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Università degli Studi di Padova FACOLTÀ DI SCIENZE MM. FF. NN. CORSO DI LAUREA IN SCIENZE BIOLOGICHE TESI DI LAUREA PRODUZIONE DI UN ANTISIERO SPECIFICO PER LA PROTEINA UNKNOWN (At2g17230) / Phi-1 like DI ARABIDOPSIS THALIANA Relatore: Dott.ssa ELISABETTA BERGANTINO DIPARTIMENTO DI BIOLOGIA Correlatore: Dott.ssa ALESSIA BRUNETTA DIPARTIMENTO DI BIOLOGIA Laureando: STEFANO MARINO ANNO ACCADEMICO 2002-2003

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Università degli Studi di Padova

FACOLTÀ DI SCIENZE MM. FF. NN. CORSO DI LAUREA IN SCIENZE BIOLOGICHE

TESI DI LAUREA

PRODUZIONE DI UN ANTISIERO SPECIFICO PER LA

PROTEINA UNKNOWN (At2g17230) / Phi-1 like DI

ARABIDOPSIS THALIANA

Relatore: Dott.ssa ELISABETTA BERGANTINO DIPARTIMENTO DI BIOLOGIA Correlatore: Dott.ssa ALESSIA BRUNETTA DIPARTIMENTO DI BIOLOGIA

Laureando: STEFANO MARINO

ANNO ACCADEMICO 2002-2003

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CAPITOLO1 : INTRODUZIONE

1.1 La fotosintesi 1.2 Il fotosistema II 1.3 La fotoinibizione 1.4 La fosforilazione delle proteine tilacoidali 1.5 psbH 1.6 Premessa al lavoro di tesi 1.7 La proteina phi-1 di tabacco 1.8 Scopo della tesi

CAPITOLO 2: MATERIALI E METODI

2.1 TECNICHE DI BIOLOGIA MOLECOLARE

2.1.1 Ceppi batterici e condizioni di crescita 2.1.2 Mini preparazioni di DNA plasmidico ( mini preps ) 2.1.3 Digestione di DNA mediante enzimi di restrizione 2.1.4 Elettroforesi su gel di agarosio 2.1.5 Purificazione di frammenti di DNA 2.1.6 PCR e clonaggio nel vettore TA 2.1.7 Vettori utilizzati 2.1.8 Ligazione plasmide-inserto 2.1.9 Trasformazione di batteri chemiocompetenti (CaCl2 competenti) 2.2 TECNICHE DI BIOCHIMICA

2.2.1 Induzione di E. coli trasformati con pGEX-UNK e con pRSET-UNK 2.2.2 Prove di purificazione della proteina in fusione con la GST 2.2.3 Purificazione su larga scala della proteina ricombinante 2.2.4 Prove di digestione della proteina di fusione con trombina 2.2.5 Prove di purificazione di His-UNK con la resina BD-TALONTM 2.2.6 Purificazione su larga scala (metodo Batch/gravity-flow su colonna) 2.2.7 Dialisi 2.2.8 Immunizzazione del coniglio 2.2.9 Preparazione del siero 2.2.10 SDS-PAGE (Harlow and Lane, 1998 modificato) 2.2.11 Colorazione dei gel di poliacrilamide 2.2.12 Elettrotrasferimento su membrane di PVDF (Western Blotting )

2.2.13 Colorazione della membrana di PVDF 2.2.14 Saggio di immunoblotting

2.3 TECNICHE BIOINFORMATICHE

CAPITOLO 3: RISULTATI 3.1 Clonazione di UNK/phi-1 like in pGEX-2T 3.2 Induzione di GST-UNK 3.3 Purificazione di GST-UNK 3.4 Prove di digestione con la trombina 3.5 Clonazione di UNK in pRSET-A

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3.6 Induzione di BL21 DE3 e BL21 DE3/pLysS trasformate con pRSET-UNK

3.7 Purificazione della proteina (His)6-UNK 3.8 Immunizzazione del coniglio e analisi del siero anti-UNK 3.9 Saggi di immunoblotting su estratti cellulari di

A. thaliana e di Z. mays 3.10 Analisi bioinformatica della proteina UNK/phi-1

like di Arabidopsis thaliana

3.11 Analisi bioinformatiche sulla struttura del dominio phi-1

CAPITOLO 4: DISCUSSIONE

4.1 Conclusioni e prospettive

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LISTA DELLE ABBREVIAZIONI

aa aminoacido

BSA Albumina di siero bovino

APS ammonio persolfato

Chl clorofilla

C-terminale Carbossi-terminale

EDTA Acido etilendiaminotetracetico

His istitidina/e

His-tag coda di 6 istidine della proteina His-UNK (o His6-UNK)

IPTG isopropylthio-β-D-galactoside

kDa chilodalton

LHCII Light Harvesting complex II

LMW Marcatori di pesi molecolari

N-terminale Ammino-terminale

PSII fotosistema II

PVDF Poly(vinilidene difluoride)

QA Primo accettore stabile del PSII

QB Secondo accettore stabile del PSII

sonicato omogenato per sonicazione

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CAPITOLO 1 : INTRODUZIONE

1.1 la fotosintesi

Nei cloroplasti si realizza la fotosintesi ossigenica ; un processo biologico che permette la conversione dell’energia luminosa in energia chimica. Si tratta fondamentalmente di una reazione di ossido-riduzione in cui l’energia radiante è usata per la sintesi dei carboidrati a partire da anidride carbonica ( accettore di elettroni) e acqua (donatore di elettroni ). Dall’ossidazione dell’acqua si produce ossigeno. Il processo fotosintetico si svolge in due fasi: -fase luminosa, che avviene nella membrana tilacoidale, in cui l’energia radiante viene assorbita dai fotosistemi e trasformata in energia chimica con produzione di O2 , ATP e NADPH; -fase oscura, nello stroma , in cui la CO2 è ridotta a carboidrati consumando ATP e NADPH prodotti durante la fase luminosa.

1.2 Il fotosistema II

I fotosistemi sono complessi multiproteici della membrana tilacoidale deputati all’assorbimento della energia luminosa e alla sua trasformazione in energia di legame chimico. Essi sono costituiti da un centro di reazione(RC) e da un complesso antenna LHC(light harvesting complex); entrambi legano clorofille, LHC lega anche carotenoidi. L’LHC assorbe l’energia luminosa e la trasferisce per risonanza alla clorofilla fotochimicamente attiva del centro di reazione che viene ossidata innescando così la catena di trasporto elettronico. Nelle piante superiori sono presenti due fotosistemi PSI e PSII che lavorano in serie e sono collegati da trasportatori di elettroni. Il PSII è un complesso multiproteico inserito nella membrana tilacoidale. Il core di questo complesso multiproteico è formato dalle proteine D1 e D2 che legano tutti i cofattori che danno luogo al flusso di elettroni(P680, feofitina, QA, QB) (Barber et al ,1997). Le proteine del PSII sono codificate dai geni psb dei quali la maggior parte è localizzata nel genoma nucleare, i restanti in quello plastidiale(Tabella1.1).

GENE PROTEIN

A

P.M.

KDa

n° di

αααα-eliche

transmem.

FUNZIONE

( dimostrata o presunta)

C,psbA D1 38.0 5 RC, lega P680, Pheo,QB

C,psbB CP47 56.3 6 Antenna interna,lega Chl a

C,psbC CP43 50.1 6 Antenna interna,lega Chl a

C,psbD D2 39.4 5 RC,lega P680, Pheo, QA

C,psbE cyt b559α 9.2 1 RC, protezione da fotoinibizione

C,psbF cyt b559β 4.4 1 RC, protezione da fotoinibizione

C,psbH prot.H 7.7 1 Regola trasporto e- daQA a QB

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Tabella 1.1 : Geni codificanti le subunità del PSII in piante

superiori e cianobatteri

(da Barber, 1997). N=genoma

nucleare; C=genoma

cloroplastidiale; psb=geni del PSII codificanti proteine; *geni non presenti nei cianobatteri;** geni presenti solo nei cianobatteri.

A questo proposito, è stata osservata un’interessante correlazione tra la localizzazione dei geni nei due genomi e la localizzazione delle proteine nel PSII: le proteine più vicine al core del fotosistema sono generalmente codificate da geni plastidiali, mentre le proteine periferiche sono espresse da geni nucleari. È stato ipotizzato che questo dipenda dalla necessità di regolare i geni delle proteine del core in base allo stato redox dell’organello (Pfannschmidt T., 2003). Strettamente associati a D1 e D2 troviamo due complessi pigmento proteina che legano clorofilla a: CP43 e CP47. Questi complessi formano una antenna interna che raccoglie l’energia proveniente dal sistema di antenne esterne e la convoglia al centro di reazione. Le proteine costituenti l’antenna esterna sono codificate dalla famiglia genica Lhcb (Jansson, 1994). Si distinguono quattro componenti: l’antenna maggiore (LHCII) e tre antenne minori chiamate CP24, CP26, CP29.Tutte le proteine LHC legano clorofilla a/b e caroteni. LHCII è il maggiore collettore di energia luminosa e rappresenta il complesso-pigmentato più abbondante nei cloroplasti; infatti è costituito da 1/3 delle proteine plastidiali leganti il 50% della clorofilla presente. LHCII è inoltre coinvolto nell’adesione della membrana tilacoidale (Allen,1992) e nella distribuzione dell’energia tra i due fotosistemi. Il complesso comprende una parte mobile ed una stazionaria,entrambe fosforilabili (Boekema et al , 2000). Le antenne minori sono invece meno rappresentate e legano un minor numero di molecole di clorofilla. La loro localizzazione all’interno del PSII, tra le antenne interne e l’LHCII, giustifica la loro funzione di collegamento nella trasmissione dell’energia luminosa tra i due complessi (Bassi et al ,1987). Il core del PSII è in forma dimerica e lega da due a quattro trimeri di LHCII e due copie delle antenne minori che sono monomeri(Allen,1992)

C,psbI prot.I 4.2 1 RC, funzione sconosciuta

C,psbJ prot.J 4.1 1 sconosciuta

C;psbK prot.K 4.3 1 sconosciuta

C,psbL prot.L 4.4 1 Regola legame QA

C,psbM prot.M 3.7 1 sconosciuta

C,psbN prot.N 4.7 1 sconosciuta

N,psbO OEC I 26.5 0 OEC , stabilizza Mn

N,psbP * OEC II 20.2 0 OEC , stabilizza Ca2+

N,psbQ * OEC.III 16.5 0 OEC , stabilizza Cl-

N,psbR * prot.R 10.2 0 componente regolativo OEC

N,psbS * prot.S 21.7 4 Lega Chl a/b , funzione sconosciuta

N,psbT prot.T 3.8 0 sconosciuta

N,psbU ** prot.U 10.0 ? ?

N,psbV ** prot.V 15.1 0 stabilizza il lato donatore

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Figura 1.1 Schema del fotosistema II

1.3 La fotoinibizione

La luce è fondamentale perché avvenga la fotosintesi, ma un eccesso di energia luminosa può

danneggiare i componenti dell’apparato fotosintetico, provocando una diminuzione della resa fotosintetica (fotoinibizione). Esistono diversi meccanismi mediante i quali si instaura la fotoinibizione; in generale, essa è dovuta ai danni foto-ossidativi provocati da molecole estremamente reattive (per esempio, clorofilla tripletto e ossigeno singoletto), che si formano in seguito a sovra-eccitazione dell’apparato fotosintetico. D1 è il principale bersaglio del danno da fotoinibizione e presenta il maggior tasso di turn-over tra le proteine tilacoidali;il danno indotto dalla luce consiste nella rottura di un legame peptidico nella proteina D1 stessa. Un fotodanno alla proteina D1 può verificarsi, con modalità diversa, sia nel lato “accettore” sia in quello “donatore” del complesso (Barber et Andersson, 1992).

In seguito al danno foto-ossidativo di D1, il centro di reazione del PSII viene inattivato; l’attività del complesso viene ripristinata attraverso il ciclo di riparo, che permette la sostituzione della subunità D1 danneggiata con una sintetizzata ex-novo. Come schematizzato in figura 1.2, contemporaneamente alla degradazione e rimozione delle subunità D1 danneggiate si assiste alla monomerizzazione del PSII e ad un suo parziale disassemblaggio; negli eucarioti la sostituzione delle proteine D1 danneggiate coinvolge uno spostamento dei complessi dalle membrane granali a quelle stromatiche: probabilmente, questo facilita l’accesso al complesso da parte degli enzimi coinvolti.

