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Una rarissima immagine della chiesa Una rarissima immagine della chiesa di Medjugorje con la neve e non affollata dai pellegrini. di Medjugorje con la neve e non affollata dai pellegrini. Periodico del gruppo di Preghiera Regina Pacis di Torino Periodico del gruppo di Preghiera Regina Pacis di Torino n°1 Gennaio/Marzo 2013 Medjugorje Torino Medjugorje Torino - - Casella Postale 181 Casella Postale 181 - - 10024 Moncalieri 10024 Moncalieri

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Una rarissima immagine della chiesa Una rarissima immagine della chiesa di Medjugorje con la neve e non affollata dai pellegrini.di Medjugorje con la neve e non affollata dai pellegrini.

Periodico del gruppo di Preghiera Regina Pacis di TorinoPeriodico del gruppo di Preghiera Regina Pacis di Torino

n°1 Gennaio/Marzo 2013

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AMICI LETTORI, questo è il primo numero del nostro giornalino on-line.

Come  vi  avevamo  preannunciato  nell’edizione  cartacea  distribuita  a  giu-­gno  2012  in  occasione  del  trentunesimo  anniversario  dell’inizio  delle  ap-­parizioni, abbiamo dovuto rivolgerci a questa forma di comunicazione a causa  dell’eccessivo  aumento  delle  spese  di  spedizione  postale.

In  compenso  l’edizione  on-line, che nelle nostre intenzioni avrà cadenza trimestrale, ha meno vincoli di spazio e si affianca al nostro sito (www.medjugorje.it) che abbiamo completamente rifatto e ampliato. In questo modo speriamo di potervi offrire un servizio ancora più com-pleto che in passato.

E’   tuttavia  nostra   intenzione,  se   la  vostra  generosità  ce   lo  consentirà,  e  con uno sforzo economico che si preannuncia veramente immane, conti-nuare  a   fare  uscire  un  paio  di  numeri  all’anno   in   edizione  cartacea,  a  beneficio di quanti non possiedono un computer.

Alla Vergine Maria affidiamo umilmente in nostro lavoro con il quale, malgrado tutti i nostri limiti, cerchiamo di diffondere il suo messaggio di amore.

E  poiché   siamo   all’inizio   di   un   nuovo   anno,   l’augurio   che   facciamo   a  voi, amici lettori, ma anche a noi, è che in questo tempo che ci si apre da-vanti, ciascuno di noi si lasci avvolgere dalla luce di Dio, portatrice di se-renità e pace.

La Redazione

Medjugorje Torino

VIVE ESCLUSIVAMENTE DI LIBERE OFFERTE per chi desidera contribuire

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LETTERE AI LETTORILETTERE AI LETTORI Cari  amici,  abbiamo  pensato  con  l’inizio  dell’  ”Anno  della  Fede”  di  raggiungervi  con  queste  piccole  lettere  che  ci proponiamo di far uscire con una certa periodicità.

Nella  prima,  caratterizzata  dal  titolo  “IL TEMA” intendiamo riportare in luce, suddivisi per tema, i messaggi che la Regina della Pace ci ha dato nel corso degli anni. In questo numero del giornalino, abbiamo costruito la lettera su quelli che parlano di fede, estraendo le frasi che toccano tale argomento. Ci limitiamo a poche frasi alla volta per consentire a ciascuno di noi di meditarle e interiorizzarle meglio di quanto sarebbe possibile se ne presentassimo un gran numero contemporaneamente. Ogni messaggio è diretto al nostro cuore e il raggrupparli così ci pare possa aiutarci a viverli meglio.

Nella   seconda,   caratterizzata   dal   titolo  “IL CIELO CI INTERPELLA”  abbiamo   voluto   richiamare   la   vostra  attenzione sul fatto che i messaggi che la Vergine Maria ci invia da Medjugorje, non contengono soltanto delle affermazioni ma ci interpellano anche con domande che esigono una risposta nel nostro cuore. Sono domande poste per aiutare a liberarci poco alla volta da quel fariseo che si annida in una parte di ciascuno di noi e che ci fa sentire a posto perché ci pare di osservare la legge. Ma a noi la Madre di Dio chiede qualche cosa di più: chie-de il nostro cuore. Anche per questo vale quanto detto sopra: speriamo cioè che esse possano essere di stimolo per ciascuno di noi ad una revisione di vita.

IL TEMA: la fede Cari  figli,  vi  invito  ad  amare,  perché  solo  attraverso  l’amore   conoscerete  l’amore  di  Dio.  Molti  di  voi  pensano  che  hanno fede in Dio e che conoscono le sue leggi. Si sforzano di vivere secondo esse, ma non fanno ciò che è più importante, non lo amano (messaggio del 2/10/2006). Perciò cari figli non cessate di pregare per il dono della fede. Solo attraverso la fede la Parola di Dio sarà luce in questa tenebra che vi vuole avvolgere (messaggio del 2/10/2007). Senza  la  fede  non  c’è  la  vicinanza  di  Dio,  non  c’è  la  parola di Dio che è la luce della salvezza e la luce del buon senso (messaggio del 2/12/2007).

Vi esorto a vivere ancora di più la vostra vita di fede perché siete ancora deboli e non siete umili (messaggio del 25/9/2010).

Dal Vangelo: “In  verità   io vi dico: se avrete fede pari a un granello di senape, direte a questo monte: ‘Spostati   da  qui  a  là’, ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile”   (Mt 17,20)

IL CIELO CI INTERPELLA. Quali risposte vogliamo dare? Cari figli, io come Madre vengo a voi e vi mostro quanto vi ama Dio, Vostro Padre. Voi, figli miei, dove siete? Cosa è al primo posto nel vostro cuore? Cosa vi ostacola nel mettere mio Figlio al primo posto? Permettete, figli miei, che la benedizione di Dio scenda su di voi. Che la pace di Dio vi penetri. La pace che dà mio Figlio, solo Lui (messaggio del 2/09/2005). Cari figli, mentre guardo nei vostri cuori, il mio cuore si riempie di dolore e fremito. Figli miei, fermatevi per un attimo e guardate nei vostri cuori. Mio Figlio, vostro Dio, è veramente al primo posto? Sono veramente le sue leggi la misura della vostra vita? Vi  avverto  di  nuovo.  Senza  fede  non  c’è  la  vicinanza  di  Dio,  non  c’è  la  parola  di Dio che è la luce della salvezza e la luce del buon senso (messaggio del 2/12/2007). Mirjana che ha ricevuto il messaggio ha riferito che la Madonna era molto triste. Per tutto il tempo ha avuto le lacrime negli occhi. La veggente ha aggiunto: io con dolore ho pregato la Madonna di non lasciarci, di non togliere le mani da noi. Alla mia richiesta Lei ha fatto un sorriso doloroso e se ne è andata. Questa volta non ha detto “Vi ringrazio”. Ha benedetto tutti noi e tutti gli oggetti sacri.

011/64.60.57 E’  il  numero  per  ascoltare  il  messaggio  del  25  del  mese.  Telefonare  dalle  ore  12.00  del  giorno  26.

