UNA RIVISTA SUI TEMPI FORTI DELLO SPIRITO - IL VENTO - … · Sono invece occasioni per punta- ......

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UNA RIVISTA SUI TEMPI FORTI DELLO SPIRITO Sped. in A.P. Art. 2 Comma 20/c Legge 662/96 - Filiale di Torino Estate 2011 Tiratura 6.250 copie - Fondato nel febbraio del 1988” Anno XXIV - N° 2 La Croce FIES dei “Ragazzi in Cielo” (“Garçons en Ciel”) ha 20 anni! La sua straordinaria storia è raccontata alle pagine 8 e 9. Piccola Rivista di Spiritualità Giovanile FEDERAZIONE ITALIANA ESERCIZI SPIRITUALI Esercizi Spirituali Monografia 76 Questa iniziativa editoriale è una collaborazione Nichelino Comunità e FIES nazionale

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UNA RIVISTA SUI TEMPI FORTI DELLO SPIRITO

Sped. in A.P. Art. 2 Comma 20/c Legge 662/96 - Filiale di Torino Estate 2011Tiratura 6.250 copie - “Fondato nel febbraio del 1988” Anno XXIV - N° 2

La Croce FIES dei “Ragazzi in Cielo” (“Garçons en Ciel”) ha 20 anni! La sua straordinaria storia è raccontata alle pagine 8 e 9. �

Piccola Rivistadi Spiritualità Giovanile

FEDERAZIONE ITALIANAESERCIZI SPIRITUALI

EserciziSpirituali

Monografia 76

Questa iniziativa editoriale è una collaborazione

Nichelino Comunità e FIES nazionale

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Allenàti ad inseguire Il nome strano di un’idea buona

Una forte esperienza diDio, vissuta in un climadi raccoglimento, rifles-

sione e preghiera: è questo che siintende, in sostanza, quando siparla di “esercizi spirituali”. Unlavoro interiore, un allenamento,in cui è coinvolto l’intero dellapersona: mente, cuore e volontà. È bene precisarlo subito: gli“esercizi” non sono meeting, con-ferenze di aggiornamento, con-vegni su pastorale o teologia, nési riducono ad essere momentidevoti di pratiche liturgiche.Sono invece occasioni per punta-re dritto alla comunione con Dio,vivendone la presenza trasfor-mante. Si tratta per questo diprendere le distanze dal quoti-diano: non una fuga ma un de-cantamento, non un allontanarsima un cercare di lontano losguardo d’insieme, per ritrovareil senso delle proporzioni, e inqualche misura, con un minimodi distacco dalle lusinghe dellecose, assaporare il calore salutaredella relazione con Dio.Riflettere, amare e scegliere sonoi cardini attorno ai quali ruotaquesto ritiro.L’esperienza viene da lontano. La

Scrittura ne delinea i tratti essen-ziali già nei testi dell’AnticoTestamento. Si pensi alla dinami-ca dell’incontro del profeta Eliacon Dio, che non avviene nelmezzo del turbine o del fuoco,tra eventi straordinari e prodi-giosi, ma al «mormorio di unvento leggero» (1Re 19,12).Oppure ancora all’oracolo delprofeta Osea che descrive in poe-sia i sentimenti di Dio verso lacasa di Israele che è stata infede-le: «Perciò, ecco, la attirerò a me,la condurrò nel deserto e parleròal suo cuore. […] Ti farò mia spo-sa per sempre, ti farò mia sposanella giustizia e nel diritto, nellabenevolenza e nell’amore, ti fi-danzerò con me nella fedeltà e tuconoscerai il Signore» (Os2,16.21).

Il clima di deserto

Il deserto, come luogo e comedimensione dello spirito, è la

costante decisiva dei tempi ‘forti’con Dio: basti pensare agli episo-di che ritraggono Gesù che si riti-ra in luoghi solitari a pregare.Non si tratta necessariamente dimomenti di calma. Il deserto è illuogo in cui c’è sole e non c’è ac-qua; non c’è ombra, né ristoro, né

riparo. È il luogo della terra nonumanizzata, che richiama il caosprimordiale. Luogo delle solitu-dini, perché non ci sono amici, lìnon servono maschere per na-scondersi, mentre sono in aggua-to miraggi da cui guardarsi. Ildeserto pone in scacco le difesedell’uomo, e rappresenta perciòil luogo della prova. Spesso, iltempo del combattimento controil lato oscuro del nostro cuore(Rm 7,18s). E tuttavia, proprionel suo ricondurre tutto all’es-senziale, il deserto può diventareil momento dell’incontro verocon Dio, Signore della vita. Ciòche produce conversione e gioia,donando luce e forza per il cam-mino dell’esistere.

Fatti un santo per amico:tante forme e metodi

Il nome di “esercizi spirituali”ha fatto fortuna a partire dall’e-

sperienza di un hidalgo spagnolo,Ignazio di Loyola (1491-1556),futuro santo e fondatore deiGesuiti, all’epoca passionale gio-vane coraggioso in cerca di glo-ria e avventura. Ferito in un’inu-tile battaglia da una palla di can-none e costretto a riposo forzatoper lunghi mesi, Ignazio ebbe a

sperimentare che il campo diguerra in cui si misurano davve-ro nobiltà e onore è quello delproprio cuore. Inseguire il benesignifica infatti ingaggiare unaspro combattimento con se stes-si: non tanto per comandare lepassioni – che non vanno ‘vinte’ma destinate – quanto per venirea capo delle tante voci che si agi-tano nella coscienza. Discerneretra ‘spirito buono’ e ‘spirito catti-vo’ (come li chiama Ignazio nelgergo del suo tempo) significafare chiarezza tra i propri deside-ri, impulsi, emozioni e talenti po-sti di fronte alle circostanze e agliappelli della vita. In balìa tra lesirene del mondo e la vocazionead essere proprio nel mondo deisanti, occorre esercitarsi con arte:a distinguere, gustare e decidere.Occorre educare i propri affetti, eporsi dunque all’altezza dellapropria dignità di uomini e figlidi Dio.Frutto di una fatica personaleche gli costò lacrime e gioia,Ignazio espose la traccia di que-st’arte in un libretto, cui diedeappunto il nome di “EserciziSpirituali”. Il 31 luglio 1548, conla lettera apostolica PastoralisOfficii, papa Paolo III approvavail testo, additandolo come meto-do sicuro di crescita spirituale edesortandone la pratica.Da allora, gli “esercizi spirituali”sono legati al nome di Ignazioche ne è stato proclamato il pa-trono. Sarebbe eccessivo, tuttavia, ab-bagliati dall’autorità papale a ga-ranzia del libretto, dimenticarealtre esperienze. Gli “eserciziignaziani” – è bene ricordarlo –sono una via e non una mèta,una pratica e non una lettura, unbuon metodo ma accanto ad al-tri. Guardando all’esperienza deisanti, si pensi solo a Teresad’Avila o Giovanni Bosco per fa-re due nomi, occorre distingueretra direzione e sentieri, e cioè –fuor di metafora – tra lo scopo daraggiungere e i modi per farlo.Lo stesso Ignazio, con la sua co-stante preoccupazione perl’«adattamento» degli esercizi,ha espresso in modo chiaro la co-stante di ogni cammino: crescerenello spirito è arte di cesello. Cisono tante strade per arrivare aDio quante sono gli uomini.

Editoriale

il Bene Gli esercizi spirituali,palestra per l’anima

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Anziché dunque passare in ras-segna i dettagli di metodo chepossono e debbono variare du-rante i ritiri (si pensi, per fare unesempio, a quale cambiamentoha rappresentato dopo il Con -cilio Vaticano II l’uso esclusivodella Bibbia per le meditazioni,creando talora disorientamentoper la perdita qualche volta degliscopi del ritiro), vorrei invecemostrare una traccia delle di-mensioni entro cui si sviluppaquesta singolare esperienza.

Il cuore degli esercizi:l’incontro con il Signore

Vincere se stessi è saggio, mapuò diventare una forma di

idolatria quando ad ingaggiarebattaglia è il Narciso che è dentrodi noi. Il frutto agognato degliesercizi non è il compiacimentosottile per essere riusciti a doma-re libertà e volontà. Nella sua fal-sità (è infatti la grazia ad abilita-re il cambiamento) questo piace-re sarebbe una sofisticata formadi superbia. Scopo degli eserciziè invece l’incontro con Dio, che èamore. Alla sua presenza succe-dono molte cose: a partire da uncambiamento, che possiamochiamare conversione, in vista diuna elevazione, che potremmodire rigenerazione. Senza perderci nell’uso di imma-gini (che abbondano nella lette-ratura mistica), per capire è suffi-ciente registrare ciò che accadequando si entra in una relazionedi comunione. L’amore ha questodi caratteristico: che trasformal’amante nell’amato. Ti voglio be-ne: faccio miei i tuoi sogni, le tuesperanze, i tuoi desideri. Ti donome stesso. Respirare all’altezzapura del tuo amore, mi fa risco-prire la sorgente buona da cuiprovengo. Perdermi in Te, è ri-trovarmi. Tu mi cambi, facendodi me un uomo migliore.Quando l’amore è quello di Dio,rivelato in Cristo e partecipatonello Spirito Santo, esso irradiasull’innamorato le sue proprietà:dolce e scomodo, esigente e buo-no, giusto e creativo. Avvolti nelsuo calore si percepisce la realtàcon occhi nuovi. Ci si vede converità. L’intimità si trasforma eanche la fatica non pesa più, per-ché dona gioia.

