Un'icona di Cristo, umile e nascosto - parrocchiarossano.it · zaret significa intraprendere una...

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Un'icona di Cristo, umile e nascosto Vogliamo concludere questi spunti meditativi sull'Avvento-Natale, presentando la figura di un santo contemporaneo, la cui vicenda e spiritualità sembrano proprio intessute con tutti i fili carat- teristici di questi tempi liturgici, i fili della lonta- nanza e della ricerca di Dio, del nascondimento,

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Un'icona di Cristo, umile e nascosto

Vogliamo concludere questi spunti meditativisull'Avvento-Natale, presentando la figura di unsanto contemporaneo, la cui vicenda e spiritualitàsembrano proprio intessute con tutti i fili carat-teristici di questi tempi liturgici, i fili della lonta-nanza e della ricerca di Dio, del nascondimento,

della piccolezza, dell'adorazione e della fraternitàuniversale, del servizio e del dono di sé: Charles deFoucauld, la cui memoria liturgica cade proprio nelcuore dell'Avvento, il5 dicembre.

Il segreto di quella pacata letizia che irradia dalsuo volto mite e dolce è il miracolo dell'umiltà vera:una vita unificata, riconciliata, in piena comunionecon Dio e con i fratelli, una vita dove tutto diventasemplice e quotidiano. Ma questa è una mèta daraggiungere compiendo un lungo e faticoso itine-rario di spogliazione. E Charles de Foucauld hacamminato molto per arrivarvi; anche lui, come iMagi, è partito da lontano. Lo si può intravedereattraverso la sua vicenda esistenziale, segnata dal-la sofferenza fin dalla fanciullezza, quando rima-se orfano di entrambi i genitori. A questa prima,profondissima ferita si aggiungerà ben presto, nel1870, quella dello sradicamento dal luogo delle sueorigini: la casa di Strasburgo, dove viveva con ilnonno, la cui morte - avvenuta mentre Charles eranel pieno della giovinezza - gli provocò un ulterioreturbamento interiore.

Ragazzo intelligente e vivace, duramente pro-vato dalla sofferenza, si chiuse in se stesso con lasua inconfessata angoscia e si allontanò dal Signore

che, come egli stesso ricorderà con acuta nostalgia,aveva appreso da sua madre a conoscere, ad amaree a pregare fin dalla prima infanzia. Cercò anche dinascondere il proprio dolore conducendo una vitadisordinata, mondana, dissipata, tutta soggetta allepassioni. Nato in una famiglia nobile e dalla lungatradizione militare, rifiutò ogni forma di regola e didisciplina, al punto da farsi punire per la sua cattivacondotta pubblica. «r Ma Dio lo aspettava.

Nei suoi sbandamenti, quando andò in Algeriacome ufficiale dell'esercito francese, decise un'e-splorazione in Marocco, terra proibita agli euro-pei. Qpesto viaggio lo obbligò a un totale capo-volgimento di stile di vita: lui, ricco e potente, fucostretto a nascondere la propria identità, a vivereda straniero, nella totale dipendenza da chi lo ac-coglieva, sempre a rischio. Lui, estraneo al mondoreligioso, si trovò in mezzo a musulmani profonda-mente credenti che con la loro fervida preghiera lotoccarono nel profondo. Fu la scintilla che riaccesela brace ancora viva sotto la cenere del suo cuore.Altamente elogiato dalla Società Geografica perl'esplorazione condotta in Marocco, restò del tuttoindifferente alle lodi: ormai la sua attenzione erarivolta altrove. Sentiva di dover compiere una ben

-più importante e urgente esplorazione, un ben piùdecisivo viaggio. All'inizio di questo nuovo cam-mino si sorprese finalmente a pregare, o meglioa gridare a Dio quell'angoscia nascosta, mai con-fessata: «Dio, se esisti, fa' che ti conosca». E il Si-gnore, che ascolta il grido del povero, non tardò afarglisi incontro. Ma a suo modo. Tormentato daldubbio, Charles de Foucauld chiese a Padre Hu-velin, sacerdote dalla solida formazione spiritualee culturale, se poteva sottoporgli gli interrogativiche si agitavano nel suo animo; e questi senza in-dugio gli replicò: «Inginocchiatevi. Confessatevi aDio e crederete». È l'essenziale. E con il suo ingi-nocchiarsi e confessarsi, Charles pronunziò il «sì-

