UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione...

48
1 (Bozza aggiornata e corretta al 21.7.2018) Venerdì 27 aprile 1945 La “NASSA”: una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara”

Transcript of UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione...

Page 1: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

1(Bozza aggiornata e corretta al 21.7.2018) Venerdì 27 aprile 1945 La “NASSA”: una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara”

Page 2: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000) 1935: Foglio 37 – Thiene, Tav III S.O. e Marostica, Tav. III S.E.; Foglio 50 – Dueville, Tav. IV N.O. e Sandrigo, Tav. IV N.E. Sino a oggi le ricostruzioni della tragica morte dei Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara”, l’ing. Giacomo Chilesotti “Nettuno-Loris”1 l’ing. Giovanni Carli “Ottaviano-Alfa”,2 e di quella dello studente universitario Attilio Andreetto “Sergio”,3 hanno sempre ruotato attorno a due “verità” contrapposte: - la tesi di chi afferma che, nella notte tra il 26 e 27 aprile, Villa Cabianca è già in mani partigiane, o almeno che c’è chi vuole arrendersi ai partigiani, e nel contempo che la morte dei Comandanti è stata solo una tragica fatalità, se non persino una congiura comunista;4 - e la tesi di chi parla di un tentativo di accordo tra l’ala “badogliana-cattolico-moderata” della Resistenza e i nazi-fascisti, sostenendo inoltre che i Comandanti sono uccisi perché contrari a quell’intesa.5 Nel tentativo di dimostrare che è viceversa plausibile un’altra “verità”, meno faziosa, e che scaturisce dalla seria ricerca ed analisi storica, vogliamo proporre una possibile diversa lettura di questi avvenimenti. Un percorso che, senza alcuna pretesa di essere la“versione storica definitiva”, stimoli ulteriori e più approfonditi studi, magari con una maggiore attenzione al ruolo svolto dal maggiore Mario Carità e dal Servizio di Sicurezza delle SS, il BdS-SD, nel Veneto e nel Vicentino, in particolare nella partita giocata a Villa Cabianca tra il 26 e il 29 aprile 1945, con l’assassinio dei Comandanti, ma anche sullo stretto legame che sembra esserci tra la “Strage di Dueville”, di cui abbiamo già scritto,6 e l’eliminazione di Andreetto, Carli e Chilesotti. 1 Vedi in Approfondimenti - Giacomo Chilesotti “Nettuno-Loris”. 2 Vedi in Approfondimenti, - Giovanni Carli “Ottaviano-Alfa”. 3 Vedi in Approfondimenti, - Attilio Andretto “Sergio”. 4 F. Binotto, B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit.. 5 E. Ceccato, Patrioti contro partigiani, cit.; U. De Grandis, Il caso “Sergio”, cit.; A. Galeotto, Brigata Pasubiana, Vol. II, cit. 6 PL. Dossi, Ultimi giorni di guerra a Dueville, cit., in www.studistoricianapoli.it.

Page 3: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

3 Una ricostruzione, la nostra, che sembra raccontare che la Villa sia sempre rimasta sotto il controllo della “Banda Carità”, un’associazione di criminali nazi-fascisti maestri nella tortura e nell’inganno, e che l’eliminazione dei Comandanti sia stata una loro operazione “diabolica”: una gravissima perdita, non tanto per la “Lotta di Liberazione”, ormai vittoriosamente conclusa, quanto e soprattutto per aver privato di questi uomini la giovane democrazia italiana. Per motivare meglio questi nostri convincimenti tenteremo di analizzare gli elementi in nostro possesso, nella speranza di dare comunque spunti utili di riflessione. Villa Cabianca Villa Chiericati Cabianca, oggi Lambert Showa, si trova tra il Bassanese e l’Alto Vicentino, a Longa di Schiavon, tra l’allora Strada Provinciale “Marosticana” e la strada che porta a Friola di Pozzoleone e al fiume Brenta: una deliziosa villa patrizia veneta, arricchita in alcune stanze da affreschi cinquecenteschi e immersa nel verde di un grande parco. Villa Cabianca, nell’inverno 1943-1944, viene requisita dalle autorità repubblichine al legittimo proprietario, il dott. Giangiacomo Mugna, e destinata a sede della SS-Ausbildung Schule, ovvero la Scuola di spionaggio delle SS Italiane; “Cabianca” viene protetta da alcune batterie contraeree, difesa da garitte e filo spinato e vi si accasermano almeno un centinaio di SS-Italiane.7 SS Italiane in rastrellamento Nella Scuola si insegna agli allievi - tutti volontari e consapevoli delle azioni che devono svolgere - l’arte dell’infiltrazione, del sabotaggio, della caccia ai “banditi”; si formano cioè agenti in borghese e spie, sabotatori e manovalanza addestrata a compiti di rastrellamento.8 Gli appartenenti alla Scuola vengono così occupati: - una parte minima, i più fidati, negli uffici; - i più esperti sono addetti al servizio esterno, cioè al servizio informazioni, d’intelligence, nelle sue diverse forme; un lavoro che richiede intelligenza e un certo grado di cultura; costoro normalmente non sono impiegati nelle azioni di polizia e di rastrellamento, che vengono da essi preparate, ma eseguite dal gruppo successivo; - tutti gli altri, in divisa delle SS Italiane,9 sono adibiti al servizio di guardia all’interno della Villa e nelle numerose garitte di cui è ricca, ma soprattutto sono impiegati nei rastrellamenti e nelle azioni di polizia, dove sono richieste soltanto attitudini fisiche e assenza di scrupoli. 7 Le SS-Italiane non sono un corpo della RSI, ma del Terzo Reich tedesco; si proclamano apertamente naziste, ammiratrici della Germania di Hitler al punto di giurare fedeltà al nazismo, alla Germania, e non all’Italia. Il comando operativo delle SS-Italiane è affidato al generale tedesco Peter Hansen Tschimpke. 8 ASVI, CAS, b.26, fasc.1838, Deposizione Comandante “Villa” del 4.10.45; ASVI, CLNP, b.15 fasc.19, b.16, fasc. M; B. Gramola, R. Fontana, Il processo del Grappa, cit. pag.60. 9 Uniformi delle SS-Italiane: l’equipaggiamento era scarso e vario, frutto delle rimanenze dei magazzini tedeschi e italiani. Generalmente la giubba era quella italiana, i pantaloni erano modello rotondo (rundbundhosen) dei paracadutisti o quelli del regio esercito. Le divise, a differenza delle SS-Tedesche, hanno inizialmente mostrine rosse. I gradi sono ordinati secondo la gerarchia tedesca. Sui berretti e sugli elmetti il “teschio d’argento” e le due S stilizzate

Page 4: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

4 SS- Sturmbannfüehrer Maggiore delle SS Italiane SS-Houptsturmführer Capitano delle SS Tedesche SS-Houptsturmführer Capitano delle SS Italiane dipinte in vernice bianca; sul cinturone la sinistra fibbia con il teschio incrociato dalle ossa. Unico segno distintivo per evidenziare la diversa nazionalità d’origine: un’aquila su fascio littorio romano, sostituito verso la fine del 1944 con simbolo delle tre frecce incrociate racchiuse in un cerchio da portare sulla mostrina destra.

Page 5: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

5 La Scuola delle SS Italiane seleziona i suoi primi uomini tra l’ex Milizia Portuaria italiana; l’organizzatore è l’ex “console generale”, ora SS-gruppenführer (generale di divisione-SS) Giuseppe Visconti, a cui fanno seguito in scala gerarchica i sottotenenti-SS: Antonio Nalin, Ernesto De Gasperi, Virgilio Corso, Orlando Boranga, Mario Minozzo, Primo Da Rold e Tagliabue. “Cabianca” non ha scopi solo didattici, ma al proprio interno agisce anche un ufficio operativo di spionaggio, l’Ufficio “Informazioni”, che raccoglie le notizie, le divide, le traduce in tedesco e le passa al competente Servizio Informazioni delle SS tedesche, il BdS-SD, il cui Comando in Italia ha sede a Verona.10 L’Ufficio “Informazioni” di Villa Cabianca opera in tutto il territorio italiano occupato dai tedeschi e dagli Alleati, e negli archivi della Villa si ammucchiano informazioni sullo stesso Mussolini, sul Pontefice, sui massimi gerarchi hitleriani e su alti ufficiali della Wehrmacht in Italia. Le attività d’intelligence e di repressione svolte a “Cabianca” sono prima collegate a quelle dell’“Italienische Sonderabteilung”, il “Reparto speciale italiano”, più noto come “Banda Carità”, fino a fondersi completamente nel gennaio ‘45, quando a Villa Cabianca si installa ufficialmente il maggiore Mario Carità, che “sostituisce” il generale Giuseppe Visconti: “nel febbraio ’45, Visconti parte per ignota destinazione”. Villa Cabianca, prima diventa una Sezione staccata dipendente da Villa Giusti di Padova, poi, nell’aprile ‘45, diviene il Quartier Generale della “Banda Carità”, con le sezioni di Padova, Este e Vicenza. Qual è il reparto nazi-fascista presente a Villa Cabianca nell’aprile 1945? Sembra condiviso da tutti quelli che hanno scritto sulla vicenda, che la richiesta di incontrare a Longa di Schiavon i massimi esponenti delle formazioni partigiane “autonome”, sia venuta direttamente da Villa Cabianca, ma sulla questione di chi sia presente in quei giorni in Villa, la confusione tra le fonti regna sovrana: si parla di SS Italiane, di X^ Mas, di tutte e due, ma anche di SS Tedesche e di “Banda Carità”, confondendo ripetutamente le une con le altre. C’è chi afferma persino che “il Generale di divisione delle SS italiane non è mai esistito”. 11 Vediamo di riuscire a fare un po’ di chiarezza. • A “Cabianca” non è presente la Decima Mas Prima di tutto possiamo escludere che a Villa Cabianca siano presenti reparti della X^ Mas, in quanto il 27 aprile 1945:12 - il 1° Gruppo da Combattimento, in ritirata dal fronte sud, dopo il passaggio dell’Adige, è in cammino in direzione nord-ovest, verso Cona e Conselve (Pd), raggiunte solo verso il 27 sera; - il 2° Gruppo di Combattimento, di stanza nell’Alto Vicentino, sta tentando di concentrarsi a Thiene, ma i reparti dislocati a Bassano, cioè il Btg. Alpini “Valanga”, il 2° e 3° Gruppo d’Artiglieria “Da Giussano” e “S. Giorgio”, sono fortemente rallentati dalla ritirata tedesca e arrivano a Marostica solo il 28 mattina; ad accoglierli nella cittadina una compagnia del Btg. “Valanga”, accasermata a Villa Gusi, fuori Porta Breganze. Marostica è poi circondata dai partigiani scesi dalla pedemontana e la colonna della X^ Mas è costretta a fermarsi a presidio, impossibilitata a continuare la marcia verso Thiene. I tre reparti della X^ Mas si accordano con i partigiani alle ore 20:30 dello stesso giorno, dopo una lunga trattativa condotta dal colonnello Luigi Rodella per le formazioni partigiane, e dal 10 R. Caporale, La Banda Carità, cit., pag.208 e 212. 11 B. Gramola, La Storia della “Mazzini”, cit., pag.132-133; M.A. Pigatti Ranzoli, Giacomo Chilesotti, cit., pag.139; B. Gramola, Fraccon e Farina. Cattolici nella Resistenza, cit., pag.132-134; U. De Grandis, Malga Silvagno, cit., pag.360-365; U. De Grandis, Il “caso Sergio”, cit., pag.258-271; E. Ceccato, Patrioti contro Partigiani, cit., pag.211-246, 268, nota80; F. Binotto, B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit.; Il Presente e la Storia, di Marco Ruzzi, L’apparato militare della RSI, cit., pag.145-146 e nota56-57 e 58. Una confusione che non si limita a ignorare la differenza sostanziale esistente tra SS italiane e tedesche, o tra altri corpi militari coinvolti nella vicenda, ma che confonde, ad esempio, anche il “Corpo di Sicurezza Trentino” con la “polizia bolzanina”, cioè le SS della Polizeiregiment, l’Ordnungspolizeiregiment, formati da altoatesini. Benito Gramola, nella confusione generale, riesce comunque a distinguersi, negando persino l’esistenza del gen. Giuseppe Visconti, capo della potente organizzazione d’intelligence delle SS Italiane. Infine, “Ermes” può anche aver visto a Villa Cabianca uomini in divisa della X^ Mas, ma costoro possono anche essere uomini della “Banda Bertozzi”, cioè dell’ex Ufficio d’intelligence della Divisione X^, poi assorbito dalla “Banda Carità”, così come molte altre polizie nazi-fasciste. 12 ASVI, CLNP, b.11 fasc.31; L. Valente, Dieci giorni di guerra, cit., pag.233-234, 422, nota144.

Page 6: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

6capitano Manlio Morelli per la X^ Mas. L’accordo prevede la consegna delle armi della truppa, che può tornare a Bassano (da dove i comandanti della X^ Mas ritengono potranno più facilmente sfuggire agli americani), mentre gli ufficiali e i sottufficiali restano armati. I feriti, tra cui il maggiore Guido Borriello, comandante dei due gruppi d’artiglieria e il capitano Manlio Morelli, comandante del Btg. Alpini “Valanga”, restano a Marostica come ostaggi. Affermare quindi, che i Comandanti della Divisione “Ortigara” sono diretti a Longa per …, o anche per la resa della X^ Mas, può essere certamente motivato dalla confusione del momento; ma se viceversa, di confusione non si tratta, o non solo, è legittimo supporre che la volontà di trattativa della X^ Mas, poi sviluppatasi separatamente a Marostica e a Thiene, è stata sfruttata da altri per attirare i Comandanti in trappola. Una possibile conferma indiretta a questa seconda ipotesi, la possiamo trovare nella testimonianza del comandante partigiano Ermenegildo Farina “Ermes”,13 che parlando della presunta trattativa di resa della X^ Mas a Longa, pare convinto sia della presenza della X^ a Villa Cabianca, sia del fatto che in caso di successo della trattativa: “contemporaneamente capitolerebbero i presidi di Bassano, Marostica, Thiene ed altri”.14

• A Villa Cabianca non c’è più la Centrale operativa dell’intelligence delle SS Italiane perché già assorbita dalla “Banda Carità” La Scuola di polizia e controspionaggio delle SS-Italiane (SS–Ausbildungschule), ha operato a Villa Cabianca dal gennaio al dicembre ‘44, e come abbiamo già motivato è stata poi assorbita definitivamente dal BdS-SD, nello specifico dalla “Banda Carità”, l’“Italienische Sonderabteilung”, il “Reparto speciale italiano” del Servizio di Sicurezza delle SS Tedesche. 15 L’“Italienische Sonderabteilung”, meglio conosciuto come la “Banda Carità”, dal nome del suo comandante, il maggiore Mario Carità, nasce nel ‘43 come Reparto Servizi Speciali (RSS) della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR) di Firenze, e ha il compito di scoprire e catturare, in collaborazione con le SS Tedesche, gli esponenti e i militanti della Resistenza. All’avvicinarsi del fronte, la “Banda Carità” si sposta al nord, prima a Bergantino (Rovigo), e poi, alla fine dell’ottobre ’44, a Padova: l’obiettivo è piegare la lotta della Resistenza che ha nell’Università il suo centro propulsore. Dal suo arrivo nel Veneto, l’organizzazione della “Banda Carità”, pur rimanendo ancora ufficialmente un Reparto della GNR, viene mutuata come il BdS-SD tedesco, dividendosi in una Sezione Investigativa (Ufficio “A”) e una Sezione Operativa (Ufficio “B”): - l’Ufficio “A”, come la SD tedesca, si occupa del collegamento con i vari reparti e uffici tedeschi e italiani, del movimento del carteggio prigionieri e di mansioni di polizia quali fermi, perquisizioni domiciliari, arresti, interrogatori (in questo coadiuvato dall’Ufficio “B”); nel suo periodo di permanenza a Padova il responsabile è il tenente Giovanni Castaldelli; - l’Ufficio “B”, come la Gestapo tedesca, è il nucleo operativo che si occupa di mansioni di polizia coadiuvando l’Uff. “A”; nel suo periodo di permanenza a Padova il responsabile è il tenente Pietro Baldini. Nel contempo, la “Banda Carità” assorbe direttamente alcuni “uffici politico-investigativi” della GNR e li muta in sue sezioni, come a Padova, Vicenza e Este; altri UPI diventano viceversa sedi dal BdS-SD, come Schio e Bassano. Il legame con le autorità tedesche si fa sempre più stretto sino a quando il RSS di Carità diventa a tutti gli effetti un reparto del BdS-SD, assumendo la nuova denominazione di “Italienische Sonderabteilung”, ossia “Reparto Speciale italiano” del Servizio di Sicurezza delle SS e Polizia (BdS-SD); Mario Carità acquisisce così il grado di SS-Sturmbannführer (maggiore delle SS tedesche), divenendo a tutti gli effetti ufficiale e alto dirigente delle SS-SD. 16 13 Vedi Approfondimenti - Ermenegildo Farina “Ermes”. 14 L. Carli Miotti, Giovanni Carli, cit, pag.261. 15 R. Caporale, La Banda Carità, cit., pag.200-208, 215-218; E. Ceccato, Patrioti contro partigiani, cit., pag.211-214. 16 ASVI, Danni di guerra, b.282 fasc.19049; Il Giornale di Vicenza del 8.3.46. Nel processo di Vicenza del 7.3.46 contro Umberto Usai, il prof. Giustino Nicoletti, arrestato e seviziato, e poi condotto a Padova, afferma che a Villa Giusti gli uomini del maggiore Carità hanno prestato il 31 gennaio 1945,

Page 7: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

7A Villa Giusti a Padova, a Villa Cabianca di Longa di Schiavon, a “Villa Triste” di Vicenza, gli uomini di Carità prestano ufficialmente giuramento di fedeltà “per la vita e per la morte” ad Adolf Hitler. Nel contempo, l’intelligence tedesco assorbe definitivamente anche altri organismi già repubblichini, come il “Plotone Arditi”, cioè la “squadra politica” della Polizia Ausiliaria Repubblicana (PAR) del capitano Giovanni Battista Polga, la “Banda Fiore” del SSS Marina, la “Banda Bertozzi” della X^ Mas, e il “Reparto Azzurro” del SSS Aeronautica. Timbro del BdS-SD/Reparto speciale italiano (Banda Carità) e firma del sottotenente-SS Umberto Usai Der Befehlshaber der Sicherheitspolizei und des SD in Italien - Italienische Sonderabteilung (ASVI, Danni di guerra, b.282 fasc.19049). Conferme della presenza nell’aprile ‘45 del maggiore Mario Carità e del suo Reparto a Villa Cabianca, non in transito, ma perché loro “Quartier Generale”, ci sono segnalate anche da altre fonti: - in data 7 aprile ‘45 da una comunicazione scritta da “Silva” (Renato Nicolussi “Beppo-Silva”), comandante della Brigata “Martiri di Granezza”, a “Loris” (Giacomo Chilesotti “Nettuno-Loris”) comandante della Divisione “Monte Ortigara”: “Il Maggiore comandante la rete spionistica della S.D. di Padova [Carità] la settimana ventura sarà trasferito a Sandrigo [Longa di Schiavon]. Fate provvedere dalla squadra locale a prendere provvedimenti. Detto Maggiore è criminale di guerra”.17 - nel documento, datato 19 aprile ‘45 e destinato “an der Befehlshaber Der Sicherheitspolizei und des SD in Italien - LAITER I/II di Verona“, cioè al Comando in Italia del BdS-SD, troviamo l’elenco del personale militare della “Banda Carità” e della sua dislocazione presso la Sede Centrale di Villa Cabianca a Longa di Schiavon e presso le Sezioni staccate di Padova, Vicenza ed Este.18 - dal marconigramma del 26 aprile ‘45, la “Missione Rocco Service” (MRS)19 comunica agli Alleati: “Il magg. Carità e il suo gruppo si trovano nella villa 45/40/50 Nord 0/48/40 Ovest per attività politica nell’area di Vicenza. Si riporta che i depositi sono stati accresciuti e che la villa è stata attrezzata come una fortezza”. 20 giuramento di fedeltà per la vita e per la morte a Hitler; ha avuto notizia che analoga cerimonia si sarebbe svolta anche Vicenza con la partecipazione dell'imputato. In vari documenti è possibile rilevare il timbro del BdS-SD tedesco assegnato alla “Banda Carità” e le firme di uomini di Carità con il grado ricoperto nelle SS tedesche. 17 IVSREC, b.43, Biglietto di Silva a Loris; E. Ceccato, Patrioti contro partigiani, cit., pag.211-212. 18 I. Mantiero, Con la brigata Loris, cit., pag.184; R. Caporale, La Banda Carità, pag.208-212; ISTREVI, intervista a R. Vedovello; CSSMP, Testimonianze, intervista a R. Vedovello. Il documento della “Banda Carità” fa parte del materiale recuperato da Roberto Vedovello “Riccardo”, nell’azione del 24 aprile ‘45 a Lupia di Sandrigo. 19 PL. Dossi, Atlante Storico della Guerra di Liberazione nel Vicentino, Cap. 1943, scheda: 10 ottobre 1943, Arriva in Veneto la Missione Militare italo-inglese “Marini-Rocco Service”. 20 IVSREC, Public Record Office, War Office, b.204, fasc.7299, Barograph, 26th April [1945]; E. Ceccato, Patrioti contro Partigiani, cit., pag.235.

Page 8: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

8 Il BdS-SD - Befehlshaber der Sicherheitspolizei und des SD Il BdS-SD – Befehlshaber der Sicherheitspolizei und des SD, è l’Ufficio, il Comando della Polizia di Sicurezza del Reich (SIPO-Gestapo) e della Polizia di Sicurezza del Partito nazista (SD).21 Dopo un breve periodo in cui i due principali organi di sicurezza dello Stato sono stati in conflitto fra loro, la Geheime Staatpolizei – Gestapo (Polizia Segreta di Stato) giunge a operare in unione e sintonia con il Sicherheitsdienst des Reichsführers-SS – SD (Servizio di Sicurezza del Partito Nazionalsocialista): il SD viene impegnato principalmente a raccogliere informazioni sui “sovversivi”, mentre la Gestapo provvede agli arresti. Questo nuovo organismo d’intelligence viene chiamato BdS-SD. Nei giorni immediatamente successivi all'8 settembre ‘43, a Verona si installa il Comando Generale Area "Garda See" dell’Ufficio centrale per la Sicurezza del Reich il cui massimo dirigente in Italia, responsabile anche della gestione dei campi di Fossoli e Bolzano, è il SS-Brigadeführer (generale di brigata) e Generalmajor (maggior generale) di polizia, Wilhelm Harster. Aiutante maggiore di Wilhelm Harster è l’SS-Sturbannführer (maggiore) Fritz Kranebitter, comandante della IV Sezione - Gestapo. Il comando di Wilhelm Harster, organizzato sul modello della sede centrale di Berlino (RSHA), conta a fine guerra 248 effettivi, in buona parte austriaci e altoatesini, suddivisi in 2 settori, uno di polizia e uno di Intelligence, e 7 uffici operativi. Il personale delle SS e della Polizia provengono da un retroterra fatto di ideologizzazione ed esperienze maturate sul fronte orientale che li predisponeva a comportamenti radicali. Gli ufficiali non sono solo dei nazionalsocialisti convinti e dei “alte Kämpfer” (nazisti della prima ora), ma anche degli specialisti della lotta anti-partigiana. Già nel novembre ’43 Wilhelm Harster stabilisce il diritto d’intervento da parte tedesca in tutti gli affari di polizia italiani e pretende al tempo stesso che le autorità repubblichine funzionino come organi esecutivi della polizia tedesca.22 La struttura organizzativa si articola in comandi inter-regionali che si modificano nel corso del conflitto. Questi sono centri di coordinamento e pianificazione delle azioni di controllo del territorio, cui fanno capo tutte le formazioni antiguerriglia, non soltanto di Polizia (Gestapo e SD) e delle SS, ma anche in parte della Wehrmacht e soprattutto delle formazioni della RSI. 23 L'organizzazione si completa con la creazione, nei capoluoghi di regione, oppure nelle città più importanti, di comandi distaccati: - Auβenstellen (AS) - Comandi distaccati cittadini della BdS-SD. - Auβenkommando (AK) - Distaccamenti della BdS-SD. Ad affiancare l'azione degli AK vi sono gli Auβenposten (AP), ovvero presidi dei centri minori, dove l'attività partigiana è più intensa. Anche Padova, a partire dal giugno ‘44, ha il suo presidio, un Auβenposten (AP), segno evidente che in quelle zone è particolarmente intensa la lotta clandestina. Il AP Padova dipende direttamente dal BdS Italien di Verona. A Vicenza, ma anche a Bassano del Grappa e Schio ci sono uffici periferici del BdS-SD; quello di Vicenza è comandato per diversi mesi dall’SS-Untersturmführer (sottotenente) Fritz Ehrke, e quello di Bassano dal SS-Obersturmführer (tenente) Alfredo Perillo. A Marano Vicentino, a partire dal luglio ‘44, il capitano Fritz Buschmeyer, comandante del Ost-Bataillon 263, viene nominato responsabile del Comando Sicurezza Vicenza-Nord, con il preciso compito di combattere le bande e per assolverlo può contare sull'impiego di ogni unità operativa che si trovava nel settore, cioè tutti i reparti germanici o della RSI. 21 C. Gentile, I crimini di guerra tedeschi in Italia, cit., pag.431-436. 22 L. Klinkhammer, L’occupazione tedesca in Italia, cit., pag.91; S. Berger, I signori del terrore, cit., di C. Gentile e L. Klinkhammer, L’apparato centrale della Sicherheitspolizei in Italia, pag.48-49 e di O. Domenichini, Il BdS Italien e gli “invisibili” camerati veronesi, pag.119-134. 23 L. Baldissara, Atlante storico della Resistenza italiana, cit., pag.117.

Page 9: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

9 • Sicherheitsdienst des Reichsführers-SS (SD) Servizio di Sicurezza del partito nazista (SD).24 Il titolo di una recente raccolta di saggi sul Sicherheitsdienst des Reichsführers-SS (SD) elenca le tre caratteristiche fondamentali di questo organo di intelligence che vede la luce negli anni ‘30 nella Germania nazionalsocialista: “servizio di informazioni, elite politica e unità di assassini”. Il SD, il “servizio di sicurezza del capo supremo delle SS”, Heinrich Himmler, non è infatti soltanto un servizio di informazione e spionaggio politico di nuovo tipo, ma, al contempo, è la più importante organizzazione di quadri della giovane elite della Germania nazionalsocialista. Accanto a questo, alcune delle più recenti indagini storiografiche sulle organizzazioni del nazionalsocialismo hanno dimostrato come i suoi oltre 6500 membri sono stati responsabili, come nessun altro gruppo della società tedesca, dei crimini compiuti in quegli anni e soprattutto dell’organizzazione e messa in atto della “soluzione finale del problema ebraico” nell’Europa occupata. […] Deve essere infatti ben chiaro che non ci troviamo di fronte al personale di un qualsiasi servizio di informazioni, ma invece al “nocciolo duro” dei perpetratori dei crimini di massa del nazionalsocialismo. Le attività svolte da Sicherheitspolizei e SD in Italia sono molteplici. Vi troviamo, infatti, le stragi di prigionieri e le deportazioni nei campi nazisti dei nemici “razziali” e degli oppositori politici, accanto ai contatti con le forze moderate della Resistenza e degli Alleati, oltre alle trattative e alle sottigliezze del lavoro di intelligence. Questi sono aspetti solo apparentemente contrastanti del modo di concepire la lotta contro l’avversario ideologico delle organizzazioni nazionalsocialiste. L’idea dietro ai sondaggi e alle “aperture” verso le forze della coalizione antinazista che ebbe un intenso quanto inefficace sviluppo dinamico nel periodo finale del conflitto, è quella che per sopravvivere fosse necessario ed anche possibile giungere ad un accordo con gli avversari occidentali e con gli oppositori moderati e nazionalisti, a differenza, ovviamente, del mondo comunista. Queste attività sono parte di un irrealizzabile progetto ideato dalla SS, nutrito dall’illusione di poter sfaldare la coalizione antitedesca con una offerta di pace separata agli Alleati occidentali. In questa ottica SS e SD si sarebbero presentati come l’unica forza politica e militare in grado di condurre la Germania in una nuova alleanza antisovietica occidentale e superare la pesante eredità di Hitler. In questa prospettiva vanno visti gli sforzi intrapresi in Italia da un consistente gruppo di esponenti di SS, SD e Sicherheitspolizei, tra i quali Zimmer, Rauff, Dollmann, Harster e Wolff. Nel loro progetto l’Italia sarebbe stata il campo di prova di un nuovo ruolo delle organizzazioni di elite del nazionalsocialismo, un terreno nel quale dimostrare agli Alleati, “in piccolo”, come ha scritto Zimmer, la propria professionalità e l’efficacia dell’azione anti-comunista. Il progetto della direzione SS crollerà come un castello di carte insieme alla Germania nazionalsocialista. La liberazione dei campi di concentramento mostrerà agli Alleati il volto più brutale e più vero della dittatura hitleriana e del potere SS. L’inserimento di dozzine di “esperti” dell’anti-comunismo, provenienti dalla scuola del Sicherheitsdienst, nei servizi segreti occidentali, e il ruolo da essi ricoperto in quelli della Germania di Bonn, è un capitolo ancora in gran parte da scrivere. Anche quello ancora più sinistro avuto nei servizi di molti paesi sudamericani e del Medio Oriente è conosciuto finora solo in parte. C’è da auspicarsi che l’apertura degli archivi della CIA negli Stati Uniti e, più recentemente, quelli riguardanti l’immigrazione dei criminali nazisti in Argentina, contribuiscano a chiarire anche questo inquietante episodio del nostro recente passato. Questo ruolo, presunto o certo che sia, degli ex “guerrieri ideologici” del nazionalsocialismo, dimostra comunque che il progetto della direzione SS negli ultimi mesi di guerra fu parzialmente realizzato. Ma si trattò solo di un “accordo tra gentiluomini”, una protezione concessa ad una cerchia limitata di persone per i loro “meriti”. In questo era compresa anche l’assistenza fornita agli esperti del SD che hanno ritenuto più prudente raggiungere lidi più sicuri nell’America del Sud. E infatti, dall’Italia si trasferirono in 24 C. Gentile, Intelligence e repressione politica, cit.