Purificazione e conversione

Ma andiamo con ordine. Ilconfronto con l’amore – sia

ben chiaro – è duro: purifica, enon è indolore. Donando vigoreall’umiltà, smaschera ogni men-zogna e porta alla luce il peccato-re (come l’eroe) che c’è in ognunodi noi. Giudica. Ma anche rinno-va. Il suo sguardo genera vergo-gna, del passato e del presente, etuttavia rende liberi. Rende ca-paci, infatti, di valutare conobiettività la qualità dei rapporticon cui si è intessuta la vita, ilgiusto senso delle responsabilità,la fedeltà alla propria vocazione,la temperatura della propria ge-nerosità, la dedizione alle metedel bene. Questo esercizio co-stante di discernimento muovegli affetti e saggia i desideri: li di-schiude, ne mostra il cielo, vero odi plastica, di cui sono fecondi(come dice il loro nome: de-side-ra), soprattutto li matura, anco-randoli a Dio. È evidente, a questo livello,quanto sia poco importante ilpunto di partenza (l’argomentodella meditazione o la pagina bi-blica da commentare) e invecedecisivo il ‘gustare interiormen-te’ quella trasformazione chel’incontro con Dio genera. L’esercizio costituisce poi un alle-namento che irrobustisce il cuoreda cui provengono le decisioni.Amare, in effetti, non è tanto vo-ce del verbo ‘sentire’ ma voce delverbo ‘volere’. Non è sinonimodi ‘accettare’ (ciò che saprebbe dirinuncia) ma radice del verbo‘accogliere’, che è il primo passodel cambiamento vero. Per gradi,ma senza demordere. La presen-za di Dio abbraccia, accarezza,ma imprime una rotazione: lagrazia che dona le lacrime, donapure fermezza alle scelte checonvertono la vita.

Protagonisti per una sequela

Èchiaro che l’incontro con Dioè l’incontro con la Trinità: co-

munione col Padre, rivelato inGesù Cristo suo Figlio, vero Dioe vero uomo, il quale morto e ri-sorto, è per noi Signore, amico efratello. Crescere in Dio significadunque conformarsi a Gesù:

prenderne la forma interiore,parteciparne i sentimenti e la vi-ta. È proprio dello Spirito Santo,che procede dal Padre e dalFiglio, operare questa conforma-zione, agendo su di noi con amo-re e come Amore. È lo Spirito,dunque, il vero protagonista de-gli Esercizi Spirituali. La traspa-renza del Suo agire può mimetiz-zarne il nome, ma non gli effettidel Suo passare. Lo Spirito Santotocca il cuore di chi docilmente silascia incontrare. Opera perchél’uomo che gli si affida, affasci-nato e innamorato di Gesù, pos-sa come Gesù e con Gesù viverea pieno titolo da figlio, nel Figlio,di Dio che è Padre. La Scrittura, che mette in contat-to con l’esperienza di viva diquesti appuntamenti con Dio dichi ci ha preceduto nella fede, ela guida degli esercizi spirituali(il predicatore) sono mediazioniutili che tuttavia passano in se-condo piano di fronte allo SpiritoSanto che incontra l’esercitante.Il mezzo efficace è quello chepermette di raggiungere lo sco-

po. Non necessariamente è mi-gliore quello griffato. Il predica-tore più valido può non esserequello più noto. Certamente lo èquello con più fede.L’ultima parola degli esercizi èquella del ritorno: alla vita, allegrane, alla gente. Essere riconse-gnati a se stessi dopo qualchegiorno di fatica e dolcezza, dopoaver battagliato in singolar ten-zone con se stessi e con Dio, do-po aver respirato alle porte del-l’assoluto un appuntamento conl’infinito, lascia un senso qualchevolta di smarrimento. Lo si supe-ra bene coltivando la gratitudine.Per ciò che è stato concesso di vi-vere e decidere, anche poco.Nell’umiltà si viene a riconosce-re, infatti, che Dio non è lontano.Quello che si cercava fuori forseè solo dentro, avrebbe dettoAgostino. Dio è colui che ci pre-cede, e ci accompagna, nel cam-mino di questo mondo, il qualesta pur sempre sul palmo delleSue mani d’amore. Come noi.

don Fabrizio Ferrero

Editoriale

Per approfondire:

PIETRO SCHIAVONE, voce: “Esercizi spirituali” (con un aggiornamentodi Tullo Goffi) in: STEFANO DE FIORES, TULLO GOFFI (a cura di), NuovoDizionario di Spiritualità, 7ed., San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1999[1985], pp. 521-536; IGNAZIO DI LOYOLA, Esercizi spirituali, (a cura diPietro Schiavone), 12ed., San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2001[1988]; JOSÉ IGNACIO TELLECHEA IDÌGORAS, Ignazio di Loyola. L’avventuradi un cristiano, Edizioni ADP, Roma 2003 [1991].

L’esperienza degli eserci-zi spirituali è da decen-ni la colonna portante

della pastorale giovanile dellamia parrocchia. La proposta haacquisito nel corso degli anni lesue specificità: inizia a esserefatta già dai ragazzi più giova-ni, ovviamente in forma com-misurata alla loro età. Vienepoi riproposta anno per anno,diventando via via più matura,in modo da seguire il naturalecorso della crescita. Descrivere in modo esaustivola mia esperienza in questopercorso non è certo un’impre-sa facile… proverò quindi a ini-ziare da quei momenti che piùrimangono impressi, anche adistanza di anni. Iniziando da-gli incontri con il sacerdote, dalmomento che la predicazionedi un turno di esercizi spiritua-li è sicuramente tra gli elemen-ti che di più ne danno il tono.Ciò che ricordo meglio di que-sti incontri è la capacità di spa-ziare dalle tematiche legate aiquotidiani problemi della cre-scita e dell’adolescenza fino al“volare alto” sulle grandi do-mande dell’esistenza umana, leorigini dell’universo, il rappor-to tra fede e ragione. Il tuttosenza dare l’impressione di undistacco netto tra queste duecategorie, ma piuttosto lascian-do intravedere tra di esseun’intersezione, una conti-nuità: le “grandi domande” de-vono far parte della mia vitaquotidiana, e al tempo stesso lavita e la crescita di ognuno dinoi, persona unica e irripetibi-le, sono qualcosa di serio e im-portante come le origini stessedel cosmo.

Anche la migliore delle pre-dicazioni, però, non rag-

giungerebbe il suo scopo senon avesse poi un terreno fer-tile in cui le sia lasciato il tem-po di germogliare e crescere:negli esercizi spirituali questoterreno è ovviamente il desertoe la meditazione. Mi viene

spontaneo abbinare questasensazione di raccoglimento edi riflessione a due luoghi inparticolare.Il primo, senza dubbio, è lacornice di montagne e gli ampispazi che circondano la casa eil piccolo paese. Non è certo uncaso che i ragazzi siano portatia vivere l’esperienza proprio lì!Il Signore parla anche attraver-so le sue opere, attraverso lospettacolo offerto dal grandelibro della natura. Nei momen-ti di deserto successivi agli in-contri, ho sempre approfittatodi questa possibilità, passeg-giando da solo tra i sentieri, iprati e i boschi che circondanoil paese, cercando di liberare lamente, di ascoltare cosa ilSignore avesse da dire in quelparticolare momento, o anchesolo ammirando la grandezzadella Sua opera. Il secondo è lapiccola cappella della casa, conle pareti e il pavimento di le-gno, che nella sua semplicitàriesce a emanare una sensazio-

ne di pace, raccoglimento e ca-lore, quasi complementari allaneve e alla maestosità dei pae-saggi al di fuori di essa. E’ inquesti due spazi che ho vissutoi momenti più intensi dell’e-sperienza, è anche grazie ad es-si che qui che si riesce davveroa cogliere la bellezza del voltodi Dio, la sua onnipotenza nel-le montagne e la sua tenerezzanel tabernacolo della cappella.

L’ultimo aspetto di questiesercizi spirituali su cui

mi voglio soffermare è la lorodimensione comunitaria: purnon trattandosi evidentementedi una normale gita tra amici, ilfatto di essere circondato dapersone che sono lì per viverela stessa esperienza, che nono-stante le debolezze e le diffi-coltà di ognuno hanno scelto diaccettare questa sfida, non hacertamente un’importanza se-condaria. Aiuta a riflettere sulfatto che dagli esercizi spiritua-li non si può portare a casa so-

lo una sensazione, un’emozio-ne, un ricordo: chi partecipa èchiamato piuttosto, una voltatornato, a diventare il “sale”della propria comunità, nell’e-ducazione dei ragazzi o in qua-lunque altro servizio a cui ilSignore vorrà chiamarlo. Dettocosì può sembrare quasi esage-rato, ma come ci ricorda ilVangelo di Matteo, “se il saleperdesse il suo sapore, con cosa losi potrà rendere salato”? Se chi ri-torna a casa da queste espe-rienze non porta con sé la forzadi cambiare il mondo, allorachi dovrebbe averla?Ecco dunque l’importanza divivere questo percorso di fian-co ai fratelli: pensandoci bene,la migliore descrizione cheposso dare della mia esperien-za personale è quella della pic-cola goccia d’acqua, che solounendosi a tutte le altre potràirrigare e far germogliare il se-me gettato nel campo.

