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Anno Accademico 2009/2010 Università degli Studi di L’Aquila Facoltà di Scienze Motorie Corso di Laurea Specialistica in Scienza e Tecnica dello Sport Tesi di laurea Associazionismo sportivo: analisi del mercato e prospettive di sviluppo futuroRelatore Candidato Dott. Luca Pace Giuseppe Listorti mat.189914

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Anno Accademico 2009/2010

Università degli Studi di L’Aquila

Facoltà di Scienze Motorie

Corso di Laurea Specialistica in Scienza e Tecnica dello Sport

Tesi di laurea

“Associazionismo sportivo: analisi del mercato e

prospettive di sviluppo futuro”

Relatore Candidato

Dott. Luca Pace Giuseppe Listorti

mat.189914

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A chi ha reso e a chi renderà possibile tutto questo

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Indice

Introduzione Pag. 6

Sommario ˶ 7

Cap. 1 – L’ordinamento sportivo italiano ˶ 9

1.1 Premessa ˶ 9

1.2 Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano ˶ 9

1.2.1 Il CONI, da ente pubblico non economico a società di capitali ˶ 9

1.2.2 L’assetto organizzativo centrale ˶ 11

1.2.3 Gli organi periferici ˶ 14

1.3 Federazioni e altre organizzazioni sportive ˶ 15

1.3.1 Le Federazioni sportive nazionali ˶ 15

1.3.2 Le Discipline Sportive Associate ˶ 17

1.3.3 Gli Enti di Promozione Sportiva ˶ 18

Cap. 2 – L’Associazionismo sportivo dilettantistico ˶ 20

2.1 Premessa ˶ 20

2.2 Sport dilettantistico e sport professionistico ˶ 20

2.3 Associazioni Sportive Dilettantistiche ˶ 21

2.3.1 Il contratto di associazione ˶ 21

2.3.2 Associazioni riconosciute e non riconosciute ˶ 23

2.3.3 Struttura organizzativa ˶ 24

Cap. 3 – Le risorse operative ˶ 26

3.1 Premessa ˶ 26

3.2 Il lavoro sportivo ˶ 26

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3.3 L’impiantistica sportiva Pag. 30

3.3.1 La gestione degli impianti sportivi pubblici ˶ 32

3.4 Il reperimento delle risorse finanziarie ˶ 33

Cap. 4 – Il servizio da offrire ˶ 37

4.1 Premessa ˶ 37

4.2 Sport, un servizio pubblico ˶ 38

4.3 Incontro ai bisogni dei consumatori ˶ 40

4.4 Il progetto “ATP” ˶ 42

Conclusioni ˶ 44

Bibliografia ˶ 45

Allegato A – Contratto di associazione

Allegato B – Certificato di attribuzione P.I. e C.F.

Allegato C – Iscrizione al Registro Nazionale del Coni

Allegato D – Tavole del Progetto “ATP”

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In montagna come in altri momenti della vita, di tanto in tanto bisognerebbe

fermarsi, guardarsi intorno e domandarsi se quella che stiamo percorrendo è la

strada giusta, la strada per la nostra vetta.

Ho camminato a lungo, entusiasta di raggiungere quella linea meravigliosa di roccia

che dai morbidi declivi erbosi della piana pareva così ben definita e adesso continuo

a inerpicarmi nell’affannato tentativo di non perderla di vista, nel timore che la

roccia friabile mi porti giù con sé. Sono così teso che a momenti dimentico di

respirare. Devo calmarmi, ricordare perché sono lì.

Ho intrapreso questa strada con passione ed è strano perché allora non ritenevo

potesse essere una valida motivazione alle mie scelte o quanto meno non a scelte che

reputavo così importanti. Mi sono messo in gioco, consapevole che, dei tanti che mi

avevano preceduto, quei pochi ad essere riusciti ne avessero tratto “solamente”

maestria nell’arte dell’arrangiarsi; né un posto fisso, né la busta paga e neppure il

sollievo di un titolo dal significato familiare, insomma, niente di tutto ciò che è

luogo comune aspettarsi di trovare al termine di un percorso universitario. Non è

stato facile, non lo è tuttora; l’incertezza riesce spesso a distrarci dalle nostre

aspirazioni ma se ragioniamo, facciamo salti mortali e ci mettiamo in discussione,

nella mente maturano idee e va delineandosi il modo di raggiungerle.

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Introduzione

“La perdita della percezione globale delle cose equivale alla perdita del proprio

senso di responsabilità”.

Non sembra che le cose stiano andando per il verso giusto e lo sport, ormai

fenomeno sociale dilagante, ne è valida prova. Quel baluardo di sani principi non è

allo stato di fatto esattamente ciò che sembra.

Il lavoro che segue non nasce da una polemica (se così fosse avrei scelto la politica

per cambiare il mondo!), non ne ha assolutamente i toni, ma da un bisogno, quello di

condividere con voi una storia. Questa storia racconta di persone disposte ad

investire il proprio futuro, persone competenti, convinte che un’evoluzione positiva

sia possibile, convinte che attraverso lo sport si possa realmente fare del bene. È la

storia di due persone e di quanti hanno in comune con loro passioni e valori etici

della vita.

[...] “È vero, la situazione è difficile, ma abbiamo un ruolo fondamentale, vitale

oserei dire, e se ne cogli l’essenza ti accorgi che non è poi così complicato. Nessuna

tavola universale, nessuna metodica perfetta, solo parlare ed ascoltare, i tuoi ragazzi,

le persone che hai di fronte; sono loro a dover esprimere un potenziale, a te spetta

solo dargli uno spunto, un sostegno”. Lui mi fissa. Io mi domando se pensa ch’io sia

matto. “Educare... te ne ricordi allora?!” esclama mentre i suoi occhi si accendono

della stessa luce dei miei. [...]

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Sommario

Lo scritto esamina il sistema sportivo nazionale nell’ottica dell’associazionismo

sportivo dilettantistico quale strumento basilare della capillarizzazione dello sport di

casa nostra.

Non è possibile delineare lo stato attuale delle cose se non partendo da un’analisi

storica del contesto; sarà fatto nel primo capitolo scorrendo, per sommi capi, la linea

evolutiva dell’ordinamento sportivo italiano dalle origini agli sviluppi, attraverso

un’analisi più o meno dettagliata del CONI, massima autorità italiana in materia di

sport, delle Federazioni sportive nazionali, Discipline sportive associate ed Enti di

promozione sportiva, attraverso cui estrinseca le sue funzioni nei diversi ambiti

sportivi, e dei mutamenti avvenuti in seno ad essi in risposta ai cambiamenti sociali

dal 1942, anno di costituzione del CONI, ad oggi.

Dall’ordinamento sportivo nazionale, che lo sport lo organizza e lo regola, al

fenomeno sportivo in sé, quello cosiddetto praticato, promosso e realizzato per

mezzo di nuclei associativi, la primordiale, basilare, forma di aggregazione, nata dal

bisogno di esaudire un desiderio comune per il quale i singoli individui non

possiedono, da soli, tutti i mezzi necessari. Partendo col chiarire le ragioni in virtù

delle quali l’attività sportiva promossa da questi enti è considerata “dilettantistica”

(chiarimento ritenuto opportuno in relazione ai grandi fraintendimenti che il termine

tutt’ora genera, soprattutto tra i non addetti ai lavori) daremo, poi, uno sguardo alle

regole che li disciplinano ed agli adempimenti necessari ai fini costitutivi. Il lavoro

prosegue indicando possibili strade da intraprendere verso il reperimento di tutte

quelle risorse necessarie alle associazioni per porre in essere il fine per il quale sono

state istituite, la promozione e la realizzazione dell’attività sportiva sul territorio:

dalle prestazioni lavorative, gratuite o retribuite, al reperimento di un impianto

sportivo adeguato e di risorse finanziarie sufficienti a garantire una gestione in linea

con le esigenze del mercato.

Dopo aver fornito tutte le basi operative ritenute essenziali, si passa alla proposta di

un metodo di azione che, ancor più che innovativo, definirei “semplicemente in

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linea” col principio del far bene le cose e, oggi come oggi, cosa c’è di più innovativo

del fare le cose a regola d’arte?! Il metodo è esposto attraverso una descrizione

propositiva di come la cose vanno, dovrebbero o potrebbero andare; cose che, a

prima letta, potreste dare per scontate; cose che io stesso, spesso, ho dato per

scontate, ma che, a conti fatti, salvo per alcune piccole realtà felici, non lo sono

affatto.

Per concludere, solo uno spunto di riflessione, nessuna statistica, nessun risultato

universale tangibile, nessuna teoria provata o smentita e nessuna prassi allenante che

funzioni con n individui di sesso maschile sopra il metro e ottanta ed n+1 di sesso

femminile con gli occhi azzurri e i capelli castani. Sul campo, non solo quello

sportivo, ho imparato che la variabile assoluta di una qualsivoglia prestazione è

l’individuo. Che non sia giunto il momento di re-invertire la rotta verso questa

direzione?

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Cap. 1 – L’ordinamento sportivo italiano

1.1 Premessa

Le associazioni e le società sportive rappresentano, da sempre, le unità veicolanti la

pratica sportiva in Italia. Esse costituirono la cellula da cui si sviluppò l’intero

sistema sportivo nazionale, infatti, è dai fenomeni associativi, che coinvolsero i

praticanti di diverse discipline sportive intorno alla fine del diciannovesimo secolo,

che presero forma le prime associazioni sportive propriamente dette. Di queste,

quelle tutt’oggi operative fanno parte di un’associazione benemerita, riconosciuta

dal CONI, denominata Unione Nazionale Associazioni Sportive Centenarie d’Italia.

Le associazioni sportive così formatesi, raggruppandosi, diedero vita alle prime

Federazioni sportive nazionali che vennero preposte all’organizzazione dell’attività

agonistica, tra queste vi è l’attuale Federazione Ginnastica d’Italia che fu costituita

nel 1869.

Il CONI, Comitato Olimpico Nazionale Italiano, massima autorità italiana in materia

di sport, fu costituito solo diversi anni più tardi, precisamente nel 1942, con

l’obiettivo di organizzare e promuovere lo sport sull’intero territorio nazionale.

