Una giornata di preghiera Per una Chiesa di digiuno e di ... › media › osservatore... ·...

10
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 99 (48.423) Città del Vaticano sabato-domenica 2-3 maggio 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!z!\!"!%! OLTRE LA CRISI/1 Con quale sguardo torneremo a incontrarci? di FEDERICO LOMBARDI L eggevo in questi giorni l’affer- mazione di un pensatore rus- so: «Il semplice rapporto fra la gente è la cosa più importante del mondo!». Mi ha fatto tornare in mente una bella canzone piena di gioia di qualche decennio fa, lancia- ta da un simpatico movimento di giovani che promuoveva l’amicizia e la fraternità fra i popoli: «Viva la gente!». Qualcuno la ricorda certa- mente. Parlava delle tantissime per- sone che incontriamo ogni mattina andando a lavorare; diceva fra l’al- tro: «Se più gente guardasse alla gente con favor, avremmo meno gente difficile e più gente di cuor…» e ispirava molti sentimenti saggi e positivi. Vi avevo ripensato molte volte negli ultimi anni cammi- nando per strada, incontrando tante persone indaffarate e come chiuse in sé, e molte altre con dei fili che escono dalle orecchie, che erano completamente concentrate sullo schermo del loro cellulare o parlava- no nell’aria ad alta voce con chissà chi, senza tener alcun conto delle persone che erano sull’autobus a po- chi centimetri da loro. Mi sembrava che il gusto di guardare agli altri con benevolenza e attenzione stesse diventando più raro e l’intrusione sempre più pervasiva delle nuove forme di comunicazione nella vita quotidiana ce li rendesse quasi estra- nei. Dopo varie settimane chiuso in casa sento un grande desiderio di in- contrare di nuovo per strada volti diversi. Spero che prima o dopo, a tempo debito, ciò possa avvenire an- che senza mascherina e senza diviso- ri di plexiglass, e spero di poter scambiare con loro una parola cor- diale, o anche solo un sorriso since- ro. Moltissimi di noi in questi mesi hanno sperimentato con sorpresa positiva le possibilità offerte dalla comunicazione digitale e speriamo di farne tesoro anche per il futuro, ma con il prolungarsi degli isola- menti abbiamo capito che non ba- stano. Come torneremo dopodomani a incontrarci per la strada o sulla me- tro? Riusciremo a ripopolare con se- renità gli spazi comuni delle nostre città? Saremo condizionati da paura e sospetto, o con l’aiuto dell’auspi- cata saggezza di scienziati e gover- nanti sapremo bilanciare la giusta prudenza con il desiderio di ritrova- re e ritessere quella qualità di convi- venza quotidiana che — come dice- vamo all’inizio — «è la cosa più im- portante del mondo», la tela stessa del mondo umano? Ci renderemo conto (di più o di meno di prima?) che siamo famiglia umana in cammi- no nella casa comune che è il nostro unico pianeta Terra? Ora che la pandemia ci avrà fatto sperimentare un aspetto problemati- co della globalizzazione di cui tutti dovremo tener conto in futuro, sa- premo ritrovare lo slancio della fra- ternità fra i popoli al di là e al di so- pra dei confini, l’accoglienza bene- vola e curiosa della diversità, la spe- ranza del vivere insieme in un mon- do di pace? Come vivremo il nostro corpo e come vedremo quello degli altri? Una via possibile di contagio, un ri- schio da cui stare in guardia, o l’espressione dell’anima di una sorel- la o di un fratello? Perché questo è in fondo ogni corpo umano: la ma- nifestazione concreta di un’anima — unica, degna, preziosa, creatura di Dio, immagine di Dio… Che mera- viglia il timbro della voce, il ritmo dei passi, soprattutto il sorriso delle persone care!… Ma di più, questo non dovrebbe valere per tutte le per- sone che incontriamo? Allora, recu- perare la libertà dal coronavirus ci aiuterà a liberarci anche dagli altri virus del corpo e dell’anima che ci impediscono di vedere e incontrare il tesoro che sta nell’anima dell’altro, o saremo diventati ancora più indivi- dualisti? La tecnologia digitale può media- re e accompagnare utilmente il no- stro rapporto, ma la presenza fisica vicendevole delle persone, dei loro corpi come trasparenza delle anime, la loro prossimità e il loro incontro, rimangono punto di partenza e di riferimento originario della nostra esperienza e del nostro cammino. Gesù non è stato una manifestazione virtuale di Dio, ma la sua incarna- zione, proprio perché lo potessimo incontrare. E Gesù ci ha detto che Lui è presente e ci aspetta nell’altro, nel povero (e chi non è povero in qualche modo, lo sappia o no?), e che nel volto dell’altro possiamo e dobbiamo sapere in fondo ricono- scere il suo. Con quali occhi, con quale cuore, con quale sorriso torneremo a cam- minare per le strade e a incrociare il cammino di tante persone, che an- che se apparentemente sconosciute in fondo in questi mesi ci sono man- cate, e che come noi hanno sentito il desiderio di incontrarci di nuovo sulle strade quotidiane della loro vi- ta, del nostro mondo comune? Intervista al vescovo argentino Eduardo García Per una Chiesa Vangelo e Spirito Ma non basterà riaprire i luoghi di culto di SILVINA PÉREZ «I paesi più vulnerabili si trovano di fronte al dilem- ma di morire di covid-19 o morire di fame o per altre malattie come la malaria e la dengue. La comunità internazionale potrebbe impedirlo con un piano d’azione che passi per l’aiuto, il debito, il commercio, i farmaci e la solidarie- tà. Per la Chiesa l’opzione per i poveri non è strategia, ma è puro Vangelo, e la misericordia è l’ambi- to per incontrarci con loro». Lo sa bene il vescovo argentino, monsi- gnor Eduardo García, della diocesi di San Justo a Buenos Aires. In questa intervista a «L’Osservatore Romano» ripercorre gli aspetti principali dell’attuale pandemia da una prospettiva di «testimonianza di dedizione generosa», per amore verso chi soffre di più, che, a suo parere, permetterà che tornino a crescere la «fede e la comunione tra i fedeli». Don Eduardo, come ha percepito in questo tempo di confinamento l’azione della Chiesa? Che deve fare la Chiesa di fronte a questa realtà? La Chiesa possiede uno dei capi- tali sociali più significativi del no- stro paese. Lo ha dimostrato negli anni peggiori della crisi economica e lo continua a dimostrare ora, nel- le strade, con i malati di covid-19. Fin dall’inizio del confinamento, sacerdoti, religiose e laici hanno at- tivato centinaia d’iniziative in ogni angolo del paese. Il fine è di servi- re il bene comune. In questo mo- mento le parole di Papa Francesco risultano più che mai attuali: «La Chiesa come ospedale da campo». Forse perché osservo la realtà dalla mia diocesi situata nel dipartimen- to di La Matanza dove, sebbene i casi di covid-19 siano pochi, dob- biamo sopportare e fronteggiare, come possiamo, i contraccolpi della quarantena nei nostri quartieri più vulnerabili. In teoria siamo tutti uguali di fronte al virus, ma in realtà, una volta che ci ha colpiti, il covid-19 rivela con crudezza le di- suguaglianze e può anche accre- scerle: anziani, poveri, disabili, per- sone fragili destinate alla solitudine e a cammini senza speranza. La Chiesa è sacramento. Vale a dire che è segno efficace e vivo di una realtà che non si vede, ma che agi- sce, che si sente, che si pensa, che si vuole…. Con questa certezza, oggi più che mai, la Chiesa e noi cristiani dobbiamo rendere testimo- nianza di dedizione generosa per amore verso chi soffre di più, creando ambiti di calma, servizio e speranza. Dopo l’allentamento, in alcuni paesi, delle misure della quarantena, si è acceso un dibattito sulla possibile ria- pertura delle chiese per celebrare ceri- monie con i fedeli. Crede che ci sia il rischio che la situazione attuale possa Le Nazioni Unite chiedono la massima attenzione Le crisi umanitarie dimenticate PAGINA 2 A 101 anni dalla nascita di Pete Seeger La certezza dell’alba PAGINA 5 Il racconto dell’epidemia nei secoli LUCIO CO CO, GABRIELE NICOLÒ A PAGINA 6 A Buenos Aires i «curas villeros» chiedono misure sanitarie urgenti Più aiuto a chi vive ai margini MARCELO FIGUEROA A PAGINA 7 L’arcivescovo di Minsk-Mohilev nella Domenica del buon pastore Preti, senza paura GIOVANNI ZAVATTA A PAGINA 8 Messaggio per il Ramadan PAGINA 9 ALLINTERNO NOSTRE INFORMAZIONI PAGINA 9 Proposta per il 14 maggio dall'Alto comitato per la fratellanza umana Una giornata di preghiera di digiuno e di opere di misericordia U na giornata di preghiera, di digiuno e opere di misericordia da celebrarsi giovedì 14 maggio tra tutti gli uomini e le don- ne «che credono in Dio creatore»: è la proposta lanciata dall’Alto comitato per la fratellanza umana a tutti i leader religiosi e alle persone nel mondo intero per invocare «ad una sola voce» il Signore, affinché preservi l’umanità, la aiuti a superare la pandemia del covid-19, le restituisca sicurezza, stabilità, salute e prosperità, rendendo le relazioni più fraterne. Istituito per raggiungere gli obiettivi del Documento sulla Fratel- lanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune — firmato da Papa Francesco e dal Grande imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Ta- yyeb, ad Abu Dhabi, il 4 febbraio 2019 — il Comitato è composto da esponenti delle tre grandi religioni monoteiste (cristiani, musul- mani ed ebrei) e da ultimo ha annoverato tra i suoi membri anche una donna, la bulgara Irina Bokova, già direttore generale dell’O r- ganizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (Unesco). «Il nostro mondo — spiega un comunicato diffuso dal Comitato sabato 2 maggio — affronta oggi un grave pericolo che minaccia la vita di milioni di persone in tutto il pianeta, ossia la rapida diffusio- ne del coronavirus. Mentre confermiamo l’importanza del ruolo dei medici e quello della ricerca scientifica nell’affrontare questa epide- mia, non dimentichiamo di rivolgerci a Dio Creatore in tale grave crisi». Da qui l’invito a «tutte le persone, in tutto il mondo, a rivol- gersi a Dio pregando, supplicando, facendo digiuno e opere di mi- sericordia, ogni persona, in ogni parte del mondo, a seconda della sua religione, fede o dottrina», per l’eliminazione della pandemia; affinché Egli «ci salvi da questa afflizione, aiuti gli scienziati a tro- vare una medicina che la sconfigga» e «liberi il mondo dalle conse- guenze sanitarie, economiche e umanitarie della diffusione di tale grave contagio». L’Onu sugli effetti della pandemia Cinquecento milioni di nuovi poveri NEW YORK, 2. «Il numero dei poveri potrebbe crescere di 500 milioni di persone; il primo au- mento in trent’anni». È l’allarme lanciato ieri dal segretario gene- rale dell’Onu, António Guterres, nel corso di una conferenza stampa virtuale sugli effetti eco- nomici e sociali della crisi da co- ronavirus. «Stiamo affrontando le esi- genze immediate di chi si trova nella situazione economica più difficile» ha spiegato il leader del palazzo di Vetro, continuan- do a sostenere la necessità di un pacchetto di aiuti a doppia cifra della percentuale dell’economia globale. «Sono particolarmente preoc- cupato per la mancanza di suffi- ciente solidarietà nei confronti dei Paesi in via di sviluppo sia nella risposta alla pandemia sia per affrontare il drammatico im- patto economico e sociale» ha detto ancora Guterres. «Abbia- mo messo il sistema Onu delle catene di approvvigionamento a disposizione dei Paesi in via di sviluppo, e i nostri voli di soli- darietà hanno consegnato quasi 1.200 tonnellate di kit di tampo- ni e altre forniture mediche es- senziali in 52 nazioni dell’Afri- ca» ha proseguito, precisando che del piano di risposta umani- taria globale da 2 miliardi di dollari, gli Stati membri hanno sino ad ora promesso un miliar- do. «Ma deve essere interamen- te finanziato». Nonostante le difficoltà di ac- cesso, ha assicurato Guterres, «le nostre agenzie umanitarie stanno raggiungendo oltre 110 milioni persone in 57 Paesi». A Santa Marta il Papa invoca anche dignità per i lavoratori Perché i governanti siano uniti per il bene del popolo CONTINUA A PAGINA 9 LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA Conversazione con il filosofo Maurizio Ferraris In fondo basterebbe rileggere Manzoni LUCA POSSATI A PAGINA 3 PUNTI DI RESISTENZA Poesia che si fa congedo DANIELE MENCARELLI A PAGINA 6 «Per i governanti che hanno la respon- sabilità di prendersi cura dei loro po- poli» in questo tempo di pandemia, il Papa ha offerto, sabato 2 maggio, la messa mattutina a Casa Santa Marta. E affinché «Capi di stato, presidenti di governo, legislatori, sindaci, presidenti di regioni... capiscano che, nei momenti di crisi, devono essere molto uniti... perché l’unità è superiore al conflitto», il Pontefice ha pregato insieme con 300 gruppi di “madrugadores ”, organizzazio- ne di fedeli «che si alzano presto per pregare», i quali hanno voluto unirsi a lui nella circostanza. Il giorno prece- dente, 1° maggio, festa di san Giuseppe lavoratore, Francesco aveva elevato la sua supplica «perché a nessuna persona manchi» l’occupazione, «tutti siano giustamente pagati e possano godere della dignità del lavoro e della bellezza del riposo». PAGINA 10

Transcript of Una giornata di preghiera Per una Chiesa di digiuno e di ... › media › osservatore... ·...

Page 1: Una giornata di preghiera Per una Chiesa di digiuno e di ... › media › osservatore... · Vangelo, e la misericordia è l’ambi-to per incontrarci con loro». Lo sa bene il vescovo

Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 99 (48.423) Città del Vaticano sabato-domenica 2-3 maggio 2020

.

y(7HA

3J1*QS

SKKM(

+"!z!\!"

!%!

OLTRE LA CRISI/1

Con quale sguardo torneremo a incontrarci?di FEDERICO LOMBARDI

Leggevo in questi giorni l’affer-mazione di un pensatore rus-so: «Il semplice rapporto fra

la gente è la cosa più importante delmondo!». Mi ha fatto tornare inmente una bella canzone piena digioia di qualche decennio fa, lancia-ta da un simpatico movimento digiovani che promuoveva l’amicizia ela fraternità fra i popoli: «Viva lagente!». Qualcuno la ricorda certa-mente. Parlava delle tantissime per-sone che incontriamo ogni mattinaandando a lavorare; diceva fra l’al-tro: «Se più gente guardasse allagente con favor, avremmo menogente difficile e più gente dicuor…» e ispirava molti sentimentisaggi e positivi. Vi avevo ripensatomolte volte negli ultimi anni cammi-nando per strada, incontrando tantepersone indaffarate e come chiuse insé, e molte altre con dei fili cheescono dalle orecchie, che eranocompletamente concentrate sullo

schermo del loro cellulare o parlava-no nell’aria ad alta voce con chissàchi, senza tener alcun conto dellepersone che erano sull’autobus a po-chi centimetri da loro. Mi sembravache il gusto di guardare agli altricon benevolenza e attenzione stessediventando più raro e l’i n t ru s i o n esempre più pervasiva delle nuoveforme di comunicazione nella vitaquotidiana ce li rendesse quasi estra-nei.

Dopo varie settimane chiuso incasa sento un grande desiderio di in-contrare di nuovo per strada voltidiversi. Spero che prima o dopo, atempo debito, ciò possa avvenire an-che senza mascherina e senza diviso-ri di plexiglass, e spero di poterscambiare con loro una parola cor-diale, o anche solo un sorriso since-ro. Moltissimi di noi in questi mesihanno sperimentato con sorpresapositiva le possibilità offerte dallacomunicazione digitale e speriamodi farne tesoro anche per il futuro,ma con il prolungarsi degli isola-

menti abbiamo capito che non ba-stano.

Come torneremo dopodomani aincontrarci per la strada o sulla me-tro? Riusciremo a ripopolare con se-renità gli spazi comuni delle nostrecittà? Saremo condizionati da paurae sospetto, o con l’aiuto dell’auspi-cata saggezza di scienziati e gover-nanti sapremo bilanciare la giustaprudenza con il desiderio di ritrova-re e ritessere quella qualità di convi-venza quotidiana che — come dice-vamo all’inizio — «è la cosa più im-portante del mondo», la tela stessadel mondo umano? Ci renderemoconto (di più o di meno di prima?)che siamo famiglia umana in cammi-no nella casa comune che è il nostrounico pianeta Terra?

Ora che la pandemia ci avrà fattosperimentare un aspetto problemati-co della globalizzazione di cui tuttidovremo tener conto in futuro, sa-premo ritrovare lo slancio della fra-ternità fra i popoli al di là e al di so-pra dei confini, l’accoglienza bene-

vola e curiosa della diversità, la spe-ranza del vivere insieme in un mon-do di pace?

Come vivremo il nostro corpo ecome vedremo quello degli altri?Una via possibile di contagio, un ri-schio da cui stare in guardia, ol’espressione dell’anima di una sorel-la o di un fratello? Perché questo èin fondo ogni corpo umano: la ma-nifestazione concreta di un’anima —unica, degna, preziosa, creatura diDio, immagine di Dio… Che mera-viglia il timbro della voce, il ritmodei passi, soprattutto il sorriso dellepersone care!… Ma di più, questonon dovrebbe valere per tutte le per-sone che incontriamo? Allora, recu-perare la libertà dal coronavirus ciaiuterà a liberarci anche dagli altrivirus del corpo e dell’anima che ciimpediscono di vedere e incontrareil tesoro che sta nell’anima dell’a l t ro ,o saremo diventati ancora più indivi-dualisti?