Page 10: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

10Argentina, Cile e Paraguay, numerosi uomini del SD, tra i quali Walter Rauff, Sepp Vötterl e Guido Zimmer, alcuni dei principali protagonisti dei contatti tra OSS e SD a fine guerra. Molti sono gli esempi che dimostrano il pragmatismo e la professionalità degli uomini dei servizi, ma anche la loro assoluta mancanza di scrupoli e amoralità. Si trattava non solo di agenti segreti, ma di uomini in grado, un giorno, di far fucilare dozzine di ostaggi in rappresaglia, un altro di mandare, uomini, donne e bambini ebrei ad Auschwitz e deportati politici a Mauthausen, e un altro ancora di prendere e mantenere accordi di tregua con formazioni partigiane, combattute con brutale asprezza fino a poco prima. • Geheime Staatpolizei (GESTAPO) Polizia Segreta di Stato Suoi compiti sono l’individuazione degli elementi sovversivi e l’esecuzione di tipo militare delle azioni di polizia. A complemento della Gestapo c’è la Greenzpolizei (Polizia di Frontiera), che viene fortemente rinforzata nel ‘44 aggiungendo il Vetrstärkte Greenzaufsichtsdienst (Servizio Rafforzato di Guardia alla Frontiera), branca del Ministero delle Finanze del Reich che persegue gli scopi combinati di questo ministero e quelli di polizia politica. Insieme, queste organizzazioni hanno l’importante missione di sventare la diserzione del personale militare, così come la fuga dei lavoratori civili stranieri attraverso i confini del Reich. L’Ufficio IV B4, diretto da Adolf Eichmann, è composto da vari “consiglieri ebraici” o “referenti ebraici” (Judenberater o Judenreferenten) per la questione ebraica. Sino dal mese di settembre del ’40, questi sono inviati nei paesi alleati con la Germania nazista od occupati da essa, per avviare una legislazione antiebraica e mettere in pratica l’isolamento, la registrazione, l’arresto e infine, dal ’42 in poi, anche la deportazione degli ebrei nei luoghi di sterminio. L’obiettivo “in piccolo” del BdS-SD - “Banda Carità” L’aver chiarito chi è presente a Villa Cabianca nell’aprile ‘45, ci permette ora di chiarirne anche gli obiettivi che intende raggiungere. Infatti, da Villa Cabianca il maggiore Mario Carità difficilmente vuole arrendersi e consegnare il “Tesoro” 25 ai partigiani, magari come salvacondotto, ma più probabilmente cerca di portare avanti il suo progetto, che ha tra le priorità l’eliminazione dei Comandanti della Divisione “Monte Ortigara”. Lo storico Roberto Caporale, che conosce molto bene le gesta di Mario Carità e del suo reparto, ci dice: “La storiografia neofascista e di estrema destra non annovera Carità fra i meritevoli di una menzione o di un ricordo particolare, nonostante il suo RSS abbia inferto alla Resistenza colpi durissimi, i più duri che un reparto di Salò abbia potuto vibrare, se si pensa agli arresti del gennaio 1945 a Padova e Vicenza. Il maggiore compare, ma di sfuggita, in alcune brevissime citazioni o sottotono, nel ricordo asettico di alcune operazioni nelle quali sono taciute le violenze compiute dal reparto stesso. Altre volte il maggiore è citato con il nome sbagliato. Certo è che nell’immagine che il neofascismo ha dato e continua a dare dei combattenti di Salò, visti come l’elite di guerrieri della nazione morente dopo l’8 settembre, coloro che per «l’onore» non si arresero e continuarono a combattere una guerra già perduta e che vissero poi il dopoguerra da «pharmakoi»,26 Mario Carità e il suo reparto non possono entrare. Troppo poco «spendibile» è il suo ricordo per essere utilizzato dalla retorica «guerriera» neofascista, troppo poco «onorevole» viene evidentemente giudicato l’operato della compagnia da lui guidata per essere preso in considerazione. Così, o lo si ignora, o lo si espunge totalmente dall’album «di famiglia» salottino. L’immagine “maledetta” di Mario Carità, quindi, lo avvolge e lo attanaglia sino a far smarrire il contesto nel quale operava, che era invece molto ricco di collegamenti istituzionali, di relazioni che arrivavano sino a Mussolini e passavano per i poteri locali della RSI. In tale contesto, la violenza non era il prodotto occasionale della “Banda Carità”, ma era la violenza “di Stato”, agevolata, come nel caso di Padova e Vicenza, dalle forze di sicurezza dell’«alleato occupante» 25 Vedi Approfondimenti - Il “Tesoro” di Villa Cabianca. 26 Pharmakos, era il nome di un rituale largamente diffuso nelle città greche, simile a quello del capro espiatorio, che mirava ad ottenere una purificazione mediante l'espulsione dalla città di un individuo chiamato pharmakos (qualcosa come "il maledetto").

Page 11: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

11tedesco. Quest’attitudine violenta, di cui si conoscevano anche gli aspetti più estremi come la tortura, veniva giudicata, dai dirigenti di Salò, un male necessario perché la RSI conducesse efficacemente la lotta contro i suoi nemici.” 27 Uomini come Carità, quindi, non mollano facilmente la loro preda e come dimostrano alcuni episodi, non smettono di cacciare i loro nemici nemmeno quando tutto sembra perduto. Stupri, torture fisiche e morali, carcere, deportazione, omicidi … tutto è lecito per i “cani da sangue”28 di Carità al fine di raggiungere l’obiettivo. Un altro storico, Carlo Gentile, ci ha già ricordato che la “Banda Carità”, almeno dal gennaio ‘45, è divenuta ufficialmente un reparto nazista dal BdS-SD, denominato: “Italienische Sonderabteilung”, il “Reparto speciale italiano”. Comandante di questo reparto è il maggiore Mario Carità, che è quindi un ufficiale e alto dirigente delle SS-SD, cioè dell’elite del partito nazista tedesco, e come tale, anche lui impegnato a dimostrare la sua “professionalità ed efficacia dell’azione anti-comunista”. Questa esibizione di capacità non ha come termine ultimo la fine della guerra, ma il raggiungimento dell’obiettivo politico post-bellico. Quindi, anche se la guerra sta per finire, l’obiettivo di Carità (e di Alfredo Perillo), resta quello di continuare irriducibilmente a dare la caccia agli uomini della Resistenza, con “pragmatismo e professionalità”, ma anche con “assoluta mancanza di scrupoli e amoralità”. Carlo Gentile ci rammenta anche che, “Delle tattiche più efficaci della Sicherheitspolizei facevano parte l’infiltrazione di spie e agenti provocatori tra le formazioni partigiane e la costituzione di cosiddette “controbande”, per lo più reclutate tra fascisti di provata fiducia. Il loro compito consisteva soprattutto nello smascherare e arrestare i partigiani e i fiancheggiatori del movimento di resistenza servendosi delle stesse tattiche delle formazioni della Resistenza. A questo scopo molti uomini della Sicherheitspolizei erano spesso in missione nelle zone partigiane sotto mentite spoglie […]”.29 Infatti, nell’aprile del ’45, a Vicenza città e nel resto del Vicentino, Mario Carità e il BdS-SD hanno ormai catturato, “interrogato”, eliminato gran parte dei dirigenti della Resistenza in pianura, hanno rastrellato molti partigiani e inserito spie nelle formazioni partigiane della montagna e sono pronti ad attaccarle, se solo il tempo lo permettesse, se la guerra non stesse per finire. Tra fine ottobre ‘44 e metà gennaio ‘45, sono sistematicamente imprigionati dalla “Banda Carità” tutti i principali componenti del CLN di Vicenza e del Comando Militare Provinciale, comandanti partigiani e importanti “staffette”.30 Si tratta della decapitazione quasi completa del vertice cospirativo vicentino, seguito il 7 gennaio ‘45 a Padova anche dalla cattura dei vertici del CLN Regionale. 31 Ma la repressione nazi-fascista non si ferma alla pianura: - A fine ‘44 sette partigiani della Brigata “Pino” sono catturati a Rotzo, sull’Altopiano dei 7 Comuni, e portati a Padova a disposizione delle SS e di Carità.32 - Nel gennaio ‘45, al fine di costringerlo a consegnarsi o a venire a patti con loro, il BdS-SD interna nel Lager di Bolzano due stretti congiunti del dr. Pio Marsili “Pigafetta”, Capo di Stato Maggiore della Brigata “Pasubiana” e accompagnatore di “Freccia”. Nel frattempo i servizi di sicurezza tedeschi intensificano la caccia a sua moglie e al figlioletto.33 - Il 7 gennaio ‘45 il BdS-SD cattura e imprigiona presso l’osteria di Ponte Maso, in Val d’Astico, 18 partigiani e 7 staffette della Brigata “Pasubiana”; sono condotti a Roncegno, sede del IV Settore 27 R. Caporale, La Banda Carità, cit., pag.356. Per la storiografia neofascista si veda: G. Pisanò, Gli ultimi in grigioverde, cit; G. Rocco, Con l’onore per l’onore, cit., pag.219; F. Germinario, L’altra memoria, cit.; M. Tarchi, Esuli in patria, cit.; M. Tarchi, Cinquant’anni di nostalgia, cit. 28 “Cani da sangue”: i cani da traccia, detti anche da sangue, sono cani specializzati per essere impiegati come “limiere” per tracciare la selvaggina; per forzare lentamente gli animali come nella “girata”; tracciatori del sangue per recuperare gli animali feriti. Sono cani che hanno come metodo di lavoro lo scovo e l’inseguimento … di ogni forma vivente. 29 C. Gentile, I crimini di guerra tedeschi in Italia, cit., pag.435. 30 PL. Dossi, Atlante storico della Guerra di Liberazione nel Vicentino, cit., cap. Ottobre 1944-Febbraio 1945, Scheda: Novembre-Dicembre-Gennaio 1944: la “Banda Carità” decapita il vertice della Resistenza Vicentina. 31 R. Caporale, La “Banda Carità”, cit., pag.314-315. 32PL. Dossi, Atlante storico della Guerra di Liberazione nel Vicentino, cit., cap. Ottobre 1944-Febbraio 1945, Scheda: 31 dicembre 1944 - 1 gennaio 1945: Rotzo. Bruno Pellizzari “Reno”, Giacomo Spagnolo “Auto”, Matteo Spagnolo “Sciroppo”, Antonio Costa “Bassano”, Onorio Dal Pozzo “Sauro”, Giorgio Stefani “Orlando”, Elvezio Simonelli “Simone”. 33 PL. Dossi, Atlante storico della Guerra di Liberazione nel Vicentino, cit., cap. Ottobre 1944-Febbraio 1945, Scheda: 7 gennaio 1945: Ponte Maso di Valdastico; G.E. Fantelli, La Resistenza dei cattolici nel padovano, cit., pag.86; E. Ceccato, Freccia, la missione impossibile, cit., pag.132.

Page 12: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

12di sicurezza del BdS-SD e del “Kommando Andorfer”, per essere interrogati e da lì, dopo atroci torture, trasferiti al lager di Bolzano.34 - A riprova che la “Banda Carità” si sta dando molto da fare per infiltrare propri informatori nelle file della Resistenza, già il 27 gennaio ’45 viene segnalato da Pio Marsili “Pigafetta” all’amico Francesco Zaltron “Silva”, Comandante della Brigata mazziniana “Martiri di Granezza”: Non mancare all’adunanza, lì conoscerai il nominativo di una spia di Piovene: Gasparini [Flaminio] classe 1924 abita case operaie. P.S. Andreotto Antonio e Boso Antonio di Schio appartenenti alla Polizia segreta cercano di entrare nelle nostre formazioni. Fare molta attenzione”.35 - Ancora più inquietante appare la segnalazione fatta da “Nino” Bressan a “Rinaldi-Serena” Gavino Sabadin, in data 14 febbraio ‘45: “Il 22 verrò all’appuntamento. Informo però che la polizia di Vicenza [“Banda Carità”] è al corrente dell’esistenza in Val d’Astico di una Missione inglese e sono informati di ogni spostamento di Freccia; ciò significa che accanto a lui c’è una spia, L’ho già informato”.36 - Sempre nel febbraio ‘45 il BdS-SD di Perillo cattura 12 partigiani della “Fiamme Rosse” e “Martiri di Granezza” a Laverda e Crosara, tra cui Mario Sasso “Schena”, Giovanni Gnata “Giraffa”, Alfredo Zenere, Antonio Dal Sasso, Giuseppe Viero e Gio Batta Campagnolo.37 - Nella seconda decade dell’aprile ‘45, riescono a insinuarsi spie anche nelle brigate garibaldine, come nella Brigata “Pasubiana” l’agente-SS Giorgio Benetti e il tenente della X^ Mas Gino Pernigotto.38 Altri casi sono la cattura il 28 aprile a Forni di Valdastico di due agenti-SS, Silvio Varotto e Antonio Deuthe, e la presenza in valle dei noti “agenti-SS” Adelmo e Antonio Caneva, probabilmente anche il fratello Carlo Bruno, e Victor Piazza. - Un biglietto scritto da un partigiano del servizio di controspionaggio segnala: “Agenti che anche al presente si trovano framisculiati [sic!] ai patrioti: serg. Murra, De Steffani, serg. De Rosa, Lupro, serg. Zani Nino, Martini Dario, Mariotto, Ginecco, Mario Bosco (da Montorso), Chiazza Enrico”. Tutti della famigerata “Banda Fiore”, cioè l’ex gruppo d’intelligence della Polizia Militare presso il Sottosegretariato di stato alla Marina a Montecchio Maggiore, poi assorbito dalla “Banda Carità”, così come molte altre polizie nazi-fasciste.39 - Nella Brigata “Silva” della Divisione “Vicenza”, che opera sui Colli Berici, si è infiltrato un certo Giuliana, ex IMI, rientrato dalla Germania e arruolatosi nelle SS del BdS-SD.40 - Sempre in aprile s’infiltra nella Brigata “Fiamme Verdi” l’agente-SS Bruno Fanfani, e stessa sorte sembra toccare alla Brigata “Pino”, alla “Mameli”, alla “7 Comuni”, alla “Giovane Italia” e alla “Martiri di Granezza”.41 La caparbietà con cui Mario Carità e Alfredo Perillo insistono nel tentare sino agli ultimi giorni dell’aprile ‘45 di infiltrare propri uomini nelle formazioni partigiane di montagna, prova la volontà di voler dimostrare di saper reprimere tutta la Resistenza civile e armata (così come in futuro una qualsiasi altra organizzazione clandestina), e di saper indebolire qualunque classe dirigente, dividendola ed eliminando i suoi uomini migliori. Infatti, chi nel Vicentino ha poi sostituito politicamente figure della levatura pari a quella di Torquato Fraccon, Giacomo Prandina, Giacomo Chilesotti, Giovanni Carli, Rinaldo Arnaldi, Primo Visentin e Francesco Zaltron? La risposta a questa domanda fa comprendere da sola a quale risultato siano comunque riusciti ad arrivare Carità, Perillo e il BdS-SD nel solo Vicentino. 34 Giuseppe Bonifaci “Bepi de Marco”, don Antonio Rigoni “Snaco” e altri. 35 IVSREC, b. 2, Biglietto di “Pigafetta” per “Silva”, 27 febbraio 1945; E. Ceccato, Freccia, una missione impossibile, cit., pag. 125; PL. Dossi, Atlante storico della Guerra di Liberazione nel Vicentino, cit., Schede: Uomini e reparti nazi-fascisti. 36 AIVSREC, b. 15, Carte Fantelli, Lettera di “Nino” Bressan a “Serena”, 14 febbraio 1945; E. Ceccato, Freccia, una missione impossibile, cit., pag. 125-126; A. Galeotto, Brigata Pasubiana, cit., pag.880. 37 PL. Dossi, Atlante storico della Guerra di Liberazione nel Vicentino, cap. Ottobre 1944-Febbraio 1945, Scheda: 11 febbraio 1945: Laverda di Sarcedo e 15-16 febbraio 1945: Crosara di Marostica; PA. Gios, Il comandante “Cervo”, cit., pag. 209-221. 38 S. Residori, Niente altro che polvere, cit., pag. 100. 39AIVSREC, b.2, Formazioni militari, Varie del Vicentino, biglietto manoscritto senza data e senza firma. Vedi in Approfondimenti - Banda Fiore. 40 ASVI, CLNP, b.11, fasc.28, Segnalazione del 4.6.45. 41 S. Residori, L’ultima valle, cit., pag.165.

Page 13: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

13Due diversi reparti di ex partigiani Dopo aver distrutto gran parte dell’organizzazione resistenziale vicentina nelle città e in pianura, dopo aver inserito propri uomini nelle formazioni partigiane della montagna, l’BdS-SD, è pronto per l’attacco finale. Sono operazioni militari dove si intende utilizzare anche un nuovo reparto anti-guerriglia, composto da uomini della “Banda Carità” e da ex partigiani, denominato “Reparto Misto” o “Reparto Alpini-SS”. Anche in questo caso, quelli che hanno trattato in passato l’argomento non hanno certo dimostrato di avere le idee chiare, e ancora una volta confondendo la X^ Mas e la “Banda Carità”. Infatti: - A Marostica, è presente una Compagnia del Btg. Alpino “Valanga” della X^ Mas, comandata dal sottotenente Raffaele La Serra e formata in gran parte da ex partigiani ed ex prigionieri politici. La struttura di questo reparto, simile ad altre realtà della X^, mira da un lato a tenere sotto controllo i “ribelli” catturati, dall’altro a rimpinguare con questi “ausiliari” i suoi ormai scarsi effettivi. 42 - a Longa di Schiavon e a Vicenza, varie testimonianze confermano che il maggiore Mario Carità sta creando un reparto anti-guerriglia composto da ex partigiani e uomini della “Banda”. Questa unità ha come obiettivo la caccia e la distruzione delle formazioni partigiane di montagna, anche grazie alla presenza di uomini che ne conoscono bene dislocazioni e organizzazione. “Per portare un colpo micidiale al cuore della Resistenza vicentina, il maggiore Carità ideò un piano diabolico: la «costituzione di un Reparto Alpini di sede presso le S.S. di Vicenza formato da giovani arrestati in Provincia, tratti dal Carcere e dai vari corpi armati repubblicani che li trattenevano come ostaggi. […] Nostro intendimento era di portare il Reparto a 150 uomini: alla liberazione aveva raggiunto il numero di 43 (provenienti dal carcere di Vicenza e Padova, arrestati e in mano della X MAS, o della Polizia di Bassano ecc.)». A comandare questo reparto vennero posti l’ultimo dirigente del Cln rimasto libero in città, il maggiore Malfatti, comandante militare provinciale, del quale tenevano in ostaggio la moglie e la figlia, e Dino Miotti, un partigiano indipendente con un proprio gruppo, “convinto” ad accettare dopo le torture inflitte al padre Natale, ancora convalescente per ferite da arma da fuoco riportate mentre cercava di sfuggire alla cattura. Dopo pochissimi giorni il giovane Miotti fu ricoverato per malattia in ospedale e il suo posto fu preso da un ex partigiano passato alla banda Carità, Giuliano Licini. Il ruolo di questo reparto fu chiaro anche ai protagonisti dell’epoca: creare un corpo di ex partigiani che combattessero contro le formazioni della Resistenza, usando un sistema di forzato arruolamento, come avveniva in altre formazioni di cui si avvalevano le forze tedesche sia in Italia che nel resto dell’Europa occupata. Non aveva più importanza la motivazione, il combattere per l’onore o per un’idea di libertà. Attraverso un complesso meccanismo psicologico, fatto di violenza e di ricatti fisici e morali, si voleva costringere gli uomini a combattere contro la propria fede politica, contro sé stessi. Non si trattò del frutto di accordi tra nazisti e resistenza moderata, accusata di essere scesa a patti o di altre fantasie più o meno perverse. È un momento storico che andrebbe vagliato con più attenzione e umiltà, perché si trattò di una fase durissima per la Resistenza vicentina, con i suoi uomini migliori uccisi o deportati e gli altri torturati, fase che venne in ogni caso superata grazie alla forza morale dei suoi uomini e donne: al momento della prova del fuoco il piccolo reparto si disgregò e gli “alpini” fuggirono. Questi “forzati dell’arruolamento” non appartenevano solo alle formazioni cattoliche o autonome, o comunque della resistenza moderata, anzi più della metà erano garibaldini della Garemi. Pietro Scaggiari (Regolo), commissario politico della brg. Pino, in una dichiarazione del dopoguerra affermò di essere stato detenuto, durante la sua prigionia, nella «caserma delle S.S. in via Fratelli Albanese» dove si stava organizzando «un gruppo di Alpini della SS. Nella caserma vi erano già 25 alpini ex partigiani della mia Brigata della quale io ne ero il Commissario, pure loro arrestati, bastonati e costretti all’arruolamento involontario»”.43 In zona sono quindi due i reparti formati da ex partigiani, e proprio la presenza della “Banda Carità” a Longa di Schiavon e, della X^ Mas nella vicina Marostica, possono aver tratto in errore molti dei testimoni. 44 42 G. Bonvicini, Decima Marinai, cit., pag.184-189; R. La Serra, Lo sprecato, cit. 43 S. Residori, L’ultima valle, cit., pag.161-163. 44 Sull’argomento esiste un’altra tesi, quest’ultima sopportata da Alberto Galeotto su testimonianza del sottotenente della X^ Mas Raffaele La Serra, dove si sostiene che i due reparti di “alpini” sarebbero collegati tra loro, forse la stessa cosa. Tale tesi, da un lato è debole perché ha origine da una sola testimonianza, oltretutto che si contraddice con quella di undici anni prima dove La Serra non parla di rapporti diretti tra X^ Mas e Carità; viceversa, se la notizia fosse confermata, sarebbe l’ulteriore dimostrazione, da noi sempre sostenuta, che oltre al servizio d’intelligence della X^ Mas (“Banda Bertozzi”) già assorbito dalla “Banda Carità”, è tutta la X^ Mas ad essere stata assorbita dalle SS tedesche. Alberto Galeotto non si ferma solo al legame tra i due

Page 14: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

14Il 27 aprile Villa Cabianca non è in mani partigiane, ma della “Banda Carità” Ermenegildo Farina “Ermes”, Commissario Politico della Divisione “Vicenza”, già della Brigata “Mazzini”, della “Giovane Italia” e della “Damiano Chiesa II”, è in quei giorni in zona Marostica perché vi è riparato dopo la fuga dal carcere del BdS-SD di Perillo a Bassano. I partigiani della “Giovane Italia”, contattati dagli uomini di Carità, trasmettono la proposta di resa a “Ermes”, che accetta di trattare. Ma al maggiore-SS Mario Carità non sembra basti “Ermes” come controparte, e pretende di sviluppare l’accordo anche con “altri comandanti partigiani”. “Ermes”, almeno pubblicamente, non sembra abbia mai analizzato compiutamente come si sia giunti al coinvolgimento dei comandanti della Divisione “M. Ortigara”. Non esamina ad esempio la vicenda del vice comandante della Brigata “Giovane Italia”, Aristide Nonis “Noce”, che la mattina del 27 aprile sta arrivando a Villa Cabianca per partecipare alla trattativa e che viene ucciso lungo il tragitto;45 oppure la fuga da Villa Cabianca e l’eliminazione di Alfredo Fabris “Franco”,46 già del Comando della Brigata “Martiri di Granezza”. Viceversa sottolinea più volte che non se la sentiva di trattare da solo, che non ha potuto comunicare con il nuovo comandante della Brigata “Giovane Italia”, Antonio Borsatto “Aquila”, e che non è riuscito a interessare alla vicenda il comandante della Divisione “Vicenza”, Gaetano Bressan “Nino”. Sta di fatto che alla fine “Ermes” coinvolge direttamente nell’operazione i Comandanti della Divisione “M. Ortigara”, Giacomo Chilesotti “Nettuno-Loris” e Giovanni Carli “Ottaviano”. Più di qualcuno, con leggerezza, o strumentalmente, ha avanzato sospetti su “Ermes”.47 Dubbi, che però non tengono in nessun conto la presenza inquietante su tutta la vicenda del BdS-SD, e nello specifico di un regista, maestro dell’inganno, come il maggiore Mario Carità.48 Vediamo quindi di fare un po' di chiarezza su cosa è veramente successo a Villa Cabianca tra il 26 e il 29 aprile 1945. Una necessità che parte dalla considerazione che le varie ricostruzioni sino ad ora proposte si basano su testimonianze o analisi lacunose e contraddittorie che le rendono di fatto inattendibili. Sappiamo che a Villa Cabianca, oltre a Giuliano Licini, ex partigiano passato con la “Banda Carità”, vi sono detenuti molti altri partigiani o ex partigiani. Tra loro troviamo: - della Brigata “Giovane Italia”, Pietro Marchesini “Ercole-Ulisse”, Giacomo Gios “Boris”, Ferdinando Martin “Disma”, il polacco Beltrandt Eugenium “Pole” e Giovanni Baggio “Elio”, Vittorio Sonda “Toio”, Guido Simeoni “Bren”, Igino Ronzani “Pippo”, Beniamino Nicoli “Sardella”, Angelo Carli, Stevan “Longa”, Maraone “Cassino” e altri;49 reparti di “alpini ex partigiani”, ma sostiene pure che questi “Alpini SS” non sono un reparto anti-guerriglia come noi sosteniamo, ma l’ulteriore dimostrazione dell’esistenza di un accordo tra la Resistenza moderata e i fascisti per gestire a danno dei “comunisti” il dopo-guerra. A nostro avviso tale convinzione sembra essere sostenuta dando eccessivo credito a fonti a dir poco discutibili, come tra l’altro la “memoria difensiva” di Giuliano Licini (il “giuda” che durante il suo processo, lo riesce a trasformare in un atto d'accusa agli uomini e donne della Resistenza, alle loro debolezze di fronte alla tortura, alle loro ingenuità di combattenti di fronte a prezzolati ed astuti spioni), il “memoriale di autodifesa” di Umberto Usai (il responsabile della “Banda Carità” a Vicenza), e il libro di Pellegrino Snichelotto, Kukkasnea, un libro definito “indecente” da Carlo Segato, che si pone anche due domande: “cosa aspetta la famiglia di Dino Miotti a denunciare e querelare l’autore?” e, “abbiamo a che fare con uno psicopatico o con un agente provocatore ex fascista?”. (A. Galeotto, Brigata Pasubiana, Vol. II, pag.1417-1438; R. La Serra, Lo sprecato, cit.; R. La Serra, Il Battaglione Guastatori Alpini Valanga della X Flottiglia Mas, cit., pag.65; P. Snichelotto, Kukkasnea, cit.). 45 B. Gramola, Da Marsan alla Cabianca, cit., pag.22-25. 46 Vedi Approfondimenti - Alfredo Fabris “Franco”. 47 F. Binotto - B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit.; E. Ceccato, Patrioti contro partigiani, cit.; E. Ceccato, Freccia una missione impossibile, cit.; U. De Grandis, Il caso “Sergio”, cit. - Se da Ceccato e De Grandis, “Ermes” e “Zaira” sono messi più volte alla sbarra perché ritenuti fautori dello scellerato patto, meno coerente è il comportamento di chi, come Binotto e Gramola, si dichiarano “difensori” del partigianato cattolico e moderato. Sta di fatto che Gramola non è la prima volta che più o meno velatamente getta gravi sospetti anche su “Ermes”. Lo ha già fatto, ad esempio, quando scrive: “a Longa, nella Villa Cabianca, non c’erano “truppe”, al massimo uno sparuto numero di SS Italiane e di agenti della Banda Carità desiderosi di arrendersi e di collaborare. Il tesoro poteva costituire un buon obiettivo, ma la resa di pochi fascisti valeva poco. “Ermes”, che proveniva proprio da Longa, queste cose le doveva sapere bene” (Storia della Mazzini, cit., pag.132-133). Le assonanze tra questi “storici di valore” non finiscono certo qui, ad esempio Egidio Ceccato ha tacciato con leggerezza Italo Mantiero “Albio” di essere “intermediario tra Malfatti e la Banda Carità” e Valentino Filato “Villa” di essere “fra i collaboratori della banda Carità” (E. Ceccato, Patrioti contro partigiani, cit., pag.212 e 217-218). Dispiace solo che ritrattazioni pubbliche di tali vergognose diffamazioni ci siano di rado, e comunque troppo blande, come quella di Ceccato in Venetica, Il tempo della festa, cit., pag.221. 48 Quaderni Vicentini, n.2/2017, di F. Binotto, B. Gramola, La morte di tre combattenti per la libertà, cit., pag.199. Viceversa, secondo Francesco Binotto e Benito Gramola, Mario Carità sarebbe “stupido, tanto più che si fece quasi subito impallinare come un pivellino dagli americani all’Alpe di Siusi (19.5.1945)”. (sic!) 49 P. Gios, Il Comandante “Cervo”, cit., pag.218-219; ATVI, Fascicolo Licini, Istanza di Giuliano Licini al CLNP di Vicenza – Magg. Malfatti del 8 maggio 1945; CSSMP, elenco componenti Scuola-SS di Cabianca.

