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UN’ALTERNATIVA REALE E’ POSSIBILE ! Dove va Cuba? Rivoluzione e controrivoluzione Cosa succede in Libia? Resistenze Internazionali con Potere al Popolo ALL’INTERNO

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UN’ALTERNATIVA REALE

E’ POSSIBILE !

Dove va Cuba? Rivoluzione e

controrivoluzione

Cosa succede in Libia?

Resistenze Internazionali

con Potere al Popolo

ALL’INTERNO

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Tante facce, stessa politica. Serve una reale alternativa A poche settimane dal voto per le ele-zioni politiche del 4 marzo il sistema paese resta dominato da una pro-fonda crisi economica e dalle sue ri-percussioni politiche e sociali. La le-gislatura che si era appena conclusa si era aperta sotto il segno del rinno-vamento dopo la disastrosa espe-rienza del governo Berlusconi e del governo tecnico di Mario Monti. La sconfitta del centrodestra, l’afferma-zione del M5S, l’ingresso di decine di giovani deputati alle prime armi in Parlamento è sembrato a molti ita-liani un segnale di speranza e una ventata di ottimismo che avrebbe portato a significativi cambiamenti dal punto di vista delle masse popo-lari. Così non è stato.

A poche settimane dal suo ingresso in Parlamento il M5S era già dila-niato da profonde crisi, da rotture, scissioni e tradimenti. L’assenza di un chiaro riferimento di classe e il tentativo di voler superare corpi in-termedi e tradizionali strumenti di rappresentanza ha prodotto come ri-sultato un partito politico senza linea politica, senza strutture democrati-che e dominato dall’oscura figura di una società di consulenza via web, la Casaleggio Associati. In un contesto dominato dallo sgre-tolamento delle forze politiche tradi-zionali, il M5S non è riuscito a rap-

presentare una reale alternativa po-litica per la gente comune. La sua opposizione è stata assolutamente assente del punto di vista sociale e delle mobilitazioni. Il M5S non ha indetto né organizzato scioperi o manifestazioni per protestare contro l’introduzione del Jobs Act o della Buona Scuola. Inoltre, nel generale clima di paura per il peggioramento delle condizioni di vita, di chiusura verso i migranti e di arretramento delle coscienze il M5S ha scelto di al-linearsi con gli umori più retrogradi e di alimentare le paure e i timori su cui si fonda la guerra tra poveri.

Il Partito Democratico, uscito scon-fitto dalla tornata elettorale del 2013 che doveva sancirne il trionfo, è stato costretto ad un cambio di passo. La tradizionale leadership proveniente dai democratici di sini-stra e quindi dal Partito Comunista è stata soppiantata da un gruppo di ambiziosi quarantenni capitanati da Matteo Renzi senza nessun legame con la storia del movimento operaio italiano. La conquista del PD da parte di Matteo Renzi ha portato alla definita affermazione di una linea politica totalmente ostile agli inte-ressi della classe lavoratrice. Al tra-dizionale tentativo di mediare tra gli interessi della grande borghesia e della classe lavoratrice italiana si è

sostituito la difesa pura e semplice degli interessi materiale di un pezzo di borghesia italiana, quella mag-giormente esposta sul mercato in-ternazionale. La costituzione del primo governo Renzi ha palesato questo cambio di passo con l’intro-duzione di duri attacchi nei con-fronti della classe lavoratrice e dello smantellamento di tradizionali strumenti di difesa della stessa. Tra questi l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori che era stato conqui-stato dalla classe lavoratrice ita-liana grazie al ciclo di lotte 1968-1977. Ovviamente non si può impu-tare al solo Renzi la perdita di que-sto importante strumento di difesa degli interessi dei lavoratori, la can-cellazione dell’articolo 18 è stata resa possibile da uno sconvolgi-mento dei rapporti di forza tra le classi avvenuto negli ultimi de-cenni, il PD ha però l’indubbio “me-rito” storico di aver “normalizzato” tale situazione di sconfitta.

Oltre a ciò il governo Renzi ha por-tato avanti un duro e odioso attacco nei confronti della scuola pubblica italiana, degli studenti e degli inse-gnanti. L’introduzione della Buona Scuola rappresenta anche in questo caso la traduzione in linguaggio giuridico di una grave sconfitta sto-rica subita dal movimento studen-

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tesco e dalle organizzazioni della classe lavoratrice negli ultimi de-cenni. L’obbligo del lavoro gratuito previsto dalla riforma renziana è forse il più odioso dei regali avvele-nati che dobbiamo al governo del partito democratico. Non pago di aver azzerato i diritti dei futuri lavo-ratori il governo Renzi si è scagliato contro i diritti dei lavoratori. Dietro la retorica trionfalista del Jobs Act e del contratto a tutele crescenti si na-sconde un’amara realtà, la realtà della negazione sistematica dei diritti della classe lavoratrice, la realtà di un precariato divenuto oramai condi-zione esistenziale per centinaia di migliaia di lavoratori non soltanto giovani, la realtà di contratti spazza-tura rinnovati di settimana in setti-mana, la realtà di una contrattazione collettiva nazionale divenuta ormai carta straccia.

Sul versante della politica interna il Partito Democratico ha dimostrato di poter andare oltre le speranze e le aspettative delle forze di centrode-stra, il decreto Orlando-Minniti isti-tuzionalizza la negazione sistematica dei diritti elementari per alcune cate-gorie di cittadini. L’introduzione del DASPO urbano per i senza tetto è un’odiosa misura classista che ri-corda le workhouse dell’Inghilterra Vittoriana. L’abolizione del secondo grado di giudizio nei processi legati all’immigrazione è una misura dal sapore fortemente razzista che pa-lesa l’esistenza di una giustizia che fa della negazione dei diritti fonda-mentali dell’uomo la sua principale caratteristica.