decisivo al Signore. Tutto il suo groviglio interioresi risolse nell'assoluta semplicità dell'obbedienzaofferta e della grazia accolta. Come non ricordareil fiat di Maria al momento dell'annunzio? Nona caso, Nazaret sarà per Charles de Foucauld lapatria spirituale, il luogo-simbolo della sua vitainteriore, la scuola della sua perenne formazioneper vivere come i membri della sacra Famiglia.La sua specifica vocazione religiosa nacque nellostesso istante della sua fede ritrovata. Eppure, se siguarda: il percorso esteriore, il cammino vocazio-

nale di questo cristiano appare tutto attraversatodall'ansia di dover essere «altrove». Questo «altro-ve», però, era sempre nella Via ormai incontratae dalla quale Charles non si allontanerà mai più:Cristo stesso, nel suo mistero di abbassamento edi perfetta obbedienza, virtù che Charles de Fou-cauld definisce quale «l'ultimo e il più perfetto deigradi dell' amore» (Lettera del 24 gennaio 1897). Inquesta incessante ricerca di aderire in pienezza aldisegno di Dio su di lui, Nazaret diventa una sceltafondamentale nella sua vita, perché scegliere Na-zaret significa intraprendere una «via di abiezione,di povertà, di umile lavoro manuale» (Lettera del27 gennaio 1897 a P Huvelin). Nazaret, infatti, si-gnifica desiderio di conformarsi al Cristo nei suoitrent'anni di vita nascosta, trascorsa nellavoro ma-nuale e nel silenzio, nella quotidianità ripetitiva enell'insignificanza sociale, nell'obbedienza e nelladipendenza: vita inutile agli occhi del mondo - diquel mondo che Charles de Foucauld aveva benconosciuto - ma vita abbracciata con amore persalvare l'uomo, ogni uomo, fino all'ultimo e al piùdimenticato.

A Nazaret Charles de Foucauld, già monacotrappista del monastero di Notre- Dame des Nei-

ges, vive il suo vero noviziato: un tempo di graziain cui tutto è quotidiano, semplice, ordinato, maimonotono, scialbo o deludente, perché ogni piùpiccolo gesto è compiuto «praticando le virtù diNazaret» (Lettera del 22 ottobre 1898). È questal'umile e santa quotidianità che Charles de Fou-cauld scopre per sé e comunica agli altri. Accoltoquale sacrestano e «factotum. delle clarisse, abitain un povero magazzino di attrezzi, che egli chiama«casetta solitaria» e «eremo delizioso», non lon-tano dalla grotta che faceva parte della casa dellasanta Famiglia. Qjii trova quanto il suo cuore datempo desiderava e cercava: «Servo le Messe, lebenedizioni del SS. Sacramento; scopo, faccio lecommissioni; faccio insomma tutto quello che midicono di fare. Il lavoro comincia dopo la Messa,alle otto del mattino, e finisce all'ora della benedi-zione del Santo Sacramento, alle cinque della sera.Dalle cinque della sera alle otto del mattino nonsono che letture pie, preghiere, orazioni, appenainterrotte dai pasti e dalle poche ore di sonno»(Lettera del 22 marzo 1897). E a Padre Huvelinconfida: «Ho trovato ciò che cercavo: nella miabaracca di tavole, ai piedi del Tabernacolo delleclarisse, nelle mie giornate di lavoro e nelle mie

notti di preghiera, possiedo ciò che desideravo ... :questo luogo è proprio 1'imitazione della vita na-scosta di nostro Signore, nella sua oscurità, nellasua povertà» (Lettera, 1898).

La vita di Charles de Foucauld è dunque tut-ta intessuta di preghiera, di adorazione, di medi-tazione, di silenzioso e umile lavoro. Risalgonoquasi totalmente a questo periodo le sue prezioseMeditazioni sulla Parola di Dio" frutto della suaquotidiana lectio divina che, su consiglio di PadreHuvelin, mette per iscritto.

Quotidiano per Charles de Foucauld è il vivocontatto con la Parola di Dio, che vuole «scavare»,per conoscere il Figlio, sempre più amarlo, sempremeglio imitarlo, sempre meglio servirlo mettendoin pratica il Vangelo (cfr. Meditazioni sui Vangeli,I, in Scritti spirituali, vol. IV, Città Nuova, Roma1973, p. 39). Egli è infatti ben consapevole che 1'i-mitazione di Cristo non consiste tanto nel ripeterematerialmente quanto fece Gesù - cosa del restoimpossibile - quanto nel conformarsi a lui inte-riormente, nell'assumerne i pensieri e i sentimenti:«Bisogna cercare di impregnarci dello Spirito diGesù, leggendo e rileggendo, meditando e rime-diando senza sosta le sue parole e i suoi esempi:

che essi facciano nelle nostre anime come la gocciache cade e ricade su una lastra di pietra, sempre allostesso posto ... » (Lettera del 22 luglio 1914).