La tecnologia digitale può media-re e accompagnare utilmente il no-

stro rapporto, ma la presenza fisicavicendevole delle persone, dei lorocorpi come trasparenza delle anime,la loro prossimità e il loro incontro,rimangono punto di partenza e diriferimento originario della nostraesperienza e del nostro cammino.Gesù non è stato una manifestazionevirtuale di Dio, ma la sua incarna-zione, proprio perché lo potessimoincontrare. E Gesù ci ha detto cheLui è presente e ci aspetta nell’a l t ro ,nel povero (e chi non è povero inqualche modo, lo sappia o no?), eche nel volto dell’altro possiamo edobbiamo sapere in fondo ricono-scere il suo.

Con quali occhi, con quale cuore,con quale sorriso torneremo a cam-minare per le strade e a incrociare ilcammino di tante persone, che an-che se apparentemente sconosciutein fondo in questi mesi ci sono man-cate, e che come noi hanno sentito ildesiderio di incontrarci di nuovosulle strade quotidiane della loro vi-ta, del nostro mondo comune?

Intervista al vescovo argentino Eduardo García

Per una ChiesaVangelo e Spirito

Ma non basterà riaprire i luoghi di culto

di SI LV I N A PÉREZ

«I paesi più vulnerabili sitrovano di fronte al dilem-ma di morire di covid-19 o

morire di fame o per altre malattiecome la malaria e la dengue. Lacomunità internazionale potrebbeimpedirlo con un piano d’azioneche passi per l’aiuto, il debito, ilcommercio, i farmaci e la solidarie-tà. Per la Chiesa l’opzione per ipoveri non è strategia, ma è puroVangelo, e la misericordia è l’ambi-to per incontrarci con loro». Lo sabene il vescovo argentino, monsi-gnor Eduardo García, della diocesidi San Justo a Buenos Aires. Inquesta intervista a «L’O sservatoreRomano» ripercorre gli aspettiprincipali dell’attuale pandemia dauna prospettiva di «testimonianzadi dedizione generosa», per amoreverso chi soffre di più, che, a suoparere, permetterà che tornino acrescere la «fede e la comunionetra i fedeli».

Don Eduardo, come ha percepito inquesto tempo di confinamento l’azionedella Chiesa? Che deve fare la Chiesadi fronte a questa realtà?

La Chiesa possiede uno dei capi-tali sociali più significativi del no-stro paese. Lo ha dimostrato neglianni peggiori della crisi economicae lo continua a dimostrare ora, nel-le strade, con i malati di covid-19.Fin dall’inizio del confinamento,sacerdoti, religiose e laici hanno at-tivato centinaia d’iniziative in ogniangolo del paese. Il fine è di servi-re il bene comune. In questo mo-mento le parole di Papa Francescorisultano più che mai attuali: «LaChiesa come ospedale da campo».Forse perché osservo la realtà dallamia diocesi situata nel dipartimen-to di La Matanza dove, sebbene icasi di covid-19 siano pochi, dob-biamo sopportare e fronteggiare,come possiamo, i contraccolpi dellaquarantena nei nostri quartieri piùvulnerabili. In teoria siamo tuttiuguali di fronte al virus, ma inrealtà, una volta che ci ha colpiti, ilcovid-19 rivela con crudezza le di-suguaglianze e può anche accre-scerle: anziani, poveri, disabili, per-sone fragili destinate alla solitudinee a cammini senza speranza. LaChiesa è sacramento. Vale a direche è segno efficace e vivo di unarealtà che non si vede, ma che agi-sce, che si sente, che si pensa, chesi vuole…. Con questa certezza,oggi più che mai, la Chiesa e noi

cristiani dobbiamo rendere testimo-nianza di dedizione generosa peramore verso chi soffre di più,creando ambiti di calma, servizio esp eranza.

Dopo l’allentamento, in alcuni paesi,delle misure della quarantena, si èacceso un dibattito sulla possibile ria-pertura delle chiese per celebrare ceri-monie con i fedeli. Crede che ci sia ilrischio che la situazione attuale possa

Le Nazioni Unite chiedonola massima attenzione

Le crisi umanitariedimenticate

PAGINA 2

A 101 anni dalla nascitadi Pete Seeger

La certezza dell’albaPAGINA 5

Il raccontodell’epidemianei secoli

LUCIO CO CO, GABRIELE NICOLÒA PA G I N A 6

A Buenos Aires i «curas villeros»chiedono misure sanitarie urgenti

Più aiutoa chi vive ai margini

MARCELO FIGUEROA A PA G I N A 7

L’arcivescovo di Minsk-Mohilevnella Domenica del buon pastore

Preti, senza pauraGI O VA N N I ZAVAT TA A PA G I N A 8

Messaggioper il Ramadan

PAGINA 9

ALL’INTERNO

NOSTREINFORMAZIONI

PAGINA 9

Proposta per il 14 maggio dall'Alto comitato per la fratellanza umana

Una giornata di preghieradi digiuno e di opere di misericordia

Una giornata di preghiera, di digiuno e opere di misericordiada celebrarsi giovedì 14 maggio tra tutti gli uomini e le don-ne «che credono in Dio creatore»: è la proposta lanciata

dall’Alto comitato per la fratellanza umana a tutti i leader religiosi ealle persone nel mondo intero per invocare «ad una sola voce» ilSignore, affinché preservi l’umanità, la aiuti a superare la pandemiadel covid-19, le restituisca sicurezza, stabilità, salute e prosperità,rendendo le relazioni più fraterne.

Istituito per raggiungere gli obiettivi del Documento sulla Fratel-lanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune — firmatoda Papa Francesco e dal Grande imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Ta-yyeb, ad Abu Dhabi, il 4 febbraio 2019 — il Comitato è compostoda esponenti delle tre grandi religioni monoteiste (cristiani, musul-mani ed ebrei) e da ultimo ha annoverato tra i suoi membri ancheuna donna, la bulgara Irina Bokova, già direttore generale dell’O r-ganizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e lacultura (Unesco).

«Il nostro mondo — spiega un comunicato diffuso dal Comitatosabato 2 maggio — affronta oggi un grave pericolo che minaccia lavita di milioni di persone in tutto il pianeta, ossia la rapida diffusio-ne del coronavirus. Mentre confermiamo l’importanza del ruolo deimedici e quello della ricerca scientifica nell’affrontare questa epide-mia, non dimentichiamo di rivolgerci a Dio Creatore in tale gravecrisi». Da qui l’invito a «tutte le persone, in tutto il mondo, a rivol-gersi a Dio pregando, supplicando, facendo digiuno e opere di mi-sericordia, ogni persona, in ogni parte del mondo, a seconda dellasua religione, fede o dottrina», per l’eliminazione della pandemia;affinché Egli «ci salvi da questa afflizione, aiuti gli scienziati a tro-vare una medicina che la sconfigga» e «liberi il mondo dalle conse-guenze sanitarie, economiche e umanitarie della diffusione di talegrave contagio».

L’Onu sugli effetti della pandemia

Cinquecento milionidi nuovi poveri

NEW YORK, 2. «Il numero deipoveri potrebbe crescere di 500milioni di persone; il primo au-mento in trent’anni». È l’allarmelanciato ieri dal segretario gene-rale dell’Onu, António Guterres,nel corso di una conferenzastampa virtuale sugli effetti eco-nomici e sociali della crisi da co-ro n a v i ru s .

«Stiamo affrontando le esi-genze immediate di chi si trovanella situazione economica piùdifficile» ha spiegato il leaderdel palazzo di Vetro, continuan-do a sostenere la necessità di unpacchetto di aiuti a doppia cifradella percentuale dell’economiaglobale.

«Sono particolarmente preoc-cupato per la mancanza di suffi-ciente solidarietà nei confrontidei Paesi in via di sviluppo sianella risposta alla pandemia sia

per affrontare il drammatico im-patto economico e sociale» hadetto ancora Guterres. «Abbia-mo messo il sistema Onu dellecatene di approvvigionamento adisposizione dei Paesi in via disviluppo, e i nostri voli di soli-darietà hanno consegnato quasi1.200 tonnellate di kit di tampo-ni e altre forniture mediche es-senziali in 52 nazioni dell’Afri-ca» ha proseguito, precisandoche del piano di risposta umani-taria globale da 2 miliardi didollari, gli Stati membri hannosino ad ora promesso un miliar-do. «Ma deve essere interamen-te finanziato».

Nonostante le difficoltà di ac-cesso, ha assicurato Guterres,«le nostre agenzie umanitariestanno raggiungendo oltre 110milioni persone in 57 Paesi».

A Santa Marta il Papa invoca anche dignità per i lavoratori

Perché i governanti siano unitiper il bene del popolo

CO N T I N UA A PA G I N A 9

LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

Conversazione con il filosofoMaurizio Ferraris

In fondo basterebberileggere Manzoni

LUCA PO S S AT I A PA G I N A 3

PUNTI DI RESISTENZA

Po esiache si fa congedo

DANIELE MENCARELLI A PA G I N A 6

«Per i governanti che hanno la respon-sabilità di prendersi cura dei loro po-poli» in questo tempo di pandemia, ilPapa ha offerto, sabato 2 maggio, lamessa mattutina a Casa Santa Marta. Eaffinché «Capi di stato, presidenti digoverno, legislatori, sindaci, presidentidi regioni... capiscano che, nei momentidi crisi, devono essere molto uniti...perché l’unità è superiore al conflitto»,il Pontefice ha pregato insieme con 300gruppi di “m a d r u g a d o re s ”, organizzazio-

ne di fedeli «che si alzano presto perpregare», i quali hanno voluto unirsi alui nella circostanza. Il giorno prece-dente, 1° maggio, festa di san Giuseppelavoratore, Francesco aveva elevato lasua supplica «perché a nessuna personamanchi» l’occupazione, «tutti sianogiustamente pagati e possano goderedella dignità del lavoro e della bellezzadel riposo».

PAGINA 10

Page 2: Una giornata di preghiera Per una Chiesa di digiuno e di ... › media › osservatore... · Vangelo, e la misericordia è l’ambi-to per incontrarci con loro». Lo sa bene il vescovo

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 sabato-domenica 2-3 maggio 2020

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSONon praevalebunt

Città del Vaticano

o r n e t @ o s s ro m .v aw w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v a

ANDREA MONDAdirettore responsabile

Giuseppe Fiorentinov i c e d i re t t o re

Piero Di Domenicantoniocap oredattore

Gaetano Vallinisegretario di redazione

Servizio vaticano: [email protected] internazionale: [email protected] culturale: [email protected] religioso: [email protected]

Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 [email protected] w w w. p h o t o .v a

Segreteria di redazionetelefono 06 698 83461, 06 698 84442

fax 06 698 83675segreteria.or@sp c.va

Tipografia VaticanaEditrice L’Osservatore Romano

Tariffe di abbonamentoVaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198Europa: € 410; $ 605Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665America Nord, Oceania: € 500; $ 740Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):telefono 06 698 99480, 06 698 99483fax 06 69885164, 06 698 82818,[email protected] diffusione.or@sp c.vaNecrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675

Concessionaria di pubblicità

Il Sole 24 Ore S.p.A.System Comunicazione Pubblicitaria

Sede legaleVia Monte Rosa 91, 20149 Milanotelefono 02 30221/3003fax 02 30223214

s e g re t e r i a d i re z i o n e s y s t e m @ i l s o l e 2 4 o re . c o m

Aziende promotricidella diffusione

Intesa San Paolo

Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

Società Cattolica di Assicurazione

Nelle manifestazioni in Michigan uomini armati fanno irruzione nel Parlamento

Negli Usa cresce l’i n s o f f e re n z averso il lockdown

Le Nazioni Unite chiedono la massima attenzione

Le crisi umanitariedimenticate nel mondo

WASHINGTON, 2. Crescono in moltiStati degli Usa il malcontento e lemanifestazioni di protesta contro illockdown delle attività produttivestabilito dalle misure restrittive lega-te all’emergenza sanitaria per la pan-demia del nuovo coronavirus. Unmalcontento che nel Michigan ha ri-schiato di sfociare in un conflitto ve-ro e proprio quando giovedì un foltonumero di persone, molte delle qualiarmate in assetto da guerra, ha fattoirruzione nel Parlamento locale, aLansing capitale dello Stato. I mani-festanti hanno chiesto a muso durola revoca delle restrizioni decise dal-la governatrice Gretchen Whitmer eche un tribunale il giorno prima, tra-mite una sentenza, ha stabilito nonavessero leso alcun diritto costituzio-nale. Al momento nello Stato, se-condo i conteggi della Johns Hop-kins University, sono oltre 3.500 lepersone morte per il covid-19.

Alcuni parlamentari hanno indos-sato giubbotti anti-proiettile, perpaura che la protesta finisse in unoscontro a fuoco nel momento in cuii manifestanti hanno tentato di en-trare in aula, dove si erano rifugiati iparlamentari e i giornalisti, e sonostati bloccati dagli agenti della poli-zia. A organizzare la protesta è statoil movimento Michigan United forLiberty, che sulla propria pagina fa-cebook — con quasi novemila mem-bri — ha affermato di non accettarené di acconsentire alla limitazione ealla sospensione dei «nostri dirittiinalienabili per nessun motivo, in-clusa la pandemia di covid-19». «Ri-teniamo che tutti gli americani e tut-ti gli abitanti del Michigan abbianoil diritto di lavorare per sostenere leproprie famiglie, viaggiare libera-mente, radunarsi per il culto religio-so e altri scopi, così come radunarsiper protestare contro il governo»hanno affermato sul social networkcosì pure come hanno manifestatogiovedì davanti e nell’atrio del Parla-mento dello Stato.

La giornata si era conclusa con untwitter della governatrice Whitmer.«L’ho detto nel passato, e lo dirò dinuovo: il Michigan è un postostraordinario in cui vivere per le per-sone che lo chiamano casa. Ci sono

milioni di cittadini che fanno la loroparte per fermare insieme ogni gior-no la diffusione del covid-19». Cuiperò ha fatto seguito ieri uno delpresidente Usa in cui viene espressosostegno ai manifestanti e si invitaWhitmer a cercare un dialogo.«Queste sono brave persone, ma so-no arrabbiate. Vogliono riavere in-dietro le loro vite, in modo sicuro!Incontrale, parla con loro, fai un ac-cordo», si legge sul tweet di Trump.

Dalla Casa Bianca intanto ieri ilpresidente ha reso noto che è arriva-ta l’autorizzazione d’urgenza da par-te della Agenzia per gli alimenti e imedicinali (Fda) per l’utilizzo delfarmaco antivirale Remdesivir, pro-dotto dalla Gilead, per il trattamen-to di pazienti ospedalizzati positivial covid-19. L’agenzia americana hafatto sapere che sulla base delle pro-ve disponibili «è ragionevole credereche il remdesivir possa essere effica-ce nel trattamento del covid-19, eche, dato che non esistono tratta-menti alternativi adeguati, approvatio disponibili, i benefici noti e poten-ziali... superano i rischi». Infatti i ri-sultati preliminari condotti dall’Isti-tuto nazionale per le allergie e lemalattie infettive, hanno mostratoche il tempo medio di recupero èstato di 11 giorni per i pazienti trat-tati per 10 giorni con Remdesivir, ri-spetto ai 15 giorni del placebo.Manifestante armato durante l’occupazione del Parlamento in Michigan (Reuters)

GINEVRA, 2. Sono almeno dieci lecrisi umanitarie nel mondo che lapandemia causata dal coronavirusrischia di fare passare in secondopiano, ma sulle quali le NazioniUnite chiedono di mantenere attival’attenzione. Già prima dell’emer-genza covid-19, milioni di personevivevano in povertà e soffrivano lafame, con quasi 170 milioni di indi-vidui che necessitano costantemen-te di aiuti umanitari.

Nel martoriato Afghanistan, inguerra da più di 19 anni, l’Onu sti-ma che siano quasi dieci milioni lepersone che soffrono la fame ehanno bisogno di protezione, con-tro i 6,3 milioni dello scorso anno.Inoltre, dal 2012 sono circa quattromilioni gli afghani sfollati e in 25province il livello di malnutrizioneè acuto, tanto da mettere a rischiola vita dei bambini. L’Afghanistanresta uno dei Paesi più pericolosi almondo per gli operatori umanitari,con 41 morti, 65 feriti e 75 rapitinel 2019. Le organizzazioni umani-tarie hanno quindi chiesto que-st’anno 733 milioni di dollari perassistere sette milioni di persone,ma finora è arrivato solo il 5 percento degli aiuti richiesti.

Ad Haiti, la malnutrizione e lafame riguardano 4,6 milioni di per-sone, ovvero più del 40 per centodella popolazione, che necessita diaiuti urgenti. La crisi economica epolitica che il Paese ha attraversatonell’ultimo anno ha ridotto la pos-sibilità della popolazione di avereaccesso al cibo, mentre molte orga-nizzazioni umanitarie non sonoriuscite a offrire i servizi fondamen-tali a causa dello scarso livello disicurezza. Lo scorso anno erano 2,6milioni le persone che vivevano inuno stato di insicurezza alimentare,mentre sono 1,2 milioni quelli chevivono in una situazione di emer-genza. Inoltre, il 2,1 per cento deibambini è in stato di malnutrizioneacuta e la crisi ha ulteriormentepeggiorato il sistema sanitario equello dell’i s t ru z i o n e .