Sul versante della politica estera i go-verni Renzi e Gentiloni hanno dimo-strato anche in questo ambito di es-sere i fedeli esecutori degli interessi della borghesia italiana; gli accordi presi con i clan libici per trattenere nelle carceri del paese migranti sub-sahariani e la recente decisione di in-viare truppe italiane in Niger dimo-stra come la difesa dei diritti dell’uo-mo sia l’ultima delle preoccupazioni di una classe politica che vive delle prebende e delle grandi donazioni di grandi gruppi economici come l’Eni, principale sponsor dell’operazione in Niger. Il tentativo di Renzi e Genti-loni di stravolgere in senso presiden-zialista la costituzione è stato, come è

noto, bocciato clamorosamente da milioni di italiani che non si sono la-sciati abbindolare dalla propaganda governativa e dalle grida isteriche della Confindustria. Si è trattato di una coraggiosa e spontanea risposta popolare all’arroganza governativa. L’esito del referendum ha dimo-strato al governo e alla grande bor-ghesia che lo sostiene l’enorme di-stacco che esiste tra la gente comune e i palazzi del potere.

Questa vittoria assolutamente spon-tanea, popolare e dal basso ha visto

i goffi tentativi di politici di ogni

orientamento di cavalcarne lo slan-

cio. Tra questi non ultima la com-

ponente di Bersani e d’Alema, usci-

ta subito dopo dal Partito Democra-

tico nel tentativo di ricostruirsi una

verginità politica. L’impossibilità

per il PD di accreditarsi come una

genuina forza di sinistra ha creato

lo spazio per la nascita di una nuova

forza politica Liberi e Uguali.

Nonostante i tentativi dei loro pro-

motori di presentarsi come una

forza nuova in rottura con il neoli-

berismo questa formazione è com-

posta dai principali esponenti di

governo della sinistra degli ultimi

anni. Il tentativo di ricostruire la si-

nistra italiana attorno a personalità

come D’Alema, Bersani e Grasso,

che si sono nelle legislature passate

compromessi in ogni modo con po-

litiche antipopolari, non potrà che

sfociare in un’ulteriore disfatta.

In questo contesto l’iniziativa lan-ciata dal centro sociale napoletano Ex-OPG Je so’ Pazz, rappresenta un coraggioso e audace tentativo di ri-costruire attorno ad un programma antiliberista un principio di rappre-sentanza politica per i giovani e i la-voratori e per dare un messaggio di speranza e resistenza alle centinaia di migliaia di lavoratori, giovani e precari esclusi dalla politica tradi-zionale. La lista Potere al Popolo ha già prodotto nelle ultime settimane un importante numero di assem-blee territoriali che hanno coin-volto migliaia di giovani e lavora-tori. Come è emerso con chiarezza nelle varie assemblee che si sono te-nute l’obiettivo dei partecipanti non è soltanto quello di partecipare alla competizione elettorale, ma prima di tutto quello di lavorare collettivamente alla nascita di un raggruppamento politico nuovo in grado di dare voce agli esclusi. Per questo motivo Resistenze Interna-zionali ha deciso di aderire e di so-stenere questo progetto per contri-buire con le proprie forze alla na-scita di un’organizzazione politica nuova in grado di dare rappresen-tanza agli oppressi anche e soprat-tutto dopo la scadenza elettorale del 4 marzo.

A poche settimane dal voto

per le elezioni politiche del 4

marzo il sistema paese re-

sta dominato da una pro-

fonda crisi economica e

dalle sue ripercussioni poli-

tiche e sociali. La legislatura

che si è appena conclusa si

era aperta sotto il segno del

rinnovamento dopo la disa-

strosa esperienza del go-

verno Berlusconi e del go-

verno tecnico di Mario Monti.

La sconfitta del centrodest-

ra, l’affermazione del M5S,

l’ingresso di decine di gio-

vani deputati alle prime armi

in Parlamento è sembrato a

molti italiani un segnale di

speranza e una ventata di

ottimismo che avrebbe por-

tato a significativi cambia-

menti dal punto di vista delle

masse popolari. Così non è

stato.

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Cuba fra rivoluzione e controrivoluzione

Pubblichiamo questo articolo di ri-flessione sulla situazione politica e sociale a Cuba a seguito della dichia-razione da parte di fonti del governo sulle imminenti dimissioni di Raul Castro, che dovrebbero avvenire nel-l’aprile del 2018. La strada di libera-lizzazione economica intrapresa dalla classe dirigente cubana, a se-guito dell’embargo e in maniera più evidente alla morte di Fidel Castro, rischia di portare alla restaurazione del sistema capitalistico nel paese e alla perdita di tutte le conquiste so-ciali ottenuto dopo la rivoluzione. Tuttavia la storia del popolo cubano non è ancora scritta, un cambio di rotta è sempre possibile, e più che mai necessario.

di Massimo Amadori

Sono passati quasi sessant’anni dal-la rivoluzione Cubana e da quel fati-dico giorno in cui i “barbudos” di Fi-del Castro e Che Guevara conquista-rono il potere rovesciando il regime corrotto di Batista. Da allora sono cambiate molte cose. La Cuba di og-gi è una realtà estremamente com-plessa, una realtà piena di contrad-dizioni e di ingiustizie che tuttavia conserva ancora numerose conqui-ste sociali ottenute dal popolo cu-bano grazie alla rivoluzione, un po- polo che non intende piegarsi al ra-

pace capitalismo americano che da sessant’anni a questa parte sta cer-cando di strangolare ogni conquista rivoluzionaria.