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Figura 1.2 Schema del ciclo di riparo della proteina D1 nei cloroplasti il ciclo di riparo sembra essere regolato dalla fosforilazione delle

proteine del core del PSII, tra le quali la stessa D1 e PsbH. In seguito a fosforilazione, infatti, diminuisce la velocità di degradazione di D1

1.4 La fosforilazione delle proteine tilacoidali

Almeno 13 proteine tilacoidali sono fosforilate in dipendenza della luce e la maggior parte di esse è associata al PSII (Silverstein,1993).La presenza di proteine fosforilate nei cloroplasti fu dimostrata per la prima volta da Bennet (1977): è stata rilevata la fosforilazione reversibile di proteine appartenenti all’LHCII e di quattro proteine del core di PSII( D1, D2, psbH e CP43). Più recentemente è stata identificata la fosforilazione di un’altra proteina antenna, CP29 (Bergantino et al,1995). Tutte queste proteine attraversano la membrana e presentano un segmento N-terminale esposto nello spazio stromatico: vanno incontro a cicli di fosforilazione e defosforilazione luce-dipendente; gli aminoacidi fosforilati sono in tutti i casi residui di treonina. E’ stato dimostrato che esistono più di una chinasi e di una fosfatasi nella membrana tilacoidale (Silverstein et al,1993 ; Carlberg and Andersson ,1996). Il significato fisiologico della fosforilazione per molte di queste proteine non è ancora chiaro : si ipotizza che l’attivazione di questo meccanismo possa essere correlata alla fotoprotezione, anche se si attua con modalità diverse a seconda della proteina coinvolta.

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La fosforilazione di LHCII è dipendente dalla luce e risulta coinvolta nella regolazione della distribuzione di energia tra PSII e PSI, in base alle diverse condizioni di luminosità. I cicli di fosforilazione e defosforilazione determinano una transizione di stato del complesso: se viene

eccitato preferenzialmente PSI (λ>700 nm), LHCII, defosforilato, si trova associato

prevalentemente a PSII (stato 1). Quando è PSII ad essere sovraeccitato (λ < 690 nm), si accumula

plastochinone ridotto e viene attivata una chinasi che fosforila la parte mobile di LHCII. Una volta fosforilato, il complesso si sposta verso le regioni non impilate della membrana, dove cede energia di eccitazione a PSI (stato 2). Il processo è reversibile: l’ossidazione del plastochinolo porta infatti all’inattivazione della chinasi (fig. 1.2). Per quanto riguarda D1, si pensava che la fosforilazione fosse un requisito necessario alla protezione da enzimi proteolitici: infatti una volta defosforilato il polipeptide viene eliminato e sostituito (Ebbert and Godde,1996; Rintamaki et al, 1997). .La fosforilazione delle proteine del core sembra inoltre stabilizzare la forma dimerica del PSII controllando anche la transizione tra questa forma ,presente nelle lamelle, e quella monomerica localizzata sopratutto nelle regioni stromatiche (Kruse et al,1997).

Tale transizione sembra essere coinvolta nel ciclo di riparo del PSII danneggiato (Barbato et al., 1992).

Rispetto alla fosforilazione di D1 e dell’ LHCII è stata dedicata minora attenzione a quella delle altre proteine del core del di PSII (D2, CP43, psbH ). Non è ancora stato chiarito se la loro fosforilazione faccia parte del meccanismo di riparo di D1 (Barbato et al. 1992 ) o se controlli la transizione fra la forma dimerica e monomerica del complesso (Kruse et al,1997).

1.5 psbH

La subunità PsbH è presente in tutti gli organismi fotosintetici ossigenici: possiede una regione trans-membrana, con un’elevata omologia di sequenza tra la proteina procariotica e quella eucariotica (circa il 70% di identità), ed un tratto N-terminale, esposto nello spazio stromatico, presente solo negli eucarioti.

Figura 1.3 Allineamento

della sequenza aminoacidica di PsbH tra, Zea mays, A. thaliana e Synechocystis 6803. Con le frecce sono indicati i residui di treonina fosforilabili

nelle piante: con la freccia arancione è evidenziato il residuo Thr2 inizialmente identificato, con la freccia bianca quello caratterizzato in A. thaliana,

ma conservato in tutte le piante. L’omologia di sequenza tra la proteina di Zea mays e quella Synechocystis 6803 è del 70%, escludendo

dall’allineamento la porzione N-terminale di 12 aminoacidi contenente il sito di fosforilazione (Mayes et Barber, 1990). Il tratto trans-membrana

(previsto tra gli aminoacidi 40-60 circa) risulta maggiormente conservato.

PsbH è stata una delle prime fosfoproteine identificate nel cloroplasto (Bennet, 1977): è nota anche come fosfoproteina di 10 kDa (o 8.3 o 9 kDa, peso molecolare apparente a seconda della specie).

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Nelle piante è presente almeno un residuo di treonina (Thr2) che subisce fosforilazione reversibile nella regione N-terminale (Michael H.P. and Bennett J., 1987): in A. thaliana è stato dimostrato che viene fosforilato anche il residuo Thr4 (Vener et al, 2001). Nei cianobatteri è invece assente questo tratto contenente i siti fosforilabili. La funzione di PsbH non è nota in dettaglio, benché si disponga di alcune informazioni, ricavate sia da organismi eucarioti che da procarioti. PsbH risulta essenziale per l'assemblaggio e la stabilità del PSII eucariotico, mentre non è indispensabile per l’assemblaggio del PSII nel cianobatterio Synechocystis 6803. Infatti, la delezione del gene psbH in Chlamydomonas reinhardtii, alga eucariote unicellulare, provoca la perdita totale dell’attività fotosintetica (Summer et al., 1997, O’Connor et al., 1998); questo non avviene nei cianobatteri, nei quali la mancanza di psbH non impedisce il funzionamento del PSII, nonostante comprometta l’efficienza di trasporto elettronico tra i plastochinoni QA e QB e renda il

PSII più suscettibile alla fotoinibizione. È stato ipotizzato che PsbH interagisca con il sito di legame al plastochinone QB, localizzato nella proteina D1 (Mayes S.R. et al., 1993; Chiaramonte S. et al., 1999). Come per le altre fosfoproteine di PSII, è stato proposto un ruolo di PsbH nei processi di riparo che seguono la fotoinibizione (Allen, 1992): è stato riportato che l’assenza di PsbH favorisce il danno indotto dalla luce di D1 (Komenda et al., 1995); che la sua fosforilazione,così come per le altre fosfoproteine del PSII, protegge dalla fotoinibizione (Kuhn et al., 1988; Giardi, 1993; Giardi et al., 1994); che la sua corretta struttura sia importante per il ciclo di riparo del PSII dai danni indotti dalla fotoinibizione(O’Connor et al, 1998 ; Bergantino et al. 2003) e, negli eucarioti, indispensabile per l’assemblaggio del PSII (O’Connor et al, 1998 ).

1.6 Premessa al lavoro di tesi

Nel nostro laboratorio, precedentemente al mio arrivo, si era deciso di saggiare le interazioni specifiche di PsbH con altre proteine focalizzandoci su quelle che coinvolgono l’N-terminale delle piante superiori ( particolarmente a livello della Thr3, che è un sito di fosforilazione ) , tramite un approcio di genetica molecolare, ovvero il saggio del doppio ibrido di lievito. Utilizzando il tratto N-terminale di PsbH di mais come esca, e le proteine codificate da una libreria di cDNA di A.thaliana come prede, si è giunti a isolare una proteina non nota ( chiamata per l’appunto provvisoriamente “UNKNOWN”) che veniva “pescata” dall’esca. Dal sequenziamento del frammento genico incorporato nel plasmide preda si è dedotto che si trattava dell’interazione dovuta ad una decina di aminoacidi al C-terminale di questa proteina sconosciuta UNK è una proteina originariamente emersa dal sequenziamento sistematico del cromosoma II di Arabidopsis. Più recentemente con l’apparire in letteratura di lavori riguardanti la proteina phi-1 di tabacco è stata denominata phi-1 like.

1.7 La proteina phi-1 di tabacco

L’unica referenza al momento disponibile sulla proteina denominata phi-1 è un articolo apparso nel 1999 (Plant Cell Physiology[40(1): 1-8] ), che si proponeva di investigare il ruolo del fosfato nella

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regolazione del ciclo cellulare. Ciò era stato realizzato facendo crescere cellule di tabacco della linea BY-2 prima in condizioni normali, poi trasferendole in un mezzo privo di fosfato; il risultato era il blocco del ciclo cellulare( misurato come abbattimento dell’indice mitotico). Quando al mezzo veniva nuovamente aggiunto il fosfato il ciclo cellulare riprendeva. Mediante l’uso di una libreria sottrattiva (geni espressi alla ripresa del ciclo meno geni espressi a ciclo cellulare bloccato per assenza di fosfato) furono identificate una serie di proteine più espresse della norma durante il ripristino del ciclo cellulare. Tra queste fu isolata una proteina la cui espressione risultava notevolmente aumentata nelle cellule a partire da 20’ fino a 2h dopo il trattamento con il fosfato; la proteina fu denominata phi-1 (phosphate induced) proprio per questa sua risposta al fosfato. I ricercatori continuarono il lavoro per verificare se phi-1 fosse direttamente collegata con la regolazione del ciclo cellulare , facendo test incrociati di blocco e ripristino del ciclo con auxina e con fosfato. Da questi test risultò che l’induzione di phi-1 era dipendente direttamente solo dal fosfato ed indipendente dallo stato del ciclo cellulare (cioè dalla condizione bloccata o sbloccata provocata dalla mancanza o dall’aggiunta di auxina). Venne allora svolta una ricerca bioinformatica per trovare analogie ,anche solo locali, di sequenza primaria fra il gene phi-1 e i database proteici. La proteina non risultò affine a nessuna proteina nota, però i ricercatori svolsero un indagine locale sulla sequenza del N-terminale, e trovarono una bassa omologia con la porzione contenente il sito di legame dell’ATP di H+-ATPasi di alcuni funghi,lieviti e di tabacco stesso. Venne allora svolta una ricerca bioinformatica per trovare analogie ,anche solo locali, di sequenza primaria fra il gene phi-1 e i database proteici. La proteina non risultò affine a nessuna proteina nota, però i ricercatori svolsero un’indagine locale sulla sequenza del N-terminale, e trovarono una bassa omologia con la porzione contenente il sito di legame dell’ATP di H+-ATPasi di alcuni funghi,lieviti e di tabacco stesso. In particolare essi considerarono significativa la presenza di 3 aa conservati: la sequenza Lys-Arg-Ala è infatti presente sia nella phi-1 di tabacco che nelle H+-ATPasi,con la lisina che è il sito putativo di legame dell’ATP. Gli stessi autori specularono che l’aumentato livello intracellulare di ATP che segue l’aggiunta del fosfato(Ukaji and Ashihara, 1986), potesse mettere in condizione phi-1 di giocare un ruolo imprecisato nella fosforilazione di un qualche substrato. Successivamente cercarono di localizzare nella cellula la proteina phi-1. Risultò una distribuzione preferenziale sulla superficie nucleare e una distribuzione network-like localizzata sul cortex cellulare. Sono inoltre visibili strutture fibrose che connettono il network del cortex con l’accumulo sulla superficie del nucleo.

1.8 Scopo della tesi

Partendo dal risultato cui si era giunti in laboratorio col saggio del doppio ibrido in lievito, lo studio sul significato della fosforilazione di PsbH si è allargato alla proteina phi-1 like di Arabidopsis

thaliana e non ancora studiata approfonditamente. Il fine è quello di capire se sia coinvolta o meno nella fotosintesi, esercitando la sua funzione tramite un’interazione con PsbH.

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Le indicazioni provenienti dalla sua omologa di tabacco ,derivanti dallo studio sopra descritto,consentono inoltre di ipotizzare che questa eventuale interazione con PsbH possa essere mediata dalla fosforilazione della stessa PsbH. Per svolgere delle indagini che potessero suffragare una simile ipotesi si è deciso di produrre anticorpi specifici per questa proteina. Si è perciò pianificata l’espressione della proteina UNK in forma ricombinante da potersi poi usare come antigene per l’immunizzazione di animali da laboratorio.

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CAPITOLO 1 : INTRODUZIONE

1.2 la fotosintesi

Nei cloroplasti si realizza la fotosintesi ossigenica ; un processo biologico che permette la conversione dell’energia luminosa in energia chimica. Si tratta fondamentalmente di una reazione di ossido-riduzione in cui l’energia radiante è usata per la sintesi dei carboidrati a partire da anidride carbonica ( accettore di elettroni) e acqua (donatore di elettroni ). Dall’ossidazione dell’acqua si produce ossigeno. Il processo fotosintetico si svolge in due fasi: -fase luminosa, che avviene nella membrana tilacoidale, in cui l’energia radiante viene assorbita dai fotosistemi e trasformata in energia chimica con produzione di O2 , ATP e NADPH; -fase oscura, nello stroma , in cui la CO2 è ridotta a carboidrati consumando ATP e NADPH prodotti durante la fase luminosa.