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ANCHE OGGI POSSIAMO ESSERE FELICIANCHE OGGI POSSIAMO ESSERE FELICI

La  sera  dell’11  ottobre  1962  Piazza  S.  Pietro  era  un fiume di luci ed il Papa Giovanni XXIII, sor-preso   da   quell’inatteso   spettacolo,   si   affacciava  alla finestra del Palazzo Pontificio e improvvisava quell’indimenticabile   “discorso   della   luna”.              Era iniziato il Concilio Vaticano II, a cui erano legate le attese e le speranze di tanti fedeli. Quest’anno   l’11   ottobre,   il   S.   Padre   Benedet- to XVI ha voluto celebrare solennemente i 50 an-ni   da   quella   data   memorabile,   con   l’indizione            dell’   “Anno   della   Fede”,   che   si   concluderà   il            24  novembre  2013,  solennità  di  Cristo  Re.

Proprio   l’11   ottobre   scorso,   la   sera,   ancora   una  grande fiaccolata percorreva via della Concilia-zione e giungeva in Piazza S. Pietro. Come 50 anni prima, il Papa ha voluto ripetere il gesto del suo predecessore e si è affacciato alla finestra del suo  studio  per  rievocare  quell’evento  e,  improvvi-­sando un breve discorso, ha ricordato commosso: “Anch’io   sono   stato  in questa piazza 50 anni fa quando Gio-vanni XXIII ha par-lato con indimentica-bili parole del cuore, parole piene di poe-sia, di bontà, parole di cuore. Quella sera eravamo felici e pie-ni di entusiasmo: il grande Concilio Ecumenico si era inaugurato ed erava-mo sicuri che dove-va venire una nuova primavera nella Chiesa, una nuova Pentecoste, una nuo-va presenza liberatrice del Vangelo. Anche oggi siamo felici, portiamo la gioia nel no-stro cuore, ma direi una gioia più sobria, una gioia umile: in questi 50 anni abbiamo imparato e speri-mentato che il peccato originale esiste e si traduce in peccati personali, che possono divenire struttu-re  di  peccato,  visto  che  nel  campo  del  Signore  c’è  anche la zizzania, che nella rete di Pietro ci sono anche pesci cattivi, che la fragilità umana è pre-sente anche nella Chiesa, che la nave della Chiesa sta navigando con vento contrario, con minacce contrarie.   E   qualche   volta   abbiamo   pensato   “Il  

Signore  dorme  e  ci  ha  dimenticato”.  Tuttavia  ab-­biamo anche fatto esperienza della presenza del Signore, della bontà della sua presenza: il fuoco di Cristo non è divoratore né distruttivo, è un fuo-co silenzioso, una piccola fiamma di bontà: il Si-gnore non ci dimentica, il suo modo è umile; il Si-gnore è presente, dà calore ai cuori, crea carismi di bontà e carità che illuminano il mondo e sono per noi garanzia della bontà di Dio. Si, Cristo vive con  noi  e  possiamo  essere  felici  anche  oggi”.

Se  oggi  la  Chiesa  propone  un  nuovo  “Anno  della  Fede”  e  una  “Nuova  Evangelizzazione”,  non  è  per  onorare  una  ricorrenza,  ma  perché  ce  n’è  bisogno,  ancor più che 50 anni fa. La Chiesa non propone cose nuove, ma sempre e solo Cristo unico Salva-tore, ieri, oggi e sempre.

Sì, il Signore non ci dimentica, il Signore è pre-sente e vivo con noi; facciamo esperienza della

sua  Presenza  piena  d’Amore  e  possiamo  an-­che oggi essere felici, perché ha mandato nel mondo  la  sua  umile  “ancella”:  Maria,  Regina  della Pace, a richiamare il mondo alla fede attraverso il cammino di conversione che è sempre nuovo, impegnativo, ma gratificante. Riascoltiamo i suoi richiami, i suoi insegna-menti, le sue parole di consolazione.

“Cari  figli!  Vi  invito  a  convertirvi  totalmente  a Dio. Io intercedo per voi presso Dio, per-ché vi dia il dono della conversione del cuo-re. Pregate! Se non pregate, come potete dire che vi convertite? Desidero che ciascuno di voi si decida a cambiare la propria vita. La conversione è il messaggio più importante che vi ho dato qui a Medjugorje. Pregate, perché satana persiste nel voler mandare a monte i miei progetti. Pregate col cuore e

nella preghiera offrite voi stessi a Gesù. Aprite il vostro cuore allo Spirito Santo e abbandonate la vostra vita a Gesù, perché vi fortifichi nella fede. Vi esorto a invitare tutti alla preghiera del Rosa-rio. Con il Rosario vincerete tutti gli ostacoli che in questo momento satana vuole procurare alla Chiesa Cattolica. Vi invito alla preghiera e al di-giuno. Satana sta in agguato contro ognuno di voi; soprattutto desidera disturbarvi nelle cose quotidiane. Perciò fate sì che la vostra giornata sia solo preghiera e abbandono totale a Dio. Vi invito tutti, senza distinzioni, al cammino di santità nella vostra vita.

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Figlioli, vorrei avvicinarvi di più al Cuore di Ge-sù, affinché tutti i vostri cuori siano suoi. E inoltre vi invito a consacrarvi al mio Cuore Immacolato: che vi consacriate personalmente, come famiglia e come parrocchie, in modo tale che tutto appartenga a Dio attraverso le mie ma-ni. Non chiedo nulla per me stessa, ma chiedo tutto per la salvezza delle vostre anime. Vi chia-mo alla pace. Vivete la pace nel vostro cuore e nel vostro ambiente, perché tutti possano conoscere la Pace, che non viene da voi, ma da Dio. Io sono con voi ogni giorno e vi benedico con la mia materna benedi-zione. Ringraziate Dio per il dono che io posso essere con voi, perché vi dico: questa è una grande grazia! Dio mi ha permesso di rimanere così a lungo con voi, perciò vi invito a vivere con amo-re i messaggi che vi dò e a trasmetterli in tutto il mondo, così che un fiume di amore scorra tra la gente piena di odio e senza fede. Cari figli, oggi vi invito in modo particolare ad aprirvi a Dio Creatore e a diventare attivi. Vi invito a vedere chi ha bisogno del vostro aiuto spirituale e materiale. Con il vostro esempio sa-rete  le  mani  tese  di  Dio,  che  l’umanità  cerca.  So-­lo così capirete che siete chiamati a testimoniare e a diventare gioiosi portatori della Parola e dell’Amore  di  Dio.                                                                                   Vi invito alla preghiera e non abbiate paura, perché chi prega non ha paura del male e non ha l’odio   nel   cuore.   Pregate   per   le   mie   intenzioni,  affinché si fermi il piano di satana su questa ter-ra che è ogni giorno più lontana da Dio. Satana mette se stesso al posto di Dio e distrugge tutto ciò che è bello e buono nella vostra anima. Ama-tevi con la preghiera e il digiuno. Per un mondo senza  Dio  non  c’è  né  futuro,  né  salvezza  eterna.  Io vi chiamo, perché ho bisogno di voi. Cerco anime che siano in sintonia con me e condivida-no  l’ansia  per  quei  miei   figli  che  non  hanno  co-­nosciuto   l’Amore   di   Dio.   Vi   renderò   forti,   col  mio amore vi proteggerò dallo spirito del male,

con la mia presenza vi consolerò nei momenti difficili. Cerco apostoli dal cuore puro, pieni di grazia e di misericordia, responsabili e perseve-ranti. Cari figli, se accoglierete il Re della Pace, que-sto secolo sarà un secolo di prosperità e di pace. Pregate  per  l’unità  della  Chiesa,  dei  miei  Sacer-­doti; pregate per i vostri Pastori affinché, uniti nel mio Figlio Gesù, possano sempre annunciare con gioia la Parola di Dio. Io prego particolar-

mente per i Pastori: mio Figlio li ha scelti perché vi guidino sulla via della salvezza. An-cora una volta vi invito alla preghiera per i vostri  Pastori.  Con  loro  trionferò!”.