Page 15: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

15- del Gruppo Brigate “7 Comuni”, Mario Sasso “Schena”, Mario Boscardin, Andrea e Federico Doria, Cesare Senavio, Giovanni Gnata “Giraffa”, Alfredo Zenere, Antonio Dal Sasso, Giuseppe Viero e altri; - della Brigata garibaldina “Pino”, Pietro Scaggiari “Regolo”,50 Antonio Frigo “Tango”, Solidio Pannilunghi “Solido”, Vittorio Valente Poi-Rodego “Taffari”, i fratelli Giacomo “Auto” e Matteo “Sciroppo” Spagnolo, Antonio Costa “Bassano”, Onorio Dal Pozzo “Sauro”, Giorgio Stefani “Orlando”, Elvezio Simonelli “Simone” e altri; - della Brigata garibaldina “Stella”, Armando Giorio “Michele”, Ivo politi “Negro”, Umberto Schenale e altri. - della Brigata “Martiri di Granezza”, Alfredo Fabris “Franco”, Gio Batta Campagnolo e altri; - della Compagnia “Julia” di Vicenza, Alessandro (Dino) Miotti “Gnao”, Renzo Tiso “Olio” e altri; - del gruppo di Carlo Segato “Marco-Vincenzo”:51 Tommasi-Giuliari e Bedin.52 - Altri: i fratelli Cesare e … Dal Degan, e altri.53 Sono tutti partigiani o ex partigiani, sia “garibaldini” che “autonomi”, e componenti volontari o coatti del famoso “Reparto Alpini-SS” di Carità. Ne parla Giuliano Licini, e Valentino Filato “Villa” conferma, che già l’8 febbraio ‘45 Carità è intenzionato a dare vita a un reparto di ex partigiani: “[Carità]cominciò dicendomi che aveva stima degli alpini e che a La Longa di Sandrigo [Longa di Schiavon] stava costituendo un battaglione con molti elementi ex partigiani. Diceva che mi avrebbe dato la libertà e il grado di capitano comandante degli alpini. Risposi che non potevo accettare […]”.54 Anche Alessandro Miotti “Gnao”, Solidio Pannilunghi “Solido”, Antonio Frigo “Tango” e Mario Sasso “Schena”, confermano l’esistenza di questo Reparto, e il coinvolgimento diretto nella sua gestione del sottotenente-SS Umberto Usai della “Banda Carità”.55 In Villa Cabianca, oltre ai prigionieri e a questi ex partigiani, sono presenti anche molti uomini della “Banda Carità”, tra cui alcuni “pezzi grossi”: il sottotenente-SS Antonio Nalin, già vice del generale Visconti e poi comandante della Sezione di Longa della “Banda Carità”; il tenente-SS Bruno Bianchi, comandante del “reparto militare” (“sezione operativa” o Ufficio “B”), e ovviamente il “capo banda”, il maggiore-SS Mario Carità. Altre SS presenti sono: i caporal maggiori Carlo Freudiani e Pietro Sacchelli, ma anche i fratelli Antonio e Carlo Zanin “Siricati” da Montecchio Precalcino, Luigi Bortolaso, Leone Perdoncin, Gregorio Ronzani, Giuseppe Saggin e Bruno Siricati da Dueville: un’altra strana coincidenza che lega ancora una volta Villa Cabianca di Longa di Schiavon con i Comandanti dell’Ortigara presenti in zona Dueville. Anche Ferruccio Manea “Tar”, comandante del Btg. garibaldino “Ismene” (Brigata “Martiri della Val Leogra” della “Garemi”), asserisce di essere giunto con i suoi garibaldini da Vicenza a Longa di Schiavon il 29 aprile, al seguito delle truppe americane, e che Villa Cabianca era ancora in mano tedesca.56 Conferme alle parole del “Tar” le troviamo pure nel diario storico della Brigata “Martiri di Granezza”, Divisione “Monte Ortigara”, dove si parla di attacco congiunto, partigiano-americano, “contro Cabianca sede dei reparti delle SS portando all’eliminazione di quel presidio”. 57 50 Vedi Approfondimenti - Pietro Scaggiari “Regolo”. 51 Vedi Approfondimenti - Carlo Segato “Marco-Vincenzo”. 52 S. Residori, L’ultima valle, cit., pag.165. 53 D. Frigo “Tango”, Ricordi di vita, cit., pag.28; A. Galeotto, Brigata Pasubiana, Vol.II, cit., pag.1436, 1439. 54 T. D. Baricolo, Ritorno a Palazzo Giusti, cit., pag.162-163. 55 P. Snichelotto, Kukkasnea, cit., pag.144; D. Frigo “Tango”, Ricordi di vita, cit., pag.28; G. Pupillo, Una giovinezza difficile, cit., pag.234-235; PA. Gios, Il Comandante “Cervo”, cit., pag.219; A. Galeotto, Brigata Pasubiana, Vol. II, cit., pag.1434-1435. 56 Archivio privato Alberto Galeotto, testimonianza-intervista registrata a Ferruccio Manea “Tar”, Malo (Vi) 1990; P. Greco, Nome di battaglia Tar, cit., pag.251-254. 57 IVSREC, b.66, fasc.8, Relazione storica della Brigata “Martiri di Granezza”; E. Ceccato, Patrioti contro partigiani, cit., pag.239.

Page 16: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

16 Lo stesso “Ermes” Farina, sul fatto che Villa Cabianca sia stata in mani partigiane, deve avere avuto dei dubbi, che lo hanno portato nel tempo a modificare, anche sostanzialmente, la sua versione dei fatti.58 Infatti, nella testimonianza rilasciata a Lia Carli Miotti nel ’46, dichiara: “La mattina del 27 aprile entrai in Villa Cabianca di Longa, sede SS italiana, già occupata nella notte da un gruppo di partigiani della «Giovane Italia», al comando del s. tenente Marchesini. Vi trovai un notevole caos e soprattutto una mancanza di comando piuttosto preoccupante”.59 Viceversa, in una conversazione del 1 febbraio 2001 con Ceccato, afferma: “Quando io ero arrivato in quella località, i miei uomini avevano già circondato quelli della Banda Carità ed un gruppo della Decima Mas. Loro mi hanno fatto capire che erano disponibili a capitolare, ma che volevano trattare la questione col comandante responsabile. Per questo mi hanno messo a disposizione un loro motociclista”.60 Anche da questi elementi sembrerebbe che Villa Cabianca sia sempre rimasta in mano alla “Banda Carità”, e che “Ermes” sia stato diabolicamente raggirato: prima convincendolo del fatto che si trovasse di fronte a nazi-fascisti disertori o decisi alla resa e a partigiani che controllano la Villa; successivamente, usandolo come “esca” per stanare i Comandanti della Divisione “Monte Ortigara”. 61 Villa Chiericati Cabianca di Longa di Schiavon Il 27 aprile Mario Carità è ancora a Villa Cabianca Allo stato attuale delle conoscenze nessuno può affermare con certezza quando Mario Carità sia partito da Longa di Schiavon, ma tenendo in opportuna considerazione alcuni elementi, è possibile arrivare a conclusioni ben diverse da quelle sostenute sino ad ora da altre fonti.62 Infatti: 58 F. Binotto e B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit., pag.11-12. 59 L. Carli Miotti, Giovanni Carli, cit., pag.259; B. Gramola, Fraccon e Farina, cit., pag.132. 60 E. Ceccato, Patrioti contro partigiani, cit., pag.237. 61 Alberto Galeotto, non concordando con la nostra esposizione, si è chiesto: “perché mai Carità avrebbe dovuto far catturare dei «patrioti» anticomunisti?”. Purtroppo la diversa lettura di queste vicende nasce proprio dalla sua convinzione che “La «zona grigia» […], sta ad indicare […], in senso politico […], la commistione di «nero» e di «bianco» – ma bisognerebbe aggiungere un tocco di verde monarchico – che segnò la transizione dallo Stato fascista allo Stato post-fascista repubblicano, […]”. Nello specifico, secondo Galeotto esisterebbe un accordo Usai-Carità-Malfatti-Licini, cioè fascisti moderati e badogliani-cattolici, da questo connubio nascerebbe tra l’altro il reparto “Alpini-SS”, che da un lato sembrerebbe una specie di “Armata Brancaleone”, ma dall’altro riuscirebbe a far fessi i tedeschi e a preparare un dopo-guerra sulla pelle dei “comunisti”. Se questo ragionamento non fosse stato sviluppato a senso unico ed estremizzato, nonché dando eccessivo credito a fonti molto discutibili, alcune intuizioni di Galeotto non sarebbero poi peregrine, anzi. Anche Francesco Binotto e Benito Gramola non concordano con la nostra ipotesi, ma esprimono la loro posizione a un così di basso livello, che non meritano neppure risposta (A. Galeotto, Brigata Pasubiana, Vol. II, cit., pag.1409-1479; P. Snichelotto, Kukkasnea, cit.; Quaderni Vicentini, n.2/2017, di F. Binotto, B. Gramola, La morte di tre combattenti per la libertà, cit.). 62 Vedi in Approfondimenti - “L’irrinunciabile correttezza delle fonti” di Benito Gramola su “Cabianca”.

Page 17: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

17- I giorni 26, 27 e 28 aprile 1945 sono i giorni della grande ritirata nazi-fascista lungo la Strada Provinciale “Marosticana” che passa per Longa di Schiavon e costeggia Villa Cabianca. - Il “Tesoro” è arrivato a Longa di Schiavon il 26 pomeriggio, portato dagli uomini della Sezione di Vicenza dalla “Banda Carità”: “L’ordine di ripiegamento del Reparto della “Banda Carità” di Vicenza arriva la sera del 24 aprile portato dai marescialli SS Rotter e Schmidt provenienti da Verona. Il pomeriggio del 26 aprile il convoglio di Vicenza parte alla volta di Trento, sostando prima alla Cabianca per depositare le 35 casse del “tesoro ebraico” e della Galleria degli Uffizi trafugato a Firenze nell’estate del ‘44”.63 - In alcune testimonianze è sempre il 26 pomeriggio che i prigionieri di “Cabianca” caricano il “Tesoro” su un camion, sotto i vigili occhi degli aguzzini…: una contraddizione che non viene colta, né giustificata da nessuno sino ad ora.64 Infatti, che carichino o scarichino, ma soprattutto cosa, è importante. Se, come è accertato, il “Tesoro” è stato scaricato almeno in parte a “Cabianca”, quello che è stato successivamente caricato potrebbe essere qualcosa di molto più “prezioso”, come i documenti dell’archivio segreto di Villa Cabianca, materiale utilissimo per garantire un futuro a Mario Carità, ai suoi uomini, e non solo. - È plausibile che il convoglio della “Banda Carità” che parte da Longa di Schiavon sia partito dal vicentino direttamente la sera del 26, fermandosi a Trento sino al 28 mattina, ma anche che sia partito nel tardo pomeriggio del 27 da Bassano, aggregandosi alla colonna tedesca e al gruppo del BdS-SD di Alfredo Perillo. In questa seconda ipotesi anche Carità può essere partito da Bassano nel tardo pomeriggio del 27 aprile, avendo così tutto il tempo di rimanere a Villa Cabianca sino alla conclusione dell’operazione contro i Comandanti della “M. Ortigara”. Infatti, il tenente-SS Alfredo Perillo, responsabile del BdS-SD di Bassano del Grappa, la sua amante Eleonora Naldi, l’autista Mario Rodolfo Boschetti, Ugo Zanotto, Raffaele Luciano e Beniamino Romanello “Mino”, assieme a uomini della “Banda Carità” e alla partigiana “Zaira” in ostaggio, circa alle ore 16:30-17:00, si aggregano a una colonna tedesca che parte per Trento. Giunti a Trento vengono scortati da SS tedesche sino al Lager di Bolzano, dove arrivano all’imbrunire dello stesso giorno (circa alle ore 20:00 – 20:30 del 28 aprile).65 Sappiamo ad esempio che un automezzo del convoglio della “Banda” si ferma per problemi meccanici a S. Michele all’Adige (Trento) il 28 aprile,66 e che il 29 aprile, il deportato vicentino Giordano Campagnolo, “ospite” del Lager di Bolzano, dalla sua cella vede “i componenti della banda Carità che fraternizzano con i loro camerati delle SS tedesche”.67 Due giorni dopo, il 30 aprile, provvisti dei falsi fogli di licenziamento (Entlassungsschein) del Lager, come fossero ex-deportati, escono e si dividono. 68 - Alfredo Fabris “Franco”, Capo di Stato Maggiore della Brigata partigiana “Martiri di Granezza” della Divisione “Monte Ortigara”, catturato il 28 marzo ‘45 a Monte di Calvene con “Mondo”, “Ferrara” e “Silva”; a fine aprile è nelle mani delle SS della “Banda Carità” a Longa di Schiavon. Nella tarda mattinata del 27 aprile, “Franco” fugge da “Cabianca” inseguito dalle SS; raggiunto vicino al torrente Astico nei pressi di Contrà Pozzan di Sarcedo, è eliminato. 69 63 R. Caporale, La Banda Carità, cit., pag.328-329, 334-336. 64 F. Binotto e B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit..; G. Dellai, Il don Camillo della Longa, cit., pag.71-78. 65 Z. Meneghin Maina, Tra cronaca e storia, cit., pag.33. 66 R. Caporale, La Banda Carità, cit., pag.328-329, 334-336. 67 T.D. Baricolo, Ritorno a palazzo Giusti, cit., pag.173; E. Ceccato, Patrioti contro partigiani, cit., pag.289. Si tratta delle SS: Visiani, Marchiori, Rogai, Trentanove, Cheli, Cavallaro e il padre del ten. Castaldelli. 68 Perillo e i suoi uomini, con al seguito “Zaira”, escono in automobile e raggiungono il Passo della Mendola; il 1 maggio, mentre gli altri, con “Zaira”, proseguono per Trento, Perillo e la Naldi raggiungono il paese di Fondo, in Val di Non (Tn), dove Perillo viene arrestato dai Carabinieri l’11 maggio. Viceversa Mario Carità, dal Lager di Bolzano si dirige verso l’Alpe di Siusi in Alto Adige, dove conclude la sua esistenza a Castelrotto – Kastelruth (Bz), il 19 maggio 1945, ucciso in uno scontro a fuoco con la polizia americana (L. Capovilla e F. Maistrello, Assalto al Grappa. Settembre 1944, cit., pag.96-97). 69 La nostra tesi è stata contestata in ordine di tempo da Binotto e Gramola, Offelli, e Galeotto, che propendono per la casualità dell’eliminazione di “Franco”, che non sarebbe in fuga, ma liberato dai partigiani a Longa di Schiavon, sta tentando di raggiungere la famiglia a Zugliano. A tali contestazioni rispondiamo, prima di tutto con una domanda: come mai un comandante come lui si sarebbe allontanato da Villa Cabianca in mani partigiane, con un “Tesoro” da difendere, a piedi, e disarmato? Ricordando poi che anche il prof. don Giuseppe Danese, tra i fondatori della Brigata “Mazzini”, non è convinto della “fatalità” e già nel 1946 scrive: “E la libertà aprì anche le feroci porte della Longa e già Alfredo Fabris aveva raggiunto l’Astico e lo passava […] Chi lo abbia raggiunto sull’Astico, e perché quasi a una intesa

Page 18: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

18- Aristide Nonis “Noce”, vice comandante della Brigata partigiana “Giovane Italia”, il 27 mattina parte in bicicletta dalla casa della famiglia Frison sulle colline di S. Benedetto di Marostica. È sua intenzione raggiungere Villa Cabianca a Longa di Schiavon per partecipare alle trattative di resa delle SS di Mario Carità come rappresentante della Brigata “Giovane Italia”, ma viene ucciso a Marsan di Marostica. Certamente un’altra possibile casualità, ma anche un’altra strana coincidenza. 70 - I fratelli Andrea e Federico Doria da Montecchio Precalcino, partigiani della “7 Comuni” incarcerati dall’ottobre ‘44 in Villa Cabianca, nelle loro memorie sempre molto circostanziate non accennano a nessuna rivolta di prigionieri, ma solo che con la loro liberazione tornano “fortunosamente” a casa: una liberazione e una sollevazione vittoriosa, se ci fossero veramente state, avrebbero certamente costituito argomento da ricordare. 71 - Secondo taluni, l’ex partigiano e delatore Giuliano Licini avrebbe convinto il maggiore Mario Carità, alto ufficiale delle SS e dirigente del BdS-SD, che il 26 aprile ‘45 “la villa era circondata da 300 partigiani”, mentre fuori le mura di cinta e a poche decine di metri dal cancello principale, sulla Strada Provinciale “Marosticana”, passano in ritirata migliaia di tedeschi armati sino ai denti.72 - Ancora il 26 aprile ‘45, il sottotenente-SS Domizio Piras, ufficiale del BdS-SD di Perillo, avrebbe avvisato Carità dell’arrivo degli americani a Verona (arriveranno a Vicenza il 28 e raggiungeranno Longa solo il 29 aprile…tre giorni dopo).73 E per tale motivo, secondo Gramola, Mario Carità, “…più interessato a salvare la pelle…”, subito “…scappò…”, (già il 26 aprile, quindi). Un’argomentazione bizzarra, ma in perfetta sintonia con quanto Gramola e Binotto pensano di Carità: “più che intelligente, dovrebbe essere considerato un fascista particolarmente crudele e stupido, tanto più che si fece quasi subito impallinare come un pivellino dagli americani all’Alpe di Siusi (19.5.1945)”.74 Un’opinione ben lontana da quella di don Ugo Orso, che ha conosciuto Carità a Padova, e che lo considera viceversa un uomo “intelligente ed energico” e gli uomini del suo reparto “molto più astuti dei tedeschi”. Un giudizio, quello di don Ugo, che condividiamo, così come abbiamo in comune anche quello espresso da Alberto Galeotto: “Non è credibile che una persona intelligente e astuta come Carità, rotta ad ogni esperienza, dirigente di una struttura di intelligence che ha inflitto colpi micidiali alla Resistenza Veneta, profondo conoscitore di nomi, ruoli, entità, armamento delle formazioni partigiane, sia cosi fesso da cadere in un inganno puerile come quello attribuito a Licini”. 75 pattuita e conscia i soldati tedeschi l’abbiano raggiunto, e i vicini sentirono un ufficiale parlare in buon italiano; perché Alfredo lo trovarono composto nella fossa con le ferite sul volto, sparate a bruciapelo, rimane ancora un fitto mistero”. E infine rispondiamo, controbattendo con alcune critiche sul metodo di ricerca, cioè sulla “correttezza delle fonti” e sulla inadeguata storicizzazione di fatti e personaggi. Infatti, il ricostruire una vicenda in base a testimonianze rilasciate a 70 anni di distanza è storiograficamente pericoloso, soprattutto se non suffragate da altri elementi di analisi; così come fuorviante è la mancanza di storicizzazione della realtà geografico-territoriale e della situazione climatico-ambientale di quei giorni. Non parliamo poi della non adeguata conoscenza, se non ignoranza, degli “attori” della vicenda. Ad esempio: sulle SS Italiane, che non sono militi repubblichini, ma Waffen-SS tedesche, formate da volontari “di etnia straniera”; oppure sulla Scuola di spionaggio delle SS Italiane a Longa di Schiavon, che viene assorbita almeno dal dicembre ’45 dalla “Banda Carità”, o meglio dal “Italienische Sonderabteilung”, cioè il “Reparto speciale italiano” del Befehlshaber der Sicherheitspolizei und des SD (BdS-SD), il servizio segreto nazista; o anche, che a Villa Cabianca di Longa di Schiavon non ci sono solo le SS della “Banda Carità”, ma anche le SS di etnia tedesca e sempre dipendenti del maggiore Carità (IVSREC, b. 66, Relazione storica della Brigata Martiri di Granezza; PA. Gios, Clero Guerra e Resistenza, cit., pag.194 nota111; QV-Quaderni Vicentini, 2/2017, di F. Binotto, B. Gramola, La morte di tre combattenti per la Libertà, cit., pag.197-200; F. Offelli, Alfredo Fabris, cit., A. Galeotto, Brigata Pasubiana, Vol. II, cit., pag.1482; PL. Dossi, Atlante storico della Guerra di Liberazione nel Vicentino, Cap. La Liberazione, Scheda: 27 aprile 1945: Contrà Pozzan di Sarcedo; PL. Dossi, Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia, scheda: Contrà Pozzan di Sarcedo 27.4.45, in www.straginazifasciste.it). 70 B. Gramola, Da Marsan alla Cabianca, cit., pag.22-25; Atlante storico della Guerra di Liberazione nel Vicentino, Cap. La Liberazione, Scheda: 27 aprile 1945: Marsan di Marostica; PL. Dossi, Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia, scheda: Marsan di Marostica 27.4.45, in www.straginazifasciste.it). 71 CSSMP, b.2 fasc. f.lli Doria, Memorie degli anni verdi, cit. 72 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia 1:25.000 1935: Foglio 37 – Marostica, Tav. III S.E.; in ASVI, Catasto Italiano 1935-39, Comune di Schiavon, Sez. B, F° 2. - La Strada Provinciale “Marosticana” nel 1945 passa per il piccolo centro di Longa e costeggia per circa 500 m le mura che delimitano il lato ovest dell’ampio parco di Villa Cabianca; l’entrata principale della Villa, in via Peraro, dista meno di 100 m dal centro di Longa e quindi dalla “Marosticana”. 73 Il primo reparto Alleato ad arrivare a Vicenza è il 351° Regg. Fanteria della 88^ Divisione americana “Blue Devils”: riceve l’ordine di partire per dirigersi verso Sandrigo e Marostica solo alle ore 15:00 del 28 aprile; alle ore 3:00 del 29 aprile il 351° Btg. avanza verso nord e occupa e ripulisce Sandrigo; alle ore 6:00 una “task force” avanzata, formata da 4 plotoni di fucilieri a bordo di carri armati e caccia-carri, prosegue l’avanzata ed entra alle ore 8:00 a Marostica, dove la X^ Mas (Btg. Alpini “Valanga”, 2° e 3° Gruppo d’Artiglieria “Da Giussano” e “S. Giorgio”) già si è arresa ai partigiani la sera precedente. (L. Valente, Dieci giorni di guerra, cit.) 74 F. Binotto e B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit., pag.103; QV-Quaderni Vicentini, 2/2017, di F. Binotto, B. Gramola, La morte di tre combattenti per la Libertà, cit., pag.199. 75 GE. Fantelli, La Resistenza dei cattolici nel Padovano, cit., pag.276; R. Caporale, La “banda Carità”, cit., pag.248; A. Galeotto, Brigata Pasubiana, Vol. II, cit., pag.1463.

Page 19: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

19- Infine, la testimonianza della partigiana “Mary” Arnaldi,76 che ha confermato quanto dichiarato da “Ermes” sulla presenza di Mario Carità a Villa Cabianca il 27 aprile 1945: “Ermes disse: «Sono stato da “Nino” Bressan a dire che alla Cabianca c’è Carità, che vuole consegnare il tesoro degli ebrei di Firenze»”. 77 27 Aprile 1945: l’ultimo viaggio dei Comandanti.78 Gli avvenimenti che venerdì 27 aprile 1945 portano alla morte dei Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” iniziano al mattino, a Villa Cabianca di Longa di Schiavon. La partenza di “Ermes” e Nalin da Villa Cabianca “Ermes” Farina giunto a Villa Cabianca per concludere l’accordo, viene convinto della necessità di allargare la trattativa ad altri comandanti partigiani. Con tale obiettivo parte dalla Villa in moto, accompagnato dal sottotenente-SS Antonio Nalin, un uomo del maggiore-SS Mario Carità. Alla guida sale Nalin, in divisa di ufficiale delle SS tedesche (non italiane), e sul sedile posteriore, in borghese, “Ermes”. Sono probabilmente le ore 8:00 del mattino. La prima loro meta è Poianella di Bressanvido, per incontrare Gaetano Bressan “Nino”, comandante della Divisione partigiana “Vicenza”. A dissuadere “Ermes” e Nalin dal percorrere la strada più breve (Longa-Ancignano-Bressanvido-Poianella) c’è certamente il rischio rappresentato dalla Strada Provinciale “Marosticana”, fortemente trafficata da reparti nazi-fascisti in ritirata, nonché battuta dall’aviazione Alleata. La prova della scelta di un percorso alternativo l’abbiamo peraltro dallo stesso “Ermes”, che racconta di aver attraversato Sandrigo e Lupia, prima di arrivare a Poianella. Secondo la nostra ricostruzione, “Ermes” e Nalin da Longa di Schiavon si sono quindi diretti: - prima a ovest, verso Maragnole di Breganze (per via Roncaggia); - giunti a Maragnole, hanno svoltato a sud, verso Sandrigo, che raggiungono passando per Contrà Ascaria, Case Agosta e via del Giardino (ora via Trissino), sino alla “Chiesetta ai Caduti” di piazzetta Garibaldi, e tratto cittadino della vecchia Strada “Marosticana”.79 A conferma di ciò, “Ermes” ha testimoniato di essere arrivato in piazzetta a Sandrigo e di aver incontrato un tedesco che dirigeva il traffico. Quindi, per dare meno nell’occhio in giorno di mercato, hanno poi deciso di non attraversare la Piazza principale di Sandrigo. Infatti: - girano a sinistra per via Roma e dopo un centinaio di metri, all’altezza dell’allora Osteria “da Rigon”, inforcano a destra una strada interna, via Stradelle (ora via Tecchio), poi via Brega, sbucando in via 4 Novembre; - in via 4 Novembre svoltano a sinistra, e dopo un’ottantina di metri ancora a sinistra, per via S. Lorenzo e verso l’Ospedale Civile; infine raggiungono Lupia e poi Poianella.80 A Poianella di Bressanvido da “Nino” Bressan “Ermes” e Nalin arrivano a destinazione verso le ore 8:30-8:45 circa, ma il comandante “Nino” Bressan, dopo averli ascoltati, respinge l’invito di seguirli a Longa di Schiavon, motivando tale decisione 76 Vedi in Approfondimenti – Maria Arnaldi “Mary”. 77 F. Binotto e B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit., pag.11-14, 102-104. Vedi Approfondimenti - L’Intervista a Mary Arnaldi e lo zaino di “Riccardo”. 78 Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia, cit., scheda: Sandrigo 27.04.1945 (www.straginazifasciste.it). 79 Nel 1945 la Strada Provinciale “Marosticana” attraversa il centro di Sandrigo - da occidente a oriente: Via S. Gaetano, Via 4 Novembre, Piazza Vittorio Emanuele, Piazzetta Garibaldi e Via Roma (ASVI, Catasto Italiano 1935-39, Comune di Sandrigo, Foglio 6 e 13; Istituto Geografico Militare, Foglio 37 delle Mappe d’Italia (1:25.000), Marostica, Tav. III S.E. 1935 e Foglio 50 delle Mappe d’Italia (1:25.000), Sandrigo, Tav. IV N.E. 1935). 80 ASVI, Catasto Italiano 1935-39, Comune di Sandrigo, Foglio 6 e 13; Istituto Geografico Militare, Foglio 50 delle Mappe d’Italia (1:25.000), Sandrigo, Tav. IV N.E. 1935.