1.2 Il fotosistema II

I fotosistemi sono complessi multiproteici della membrana tilacoidale deputati all’assorbimento della energia luminosa e alla sua trasformazione in energia di legame chimico. Essi sono costituiti da un centro di reazione(RC) e da un complesso antenna LHC(light harvesting complex); entrambi legano clorofille, LHC lega anche carotenoidi. L’LHC assorbe l’energia luminosa e la trasferisce per risonanza alla clorofilla fotochimicamente attiva del centro di reazione che viene ossidata innescando così la catena di trasporto elettronico. Nelle piante superiori sono presenti due fotosistemi PSI e PSII che lavorano in serie e sono collegati da trasportatori di elettroni. Il PSII è un complesso multiproteico inserito nella membrana tilacoidale. Il core di questo complesso multiproteico è formato dalle proteine D1 e D2 che legano tutti i cofattori che danno luogo al flusso di elettroni(P680, feofitina, QA, QB) (Barber et al ,1997). Le proteine del PSII sono codificate dai geni psb dei quali la maggior parte è localizzata nel genoma nucleare, i restanti in quello plastidiale(Tabella1.1).

GENE PROTEIN

A

P.M.

KDa

n° di

αααα-eliche

transmem.

FUNZIONE

( dimostrata o presunta)

C,psbA D1 38.0 5 RC, lega P680, Pheo,QB

C,psbB CP47 56.3 6 Antenna interna,lega Chl a

C,psbC CP43 50.1 6 Antenna interna,lega Chl a

C,psbD D2 39.4 5 RC,lega P680, Pheo, QA

C,psbE cyt b559α 9.2 1 RC, protezione da fotoinibizione

C,psbF cyt b559β 4.4 1 RC, protezione da fotoinibizione

C,psbH prot.H 7.7 1 Regola trasporto e- daQA a QB

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Tabella 1.1 : Geni codificanti le subunità del PSII in piante

superiori e cianobatteri

(da Barber, 1997). N=genoma

nucleare; C=genoma

cloroplastidiale; psb=geni del PSII codificanti proteine; *geni non presenti nei cianobatteri;** geni presenti solo nei cianobatteri.

A questo proposito, è stata osservata un’interessante correlazione tra la localizzazione dei geni nei due genomi e la localizzazione delle proteine nel PSII: le proteine più vicine al core del fotosistema sono generalmente codificate da geni plastidiali, mentre le proteine periferiche sono espresse da geni nucleari. È stato ipotizzato che questo dipenda dalla necessità di regolare i geni delle proteine del core in base allo stato redox dell’organello (Pfannschmidt T., 2003). Strettamente associati a D1 e D2 troviamo due complessi pigmento proteina che legano clorofilla a: CP43 e CP47. Questi complessi formano una antenna interna che raccoglie l’energia proveniente dal sistema di antenne esterne e la convoglia al centro di reazione. Le proteine costituenti l’antenna esterna sono codificate dalla famiglia genica Lhcb (Jansson, 1994). Si distinguono quattro componenti: l’antenna maggiore (LHCII) e tre antenne minori chiamate CP24, CP26, CP29.Tutte le proteine LHC legano clorofilla a/b e caroteni. LHCII è il maggiore collettore di energia luminosa e rappresenta il complesso-pigmentato più abbondante nei cloroplasti; infatti è costituito da 1/3 delle proteine plastidiali leganti il 50% della clorofilla presente. LHCII è inoltre coinvolto nell’adesione della membrana tilacoidale (Allen,1992) e nella distribuzione dell’energia tra i due fotosistemi. Il complesso comprende una parte mobile ed una stazionaria,entrambe fosforilabili (Boekema et al , 2000). Le antenne minori sono invece meno rappresentate e legano un minor numero di molecole di clorofilla. La loro localizzazione all’interno del PSII, tra le antenne interne e l’LHCII, giustifica la loro funzione di collegamento nella trasmissione dell’energia luminosa tra i due complessi (Bassi et al ,1987). Il core del PSII è in forma dimerica e lega da due a quattro trimeri di LHCII e due copie delle antenne minori che sono monomeri(Allen,1992)

C,psbI prot.I 4.2 1 RC, funzione sconosciuta

C,psbJ prot.J 4.1 1 sconosciuta

C;psbK prot.K 4.3 1 sconosciuta

C,psbL prot.L 4.4 1 Regola legame QA

C,psbM prot.M 3.7 1 sconosciuta

C,psbN prot.N 4.7 1 sconosciuta

N,psbO OEC I 26.5 0 OEC , stabilizza Mn

N,psbP * OEC II 20.2 0 OEC , stabilizza Ca2+

N,psbQ * OEC.III 16.5 0 OEC , stabilizza Cl-

N,psbR * prot.R 10.2 0 componente regolativo OEC

N,psbS * prot.S 21.7 4 Lega Chl a/b , funzione sconosciuta

N,psbT prot.T 3.8 0 sconosciuta

N,psbU ** prot.U 10.0 ? ?

N,psbV ** prot.V 15.1 0 stabilizza il lato donatore

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Figura 2.1 Schema del fotosistema II

1.3 La fotoinibizione

La luce è fondamentale perché avvenga la fotosintesi, ma un eccesso di energia luminosa può

danneggiare i componenti dell’apparato fotosintetico, provocando una diminuzione della resa fotosintetica (fotoinibizione). Esistono diversi meccanismi mediante i quali si instaura la fotoinibizione; in generale, essa è dovuta ai danni foto-ossidativi provocati da molecole estremamente reattive (per esempio, clorofilla tripletto e ossigeno singoletto), che si formano in seguito a sovra-eccitazione dell’apparato fotosintetico. D1 è il principale bersaglio del danno da fotoinibizione e presenta il maggior tasso di turn-over tra le proteine tilacoidali;il danno indotto dalla luce consiste nella rottura di un legame peptidico nella proteina D1 stessa. Un fotodanno alla proteina D1 può verificarsi, con modalità diversa, sia nel lato “accettore” sia in quello “donatore” del complesso (Barber et Andersson, 1992).

In seguito al danno foto-ossidativo di D1, il centro di reazione del PSII viene inattivato; l’attività del complesso viene ripristinata attraverso il ciclo di riparo, che permette la sostituzione della subunità D1 danneggiata con una sintetizzata ex-novo. Come schematizzato in figura 1.2, contemporaneamente alla degradazione e rimozione delle subunità D1 danneggiate si assiste alla monomerizzazione del PSII e ad un suo parziale disassemblaggio; negli eucarioti la sostituzione delle proteine D1 danneggiate coinvolge uno spostamento dei complessi dalle membrane granali a quelle stromatiche: probabilmente, questo facilita l’accesso al complesso da parte degli enzimi coinvolti.

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Figura 1.2 Schema del ciclo di riparo della proteina D1 nei cloroplasti il ciclo di riparo sembra essere regolato dalla fosforilazione delle

proteine del core del PSII, tra le quali la stessa D1 e PsbH. In seguito a fosforilazione, infatti, diminuisce la velocità di degradazione di D1

1.4 La fosforilazione delle proteine tilacoidali

Almeno 13 proteine tilacoidali sono fosforilate in dipendenza della luce e la maggior parte di esse è associata al PSII (Silverstein,1993).La presenza di proteine fosforilate nei cloroplasti fu dimostrata per la prima volta da Bennet (1977): è stata rilevata la fosforilazione reversibile di proteine appartenenti all’LHCII e di quattro proteine del core di PSII( D1, D2, psbH e CP43). Più recentemente è stata identificata la fosforilazione di un’altra proteina antenna, CP29 (Bergantino et al,1995). Tutte queste proteine attraversano la membrana e presentano un segmento N-terminale esposto nello spazio stromatico: vanno incontro a cicli di fosforilazione e defosforilazione luce-dipendente; gli aminoacidi fosforilati sono in tutti i casi residui di treonina. E’ stato dimostrato che esistono più di una chinasi e di una fosfatasi nella membrana tilacoidale (Silverstein et al,1993 ; Carlberg and Andersson ,1996). Il significato fisiologico della fosforilazione per molte di queste proteine non è ancora chiaro : si ipotizza che l’attivazione di questo meccanismo possa essere correlata alla fotoprotezione, anche se si attua con modalità diverse a seconda della proteina coinvolta.

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La fosforilazione di LHCII è dipendente dalla luce e risulta coinvolta nella regolazione della distribuzione di energia tra PSII e PSI, in base alle diverse condizioni di luminosità. I cicli di fosforilazione e defosforilazione determinano una transizione di stato del complesso: se viene

eccitato preferenzialmente PSI (λ>700 nm), LHCII, defosforilato, si trova associato

prevalentemente a PSII (stato 1). Quando è PSII ad essere sovraeccitato (λ < 690 nm), si accumula

plastochinone ridotto e viene attivata una chinasi che fosforila la parte mobile di LHCII. Una volta fosforilato, il complesso si sposta verso le regioni non impilate della membrana, dove cede energia di eccitazione a PSI (stato 2). Il processo è reversibile: l’ossidazione del plastochinolo porta infatti all’inattivazione della chinasi (fig. 1.2). Per quanto riguarda D1, si pensava che la fosforilazione fosse un requisito necessario alla protezione da enzimi proteolitici: infatti una volta defosforilato il polipeptide viene eliminato e sostituito (Ebbert and Godde,1996; Rintamaki et al, 1997). .La fosforilazione delle proteine del core sembra inoltre stabilizzare la forma dimerica del PSII controllando anche la transizione tra questa forma ,presente nelle lamelle, e quella monomerica localizzata sopratutto nelle regioni stromatiche (Kruse et al,1997).

Tale transizione sembra essere coinvolta nel ciclo di riparo del PSII danneggiato (Barbato et al., 1992).

Rispetto alla fosforilazione di D1 e dell’ LHCII è stata dedicata minora attenzione a quella delle altre proteine del core del di PSII (D2, CP43, psbH ). Non è ancora stato chiarito se la loro fosforilazione faccia parte del meccanismo di riparo di D1 (Barbato et al. 1992 ) o se controlli la transizione fra la forma dimerica e monomerica del complesso (Kruse et al,1997).

1.5 psbH

La subunità PsbH è presente in tutti gli organismi fotosintetici ossigenici: possiede una regione trans-membrana, con un’elevata omologia di sequenza tra la proteina procariotica e quella eucariotica (circa il 70% di identità), ed un tratto N-terminale, esposto nello spazio stromatico, presente solo negli eucarioti.

Figura 1.3 Allineamento

della sequenza aminoacidica di PsbH tra, Zea mays, A. thaliana e Synechocystis 6803. Con le frecce sono indicati i residui di treonina fosforilabili

nelle piante: con la freccia arancione è evidenziato il residuo Thr2 inizialmente identificato, con la freccia bianca quello caratterizzato in A. thaliana,

ma conservato in tutte le piante. L’omologia di sequenza tra la proteina di Zea mays e quella Synechocystis 6803 è del 70%, escludendo

dall’allineamento la porzione N-terminale di 12 aminoacidi contenente il sito di fosforilazione (Mayes et Barber, 1990). Il tratto trans-membrana

(previsto tra gli aminoacidi 40-60 circa) risulta maggiormente conservato.

PsbH è stata una delle prime fosfoproteine identificate nel cloroplasto (Bennet, 1977): è nota anche come fosfoproteina di 10 kDa (o 8.3 o 9 kDa, peso molecolare apparente a seconda della specie).

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Nelle piante è presente almeno un residuo di treonina (Thr2) che subisce fosforilazione reversibile nella regione N-terminale (Michael H.P. and Bennett J., 1987): in A. thaliana è stato dimostrato che viene fosforilato anche il residuo Thr4 (Vener et al, 2001). Nei cianobatteri è invece assente questo tratto contenente i siti fosforilabili. La funzione di PsbH non è nota in dettaglio, benché si disponga di alcune informazioni, ricavate sia da organismi eucarioti che da procarioti. PsbH risulta essenziale per l'assemblaggio e la stabilità del PSII eucariotico, mentre non è indispensabile per l’assemblaggio del PSII nel cianobatterio Synechocystis 6803. Infatti, la delezione del gene psbH in Chlamydomonas reinhardtii, alga eucariote unicellulare, provoca la perdita totale dell’attività fotosintetica (Summer et al., 1997, O’Connor et al., 1998); questo non avviene nei cianobatteri, nei quali la mancanza di psbH non impedisce il funzionamento del PSII, nonostante comprometta l’efficienza di trasporto elettronico tra i plastochinoni QA e QB e renda il

PSII più suscettibile alla fotoinibizione. È stato ipotizzato che PsbH interagisca con il sito di legame al plastochinone QB, localizzato nella proteina D1 (Mayes S.R. et al., 1993; Chiaramonte S. et al., 1999). Come per le altre fosfoproteine di PSII, è stato proposto un ruolo di PsbH nei processi di riparo che seguono la fotoinibizione (Allen, 1992): è stato riportato che l’assenza di PsbH favorisce il danno indotto dalla luce di D1 (Komenda et al., 1995); che la sua fosforilazione,così come per le altre fosfoproteine del PSII, protegge dalla fotoinibizione (Kuhn et al., 1988; Giardi, 1993; Giardi et al., 1994); che la sua corretta struttura sia importante per il ciclo di riparo del PSII dai danni indotti dalla fotoinibizione(O’Connor et al, 1998 ; Bergantino et al. 2003) e, negli eucarioti, indispensabile per l’assemblaggio del PSII (O’Connor et al, 1998 ).