1.2 Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano

1.2.1 Il CONI, da ente pubblico non economico a società di capitali

Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano nacque il 16 febbraio 1942. Secondo i

dettami della Legge n.426, con la quale lo Stato istituì e delegò il CONI a governare

autonomamente l’ambito sportivo nazionale, il CONI è un ente pubblico non

economico. La connotazione iniziale dell’ordinamento sportivo italiano fu, quindi,

quella di un corpo centrale, il CONI, attorno al quale muovono le Federazioni

Sportive Nazionali, considerate organi dell’ente pubblico, e le associazioni e società

sportive di natura privata da cui tutto prese forma che, a loro volta, confluiscono

nelle Federazioni, raggruppate per disciplina sportiva praticata. La stessa Legge

garantisce all’ordinamento sportivo l’autonomia finanziaria, infatti, attribuendo al

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CONI la gestione del c.d. “totocalcio” e dei relativi proventi, lo pone in condizione

di autofinanziarsi e di erogare contributi alle proprie Federazioni che, dal canto loro,

possono finanziare l’attività di associazioni e società sportive ad esse affiliate.

Il quadro di riferimento così descritto, rimasto grosso modo invariato per più di

mezzo secolo, è soggetto alle prime importanti modifiche con l’emanazione del

D.lgs. 23 luglio 1999, n.242 (cosiddetto “decreto Melandri”). In primo luogo, al

CONI, quale autorità nazionale di disciplina, regolazione e gestione delle attività

sportive, viene riconosciuta la personalità giuridica di diritto pubblico. Le

Federazioni sportive nazionali, invece, diventano associazioni senza fini di lucro con

personalità giuridica di diritto privato, dunque, viene meno il rapporto organico tra

CONI e Federazioni e la situazione di controllore – controllato. L’autorità del CONI

viene posta sotto la vigilanza del Ministero per i beni e le attività culturali e, per

garantire una maggiore democraticità al sistema, ad atleti e tecnici viene

riconosciuto il diritto di voto nelle assemblee federali e del CONI. Il decreto, infine,

delinea le funzioni del CONI in riferimento all’organizzazione e alla promozione

della pratica sportiva sul territorio nazionale, alla preparazione degli atleti e

all’approntamento di risorse e mezzi necessari alla partecipazione alle gare

olimpiche, alla prevenzione e repressione del doping e dei fenomeni di

discriminazione e violenza, e alla soluzione delle controversie nate tra i soggetti

all’interno dell’ordinamento sportivo.

Pur rimanendo la norma di riferimento per l’intero ordinamento sportivo italiano, a

cinque anni dall’emanazione, il decreto Melandri è sottoposto ad alcune modifiche

ad opera di un nuovo decreto legislativo intitolato, appunto, “Modifiche ed

integrazioni al D.lgs. 23 luglio 1999, n.242”. Il decreto in questione è il n.15/2004

(conosciuto anche come “decreto Pescante”), il cui scopo principale è quello di

coordinare il testo precedente con le nuove norme di legge sopraggiunte in materia

di doping e riconoscimento della personalità giuridica.

1) Nel porre in essere l’adeguamento ai principi espressi dalla Legge n.376 del

2000 in materia di lotta al doping, il decreto legislativo prevede la

collaborazione tra il CONI e la Commissione ministeriale competente.

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2) Fermo restando il processo di privatizzazione delle Federazioni sportive

nazionali, il decreto in questione riconfigura il CONI come Confederazione

delle Federazioni, rimarcandone il potere di controllo in relazione agli aspetti

pubblicistici dell’attività da esse svolta e all’utilizzo dei contributi pubblici

ad esse destinati.

Il decreto Pescante mira, inoltre, ad inquadrare il nuovo assetto gestionale

determinatosi con la costituzione (ai sensi dell’art.8 del D.l. n.138/2002, convertito

con modificazioni nella Legge n.178 del 2002) della “CONI Servizi S.p.A.”. Si

tratta di una società di diritto privato, la cui proprietà appartiene esclusivamente al

Ministero dell’Economia e i cui organi amministrativi sono nominati dal CONI.

L’Ente pubblico, tramite un contratto di servizio annuale, si avvale della Società di

capitali affinché, grazie al più snello sistema di regole privatistiche, possa espletarne

le funzioni più efficacemente. Alla CONI Servizi S.p.A. è affidata la gestione dei

Centri Nazionali di Preparazione Olimpica, della Scuola dello Sport, dell'Istituto di

Medicina e Scienza per lo Sport; essa fornisce consulenza per l'impiantistica

sportiva di alto livello e sviluppa il progetto di riqualificazione del Parco del Foro

Italico, il più importante parco tematico sportivo in Italia.

Dal 17 maggio 2006, è stato istituito il Ministero per le politiche giovanili ed attività

sportive, un’apposita struttura alla quale sono stati trasferiti i compiti in materia di

sport precedentemente attribuiti al Ministero per i beni e le attività culturali, in

particolare, le funzioni di direzione e verifica dell’attività del CONI. Nonostante la

creazione di un dicastero ad hoc, resta al CONI la funzione di promozione dello

sport, mentre, in molte altre nazioni, al comitato Olimpico spettano esclusivamente

le funzioni di selezione e preparazione degli atleti in vista dei Giochi Olimpici.

1.2.2 L’assetto organizzativo centrale

L’apparato centrale del CONI è composto dal Consiglio Nazionale, dalla Giunta

Nazionale, dal Presidente, dal Segretario Generale e dal Collegio dei Revisori dei

Conti. I suddetti organi restano in carica 4 anni e i componenti sono rieleggibili per

più mandati, fatta eccezione per il Presidente, i rappresentanti delle Federazioni

Sportive Nazionali (FSN) e delle Discipline Sportive Associate (DSA), il

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rappresentante nazionale degli Enti di Promozione Sportiva (EPS) ed i

rappresentanti degli organi periferici del CONI facenti parte della Giunta Nazionale;

questi non possono restare in carica per più di due mandati consecutivi (fatto salvo il

caso in cui uno dei due mandati abbia avuto una durata inferiore ai due anni e un

giorno per causa diversa dalle dimissioni volontarie). I criteri elettorali sono

contemplati nel Titolo IX dello Statuto del CONI.

Il Consiglio Nazionale

Il Consiglio Nazionale è il massimo organo rappresentativo dello sport italiano. Esso

ha il compito di operare per la diffusione dell'idea olimpica e predisporre attività,

risorse e mezzi per la preparazione degli atleti alle gare olimpiche; disciplinare e

coordinare l'attività sportiva nazionale armonizzando l'azione delle FSN e delle

DSA.

Il Consiglio Nazionale è composto da membri di diritto e membri elettivi. Sono

membri di diritto:

il Presidente del CONI;

i Presidenti delle FSN;

i membri italiani del Comitato Olimpico Internazionale (CIO).

La cariche elettive sono ricoperte, invece, da:

atleti e tecnici in rappresentanza delle FSN e delle DSA;

tre rappresentanti degli organismi regionali e tre degli organismi provinciali

del CONI;

cinque rappresentanti degli EPS;

tre rappresentanti delle DSA;

un rappresentante delle Associazioni benemerite.

La Giunta Nazionale

La Giunta Nazionale è l’organo di indirizzo, esecuzione e controllo dell’attività

amministrativa del CONI. Ad essa spetta l’onere di vigilare sull’attività delle FSN,

delle DSA, degli EPS e, tramite questi, sulle articolazioni che ne fanno parte.

I membri della Giunta sono eletti dal Consiglio Nazionale. Di questa fanno parte:

il Presidente del CONI;

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dieci rappresentanti delle FSN e delle DSA, tre dei quali eletti fra atleti e

tecnici sportivi;

un rappresentante nazionale degli EPS;

due rappresentanti delle strutture territoriali del CONI, uno regionale e l’altro

provinciale;

i membri italiani del CIO.

In seno alla Giunta Nazionale vengono eletti due vice presidenti, di cui uno con

funzioni vicarie.

Alle assemblee, inoltre, partecipano:

un rappresentante del Comitato Italiano Paralimpico (CIP), avente diritto di

voto per le deliberazioni connesse alla pratica sportiva per i disabili;

il Segretario Generale ed il Collegio dei Revisori dei Conti, senza diritto di

voto.

Il Presidente

Il Presidente è eletto dal Consiglio Nazionale e nominato con Decreto del Presidente

della Repubblica. Egli ha la rappresentanza legale del CONI nell’ambito

dell’ordinamento sportivo nazionale ed internazionale, convoca e presiede il

Consiglio e la Giunta Nazionale e garantisce l’attuazione delle deliberazioni.

In caso di assenza o impedimento provvisorio, il Presidente è sostituito dal Vice

Presidente Vicario della Giunta Nazionale. Quest’ultimo, in caso di impedimento

non temporaneo o di dimissioni del Presidente, è tenuto a convocare, senza indugio,

il Consiglio Nazionale affinché proceda a nuove elezioni.

Il Segretario Generale

Il Segretario Generale è nominato dalla Giunta Nazionale. Egli provvede alla

gestione amministrativa del CONI in base agli indirizzi della Giunta, predispone il

bilancio di previsione e il bilancio consuntivo e provvede agli adempimenti ed essi

connessi, partecipa alle sedute del Consiglio e della Giunta Nazionale curando la

tenuta dei relativi verbali.

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Il Segretario Generale non può, assolutamente, ricoprire alcun ruolo nel Consiglio

Nazionale, nelle FSN, DSA e EPS; la sua carica è incompatibile con altre, di

qualunque genere esse siano.

Il Collegio dei Revisori dei Conti

Il Collegio dei Revisori dei Conti è nominato con decreto del Ministro per i beni e le

attività culturali. È composto da cinque membri, di cui:

uno in rappresentanza del Ministero vigilante;

uno in rappresentanza del Ministero dell’economia e delle finanze;

tre scelti dal CONI, tra gli iscritti al registro dei revisori contabili o tra coloro

in possesso di adeguati requisiti di professionalità.