Stefano Costantino

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Tre giorni sui monti

Esercizi

Gli Esercizi Spirituali toccanodavvero il cuore! Ecco le testi-monianze di alcuni giovani

che li hanno vissuti intensamente,pensando al proprio progetto di vita…

CARO DIO,mai come in questi giorni pri-

ma d’ora mi sono guardato dentroe ho capito molte cose. La prima epiù importante è che da solo nonarrivo da nessuna parte, senza ilTuo sostegno, la Tua bontà, il Tuograndissimo Amore non riescoproprio ad andare avanti, anzi miprendo solo delle grandissime de-lusioni. Ho capito come sia im-portante stare solo con Te,pregarTi, adorarTi; ho riscopertoil silenzio e il gusto della preghie-ra; basta con le giornate passate acorrere da una parte all’altra, aguardare la tv, ad ascoltare la ra-dio... sembra quasi che abbia pau-ra di stare da solo nel silenzio. Inquesti giorni ho imparato che il si-lenzio è fondamentale per co-struire il progetto della mia vita. Signore, voglio dirTi molte altrecose, ma te le dirò stasera quandotorno a casa.

Enrico

CARO DIO,Ti ringrazio perché mi chiami

per nome, perché mi vuoi bene eperché vuoi qualcosa da me.Ti chiedo perdono per tutte levolte in cui manco il bersaglio,ma sono sicura che grazie al TuoSanto Spirito mi guiderai sullagiusta via verso la meta finale,verso il traguardo, verso la realiz-zazione del mio ideale. Non soancora bene che cosa vuoi da me,ma darò sempre molta importan-za alla preghiera per capirlo euna volta capito, per realizzarlo.Devo capire ancora quali sono lemie capacità e quali i miei limiti,ma so che mi hai donato molto enon posso sciupare neanche unosolo di questi doni. Tu, io e gli al-tri saranno i cardini del mio pro-getto, che per ora prevede solo agrandi linee un lavoro (spero an-che di utilità sociale), un servizioper i più bisognosi e se Tu lo vor-rai, una famiglia. Se il Tuo pro-getto su di me sarà diverso, sperodi capirlo, perché voglio affidar-mi a Te. Ti chiedo il coraggio discegliere decisamente, senzamezze misure e la fedeltà. Sia fat-ta la Tua volontà. Amen

Silvia

CARO DIO,è difficile dover progettare la

propria vita quando si è ancorainesperti del mondo come me.Spero di trovare, con il Tuo aiu-to, la strada giusta per me, chesia quella del matrimonio o quel-la della vita consacrata. Mi affidoa Te, fa di me uno strumento delTuo amore. Mi piacerebbe tantis-simo sposarmi, avere tanti figlida amare ed educare secondo iTuoi insegnamenti. So che Tu miaiuterai e saprai come guidarmiaffinché realizzi il progetto chetu hai su di me. Non ho grandiaspirazioni, non voglio diven -tare famosa e ricca… mi bastastare con Te e vivere della Tuaparola.

Erica

CARO DIO,quante volte abbiamo stabili-

to dei patti… Tu la Tua parolal’hai mantenuta, io la mia nonsempre... e Tu continui ad amar-mi. Come faccio a scrivere il mioprogetto di vita se devo ancoranascere? (Tu lo sai meglio di me!).Lo so, devo lavorare anch’io conla testa. Mi dicono che il mio so-gno deve essere irraggiungibile,io lo faccio così, e se poi lo rag-giungo mi spetta il bonus?Voglio arrivare ad avere quelloche mi basta per vivere con lamia futura famiglia (e sai con chidesidero - desidererei - viverla!!se Tu vuoi!), voglio arrivare la se-ra sapendo di aver fatto del bene,di essere stato un buon cristiano.Voglio crescere un figlio, dei figli,e vederli venir su come non sonomai stato io: un buon figlio. E so-prattutto voglio vivere e voglioinsegnare a vivere col sorriso sul-le labbra sempre, è troppo faciledire “adesso sono triste”. Eh no!Vorrei imparare ad accettare an-che le sofferenze più grandi con ilsorriso e la sicurezza di averTi inme; e quando sarà ora di tornaresu… beh, spero che tu mi vengaad aprire! E’ poco? Forse sì, semanca qualcosa, aggiungila Tu!

Diego

CARO DIO,ho un po’ paura ad immagi-

nare il mio futuro, perché tantipossono essere i casi della vita,ma di una cosa sono certa, che conTe al mio fianco nulla mi potrà fe-rire, nulla mi potrà fermare,Signore.Non so ancora cosa farò nella miavita, ma so che il mio cammino

sarà sempre illuminato dalla Tualuce, e la mia fede mi doneràsempre la forza di andare avantie vincere gli ostacoli.Caro Gesù, vorrei che la mia vitafosse tutta un dono per gli altri, efin da oggi mi metterò d’impe-gno nel cercare di donare le miecapacità, le mie cose ai miei fra-telli, cosa che fino ad ora forseavevo trascurato. Signore, fammipartecipe del Grande Progetto divita che hai per me, e poi io mimetterò con passione a realizzar-lo nella vita. Ti amo, mio Dio.

Daniele

CARO DIO,sono qui che Ti aspetto. Sono

in costante attesa che Tu mi mo-stri il progetto di vita che da sem-pre hai preparato per me. CaroDio, sono sempre qui in attesa cheTu venga da me.Ti ringrazio poi per avermi con-cesso più di quanto ho bisogno,anche se ancora ora mi mancanoalcune delle cose più importanti.Attendo da Te, o Dio, la prossimamossa a quel gioco in cui scom-metto la mia vita.

Marcella

CARO DIO, penso che questi due giorni

siano stati davvero utili per la miavita. Ti ringrazio per avermi datola possibilità di fare una pausa, diriflettere su qualcosa che mi face-va pensare da ormai troppo tem-po. Qual è il mio sogno? Il mioprogetto? Cosa vuoi Tu da me? Èdifficile capirlo. Non puoi certoscrivermi una risposta. Ti chiedo

però di aiutarmi a scegliere nellaTua grazia. Dammi la forza dicombattere il mio egoismo perchéforse il mio sogno non è irrealiz-zabile, ma sono io stessa a co-struire delle barriere. Dedicare lapropria vita a coloro che soffronoe sono sole, come le persone an-ziane: ecco il mio progetto. Il miosogno è poi quello di poter realiz-zare la mia vita con qualcuno chemi ami al mio fianco. Stammi Tuvicino ed aiutami a scegliere lagiusta strada. Ho ancora troppapaura di perdere, nel donare, maso che la gioia più grande è fargioire gli altri. Ti ringrazio diquello che fai per me ogni giorno.Ti voglio bene. Giovanna

CARO DIO, per riuscire a fare concreta-

mente un buon progetto bisognaessere in grado di dedicarsi a Te, ame e agli altri. Un progetto di vitaben delineato non sono ancorariuscito a farlo. Ciò che io devo es-sere in grado di raggiungere è, co-me prima cosa, l’interesse perqueste tre persone.Prendendo in considerazione co-me ci si deve occupare di esse, misono reso conto che in questi an-ni di animazione, ed anche pri-ma, non mi sono comportato inmodo giusto. Ho creduto, ma hosbagliato.Non mi sono mai ritenuto un“forte” cristiano, ma ora mi ren-do conto che ciò che faccio, e ciòche ho fatto, non è sufficiente.Devo chiedere di più a me stesso,per riuscire a diventare un bravoanimatore, con dei forti valori, se-guendo le cinque P (Parola, Pre -ghiera, Pane, Perdono, Prossi -mo). Non è facile e sicuramentenon è un obiettivo che raggiun-gerò in breve tempo, ma questo èciò che mi propongo e che devoottenere, perché sono io che vo-glio essere cristiano. Questo è ilmio progetto. Luca

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Testimonianze

Caro Dio...

Vedo

La scena che abbiamo da-vanti agli occhi si ripete inuna parrocchia alla perife-

ria di Torino da oltre trent’anni.Un gruppo di ragazzi con zainoin spalla, il pomeriggio di un ve-nerdì di fine autunno, sale su unpullman diretto verso la Valle diSusa. La meta si raggiungerà do-po un’ora di viaggio e quarantaminuti di cammino a piedi, inmezzo alla neve, sotto la lucedelle stelle e in compagnia di uncanto con gli animatori. Questogruppo di ragazzi si conosce in-fatti da qualche tempo: hannotrascorso un campo estivo in al-legria e serietà, mettendo le basidi un’amicizia che condivide va-lori. Ad accoglierli a Casalpina ungruppetto di adulti volontari eun Don, a cui i ragazzi hanno

chiesto di superare tre giorni disfida. L’annuncio è sempre lostesso: «Si tratta di una pazientericerca, cioè un lavoro; si trattadi un ascolto delle voci delVangelo e di quelle che vengonosu dall’uomo; insomma, si trattadi una grande fatica». SonoEsercizi Spirituali per adolescen-ti e giovani. Le meditazioni, gui-date dal Don e accompagnatedagli animatori, portano ad im-mergersi nel mare della vita, adallargare gli orizzonti e prenderele ali per guardare tutto dalCielo, che è la vera patria dei ra-gazzi, e patria di Dio.Il clima di silenzio, che ci si aiutaa vivere con l’esempio, sostienein tre modi: favorisce la riflessio-ne su alcuni grandi temi, checoinvolgono ognuno personal-mente; precisa l’ascolto delleproprie emozioni, permettendodi dare loro un nome e di veder-

le per come sono; apre all’adora-zione, che è il vero momento diincontro vivificante con ilSignore.Qui si scopre che il deserto, daipiù rifuggito come solitudinefrustrante, può invece diventareoccasione di raccoglimento perl’incontro con l’Amore che è Dio.La bellezza non si apprezza nel-la confusione e nel rumore. In ef-fetti, la luce è silenzio.

Rifletto

Vediamo questa scena, dice-vamo, da oltre trent’anni.