Page 20: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

20

Page 21: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

21per la sua incompetenza territoriale (l’area è sotto l’autorità della Divisione “M. Ortigara”), ma soprattutto a causa dell’impossibilità di assentarsi dalla zona, ora che la Liberazione della città di Vicenza è imminente. Infatti, “La mattina del 28 aprile la città di Vicenza viene liberata dall’apporto congiunto delle forze americane e partigiane. Alle 5,30 del 28 aprile le punte avanzate e meccanizzate del 350° Regg. Fanteria si mettono in moto passando per Olmo: ogni volta che un nido di resistenza tedesca viene sopraffatto, poche centinaia di metri dopo bisogna affrontarne un altro; sovente i tedeschi si defilano per lasciar passare i mezzi corazzati ed attaccare poi sui fianchi le colonne americane meno protette. Alle 8,00, sotto una leggera pioggerellina, gli americani sono alle porte della città; a condurre l’avanzata è il 3° Btg. Fanteria, sopportato dagli Sherman del 752° Btg. Carri. Vicenza in quel momento è già in parte sotto il controllo dei partigiani, pronti ad accogliere i primi liberatori assieme alla folla e al suono delle campane. Ma la battaglia non è ancora finita, per ripulire alcuni quartieri dalle ultime sacche di resistenza occorre combattere ancora: fascisti braccati e isolati cecchini tedeschi tengono sotto tiro incroci e strade e devono essere stanati”. 81 “Ermes” e Nalin, lasciato “Nino” Bressan, continuano il loro viaggio, questa volta per incontrare il comandante della Divisione “M. Ortigara”, Giacomo Chilesotti “Loris”, presso la famosa “Casetta Rossa” della famiglia Zolin a Novoledo di Villaverla.82 Secondo il racconto di “Ermes”, il percorso che hanno seguito è stato Poianella, Passo di Riva -Dueville, Novoledo, quindi: - tornati a Lupia di Sandrigo, attraversano il guado-passerella sul Fiume Astico,83 in direzione Povolaro (via Rizzola); - subito dopo svoltano a destra, verso via Madonnetta-Vegre (ora via Astico e S. Maria) e sbucano sulla “Marosticana”, all’altezza di Passo di Riva, dove, come testimoniato da “Ermes”, incontrano un maresciallo tedesco che controlla i loro documenti e li avvisa della presenza in zona di bande partigiane; - attraversata la “Marosticana”, raggiungono Contrà Capellari-Astichello, continuando in direzione di Novoledo e transitando a nord del centro di Dueville per via Belvedere (ora via Mazzini), via S. Fosca e via Morari (ora via Pasubio).84 L’incontro con Giacomo Chilesotti “Loris” Poco prima di arrivare alla “Casetta Rossa” di Novoledo, “Ermes” e Nalin, incontrano l’ing. Giacomo Chilesotti “Loris” presso la curva “Dal Molin”, dove sono fermati al “posto di blocco” partigiano. 85 Poco dopo arrivano pure l’ing. Giovanni Carli “Ottaviano”, Attilio Andreetto “Sergio”, Ottaviano Lupato “Vipera”, “Mary” Arnaldi, Albino Chiomento “Bill” e altri. Secondo “Mary” Arnaldi, sono le ore 10:00. 86 81 L. Valente, Dieci giorni di guerra, cit., pag.220-221. 82 Vedi Approfondimenti – La Casetta Rossa. 83 Il torrente Astico, al guado di Lupia, da circa 1500 metri è “fiume”, cioè ha acqua corrente tutto l’anno. In quei giorni, comunque, tutti i corsi d’acqua sono in piena per le insistenti piogge. Il vecchio ponte in legno è stato bombardato e distrutto e il guado-passerella che lo ha sostituito è stato potenziato con l’ausilio di grate in cemento armato che ne permettono, come una passerella a pelo d’acqua, l’attraversamento. È questa una tecnica spesso utilizzata dalla Todt per permettere di guadare i corsi d’acqua i cui ponti sono stati distrutti e nel contempo nascondere all’aviazione nemica il possibile nuovo attraversamento. Strutture simili le troviamo anche nei pressi di altri ponti sull’Astico, a Passo di Riva e a Breganze. 84 Istituto Geografico Militare, Foglio 50 delle Mappe d’Italia (1:25.000), Sandrigo, Tav. IV N.E. 1935 e Dueville, Tav. IV N.O. 1935. 85 La curva Dal Molin. Sulla strada che da Dueville porta Novoledo di Villaverla, dopo aver superato il passaggio a livello della linea Vicenza-Schio, Contrà Morari e l’Osteria “alla Renga”, l’incrocio con via Villanova e la casa colonica “Marenda”, troviamo una curva a 90° verso destra, da cui si dirama a sinistra una strada di campagna (Via Boscomezzo) che porta prima alla fattoria Dal Molin, più avanti alla fattoria Crestani e poi all’interno della zona detta il “Bosco”: un’area ricca di risorgive o fontanili e corsi d’acqua, che costituiscono parte del sub-bacino idrografico che alimenta il fiume Bacchiglione; una zona allora ricchissima di vegetazione, isolata, poco coltivata e poco abitata; un ambiente ideale come base partigiana e per ricevere gli aviolanci Alleati. La curva “Dal Molin” è oggi tagliata fuori dalla nuova strada principale, ma è ugualmente e facilmente individuabile. La casa colonica “Marenda” è invece la storica abitazione della famiglia Marenda, i “Custodi delle Sorgenti”, cioè delle “Vecchie sorgenti di Dueville”, così chiamate da sempre per antonomasia, ma in territorio comunale di Villaverla, e centro di approvvigionamento idrico dal 1888 del primo acquedotto del Comune di Padova. (Istituto Geografico Militare, Foglio 50 delle Mappe d’Italia 1:25.000, Dueville, Tav. IV N.O. 1935). 86 B. Gramola, Memorie Partigiane, cit., pag.88; F. Binotto e B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit., pag.17-18 e 21. - Binotto e Gramola, nell’insistente tentativo di dimostrare come improvvisato il viaggio dei Comandanti, si inventano l’arrivo di “Sergio”, “Proprio al momento della partenza”. Viceversa, “Sergio” e “Ottaviano” incontrano “Ermes” e Nalin poco dopo il loro arrivo alla curva “Dal Molin”, circa alle ore 10,00, e quindi circa cinque ore prima della partenza da Dueville per Longa di Schiavon.

Page 22: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

22Ermenegildo Farina “Ermes” spiega loro il motivo della presenza con lui di Antonio Nalin e lo scopo della loro missione; alla fine, superate le iniziali titubanze, riesce a convincere “Loris” e “Ottaviano” della necessità di raggiungere al più presto Longa di Schiavon.87 Infatti, inizialmente Chilesotti non ne condivide l’idea, e dà indicazioni per far intervenire alle trattative il comandante della Brigata “Giovane Italia”, Antonio Borsato “Aquila”, responsabile della zona. A tale disposizione, “Ermes” ribatte che è “pressoché impossibile” avvisare “Aquila”, e fa notare l’importanza della posta in gioco, perché non si tratta di un solo reparto della X^ Mas,“ma la Divisione tutta [e] contemporaneamente capitolerebbero i presidi di Bassano, Marostica, Thiene ed altri”.88 A ulteriore conferma abbiamo anche la testimonianza del partigiano Antonio Giudicotti, che ricorda: “Farina pregò i nostri Comandanti di andare con lui a Longa di Schiavon perché – diceva – i tedeschi erano disponibili a cedere le armi, ma solo a un Comandante, e per salvare il tesoro della Sinagoga di Firenze …”.89 Non dimentichiamo inoltre che “Loris”, al momento di decidere il da farsi, si trova di fronte a una scelta precisa. É già stato informato da due staffette, Angela Vellere ed Eleonora Zancan “Norina”, inviate da “Silva”, comandante della Brigata “Martiri di Granezza”, che il Comando della Divisione X^ di stanza a Thiene stava trattando la resa.90 Alla fine Giacomo Chilesotti decide di andare a Longa di Schiavon, ma rifiuta categoricamente la proposta di Nalin di trasportare i comandanti con la motocicletta e uno alla volta: “non accetta poiché, probabilmente non si fida”.91 Decide viceversa di andare con l’automobile catturata ai tedeschi il mattino.92 Chilesotti, Carli e Andreetto, dopo aver analizzato la situazione,93 e probabilmente dopo aver consumato un frugale pranzo alla “Casetta Rossa”, decidono di partire per Longa e di portare con loro anche due o tre fidate e capaci staffette, “Mary” Arnaldi, “Zaira” Meneghin e “Lina” Tridenti,94 che potranno essere utili per diramare gli ordini a trattativa di resa ultimata: 87 L. Carli Miotti, Giovanni Carli, cit, pag.242-243. 88 L. Carli Miotti, Giovanni Carli, cit, pag.261. 89 B. Gramola, Memorie Partigiane, cit., pag.88. 90 B. Gramola, La storia della Mazzini, cit., pag.97-98. 91 L. Carli Miotti, Giovanni Carli, cit., pag.261. 92 L’automobile è stata sequestrata dai partigiani il mattino del 27 presso il posto di blocco organizzato alla curva “Dal Molin”, prima dell’arrivo di “Ermes” e Nalin; secondo Angelo Fracasso “Angelo” (futuro comandante della “M. Ortigara”), presente al fatto, sono catturati anche “due ufficiali della Gestapo [quindi BdS-SD] che erano a bordo” e un “maresciallo autista”. Anche in questo caso Binotto e Gramola minimizzano: “L’auto era stata sequestrata … ad un gruppo di tedeschi” (Il Patriota, del 19.1.1946, articolo di Angelo Fracasso, Invito ad Ermes Farina, cit.; F. Binotto e B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit., pag.23, 37-38; G. Pendin, la Resistenza 40 anni dopo, cit., pag.47-48). 93 B. Gramola e A. Maistrello, La Divisione partigiana “Vicenza”, cit., pag.54-55. Diversamente da quanto già sostenuto da Gramola, “Loris”, “Ottaviano” e “Sergio” non sono degli sprovveduti, né tanto meno degli “impulsivi”, conoscono perfettamente i rischi cui vanno incontro, e li hanno certamente reputati inferiori ai motivi che gli spingono a correrli. 94 Vedi Approfondimenti - Lina Tridenti “Lina”.

Page 23: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

23- “Mary”, la staffetta della Divisione “Monte Ortigara”, chiede e ottiene di essere però dispensata dalla missione a Longa perché desiderosa di entrare a Thiene liberata assieme ai partigiani della Brigata “Martiri di Granezza”;95 - “Zaira”, la staffetta del Brigata “Giovane Italia”, è in zona, nascosta a Dueville dopo la fuga dalle carceri di Thiene, ed è quindi facilmente contrattabile; - “Lina”, la staffetta di Chilesotti, la possono recuperare passando dall’Angelina (Angelina Battilana Basso),96 in Contrà Convento di Passo di Riva, dove normalmente fa base.97 Il fatto che i Comandanti vogliano portare con loro più staffette, oltre a confermare l’importanza che ripongono nella missione a Longa, dimostra ulteriormente la debolezza della tesi di un viaggio “improvvisato” e quindi di una morte dei Comandanti quale “tragica fatalità”. 98 La partenza da Dueville Sono circa le ore 13:00 – 13:30,99 e i Comandanti con i loro accompagnatori, si spostano dalla “Casetta Rossa” di Novoledo, all’incrocio che fuori Dueville porta a Levà di Montecchio Precalcino (via S. Anna), ai cimiteri civile e inglese (via S. Fosca), e al centro del paese (via 28 Ottobre, ora via Rossi), nascondono l’auto e la moto al riparo dell’unica casa lì esistente, ora demolita, e organizzano un “posto di blocco”. 100 Contemporaneamente “Ermes” cerca di contattare “Zaira” presso l’abitazione di Elisa Bileri “Rina”, in Via Morari (ora Via Pasubio), ma viene informato che “Zaira” ha cambiato rifugio e che ora è ospite presso la famiglia Dalla Vecchia (o De Vecchi), in Contrà Bernarda (via Caprera), a sud del centro di Dueville, e la stessa “Rina” Bileri s’incarica di andarla a chiamare (a piedi) e di portarla all’appuntamento. Sono circa le ore 14:00 quando “Zaira” è avvisata dalla staffetta “Rina” di prepararsi in fretta che c’è Ermes che l’aspetta. 101 “Rina” e “Zaira" attraversano velocemente il passaggio a livello di via Roma, dietro alla Chiesa di Dueville, e raggiungono Piazza Monza, “ove sostava di fronte a noi un’enorme colonna delle SS tedesche, che supposi fosse in partenza da quel comando”.102 Poi, costeggiando le Scuole Elementari di via 4 Novembre, e per via 28 Ottobre (ora via Rossi) le due donne si portano al luogo dell’appuntamento. Anche “Ermes”, che è andato inizialmente incontro a “Zaira”, conferma la partenza dei tedeschi dalla scuola: “…stando a metà strada fra il quadrivio e Dueville, noto nel centro l’evacuazione dei tedeschi dalle scuole …devo rifugiarmi più di una volta o dietro lo sbarramento anticarro posto sulla strada o entro il portone di una casa vicina “.103 Per quanto veloci possano aver camminato, “Zaira” e “Rina” non possono essere passate per Piazza Monza prima delle ore 14:20 e all’appuntamento non possono essere arrivate prima delle 14:30. 95 Archivio. Rivista sulla storia di Thiene, articolo di R. Corrà, Giacomo Chilesotti, nel centenario della nascita, cit.. 96 L. Carli Miotti, Giovanni Carli, cit., pag.263. 97 Contrà Convento era allora isolata nella campagna e raggiungibile tramite una laterale di Via S. Maria (ora una capezzagna abbandonata, all’altezza del n. civico 27), e oggi è assorbita dall’abitato in via S. Giovanni; la casa dell’Angelina c’è ancora, è di color giallo paglierino e porta il n. civico 60. La Casa dell’Angelina, scelta da don Luigi Pascoli, parroco di Povolaro, da almeno la fine dicembre ‘44 ospita Giacomo Chilesotti “Loris”, ed è luogo di incontro di diversi esponenti della DC: da gennaio vi trovano riparo anche Ermenegildo Farina “Ermes”, Silvano de Lai “Silvio-Sandro”, ispettore del Comando Regionale Veneto per la DC, e vi si ferma anche il dott. Giuseppe Cadore “Silla”, segretario provinciale della DC, e la sua futura moglie, la staffetta già di Torquato Fraccon e Giustino Nicoletti, Maria Zanarotti “Francesca” (B. Gramola, Le donne e la Resistenza, cit., pag.154-155, 186-187 e nota136; C. Segato, Flash di vita partigiana, cit., 38. A. Galeotto, Brigata Pasubio, Vol. II, cit., pag.870). 98 E. Ceccato, Patrioti contro partigiani, cit., pag.219-221, 232, 238-240, 324-325; U. De Grandis, Il caso “Sergio”, cit., pag.258, 266; F. Binotto e B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit., pag.17-18, 21, 25; B. Gramola, Memorie Partigiane, cit., pag.88 - Binotto e Gramola oltre a inventarsi un arrivo all’ultimo istante di “Sergio”, che “volle essere subito della compagnia”, minimizzano la presenza di “Zaira”, “partigiana marosticense desiderosa di rientrare a casa”. 99 L’orario è calcolato sulla base del fatto che “Zaira” viene avvisata dell’appuntamento con i Comandanti alle ore 14:00. 100 L’incrocio in questione nel 1945 è in aperta campagna e, eccettuata un’unica casa all’angolo tra Via S. Fosca e Via 28 Ottobre (ora Rossi), le altre abitazioni distano qualche centinaio di metri: in via S. Anna la prima costruzione si trovava a circa 150 m; in via S. Fosca, i cimiteri e la chiesetta sono a circa 200 m; in via 28 Ottobre (ora Rossi) il Villino Maccà e la fattoria Martini “Petenea” distano quasi 300 m; in via Morari (ora Pasubio) la prima abitazione era distante 250 m; il caseificio di Contrà Molina (ora via M. Ortigara) dista in linea d’aria 175m (ASVI, Catasto Italiano 1935-39, Comune di Dueville, Sez. A, Fogli 2, 3 e7; Istituto Geografico Militare, Foglio 50 delle Mappe d’Italia 1: 25.000, Dueville, Tav. IV N.0. 1935; Z. Meneghin Maina, Tra cronaca e storia, cit., pag.28; L. Carli Miotti, Giovanni Carli, cit., pag.262). 101 ASVI, Danni di guerra, b.277 fasc.18788; Z. Meneghin Maina, Tra cronaca e storia, cit., pag.27-28. -“Zaira” testimonia che “La sera del 26 aprile Dueville subisce un bombardamento, e noi fummo costretti a passare la notte nei campi. Per la stanchezza, nel primo pomeriggio del giorno seguente andammo a riposare…verso le due, fui chiamata…”. 102 Z. Meneghin Maina, Tra cronaca e storia, cit., pag.28. 103 L. Carli Miotti, Giovanni Carli, cit., pag.262-263.

Page 24: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

24Raggiunti i Comandanti, “Zaira” ricorda che mentre stava parlando con Chilesotti, dal “posto di blocco” all’incrocio: “passò una macchina della Croce Rossa guidata da tedeschi; le diedero il segnale di via e la macchina passò, seguita da una motocicletta”. Anche “Ermes” rammenta quella motocicletta: “Finché eravamo lì, abbiamo visto passare una motocarrozzetta tedesca, che ha girato al largo e ci dava la sensazione che fosse una delle pattuglie di copertura al ripiegamento dei tedeschi”. È certamente una motocarrozzetta da non dimenticare! 104

ASVI, Catasto Italiano 1935-39, Comune di Dueville, Sez. A, Foglio 2. 104 Z. Meneghin Maina, Tra cronaca e storia, cit., pag.28; B. Gramola, Fraccon e Farina. Cattolici nella Resistenza, cit., pag.133; I. Mantiero, Con la Brigata Loris, cit., pag.194; F. Binotto e B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit., pag.24.

Page 25: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

25 Sono circa le ore 15:00-15:30 quando i Comandanti partono dall’incrocio fuori Dueville e iniziano il loro ultimo tragico viaggio. Un viaggio del quale, asserire che “non appaiono le condizioni per un’imboscata da parte di chicchessia”, è quantomeno azzardato.105 Partono preceduti dalla moto con Nalin e “Ermes”, e dietro l’automobile con Chilesotti alla guida, Carli di fianco e Andreetto dietro con “Zaira”, tutti attenti ai possibili segnali di avvertimento di “Ermes”. Il percorso scelto è lo stesso fatto il mattino da “Ermes” e Nalin, già dimostratosi abbastanza sicuro e veloce: Via S. Fosca e cimiteri, incrocio “Belvedere”, via Belvedere (ora Mazzini), Contrà Capellari e Astichelli, Passo di Riva, attraversamento della “Marosticana”, via Vegre per Cà Franzana (ora via S. Maria e via Astico), via Rizzola, guado-passerella sul Fiume Astico, Lupia, Sandrigo; unica breve deviazione: la sosta dall’Angelina, in Contrà Convento a Passo di Riva.106 Dall’Angelina i Comandanti pensano di recuperare Lina Tridenti, ma lei non c’è, anche se arriverà di li a poco. I Comandanti recuperano armi, munizioni, benzina e ripartono senza di lei. Lina Tridenti ricorda che al suo arrivo l’Angelina era preoccupata: “E’ passato Giacomo con “Ottaviano” su una macchina tedesca – mi disse - era venuto a prenderla”.107 La prima parte del viaggio dei Comandanti sembra tranquilla, se si eccettua l’attraversamento della “Marosticana” a Passo di Riva, dove “Ermes” ricorda una motocicletta tedesca che: “sopraggiunge da Povolaro…[e] che prosegue per il ponte dell’Astico. Altri tedeschi sono sulla provinciale; mentre ci addentriamo verso il “Convento” si odono dalla provinciale degli spari specialmente in direzione della macchina”.108 Anche “Zaira” conferma gli spari.109 A Lupia, presso le Scuole Elementari, i Comandanti si fermano per disarmare un “alpino repubblichino”. E proprio in questi frangenti “Ermes” ricorda che: “a Lupiola [Lupia] ci sorpassa di nuovo il motociclista con la motocarrozzetta”. 110 Questo sta a significare che “Ermes” ha riconosciuto nel motociclista che li supera a Lupia, lo stesso motociclista che è passato al “posto di blocco” fuori Dueville dietro all’ambulanza della Croce Rossa tedesca, e forse anche quello visto a Passo di Riva. A Sandrigo una strana retata, l’uccisione di un partigiano e il “coprifuoco” Poco prima dell’arrivo dei Comandanti a Sandrigo, nel centro di Sandrigo avviene un tragico episodio che non può che essere messo in relazione con la cattura e l’eliminazione di Chilesotti, Carli e Andreetto.111 La prima testimonianza è di Stefano Panzolato, presente in piazza a Sandrigo: “Era un venerdì, quel 27 aprile, circa le due e mezzo del pomeriggio. […] Così ci si è trovati per caso in dieci, dodici amici, davanti al Caffè Commercio a parlare della guerra che non finiva mai, dei tedeschi in fuga verso il Nord dopo lo sfondamento della linea da parte delle forze armate alleate. Il nostro sostare insieme quel pomeriggio era come un’attesa angosciosa e liberatrice dei tanti giorni di paura e di terrore. Ricordo, vicino a me sulla mia destra c’era Bruno “Paniti” Azzolin,112 rientrato in paese dopo mesi di permanenza in montagna con i partigiani, proprio il giorno avanti, poi Miro Vicino, Angelo Vivaldi, Augusto Casagrande, Corinto Bertuzzo, … [altre testimonianze confermano la presenza e il successivo fermo anche del dott. Pio Benettazzo, dell’avv. Todescato e di altri]. 105 L. Carli Miotti, Giovanni Carli, cit., pag.262; Z. Meneghin Maina, Tra cronaca e storia, cit., pag.27-28; F. Binotto e B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit., pag.21-22, 83. 106 Istituto Geografico Militare, Foglio 50 delle Mappe d’Italia 1:25.000, Dueville, Tav. IV N.O. 1935 e Sandrigo Tav. IV N.E. 1935. 107 B. Gramola, Le donne e la Resistenza, cit., pag.186-187. 108 L. Carli Miotti, Giovanni Carli, cit., pag.263. 109 Z. Meneghin Maina, Tra cronaca e storia, cit., pag.28. 110 Di questa affermazione di “Ermes”, che indebolisce ulteriormente la tesi sulla casualità della morte dei Comandanti, Binotto e Gramola non ne parlano, se non a pag.10 nota3, per tentare di screditare come testimone anche “Ermes”, come già precedentemente tentato con “Mary” e “Zaira” (L. Carli Miotti, Giovanni Carli, cit., pag.264; Z. Meneghin Maina, Tra cronaca e storia, cit. pag.28; B. Gramola, Fraccon e Farina. Cattolici nella Resistenza, cit., pag.133). 111 Oltre a Binotto e Gramola, anche Galeotto non condivide la relazione tra questa vicenda e la morte dei Comandanti. Tale posizione è a nostro avviso motivata dalla necessità di dimostrare la casualità della cattura, elemento fondamentale per motivare le loro tesi (F. Binotto e B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit., pag.34, note53 e 54; A. Galeotto, Brigata Pasubiana, Vol. II, cit., pag.1478). 112 Vedi in Approfondimenti – Giordano Bruno Azzolin “Paniti”.

Page 26: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

26D’un tratto ci accorgemmo di un gruppo di soldati tedeschi in bicicletta provenienti dal fondo della piazza. Non ci siamo mossi di un palmo, convinti che avrebbero proseguito verso Marostica e Bassano, come altri prima, … Invece, giunti all’altezza della panetteria di Bigarella, ora Banca Popolare di Vicenza, scesi rapidamente di bicicletta, si scagliarono verso di noi con il mitra in pugno, urlando mani in alto e documenti. Ci fu un attimo di sorpresa e di incertezza, qualcuno tentò di esibire la carta d’identità, poi ci sfaldammo e ognuno di noi tentò, chi a sinistra chi a destra, la propria fuga fra i colpi di mitra sparati un po’ ovunque, all’impazzata. […] Il sergente tedesco che comandava il gruppo, urlando, stava disponendo i suoi uomini per l’esecuzione finale nostra. […] Ma ecco all’ultimo istante, … sopraggiungere da Via Ippodromo una Topolino sgangherata, con una brusca frenata si ferma vicino a me, …si dirige verso il sottufficiale […] Poi d’improvviso vediamo abbassare le armi che erano puntate su di noi, l’ufficiale tedesco si avvicina a me ed in un discreto italiano, forse perché altoatesino, dice che per questa volta non sarebbe successo nient’altro, c’erano già un morto (Giordano Bruno Azzolin) e una donna ferita, potevamo tornare a casa e che non era prudente trovarsi in strada…”.113 Una seconda testimonianza che ci conferma l’accaduto, è quella del comandante del Btg. partigiano “Sandrigo” (Brigata “Damiano Chiesa II” della Divisione “Vicenza”), Luigi De Toni, detto “Gigetto Marola”: “[…] Era in mia compagnia [Giordano Bruno Azzolin], al centro del paese di Sandrigo; cademmo in un’imboscata di individui della SS tedesca… Perquisiti, ci trovarono tutti e due armati. Messi al muro tentammo la fuga della disperazione. Ci spararono delle raffiche quasi a bruciapelo. Azzolin cadde ed io riuscii a nascondermi in una casa, miracolosamente illeso”. 114 A Sandrigo la popolazione si spranga in casa! La trappola si chiude L’automobile dei Comandanti, preceduta dalla moto di “Ermes” e Nalin, arriva a Sandrigo da Lupia, passa a fianco dell’Ospedale Civile e, per lo stesso percorso dell’andata, devia a destra per via Brega e s’immette in via Stradelle (ora Tecchio).115 “Ermes” Farina ricorda che a Sandrigo, giorno di mercato, non c’è stranamente movimento,116 e infatti, come abbiamo visto, i tedeschi hanno imposto il “coprifuoco”. In via Stradelle (ora Tecchio), una via interna al centro abitato, tra le due curve a gomito, i Comandanti trovano improvvisamente un “posto di blocco”, formato da due automobili “quasi addossate” che chiudono la strada, che però al loro arrivo si spostano e li lasciano passare: un “posto di blocco” totalmente inutile in quel luogo, ma non certo una presenza occasionale, come da taluno giudicata.117 Dopo questa prima sorpresa, superata la seconda curva a gomito verso sinistra, nel breve tratto che li separa dalla confluenza con la Strada “Marosticana”, trovano un secondo ostacolo: dall’altro lato di via Roma, proprio di fronte a via Stradelle, nel piazzale dell’allora Osteria “da Rigon”, sono sistemate due mitragliatrici e tedeschi armati chiudono l’accesso a sinistra verso la “Chiesetta ai Caduti” di piazzetta Garibaldi: un secondo “posto di blocco” apparentemente inutile come il primo, ma che li obbliga a svoltare a destra, verso Marostica e Bassano. L’auto dei Comandanti subito dopo aver imboccato via Roma trova un terzo ostacolo: a occupare buona parte della sede stradale sono parcheggiati in fila indiana due o più camion e, all’arrivo dell’automobile, un altro camion con una mitragliatrice sulla cabina, esce dal lato opposto della strada e la chiude completamente. 118 113 Sandrigo 30, rivista locale, nel n. 6/1985 - articolo-testimonianza di Stefano Panzolato, Quei giorni di fine aprile 1945. 114 Sandrigo 30, rivista locale, nel n. 4/2010 - articolo-intervista di Leonardo Carlotto, Guerra partigiana a Sandrigo. 115 ASVI, Catasto Italiano 1935-39, Comune di Sandrigo, Foglio 6 e 13; Istituto Geografico Militare, Foglio 50 delle Mappe d’Italia (1:25.000), Sandrigo, Tav. IV N.E. 1935. 116 L. Carli Miotti, Giovanni Carli, cit., pag.246; in F. Binotto e B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit., pag.10; in Storia della “Mazzini”, cit., pag.28. 117 F. Binotto e B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit., pag.28-30. 118 L. Carli Miotti, Giovanni Carli, cit., pag.264; B. Gramola, Fraccon e Farina. Cattolici nella Resistenza, cit., pag.133.

