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UN CAVALIER PER TUTTI Praticamente sconosciuto fino a pochi anni fa, il Cavalier King Charles Spaniel si è ritagliato da tempo una piccola nicchia di appassionati; ma negli ultimi anni, sia per l'impegno del Club che sempre ha spezzato delle lance a favore di quelle razze più rare raccogliendo oggigiorno ritorni positivi, che per il "passaparola" tra proprietari felici, la piccola nicchia si è allargata sempre più. Oggi sono in molti, anche tra i neofiti, a riconoscere a prima vista il piccolo Spaniel inglese, e il suo muso appare sempre più spesso tra le pagine delle riviste. Il successo della razza sta soprattutto nella sua grande adattabilità: Se mai è esistito un cane che potesse essere definito davvero "per tutti", questo è probabilmente lui. Sempre allegro, amichevole, dotato di una simpatia innata, adatto al bambino come all'anziano, il Cavalier è indubbiamente un cane "facile". Facile da tenere, facile da gestire, facile da portare ovunque,ma attenzione: non altrettanto facile da allevare. E questo è un punto su cui tutti gli appassionati devono riflettere; specie i più ingenui, che pensano che basti acquistare una coppia di bei soggetti per potersi lanciare, appassionatamente e ad occhi chiusi, nel mondo dell'allevamento. La storia antica della razza è già abbastanza sintomatica dei problemi che si possono presentare a chi vuol far riprodurre i propri cani. Il Cavalier discende direttamente dal King Charles Spaniel, a sua volta "figlio" degli Spaniel di piccole dimensioni che divennero i beniamini delle dame di corte nell'Inghilterra nel XVII secolo: tra i loro progenitori c'era quasi sicuramente il Chin.* In Inghilterra vennero fissate due varietà di piccoli Spaniel: una brachicefala, a muso cortissimo, e l'altra con una testa a metà strada tra il tipo molossoide e quello braccoide. Inizialmente la moda favorì senza mezzi termini il muso cortissimo, di cui si amavano soprattutto gli occhioni sporgenti e languidi: purtroppo, però, questi cani manifestarono ben presto problemi cardiaci e respiratori, oltre a serie difficoltà di parto. Questo portò a preferire il tipo a muso più lungo, che fu riconosciuto nel 1928 (anno in cui ne fu redatto il primo Standard) con il nome di Cavalier King Charles Spaniel. Il "King Charles" che appare in entrambe le razze si riferisce a Carlo II di Inghilterra, la cui passione cinofila sembra essere stata addirittura superiore a quella per gli impegni di Stato. Ma non è di gossip reale che intendiamo parlare in questa sede, bensì dell'importanza di un'accurata selezione, che non deve mai dimenticare che i problemi che rischiarono di portare all'estinzione i primi King Charles sono sempre in agguato dietro l'angolo, anche per gli allevatori di oggi. In questi ultimi anni la razza è migliorata moltissimo nell'armonia delle forme, nella pulizia dei colori e nella netta distinzione tra la testa brachicefala del King e quella quasi braccoide del Cavalier. La selezione del mantello, in particolare, ha impegnato molto gli allevatori, perchè un tempo i piccoli spaniel (quelli che ancora non si chiamavano King, o Cavalier, o Papillon) presentavano una vera macedonia di colori: mantelli indefiniti con eccessive moschettature nei blenheim e tricolori, black and tan e ruby con macchie bianche talmente estese - e focalizzate in punti precisi - da risultare macchiati esattamente come i Bovari del Bernese. Si è lavorato molto, e molto bene, per fissare i mantelli odierni e per tipicizzare le teste: ma come spesso accade, impegnando tutte le energie su un tipo di lavoro, si sono un po' trascurati altri punti, come la morfologia dei tronchi e la correttezza degli appiombi. Gli allevatori odierni, non più oberati da eccessive preoccupazioni relative ai mantelli e alle teste, si trovano quindi di fronte alla lacune lasciate dal lavoro passato. E se è vero che non si possono "allevare appiombi" o "allevare tronchi", perchè altrimenti si rischierebbe di fare un passo indietro sulle vittorie già raggiunte, è anche vero che oggi è possibile allentare un po' la sorveglianza sui temi che hanno monopolizzato l'attenzione fino ad oggi, per impegnarsi maggiormente nella selezione di cani sani e ben costruiti. E' importante ricordare, dunque: - che il Cavalier deve rimanere un piccolo cane da compagnia, mantenendo però una buona sostanza e una ragionevole muscolatura ed ossatura, evitando soprattutto i toraci carenati. - che piccola taglia non può e non deve essere sinonimo di gracilità; - che vanno assolutamente eliminate le frequenti lassità muscolari evidenziate da metacarpi cedevoli, linee dorsali insellate, labbra cascanti. L'attenzione a questo problema è di fondamentale importanza