La Regina della Pace mirabile “messaggera”  del  Signore,  ci  conduce  a  sal-­vezza perché ci ama e rende presente il Si-gnore   in  mezzo  a  noi,    “dà  calore  ai  cuori,  crea carismi di bontà e carità, che illumina-no il mondo e sono per noi garanzia della bontà  di  Dio”.  Cristo  è  vivo,  è  con  noi  an-­che per mezzo di Maria SS.ma e noi sentia-mo che, anche oggi possiamo essere felici.

E’ DECEDUTO FRA PETAR VLASIC’ PARROCO DI MEDJUGORJE

L’8  novembre,  di  mattino  presto,  dopo  L’8  novembre,  di  mattino  presto,  dopo  grave malattia e fortificato dai Santi grave malattia e fortificato dai Santi Sacramenti, è morto a Medjugorje, fra Sacramenti, è morto a Medjugorje, fra Petar  Vlasic’,  attuale  parroco  di  Medju-­Petar  Vlasic’,  attuale  parroco  di  Medju-­gorje. gorje.

Fra Petar è deceduto a 75 anni di vita, Fra Petar è deceduto a 75 anni di vita, a 51 anni di vita religiosa ed a 47 anni a 51 anni di vita religiosa ed a 47 anni di sacerdozio.di sacerdozio.

Aveva ricoperto gli uffici di vicario par-Aveva ricoperto gli uffici di vicario par-rocchiale, di parroco, di guardiano e di rocchiale, di parroco, di guardiano e di definitore.definitore.

Risiedeva a Medjugorje dal 1999 e vi Risiedeva a Medjugorje dal 1999 e vi ha  svolto  l’ufficio  di  parroco  dall’agosto  ha  svolto  l’ufficio  di  parroco  dall’agosto  del 2007 fino alla sua morte. del 2007 fino alla sua morte. Fra Petar è stato sepolto nella tomba Fra Petar è stato sepolto nella tomba dei frati del cimitero Kovacica.dei frati del cimitero Kovacica.

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ESPERIENZA DI UN ACCOMPAGNATORE ESPERIENZA DI UN ACCOMPAGNATORE ESPERIENZA DI UN ACCOMPAGNATORE

Se 25 anni fa qual-cuno mi avesse det-to che avrei accom-pagnato dei pellegri-naggi, non importa dove, mi sarei mes-so a ridere conside-randola una battuta. Anzi, a dire il vero, non era nei miei programmi neppure partecipare a qual-che pellegrinaggio.

Io avevo una fede molto razionale, più forse una filosofia di vita che una fede vera e propria. Un giorno, era il primo luglio 1984, mia moglie ha letto  su  “La  Stampa”  di  Torino  un  articolo  di  Vit-­torio Messori che parlava delle apparizioni di Medjugorje e subito ha provato il desiderio di an-dare, perché, come lei stessa potrà testimoniare in altra sede, ha visto in quel fatto una risposta del Cielo ad un suo problema. Io non dubitavo che la Madonna fosse apparsa a Lourdes (non avevo molta familiarità con altre apparizioni) ma ritenevo le apparizioni un fatto del passa-to, per cui la cosa non mi ha turbato più di tanto. Ho dovu-to però faticare non poco a convincere mia moglie, che invece era determinata ad andare, a cercare di in-formarsi se qualcuno organizzava dei viaggi, piuttosto che andare in macchina soltanto con sua sorella. In capo a due giorni, dopo aver telefonato a mez-za Italia, lei ha scoperto che il 20 luglio, cioè po-co più che due settimane dopo, sarebbe partito un pullman da Milano e subito si è iscritta occupan-do con sua sorella gli ultimi due posti. Io ero fuo-ri discussione, sia per le motivazioni dette sopra, sia perché lavoravo. Con il passare dei giorni però il mio distacco psi-cologico nei confronti delle apparizioni ha comin-ciato a vacillare. Mi andavo dicendo che la sola ipotesi che davvero la Madre di Dio potesse sco-modarsi per scendere sulla terra, poteva giustifi-care il fatto che io mi scomodassi per andare a vedere cosa succedeva in quel luogo. Si trattava però di una riflessione solo teorica, perché in ogni

caso   sul   pullman   non   c’erano   più   posti.                        Tre giorni prima della partenza, mia moglie, che aveva seguito il mio travaglio di quelle settimane, mi ha telefonato in ufficio per dirmi che da Mila-no   l’avevano   avvertita   che   si   erano   ritirate   due  suore e quindi ci sarebbe stato posto. Io ho controllato i programmi di lavoro ed ho vi-sto che nei giorni successivi non erano previsti impegni di rilievo, nessuna riunione di Direzione Generale, nessun rapporto di servizio, nessun viaggio, nessuna visita di clienti, per cui ho av-vertito che la settimana successiva sarei stato in ferie. Siamo arrivati a Medjugorje, come succede anche adesso,   all’ora   di   pranzo   del   giorno   successivo  alla partenza, e nel primo pomeriggio siamo an-dati in chiesa dove un frate della parrocchia ad-detto ai pellegrini, parlando a braccio in mezzo ai banchi ad una trentina di persone, quanti eravamo noi,  ci  ha  illustrato  un  po’  i  fatti.                                 Entrando in chiesa, avevo notato una ragazza, inginocchiata in un banco e così assorta in pre-ghiera da colpirmi veramente, perché io ero abi-tuato a vedere la distrazione che caratterizza tante

persone nelle nostre chiese. Nel pomeriggio ci hanno fatto in-contrare Jakov, che allora aveva 13 anni, e vedendo quel bambino così spaurito che la gente continuava a fotografare, mi sono detto che non

era possibile che un bambino così si inventasse tutto. Mettendo insieme questo e le parole che avevo sentito dal frate in chiesa, la sera del primo giorno io non avevo più dubbi sul fatto che Medjugorje fosse una cosa vera. Sono  tornato  a  casa  molto  contento  dell’esperien-­za, senza però pensare di ritornare, almeno a bre-ve. Mia moglie invece è ritornata in occasione della   festività   dell’8   dicembre   per   ringraziare   e  perché pensava che le apparizioni, durando ormai già da 3 anni, stessero per finire. In quel pellegrinaggio ha incontrato un commer-cialista di Villastellone, vicino a Torino, il dottor Vitale Bertorello, il quale tornato a casa ha pensa-to di riunire un certo numero di persone per dar vita ad un comitato che si proponesse di diffonde-re il messaggio di Medjugorje e organizzare pel-legrinaggi da Torino senza dover correre fino a Milano.