Da novembre a marzo, turni digiovani sempre diversi, raccol-gono tutti lo stesso richiamo. Ecosì ci viene da pensare che no-nostante siano cambiate neglianni le firme dei loro jeans, i mo-di di acconciarsi i capelli o lesgrammaticature sbrodolate me-

diante cui comunicano ‘tecno’,essi restano nel tempo sempregli stessi: cuccioli di uomo, indi-fesi dal consumismo e dalle lu-singhe del mondo, che sotto unascorza di spavalderia, che spessoè solo incoscienza, chiedono divolare in alto. L’occasione perprovare che la vita non sia l’illu-sione che sembra – e che qualchevolta hanno già amaramentesperimentato – il desiderio dinon arrendersi ad una vita qua-lunque per essere persone qua-lunque che inseguono valoriqualunque, non la vogliono la-sciar sfuggire. La storia del gab-biano Jonathan Livingston è lastoria di ognuno di loro.

Guardo intorno

Buona parte della cultura chepromette di saziare la fame

di questi giovani sognatori, pro-

Si può educare una

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Esperienze

pone loro altro. Ci facciamo un’i-dea leggendo qualche voce dalmenù che ogni giorno blandisce iloro occhi: consumo come iden-tità, piacere senza felicità, averesenza essere, potere senza re-sponsabilità. I piatti sono self ser-vice all’insegna del ‘poco’: pochivalori, poche regole, pochi dove-ri, pochi legami, poche storie,poche idee. Poco bene e pocomale. Anzi: “al di là” del bene edel male. Basta l’Io. Ma megliose si afferma in poco spazio: cosìsi viaggia di più, emozionati daciò che è nuovo e altro, da buoniesteti. Specialità della casa: latorta “Paradiso” liofilizzata. Ladata di scadenza nascosta, pernon struggersi di nostalgia. Acontorno, alcune spremute diqualità, riduzioni forti ma succo-se: buono cioè utile, giusto cioèefficace, vero cioè personale, bel-lo cioè sensazionale. Il prezzodei trascendentali dell’essere èriscritto per favorire velocemen-te la conversione di valuta: la re-ligione in meditazione e la fedein sociale.

Mi domando

Il sottofondo musicale che lu-singa da sempre la vita di quei

ragazzi che salgono per gliEsercizi, suona da tempo lo stes-so motivo: libertà. Possono mu-tare tonalità o lingua, ma la me-lodia suadente ripete lo stesso ri-tornello: libertà contro il plagio,da difendere con ogni violenza.Liberi di scegliere, liberi di deci-dere, liberi di potere, liberi di au-to-realizzarsi, liberi perché arbi-tri, liberi perché liberi. Ma non sarà stregata la musica?Non sarà che quei cibi culturalidi società ebbre quanto avide, te-se a vivere vite altrui dopo aversciupato le proprie, in realtà nonsaziano? Quando le cose hannovalore solo perché sono scelte,nulla è scelto perché ha valore.L’insufficienza di quei cibi asso-luti, ma finti e ridotti, che di-menticano che libertà è funzionedel volere e non dell’intelligen-za, la quale scopre senza inven-tare i valori su cui si esercita, di-venta evidente quando si incro-

ciano gli sguardi abbaglianti deiragazzi che scendono dal pull-man. Al ritorno dagli EserciziSpirituali, loro sono stati felici.La loro libertà si è accesa quandohanno potuto confrontarsi conqualcosa di grande. Quanto è ve-ro che solo la Verità, che èAmore, rende liberi!

Propongo

Per maturare un talento, oc-corre misurarsi con cose me-

ravigliose. Affinare il gusto di unarte richiede il confronto conopere grandi. Diventare uomininon si può realizzare vivendo al-la misura delle ‘cose’. Occorre

ben di più. Gli Esercizi Spiritualiportano al confronto con Dio.Quando si comprende questo, èl’infinito che diventa misura del-l’uomo. E il Bene cercato comenecessario per essere se stessi,rende liberi. E felici.

Fabrizio e Federico Ferrero

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libertà? Esercizi Spirituali,giovani e cultura

Esperienze

Invito a leggereOpere edificanti che sfidano il tempo:- RICHARD BACH, Il gabbiano Jonathan Livingston, 20ed., Rizzoli, Milano 1990 [1970]- ANTOINE DE SAINT-EXUPÉRY, Il Piccolo Principe, Bompiani, Milano 2006 [1943]- CLIVE STAPLES LEWIS, Le lettere di Berlicche, Mondadori, Milano 1979 [1942]Per confrontarsi con messaggi grandi: - MICHEL QUOIST, Riuscire, SEI, Torino 1962; PAOLO GARIGLIO, Link Trainer. Corso di pilotaggio per giovaniintelligenti e coraggiosi, 2ed. con astronautica e navigazione cosmica), Tipografia Giuseppini, Pinerolo1982 [1980]- CARLO MARIA MARTINI, Guidami sulla via della vita, Elledici, Torino 1986- LIVIO FANZAGA, Scrivo a voi giovani perché siete forti, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2007- PINO PELLEGRINO, I Valori, le vitamine dell’educazione, Astegiano Editore, Marene (CN) 2011Per riflettere sulla condizione attuale:- PAOLO GARIGLIO, Gioventù di fine secolo, AVE, Roma 1996- FRANCESCO BOTTURI, “La formazione della coscienza morale: un problema di libertà” in: LUIGI ALICI,FRANCESCO BOTTURI, ROBERTO MANCINI, Per una libertà responsabile, Messaggero, Padova 2000, pp. 73-95.Per uno spunto di riflessione più vasto, attento al mondo degli adulti, in chiave di analisi neutralema tendente al negativo: - ZYGMUNT BAUMAN, L’arte della vita, 2ed., Laterza, Roma-Bari 2009 [2008]- ULRICH BECK, Costruire la propria vita. Quanto costa la realizzazione di sé nella società del rischio, Il Mulino,Bologna 2008 [1997]In eccellente chiave riflessiva, invece, e soprattutto propositiva: - LUIGI ALICI, Cielo di plastica. L’eclisse dell’infinito nell’epoca delle idolatrie, San Paolo, Cinisello Balsamo(MI) 2009Per gustare infine le radici di qualcosa che “sa di grande”:- LUIS LADARIA, Introduzione all’antropologia teologica, 4ed. Piemme, Casale Monferrato (AL) 1997 [1992]

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Il 25 giugno del lontano 1980 moriva, precipitando nel

burrone della cascata di Valle Stretta a pochi metri dal

Rifugio “La Maison des Chamois”, che è una Casa di

Spiritualità per giovani che sorge a quota 2.200 m, l’anima-

tore diciassettenne Gianfranco Ligustri. La comunità dei

giovani di Nichelino (città della periferia Sud di Torino) in

quei tragici giorni vide il cielo oscurarsi e i mitici Campi del-

la Gioventù (che esistevano dal lontanissimo 1956, perché

nati al Lingotto, proliferati a Mirafiori Sud e poi per tutta la

periferia Torinese…) si cancellarono dall’orizzonte come il

gesso dalla lavagna. Io che ne ero l’antesignano, provai

uno sconvolgimento paragonabile a quello degli Apostoli,

quando constatarono che sulla Croce Gesù Cristo era

davvero morto. Lui, che doveva salvare Israele, non c’era

più! Gli Apostoli si erano dimenticati che doveva risorgere…

Anch’io provai quell’esperienza di vuoto assoluto.

Uomo di poca fede, tardavo a scoprire che invece stava na-

scendo una “Stagione di Dio” e che da quel chicco di grano

nascosto sotto terra di nome Gianfranco doveva germoglia-

re una gioventù nuova ricca di Grazia!

Infatti, fu da quella tragedia che iniziò tutta una serie di se-

gni quasi prodigiosi: la nascita e l’espansione di una

Comunità di Giovani forte e numerosa che capiva che Gesù

non era un personaggio del passato, ma il Vivente; anzi la

Vita Eterna. Quindi il Salvatore, l’Amico: l’oggetto d’amore di

quei ragazzi.

Fu da quell’evento che l’esperienza forte degli Esercizi

Spirituali raggiunse un apice imprevedibile.

Lentamente, dopo quella morte incominciarono a fioccare

avvenimenti eccezionali che sembravano scendere dal

cielo…

Non solo: quelle migliaia di ragazzi in “deserto” per ascolta-

re il Signore e che poi sono saliti sul Monte Thabor che sor-

ge in vetta, hanno prodotto famiglie cristiane esemplari e 27

ragazzi e 12 ragazze si

sono consacrati a

Cristo per tutta la vita.

Sono pure scaturiti

esempi estremi: ve ne

cito uno, il primo “suc-

cessore” di Gianfran -

co: Gigi Zappulla. Era

un adolescente che

Gianfranco si portò al

campo e lo scelse su-

bito come collaborato-

re. Un musicista nato,

anche se per esigenze

economiche – la mam-

ma vedova – il Gigi fre-

quenterà la scuola pro-

fessionale ENGIM per-

ché gli premeva di so-

stituirsi a sua madre

nel lavoro.

Il cancro lo ucciderà

due anni dopo e la

“Canzone per un ami-

co” che aveva scritto in

occasione della morte

di Gianfranco sarà

cantata per lui, per la

sua sepoltura il 21 di-

cembre 1982.

Anche di lui non ho potuto fare a meno di scrive-

re la biografia, che uscirà – se il Signore mi per-

metterà di portarla a termine – il prossimo luglio

2012 per l’Editrice Effatà, con il titolo “Number

One”. Questo perché la sua vita e la sua morte

sono state – e restano – esemplari per i giovani di

tutti i tempi.

Su quel Monte, meta di giovani alla ricerca di

Dio e dei tempi forti dove il Signore parla, si

costruirà nel 1981 una prima Croce, proposta da-

gli studenti di una Scuola Professionale.

