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UNIONE ITALIANA LAVORATORI

METALMECCANICI BRESCIA

14° CONGRESSO PROVINCIALE

CONTRATTI IN AZIENDA

PER VALORIZZARE IL LAVORO

Relazione: MARTINO AMADIO

29 ottobre 2009

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Il testo che viene proposto di seguito è la relazio-

ne di Martino Amadio, segretario generale pro-

vinciale della Uilm, il sindacato dei metalmecca-

nici della Uil, con la quale è stato aperto il quat-

tordicesimo congresso della categoria, tenutosi a

Brescia il 29 ottobre 2009, all’Hotel AC. Il testo

della relazione è stato votato all’unanimità alla

fine dei lavori ed è divenuto, conseguentemente, il

documento ufficiale congressuale che sintetizza

le linee guida della Uilm bresciana.

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Apriamo questo nostro congresso interrogandoci sullacrisi che da oltre un anno attanaglia la nostra economia,mateniamo questa nostra assise con un risultato importanteraggiunto: il contratto.

Il contratto dei meccanici

Come ben sappiamo, Fim e Uilm, hanno presentato unapiattaforma propria per il rinnovo del contratto: prevede-va la richiesta di un aumento di 113 euro per il prossimotriennio a partire dal 2010 e un potenziamento del welfareintegrativo. Il 15 ottobre Uilm e Fim hanno raggiunto con Federmec-canica l’accordo per il rinnovo del contratto dei metalmec-canici per il triennio 2010-2012. Un accordo importante per il quale il nostro giudizio èpositivo. L’accordo è raggiunto, senza la firma della Fiom, esclusasidall’inizio e presente al tavolo delle trattative con un osser-vatoren. Uilm, Fim e Federmeccanica hanno concordatoun aumento medio di 110 euro lordi al mese al 5° livello.L’accordo è estremamente importante. Il nostro giudizio èpositivo per la quantità di soldi che abbiamo in più e per ilfondo di sostegno al reddito governato dall’ente bilateralepartecipato dai lavoratori e dalle aziende, abbiamo rispet-tato i tempi. In dettaglio, l’accordo prevede un aumentomedio di 110 euro al 5° livello, 100 al 4° e 94 al 3°. con unadistribuzione degli oneri che in qualche modo riflette le

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difficoltà delle imprese per il 2010. Gli aumenti salariali partiranno con la prima tranche di 28euro mensili dal 1° gennaio 2010 (primo giorno di vigenzacontrattuale); 40 dal 1° gennaio 2011 e 42 dal 1° gennaio2012. Quindi in due anni si raggiunge tutto l’aumento.L’elemento perequativo è di 15 euro in più a partire dal 1°gennaio 2011. La contribuzione del Fondo Cometa passada 1,2% a 1,4% dal 1° gennaio del 2012 e sale all’1,6% nel2013”. Riguardo al fondo di sostegno al reddito abbiamotrovato una formulazione specifica e comunque gli impor-ti saranno destinati a forme di Welfare integrativo da defi-nirsi. Si tratterà di 2 euro a carico dell’azienda per i primidue anni per tutti i lavoratori. L’iscrizione al Fondo è per ilavoratori volontaria e con il versamento dal 1° gennaio2012 di un euro mensile. Dal 1° gennaio 2013 il versamen-to aziendale è solo per chi ha aderito al Fondo e che quin-di potranno beneficiare delle prestazioni.La distribuzione riflette le difficoltà perduranti anche peril 2010, ma è un ottimo risultato dal punto di vista salaria-le. Il salario di uscita è importante perché è quello che simanterrà nel tempo ed è molto prossimo alle richieste. Laquantità di salario che abbiamo in più nel triennio, senzaconsiderare le maggiorazioni notturne, straordinarie, Tfr,ecc. è di 2687 euro per 36 mesi. Vuol dire che è un contrat-to per il quale i lavoratori hanno a disposizione più soldi diquello precedente, che è comprensivo di una tantum e allordo delle ore di sciopero, con un’inflazione più bassa. E’un accordo raggiunto prima della scadenza, senza bisognodi una tantum, che non ha riflessi sul salario indiretto, Tfr etredicesima maggiorazioni ecc, senza scambi di alcun tipo.

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La Fiom è una parte importante del movimento sindacale,ha più iscritti di noi, ma non è maggioranza. Se pensiamoche i referendum unitari che si fanno nella nostra catego-ria coinvolgono si e no un terzo del milione e seicentomilalavoratori, dobbiamo capire che lo stesso termine “referen-dum” è usato impropriamente.I lavoratori sono ovviamente liberi di rifiutare gli aumenti. Noi faremo il referendum in uscita con gli stessi criteri(coinvolgendo gli iscritti) di come abbiamo costruito lapiattaforma. Se sulla questione della democrazia, ritroviamo i vecchiritornelli della Fiom e della Cgil, ora, a contratto avvenutoassistiamo “all’impazzimento” della Cisl, la quale, da unlato sta con noi sui contratti, sulla democrazia sindacale erelativamente ad una visione strategica della contrattazio-ne decentrata, che sarà decisiva per il futuro,e nello stessotempo, in modo contradditorio, cavalca le piazze con laCgil. Tale contraddizione è particolarmente evidente inLombardia, dove il segretario generale regionale dellaCisl, Gigi Petteni, gioca su due tavoli, salta la logica delruolo contrattuale del sindacato con un’impostazione rifor-mista, legata alle politiche industriali, e privilegia un bloc-co politico antagonista che alla democrazia economicacontrappone uno schema visibilmente ideologico, ripropo-nendo la cultura degli autoconvocati che abbiamo cono-sciuto negli anni Ottanta. Sono curioso di conoscere l’opinione della Cisl di Brescia.Mi chiedo come sia possibile da un lato battersi per l’auto-nomia del sindacato e per la democrazia economica, che èfatta di autorevolezza di ruoli e, al contempo perseguire

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una politica trasformista giocata solo sull’agitazione, senzanessuna verifica. E’ una vecchia storia che a Brescia benconosciamo e che ha portato a risultati disastrosi. Che nepensa dunque Renato Zaltieri? Con il contratto di lavoro verrà garantito il reddito dei lavo-ratori dall’inflazione nel prossimo triennio. E’ stata una trat-tativa non lunga, molto difficile in un momento di crisi delsettore che comunque conferma che il diritto al rinnovo esi-ste sempre se ci si riferisce a regole contrattuali definite.Gianni Rinaldini, segretario della Fiom, ripropone l’anticoritornello del referendum e parla di colpo di stato. E’ lavecchia storia del metodo che si sostituisce al merito. E’ lavecchia storia della democrazia assembleare, che cerca,come ha sempre fatto la Fiom, di sostituire l’antagonismopermanente alla ricerca di risultati possibili e credibili. Noinon ci stiamo. La Fiom vada per la sua strada. Noi andia-mo avanti per la nostra. La Fiom , come al solito, fa del veto l’essenza della suastrategia e poi ci vuole vincolare. La Fiom deve usciredalla logica della protesta e deve capire che le sue posizio-ni non sono le “posizioni giuste”, “irrinunciabili”, ma posi-zioni che vanno confrontate e conciliate con quelle deglialtri. Quando la Cgil deciderà di ricongiungersi con Cisl eUil riprenderemo a discutere, ma la Cgil, e in particolarela Fiom, devono capire che la presunzione dei veterocomu-nisti di essere sempre nel giusto, di avere sempre ragione edi essere portatori della verità e del bene non incanta piùnessuno. Fiom e Cgil devono capire che o si confrontano ose ne vanno da soli per la loro strada. Il referendum come lo vuole la Fiom non si farà, perché

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quello risponde alla loro logica assemblearistica, dove i“duri e puri” vogliono sempre avere ragione, in quantoportatori del bene rivoluzionario. Noi faremo votare inostri iscritti, che chiameremo a pronunciarsi democrati-camente. Il primo appuntamento è previsto a Bergamo il 6novembre, dove i circa 5 mila delegati di Uilm e Fim si tro-veranno ad approvare l’ipotesi di contratto. Ci sarà ladiscussione nel luoghi di lavoro. Gli iscritti voteranno. Chedebba esistere differenza tra un iscritto, che paga la tessera,e un non iscritto noi lo abbiamo ribadito innumerevoli volte.Ma avete notato come anche il PD ha votato il suo segreta-rio: prima gli iscritti poi, domenica scorsa, potevano votaretutti i cittadini previo versamento di due euro.Sui temi della democrazia le posizioni sono chiare e definite.La Fiom deve capire che gli anni Settanta sono molto lonta-ni e chi oggi ritenta di seminare vento raccoglierà tempesta.