Io avevo una fede molto razionale, più forse

una filosofia di vita che una fede vera e propria

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ESPERIENZA DI UN ACCOMPAGNATORE

Ricordo che quando una sera lui e sua moglie Giovanna sono venuti a casa nostra per invitarci ad entrare in questo comitato noi abbiamo decli-nato  l’invito  perché  non  ritenevamo  di  aver  tem-­po per una cosa del genere. Ma il dott. Bertorello è stato molto tenace e dopo un certo numero di giorni abbiamo finito per ac-cettare, pensando, specialmente io, che tanto non ci   saremmo   presi   alcun   impegno.   Invece   l’anno  successivo si è presentata la necessità di accom-pagnare un pellegrinaggio e mia moglie ha inizia-to così la sua avventura di accompagnatrice. Ancora una volta io ero fuori discussione, sia per-ché lavoravo, sia perché mai mi sarei sognato di accompagnare pellegrinaggi, non ritenendo di possedere le caratteristiche necessarie. Invece il Cielo aveva altri programmi. Una  volta  in  cui  mia  moglie  aveva  già  l’impegno  con  un  gruppo,  è  nata  l’esigenza  di  accompagnar-­ne un altro e così non essendoci neppure altri ac-compagnatori disponibili, io mi sono trovato co-stretto a salire sul pullman in veste di guida. Devo dire   che   l’esperienza   è   stata  meno   terrificante   di  quanto  potessi  temere  e  così  anch’io  ho  iniziato  la  mia avventura d i accompagnatore . Inizialmente i miei viaggi erano pochi, per gli impegni di lavoro, poi si sono fatti più frequenti. Adesso  dopo  circa  25  anni  posso  dire  che  l’anda-­re a Medjugorje mi ha insegnato tre cose:

la dimensione della preghiera nel senso che io, così razionale come ero, ho capito che senza la preghiera non si va da nessuna parte.

la grande pazienza di Dio, che rispetta i tem-pi e il passo di ciascuno.

la dimensione orizzontale della religione, che non è solo un rapporto verticale tra noi e Dio, ma ha anche una dimensione comunitaria che ci mette in comunicazione con tutti coloro che condividono la ricerca del senso della vita o che hanno bisogno di un aiuto, non ne-cessariamente solo materiale. Anzi, ho sco-perto quante persone hanno bisogno di essere ascoltate, hanno bisogno di qualcuno che si faccia carico delle loro sofferenze, dei loro timori, delle loro speranze.

Certo la tipologia dei pellegrini è molto cambiata nel  corso  degli  anni.  All’inizio  prevaleva  l’aspet-­to della fede, oggi, con tutte le trasmissioni televi-sive che, specialmente in questi ultimi tempi par-lano di Medjugorje, è molto forte la componente di curiosità. Però il cielo sa servirsi anche di que-ste vie per raggiungere i suoi obiettivi, che sono quelli di far capire agli uomini della nostra epoca quale strada devono percorrere se vogliono rag-giungere la serenità e la pace. Francesco

SALITA AL PODBRDOSALITA AL PODBRDO

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…IN  CAMMINO  CON  MARIA…

La  rubrica  “In  cammino  con  Maria”,  è  affidata  a  Don  Maurizio  Gagliardini,  sacerdote   della   Diocesi   di   Novara,   fondatore   e   presidente   dell’Associazione  “Difendere  la  vita  con  Maria”.  Lo  ringraziamo  per  aver  accettato  il  nostro  in-­vito,  arricchendo  così  la  nostra  rivista.  L’intenzione  della  rubrica  è  di  offrire,  di volta in volta, degli spunti di meditazione che siano come dei piccoli passi alla scuola della Regina della Pace. Passi che vorrebbero aiutare a progredire un poco nella via del Vangelo che Maria viene a ricordarci; passi non solitari, ma di comunione con la Chiesa; passi che, senza anticipare i suoi giudizi, si mettano docilmente nella sua scia. Segnali e indicazioni dunque, che invitano a ripercorrere  il  sentiero  indicato  da  Maria  in  tutti  questi  anni,  nell’auspicio  di  

sostenere il cammino spirituale di chi legge, per seguire, sotto la guida della Chiesa, in modo docile e concreto, Colui che è la Via.

MEDJUGORJE SPIGHE DI SPERANZE NELL’ANNO  DELLA  FEDE

Cari amici, sono davvero molto lieto di ripren-dere il filo dei pensieri e dei nostri colloqui con Medjugorje -Torino. So che il periodico non arriverà più in casa di ciascuno di noi, almeno con la frequenza alla quale eravamo abituati, e nella bella e indimenticabile veste cartacea che era di un tempo, con i colori forti e armoniosi e lo   stile   gioioso   e   familiare:   “un   mondo   che   è  appena  di  ieri…”.

Viviamo infatti, un mondo in grande trasforma-zione…   e,   certo,   Maria   è   al   passo   dei   tempi  perché da sempre ci precede,  “Segno  di  con-­solazione  e  sicura  speranza”.  Così,  infatti,  disse  il Concilio Ecumenico Vaticano II nella costitu-zione sulla Chiesa Lumen gentium al capitolo ottavo, interamente dedicato alla Beata Vergine Maria. E come non vedere che un giornalino on-line ha in sé anche dal punto di vista tecnico un alcunché di affine al mondo dei pensieri e dello spirito! Perciò, auguri e buon cammino al nuovo Medjugorje -Torino!

Proprio il ricordo del Concilio Ecumenico, ap-pena  citato,   ci  porta  a   riflettere   sull’anno  della  fede. Sì, perché il Santo Padre Benedetto XVI, ha indetto questo anno speciale, nel cinquante-simo della conclusione del grande Concilio Ecumenico Vaticano II, aperto dal Beato Gio-vanni XXIII e concluso dal servo di Dio, Paolo VI, proprio come un momento di grande verifi-ca sullo stato della nostra fede.

Come un piccolo granello di senape

Medjugorje, trentun anni fa, nel pieno del feno-meno della secolarizzazione di massa, si è aper-to  con  un  forte  richiamo  alla  fede:  “Sono venu-ta a dirvi che Dio esiste”.  Maria  confida  que-­ste parole solenni e descrittive del mondo di oggi e della storia di questo nostro tempo a sei ragazzi  di  cui  uno  aveva,  all’inizio  delle  appari-­zioni, solo nove anni. Non  c’è  da  meravigliarsi  perché  a  Fatima  si  ri-­volgerà, addirittura, a bambini di sette, otto, nove anni. Perché Maria sceglie interlocutori così piccoli?Forse perché Gesù stesso un giorno paragonò la fede al più piccolo dei semi, proprio quello di senape. Che, però, una volta cresciuto diventa un albero magnifico, così che gli uccelli del cielo vi possono riporre il loro nido. Chi può negare che Medjugorje, nel 1981, era davvero un piccolissimo granello di senape e, ora, un maestoso albero così carico di frutti? Una preghiera che cambia la storia

Se il richiamo, a Medjugorje, è quello della fe-de, il cammino da compiere non può che essere quello evangelico della preghiera. E, qui, dun-que incomincia il grande cantiere della conver-sione cosicché a Medjugorje si prega da sempre e in ogni momento.