Page 27: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

27“Zaira” ricorda che,“…ci trovammo davanti ad una colonna della SS tedesca, la quale era già appostata con mitraglia, ad attenderci”.119

Foto da satellite del centro di Sandrigo oggi. Da destra a sinistra il percorso compiuto dall’automobile dei Comandanti (linea rossa) da via 4 Novembre a via Roma. I fatti si susseguono così velocemente che “Ermes” non riesce ad avvisare i Comandanti del pericolo, ma ormai tutto sarebbe comunque inutile. Nalin, alla guida della moto, viene lasciato passare, e si ferma subito dopo. “Ermes” tenta di aiutare i Comandanti, segnalando ai tedeschi che la macchina è della “polizei” e incitando Nalin a intervenire personalmente, cosa che l’ufficiale delle SS sembra fare, senza tuttavia ottenere nulla. Anche la successiva fuga di “Ermes” e Nalin è strana: chiusi in 50 metri di strada da decine di tedeschi “minacciosi” e armati sino ai denti del “posto di blocco”, e da altri tedeschi piazzati sul ponte del Tesina che li tengono sotto tiro, i due riescono comunque a fuggire per i campi. Anzi, prima spingono la moto “fino ad una casa vicina” 120. (sic!) Nelle fasi concitate e drammatiche di quei momenti, è comprensibile che “Ermes” abbia creduto alla buonafede di Nalin, ma onestamente è anche difficile credere che le SS, prima non riconoscano l’autorità di un ufficiale del BdS-SD, quale Nalin è, e poi si lascino pure sfuggire due persone già di fatto bloccate in 50 metri di strada.121 L’eliminazione dei Comandanti Se la partenza da Dueville è avvenuta circa alle ore 15:00-15:30, calcolando la breve sosta dall’Angelina (circa 15’), e a Lupia, per disarmare il repubblichino (circa 15’), nonché la strada percorsa, 119 “Zaira”, come “Mary” e come i Comandanti, non possono essere catalogati tra quella maggioranza di testimoni che vedono in tutti i tedeschi delle SS; sono partigiani di grande esperienza, che conoscono bene la differenza tra una SS e un militare della Werhmacht, della Flak, della X^ Mas, GNR o BN; per loro era fondamentale saperli distinguere. (L. Carli Miotti, Giovanni Carli, cit., pag.264-265; Z. Meneghin Maina, Tra cronaca e storia, cit., pag.29). 120 L. Carli Miotti, Giovanni Carli, cit., pag.265-266; F. Binotto e B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit., pag.30. 121 F. Binotto e B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit., pag.29-30.

Page 28: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

28circa 9 km (circa 20’), possiamo affermare che l’arrivo a Sandrigo e l’eliminazione dei Comandanti sono avvenuti tra le ore 16:00 e le 16:30, e non certo alle “ore 15.00 circa” come da altri proposto. 122 Chiarito l’orario degli omicidi, “Zaira”, unica testimone oculare, ci ricorda gli ultimi momenti dei Comandanti: “…si avvicina un ufficiale, sorridendo, e disse: «questa essere macchina nostra, voi grandi banditi»; ci guardammo in faccia: Sergio presentò i documenti, Nettuno non si mosse, Giovanni chinò il capo in attesa. Ci disarmarono con una vera rabbia diabolica; ci fecero scendere e ci puntarono i fucili sul petto, levarono a Ottaviano l’orologio d’oro, pure a Nettuno gli oggetti personali, così a Sergio, il quale disse: «niente buono fare così, questo significa rubare, in italiano». Ottaviano lo spinse in segno di tacere, ma Sergio con il suo solito sorriso protestò ancora; io gli chiesi «ma che cosa fanno adesso? Ci fucilano forse?», nessuno dette risposta, mi guardarono; il comandante diede l’ordine di esecuzione, Sergio udendo mi scosse e disse: «cerca di salvarti, salviamo il salvabile, anche per testimonianza della nostra morte». Fummo spinti giù nell’orto che si trovava di fronte alla casa di Rigon, io tenni come ordine le parole di Sergio perché speravo di poter fare qualcosa per loro, chiesi di un interprete, mi fu concesso di parlargli; con pretesti cercai di mettere davanti che erano della Polizia e di conoscerli per tali essendo in strada per Bassano senza mezzi; per loro nulla valse. In questo momento fu dato l’ordine di sparare, posso garantire che ben cento tedeschi erano pronti per l’esecuzione. Nettuno non si mosse e fu colpito per primo, lo vidi cadere sereno come sempre; Ottaviano per primo cercò di mettersi in salvo, si tuffò nel Tesina, lo vidi guardare verso di noi. Sergio seguì le gesta di Ottaviano, si buttò per terra un po’ scostato da Giovanni; spararono tutti simultaneamente. Giovanni e Sergio non restarono colpiti dal plotone, ma bensì da un tifoso tedesco che li inseguì. Tutti sorridenti e soddisfatti dettero l’ordine di salire tutti in macchina, e mi spinsero dentro, lasciando i corpi sul posto senza neppure guardare se erano morti, ma certo erano sicuri di averli colpiti. Dopo pochi chilometri ci raggiunse la famosa staffetta che io stessa avevo notato prima, per strada, la quale volle salire con noi per interrogarmi; mi disse: «tu essere amica banditi, io avere vista a Dueville con altra signorina e salutare anche un altro bandito, io sapere e avere visto, io essere staffetta in perlustrazione alla strada e avere riconosciuta macchina nostra: ha, tu non sapere, ma io sì sapere, perché banditi avere ucciso un ufficiale nostro e ferito un soldato»; e rivolto all’ufficiale che stava di fianco a me e che portava la macchina: «perché questa niente caput?». E l’ufficiale rispose: «ma questa niente conoscere, niente sapere»; e la staffetta: «oh, ma io conoscere e sapere, questa macchina nostra, e essere morto grande Comandante, così io avere visto questa signorina con grandi banditi, e io fermare questa colonna».123 Una tragica testimonianza, che ci dà almeno tre nuovi elementi di valutazione: - L’ufficiale SS si avvicina “sorridendo”, come un gatto che ha preso il topo, affermando sicuro: “questa essere macchina nostra, voi grandi banditi”. Quindi i tedeschi sapevano e li stavano aspettando. Abbiamo anche una ulteriore conferma: i tedeschi sono SS perché la macchina apparteneva agli ufficiali SS della Gestapo catturati alla curva “Dal Molin” di Novoledo. - “Zaira” ci dà la conferma definitiva che almeno un motociclista tedesco pedinava gli spostamenti dei Comandanti, perlomeno dalla loro partenza da Dueville: “…ci raggiunse la famosa staffetta che io stessa avevo notato prima, per strada”;124 “tu essere amica banditi, io avere vista a Dueville con altra signorina e salutare anche un altro bandito, io sapere e avere visto, io essere staffetta in perlustrazione alla strada e avere riconosciuta macchina nostra: ha, tu non sapere, ma io sì sapere, perché banditi avere ucciso un ufficiale nostro e ferito un soldato”. - “Zaira” viene risparmiata, non perché creduta estranea, ma probabilmente per poterle estorcere utili informazioni. Viceversa, non si spiegherebbe il perché “Zaira” viaggi in macchina con l’ufficiale delle SS che inizialmente fa la parte del “buono” e il “motociclista” nel ruolo del 122 Come da noi ricostruito nel precedente paragrafo, “A Sandrigo una strana retata, l’uccisione di un partigiano e il coprifuoco”, alle ore 15:00 gli spari ci furono, ma in piazza; è lo stesso testimone di Gramola e Binotto, il partigiano Giovanni Mattiello “Gioanin”, ad affermare che: “Non so se gli spari uditi [da oltre 1 km in linea d’aria],… siano stati quelli dell’uccisione di Andreetto, Carli e Chilesotti perché, dal punto in cui eravamo, potevamo solo udire e non vedere”; infine, gli “atti di morte” conservati presso il Comune di Sandrigo, confermano le fucilazioni dei Comandanti alle ore 16,00 (F. Binotto e B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit., pag.33, 40, 113, 117 e 123; Sandrigo 30, n. 6/1985, cit e n. 4/2010, cit.; E. Ceccato, Patrioti contro Partigiani, cit., pag.239-240). 123 L. Carli Miotti, Giovanni Carli, cit., pag.271-273; in Z. Meneghin Maina, Tra cronaca e storia, cit., pag.28-30. 124 Viceversa, Binotto e Gramola affermano che “Zaira nella sua testimonianza non accenna ad una staffetta vista in Dueville” (Z. Meneghin, Tra cronaca e storia, cit., pag.28; F. Binotto e B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit., pag.33).

Page 29: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

29“cattivo”; e perché il “motociclista” e l’ufficiale SS, si sforzino di parlare in italiano anche tra di loro, dando così l’impressione di voler coinvolgere “Zaira” nella conversazione. “Zaira”, giunta a Bassano, quando la macchina si ferma in Viale XX Settembre (oggi Viale dei Martiri), tenta di scendere dopo aver salutato e ringraziato del passaggio il comandante tedesco. Ma la reazione non è più cordiale: “mi prese con rabbia per un braccio e chiamò due soldati, che di peso mi buttarono su un camion…”.125 “Zaira”, ricorda che ad aspettarla trova “[…] tutta la compagnia dei comandanti torturatori di Perillo, con Perillo stesso”.126 Quello stesso Alfredo Perillo, ufficiale SS e dirigente del BdS-SD di Bassano, “contro cui Zaira aveva combattuto fin dai primi mesi della lotta resistenziale … questa volta Perillo aveva finalmente vinto e catturato la sua vittima, la sua ultima vittima”,127 …e Mario Carità non è certo lontano! Da Bassano il viaggio di “Zaira” continua “pericolato” sino a Trento, poi viene trasferita su un’autoblindo di scorta ad una decina di vetture delle SS con destinazione il Lager di Bolzano. Tre giorni dopo è di nuovo a Trento dove viene consegnata al locale BdS-SD di Villa Trieste.128 Approfondimenti: persone, avvenimenti, luoghi, reparti, … 1. L’intervista a Mary Arnaldi e lo zaino di “Riccardo”.129 In merito all’intervista a “Mary” Arnaldi contenuta nel libro di Binotto e Gramola, non possiamo esimerci dal deplorare il comportamento di chi l’ha realizzata: strumentalizzare quanto testimoniato da una delle “memorie storiche” più lucide della Resistenza Vicentina, è inqualificabile. É un metodo di lavoro comunque non nuovo per Gramola e Binotto.130 Ma veniamo all’intervista a “Mary” Arnaldi: - “MARY”:“Ermes disse: «Sono stato da “Nino” Bressan a dire che alla Cabianca c’è Carità, che vuole consegnare il tesoro degli ebrei di Firenze»”. La reazione degli intervistatori è sprezzante, e nel contempo censoria … - G&B: “Carità in persona?” - “MARY”:“Si”. - G&B: “Carità era a Longa quel 27 aprile? Ci risulta che sia passato per Longa giovedì 26… più interessato a salvare la pelle che a salvare i quadri. […]” . Ma cosa afferma “Mary” Arnaldi? Quindi inutile continuare, meglio cambiare argomento! A Gramola e Binotto ciò comunque non basta: “Mary” Arnaldi, che si è permessa di demolire il loro “teorema” (“Carità fu a Longa il pomeriggio del 26 aprile e poi scappò [e] Carità ed Ermes non s’incontrarono mai”), va screditata come testimone, va messa in dubbio la sua capacità di ricordare. Gli intervistatori prendendo quindi spunto dalle sei persone che “Mary” ricorda presenti al posto di blocco presso la curva “Dal Molin”, per sottolineare che il dott. Dal Cengio in realtà non era presente, come ammetterebbe, secondo loro, lo stesso dott. Attilio Dal Cengio e come testimoniato con “sicura memoria” da Gino Gheller. A parte il discutibile buongusto e la strumentale inconsistenza del problema, Binotto e Gramola non c’azzeccano manco stavolta, perché sbagliano anche persona; confondono cioè il dott. 125 Z. Meneghin Maina, Tra cronaca e storia, cit., pag.31. 126 Z. Meneghin Maina, Tra cronaca e storia, cit., pag.31. 127 F. Binotto e B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit., pag.40. 128 Z. Meneghin Maina, Tra cronaca e storia, cit., pag.32-33. 129 ASVI, Danni di guerra, tra gli altri in b.338, 339 fasc23928, 23929, 23932, 23937; IVSREC, f. 17, b.2, TNA, H 56/848, Report by c.pt Orr-Ewing on conditions in Western Veneto dated 24 mar 45, pag.20; Aramin (Orfeo Vangelista), Rapporto Garemi, cit., pag.30-62; AAVV, In risposta al rapporto Garemi, cit., pag.28-34; PA. Gios, Resistenza, Parrocchia e Società, cit., pag.212; PA. Gios, Il comandante “Cervo”, cit. pag. 80, 91, 165; A. Urbani, Anni Ribelli, cit., pag.26-27, 73-79; I. Mantiero, Con la brigata Loris, cit., pag.74; L. Carollo, Fra Thiene e le colline di Fara, cit., pag.49-50; L. Carollo, Dall’Isonzo al Chiavone, cit., pag.71; F. Binotto e B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit., pag.11, 101- 103 e note 4, 93 e 94; B. Gramola, Intervista a Christopher Woods “Colombo”, cit., pag.32; E. Ceccato, Freccia, una missione impossibile, cit., pag.14, 21, 29-31; Quaderni Breganzesi n.6/1999, di J. Fraccaro, Breganze 1943-45, pag.31-34; C. Woods, Benzina e Segatura, cit.; A. Galeotto, Brigata Pasubiana, Vol. I, cit., pag.323-334, 499. 130 Solo per citare gli ultimi: F. Gramola, Una famiglia in fuga, cit.; Quaderni Vicentini, n.2/2017, di F. Binotto, B. Gramola, La morte di tre combattenti per la libertà, cit., pag.197-200.

Page 30: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

30Michele Dal Cengio, con il figlio Attilio: il primo, allora medico condotto di Dueville, che è presente alla curva “Dal Molin” perché venuto ad avvisare del saccheggio dei magazzini tedeschi da parte della popolazione; il secondo che, all’ora ventenne, è partigiano della Brigata “Loris”, e solo poi il conosciuto e rispettato medico condotto di Montecchio Precalcino. Binotto e Gramola non solo hanno tentato di screditare “Mary” come testimone, ma ponendole una domanda totalmente fuori tema, tentano anche di strumentalizzarla per diffamare il garibaldino “Riccardo”, il comandante della Brigata “Mameli” Roberto Vedovello: - G&B: Chilesotti portava lo zaino? - “MARY”: Non ho mai visto i patrioti con lo zaino … portare lo zaino sarebbe stato come esporre il marchio, il segno “sono partigiano”. È ovvio che “Mary” intende il portare lo zaino negli spostamenti in pianura, a Dueville, Povolaro, Novoledo… non certo in montagna, dove viceversa è indispensabile. Ma per Binotto e Gramola non è questo l’obiettivo, dello zaino a loro non frega niente: l’affermazione di “Mary” viene subito utilizzata per tentare di mettere in cattiva luce “Riccardo”: - G&B: Finita la guerra, nel novembre del 1950, Roberto Vedovello, il comandante della “Mameli”, chiese al Distretto Militare di Vicenza una “indennità perdita bagaglio”, avvenuta in località Granezza in uno scontro il 6 settembre 1944… e ottiene il rimborso. Gettato il sasso, lasciano che sia “Mary” a sbugiardare l’immorale garibaldino: - “MARY”: È la prima volta che sento che il Comandante della “Mameli” era a Granezza!”. Dando noi per acquisito che in montagna si va con lo zaino (sic!), e premettendo che “Mary” in quei giorni di settembre non era a Granezza, stupisce invece che Gramola e Binotto, ritenuti grandi conoscitori della storia resistenziale vicentina, ignorino che “Riccardo” nell’agosto ‘44 è il comandante di un reparto (il futuro Btg. “Urbani”) dipendente dalla Brigata “Pasubiana”, e non il comandante della Brigata “Mameli”, che si costituirà solo dalla metà di ottobre del ‘44. Stupisce anche che siano all’oscuro che “Riccardo” e i suoi uomini, dall’agosto del ‘44, dopo l’inizio del rastrellamento contro la “Zona libera di Posina” (Operazione “Belvedere”), hanno il gravoso compito di “ospitare” e proteggere il Comando del Gruppo Brigate “Garemi”, nonché di scortarlo il 14 agosto a Granezza per il primo incontro con “Freccia”.131 Soprattutto sbalordisce che essi non sappiano che il 27 agosto, dopo essersi scontrato a Marola di Chiuppano con i nazi-fascisti, anche parte del Btg. garibaldino “Ubaldo” è a Granezza, ma soprattutto che il 27, 29 e 30 agosto avvengono, sempre a Granezza, ripetuti incontri tra “Freccia”, i comandi della “Garemi”, della “Mazzini” e della “7 Comuni”, del Comando Militare Regionale e del CLN di Asiago. Sono i giorni che precedono l’Operazione “Hannover”, alle cui prime avvisaglie il Comando “Garemi” e la Missione inglese “Ruina” si allontanano protetti e ospitati del Btg. garibaldino “Pretto”, mentre “Riccardo” resta a Granezza ospite della “7 Comuni” e di alcuni amici, i fratelli Urbani: Francesco “Pat”, Antonio “Gatto”, Pierluigi “Pipi” e soprattutto Luisa “Juna”, sua futura moglie.132 Successivamente, “Riccardo” resta ancora in Altopiano di scorta al Comando “Garemi” sino al 13 ottobre, quando, sceso sulle colline delle Bragonze, è costituita la Brigata “Mameli”, di cui assume il comando. Ma non si tratta solo di ignoranza dei fatti, perché è lo stesso Gramola che in una precedente occasione ha scritto: “La “Relazione” della brigata [Mameli]… assicura una sua presenza al lancio della “Missione Freccia” e al rastrellamento di Granezza e così via. Ciò si può spiegare ammettendo la presenza di suoi partigiani agli episodi sopraddetti, entrati successivamente nella brigata”.133 Quindi, si tratta proprio di volontà di affermare il falso. Un’ultima utile segnalazione: a Vicenza, in Archivio di Stato, nel Fondo “Danni di guerra” si trovano decine di richieste di “indennità per perdita bagaglio”; molte sono datate 6 settembre 1944 131 C. Woods, Benzina e Segatura, cit., pag.23; PL. Dossi, Atlante storico della Guerra di Liberazione nel Vicentino, cap. Agosto-Settembre 1944. I grandi rastrellamenti; schede: 12-13 agosto 1944- Val Cariola-Bocchetta Paù; 4-15 settembre 1944- Operazione “Hannover”. 132 Gli stessi Urbani di Canove notoriamente invisi ai Gramola: gli uni antifascisti e partigiani, gli altri nazi-fascisti e collaborazionisti (F. Gramola, Una famiglia in fuga, cit.). 133 B. Gramola, La storia della “Mazzini”, cit., pag.127.

Page 31: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

31(Rastrellamento di Granezza), come quella di “Riccardo”, e con allegate le dichiarazioni dei rispettivi reparti (della “7 Comuni”, “Martiri di Granezza” e anche “Mameli”). Si precisa che queste indennità, previste dall’art. 15 del R.D.L. del 19 maggio 1941, n. 583, erano riservate agli ufficiali e marescialli del Regio Esercito Italiano, successivamente ampliate ai partigiani del Corpo Volontari della Libertà che hanno rivestito incarichi di comando ed equiparati in grado. 2. “L’irrinunciabile correttezza delle fonti” di Benito Gramola su “Cabianca”.134 Tra le molte imprecisioni dell’articolo su Il Partigiano, uno “scoop” giornalistico post-bellico, delle memorie di Ferdinando Martin “Disma” e Tullio Carlesso curate da Benito Gramola, rileviamo: - L’articolo racconta di prigionieri di “Cabianca” obbligati dalle SS a caricare “su un camion il tesoro della sinagoga di Firenze”; “Disma” invece asserisce che sono obbligati a “caricare del materiale sui loro automezzi, soprattutto armi e munizioni” e non parla del “tesoro”; Tullio viceversa afferma che è stato lui, dopo la liberazione di Cabianca, a far caricare in un camion delle grandi casse, che io sapevo che erano piene di quadri di grande valore”. - L’articolo narra di ex prigionieri di “Cabianca”, vestiti da SS Italiane, che partono da Longa e raggiungono Marostica con il “camion del tesoro”; “Disma” invece racconta che a Marostica ci sarebbero andati con un camioncino, e non parla di tesoro; l’articolo su Il Partigiano e “Disma” affermano anche che uomini della X^ Mas bloccarono il loro camion e, nonostante i “nostri” si fingano fascisti irriducibili, il comandante della X^ Mas racconta loro di essere in trattative con il CLN per collaborare con i partigiani e poi li lascia tranquillamente tornare alla “Cabianca”; Tullio viceversa afferma che “era una cosa impossibile proseguire per Marostica dato il grande afflusso degli automezzi tedeschi”, e che quindi non avrebbero mai lasciato con il camion Villa Cabianca. - L’articolo parla inoltre dell’intervento risolutore di Licini che obbligherebbe Carità a trattare con i partigiani che circondano la Villa; “Disma” invece non parla di nessun assedio, ma dice che “quando loro se ne andarono [le SS], noi ci armammo”; altra versione ce la dà Tullio, che parla di un’occupazione partigiana di Villa Cabianca avvenuta con il consenso dello stesso Carità che aveva ordinato “al tenente partigiano “Ercole” [Pietro Marchesini], che era detenuto a Cabianca di Longa sotto la sua protezione, di andare a Marsan a prendere i suoi partigiani promettendogli che tutti loro della SS si sarebbero consegnati nelle loro mani”. Malgrado questi ed altri discordanti racconti, per Benito Gramola l’articolo de Il Partigiano e i memoriali di “Disma” e Tullio Carlesso sono documenti attendibili e racconti “storici”, dove “emergono notizie interessanti: che Carità fu a Longa il pomeriggio del 26 aprile e poi scappò; che “Ermes” non incontrò mai Carità”, mentre le nostre tesi per Gramola e Binotto sarebbero solo una “interpretazione dossiana”, nonché “strampalate supposizioni scritte”.135 (sic!) Da Gramola e Binotto nessuna autocritica, nessun dubbio, malgrado anche il giornalista Achille Scalabrin nella stessa postfazione a “Da Marsan a Cabianca” tra l’altro affermi: “Le reticenze di molti protagonisti di quei mesi – tutti ormai scomparsi – hanno contribuito a creare equivoci, dubbi a volte fuorvianti, a mascherare le responsabilità dei collaborazionisti – molti dei quali della zona – o a rilasciare a qualche partigiano improbabili patenti di protagonismo e di eroismo”; “[il tesoro] fu oggetto di una causa intentata da alcuni partigiani del “Vanin” alla Comunità ebraica fiorentina per ottenere un compenso. Nella memoria processuale, due ex “banditen” dell’Alto Vicentino (ma perché solo due dei trenta intervenuti?) si attribuivano il merito di aver messo in salvo i beni ebraici e disegnavano uno scenario di scontri eroici con i nazifascisti che non hanno mai trovato conferme in altri documenti”. 134 F. Binotto e B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit., pag.11-12; B. Gramola, Memorie partigiane, cit., B. Gramola, La storia della “Mazzini”, cit., pag.133; B. Gramola, Da Marsan alla Cabianca, cit., pag.70-75, 142-146; Quaderni Vicentini n.2/2017, di F. Binotto e B. Gramola, La morte di tre combattenti per la libertà, cit. pag.197-200. 135 F. Binotto, per non essere da meno di Gramola, ha voluto “reggere il moccolo” a un articolo-bufala de Il Giornale di Vicenza, dove si tentava di spacciare per documenti storici, una vera e propria “fake news” (Il Giornale di Vicenza del 26.4.2018, articolo di E. Garon, Liberazione di Dueville, spuntano nuovi verbali, pag.27; PL. Dossi, La nostra risposta all’ultima bufala, all’ennesima “fake news” storica, in www.studistoricianapoli.it).

Page 32: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

32Ma non è stato lo stesso Gramola che ha scritto ironicamente di Egidio Ceccato: “… allo storico di valore competono i “teoremi” e le deduzioni; le prove … si troveranno e poi non sono importanti”. (sic!) 3. Attilio Andreetto “Sergio”,136 nato a Bevilacqua Boschi (Vr), cl.19, Medaglia d’Argento al Valor Militare, studente universitario di Matematica, socialista, già sergente degli Alpini e allievo ufficiale a Bassano del Grappa; comandante partigiano della Brigata “Garemi” e poi della Brigata “Pasubiana” della Divisione “Garemi”; infine, dopo la rottura con la dirigenza garibaldina, vice comandante della Brigata “Loris” della Divisione “M. Ortigara”. 4. Maria Arnaldi “Mary”,137 nata e residente a Dueville, cl.12, è la “Staffetta della Divisione Monte Ortigara”, Medaglia di Bronzo al Valor Militare e “cittadina onoraria” della Città di Thiene. Un bellissimo sorriso su un volto che porta disegnato il ricordo di una vita intensa, custode di episodi importanti della lotta al nazi-fascismo e della memoria di un fratello caduto in combattimento nei boschi di Granezza, insignito di Medaglia d’Oro al Valor Militare e iscritto dallo Stato di Israele tra i Giusti delle Nazioni, quale oppositore attivo all’Olocausto. “Mary”, è la sorella maggiore e stretta collaboratrice di Rinaldo “Loris”, classe 1914, tra i primi oppositori della “Repubblica di Salò”. “Aiutare, portare in salvo, nascondere, accompagnare, procurare vestiario e documenti, tenere i collegamenti”, questo il lavoro clandestino di “Mary”: correre in bicicletta da un paese all’altro del Thienese, portare vestiti e cibo, procurare carte falsificate per passare i controlli, smistava giovanotti che da renitenti o disertori diventavano partigiani, tenere i collegamenti tra le bande. 5. Giordano Bruno Azzolin “Paniti” 138 di Giovanni e Felicita Menegon, cl.18, nato e residente a Sandrigo; Croce di Guerra al Valor Militare; già sergente maggiore pilota, vice-comandante del Btg. “Sandrigo”, Brigata “2^ Damiano Chiesa” della Divisione “Vicenza”; è ucciso in piazza a Sandrigo dalle SS tedesche nel primo pomeriggio del 27 aprile 1945. 6. Antonio detto “Nino” Cammarota; napoletano, il sergente della X Mas che aiuta “Nino” Bressan, “Ermes” Farina, “Zaira” Meneghin e la staffetta friulana “Elsa, “a evadere dal carcere di Thiene la notte del 23-24 marzo ‘45; rimane poi nascosto a Novoledo e Dueville dove collabora con la Brigata “Loris”. La presenza in zona di Cammarota è testimoniata anche da “Albio” Mantiero: “prima di Pasqua [1 aprile ‘45] mi viene a prendere Momi, il marito di mamma Teresa, per un incontro con Ermes, Nino Cammarota, Nino Bressan e Giacomo Chilesotti”. Dell’aiuto avuto da Cammarota, interessante è quanto afferma “Ermes” Farina: “In carcere trovai poi un milite della X Mas che si offrì di farmi scappare con gli altri, non so se per convincimento o sentimenti di pietà”. (Z. Meneghin Maina, Tra cronaca e storia, cit., pag.23; I. Mantiero, Con la brigata Loris, cit., pag. 243; B. Gramola, A. Maistrello, La divisione partigiana Vicenza, cit., pag.78-79; E. Ceccato, Patrioti contro partigiani, cit., pag.220-221). 7. Giovanni Carli “Ottaviano”,139 nato ad Asiago, cl.10. Medaglia d’Oro al Valor Militare. Laureato in ingegneria a Padova, collabora con l’Università patavina e nello stesso tempo insegna negli Istituti Industriali di Forlì, Vicenza e Padova. Sposa Lia Miotti, il cui fratello è Federico Miotti, parroco a Mason. Cattolico convinto, è l’anima, la guida e il coordinatore della Resistenza altopianese e “autonoma”. Alla costituzione della Divisione “M. Ortigara” è nominato Commissario politico. Coraggioso, leale, umile, ha dato un senso alla domanda che tutti i partigiani prima o dopo si ponevano: “Perché combattiamo?” E così Giovanni dava la sua risposta, che era di sprone a continuare, malgrado gli angosciosi risultati: “Ci siamo mai chiesti perché 136 I. Mantiero, Con la brigata “Loris”, cit., pag.153-174; B. Gramola, Fraccon e Farina. Cattolici nella Resistenza, cit., pag.181-186. F. Binotto e B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit., pag.44-45; Ugo De Grandis, Il “Caso Sergio”, cit. 137 B. Gramola, Le donne e la Resistenza, cit., pag.77-111; M. Incerti e V. Ruozi, Il bracciale di sterline, cit.; Il Giornale di Vicenza del 2 maggio 2012 e 12 aprile 2013. 138 Sandrigo 30. Rivista locale, n. 6/1985 - articolo-testimonianza di Stefano Panzolato, Quei giorni di fine aprile 1945 e articolo di Luigi De Toni, Azzolin Bruno “Paneti”; n. 1/2007 – articolo di Leonardo Carlotto, La Nostra Storia. 63° Anniversario della Liberazione; n. 4/2010 - articolo-intervista di Leonardo Carlotto a Luigi De Toni, Guerra partigiana a Sandrigo; Lastego. Rivista locale, n. 4/1997 – articolo di Orlando Rigon, Azzolin Bruno “Paneti”. 139 L. Carli Miotti, Giovanni Carli, cit.; AA.VV., La Resistenza Vicentina e Padovana, di G. Consolaro, Giovanni Carli, cit., pag.31-109; PA. Gios, Controversie sulla Resistenza, cit., pag.62; Storia dell’Azione Cattolica vicentina, vol. III, in Il coraggio di una scelta, di PA. Gios, Azione Cattolica e Resistenza nel Vicentino, cit., pag.55-67.