La rivoluzione cubana liquidò com-pletamente il capitalismo e la mafia dall’isola, espropriando e nazionaliz-zando le grandi multinazionali statu-nitensi che controllavano le risorse del paese, distribuendo la terra ai contadini e instaurando un sistema in cui l’intera economia veniva piani-ficata dallo stato.

Grazie a queste misure fu possibile migliorare notevolmente il tenore di vita del popolo cubano, garantendo per esempio a tutti un sistema sani-tario e scolastico completamente gratuiti e una casa per tutti. Queste misure rivoluzionarie permisero al popolo cubano di vivere dignitosa-mente malgrado un blocco criminale e genocida che gli USA imposero al Paese a partire dai primi anni ’60.

Sarebbe tuttavia sbagliato pensare che dopo la rivoluzione a Cuba fu in-staurato un autentico sistema socia-lista: sin dall’inizio infatti, nono-stante l’esistenza di alcuni organismi popolari a livello territoriale, le deci-sioni principali sull’economia e la ge-stione della società furono prese da una burocrazia senza un controllo

democratico dal basso. Allo stesso

tempo però i benefici dell’economia

pianificata sono stati evidenti.

Oggi le cose sono cambiate. Dopo il crollo dell’URSS, nel 1991, Cuba è ri-masta isolata e il blocco degli USA è diventato sempre più pressante, comportando un tragico calo del te-nore di vita della popolazione cu-bana, che ha dovuto sopportare enormi privazioni. Mentre inizial-mente gli aiuti provenienti dal Ve-nezuela erano riusciti in parte a so-stituire quelli dell’URSS, attual-mente il paese sta attraversando una profonda crisi economica dei cui effetti risente anche Cuba. Chiunque oggi visiti Cuba si troverà davanti un paese pieno di contrad-dizioni, in cui la gente vive in condi-zioni di povertà e privazioni (molti cubani non possiedono nemmeno le scarpe), sottoposta a misure di estrema austerità. La corruzione di-laga nell’apparato dello stato e le di-suguaglianze sociali fra il popolo e l’élite burocratica che governa il Paese sono sempre più evidenti e scandalose. Come marxisti rivoluzionari difen-diamo tutte le conquiste della rivo-luzione cubana che ancora non sono state intaccate: malgrado tutte le sue contraddizioni oggi Cuba rima-

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ne un sistema basato sull’economia pianificata, in cui le risorse sono controllate dallo stato e non da un pugno di fameliche multinazionali, in cui esiste ancora un sistema sco-lastico completamente gratuito dal-l’asilo all’università, in cui grazie alla sanità pubblica e gratuita la morta-lità infantile è pari a quella del Ca-nada. Il contrasto con la situazione di un qualsiasi altro paese del “terzo mondo” è ancora ben evidente.

Il fatto che invece di esportare armi e sfruttamento in Africa, come fanno i paesi capitalisti, i cubani esportino medici, vaccini e medicinali illustra il lascito della rivoluzione, che noi difendiamo con le unghie e con i denti, senza tuttavia nulla concedere alla burocrazia che governa l’isola e senza nascondere le enormi con-traddizioni della realtà cubana. Nella Cuba attuale bisogna innanzi-tutto lottare contro un grave peri-colo: la restaurazione del capitali-smo nell’isola. Negli ultimi vent’anni il governo cu-bano, per rispondere all’isolamento, ha cominciato ad aprire gradual-mente a riforme che hanno intro-dotto elementi di capitalismo e di li-bero mercato. Oggi l’economia dell’isola resta nazionalizzata e pia-nificata nel suo complesso, sanità e istruzione e le principali risorse del paese sono in mano pubblica;

tuttavia in alcuni settori, come nel tu-rismo, il governo ha aperto al capitale privato e alle multinazionali.

Queste misure pro-capitaliste che lo stato ha attuato negli ultimi anni lungi dal risolvere i problemi della gente comune non hanno fatto che aumentare le disuguaglianze e le con-traddizioni, aumentando il divario fra ricchi e poveri e alimentando ulterior-mente i privilegi della burocrazia.

Una parte consistente dell’attuale gruppo dirigente del Partito Comuni-sta, Raul Castro in primis, è favore-vole a introdurre a Cuba sempre più elementi di un’economia di mercato, seguendo l’esempio del Partito Co-munista cinese. Le conquiste della ri-voluzione rischiano oggi di essere completamente strangolate dall’ala pro-capitalista della burocrazia Cu-bana.

Sappiamo bene che è impossibile sal-vaguardare l’economia pianificata e le altre conquiste della rivoluzione ap-rendo al mercato e alle multinazio-nali: la minima concessione fatta ai capitalisti non farebbe che aumentare la loro forza e aprire la strada alla con-trorivoluzione.

Una controrivoluzione capitalista avrebbe effetti nefasti per la popola-zione cubana, che sarebbe nuova-mente alla mercé della mafia e delle

multinazionali e che sarebbe pri-vata anche dei diritti più elemen-tari, come quello alla salute e all’istruzione. Oggi il pericolo con-trorivoluzionario non viene solo dall’esterno come in passato, ma anche dall’interno.

Per salvaguardare le conquiste ri-voluzionarie occorre una rivolu-zione politica che cacci la burocra-zia e instauri un’autentica demo-crazia socialista, basata sul potere dal basso dei lavoratori, degli stu-denti e delle masse popolari Cu-bane. Occorre innanzitutto farla finita con la dittatura del Partito Comu-nista e instaurare un sistema mul-tipartitico in cui tutti coloro che difendono l’economia pianificata possano contribuire alla vita poli-tica del paese, un sistema in cui ogni politico e funzionario pub-blico percepisca uno stipendio pari a quello di un operaio specia-lizzato, senza privilegio alcuno. L’economia nazionalizzata an-drebbe posta sotto il controllo de-mocratico dei lavoratori, per evi-tare sprechi e corruzione. Infine, sarebbe necessario fare appello ai lavoratori e alle masse povere del continente affinché si organizzino e seguano l’esempio del popolo cu-bano estendendo la rivoluzione so-cialista in tutta l’America Latina.