No all’intolleranza e alla violenza verbale.

Riguardo alla minaccia di adire a vie legali contro il con-tratto, nel rammentare che la via giudiziaria alla contratta-zione è contraria alla ricerca dell’unità e al mestiere delsindacato, noi siamo convinti di aver fatto un buon lavoroportando benefici ai lavoratori e senza danno ad alcuno.Ma ancora più lontano dal sindacato è il metodo delladenigrazione, dell’insulto e dell’intimidazione. A Bergamo in un volantino della Fiom è stata pubblicatal’immagine bucherellata di alcuni sindacalisti, con la scrit-ta “fermiamoli”.

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Anche alla Streparava si trovano scritte gravemente ingiu-riose contro i nostri delegati, ai quali va senz’altro data lanostra solidarietà rilevando che, questa, dalla Fiom tardaad arrivare perché non è a prescindere da tutto, ma condi-zionata ad altri obbiettivi. Sono provocazioni inaccettabili, da respingere con fermez-za, ma soprattutto sono il segnale che nella Fiom le logichesabattiniane del nemico di classe che va demonizzato sonoancora vive e hanno adepti. Negli anni Settanta logiche diquesto genere hanno alimentato la crescita di un fenomenoche poi ha assunto anche tratti eversivi e delinquenziali. Lalogica dei “compagni che sbagliano” non funziona più. Se ilrispetto e la tolleranza non vengono considerati un valore aprescindere il dialogo sarà impossibile, non solo per que-stioni contrattuali, ma per la ragione stessa della democraziache taluni tanto invocano e che poco praticano. Noi comunque andremo avanti per la nostra strada.

E’ necessaria ancora cassa integrazione

Qualche segnale di ripresa c’è, ma è timido, estremamentesettoriale, non strutturale. La crisi non è finita e se conti-nua, volge al peggio, in quanto nel prossimo futuro non cisarà più solo un problema di produzione. C’è il rischio chediventi un problema di disoccupazione. Ogni settimanaall’incirca trecento aziende chiedono la cassa integrazione.La disoccupazione mostra già nei dati la sua cruda realtà:un tasso del 7,4, che ne contiene un’altra ancora più pre-occupante, quella del 9 per cento relativo ai lavori a tempo

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determinato, che hanno già fatto registrare una perditaassoluta di posti di lavoro in ragione di 229 mila unità,delle quali i tre quarti sono persone al di sotto dei 35 anni. La cassa integrazione, che sta superando il record storicodel 1984, non è certamente di buon auspicio, mentre isegnali che vengono dalla produzione non sono interpreta-bili come sufficienti per dire che siamo alla fine del tunnel. Ai due primi posti nelle richieste risultano aziende mecca-niche e metallurgiche. Aziende che hanno una saturazionedegli impianti al 40 per cento, con costi fissi che le uccido-no e con una sofferenza altissima sul fronte della capitaliz-zazione, del credito e della liquidità.La crisi richiede che la cassa integrazione, che è stata usatain questi mesi, compresa quella in deroga, venga estesatemporalmente e si introducano ammortizzatori sociali perle fasce dei lavoratori oggi completamente scoperte. Sipresume infatti che nei prossimi mesi la ricaduta occupa-zionale della crisi sia ancora pesante e, forse, più pesantedi quanto non lo sia sta fino ad ora. Oggi chiudono sitiindustriali di aziende con più stabilimenti, una riorganiz-zazione per concentrare la produzione. Ben vengano isostegni al reddito deliberati dalle amministrazioni localianche se dobbiamo rilevare che iniziative come quella deivoucher della Provincia possono costituire un sostegnosolo per un numero simbolico di lavoratori.

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I caratteri essenziali della crisi

I caratteri essenziali della crisi, a partire dalla bolla finan-ziaria americana, dovuta ai subprime, al debito facile, abanche che sono passate dalla vocazione al credito a quel-la tesa a mettere sul mercato prodotti finanziari dei quali,essendosi persa la relazione con la sostanza economica,diventava sempre più difficile la valutazione. Sotto accusa il sistema delle società di rating, che troppoalla leggera hanno rassicurato il mercato con le loro valu-tazioni, e gli stessi organi di vigilanza. I governi hanno reagito tardi ma hanno bloccato lo scivo-lamento delle banche nel baratro e hanno immesso liquidi-tà nel sistema. La riserva è dovuta soprattutto al fatto chequesta enorme massa di liquidità dovrà essere un giornoriassorbita e nessuno sa come. Impressionante la cifra dei denari persi: 4 mila miliardi didollari. Impressionante la velocità di trasmissione dellacrisi da paese a paese, ma attenzione che i segnali c’eranogià nel 2007 e in troppi li hanno snobbati. Anzi si può direche l’economia è una scienza inesatta che non prevedenulla. L’Italia, nel contesto internazionale risulta virtuosa. Lebanche sono meno indebitate, non hanno giocato con lacarta straccia e sono rimaste attaccate alla loro vocazioneal credito, anche se ora stringono troppo i cordoni dellaborsa. Ottimo il profilo delle famiglie, il cui indebitamentoè del 57 per cento della loro potenzialità di reddito. InItalia, insomma, si risparmia ancora. I Tremonti bond, che avevano una dotazione di 10 miliar-

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di di Euro, sono stati utilizzati solo al 20 per cento (2miliardi di Euro). Molti dei problemi delle aziende sono legati alla liquidità eai comportamenti delle banche. Senza strumenti finanzia-ri di supporto le aziende si fermeranno. Già alcune azien-de bresciane si trovano in questa situazione.Ritengo che il Governo abbia fatto la cosa giusta almomento giusto. Per la verità l’azione di molti Governi haevitato la corsa al si salvi chi può, che poteva essere rovi-nosa, e ha messo a disposizione delle banche risorse per farfronte all’economia. In Italia i Tremonti bond possonopure considerarsi un’azione appropriata, ma si deve regi-strare uno scostamento tra il sistema bancario e il sistemaPaese. Le banche possono rifiutare i Tremonti bond per-ché non piacciono o per il loro costo ma non è accettabileche in nome di un’autonomia assoluta preferiscano nonusufruirne, lasciando in sofferenza il sistema Paese e quel-lo produttivo.Va detto che i controlli nel sistema bancario c’erano, maqualcuno non ha fatto quel che doveva fare. Forse eranoimpreparati. Bisogna cambiare, ma poco è cambiato.Come è possibile pensare che cambiare le regole sia suffi-ciente per modificare il sistema, se coloro i quali devonorispettare le regole sono sempre gli stessi? Nessuno èandato a casa. Temo che comunque, alla fine, questo scon-tro tra politica e mondo finanziario sia vinto dalle banche. Banca Intesa e Unicredit hanno detto: ci arrangiamo. ITremonti bond sono cari? Se servono a tappare i buchidelle banche sono cari, ma se vengono utilizzati a favoredel sistema produttivo l’effetto moltiplicatore ne riduce