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Voglio, però, dire che la preghiera di Medju-gorje non è monotona ripetizione di parole, ma evento vitale che si compone di raccoglimento, di silenzio, di ascolto, di parole, di gesti soprat-tutto quelli della liturgia e della carità. Il primo gruppo di preghiera a Medjugorje è senza dubbio quello formato da Maria e dai suoi sei   prediletti,   che   Lei   stessa   chiama   “angeli miei”.   Ma,   passati   pochi   mesi   dall’inizio   delle  apparizioni, Maria chiede ai sei veggenti di ra-dunare i loro amici in un gruppo di preghiera che Lei stessa guiderà per un anno intero. Al termine di questa esperienza molti dei compo-nenti di tale gruppo si orienteranno a scelte di vita definitive, nella vita consacrata, nel sacerdozio e nella famiglia. Durante questo tempo la Ma-donna darà, tramite la veggente Marija Pavlovic, un messag-gio settimanale al gruppo così formato e   all’intera   parroc-­chia di Medjugorje ogni giovedì. Terminato questo anno Maria inizierà i messaggi ogni venti-cinque del mese sempre alla veggente Marija e contemporaneamente si verificherà, piano piano, il germogliare e la grande fioritura in tutto il mondo dei gruppi d i p reghie ra . Il frutto del piccolo seme del primo gruppo di preghiera (Maria e i sei) ha prodotto, a sua volta, i nuovi preziosi piccoli semi che sono cresciuti e hanno fruttificato in tutto il mondo. Dal seme il seme. Un seme divino è infatti la preghiera! Che porta nei cuori lo Spirito Santo: ecco perché la pre-ghiera  è  la  forza  che  può  trasformare  dall’inter-­no i cuori, la storia e persino mutare in bene gli eventi e i fenomeni della natura quando essa si riversa  contro  l’uomo.       Maria  riassume  tutto  ciò  con  l’espressione,  ripe-­tuta  infinite  volte:  “pregate con il cuore!”. Una folla che ascolta, prega, adora, celebra, ama

Tutti coloro che conoscono la realtà di Medju-gorje sono consapevoli che in questi ultimi tem-

pi  i  pellegrini,  lungo  tutto  l’anno,  sono  diventati  una folla esponenzialmente in crescita. Non co-nosco con precisione le statistiche, ma io stesso ho visto negli ultimi miei pellegrinaggi assem-blee oranti di più di diecimila persone alla Santa Messa   e   all’Adorazione   serale,   una   folla   che  ascolta, prega, adora, celebra, ama. Ascolta: assemblee (spesso in piedi, anche sotto il sole o la pioggia, di migliaia di persone in ascolto dei sacerdoti, dei veggenti, dei religiosi o dei laici testimoni) che fanno pensare con commozione alle assemblee bibliche della Gali-lea ai tempi di Gesù. Prega: la  preghiera  del  cuore,  che  è  sì  certamen-­

te anche delle labbra, ma affettuosa, fiducio-sa, viva, composta: basti pensare alla me-raviglia dei rosari di Medjugorje! Adora:  “Adorate  mio  Figlio   con   il   cuore”, invita Maria. Celebra: il Sacramen-to della riconciliazio-ne e la Santa Messa, fonte e culmine di tutta la vita (resta per tutti

indimenticabile il clima mistico, vivo, gioioso,

raccolto attorno alla parrocchia e al Santuario nelle ore serali della Celebrazione. In quel luo-go e in quel clima tutti ci si attarda, nessuno vorrebbe allontanarsi, tanto è intenso il vigore della preghiera e la serena condivisione della gioia  di  aver  partecipato  all’Eucaristia).   Ama: di un amore fraterno, di un amore umile dove la solidarietà verso le sofferenze, i disagi o le diffuse povertà ed emarginazioni si fanno pa-ne spezzato nella  carità.   Un pane che nutre lo spirito, sostiene la promo-zione della persona e fermenta e ravviva nel profondo  dell’intera  società. Vostro don Maurizio

I MESSAGGI E I RELATIVI COMMENTI

SONO RIPORTATI NEL NOSTRO SITO : www.medjugorje.it

ASSOCIAZIONE MEDJUGORJE TORINO

I veggenti ai tempi delle prime apparizioni

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QUALI TIPOLOGIE DI PELLEGRINAGGI ?QUALI TIPOLOGIE DI PELLEGRINAGGI ? I nostri lettori troveranno nel nostro sito, e così pure nel nostro giornalino on-line,  l’indicazione  dei  nostri  pellegrinaggi a Medjugorje. Benché da parte nostra si stia considerando anche la possibilità di prevedere uno o due pellegrinaggi aerei, per chi avesse gravi problemi di salute o disponesse di pochissimo tem-po, la quasi totalità dei nostri pellegrinaggi è per via terra. Si tratta di una scelta che abbiamo fatto perché la nostra esperienza ci ha insegnato che soltanto il pel-legrinaggio via terra consente quella preparazione culturale e spirituale che è essenziale per poter vive-re in profondità il pellegrinaggio stesso. Nel Dizionario di Teologia biblica il pellegrinaggio viene   definito   infatti   come   “un   viaggio   di   credenti  verso un luogo consacrato da una manifestazione divina per offrire la propria preghiera in un contesto particolarmente favorevole. Il pellegrinaggio perciò è una ricerca di Dio e un incontro con Lui in una cornice   culturale”.   Già   nell’Antico   Testamento   tro-­viamo riferimenti a pellegrinaggi al tem-pio di Gerusalemme nei quali, in occasione delle grandi festività dell’anno,   confluiva-­no pellegrini da ogni parte della Palestina. Si trattava di pellegri-naggi fatti a piedi, nei quali il cammino era accompagnato da pre-ghiere   come   i   “salmi  delle   salite”   (Salmi  120-134). E nel Vangelo leggiamo di Gesù che sale a Gerusa-lemme  con   i  genitori,  all’età  di  dodici  anni,  per  ob-­bedire alla legge e, nel corso di tutta la sua missione, vi   “sale”   ancora   in   occasione   di   diverse   festività.                                                                                          Certo, con la Risurrezione di Gesù, il culto dei cri-stiani si concentra ormai sulla sua persona glorificata più che su qualche luogo della terra, e la nostra vita stessa, come scrive S. Paolo (2 Cor. 5,6 ss; Ebr. 13,14) si presenta come il vero pellegrinaggio esca-tologico che ha come meta delle realtà spirituali. Questo però, fino a che siamo su questa terra, non toglie valore ai pellegrinaggi verso luoghi caratteriz-zati da manifestazioni del divino, pellegrinaggi che, oltre a ricordarci che siamo tutti in cammino verso il Signore,  sono  anche  un’occasione,  per  noi  fedeli,  di  comunione nella fede e nella preghiera. E’  alla   luce  di  queste   considerazioni   che  noi  abbia-­mo scelto di privilegiare il pellegrinaggio via terra, perché in un giorno e mezzo di viaggio (nella sua formula   standard)   c’è   la   possibilità   di   lasciarsi   alle  spalle il senso di fretta che ci assilla nella nostra quotidianità ed immergersi gradualmente in un clima

più  rilassato,  come  preparazione  all’esperienza  spiri-­tuale che ci attende a Medjugorje. Inoltre si riesce a vivere quella dimensione comunitaria che è compo-nente irrinunciabile del cammino di fede. L’autostrada  costruita   in  questi  ultimi  anni   lungo   la  costa dalmata, consentendo di evitare la strada litora-nea, e le numerose soste lungo il tragitto, rendono il viaggio sufficientemente confortevole. I nostri pellegrinaggi via terra si presentano con di-verse tipologie, per cercare di assecondare le varie esigenze dei pellegrini. Abbiamo i pellegrinaggi che prevedono la sosta per la cena e il pernottamento lungo la strada, partono da Torino alle 7 del mattino o, in alcuni casi, alle 8 per favorire chi abita lontano e arrivano a Medjugorje per  l’ora  di  pranzo  del  giorno  dopo. Abbiamo i pellegrinaggi che partendo presto al mat-tino arrivano a Medjugorje nella tarda serata e quelli che partono nel pomeriggio, viaggiano di notte e arrivano  l’indomani  mattina.