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Liberi e Uguali ennesima truffa per i lavoratori Domenica 3 novembre si sono riu-niti i principali partiti della sinistra riformista italiana (MDP, Possibile e Sinistra Italiana) per dare vita ad una coalizione elettorale in vista delle elezioni. A tale incontro hanno partecipato i principali esponenti di questi partiti, fra cui Bersani e D’Alema (MDP), Civati (Possibile) e Fratoianni (Sinistra Italiana). Come candidato premier è stato scelto l’ex procuratore antimafia e attuale pre-sidente del Senato Pietro Grasso, fuoriuscito dal PD pochi giorni prima. È stato scelto il tragicomico nome “liberi e uguali”. Si tratta di una lista che riunisce tutti i peggiori tromboni socialdemocratici e della sinistra liberale italiana, persone che intendono riciclarsi in vista delle elezioni dopo aver collaborato per anni con il Partito Democratico, votando leggi contro i lavoratori.

Negli ultimi dieci anni infatti questi signori si sono resi complici del peg-gior massacro sociale dal dopo-guerra ad oggi ai danni dei lavora-tori, degli studenti e della gente co-mune, votando a favore di leggi di precarizzazione del lavoro come il Jobs Act, di privatizzazioni, di tagli alla sanità e all’istruzione e persino di aumento delle spese militari e di missioni di guerra in Medio Oriente e nell’ex-Iugoslavia.

Basti ricordare per esempio che Bersani e D’Alema votarono a fa-vore del pareggio di bilancio in cos-

tituzione, in base al quale i governi di ogni colore sono obbligati a tagliare la spesa pubblica e il welfare per pa-gare gli interessi sul debito a ban-chieri e industriali.

Del resto D’Alema quand’era presi-dente del consiglio autorizzò le ope-razioni militari della NATO sul suolo italiano contro la Serbia: è bene ri-cordare che tali operazioni avevano come fine il bombardamento a tap-peto delle città serbe, utilizzando an-che armi all’uranio impoverito. Tali bombardamenti indiscriminati pro-vocarono la morte di decine di mi-gliaia di civili innocenti, in massima parte vecchi, donne e bambini.

Con una sinistra del genere, la sini-stra della guerra e delle privatizza-zioni, noi non abbiamo nulla da che spartire. La stessa scelta del leader della lista è avvenuta in maniera au-toritaria e antidemocratica, senza nessuna decisione da parte della base: Grasso infatti non è stato eletto da nessuno, ma acclamato dai gruppi dirigenti di questa coalizione.

Nulla di più lontano dalle tradizioni della sinistra! Inoltre fino ad ora non è stato scritto nessun programma, nessuna rivendicazione concreta; si sono limitati a generiche afferma-zioni sulla libertà, l’uguaglianza e la democrazia. Affermazioni che risul-tano particolarmente ipocrite se si pensa alla storia di questi gruppi di-rigenti.

La lista “liberi e uguali” non ha, dal nostro punto di vista, alcuna utilità sociale e anzi è un ostacolo alla crea-zione di una sinistra autentica e radi-cale, una sinistra che abbandoni ogni illusione riformista e proponga un autentico programma anticapitalista, di rottura con il sistema sociale vi-gente, che nulla ha più da dare all’umanità se non guerre e miseria.

Costruire una sinistra degna di que-sto nome è un obiettivo che ci po-niamo per gli anni futuri, assieme ov-viamente a tutti i movimenti, sinda-cati e partiti che hanno come oriz-zonte la lotta contro il capitalismo.

Si tratta di una lista che riu-

nisce tutti i peggiori trom-

boni socialdemocratici e

della sinistra liberale ita-

liana, persone che inten-

dono riciclarsi in vista delle

elezioni dopo aver collabo-

rato per anni con il Partito

Democratico, votando leggi

contro i lavoratori.

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di Andrea Vignodelli

Con l'accordo tra Ue e Libia c'è stata un'ulteriore conferma di come, attra-verso la scusa di voler aiutare i popoli del terzo mondo "civilmente a casa loro", si cerca soltanto di fare gli in-teressi dei clan e gruppi terroristici e mafiosi libici che spesso hanno le-gami con le mafie italiane ed euro-pee. Una conferma che è arrivata dal video pubblicato dalla CNN in cui si vede come i migranti vengono ven-duti come schiavi. Oppure della de-nuncia di Amnesty International che accusa i paesi europei di soste-nere la marina libica che di fatto è collusa con i vari clan e gruppi terro-ristici locali, gruppi che di fatto in questo modo percepiscono i soldi e risorse tecnologiche (tra le quali al-cune navi e apparecchiature per in-tercettare i barconi nel Mediterra-neo) che alla fine vengono usati per intercettare e intimidire le navi di ONG come Medici Senza Frontiere e Save the Children.

Infatti tra i responsabili nel traffico di esseri umani c'è anche il capo della guardia costiera di Zawiya Al-Bija presso Sumatra da dove partono buona parte dei migranti. Al-bija viene considerato il capo indiscusso del Traffico dei migranti in Libia. Sono ufficialmente incaricati dal

per lo sviluppo per i paesi emergenti spesso vengono usati per sostenere i regimi dittatoriali.