Trascorsi dieci anni, giusto nell’anno 1991, 5°

centenario della morte di S. Ignazio di Loyola,

verrà edificata una Croce alta, con il massiccio

piedistallo in pietra di circa otto metri, sormontata

da una grande stele in bronzo, la cui epigrafe ri-

chiama le parole dell’Apocalisse: questi ragazzi

“sono coloro che, passati attraverso la grande tribolazione, hanno lavato le loro vesti rendendolecandide con il sangue dell’Agnello” (Apoc. 7,14).

Ora, sul legno di quella Croce ci sono oltre 300 mat-

tonelle in bronzo che corrispondono – per la massima

parte – ai ragazzi la cui vita fu avara di anni e che vis-

sero l’esperienza del Monte Thabor!

L’Opera fu voluta e finanziata dalla FIES –

Piemonte.

Il tocco qualificante fu assolutamente straordinario e

definitivamente storico, perché a benedirla sarà il

Beato Giovanni Paolo II, in occasione di una sua visi-

ta pastorale alla Diocesi di Susa. Era il 14 luglio 1991!

Il Santo Padre – che, grazie all’interessamento del

Cardinale Salvatore De

Giorgi e del Vescovo

Re nato Boccardo, an-

che lui valsusino – rice-

verà diverse volte i

“Giovani della Croce di

Valle Stretta”. A Susa, e

poi due volte nella sala

Clementina in Vatica no,

e ancora in occasione

del Grande Giu bileo.

L’ul tima volta, a soli tre

mesi dalla morte, dopo

l’udienza generale nel-

la sala Paolo VI!

Anche Papa Benedetto

XVI, il 9 febbraio 2008,

incontrò questa nostra

gioventù insieme ai de-

legati della FIES. Il 4

novembre 2009 accol-

se anche i genitori dei

“Ragazzi in Cielo”, i

quali gli donarono una

brochure con i ritratti di

don Joshua e don Joe,

due apostoli della

Croce, anche loro in

Paradiso.

Ma la cosa più pre-

ziosa, che ha

riempito e riempie tuttora di felicità la FIES-

Giovani, è accaduta il terzo sabato del luglio

2002. Era il giorno 19, quando don Renato

Boccardo venne in Valle Stretta per presiedere

l’Eucarestia presso la Grande Croce.

Ai piedi di quella Croce, d’estate si celebra soven-

te la Santa Messa. Tuttavia il terzo sabato di luglio

di ogni anno, ricordando la benedizione della

Croce, avvenuta il 14 luglio 1991 da parte del

Pontefice, convergono lassù centinaia di giovani e

di adulti per una grande Assemblea Eucaristica:

struggente rendez-vous con i loro Amici in Cielo e

con il Signore Gesù che li ha redenti e accolti.

Don Renato, quel sabato se ne arrivò con un

grande scatolone e ci disse che era un dono del

Papa! Va detto che don Renato, per anni al servi-

zio personale di Giovanni Paolo II, fu poi l’orga-

nizzatore delle grandi G.M.G. (Giornate Mondiali della

Gioventù). Ora è l’amato Arcivescovo di Spoleto in Umbria.

Quello scatolone lo aprì sull’altare, poco prima della cele-

brazione. Il Cielo era splendente e una folla giovanile straor-

dinaria si assiepava attorno alla Croce e all’altare.

Rasentavano i mille… ed erano tutti molto curiosi di vedere

il dono del Papa!

Dallo scatolone uscì fuori un’elegante confezione con gli

stemmi pontifici, dentro il quale erano riposti uno stupendo

calice con patena e un grande ciborio forgiati con metallo

prezioso…

“Un regalo personale del Papa! Per noi”, mormoravano i ra-

gazzi.

Si trattava di un dono che la Provincia di Roma aveva offer-

to in occasione del X° anniversario di pontificato e che il

Santo Padre ora inviava proprio ai ragazzi, come espressio-

ne del suo grande cuore. Con la richiesta di usarlo per le S.

Messe giovanili ai piedi di quella Croix des Garçons en Ciel:la Croce dei Ragazzi in Cielo, la Croce Fies che ricorda i cin-

que secoli di S. Ignazio di Loyola.

Più prezioso ancora fu il Messaggio, che Mons. Boccardo

lesse alla folla di giovani: «Ragazzi carissimi, salite sovente

a questa Santa Croce che porta su di sé i nomi dei vostri

compagni già ascesi al Padre. Salite quassù per imparare,

conoscere, amare Dio! Poi rinfrancati, ridiscendete nelle vo-

stre comunità, dai vostri genitori, dai vostri amici, nei vostri

ambienti di studio o di lavoro e narrate e dite a tutti: Dio! Vi

benedico: Giovanni Paolo II, 19 luglio 1991».

Per i lettori, ricordo che il prossimo appuntamento sulMonte sarà per il terzo sabato di luglio: 16-7-2011.

don Paolo Gariglio

La Croce FIES dei “Ragazzi in Cielo” ha 20 anni.

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Sul Monte

Anzi, trenta!

La maggior parte delle per-sone non sa neanche checosa siano gli Esercizi

Spirituali.Percentualmente sono pochi co-loro che vivono questa esperien-za affascinante.Parlo, in questo articolo, diEsercizi Sprint, con prediche chesono frammenti di frase: la vitadel malato e quella di Cristo siincrociano e talvolta si scontra-no. La Casa degli Esercizi è un ospe-dale per malati di cancro. La salariunioni a volte è il bar, moltofrequentato, oppure il letto. Il si-lenzio è sempre disturbato dalviavai di medici ed infermieri.

1. Il dolore e la bontà di Dio

Ivano ed Enzo sono due giova-ni malati di cancro. Li fre-

quento da tanto tempo e siamodiventati amici. Nei nostri incon-tri parliamo di tutto: fatiche epaure, speranze e sogni, progettiper l’oggi e per la vita. Non sonomai mancate le domande sulsenso del dolore e quelle sullabontà di Dio.Il Vangelo è lo sfondo dei nostriincontri. In questi giorni, all’ospedale permalati di cancro dove sono cap-pellano, ho assistito ad un veromiracolo. Stavo chiacchierandocon questi due giovani malati.Mi raccontavano le loro sofferen-ze fisiche, delle lacrime versatedi notte a causa del male diven-tato insopportabile. «La morfinain dosi massicce non ha fatto ef-fetto. Neanche altri farmaci han-no attenuato il mio dolore».

Questo il tono del dialogo. Dopoun quarto d’ora di queste loro le-gittime lamentele, mi sono alzatoe li ho salutati. «Dove vai?». «Incappella, ho bisogno di stare da-vanti al Signore. Il vostro doloremi toglie il fiato». «Possiamo ve-nire con te?».Siamo andati in cappella. Nel si-lenzio, guardiamo per alcuni mi-nuti il crocifisso. Poi parliamodella Croce, del suo non senso,del suo senso per Lui e per noi.La preghiera viene spontanea.Inattesa giunge anche la loro ri-chiesta: ci dai la Comunione?

2. Il calvario di Ivano

Uno dei due malati è Ivano.Ha solo 23 anni, ma ha già

portato una montagna di croci:ha perso il fratello in un inciden-te. Mentre era in isolamento, lanotizia della morte della mam-ma. Mi chiama. Passiamo assie-me la notte. Le prime tre ore, traun pianto dirotto ed un altro,leggo e commento i salmi del do-lore.Fa domande, cerca risposte, noncapisce, offre la sua sofferenzaper i malati, ritorna a fare do-mande.Al dolore fisico si è aggiunta lasofferenza di non avere più rivi-sto viva la mamma.

A mezzanotte si addormenta perpochi minuti.Anch’io dormo sulla poltrona.Mi sveglia: «hai voglia di direuna preghiera per mia mam-ma?».Inizio, lentamente il rosario, conl’obiettivo di farlo addormentare. Inutilmente, perché si sforza distare sveglio. Preghiamo perun’ora: è stato il rosario più lun-go e più intenso della mia vita.Finalmente si addormenta.Il dolore di Ivano è il dolore ditutto il reparto. Mentre dormeentra una infermiera, avvilita perquesta montagna di sofferenza.Le racconto sottovoce come si èaddormentato.Esce rincuorata ed ammirata dal-l’esempio di Ivano.

3. La croce di Enzo

Enzo è più vecchio, ha 39 anni.La malattia ha domato il suo

corpo. Ora si muove in carrozzel-la, il suo corpo è sempre più de-bole. Anche lo spirito comincia acedere: si convince che è megliolasciarsi andare e che la battagliaè perduta. Mi decido ad affronta-re con lui la depressione. Il collo-quio dura un’ora ed avviene nelcorridoio. All’inizio solo silenzio:non ha voglia di confidarsi. Glido uno schiaffo leggero sulla fac-

cia. Reagisce piangendo. Final -mente si sfoga: il dubbio prevalesulle certezze, la paura sul corag-gio, la morte sulla vita. Diventaun torrente in piena. Poi tace.Non trovo niente di meglio chedirgli: «Non hai il diritto di la-sciarti andare». Scopriamo insieme i motivi:«Non puoi farlo perché devi ri-spettare chi ti ama; puoi sostene-re o deprimere gli altri malati;non puoi buttare la vita; nonpuoi rifiutare la croce».Terminato il colloquio, spingo lacarrozzina nei corridoi e visitia-mo l’ospedale. Comincia a sorri-dere. Alla sera mi telefona: ho ricevutouna scossa enorme. Si riprende,ricomincia a lottare.Speranza e timore si alternerannosempre. Oggi però sta lottando.Domani si vedrà.