Page 33: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

33combattiamo? Da parte avversaria le più gravi accuse sono rivolte al movimento insurrezionale che con tutte le forze e la sua vitalità, i suoi eroismi e i suoi martiri si oppone al regime che per tanti anni ci ha tenuti sottomessi. Il nostro movimento è nato spontaneamente dal popolo, senza nessuna propaganda aperta; è nato in un periodo in cui l’oppressione è stata terribile, perché solo in questo periodo abbiamo potuto comprendere quale fosse la condizione di un popolo sottomesso alla barbarie tedesca e fascista… il popolo italiano ha bisogno di libertà… perché la libertà è la facoltà che deve permettere all’uomo di svilupparsi in seno alla società secondo le proprie attitudini, di manifestare le proprie idee e opinioni, di partecipare come membro attivo alla vita sociale e politica. La via sarà lunga, dolorosa e dura, ma se rinascita ci sarà, essa dovrà venire da noi”. Una meta alta, nobilissima, dunque, era assegnata ai Patrioti. Per il suo conseguimento valeva la pena di soffrire e morire, perché senza libertà, premessa essenziale al vivere civile, non c’è dignità nella vita… E ancora: “…solo se gli individui saranno sani, si avrà una società sana, altrimenti nulla di buono ci si potrà aspettare. I patrioti che hanno avuto il coraggio di affrontare la dura e aspra vita del partigiano, che ha perfezionato sé stesso nel dolore… dovranno essere all’avanguardia”. I suoi ultimi principi dichiarati della vita furono: l’amore, la giustizia, il lavoro costruttivo ed onesto, la collaborazione con tutti. 8. Giacomo Chilesotti “Nettuno-Loris”140 di Pietro e Maria Tomba, nato a Thiene, cl.12. Medaglia d’Oro al Valor Militare. Figlio di una ricca famiglia di proprietari terrieri, ingegnere meccanico e ufficiale del 4° Regg. Genio Alpini di Bolzano. Dopo l’8 settembre 1943, mentre si trova al Sud per lavoro-militarizzato presso i cantieri navali, riesce a rientrare a Thiene e nell’ottobre va a trovare l’amico Elio Rocco, a Belvedere di Tezze sul Brenta, che lo inserisce nella “Missione MRS” e nella Resistenza. Cattolico, è uno dei maggiori organizzatori della Resistenza vicentina. Su di lui pendeva una taglia di 1 milione di Lire. I suoi partigiani lo definivano come “il migliore di tutti, il più bravo, il più coraggioso: era un santo; era la nostra bandiera… un personaggio di poche parole, ma pensate; di forme piuttosto rudi, schive di complimenti, rivelava però nello sguardo, nel sorriso, un animo gentile, semplice e buono”. Padre Peroni ha detto di lui: “La semplicità era la sua dote caratteristica. Profondamente religioso, senza smorfie e bigottismi, ebbe una fede in Dio convinta, vissuta, robusta … Perdonava facilmente, dimenticando i torti ricevuti, anche quando questi gli laceravano il cuore…”. Anche i suoi avversari politici avevano per lui un grande rispetto, tanto che riassumevano il loro giudizio definendolo “L’uomo giusto”. 9. Alfredo Fabris “Franco”,141 di Pietro e Santa Orsola Pasin, cl.20, da Zugliano; già insegnante elementare e sottotenente Alpino, poi partigiano della “Mazzini” con cui combatte a Granezza e dove rimane ferito; successivamente Capo di Stato Maggiore della Brigata “Martiri di Granezza”, Divisione “M. Ortigara”; catturato e trucidato dalle SS di Villa Cabianca nei pressi di Contrà Pozzan di Sarcedo il 27.4.45. È decorato con Medaglia d’Argento al Valor Militare alla memoria; a lui è dedicata la Scuola primaria di Zugliano. 10. Ermenegildo Farina “Ermes”,142 cl.20, nato a Pianezze S. Lorenzo (Vicenza). Medaglia di Bronzo al Valor Militare, studente d’Ingegneria, componente della FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) e poi sottotenente d’Artiglieria. Nella primavera del ’44 è tra i fondatori nel Bassanese della Brigata “Giovane Italia” e nell’estate del ’44 è collaboratore di Giacomo Prandina nella Brigata “Damiano Chiesa II”; sostituisce Prandina nel Comitato Militare Provinciale quando il 31.10.44 viene catturato; è tra i fondatori della Divisione “Monte Ortigara” ed il 12.4.45 è nominato commissario della Divisione “Vicenza”. Nel dopoguerra sposa Graziella Fraccon, figlia di Torquato e sorella di Franco, morti a Mauthausen e Medaglie d’Argento al Valor Militare. Dopo la liberazione, “Ermes”, già componente del Comando della Divisione “Vicenza”, probabilmente a seguito degli avvenimenti che portarono alla morte dei Comandanti 140 A. Chilesotti, Giacomo Chilesotti, cit.; M.A. Pigatti Ranzoli, Giacomo Chilesotti, cit.; G. Chilesotti, La brigata “Mazzini”, cit. 141 AIVSREC, b.66, Relazione storica della Brigata Martiri di Granezza; G. Cappellotto, L. Carollo, L. Marcon, Sarcedo: pagine di storia, cit., pag.93-95; F. Offelli, Alfredo Fabris, cit.. 142 B. Gramola, Cattolici nella Resistenza, Fraccon e Farina, cit., pag.100-136; B. Gramola, La Divisione Partigiana Vicenza e il suo battaglione guastatori, cit., pag.60-85; GE. Fantelli, La Resistenza dei cattolici nel padovano, cit.; F. Binotto, B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit., pag.45-46; M. Faggion, G. Ghirardini, Figure della Resistenza Vicentina, cit., pag.78-79; PA. Gios, Azione Cattolica e Resistenza nel vicentino, cit., vol.III, pag.78-88; A. Lazzaretto Zanolo, La FUCI veneta nel ventennio fascista, cit.

Page 34: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

34della Divisione “Ortigara”, ne è estromesso, e gratificato con la qualifica di commissario del Comando Militare Provinciale di Vicenza. 11. Mario Malfatti.143 Già responsabile del Comando Militare Provinciale, già coinvolto nei ripetuti tentativi di far uccidere i fratelli Manea di Malo (“Ismene” e “Tar”), dopo il sequestro della moglie e della figlia, è indotto a collaborare con la “Banda Carità”. Da una comunicazione scritta e datata 7 aprile 1945 di “Silva” (Renato Nicolussi, già “Beppo”), neo comandante della Brigata “Martiri di Granezza”, a “Loris” (Giacomo Chilesotti) comandante della Divisione “Monte Ortigara”: “Da informazioni precise si sa che il maggiore Malfatti lavora esclusivamente per la SD italiana [Banda Carità]. Si sa che si trova non abitualmente in Dueville. […]”. Lina Tridenti, la staffetta di Giacomo Chilesotti, nell’ultimo periodo di guerra si trova anch’essa in zona Dueville (in Contrà Convento a Passo di Riva, dall’Angelina), sostiene che la sera di giovedì 26 aprile è stata incaricata (non dice da chi, probabilmente da Malfatti, ma non da Chilesotti), di andare a Vicenza il giorno dopo a cercare il prof. Tomelleri. La mattina successiva, il 27 aprile, Lina si reca a Novoledo, alla “Casetta Rossa”, per chiedere a Chilesotti se avesse altri incarichi da sbrigare a Vicenza, e “Loris” “volle sapere da dove era giunto quell’ordine; rimase un po’ perplesso e poi mi raccomandò prudenza…”. Dopo la Liberazione, a seguito dell’emergere di notizie come queste, Malfatti l’11 novembre ’45 deve dimettersi dal comando dell’Ufficio “Informazioni” del CLNP, sostituito da Riccardo Bubola. 12. Zelira Pacifica Meneghin in Maina “Zaira”,144 cl.21, da famiglia antifascista, nasce e resiede a Marostica, Medaglia d’Argento al Valor Militare; “partigiana combattente” e staffetta della Brigata “Giovane Italia”, animatrice della Resistenza sulla destra Brenta, tra Marostica, Bassano e l’Altopiano dei 7 Comuni. Arrestata il 28 febbraio ’45, dopo interrogatori e torture da parte della “Banda Bertozzi” della X^ Mas, per conto della “Banda Carità” del BdS-SD nazista, con l’aiuto del sergente “Nino” Cammarota, riesce ad evadere dalle carceri di Thiene la notte tra il 23 e il 24 marzo, assieme a “Nino” Bressan, “Ermes” Farina e la staffetta friulana “Elsa”. 13. Mario Sasso “Schena”145 di Giovanni e Caterina Xausa, da Laverda di Lusiana, cl.20; già comandante del “Distaccamento pedemontano” della Brigata “7 Comuni” (1^ e 2^ Compagnia del Btg. “Gnata”) e in collegamento diretto con il Comando Militare Regionale e Provinciale; ha partecipato alla “battaglia di Granezza” ed è uno dei famosi “colonnelli” che destituiscono Giuseppe Dal Sasso “Cervo” da comandante della “7 Comuni”. L’11 febbraio ‘45, è catturato a Laverda dalla BN “Mercuri” e, torturato, denuncia 169 partigiani. È coinvolto anche nel rastrellamento di Maragnole del 13 febbraio ‘45 e nell’arresto del partigiano Giovanni Battista Bizzotto; successivamente con la “Banda Carità” è a Villa “Cabianca” di Longa, ed è lui che aiuta l’agente-SS Fanfani ad infiltrarsi nelle “Fiamme Verdi” negli ultimi giorni di aprile del ‘45. 14. Pietro Scaggiari “Regolo”146 di Giovanni e Rosina Chiesa, cl.17, nato a Bassano del Grappa e residente ad Asiago, comunista; vice commissario politico della Brigata “Pino” della “Garemi”. 15. Carlo Segato “Marco-Vincenzo”;147 da Altavilla, vice comandante/commissario della Divisione “Vicenza”; Medaglia d’Argento al Valor Militare. 143 IVSREC, b.43, Biglietto di Silva a Loris; MG. Maino, Politica e amministrazione nella Vicenza del dopoguerra, cit., pag.33, 130, 140, 182-183, 185; I. Mantiero, Con la Brigata Loris, cit., pag.175; E. Ceccato, Patrioti contro Partigiani, cit., pag.211-213; B. Gramola, Le donne e la Resistenza, cit., pag.186; A. Galeotto, Brigata Pasubiana, Vol. II, cit., pag.1416-1417. 144 B. Gramola, Le donne e la Resistenza, cit., pag.113-132; Z. Meneghin Maina, Tra cronaca e storia, cit.; F. Binotto e B. Gramola, L’ultimo viaggio dei Comandanti, cit., pag.46-47. 145 PA. Gios, Il Comandante “Cervo”, cit., pag. 209-221; G. Vescovi, Resistenza nell’Alto Vicentini, cit., pag.108; A. Galeotto, Brigata Pasubiana, Vol. II, cit., pag.1435. 146 G. Spiller, Treschè Conca e Cavrari terre partigiane, cit., pag.183-187, 233; A. Galeotto, Brigata Pasubiana, Vol. II, cit., pag.1452. 147 C. Segato, Flash di vita partigiana, cit., pag.125-142; B. Gramola e A. Maistrello, La Divisione partigiana Vicenza, cit., pag.91; E. Ceccato, Patrioti contro partigiani, cit., pag.214; N. Pozza, Più di cento prigionieri, cit.

Page 35: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

35 16. Lina Tridenti,148 nata a Pianezze, cl.23 e residente a Vicenza, insegnante. È la staffetta di Giacomo Chilesotti “Nettuno-Loris”. 17. La “Casetta rossa”. Proprietà della famiglia Zolin,149 costituita da Benvenuto e Caterina Manfron e dai loro tre figli: Silvio, Teresa (la “mamma dei partigiani”, con il marito Girolamo Pesavento di Stefano e 5 figli) e Antonia Zolin (con il marito Giovanni Marcolin, impiegato municipale e 6 figli). La loro casa è la famosa “Casetta rossa”, il “piccolo albergo” divenuto mitico nella Resistenza a sud di Thiene: il rifugio sicuro e ospitale dei partigiani della “Mazzini”, posto sulla strada che da Dueville porta a Novoledo, a sinistra, prima del ponte sul Torrente Igna. 18. Il “Tesoro” di Villa Cabianca.150 Erano grandi casse sigillate contenenti il tesoro della Sinagoga, preziosi quadri trafugati da una galleria d’arte, mobili ed altre cose, rubate a Firenze dal magg. Carità e dallo stesso consegnati negli ultimi giorni di guerra a Vicenza al suo sottoposto, il tenente Usai; il quale su ordine di Carità, procurò un camion con rimorchio, su cui fece caricare il tesoro con sacchi di documenti, che Carità voleva portare con sé al nord. Usai, preferendo andare a Padova, consegnò a sua volta il tutto a Licini, che portò il carico a Villa Cabianca”. Nel Cronistorico della parrocchia di Longa di Schiavon, don Marco Gasparini scrive: “1945. Il giorno 27 detti [aprile] in una stanza della canonica e nella sacrestia vecchia della chiesa furono nascoste 35 casse del Tesoro delle sinagoghe di Firenze e di privati ebrei di Firenze, che furono poi consegnate il giovedì dopo [3 maggio] al Seminario sotto la diretta responsabilità del Vescovo”. “Vicenza, 23.5.45.CVL – Comando Divisione “Vicenza” a CLNP Vicenza Si comunica che un reparto del CVL ha posto in salvo nei giorni dell'insurrezione n° 33 (trentatré) casse di materiale artistico, che si trovavano nella Cà Bianca di Longa -Schiavon (Vicenza). Detto materiale si presume fosse proveniente dalla zona di Firenze, catturato dai tedeschi in ripiegamento. Attualmente detto materiale è in consegna al Tenente Farina Ermes, depositario è S.E. Monsignor Vescovo di Vicenza e le casse si trovano presso il Seminario Vescovile di Vicenza. Cap. Nino Bressan.” “Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare (EGELI) a Prefettura Vicenza Alla fine di settembre 1944 risulta che un ingente quantitativo di oggetti preziosi costituenti il tesoro della Sinagoga di Firenze, contenuti in 18 casse, è stato trasportato dal maggiore Mario Carità della milizia SS in Bergantino di Rovigo, ed ulteriormente trasportato da Bergantino in provincia di Vicenza.” “22 Giugno 1945 - Comunità Israelitica di Firenze a CLNP Vicenza ...un camion con rimorchio e 5 casse contenenti oggetti d'arte e di valore di proprietà di questa Comunità sono stati recuperati...” “18.7.45 – CLNP Vicenza a Comunità Israelitica di Firenze ...vi informiamo che beni della Comunità Israelitica di Firenze sono stati recuperati alla Longa di Schiavon da Patrioti del Battaglione “Vanin” della Brigata “Giovane Italia” e si trovano ora in luogo sicuro...”. 19. Pietro Baldini,151 toscano; tenente-SS (SS-obersturmführer), responsabile della Sezione Operativa – Ufficio “B” della “Banda Carità; successivamente mantiene i contatti tra Milano a Villa Cabianca e nell’aprile 1945 è in missione in Germania. 20. Giorgio Benetti152 di Ruggero, cl.01, nato a Lugo Vicentino e residente a Bassano; agente-SS, uno dei componenti la banda SS di Longa che più ha operato a Bassano come agente segreto in borghese; negli ultimi giorni d’aprile riesce a infiltrarsi nella Brigata “Pasubiana” della “Garemi”. Dopo la Liberazione è arrestato, a disposizione della CAS di Vicenza; processato per 148 B. Gramola, Le donne e la Resistenza, cit., pag.163-188. 149 I. Mantiero, Con la Brigata Loris, cit., pag.230-240; B. Gramola, Le Donne e la Resistenza, cit., pag.109-110; B. Gramola, Memorie Partigiane, cit., pag.88. 150 ASVI, CLNP, b.25 fasc. Varie 1; T.D. Baricolo, Ritorno a Palazzo Giusti, cit., pag. 9-10, 213-214; G. Dellai, Il Don Camillo della Longa, cit., pag.71-78. 151 CSSMP, b. Fascisti, fasc. Documenti vari, cod. 7; S. Residori, Il massacro del Grappa, pag.97; R. Caporale, La Banda Carità, pag. 208 e 209. 152 ASVI, CAS, b.26 fasc.1838; ASVI, CLNP, b.15 fasc.2 ed Elenco persone rilasciate; b. 17 fasc. Sentenze; ATVI, CAS, Sentenza n° 16/45-18/45 del 21.8.45 contro Benetti Giorgio; R. Caporale, La Banda Carità, cit., pag.214.

Page 36: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

36collaborazionismo è condannato il 16 agosto a 13 anni di reclusione. Dichiarato inammissibile il ricorso presentato in Cassazione, la sentenza passa in giudicato il 6 settembre 1945, ma almeno dal 29 agosto risulta già uscito dal carcere in “libertà vigilata”. È amnistiato il 5.7.46 grazie al “decreto Togliatti” (d.l. 22.6.46, n. 4). 21. Bruno Bianchi; 153 tenente-SS (SS-obersturmführer), comandante il Reparto “militare” della “Banda Carità”; già comandante dal novembre 1944 del plotone “militare” della Sezione di Vicenza, in sostituzione del tenente Usai. 22. Luigi Bortolaso154 di Gio Batta, cl. 23, da Dueville; in servizio presso le SS di Villa Cabianca a Longa di Schiavon. 23. Carlo Bruno Tripoli Caneva155 di Antonio e Silvagni Antonia, cl. 12; cugino del federale Giovanni Caneva di Pietro; già campione italiano di salto dal trampolino; già sergente nella 60^ Compagnia del 9° Regg. Alpini, Btg. “Vicenza”, Div. “Julia”, in Grecia: per ragioni di salute, dopo poco più di due mesi era stato ricoverato «in un ospedale di I^ linea nei pressi di Tepeleni (Albania) proveniente dalla zona di Trebiscine», poi nell’ospedale da campo n.118 in Dragowitza e ancora successivamente all’ospedale militare prima di Foggia e poi di Vicenza e Padova. Per «malattia contratta sul fronte greco» gli fu riconosciuta una pensione di invalidità del 7° grado che gli venne pagata fino all’agosto del 1943; l’8 settembre 1943 trova Bruno Caneva invalido ed esente da ogni obbligo militare nella sua Asiago. Aderisce alla RSI e con il grado di sergente maggiore comanda il Presidio di Asiago del Centro Reclutamento Alpini (CRA) di Bassano, successivamente, con tutto il suo reparto passa con i tedeschi e il BdS-SD (Befehlshaber der Sicherheitspolizei und des SD - Ufficio-Comando della Polizia di Sicurezza del Reich e del Partito nazionalsocialista) con il grado di sergente maggiore (Oberwachtmeister), poi promosso sino al grado di maresciallo maggiore (Hauptwachtmeister). L'8 agosto ‘44 è ferito in uno scontro con i partigiani in Val d'Assa e cede, almeno ufficialmente, il comando del “reparto germanico di Asiago” al fratello Adelmo. A dimostrazione che Carlo Bruno Tripoli Caneva è un sottufficiale dell’esercito tedesco, risulta trasferito dall’ospedale elioterapico di Mezzaselva all’ospedale militare della Luftwaffe di Caldogno, successivamente trasportato in quello di Merano e negli ultimi giorni di guerra, assieme ai feriti tedeschi, trasportato in Germania, prima all’ospedale militare di Munsterzwarach poi in quello di Miltenberg. Inoltre, ancora nel 2000, Bruno Caneva percepiva un sussidio “nell’ambito dell’assistenza alle vittime della guerra […] dall’ufficio assistenza della Freie Hansestadt Bremen” della Germania Federale con il grado di Hauptwachtmeister della Wach Kompanie 1009 (maresciallo maggiore della Gendarmeria del Comando territoriale militare 1009 di Verona). Ma, se dell’attività dei fratelli Adelmo e Antonio troviamo tracce e riferimenti nel BdS-SD, su Bruno non troviamo più niente dopo il suo ricovero all’ospedale di Caldogno nell’agosto ‘44. Si tratta di un ricovero a lungo termine assai strano: “Da un lato ci sono fotocopie di documenti che attestano la gravità della ferita, i ricoveri e le degenze, fotocopie però con la scrittura del nome non limpida, che lascia intravedere i segni di un probabile nome diverso scritto in precedenza. L’attestazione del ricovero è suffragata dalla testimonianza resa dall’infermiera Irma Schwarze, non molto chiara per la verità sulle circostanze nelle quali aveva conosciuto Caneva, che comunque nella deposizione resa alla Pretura di Capri il 14 dicembre 1946, ammise che «tale dichiarazione mi fu richiesta da un fratello di Bruno Caneva il quale mi scriveva che il fratello Bruno era stato accusato di un grave fatto politico e che il processo era già stato fatto e che avendo famiglia sporto appello occorreva una dichiarazione per dimostrare la sua innocenza». Dall’altra parte, in ogni caso ci sono i testimoni che si presentarono a difesa durante il processo in Corte d’Assise e che giurarono davanti alla giustizia italiana che Bruno Caneva li aveva salvati o aveva salvato i loro figli, intercedendo presso i tedeschi, localizzandolo in luoghi diversi dall’ospedale di Caldogno”. (S. Residori) 153 R. Caporale, “La Banda Carità”, cit. 154 ACD, “Elenco nominativo dei militari che prestarono servizio nell’esercito repubblicano” e “Militari in servizio presso l’esercito repubblicano”. 155 ASVI, CAS, b.2 fasc.112, b.8 fasc. Contabilità CAS, b.25 fasc.1507; ASVI, CLNP, b.15 fasc.11; ATVI, CAS, Sentenza n.19/47-51/47 del 22.5.47 contro Caneva e Marcialis; F. Bertagna, La patria di riserva, cit., pag.28-29, 288; PA. Gios, Controversie sulla Resistenza, cit.; E. Franzina, La parentesi, cit., pag.136; PA. Gios, Il Comandante “Cervo”, cit., pag.41-44; V. Panozzo, La Resistenza in Tresché Conca, cit., pag.8; S. Residori, L’ultima valle, cit., pag.157-169.

Page 37: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

37Tutte testimonianze che presentano un Caneva non certo gravemente ferito e ricoverato, ma attivo tra Asiago e Vicenza, convolto tra l’altro nell' uccisione di “Freccia” e nell’Eccidio di Pedescala, certamente in contrasto con le attestazioni dei ricoveri ospedalieri. Dopo la Liberazione, la sentenza emessa dalla CAS di Vicenza il 22.5.47, condanna contumace a 30 anni di reclusione Carlo Bruno Tripoli Caneva e Battista Marcialis (omicidio del partigiano Rodino Fontana e collaborazionismo), mentre in clandestinità il Caneva si dedica ad attività cospirativa neo-fascista, finchè emigra clandestinamente in Argentina nell’agosto ’47, dove raggiunge il fratello Adelmo. Il 3.4.54 il Tribunale di Vicenza, Sez.II, dichiara, anche se contumace, ridotta la pena a 2 anni. Pena che ovviamente non sconta. Grazie all’appoggio delle autorità “peroniste” è istruttore alla scuola sci per ufficiali dell’esercito argentino a Puente del Inca, al confine con il Cile. Gestisce un rifugio di montagna a Vallesitos (2.800m) per circa 20 anni, facendo la guida alpina. Raggiunta la pensione (arrotondata con quella tedesca), si dedica ai viaggi, alla caccia e alla pesca, per poi stabilirsi a Mendoza. 24. Adelmo Caneva156 di Antonio e Silvagni Antonia, cl. 19, nato e residente ad Asiago; cugino del federale Giovanni Caneva di Pietro; arruolato volontario come allievo sottufficiale nella Scuola Centrale militare di alpinismo e nel giugno del ‘40, con il grado di sergente, ha partecipato con il Btg. Bassano, 11° Regg. Alpini, alla campagna di Francia. L’anno seguente è sul fronte greco-albanese, dove è fatto prigioniero. Liberato dopo 4 mesi, torna al Corpo, previo giudizio favorevole sui fatti che avevano portato alla sua cattura, e nel ‘42 viene rimandato in zona di guerra, in Montenegro. Dopo pochi giorni, per seri motivi di salute viene ricoverato più volte all’ospedale finché una commissione lo ritiene «meno atto alle fatiche di guerra, ma idoneo al servizio presso il corpo» a Bassano del Grappa. Dopo l'8 Settembre '43 aderisce alla RSI e milita presso il Presidio di Asiago del Centro Reclutamento Alpini (CRA) di Bassano, poi mutato in “reparto germanico di protezione impianti” con il grado di sergente (Wachtmeister), infine promosso sergente maggiore (Oberwachtmeister). Braccio destro del fratello Carlo Bruno, lo sostituisce al comando quando viene ferito il Val d’Assa l’8 agosto ‘44. Già alle dipendenze dirette dei tedeschi, dopo il rastrellamento di Granezza i fratelli Adelmo e Antonio “Tonin” Caneva sono costretti ad abbandonare l’Altopiano e a rifugiarsi a Vicenza, poi a Longa di Schiavon alle dipendenze dell’UdS-SD-“Banda Carità”. Arrestato dopo la Liberazione, è trattenuto alla Caserma Sasso e incriminato dal AMG (Governo Militare Alleato); liberato, viene nuovamente arrestato a Ferrara il 15.1.46; processato dagli inglesi a Bologna per l’assassinio di “Freccia”, è condannato a sette anni di carcere, poi amnistiato. Coinvolto anche nell’Eccidio di Pedescala, emigra clandestinamente in Argentina nel giugno del ’47, seguito qualche mese più tardi dal fratello Carlo Bruno. 25. Antonio detto “Tonin” Caneva Antonini157 di Antonio e Antonia Silvagni, cl.24, da Asiago, adottato dallo zio Vittorio Antonini; cugino del federale Giovanni Caneva di Pietro. A metà maggio del ’43 è arruolato nel 5° Regg. Artiglieria Alpina, Gruppo “Lanzo”; dopo l’8 settembre ’43 aderisce alla RSI e milita presso il Presidio di Asiago del Centro Reclutamento Alpini (CRA) di Bassano, poi mutato in “reparto germanico di protezione impianti” e dove consegue la promozione a sergente (Wachtmeister); ha preso parte a parecchi rastrellamenti. Dopo Granezza si trasferisce con il fratello Adelmo a Vicenza, alle dipendenze dell’UdS-SD-“Banda Carità. È arrestato il 21.6.45, ma amnistiato. È coinvolto anche nell’Eccidio di Pedescala. L’unico dei 4 fratelli a non emigrare in Argentina. Muore ad Asiago nel 1977. 156 ASVI, CAS, b.2 fasc.112, b.25 fasc.1507; ASVI, CLNP, b.15 fasc.2 e 11; F. Bertagna, La patria di riserva, cit., pag.288; PA. Gios, Controversie sulla Resistenza, cit., pag. 37, 110, 112-113, 117-119, 139,150; PA Gios, Clero, Guerra e Resistenza, cit, pag.134; E. Ceccato, Freccia, una missione impossibile, cit., pag.132-133; U. De Grandis, Malga Silvagno, cit., pag.159-160; G. Spiller, Treschè Conca e Cavrari terre partigiane, cit., pag.117; Quaderni della Resistenza – Schio, n. 10/1980, cit., pag.500-501; E. D’Origano, Diari della Resistenza, n.2 e 3, cit., pag. 118-120 e 184-186; Franzina, La provincia più agitata, cit., pag.92; S. Residori, L’ultima valle, cit., pag.157-169. 157 ASVI, CAS, b.22, fasc.1306; ASVI, CLNP, b.15 fasc.2; F. Bertagna, La patria di riserva, cit., pag.288; PA. Gios, Controversie sulla Resistenza, cit., pag. 37-150; S. Residori, L’ultima valle, cit., pag.157-169.