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notevolmente il costo. Comunque la nostra fortuna è che lebanche non abbiano seguito quello che il mondo finanzia-rio diceva loro di fare: diventare grandi. Non hanno segui-to questo indirizzo tant’è che chi è più in crisi oggi è labanca grande, di livello nazionale. Le banche locali, coope-rative e popolari, hanno uno stretto e forte legame con ilterritorio e questo fatto è fondamentale per poter valutaredavvero quello che l’impresa può fare. Le grandi bancheusano il metro di Basilea 2 e si attengono ai parametri, nonalla realtà. Basilea 2 è un’altra spina nel sistema. Tremonti l’ha defini-ta recentemente una sciocchezza predisposta dai burocra-ti europei. Basilea 2 usa parametri europei, non italiani. La strutturaproduttiva italiana non ha uguali, in quanto la sua spinadorsale è la piccola e media impresa, che in Europa nonc’è.Le banche devono saper valutare capacità e potenzialitàdelle imprese, non sulla base dei parametri, ma in base aquello che l’azienda storicamente ha fatto e ha intenzionedi fare. Alcune banche avendo rinunciato al collegamentocon il territorio fanno fatica, mentre altre banche, ammini-strate da gente del territorio, si sono esposte di meno sullacarta, sui derivati e quant’altro ed hanno mantenuto il con-tatto con le imprese, ma hanno problemi di risorse. E’assolutamente necessario che le banche ritrovino la fiducianel territorio e tra di loro. L’Euribor è allo 0,779 (rilevazione mese di settembre –tasso a tre mesi). Ci siamo arrivati tardi, perdendo l’effet-to che un taglio drastico ed immediato avrebbe potuto

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avere quale leva a favore delle imprese e in più non c’èstato trasferimento; anzi, per le imprese sono aumentati icosti del denaro, dei finanziamenti. Le banche, riducendoi fidi, attuano una politica che soffoca le aziende. Tuttaviale aziende sono vive. Nessun proclama, ma azioni concrete. Si deve trovare ilcanale per far sì che quello che è stato stanziato arrivi alleimprese e che dalla fonte alla foce nessuna goccia d’acquasi perda.

Dare soldi al sistema dei confidi

Il Governo deve creare degli obblighi per le banche e lideve far rispettare, ma il canale giusto è dare i soldi alsistema dei confidi, che aiuta le imprese e riducendo irischi aiuta anche le banche. E’ necessario dare i soldi ai confidi, che oggi, dopo lo sfor-zo fatto in questi mesi, rischiano di morire per l’insufficien-za del patrimonio, erosa dalla massa ingente di fidi conces-si al sistema produttivo boccheggiante. Bisogna dare iTremonti bond ai confidi strutturati, sottoposti al control-lo di Bankitalia. Tanti micro finanziamenti tolgono ossige-no al sistema e pertanto bisogna trovare un criterio chepossa sostenere davvero l’impresa.

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Il ruolo centrale dell’azienda e del lavoratore

Le dinamiche dell’economia e del lavoro, nel mercato glo-bale, hanno messo all’ordine del giorno la necessità di daresempre più un ruolo centrale all’azienda e al valore di quel-le che vengono definite “risorse umane”, delle quali la pro-fessionalità, la motivazione al lavoro, l’esperienza e la for-mazione continua, nonché la salute e la sicurezza sul postodi lavoro, costituiscono le condizioni essenziali affinché siesprimano al meglio, contribuendo ad elevare la qualitàdelle produzioni e dei prodotti, ossia la capacità delle azien-de di concorrere, di realizzare valore e di stare sui mercati. Nell’attuale fase dell’economia mondiale, anche alla lucedelle modificazioni intervenute in questi anni, la centralitàdell’azienda e dei lavoratori sono un binomio inscindibile,al quale va posta l’attenzione. Alla centralità dell’azienda e del lavoratore, come risorsaessenziale alla determinazione della qualità del prodotto, èstrettamente connessa la riflessione in atto relativa allospostamento del baricentro della contrattazione dai con-tratti collettivi nazionali di lavoro a quelli aziendali e terri-toriali (ai quali si collega la bilateralità). La contrattazione aziendale e territoriale, infatti, si ponecome l’unica in grado di partire dalle esperienze reali edalle reali necessità, per valorizzare l’esperienza, suscitarela motivazione e introdurre gli elementi di innovazione e diformazione necessari. La contrattazione aziendale, infatti, è il luogo nel quale sicala la possibilità di definire i fattori che possono determi-nare la qualità dei prodotti, la qualità delle persone, la qua-

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lità dell’ambiente: un trinomio imprescindibile per il suc-cesso delle aziende,delle filiere di aziende e dei sistemi nelmercato globale. In questo contesto la valorizzazione costante degli uominiè la leva essenziale sulla quale puntare per elevare com-plessivamente il sistema produttivo. Brescia, da questopunto di vista ha fatto scuola, continua a fare scuola evuole fare scuola.

Le esperienze del terzismo

Il contoterzismo è in profonda crisi. La valorizzazione del-l’innovazione costante, dell’immissione continua di fattoridi successo, di nuovi sistemi di produzione e di nuovi pro-dotti, è strettamente connessa con il mutamento concreto ereale della posizione delle aziende nel sistema produttivo,ovvero della loro stessa natura. Le esperienze del passato recente hanno mostrato che ilsistema del terzismo e della subfornitura è moribondo. Lohanno dimostrato settori come il tessile e il meccano tessi-le e ora lo sta, purtroppo, dimostrando l’asfissia di molteaziende del meccanico. Oggi gli impianti hanno un utilizzo del 40 per cento: è l’an-ticamera dell’asfissia. E’ necessaria pertanto una svolta radicale che punti allavalorizzazione dei processi e dei prodotti, del brand, dellacapacità di stare autonomamente sui mercati e al riposizio-namento delle aziende nell’ambito di filiere e di distretti.Una svolta alla quale la contrattazione integrativa, proprio

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per il suo carattere di rapporto stretto con la realtà e conle sue dinamiche, può dare un contributo essenziale.L’evoluzione dei processi produttivi e dei prodotti, avve-nuta nell’ultimo quarto del secolo scorso e in questo primodecennio del terzo millennio, ha messo in chiara evidenzacome nei processi e nei prodotti il fattore risorsa umana,nella sua accezione di intelligenza umana, abbia avuto unasempre maggiore incidenza sulla qualità e sul valoreaggiunto, con la conseguente capacità dell’impresa di staresui mercati e di produrre valore e utili.

Nel secolo scorso si è assistito ad un massiccio spostamen-to della fatica fisica dall’uomo alla macchina e ad una sem-pre maggiore richiesta di professionalità da parte delleimprese nei confronti degli operatori, con l’accento postosulla professionalità intellettuale.In tale ambito la priorità va individuata nel valorizzare inmodo costante la “motivazione” attraverso la definizione diun metodo che “garantisca” un premio tangibile, a fronte diindicazioni, proposte operative, concrete ed attuabili, chevadano nella direzione di migliorare il processo produttivo ela gestione aziendale relativa alla prevenzione. Occorre cambiare la mentalità dell’imprenditore. Occorredare sostanza al riconoscimento del “merito”, sviluppandola partecipazione con un’azione di diffusione e di permea-zione nei sistemi azienda. Un riconoscimento che si chia-ma “cultura premiale”.

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La cassa integrazione in deroga

Nell’ambito del ragionamento sul terzismo e sugli artigia-ni va considerata la cassa integrazione in deroga, strumen-to pensato appositamente per i dipendenti senza cassaintegrazione ordinaria. Io mi riferirò esclusivamente aidipendenti dell’artigianato pur sapendo che allo strumentoin deroga accedono pure grandi aziende. Gli artigianidella Uilm a Brescia hanno firmato 518 accordi per lacassa in deroga. Tali accordi prevedono un elemento posi-tivo che è l’obbligatorietà della formazione, concetto che èstato pienamente assunto dalla Regione Lombardia, laquale ha considerato che a differenza di coloro che vannoin cassa integrazione ordinaria, per l’artigianato si dovesseprivilegiare il percorso formativo. Le intenzioni sono otti-me, ma ci sono alcuni aspetti che devono essere definiticon maggiore puntualità. Uno di questi è quello dell’eroga-zione della cassa, che subisce un ritardo che ormai supera,in alcuni casi, molte mensilità, con l’aggravante che leaziende, già in crisi di liquidità, non possono anticiparla. Un secondo aspetto è che la formazione deve prevedere unapuntuale definizione dei contenuti e dei valori formativi,finalizzandoli allo sviluppo delle aziende e al potenziamentodelle professionalità individuali. Va sottolineato che l’esperienza formativa è della solaLombardia e che deve essere estesa all’intero Paese e chequesti risultati sono il frutto della bilateralità che inLombardia è particolarmente attiva.Va comunque rimarcato il fatto che la crisi economica eindustriale in una realtà come l’Italia basata sul decentra-