1.6 Premessa al lavoro di tesi

Nel nostro laboratorio, precedentemente al mio arrivo, si era deciso di saggiare le interazioni specifiche di PsbH con altre proteine focalizzandoci su quelle che coinvolgono l’N-terminale delle piante superiori ( particolarmente a livello della Thr3, che è un sito di fosforilazione ) , tramite un approcio di genetica molecolare, ovvero il saggio del doppio ibrido di lievito. Utilizzando il tratto N-terminale di PsbH di mais come esca, e le proteine codificate da una libreria di cDNA di A.thaliana come prede, si è giunti a isolare una proteina non nota ( chiamata per l’appunto provvisoriamente “UNKNOWN”) che veniva “pescata” dall’esca. Dal sequenziamento del frammento genico incorporato nel plasmide preda si è dedotto che si trattava dell’interazione dovuta ad una decina di aminoacidi al C-terminale di questa proteina sconosciuta UNK è una proteina originariamente emersa dal sequenziamento sistematico del cromosoma II di Arabidopsis. Più recentemente con l’apparire in letteratura di lavori riguardanti la proteina phi-1 di tabacco è stata denominata phi-1 like.

1.7 La proteina phi-1 di tabacco

L’unica referenza al momento disponibile sulla proteina denominata phi-1 è un articolo apparso nel 1999 (Plant Cell Physiology[40(1): 1-8] ), che si proponeva di investigare il ruolo del fosfato nella

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regolazione del ciclo cellulare. Ciò era stato realizzato facendo crescere cellule di tabacco della linea BY-2 prima in condizioni normali, poi trasferendole in un mezzo privo di fosfato; il risultato era il blocco del ciclo cellulare( misurato come abbattimento dell’indice mitotico). Quando al mezzo veniva nuovamente aggiunto il fosfato il ciclo cellulare riprendeva. Mediante l’uso di una libreria sottrattiva (geni espressi alla ripresa del ciclo meno geni espressi a ciclo cellulare bloccato per assenza di fosfato) furono identificate una serie di proteine più espresse della norma durante il ripristino del ciclo cellulare. Tra queste fu isolata una proteina la cui espressione risultava notevolmente aumentata nelle cellule a partire da 20’ fino a 2h dopo il trattamento con il fosfato; la proteina fu denominata phi-1 (phosphate induced) proprio per questa sua risposta al fosfato. I ricercatori continuarono il lavoro per verificare se phi-1 fosse direttamente collegata con la regolazione del ciclo cellulare , facendo test incrociati di blocco e ripristino del ciclo con auxina e con fosfato. Da questi test risultò che l’induzione di phi-1 era dipendente direttamente solo dal fosfato ed indipendente dallo stato del ciclo cellulare (cioè dalla condizione bloccata o sbloccata provocata dalla mancanza o dall’aggiunta di auxina). Venne allora svolta una ricerca bioinformatica per trovare analogie ,anche solo locali, di sequenza primaria fra il gene phi-1 e i database proteici. La proteina non risultò affine a nessuna proteina nota, però i ricercatori svolsero un indagine locale sulla sequenza del N-terminale, e trovarono una bassa omologia con la porzione contenente il sito di legame dell’ATP di H+-ATPasi di alcuni funghi,lieviti e di tabacco stesso. Venne allora svolta una ricerca bioinformatica per trovare analogie ,anche solo locali, di sequenza primaria fra il gene phi-1 e i database proteici. La proteina non risultò affine a nessuna proteina nota, però i ricercatori svolsero un’indagine locale sulla sequenza del N-terminale, e trovarono una bassa omologia con la porzione contenente il sito di legame dell’ATP di H+-ATPasi di alcuni funghi,lieviti e di tabacco stesso. In particolare essi considerarono significativa la presenza di 3 aa conservati: la sequenza Lys-Arg-Ala è infatti presente sia nella phi-1 di tabacco che nelle H+-ATPasi,con la lisina che è il sito putativo di legame dell’ATP. Gli stessi autori specularono che l’aumentato livello intracellulare di ATP che segue l’aggiunta del fosfato(Ukaji and Ashihara, 1986), potesse mettere in condizione phi-1 di giocare un ruolo imprecisato nella fosforilazione di un qualche substrato. Successivamente cercarono di localizzare nella cellula la proteina phi-1. Risultò una distribuzione preferenziale sulla superficie nucleare e una distribuzione network-like localizzata sul cortex cellulare. Sono inoltre visibili strutture fibrose che connettono il network del cortex con l’accumulo sulla superficie del nucleo.

1.8 Scopo della tesi

Partendo dal risultato cui si era giunti in laboratorio col saggio del doppio ibrido in lievito, lo studio sul significato della fosforilazione di PsbH si è allargato alla proteina phi-1 like di Arabidopsis

thaliana e non ancora studiata approfonditamente. Il fine è quello di capire se sia coinvolta o meno nella fotosintesi, esercitando la sua funzione tramite un’interazione con PsbH.

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Le indicazioni provenienti dalla sua omologa di tabacco ,derivanti dallo studio sopra descritto,consentono inoltre di ipotizzare che questa eventuale interazione con PsbH possa essere mediata dalla fosforilazione della stessa PsbH. Per svolgere delle indagini che potessero suffragare una simile ipotesi si è deciso di produrre anticorpi specifici per questa proteina. Si è perciò pianificata l’espressione della proteina UNK in forma ricombinante da potersi poi usare come antigene per l’immunizzazione di animali da laboratorio.

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CAPITOLO 3: RISULTATI

3.1 Clonazione di UNK/phi-1 like in pGEX-2T Al fine di produrre una proteina ricombinante facilmente purificabile si è scelto di clonarne la sequenza codificante in un vettore della serie pGEX. Si tratta di un sistema che permette l’espressione inducibile della proteina desiderata in fusione con la Glutatione-S-Trasferasi (GST) di Schistosoma japonicum. Un ulteriore vantaggio di questo sistema è che tra GST e la proteina d’interesse viene introdotto un sito di taglio specifico e ad alta efficienza per la proteasi trombina che può essere sfruttato per recuperare separatamente le due parti della fusione. La sequenza codificante per phi-1 like di Arabidopsis thaliana disponibile in rete (At2g17230) è stato il punto di partenza su cui progettare le sequenze dei primers per la PCR. Sono state tenute in considerazione due osservazioni: la porzione N-terminale della proteina ha un elevato numero di residui idrofobici e la sequenza codificante contiene, a 423 bp dal codone di inizio, un sito BamHI. Tale sito risultava in frame con quello presente nella regione di policlonaggio del plasmide pGEX-2T. Sono stati quindi disegnati due primers mutagenici utili ad introdurre siti di restrizione per EcoRI (Figura 3.1). In particolare, il primer forward si appaia alla porzione di DNA che va dalla posizione 423 a quella 450; il primer reverse si trova a cavallo del codone di stop, e il sito EcoRI introdotto cade dopo il codone stesso. Questi due primers consentivano di amplificare l’intera porzione codificante, a meno dei primi 36 aminoacidi dell’N-terminale, corrispondenti al tratto più idrofobico della proteina. Per la clonazione finale, tuttavia, si è preferito utilizzare il sito naturale BamHI che permetteva comunque di far esprimere una porzione sufficientemente lunga della proteina (222 aminoacidi su 363 totali), corrispondente alla maggior parte del dominio phi-1 like, oltre a permettere una clonazione direzionata e quindi più agevole.

Quindi dopo l’amplificazione per PCR con i primers sintetici, si è proceduti a tagliare vettore e inserto con BamHI ed EcoRI, alla purificazione delle bande corrispondenti da gel e alla reazione di ligazione. Alcuni cloni ottenuti dalla trasformazione con la miscela di ligazione sono stati posti in coltura; il DNA plasmidico è stato purificato mediante minipreps, ed esaminato mediante analisi di restrizione. Per uno dei plasmidi ricombinanti ottenuti l’inserto, corrispondente alla sequenza di UNK clonata, è stato completamente sequenziato per verificarne la bontà in termini di sequenza nucleotidica. In Figura 3.2 è riportata la sequenza aminoacidica GST-UNK prevista dalla traduzione del gene ibrido ottenuto.

atgtcgtctccggcgactactatcaccttctttttcttcttcactctctcatccttcttc

M S S P A T T I T F F F F F T L S S F F

tacatcacttcttcactccagaacaacaacaacaacaaacacacagcaaccgttaactcc

Y I T S S L Q N N N N N K H T A T V N S

ttaaatatcccctccgccgcggcggagattacgctagtaaacccaaagcttccgccgcgg

L N I P S A A A E I T L V N P K L P P R

agtctctccctcacatcctccaaaaaattcgaaggatcttcaaatctagtccacctccgt

S L S L T S S K K F E G S S N L V H L R

taccacatgggaccagtcctctcatcttctccgatcaacatctacgttatctggtacgga

Y H M G P V L S S S P I N I Y V I W Y G

caatggtcacgcccacacaaatccctaatcagagatttcctcaattctatctccgacgct

Q W S R P H K S L I R D F L N S I S D A

aaagcaccttctccctccgtctccgaatggtggcgcaccgcttctctctacacagatcaa

K A P S P S V S E W W R T A S L Y T D Q

accggatccaacgtctctagatccgttttaatcgccggagaatactccgattctaaatac

T G S N V S R S V L I A G E Y S D S K Y

tcccacggccaacaccttactcgtctcacgattcaggaagtcatcgcctccgccgccaga

S H G Q H L T R L T I Q E V I A S A A R

tccgcttcctttccggtggatcataaaaacggaatgtatctagttctgacgtcacacgac

S A S F P V D H K N G M Y L V L T S H D

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gtcacgatgcaagatttttgccgcgccgtttgtggatttcactatttcactttcccgtcg

V T M Q D F C R A V C G F H Y F T F P S

atggttggttacactatgccttacgcttgggttggtcaatcgggaaaacaatgtcccgag

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gtttgtgcttatccatttgctttaccgggttacatgggacacggtggtcccggagagctc

V C A Y P F A L P G Y M G H G G P G E L

cggccaccgaacggagagactggagtagatgggatggttagtgtgattggtcatgagtta

R P P N G E T G V D G M V S V I G H E L

gctgaagttgtatcgaatccgttgattaatgcttggtacgccggagaagatccgacggct

A E V V S N P L I N A W Y A G E D P T A

ccgacggagatcggtgatttgtgtgagggattgtacggaagcggcggaggaggagggtat

P T E I G D L C E G L Y G S G G G G G Y

attggtcaagttatgagagatagagaagggaagacttttaatatgaatggtaaaggagga

I G Q V M R D R E G K T F N M N G K G G

agaaagtttttagttcaatggatttggaaccctaatttgaaagcttgctctggtcctaac

R K F L V Q W I W N P N L K A C S G P N tctgtcgactaaaaaaacgaagaagaaggttaatgatggtgatttgtggtaatcactgag

S V D -

Fig3.1 Sequenza codificante di phi-1 like di A. thaliana: evidenziato in giallo c’è la zona di appaiamento del primer forward; evidenziato in blu c’è la zona di appaiamento del primer reverse; in verde è evidenziato il sito BamHI; in grassetto minuscolo sono segnate le basi che vengono mutagenizzate per PCR; in grassetto maiuscolo sono segnati gli aa di phi-1 like che sono espressi in fusione con il clonaggio BamHI/EcoRI . La sequenza dei primers utilizzati è riportata nel paragrafo 2.1.6 di Materiali e Metodi.

MSPILGYWKIKGLVQPTRLLLEYLEEKYEEHLYERDEGDKWRNKKFELGLEFPNLPYYIDGDVKLTQSMAIIRYIADKHN

MLGGCPKERAEISMLEGAVLDIRYGVSRIAYSKDFETLKVDFLSKLPEMLKMFEDRLCHKTYLNGDHVTHPDFMLYDALD

VVLYMDPMCLDAFPKLVCFKKRIEAIPQIDKYLKSSKYIAWPLQGWQATFGGGDHPPKSDLVPRGSNVSRSVLIAGEYSD

SKYSHGQHLTRLTIQEVIASAARSASFPVDHKNGMYLVLTSHDVTMQDFCRAVCGFHYFTFPSMVGYTMPYAWVGQSGKQ

CPEVCAYPFALPGYMGHGGPGELRPPNGETGVDGMVSVIGHELAEVVSNPLINAWYAGEDPTAPTEIGDLCEGLYGSGGG

GGYIGQVMRDREGKTFNMNGKGGRKFLVQWIWNPNLKACSGPNSVD

Fig3.2 Sequenza completa della proteina di fusione GST-UNK: in sottolineato c’è la porzione

di phi-1 like; in rosso è segnato il sito di taglio ottimale(con taglio molto efficiente tra Arg e

Gly) per la trombina; in viola sono segnati i siti di taglio alternativi(a minore efficienza).