Nel corso della prima seduta, il Collegio elegge il Presidente e due membri

supplenti.

I Revisori contabili assistono alle riunioni del Consiglio e della Giunta Nazionale

cosicché tutte le deliberazioni, adottate in seno ad essi, vengano trasmesse al

Collegio e sottoposte al suo controllo. Il Collegio, infatti, vigila sulla gestione del

CONI: sorveglia sulla regolare tenuta dei libri e delle scritture contabili e

sull’osservanza delle leggi e dei regolamenti in materia amministrativa e contabile;

valuta i bilanci consuntivi e preventivi e predispone le rispettive relazioni di

accompagnamento; verifica i movimenti finanziari di cassa, dei valori e dei titoli.

1.2.3 Gli organi periferici

La struttura del CONI è caratterizzata dalla presenza di organi periferici che

garantiscono, in modo capillare, la disciplina, l’organizzazione e la gestione

dell’attività sportiva. Nello specifico:

ogni regione ha un Comitato regionale che promuove ed attua iniziative a

livello regionale per il perseguimento dei fini istituzionali; coordina l’attività

dei Comitati provinciali e vigila sull’andamento delle rispettive attività;

promuove la predisposizione di programmi di attività in cooperazione con i

Comitati provinciali, ne verifica le compatibilità finanziarie e li trasmette alla

Giunta Nazionale per l’approvazione e per l’assegnazione dei relativi fondi;

controlla l’esecuzione dei suddetti programmi;

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ogni provincia ha un Comitato provinciale che rappresenta il CONI presso le

istituzioni provinciali e comunali; coordina l’attività dei fiduciari locali;

promuove ed attua le iniziative per il perseguimento dei fini istituzionali

nell’ambito degli indirizzi predisposti dal Comitato regionale; predispone

programmi annuali di attività, corredati da previsioni analitiche di spesa,

ratificati dal Comitato regionale e sottoposti all’approvazione della Giunta

Nazionale; cura la realizzazione dei programmi anzidetti;

i Comitati provinciali possono nominare fiduciari locali la cui funzione è

quella di gestire i rapporti territoriali con le società sportive e collaborare con

le amministrazioni locali per il perseguimento dei fini istituzionali del CONI.

Gli organi territoriali godono di piena autonomia gestionale e, per l’espletamento dei

propri compiti, dispongono di risorse finanziarie provenienti, rispettivamente, dai

contributi per la realizzazione dei programmi di attività e per spese di

funzionamento concessi dalla Giunta Nazionale; da eventuali proventi derivanti da

contratti di sponsorizzazione, donazioni, lasciti o altre fonti; dai proventi scaturiti

dalla gestione di beni, siti sul territorio di competenza, di cui hanno la disponibilità;

dall’erogazione e gestione di servizi.

1.3 Federazioni e altre organizzazioni sportive

1.3.1 Le Federazioni sportive nazionali

Si è già detto che, in principio, stando al precetto dell’art.5 della Legge n.426/1942,

le Federazioni sportive nazionali (FSN) vennero configurate come organi dell’ente

pubblico CONI. Oggi, in accordo con le norme sopraggiunte, lo Statuto del CONI le

identifica come associazioni senza fini di lucro con personalità giuridica di diritto

privato, fatta eccezione per l’Unione Italiana Tiro a Segno, l’Aereo Club d’Italia e

l’Automobile Club d’Italia, le quali, viste alcune peculiari funzioni pubblicistiche

extrasportive, mantengono natura di ente pubblico.

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Le Federazioni sportive nazionali:

1) sono costituite dalle società, dalle associazioni sportive e, nei soli casi

previsti dagli statuti in relazione alla particolare attività da essi svolta, anche

da singoli tesserati;

2) sono rette da norme statutarie e regolamentari in armonia con l’ordinamento

sportivo nazionale ed internazionale e ispirate al principio democratico e al

principio di uguaglianza e pari opportunità;

3) svolgono l’attività sportiva e le attività di promozione connesse in piena

autonomia tecnica, organizzativa e gestionale ma, in considerazione della

rilevanza pubblicistica di determinati aspetti di tali attività, sono poste sotto

la sorveglianza del CONI.

In relazione al terzo punto, le attività a valenza pubblicistica sono quelle relative

all’ammissione e all’affiliazione di società, associazioni sportive e singoli tesserati;

alla revoca a qualsiasi titolo e alla modifica dei provvedimenti di ammissione ed

affiliazione; al controllo sul regolare svolgimento delle competizioni e dei

campionati sportivi professionistici; all’impiego dei contributi pubblici; alla

prevenzione e repressione del doping; alla preparazione olimpica e all’alto livello;

alla formazione dei tecnici; all’utilizzazione e alla gestione degli impianti sportivi

pubblici. Nell’esercizio di tali funzioni, le FSN agiscono in conformità con gli

indirizzi del CONI ed operano secondo i principi di imparzialità e trasparenza. Dal

canto suo, il CONI esercita controlli:

in fase costitutiva, assoggettandone il riconoscimento giuridico al

riconoscimento ai fini sportivi conferito dal Consiglio Nazionale;

sottoponendo i bilanci delle FSN all’approvazione della Giunta Nazionale;

deliberando, per mezzo della Giunta Nazionale, i contributi finanziari da

elargire alle FSN, eventualmente, sottoponendoli a specifici vincoli di

destinazione (particolare riguardo è dato alla promozione dello sport

giovanile, alla preparazione olimpica e all’attività sportiva di alto livello);

demandando alla Giunta Nazionale la vigilanza sul corretto andamento delle

FSN, la quale può proporne il commissariamento da parte del Consiglio

Nazionale, nel caso in cui riscontri gravi irregolarità nella gestione o gravi

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violazioni all'ordinamento sportivo, qualora non sia garantito il regolare

avvio e svolgimento delle competizioni sportive, ovvero in condizioni di

constatata impossibilità di funzionamento.

Per ciascuno sport, il CONI riconosce una sola Federazione sportiva nazionale. I

requisiti necessari sono:

a) lo svolgimento, sul territorio nazionale e sul piano internazionale, di

un’attività sportiva, ivi inclusa la partecipazione a competizioni e

l’attuazione di programmi di formazione di atleti e tecnici;

b) l’affiliazione, ove esistente, ad una Federazione internazionale riconosciuta

dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO);

c) la gestione dell’attività in accordo coi dettami della Carta Olimpica e con le

regole della Federazione internazionale di appartenenza;

d) un ordinamento statutario regolamentare, ispirato al principio di democrazia

interna e al principio di uguaglianza e pari opportunità, conforme alle

deliberazioni e agli indirizzi del CIO e del CONI;

e) procedure elettorali e composizione organica confacenti alle disposizioni

dell’art.16, comma 2, del D.lgs. 23 luglio 1999, n.242, e successive

modifiche e integrazioni.

Attualmente, le Federazioni sportive riconosciute sono 45. Accanto ad esse,

detengono il riconoscimento ai fini sportivi altre organizzazioni quali, le Discipline

sportive associate e gli Enti di promozione sportiva.

1.3.2 Le Discipline Sportive Associate

Le Discipline Sportive Associate (DSA) sono organizzazioni nate in rappresentanza

dei cosiddetti nuovi sport, ossia, di quelle discipline non già oggetto di una

Federazione sportiva nazionale. Le DSA sono associazioni senza fini di lucro che

acquistano personalità giuridica di diritto privato a seguito del riconoscimento ai fini

sportivi conferitogli dal CONI. Ad oggi, sono diciotto le DSA riconosciute.

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Come per le FSN, il CONI ammette al riconoscimento una sola DSA per ciascuno

sport, in presenza dei seguenti requisiti:

a) lo svolgimento sul territorio nazionale di un’attività sportiva, anche di

rilevanza internazionale, ivi inclusa la partecipazione a competizioni e

l’attuazione di programmi di formazione di atleti e tecnici;

b) una tradizione sportiva, un bacino di utenza e una struttura organizzativa

quantitativamente consistenti;

c) un ordinamento statutario regolamentare, ispirato al principio di democrazia

interna e al principio di uguaglianza e pari opportunità, conforme alle

deliberazioni e agli indirizzi del CONI;

d) l’assenza di fini di lucro.

Alle DSA e ai loro affiliati e tesserati, salvo espresse deroghe, si applicano tutte le

norme dettate dallo Statuto del CONI in riferimento alle Federazioni sportive

nazionali.

1.3.3 Gli Enti di Promozione Sportiva

Gli Enti di Promozione Sportiva (EPS) sono associazioni, riconosciute dal CONI a

livello nazionale o regionale, il cui fine istituzionale è promuovere ed organizzare

attività fisico-sportive a scopo ricreativo e formativo.

Per ottenere il riconoscimento sportivo su base nazionali, ogni Ente di promozione

sportiva deve essere in possesso dei seguenti requisiti:

a) essere un’associazione non riconosciuta o riconosciuta ai sensi degli artt.12 e

seguenti del Codice Civile;

b) essere dotato di uno statuto, conforme alla legge, allo Statuto del CONI ed ai

principi fondamentali del Consiglio Nazionale, che ne contempli l’assenza

dei fini di lucro e ne garantisca l’osservanza dei principi di democrazia

interna, di uguaglianza e pari opportunità;

c) avere una presenza organizzata in almeno quindici Regioni e settanta

Province;

d) aver affiliato un numero di società e associazioni sportive dilettantistiche non

inferiore a mille ed un numero di iscritti non inferiore a centomila;

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e) aver svolto attività nel campo della promozione sportiva per un periodo di

durata non inferiore ai quattro anni.

Fa eccezione il CUSI, Centro Universitario Sportivo Italiano, riconosciuto

giuridicamente con D.P.R. 30 aprile 1968, n.770, visto il peculiare ordinamento in

relazione alle finalità di sviluppo dello sport universitario da esso perseguite.

Il riconoscimento sportivo su base regionale è, invece, assoggettato alla presenza

organizzata nella regione di riferimento e in ognuna delle province che ne fanno

parte e ad un numero di società e associazioni sportive dilettantistiche affiliate

adeguato al precetto dell’apposito regolamento del Consiglio Nazionale del CONI.