Da tempo molti politici come il sena-tore Esposito dicono che è compito delle ONG salvare i migranti e non del governo. Ciò dimostra l'inquie-tante crollo di valori della politica in nome del capitale e del consenso che si vuole ottenere anche con metodi illegali. Atteggiamento particolar-mente disonesto e ipocrita conside-rando che le persone che fanno que-ste affermazioni sono le stesse che sostengono e sanno del comporta-mento disumano delle varie milizie libiche. Se le parti in causa, come i paesi europei da una parte e le varie forze in Libia dall'altra, fossero state realmente interessate alla salva-guardia dei diritti umani, avrebbero fatto in modo che le varie ONG po-tessero salvare i migranti per l'intera zona costiera del Maghreb con mag-gior sicurezza garantendo loro, in-vece di essere attaccati da gruppi ar-mati e da membri della guardia co-stiera libica, di essere protette e messe nelle condizioni di contra-stare il traffico di esseri umani con maggiore efficacia, facendo anche pressioni sulle maggiori forze politi-che al potere in una Libia frammen-tata per fermare questo scempio.

commando centrale di Tripoli del "pattugliamento della costa occiden-tale libica" cosa che gli garantisce un alto livello di impunità e dunque di poter agire indisturbati.

Il presidente di Amnesty Internatio-nal Italia Riccardo Noury sostiene che i centri di accoglienza in Libia sono in verità delle prigioni in cui non c'è alcuna garanzia di incolu-mità fisica delle persone, dove av-vengono ogni giorno torture e stu-pri, dove ci sono prigionieri tenuti in ostaggio fino a quando le famiglie non pagano, prigionieri venduti da una banda criminale all'altra.

Le tribù locali inoltre sono state pa-gate per bloccare la frontiera meri-dionale anche attraverso la collabo-razione di Niger e Sudan, che bloc-cano i migranti già dai loro punti di partenza.

Si stima che i centri-prigione in Li-bia siano circa 35 tutti fuori dal con-trollo dell'esecutivo in quanto sono gestiti (quasi) esclusivamente da mi-lizie fuori dal controllo governativo. Sono circa 1,3 milioni le persone, in-clusi sfollati interni, migranti, rifu-giati e richiedenti asilo, che "hanno bisogno di assistenza umanitaria".

Molti dei fondi provenienti dall'Eu-ropa che dovrebbero essere utilizzati

Libia UE complice di una crisi umanitaria

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Resistenze Internazionali è un’organizzazione politica di giovani e lavoratori. Facciamo parte del Committee for a Workers’ International (CWI), il Comitato per un’Internazionale dei Lavoratori, un’organizzazione internazionale pre-sente in 45 paesi, con un forte radicamento sindacale e giovanile. In alcuni paesi il CWI-CIL è il punto politico di rife-rimento di importanti lotte. È una forza determinante nel sindacato inglese; in Irlanda, dove ha tre parlamentari e ha diretto la lotta contro le Water Charges, in Spagna dirige il Sindicato de Estudiantes, un’organizzazione studentesca di massa, in Sud Africa è stato alla testa della lotta dei minatori e ha lanciato il WASP (Workers’ and Socialist Party), un nuovo partito della sinistra sudafricana. In Italia Resistenze Internazionali si batte per ricostruire un fronte politico dei lavoratori e della gente comune per dare una risposta anticapitalista alla crisi del sistema.

1. Lavoro Rivendichiamo la fine del lavoro interi-nale, l’abolizione di tutte le leggi di preca-rizzazione del lavoro a partire dalla legge Treu fino al Jobs act. Chiediamo l’introdu-zione della settimana lavorativa di 30 ore, la redistribuzione del lavoro disponibile a parità di salario e condizioni. Questo è l’unico modo per sconfiggere la disoccupa-zione e la concorrenza tra lavoratori. Ri-vendichiamo un salario minimo intercate-goriale garantito e una paga minima ora-ria di 10 euro. Lottiamo per un reddito di-gnitoso per chi è disoccupato o chi non

può lavorare.

2. Istruzione Ci battiamo per un’istruzione pubblica, laica, gratuita, di qualità e accessibile a tutti dall’asilo nido all’università, finan-ziata con un investimento non inferiore al 7% del PIL. Chiediamo l’abrogazione di tutte le controriforme della scuola a par-tire dalla riforma Gelmini e dalla Buona Scuola di Renzi. In particolar modo lot-tiamo per l’abolizione immediata dei tiro-cini gratuiti previsti dall’alternanza scuola lavoro. Tutte le attività lavorative prestate a scuola devono essere facolta-tive e retribuite.

3. Servizi pubblici Vogliamo un sistema integrato di tras-porto pubblico garantito e di qualità. Allo stesso modo lottiamo per una sanità gra-tuita e di qualità finanziata con fondi pubblici, e chiediamo l’immediata aboli-zione dei ticket. Ci battiamo per rinazio-nalizzare tutte le aziende privatizzate o in via di privatizzazione. Lottiamo per la na-zionalizzazione dei settori chiave del-l’economia: banche, industria, telecomu-nicazione, energia, trasporti, da mettere sotto il controllo e la gestione democra-tica degli utenti e dei lavoratori del set-tore.

4. Ambiente Senza una politica industriale, un piano nazionale dell’energia, dei trasporti e dei rifiuti diretti dallo Stato e sotto il controllo democratico di chi lavora, questi ambiti continueranno a essere gestiti in modo anarchico a danno dell’ambiente e della salute pubblica. Chiediamo la progressiva riconversione delle attività ad alto im-patto ambientale e la sostituzione dei combustibili altamente inquinanti con energie pulite e sicure e per una gestione razionale ed ecocompatibile del ciclo dei rifiuti e dei trasporti.