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mento produttivo esteso deve essere affrontata con unacultura nuova che faccia appunto perno sulla bilateralità. Il contratto dei meccanici ha introdotto un nuovo fondo disolidarietà e la bilateralità che si innesta in quella che abbia-mo già sperimentato nell’ambito dei contratti artigiani enella formazione. Con lo 0,30 di contribuzione all’Inps e avari fondi aziende e lavoratori e sottolineo lavoratori, hannoaccumulato ingenti risorse economiche che a volte sonomantenute vergognosamente inattive. E’ necessario chequesti fondi vengano attivati per la formazione di chi sta incassa integrazione e se così non fosse vengano devoluti peril sostegno ai redditi. Il che vuol dire che occorre una convergenza fra impresee lavoratori sul potenziare i servizi alle imprese e tutele ailavoratori in modo pragmatico ed incisivo.Molti aspetti della bilateralità, sia per una parte del sinda-cato, sia per molte imprese, non sono stati assimilati e nonvengono pertanto diffusi capillarmente sul territorio evalorizzati. Molte aree territoriali sono lasciate senzainformazioni adeguate e consegnate al puro volontariato. E’ necessaria un’azione che sappia coinvolgere anche leistituzioni territoriali decentrate (sindaci, assessori alleattività produttive, ecc.).

La contrattazione aziendale

L’accordo quadro di riforma degli assetti contrattuali del22 Gennaio 2009, poi sfociato nell’accordo del 15 aprile, èuna conquista, che come obbiettivo lo sviluppo economico

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e la crescita occupazionale fondata sull’aumento della pro-duttività, l’efficiente dinamica retributiva e il miglioramen-to ai prodotti. L’inflazione programmata è durata troppo alungo ha ridotto i consumi e fermato la crescita.La contrattazione di secondo livello collega incentivi econo-mici al raggiungimento di obiettivi di produttività, redditivi-tà, qualità, efficienza, efficacia ed altri elementi rilevanti aifini del miglioramento della competitività nonché ai risultatilegati all’andamento economico delle imprese. Obiettivo dell’intesa è il rilancio della crescita economica, losviluppo occupazionale e l’aumento della produttività,anche attraverso il rafforzamento dell’indicazione condivisada Governo, imprese e sindacati per una politica di riduzio-ne della pressione fiscale sul lavoro e sulle imprese, nell’am-bito degli obiettivi e dei vincoli di finanza pubblica.Anche nella Uil, tuttavia, il congresso deve servire a chia-rire alcune posizioni contraddittorie. Il sole 24 Ore di mar-tedi 8 settembre scrive che il segretario generale dellaFeneal, Moretti, asserisce che sulla base della contrattazio-ne triennale le parti nazionali dovrebbero contenere lacontrattazione territoriale entro un tetto massimo, sorve-gliato dalle organizzazioni nazionali. Noi diciamo chesarebbe semplicemente una follia mettere la contrattazioneaziendale sotto una vigilanza che controlla. La contratta-zione aziendale deve riguardare professionalità, efficienzae produttività , libera da vincoli e da controlli o da inter-pretazioni solidaristiche e consociative. D’altronde i soldinon dati ai propri lavoratori dalle aziende che vanno benenon sarebbero comunque devoluti a chi meno ha.La contrattazione aziendale è una nostra conquista e ha

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bisogno di essere ulteriormente sviluppata. Non possiamoaspettare, sarebbe un grave danno per i lavoratori e il sin-dacato. L’intesa é un buon accordo e consente la tutela deisalari e dei lavoratori ed é migliore di quello fatto neglianni ‘90.Le parti concordano di definire specifiche “Linee guida”utili a favorire la diffusione della contrattazione aziendalecon contenuti economici collegati ai risultati nelle imprese diminori dimensioni con carattere non vincolante, ma comescelta volontaria di uno strumento che può favorire lo svi-luppo dell’impresa ed una migliore distribuzione ai lavora-tori dei benefici prodottUna commissione è incaricata dipredisporre tali linee guida entro giugno 2010 e quelliriguardanti la disciplina integrativa per la contrattazioneaziendale entro dicembre 2010. Anche nel contratto deimeccanici si contempla la definizione di modelli da offrireper la contrattazione aziendale al fine di estenderla.Noi bresciani, su questo argomento, come avrò modo didire nel dettaglio, abbiamo molto know how da offrire. Anche la bilateralità viene rafforzata. Viene infatti costitui-to un organismo bilaterale nazionale per il settore metal-meccanico e dell’installazione di impianti e un fondo disostegno al reddito operativo dal 1° gennaio 2012.Esaltata anche la formazione, che della contrattazioneintegrativa è uno degli aspetti più interessanti. Nelle unità produttive con oltre 300 dipendenti, al fine direndere più efficiente ed efficace il confronto tra aziendaed R.S.U. circa la definizione di piani aziendali finanziabi-li anche da Fondimpresa, la R.S.U. potrà individuare alproprio interno un componente delegato alla formazione,

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che sarà referente specialistico dell’azienda sulla materia.L’azienda consentirà al referente per la formazione la fre-quenza a corsi formativi inerenti al ruolo che saranno atti-vati utilizzando il sistema Fondimpresa. Per i lavoratorimigranti la bilateralità dovrà occuparsi dell’informazione edella formazione.

L’integrazione dei lavoratori stranieri

In questo contesto si inscrive la questione del lavoro deglistranieri e della loro integrazione. L’integrazione dei lavoratori stranieri è un’esigenza impre-scindibile per garantire un futuro democratico al Paese.L’integrazione non può però prescindere dal pieno rispet-to della Costituzione repubblicana e delle leggi dello Statoitaliano e parte, pertanto, dalla conoscenza delle stesse,che non è possibile senza che chi viene nel nostro Paesesappia la lingua italiana. La conoscenza della lingua italiana deve pertanto essereun presupposto essenziale per ogni ulteriore percorso diintegrazione. La conoscenza della lingua, peraltro, è elemento essenzia-le per la comprensione delle regole che normano il lavoroe la sicurezza sui posti di lavoro. Nella Costituzione si legge che la Repubblica riconosce egarantisce i diritti inviolabili dell’uomo, che tutti i cittadinihanno pari dignità sociale [cfr. XIV] e sono eguali davan-ti alla legge, senza distinzione di sesso [cfr. artt. 29 c. 2, 37c. 1, 48 c. 1, 51 c. 1], di razza, di lingua [cfr. art. 6], di reli-

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gione [cfr. artt. 8, 19], di opinioni politiche [cfr. art. 22], dicondizioni personali e sociali. Tutte le confessioni religiose sono egualmente liberedavanti alla legge [cfr. artt. 19, 20] e le confessioni religio-se diverse dalla cattolica (regolata da Concordato) hannodiritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quantonon contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I lororapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base diintese con le relative rappresentanze.Ci sono valori che per un cittadino italiano, appartenentealla comunità occidentale, formatasi nei secoli da un cro-giolo di culture e di popoli e approdata al riconoscimentodella libertà individuale come elemento essenziale dellavita dell’uomo e della sua dignità, non sono rinunciabili.Sono valori per i quali è giusto combattere. Nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo pro-clamata dall’assemblea generale delle Nazioni Unite nel1948, si afferma che tutti gli esseri umani nascono liberied eguali in dignità e diritti. Ogni individuo ha diritto allavita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitùo di servitù. Uomini e donne in età adatta hanno il dirittodi sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limita-zione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno egualidiritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio eall’atto del suo scioglimento. Il matrimonio può essere con-cluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuriconiugi. Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinio-ne e di espressione. Sono valori, ne ho enunciati alcuni, che sono costati lacri-

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me e sangue ad intere generazioni e che vanno difesi, per-ché accogliere le altre culture non può significare rinuncia-re alla propria. Nello specifico oggi abbiamo a che fare con una forteimmigrazione con una precisa importa religiosa. I rappor-ti con l’Islam durano da tempo; oggi l’Islam si presenta, oci appare, più che con il volto della cultura con il voltotruce dell’intolleranza e della protervia, che si scaglia con-tro la civiltà occidentale, contro i nostri valori di laicitàdello stato e di libertà religiosa. Personalmente sono con-trario all’introduzione dell’ora di religione islamica nellescuole. Non credo realizzabile l’obbiettivo di una educa-zione scolastica che parli della storia delle religioni e dellatolleranza religiosa. Non sarebbe accettato perché in con-trasto con una impostazione piuttosto chiusa e intolleran-te. D’altra parte l’ora di educazione religiosa non può fardiventare la scuola una madrassa.