Tutti, sia pure in misura diversa, consentono di “disintossicarsi”   prima   di  arrivare a Medjugorje attra-verso   l’ascolto   di   informa-­zioni, spazi di preghiera comuni, momenti di socia-lizzazione, colloqui con il sacerdote che cerchiamo di avere sul pullman ogni vol-ta che è possibile, in modo che arrivati a Medjugorje la mente sia libera di immer-gersi in quella realtà spiri-

tuale senza essere ancora tutta piena, come abbiamo detto sopra, di quei pensieri che ci assillano nella vita di tutti i giorni. Tutto questo non è possibile se nell’arco  di  due  ore  ci  troviamo  catapultati  dalla  no-­stra quotidianità a quella realtà così diversa, al punto che, specialmente se siamo alla prima o seconda no-stra esperienza, rischiamo di perdere il primo giorno a Medjugorje prima di ambientarci. Naturalmente però tutto dipende dalla nostra disposi-zione   interiore,   dall’apertura   del   nostro   cuore   alla  grazia che in quel luogo ci viene dispensata. Senza questo atteggiamento, non servirebbe neppure una settimana di viaggio a prepararci.

Le date e le varie tipologie dei nostri pellegrinaggi sono riportate nel nostro sito www.medjugorje.it

settore pellegrinaggi

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NOSTRA SIGNORA DI GUADALUPE NOSTRA SIGNORA DI GUADALUPE ( un continente conquistato dall’amore e una lezione per tutti noi )( un continente conquistato dall’amore e una lezione per tutti noi )

Quando nel 1519 i conquistatori spagnoli, guidati da Cortès, sbarcarono in Messico, si trovarono davanti a un popolo, quello degli Aztechi, caratte-rizzato da una civiltà molto progredita e profon-damente religioso nel senso che la religione im-pregnava tutto il suo tessuto sociale. Non è questa la sede nella quale si possano analizzare i vari aspetti della civiltà Azteca. Ci limitiamo a dire che per quanto riguarda il campo religioso gli Az-techi credevano che il mondo attuale fosse il quinto, che ve-niva dopo altri quattro distrutti da terribili cataclismi per colpa dei loro abitanti. Per gli Az-techi il mondo attuale era il “Quinto  Sole”  ed  esisteva  gra-­zie al fatto che gli dei si erano immolati per creare il Sole e la Luna e dare quindi agli uomini la vita; per questo era conside-rato doveroso nutrire il dio So-le con il sangue perché conti-nuasse a vivere. Essi credeva-no   nell’esistenza   di   un   Dio  unico, entità soprannaturale che si manifesta sotto varie forme e viene indicata con di-versi sinonimi, ciascuno dei quali esprime una delle sue qualità. La religione degli Aztechi, nel-la   quale   l’esperienza   interiore  e la contemplazione avevano un ruolo molto importante, potrebbe essere defi-nita  come  quella  dei  “fiori  e  canti”.  In  essa  le  ma-­nifestazioni più elevate di preghiera erano la dan-za e, come abbiamo detto sopra, i sacrifici umani offerti al dio Sole. Questi sacrifici non erano con-siderati un delitto ma un privilegio per arrivare alla felicità. Nel campo morale poi gli Aztechi avevano  quella  che  era  definita  la  “Regola  di  vita  degli   antenati”,   paragonabile   ai   Comandamenti  cristiani, ed essa permeava profondamente tutta la loro vita. L’impatto  degli  spagnoli  su  questo  contesto  cultu-­rale fu terrificante. Ai conquistatori spagnoli non interessava studiare la cultura e le tradizioni di questo popolo: agli spagnoli interessavano le ric-chezze che gli Aztechi avevano accumulato, inte-ressava il loro oro. Così, attraverso una guerra

devastante e la repressione sanguinosa di ogni tentativo degli indios di opporsi alla profanazione dei   loro   luoghi  sacri  e  all’abbattimento  delle  sta-­tue dei loro dei, quello che era stato un grande impero venne distrutto, la capitale venne rasa al suolo.   Insieme  poi   alla   distruzione  dell’impero  e  della capitale vennero sterminate la classe diri-gente e quella sacerdotale e, con una rozzezza che purtroppo si ripete spesso nella storia, venne di-

strutta una cultura della quale la religione   era   l’anima.   Alla   fine  furono anche imposti con la forza a questo popolo sconfitto i simbo-li cristiani. Era il 1521, ed erano trascorsi soltanto due anni dal giorno  dell’arrivo  degli  spagnoli. Bisogna dire che i missionari cat-tolici, arrivati pochi anni dopo al seguito dei conquistatori, cercaro-no di mitigare la furia devastatrice dei loro connazionali, di proteg-gere come potevano gli indigeni, ma per quanto riguarda il campo strettamente religioso, pur nella loro buona fede si comportarono anch’essi   secondo   la   cultura   e   la  mentalità   europea   dell’epoca:  mentalità secondo la quale biso-gnava eliminare ogni traccia della religione degli indigeni, conside-rata solo un insieme di supersti-zioni, per poter impiantare il cri-stianesimo  importato  dall’Europa.  

In questo contesto gli aztechi furono anche co-stretti, in qualche occasione, ad assistere al rogo dei loro libri sacri. E’  naturale  che,   in  una  situazione  del  genere,  gli  indigeni fossero molto restii ad abbracciare la re-ligione portata dai conquistatori, per cui tutti gli sforzi dei missionari ottenevano risultati molto scarsi. Ma il Cielo non rimase indifferente di fronte al gri-do di dolore che si levava da questo popolo, com-posto   anch’esso   da   suoi   figli,   che,   anche   se   non  conosceva ancora pienamente il vero Dio, aveva una sua profonda religiosità alla quale cercava di uniformare la sua vita.

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All’alba  del  9  Dicem-­bre 1531, dieci anni dopo la distruzione dell’impero   e   della  civiltà Azteca, la Ma-dre di Dio apparve a un contadino indigeno di 57 anni, convertito al cristianesimo, di nome Juan Diego. Gli apparve sulla collina di Tepeyac, vicino alla capitale Mexico,

sotto forma di una bellissima signora, avvolta da un abito raggiante di luce e si rivolse a lui con un messaggio e in un contesto che si dimostre-ranno determinanti per la conversione di tutto il popolo.