In questo silenzio orante e laborioso, Charles deFoucauld rilegge la propria vita e può contemplarlacome una mirabile opera del Signore, un miracolodell'Amore. Dal suo cuore di figlio perduto e ritro-vato sgorga perciò una toccante preghiera: «Comesei buono, mio Signore e mio Dio! Figlio perduto,non soltanto ricevuto con ineffabile bontà, senzapunizioni, senza rimproveri, senza nessun ricordodel passato, ma con baci, con la tunica più bella e1'anello .. , Non soltanto ricevuto così, ma cercatodal Padre, benedetto e a lui ricondotto da que-sti paesi lontani» (Meditazioni sul santo Evangelo,n.382).

Come ogni noviziato, anche quello di Charles aNazaret doveva concludersi. Attraverso la stessa,assidua lettura della Parola di Dio, l'adorazioneeucaristica, il sacramento dell'Ordine ricevuto il23 giugno 1901, nuovamente si fece udire la vocedel Signore che lo chiamava ad un'ulteriore, defi-nitiva tappa del suo itinerario. Egli così la descrive:«Bisogna andare non là dove la terra è più san-ta, ma dove le anime si trovano nella più grande

necessità» (Solitudine con Dio, p. 77). E più tardi:«La solitudine e la vita di Nazaret non sono forsela mia vocazione? Ma dopo che la ragione ha det-to tutto ciò, vedo tutte queste vaste regioni senzaun sacerdote, vedo me stesso, l'unico sacerdote chepossa andarci, e mi sento irresistibilmente e sempredi più spinto ad andarvi ... » (Lettera a P Huvelin

del 13 dicembre 1903).

Così costruirà il suo eremo dapprima a Beni-Abbès, oasi algerina vicina alla frontiera rnaroc-china, poi, ancora più lontano, ancora più solo,fra i tuareg a Tamanrasset, nel cuore dell'Hoggar.In realtà, in queste ulteriori tappe della sua vita,soprattutto nell'ultima, Charles de Foucauld nonlascia Nazaret, non lascia la vita di umile nascon-dimento, di lavoro e di preghiera, ma la vive inun abbassamento ancora più profondo, gettandola propria vita in un terreno arido: nella sabbia deldeserto.

Come Gesù a Nazaret si era lasciato educareda Maria e da Giuseppe a vivere da uomo tra gliuomini, così Charles de Foucauld, per entrare incontatto con i tuareg, si dedica con il suo solito im-pegno ad apprendere la loro lingua fino a tradurreper loro il Vangelo. Ben consapevole che non è pos-

sibile evangelizzare senza prima stabilire rapportifraterni, vive quello che chiama «l'apostolato dellabontà»: «Essere apostolo, con quali mezzi? Conla bontà, la tenerezza, l'affetto fraterno, l'esempiodella virtù, con l'umiltà e la dolcezza che sempre at-traggono e sono così cristiani» (Lettera del3 maggio

1932), soprattutto con la preghiera incessante e conl'offerta della propria vita rinnovata ogni giorno,fino all'offerta definitiva, quando la cieca violenzalo aggredisce all'improvviso, al calare della sera, elo trova con la lampada della fede accesa, prontoa dire, con il suo silenzio e il suo pieno abbando-no, l'ultimo, definitivo sì alla volontà del Padre, intotale conformità al Cristo mite e umile di cuore.

A questa santità del semplice quotidiano ciascu-no di noi, secondo la grazia ricevuta, può e deveanelare, sentendosi incoraggiato dall'esempio diquesto «fratello universale».

In silenzio d'attesa

e desiderio colmo d'amore

scrutiamo nella notte

il tuo arrivo,

o grande Atteso,

Verbo della vita.

Sei Tu, Signore Gesù,

Colui che aspettiamo!

Vieni presto a visitarci

con l'abbondanza della tua misericordia.

Vieni a consolare le nostre pene,

a ravvivare la nostra speranza,

a metterei sulla bocca

un canto nuovo,

una pura lode

al tuo santo Nome,

Gesù, Figlio di Dio,

unico Salvatore.

Amen.