Nell’Africa orientale resta irrisol-ta la piaga delle locuste, che daqualche mese hanno invaso il Cor-no d’Africa, dall’Etiopia al Kenya,fino alla Somalia. Colpiti ancheTanzania, Uganda, Sudan e SudSudan, dove oltre 25 milioni dipersone si trovano in una situazio-ne di grave insicurezza alimentare.Per frenare la diffusione delle locu-ste, i governi, con il sostegno dallaFao, hanno condotto disinfestazio-ni di vari territori, ma l’e m e rg e n z acoronavirus ha rallentato i pro-grammi messi in atto.

Nella regione africana del Sahelcentrale la principale emergenza daaffrontare riguarda il livello di sicu-rezza e la carenza di cibo. Negliultimi anni sono migliaia le perso-ne morte e più di un milione glisfollati in Burkina Faso, Mali enell’ovest del Niger proprio per lascarsa sicurezza, oltre che per l’ele-vato indice di povertà e l’alto livel-lo di malnutrizione. La richiesta di1.100 milioni di dollari per coprirele necessità umanitarie della regio-ne è stata finanziata solo per il 10per cento e si teme che il coronavi-rus possa causare un’ulteriore cata-strofe, dato che i Paesi coinvolti

hanno un sistema sanitario tra i piùfragili al mondo.

In Nigeria dura invece da unadecina di anni il sanguinoso con-flitto nel nordest e nei Paesi viciniche si trovano lungo la sponda dellago Ciad, ovvero Camerun, Nigere lo stesso Ciad. Nella zona è atti-vo il gruppo terroristico di BokoHaram e lo stato islamico in Africaoccidentale, la cellula locale del se-dicente stato islamico (Is).

Nella regione ci sono più diquattro milioni di persone che sitrovano in uno stato di insicurezzaalimentare e circa 400.000 bambinirischiano di morire a causa di unlivello grave di malnutrizione. Intutto, sono più di 17 milioni le per-sone colpite dalla violenza e 10,7milioni quelle che necessitano diassistenza umanitaria.

In Asia, sono quasi 900.000 i ri-fugiati rohingya fuggiti dalle vio-lenze dei militari del Myanmar eche vivono nei campi profughi nel-la regione di Cox’s Bazar, in Ban-gladesh, dove il governo e le ongsono attualmente impegnate a of-frire servizi essenziali e dove nelleprossime settimane è in arrivo lastagione dei monsoni. Solo il 13per cento dei fondi richiesti perquest’anno sono stati versati.D all’altro lato del confine, inMyanmar, la situazione dei rohin-gya è ugualmente preoccupante.Da quasi otto anni, infatti, vivononei campi profughi circa 130.000persone, vulnerabili e a rischio diuna crescente violenza.

Nella devastata Siria il conflittoè ormai entrato nel suo decimo an-no, con più di 11 milioni di personeche necessitano di assistenza uma-nitaria e altre 5,6 milioni che han-no cercato rifugio fuori dal Paese.L’escalation della violenza a Idlib,nel nordovest, da dicembre a mar-zo ha provocato 950.000 sfollati,molti dei quali vivono nei campisenza i beni essenziali. A causa del-la guerra, si stima che otto sirianisu dieci vivano ora in stato di po-vertà. Inoltre, solo la metà degliospedali risulta operativo.

Situazione drammatica anchenello Yemen, dove è in corso unadelle più grande crisi umanitariemondiali. Cinque anni di conflittohanno fatto sì che l’80 per centodella popolazione, pari a 24 milio-ni di persone, necessiti di assisten-za umanitaria o di protezione. Solola metà dei centri di assistenza sa-nitaria risulta operativo. Ogni mesele agenzie umanitarie aiutano oltre13 milioni di yemeniti, ma se nonriceveranno aiuti immediati, più di30 programmi delle Nazioni Unitedovranno essere interrotti nelleprossime settimane. La mancanzadi fondi potrebbe ridurre di un ter-zo i programmi messi in atto per lasanificazione e al rifornimento diacqua, ponendo 5 milioni di yeme-niti al rischio di contrarre il colerae, ovviamente, anche il covid-19.

Nella Repubblica Democraticadel Congo, il conflitto e le violenzeinteretniche, sommate alla povertàendemica, alla carenza di servizi dibase e alla scarsità di assistenzamedica, hanno fatto sì che nel Pae-se 15,6 milioni di persone necessiti-no di assistenza umanitaria per po-tere sopravvivere. Notevole anche illivello di malnutrizione e di insicu-rezza alimentare, ai quali si aggiun-gono la diffusione del colera el’epidemia di ebola, in corso daquasi due anni. Dei 1.800 milionidi dollari richiesti per assistere ottomilioni di persone ne è arrivato so-lo l’8 per cento.

Sempre in Africa, preoccupa inparticolare la situazione in Zimbab-we, Mozambico, Zambia e Leso-tho, dove gli effetti del cambia-mento climatico si sommano allarecessione economica e a strutturenon in grado di affrontare la situa-zione. Solo nello Zimbabwe ci so-no sette milioni di persone che ne-cessitano di aiuti, mentre in Mo-zambico gli effetti devastanti deicicloni si sommano alla violenzajihadista.

In Sud Africa, la crisi è econo-mica e alimentare. Oltre quindicimilioni di persone soffrono la fa-me.

L’Africa affrontaconseguenze sociali

ed economichedella pandemia

GINEVRA, 2. La diffusione del covid-19 potrebbe avere un impatto deva-stante su milioni di persone in SudSudan. L’avvertimento arriva dal-l’Alto commissariato delle NazioniUnite per i rifugiati (Unhcr). Annidi conflitto e una serie di catastrofinaturali rendono ancora più vulnera-bili numerosi sfollati interni, rifugiatie comunità di accoglienza. Molti de-gli 1,7 milioni di sfollati interni vivo-no in insediamenti sovraffollati conscarse condizioni igienico-sanitarie elimitato accesso alle strutture medi-che.

Anche il Sud Africa è alle presecon le gravi conseguenze della pan-demia. Fra i tre e i sette milioni dipersone rischiano il posto di lavoro.A lanciare l’allarme è la tesoreria delSud Africa. Le misure restrittive so-no state però allentate negli ultimigiorni con il ritorno al lavoro di ol-tre un milione di persone.

In Rwanda invece si va verso unaprogressiva revoca delle restrizioni apartire dal 4 maggio, anche se ver-ranno mantenute alcune misure. LoZimbabwe ha invece deciso di con-cedere un’amnistia che amplia lecondizioni per la liberazione dei de-tenuti al fine di decongestionare lecarceri. Anche i condannati all’e rg a -stolo, che abbiano però scontato al-meno 20 anni di pena, potrebberoessere rilasciati. Lo annuncia una co-municazione del governo. Le isoleComore annunciano invece il primocaso di coronavirus. Ora l’unico Pae-se africano senza casi è il Lesotho.

Il messaggio di Mattarella per il 1° maggio: «L’Italia supererà le difficoltà»

Intesa europea per il vaccino

Il presidente del Consiglio Ue Charles Michel (Ansa)

I leader dei Paesi asiaticichiamati a proteggere i bambini

BRUXELLES, 2. Si chiama Worldagainst covid-19 (“il mondo controil coronavirus”) ed è il patto di coo-perazione globale per la ricerca diun vaccino contro il covid-19 an-nunciato da Italia, Francia, Germa-nia e Norvegia, insieme al Consi-glio europeo e alla Nato su iniziati-va della Commissione europea.

Il piano verrà annunciato lunedì4 maggio in una conferenza di do-natori con cui si punta a mettereinsieme almeno 7,5 miliardi di euro.Il testo è firmato dal presidente delConsiglio dei ministri italiano, Giu-seppe Conte, dal presidente france-se, Emmanuel Macron, dal cancel-liere tedesco, Angela Merkel, dalpresidente del Consiglio europeo,Charles Michel, dal premier norve-gese, Erna Solberg, e dal presidentedella Commissione europea, Ursulavon der Leyen.

«È questo il dovere della nostragenerazione — si legge nel docu-mento — e sappiamo di potercelafare: sostenendo insieme la scienzae la solidarietà oggi, getteremo lebasi per una maggiore unità doma-ni. La posta in gioco è alta per tut-ti: nessuno è immune, nessuno puòsconfiggere il virus da solo e nessu-no sarà davvero al sicuro finchénon lo saremo tutti, in ogni paese».

I leader europei hanno annuncia-to, quindi, di «concretizzare l’imp e-gno dei leader del G20 a fornireuna risposta coordinata al virus sularga scala» e di sostenere l’app elloall’azione dell’Organizzazione mon-diale della sanità (Oms).

«Il nostro obiettivo — hannospiegato — è semplice: il 4 maggiopuntiamo a raccogliere una sommainiziale di 7,5 miliardi di euro persopperire alla carenza globale di fi-nanziamenti che emerge dalle stimedel Global preparedness monitoringboard (Gpmb) e di altri».

Ogni euro raccolto sarà convo-gliato principalmente tramite orga-nizzazioni sanitarie mondiali rico-nosciute per sviluppare e distribuireil più rapidamente possibile e a piùpersone possibili gli strumenti dia-gnostici, le terapie e i vaccini cheaiuteranno il mondo a superare lapandemia. «Se riusciamo a svilup-pare un vaccino prodotto dal mon-do per il mondo, questo vaccino sa-rà un bene pubblico globale unicodel ventunesimo secolo», hannoconcluso i leader europei.

In occasione del primo maggio,il presidente della Repubblica ita-

liana, Sergio Mattarella, ha detto:«Finalmente si riparte, ma guai adarchiviare l’angoscia delle settimaneprecedenti, sotto la violenta e velo-ce aggressione del virus o il fattoche abbiamo superato i 200.000contagi e che ogni giorno dobbia-

mo piangere alcune centinaia di vit-time». L’Italia supererà le difficoltà— ha aggiunto — «ma non è certo ilmomento di vanificare i sacrifici finqui fatti». In Russia, sono intantostati registrati quasi 10.000 conta-giati nella ultime 24 ore.

GINEVRA, 2. La protezione deibambini sia al centro dell’azionedi risposta all’emergenza covid-19dei leader dei Paesi asiatici. Èquanto hanno chiesto oggi ai go-verni dell’Associazione delle nazio-ni del sud-est asiatico (Asean) edell’Associazione sud-asiatica perla cooperazione regionale (Saarc)le sette principali organizzazioniper i diritti dei bambini in una di-chiarazione congiunta.

«I bambini sono spesso le vitti-me invisibili in ogni crisi e lo sonoanche in queste circostanze», ha

dichiarato il Direttore di Save thechildren in Asia. I bambini, haspiegato, stanno già subendo con-seguenze devastanti a causa dellapandemia, specialmente i più vul-nerabili, per le maggiori difficoltàdi accesso all’educazione e alle cu-re sanitarie. Le misure di lock-down — avvertono inoltre le setteorganizzazioni — stanno esponen-do a gravi rischi di violenze dome-stiche e di altri abusi specialmentele bambine e le ragazze.

In Cina è stato ridotto il livellodi allerta nella provincia cinese

dell’Hubei, mentre riapre ai visita-tori la Grande muraglia e la Cittàproibita a Pechino. Nel frattempo,l’Organizzazione mondiale dellasanità ha chiesto di partecipare al-le indagini sull’origine coronavirus«su invito del governo cinese».

L’India, intanto, registra il re-cord di nuovi casi. Nelle ultime 24ore ne sono stati confermati 2.293.Di conseguenza è stato esteso illockdown. Il Pakistan, dove sonogià stati superati i 18.000 casi, ieriha segnato invece il record di vitti-me in un giorno, 32 in totale.

Page 3: Una giornata di preghiera Per una Chiesa di digiuno e di ... › media › osservatore... · Vangelo, e la misericordia è l’ambi-to per incontrarci con loro». Lo sa bene il vescovo

L’OSSERVATORE ROMANOsabato-domenica 2-3 maggio 2020 pagina 3

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

«Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in quest’a f f a re ,

ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene» (D. Bonhoeffer)

Conversazione con il filosofo Maurizio Ferraris

In fondobasterebbe rileggere Manzoni

di LUCA M. PO S S AT I

La pandemia può essere unagrande occasione: occorresfruttarla e andare avanti nel

segno della solidarietà. Così Mauri-zio Ferraris, uno dei più importantifilosofi italiani, esprime la sua visio-ne sul “dop o” l’emergenza. Profes-sore all’università di Torino, Ferra-ris evita i facili paragoni tra guerrae pandemia ed è convinto che, so-prattutto per l’Europa, questo mo-mento rappresenti un bivio: o si ri-nasce con coraggio, o si rischia ladisgregazione e il conflitto.

La pandemia ci costringe a ripensareradicalmente il nostro modo di stareassieme, ma anche il nostro modo dipensare noi stessi e il mondo. Chemondo si attende nel “dopo”?

Un altro mondo, un nuovo mon-do, ma non necessariamente unmondo peggiore. Anzi, spero chesia migliore, e in questo caso tantelacrime e sangue non sarebbero sta-ti sparsi invano. Il presidente Ma-cron ha detto “siamo in guerra”,sottolineando la drammaticità dellasituazione. Ma c’è una differenzafondamentale rispetto alla guerra:se, come spero, riusciremo a vincer-la, sia pure tra enormi lutti e sacri-fici, ci sarà solo una parte vincitricema nessuna parte sconfitta, perchéla guerra in corso non è tra umanie altri umani, ma tra gli umani e unvirus, incosciente e incolpevole. Vi-sto che, come la storia ci insegna,una delle più tremende conseguen-ze della guerra è il revanscismo e ilrisentimento degli sconfitti, non rie-sco a immaginarmi un revanscismodel covid. In compenso, come an-che la storia ci insegna, si esce dalleguerre amando e apprezzando la vi-ta più di prima, con più voglia difare e di cooperare, e sicuramentecon meno spirito di fazione e mag-giore solidarietà. Dura poco, per-ché questa è la natura umana, manon dobbiamo perdere il k a i ró s , epensare sin da subito a una agendaper la ripartenza. Il mondo del do-po non sarà un tutt’altro, ma l’acce-lerazione di processi già in atto nelmondo del prima, e che consiste-ranno tanto nell’incrementare lacompetenza tecnica di ognuno dinoi quanto (le due cose non vannonecessariamente assieme) la com-prensione di questi processi e delloro significato per l’umanità e peril senso che decidiamo di dare almondo in cui viviamo.Elenco unp o’ rapsodicamente alcuni temi, masono certo che ogni lettore saprà al-lungare l’elenco, ed è una operazio-ne che va fatta al più presto per da-re una direzione coerente alla ripar-tenza, visto che non sono i mezziche ci mancano, ma i fini: nuoveforme della didattica e della ricerca;efficienza medica e scientifica delletracciature (per costituire un capita-le di conoscenza e gli ospedali dinuova concezione); lavoro del futu-ro, soprattutto per coloro che sonoesclusi dalla accelerazione tecnolo-gica; welfare digitale e transgenera-zionalità (far pagare la ripartenzaalle piattaforme di oggi, che stannoguadagnando moltissimo, inveceche alle generazioni future, con undebito di cui dovranno portare ilpeso); nuove aggregazioni politicheche si possono produrre in unmondo in cui la presenza è destina-ta a diradarsi e in cui invece l’ag-gregazione deve aver luogo attra-verso progetti concreti e circoscritti;la necessità della meditazione e del-la educazione in un mondo semprepiù liberato dall’assillo della produ-zione che, anche per ragioni sanita-rie, sarà sempre più automatizzato,visto che gli automi, diversamentedagli umani, non sono sensibili alv i ru s .

Molti dicono che il “mito” del progres-so è finito e che il capitalismo non sa-rà più lo stesso. Secondo lei, sono tesisostenibili? Andiamo verso un capitali-smo più solidale?