Attualmente, ci sono tredici Enti di promozione sportiva nazionali e uno della

Regione Lombardia.

Gli EPS possono svolgere attività a carattere pluridisciplinare (nel rispetto dei

principi, delle regole e delle competenze del CONI, delle FSN e delle DSA) e, in tal

senso, possono stipulare con le Federazioni, con le Discipline sportive associate e

con altri Enti di promozione sportiva specifiche convenzioni volte al miglior

raggiungimento delle rispettive finalità. Gli EPS, oltre alle entrate proprie, previste

dallo statuto, ricevono dal CONI un contributo annuale, la cui entità è legata alla

consistenza organizzativa e all’attività svolta. Per queste ragioni, gli EPS sono tenuti

a presentare alla Giunta Nazionale, con cadenza annuale, il bilancio di previsione e

il bilancio consuntivo, accompagnati da una relazione documentata in merito

all’impiego dei contributi ricevuti; la suddetta relazione rappresenta un metro di

valutazione per l’assegnazione di fondi negli esercizi successivi.

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Cap. 2 – L’Associazionismo sportivo dilettantistico

2.1 Premessa

Sono più di 71.000 i nuclei associativi affiliati alle Federazioni sportive nazionali e

alle Discipline sportive associate; una stima soltanto parziale se si considera che,

stando a quanto ipotizzato dal CONI, con le affiliazioni agli Enti di promozione

sportiva si raggiungerebbero le 80.000 unità. L’associazionismo sportivo, dunque,

rappresenta una delle reti sociali maggiormente ramificate sul territorio nazionale.

Una rete composta, in larga parte, da associazioni sportive dilettantistiche senza

personalità giuridica, in virtù dei vantaggi fiscali e dei costi ed oneri costitutivi e

gestionali contenuti.

Le associazioni sportive veicolano lo sport; sono il mezzo per raggiungere l’alto

livello ma, al tempo stesso, il punto di riferimento per chi voglia, semplicemente,

godere dei benefici fisici, psichici e sociali dell’attività sportiva. Legittimo è

considerarle come il nucleo vitale del sistema sportivo nazionale.

2.2 Sport dilettantistico e sport professionistico

Si è detto che il maggior numero dei nuclei associativi è rappresentato da

associazioni sportive dilettantistiche senza personalità giuridica; a questo punto,

bisogna chiarire i criteri di classificazione partendo col definire quale attività

sportiva va considerata professionistica e quale dilettantistica.

Sono considerati atleti professionisti, ai sensi dell’art.7 del D.l. 28 maggio 2004,

n.136, coloro i quali svolgono attività sportiva con continuità, a titolo oneroso e in

un settore dichiarato professionistico dalla Federazione di appartenenza. Ad oggi, le

Federazioni sportive nazionali che abbiano riconosciuto al proprio interno un settore

professionistico sono solamente sei: la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC),

la Federazione Ciclistica Italiana (FCI), la Federazione Italiana Golf (FIG), la

Federazione Motociclistica Italiana (FMI), la Federazione Italiana Pallacanestro

(FIP) e la Federazione Pugilistica Italiana (FPI). Alla luce di ciò, tutte le altre

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discipline sportive, così come le attività delle sei Federazioni suddette che non

rientrano nel settore professionistico, sono considerate dilettantistiche. Lo sport

professionistico è gestito, in via esclusiva, da società sportive professionistiche; si

tratta di società di capitali vere e proprie, le uniche, in Italia, a poter stipulare

contratti con atleti professionisti. L’attività dilettantistica, invece, può essere gestita

da:

società di capitali;

società cooperative;

associazioni con e senza personalità giuridica.

Qualunque sia la forma prescelta, per il riconoscimento come sodalizio sportivo

dilettantistico, occorre che l’ente:

1) sia retto da uno statuto interno in conformità con le disposizioni di legge e

con le delibere del CONI previste per la fattispecie;

2) modifichi la propria denominazione sociale indicandovi la finalità sportiva e

la ragione sociale dilettantistica;

3) escluda qualsiasi scopo di lucro.

Inoltre, affinché possa godere dei benefici fiscali previsti, è essenziale che consegua

il riconoscimento ai fini sportivi attraverso l’affiliazione ad una Federazione sportiva

nazionale, Disciplina sportiva associata o Ente di promozione sportiva, prima, e

l’iscrizione al Registro nazionale delle associazioni e società sportive dilettantistiche

del CONI, poi.

Posto che le forme societarie e cooperative non sono oggetto di questo lavoro,

passiamo ad approfondire le associazioni sportive dilettantistiche con particolare

riferimento agli aspetti costitutivi ed organizzativi.

2.3 Associazioni Sportive Dilettantistiche

2.3.1 Il contratto di associazione

Le associazioni prendono vita da un atto giuridico, il contratto di associazione. Si

tratta di un accordo, tra due o più parti, scritto, plurilaterale con comunione di scopo

(coinvolge le parti nel perseguimento di un fine comune) e aperto (successivamente

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al suo perfezionamento, è possibile recedervi o che nuovi associati vi aderiscano). Il

contratto di associazione è composto da due documenti: l’atto costitutivo, in cui si

manifesta la volontà delle parti di dar vita al rapporto associativo, e lo statuto, in cui

sono stabilite le norme di funzionamento dell’associazione.

Nel costituirsi, l’associazione sportiva dilettantistica deve necessariamente:

indicare nella propria denominazione sociale la finalità sportiva e la ragione

sociale dilettantistica, accompagnandovi la sigla A.S.D. (associazione

sportiva dilettantistica), così da poter essere identificata come tale dai terzi

che dovessero intraprendere rapporti con essa;

contemplare all’interno del proprio statuto l’assenza di scopo di lucro e il

divieto assoluto di distribuzione degli “avanzi” di gestione tra i soci; il

rispetto del principio di democrazia e di uguaglianza di tutti gli associati con

la previsione dell’elettività delle cariche sociali; l’oggetto sociale di natura

esclusivamente sportiva; l’individuazione del soggetto a cui spetta la

rappresentanza legale dell’associazione; l’obbligo di redazione dei rendiconti

economici-finanziari; le modalità di scioglimento dell’associazione e

l’obbligo di devoluzione del patrimonio unicamente ai fini sportivi; il

riconoscimento e l’accettazione dei regolamenti del CONI e delle FSN, DSA

e EPS cui intende affiliarsi.

Il contratto di associazione va registrato presso l’ufficio locale competente

dell’Agenzia delle Entrate presentando due copie, entrambe in bollo (una marca da

14,62 euro ogni 100 righe o frazione di esse, tenuto conto che l’atto costitutivo e lo

statuto costituiscono due documenti separati), previo versamento, tramite il modello

F23, dell’imposta di registro di 168 euro più diritti di segreteria. All’Agenzia delle

Entrate va, inoltre, presentata la richiesta di attribuzione del codice fiscale e partita

Iva o del solo codice fiscale qualora l’associazione non intenda svolgere attività

commerciali.

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2.3.2 Associazioni riconosciute e non riconosciute

Il Codice Civile distingue due forme associative:

1) le associazioni riconosciute, disciplinate dagli artt.14 e ss. c.c., sono quelle

che hanno chiesto ed ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica e,

quindi, hanno piena autonomia patrimoniale;

2) le associazioni non riconosciute, disciplinate dagli artt.36 e ss. c.c., non sono

dotate di personalità giuridica e, di conseguenza, non hanno piena autonomia

patrimoniale.

Ai fini del riconoscimento della personalità giuridica, è necessario che l’A.S.D. si

costituisca con atto pubblico, pertanto, che il contratto di associazione sia redatto,

con particolari formalità, da un notaio. A seguito delle semplificazioni avvenute in

ordine al D.P.R. 10 febbraio 2000, n.361, il riconoscimento si perfeziona con

l’iscrizione dell’associazione nell’apposito registro regionale, provinciale (per le

province autonome) o prefettizio (qualora gli enti esercitino la propria attività in più

regioni). L’acquisto della personalità giuridica comporta un’autonomia patrimoniale

perfetta (i creditori dell’associazione non possono agire nei confronti del patrimonio

dei singoli associati ma solamente sul patrimonio dell’associazione, così come i

creditori dei singoli associati non possono far valere i propri diritti sul patrimonio

associativo) e la limitazione della responsabilità degli amministratori per le

obbligazioni assunte per conto dell’associazione, purché assunte nei limiti del

mandato ricevuto, pertanto, a garanzia degli interessi dei terzi che andranno a

negoziare con l’associazione, il riconoscimento è assoggettato, anche, all’esistenza,

idoneamente documentata, di un patrimonio associativo adeguato alla realizzazione

dello scopo. I criteri di giudizio dell’idoneità patrimoniale si differenziano a seconda

del territorio di riferimento, perciò, i presupposti ritenuti sufficienti al

riconoscimento in una regione potrebbero non esserlo in un’altra.

Nelle associazioni non riconosciute, a garanzia degli interessi dei terzi è posta

l’autonomia patrimoniale imperfetta, che fa sì che gli associati e gli amministratori

rispondano personalmente ed illimitatamente, con il proprio patrimonio, delle

obbligazioni assunte in nome dell’associazione ma, d’altro canto, tutela il fondo

comune associativo dai creditori dei singoli associati. Ciò che distingue le due

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fattispecie associative, dunque, è la forma e non l’attività svolta e le finalità.

Controprova di ciò è data dal fatto che, sebbene siano disciplinate dal Codice Civile

separatamente, da un lato, hanno in comune molte regole riguardanti il loro

funzionamento, la loro struttura, i diritti e doveri degli associati, la capacità di

acquistare e ricevere per donazione e testamento e, dall’altro, gran parte delle norme

dettate per le associazioni riconosciute sono applicabili per analogia a quelle non

riconosciute.

2.3.3 Struttura organizzativa

Gli organi di cui l’associazione deve essere dotata sono:

l’assemblea generale dei soci;

il consiglio direttivo;

il presidente.