4. La Messa di Natale

Da undici anni celebro laMessa di Natale e di Pasqua

in reparto, grazie all’iniziativa diuna dottoressa che ha volutoquesta prassi e che si fa metteredi turno proprio in questi duegiorni. Durante la Messa dell’ultimoNatale è presente anche la mam-ma di Ivano. Parlo di Gesù che sifa come noi. E parlo dei Sa -

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Esercizi Sprint

Esperienze

cramenti come di una nuova edattuale Incarnazione che ci per-mette di avere Gesù con noi sem-pre, anche nella malattia. Ivanomi chiede notizie del Sacra -mento dell’Unzione. Come lamaggior parte delle persone, an-che Ivano pensava ad un Sa -cramento per chi sta per morire.La Chiesa, ed in essa i sacerdoti,ha ricevuto da Gesù la missionedi annunciare tutto il Vangelo,sempre ed a tutti.Gli spiego che Gesù stava sem-pre accanto ai malati: «Gesù vuo-le stare accanto a te per incorag-giarti, donarti la sua forza, aiu-tarti a trovare il senso della ma-lattia».

5. Il Sacramento dell’Unzione

Lunedì 27 dicembre sono an-dato a trovare Ivano ed Enzo

per dare loro l’Unzione degliInfermi: credo di avere vissutouna delle esperienze più profon-de e più belle della mia vita di sa-cerdote. Ho spiegato loro cheGesù è vero uomo (quindi cipuò capire) e vero Dio (quindici può salvare).Gesù ci è sempre accanto e si do-na a noi nei Sacramenti. Ho mes-so in evidenza la costante pre-mura di Gesù nei confronti deimalati. Ho parlato di Lui, delleSue parole, dei gesti che faceva.Ho parlato anche della Croce, laSua Croce. E poi delle nostre cro-ci, malattia compresa.Ho parlato a lungo di Gesù, no-nostante il viavai delle addettealla pulizia, di un malato che ve-niva a trovare i miei giovani ami-ci, dei medici e degli infermieri.Finalmente siamo rimasti soli.Ho chiesto ai miei due giovaniamici se volevano ancora ilSacramento degli Infermi.Ricevuto il consenso, abbiamopregato.Su ciascuno di loro ho imposto lemani per invocare il dono delloSpirito Santo. Poi li ho unti conl’olio degli infermi dicendo le pa-role: «Per questa santa Unzionee la sua piissima misericordia tiaiuti il Signore con la graziadello Spirito Santo. E, liberan-doti dai peccati, ti salvi e nellasua bontà ti sollevi».Terminato il rito abbiamo fattofesta perché abbiamo incontratoGesù nel sacramento. Ed abbia-mo mangiato i cioccolatini.

6. I novissimi

In un ospedale così, con malatidi questo tipo, tacere i novissi-

mi è un crimine.La morte è il nostro destino. Tra iletti e sui volti si percepisce lasua presenza invisibile.Morte, giudizio, inferno, paradi-

so insegna il Signore. Io, sacerdo-te di Gesù, non posso ignorarequeste materie fondamentali.Non posso tacere.Il prete non è un becchino dachiamare all’ultimo minutoquando il malato non è più co-sciente. Il malato ha diritto di sapere chela sua ora è giunta. Ha bisognoche Qualcuno lo aiuti e gli siaaccanto nel momento più diffi-cile dell’esistenza.Quando ho celebrato la sepoltu-ra per la mamma di Ivano, guar-dandolo negli occhi ho detto avoce alta: «noi preghiamo perchétu vinca la malattia. In questo ca-so verrò al tuo matrimonio. Masai anche che ci sono serie proba-bilità che tu muoia».Mi fanno arrabbiare quelli chepregano solo per la guarigionedi un malato.E se la guarigione non arriva? Ese all’appuntamento c’è la morte?Con Enzo ed Ivano parlo soventedella vita terrena che è bella. Maparlo anche della morte, del do-po e dell’oltre. Ed affermo che ildopo e l’oltre sono il meglio pernoi.

7. Quel momento

Giulio adesso è in paradiso.Una sera, alla casa di acco-

glienza, verso le dieci mi chiedeun colloquio.Un dialogo senza fronzoli, unadomanda diretta: «come saràquel momento?».Giulio aveva pochi giorni da vi-vere: «non posso parlarne né conmia moglie né con mia mammaperché piangono sempre». Sonostato a lungo in silenzio. Quelladomanda è stata un pugno nellostomaco.Nessuno mi aveva mai fatto unadomanda così.«Mentre sei vivo sulla terra, tuamamma e la tua sposa ti stringe-ranno con le loro mani. Nellostesso attimo, altre mani ti strin-geranno e ti troverai davanti aDio. Sono le mani della Ma -donna e di Gesù. Non ci sarà unsolo istante senza queste maniterrene e celesti».Siamo rimasti a lungo in silenzio.Poi Giulio mi ha detto: «se è co-me dici, la morte non mi fa piùpaura».

8. Esercizi Sprint

Ho scelto di chiamare EserciziSprint queste riflessioni.

Non so se queste esperienze pos-sano essere chiamate EserciziSpirituali. Spero di sì.Frequentare l’ospedale mi ha in-segnato una verità importante: ilsacerdote ed i malati sono vera-mente indispensabili gli uniagli altri.Sappiamo cosa il sacerdote puòdare ai malati: speranza, affettofraterno, parole di incoraggia-mento sono solo gli antipasti. Ilvero dono è Gesù che parla eGesù che agisce: Parola e Sa -cramenti.Gli ammalati stanno arricchendola mia umanità e rendendo fe-condo il mio sacerdozio.Il letto è il loro altare, il vero al-tare dove avviene il mirabilescambio tra Dio e l’uomo, ilCreatore e la creatura. Sovente,molto di più di quanto si creda, ilmalato si offre come vittima chesi unisce volontariamente alCrocifisso.Sono i santi di oggi.

don Carlo Chiomento

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Esperienze

Chi guida esercizi spiri-tuali lo sa, è un “mestie-raccio”. Hai una vaga

idea di chi avrai davanti, pocotempo per capirlo, poco tempoper parlargli, poco tempo percaptare da ciascuno di loro do-ve lo Spirito ti vuole portare.Hai preparato un tuo schema,le singole meditazioni, il filoconduttore che magari segue iltema che ti è stato proposto equindi sei, almeno teoricamen-te, tranquillo. Ma poi non è co-sì, perché ti trovi davanti dellepersone reali, in carne ed ossa.Non sono l’assemblea della do-menica a cui abitualmente pre-dichi o il gruppo famiglie checonosci nel profondo. Ti trovidi fronte persone con delle do-mande inespresse, storie di vi-ta, vocazioni in erba o da sco-prire, sostenere, guarire.

Gli esercizi, certo, sono eser-cizi, ossia mettono in gioco

prima di tutto le risorse di chi li

fa, di chi è venuto per allenareil proprio cuore ed il propriospirito, per mettersi un po’ indiscussione o per riposarsi unpo’ in disparte con Gesù. Mal’allenatore, la guida, la stradadeve averla fatta tante volte, ela deve rifare in su ed in giùcon ciascuno di loro. Puoi an-che riciclare un corso che haigià predicato ad altri, ma nonsarà mai lo stesso. Predicareesercizi, soprattutto a dei gio-vani, è una lotta senza quartie-re: una lotta tra la tentazione difare bella figura dicendo cosebuone e fare spazio allo Sposodicendo quello che Lui ha pen-sato per loro; una lotta controle precomprensioni di chi haidavanti, le loro difese, i dati difatto, le calcificazioni spirituali,cioè quei punti fermi o presun-ti tali che bloccano le articola-zioni spirituali. Quando parlidi Gesù, di Maria, della fededevi stare attento a non essereinscatolato nelle frasi fatte, nei

luoghi comuni, nelle ingessatu-re del già visto e sentito. Nondevi essere originale per forza,non è uno spettacolo quello chemetti in scena, ma devi tirarefuori il nuovo e l’antico in mo-do tale che chi hai davanti rico-nosca Gesù come indispensabi-le, l’amabile, l’Emmanuele. Inmodo vero e vivo, esistenziale.Se coloro che hai davanti van-no a casa con quaderni pieni diappunti che non riaprirannomai, hai predicato al vento, haidato sfoggio di erudizione, ma-gari scopiazzata in giro, manon li hai defibrillati nelprofondo.

Predicare esercizi, in definiti-va, è un affare di cuore.

Devi volergli bene, voler benealle loro fatiche, alle loro fragi-lità, al loro desiderio di capire,di incontrare, di amare Gesù.Devi avere compassione di chihai davanti, cioè partire dalpresupposto che ogni uomo è

una storia di passione: un mi-sto di amore e sofferenza. E tudevi metterti accanto a questapersona con l’amicizia diGiovanni, la dedizione diMaria, la forza del Cireneo, latensione della Maddalena. Esapere che la Risurrezione, for-se, non la vedrai mai. Sì perchéchi predica esercizi non vedeche raramente dei frutti, semi-na e non raccoglie, anzi labontà della sua seminagionesta proprio nel non volere rac-cogliere, perché se il seme èbuono è messo nel profondo,dunque non può spuntare su-bito, perché altrettanto in frettaseccherebbe.