Abbiamo parlato di messaggio e di contesto.

Nel  messaggio   si   presentò   come   la   “Perfetta  sempre Vergine Santa Maria, Madre del vero Dio, il Padrone del cielo e della terra. Madre misericordiosa di tutti gli uomini che su que-sta terra sono uno solo e di tutti gli altri po-poli che mi amano, che mi invocano, poiché io ascolterò i loro lamenti e porrò rimedio alle loro miserie, alle loro indigenze e alle lo-ro  pene”.

Per un popolo sconfitto, umiliato, la cui cultura e la stessa religione che di quella era parte inte-grante erano state distrutte, questo messaggio, che metteva indigeni e spagnoli sullo stesso pia-no, cioè tutti figli dello stesso Dio, conteneva già in sé un germe di riscatto e di risurrezione. Vedremo più avanti, quando parleremo del con-testo   che  ha   accompagnato   l’apparizione,   come  questo germe si svilupperà. Intanto però la Vergine Maria chiese a Juan Die-go di andare dal Vescovo e dirgli che Lei desi-derava che in quel luogo si costruisse un tempio in suo onore. Juan Diego corse dal Vescovo che lo ricevette solo dopo lunga attesa, ma non venne creduto. Mentre alla sera tornava a casa tutto mortificato, la Vergine gli apparve di nuovo nello stesso luo-go: lui allora le chiese di esonerarlo da tale com-pito incaricando una persona più importante di lui perché il Vescovo non gli prestava ascolto. Ma la Madonna gli ordinò invece di ritornare dal Vescovo e rinnovargli la richiesta. Così  l’indomani  Juan  Diego  ritornò  dal  Vescovo  

e questi, dopo averlo interrogato a lungo, gli chiese un segno, segno che la Vergine Maria apparendogli di nuovo sulla via del ritorno gli promise  di  dargli  l’indomani  mattina.  L’indoma-­ni mattina però Juan Diego non ebbe la possibi-lità di tornare perché dovette assistere lo zio pa-terno che stava morendo e desiderava un sacer-dote che lo confessasse. Ed ecco che di nuovo, mentre Juan stava corren-do a cercare un sacerdote, la Vergine Maria gli apparve ancora, sempre a piedi della collina di Tepeyac, gli preannunciò la guarigione dello zio e lo invitò a salire sulla sommità della collina stessa per cogliere e portarle i fiori che vi avreb-be trovato. Juan Diego ubbidì e trovò tutta la sommità del colle coperta da splendide rose di Castiglia, pro-fumatissime. Era il 12 Dicembre e né la stagio-ne, né il luogo, una pietraia desolata che noi og-gi fa pensare a quella di Medjugorje, rendevano normale una cosa del genere. Juan Diego, al colmo dello stupore, raccolse al-cune di quelle rose e le portò alla Vergine Ma-ria, che dopo averle prese in mano gliele rimise nel mantello dicendogli di portarle al Vescovo come il segno da lui richiesto. Ancora una volta Juan Diego dovette aspettare a lungo prima di ottenere che i servitori gli con-sentissero di presentarsi al Vescovo. Giunto alla presenza di questi, aprì il mantello ed ecco che sul  mantello  comparve   l’immagine  della  Vergi-­ne Maria, Madre di Dio, così come Juan Diego l’aveva  vista  sulla  collina. Narrano le cronache che a quella vista il Vesco-vo e tutti i presenti caddero in ginocchio e il Ve-scovo chiese perdono alla Vergine per non aver prestato subito fede al suo messaggio. Il  mantello  con  l’immagine  fu  subito  posto  in  un  primo tempo nella cappella dello stesso Vesco-vo e successivamente nella cattedrale, in attesa di essere trasferito nel tempio che sarebbe stato costruito ai piedi della collina di Tepeyac, come aveva richiesto la Vergine. Il giorno successivo Juan Diego dopo aver ac-compagnato   il   Vescovo   sul   luogo   dell’appari-­zione, andò a trovare lo zio, trovandolo guarito, come gli era stato preannunciato. Non solo, ma lo zio gli disse che la Vergine Ma-ria era apparsa anche a lui e guarendolo, gli ave-va  chiesto  di  essere  venerata  come  la  “Perfetta Vergine Santa Maria di Guadalupe”.

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Il  ruolo  dello  zio,  in  tutta  la  vicenda,  fu  anch’es-­so determinante, perché nella cultura Azteca lo zio paterno era la massima autorità della fami-glia, più importante dello stesso padre e come nella malattia mortale dello zio si poteva confi-gurare   l’agonia   di   tutta   la   nazione  Azteca,   così  gli indigeni videro nella guarigione miracolosa di questi il simbolo del riscatto del loro popolo. Ecco dunque che ancora una volta, con questo appellativo, la Regina del cielo e della terra, co-me già aveva detto a Juan Diego in occasione del loro primo incontro, si presentò come la Ma-dre di tutti gli uomini, perché Guadalupe era un santuario mariano molto venerato, situato in Spagna,  e  più  precisamente  nella  regione  dell’E-­stremadura, da dove provenivano Cortès e una buona parte dei conquistatori. Ne seguì che anche gli spagnoli si riconobbero in questa apparizione e in questo messaggio co-me rivolto anche a loro e non ebbero difficoltà ad affiancarsi nel culto. Ma è proprio per quanto riguarda gli indigeni che questa apparizione rivestì un significato straordinario. Abbiamo parlato sopra del messaggio ma abbia-mo anche accennato al contesto nel quale il mes-saggio è inserito. Intanto   l’apparizione   avvenne   sulla   collina   di  Tepeyac, dove inizialmente sorgeva un santuario che   gli   indigeni   avevano   dedicato   alla   “Madre  venerabile”  degli  Aztechi,  santuario  distrutto  poi  dagli spagnoli. Ma è il modo con il quale la Madre di Dio si presentò   a   Juan  Diego   che  merita   tutta   l’atten-­zione. Nella cultura Azteca la comunicazio-ne non si realizzava attraverso con-cetti astratti, come avviene nella no-stra civiltà occidentale, ma a mezzo di racconti, di simboli e di immagini. La Madre di Dio si presentò con il volto   meticcio.   All’epoca   delle   ap-­parizioni questo volto non era affatto comune: c’erano  gli  spagnoli  e  gli  indigeni:  meticci  erano  solo i bambini nati da relazioni tra spagnoli e donne indigene, disprezzati da tutti. Quindi il primo messaggio che deriva da questo aspetto è che anche i meticci sono figli di Dio, alla pari degli altri. Riservandogli un grande rispetto, si rivolse a Juan Diego nella sua lingua e gli si presentò in piedi, mentre nella cultura Azteca, ma anche