3.2 induzione di GST-UNK

Il plasmide pGEX 2T-UNK selezionato è stato usato per trasformare cellule di E. coli BL21 DE3 e passare quindi alle prove di induzione. Seguendo il protocollo descritto in materiali e metodi, abbiamo sperimentato varie concentrazioni dell’induttore IPTG (0.1, 0.2, 0,5 e 0.8mM), tre tempi di induzione(1,2, 3 ore) e due temperature di induzione (28°C e 37°C).

1 2 3 4 5 6 7

1 2 3 4 5 6 7

Figura 3 .3 1) LMW; 2) BL21 DE3 pGEX 2T N.I .(Non Indotte) ; 3) BL21 DE3 pGEX 2T I. ( Indotte) ; 4) BL21 DE3 pGEX-UNK N.I. ; 5), 6) , 7) BL21 DE3 pGEX-UNK indotte per 1 , 2 , 3h.. Le induzioni sono state fatte con 0..2mM IPTG.

GST-UNK (53 kDa ) è visibile ad una altezza su gel di poco superioire a quella della banda del pesomolecolare da 45 kDa

97 kDa 66 kDa 45 kDa 30 kDa

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Nelle figure sono riportati due esempi di analisi, mediante SDS-PAGE, di estratti cellulari totali ottenuti nelle prove con due diverse concentrazioni di IPTG. Questa prima serie di esperimenti su piccola scala ci ha permesso di identificare le condizioni ottimali per la preparazione su grande scala: 0.2 mM IPTG a 28°C per 2 ore. Dopo le prove d’induzione sono state condotte prove di omogenizzazione mediante di sonicazione su frazioni di una stessa coltura cellulare indotta. Il pellet ottenuto da un litro di coltura indotta è stato ripreso in 100 ml di PBS e aliquotato. Sono stati quindi provati con due cicli diversi: il primo basato su ripetizioni di sei sonicate da 30’’ ciascuna con intervalli da 1’ in ghiaccio, il secondo con ripetizioni di sette sonicate da 1’ ciascuna con intervalli in ghiaccio di 1’. Da queste prove è emerso che il ciclo di sonicate da 1’ risulta più efficace (fig 3.5) ; precedentemente era stato verificato che il fattore di diluizione 1:10 tra volume di risospensione del pellet e volume della coltura indotta consentiva una maggiore efficienza di sonicata. Inoltre si vede che la proteina ,dopo le prove di sonicazione svolte, finisce in gran parte nel surnatante del sonicato, indicando che non risulta tossica per E.Coli(se no si formerebbero dei precipitati dovuti ai corpi di inclusione) e che è solubile.

45 kDa

30 kDa

66 kDa

Figura 3.4 1) LMW ;2) BL21 DE3 pGEX 2T N.I. ; 3)BL21 DE3 pGEX 2T I. ;4) BL21 DE3 pGEX-UNK N.I. ; 5) 6) 7) BL21 DE3 pGEX-UNK indotte per 1, 2 , 3h. .Le induzioni sono state fatte con 0.8 mM IPTG.

Figura 3.5 1)LMW 2)BL21 DE3 pGEX 2T-UNK non indotte, 3) BL21 DE3 pGEX 2T-UNK indotte 0.1mM IPTG a 28°C (2 h); 4) indotte 0.5 mM IPTG a 28°C(2h); 5) indotte 0.1mM IPTG a 37°C(2h) ; 6) surnatante del sonicato 7 x 60’’; 7) pellet non diluito del sonicato 7 x 60’’; 8) surnatante del sonicato 6 x 30’’; 9) pellet del sonicato 6 x 30’’. Le prove di sonicazione sono state fatte con il campione indotto a

1 2 3 4 5 6 7 8 9

GST-UNK

97 kDa 66 kDa 45 kDa 30 kDa 20.1 kDa 14.4 kDa

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3.3 purificazione di GST-UNK

Stabilite le condizioni di induzione e omogenizzazione, per la purificazione della proteina su scala maggiore si è partiti da due litri di coltura batterica. La frazione solubile ottenuta dalla sonicazione è stata miscelata con 1 ml di resina Glutathione Sepharose TM, secondo la procedura in batch descritta in Materiali e Metodi. Sono stati fatti 3 lavaggi da 2 ore ciascuno in batch, quindi tutta la miscela è stata caricata in colonna ed è stato eseguito un ulteriore lavaggio. L’eluizione è stata condotta con 2 ml (1 ml + 1 ml) del tampone di eluizione con glutatione. Tutte le fasi della purificazione sono state svolte a 4°C. Aliquote di tutte le frazioni raccolte sono state esaminate mediante SDS-PAGE (fig. 3.6) e immunoblotting; in tutte sono apparse sia una banda all’altezza attesa per GST-UNK (circa 50 kda), sia una banda più bassa (poco più di 40 kda) riconosciuta dall’anticorpo anti-GST. Ciò suggerisce che la proteina di fusione non venga completamente tradotta , forse per la presenza di codoni rari nella sequenza di Arabidopsis clonata che ostacolano il proseguimento della traduzione. Altra possibilità è che in E.coli avvenga una proteolisi più o meno specifica nella regione del polipeptide corrispondente a UNK. Sempre mediante SDS-PAGE, la proteina purificata per cromatografia è stata dosata per confronto

con quantità note di BSA (fig. 3.7): le concentrazioni ricavate sono state di 200 ng/µl per la prima

eluizione e di 300 ng/µl per la seconda eluizione, per una resa complessiva di 0.25 mg di proteina

purificata per litro di coltura batterica iniziale.

Figura 3.6 1) LMW; 2) BL21 DE3 / pGEX 2T non indotte ; 3) surnatante del sonicato dell’indotto; 4) I lavaggio; 5) II lavaggio; 6) III lavaggio; 7) IV lavaggio su colonna ; 8) I eluizione ; 9) II eluizione

Figura 3.7 1) LMW; 2) 0.5µg di BSA; 3) 0.75µg di BSA; 4) 1µg di BSA; 5) 1.

5µg di BSA; 6) 1.75µg di BSA; 7) 2µg di BSA; 8) 5µl di I eluizione; 9) 5µl di II eluizione

3.4 Prove di digestione con la trombina

1 2 3 4 5 6 7 8 9

1 2 3 4 5 6 7 8 9

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Il sistema utilizzato per l’espressione prevede l’uso della proteasi trombina per la separazione della GST dalla proteina ricombinante d’interesse dopo la purificazione della fusione. La trombina taglia, infatti, un sito ad alta specificità ingegnerizzato, a monte del polylinker, sui vettori pGEX. Abbiamo pertanto condotto delle prove di digestione con la trombina, utilizzando sia quantità di enzima che tempi di reazione diversi. In effetti, come si vede nel gel riportato come esempio in figura 3.8, la trombina taglia il sito specifico che separa la sequenza della GST da quella della proteina UNK: è rilevabile la banda della GST( 26.2 kDa), però non quella di UNK (circa 24 kDa). Ciò si è verificato anche per tempi molto brevi di digestione con quantità minime di trombina. I risultati dell’immunoblotting con anticorpi anti-GST hanno confermato che la banda bassa (a meno di 30 kDa) che si osserva al Coomassie è la GST .

Sono stati ricercati nella sequenza di UNK clonata dei siti alternativi, meno specifici, di taglio per la trombina e ne sono stati trovati quattro (fig.3.1). Ne abbiamo dedotto che la digestione in vitro frammentava la metà C-terminale della proteina di fusione (rendendola tra l’altro più vulnerabile agli attacchi di eventuali altre proteasi presenti).

a) b)

Figura 3.8 : a) 1) LMW; 2) digestione di GST-UNK con 0.01 u (cioè unità di enzima per 1 µg di proteina) x 4h ; 3) digestione di GST-UNK con 0.01 u x 6h ; 4) digestione di GST-UNK con 0.01 u x 8h ; 5) digestione di GST-UNK con 0.01 u x O.N. ; 6) digestione di GST-UNK con 0.015u x 4h ; 7) 0.015u x 6h ; 8) digestione di GST-UNK con 0.015 u x O.N. ( le unità indicate sono espresse in relazione a 1 µg di proteina ). Si vede una banda che proviene dalla digestione, sotto il marcatore di peso molecolare da 30 KDa b) 1) GST-UNK non digerita ; 2) GST-UNK digerita con 0.01 u x 2h ; 3) GST-UNK digerita con 0.01 u x 4h ; 4) GST-UNK digerita con 0.01 u x 6h ; 5) GST-UNK digerita con 0.01 u x 8h ; 6) GST-UNK digerita con 0.01 u O.N.(Over Night) . Si ha la conferma che la banda da meno di 30 KDa che si vede, deriva dalla digestione ( infatti non c’è nel non digerito) e corrisponde alla GST.

In seguito, per verificare quest’ipotesi, è stata fatta una prova comparata trattando sia la fusione GST-UNK che il polipeptide His-UNK (la fusione con la coda di istidine, descritta di seguito e nel prossimo paragrafo). L’esito di questo confronto è mostrato in figura 3.9 : effettivamente anche la proteina con le istidine risulta degradata (cfr. la stessa quantità di proteina non digerita caricata sul pozzetto adiacente nel gel). Quindi è qualcosa di intrinseco alla sequenza primaria della porzione di phi-1 like che comporta la degradazione proteolitica da parte della trombina.

Figura 3.9 : 1) GST-UNk non digerita ; 2) 5 ul di eluizione His-UNK (300 ng/ ul) non digerita ; 3) 5 u l

della stessa eluizione digerita con 0.01 u di trombina per 1 µg di His-UNK ; 4) 5 u l di eluizione His-UNK

(800 ng/ ul ) non digerita ; 5) 5 u l della stessa eluizione digerita con 0.01 u di trombina x 1 µg di His-UNK . Si vede nettamente come His-UNK venga degradata dalla trombina .

Abbiamo pertanto deciso di immunizzare un coniglio con l’intera proteina in fusione con la GST.

Sono stati iniettati all’animale 300 µg di GST-UNK con 0.6 mg di polyA-polyU come adiuvante.

45 kDa

30 kDa

66 kDa

1 2 3 4 5

1 2 3 4 5 6 7 8 1 2 3 4 5 6

GST- UNK GST

His-UNK non digerita His-UNK digerita con la trombina

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Come era prevedibile, tuttavia, questa strategia non è risultata efficace e non ha prodotto anticorpi specifici contro la proteina UNK. Nel frattempo si era comunque deciso di esprimere la nostra proteina adottando una strategia diversa: la clonazione nel vettore di espressione pRSET che consente di produrre un polipeptide dotato di un tag di 6 istidine all’ N-terminale (figura 3.10). MRGSHHHHHHGMASMTGGQQMGRDLYDDDDKDRWGSNVSRSVLIAGEYSDSKYSHGQHLTRLTIQEVIASAARSASFPVDHKNGMYLVLTSHDVTMQDFCRAVCGFHYFTFPSMVGYTMPYAWVGQSGKQCPEVCAYPFALPGYMGHGGPGELRPPNGETGVDGMVSVIGHELAEVVSNPLINAWYAGEDPTAPTEIGDLCEGLYGSGGGGGYIGQVMRDREGKTFNMNGKGGRKFLVQWIWNPNLKACSGPNSVD Figura 3.10 : Sequenza della proteina di fusione prodotta dalla clonazione di UNK nel pRSET. In giallo è evidenziato l’His tag all’ N-terminale , mentre in sottolineato è segnalata la porzione di UNK della proteina di fusione.

3. 5 Clonazione di UNK in pRSET-A

La sequenza ad estremità BamHI ed EcoRI, codificante UNK e già clonata in pGEX-2T, è stata recuperata da gel d’agarosio dopo digestione dal plasmide precedentemente utilizzato, per clonarla nel plasmide pRSET. Dei tre plasmidi di questa serie (cfr. Materiali e Metodi), la variante A ci consentiva la clonazione direzionata con BamHI ed EcoRI mantenendo la corretta fase di lettura della proteina.

Le digestione preparativa di pGEX 2T-UNK è stata fatta digerendo 5 µg di plasmide con 25 unità di

EcoRI e 25 unità di BamHI.

La digestione preparativa di pRSET è stata fatta digerendo 4 µg di plasmide con 25 unità di EcoRI e

25 unità di BamHI. Le bande corrispondenti all’inserto da clonare e al plasmide pRSET linearizzato sono state recuperate da gel, dosate (fig. 3.11) e usate per allestire una ligazione in cui i due frammenti erano presenti in un rapporto molare di circa 4:1.