5. Diritti civili Lottiamo contro ogni forma di discrimi-nazione per motivi etnici, religiosi, legati al sesso e agli orientamenti sessuali, alla disabilità, alla malattia e per garantire a tutti l’autonomia economica e l’emanci-pazione individuale. Lottiamo per uno Stato laico separato dalla Chiesa Catto-lica. Rivendichiamo l’abolizione del Con-cordato del 1929 tra stato fascista e Vati-cano. Siamo per l’esproprio e la naziona-lizzazione del patrimonio immobiliare e finanziario della Chiesa Cattolica.

6. Pace Chiediamo il ritiro immediato dei soldati italiani all’estero e una drastica riduzione delle spese militari a favore della spesa so-ciale. Siamo per l’uscita immediata dell’Italia dalla NATO e per lo smantella-mento immediato delle basi militari ame-ricane presenti sul territorio italiano. Chiediamo la denuclearizzazione dell’Ita-lia e del mondo. Siamo contro l’Unione Europea perché spinge da decenni per la privatizzazione e la liberalizzazione delle aziende nazionali, milita per lo smantel-lamento dei diritti dei lavoratori. È un progetto funzionale agli interessi delle classi dominanti europee. Siamo favore-voli a una confederazione socialista su base volontaria dei paesi europei.

7. Internazionalismo Resistenze Internazionali fa parte di una rete mondiale di partiti e organiz-zazioni anticapitaliste coordinate atto-rno al CWI. Le condizioni di sfrutta-mento dei lavoratori non hanno né confini né colori nazionali, ma sono in-seriti all’interno di un sistema capitali-stico globale basato sullo sfruttamento del lavoro del 99% della popolazione per l’arricchimento dell’1%.

8. Rivoluzione In un mondo in cui 8 persone deten-gono la ricchezza complessiva di mezza umanità non può esserci nessun tipo di giustizia sociale. Soltanto l’abolizione della proprietà privata sui mezzi di pro-duzione e la pianificazione democratica dell’economia può creare le condizioni per una distribuzione più equa delle ri-sorse del pianeta. Serve una rottura ri-voluzionaria che possa portare la classe lavoratrice a conquistare il potere e co-struire una vera democrazia, in cui le ricchezze vengano prodotte e distri-buite in funzione delle necessità della collettività e non per il profitto di sin-goli individui.

9. Socialismo La nazionalizzazione dei mezzi di pro-duzione e la pianificazione democra-tica dell’economia creeranno le condi-zioni per lo sviluppo di una società dell’abbondanza nella quale il libero sviluppo del singolo sarà la condizione per il libero sviluppo di tutti. Chia-miamo Socialista quella società che avrà abolito lo sfruttamento degli es-seri umani da parte di altri esseri umani. Una società senza guerra, sfrut-tamento, discriminazioni e povertà.

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STOP alla repressione contro i lavoratori iraniani in lotta!

Il 5 gennaio i sindacati indipen-denti dell’Iran hanno rilasciato una dichiarazione in solida-rietà con le proteste di massa contro l’austerità e la dittatura scoppiate alla fine dell’anno scorso.

La dichiarazione è stata rila-sciata dal Sindacato dei Lavo-ratori del Trasporto di Teheran e dal Sindacato dei Lavoratori dell’Industria Alimentare di Haft Tapeh nella provincia di Khuzestan. Entrambi i sinda-cati sono stati coinvolti nelle recenti lotte e hanno subito una dura repressione.

Reza Shahabi, un dirigente de-gli autisti degli autobus a Tehe-ran ha subito vari processi dal 2010, ha scontato una pena di 6 anni in carcere ed è stato nuo-vamente imprigionato nel-l’agosto del 2017.

Incoraggiamo i nostri lettori a mandare messaggi di solida-rietà chiedendo la liberazione dei sindacalisti e manifestanti imprigionati. Sosteniamo ogni iniziativa per costruire un mo-vimento di lavoratori, giovani e sfruttati con l’obiettivo di co-nquistare i diritti democratici e trasformare l’Iran.

I messaggi devono essere man-dati al Sindacato dei Lavora-tori del Trasporto di Teheran a [email protected] e copie dei messaggi mandate al CWI a [email protected].

Basta con la repressione con-tro un popolo che lotta per so-pravvivere!

Le proteste delle classi povere, degli oppressi e dei lavoratori sono il risultato dell’ingiustizia sociale.

Per anni abbiamo detto che i nostri salari non sono sufficienti per vi-vere, ma nessuno ci ha ascoltati. Per mesi non ci hanno versato i nostri miseri salari, che sono solo un quinto di uno stipendio dignitoso che permetterebbe di vivere sopra la soglia di povertà. Il diffondersi sotto amministrazioni di ogni colore delle privatizzazioni, dei subappalti, dei contratti a breve termine e in bianco (dove i lavoratori devono dare al pa-drone un foglio in bianco firmato e munito delle impronte digitali) ha portato ad un aumento esponen-ziale degli attacchi ai diritti dei lavo-ratori e alla sicurezza sui posti di la-voro.

I prestiti bancari destinati alla co-siddetta “creazione di lavoro” sono stati utilizzati in realtà da persone corrotte per fare profitti. A causa di politiche sbagliate, portate avanti per gli interessi di pochissimi, ab-biamo visto un’esplosione della di-soccupazione. La povertà si è inten-sificata, è cresciuto il numero dei senza tetto, è aumentato l’impiego del lavoro minorile e il numero di persone costrette a rovistare nei ri-fiuti per poter sopravvivere. L’assi-curazione medica non è sufficiente per coprire le esigenze dei lavoratori e della gente comune.