Purtroppo il mito del progresso èin declino da molto, troppo tempo.Un crepuscolo spengleriano segnal’Europa da almeno un secolo, ilche è paradossale se solo si pensa

all’aumento della vita media dellapopolazione e ai progressi dellamedicina. Ne fa fede il fatto che,quando ci si trova di fronte a unmale cui la scienza non è in gradodi dare una risposta immediata, sivacilla come di fronte a qualcosa diincredibile, tanta è la fiducia che siripone in pratica in quel progressoe in quella scienza che in teoria si èsempre disposti a mettere in dub-bio. Dimenticando un punto essen-ziale, e cioè che se non ci fosse al-meno la speranza che l’umanità vaverso il meglio, allora la storia e ilnostro stare al mondo non avrebbe-ro senso, così come non avrebberosenso le nostre lamentele sul deser-to che avanza, negli spiriti e nellanatura. Quanto al capitalismo, il di-scorso è complesso, ma tendo a es-sere positivo. Il virus, come il web(la forma attuale del capitale, cheha tratto enormi vantaggi da unacrisi che certo non ha provocato,Besos non è mica Krupp) ha biso-gno degli umani. Il primo solo delloro corpo, delle loro mani e dei lo-ro piedi, per diffondersi. Il secondodella loro vita intera, della loro cu-riosità, del loro metabolismo, dellaloro mortalità che è sempre un invi-to a fare e a muoversi perché iltempo a disposizione non è infini-to. Però il virus non restituisce, uc-cide e basta. Il web registra, accu-mula dati, capitalizza la forma divita umana per trarne automazionedei processi produttivi, perfeziona-mento delle catene distributive eraccolta di informazioni che posso-no essere tradotte in denaro sonan-te o in misure di profilassi, comequelle attualmente in studio. Restache lo scambio tra gli utenti e lepiattaforme, per quanto apparente-menente equilibrato (l’utente dà in-formazioni gratis, e ne riceve gratis)è profondamente iniquo, perché lapiattaforma riceve molte più infor-mazioni, e da milioni di utenti, eha strumenti di comparazione e dicalcolo che questi non posseggono.Si genera così un plusvalore digita-le ben più forte del plusvalore in-dustriale. Nell’industria l’op eraiolavorava gratis per metà delle sueore di lavoro. Sulle piattaformel’umanità, vecchi e bambini com-presi, lavora gratis giorno e notte,perché produce valore, senza nep-pure avere coscienza di lavorare.Una tassazione del plusvalore digi-tale, condotta a livello europeo (bi-sogna essere in tanti) potrebbe es-sere la base di un nuovo welfare, edel capitalismo più solidale e giustoche la storia abbia mai conosciuto.Abbiamo la possibilità di farlo. Ilche, da un punto di vista kantianoma anche da un punto di vista cri-stiano, si trasforma in un doveremorale. “Incarnazione” significa an-che questo, che ognuno di noi ècarne, sottoposto al bisogno e allamorte, ma che proprio questo biso-gno, cui risponde il consumo, è unbene primario non solo per ognunodi noi, ma per il capitale nel suoinsieme, che non avrebbe senso evalore senza gli umani e i loro biso-gni. Nel momento in cui la produ-zione si orienta verso una crescenteautomazione, è evidente che ciò chenon si può surrogare è il consumo,il che ingiunge al capitale di esseresolidale, perché ha bisogno di noi.Insomma, non sottovalutiamo ilconsumo, che può essere virtuoso,visto che non si riferisce solo ai nu-trimenti della carne ma anche aquelli dello spirito.

Crede che la risposta dei governi siastata all’altezza dell’emergenza? Siaspettava di più dalla politica, so-prattutto in Italia?

Se l’efficacia di un governo si mi-sura dall’efficacia e dalla rapiditàdella risposta, direi che il governoitaliano è stato rapido, e che l’altonumero delle vittime, soprattutto alnord, dipende dal fatto che la sani-tà, specie lombarda, ha puntato sul-la specializzazione e la privatizza-zione, trascurando la medicina dibase. Ma la sanità, come sappiamo,è competenza della regione e nondello Stato, e molte altre regionihanno fatto meglio. Sicuramente lachiusura totale è stata tempestivaed efficace nell’evitare che la pan-demia si diffondesse al Sud, e inquesto anche la geografia (sotto laPianura padana l’Italia è stretta,dunque controllabile) ha giocato anostro vantaggio. Non c’è dubbiocomunque che quelli che ne esconomeglio sono i tedeschi (anche seanche lì i casi e purtroppo i cadutistanno aumentando), ma, più che aspeciali meriti del governo, credoche il merito vada all’o rg a n i z z a z i o -ne del sistema sanitario. Gli ameri-cani, purtroppo, ne escono malissi-mo soprattutto per lo spaventosotributo di morti che stanno pagan-do. Non dimentichiamo che Get-tysburg, la più sanguinosa battagliacombattuta sul territorio dell’Unio-ne, ebbe 8.000 caduti.

In questa difficile fase, uno degliaspetti che sono emersi con maggiorenettezza è stata la divisione dell’Unio-ne europea, con la solita contrapposi-zione tra Stati del sud e Stati delnord. Lei pensa che questa pandemiasegni l’inizio di una crisi profonda perl’E u ro p a ?

Sono sempre stato un convintoeuropeista, e come tale sono preoc-cupatissimo perché i casi sono due.O l’Europa riuscirà a dare una ri-sposta solidale e grandiosa, all’al-tezza di quella che la Germania diKohl diede all’unificazione con laGermania Est, ben consapevole del-le immani difficoltà economicheche questo avrebbe comportato; op-pure l’Europa, come progetto e co-me realtà politica, sarà finita. Certo,Kohl aveva dalla sua una tradizionenazionale. Ricordo la risposta chediede a un intervistatore, ero inGermania proprio in quei giorni:«Certo che dobbiamo accoglierli, epoi riunificarci, sono tedeschi comenoi». Mentre la risposta dell’E u ro -pa dovrebbe essere «Certo che dob-

La Giornata della libertà di stampa a 40 anni dalla morte di Tobagi

L’informazioneva ancora difesa

di SI LV I A CAMISASCA

Se Montesquieu vivesse in que-sto ventunesimo secolo, la suavisione della separazione dei

poteri, come base per l’equilibrio eil corretto funzionamento di unacomunità, si arricchirebbe di unquarto pilastro, il potere di infor-mare: questo, infatti, insiemeall’educazione, rappresenta la con-dizione di qualsiasi forma di convi-venza civile, rispettosa del valoreumano in quanto tale. Lo strumen-to su cui possiamo contare per de-cifrare la realtà che ci circonda e di-sporre della piena cittadinanza è,oggi più che mai, l’educazione, per-ché garantisce la chiave di accessoalle informazioni del mondo e pla-sma la coscienza critica.

Non a caso, dal 1993, il 3 maggioricorre la Giornata mondiale dellalibertà di stampa, con cui le Nazio-ni Unite ricordano l’importanza delrispetto della libertà di parola —sancita dall’articolo 19 della Dichia-razione universale dei diritti umanidel 1948 — del pluralismo e dell’in-dipendenza dei media, ribaditi poinella Dichiarazione di Windhoekdel 1991. L’informazione è il carbu-rante che alimenta la conoscenza ele passioni, ispira orientamenti escelte, matura decisioni e prese dip osizione.

Anche in un assetto formalmentedemocratico, laddove non sia ga-rantita la facoltà di informarsi, nonci si può definire davvero liberi.«Le scuole di giornalismo sonoconsapevoli del loro ruolo fonda-mentale, non solo per costruire laprofessionalità delle nuove leve, maper creare le condizioni per un si-stema veramente libero e vigile», af-ferma Luca Solari, Direttore dellaScuola di giornalismo Walter Toba-gi e professore ordinario pressol’Università di Milano. «In un con-testo in cui l’assetto democratico èdato per scontato, tanto da averloritualizzato, non vi può essere pienalibertà della persona e della colletti-vità, senza libertà di stampa».

Come, dunque, non ridurre allacelebrazione di un rito formale an-che il 3 maggio, ma richiamarciall’importanza del diritto all’infor-mazione, soprattutto di fronte adun’offerta mediatica ossessivamentedifferenziata tra canali televisivi, ri-viste, giornali e web? «Tutti siorientano a cogliere articolazionisempre più focalizzate di quelli cheormai chiamiamo utenti: costoro,quando le informazioni sono veico-late attraverso la tecnologia, sonopoi oggetto di sofisticate analisi digradimento utili, a loro volta, adorientare sempre più la forma e ilcontenuto di quello che comuni-chiamo» puntualizza Solari, sottoli-neando che, in particolare, i socialnetwork «alimentano un flusso diinformazioni senza pari nella civiltàmoderna, con il rischio di trasfor-mare la notizia in un prodotto sog-getto al gradimento del lettore».

Ha senso, allora, parlare di liber-tà di stampa, quando si ha la facol-tà di scelta tra un’infinità di propo-ste? O forse dobbiamo limitarci ariflettere sulla libertà di stampa co-me valore universale, assumendoche il problema sia altrove? È il no-stro un esercizio formale il cui pote-re simbolico si attenua nel tempo?«Dirigendo una Scuola di giornali-smo che porta il nome di WalterTobagi, non mi sottraggo alla re-sponsabilità di trasmettere la testi-monianza del suo nome. In Italia,tradizionalmente i nomi degli istitu-ti scolastici ricordano i grandi per-sonaggi del passato, ma quasi mairaccogliamo l’attualità del loro mes-saggio, rendendoli talvolta muti» ri-flette il giornalista

. Come conservare — nello scorre-re del tempo — l’insegnamento diun giornalista come Walter Tobagie porre alle radici della nostra iden-tità il valore del suo esempio, allavigilia del quarantesimo anniversa-

rio dell’assassinio che lo ha strappa-to all’affetto della famiglia e di tut-ta la società civile? Tobagi — il cuinome allunga la tristissima lista dimartiri sacrificati in difesa della de-mocrazia — ricorda a tutti coloroche operano nell’ambito dell’infor-mazione che la stagione dell’imp e-gno per la libertà e la giustizia nonè finita, perché, pur rinnovandosimodalità e attori, occorre semprevigilare e coltivare una coscienza ci-vica, a presidio dei valori alla basedel bene comune. In particolare, il28 maggio — a 40 anni esattidall’omicidio del giornalista — erastato pensato un convegno per ri-flettere, ripercorrendo la vicenda diquell’inaccettabile sacrificio, sull’im-portanza cruciale del giornalismo diinchiesta per una società democrati-ca in qualsiasi angolo del pianeta.«Ovunque, nel mondo, convivonodue grandi rischi per la libertà distampa: uno evidente e sanguinosoed uno subdolo, ma ugualmentepericoloso» argomenta Solari. «An-cora in troppi paesi fare informazio-ne libera e critica equivale a metterea repentaglio la vita, propria e deifamigliari, o a condurre un’esisten-za clandestina. D’altra parte, però,in altrettante realtà, il mondo delgiornalismo è asservito alle leggidel mercato o al potere della pro-prietà, come, non di rado, è stru-mentalizzato a fini elettorali o poli-tici» conclude il giornalista.

Ad inquadrare in un contesto piùgenerale queste parole, aiutano idati del World Press Freedom In-dex, che raggruppa le rilevazioniufficiali in rapporto al grado di plu-ralismo, trasparenza, censura, indi-pendenza e normativa dell’assettoinformativo: a fronte di un sostan-ziale mantenimento dello statusquo del 2019, negli ultimi mesi sievidenzia un percorso di costantedeterioramento, in linea con la ten-denza in atto da quando è stato co-stituito l’organismo di valutazione.Preoccupante è segnalato l’a r re t r a -mento di aree storicamente caratte-rizzate dalle condizioni migliori, co-me Europa e Stati Uniti, anche sel’Italia, al 49° posto, rispetto alloscorso anno recupera due posizioni.

«Il tema della libertà di stampa,oggi, nel 2020, è di grande attuali-tà, anche in Italia: non lo dico inqualità di direttore della scuola digiornalismo, ma da cittadino». È,infatti, importante la netta distin-zione tra libertà di stampa e facoltàdi scelta delle notizie abbondante-mente fruibili, per evitare il cortocircuito delle echo chambers, in cuil’utente finale assorbe quel che piùviene proposto e non quel che cor-risponde a verità: il che alimenta unloop mediatico sicuramente profit-tevole, ma socialmente vizioso, incui spesso le posizioni più radicali,come le analisi meno ponderate, ri-scuotono un maggiore e assai fedeleseguito. «Certi meccanismi tipica-mente connaturati ai social net-work, che spesso stigmatizziamo,hanno abbracciato tutto il tessutodell’informazione» sottolinea Solari.«Anche perché non sfugge che nonesiste paese senza stampa, il che si-gnifica che, laddove non sussistonocondizioni di trasparenza e autono-mia, coloro che si dicono giornalistisostengono un contesto non libero:in questo modo, nei paesi nei qualiil rischio è l’abuso, sono complicidella soppressione delle libertà al-trui, in quelli nei quali è a rischio lalibertà di inchiesta, sono complicidi un atto illiberale, meno cruentoma non meno censurabile» conclu-de il docente. Certo, il giornalismolibero — ispirandosi alla figura diWalter Tobagi, per distinguere ciòche è vero da ciò che è vilipendio,offesa, attacco indiscriminato o ma-nipolazione — può attingere unagrande lezione umana e professio-nale. Per sostenere le voci più de-boli e schierarsi a fianco degli ulti-mi, denunciando le ingiustizie.

biamo sostenerli, sono europei co-me noi» (meglio ancora «sono esse-ri umani come noi»). E per questooccorrono grandi ideali e grandileader, ma purtroppo la strutturapolitica dell’Europa, che è ancorauna aggregazione di Stati, non per-mette la formazione di leader diquesta statura. Di certo sarebbe ne-cessaria una mobilitazione di tuttele autorità spirituali e culturali chespingesse in questa direzione, nellaconsapevolezza che non si tratta disalvare una coalizione di Stati cat-tolici contro una coalizione di Statiprotestanti, quasi che la pace diWe s t falia non avesse avuto luogo,ma l’Europa intera, al di là delleconfessioni. Fuori di questa unità,c’è molto di peggio di quanto sipuò immaginare: non solo la pover-tà e il particolarismo, ma la guerra,come ricordava bene François Mit-terrand nel celebre discorso tenutoal parlamento europeo di Strasbur-go pochi mesi prima di morire: «Lenationalisme, c’est la guerre!»

Lei è internazionalmente conosciuto co-me uno dei principali esponenti delNuovo realismo, una posizione filosofi-ca che ha suscitato un ampio dibattitonegli ultimi anni. Che cosa può inse-gnarci il Nuovo realismo su questapandemia e sul dopo la pandemia?

L’idea postmoderna che la realtàsia socialmente costruita ha subitouna ennesima smentita, ridicoliz-zando coloro che amano vedere

l’intervento umano (una specie diprovvidenza capovolta e general-mente malvagia) dietro ogni eventonon solo della storia, ma della stes-sa natura. C’è chi ha detto che sitrattava di una strategia dei cinesicontro gli americani o viceversa; chiha sostenuto che era un complottoper chiudere tutti in casa e prende-re il potere (come? Passando con ilrosso in strade deserte?); chi ha so-stenuto che si trattava di un colpodi Stato scientistico… Sono posi-zioni che si commentano da sole, enon c’è bisogno di chiamare incampo il nuovo realismo, basta ci-tare Manzoni e quel postmodernoante litteram che era don Ferrante,che nega l’esistenza del contagiosostenendo che non è né sostanzané accidente, dunque non esiste.Sicché, conclude Manzoni «su que-sti bei fondamenti, non prese nes-suna precauzione contro la peste;gli s’attaccò; andò a letto, a morire,come un eroe di Metastasio, pren-dendosela con le stelle».

Page 4: Una giornata di preghiera Per una Chiesa di digiuno e di ... › media › osservatore... · Vangelo, e la misericordia è l’ambi-to per incontrarci con loro». Lo sa bene il vescovo

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 sabato-domenica 2-3 maggio 2020

Critica la situazione nei penitenziari del paese

Venezuela: rivolta in carcereOltre quaranta vittime

Per affrontare la peggiore crisi economica dalla fine della guerra civile

Il Libano chiede aiuto all’Fm iL’Argentina rivedela sua posizione

su alcuni negoziatinel Mercosur

BUENOS AIRES, 2. L’Argentina harivisto la sua posizione all’internodel Mercosur, il mercato comunedell’America meridionale, in me-rito alle recenti decisioni sullanon partecipazione ai negoziatidi libero commercio aperti dalblocco, eccetto quelli già avanzaticon l’Unione europea (Ue) e iPaesi dell’Efta.

Giovedì, nel corso di una riu-nione in videoconferenza deicoordinatori nazionali del Mercu-sur, il governo di Buenos Airesha dato la sua disponibilità «aoperare nella ricerca di soluzionicomuni che permettano ai Paesidel blocco di avanzare a ritmidifferenziati nell’agenda di rela-zionamento esterno, tenendo inconto la situazione economica in-terna dell’Argentina e il contestointernazionale». Questo quantosi legge in un nuovo comunicatocon cui l’esecutivo del presidenteAlberto Fernández ha volutoconfermare la propria apertura ainegoziati sul commercio esterodel Mercosur. «Il Mercato comu-ne è un meccanismo sostanzialedi integrazione regionale» recitail comunicato in cui si sottolineainoltre «la necessità di continuaread approfondire l’agenda internadell’organizzazione, dato chequesta questione, trascurata negliultimi anni, è chiave per lo svi-luppo della competitività dei no-stri Paesi e per la loro proiezioneinternazionale». I quattro paesisono ora concordi sulla necessitàdi trovare «il miglior meccanismoche tenga conto degli interessi diciascun paese nei negoziati ester-ni, sapendo che la soluzione mi-gliore sarà sempre il risultatodell’accordo di tutti i membri».

Per l’Argentina, come espressodal presidente Fernández pochigiorni fa al suo omologo uru-guaiano, Luis Lacalle Pou, lapermanenza nel Mercosur non èin discussione. Anzi l’intenzione«è di ingrandirlo, con più mem-bri».

CARACAS, 2. Almeno quarantasei de-tenuti hanno perso la vita e moltialtri sono rimasti feriti ieri nel corsodi una rivolta nata con l’obiettivo diprovocare una fuga di massa dalcarcere di Los Llanos a Guanare,nello Stato di Portuguesa, nella zo-na centro-occidentale del Venezuela,a circa 500 chilometri a sud-ovestdella capitale Caracas.

Il bilancio dei morti è destinatoperò a salire per le condizioni di

estrema gravità di alcuni feriti. Que-sti ultimi sono stati trasferitiall’ospedale della città, mentre i de-funti sono stati trasportati in unobitorio improvvisato vicino allaprigione, dove sarebbero stati iden-tificati e successivamente sarebberostate informate le rispettive famiglie.