Dopo la ligazione e la trasformazione di cellule InvαF’ rese competenti con il CaCl2, sono stati

recuperati ed espansi alcuni cloni batterici; il DNA plasmidico è stato purificato mediante mini preparazioni ed analizzato. L’analisi di restrizione con BamHI ed EcoRI, così come con altri enzimi i cui siti erano presenti nel polylinker o nell’inserto, ha permesso di verificare la correttezza del plasmide ricombinante pSET-UNK.

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Con il nuovo plasmide pSET-UNK, abbiamo trasformato due ceppi adatti all’espressione di proteine ricombinanti, Bl21 DE3 e Bl21 DE3/pLysS (cfr. Materiali e Metodi), per verificare quale dei due ceppi producesse più proteina.

3.6 Induzione di BL21 DE3 e BL21 DE3/pLysS trasformate con pRSET-UNK

Abbiamo eseguito i test di induzione su due cloni Bl21 DE3 e su due cloni Bl21 DE3/pLysS (indicati come cloni 1 e 2 delle figure 3.12 e 3.13). Inoltre, come già era stato fatto per il sistema d’espressione usato in precedenza, sono state prese in esame diverse condizioni di induzione variando concentrazione di IPTG, temperatura e tempi di crescita dei due tipi di cellule (figure 3.14 e 3.15).

L’analisi mediante SDS-PAGE ha mostrato una banda la cui mobilità corrispondeva a quella attesa per la fusione His-UNK. L’immunoblotting con anticorpi anti-His ha confermato l’identificazione della proteina espressa in fusione con la coda di istidine ( figura 3.16). Abbiamo così potuto osservare che:

i) le cellule DE3/plysS producono meno proteina di fusione a livello basale, cioè il controllo dell’IPTG risulta più stringente; ii) l’induzione risulta efficace già dopo un’ora con 0.1mM IPTG a 28°C; iii) i cloni testati rispondono in modo molto analogo alle condizioni di induzione

1 2 3

1 2 3 4 1 2 3 4 5

1 2 3 4 5 6 7

Fig 3.11 : 1) ladder da 1Kb; 2) pRSET digerito BamHI/EcoRI ; 3) UNK digerita BamHI/EcoRI.

fig3.12 BL21 DE3: 1)clone 1 non indotto; 2) clone 2 non indotto; 3) clone 1 indotto; 4) clone 2 indotto. Le induzioni sono state fatte con 0.1mM IPTG per 1h a 28°C

Fig 3.13 BL21 DE3 pLysS: 1) clone 1 non indotto ; 2)clone 2 non indotto; 4)clone 1 indotto; 5) clone 2 indotto. Le induzioni sono state fatte con 0.1mM IPTG per 1h a 28°C

His-UNK

His-UNK

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fig 3.16 immunoblot con anticorpi anti-His su lisati di diversi cloni indotti di BL21 trasformati con pRSET-UNK : 1) clone 1 di BL21 DE3 indotto; 2) clone 2 di BL21 DE3 indotto; 3) clone 1 di BL21 DE3 pLysS indotto ; 4) clone 2 di BL21 DE3 pLysS. Tutte le induzioni sono state con 0.1 mM IPTG a 28°C per 1 h

3.7 Purificazione della proteina (His)6-UNK

Abbiamo allestito una coltura di 50 ml di cellule Bl21 DE3/pLysS contenenti il plasmide pSET-UNK e l’espressione della proteina ricombinante è stata indotta nelle condizioni scelte. Dopo l’omogenizzazione mediante sonicazione e un primo frazionamento per centrifugazione, l’analisi SDS-PAGE ha mostrato che la proteina veniva espressa in gran quantità e che la maggior parte di essa si recuperava nel surnatante. Ciò indicava che era solubile e, verosimilmente, non tossica. Si è quindi passati alla cromatografia per affinità, utilizzando tamponi di solubilizzazione non denaturanti a pH 7, in presenza o assenza del detergente NP-40 all’1% (cfr. materiali e metodi) e un

rapporto resina/omogenato di 10µl di resina per ml di coltura originale (come da indicazioni fornite

della ditta produttrice), non siamo riusciti ad ottenere una purificazione soddisfacente(fig. 3.19). In particolare, risultavano inefficaci le eluizioni con imidazolo, anche se utilizzato in concentrazioni elevate (figura 3.18).

fig 3.17 1) LMW ; 2) omogenato per sonicazione 3) frazione solubile post-binding senza NP-40 ; 4) frazione solubile post-binding ( è il surnatante della resina dopo la centrifugata post-binding ) con NP-40 ; 5) I lavaggio della resina senza NP-40 ; 6) I lavaggio della resina con NP-40 ; 7) I eluizione senza NP40 ; 8) I eluizione con NP40 ; 9) II eluizione senza NP40 ;10) II eluizione con NP40. Per questa prova sono stati utilizzati tamponi a pH 7 e , per il tampone di eluizione, imidazolo in concentrazione 150mM.

1 2 3 4 5 6 7 8 9

fig 3.14 induz 28°C: 1) LMW; 2) clone 1 indotto x 1h 3) clone 2 indotto x 1h 4) clone 1 indotto x 1h e ½ 5) clone 2 indotto x 1h e ½ 6) clone 1 indotto x 2h 7) clone 2 indotto x 2h 8) clone 1 indotto x 2h e ½ 9) clone 2 indotto x 2h e ½ . Le cellule utilizzate (clone 1 e 2) sono BL21 DE3/ pLysS.

Fig 3.15 induz 37°C: 1) LMW; 2)clone 1 indotto x 1h 3) clone 2 indotto x 1h 4) clone 1 indottox 1h e ½ 5) clone 2 indotto x 1h e ½ 6) clone 1 indotto x 2h 7) clone 2 indotto x 2h 8) clone 1 indotto x 2h e ½ 9) clone 2 indotto x 2h e ½ . Le cellule utilizzate ( clone 1 e 2) sono BL21 DE3 /pLysS.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

1 2 3 4

His-UNK

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fig 3.18 1) omogenato per sonicazione ; 2) surnatante del binding ; 3) I lavaggio della resina ; 4) II lavaggio della resina ; 5) I eluizione a pH 7 e 225 mM di imidazolo; 6) II eluizione a pH 7 e 225 mM di imidazolo 7) III eluizione a pH 7 e 225 mM di imidazolo 8) resina

Come si può osservare figura 3.17 His-UNK non è presente in alcuna delle frazioni ottenute dalle eluizioni. L’uso di un tampone a pH 8, così come l’aggiunta di NP-40 nel corso di tutta la procedura di purificazione (fig 3.17) o l’aumento della forza ionica (nell’intervallo consentito dal tipo di resina in questione) non fanno cambiare la situazione .

L’analisi mediante immunoblotting con anticorpi anti-His, di tutte la frazioni raccolte, comprese aliquote della resina raccolte prima e dopo l’eluizione (nelle diverse condizioni saggiate) (fig 3.19) ha mostrato che la proteina di fusione veniva completamente trattenuta dalla resina. A questo punto abbiamo lavato la resina (non trattata con NP-40) con due volumi equivalenti di tampone di equilibrazione contenente EDTA (100 mM, pH 8). L’ EDTA ha lo scopo di togliere dalla resina tutto ciò che è legato al cobalto, lavandola drasticamente. Nemmeno questo estremo trattamento ha sortito l’effetto desiderato, ovvero quello di recuperare la proteina ricombinante (figura 3.19, corsia 6).

Abbiamo ipotizzato che His-UNK possa assumere un folding tale per cui, in condizioni non denaturanti, la coda di istidine viene a trovarsi in una posizione poco esposta; in questo modo entrando nella resina si lega poco efficacemente al cobalto, ma soprattutto una volta legata potrebbe rendere inaccessibile il sito di legame. Ciò spiegherebbe perché si trova proteina nella resina (oltre che nella frazione solubile residua dell’omogenato, dopo il binding alla resina) ma non nelle eluizioni né nei lavaggi della stessa ( figure 3.18 e 3.19) Per ottenere la nostra proteina ricombinante, e nel contempo verificare l’ipotesi sul folding appena illustrata, siamo passati alla purificazione in ambiente denaturante ricorrendo all’uso dell’urea (7.5 M).

1 2 3 4 5 6 7 8

1 2 3 4 5 6 7

1 2 3 4 5 6 7 8 9

Fig 3.19 1) estratto totale di Bl21 trasformate con pRSET-UNK; 2) omogenato per sonicazione ; 3) estratto totale di Bl21 trasformate con pRSET vuoto; 4) I eluizione con 150mM imidazolo a pH7 ; 5) II eluizione con 150 mM imidazolo a pH 7; 6) eluizione conEDTA a pH 8; 7) resina

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Figura 3.20 purificazione con tamponi denaturanti : 1) LMW; 2) sonicato ; 3) frazione solubile post binding; 4) I lavaggio della resina ; 5) II lavaggio della resina ; 6) III lavaggio della resina 7) I eluizione (con 150mM imidazolo) 8)II eluizione (con 150 mM imidaolo) 9) III eluizione (con 150 mM imidazolo) . Tutti i tamponi utilizzati per questa purificazione sono caratterizzati da una concentrazione 7.5 M di urea.

In condizioni 7.5 M urea/ 300mM di NaCl, si è finalmente riusciti ad ottenere delle eluizioni nette (fig 3.20). È stata anche tentata una strada alternativa che consentisse di eluire la proteina senza l’urea. La strategia consisteva nell’effettuare le prime fasi della purificazione con tamponi denaturanti e, una volta trasferita la resina con la proteina legata in colonna, nel lavare il tutto con tampone di equilibrazione a concentrazioni gradualmente decrescenti di urea (6M, 4M, 2M), fino a riequilibrare la resina con tampone senza urea. Si eseguiva quindi l’eluizione con il tampone di eluizione (150mM imidazolo, pH7) senza urea (figura 3.21) e poi con il tampone di eluizione a pH 5 (senza imidazolo). Infine dopo lavaggi con tampone di equilibrazione a concentrazioni crescenti di urea (2M, 4M, 6M) si eluiva con il tampone di eluizione (150mM imidazolo, pH 7) denaturante(7.5M urea). Solo a questo punto, con il tampone di eluizione denaturante, si riesce a “staccare” la proteina dalla resina (figura 3.22).

Figura 3.21 1)LMW; 2) surnatante del binding ; 3)I lavaggio rinaturante della resina prima della eluizione senza urea ; 4) II lavaggio rinaturante della resina prima della eluizione senza urea 5) III lavaggio rinaturante della resina prima della eluizione senza urea 6) I eluizione con tampone di eluizione senza urea (150mM imidazolo) 7) II eluizione con tampone di eluizione senza urea (150mM imidazolo) 8) III eluizione con tampone di eluizione senza urea (150mM imidazolo)

9) IV eluizione con tampone di eluizione senza urea(150mM imidazolo) 10) eluizione con tampone di eluizione senza urea (150mM imidazolo). Come descritto nel testo i lavaggi rinaturanti della resina sono stati fatti con tampone di equilibrazione a pH7 a concentrazioni decrescenti (6M,4M,2M) di urea, dopo avere fatto avvenire il binding in condizioni denaturanti (7.5 M urea), per provare ad eluire la proteina con tampone di eluizione non denaturante.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

1 2 3 4 5 6 7

30 kDa

His-UNK

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Figura 3.22 : 1) LMW, 2) sonicato; 3) I Eluizione con tampone di eluizione denaturante (7. 5 M urea) 4) II Eluizione con tampone di eluizione denaturante (7. 5 M urea) 5) III Eluizione con tampone di eluizione denaturante (7. 5 M urea) 6) IV Eluizione con tampone di eluizione denaturante (7. 5 M urea) 7) V Eluizione con tampone di eluizione denaturante (7. 5 M urea).

La conclusione è stata che se il binding con la resina avviene in condizioni denaturanti l’ His-tag si lega molto efficacemente , così come efficacemente avviene lo spostamento dovuto all’imidazolo. Se invece la proteina legata alla resina viene fatta rinaturare prima dell’eluizione , riassume un folding “raggomitolato” attorno alla coda di istidine. Analisi bioinformatiche condotte sulla sequenza primaria prevista per His6-UNK (cfr. paragrafo 3.11) predicono, in effetti, una conformazione globulare e compatta in cui l’N-terminale( contenente l’His-tag) viene a trovarsi all’interno del globo della proteina, come alloggiato in una tasca . Poiché nella resina l’His-tag è vincolato dal legame con la stessa, è verosimile che la proteina finisca per avvolgersi attorno al supporto in modo tale che questo non possa essere raggiunto dall’imidazolo o dall’EDTA. Dai nostri esperimenti appare chiaramente che neppure un cambio di condizioni quali il pH o la forza ionica riesce propagarsi facilmente all’interno della tasca, che risulterebbe quindi estremamente protetta dall’ambiente esterno. Solo riportando la resina a condizioni fortemente denaturanti si ottiene una efficace eluizione Solo trattando la resina con tamponi denaturanti prima e durante l’eluizione si ha una buona resa di purificazione. In definitiva, la proteina di fusione è stata purificata in condizioni denaturanti, ovvero in presenza di urea alla concentrazione 7.5 M. La resa ottenuta è stata di 2.5 mg da 0.5 l di coltura batterica iniziale. Prima di utilizzare questo materiale come antigene, si è resa necessaria una dialisi per togliere sia l’imidazolo presente nel tampone di eluizione che l’urea. A causa della tendenza della proteina ad aggregarsi e precipitare, anche per la procedura di dialisi sono state condotte una serie di prove nel tentativo limitare al minimo questo fenomeno. Il protocollo messo a punto, illustrato nei “materiali e metodi”, è consistito nell’utilizzare una serie di tappe di dialisi in cui diminuiva progressivamente la concentrazione di urea e, parallelamente, aumentavano forza ionica e pH. Alla fine del processo di dialisi la soluzione ottenuta aveva la seguente composizione: 600mM NaCl, 50 mM tampone fosfato, pH 8. In un volume totale di 1.3 ml era contenuto 1mg di proteina.