Page 38: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

3826. Mario Carità158 di Teresa Carità, cl.04, nato a Milano, ingegnere, maggiore-SS (SS-sturmbannfüehrer); a Lodi già nel ‘19, cioè a soli 15 anni, apparteneva alle squadracce fasciste di Luigi Freddi; malgrado un’adolescenza vissuta in modo violento, riesce a conseguire una laurea in ingegneria in Svizzera; nel ‘25 si sposa, nel ‘28 subisce le conseguenze dall’epurazione compiuta nella federazione fascista milanese e nel ‘35 si trasferisce a Firenze dove continua la sua attività politica come confidente della Questura e dell’OVRA (polizia segreta fascista); volontario in Albania nella 92^ Legione CN, con il grado di centurione (capitano); successivamente è in Slovenia, sempre con la 92^ Legione, dove “Nella sola provincia di Lubiana, durante i ventinove mesi di occupazione italiana si ebbero 4.000 civili sloveni uccisi per rappresaglia, e 7.000 morti nei campi di deportazione italiani.”; dopo l’8 Settembre ’43 comanda l’Ufficio II, il Reparto Servizi Speciali (RSS) dell’Ufficio Politico Investigativo (UPI) della 92^ Legione della GNR a Firenze, poi in Veneto. Con il “capo della provincia” Manganiello e il capo dell’ufficio affari ebraici Martelloni crea una specie di “cupola” malavitosa che movimenta ingentissime somme di denaro dalle confische effettuate ai danni di cittadini ebrei; il 7 o 8 luglio ‘44, ultimo del suo ufficio, lascia Firenze per Bergantino (Ro). Il resto della sua storia è indissolubilmente legato al Veneto e alle vicende della sua “Banda”. La sua vita termina il 19 maggio 1945 a Castelrotto – Kastelruth (Bolzano), vicino all’Alpe di Siusi, con la sua uccisione in circostanze ancora misteriose da parte della Polizia Americana, forse per un regolamento di conti. 27. Giovanni Artiade detto “Gino” Castaldelli,159 cl. 15, nato a Bergantino (Rovigo). Tenente-SS (SS-obersturmführer), ex sacerdote, vice comandante RSS e responsabile della Sezione Investigativa – Ufficio “A”. Viene così descritto dal prof. Egidio Meneghetti “Foresta”: “pallido, mingherlino, con una faccia assimetrica, lo sguardo sfuggente; non torturava personalmente, ma dava ordini di torturare; interrogava abbastanza abilmente; godeva la piena fiducia di Carità; non molto coraggioso, era considerato «l’intellettuale» della compagnia e aveva certamente molta autorità; quando il maggiore era assente, il comando spettava a lui, e non si può dire che i sistemi mutassero”. Nel 1939 viene ordinato sacerdote e nel luglio 1940 diventa cappellano militare; nel 1941 è in Jugoslavia, ma nel 1943 lascia la vita religiosa, si sposa e si trasferisce a Bolzano, dove lavora come impiegato presso la Banca d’Italia; l’8 settembre si trova a Bologna presso il Distretto Militare dove, come ufficiale, riveste mansioni di collegamento con le forze tedesche, grazie alla sua perfetta conoscenza della lingua; entra nel Nucleo di Polizia Politica Investigativa a Firenze e segue Carità nel Veneto, militando nel reparto investigativo; a Bergantino, suo paese natale, svolge un ruolo attivo nei rastrellamenti operati sotto il comando del capitano Bacoccoli. È il confidente del magg. Carità e suo “interprete personale presso il comando tedesco”. A Vicenza ha una fama sinistra per aver “partecipato alle orge sacrileghe che si tennero nella notte di Natale del 1944 nella Villa di Via Fratelli Albanese”, dove pare egli avesse officiato una sorta di messa nera e intonato con “le milizie ubriache di Bacoccoli e di Usai... blasfeme litanie presentandosi ai detenuti recitando oscene parodie”. Dopo la Liberazione viene processato e condannato a morte dalla CAS di Padova il 3 ottobre 1945, ma in appello, l’8 gennaio 1946, la pena viene annullata; nonostante un’ulteriore condanna a 12 anni comminatagli dalla Corte d’Assise di Lucca nel 1951, grazie a sconti e condoni, dal 1955 è libero. È l’ultimo della “Banda Carità” ad uscire di galera. Va a vivere con la famiglia a Firenze, dove lavora come rappresentante prima di radio e piccoli elettrodomestici, poi, dagli anni ‘60, come piazzista di allevamenti di cincillà; è dirigente del MSI fiorentino, assieme ad altri ex componenti del RSS; si trasferisce a Bolzano nel 1967 e muore a Bergantino nel settembre 1982. 28. Bruno Fanfani,160 cl. 24, nato a Bagno di Ripoli (Firenze). Dopo l’8 settembre 1943 entra subito nel RSS di Mario Carità, ma non segue il reparto dopo la ritirata da Firenze, poiché la compagnia 158 R. Caporale, La Banda Carità, cit.; M. Franzinelli, Squadristi, cit., pag.218; M. Grainer, La pupilla del Duce, cit., pag. 129 159 R. Caporale, La Banda Carità, cit., pag.94, 149-152, 208-209, 233, 344, 406-407; E. Franzina, Vicenza di Salò, cit., pag.120-121; Il Giornale di Vicenza del 6 e 19 marzo 1946, “Un ex prete, un ex colonnello, e tre sgherri fascisti arrestati. 160 ASVI, CAS, b.25 fasc.1665; ASVI, CLNP, b.15 fasc.7, b.16 fasc. D; R. Caporale, La Banda Carità, cit., pag.209 e 408.

Page 39: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

39di cui fa parte viene dirottata prima a Varese, poi a Como; nell’agosto 1944 viene inviato a Biella con altri militi per compiere rastrellamenti, ma dice di aver disertato; dice anche di essere stato catturato dalle SS e, guarda caso, inviato a Longa di Schiavon, a Villa Cabianca; dice anche di aver disertato ancora e di aver fatto parte della Brigata garibaldina “Stella”. Sta di fatto che il 31 dicembre 1944, come agente del BdS-SD, con il tenente Usai, Calandri ed altri della Banda Carità, partecipa all’arresto della staffetta Maria Erminia Gecchele “Lena” e il partigiano Giovanni Dal Maso “Cavallo”, in contatto con il Comando “Garemi; negli ultimi giorni di aprile, con l’aiuto di Mario Sasso “Schena”, si infiltra nella Brigata “Fiamme Verdi” della “7 Comuni”. Arrestato dopo la Liberazione, il 2 luglio 1946 la CAS di Vicenza dichiara il non luogo a procedere nei suoi confronti per amnistia; emigra a Torino e si presenta per il MSI nel 1956 come candidato alle elezioni comunali. 29. Carlo Freudiani161 di Eusebio ed Evangelista Lucia, cl.20, nato e residente a Seravezza (Lu). Già della Milizia in Toscana e poi GNR a Riese S. Pio X (Tv), successivamente caporal maggiore–SS (SS-unterscharführer) nelle SS Italiane di Villa Cabianca – 3° gruppo, ed infine, con le SS Tedesche della “Banda Carità”. Dopo la Liberazione, arrestato con Sacchelli a Longa di Schiavon, è processato l'11 gennaio 1946, “imputati di collaborazionismo col tedesco invasore perché, appartenenti alla SS Italiana, partecipavano ad azioni anti-partigiane e di rappresaglia, quali quelle del Grappa, di Enego e Spineda di Riese (Treviso), in cui vennero catturati patrioti, prelevato ostaggi, saccheggiato e distrutte case”. Condannato a 10 anni di reclusione, al pagamento delle spese processuali, all'interdizione perpetua dai pubblici uffici e alla confisca dei beni, il 9 luglio 1946 la Sezione Speciale della Corte d’Assise di Vicenza concede l’amnistia sull’intera pena (d.l. 22.6.46, n. 4). 30. Firmino Gasparini162 di Francesco e Antonietta Scaggiari, cl.26, da Piovene Rocchette; coinvolto l’11.1.44 nel rastrellamento di Montagnanova; incorporato nella PAR (polizia ausiliaria repubblicana) il 22.5.44, è un “fedelissimo” del cap. Polga della Polizia Ausiliaria repubblichina, uno dei “17 eletti”; ufficialmente ancora un agente della PAR, nel novembre ‘44 partecipa con il BdS-SD di Schio alle indagini e alla cattura dei partigiani del Btg. Territoriale “Fratelli Bandiera” della “Garemi”, poi deportati in Germania; a fine novembre ’44, dopo l’esecuzione del capitano Polga, passa definitivamente con il BdS-SD di Schio. Tra l’altro, partecipa al rastrellamento in Contrà Camperetti di Arsiero dove il 25.2.45 è assassinato il partigiano Luigi Comparini “Treno”, e alle torture inflitte al partigiano Giacomo Bogotto “Ala”, ucciso il 16.4.45; arrestato dopo la Liberazione, al processo del 26.2.47 è condannato in contumacia a 30 anni, poi totalmente amnistiato. 31. Giuliano Licini163 di Angelo, cl.16, da Vicenza; studente universitario, già dirigente della FUCI (Federazione Universitari Cattolici Italiani); partigiano della Compagnia “Julia” di Vicenza (allora della “7 Comuni”). Viene catturato dalla “Banda Carità” il 28 novembre 1944 e torturato dal tenente Zatti e la sua delazione porta a oltre un centinaio di arresti. Aderisce alla "Banda Carità" come milite-SS (SS-mann) e collabora alla costituzione di un reparto speciale formato da ex partigiani (Reparto Alpini-SS). Catturato dopo la Liberazione, è imprigionato a S. Biagio e incriminato dalla CAS di Vicenza. Il processo che lo vede imputato inizia il 18 dicembre 1945 e costituisce un episodio non certo 161 ASVI, CLNP, b.20 fasc. Sentenze CAS, Sentenza n.2 dell'11.1.46; ATVI, CAS, Sentenza n.2/45-89/45 dell’11.1.46 contro Freudiani Carlo, Sacchelli Pietro e Carli Angelo; Il Giornale di Vicenza del 9 e 10 gennaio 1946. 162 ASVI, CAS, b.5 fasc.522; ASVI, CLNP, b.5, fasc. Tessere di Riconoscimento, b.11 fasc.34, b.18 fasc. Schede Matricolari; ATVI, CAS, Sentenza n. 9/47-177/47 del 26.2.47 contro Contaldi, Zalunardo, Gasparini e Sartori, fasc.87, Denuncia di Antonio Canova, fasc.102, Denunce del 20.6.45 e 6.7.45; Il Giornale di Vicenza del 21.3.46. 163 ASVI, CLNP, b.15 fasc.2; ATVI, CAS, Sentenza n.68/45-68/45 del 19.12.45 contro Licini Giuliano; ATVI, fasc. Licini Giuliano, Istanza di Giuliano Licini al CLNP di Vicenza – Magg. Malfatti del 8 maggio 1945, copia in CSSMP, doc. file “Banda Carità –Giuliano Licini”; S. Residori, Il coraggio dell'altruismo, cit., pag.68 e 86; A. Frigo, Ricordi, cit., pag.161, 165, 193; P. Snichelotto, Kukkasnea, cit., pag.141; U. De Grandis, Malga Silvagno, cit., pag.360-361; Il Giornale di Vicenza del 12,18, 19, 20.12.45 e 16.1.46; Il Nuovo Adige del 20.12.44.

Page 40: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

40edificante per la giustizia democratica, perché si trasforma in un atto d'accusa agli uomini e donne della Resistenza, alle loro debolezze di fronte alla tortura, alle loro ingenuità di combattenti di fronte a prezzolati ed astuti spioni. Licini viene assolto per insufficienza di prove (sic!). 32. Eleonora detta “Licia” Naldi in Monti,164 di Giuseppe, cl. 23, nata a Loiano (Bo); insegnante elementare; è la famosa segretaria dell’Ufficio Politico Investigativo germanico di Bassano che assiste e verbalizza gli interrogatori gestiti da Perillo, Zilio e dagli ufficiali nazi-fascisti della BdS-SD. Impiegata presso la Direzione delle Costruzioni Aeronautiche di Bologna, agli inizi del ’44 si sposta a Bassano presso il SSS Aeronautica e prende alloggio presso Maria Favaro ved. Camonico. In agosto, tramite Gina De Facci, direttrice della Telve locale e amica di Perillo, la Naldi passa alle dipendenze del BdS-SD. Il 26 agosto ‘44, "si recò a Campo Solagna con la brigata garibaldina, poi a settembre ritornò da Perillo col quale si era mantenuta in continua relazione perché andava e veniva dalla montagna ed informava come ella stessa mi confidò, il Perillo sulla dislocazione delle forze partigiane”. Alla Liberazione fugge in auto (Fiat 1100 nera) con Perillo, Zanotto Ugo, Rodolfo Boschetti (autista), il tenente Raffaele Sandro e Beniamino Romanello “Mino”; sono portati dalle SS tedesche nel Lager di Bolzano dove ottengono una carta di identità falsa (intestata: Volpini Licia) e il foglio di licenziamento dal Lager (Entlassungsschein) come fossero ex deportati; ne escono in auto il 30 aprile ’45 e raggiungono Mendola e Fondo (Tn); arrestata a Fondo di Trento l’11 maggio ‘45, è riportata a Bassano, poi a Vicenza dopo i fatti di Schio, e rilasciata il 29.8.45; nuovamente arrestata, è successivamente posta in libertà provvisoria come Vittorelli e Rack il 1 luglio ’46. É processata il 16 luglio '46 dalla Corte d'Assise di Vicenza, accusata “di concorso nell’attività anti-partigiana attribuita al Perillo, al fine di agevolare i disegni militari e politici del tedesco invasore (art. 5 DLL 27.7.44 n. 159; art. 51 e 58 CPMG)”. Il 16 luglio ’46, all’inizio del processo, Moneta, Vittorelli, Rack e la Naldi, sono in libertà provvisoria; Passuello, Perillo e Zilio sono detenuti. Degli imputati in libertà provvisoria solo Moneta è presente al processo, gli altri tre sono dichiarati “contumaci”. Durante le udienze si susseguono decine di testimoni e sono presentate dagli avvocati molte dichiarazioni scritte in loro difesa: un metodo usuale tra i repubblichini coinvolti nei processi del dopoguerra, che oltre a tentare di minimizzare il loro ruolo, presentavano testimonianze attenuanti o di benemerenza che avevano costruito con metodo e accortezza già all’epoca in cui compivano i delitti di cui erano accusati; una linea difensiva che è tornata utile nelle udienze processuali, ma soprattutto nei ricorsi in Cassazione. Il 20 luglio ‘46, la CAS di Vicenza dichiara in sentenza il non doversi procedere contro Zilio, Reck, Vittorelli e Naldi per amnistia. (sic!) 33. Antonio Nalin,165 da Mira (Ve). Sottotenente dell’ex Milizia portuaria, tra i primi elementi della Scuola di Villa Cabianca, di cui è il massimo responsabile dopo il gen. Visconti. Dal gennaio 1945, con l’arrivo a Longa della “Banda Carità”, Nalin ne entra a far parte organica come sottotenente-SS (SS-untersturmführer), e sino all’ultimo periodo, quando cioè la Sede Centrale è portata a Villa Cabianca, è il responsabile della Sezione staccata di Longa di Schiavon. 34. Leone Perdoncin166 di Leone, cl.27, da Dueville; in servizio presso le SS di Villa Cabianca a Longa di Schiavon. 35. Alfredo Perillo167 di Antonio e Elvira Ceccucci, cl.11, nato a Esch sur Alzette (Lussemburgo) da genitori siciliani, originari da Menfi (Ag); vissuto all’estero sino al ’32, risiede a Chiarino di Sotto 164 ASVI, CAS, b.12 fasc.751, b.15 fasc.908; ASVI, CLNP, b.15 fasc.2; ATVI, CAS, b.27 fasc.1916/45, Sentenza n.84/46-78/46, contro Ragazzi Rino, Sentenza n. 117/46-74/46 del 20.7.46 contro Passuello, Perillo, Zilio, Moneta, Rach, Vittorelli e Naldi; Il Gazzettino del 17 e 21.7.46 e del 17.7.1946; C. Segato, Flash di vita partigiana, cit., pag.134-135; G. Berti, Storia di Bassano, cit., pag.178; L. Capovilla, F. Maistrello, Assalto al Monte Grappa, cit., pag.112-114; B. Gramola, R. Fontana, Il processo del Grappa, cit., pag.24, 43, 98-99, 102, 197 (foto); F. Tessarolo, E’ questa l’ora…, cit., pag.102, 150. 165 ASVI, CAS, b.5 fasc.339, b.13 fasc.819, b.17 fasc.1006; ASVI, CLNP, b.15 fasc.7; ACSchiavon, Atti 1944-45, Domanda di Sussidio n. 10/9/P dell’8.10.44; R. Caporale, “La Banda Carità”, cit., pag.192, 208, 214, 314; I. Mantiero, Con la Brigata Loris, cit., pag.192. 166 ACDueville, “Elenco nominativo dei militari che prestarono servizio nell’esercito repubblicano” e “Militari in servizio presso l’esercito repubblicano”.

Page 41: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

41(Trento); coniugato con Guerrina Selko (cl. 16, nata a Laurana – Istria e residente a Tiarno di Sotto in Val di Ledro - Brescia), da cui ha 2 figli. Ufficiale d’artiglieria del Regio Esercito in s.p.e., poliglotta e perciò in missione in vari stati: Germania, Svizzera, Cecoslovacchia, dopo l’8 settembre, aderisce alla RSI come ufficiale della GNR Contraerea. Esperto della lingua tedesca, diventa ufficiale di collegamento tra il VII Gruppo Legioni della GNR Contraerea e il reparto della Flak Italien del maggiore Karl Fraiss, con il quale si trasferisce a Sassuolo (Mo), diventando suo Aiutante Maggiore. Il 10 giugno ’44 giunge a Bassano con la Flak Italien, dove i tedeschi gli riservano un ufficio nella palazzina adiacente e in collegamento diretto con la Caserma “Reatto”, dedicandosi a tempo pieno agli interrogatori dei resistenti catturati nell’area. Anche se ufficialmente in forza al Deposito Contraereo repubblichino di Bassano, è nominato dai nazisti ufficiale “Ic” (I = lettera romana che sta per n.1, c = terza lettera dell’alfabeto e significa che sta al 3° posto della gerarchia tedesca a Bassano); incarico che gli è riconfermato anche quando dal luglio ‘44 a comandare la Piazza di Bassano è il colonnello-SS Josef Heischmann, comandante di fatto del Polizei-Freiwilligen-Bataillon “Cacciatori degli Appennini” - Raggruppamento “Cacciatori degli Appennini”. L’Ufficio “Ic”, corrisponde all’ Ufficio di Difesa, cioè al responsabile dell’intelligence e responsabile per la sicurezza della zona: aveva grande importanza e doveva continuamente raccogliere e analizzare i dati sulle unità partigiane e fornire una base adeguata per l’attività della Sezione operativa “Ia”. Perillo, oltre che responsabile dell’Ufficio Politico Investigativo germanico, l’Ufficio di Difesa o BdS-SD di Bassano, assorbe l’UPI della GNR di Bassano; anche lui come Carità è un ufficiale (tenente-SS/SS-Obersturmführer) e un dirigente del BdS-SD, e porta abitualmente la divisa nazista delle SS. Perillo partecipa tra l’altro, oltre al rastrellamento del Grappa, al rastrellamento di Conco, Gomarolo, S. Caterina e Crosara (3.4.45), Corlo il 23.7.44, Carpanè del 16.8.44, Cartigliano del 26.9.44; Maragnole del 31.10.44 e di Campese; in un documento del Comitato Militare Provinciale del CLNP è segnalato tra i responsabili delle impiccagioni di Bassano del Grappa: faceva parte con Buschmeier, Zilio, Rack, Vittorelli, Agolino, del “tribunale di guerra” presso la Casema “M. Grappa”. È accusato da Carlo Gattoni da Venezia per la fucilazione, avvenuta il 24 settembre '44, del figlio Mario, Mario Chirco, Giuseppe Chirco e Pio Ricci, tutti disertori repubblichini passati con la Resistenza nella Brigata "Italia Libera Archeson". È accusato dall’ing. Eliseo Bosio di aver ordinato d’esecuzione che uccise suo figlio ed altri 14 (partigiani e neozelandesi) a Carpanè, il 27.9.44, durante il rastrellamento del Grappa. È accusato con Catalano, di aver ordinato l’incendio di Borso del Grappa del 3.9.44. È accusato di essere l’autore morale, se non materiale, della strage dei 14 partigiani alla Caserma “Reatto” il 24.9.44 e, del loro occultamento nelle fogne e dell’esecuzione dei 3 partigiani al Ponte Vecchio di Bassano del 22 febbraio ’45. Secondo la Corte d’Assise Straordinaria di Vicenza, Perillo “è il capo dell’ufficio politico del comando tedesco di Bassano, collabora con i tedeschi, non nella mera qualità di interprete, ma di capo vero e proprio che fa e disfà, con piena libertà di iniziativa; si avvale di una serie di intrighi e di informatori, interroga i catturati, dispone delle persone degli stessi; dirige e raccoglie tutti gli elementi utili per l’annientamento delle forze partigiane del Grappa. E’ presente e operante durante il rastrellamento. … È il Perillo che fa incendiare e interviene personalmente all’incendio di Carpanè e di Conco”. Dopo la Liberazione è arrestato al suo posto un suo omonimo: Alfredo Perillo di Benedetto, cl. 25, nato a Castrovillari (Cosenza) e residente a Milano, meccanico, catturato a Pozzoleone e portato a Grantorto (Padova), poi rilasciato nell'agosto '45. 167 ASVI, CAS, b.13 fasc.828, b.24 fasc. 1416, b. 25 fasc. 1534; ASVI, CLNP b.10 fasc.8 e 14, b.11 fasc.31 e 34, b.15 fasc.2, 7, 18, 19, fasc. Denunce a Capo Uff. PM e fasc. Elenco persone rilasciate, b.25 fasc. Varie 1; ATVI, CAS, Sentenza n. 102/46 - 60/46 del 4.7.46 contro Ceccato Lamberto, Sentenza n. 84/46 - 78/46 del 1.7.46 contro Ragazzi Rino, b 27 fasc.1916/45, c.9, Sentenza n. 117/46-74/46 del 20.7.46 contro Passuello, Perillo, Zilio, Moneta, Rach, Vittorelli e Naldi; Il Gazzettino del 17 e 21.7.46; Il Giornale di Vicenza del 17.7.1946; L. Capovilla, F. Maistrello, Assalto al Monte Grappa, cit., pag. 103-109; C. Segato, Flash di vita partigiana, cit., pag. 134-135; B. Gramola - R. Fontana, Il processo del Grappa, cit., pag. 9, 23, 35, 36, 37, 43, 44, 45, 49, 55,94-96, 111-112, 115-128, 184, 196 (foto); PA. Gios, Il comandante “Cervo”, cit., pag.219.