Lo riferisce il quotidiano El Uni-versal che, citando fonti militari, in-dica che nella mattinata i detenutihanno creato «una situazione irre-golare» che ha richiesto l’interventodel direttore del penitenziario, Car-los Toro, del comandante delle forzedi sicurezza del carcere, primo te-nente Alberto Castro, e del tenentedella Guardia nazionale bolivariana,Escarlet González Arenas.

Nella rivolta i detenuti hannousato armi da fuoco e armi bianche,oltre a oggetti affilati e una granata.Nelle fasi concitate degli scontri congli agenti della sicurezza, all’internodell’Istituto di pena, è stato feritogravemente il direttore e pure il te-nente della Guardia nazionale boli-variana, Escarlet González. Mentreil comandante delle forze di sicurez-za del carcere, primo tenente Alber-to Castro, è riuscito a sfuggire all’at-tacco.

L’agguato ai funzionari sarebbeavvenuto quando questi hanno cer-cato un dialogo con il leader deiprigionieri, soprannominato Olivo,

che ha coordinato la rivolta dei pri-gionieri. Inoltre, un gruppo di dete-nuti, denominati “Los Machados”,ha tentato la fuga dal penitenziariocercando di raggiungere la stradadopo aver distrutto «la recinzionedi sicurezza attorno al perimetrodella prigione», come si legge dalrapporto delle forze dell’ordine. Inquel momento sarebbero stati colpitidagli agenti delle forze di sicurezza.

Quanto avvenuto ieri nel carceredi Guanare, a detta di Carolina Gi-ron, rappresentante di una ong chedifende i diritti dei detenuti vene-zuelani, è il frutto della situazionecritica all’interno degli istituti di pe-na, aggravata oltretutto dall’emer-genza sanitaria legata alla diffusionedel covid-19. Secondo Giron i pri-gionieri non possono più riceverevisite dei familiari e «non hanno pa-ne e acqua». Nel corso delle visitedei familiari, infatti, i detenuti eranosoliti ricevere cibo e farmaci. Secon-do l’ong nel 2019 circa 97 detenutisono morti dietro le sbarre, una set-tantina dei quali a causa della man-canza di medicinali e cure mediche.Per di più nel caso specifico del car-cere di Guarane, sono in 2500 stipa-ti in una struttura con una capacitàdi ricezione di 750 posti.

Le autorità venezuelane hanno af-fermato che non vi sono stati casi dicoronavirus nelle carceri del paese.

Uccisi due civili durante gli attacchi a Tripoli

L’Onu invita alla tregua e alla ripresadei colloqui in Libia

Dieci paesi europei condannanouna eventuale annessione di territori

palestinesi da parte di Israele

TEL AV I V, 2. Nuove costruzioni a Gerusalemme est e l’annessione di partidei territori palestinesi nella Cisgiordania sono «passi unilaterali che p otreb-bero danneggiare gli sforzi di riavvio dei colloqui di pace e avere ripercus-sioni sulla stabilità regionale». È quanto si legge nella dichiarazione pubbli-cata ieri da dieci paesi europei (Gran Bretagna, Francia, Germania, Spagna,Italia, Irlanda, Belgio, Svezia, Olanda e Danimarca).

I rappresentanti dei paesi europei — nel corso di una videoconferenza conil ministero degli esteri israeliano — hanno definito un passo «importante»la formazione di un governo di unità nazionale in Israele ma al tempo stes-so hanno detto di essere «profondamente preoccupati» da quelle partidell’intesa di coalizione del governo Netanyahu-Gantz che intendono realiz-zare «l’annessione di parti della Cisgiordania. Annessione — hanno spiegato— «che costituirebbe una chiara violazione della legge internazionale» e«avrebbe anche ripercussioni sulla posizione di Israele a livello internazio-nale».

Intanto, da segnalare la notizia secondo cui il governo israeliano avrebbepreso in esame proposte per uno scambio di prigionieri giunte nelle ultimesettimane da Hamas attraverso mediatori internazionali.

Attacco dell’Is contro l’e s e rc i t onel Sinai del Nord

IL CA I R O, 2. Il sedicente Stato islamico (Is) ha rivendicato l’attacco controun convoglio militare dell’esercito egiziano avvenuto il 30 aprile scorso nelnord del Sinai, in Egitto. Lo riferisce Al Arabiya, citando l’organo di stam-pa ufficiale dell’Is Amaq. L’esplosione di un ordigno avrebbe causato lamorte di un ufficiale, mentre un secondo sottufficiale è rimasto ferito insie-me ad altre otto reclute egiziane. Lo rende noto un comunicato del portavo-ce dell’esercito egiziano, che tuttavia non ha precisato il numero esatto deimorti. In risposta, l’esercito ha lanciato un’offensiva in cui sono morti duemiliziani jihadisti. Il presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi, ha condanna-to l’attacco tramite un post su Facebook, definendo i militari caduti «eroi»e «martiri».

Ripetute violenzeinsanguinano l’Afghanistan

Kim Jong-unr i a p p a re

in pubblico

BE I R U T, 2. Il Libano ha inoltrato ie-ri una richiesta di aiuto finanziarioal Fondo monetario internazionale(Fmi). Il governo spera in questomodo di arginare la peggiore crisieconomica del Paese dalla fine dellaguerra civile (1990).

Il lockdown per combattere lapandemia di coronavirus si è soloaggiunto ai problemi economici delPaese fortemente indebitato, che in-cludono l’inflazione in ascesa, unastretta sulla liquidità, il crollo dellavaluta e un primo default del debitosovrano. Un piano di riforme eco-nomiche, approvato all’unanimità

giovedì in una riunione del gabinet-to, dovrebbe ridurre l’enorme debitopubblico del Libano dal 170 percento del Pil a meno del 100.L’obiettivo è ripristinare la crescitaeconomica positiva a partire dal2022. In parallelo, il governo è allaricerca di oltre 10 miliardi di dollaridi sostegno finanziario oltre a 11 mi-liardi in sovvenzioni e prestiti giàpromessi da donatori internazionalinel 2018.

Non è chiaro — riferiscono fontidi stampa — quanto verrebbe dallecasse dell’Fmi. «Abbiamo fatto ilprimo passo sul percorso per salvare

il Libano da una profonda crisi fi-nanziaria» ha detto il primo mini-stro Hassan Diab in un video sullasua pagina Twitter. «Sarebbe diffici-le uscirne senza un aiuto efficace edi grande impatto» ha aggiunto.

L’Fmi e gli organismi internazio-nali come le Nazioni Unite avevanopiù volte invitato il governo libane-se ad accelerare l’approvazione delpiano di riforme, dopo che all’iniziodi marzo Diab aveva annunciato uf-ficialmente il default del paese. Se-condo i media, il piano di riformeapprovato dal governo prevede, trale varie misure, la ristrutturazionedel debito pubblico e un interventoa sostegno del sistema bancario, alcentro di forti pressioni da parte dirisparmiatori locali e investitori este-ri, e da più parti indicato come unodei responsabili della difficile situa-zione economica.

La crisi economica ha scatenatoanche proteste popolari. Da mesi ilLibano è scosso da agitazioni senzaprecedenti contro carovita e corru-zione. Nei giorni scorsi le protestehanno ripreso vigore, con episodi diviolenza e scontri tra manifestantied esercito, nonostante le misure re-strittive imposte nel quadro dellacrisi per il coronavirus.

Gli ultimi scontri si sono registra-ti due giorni fa a Tripoli, nel norddel Paese, tra manifestanti e forzedell’ordine. Sono stati segnalati unatrentina di feriti secondo la CroceRossa locale. Tensioni notturne sisono registrate anche a Beirut e inaltre città del paese. Ieri intantocortei di auto provenienti dalla re-gione montagnosa del Metn, a norddi Beirut, si sono diretti lungo l’au-tostrada costiera per interrompere lacircolazione. A Beirut, Sidone, Tri-poli e in alcune località della valleorientale della Bekaa ci si prepara —secondo la stampa — a grandi mani-festazioni la prossima settimana.

PY O N G YA N G , 2. Il leader nordco-reano, Kim Jong-un, è riapparsoieri in pubblico dopo tre settima-ne, ponendo fine alla ridda di vo-ci sul suo precario stato di salute— fino a ipotizzarne la morte —rimbalzate nei giorni scorsi suimedia di tutto il mondo.

Sorridente e senza apparenti se-gnali di malattie, Kim ha inaugu-rato una fabbrica di fertilizzantifosfatici a Sunchon, città a circacinquanta chilometri a nord dellacapitale, Pyongyang. Lo hannoconfermato 21 fotografie diffusedall’agenzia di stampa del regime,la Kcna. Le foto, tra l’altro, lohanno mostrato mentre parla coni funzionari della fabbrica e ispe-ziona a piedi l’impianto, facendocadere le indiscrezioni che lo da-vano incapace di camminare.

All’evento hanno preso parte,tra gli altri, la sorella del leader,Kim Yo Jong, il vice presidentedel Comitato centrale del Partito,Pak Pong-ju, e il premier KimJ a e - r y o n g.

TRIPOLI, 2. La missione di supportodelle Nazioni Unite in Libia (Un-smil) ha invitato le parti in conflittoa una tregua, così da riprendere icolloqui della Commissione militarecongiunta 5+5, al fine di raggiungereun cessate il fuoco permanente inbase al progetto di accordo propostodall’Onu il 23 febbraio. La Missionein particolare esorta, in una nota, ad«accogliere con favore iniziative checonsentiranno al popolo libico di os-servare la pace durante il Rama-dan». L’Unsmil — conclude il comu-nicato — ritiene che la massima ga-ranzia di un cessate il fuoco durevo-le non risieda solo sulla buona vo-lontà delle parti in conflitto, ma an-che sull’impegno della comunità in-ternazionale a rispettare gli obblighidi perseguire e preservare la pace ela sicurezza in Libia.

Proseguono nel frattempo gliscontri nonostante i reiterati appellialla tregua della comunità interna-zionale. Questa mattina almeno duecivili sono morti e altri due sono ri-masti feriti durante il bombardamen-to a colpi di razzi Grad caduti sulquartiere Zanatah di Tripoli a opera

delle forze del generale Khalifa Haf-tar. Lo riferiscono i media locali, se-gnalando anche scontri nei pressidella strada del vecchio aeroportointernazionale e nell’area di Mitiga.

Per giunta l’aviazione del governodi Tripoli ha condotto una serie diraid aerei contro la base militare diHaftar di al-Wattiya, ubicatanell’ovest del Paese. Nell’attacco so-no rimasti uccisi almeno cinque mili-ziani e altri quattro sono rimasti feri-ti, secondo quanto comunicato dalcolonnello Mohammed Ganunu,portavoce delle forze armate di Tri-poli. Inoltre nell’area di Tenenai, asud di Bani Walid, sono state colpitenel medesimo attacco anche alcuneautocisterne delle forze di Haftar.

Vietate in Sudanle mutilazioni

genitali femminili

KHARTOUM, 2. Il governo delSudan ha vietato le mutilazionigenitali femminili. Nel paese, lapratiche di mutilazione genitalefemminile sono molto diffuse. LeNazioni Unite stimano che noveragazze su dieci in Sudan sianostate sottoposte a questo tipo dipratiche fino a oggi.

Il divieto è stato inserito in unemendamento al codice penaledal governo provvisorio del pae-se, in vigore dallo scorso annodopo la destituzione del dittato-re Omar Hassan al-Bashir, cheera al potere da trent’anni. Lanuova legge prevede una pena ditre anni di carcere per chi praticamutilazioni genitali, oltre a unamulta.

Plauso internazionale allanuova norma. Le ong internazio-nali che da anni si battono con-tro le mutilazioni genitali femmi-nili in Africa hanno definito ladecisione «un grande passo peril Sudan. L’Africa non può pro-sperare se non si prende cura diragazze e donne».

KABUL, 2. Afghanistan senza pace,con le violenze che non si fermanonemmeno durante il ramadan. Al-meno 14 soldati sono stati uccisi ieriin un attacco dei talebani nel di-stretto di Zari, nel nord del paese.Saifurahman Rahmani, amministra-tore di Zari, ha dichiarato che gliinsorti hanno preso di mira il quar-tier generale e gli edifici della sta-zione di polizia distrettuali.

Alla fine di ore di sanguinosiscontri a fuoco — ha aggiuntoRahmani — «si sono registrate 14vittime tra i soldati afghani».

Nel confermare l’attacco taleba-no, il ministero della Difesa di Ka-bul ha affermato che i soldatidell’esercito uccisi sono sei, mentrealtri cinque sono rimasti feriti.

Poche ore prima, almeno tre per-sone sono morte e 15 sono rimasteferite in un attacco suicida alla pe-riferia di Kabul, nel primo attentatonella capitale afghana dopo oltreun mese. Lo ha riferito il ministerodell’Interno, precisando che un uo-mo si è fatto esplodere vicino a unavamposto militare. Un portavocedel ministero ha definito l’attacco«un crimine commesso dal nemico

dell’Afghanistan contro dei civilinel mese di ramadan». Secondouna fonte della sicurezza, il bersa-glio sarebbe stato una base delleforze speciali. Al momento nessungruppo ha rivendicato l’attentato.Stando a fonti Onu, la violenza inAfghanistan è aumentata negli ulti-mi due mesi, nonostante la firma —il 29 febbraio scorso a Doha, capi-tale del Qatar — di un accordo tragli Stati Uniti e i talebani, ritenutodagli analisti un primo passo neldifficile tentativo di riportare la pa-ce nel Paese.

In base all’accordo, Stati Uniti etalebani hanno concordato di ritira-re progressivamente le proprie trup-pe e quelle alleate dall’Afghanistan.La presenza americana sarà ridottaa 8600 uomini. Dal canto loro, i ta-lebani si sono impegnati a non per-mettere che il Paese possa ospitareorganizzazioni terroristiche decise apianificare attentati all’estero. Ilmullah Baradar ha chiamato “tuttele fazioni” a partecipare allo svilup-po di un sistema islamico. Ciò no-nostante, come detto, le violenzenon hanno tregua.

Page 5: Una giornata di preghiera Per una Chiesa di digiuno e di ... › media › osservatore... · Vangelo, e la misericordia è l’ambi-to per incontrarci con loro». Lo sa bene il vescovo

L’OSSERVATORE ROMANOsabato-domenica 2-3 maggio 2020 pagina 5

Pete Seeger, cantore della speranza

La certezza dell’alba

Gino Bartali, Louison Bobet e Andre Brule durante la salita del passaggio della Croce di ferro al Tour de France del 1948durante la tappa Briançon - Aix Les Bains

Ve n t ’anni fa moriva Gino Bartali

Un campionee tre banane

Nell’ultimo libro di Fabio Rosini

Il linguaggiodelle ferite

«Quite Early Morning»

D on’t you know it’s darkest before the dawn?And this thought keeps me moving onIf we could heed these early warningsThe time is now quite early morningIf we could heed these early warningsThe time is now quite early morning

Some say that humankind won’t long endureBut what makes them so doggone sure?I know that you who hear my singingCould make those freedom bells go ringingI know that you who hear my singingCould make those freedom bells go ringing

And so keep on while we liveUntil we have no, no more to giveAnd when these fingers can strum no longerHand the old banjo to young ones strongerAnd when these fingers can strum no longerHand the old banjo to young ones stronger

So though it’s darkest before the dawnThese thoughts keep us moving onThrough all this world of joy and sorrowWe still can have singing tomorrowsThrough all this world of joy and sorrowWe still can have singing tomorrows

Non sai che è più buio prima dell’alba?E che è questo pensiero che mi fa andare avanti?Se potessimo solo cogliere questi primi segnali...Il tempo è questo. Si sta facendo mattinaSe potessimo dare ascolto a questi primi segnaliIl tempo è ora. Si sta facendo mattina

Alcuni dicono che l’umanità non durerà più a lungoMa cosa è che li rende così maledettamente sicuri?Io so che voi che mi sentite cantarePotreste far suonare queste campane della libertàSo che voi che sentite il mio cantoPotreste far suonare le campane della libertà

E allora continuiamo finché siamo viviFino a quando non avremo più niente, più niente da dareE quando le dita non ce la faranno più a suonarePassate il vecchio banjo ai giovani più fortiE quando queste dita non avranno più forzaPassate il vecchio banjo ai giovani più forti

Anche se è più buio proprio prima dell’albaQuesti pensieri ci fanno andare avantiAnche in questo mondo di gioia e dolorePossiamo ancora avere dei domani per cantareattraverso tutto questo mondo di gioia e dolorePossiamo ancora avere un domani da cantare

di ATTILIO NOSTRO

«P erché ti piaceproprio GinoBartali?» chiesi amio padrequand’ero quin-

dicenne mentre adattava per me lasua bici da corsa. Oggi ricorrono iventi anni dalla morte dell’Intra-montabile eppure questa domandarisuona viva più che mai in ogni an-golo della terra! Ma si può saperecosa vede la gente in Gino Bartali?

Se l’avessi chiesto a lui, uomoschivo e scanzonato, avrei ricevutouna pacca sulle spalle, un sorriso epoco più; lo chiederò allora al Casa-monti Oscar, biciclettaio che lo ebbecome garzone quando il Gino erasedicenne per poi diventarne compa-gno di sgambate e mentore. Sì, per-ché fu lui il primo a vedere in Barta-li “la voglia” di pedalare, anchequando le gambe gridavano di dolo-re in salita, la voglia d’alzare le brac-cia al cielo portando la sua biciavanti a tutti.