L’assemblea è l’organo volitivo dell’associazione; essa è costituita dall’universalità

degli associati, naturalmente, gli associati minorenni hanno diritto a prendervi parte

ma non a votarne le deliberazioni. L’assemblea può essere convocata in via

ordinaria o straordinaria. L’assemblea ordinaria viene indetta dal consiglio direttivo

e convocata dal presidente ogni qualvolta se ne ravvisa l’utilità o in caso di richiesta

motivata, espressa da almeno un decimo degli associati; in seno ad essa si elegge il

consiglio direttivo, si delibera sui regolamenti, sugli indirizzi e sulle direttive

generali dell’associazione, si approva la programmazione dell’attività associativa;

almeno una volta all’anno, va convocata per l’approvazione del rendiconto annuale.

L’assemblea straordinaria delibera sulle modifiche allo statuto, sullo scioglimento

dell’associazione e sulla devoluzione del patrimonio sociale.

Il consiglio direttivo è l’organo esecutivo, si occupa della gestione e

dell’amministrazione dell’associazione. Ne fanno parte il presidente

dell’associazione e un numero di membri, stabilito dall’assemblea, eletti

dall’assemblea stessa; in luogo del consiglio direttivo, l’associazione può avvalersi

di un unico amministratore. Gli amministratori restano in carica quattro anni e

possono essere rieletti; ad essi è fatto divieto di ricoprire cariche sociali in altre

società e associazioni sportive che operino nell’ambito della medesima disciplina. Il

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consiglio direttivo: delibera in merito all’ammissione di nuovi soci; adotta i

provvedimenti di esclusione degli associati; indice l’assemblea dei soci; redige il

rendiconto annuale e gli eventuali regolamenti interni relativi all’attività sociale da

sottoporre all’approvazione dell’assemblea; pone in essere le finalità statutarie e le

deliberazioni dell’assemblea.

Il presidente è il legale rappresentante dell’associazione, la dirige e ne controlla il

funzionamento nel rispetto dell’autonomia degli altri organi societari. Egli viene

eletto dall’assemblea dei soci tra i componenti del consiglio direttivo; dura in carica

quattro anni e può essere rieletto. Il presidente ha il compito di sovrintendere

all’attività sociale in ogni suo ambito; convocare il consiglio direttivo, presiederne le

riunioni e firmarne le delibere (ivi compreso il rendiconto annuale); convocare le

assemblee dei soci e verificarne la regolare costituzione.

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Cap. 3 – Le risorse operative

3.1 Premessa

C’è una visione romantica dello sport da coltivare senza mai dimenticare che quella

che le associazioni sportive dilettantistiche sono chiamate a gestire è pur sempre

un’attività imprenditoriale e, in quanto tale, sottostà alle leggi di mercato, evolve in

continuazione ed esclude chi non è in grado di rispondere adeguatamente. Pare

chiaro, infatti, che, seppur la legge vieti ogni finalità di lucro (inteso come

distribuzione degli utili tra gli associati), l’obiettivo da perseguire, nell’ottica di un

continuo miglioramento dell’offerta, è proprio quello di risultati di gestione positivi.

Il terreno è fertile: sono oltre 33 milioni gli italiani dediti alla pratica sportiva e

all’attività fisica, lo sport pervade gran parte degli aspetti della nostra quotidianità e

l’opinione pubblica sembra ormai riconoscerne l’importante ruolo sociale in termini

di promozione del benessere e della socialità e di prevenzione. Con la giusta

strategia e interventi programmati, gli attuali punti critici del sistema possono

costituire un ulteriore potenziale d’azione con oltre 23 milioni di individui, oggi

sedentari, da coinvolgere e la possibilità/necessità di supplire alle carenze, in termini

di educazione motoria e sportiva, del sistema scolastico nazionale. Ovviamente, chi

decide di intraprendere questa attività dovrà essere in grado di gestirla in maniera

proficua, con strumenti e in ambienti adeguati, personale competente e un

dinamismo tale da porre l’offerta in continua e completa sintonia con la domanda

effettiva e potenziale.

3.2 Il lavoro sportivo

Per svolgere la propria attività, ogni associazione si avvale di atleti, tecnici, dirigenti

e altri collaboratori, le cui prestazioni possono essere rese a titolo gratuito o dietro

retribuzione.

Le prestazioni lavorative a titolo gratuito presuppongono l’espressa volontà del

soggetto erogante a prestare la propria opera, sotto qualsiasi forma, senza ricevere

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alcun compenso in cambio; volontà, questa, motivata dalla condivisione della causa

sociale, dalla passione e dalla soddisfazione dell’aver contribuito, gratuitamente,

all’attività dell’associazione sportiva. La mancata previsione di un compenso è,

comunque, compatibile con il riconoscimento del rimborso delle spese sostenute dal

collaboratore nello svolgimento dell’attività attribuitagli dall’associazione. Il

rimborso è ammissibile per le sole spese vive documentate ad egli effettivamente

affidate con delibera del consiglio o lettera di incarico sottoscritta dal rappresentante

legale dell’associazione specificando la causa delle spese e l’autorizzazione a

compierle. Particolare attenzione va fatta ai rimborsi delle spese di vitto e alloggio,

ammissibili solo se relative a momenti in cui la prestazione è effettivamente resa (es.

durante trasferte fuori sede), ed ai rimborsi spese forfetari, cioè non legati a spese

effettivamente sostenute dal collaboratore, considerati compensi veri e propri e,

dunque, soggetti a disciplina fiscale.

Dal punto di vista legale, la non onerosità della prestazione lavorativa fa sì che i

vincoli tra l’associazione sportiva e il collaboratore volontario vengano meno,

infatti, l’associazione non ha alcun obbligo remunerativo, assicurativo o fiscale nei

confronti del collaboratore volontario, il quale non può, in nessun modo, esperire

vittoriosamente l’azione di indebito arricchimento da parte del datore di lavoro, così

come nessun diritto può essere vantato dall’associazione nei suoi confronti.

Nonostante ciò, va considerato che la prova della gratuità della prestazione spetta a

chi afferma la circostanza e, pertanto, in caso di controversie tra l’associazione e i

propri collaboratori volontari, in assenza di documentazione probatoria, la

prestazione è assoggettata a contribuzione, applicando il minimo sindacale o, se più

favorevole, il minimo previsto dal contratto collettivo di lavoro; al fine di evitare

ogni contradditorio, è opportuno specificare esplicitamente nello statuto la gratuità

delle cariche sociali e degli eventuali incarichi affidati dall’associazione.

I rapporti di lavoro retribuito sono quelli in cui al collaboratore è riconosciuto un

corrispettivo per l’opera svolta. Rientrano in questa categoria le prestazioni sportive

dilettantistiche, le collaborazioni amministrativo-gestionali e i rapporti con gli

istruttori sportivi; prestazioni per le quali, solitamente, l’associazione eroga

corrispettivi sotto forma di indennità di trasferta, rimborsi forfetari di spesa, premi e

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compensi. In linea generale, il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) non

considera prestazioni lavorative le prestazioni d’opera riguardanti l’esercizio diretto

di attività sportive dilettantistiche, pertanto:

l’associazione sportiva non è tenuta al versamento dei contributi

previdenziali e agli obblighi assicurativi contro gli infortuni sul lavoro;

i relativi corrispettivi, classificati come “redditi diversi”, non concorrono alla

formazione del reddito imponibile del percettore per un importo non

superiore complessivamente nel periodo d’imposta a 7.500 euro.

Tali disposizioni non sono applicabili alle collaborazioni amministrativo-gestionali

rese da soggetti professionisti ed in merito ad alcune prestazioni d’opera, tra cui

quelle fornite dagli istruttori, sono necessarie alcune valutazioni.

L’art.38 della Costituzione al comma 2 afferma che “I lavoratori hanno diritto che

siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di

infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”; l’esistenza

di istruttori ed altri soggetti che praticano l’attività in favore di associazioni e società

sportive dilettantistiche in via principale e continuativa ha spinto verso un

adeguamento alle previsioni di legge. Nella Gazzetta Ufficiale n.80 del 7 aprile 2005

vengono pubblicati due decreti ministeriali, di concerto tra il Ministro del Lavoro e

delle Politiche Sociali e il Ministro dell’Economia e delle Finanze, aventi per

oggetto l’adeguamento delle categorie di lavoratori da assicurare obbligatoriamente

all’Enpals (Ente Nazionale di Previdenza e di Assistenza per i Lavoratori dello

Spettacolo); tra le nuove categorie di lavoratori appaiono “... impiegati, operai,

istruttori e addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre, sale

fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi... direttori tecnici, massaggiatori,

istruttori e i dipendenti delle società sportive...”. L’obbligatorietà della contribuzione

previdenziale per gli istruttori e gli addetti agli impianti ed ai circoli sportivi è posta

a prescindere dalla natura giuridica, subordinata o autonoma, del rapporto di lavoro.

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L’Enpals, infatti, sostiene che non possano ritenersi “redditi diversi” i corrispettivi

erogati ai soggetti che svolgono arti e professioni, ricordando con circolare

n.13/2007 che:

rientra nell’esercizio di arti e professioni l’esercizio per professione abituale,

ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di

persone fisiche;

configurano i presupposti per accedere alla nozione giuridica di reddito

professionale laddove lo svolgimento dell’attività implichi il possesso di

specifiche conoscenze tecnico-giuridiche connesse all’attività svolta;

l’attività professionale deve essere svolta con abitualità, ossia ripetitività,

regolarità, stabilità e sistematicità di comportamenti;

la misura delle somme complessivamente percepite non deve essere

marginale (l’indice di marginalità dei compensi è rappresentato dall’area non

tassabile dei professionisti pari a 4.500 euro annui, pertanto, potrebbero

essere soggetti all’obbligo previdenziale anche i compensi inferiori ai 7.500

euro);

la professionalità ricorre anche in presenza di normali interruzioni

nell’esercizio dell’attività o qualora la stessa sia rivolta ad una committenza

plurima, effettiva o potenziale.