La malversazione e il saccheggio delle risorse pubbliche sono diventati la norma. A causa dell’aumento del co-sto dei servizi e del carburante, anche i prezzi di altri beni e servizi si sono alzati. Le classi più povere sono state duramente colpite dalla riduzione dei sussidi. Inoltre mentre il livello dei sussidi mensili versati è fisso, i prezzi dei beni sono diventati estrema-mente liberalizzati. Lavoratori e pro-fessori che hanno protestato legitti-mamente sono stati licenziati, fru-stati e imprigionati.

Il Sindacato dei Lavoratori del Tra-sporto di Teheran, il Sindacato dei Lavoratori dell’Industria Alimentare di Haft Tapeh, altri sindacati indi-pendenti e associazioni di lavoratori e professori che lottano per difendere i propri diritti non sono ufficialmente riconosciuti, sono violentemente re-pressi e i loro iscritti vengono spesso imprigionati e processati.

La Costituzione viene sistematica-mente violata dato che ai lavoratori non viene riconosciuto il diritto fon-damentale di protestare e di formare sindacati indipendenti che possano difendere i loro diritti.

Tutti i lavoratori in lotta hanno su-bito queste ingiustizie. La violenza non è una risposta legittima nei con-fronti di chi lotta per sopravvivere!

Sindacato dei Lavoratori del Tra-sporto di Teheran

Sindacato dei Lavoratori dell’Indu-stria Alimentare di Haft Tapeh

Aggiornamenti su resistenzeinternazionali.it e socialistworld.net

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Traduzione di una dichiarazione di Ruth Coppinger, membro del Socia-list Party e deputata irlandese.

In Irlanda una commissione parla-mentare ha preso una decisione molto importante concedendo l’ac-cesso all’aborto senza restrizioni fino a 12 settimane. Questa misura per-metterà di praticare il 92% degli aborti nel paese. La commissione ha anche chiesto l’indizione di un refe-rendum per cancellare l’ottavo eme-ndamento della costituzione che vie-ta l’aborto.

L’Irlanda e Malta sono gli unici paesi europei dove l’aborto è illegale. Que-sto riflette l’atteggiamento estrema-mente reazionario dello Stato irlan-dese rispetto al diritto delle donne di controllare il proprio corpo, incluso il diritto di scegliere quando e se avere figli. Allo stesso tempo, come in altri paesi, i costi altissimi dell’al-loggio, i salari bassi, il lavoro preca-rio e le politiche di austerità imple-mentate da governi di ogni colore, hanno reso la scelta di avere figli più difficile per le donne della classe la-voratrice. Solo 4 anni fa gli stessi partiti, che ora sostengono il diritto di scegliere, avevano votato a favore dell’aborto solo nei casi in cui la gra-vidanza mettesse a rischio la vita della donna, imponendo la necessità dell’approvazione di una commis-sione di medici, e una pena di 14 anni di carcere per chi si procurasse un aborto o chi aiutasse una donna ad ottenerlo!

Cosa spiega questo cambiamento di posizione da parte dei partiti del-l’establishment che sono così legati alla Chiesa cattolica? È chiaro che questa svolta è stata forzata dal mo-vimento al di fuori dal parlamento, soprattutto negli ultimi anni.

In particolare, numerosi parlamen-tari hanno messo in luce l’uso capil-lare delle pillole abortive ottenute online che ha reso insostenibile lo status quo. Attivisti del Socialist Party (CWI Ir-landa) e ROSA, il gruppo femminista socialista, hanno giocato un ruolo chiave nel pubblicizzare la disponibi-lità di queste pillole, insieme a Wo-men on Web che fornisce le pillole nei paesi dove l’aborto è illegale.

Nell’ottobre del 2014, ROSA ha orga-nizzato un’azione determinante, ri-scostruendo il famoso “treno contra-cettivo” del 1971. Il “treno della pil-lola abortiva” ha attirato pubblicità mediatica quando gli attivisti hanno apertamente importato le pillole ille-gali. Questo ha permesso a molte donne di accedere all’aborto sicuro, ma è stata anche un’azione politica, una sfida diretta contro l’ottavo emendamento. Inoltre un autobus della pillola abortiva, sempre orga-nizzato da ROSA, ha girato le princi-pali città dell’Irlanda nel 2015 e di nuovo nel marzo del 2017. Nel 2016 attivisti del Socialist Party hanno an-che organizzato azioni utilizzando i droni per distribuire le pillole abor-tive. La morte di Savita Halappanavar, a cui era stato rifiutato un aborto nel 2012, aveva innescato un’ondata di sostegno per la cancellazione dell’ot-tavo emendamento, soprattutto fra i giovani per i quali l’aborto è diven-tato il tema politico più importante. Emblematico della svolta dell’opi-nione pubblica in chiave anticattolica è stato il referendum del 2015 sul matrimonio gay. Il movimento a fa-vore è stato vittorioso e ha mobilitato migliaia di persone, incluse quelle dei quartieri più popolari. Ciò è ser-vito ad aumentare la fiducia nella

possibilità di sfidare la Chiesa, il suo legame con lo Stato e in particolare, la sua presa sul sistema sanitario e sulle scuole. Le raccomandazioni della commissione parlamentare rappresentano una svolta impor-tante, ma adesso devono essere vo-tate dal parlamento. I due partiti tra-dizionali, Fine Gael e Fianna Fáil, non hanno ancora espresso le loro intenzioni di voto sul tema. La Chiesa lotterà per mettere pressione sui parlamentari perché annacquino le proposte. È importante che il mo-vimento a favore del diritto al-l’aborto mantenga la pressione mo-bilitandosi durante il dibattito in parlamento, non solo per l’imple-mentazione delle proposte, ma an-che per il diritto all’aborto oltre le 12 settimane. Un referendum sarà ne-cessario per cancellare il divieto co-stituzionale e probabilmente sarà in-detto a maggio o a giugno. La parte-cipazione a questo referendum sarà sicuramente massiccia e potrebbe superare persino quella del referen-dum sul matrimonio gay.