In tanti l’hanno chiesto anche adAdriana, l’amore della sua vita: cheha visto in lui? Lei ha visto la bel-lezza di un cuore raro perché sapevasolo amare, lei ha visto un uomo so-lare e schietto, solido e tenace difronte a mille sfide, e fu per questoche lei si fidò di lui anche nel silen-zio, nelle assenze, nei rischi che cor-reva nelle corse e nella vita. Si fidòanche dei suoi segreti.

Lo si può chiedere a Elia AngeloDalla Costa, cardinale di Firenze: havisto in Bartali uno dei suoi amicipiù cari. Solo a un amico puoi chie-dere di affrontare con coraggio lasfida più pericolosa, quella di mette-re a rischio la propria vita per salva-re tanti ebrei perseguitati dal regimenazi-fascista. Con la scusa di allenar-si sui 200 chilometri tra Firenze eAssisi trasportò per molte volte e in

gran segreto documenti falsi percreare salvacondotti, nascondendolinella canna della bici. L’a v e s s e roscoperto, lo aspettava la fucilazioneimmediata ma teneva sempre a men-te il premio di questa incredibilecorsa: era il sorriso dei tanti bimbi edelle molte famiglie a cui regalò unanuova vita.

A Pio XII non occorrerà chiederloperché fu lui stesso a dirlo, in un di-scorso tenuto agli uomini di AzioneCattolica nel 1947. Sono parole chesuonano attuali e profetiche per ilmomento presente. «Noi abbiamocinque anni or sono nello stesso me-se di settembre, ampiamente parlatodell’Uomo di Azione cattolica, dellasua collaborazione al rinascimentospirituale della società, del suo in-flusso sulla famiglia, sulla vita pro-fessionale, sul mondo esteriore. I do-veri, di cui allora discorrevamo, sipresentano oggi a voi con una ur-genza che difficilmente potrebbeconcepirsi maggiore. Ognuno diquei doveri — e non sono pochi —preme con impeto ed esige il più co-scienzioso adempimento, non di ra-do anche con atti di vero eroismo. Enon vi è tempo da perdere. Il tempodella riflessione e dei progetti è pas-sato; è l’ora dell’azione. Siete pronti?I fronti contrari, nel campo religiosoe morale, si vengono sempre piùchiaramente delineando: è l’ora dellaprova. La dura gara, di cui parla sanPaolo, è in corso; è l’ora dello sforzointenso. Anche pochi istanti possonodecidere la vittoria. Guardate il vo-stro Gino Bartali, membro dell’Azio-ne cattolica; egli ha più volte guada-gnato l’ambita “maglia”. Correte an-che voi in questo campionato ideale,in modo da conquistare una ben piùnobile palma: S i c c u r r i t e u t c o m p re h e n -datis (1 Corinzi 9, 24)».

Vorrei però chiedere un aiuto an-che a due persone il cui nome è ri-masto nell’ombra, due persone co-

muni che hanno da raccontare unastoria straordinaria. La prima ci vie-ne raccontata da un poliziotto inforza al raggruppamento della Cele-re Milano: «Dopo l’annuncio dell’at-tentato a Togliatti, il comandantedel raggruppamento ricevette l’o rd i -ne di farci schierare nelle strade delcentro, con particolare riguardo allazona del Duomo. Era un pomerig-gio afoso e l’atmosfera che si respira-va aveva del surreale: la gente sem-brava impazzita, chi piangeva, chiminacciava di scatenare una guerra(...) Tutti gli uomini del mio contin-gente erano armati di pistola, mitrae sfollagente: gli ordini erano dicontenere ogni intemperanza dellagente, ma come? Eravamo quattrogatti dispersi in un mare di folla in-ferocita. A un tratto, si è diffusa lavoce della vittoria di Bartali in Fran-cia: non so come, la gente che ci cir-condava iniziò a ridere e ad abbrac-ciarsi, coinvolgendo anche le guardiedel contingente ai miei comandi. Citrovammo in balìa festosa di personeche, fino a un momento prima, ciavrebbero volentieri sparato».

Ma cosa aveva fatto Gino Bartali?Questa è la seconda storia, avvenutapoco tempo prima in quello stessogiorno, il 15 luglio del 1948. GinoBartali stava correndo il Tour deFrance e in quella tremenda tappa sipresentò tutto solo di fronte a un gi-gante di 2361 metri, il Col de l’I z o a rdche lo sfidava coi suoi tornanti im-pietosi di una salita micidiale. Sedicichilometri sferzati da un vento gelidoche trasformava ogni goccia di sudorein fango. Pedalando colpo su colpoBartali riuscì a staccare tutti i direttiinseguitori ma in preda allo sforzo,concentrato sui pedali trascurò di ali-mentarsi e s’accorse di essere prossi-mo a una crisi nera di fame: che fa-re? Gino, che non mancava mai allaparola data, rischiava stavolta di nonpoter mantenere la promessa fatta

poche ore prima a chi gli aveva chie-sto di regalare un sogno, una speran-za all’Italia spaccata in due dall’at -tentato a Togliatti.

Nei suoi momenti di paura il suopensiero correva sempre alla Madon-na, che lui sentiva come madre;senz’altro avrà pregato santa Teresi-na di Lisieux che a lui, terziario car-melitano, era tanto cara. Ed è pro-prio qui che entra in scena un ragaz-zo, un tifoso al bordo della stradasterrata che correndo accanto a luiper qualche metro gli mise in manotre banane. Che avrà visto mai que-sto ragazzo sconosciuto guardandoGino Bartali pedalare? Ha visto “lavoglia” di non mollare, di arrivare,di vincere, di vivere, di superarsi. Havisto un uomo con la voglia di la-sciare un segno nella storia e nelcuore dalla gente, ha visto la vogliadi amare! Sì, il ciclismo non è unmestiere per Gino, ma «una missio-ne sacerdotale cui occorre sacrificareogni altra attività e diletto», disse Indro Montanelli.

Nel 2013, lo Yad Vashem di Geru-salemme lo proclama “Giusto tra leNazioni” e nel 2018 gli viene intitola-

ta una pista ciclabile di 14 chilometrinella foresta di Haruvit, in Giudea,dove pedalano anche i ragazzi diuna scuola di ciclismo a lui dedicata,la «Gino Bartali Youth LeadershipScho ol».

Il 10 ottobre 2018 dissi a PapaFrancesco, sorridendo: «Il nostroOratorio di San Mattia è il primo almondo a essere dedicato a GinoBartali perché era uomo di sport edi grande fede; sarebbe bello veder-

lo un giorno elevato agli onori deglialtari». E il Papa mi rispose con unsorriso paterno e sincero, che ancoroggi serbo nel cuore. Sarebbe bellofar giungere alla Chiesa, Sposa diCristo, le voci dei tantissimi testimo-ni che in ogni parte del mondo ve-dono ancora “la voglia” più segretae bella che Gino Bartali aveva nelcuore: quella di assomigliare a quelCampione che ha vinto la corsa piùardua, quella della Cro ce.

di LUCA MARCOLIVIO

Ci sono libri che han-no la rara prerogati-va di farsi leggereper poi, a loro vol-ta, leggere nel cuore

del lettore. L’arte di guarire.L’emorroissa e il sentiero della vitasana (Cinisello Balsamo, SanPaolo, 2020, pagine 336, euro16) di Fabio Rosini è uno diquesti testi.

Secondo di una trilogia ini-ziata due anni fa con L’arte dir i c o m i n c i a re , il nuovo libro didon Rosini è anch’esso la riela-borazione in forma scritta di unciclo catechetico che il biblistaromano, direttore del Servizioper le vocazioni della diocesi diRoma, ha tenuto circa un annofa. Per Rosini catechesi e librihanno lo stesso identico lin-guaggio: immediato, colloquiale,brillante e al tempo stesso pro-fondissimo. Meditazioni che af-fascinano e conquistano nonsenza, talora, inquietare e “irrita-re ”, perché toccano i nervi sco-perti di ognuno di noi. Cristonon è venuto per i sani ma per imalati e riconoscere umilmentee onestamente le proprie malat-tie spirituali è il primo passoche ogni cristiano deve fare peravviarsi alla guarigione.

La figura dell’emorroissa gua-rita (vedi Luca 8,43-48) è in talsenso paradigmatica. Il Vangeloci mette di fronte una donna fe-rita non solo nel fisico ma nellasua essenza vitale, nella sua inti-mità e femminilità. È una donnacui è precluso il diventare madree ciò, per la cultura giudaica, èelemento di disonore e di emar-ginazione. Anche noi, comel’emorroissa patiamo ferite dicui stentiamo a comprenderel’origine. Ci rivolgiamo a medicisbagliati e valutiamo erronea-mente i nostri sintomi, talorabanalizzandoli, talora sopravva-lutandoli. Eppure i sintomi sono«dei profeti, spesso inascoltati»,scrive l’autore. Se si assolutizzail sintomo di una malattia spiri-tuale, si rischia di perdere di vi-sta la patologia vera e propria.E se la malattia, normalmente, èuna o sono poche, i sintomi delnostro malessere possono esseremolteplici: «Alcuni sono semprescontenti di sé stessi, pensano difare tutto male. C’è chi è tor-mentato dal proprio look, narci-sisticamente — esemplifica Rosi-ni —. Quelli che fanno le vittimee si fanno compatire. Chi sta colfreno a mano tirato e non si la-scia andare. Alcuni non dimenti-cano i torti subiti e hanno i con-ti in sospeso col mondo. C’è chiparla male degli altri qualunque

discorso faccia. Chi non accettacritiche. Chi manipola i raccontiper essere interessante. Alcuni sifanno i film mentali e vedonogli altri come dei mostri. Ci sonquelli che non si sbilanciano erestano neutrali su tutto». El’elenco continua.

Quando poi affronta il capito-lo delle “patologie”, l’autore os-serva che, a monte di ogni ma-lattia dell’anima, c’è l’assenzad’amore, tuttavia, ricorda, «ilcontrario dell’amore non èl’odio ma la paura». È significa-tivo che, dietro ogni forma dipaura, vi sia un vizio capitale: lapaura di deludere ha lo stessocarburante della superbia; lapaura di perdere il controllo ali-menta tanto l’avarizia quantol’ira; la paura della frustrazionefomenta sia la gola che la lussu-ria. Alla radice di ogni paura c’èuna menzogna demoniaca cheassume anch’essa tante formema è sempre la stessa e si puòtrovare «in tutti i cuori, sepoltasotto mille facce, identica, catti-va, distruttiva e apparentementeirrisolvibile». Questa menzognaè individuabile nel disprezzo disé, è in un «pensiero cattivo suse stessi».

A fronte di tante “terapie sba-gliate”, che sono ispirate ai no-stri idoli, che costano un occhiodella testa e che ci fanno solopeggiorare, proprio come avvie-ne per l’emorroissa, la guarigio-ne si incontra soltantonell’ascolto e nella relazione au-tentica che solo Gesù può darci.A questo punto «vale la pena diiniziare dal domandarsi se equando qualcuno ci ha parlatodi Gesù in modo che la nostraanima venisse scossa, toccata, il-luminata e la vita messa in mo-vimento». La stessa emorroissa èstata mossa da qualcuno che leaveva parlato di Gesù, facendoletrovare il coraggio di toccargli ilmantello, sfidando la folla e per-sino i discepoli che, superficial-mente, pensano che quel toccosia come quello di qualunque al-tro passante che lo aveva sfiora-to per sbaglio. L’inizio della sal-vezza, dunque, è nell’arrivo alnostro orecchio della «voce diqualcuno che parli del Signore»,ricordando che cosa ha toccatoil nostro cuore e accendendo lasperanza. «C’è una luce che ungiorno è entrata nel nostro cuo-re — scrive Rosini — che conte-stava la nostra disperazione e ilnostro disgusto di noi stessi innome di Cristo che è morto e ri-sorto per noi; questa “p a ro l a ”disobbedisce per sua natura atutti i meccanismi del male, ed èil seme che innesca la dinamicadella guarigione».

Chiusi nelle nostre case,in questa lunga quaran-tena, abbiamo tutti —chi più chi meno — sfo-gliato l’album dei nostri

ricordi. Abbiamo riflettuto sulle no-stre vite e sulle occasioni colte e per-dute. Abbiamo ripensato al vissuto,e rimpianto il non vissuto. Raccon-tato storie che abbiamo attraversatoe immaginato storie che non abbia-mo passato. Abbiamo avuto pauradella notte che attraversiamo, e sia-mo ritornati bambini.

È stato così che alcuni giorni fa, difronte allo scoramento di una perso-na cara, mi è tornata in mente unacanzone bella e struggente di quelloche a ragione è considerato il padredi molti cantautori del nostro tempo.

Si chiamava Pete Seeger. Oggiavrebbe compiuto 101 anni. Ricor-darlo è un modo per ringraziarlo diuna vita spesa a tramandare canzoniche parlano di generosità in unmondo che si avvita nell’egoismo; edi speranza in un tempo disperata-mente disilluso.

Ha cantato fino a pochi mesi dal-la sua morte, sei anni fa. Ha cantatocanzoni le cui origini si perdono nel-la storia. E che oggi, nel tempo sme-morato che viviamo, si sono forseperse nel presente.

Ha messo in musica un brano delQoelet: «C’è un tempo per ogni cosasotto il cielo». Aggiungendovi, disuo, solo il verso finale: «C’è untempo per la pace; e non è troppotardi. Ci scommetto». Ha cantato efatto cantare intere generazioni. Fi-no alla sua ultima (forse) apparizio-ne in pubblico quando (novanta-quattrenne, quasi senza voce, e sen-za fiato) riuscì a dirigere un coro didecine di migliaia di persone, invi-tando tutti a intonare con lui Am a -zing Grace, un canto secolare di rin-graziamento scritto da un ex capita-no di navi che trasportavano schia-vi: «Un tempo ero perduto, ma orasono ritrovato. Ero cieco, ma ora civedo».

Sono tante le cose che si potreb-bero dire di questo protagonista del-la musica folk americana: il legamecon Woody Guthrie; nato negli anniTrenta del secolo scorso, gli anni cheseguirono la grande depressione eco-nomica; i rapporti con Bob Dylan

negli anni Sessanta; l’amicizia conBruce Springsteen nell’autunno dellasua vita, ricambiata da quest’ultimonel 2006 con un intero album a luidedicato e intitolato We Shall Over-come: The Seeger Sessions.

Si potrebbero ricordare decine dicanzoni che hanno segnato un’ep o-ca. Come quella in cui si interrogasul futuro della terra e del genereumano, My rainbow ra c e .

I poeti spesso vedono più lonta-no. Vedono — come in questa canzo-ne — tempi che non hanno ancorapienamente vissuto. «Alcune perso-ne preferiscono fare come gli struzzi,seppellire la testa nella sabbia, so-gnare sogni di plastica (...) Vai e dil-lo ai bambini, dillo alle madri e dilloai padri: questa è la nostra ultimapossibilità per imparare a condivide-re quel che ci è stato dato».

A me, in questo tempo in cui so-no i più vecchi che se ne vanno tuttiinsieme, di fronte allo smarrimentodi tanti per il buio che non passa, ètornata in mente anche un’altra can-zone di Pete Seeger. Si intitola Quiteearly morning. Fu composta nel 1969,ma Seeger la rispolverò novantennetrasformandola quasi nel testamentospirituale di chi, avvertendo il com-piere dei suoi giorni, non perde lasperanza, ma la ritrova; e sente l’ur-genza di tramandare la certezza chesempre viene un’alba dopo la notte.È una ballata semplice. Che sembraparlarci oggi, del momento buio cheil mondo sta vivendo. Per dirci dinon aver paura, di avere fede, di ri-manere saldi, perché possiamo edobbiamo guardare oltre.

Ecco le sue parole, da leggere. Eda riascoltare. Parole di un vecchioche se ne è andato sicuro che la not-te sarebbe passata e che la vita nonfiniva lì. (p . r. )

Page 6: Una giornata di preghiera Per una Chiesa di digiuno e di ... › media › osservatore... · Vangelo, e la misericordia è l’ambi-to per incontrarci con loro». Lo sa bene il vescovo

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 sabato-domenica 2-3 maggio 2020

La malattia dell’animo«La peste a Urana» di Raoul Maria De Angelis

«La morte a Venezia» di Thomas Mann

Quel morbo che imbrattala tela della vita

Il colera deturperà purezza e armoniaovvero i canoni classici presi a modellodallo scrittore Aschenbache concepiti come baluardo da opporreai marosi scatenati dal destino

di LUCIO CO CO

Nasceva il 5 maggio 1908a Terranova di Sibari(Cs) lo scrittore RaoulMaria De Angelis. Lacircostanza dell’anni-

versario della nascita di colui cheviene considerato un “m i n o re ” dellaletteratura italiana, può servire a ri-portare l’attenzione sul suo romanzoLa peste a Urana, pubblicato per laprima volta da Mondadori nel 1943.

L’opera parla di una pestilenza inun non meglio precisato paese delmezzogiorno d’Italia, Urana appun-to. La storia sembra di averla giàsentita: il manifestarsi del morbodapprima attraverso indizi quasi ir-rilevanti, le arance cadute, e il suodiffondersi nella calura meridiana«quando il solleone bruciava le erbee disseccava il fiume» come «il filoesiguo e trasparente» d’acqua che«continuava a scivolare tra le spinee le argille». Segno di questo lentoinsinuarsi del male era anche la cre-denza che a diffondere il morbo fos-sero le lumache attraverso la lorobava. La città stessa «era invasa da

«al senso angoscioso di vita perdu-ta, che prelude a una inevitabile ca-tastrofe» e che trova la sua follecompensazione nella corruzione deicostumi degli abitanti di Urana.