Sì, predicare esercizi è un“mestieraccio”, ma ogni

volta che arriva una telefonataa propormelo mi si allarga ilcuore: che bello Gesù, di nuovoin pista con te!

don Luca Peyron

Esploratori dell’invisibile

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Riflessioni

Sembrerà un titolo strano ealquanto illusorio. Può es-sere, ma se andiamo un po’

a fondo ci accorgiamo che forsenon è proprio così.Come sappiamo, Facebook è ilSocial network più gettonato.Milioni e milioni di persone, so-prattutto giovani, vi scrivono,mettono foto, filmati ecc. e lascia-no la loro impronta molto marca-ta sulle loro idee, sul loro caratte-re, sulle loro aspirazioni ecc.Sembra che, oggi, una richiestadi lavoro venga analizzata piùdall’immagine che risalta dallapresenza dell’interessato su que-sti Social network che dal “curri-culum” presentato.Io che “navigo” un po’ su questosito, dove ho centinaia di amici-zie, e quasi tutte di giovani, siadelle parrocchie attuali che diquelle in cui sono stato in passa-to, noto aspetti che devono spin-gerci a riflettere.

Intanto vi trovo tanta solitudi-ne, anche se molto mascherata.

Tanti amici, sì, ma virtuali, dovesembra che si scarichi il deside-rio di amicizie reali, oggi difficilia trovarsi. Vi trovo anche delpessimismo, e questo dipendecertamente anche dalla crisi eco-nomica e sociale che stiamo at-traversando. Quando però si“chatta” con qualcuno che è inrete in quel momento e magari sifa qualche commento su cose daloro scritte o rappresentate in im-magini, il discorso si fa subito se-rio. Non ho mai trovato strafot-tenza, tentativi di ridicolizzare...Talvolta, sì, risposte che non con-dividono le parole da me scritte,ma sempre presentate con deli-catezza ed anche con qualchedubbio sulle risposte stesse. Ciòsta a dimostrare, almeno mi pa-re, che certe sicurezze ostentate,certe spregiudicatezze di cui ci sisente fieri, in realtà sono quasiun grido di aiuto.

Questi giovani sono immersinella mentalità odierna,

consumista, godereccia e scollac-ciata, però si ha l’impressioneche vi stiano quasi a forza comecostretti dalla società in cui vivo-no, ma in realtà vi appare il desi-

derio di qualcos’altro, più alto,più sicuro, più soddisfacente.Diversi di questi giovani magarinon vanno più in chiesa da tem-po, hanno comportamenti chenon sono proprio in linea colVangelo, però c’è qualcosa che litormenta, che cerca di scuoterlisenza magari ottenere risultaticoncreti.

Un altro aspetto che risalta èl’idea di immortalarsi nello

scrivere o metter foto su questosito: ma questo non rivela forse ildesiderio di immortalità che, nontrovato più nella Fede in Cristomorto e risorto, si riversa in que-sto mondo virtuale?Sembra quasi, pur in modo unpo’ azzardato, che si ripetano leparole dell’Innominato davantial Cardinal Federico: “Dio! Dio!

Dio! Se lo vedessi! Se lo sentissi!”Conosciamo tutti la risposta delCardinale: “E chi più di voi l’ha vi-cino?”. Ecco, forse tanti giovanihanno il Signore vicino, ma nonriescono a scoprirlo e quindi at-tendono una risposta del genere,che chiarisca i loro dubbi, i lorotormenti. Il problema è forse tro-vare il linguaggio adatto per co-municare con loro; un linguaggioche non dipenda tanto dagli stru-menti tecnici, quanto dall’entrarenella psicologia del giovane d’og-gi, dove tutto è veloce, tutto vie-ne bruciato in un batter d’occhio,dove l’oggetto ultimo grido dioggi è già antidiluviano domani.

San Paolo scrive: “Mi sono fattotutto a tutti per salvare ad ogni

costo qualcuno” (1a Cor. 9,22). Si èimmerso nella mentalità e cultu-

ra del tempo, usando i parametridi allora per diffondere ilVangelo. E la Chiesa si è sempreposta accanto alla società deltempo cercando di trasmettere ilmessaggio del Vangelo con i lin-guaggi più adatti, più conosciuti.Non sarà forse il caso di usare ilinguaggi di oggi, mettendo daparte certi sospetti, certi giudizi,considerare certe cose solo comeuna moda ed un perditempo?S.Agostino diceva: “Il nostro cuo-re è inquieto finché non riposa inTe”. Aiutiamo tanti di questi gio-vani ad uscire dai loro tormenti,dalle loro insicurezze, presentan-do l’Unica Certezza, Gesù che èVia, Verità e Vita.

don Antonio Simoni(corrispondente redazionale

dalla Toscana)

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Spiritualità e Facebook

New Media

Alla terza volta, però ce l’hofatta!”. Forse potrebbe essere

questa l’esclamazione felice di S.Corbiniano riferendosi al suo an-tico desiderio di gioventù: fer-marsi accanto alle tombe degliapostoli Pietro e Paolo per vivereuna vita di contemplazione.Allora, fu un Papa a dirottarloverso il cuore dell’Europa, oggi èancora un Papa a “riportarlo” aRoma. Il 20 marzo scorso, infatti,Benedetto XVI, ha consacrato aRoma, in località Infernetto, nonlontano da Ostia, una chiesa par-rocchiale a lui dedicata. Una reli-quia del Santo è stata portata di-rettamente dalla Germania, of-ferta per sempre alla venerazio-ne dei romani che cominciano aconoscerlo ed apprezzarlo.

Un po’ di storia

Roma, anno 2007. E’ l’ottante-simo compleanno di Joseph

Ratzinger, da poco salito al so-glio pontificio e tanti dallaBaviera sono venuti a congratu-larsi con lui e augurargli lungavita. Tra questi, il Card. FriedrichWetter, Arcivescovo della Dio -cesi di München und Freising. Èin questa occasione che l’illustrePrelato comunica al Santo Padreun suo desiderio: tra le numero-se parrocchie presenti a Roma,non potrebbe essercene una de-dicata a St. Korbinian, Patronodella Diocesi di Monaco diBaviera, diocesi di provenienzadello stesso Benedetto XVI? L’idea dell’Arcivescovo, viene

accolta dal Papa e presto si avviala macchina per la messa in attodi questo suo desiderio, ormaicondiviso da tanti.Alla luce dell’oggi, possiamo di-re che è stato veramente ammire-vole lo sforzo di tutti, a Roma, aMonaco, all’Infernetto che hapermesso di realizzare in cosìbreve tempo la nuova chiesa contutte le relative strutture annes-se, a servizio della comunità.

Dedicazione della chiesadi San Corbiniano in Roma

Il Santo Padre, prendendospunto dal Vangelo della Tra -

sfi gu razione, invita i fedeli guar-dare a Gesù: “…Chi vuole conosce-re Dio, deve contemplare il volto diGesù, il suo volto trasfigurato: Gesùè la perfetta rivelazione della santitàe della misericordia del Padre. […]Chi vuole vivere secondo la volontàdi Dio, deve seguire Gesù, ascoltarlo,accoglierne le parole e, con l’aiutodello Spirito Santo, approfondirle. E’questo il primo invito che desiderofarvi, cari amici, con grande affetto:crescete nella conoscenza e nell’amo-re a Cristo, sia come singoli che comecomunità parrocchiale, incontrateLonell’Eucari stia, nell’ascolto della suaparola, nella preghiera, nella carità”.Prima di passare al secondo pun-to relativo alla dedicazione dellanuova chiesa, aggiunge: “…Vor -rei dirvi che c’è un motivo particola-re che accresce la mia gioia di trovar-mi oggi con voi: San Corbiniano, in-fatti, è il fondatore della diocesi diFrisinga, in Baviera, della quale so-no stato Vescovo per quattro anni”.

Il Papa accenna inoltre al suostemma episcopale che contiene“un elemento strettamente associatoalla storia” di san Corbiniano. Giànella sua autobiografia, intitolata“La mia vita”, Joseph Ratzingeraveva spiegato per intero le varieparti del suo stemma episcopale,creato al momento della sua con-sacrazione quale Vescovo diMünchen und Freising. Accantoal moro incoronato, da semprestemma dei Vescovi di Freising ealla conchiglia che gli ricorda ilsuo grande maestro, Agostinod’Ippona, ha voluto aggiungereun altro simbolo. Lì così spiega:“Infine, dalla leggenda di Cor -biniano, fondatore della diocesi diFrisinga, ho preso l’immagine dell’orso. Un orso - così racconta questastoria - aveva sbranato il cavallo delsanto, che stava recandosi a Roma.Corbiniano lo rimproverò aspra-mente per quel misfatto e, come pu-nizione, gli caricò sulle spalle il far-dello che fino allora era stato portatodal cavallo. L’orso dovette trasporta-re quel fardello fino a Roma, e soloqui il santo lo lasciò libero di andar-sene” (La mia vita, Ed. San Paolo1997, p. 121). Poi continua rife-rendo questa storia a se stesso,alla luce di un commento di S.Agostino al Salmo 72: “L’orso cheportava il carico del santo mi ricordauna delle meditazioni sui Salmi diSant’Agostino. Nei versetti 22 e 23del Salmo 72, Agostino vedevaespressi il peso e la speranza dellasua vita. Quel che egli trova espres-so in questi versetti, e che presentanel suo commento, è come un auto-ritratto, tracciato davanti a Dio e,

dunque non solo un pio desiderio,ma spiegazione della vita e luce nelcammino. […] Agostino aveva scel-to la vita dell’uomo di studio e Diolo aveva destinato a fare l’ “animaleda tiro”, il bravo bue che tira il carrodi Dio in questo mondo. […] Però“Come l’animale da tiro è il più vici-no al contadino e compie per lui ilsuo lavoro, così anch’egli, proprio inquesto umile servizio, è vicinissimoa Dio, è tutto nella sua mano…”.E si chiede: “L’orso con il caricoche sostituì il cavallo o, più probabil-mente il mulo di san Corbiniano di-venendo – contro la sua volontà – ilsuo animale da soma, non era e nonè un’immagine di quel che devo es-sere e di quel che sono?” E conclu-de: “Che cosa potrei raccontare dipiù e di più preciso sui miei anni co-me Vescovo? Di Corbiniano si rac-conta che a Roma restituì la libertàall’orso. Se questo se ne sia andatoin Abruzzo o abbia fatto ritorno sul-le Alpi, alla leggenda non interessa.Intanto io ho portato il mio bagaglioa Roma e ormai da diversi anni cam-mino con il mio carico per le stradedella Città Eterna. Quando sarò la-sciato libero, non lo so, ma so che an-che per me vale: “sono divenuto latua bestia da soma, e proprio così iosono vicino a te”. (p. 123)Naturalmente, ora noi sappiamoche non è stato lasciato libero,anzi, il fardello della Chiesa diDio, come su una roccia, è statoposto, dal 2005, sulle spalle pro-prio del Cardinale tedesco chescriveva anni prima questo nellasua autobiografia. Ma in questo giorno, all’Infer -netto, Egli sarà certamente grato

Benedictus PP XVI A.D.