Esiste un enorme potenziale per co-struire un polo femminista socialista nella lotta referendaria. La rabbia si estende oltre la questione del-l’aborto. I giovani più politicizzati stanno mettendo in causa anche il crescente sessismo e la violenza di genere, la crescita dei senza tetto, gli effetti dell’austerità sulla qualità della vita, e la precarietà generati dal capitalismo. Il 2018 sarà un anno chiave per i diritti delle donne in Ir-landa. Lottare per un reale diritto di scegliere significa lottare anche per una società socialista che garantisca, insieme ai diritti sulla riproduzione, alloggio e salario dignitosi, e aiuti gratuiti e di qualità all’infanzia per tutte e tutti.

Importante decisione sull’aborto in Irlanda

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Resistenze Internazionali con Potere al Popolo

La nascita del progetto di Potere al Popolo, lanciato dai compagni napo-letani dell’Ex OPG, rappresenta un coraggioso tentativo di ridare voce ai giovani, ai precari e ai lavoratori esclusi da oltre un decennio dalla rappresentanza politica.

Per la prima volta da parecchi anni si discute della possibilità di dare vita, non soltanto ad una lista elettorale, ma ad un progetto politico vero e proprio. Un progetto politico popo-lare di sinistra, antiliberista.

Il progetto di Potere al Popolo vede l’adesione e l’attivo coinvolgimento non soltanto di organizzazioni politi-che strutturate ma di migliaia di gio-vani che si stanno avvicinando alla militanza e alla lotta politica grazie a questo nuovo progetto.

La lista Potere al Popolo ha già pro-dotto nelle ultime settimane un im-portante numero di assemblee terri-toriali che hanno coinvolto migliaia di giovani e lavoratori. Come è emerso con chiarezza nelle varie as-semblee che si sono tenute l’obiet-tivo dei partecipanti non è soltanto quello di partecipare alla competi-zione elettorale, ma prima di tutto quello di lavorare collettivamente alla nascita di un raggruppamento politico nuovo in grado di dare voce agli esclusi. Il programma di Potere al Popolo ci sembra un programma condivisibile nei suoi orientamenti generali.

In particolar modo ci convincono al-

cune rivendicazioni tra le quali:

1.Costruire un’altra Europa fondata sulla solidarietà tra la-voratrici e lavoratori, sui diritti sociali, che promuova pace e politiche condivise con i popoli della sponda sud del Mediterra-neo

2. La cancellazione del Jobs Act, della legge Fornero sul lavoro, e di tutte le leggi che negano il di-ritto ad un lavoro stabile e si-curo

3. La cancellazione delle princi-pali forme di lavoro diverse dal contratto a tempo indetermi-nato, a partire dal contratto a termine “acausale” e dai vou-cher

4. La messa fuori legge del la-voro gratuito, a qualsiasi titolo prestato

5. La fine delle discriminazioni di genere e della disparità sala-riale

6. Misure incisive per la sicu-rezza sul lavoro, aumentando fondi e risorse per i controlli

7. La riduzione dell’orario di la-voro a 32 ore settimanali, tanto più necessaria a fronte dei pro-cessi in atto di automazione delle produzioni;

Convinti della necessità di lavorare

alla ricostruzione di un polo alterna-

tivo di classe nel nostro paese, Resi-

stenze Internazionali, ha scelto di

sostenere questo progetto e di lavo-

rare per la trasformazione della lista

Potere al Popolo in una nuova sog-

gettività politica in grado di mobili-

tare il 99% della popolazione in una

battaglia anticapitalista.

Quale che sia l’esito delle elezioni

del 4 marzo, Resistenze Internazio-

nali continuerà a lavorare convinta-

mente con i compagni che hanno

dato vita alla lista Potere al Popolo

per costruire dal basso una nuova

soggettività politica con la quale ri-

dare protagonismo alla nostra

gente, con la quale dare struttura-

zione e organizzazione alle lotte e

alle mobilitazioni sociali, con la

quale legare e unificare le variegate

e multiformi resistenze ad una so-

cietà costruita sul pregiudizio, sulla

discriminazione, sullo sfruttamento

del 99 % della popolazione.

Per Resistenze Internazionali riven-

dicare “potere al popolo” significa

lottare per una società nella quale gli

interessi della stragrande maggio-

ranza della popolazione primeggino

sui profitti privati dei capitalisti.

#accettiamolasfida

Le ragioni della nostra scelta

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A due anni dall’entrata in vigore ob-bligatoria dell’Alternanza Scuola La-voro prevista dalla riforma Buona Scuola di Renzi è necessario fare il punto su cosa sia effettivamente que-sta alternanza e su quali siano i suoi reali effetti ed utilità per gli studenti coinvolti. Questo è lo scopo di sondaggioal-ternanza.it, un sondaggio che si ri-volge a tutti gli studenti del triennio

sondaggioalternanza.it appartenenti a ogni tipologia di scuola superiore.

Resistenze Internazionali e COBAS Scuola Genova hanno deciso di dare vita a questo progetto, che nasce so-prattutto dalla necessità di dare voce agli studenti e fare chiarezza sull’effet-tivo esito dell’alternanza scuola lavoro. I risultati di questo sondaggio saranno resi noti nelle prossime settimane.