Parallelamente al contagio infattisi diffonde e insinua tra di loro co-me una malattia dell’animo che pie-ga la gente al vizio e al peccato.Non è questo un caso insolito. GiàTucidide, infatti, nel descrivere lapeste di Atene del 430, che si eraportata via anche Pericle, aveva no-tato la stessa cosa, osservando che«la pestilenza aveva segnato per lacittà l’inizio della dissoluzione (...).Nessuno era infatti più disposto aperseverare in quello che prima giu-dicava essere il bene, perché credevache forse poteva morire prima diraggiungerlo» (La guerra del Pelo-ponneso).

In questo stesso articolo De An-gelis sottolinea anche un’altra circo-stanza, ovvero i punti di contattoche c’erano tra il suo romanzo e Lapeste di Albert Camus, che era usci-to tre anni dopo il suo libro. Le so-miglianze infatti sono numerose enon si limitano solo alla toponoma-

le storie. Tuttavia è la critica lettera-ria ed esperta di Camus LucienneJean-Darrouy a delineare un paralle-lismo più generale tra le due narra-zioni. La studiosa e collaboratricedel mensile culturale «L’âge nouve-au», che in quegli anni coltivava an-che il progetto di tradurre in france-se La peste a Urana, oltre a ricono-scere all’opera di De Angelis «il be-neficio dell’anteriorità», apre un’in-teressante prospettiva di lettura dientrambi i romanzi. Infatti dopoaver notato che «i personaggi delloscrittore italiano sono “a sangue cal-do” mentre quelli di Camus sono “asangue freddo”», precisa che, a pro-posito della peste, «Camus avrebbesviluppato in maniera filosofica ciòche De Angelis aveva avvertito inmaniera romanzesca, con una po-tenza e una verità espressiva consi-d e re v o l i » .

Un mese dopo questi interventi, ariprendere e a dare vigore alla que-re l l e letteraria fu il quotidiano sviz-zero «Die Tat» che, combinando leaffermazioni di De Angelis e le os-servazioni di Jean-Darrouy, nel nu-mero 15 del 16 gennaio 1949 sotto iltitolo La peste è contagiosa [“Die pe-st ist ansteckend]”, avanzava, comeera scritto nel sottotitolo dell’artico-lo a firma della scrittrice Percy Ec-kstein, «il sospetto di plagio da par-

un disgusto acido e il sole rilucevasui volti della gente con uno splen-dore maligno». La gente preferivasalutarsi da lontano «senza stringer-si la mano. Ognuno temeva dell’al-tro, tutti chiusi, come implacabilinemici».

L’azione delle squadre sanitarieche irroravano le strade e le case diacido fenico rendeva l’aria ancorapiù irrespirabile e anche «il rumoredei chiodi piantati sulla porta d’in-gresso» delle abitazioni dove si eraverificato un contagio contribuivanon poco a creare un’atmosfera didesolazione e di sconforto tra i resi-denti.

Poi però, con il progredire delmorbo, nella città si era fatto sem-pre più concreto il sospetto che iportatori della peste fossero proprioi topi. La presenza dei loro cadaveriun po’ dovunque a Urana, nei ma-gazzini delle arance, «tra le feritoiedei tombini, nelle cunette» dimo-strava chiaramente che essi erano lacausa della epidemia come confer-mò autorevolmente «l’ispettore sani-tario venuto dalla capitale». Nel ro-manzo i roditori vengono assimilati«a un vampiro avido di sangue» eparagonati a delle «bestie immon-de», spinte «dal demone a propaga-re il contagio». Così contro di loroe contro la loro azione malefica siscatena una vera e propria cacciasenza quartiere che vede la gentedel posto compattarsi contro un ne-mico sicuro a dispetto dell’i n s i c u re z -za che procurava il contagio.

In un articolo pubblicato su «Lafiera letteraria» del dicembre 1948 inoccasione della seconda ristampadel volume è lo stesso scrittore cala-brese a fornire altri ragguaglisull’opera. Accanto al castigo dellapeste «da cui sono colpiti tutti gliabitanti della città», nel romanzo siparla di un’altra epidemia, collegata

stica — la città di «Urana» ha unnome così simile a quello della cittàalgerina di «Orano», dove è am-bientata la storia dello scrittore fran-cese — o all’invasione dei ratti. An-che altri specifici episodi (per esem-pio le prediche dei due sacerdoti,don Ambrogio e padre Paneloux, lacattura degli evasi, la mortedell’istrione sulla scena) costituisco-no altre eventuali “c o n c o rd a n z e ” tra

Umberto Boccioni, «Visioni simultanee» (1911)

Dirk Bogardnei panni dello scrittoreGustav Aschenbachnel film di Visconti(1971) trattodall’omonimo romanzodi Thomas Mann

«La vestaglia del padre» di Alessandro Moscè

Poesia che si fa congedo

Oltre a riconoscere a De Angelis«il beneficio dell’anteriorità»Lucienne Jean-Darrouy notavache Camus avrebbe sviluppatoin maniera filosoficaciò che lo scrittore italianoaveva avvertitoin maniera romanzesca

te di Camus». Evidentemente oltreche la peste anche la polemica ècontagiosa. Infatti sul n.39 del9 febbraio 1949 «Die Tat» pubblica-va una replica dello stesso Camus.La sua risposta è garbata ma decisanel respingere ogni insinuazione e,volendo proprio cercare un modello,egli indica nel Diario della peste diLondra di Daniel Defoe la possibilelettura comune dalla quale poi sa-rebbero dipese le affinità e le somi-glianze tra i due libri.

Al di là della disputa, è importan-te notare l’attenzione che Camusdedica al romanzo dell’italiano, iltema della peste non poteva non in-teressarlo anche nelle produzionidegli altri suoi colleghi. Inoltre nelcaso del confronto di De Angeliscon Camus è forse solo il caso di ri-cordare le parole di Borges a propo-sito delle ascendenze letterarie di unautore considerato “m a g g i o re ” ecioè che ogni «scrittore crea i suoiprecursori» (Altre inquisizioni 1960).

di GABRIELE NICOLÒ

Aveva conformato la sua vita ai principidell’etica e dell’estetica Gustav Aschenba-ch, un famoso scrittore tedesco protagoni-sta de La morte a Venezia di ThomasMann: ma il colera, che investirà la città,

verrà a deturpare la purezza e l’armonia, ovvero queicanoni classici presi a modello e concepiti come ba-luardo da opporre ai marosi scatenati dal destino. Leautorità del luogo, in un primo momento, cercherannoin ogni modo di occultare l’amara realtà, nel timoreche essa possa compromettere i lauti introiti alimentatidall’inesausta fonte del turismo. Ma il male spazza viaogni calcolo egoistico, ogni pernicioso interesse perso-nale, come pure si fa beffe di chi pensa di arricchirsi adetrimento di coloro che sono ignari della drammaticaemergenza che li incalza. Ipocrisia, malcostume, rap-porti sociali sfilacciati e logori, illusioni vibranti e de-lusioni cocenti: questo calderone di emozioni e pulsio-ni viene agitato e scosso dal diffondersi del morbo,che irride i bei sentimenti e i legami a essi ispirati.

In questo scenario gioca un ruolo nevralgico l’e t e re abellezza di un ragazzo polacco quattordicenne, Tadzio,di cui lo scrittore, gravemente malato, prima si inva-ghirà, e poi se ne innamorerà fino alla follia. E allamorte. Quella del giovane è una bellezza da divinitàgreca: eppure non è immune da difetti. «I denti nonerano perfetti, un po’ frastagliati e pallidi, senza losmalto delle dentature sane». Aschenbach pensa di lui:«È molto delicato, non ha salute. Probabilmente nondiventerà vecchio». Come è a suo modo profetico ilcolore degli occhi di Tadzio: sono di un grigio crepu-scolo, come a indicare l’imminente declinare e infran-gersi dei sogni più belli. Dunque non a caso ThomasMann vuole che anche sulla bellezza più pura calil’ombra di tristi presagi e che, al contempo, sia intacca-ta da qualche difetto fisico, simbolo della consapevo-lezza che su questa terrà non è possibile godere dellaperfezione più assoluta: ci sarà sempre qualche elemen-to che verrà a minare e a ledere l’armonia più soave.

La pestilenza a Venezia si fa anche beffe del tentati-vo dello scrittore di arginare i segni che sul suo aspet-to hanno inciso, inclementi, sia il tempo che la malat-tia. Durante il viaggio in traghetto da Pola a Venezia,Aschenbach aveva riso tra sé e sé di un signore anzia-no che si accompagnava a un gruppo di giovani: pernon sfigurare al loro cospetto, si era vestito di tuttopunto ed erano evidenti gli sforzi di carattere esteticocompiuti sulla sua persona in modo da apparire giova-ne tra i giovani. Il destino gli farà pagare il fio. Anchelo scrittore, infatti, per non sentirsi indegno di Tadzio,finirà per andare tutti i giorni dal parrucchiere, ordi-nandogli, tra l’altro, varie tinture per i capelli. AlloraAschenbach riandrà con la mente a quel signore del

traghetto, e tra sé e sé, questa volta, non riderà più.Interviene infatti in lui quel “sentimento del contrario”elaborato, letterariamente e filosoficamente, da Piran-dello, attraverso la celebre figura della vecchia “tuttaimb ellettata”. Di primo acchito, ella suscita un risoilare, quasi di scherno. Ma poi, a rifletterci bene, quelsuo impegno spasmodico, che può sembrare patetico,di apparire giovane a dispetto dell’età avanzata, tradi-sce un sentimento più profondo, un’angoscia ben mo-tivata, una ragione che non ammette sarcasmi irrive-renti. Forse Tadzio non diventerà mai vecchio, avevaappunto pensato lo scrittore: intanto sarà lui a non di-ventarlo, per quanto in età matura. La pestilenza daràil colpo di grazia a un fisico da tempo minato dallamalattia e a uno spirito fiaccato da un’indolenza di sa-pore decadente, riflesso di una temperie culturaledell’Europa — denuncia Thomas Mann — caratterizza-ta dalla ricerca affannosa e disordinata di nuovi stimo-li e di nuovi orizzonti.

Lo scrittore, che vedeva la sua vita volgere lenta-mente al tramonto, era ghermito dalla «paura di arti-sta di non portare a termine l’opera», quel timore che«l’orologio giunga alla fine della carica prima ch’egliabbia terminato il suo compito e dato tutto sé stesso».Nello stesso tempo Aschenbach era sostenuto dallaconvinzione che «tutto ciò che esiste al mondo di

grande è una manifestazione di resistenza». Una con-vinzione divenuta poi «la formula della sua vita e del-la sua gloria, la chiave dell’opera sua». Ma a indeboli-re irrimediabilmente questa «resistenza», ovvero talenobile sentire che contiene in sé qualcosa di eroico, in-terverrà la pestilenza, come a imbrattare la tela dellavita che si voleva, pretesa prometeica, senza macchia.Malinconicamente lo scrittore si spegnerà mentre perl’ultima volta contempla Tadzio che, con la consuetaleggiadria, cammina sulla spiaggia. Vorrebbe seguirlo,come aveva fatto tante altre volte. Ma questa voltanon ce la fa. Era seduto, prova ad alzarsi ma si acca-scia su un fianco. Arriva qualcuno a soccorrerlo. Vieneportato in camera sua. «E il giorno stesso il mondoapprese con reverente commozione la notizia della suamorte».

PUNTI DI RESISTENZA

IL RACCONTO DELL’EPIDEMIA NEI SECOLI

di DANIELE MENCARELLI

La poesia non ha paura dellanormalità, anzi, la investiga dasempre, ed è capace, quando vera,

tesa, di rivelare all’uomo che la sua vita ètutto fuorché normale. Anche i luoghicomuni del nostro esistere hanno la nostrastessa natura. Una natura straordinaria escandalosa, perennemente unica eirripetibile. Il poeta sa rinnovare lostupore, riedificare la statura dell’umano,restituisce grandezza alla grandezza. Lameraviglia vera è che lo fa dando uncontributo proprio ai temi di sempre, nonè un inventore, né un creatore, i suoisentimenti sono quelli di tutti, lui vuolesolo urlare quanto sia grande l’o ccasione,di amare e soffrire per amore. Dentroquesto solco di uomini innamorati egrandi poeti, non può non essere

annoverato Alessandro Moscè. A farglimeritare i galloni è la sua ultima raccolta,uscita per Aragno da qualche mese. Lavestaglia del padre (Torino, 2019, pagine118, euro 12). Il titolo è un luogo.Morbido e odoroso. Che richiama allamente di tutti, immediatamente, unafigura del sentimento. La raccolta è ilresoconto di un uomo che accompagna ilpadre lungo il percorso del commiato daivivi. Un percorso doloroso, ammantato dipassato e ricordi, di nuovi luoghi senzanome. «Papà, quel passo oltre la sogliadel reparto / strappato al tuo respiro,l’ultimo, il più lungo...». L’incipit dellaraccolta segna l’andamento di tutto illibro. La versificazione è piana, chiara, hala solennità della poesia che si facongedo. Sincerità. Poche volte si sentenominare questo valore assoluto inrelazione alla letteratura. Quando lo si fa,

di solito, è in chiave negativa, minore.Eppure se si pensa alla grande poesia,tutta, non si può non riconoscere che essasia, tra le tante qualità, ancheprofondamente sincera. Senzainfingimenti, interamente autentica. Lavestaglia del padre ha questo dono dallaprima all’ultima parola. A questa sinceritàultima si arriva con il lavoro, umano eformale, abbandonandosi totalmente allavisione di ciò che si ama, un abbandonoche introduce, automaticamente, allacompresenza dell’oltre. Alla speranza diDio. «Dicono che i morti vivano in altrecittà, / che non passino la mano, / maabbiano il divieto di farlo sapere». Perchése si abbraccia per intero la misuradell’amore, non si può non arrivare aquesto confine, a questa domanda tesaverso le stelle. Sono tanti i momenti disperdimento e commozione che si

alternano durante la lettura di questaraccolta, ma dar di prosa di fronte allaperfezione del verso sarebbeimperdonabile. C’è un testo che vale unsigillo, un marchio a fuoco nella memoriadi chi legge. È un atto d’amore, è poesiache si fa tradizione. «“Arrivederci Roma”canterai, / sulle note di Renato Rascel inun varietà televisivo / prima diabbracciare nonno Alvaro con la / giaccagualcita, / nonna Irma elegantissima conla camicia di pizzo / delle nobildonne, /in piedi con il vassoio per un brindisiserale. / Ingoierete la luce del bene, lalunga memoria / cucita nella stoffa deipantaloni a gamba larga, / nella pellerimarginata lungo le vene incrociate / delbraccio. / Tesserete una trama conl’universo, vi riconoscerete / battendonuove strade nel passeggio dei fondisti».Una dedica ai Padri. Di tutti i tempi.

Page 7: Una giornata di preghiera Per una Chiesa di digiuno e di ... › media › osservatore... · Vangelo, e la misericordia è l’ambi-to per incontrarci con loro». Lo sa bene il vescovo

L’OSSERVATORE ROMANOsabato-domenica 2-3 maggio 2020 pagina 7

Più aiuto a chi vive ai marginiA Buenos Aires i «curas villeros» chiedono misure sanitarie urgenti contro la pandemia

di MARCELO FIGUEROA

In Argentina circa il 70 per centodei casi di covid-19 accertati so-no stati riscontrati nella città di

Buenos Aires e nel cordone urbanodella provincia omonima, dove risie-de più della metà degli abitanti delpaese. Ma i settori sociali e sanitaripiù vulnerabili sono quelli delle vil-las de emergencia, le villas miseria diquest’area, soprattutto del cosiddet-to conurbano bonaerense, ossia imunicipi che circondano Buenos Ai-res. Per questo i curas villeros, i pretiche da decenni assistono personal-mente quanti vi risiedono, hannopreparato una dichiarazione dovechiedono misure sanitarie urgentiper le villas e gli altri insediamentiprecari. Questi preti — che a suotempo hanno ricevuto un’attenzionespeciale da parte dell’allora arcive-scovo di Buenos Aires, Jorge MarioBergoglio — oggi possono contaresu un vescovo ausiliare diocesano eun ministero pastorale in pieno svi-luppo, dati gli elevati indici di po-vertà e di emarginazione dell’a re a .

Nella dichiarazione congiuntahanno affermato che la pandemia«ci porta necessariamente a rifletteresull’eventuale diffusione e circolazio-ne locale del virus tra la popolazio-ne delle villas e degli insediamentiprecari, nei quali si sono diffusi an-che la dengue e la tubercolosi».Hanno poi aggiunto: «Nei nostriquartieri la responsabilità dello Sta-to è ancora più grande in considera-zione della violazione preesistentedei diritti sociali, che è evidente nel-le omissioni relative alla disponibili-tà di posti nelle scuole, alloggi, ali-menti, misure ambientali e natural-mente assistenza sanitaria. La scuo-la, l’alloggio e la salute sono ambitimolto deteriorati, gli spazi di pro-mozione (tra i quali le arti e losport, per esempio) stanno diventan-do inaccessibili di fronte alla crisieconomico-finanziaria, dove la di-soccupazione e la sottoccupazionestanno aumentando, mentre la capa-cità di contenimento da parte delloStato e della società civile sta note-volmente diminuendo».