La donna è la leva per cambiare il mondo

La protervia dell’intolleranza fondamentalista si scarica, inparticolare sulle donne, costrette a nascondere il lorocorpo, a vedere mutilata la loro sessualità (infibulazione), avedere schiacciata la propria libertà, fino alla perdita dellavita per colpa di mani assassine, a volte famigliari, per averinfranto tabù arcaici tribali che nulla possono aver a chefare con un qualsiasi dio, con qualsiasi nome lo si chiami. Difendere la donna oggi, la sua femminilità, la sua libertà,la sua sessualità, il suo diritto a scegliere liberamente il

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proprio destino non è solo un fatto di civiltà, ma è la levasulla quale operare per sanare il cancro di un maschilismoprotervo, che si nasconde dietro al divino per perpetuare ildominio di logiche tribali. La liberazione della donna è la leva essenziale per battereil fondamentalismo islamico e combattere per la liberazio-ne della donna è una battaglia che ci riguarda tutti, perchéci mette al riparo dal pericolo mortale dell’intolleranza diidee estranee al nostro mondo che ci possono portare in untragico Medioevo moderno. La liberazione della donna è la nostra Poitiers e chi com-batte per questo è il nostro moderno Carlo Martello. La libertà della donna ha nel mondo del lavoro un valoreessenziale di affermazione e questo è un punto che ciriguarda da vicino, a partire dalla contrattazione azienda-le, che si affaccia alla ribalta come una nuova grandeopportunità .

La cultura premiale

Il concetto di cultura premiale, che si inscrive in una lineadi pensiero che assegna un premio, ossia una parte eccel-lente, a chi consegue risultati eccellenti o fa sì che venga-no conseguiti, è entrato a pieno titolo nella riflessione sullepolitiche del lavoro, ma va ricordato che le prime esperien-za in fabbrica, che hanno affermato sul campo la premiali-tà e che l’hanno in seguito fatta assurgere a paradigma,sono avvenute a Brescia, e sono avvenute in gran partegrazie alla capacità elaborativa e all’iniziativa della Uilm,

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già a partire dagli accordi del Gruppo Lucchini. Il concetto di premialità si incardina sulla risorsa uomo,che va accuratamente e continuamente formata, motivata,incentivata e, appunto, premiata in ragione dell’impegnoprofuso e del raggiungimento dei risultati. La cultura premiale ha, infatti, le sue origini più recentinegli accordi sindacali integrativi aziendali degli anniOttanta quando vengono introdotti parametri che premia-no il raggiungimento di risultati connessi con la produtti-vità e con la qualità, in stretta relazione con le esigenze ditrasformazione e innovazione tecnologica di processo daparte delle imprese, sempre più indotte dal mercato ad unaspecializzazione flessibile. In quegli anni Brescia rappresenta, nel panorama naziona-le, un laboratorio di particolare interesse. La stagione 1988-1989 degli “integrativi” aziendali si svol-ge su due terreni di confronto paralleli e assai distanti l’unodall’altro. Nel primo caso, quello più seguito, le trattativetra le organizzazioni sindacali e quelle imprenditoriali o,come spesso avviene, direttamente tra sindacati e azienda,si muovono su percorsi contrattuali tradizionali, qualiquelli dell’aumento del salario e del premio di produzione,della calendarizzazione delle ferie, dei passaggi di qualifi-ca, degli investimenti. Tuttavia, sia pure in modo non ecla-tante, ma significativo del cambiamento di mentalità emer-gente nel sindacato, in molti verbali d’accordo compaionocapitoli riguardanti i contratti di formazione e lavoro, ilpart-time e l’ambiente.Nel secondo caso, quello meno seguito dalla maggior partedegli industriali e osteggiato da una parte del sindacato,

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ma più significativo sotto il profilo innovativo, le trattativeimpattano violentemente contro lo scoglio dell’aggancio diuna parte del salario derivante dalla contrattazione inte-grativa a parametri aziendali, quali, per esempio, il margi-ne operativo lordo e la produttività.L’innesco di un confronto serrato di opinioni, nel sindaca-to, nelle fabbriche e sulla stampa, lo fornisce il gruppoLucchini, con un accordo integrativo per lo stabilimentodi Sarezzo nel quale viene inserito un bonus quale elemen-to di raccordo tra salario e andamento aziendale.Questo è rilevante ai fini della comprensione della svoltadeterminatasi nelle relazioni sindacali e nella mentalità sin-dacale.Nel verbale dell’accordo, dunque, entrano concetti comel’andamento aziendale, la qualità e la presenza che rove-sciano l’idea forza degli anni Settanta del salario variabileindipendente nel suo contrario, ossia in una dipendenzastretta tra il salario e parametri legati allo sviluppo del-l’azienda.Utilizzare al meglio le risorse, governare le flessibilità diorari e delle tecnologie è la strada che porterà il sindacatoalla ristrutturazione del salario con criteri europei e adattuare uno scambio politico con l’impresa dove il conflit-to non è negato, ma deve essere finalizzato su obiettiviverificabili, stabilità in cambio di una maggiore trasparen-za, ed una redistribuzione più favorevole ai lavoratori, deiprofitti di impresa. Se non si vuole che a governare il salariosiano le aziende in modo unilaterale, stabilendo da sole para-metri di retribuzione della professionalità e della produttivi-tà, non possiamo far trovare impreparato il sindacato.

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Nel 1995 sono ancora due aziende del Gruppo Lucchini(Lovere e Saezzo) a sviluppare ulteriormente la culturapremiale, riaffermando da un lato, il concetto della retribu-zione come variabile dipendente e, dall’altro, introducendouna modalità gestionale di tipo partecipativo. Si istituiscono la Commissione qualità e la figura del certi-ficatore. Vengono introdotte nuove regole comportamen-tali e indicatori che si basano sulla raccolta dei dati e sulloro calcolo. La trasparenza rende leggibili gli indicatori atutti gli attori, consentendo la condivisione della misura-zione delle performance aziendali. In particolare, il ruolo del certificatore è quello di un testi-mone garante del fatto che alle dichiarazioni contenutenell’accordo facciano seguito comportamenti di lealtà reci-proca non inficiati da opportunismi derivanti da preceden-ti modalità di confronto. Il certificatore è il custode, ilguardiano, il facilitatore della validità e dell’efficacia degliindicatori e il verificatore della congruità dei dati. Il siste-ma è dinamico, quindi in sintonia con l’evoluzione del-l’azienda e presuppone un investimento sempre più inten-so e sistematico nelle risorse umane, nonché l’interdipen-denza delle funzioni aziendali, con cambiamenti continuinella struttura organizzativa, in primis quella dei dirigentie dei quadri. Si passa dalla cultura del conflitto alla cultura del confron-to e dell’arbitrato.