3.9 Immunizzazione del coniglio e analisi del siero anti-UNK

Abbiamo immunizzato un coniglio con la preparazione di proteina descritta sopra: in particolare sono stati utilizzati 1 mg di proteina, miscelati a 2 mg dell’adiuvante poliA-poliU. Il siero raccolto dopo l’immunizzazione, è stato saggiato mediante immunoblotting per il riconoscimento sia della proteina utilizzata come antigene, sia della proteina di fusione GST-UNK, unitamente ai controlli opportuni (lisati totali batterici di cellule indotte, non indotte ed anche trasformate con plasmide

His-UNK

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privo di inserto). Due membrane identiche sono state sviluppate in parallelo con il siero pre-immune e con il siero post-immune(figura 3.23).

a)

b)

Figura 3.23 a) immunoblot con siero pre-immune (è il siero ottenuto dal prelievo fatto prima di immunizzare l’animale) su 1) estratto totale di Bl21 pLysS con pRSET vuoto( cioè senza l’inserto di DNA codificante per UNK) ; 2) estratto totale di BL21 DE3 pLysS con pRSET-UNK ; 3) His-UNK purificata b) immunoblot con antisiero per UNK/ phi-1 like (è il siero rappresentativo della risposta anticorpale primaria, diluito 1:100 ) su 4) estratto totale di Bl21 pLysS con pRSET vuoto 5) estratto totale di BL21 DE3 pLysS con pRSET-UNK 6) His-UNK purificata

Appurato l’ottenimento di anticorpi specifici, abbiamo anche eseguito un richiamo all’animale con

circa 800 µg di proteina , preparata come visto. Con il siero ottenuto da questo richiamo sono stati

eseguiti una serie di immunoblotting con lo scopo di verificare la diluizione ideale di siero in grado di riconoscere in modo pulito la proteina His-UNK. Sono state testate diluizioni di siero comprese fra 1:500 e 1:10000. I risultati migliori, in termini di pulizia del riconoscimento, si hanno con le diluizioni 1:3000 e 1:5000 (figura 3.24) .

Figura 3.24: immunoblot con, da sinistra a destra, antisiero per phi-1 like diluito 1: 3000 su 1) estratti cellulari totali di BL21 DE3/pLysS trasformate con pRSET-UNK e su 2) GST-UNK purificata; antisiero per

1) estratto di BL21 trasformate con pRSET UNK 2) GST-UNK

3) estratto di BL21 trasformate 4) GST-UNK

His-UNK purificata

estratto di BL21DE3 pLysS trasformate con pRSET-UNK

GST-UNK

His-UNK

1 2 3 4 5 6

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phi-1 like diluito 1: 5000 su 3) estratti cellulari totali di BL21 DE3/pLysS trasformate con pRSET-UNK e su 4) GST-UNK purificata.

3.10 Saggi di immunoblotting su estratti cellulari di A. thaliana e di Z. mays

Utilizzando l’antisiero specifico per Phi-1 like nella diluizione 1: 3000 abbiamo eseguito l’analisi mediante immunoblotting di estratti cellulari totali e di estratti di cloroplasti di A.thaliana (gentilmente forniti dalla Dott.ssa I. Szabò). In questo esperimento, assolutamente preliminare, l’antisiero specifico prodotto non ha evidenziato alcuna banda. È possibile che gli estratti saggiati fossereo troppo diluiti; molto più probabilmente, la proteina Phi-1 like di A. thaliana non risulta espressa, in condizioni normali, ad un livello sufficiente da consentire un riconoscimento da parte dell’anticorpo. Sono stati esaminati anche estratti di mais, ottenendo anche in questo caso risultato negativo: per mais, tuttavia, non si può escludere che la mancanza di riconoscimento sia dovuta all’assenza di una proteina phi-1 like, dato che il genoma di questo organismo non è ancora stato completamente sequenziato.

3.11 Analisi bioinformatica della proteina UNK/phi-1 like di Arabidopsis thaliana

In considerazione della mancanza di informazioni disponibili per la proteina UNK di A. thaliana e della limitatezza di dati sull’omologa di phi-1 di tabacco, ho condotto delle analisi bioinformatiche sulle due proteine, e anche sul polipeptide ricombinante His-UNK al fine di avvalorare oppure di confutare le ipotesi avanzate sul comportamento in fase di purificazione. Ho utilizzato (i) programmi di ricerca di similarità , (ii) programmi di predizione della localizzazione cellulare, (iii) programmi di analisi della struttura terziaria.

(i) Allineamento delle sequenze phi-1 di N. tabacum e UNK/phi-1 like di A. thaliana

Utilizzando il programma BLAST2sequences, è stato prima eseguito un confronto fra le due proteine intere per valutarne l’allineamento globale. Come si vede in figura 3.25 , la consistenza dell’omologia è sottolineata da un e-value estremamente significativo; tuttavia non esistono regioni di identità sufficientemente estese ( a parte la sequenza GVDGMV) da far sperare in un riconoscimento della proteina phi-1 da parte degli anticorpi specifici ottenuti contro UNK. In particolare, l’omologia si estende dall’aminoacido 79 all’aminoacido 357 di UNK ( lunghezza totale 363 aa). BLAST 2 sequences fra la phi di tabacco e phi-1 like di Arabidopsis

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Score = 161 bits (407), Expect = 2e-38 Identities = 94/285 (32%), Positives = 147/285 (50%), Gaps = 18/285 (6%)

phi-1 phi-1 like

Query: 38 LQYHKGALLFGK-ISVNLIWYGKFKPSQRAIVSDFITSLSSSTPSKTDPSVAKWWKTTEK 96

L+YH G +L I++ +IWYG++ ++++ DF+ S+S + PSV++WW+T

Sbjct: 79 LRYHMGPVLSSSPINIYVIWYGQWSRPHKSLIRDFLNSISDA--KAPSPSVSEWWRTASL 136

Query: 97 YYHLANSKKSLSLYLGKQVLVENYSLGKSLTQKQIVQLASKG--------EQKDAINIVL 148

Y S S S+ + + YS G+ LT+ I ++ + + K+ + +VL

Sbjct: 137 YTDQTGSNVSRSVLIAGEYSDSKYSHGQHLTRLTIQEVIASAARSASFPVDHKNGMYLVL 196

Query: 149 TASDVAVDGFCVNRCGTHGSSKGAIIRGKTYKFAYIWVGNSETQCAGYCAWPFHQPIYGP 208

T+ DV + FC CG H + +++ Y Y WVG S QC CA+PF P Y

Sbjct: 197 TSHDVTMQDFCRAVCGFHYFTFPSMVG---YTMPYAWVGQSGKQCPEVCAYPFALPGYMG 253

Query: 209 QSPP--LVAPNNDVGVDGMVINLASLLAGTATNPFGNGYYQGE-ADAPLEAASACPGVYA 265

P L PN + GVDGMV + LA +NP N +Y GE AP E C G+Y

Sbjct: 254 HGGPGELRPPNGETGVDGMVSVIGHELAEVVSNPLINAWYAGEDPTAPTEIGDLCEGLYG 313

Query: 266 KGAYPGYAGDLLVDKTTGASYNAHGTNGRKYLLPALYDPSTSTCS 310

G GY G ++ D+ G ++N +G GRK+L+ +++P+ CS

Sbjct: 314 SGGGGGYIGQVMRDR-EGKTFNMNGKGGRKFLVQWIWNPNLKACS 357

Fig 3.25 Risultati del BLAST 2 sequences fra le proteine UNK/phi-1 like di A. thaliana e phi-1 di N. tabacum

E’ stata quindi presa in considerazione la porzione N-terminale della proteina phi-1 like (aa 1-120 della sequenza di A. thaliana) per focalizzare l’attenzione sulla zona esterna al dominio phi-1 della proteina di Arabidopsis : questa zona infatti , oltre ad essere diversa ( nonché più lunga ) della porzione N-terminale di phi-1 di tabacco, è anche una regione di sequenza dalle caratteristiche particolari: è idrofobica e compatibile con la presenza di segnali di transito ( si veda più avanti). Utilizzando il programma BLASTp sono state in questo caso trovate omologie esclusivamente con le omologhe phi-1 like di Oryza sativa e Nicotiana tabacum (figura 3.26). Queste omologie , comunque , si estendono unicamente nella regione compresa tra gli aa 79 e 120, e quindi già all’interno del dominio phi-1 (che comprende la regione di UNK fra l’aminoacido 79 e l’aminoacido 360). >gi|3759184|dbj|BAA33810.1| phi-1 [Nicotiana tabacum]

Length = 313

Score = 34.3 bits (77), Expect = 0.42

Identities = 14/42 (33%), Positives = 28/42 (66%), Gaps = 1/42 (2%)

UNK : 79 LRYHMGPVLSSSPINIYVIWYGQWSRPHKSLIRDFLNSISDA 120

L+YH G +L I++ +IWYG++ ++++ DF+ S+S +

phi-1: 38 LQYHKGALLFGK-ISVNLIWYGKFKPSQRAIVSDFITSLSSS 78

>gi|22093809|dbj|BAC07096.1| putative phi-1 [Oryza sativa]

Length = 327

Score = 62.0 bits (149), Expect = 2e-09

Identities = 24/45 (53%), Positives = 36/45 (80%)

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UNK : 74 SNLVHLRYHMGPVLSSSPINIYVIWYGQWSRPHKSLIRDFLNSIS 118

+ LV ++YHMGPV+S SP N+Y+IWYG+W ++++RDFL S+S

phi-1

di RISO : 33 NQLVDMQYHMGPVVSGSPTNLYLIWYGRWEAAAQAVLRDFLASLS 77

Fig 3.26 Risultati di BLASTp utilizzando la porzione N-terminale di UNK/ phi-1 like

Infine abbiamo preso in analisi la porzione con omologia per l’H+-ATPasi di phi-1 (cfr. Introduzione), compresa fra gli aa 23 e 47 , che contiene in particolare 3 aminoacidi (Lys-Arg-Ala) altamente conservati in tutte le H+-ATPasi e considerati importanti per il legame dell’ATP-asi (Sano et al, 1999). La porzione di omologia ricade parzialmente nel dominio phi-1(che va dall’aa 38 all’aa 313 della proteina phi-1 di tabacco) e in particolare la sequenza di 3 aminoacidi altamente conservata è all’interno del dominio stesso ( figura 3.27). E’ quindi possibile valutare quanta analogia abbia la porzione di phi-1 omologa alle H+-ATPasi con la sequenza di phi-1 like, considerando che a monte dell’aminoacido 38 di phi-1 di tabacco e dell’aminoacido 79 di phi-1 like non c’è omologia fra le due proteine. phi-1 : 23 SRKLTALVQEPENQLLQYHKGALLFGK-ISVNLIW 58

L+YH G +L I++ +IW

UNK : 64 LTSSKKFEGSSNLVHLRYHMGPVLSSSPINIYVIW 99

Fig 3.27 Nella sequenza di phi-1 è evidenziata in blu la porzione (da aa 23 ad aa 47 ) con affinità per l’H+-ATPasi ; in grassetto sono segnati i 3 aminoacidi altamente conservati per il legame dell’ATP (in particolare la Lys 42 è supposta essere l’aminoacido che lega l’ATP ); in sottolineato è segnalato l’inizio del dominio phi-1 che si estende poi fino all’ aa 310 della proteina di tabacco stessa . Nella sequenza di UNK/phi-1 like sono scritti in rosso i 3 aa corrispondenti, nell’allineamento, alla sequenza conservata KGA presente in phi-1 ; in sottolineato è segnalato l’inizio del dominio phi-1.

Dalla figura 3.27 si può notare che la sequenza KGA altamente conservata nelle H+-ATPasi non è presente nella sequenza di phi-1 like di Arabidopsis; inoltre l’analogia fra phi e phi-1 like, nella zona compresa fra gli aa 23 e 47 di phi-1 stessa, è molto scarsa . Se ne deduce che l’ipotesi di un’attività ATPasica non è immediatamente applicabile alla nostra proteina. Le stesse considerazioni si possono applicare alla proteina phi-1 like di Oryza Sativa.

