto di interesse quale

ammortizzatore dei costi che sostiene l’istituto stesso, il quale non è ripudiato dalla finanza

islamica. Non va dimenticata la continua ricerca di nuovi strumenti per l’abbattimento di

tali costi; l’esempio che abbiamo riportato è il retail outlets. Inoltre, abbiamo visto e tratto

dall’esperienza francese che i costi dell’accompagnamento possono essere separati

dall’operazione del microprestito, facendoli ricadere non più sul microimprenditore, ma

attingendo dai fondi zakat, sadaqah o awqaf, o attraverso una redistribuzione dei sussidi

statali che potrebbero essere impiegati e abbassati in maniera graduale, così da permettere

una diseducazione della popolazione ai sussidi, senza compromettere la stabilità dei Paesi.

Nell'esporre la situazione Saudita abbiamo visto una chiara fotografia del sistema

economico-sociale. Il potenziale sviluppo del microcredito su un modello europeo

porterebbe benefici in ambito economico ponendo le base per un tessuto imprenditoriale. Il

Regno, pur rientrando tra i Paesi ad alto reddito, è colpito dalla povertà, definita attraverso

un concetto di multidimensionalità; questo si verifica per ciò che Amartya Sen ha definito

functioning, cioè l’essere liberi di fare o di essere, osservato in relazione al caso specifico

delle donne. L’introduzione delle donne nel mercato del lavoro consentirebbe, come

dimostrato da vari studi precedentemente citati, di aumentare in maniera rilevante il PIL

del Paese, liberandolo dalla dipendenza e dalle fluttuazioni dei prezzi petroliferi, e

contrastando il dutch disease. Il microcredito è lo strumento che consentirebbe l’accesso a

tale processo e, come abbiamo visto, l’uso della finanza islamica comporterebbe un miglior

assorbimento nel sistema sociale dell’empowerment femminile, dato che si utilizzano

strutture e strumenti accettati e consolidati nella società.

Il caso libanese è l’esemplificazione della complementarità degli istituti di microcredito

tradizionale, quelli di tipo shari'a-compliant e della cooperazione internazionale in questo

campo. Lo sviluppo di un sistema dove convivono le due strutture permette di avere

un’offerta più variegata, la quale può raggiungere le singole esigenze. Inoltre, grazie alla

coesistenza e quindi alla concorrenza tra gli istituti che forniscono credito, si tenderà a

migliorare l’efficienza, offrendo e adattando i prodotti alle esigenze dei clienti.

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Tale situazione non può verificarsi nel caso saudita, ma dal caso yemenita si può affermare

che anche attraverso gli istituti di microfinanza islamica si possono avviare quei

meccanismi volti al cambiamento. Si sono riscontrate delle difficoltà soprattutto per il

superamento dei limiti imposti alle donne, come ad esempio l’impossibilità di portare con

sé i documenti di identità, e di conseguenza di poter accedere agli istituti di microfinanza.

Il problema potrebbe essere risolto solo attraverso un cambiamento sociale supportato

attraverso l’educazione e il coinvolgimento della società civile. In aggiunta, è da

evidenziare la dichiarazione che ha effettuato l’istituto di microfinanza islamica sulla

percentuale delle donne attive cui hanno partecipato ai programmi di microcredito

nell’anno 2013 pari al 51,26%. Tale informazione potrebbe essere discutibile se si osserva

la percentuale di credito concesso alle donne rapportandolo al totale concesso nell’anno

2013, che risulta essere pari 27,76%. Ci dovrebbe essere più trasparenza nelle informazioni

fornite dalla banca, dato che i dati potrebbero essere utilizzati a scopo di immagine per il

reperimento di fondi, quindi si verificherebbe uno scostamento tra risultati ottenuti e quelli

forniti dagli istituti. Tuttavia, le performance finanziare dell’istituto sono ottime rispetto a

molti istituti di microcredito che operano in altri Paesi. Sicuramente ciò che contribuisce a

tali performance è la fiducia maggiore che ha la popolazione verso sistemi che usano i loro

stessi principi etico-religiosi.

In ultima analisi abbiamo visto l’impatto dei disordini civili e delle guerre sui programmi

di microfinanza: questo non solo rallenta o blocca i programmi avviati, ma mina la fiducia

che è elemento sostanziale nel microcredito. Le istituzioni di microfinanza si sono mosse

per contrastare le ricadute negative, ma ciò ha comportato un aumento dei costi di gestione

e monitoraggio. Il microcredito, però, superata la fase di conflitto, può essere usato per

ristabilire la fiducia; oltre a fornire un vantaggio puramente economico legato alla

creazione di posti di lavoro, il microcredito svolge una funzione di reintegro sociale degli

ex-combattenti, ricreando i legami sociali e rafforzando la solidarietà tra le persone. Questo

aspetto è fondamentale in quanto in molte regioni del Medio Oriente possono essere attuati

programmi che abbiano l’obiettivo di abbattere le barriere etniche o religiose; ne sono

esempi il caso israeliano e palestinese, il caso curdo per le regioni di Turchia, Iraq e Siria,

gli Sciiti e i Sunniti nello Yemen e nel Bahrein ecc.

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La microfinanza assieme alla finanza islamica può contribuire alla lotta contro la povertà

se accompagnata da riforme economiche, giuridiche e sociali. Tale strumento in un sistema

regionale che sta mutando in maniera radicale può coadiuvare e indirizzare i Paesi Arabi

verso società più eque. Gli studi futuri a riguardo dovrebbero proseguire incentrandosi

sugli sviluppi dei progetti all’interno dei Paesi Arabi, cercando di trovare soluzioni per

potenziare ed estendere i progetti micro imprenditoriali, nell’ottica di far evolvere le micro

imprese, ne abbiamo visto un esempio con il caso del consorzio Melinda dove piccoli

agricoltori unendosi hanno potuto sfruttare economie di scala migliorando la produttività.

Inoltre va considerato un aspetto molto importante, già con la nascita del programma di

microcredito i microimprenditori sono portati a collaborare tra loro in quanto prerequisito

insito nel programma stesso, questo ci fa ipotizzare che tali soggetti siano più propensi a

collaborare sotto forma di cooperative e consorzi rispetto alle medie e grandi imprese già

presenti sul mercato.

Inoltre si potrà proseguire analizzando nella stessa visione di studio il potenziale sviluppo

per i Paesi limitrofi, come ad esempio l’Iran, dato che anche se formalmente non rientra tra

i Paesi Arabi vi è comunque un legame religioso con essi, e quindi i principi economici

definiti dall'Islam causano eguali vincoli dal punto di vista dell’offerta. La ricerca può

proseguire nel definire una linea di possibile sviluppo delle microimprese e della

microfinanza stessa non solo nel caso regionale in questione. Ciò permetterebbe di

innalzare il potenziale dei micro imprenditori, ossia ricercare e analizzare strumenti e

politiche adeguate che possano rendere competitivo il settore della microfinanza.

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