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La sicurezza nella contrattazione

Nel 1996 la contrattazione integrativa aziendale compie unulteriore passo in avanti, accogliendo la centralità dei temidella sicurezza e dell’ambiente di lavoro. Con il “progetto idee miglioramento”, il quale prevede lapresa in esame e l’eventuale concretizzazione di innovazio-ni relative alla sicurezza e all’efficienza, “inventate” daglioperai. A prendere in esame la validità e l’attuabilità delleidee proposte è un comitato tecnico misto (composto darappresentanti sindacali e dell’azienda) che funziona dagiuria.L’immissione di idee innovative dalla base al vertice ha l’ef-fetto di mettere in discussione l’intera struttura gerarchica,la quale è costretta ad adeguarsi continuamente alle innova-zioni e quindi a modificarsi.Il coinvolgimento delle risorse umane nella gestione del-l’azienda ha qui compiuto un primo passo significativo, maancor più significativo è il fatto che l’esperienza dei lavora-tori viene travasata nella progettazione continua di miglio-ramenti, innescando un circuito virtuoso che produce sicu-rezza e qualità. I risultati più evidenti sono il calo degli infortuni, menofermate degli impianti e più ore lavorate, minore conflit-tualità. Vi sono poi aspetti importanti legati alla responsabilità, airuoli e alle funzioni, con la conseguente necessità di mette-re in atto processi di comunicazione tra le persone e nel-l’organizzazione aziendale.

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Gli accordi Barattieri e Ori Martin

Nel 2008, Brescia si ripropone come punta di eccellenzanella contrattazione aziendale con gli accordi allaBarattieri trattamenti termici con le Rsu, che introduce lasperimentazione del video monitoraggio per il migliora-mento della sicurezza sul lavoro, e alla Ori Martin doveviene introdotto un premio alla sicurezza sul lavoro. L’articolo 3 dell’accordo Barattieri recita: “Si intende rea-lizzare una sperimentazione di uso del video monitoraggioper il miglioramento della sicurezza sul lavoro e della sicu-rezza impiantistica nell’azienda Barattieri TrattamentiTermici s.r.l. Si prevede l’installazione, in luoghi e conmodalità scientificamente individuati, di un sistema divideoripresa che potrà consentire una migliore attività diprevenzione: l’intervento precoce in caso di pericolo o mal-funzionamento, l’analisi di incidenti, la migliore formazio-ne degli operatori d’azienda. In parallelo, si individuanoopportune modalità per incrementare la partecipazione deilavoratori incentivandoli alla condivisione delle esperienzeacquisite quotidianamente sugli impianti, che andrannointegrate con le informazioni ottenute mediante il videomonitoraggio al fine di evidenziare e risolvere eventualiproblemi relativi alla sicurezza sul lavoro. Sul piano tecni-co-scientifico, la progettazione e il monitoraggio della spe-rimentazione verranno coordinati dal Dipartimento diIngegneria Meccanica e Industriale dell’Università degliStudi di Brescia. Verrà costituito un comitato di indirizzodel progetto composto da:un rappresentantedell’Università, un rappresentante dell’azienda, un rappre-

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sentante dei lavoratori, un rappresentante di un ente diformazione, che effettuerà una valutazione periodica del-l’andamento del progetto stesso. Il progetto si svilupperàin un periodo di 18 mesi a decorrere dal conferimento del-l’incarico al Dipartimento di Ingegneria Meccanica eIndustriale”. L’accordo chiarisce che tutto dovrà avvenire nel pienorispetto della normativa sull’utilizzo degli impianti audio-visivi prevista dal C.C.N.L. e dall’articolo 4 dello Statutodei lavoratori.L’accordo alla Ori Martin recita. “In via sperimentaleviene infine introdotto nell’ambito del Premio di Risultatoanche il nuovo istituto del premio di formazione alla sicu-rezza (“.P.F.”), comunque distinto ed indipendente dal pre-mio di formazione permanente, legato al sapere del singo-lo lavoratore dimostrato attraverso l’esito l’esito dei testfinali somministrati a conclusione dei vari corsi di forma-zione aziendale relativi alla sicurezza ed all’ambiente dilavoro. Quanto maturato a titolo di premio “P.F.”, nellamisura massima di Euro200 lordi annuali pro capite, saràliquidato in unica soluzione con la retribuzione del mese didicembre dell’anno solare di competenza”. Da questa sintetica ricostruzione del concetto di culturapremiale e delle sue determinazioni nella contrattazioneaziendale emerge con forza la centralità dell’uomo, dellasua cultura, della sua continua formazione e della necessi-tà della sua consapevolezza.La contrattazione integrativa, dunque, si afferma come illuogo della reale attivazione di processi di accrescimentodella consapevolezza in relazione alla sicurezza, che sem-

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pre più, come si è già detto, è intimamente legata alla qua-lità dei processi e dei prodotti e una reale cultura dellasicurezza, passando attraverso la consapevolezza dei sog-getti agenti all’interno dell’azienda, abbatte il rischio, neesalta la gestione positiva, a partire dalla prevenzione eintroduce la chiave per passare dal “mercato delle carte”ad una reale formazione. La chiave si chiama, comemostrano le esperienze, cultura premiale, ossia una cultu-ra che premiando l’esperienza, la partecipazione, la moti-vazione al cambiamento, sposta radicalmente il potereesterno, di chi possiede il “timbro” della legittimazione car-tacea, all’interno, nelle mani di chi vive costantemente larealtà aziendale.Abbiamo citato due casi ma, la ricchezza delle esperienzecontrattuali merita una migliore attenzione e diventareanzi oggetto di studio, per cui mi sento di formulare la pro-posta che a livello nazionale si istituisca un osservatoriosulla contrattazione di secondo livello.

Formazione, elemento essenziale della contrattazione

L’entrata sul mercato della formazione di una molteplicitàdi soggetti, peraltro in rapida crescita, crea un problema diqualità e di professionalità che presuppone la verifica deirisultati, non certamente, come qualcuno propone, la pre-senza di un sindacalista in qualità di controllore. Presenzache risponde al criterio del “commissario politico”, di stali-niana memoria. Ancora una volta, purtroppo, da alcuni settori del sindacato

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bresciano escono logiche veterocomuniste, non saprei defi-nirle diversamente. In un periodo di evoluzione così intenso, rapido e ancheconfuso, è lecito porsi alcuni interrogativi. La formazione funziona davvero? I dati relativi all’utilizzazione delle risorse di Fondimpresae Fse, relativi al periodo giugno 2007-giugno 2009 per pro-getti territoriali destinati ai lavoratori della Lombardiaorientale dicono che sono state coinvolte 1.695 impresedelle 4 provincie per un numero complessivo di 8.725 par-tecipanti. La provincia di Brescia guida la classifica con 862 impre-se (55%) per 4.808 partecipanti (51%). La componente extracomunitaria è risultata essere ancoramolto debole: solo il 2,12 per cento. I dati evidenziano quattro questioni:1. la necessità di un’azione di monitoraggio che compren-

da tutte le attività formative, e non solo quelle relative arealtà come Fondimpresa;

2. l’ancora insufficiente coinvolgimento delle aziende e deilavoratori;

3. l’esiguità preoccupante della partecipazione degli stra-nieri.

4. una concentrazione soprattutto su figure impiegatizietrascurando figure operaie.

Riguardo alla formazione degli stranieri un accordo para-digmatico, che vorremmo fosse diffuso come elemento diuna vera cultura dell’integrazione, è quello della Barattieri

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Trattamenti Termici, in base al quale l’azienda mette adisposizione una somma una tantum di 300 euro per ognilavoratore straniero che, al di fuori dell’orario di lavoro,dimostri di aver partecipato, per proprio conto, a dei corsidi alfabetizzazione o di lingua italiana e di aver conseguitoun diploma/attestato rilasciato da istituti o da enti di for-mazione riconosciuti dalla Regione Lombardia. Questo per quanto riguarda la formazione in generale. Relativamente alla sicurezza la domanda è: comunichiamoe trasmettiamo adeguatamente il messaggio relativo allacultura della sicurezza a chi giornalmente si trova adaffrontare direttamente tali problematiche? Per abbozzare una risposta è necessario guardare i dati. Secondo il rapporto dell’Inail del 2008, sebbene la condi-zione appaia in miglioramento ed i dati registrati presenti-no percentuali in ribasso rispetto agli anni precedenti, lasituazione globale rimane drammatica ed i numeri parlanochiaro. Nell’anno 2008 gli incidenti sul lavoro che sonorisultati mortali sono stati il 7,2 % in meno rispetto all’an-no precedente, ma comunque un numero troppo elevato:1.120 decessi. Per quanto riguarda le 874.940 denunce diinfortuni sul lavoro del 2008 si registra un 4% di decre-mento rispetto al 2007. Le malattie professionali accertatepresso l’INAIL (29.704 casi) sono invece in aumentodell’11% rispetto al biennio precedente. È interessantenotare come oltre la metà delle morti bianche si verifichiper colpa di incidenti stradali. I casi documentati sono 611,335 dei quali coinvolgono lavoratori che operano durante laloro attività in questo ambito ed ai quali si aggiungono i 276casi di incidenti in itinere (25%). Per quanto riguarda gli

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infortuni mortali l’Italia è al di sopra del valore dell’areaeuropea registrando una media annua di 2,6 decessi per100.000 occupati contro i 2,5 di media censiti nei paesi dellacomunità. Ma qui la comparazione diventa impossibile acausa della diversa legislazione sull’assicurazione lavorativa,il peso degli infortuni in itinere, non considerato, negli altristati diventa squilibrante ai fini del confronto.L’Anmil ha fatto uno studio dal quale emerge che negliultimi 5 anni in Italia si sono verificati più di cinque milio-ni di infortuni sul lavoro, con oltre 7 mila morti e 200 milainvalidità permanenti.