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Dal mondo

Il papa inaugura la nuova chiesa di San Corbiniano in Roma, intitolata alsanto che è stato, come Benedetto XVI, arcivescovo di Monaco-Frisinga.

20 marzo 2011 – Benedetto XVI celebra la S. Messa nella Chiesa di SanCorbiniano in Roma.

a un altro Papa, Gregorio II, peraver inviato nella sua terra di ori-gine, tra il Danubio e le Alpi, ilsanto francese Corbiniano con lamissione di saziare la sete di ve-rità e di fede che c’era nel cuoredella gente. L’omelia continua: “Così vediamocome i santi stanno per l’unità e l’universalità della Chiesa. L’uni ver -salità: san Corbiniano collega laFrancia, la Germania, Roma. L’uni -tà: san Corbiniano ci dice che laChiesa è fondata su Pietro e ci garan-tisce anche la perennità della Chiesacostruita sulla roccia, che mille annifa era la stessa Chiesa come oggi, per-ché il Signore è sempre lo stesso. Luiè sempre la Verità, sempre antica esempre nuova, attualissima, presen-te, e apre la chiave per il futuro”.

L’Arcivescovo di Monacoe Frisinga

L’Arcivescovo Reinhard Marxè stato nominato successore

del Card. Wetter alla fine dell’an-no 2007 ed è arrivato a Monacoalla fine di gennaio 2008. IlDomberg di Freising è stata lasua prima meta e lì ha così pre-gato davanti all’urna di SanCorbiniano: “Chiedo la tua inter-cessione per il mio futuro servizio inquesta Arcidiocesi come tuo 73.mosuccessore”. Lo ha raccontato luistesso nell’invito alla grande fe-sta di Sankt Korbinian, del 22No vembre 2008. La presenziavaper la prima volta e subito ha in-vitato tutti “a dare un futuro allafede” in questa sua diocesi, ini-ziando un intenso cammino discoperta e approfondimento. Igiovani hanno risposto a mi-gliaia al suo invito alla festa delPatrono e, nell’anno successivo,

2009, quando ha organizzato unForum proprio per loro, vi han-no preso parte, numerosi.Novembre 2008, dunque, no-vembre 2009… ma per il 20Novembre 2010, l’ArcivescovoMarx non arriva all’ormai con-sueto appuntamento. Lo si sapresto, la sua assenza è… “am-piamente” giustificata, non è inGermania, ma a Roma. Proprioin quel giorno, infatti, PapaBenedetto XVI, lo crea Cardinaledi Santa Romana Chiesa. È vera-mente allora un’assenza-presen-za che arricchisce la grande festadi St. Korbinian a Freising eriempie di gioia l’intera Diocesi.

Ogni Cardinale, una chiesa

E’un’antica tradizione quelladi dare una chiesa sita in

Roma a ogni Cardinale da qua-lunque parte del mondo egli pro-venga. È un segno, un legame colVescovo di Roma, successore diPietro. I Cardinali sono, infatti, iprimi collaboratori del Papa. Illoro abito rosso evoca il coloredel sangue a significare che de-vono essere pronti a sostenere etestimoniare la fede fino al donodella vita. Joseph Ratzinger,creato Cardinale nel 1977, ha

avuto il titolo di S. Maria dellaConso lazione, una chiesa dovespesso ha celebrato e che ha vo-luto subito visitare dopo la suaelezione a Pontefice. Il Card.Wetter, ha avuto il titolo dellachiesa di Santo Stefano Rotondo,restaurata recentemente e ripor-tata al suo antico splendore.L’attuale Cardi na le di Monaco, ilpiù giovane del CollegioCardinalizio, il Card. ReinhardMarx, ha avuto come Chiesa tito-lare proprio la Parroc chia di S.Corbiniano. Ecco ancora un le-game tra Roma e la Baviera.Il 20 marzo, dunque, alla dedica-zione della Chiesa di S. Cor -biniano, erano presenti i tre ulti-mi successori del Santo e tra que-sti, il Papa. Dal 71.mo al 73.mosuccessore: è stato veramente unpo’ singolare vederli insieme in-torno all’altare. La gioia sui lorovolti era palpabile, così comegioiva il Parroco don AntonioMagnotta, il vice-parroco donSamuele, e tutti i partecipanti.Molti i gruppi presenti: i mini-stranti, felici attorno al Papa; icomponenti del gruppo degli“Orsi di san Corbiniano” che ge-stiscono anche il sito web dellaParrocchia; il coro del “Le piccolevoci di san Corbiniano” e tutti gli

altri bambini, fieri del loro fou-lard giallo con l’immagine del-l’orso... Proprio una grande festaall’Infernetto, domenica 20 mar-zo, trasmessa in diretta da varieemittenti televisive.Il segno di comunione tra Roma eMonaco sarà uno stimolo, un so-stegno per realizzare quanto au-spicato dal Parroco dell’Infer nettosul Bollettino “La voce di SanCorbiniano”, lo scorso Natale:“La nostra comunità ha bisogno diun cuore […], del calore di una fami-glia. Abbiamo bisogno di essere fuo-co continuo di un annuncio eterno;abbiamo bisogno di Colui che si è fat-to Dono per tutti! Abbiamo bisognodi fraternità. […]. Saremo Chiesa sesapremo dire e porre gesti di unità[…] una Chiesa che sappia essere - ecita Benedetto XVI - una ‘compagniaaffidabile di amici’ ”.Solo allora, con l’aiuto di SanCorbiniano, sarà possibile unavera alchimia. L’Infernetto aRoma, diventerà proprio un“piccolo Paradiso”, secondo ildesiderio espresso da uno deibambini del catechismo: “Per mela nuova chiesa dovrebbe essere comeil Paradiso”.

Sr. Franca Fratantonio(corrispondente redazionale

dalla Germania)

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MMXI DICAVIT

Dal mondo

Roma,20 Marzo ’11

San Corbinianoe l’orso

Le torri del duomo Frauenkirche di Monaco di Baviera

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Mons. Giovanni Scanavinonuovo Presidente FIES

La Conferenza Episcopale Italiana ha nominato nuovo Presidente nazionale S. Ecc.za Mons.Giovanni Scanavino, vescovo emerito di Orvieto-Todi. I giovani FIES lo accolgono cordialissima-mente, come i bravi figlioli accolgono il Padre. E avranno modo di manifestarglielo, conoscendolo.Riportiamo di seguito il suo primo messaggio.

A TUTTA LA FAMIGLIA DELLA FIESHo accolto volentieri la nomina a Presidente della FIES da parte del Consiglio Permanente della CEI,con la sincera fiducia di poter meglio esprimere i doni del Signore a vantaggio della nostra Chiesa ita-liana, meglio di quanto non sia riuscito nel governo della Diocesi di Orvieto-Todi.Essere vescovo religioso agostiniano mi aiuta a condividere con tutti voi questo forte impegno di spiri-tualità a sostegno della “ pastorale dei tempi forti dello spirito e della formazione teologico- spirituale ditutto il popolo di Dio” (Cfr. Regolamento FIES 2008).Ringrazio quanti hanno già contribuito con la loro dedizione a servire la Federazione, in particolare ilCard. Salvatore De Giorgi, e mi auguro di poter collaborare fraternamente con tutti i responsabili, i so-ci e i delegati della Federazione per favorire esperienze forti di conversione e di evangelizzazione.Chiedo su tutti la benedizione del Signore e la protezione della Madonna della Consolazione e del BuonConsiglio.

� Giovanni Scanavino O.S.A.Vescovo em. di Orvieto-Todi

IGiovani FIES vogliono esprimere la loroprofonda gratitudine al Card. Salvatore De

Giorgi. Il loro cuore arde di nostalgia per il gran-de Pastore che, per ben due lunghi incarichi (unoraddoppiato come nomina) li ha accompagnati.E’ stato più volte nelle varie Comunità FIESd’Italia, prediligendo i ragazzi e le ragazze aman-ti dei “Tempi forti dello Spirito”.Impossibile archiviare – senza profonda commo-zione – i ricordi di eventi come i convegni diRoma, in occasione delle Assemblee FIES, deigiovani animatori dei Tempi dello Spirito e so-prattutto gli incontri che il Cardinale ha prepara-to loro con il grande Beato Giovanni Paolo II, econ il Papa Benedetto XVI (9 febbraio 2008).Grazie amico e padre Cardinale! �

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Grazie, Card.Salvatore!

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