Alla luce di ciò, ogni sodalizio sportivo deve verificare la posizione soggettiva dei

propri collaboratori al fine di applicare o meno i contributi previdenziali e, dal canto

loro, gli istruttori ritenuti “professionisti” sulla base delle caratteristiche suddette

perdono ogni beneficio fiscale legato alla natura sportivo dilettantistica della

prestazione, sono tenuti al versamento dell’Irap, perdono la tassazione agevolata

Irpef e, in molti casi, dovranno aprire partita IVA.

Nonostante ciò, restano numerosi dubbi interpretativi; il CONI, infatti, continua a

sostenere la qualificazione dei redditi fatta dal TUIR che esclude totalmente la

classificazione come attività professionale delle prestazioni a carattere sportivo

dilettantistico. Evidente è la necessità di un ulteriore intervento legislativo che

sbrogli la questione una volta per tutte.

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3.3 L’impiantistica sportiva

L’associazione sportiva non può operare in assenza di impianti sportivi adeguati,

d’altro canto, è impensabile che, da sola, possa far fronte agli ingenti costi di

costruzione e messa in opera degli stessi. Alla luce di ciò, appare evidente la

necessità di valutare la presenza di impianti sportivi sul territorio nell’eventualità di

poter recuperare ed adeguare strutture già esistenti, tanto più, in considerazione del

fatto che, dei circa 149.000 spazi destinati all’attività sportiva presenti sul territorio

nazionale, un numero considerevole (quasi il 10% del totale) resta inutilizzato

(CNEL, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, CONI – Indagine

sull’impiantistica sportiva in Italia, 2003). Si tratta per lo più di impianti pubblici

non completati o inattivi a causa del cattivo stato di manutenzione, di inadeguatezza

tecnica, di inagibilità o problemi di natura gestionale, la cui riqualificazione è,

spesso, attuabile con costi relativamente contenuti.

Che la tendenza alla costruzione di nuovi impianti sportivi stia cedendo il passo al

recupero e alla ristrutturazione è dimostrato dai dati relativi ai finanziamenti erogati

dall’Istituto di Credito Sportivo (ICS), dai quali emerge che quasi il 78% del totale

dei mutui concessi dall’ente nel biennio 2006 – 2007 è stato impiegato per

completare o ristrutturare impianti già esistenti (Grafico1).

Grafico 1 – Modalità di utilizzo dei finanziamenti ICS 2006 – 2007

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Gli stessi dati dimostrano come la necessità di soddisfare una domanda di attività

fisica e sport sempre più esigente ed articolata spinga, prevalentemente, alla

creazione di strutture polivalenti che incontrino le esigenze di tutti i praticanti e non

solo di una determinata cerchia di sportivi (Grafico 2 e 3).

Grafico 2 – Tipologia degli impianti finanziati ICS 2006 - 2007

Grafico 3 – Impianti in completamento/ristrutturazione finanziati ICS 2006 - 2007

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3.3.1 La gestione degli impianti sportivi pubblici

Fino a metà degli anni novanta, era l’ente pubblico ad occuparsi della gestione degli

impianti sportivi di sua proprietà. L’intera attività veniva realizzata con risorse

finanziarie e personale pubblico (con molte difficoltà nel reperire, tra l’organico

dell’ente, personale specializzato e la minaccia di periodi in cui determinati ruoli

restassero scoperti a causa del mancato rinnovo degli accordi di lavoro) e il servizio

era spesso offerto a fronte di un prezzo politico non sufficiente a coprire le spese di

funzionamento. L’incapacità di approvvigionamento di risorse finanziarie diverse e

la pedanteria procedurale propria dell’amministrazione pubblica, rendendo

impossibile una gestione imprenditoriale dell’attività sportiva, han finito col mettere

in crisi gli enti locali costringendoli alla chiusura degli impianti sportivi laddove non

fosse possibile ricorrere a forme di gestione più funzionali e meno onerose. Da qui

la necessità di affidare la gestione degli impianti pubblici a società o associazioni

sportive dilettantistiche nell’ottica di una conduzione di qualità, che risponda ai

bisogni sociali, facendo sì che l’attività sportiva non resti, solamente, voce negativa

dei bilanci comunali. Queste forme di gestione vengono siglate in accordo tra l’ente

locale, che è e continua ad essere proprietario dell’impianto sportivo, e l’ente

sportivo privato, utilizzatore dell’impianto e responsabile della sua gestione;

l’accordo è stipulato mediante convenzioni che stabiliscono le forme d’uso e di

conduzione dell’impianto e le responsabilità reciproche delle parti. I vantaggi

dell’affidamento in concessione sono indubbiamente legati al miglioramento del

servizio offerto al pubblico, essendo lo stesso affidato a un soggetto specializzato, in

grado di ottimizzarne l’organizzazione tecnica e, allo stesso tempo, di gestirlo in

forma manageriale. Così nascono alcune delle più floride realtà sportive italiane

nelle quali l’ente pubblico sostiene l’ente gestore offrendo contributi e servizi

gratuiti o a condizioni agevolate. Dal canto suo, l’ente gestore promuove e valorizza

l’attività rendendola fruibile all’intera comunità.

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3.4 Il reperimento delle risorse finanziarie

Per perseguire i propri fini sociali, nell’ottica del continuo miglioramento delle

attività e dei servizi offerti, ogni associazione sportiva deve essere in grado di

raggiungere risultati di gestione positivi. Per fare ciò, l’associazione sportiva deve

operare in maniera tale da massimizzare le proprie entrate e fruire al meglio delle

agevolazioni ad essa riservate sotto il profilo tributario oltre che, naturalmente,

investire le proprie risorse con efficienza ed efficacia.

L’associazione sportiva può contare, principalmente, sulle seguenti fonti di

sostentamento:

1) quote associative;

2) proventi delle attività organizzate e dei servizi offerti;

3) contributi pubblici;

4) proventi da pubblicità e/o sponsorizzazioni;

5) erogazioni liberali effettuate da privati (enti o persone fisiche).

Quote associative e proventi delle attività organizzate e dei servizi offerti

Ai fini fiscali, occorre fare una distinzione tra quali di queste entrate siano attribuite

ad attività istituzionale (senza rilievo imponibile), quali ad attività commerciale (con

rilievo imponibile) e quali, in ogni caso, non concorrono alla formazione del reddito

imponibile.

Per l’associazione sportiva le eventuali quote di prima affiliazione, le quote versate

annualmente dagli associati per il riconoscimento dello status di socio ed i

corrispettivi dei soci (o degli associati di altre associazioni facenti parte della stessa

organizzazione locale o nazionale, ad esempio, della stessa federazione sportiva) alle

attività ed ai servizi offerti in diretta attuazione degli scopi istituzionali non

concorrono alla formazione del reddito imponibile. Tutti i proventi da altre attività

(ristorazione; gestione di un bar; vendita di prodotti; manifestazioni con ingresso a

pagamento; organizzazione di gite e viaggi; organizzazione di feste) nonché i

corrispettivi dei non soci per l’attività sociale sono considerati di natura

commerciale e quindi costituiscono reddito imponibile. Non concorrono alla

formazione del reddito, invece, i proventi da raccolte pubbliche occasionali

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organizzate per finanziare specifici progetti o attività e, per le associazioni in regime

contabile forfetario, i proventi da attività commerciali connesse agli scopi

istituzionali se derivanti da un numero annuo di eventi non superiore a due e di

importo inferiore a 51.645,69 euro annui.

Per le persone fisiche c’è la possibilità di detrarre dall’Irpef (imposta sul reddito

delle persone fisiche) parte delle spese sostenute per l’iscrizione annuale e

l’abbonamento di ragazzi di età compresa tra i 5 e i 18 anni ad associazioni sportive

e altre strutture che promuovono la pratica sportiva dilettantistica. La detrazione

prevista è pari al 19% su un importo massimo di 210 euro (39,90 euro per ciascun

ragazzo) per periodo di imposta.

Contributi pubblici

I contributi erogati a titolo di liberalità, ossia non come corrispettivo di un servizio o

di una prestazione ma come finanziamento all’attività dell’associazione ritenuta di

interesse pubblico, non costituiscono reddito imponibile per l’associazione.

I cosiddetti “contributi-corrispettivo”, erogati all’associazione sportiva che, tramite

convenzione, ha assunto degli obblighi nei confronti della pubblica amministrazione

proprietaria dell’impianto sportivo, non costituiscono reddito imponibile ma sono

soggetti ad Iva.

I contributi destinati a finanziare la realizzazione di un’iniziativa dell’associazione

per la quale quest’ultima riceva anche o solamente introiti di natura commerciale

costituiscono reddito imponibile (sono assoggettati alla ritenuta d’acconto del 4%

prevista dall’art.28 del D.P.R. n.600/1973 e poi, in sede di dichiarazione dei redditi,

all’applicazione dell’imposta a saldo).

Pubblicità e sponsorizzazioni

L’associazione può ricevere:

somme di denaro, beni o servizi per legare al proprio nome, alla propria

immagine o alla propria attività il nome o il segno distintivo del soggetto

erogante (sponsor);

corrispettivi economici per veicolare nell’ambito della propria attività il

messaggio pubblicitario di un’azienda.

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Per l’azienda, fino a 200.000 euro annui, le spese di sponsorizzazione possono

ritenersi spese di pubblicità e, perciò, sono integralmente deducibili dal reddito

d’impresa nell’esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell’esercizio

medesimo e nei quattro anni successivi. Per la parte eccedente tale importo

bisognerà verificare se si tratta di spese di pubblicità o spese di rappresentanza

(deducibili nel limite di un terzo).

Per l’associazione sportiva i proventi di pubblicità e sponsorizzazioni concorrono

alla formazione del reddito imponibile. Le associazioni sportive che hanno optato

per il regime contabile forfetario hanno la possibilità di detrarre il 10% dell’Iva

assoggettata all’importo della sponsorizzazione e il 50% dell’Iva assoggettata

all’importo della pubblicità.

Erogazioni liberali

Le somme di denaro versate da persone fisiche o da un qualsiasi ente privato in

favore dell’associazione sportiva senza chiedere alcuna controprestazione non

costituiscono per quest’ultima reddito imponibile.