La Lombardia e la sicurezza

Come ha recentemente ricordato il presidente dellaRegione Lombardia, Roberto Formigoni, “è trascorsoormai un anno dall’avvio del Piano regionale della sicurez-za sottoscritto da tutte le parti sociali e dall’entrata in vigo-re del decreto legislativo 81. I risultati sono molto positivi:gli indici di frequenza infortunistica (rapporto tra gli infor-tuni avvenuti e gli occupati ISTAT) sono calati del 5% trail 2007 e il 2008, e del 7% rispetto al 2006. Nel 2008 lariduzione degli infortuni nel settore dell’industria è statapari all’11%, mentre nelle costruzioni di quasi il 19% (fontiINAIL e ISTAT). Anche l’analisi degli infortuni mortalinei luoghi di lavoro in Lombardia mostra una riduzionedel 37% dei casi rispetto all’anno 2007 (contro una dimi-nuzione registrata in Italia pari al 16%)”.Formigoni, nel convegno su: “ Sicurezza sul lavoro: con-

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fronto su sicurezza e politiche adottate, tenutosi il 12 otto-bre a Milanoha avanzato la proposta, che condivido pienamente e chedeve diventare per noi un cavallo di battaglia, di partiredai risultati positivi conseguiti in Lombardia in materia disicurezza per affermare il modello decentrato di governoanche in questo settore. “In quest’ottica – ha detto Formigoni - la sicurezza sullavoro potrebbe essere affidata alle Regioni, integrata conla programmazione sanitaria. Propongo dunque al mini-stro Sacconi di avviare una sperimentazione nella nostraRegione, nella quale la Lombardia si candida a svolgere ilruolo di coordinamento dei piani di controllo di tutti gliEnti, anche nazionali, che operano sul nostro territorio(INAIL, DRL, ISPESL) in una logica di totale e traspa-rente sinergia”.La Uilm si riconosce in questa proposta e farà ogni sforzoaffinché la Regione Lombardia diventi un esempio eccel-lente. Si deve diffondere la sicurezza del lavoro come fonte di vitae di benessere: ma perché essa sia sempre più autenticamen-te tale, occorre sviluppare una nuova cultura della sicurez-za intesa non come un problema che tocca solo gli altri mache riguarda tutti, iniziando fin dai banchi di scuola.La sicurezza insegnata nelle scuole è un obbiettivo che ilsindacato deve sposare pienamente, garantendo la propriacollaborazione affinché si concretizzi rapidamente. Se è vero che un calo del fenomeno c’è stato e che nellostesso tempo è utopico pensare ad una risoluzione cheazzeri gli incidenti sul lavoro, è però opportuno valutare

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possibilità alternative di intervenire per migliorare ulte-riormente la situazione. Il ministro del welfare Maurizio Sacconi prende spuntodai risultati positivi conseguiti con un metodo propriodella sicurezza stradale per proporre una “patente a puntiper la sicurezza sul lavoro” che appare di semplice attua-zione e senza apparenti controindicazioni. “Una voltaesauriti i punti si perderà l’abilitazione al lavoro e per riot-tenerla si dovranno seguire percorsi riabilitativi”, spiega ilministro, “proprio come la patente automobilistica”.

Il costo sociale degli infortuni

Il valore del costo sociale degli infortuni sul lavoro, chel’INAIL ha stimato in circa 25.000 ? ad infortuniorca25.000 ? ad infortunio, ovviamente parliamo di cura piùriabilitazione. Se moltiplichiamo questo valore per il milio-ne di infortuni, che approssimativamente si registrano ognianno in Italia, otteniamo che il costo derivante per lo statoitaliano da sopportare per fronteggiare la situazione è dicirca 25 miliardi di euro annui. Questo costo incide nonsolo sulle tasche dei datori di lavoro, ma anche sui salaridei lavoratori che saranno conseguentemente più bassi acausa delle maggiori tasse a loro carico. Da qui la necessità di rendere trasparente la sicurezza, conun bilancio della sicurezza da aggiungere a quello econo-mico-fiscale e con l’istituzione di una patente a punti azien-dale che penalizzi fiscalmente le aziende che non investo-no in sicurezza.

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In una ricerca universitaria del 2007 relativa alla qualitàdella vita, due docenti e psicologi, Ed Diener e MartinSeligman, dimostrano che la motivazione è un elementofondamentale per garantire la collaborazione dei dipen-denti all’interno di una azienda. L’economia moderna è ormai diventata “economia dellaconsapevolezza” e per il suo corretto funzionamento ènecessario tenere in considerazione che l’elemento cono-scitivo facilita ed aumenta la produttività. Per questo motivo, ancora una volta, la cultura premiale ela “formazione preventiva” risultano elementi imprescindi-bili per il miglioramento della situazione. Avere una buona salute e avere cure in caso di problemi èun altro punto segnalato dalla ricerca.

Pensioni

L’Istituto nazionale della previdenza sociale prevede diguadagnare nel 2009 5,9 miliardi di euro e, tuttavia, neiprossimi anni la spesa pensionistica avrà un andamentotale da rendere ancora più gravosa la già rilevante contri-buzione, pari al 33 per cento del salario lordo, a carico diaziende e lavoratori.Nel frattempo continuano ad essere deficitarie alcune cassedi specifiche categorie. E’ necessario un intervento perequa-tivo e uno sgravio degli oneri indiretti sulle aziende. Sui questo fronte dovranno impegnarsi le parti sociali ed ilGoverno.Per la UIL non serve ricominciare a parlare di interventi

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sul sistema pensionistico. Tutti gli indicatori confermanoinfatti la piena sostenibilità economica del nostro sistema.Proprio la stabilità normativa ha contribuito a conseguireuna diminuzione del 50% delle pensioni di anzianità (2008sul precedente). Una dimostrazione ulteriore di come, senon si alimentano voci di riforma, i lavoratori sono natu-ralmente portati a posticipare il momento del pensiona-mento. Occorre invece proseguire con decisione sui fondi pensione. Se proprio si vogliono ritoccare la norme pensionistichesarebbe ora di definire quali sono i lavori usuranti, cuiattribuire benefici previdenziali, auspicabilmente senzaquell’indecoroso mercato registrato nel riconoscimento del-l’esposizione all’amianto. La firma dell’accordo tra Governoe parti sociali sul TFR e la previdenza complementare è perla UIL un passo decisivo sulla via del decollo del secondopilastro. L’accordo permette infatti di intervenire sulla lacuna dellariforma Dini del 1995 la quale, a fronte del passaggio dalsistema retributivo a quello contributivo, prevedeva lapartenza della previdenza integrativa per assicurare pre-stazioni pensionistiche adeguate. Siamo convinti dell’assoluta necessità di fornire ai lavora-tori meccanismi integrativi che permettano di innalzaretassi di sostituzione del sistema pubblico inevitabilmenteindeboliti dalla 335/95 e, con responsabilità, abbiamo con-siderato la complementare come una parte integrante delsistema pensionistico che, accanto al sistema obbligatorio,agisse per assicurare il futuro delle pensionate e dei pen-sionati di domani.