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UN CAVALIER PER TUTTI

Praticamente sconosciuto fino a pochi anni fa, il Cavalier King Charles Spaniel si è ritagliato da tempo una piccola nicchia di appassionati; ma negli ultimi anni, sia per l'impegno del Club che sempre ha spezzato delle lance a favore di quelle razze più rare raccogliendo oggigiorno ritorni

positivi, che per il "passaparola" tra proprietari felici, la piccola nicchia si è allargata sempre più. Oggi sono in molti, anche tra i neofiti, a riconoscere a prima vista il piccolo Spaniel inglese, e il suo

muso appare sempre più spesso tra le pagine delle riviste. Il successo della razza sta soprattutto nella sua grande adattabilità: Se mai è esistito un cane che potesse essere definito davvero "per

tutti", questo è probabilmente lui. Sempre allegro, amichevole, dotato di una simpatia innata, adatto al bambino come all'anziano, il Cavalier è indubbiamente un cane "facile". Facile da tenere, facile

da gestire, facile da portare ovunque,ma attenzione: non altrettanto facile da allevare. E questo è un punto su cui tutti gli appassionati devono riflettere; specie i più ingenui, che pensano che basti

acquistare una coppia di bei soggetti per potersi lanciare, appassionatamente e ad occhi chiusi, nel mondo dell'allevamento. La storia antica della razza è già abbastanza sintomatica dei problemi che si possono presentare a chi vuol far riprodurre i propri cani. Il Cavalier discende direttamente dal

King Charles Spaniel, a sua volta "figlio" degli Spaniel di piccole dimensioni che divennero i beniamini delle dame di corte nell'Inghilterra nel XVII secolo: tra i loro progenitori c'era quasi

sicuramente il Chin.* In Inghilterra vennero fissate due varietà di piccoli Spaniel: una brachicefala, a muso cortissimo, e l'altra con una testa a metà strada tra il tipo molossoide e quello braccoide.

Inizialmente la moda favorì senza mezzi termini il muso cortissimo, di cui si amavano soprattutto gli occhioni sporgenti e languidi: purtroppo, però, questi cani manifestarono ben presto problemi cardiaci e respiratori, oltre a serie difficoltà di parto. Questo portò a preferire il tipo a muso più lungo, che fu riconosciuto nel 1928 (anno in cui ne fu redatto il primo Standard) con il nome di Cavalier King Charles Spaniel. Il "King Charles" che appare in entrambe le razze si riferisce a

Carlo II di Inghilterra, la cui passione cinofila sembra essere stata addirittura superiore a quella per gli impegni di Stato. Ma non è di gossip reale che intendiamo parlare in questa sede, bensì dell'importanza di un'accurata selezione, che non deve mai dimenticare che i problemi che

rischiarono di portare all'estinzione i primi King Charles sono sempre in agguato dietro l'angolo, anche per gli allevatori di oggi. In questi ultimi anni la razza è migliorata moltissimo nell'armonia

delle forme, nella pulizia dei colori e nella netta distinzione tra la testa brachicefala del King e quella quasi braccoide del Cavalier. La selezione del mantello, in particolare, ha impegnato molto

gli allevatori, perchè un tempo i piccoli spaniel (quelli che ancora non si chiamavano King, o Cavalier, o Papillon) presentavano una vera macedonia di colori: mantelli indefiniti con eccessive

moschettature nei blenheim e tricolori, black and tan e ruby con macchie bianche talmente estese - e focalizzate in punti precisi - da risultare macchiati esattamente come i Bovari del Bernese. Si è

lavorato molto, e molto bene, per fissare i mantelli odierni e per tipicizzare le teste: ma come spesso accade, impegnando tutte le energie su un tipo di lavoro, si sono un po' trascurati altri punti, come la morfologia dei tronchi e la correttezza degli appiombi. Gli allevatori odierni, non più oberati da

eccessive preoccupazioni relative ai mantelli e alle teste, si trovano quindi di fronte alla lacune lasciate dal lavoro passato. E se è vero che non si possono "allevare appiombi" o "allevare tronchi", perchè altrimenti si rischierebbe di fare un passo indietro sulle vittorie già raggiunte, è anche vero che oggi è possibile allentare un po' la sorveglianza sui temi che hanno monopolizzato l'attenzione

fino ad oggi, per impegnarsi maggiormente nella selezione di cani sani e ben costruiti. E' importante ricordare, dunque: - che il Cavalier deve rimanere un piccolo cane da compagnia, mantenendo però

una buona sostanza e una ragionevole muscolatura ed ossatura, evitando soprattutto i toraci carenati. - che piccola taglia non può e non deve essere sinonimo di gracilità; - che vanno

assolutamente eliminate le frequenti lassità muscolari evidenziate da metacarpi cedevoli, linee dorsali insellate, labbra cascanti. L'attenzione a questo problema è di fondamentale importanza