Il soggetto erogante ha diritto ad una detrazione dall’Irpef (persone fisiche) o dal

reddito di impresa del 19% su un importo complessivo non superiore ai 1˙500 euro

per periodo di imposta. Tale diritto non può essere esercitato per le erogazioni

liberali di denaro effettuate in contanti.

5 per mille dell’Irpef

Anche per l’anno 2010 le associazioni sportive dilettantistiche rientravano tra i

possibili beneficiare del 5 per mille se in possesso dei seguenti requisiti:

riconoscimento ai fini sportivi (mediante affiliazione a FSN, DSA o EPS

riconosciuti dal CONI);

rilevante attività di interesse sociale;

presenza di un settore giovanile nella propria organizzazione;

attività prevalentemente svolta in ambito dell’avviamento e della formazione

allo sport di giovani di età inferiore a 18 anni, della pratica sportiva in favore

di persone ultrasessantenni o di soggetti in condizioni di svantaggio per

ragioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari.

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Per ricevere il 5 per mille, i sodalizi sportivi hanno dovuto richiedere l’iscrizione

nell’elenco delle associazioni sportive dilettantistiche beneficiarie presentando

all'Agenzia delle Entrate, in via telematica, il relativo modulo e, successivamente,

inviando al competente Ufficio territoriale del CONI la dichiarazione sostitutiva

attestante la persistenza dei requisiti sopraelencati. Alle associazioni iscritte nel

suddetto elenco spetta, oltre al 5 per mille dell’Irpef di quanti hanno indicato

nell’apposito campo della propria dichiarazione dei redditi il codice fiscale

dell’associazione, anche la quota proporzionale dell’Irpef di quanti hanno destinato

la propria percentuale d’imposta indistintamente al movimento sportivo

dilettantistico italiano.

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Cap. 4 – Il servizio da offrire

4.1 Premessa

Fare sport è necessità di tutti e esigenza di molti, ciò vuol dire organizzare l’attività

sportiva in maniera tale da porsi in sintonia col bisogno collettivo, principale, di

educare, prevenire e sensibilizzare, così come con le richieste più disparate dei

singoli individui.

Ogni associazione sportiva è consegnataria di questa importante funzione sociale

ma, lungi dalla convinzione che l’attività sportiva in sé possa bastare a diffondere

valori e benefici ad essa collegati, assolve al suo compito solamente quella i cui

membri sono capaci di trasmettere i giusti contenuti e le ragioni ed i perché di essi.

Non si pone una regola (o, ancor peggio, un valore o un ideale) imponendo che

venga condivisa e rispettata, così come non si insegna un gesto tecnico esigendo che

venga semplicemente imitato; si forniscono, piuttosto, i mezzi necessari alla

comprensione di ciascuna regola, cosicché possa essere condivisa e rispettata, e

all’acquisto della consapevolezza del proprio corpo e delle sue potenzialità, perché

riuscire a percepire ogni movimento e imparare a tagliarne e cucirne assieme i pezzi

è l’unica strada giusta da intraprendere (lo è per l’anziano che vuole tornare a salire

le scale come per il ragazzo che vuole diventare un calciatore di alto livello o per

l’uomo che vorrebbe perdere qualche chilo o riuscire a correre una maratona).

Questo è fare le cose nel modo giusto, tanto semplice a parole quanto complicato

nella pratica. Non c’è alcun metodo di azione universale: occorre cercare ogni volta

la soluzione che fa al caso nostro, che calza a pennello su quell’individuo; bisogna

correggere continuamente la rotta, mettersi in gioco e tutto ciò non è sufficiente se,

innanzitutto, non si è creato un rapporto di fiducia con ognuno, pagando tempo ed

immensa fatica. È con questa consapevolezza che andrebbe intrapresa ogni attività

della proposta operativa che segue.

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4.2 Sport, un servizio pubblico

Le associazioni sportive offrono un servizio dai connotati indiscutibilmente

pubblici; un servizio rivolto alla promozione del benessere e della socialità che può

raggiungere tutti, incondizionatamente.

Ogni attività dovrebbe sempre contemplare tra i suoi fini la prevenzione, la

sensibilizzazione, nonché la risoluzione delle problematiche sociali

(integrazione sociale, prevenzione del disagio giovanile e dei comportamenti

devianti, educazione alla salute e allo sport, recupero e valorizzazione del

territorio, ecc.);

è necessario dare l’opportunità di fare sport anche alle tipologie di utenti

maggiormente bisognose (bambini, anziani, diversamente abili);

con l’ausilio di enti pubblici e privati, è possibile promuovere iniziative di

interesse sociale accessorie.

Progettualità scolastica, educazione al movimento e attraverso il movimento

È bene che le generazioni future intraprendano, fin da subito, un percorso educativo

e formativo finalizzato anche alla presa di coscienza del proprio corpo e del suo

valore inestimabile sia in termini operativi sia in quanto mezzo relazionale e

comunicativo; un percorso che culmini nel conseguimento di obiettivi motori,

affettivi, cognitivi e di socialità, bagaglio irrinunciabile per muoversi abilmente nella

vita. Di questo dovrebbe occuparsi il sistema scolastico nazionale che, per mezzo dei

suoi Ministeri, afferma di riconoscere l’attività motoria quale elemento

fondamentale della crescita psicofisica del bambino e di operare per la diffusione di

una cultura sportiva che la ponga al centro delle politiche educative rivolte ai ragazzi

in età scolare. Dal 15 febbraio al 31 maggio 2010, su iniziativa del Ministero

dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur), della Presidenza del

Consiglio dei Ministri e del Comitato Olimpico Nazionale Italiano e grazie a risorse

finanziarie messe a disposizione da quest’ultimo, è stato attuato il progetto pilota

“Alfabetizzazione motoria nella scuola primaria” (il primo su scala nazionale) con

l’obiettivo di gettare le fondamenta per l’avviamento di una sperimentazione da

realizzare nei tre anni scolastici successivi. Due ore settimanali di attività motoria

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svolte, in orario curricolare, sotto la responsabilità educativa del docente di scuola

primaria affiancato da un esperto in Scienze Motorie; un totale di 30 ore

complessive per ciascuna delle 9.000 classi coinvolte, scelte tra 1.100 plessi

scolastici individuati nelle 20 regioni italiane; in sostanza, circa 230.000 bambini

partecipanti (Miur – Normativa 2010, Prot. n°5284 del 30 agosto). Sembra un primo

passo concreto verso la soddisfazione di un bisogno sociale di estremo valore ma

presenta delle enormi contraddizioni. In primo luogo, nonostante si affermi la

volontà di potenziare l’attività motoria e sportiva, una scuola primaria per prendere

parte a tale progetto è tenuta a rinunciare a qualsiasi esperienza di educazione

motoria già in atto, in considerazione del fatto che lo stesso non può coesistere con

attività fondate su diverse impostazioni. Per di più, la mancanza nella scuola di spazi

adeguati al corretto svolgimento dell’attività motoria è motivo di esclusione della

stessa dal progetto, ciò significa che laddove c’è la sfortuna di non avere

infrastrutture adeguate (realtà nelle quali la necessità di fare sport dovrebbe essere

maggiore) si resta lontani anni luce anche da un adeguamento in termini di risorse

economiche, tempi e personale qualificato. Nella stragrande maggioranza dei casi

sta al buonsenso dei dirigenti dei singoli istituti scolastici con l’ausilio delle

amministrazioni locali decidere di ricorrere a fonti alternative per supplire alle

carenze di un sistema scolastico nazionale in crisi. Risulta, in tal senso,

fondamentale la possibilità di avvalersi della progettualità di associazioni e società

sportive che attraverso educatori qualificati accompagnano il bambino in un

percorso educativo e formativo fatto di gioco. Nei progetti di educazione motoria e

avviamento allo sport il bambino impara a conoscere sé stesso, i propri limiti e le

proprie potenzialità, scopre la propria dimensione sociale ed esprime la propria

personalità rapportandosi con compagni, avversari, regole di gioco e risolvendo i

problemi che possono derivarne.

Sport è socializzazione, un elisir di lunga vita

L’incremento dell’incidenza della popolazione anziana in Italia è un fenomeno

ormai assodato. Nel nostro Paese gli anziani sono circa il 43 percento in più dei

giovani (Istat, Posas – Indice di vecchiaia al 1° gennaio 2009); valore che colloca

l’Italia al secondo posto nella classifica dei paesi più “vecchi” d’Europa (Eurostat,

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Demography – Indice di vecchiaia nei paesi Ue, 2007). Garantire la salute degli

anziani non solo è doveroso ma è un’esigenza pubblica di primaria importanza (i

dati lo confermano ma, in ogni modo, non occorrono dati per capirlo); in questa fase

della vita l’individuo ha un maggiore bisogno di cure e di attenzioni volte a

contrastare l’impoverimento dei rapporti interpersonali ed a mantenere o ristabilire

la propria autonomia. L'aumento della longevità, infatti, è risultato positivo

solamente se accompagnato da uno stato di buona salute che, è coscienza comune,

non può prescindere da un’adeguata attività fisica che miri alla prevenzione

dell’invecchiamento biologico e funzionale ed alla promozione della partecipazione

dell’anziano alla vita sociale. L’offerta da rivolgere a questa fascia di utenza non si

limita alla cosiddetta ginnastica dolce, tesa a favorire il graduale recupero di

movimenti e posture e l’accrescimento di capacità motorie; la proposta di sport

adattati e attività all’aria aperta accrescono la voglia di partecipare, risvegliano il

bisogno di socializzazione e coinvolgono direttamente gli anziani nel sostegno e

nella promozione sul territorio di abitudini di vita attive e positive.

4.3 Incontro ai bisogni dei consumatori

Le tendenze che muovono la domanda di attività motoria e sportiva sono numerose e

in continua evoluzione. Da una parte c’è la pratica agonistica diretta all’alto livello

sportivo, dall’altra un gran numero di praticanti spinti dalle motivazioni più

disparate; è necessario offrire un servizio individualizzato in sintonia con le esigenze

di ciascuno.