maya e spagnola i personaggi importanti riceve-vano seduti le persone di rango sociale inferiore. Si presentò avvolta da ogni parte dai raggi del sole, con la luna sotto i piedi e con il mantello adornato di stelle. Il sole e la luna erano le divi-nità degli Aztechi e la posizione delle stelle che adornavano il mantello era quella che assumono in  cielo  nel  solstizio  d’inverno. Per un popolo che adorava il sole tutti questi ele-menti avevano un significato grandissimo. Inoltre   i  colori  del  mantello  erano   l’azzurro  e   il  verde, i colori della divinità del cielo e della ter-ra. Nella cultura azteca, solo al re e alla divinità era concesso di portare questi due colori insie-me. La sua pettinatura e il suo abbigliamento (le due fasce nere cadenti dalla cintura) erano quelli che le donne Azteche adottavano come segno di una maternità incipiente. Sulla tunica portava i fiori della collina di Tepeyac, dove prima, come ab-biamo   detto,   c’era   un   tempio   dedicato   alla   dea  madre degli Aztechi. In particolare, sotto la cin-tura, portava un fiore, il gelsomino messicano che nella religione Azteca significava la presen-za di Dio. Il particolare poi che questo fiore, con tutto il suo significato simbolico, fosse posto sul ventre di Maria, unitamente al fatto che nello stesso tempo Ella portasse al collo la croce cristiana, fu subito interpretato come un particolare pieno di significato per un popolo come quello Azteco, abituato a comunicare attraverso simboli. Gli indigeni non ebbero quindi difficoltà a decifrare questi segni e videro in questa figura femminile la Madre del Nuovo Sole, Cristo Gesù, ed insie-me anche la Regina del Cosmo, perché portava

nel suo abbigliamento i colori dei 4 punti cardinali: il rosso della   tunica   per   l’Oriente,   il  nero della fascia per il setten-trione, il bianco dei polsini per l’Occidente   e   l’azzurro   del  mantello per il Meridione.

Nello   stesso   tempo,   l’atteggiamento  di   preghie-­ra, il volto leggermente piegato sulla destra, le mani giunte, significavano che Ella si rivolgeva con riverenza ad un Essere Superiore. Contemplando quindi questa figura, gli indios si convinsero che questa Signora splendente di lu-ce, presentatasi come la Madre del vero Dio, non era venuta per disprezzare la loro religione, ma per completarla e migliorarla, depurandola dagli aspetti deteriori, come i sacrifici umani

Ma è il modo con il quale la Madre di Dio

si presentò a Juan Diego che merita

tutta  l’attenzione.

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e riconoscendone invece gli aspetti positivi. Ne conseguì che essi cominciarono a convertirsi in massa. In fondo nei principi cristiani essi poteva-no riconoscere molti concetti che, in germe, erano già contenuti nella religione antica. Quello  che  tutto  l’impegno  dei  missionari  non  era  riuscito   ad   ottenere,   si   verificò   grazie   all’amore  rispettoso della Vergine Maria: è una lezione per tutti noi che facciamo tanta fatica a riconoscere quello  che  c’è  di  buono  in  chi  ha  opinioni  diverse  dalle nostre. Grazie a questo intervento così delicato della Ma-dre di Dio, cominciò a farsi strada la coscienza che Dio non vuole distruggere i valori culturali dei diversi popoli ma li vuole completare e arric-chire: gli Aztechi capirono che potevano essere cristiani senza dover rinunciare alla loro cultura e anche gli spagnoli iniziarono a prenderne atto. A  proposito  dell’immagine  e  del  mantello  si  pos-­sono poi fare ancora alcune considerazioni molto interessanti.

Juan Diego portava, come tutti gli indigeni pove-ri, un mantello di fibre di agave (i ricchi vestivano di cotone): le fibre di agave formano un tessuto a trama molto larga, dove non è assolutamente pos-sibile disegnare qualche cosa e questo valeva co-me  risposta  a  chi  insinuava  che  l’immagine  fosse  stata  dipinta  da  qualcuno.  D’altra  parte  gli  esami  scientifici effettuati a più riprese e da esperti di-versi hanno evidenziato che i colori che compaio-no   nell’immagine   non   derivano   da   coloranti   mi-­nerali, o vegetali o animali. Inoltre le fibre di aga-ve sono soggette ad un deterioramento piuttosto rapido e di conseguenza il tessuto può conservarsi al massimo per una ventina di anni e non 500, tanto quanto è durato fino ad oggi e continua a conservarsi intatto, benché, almeno nei primi tem-pi, non fossero state adottate particolari misure protettive…  Questi   fatti   insieme  a  molti   altri   che  non è possibile elencare in questa sede conferi-scono   all’immagine   qualche   cosa   di   prodigioso.                                                                              A questo si aggiunge un altro fatto straordinario. Nel  1921,  mentre  alla  guida  del  Messico  c’era  un  governo massone fortemente anticlericale, una bomba na-scosta in un mazzo di fiori esplose   davanti   all’immagine  senza danneggiarne neppure il vetro,   che   all’epoca   non   era  certamente antiproiettile, pur provocando invece danni gra-vi alla chiesa.

C’è   infine   un   elemento   veramente   straordinario  emerso nel corso degli esami effettuati nei tempi moderni  e  gradualmente  approfonditi  fino  all’epo-­ca più recente grazie alle elaborazioni del compu-ter e alla tecnica digitale. Negli occhi della Ma-donna,   così   come   compare   nell’immagine,   attra-­verso un esame approfondito, sono chiaramente visibili delle figure umane, individuate in un se-condo tempo come quelle del Vescovo, di Juan Diego ed altri, come se nel momento in cui Juan Diego  aprì  il  mantello  davanti  al  Vescovo  nell’oc-­chio della Vergine fosse rimasto impresso ciò che Ella  vedeva  in  quell’istante,  cioè  come  se  la  scena  fosse stata fotografata. Tutti gli esami scientifici eseguiti a più riprese hanno confermato la cosa.

Abbiamo detto più sopra che le apparizioni della Madonna   di  Guadalupe   furono   l’elemento   deter-­minante della conversione degli indios al cristia-nesimo, mentre anche gli spagnoli si riconobbero subito   in   quell’avvenimento,   grazie   al   collega-­mento indicato dalla Vergine Maria con il santua-rio a loro così caro, situato appunto in Spagna.

Il culto, malgrado la diffidenza e le resistenze ini-ziali di alcuni ambienti ecclesiastici, diffidenza e resistenze che nascono quasi sempre in casi del genere, si diffuse rapidamente in tutto il Messico e ne varcò presto i confini. Così, attraverso passi successivi, si arrivò, nel 1910, alla proclamazione, da parte del Papa Pio X, della  Madonna  di  Guadalupe  patrona  dell’America  Latina e successivamente Ella ebbe il titolo di “Patrona  delle  Americhe”  e  le  fu  consacrato  l’inte-­ro continente americano. Infine nel 2002 Juan Diego fu dichiarato Santo da Papa Giovanni Paolo II. Le apparizioni della Madonna di Guadalupe non ebbero  soltanto  l’effetto  di  convertire  gli  indios  al  cristianesimo ma aiutarono a capire che il centro religioso del luogo non doveva più tanto essere considerato il palazzo vescovile della capitale, ma si doveva immaginare idealmente trasferito verso la regione dove vivevano i nativi poveri, in una prospettiva più evangelica nella quale dominanti e

dominati potevano godere della medesima dignità.

Oggi il santuario di Guada-lupe accoglie ogni anno ol-tre dieci milioni di pellegri-ni, collocandosi così al se-condo posto come meta di pellegrinaggi nel mondo cattolico, dopo Roma. SANTUARIO di GUADALUPE