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perchè la lassità dei muscoli striati si accompagna frequentemente ad altrettanta lassità della muscolatura liscia e in particolare del muscolo cardiaco. Purtroppo sono ben conosciute le

problematiche cardiache del Cavalier King Charles spaniel: e una delle più note patologie cardiache è dovuta proprio alla lassità delle fibre muscolari che contribuiscono alla continua apertura e

chiusura della valvola mitralica. Per quanto riguarda le teste, nel corso degli anni ci si è sempre più allontanati dalle teste strette ed allungate, tipiche degli Spaniel da caccia, per rimodellare teste più

piene, con occhi in posizione più frontale. Questo rende il muso del Cavalier particolarmente accattivante, riprendendo così il motivo che aveva decretato il successo del King, ed inseguendo la dicitura dello Standard che in inglese lo definisce un "grace-full dog". Badiamo però a far sì che gli occhi rimangano grandi e tondi, ma non affioranti, e che non lascino vedere la sclera. E ricordiamo

che l'esoftalmia spesso denuncia anche problemi di ipertiroidismo. Rovescio della medaglia, si incominciano ad incontrare soggetti con occhi troppo piccoli, che falsano l'espressione dolce e

buona, tipica del Cavalier. Uno dei problemi che si riscontrano nell'allevamento di questa razza è una frequente atonia uterina, forse uno dei fattori che non ne incoraggia l'allevamento. In Italia la

sua diffusione è scarsa, mentre si può contare su un ampio patrimonio genetico in Francia, Inghilterra e Stati Uniti. Questo ha portato ad una grande eterogeneità nei pedigree, che ha reso

assai difficile la fissazione delle linee di sangue. Qualora questo obiettivo venga raggiunto bisogna usare molta accortezza nel mantenerlo, perchè un patrimonio genetico di grande valore è facilmente inquinabile, qualora non si conoscano a menadito pregi e difetti di tutti gli antenati. Allevare bene è sempre difficile: ma allevare una razza che ci costringe a immergerci in un vero ginepraio di taglie,

colori e (purtroppo) tare ereditarie, richiede un impegno ancora maggiore. E sfortunatamente le brutte sorprese non finiscono mai: una recente indagine svolta dal Kennel Club sui maggiori

riproduttori inglesi ha lanciato un nuovo allarme che riguarda la Siringomelia, una patologia legata alla malconduzione del midollo spinale, caratterizzata da fortissimi dolori e momentanee paresi; è comunque ancora da accertare se tale patologia è fortemente trasmissibile e se si può identificare come tara genetica, pur sembrando che il Cavalier sia a rischio piuttosto elevato, e, se questo non

deve creare inutili allarmismi, è sempre bene essere informati in merito. Concludendo: l'allevamento di questa ennesima splendida razza deve essere caratterizzato da competenza,

attenzione e grande amore non solo per i propri cani, ma per la razza stessa. In selezione bisogna saper essere duri e rinunciare a quei riproduttori che hanno dato prova di trasmettere difetti, anche

se questo può portare un grosso stress emotivo ed economico. Questa, lo ribadiamo, non è una razza facile: anche l'allevatore più serio, preparato e coscienzioso del mondo può commettere un errore, e

i problemi possono insorgere quando uno meno se lo aspetta, anche se ha fatto sempre del suo meglio e in assoluta buona fede. Se però si alleva anche con superficialità, i danni possono essere

gravissimi. Allevare non significa solo mettere al mondo dei cuccioli: e non significa neppure vincere un CACIB in più o in meno. Quello che abbiamo tra le mani, oltre al nostro affisso e alla nostra immagine, è soprattutto il futuro delle razze a cui ci siamo votati; ed il loro miglioramento costante deve essere l'obiettivo primario di ogni vero allevatore, che dovrà fare tesoro anche delle esperienze negative purchè a queste cerchi di riparare evitando sterili isterismi e dedicando il suo tempo utile all'allevamento, che gli consentirà di emergere lasciando nel tempo una testimonianza

data da altri passi avanti, fatti nell' ottica di apportare un miglioramento alla razza che si alleva.Pietro Paolo Condò