Dalla motricità di base alla formazione sportiva per l’alto livello

Il raggiungimento dell’alto livello sportivo è il risultato di un processo ben definito

che va, sempre e comunque, strutturato sull’individuo.

Si inizia da bambini attraverso un percorso di educazione motoria e avviamento allo

sport che, tenuto conto dei processi di accrescimento biologico e di apprendimento,

muove dalla presa di coscienza del corpo alla stimolazione delle capacità senso-

percettive, coordinative e condizionali che sono alla base dello sviluppo dei

movimenti naturali (camminare, saltare, correre, lanciare, afferrare, strisciare,

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rotolare, arrampicarsi, ecc.) e delle abilità sportive. L’attività va programmata in

modo da consentire lo sviluppo della base motoria più ampia possibile sulla quale

costruire quante più abilità motorie polisportive e, solo successivamente, abilità

sport-specifiche. Così il bambino impara a muoversi consapevolmente e ad adattare i

propri movimenti in relazione a spazi, tempi e situazioni; sarà orientato per tempo,

sulla base delle sue caratteristiche individuali, verso lo sport nel quale può

raggiungere il massimo rendimento, evitando la specializzazione precoce ed i rischi

ad essa correlati. Il processo prosegue in un percorso allenante individualizzato volto

al progressivo miglioramento dei risultati sportivi e, al contempo, alla crescita

personale dell’atleta dal punto di vista intellettivo, culturale e dei rapporti sociali. È

impensabile chiedere all’atleta di dedicare tutto il proprio tempo e spendere tutte le

proprie energie unicamente nello sport, in primo luogo, perché, soprattutto se i

risultati stentano ad arrivare, è facile che perda l’entusiasmo e la voglia di allenarsi e

competere e che abbandoni l’attività sportiva, inoltre, perché a fine carriera dovrà

fare i conti con la mancata coltivazione di altri interessi.

Per sostenere l’attività agonistica dei propri atleti, l’associazione sportiva:

deve affidarsi a tecnici, istruttori e preparatori che, prima di tutto, siano

capaci di educare;

può provvedere direttamente alla formazione dei suoi operatori;

può istituire centri di studio, ricerca e sperimentazione;

deve promuovere la formazione di squadre di atleti e la loro partecipazione a

gare, campionati e manifestazioni sportive nazionali ed internazionali;

deve organizzare e promuovere gare, campionati e manifestazioni sportive.

Fitness e servizi accessori

Il piacere, lo svago, il bisogno di socializzare o scaricare lo stress, il tenersi in forma

e curare il proprio aspetto fisico o, semplicemente, la volontà di sentirsi al passo con

i tempi; dalle motivazioni che muovono quell’ampia fetta di “sportivi del tempo

libero” è nato e ha preso piede un nuovo modo di concepire l’attività motoria e

sportiva, il fitness. Sull’idea di fitness è mutato (e muta tutt’ora) il concetto di spazio

sportivo: l’impianto sportivo diventa sempre più un luogo di “aggregazione” dove

all’attività sportiva si affiancano attività, manifestazioni e iniziative a carattere

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culturale e ricreativo, corsi di formazione, viaggi, centri estivi ed invernali e servizi

accessori come la vendita di materiale sportivo, il merchandising, la ristorazione e il

wellness. Nella sala pesi, accanto a manubri, panche e bilancieri compaiono

macchine per la muscolazione sempre più evolute; tappeti, bike, ellittiche, stepper ed

altri macchinari per il cardiofitness; di tutto e di più (elastici tubolari, fasce, fit ball,

balance board, pesi di mille forme e colori, ecc.) per lavorare su postura,

coordinazione e tono muscolare. Più cose da fare e più modi di farle, in pratica.

Attenzione, però, a non finire con l’abbandonare le persone al loro destino, convinti

che dotarli di una scheda prestampata, scritta da chissà chi e chissà con quali criteri,

possa bastare. Di centri fitness così ne è pieno il mondo e, cosa ancor più

inquietante, ci lavorano studenti e laureati in scienze motorie che non fanno nulla

per porvi rimedio. Son privi di entusiasmo perché pagati sette euro lordi l’ora?

Un’ingiustizia sì, ma non certo una giustificazione, è il nostro lavoro e chi pensa che

non lo sia, chi pensa di poter plasmare atleti di alto livello ma non ha voglia o non è

in grado di aiutare a star meglio l’anziana signora o il ragazzo paffutello, non ha

capito un bel nulla.

4.4 Il progetto “ATP”

Un percorso di studi è fruttuoso quando si ha la possibilità di comunicare con gli

altri, imparare, insegnare, condividere esperienze e scoprire assieme nuovi orizzonti.

In questi due anni di formazione ho avuto modo di confrontarmi con tante persone;

persone che lo sport non sanno neanche dove sia di casa ma si interessano di

tutt’altro e lo fanno con grande impegno e competenza e persone che hanno scelto la

mia stessa strada, allenatori di primo pelo e gente che fa questo mestiere da anni e

che di traguardi, non solo agonistici, ne ha già raggiunti parecchi. Incontri e scontri

che han fatto scaturire concezioni di pensiero e di azione differenti, principalmente

dettate dalla disomogeneità dei nostri percorsi educativi e formativi, ma alla fine

un’intuizione comune “l’individuo è il punto focale di ogni processo, se egli

acquista la consapevolezza delle proprie potenzialità ed impara ad esprimerle potrà

riuscire meglio, saprà porsi obiettivi e sarà in grado di raggiungerli”. All’inizio ebbi

null’altra convinzione se non quella di aver scoperto l’acqua calda. Quelle cose ero

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convinto di saperle, le avevo sentite o lette sui libri e date per scontate fin da subito

(così fan tutti!); ero certo che il grosso del lavoro fosse ben altro che, se avessi

azzeccato il carico allenante perfetto e la programmazione impeccabile, tutti i trofei

sarebbero stati nostri. Per mia fortuna ho sentito la necessità di riprendere quei

concetti e, ragionandoci sopra, ne ho intuito l’essenza; ho intuito l’essenza del nostro

“mestiere” (e non solo).

Il progetto “ATP” nasce da questo modo di vedere le cose e dalla necessità comune

di creare una realtà felice dove si insegna e si apprende attraverso lo sport. Il la a

questa iniziativa è stato dato qualche mese fa con la costituzione di un’associazione

sportiva dilettantistica (il cui nome è per l’appunto “ATP”), attraverso la quale

stiamo lavorando affinché questo progetto diventi subito operativo (un’impresa

ardua alla quale ci stiamo dedicando anima e corpo). Si è cercato in lungo e in largo

un luogo che potesse ospitare la nostra iniziativa e, dopo aver fatto i conti con

inagibilità, sovrabbondanza e strozzinaggio, abbiamo finalmente trovato una buona

opportunità. Proprio in questi giorni, infatti, l’associazione ha presentato al Comune

di Rocca Di Mezzo una proposta di riqualificazione funzionale della palestra

polivalente “Lorenzo Sebastiani”. La proposta, al momento, prevede il ripristino del

campo polivalente, la creazione di una parete per l’arrampicata sportiva (in relazione

alle incredibili potenzialità e ai diversi ambiti applicativi di questa disciplina) e

l’allestimento di una sala fitness a misura d’uomo. La volontà è quella di dar vita, un

passo alla volta, a un centro sportivo polivalente di riferimento per chiunque voglia

avvicinarsi a questo concetto di attività motoria e sportiva; “fucina” di individui in

grado di esprimere il meglio di sé.

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Conclusioni

Per dovere di cronaca, prima di tirare le somme ci tengo a precisare che, quando il

progetto mio e di Alessandro ha iniziato a prender forma, ho ritenuto necessario

mettere da parte la mia scelta iniziale di tesi (un lavoro, al cui tema tengo

particolarmente, che spero di riprendere al più presto nel mio cammino con l’ATP),

certo che condividere questa esperienza fosse importante. Avrei voluto raccontare di

impiegati bramosi di timbrare il cartellino per venirsi ad allenare, di signore che

entusiaste di aver ridotto il punto vita ti preparano una torta, di vecchietti che

narrano storie durante una passeggiata in montagna e bambini che ti chiamano

maestro e poi ti abbracciano perché un maestro così lo hanno sempre sognato. Avrei

voluto farlo ma non si è fatto in tempo. Ad ogni modo, sono sicuro che le mie parole

possano essere di conforto a quanti la pensano come me e spronare quanti un’idea

del proprio ruolo non se la sono ancora fatta; chissà poi se non siano spunto di

riflessione per i tanti ancora convinti di poter trasmettere agli altri ciò che non

riescono a riservare per loro.

Per concludere solo qualche considerazione. Durante questi due anni di

specializzazione mi sono reso conto che le cose non stanno andando come

dovrebbero, mi sono posto il problema di come iniziare a porvi rimedio ed ho

realizzato di avere le capacità per poterlo fare. È questo il senso di questo corso di

studi? Se lo è (voglio ben sperare!), posso ritenermi soddisfatto, non avrei potuto

desiderare di meglio, e con me possono ritenersi soddisfatti tutti coloro che hanno

contribuito alla mia “presa di coscienza”. Se lo è però, c’è una cosa che mi dà da

pensare: c’è chi resta deluso se a fine lezione non è riuscito a carpire numeri da

applicare alla seduta in palestra o frasi miracolose per richiamare la concentrazione

del proprio atleta e chi, una volta scoperti numeri e frasi miracolose, si convince di

non aver più nulla da imparare; sono la maggior parte e questo dovrebbe dar da

pensare anche a Voi.

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Bibliografia

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italia.istat.it;

Martinelli G., Saccaro M., Sport dilettantistico: come gestirlo, IPSOA, I Edizione

(aggiornata con la Finanziaria 2008);

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materia di sport, www.politichegiovaniliesport.it;

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Ministero per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive e Agenzia delle Entrate, Le

agevolazioni fiscali a favore dell’attività sportiva dilettantistica,

www.politichegiovaniliesport.it.