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Abbiamo perciò sempre ribadito come fosse indispensabi-le mettere in campo tutte le risorse per favorire il decollodella previdenza complementare e come fosse determinan-te che tutti remassero dalla stessa parte, Governo, sindaca-ti e datori di lavoro. Possiamo dirci soddisfatti? Mi pare di no. Dobbiamo fareancora molto a partire dal trattamento fiscale dei fondi.

Le relazioni sindacali a Brescia

Brescia non può certamente vantare, in questo periodo,relazioni sindacali all’altezza della situazione. I rapporticon le organizzazioni imprenditoriali (Aib e Apindustria)sono di basso profilo, improntati alla routine. Per carità,non cattivi rapporti, semplicemente non c’è alcuna proget-tualità che sappia far compiere un balzo in avanti ad unrapporto tra associazioni datoriali e sindacati in grado diessere stimolo importante per l’insieme della società. Anche recenti casi, come l’Omb e l’Innse di Milano sonoesempi contraddittori di soluzione di problemi aziendaliemergenti. Per l’Omb, la soluzione trovata è positiva, non trovo disdi-cevole che un Ente pubblico entri in un’azienda che ha unprodotto di filiera del Comune (raccolta dei rifiuti), è daverificare se sia corretto che il “pubblico” entri in questomodo nelle crisi. Tutto si tiene se il dispiego di notevoli risor-se pubbliche è in grado di produrre ritorni; il criterio diri-mente è la verifica, nei prossimi anni, dei bilanci in utile. L’Innse con il suo battage pubblicitario è invece un esempio

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deteriore di come si scippa una proprietà privata a prezziscontati e con il plauso delle istituzioni. Basta questo?

Il canto del mattone

Abbiamo visto troppe volte nel passato aziende “aiutate”dalla banche e diventate simboli della speculazione ediliziaa Brescia. Tutti cantano il peana al mattone e di fattoBrescia da anni si arrotola su se stessa e ha perso la testa ela vocazione. Finanza e mattone sono le tossine che da unpo’ di tempo stanno avvelenando la città e la provincia chesi vantavano di essere industriali. A Brescia si è costruito l’impossibile, con criteri gestiti dal-l’input di lobbies e delle banche. La caduta della trasparenza, l’intreccio degli affari, la spe-culazione sulle aree diventate l’unico business a cui si dedi-cano molti che una volta dicevano di sè di essere industria-li e che hanno tradito la loro vocazione. A questo gioco siè prestata una parte consistente di quell’area sedicenteintellettuale che ha giocato con i giornalini, con i conve-gni, con la mancanza di chiarezza nei confronti del mondofinanziario e bancario bresciano. In molti paesi ci sonocentinaia di appartamenti invenduti. Si sussurra nelmondo dell’edilizia, sindacale e datoriale, di oltre 35 milaappartamenti invenduti nella provincia. Una massa enor-me. Eppure si continua a pensare di trasformare ex areeindustriali in nuovi condomini, destinati a rimanere catte-drali nel deserto. Noi proponiamo con fermezza e su questo chiamiamo a

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pronunciarsi l’intero sindacato bresciano, che le aree indu-striali dismesse diventino automaticamente aree verdi.Nel passato abbiamo visto una distorsione del mercato,rispetto alla quale il sindacato è stato utilizzato in molticasi come una sorta di lobby della disperazione, usando ilricatto della crisi e della disoccupazione. Aree dismesse, come il comparto Milano, la Caffaro, la exBerardi ecc, si sono viste consegnare alla speculazione edi-lizia e alla cementificazione della città, della quale è tristeesempio l’area commerciale Freccia Rossa. Per il futuroaree come quelle dell’Ideal Clima e Standard, dell’Innse,della stessa Om, qualora fossero liberate dall’impegnoindustriale devono essere convertite rigorosamente in areeverdi. La diversa redditività tra un’area edificabile e quel-la derivante da un’attività industriale non deve essere unincentivo ad abbandonare quest’ultima.Gli spazi cittadini storicamente vocati all’industria nondevono essere obbligatoriamente, come è stato nel passato,intermediati dal sistema finanziario e bancario, ma devonoessere finalizzati ad un’organizzazione della città che privi-legi la qualità della vita di tutti i cittadini. Il canto, che nel tempo si è trasformato in cancro, ossia inuna bolla speculativa che ha fatto degenerare progettuali-tà e vita politica, deve cessare lasciando spazio alla traspa-renza e al recupero di una logica economica che punti allosviluppo economico e produttivo e non al madrinaggio. Ilgioco delle tre carte delle aeree e delle cattedrali nel deser-to, che negli anni hanno visto industriali concentrare nelleloro mani porzioni enormi del territorio cittadino e dell’-hinterland, deve finire, così come devono finire le copertu-

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re politiche. Brescia ha bisogno di aria nuova e di aprire lefinestre per lasciar uscire il veleno paralizzante accumula-to in questi anni. L’Università, se vuole avere un ruolo e dare un contributopropositivo, dovrebbe impegnarsi in un’analisi storico criticadell’evoluzione del mattone e delle sue tragiche conseguenze.

Le infrastrutture

Se il fattore finanziario è oggi uno dei punti più dolenti,anche quello infrastrutturale non è da meno. Quello delleinfrastrutture è un sistema vitale. La nostra provincia hapagato e continua a pagare l’inefficienza dovuta alla lorocarenza, che per le aziende è un costo. Alcune aziendehanno dovuto costruire il loro futuro uscendo dai territoridove sono nate e andando dove le infrastrutture c’erano,impoverendo il territorio d’origine. Questa migrazione ter-ritoriale ha cambiato il quadro economico e produttivodella provincia. Rischiamo, ad esempio, di perdere unpatrimonio: i distretti, i sistemi di prodotto che sono soste-gno anche alle filiere.

L’elenco delle carenze infrastrutturali è lungo e non ha piùsenso parlare di priorità. Si tratta di verificare se ci sono isoggetti in grado di realizzarle e se ci sono le risorse: pubbli-che, di project financing, ecc. E’ un problema di sistema,non di elenco di opere. C’è poi la questione dei tempi per leconcessioni e questo avvantaggia i concessionari, che hannotempi più brevi, ma che si fanno pagare pedaggi per anni.

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Brescia deve diventare una provincia attrattiva, che portisul territorio risorse che rimangano qui. Abbiamo bisognodi cervelli nuovi e dobbiamo attivare sistemi che esprima-no la ragione per la quale la gente debba rimanere: pro-spettive, strutture, libertà d’azione, qualità della vita.Nuovi cervelli significa ricerca, innovazione, nuove idee eovviamente questo investe il sistema universitario. Ladimensione delle imprese rende difficile la ricerca e l’inno-vazione. Nel passato recente grandi imprese come l’Om, laBeretta, la Marzotto,l’Atb e l’Idra hanno fatto sistema ehanno funzionato da navi scuola, inducendo sul territoriofenomeni virtuosi di imprenditorialità diffusa. Noi oggi pos-siamo contare sull’esperienza e l’intraprendenza degliimprenditori, ma le imprese sono spesso piccole e a caratte-re familiare. E’ anche questa una vecchia questione. Tantedelle nostre medie imprese sono fortemente legate al sistemasottostante, che non ha risorse per l’innovazione. Qui c’è illuogo d’azione dell’università. L’università deve sostenerericerca e innovazione. Anche qui si tratta in primo luogo diindividuare i soggetti e le risorse. In Usa i budget dell’uni-versità dipendono dal numero dei brevetti che si produconoe si collocano. Le imprese sostengono le università in ragio-ne del ritorno. Questo tipo di legame in Italia non c’è. Salvoeccezione si ricorre al finanziamento pubblico. Anche ilCsmt è di fatto espressione del “ pubblico”. In un sistema come quello italiano il “pubblico” deve inter-venire massicciamente nella ricerca, dando alle universitàle risorse sufficienti ad innescare un fenomeno positivo difiducia, che avvii, di conseguenza la partecipazione delleimprese al finanziamento di progetti.

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