(ii) Programmi di predizione della localizzazione cellulare di UNK/phi-1 like

La porzione N-terminale della proteina UNK/phi-1 like di A. thaliana, è stata ulteriormente analizzata per mezzo dei programmi TargetP e ChloroP ( cfr. Materiali e Metodi). Si tratta di una regione molto idrofobica, con due probabili tratti di attraversamento delle membrane (aa 5-25 e aa 85-100); la seconda di queste coincide con l’inizio del dominio phi-1 like propriamente detto.

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I primi 25-45 aminoacidi dell’ N-terminale vengono identificati come possibili peptidi segnale: per TargetP i primi 25 aa sono rappresentativi di un segnale per la via secretoria; per ChloroP i primi 45 aa sono un segnale di transito per il cloroplasto.

(iii) Programmi di analisi strutturale per la proteina ricombinante His-UNK

Utilizzando alcuni programmi di predizione sulla struttura terziaria abbiamo ottenuto una serie di modelli possibili per la proteina ricombinante purificata e utilizzata come antigene. Tra i programmi di predizione utilizzati, alcuni( MODELLER 4) forniscono un modelling basato sulle analogie di sequenza (Homology modelling), altri (GenTHREADER) usano un modelling

basato sulle analogie con le bancadati di folding (Threading proteico , cfr. Materiali e Metodi). I programmi utilizzati sono stati GenTHREADER , mGenTHREADER e MODELLER 4. Tra i modelli forniti con uno score significativo, abbiamo selezionato quelli compatibili con i dati empirici emersi durante la purificazione; in particolare, tra questi , abbiamo scelto quello di GenTHREADER, perché è il più completo (prevede la posizione 3D di tutti i 256 residui della proteina His-UNK) e ha uno score sufficiente (il livello di probabilità, stimato dal programma stesso, per la completa esattezza del modello è di circa il 50 %). Comunque la maggior parte dei programmi prevede una struttura generale della proteina abbastanza simile, con la porzione N-terminale che si viene a trovare schermata dal resto della proteina , e una forma complessiva compatta e globulare.

Nell’immagine presentata in figura (la visualizzazione è ad opera del programma RasMol) si può notare una sorta di insenatura, tasca al cui interno si affaccia l’N-terminale, e quindi l’His tag (le istidine 5 e 10, cioè quelle esterne del tag, sono indicate in figura 3.28), della proteina di fusione.

Fig. 3.28 Due visualizzazioni diverse di RasMol dello stesso modello 3D, basato sulla predizione di Genthreader. La coda di Istidine è visibile in alto a destra di ciascuna delle due immagini, rappresentata dalle sfere di colore blu chiaro per la rappresentazione spacefills (immagine di sinistra ) e dalle palline dello stesso colore contrassegnate dall’indicazione del residuo corrispondente per la modalità Balls and SticK (immagine a destra).

His tag His 5 His 10

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Questo modello spaziale, per lo meno a livello N-terminale, si adatta perfettamente alle ipotesi avanzate per spiegare le problematiche incontrate durante la purificazione e, in particolare, nel corso della cromatografia di affinità.

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CAPITOLO 4: DISCUSSIONE

4.1 Conclusioni e prospettive

Il lavoro descritto in questa tesi è partito dalla necessità di avere uno strumento utile per proseguire le indagini, avviate da un test di doppio ibrido in lievito, sulla proteina PsbH del fotosistema II e suoi possibili partners d’interazione nel cloroplasto. Come già illustrato nell’Introduzione, alla piccola subunità H del PSII sono state attribuite finora funzioni sia strutturali che regolative del trasporto elettronico, nei procarioti così come negli eucarioti (Mayes et al., 1993; Komenda e Barber, 1995; Summer et al., 1997; O’Connor et al., 1998; Chiaramonte et al., 1999; Komenda et al., 2002; Bergantino et al. 2003). Tuttavia resta completamente sconosciuto il significato della fosforilazione che questa subunità subisce esclusivamente negli organismi eucarioti, mancando la proteina procariotica dell’estensione N-terminale che porta il sito di fosforilazione. L’unica ipotesi avanzata finora su ciò è che PsbH possa aver parte in meccanismo di trasduzione del segnale funzionante tra cloroplasto e nucleo, necessario a coordinare l’espressione dei geni implicati nella biogenesi dei plastidi, e delle membrane tilacoidali in particolare (Allen, 1992). Una delle proteine “pescate” dal test in lievito condotto nel nostro laboratorio è stata originariamente chiamata UNKnown, poiché emersa dal sequenziamento sistematico del genoma di Arabidopsis thaliana, ma all’epoca classificata esclusivamente come “translated protein”. In seguito alla comparsa in letteratura del lavoro che ha identificato la proteina phi-1 di tabacco (Sano et al, 1999), insieme ad altre è stata automaticamente classificata come facente parte della “famiglia phi-1 like”. Il lavoro di produzione e purificazione della proteina ricombinante His-UNK, e dell’uso di questa come antigene, ha portato all’ottenimento di un buon antisiero specifico, come verificato dal riconoscimento dell’altra proteina ibrida, GST-UNK. Tuttavia, l’unico e preliminare saggio di immunoblotting eseguito su estratti cellulari e plastidiali di Arabidopsis ha dato risultato negativo. Questo esperimento dovrà essere comunque ripetuto su frazioni proteiche diverse, più concentrate e pulite. Possiamo già ipotizzare, però, che l’espressione della proteina in planta possa essere subordinata all’induzione da parte di fattori ambientali esterni (ad esempio stress di varia natura, cambiamento dell’intensità o della qualità di luce) o interni (ad esempio stadi di sviluppo o tipi cellulari diversi). In tal caso, solo a seguito di un’ induzione specifica potrebe essere possibile rilevare la presenza della proteina UNK/phi-1 like nelle cellule di A.thaliana. Come nel caso del gene phi-1 nelle cellule BY-2 di tabacco, l’induzione dell’ l’espressione del gene UNK/phi-1 like/At2g17230 potrebbe dipendere da un incremento dei livelli cellulari del fosfato successivo ad un periodo di deprivazione. In laboratoro si stanno progettando esperimenti utili a verificare quest’ipotesi, anche se tale condizione sembra più difficile da realizzare in un sistema in planta piuttosto che in un sistema di cellule in coltura . Condizioni comunque da verificare per la possibile induzione di UNK/phi1-like sono le stesse che portano alla fosforilazione (e/o defosforilazione) della proteina tilacoidale PsbH, l’”esca” usata per la cattura della “preda” UNK. Perciò si dovranno pianificare esperimenti di fotoinibizione e recupero dell’attività fotosintetica. Eventualmente potranno essere analizzati mutanti particolari

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che, per un organismo modello qual è Arabidopsis, sono numerosissimi, più o meno caratterizzati, ma soprattutto disponibili presso speciali centri di raccolta. In ogni caso, l’identificazione delle condizioni utili ad evidenziare la proteina mediante immunoblotting è il presupposto per il proseguimento degli studi su UNK/phi-1 like. La sua localizzazione cellulare è sicuramente un dato da chiarire: l’omologa phi-1 di tabacco è sicuramente distribuita nel citoplasma (Sano et al, 1999), ma l’analisi bioinformatica condotta sulla sequenza N-terminale (a livello della quale, come visto, UNK/phi-1 like è completamente diversa da phi-1 di tabacco) della proteina di Arabidopsis lascia aperta la possibilità che si tratti invece di una proteina importata nel cloroplasto. Questa è anche una condizione indispensabile perché possa effettivamente stabilirsi in vivo un interazione tra UNK/phi-1 like e PsbH. Per verificare quest’interazione potrebbe essere utile allestire un saggio di co-immunoprecipitazione fra PsbH e UNK/phi-1 like. Tale esperimento dipenderà, ovviamente, dall’ottenimento di anticorpi che riconoscano specificamente la proteina PsbH di Arabidopsis, al momento non ancora disponibili.

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CAPITOLO 4: DISCUSSIONE

4.1 Conclusioni e prospettive

Il lavoro descritto in questa tesi è partito dalla necessità di avere uno strumento utile per proseguire le indagini, avviate da un test di doppio ibrido in lievito, sulla proteina PsbH del fotosistema II e suoi possibili partners d’interazione nel cloroplasto. Come già illustrato nell’Introduzione, alla piccola subunità H del PSII sono state attribuite finora funzioni sia strutturali che regolative del trasporto elettronico, nei procarioti così come negli eucarioti (Mayes et al., 1993; Komenda e Barber, 1995; Summer et al., 1997; O’Connor et al., 1998; Chiaramonte et al., 1999; Komenda et al., 2002; Bergantino et al. 2003). Tuttavia resta completamente sconosciuto il significato della fosforilazione che questa subunità subisce esclusivamente negli organismi eucarioti, mancando la proteina procariotica dell’estensione N-terminale che porta il sito di fosforilazione. L’unica ipotesi avanzata finora su ciò è che PsbH possa aver parte in meccanismo di trasduzione del segnale funzionante tra cloroplasto e nucleo, necessario a coordinare l’espressione dei geni implicati nella biogenesi dei plastidi, e delle membrane tilacoidali in particolare (Allen, 1992). Una delle proteine “pescate” dal test in lievito condotto nel nostro laboratorio è stata originariamente chiamata UNKnown, poiché emersa dal sequenziamento sistematico del genoma di Arabidopsis thaliana, ma all’epoca classificata esclusivamente come “translated protein”. In seguito alla comparsa in letteratura del lavoro che ha identificato la proteina phi-1 di tabacco (Sano et al, 1999), insieme ad altre è stata automaticamente classificata come facente parte della “famiglia phi-1 like”. Il lavoro di produzione e purificazione della proteina ricombinante His-UNK, e dell’uso di questa come antigene, ha portato all’ottenimento di un buon antisiero specifico, come verificato dal riconoscimento dell’altra proteina ibrida, GST-UNK. Tuttavia, l’unico e preliminare saggio di immunoblotting eseguito su estratti cellulari e plastidiali di Arabidopsis ha dato risultato negativo. Questo esperimento dovrà essere comunque ripetuto su frazioni proteiche diverse, più concentrate e pulite. Possiamo già ipotizzare, però, che l’espressione della proteina in planta possa essere subordinata all’induzione da parte di fattori ambientali esterni (ad esempio stress di varia natura, cambiamento dell’intensità o della qualità di luce) o interni (ad esempio stadi di sviluppo o tipi cellulari diversi). In tal caso, solo a seguito di un’ induzione specifica potrebe essere possibile rilevare la presenza della proteina UNK/phi-1 like nelle cellule di A.thaliana. Come nel caso del gene phi-1 nelle cellule BY-2 di tabacco, l’induzione dell’ l’espressione del gene UNK/phi-1 like/At2g17230 potrebbe dipendere da un incremento dei livelli cellulari del fosfato successivo ad un periodo di deprivazione. In laboratoro si stanno progettando esperimenti utili a verificare quest’ipotesi, anche se tale condizione sembra più difficile da realizzare in un sistema in planta piuttosto che in un sistema di cellule in coltura . Condizioni comunque da verificare per la possibile induzione di UNK/phi1-like sono le stesse che portano alla fosforilazione (e/o defosforilazione) della proteina tilacoidale PsbH, l’”esca” usata per la cattura della “preda” UNK. Perciò si dovranno pianificare esperimenti di fotoinibizione e recupero dell’attività fotosintetica. Eventualmente potranno essere analizzati mutanti particolari

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che, per un organismo modello qual è Arabidopsis, sono numerosissimi, più o meno caratterizzati, ma soprattutto disponibili presso speciali centri di raccolta. In ogni caso, l’identificazione delle condizioni utili ad evidenziare la proteina mediante immunoblotting è il presupposto per il proseguimento degli studi su UNK/phi-1 like. La sua localizzazione cellulare è sicuramente un dato da chiarire: l’omologa phi-1 di tabacco è sicuramente distribuita nel citoplasma (Sano et al, 1999), ma l’analisi bioinformatica condotta sulla sequenza N-terminale (a livello della quale, come visto, UNK/phi-1 like è completamente diversa da phi-1 di tabacco) della proteina di Arabidopsis lascia aperta la possibilità che si tratti invece di una proteina importata nel cloroplasto. Questa è anche una condizione indispensabile perché possa effettivamente stabilirsi in vivo un interazione tra UNK/phi-1 like e PsbH. Per verificare quest’interazione potrebbe essere utile allestire un saggio di co-immunoprecipitazione fra PsbH e UNK/phi-1 like. Tale esperimento dipenderà, ovviamente, dall’ottenimento di anticorpi che riconoscano specificamente la proteina PsbH di Arabidopsis, al momento non ancora disponibili.