Page 42: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

42Viceversa, alla Liberazione, il vero Perillo fugge in auto (Fiat 1100 nera) con la Naldi, Ugo Zanotto, Rodolfo Boschetti (autista), il tenente Sandro Raffaele e Beniamino Romanello “Mino”; accompagnati dalle SS tedesche nel Lager di Bolzano, ottengono carte di identità false (Perillo diventa Sergio Volpini) e il foglio di licenziamento dal Lager (Entlassungsschein) come fossero ex-deportati; ne escono in auto il 30 aprile ’45 e raggiungono Mendola e Fondo (Tn); è arrestato l’11 maggio ’45. Processato il 16 luglio '46 dalla Corte d'Assise di Vicenza, è accusato “di aver organizzato e diretto in Bassano del Grappa un centro di polizia politica, procedendo ad operazioni di polizia anti-partigiana, al fermo di persone, ad inquisizioni di prigionieri, consentendo l’uso di mezzi brutali e violenti di coercizione, ad atti arbitrari di prelievo di ostaggi, alla deportazione in Germania di moltissime persone, agevolando in tal modo i disegni politici e militari del tedesco invasore, di aver organizzato e diretto rastrellamenti di rappresaglia in Carpanè, Corlo e altrove (art. 5 DLL 27.7.44 n. 159 – art. 1 e 3 DDL 22.4.45 n. 142 – 51 CPMG)”, e con Passuello e Zilio è accusato: “di aver in concorso fra loro e con altri ufficiali italiani e germanici, elaborato e condotto a termine l’azione di rastrellamento detto del Grappa, in cui vennero catturati, fucilati e impiccati moltissimi partigiani, molti altri deportati in Germania, altri ancora costretti all’arruolamento nell’esercito repubblicano, nonché aver tenuto intelligenza e contatto col tedesco invasore (art. 5 DLL 27.7.44 n. 159; art. … e 51 CPMG)”. La CAS di Vicenza lo condanna il 20 luglio 1946 all’ergastolo, alla confisca dei beni, ecc. … per collaborazionismo grave e concorso in omicidio. Il 21/22 luglio ’46, Perillo, tramite il suo avvocato Giovanni Teso, ricorre in Cassazione. Il 30 giugno ’47, la Corte suprema di Cassazione annulla la sentenza e rinvia il procedimento alla CAS di Brescia. Su istanza degli imputati, il processo viene trasferito da Brescia a Firenze per ragioni di ordine pubblico. A Firenze, superata la fase delle CAS, gli imputati vengono giudicati da una Corte d’Assise Ordinaria. Perillo, detenuto presso l’ospedale militare di Verona, è imputato con Passuello: “del reato [articoli… omissis] per aver in correità fra di loro e con altri delle b.n. e militari tedeschi, nelle stesse circostanze di tempo e di luogo, con più azioni esecutive della stessa risoluzione criminosa, partecipato materialmente e disponendo ad altri ordinata e deliberata l’uccisione di numerosi partigiani catturati nei vari rastrellamenti eseguiti e specialmente nel rastrellamento del Grappa, e più particolarmente le seguenti uccisioni: a) per aver fatto fucilare il 27 settembre 1944 a Carpanè 12 partigiani, fra i quali il S.T. Bosio, un altro non identificato e la moglie di quest’ultimo incinta; b) per aver il 24 settembre 1944 ordinato a Bassano del Grappa nella caserma Reatto la fucilazione dei partigiani Gattoni Mario, di Chirco Manlio e Giuseppe, e di Ricci Pio; c) per aver il 29 Settembre 1944 a Caselle d’Asolo ordinato la fucilazione di 15 partigiani non potuti identificare; d) per aver durante il rastrellamento del Grappa svoltosi dal 21 al 28 Settembre 1944 e precisamente il 26 Settembre 1944 deliberato ed ordinata la fucilazione di 15 partigiani, fra i quali certo Ferraris, commissario prefettizio di Solagna, e per aver fatto impiccare 31 giovani partigiani agli alberi del viale Bassanese in Bassano, che il Passuello aveva catturati nell’operazione di rastrellamento ed inviati a tale scopo al Perillo, dei quali partigiani si son potuti identificare soltanto: Citton Francesco e Giovanni Cervellini [?], De Rossi Leonida, Brian Ferdinando da Pove, Ferraro Angelo, Cocco Giovanni, Bragagnoli Gastone [?], Bizzotto Giuseppe, Longo Cesare, Busnardo di Casoni, Martinello Silvio, Giuliani Giuseppe, Romeo Gio Batta, Donazzan Attilio, Bosa Pietro, Benacchio Armando, Zan Ferruccio [?], Baghetto Emilio [?], Caron Francesco, Puglierin Fiorenzo ed altri non potuti identificare; e) per aver il Passuello fatto[omissis]; f) per aver il Perillo fatto fucilare il 5 gennaio 1945 i partigiani catturati, Todesco, Campana Alberto [Tulio] e Mocellin Marco nella caserma Reatto in Bassano consegnandoli personalmente al plotone di esecuzione composto da Pira, Lulli ed il tedesco Tausch alle dipendenze di Perillo, e per aver poi fatto gettare i cadaveri sotto il ponte S. Michele;

Page 43: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

43g) per aver il Perillo il 22 febbraio 1945 fatto fucilare sulle rovine del Ponte Vecchio in Bassano tre giovani partigiani non potuti identificare. Il 17 giugno ’48 la Corte d’Assise di Firenze dichiara Perillo colpevole della collaborazione a lui ascritta e del triplice omicidio dei partigian Todesco, Campana e Mocellin; lo condanna a 30 anni, all’interdizione dai pubblici uffici ed ordina che a pena espiata, sia sottoposto a 3 anni di “libertà vigilata”; è condannato al risarcimento delle spese processuali e di ciò che ha occorso per il loro mantenimento in carcere durante la custodia preventiva; confisca metà dei suoi beni a vantaggio dello Stato. Ma contemporaneamente, la Corte dichiara condonati i 2/3 della pena (20 anni di meno) per gli indulti del 22.6.46 e 9.2.48 e gli assolve per insufficienza di prove da tutti gli altri reati ascritti. Perillo, il 29 luglio ’48 ricorre contro la sentenza di Firenze. Il 13 luglio ’48, il Tribunale Militare Territoriale di Verona, processa Perillo per “Peculato militare” in Sabaudia (settembre-ottobre 1943), per essersi appropriato di materiale vario dell’Amm. Militare e per aver distratto somme di denaro dalla Caserma Artiglieria di Sabaudia. Nel dispositivo della sentenza si elogia l’operato di Perillo, allora “non ancora passato al completo servizio dei tedeschi…” come invero fece più avanti. Pertanto viene assolto “per non aver commesso il fatto”. Il 7 febbraio 1949, la Corte Suprema di Cassazione si pronuncia concedendo l’amnistia a Perillo: sconta infine meno di 4 anni di carcere. Perillo, amnistiato e libero, muore a Peschiera il 10 novembre 1949 di nefrite all’Ospedale Civile. 36. Victor Piazza168 di Ottavio, cl. 25, nato a Schio, residente a S. Antonio di Valli del Pasubio; figlio del console della Milizia Ottavio Piazza. Dopo l’8 settembre ’43, parte militare a Bassano del Grappa, ma torna a casa dopo 20 giorni, ufficialmente in licenza. Nel corso dei primi rastrellamenti e perquisizioni in zona non si nasconde, anzi una volta fu visto brindare con ufficiali nazi-fascisti, così che si sparge la voce che sia una spia. Per cancellare i sospetti, nell’estate del ’44 si unisce ai partigiani garibaldini dislocati sul Pasubio, nella zona del Rifugio “Lancia” e Malga Pozza in località Alpe Pozza, in territorio del Comune di Trambileno (Tn). Il distaccamento è costituito da ragazzi di Valli del Pasubio, guidati da Domenico Chiumenti “Lince”, e trentini capeggiati da Pio Marsili “Pigafetta” e Lamberto Ravagni “Libero”, il futuro Btg. “Cesare Battisti” della Brigata “Pasubiana”. Piazza è accolto inizialmente con diffidenza, sia perché amico d’infanzia dei partigiani del suo paese, sia per aver superato alcune prove che devono dimostrare la sua buona fede, come la partecipazione ad agguati con assalto a macchine tedesche. É infine accettato, ma il 22 settembre ‘44, dopo circa tre mesi di vita apparentemente da partigiano, in uno scontro con i tedeschi in Val Terragnolo, viene catturato in circostanze poco chiare. Il dubbio nasce dal fatto che avrebbe potuto sfuggire alla cattura e non lo fece, anzi sembra proprio che si sia consegnato alla pattuglia tedesca. Ma questa è la lettura che ne hanno dato a posteriori, nel dopoguerra, i suoi compagni vittime della sua delazione. La messinscena, che deve essere stata abilmente orchestrata da tempo, continua qualche giorno dopo con la pubblicazione su un giornale della notizia che il «bandito di Terragnolo», come lo hanno soprannominato, è stato impiccato. La notizia della sua impiccagione viene ritenuta da tutti veritiera tanto che don Luigi Guarato, parroco di Valli del Pasubio, scrive nei suoi appunti: “20 sett. 1944. Victor Piazza partigiano catturato a Terragnolo portato nelle carceri di Rovereto. 12 ottobre giunge notizia (falsa) che fu impiccato”. Victor Piazza per continuare nella finzione della sua parte è portato nel carcere di Rovereto, ma in realtà non come detenuto: dalle numerose deposizioni, rese al processo celebrato presso la CAS di Vicenza, emerge che dal 22 settembre al 18 novembre 1944, data della sua riapparizione in pubblico alla guida del reparto di SD alla caccia dei suoi compagni partigiani, egli segue “una 168 ASVI, CAS, b.8 fasc. Contabilità CAS; ASVI, CLNP, b.15 fasc.18; ATVI, CAS, Sentenza n.5/47-176/47 del 29.1.47 contro Piazza Victor; P. Rossi, Achtung banditen, cit., pag.74-80, 101-103; E. D’Origano, Diari della Resistenza, n.4 e 5, cit., pag.377 e 420-421; P. Savegnago e L. Valente, Il mistero della Missione Giapponese, cit., pag.380-384, 411-415; B. Gramola, Le donne e la Resistenza, cit., pag.41; B. Gramola, Magg. John P. Wilkinson “Freccia”, cit., pag.79, 88-89; U. De Grandis, Vallortigara giugno 1944, cit., pag.226; L. Ravagni, La lunga via per la libertà, cit., pag.104-105; A. Galeotto, Brigata Pasubiana, cit., pag.458-461; Patria Indipendente del 24.2. 2002, art. L. Bertoldi, La tua memoria ti renderà libera, cit., pag.34-35.

Page 44: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

44specie di corso di addestramento allo spionaggio e alla cattura degli elementi appartenenti alle formazioni partigiane”. Piazza milita nella SD di stanza a Roncegno, con Nazario Sordo, Severino Toller che fungeva da autista, e con, fra gli altri, il gruppo di toscani che hanno fatto parte della Banda Carità. Sempre vestendo la “divisa di S.S. Criminal Polizei” conduce i suoi camerati “nei vari rastrellamenti nella zona del Pasubio e dell’Astico, e portò preziosi contributi alle S.S., indicando i partigiani che aveva conosciuto nel precedente vagabondaggio alla macchia”, ma soprattutto all’arresto dei suoi amici di infanzia che militano nella Resistenza. Le conseguenze sono drammatiche. La famiglia Piazza abita a S. Antonio di fianco alla famiglia Pianegonda, e Victor è stato amico d’infanzia e compagno di scuola di Walter Pianegonda, il garibaldino “Rado”. Piazza è cresciuto insieme anche alle sorelle di Walter, Adriana, Wally e la piccola Noemi. Nonostante ciò non si fa scrupolo di denunciare tutta la famiglia e il 18 novembre ‘44 accompagna egli stesso i “toscani” del "Kommando Andorfer" -“Banda Carità” a prelevare a casa le tre sorelle Pianegonda, la madre e due zii. Victor Piazza non solo non si fa scrupolo di far arrestare un’intera famiglia che conosceva fin da bambino, ma una volta in carcere a Rovereto, egli stesso insieme ai “toscani” li sottopone a sevizie e torture, fisiche e psicologiche. Lo stesso giorno della cattura della famiglia Pianegonda, Piazza partecipa alla perquisizione e saccheggio in casa Scalabrin a Fara, e il 1 gennaio ’45 a Thiene, fa arrestare anche Walter Pianegonda “Rado”, Ettore Savignago e Giovanna Cunico in Zanchi. Sono arrestati altri partigiani e fiancheggiatori, come Alcide Rosso “Gallo” e la sorella Giselda, “Giovanni” partigiano polacco, tutto il CLN di Trimbileno (Tn), i graduati del CST di stanza a S. Antonio del Pasubio, Orazio Buselli, Giuseppe Palezza e Domenico Penzo, tutti poi rinchiusi nelle carceri a Rovereto. Victor Piazza continua nel suo lavoro di spionaggio e riesce ad introdursi di nuovo nelle fila partigiane tra “i patrioti del btg. Bressan della sua stessa ex brigata Pasubiana dove approfittando della distanza del suo battaglione si spaccia per fuggito dal campo di concentramento”. Inseritosi tra i partigiani della Valdastico, dopo pochi giorni, fugge. Piazza ricompare il 7 gennaio ‘45 “in testa ad un forte rastrellamento” e conduce le truppe tedesche nei luoghi frequentati, a Montepiano, Lastebasse, Ponte Posta, San Pietro in Valdastico, Pedescala e Tonezza, cooperando alla cattura dei resistenti e di coloro che li aiutano. È Piazza la guida e l’informatore (con Adelmo Caneva) che l’8-10 marzo ‘45 accompagna il reparto della polizia altoatesina di Roncegno nell’azione che porta all’uccisione di “Freccia”. È presente all’eccidio di Pedescala in divisa da maresciallo tedesco: “La sera di domenica 29 aprile”, Giovanna Dal Pozzo vede in paese anche Victor Piazza, in «divisa di S.S. Criminal Polizei», davanti alla sua porta, mentre parlava con un comandante tedesco. Glielo aveva indicato suo marito. Invece al mattino di quella domenica, tre persone, vestite con abiti civili, entrano nell’albergo-trattoria Al Grillo d’oro, in Piazza Prima Armata, gestito da Manilla Leoni, la matrigna dei partigiani Giorgio (Walter) e Nicola (Pippo) Pretto. «Mi chiesero dove fosse il comandante Piazza» depose Manilla agli inquirenti americani «e io risposi loro di chiedere ai loro camerati. Uno di loro lasciò l’edificio. Nello stesso tempo apparvero alcuni aerei. Salirono sui loro veicoli e scapparono». Manilla conosceva bene Victor Piazza perché aveva arrestato e portato via il figliastro Giorgio, nel marzo precedente. Victor Piazza fu visto andare avanti e indietro per il paese durante tutta la giornata di domenica. Pure Carlo Moro vide in paese Victor Piazza quella domenica: «Egli fu per tutto il giorno in paese. La sera insieme con un suo amico che non conosco andò per la strada che va a Rotzo». Victor Piazza e Antonio Caneva sono certamente presenti in Valdastico per tutta la giornata del 29 aprile. Arrestato dopo la Liberazione, è giudicato dalla CAS di Vicenza il 29 gennaio 1947 e condannato a 29 anni; il 19 dicembre 1947 la Corte Suprema di Cassazione di Roma annulla la sentenza e rimanda alla CAS di Brescia, poi è amnistiato.

Page 45: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

4537. Domizio o Domenico detto “Aldo” Piras169 di Cesare, cl.06, nato a Cagliari e residente a Roma; della Squadra d’Azione del PFR del SSS Aeronautica, commissario del fascio di Bassano e comandante l’8^ Compagnia della BN di Bassano; poi SS e torturatore dell’BdS-SD di Alfredo Perillo, con Tausch e Ragazzi; il suo nome "è rimasto in queste contrade aureolato della peggior fama, non tanto di collaborazionista di primo piano coll'occupante e oppressore tedesco, quanto di zelatore senza pietà e misericordia"; torturatore "picchia dei ragazzi da Enego alla presenza divertita della Naldi". Viene catturato dai partigiani di Campo Croce e imprigionato per 10 giorni sino al rastrellamento del Grappa; liberato, collabora al riconoscimento dei partigiani, soprattutto alla Caserma “Reatto” di Bassano e a Carpanè, dove riconosce e fa condannare anche il s. tenente Bosio. È accusato inoltre dell'uccisione dei cinque patrioti di Mason avvenuta il 31.10.44, della cattura e nel furto in casa di Marina Scomazzon a Marsan di Marostica il 4.11.44, dell'omicidio di Tullio Campana, Leone Mocellin e Antonio Todesco avvenuto il 5.1.45 a S. Michele di Bassano, della perquisizione con svaligiamento dell'appartamento della famiglia Venzo il 21.1.45, della cattura dell’avv. Antonio Gasparotto (di Sebastiano, cl. 1876, da Bassano) e del saccheggio della sua casa il 24.1.45; infine del rastrellamento di Asiago del 23.4.45. Il 31.3.45, al fine di nascondere le sue responsabilità, risulta dai documenti della BN di Vicenza un semplice brigatista in licenza perché affetto da “soffio endocardiaco post-reumatico”. (sic!) Dopo la Liberazione, latitante, il 30.9.46 è riconosciuto colpevole dalla CAS di Vicenza e condannato a morte mediante fucilazione alla schiena; il 7.6.47 la Corte Suprema rigetta il suo ricorso; il 13.6.48 la Corte d'Appello converte la pena di morte con quella dell'ergastolo con isolamento diurno. Il 22.7.59 il Tribunale di Vicenza dichiara estinti i reati per "effetto di amnistia in virtù dell'art. 1 lett. A D.P. n. 460 dell'11.7.59”. 38. Luciano Raffaele;170 sottotenente della Flak Italien, gruppo “caccia”, presso la Caserma Reatto di Bassano. Nei giorni precedenti alla Liberazione è con Perillo, la Naldi, Romanello e Zanotto a Bassano, in partenza per Trento e Bolzano. 39. Beniamino detto “Mino” Romanello171 di Pietro, cl. 25, nato a Este; proprietario della salumeria Balbi di Corso Padova a Vicenza. Agente della PAR, faceva parte con Zanotto della squadra speciale del capitano Polga: è coinvolto, tre giorni dopo l’esecuzione di Polga, nell’omicidio dell’agente ausiliario e patriota infiltrato Passamai e provoca l’arresto di Rosa Biscio. Collabora con l’uff. investigativo delle SS tedesche e quando viene licenziato dalla PAR, ufficialmente per inidoneità fisica (1.3.45), si arruola presso il Comando SS di Vicenza. Nei giorni precedenti alla Liberazione è con Perillo, la Naldi, Zanotto e Raffaele a Bassano, in partenza per Trento e Bolzano. Arrestato dopo la Liberazione, è trasferito a S. Biagio il 10 giugno 1945 ma viene rilasciato già nell'agosto 1945. 40. Gregorio Ronzani172 di Pietro, cl.24, da Dueville; milite SS della “Banda Carità”, in servizio presso le SS di Villa Cabianca a Longa di Schiavon. 41. Pietro Sacchelli173 di Zinante e Ermellina Vidi, cl.21, nato e residente a Marina di Pietrasanta (Lu), minatore. Già della Milizia in Toscana e GNR a Riese S. Pio X (Tv), successivamente è caporal maggiore–SS (SS-unterscharführer) nelle SS Italiane di Villa Cabianca – 3° gruppo, ed in fine, con le SS Tedesche della “Banda Carità”. 169 ASVI, CAS, b.7 fasc.516; ASVI, CLNP, b.9 fasc.2, b.11 fasc.3 e 34, b. 14 fasc. 26° Deposito Misto, b.15 fasc.7 e 19, b.17 fasc. Ordini Permanenti Militari e Denunce a Capo Uff. PM; ASVI, Danni di guerra, b.76 fasc.469; ATVI, CAS, Sentenza n.84/46-78/46 del 1.7.46 contro Ragazzi Rino, Sentenza n.154/46- 144/46 del 30.9.46 contro Arnone, Baggio, Bertoncello, Bonato, Burzacchi, Cattani, Chemello, Crestani, Cuman, Facchini, Filippi, Giardini, Lulli, Marcon, Monteleone, Piras, Ronzani, Torresan, Zanella e Zito; F. Maistrello, Processo ai fascisti, cit., pag.67; B. Gramola, R. Fontana, Il processo del Grappa, cit., pag.57; L. Capovilla, F. Maistrello, Assalto al Grappa, cit., pag.67-68. 170 B. Gramola – R. Fontana, Il processo del Grappa, cit., pag.54. 171 ASVI, CAS, b.25 fasc.1602; ASVI, CLNP, b.5 fasc. Tessere di Riconoscimento; b.10 fasc.8, b.11 fasc.3, b.15 fasc.3 ed Elenco persone rilasciate, b.18, fasc. Schede Matricolari. 172 ACDueville, Elenco nominativo dei militari che prestarono servizio nell’esercito repubblicano”; R. Caporale, La Banda Carità, cit., pag.209-210. 173 ASVI, CLNP, b.20 fasc. Sentenze CAS, Sentenza n.2 dell'11.1.46; ATVI, CAS, Sentenza n.2/45-89/45 dell’11.1.46 contro Freudiani Carlo, Sacchelli Pietro e Carli Angelo; Il Giornale di Vicenza del 9 e 10 gennaio 1946.

Page 46: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

46Dopo la Liberazione, arrestato con Freudiani a Longa di Schiavon, è processato l'11 gennaio 1946, “imputati di collaborazionismo col tedesco invasore perché, appartenenti alla SS Italiana, partecipavano ad azioni anti-partigiane e di rappresaglia, quali quelle del Grappa, di Enego e Spineda di Riese (Tv), in cui vennero catturati patrioti, prelevato ostaggi, saccheggiato e distrutte case”. Condannato a 10 anni di reclusione, al pagamento delle spese processuali, all'interdizione perpetua dai pubblici uffici e alla confisca dei beni, il 9 luglio 1946 la Sezione Speciale della Corte d’Assise di Vicenza concede l’amnistia sull’intera pena (d.l. 22.6.46, n. 4). 42. Giuseppe Saggin,174 da Dueville; SS Italiana in servizio presso Villa Cabianca a Longa di Schiavon. 43. Bruno Sericati175 di Antonio e Caterina Blessale, cl. 23, da Dueville; cognato di Antonio e Carlo Zanin “Sericati” da Montecchio Precalcino. Dal 21.8.44 aderisce con i cognati al Terzo Reich presso il Comando Germanico di Vicenza, e come milite-SS (SS-mann) presta servizio a Villa Cabianca sino al 9 settembre ’44; dal 16.9.44 sono tutti e tre in servizio come "agenti segreti" presso la polizia tedesca di Milano. Nell’aprile rientrano a Longa di Schiavon con la “Banda Carità”. È arrestato il 5.5.45 e il 29.8.45 risulta tra i detenuti politici senza alcuna accusa a carico; pur indagato è poi rilasciato. 44. Giuseppe Visconti,176 milanese. Già generale di brigata della Milizia Portuale, dalla primavera al dicembre 1944, come generale di divisione-SS (SS-Gruppenfüehrer), comanda la Scuola di Polizia e Controspionaggio delle SS Italiane di Villa Cabianca a Longa di Schiavon. 45. Antonio Zanin “Sericati”177 di Antonio e Maria Tagliapietra, cl.16, nato a Chions (Pn) e residente a Montecchio Precalcino; coniugato con Amabile Dal Zotto; già Artigliere delle Guardie alla Frontiera, dopo l'8 settembre 1943, raggiunge il fratello Carlo a Postumia e si unisce alla GNR; il 21.8.44, presso il Comando Germanico di Vicenza, aderisce con il fratello e il cognato al Terzo Reich, militando nelle SS Italiane come caporal maggiore (SS-unterscharführer) e prestando servizio a Villa Cabianca; dal 16.9.44 sono tutti e tre in servizio come "agenti segreti" presso il BdS-SD di Milano; nell’aprile ‘45 rientrano a Longa di Schiavon con la “Banda Carità” e alla Liberazione è arrestato con il fratello a Villa Cabianca. 46. Carlo Zanin “Sericati”178 di Antonio e Maria Tagliapietra, cl.12, nato a Pramaggiore (Ve) e residente a Montecchio Precalcino; coniugato con Adalina Sericati e cognato di Bruno Sericati. Già della Milizia confinaria, dopo l’8 settembre 1943 continua a restare in servizio con i tedeschi, per poi aderire alla GNR; il 21.8.44, presso il Comando Germanico di Vicenza, aderisce con il fratello e il cognato al Terzo Reich, militando nelle SS Italiane come milite (SS-mann) e prestando servizio a Villa Cabianca; dal 16.9.44 sono tutti e tre in servizio come "agenti segreti" presso il BdS-SD di Milano; nell’aprile ‘45 rientrano a Longa di Schiavon con la “Banda Carità” e alla Liberazione è arrestato con il fratello a Villa Cabianca. 47. Ugo Zanotto179 di Ernesto, da Mossano; già della PAR, Squadra “Polga”; per ordine di Polga si recava spesso fuori provincia, accompagnato da Beniamino Romanello, per indagini politiche. Dopo la morte di Polga, passa ufficialmente con il BdS-SD di Perillo; è denunciato assieme a 174 ACDueville, “Militari in servizio presso l’esercito repubblicano”. 175 ASVI, CAS, b.6 fasc.489; ASVI, CLNP, b.15 fasc.1 e 2; ACDueville, serie S.M., b. S, fasc. Sericati B., “Elenco nominativo dei militari che prestarono servizio nell’esercito repubblicano”; CSSMP, b. 3, Elenco iscritti PFR di Dueville, Agosto ’44; Il Giornale di Vicenza del 29 agosto 1945. 176 ASVI, CLNP, b.10 fasc.8; CSSMP, b.2, fasc. f.lli Doria, Memorie degli anni verdi; R. Caporale, La Banda Carità, cit., pag213-214; S. Residori, Il massacro del Grappa, cit., pag.99; PL. Dossi, Atlante storico della Guerra di Liberazione nel Vicentino, cap. Uomini e reparti nazi-fascisti, scheda: Scuola di polizia e controspionaggio delle SS italiane. SS-Ausbildung Schule. 177 ASVI, Ruoli Militari; ACMP-Ruoli Militari e Sussidi Militari; PL. Dossi, Atlante storico della Guerra di Liberazione nel Vicentino, cap. Uomini e reparti nazi-fascisti, scheda: Scuola di polizia e controspionaggio delle SS italiane. SS-Ausbildung Schule. 178 ASVI, CAS, b.6 fasc.489, b.26 fasc.1838; ASVI, CLNP, b.11 fasc.3, b.15 fasc.2 ed Elenchi persone rilasciate; ASVI, Ruoli Militari; ACMP-Ruoli Militari e Sussidi Militari; PL. Dossi, Atlante storico della Guerra di Liberazione nel Vicentino, cap. Uomini e reparti nazi-fascisti, scheda: Scuola di polizia e controspionaggio delle SS italiane. SS-Ausbildung Schule. 179 ASVI, CLNP, b.5 fasc. Tessere di Riconoscimento, b.10 fasc.8, b.11 fasc.3, b.15 fasc.7; PL. Dossi, Atlante storico della Guerra di Liberazione nel Vicentino, cap. Uomini e reparti nazi-fascisti, scheda: BdS-SD – Befehlshaber der Sicherheitspolizei und des SD di Bassano - Ufficio IC.

Page 47: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

47Osvaldo Foggi e Di Fusco per arresto, tortura e furto ai danni di Ramiro Bonato di Mossano, avvenuto il 28.12.44. Fascista repubblichino interessato a “mimetizzare” la sua famiglia per entrare in clandestinità. Arrestato dopo la Liberazione, è poi rilasciato. 48. “Banda Bertozzi”180 "...da considerare criminali di guerra: ...". Sezione speciale di polizia, informazioni e repressione, della X^ Mas; una unità volante per la raccolta d'informazioni interne ed esterne, utilizzata drasticamente per la repressione anti partigiana. Denominato Servizio divisionale "Informazioni”, Ufficio “I”, o Compagnia "O" (Operativa), detta “Banda Bertozzi” dal nome del suo comandante, il sottotenente di vascello Umberto Bertozzi. Nell’inverno ’44-’45 il reparto è assorbito dal BdS-SD-Banda Carità. 49. “Banda Fiore”181 Un biglietto scritto da un partigiano del servizio di controspionaggio segnala: «Agenti che anche al presente si trovano framisculiati [sic!] ai patrioti: serg. Murra, De Steffani, serg. De Rosa, Lupro, serg. Zani Nino, Martini Dario, Mariotto, Ginecco, Mario Bosco (da Montorso), Chiazza Enrico». Molti nomi sono storpiati e incompleti, ma appartengono tutti alla “Banda Fiore” ("...da considerare criminali di guerra: ..."): Murra è Mura Salvatore, sardo; De Stefani è De Stefano; De Rosa si chiama Luigi “Gino”, siciliano; Lupro è Lupo I.; Zani Nino è Zanni F.; Martini Dario è “Asso di Fiori” di Giovanni, ligure, braccio destro del capo, Fiore Alcide da Brindisi; Mariotto si chiama Lino di Antonio, cl.14, da Vicenza, già GNR-UPI; Ginecco è Gneco A.; Mario Bosco (?); Chiazza Enrico è Chiozza Alfredo, milanese. Verso la fine di luglio del '44 a Montecchio Maggiore, presso l'SSS Marina, è costituito il "Corpo di Polizia Militare della Marina Repubblicana" sotto il comando del famigerato capitano Fiore Alcide, inizialmente alle dirette dipendenze del Q.G. della P.S. per la Marina, il cui comandante era il capitano di fregata Mario Spano. Il legame tra la “Banda Fiore” e il BdS-SD è garantito dalla presenza nel gruppo del capitano Nicola “Nello” Ruffo, da Marostica, e del sottufficiale Lino Mariotto, da Vicenza, ambedue già della GNR-UPI. Nell’inverno ’44-’45 il reparto è assorbito dal BdS-SD-Banda Carità. 50. X^ Mas - Btg. “Valanga” o “Tarigo”,182 nasce da un gruppo riunitosi autonomamente, che nell'aprile '44 confluisce nella X^ Mas; è una significativa anomalia di alpini di marina; un’altra particolarità è la Compagnia di stanza a Marostica, che guidata dal sottotenente Raffaele La Serra, è composta da ex partigiani ed ex prigionieri politici. 51. X^ Mas - 2° e 3° Gruppo d’Artiglieria “Da Giussano” e “S. Giorgio”;183 dopo aver combattuto in Venezia Giulia, queste unità rientrano in Veneto, a Bassano del Grappa, nel marzo ’45. 180 PL. Dossi, Atlante storico della Guerra di Liberazione nel Vicentino, cap. Uomini e reparti nazi-fascisti, scheda: Divisione X^ - Servizio divisionale "Informazioni” detta “Banda Bertozzi”. 181 ASVI, CAS, b.8 fasc. Contabilità CAS, b.17 fasc.1083, b.20 fasc.1239, b.23 fasc.1388, b.26 fasc.1743; ASVI, CLNP, b.1, fasc. Informazioni Varie3, b.10 fasc.8; b.15 fasc.2; G. Vescovi, Resistenza nell’Alto Vicentino, cit., pag.143 note; ATVI, CAS, Sentenza n. 44/45 – 57-45 del 20.10.45 contro Dario Martini; Il Nuovo Adige del 16, 20, 23 e 27. 3.46; Il Giornale di Vicenza del 20 e 21.10.45; PL. Dossi, Atlante storico della Guerra di Liberazione nel Vicentino, cap. Uomini e reparti nazi-fascisti, scheda: Squadra Politica del Corpo di Polizia Militare SSS Marina – “Banda Fiore”. 182 ASVI, CLNP, b.11 fasc.31; L. Valente, Dieci giorni di guerra, cit., pag.233-234; R. La Serra, Lo sprecato, cit., pag.276-299; PL. Dossi, Atlante storico della Guerra di Liberazione nel Vicentino, cap. Uomini e reparti nazi-fascisti, scheda: Divisione X^ - Btg. Guastatori Alpini "Valanga" o "Tarigo"). 183 PL. Dossi, Atlante storico della Guerra di Liberazione nel Vicentino, cap. Uomini e reparti nazi-fascisti, schede: Divisione X^ - 2° Gruppo Artiglieria “Da Giussano”; Divisione X^ - 2° Gruppo Artiglieria “San Giorgio”.

Page 48: UNA TRAPPOLA PER I COMANDANTI - Studi Storici ......una trappola per i Comandanti della Divisione partigiana “Monte Ortigara” 2 Istituto Geografico Militare, Mappe d’Italia (1:25.000)

48