Dinanzi all’urgenza della pande-mia e all’imminente crescita di casiautoctoni che richiedono attenzionee presenza da parte del personale sa-nitario, i sacerdoti hanno espressouna preoccupazione che è estraneaagli abitanti della classe media deicentri urbani. Hanno spiegato che

«nei nostri quartieri le autoambulan-ze non entrano se non accompagna-te dalle forze dell’ordine e i posti di-sponibili nelle scuole elementari esecondarie sono insufficienti. Gli in-centivi da parte degli organismi sta-tali a favore dell’istruzione seconda-ria sono anch’essi insufficienti. Il si-stema sanitario si limita all’assisten-za di base. Attualmente a questa in-giustizia sociale radicata, che evi-denzia una violazione preesistentedei diritti, si aggiungono, in moltiquartieri, l’epidemia di dengue do-vuta alla mancanza di misure pre-ventive durante l’inverno da partedello Stato, e l’eventuale diffusione

e circolazione locale di un virus alta-mente contagioso e dalla forte co-morbilità».

In Argentina sono state consiglia-te misure di prevenzione in sintoniacon quelle raccomandate dall’O rga-nizzazione mondiale della sanità.Fra esse c’è quella relativa all’igienee al costante lavaggio delle mani. Atale riguardo i curas villeros hannodetto che «molte delle misure pre-ventive consigliate dalle autorità sa-nitarie in materia di dengue (nonaccumulare acqua, per esempio) o inmateria di covid-19 (lavarsi le manivarie volte al giorno con acqua e sa-pone, usare gel a base alcolica, puli-

re superfici di contatto frequentecon acqua e candeggina, stare in iso-lamento per quattordici giorni in ca-so di presenza di sintomi, tra le altrecose) sono di impossibile o di diffi-cile attuazione in quartieri dove esi-ste una grave carenza di acqua pota-bile, di qualità dell’acqua, e dovemolte persone vivono nei vicoli deiquartieri privati dei beni più ele-mentari (adolescenti e giovani chefanno uso di paco, per esempio) eche hanno accesso al cibo solo nellemense comunitarie».

C’è, sottolineano ancora, «una re-sponsabilità comunitaria, e dellastessa Chiesa cristiana, che noi por-tiamo avanti promuovendo e artico-lando azioni. Ma la responsabilitàstatale non può ridursi né sentirsiesentata dal lavoro di tanti abitantidelle villas e degli insediamenti pre-cari che si prodigano per i più soffe-re n t i » .

Di fronte a questa situazione, infi-ne, hanno fatto un esplicito appelloaffinché «si adottino misure specifi-che per villas e insediamenti precari,volte a poter ottemperare alle misuresanitarie preventive, stabilendo lecondizioni abitative necessarie e for-nendo le risorse materiali indispen-sabili per la sanità, l’igiene, l’acquapotabile e l’alimentazione alla popo-lazione, soprattutto alle mense co-munitarie, che non possono smetteredi fornire la loro assistenza ad adultie bambini».

In questo documento pubblico, ifirmatari — il presbitero José María“Pep e” Di Paola, il presbitero Lo-renzo “To t o ” De Vedia, il presbiteroCarlos “Charly” Olivero, il fratellosalesiano Mario Daniel “Co co” Ro-manín, suor Cecilia Lee, suor Yolan-da Galka, suor Marta Pelloni, MaríaElena Acosta, Ángela García Elor-rio, Gustavo Barreiro, il dottor Al-berto Palacio e il dottor GustavoDaniel Moreno — concludono di-cendo di essere consapevoli che «lecircostanze attuali dell’e m e rg e n z asanitaria nei nostri quartieri (provo-cata da covid-19 e dengue) vannoben oltre le nostre forze; per questooccorre dare la priorità alla ricercadi accordi e di proposte di soluzio-ni, per la qual cosa suggeriamo l’im-mediata istituzione di tavoli di lavo-ro e di comitati di crisi in ogni giu-risdizione del paese, con la parteci-pazione degli abitanti stessi, checonsentano di concordare e metterein atto misure efficaci nei nostriquartieri».

Novena di preghieraa Nostra Signora di Luján

BUENOS AIRES, 2. È una novena di preghiera ma anche di solidarietàquella cominciata mercoledì 29 aprile in Argentina. L’8 maggio si fe-steggia Nostra Signora di Luján, patrona del paese, e in vista delle ce-lebrazioni i fedeli invocano la Vergine, pregando per l’unità della pa-tria e la fine della pandemia. Contemporaneamente si tiene una rac-colta di solidarietà a beneficio di Cáritas Nacional e per la manuten-zione del santuario, che si trova a una settantina di chilometri dallacapitale. L’hashtag identificativo della novena è #R e z o J u n t o A L aVi r -genDeLujan. La comunità è stata invitata a pregare dalle proprie casee a condividere sulla rete momenti di orazione in famiglia. Ogni gior-no è prevista un’intenzione speciale: per coloro che si dedicano alla ri-cerca per ottenere un vaccino, per le autorità civili, per gli operatorisanitari e chi si occupa dei servizi essenziali, per i malati e i loro fami-liari, per coloro che sono morti di coronavirus, per chi non ha un la-voro o lo ha perso, per coloro che sono lontani dalla famiglia.

Il “Piano Emmaus” di Caritas Argentina per gli studenti poveri

Per un’istruzione che non discriminiBUENOS AIRES, 2. L’inclusione sco-lastica in Argentina continua a rap-presentare un problema di granderilevanza sociale vista la crescentedisparità di opportunità tra bambinie giovani, acuita dalla persistentecrisi economica che attanaglia il pae-se, con la conseguente necessità diintegrare la formazione istituzionalefornita dal governo. Una questioneancora più complessa dopo che lapandemia di coronavirus ha colpitoanche lo Stato sudamericano. Dalladichiarazione di emergenza per ilcontagio da covid-19, infatti, CaritasArgentina, in seguito agli effetti del-la quarantena, ha registrato un au-mento del 50 per cento dell’assisten-za alimentare che viene fornita allecomunità vulnerabili in tutto il Pae-

se secondo quanto ha dichiarato ilsuo presidente, Carlos Tissera, ve-scovo di Quilmes. Per questo la Ca-ritas locale ha voluto incrementarel’attuazione del “Piano Emmaus”,progetto nato dieci anni fa e rivoltoa famiglie indigenti che non posso-no garantire ai loro figli un’i s t ru z i o -ne adeguata.

I dati resi noti dall’istituto nazio-nale di statistica e censimento (In-dec), riferiti al 2018 e ripropostidall’organismo assistenziale, sono si-gnificativi: di 13,1 milioni di bambinidi età compresa tra zero e 17 anni, il46,8 per cento vive in famiglie pove-re e il 10,9 per cento in condizionidi grave indigenza. A essi si aggiun-gono poi le cifre fornite dall’O sser-vatorio del debito sociale dell’Uni-

versità cattolica nazionale (Uca) cheindicano come quasi il 30 per centodi minori crescano in famiglie chenon sono in grado di soddisfare ilproprio fabbisogno alimentare, il23,4 per cento in situazioni di so-vraffollamento che complicano la ca-pacità di studiare in tranquillità, conil 15,5 per cento dei minori tra i 5 e i17 anni addirittura impiegati in unqualche tipo di lavoro.

Numeri che rappresentano ognu-no una sfida da raccogliere e vinceresviluppando proposte flessibili ecreative come, spiegano i responsa-bili del programma, individuare spa-zi educativi, istituire borse di studioper famiglie e universitari, cura deigiovani vulnerabili e momenti diconvivialità. Per “spazi educativi” siintendono quei centri comunitariche offrono ai bambini e ai giovanisostegno scolastico, aree dove prati-care attività sportive e il tempo libe-ro, laboratori di formazione e diespressione artistica. Attualmente so-no quasi duecento e distribuiti in 42diocesi, per un totale di oltre dodi-cimila partecipanti. Duemila di loro,dei quali poco più della metà fre-quenta le scuole primarie, beneficia-no anche delle borse di studio perfamiglie, strumento indispensabileper sostenere economicamente i nu-clei familiari più indigenti, così dapromuovere la frequenza scolasticaed evitare l’abbandono degli alunni.Per coloro, tra questi, che una voltaconseguito il diploma desideranoiscriversi all’università, sono previsteulteriori borse di studio che preve-dono anche il loro impegno a colla-borare negli spazi educativi fornen-do supporto scolastico, coordinandolaboratori o svolgendo attività dianimazione. Attività svolte con entu-siasmo dai quasi mille borsisti, con-sapevoli di rappresentare, sottolinea

Caritas Argentina, la prima genera-zione ad avere accesso, nella loro fa-miglia o nella loro comunità, a studie qualifiche di livello superiore,rompendo così il ciclo di povertàdell’ambiente da cui provengono.

Tra le iniziative del piano Em-maus a favore dei giovani vulnerabi-li, un ruolo particolare è assegnatoai b a c k p a p e rs , ovvero i “ragazzi zainoin spalla”, che hanno il compito diportare il materiale necessario allostudio a coloro che non possonopermetterselo. Un modo per genera-re spazi di comunicazione e appren-dimento per chi vive in situazioni dipovertà e allo stesso tempo un’o cca-sione di formazione e crescita perso-nale dei ragazzi impegnati nel pro-getto. Il backpaper può diventareun amico con cui condividere la cre-scita in momenti di studio ma anchedi convivialità, altro settore contem-plato dal programma di fronteall’impossibilità per le famiglie piùindigenti di provvedere al nutrimen-to dei propri figli, con la predisposi-zione di aree adibite al ristoro.

Un impegno, quello assicurato daCaritas Argentina su questo versan-te, sempre più prezioso a fronte dialtri dati forniti dall’Uca: due bam-bini o adolescenti su dieci non han-no accesso a visite mediche e oltre il40 per cento non può permettersiuna visita dentistica. Inoltre, quattrominori su dieci — quasi sei nella zo-na di Buenos Aires — vivono in abi-tazioni senza acqua potabile o fo-gnature mentre il 15 per cento svolgelavori domestici intensivi equiparabi-li a lavoro minorile. Fenomeno chesi aggrava nelle grandi periferie ur-bane, tra le cosiddette villas miserias,soprattutto quelle della capitale, do-ve la povertà coinvolge il 6 per cen-to dei minori e il livello di indigen-za supera il 15 per cento.

Monito dei vescovi messicani

Prioritàsalute e pane

CITTÀ DEL ME S S I C O, 2. «Di frontea questa emergenza sanitaria, noivescovi del Messico sentiamo unobbligo morale davanti a Dio e allepersone a noi affidate, di alzare lavoce per conto di coloro che subi-scono i danni maggiori di questapandemia. Per questo, chiediamocon forza a tutti i messicani, a par-tire dal governo federale, e ai go-verni statali e municipali, di dimen-ticare gli interessi personali parti-giani, ideologici, politici e religiosiper unirsi nel preservare la vita diogni essere umano che vive nel ter-ritorio del Messico». Lo scrivono imembri della Conferenza episcopa-le messicana (Cem) in un messag-gio, ribadendo che «l’assistenza sa-nitaria e il cibo sono una priorità inquesto momento, così come lo è illavoro onesto, e lo sarà al terminedella pandemia». I vescovi invitanocoloro che hanno il potere a «pren-dere delle decisioni sui grandi pro-getti e opere nazionali e di valutarel’opportunità di allocare quelle ri-sorse, durante questi mesi in cuimolti messicani sono senza lavoro,per mitigare la carenza di cibo inmolte case della nostra nazionemessicana. Salute, cibo e lavoro so-no esigenze inevitabili in questaemergenza sanitaria covid-19».

I vescovi messicani, che a causadella pandemia da covid-19 hannoanche dovuto sospendere la loro as-semblea plenaria, hanno inoltre lan-

ciato un appello a favore della cam-pagna solidale “Famiglie senza fa-me”, coordinata dalla Caritas. «Vi-viamo in una situazione senza pre-cedenti, che richiede l’aiuto di tutti.Come messicani — affermano — cisiamo sempre dimostrati un popolounito e solidale, superando grandisfide nella nostra storia. Questo è ilmotivo per cui oggi chiediamo aiu-to per sostenere le persone che han-no perso il lavoro o la fonte di so-stentamento o che hanno ridotto iloro salari e che ora si trovano inun momento di grande difficoltà».

La quarantena per combattere lapandemia non basta purtroppo afermare il crimine organizzato chein Messico continua a minacciare lapopolazione. Così succede nelloStato del Chiapas, dove i sacerdotisono stati minacciati di morte condelle telefonate da presunti membridel Cártel de Jalisco Nueva Gene-ración (Cjng) che secondo informa-zioni dei media locali sono nellazona solo da pochi mesi. Pochigiorni fa, la diocesi di San Cristó-bal de Las Casas, in un comunicatoindirizzato alle autorità, ha infor-mato che don Marcelo Pérez Pérez,coordinatore della pastorale socialedella diocesi, è stato minacciatonon solo lui, ma anche la sua fami-glia e i suoi fedeli membri del con-siglio parrocchiale di San Antoniodi Padova.

Messaggio dell’episcopato cileno al termine della plenaria

Contro l’odio e l’i n d i f f e re n z apromuovere una solidarietà attiva

SANTIAGO DEL CILE, 2. Un incorag-giamento ai cattolici e a tutti i citta-dini cileni ad agire in modo respon-sabile prendendosi cura l’unodell’altro e soprattutto dei più vul-nerabili, seguendo rigorosamente leindicazioni dell’autorità sanitaria inogni momento e luogo, è stato ri-volto nei giorni scorsi dai vescovidel Cile al termine dell’assembleaplenaria. Riuniti in video conferen-za, i presuli, oltre a scambiarsi in-formazioni sui diversi problemi, lesfide e le soluzioni dinanzi allapandemia di covid-19 che vive ilPaese sudamericano e il mondo in-tero, hanno diffuso un messaggiodal titolo “Non ci salviamo da soli”,nel quale viene sottolineato come ilSignore esorta tutti a essere vicini eattenti ai più poveri e ai meno pro-tetti di fronte alla pandemia. Inparticolare, ai «senzatetto, anziani,immigrati, gruppi familiari che vi-vono in sovraffollamento, senza ac-qua e senza condizioni di salute.Insieme al dolore di coloro chehanno perso i familiari o che li ve-dono soffrire — scrivono — siamoanche turbati da episodi di violenzaall’interno della famiglia, da paurae problemi di salute mentale dovutia questa crisi».

L’episcopato, inoltre, dedica unpensiero alla difficile situazione so-ciale in cui versa il Paese, già primadella pandemia, turbato da manife-stazioni e scioperi dovuti all’incer-tezza dell’offerta formativa e al fal-limento delle imprese. Con partico-lare preoccupazione i vescovi temo-no che molti individui e famiglieperderanno le loro fonti di guada-gno andando ad allargare le sacchedi povertà. Per questa ragione, ipresuli si sentono chiamati in causa

al fine di promuovere una solidarie-tà attiva e a lavorare per un pattosociale per ridurre le ricadute dei li-cenziamenti e le sue conseguenze.«Ciò richiede uno sforzo di tutti,senza eccezioni». Di qui, l’imp egnodei presuli disponibili ad offrireuna rete di accompagnamento,ascolto e solidarietà. «In questomomento — sottolineano — non vo-gliamo che nessuno si senta solo,che a nessuno manchi una vocepiena di speranza».

Oltre ad apprezzare le politichepubbliche che vanno in aiuto deipiù bisognosi, l’episcopato cilenoinvita tutti «a vivere una solidarietàche ci impegna e che esprima forte-mente il nostro dovere di fraternità,che scaturisce dal Vangelo». Nonmancano parole di ringraziamentoverso le autorità politiche, il perso-nale sanitario, gli ausiliari, gli agen-ti di sicurezza e forze armate edell’ordine, uomini d’affari, lavora-tori e volontari dei diversi settoriche, che con il loro generoso impe-gno e sforzo, hanno permesso il so-stegno ai malati e gli aiuti a tutta lapopolazione. Il messaggio ricordache la dignità della persona umanadeve essere al centro di tutte le po-litiche pubbliche, e che il Paese siaspetta un dialogo, un atteggiamen-to non conflittuale da parte di tuttii protagonisti e delle autorità.

Infine, i vescovi hanno ricordatoil significato della risurrezione diCristo e del suo trionfo sulla morte:«Possiamo riprenderci dal covid-19,ma il Cile sarà in salute solo quan-do potremo, superando l’odio, l’in-differenza e la violenza, ricostruirele relazioni fraterne in solidarietà egiustizia, a cui Gesù Cristo ciinvita».

Page 8: Una giornata di preghiera Per una Chiesa di digiuno e di ... › media › osservatore... · Vangelo, e la misericordia è l’ambi-to per incontrarci con loro». Lo sa bene il vescovo

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 sabato-domenica 2-3 maggio 2020

L’Italia affidata alla Vergine nel santuario di Caravaggio

Tra le bracciadi Maria

Preti, senza pauraL’arcivescovo di Minsk-Mohilev nella Domenica del buon pastore

Il coronavirus non ha fermato i laboratori artigianali nelle case di reclusione femminili

Con il lavoro in carcere da protagoniste

In Spagna si celebra la Giornata delle vocazioni native

Dare luce agli altri

BE R G A M O, 2. «Sostieni le famigliesmarrite, soprattutto le più povere,stringi al tuo seno i bambini, pren-di per mano i giovani, rendi sa-pienti i genitori, da’ vigore agli an-ziani, salute agli ammalati, paceeterna a chi muore». È l’accoratainvocazione del vescovo di Cremo-na, Antonio Napolioni, pronuncia-ta nella preghiera di affidamentodella nazione italiana alla Verginein tempo di pandemia, da lui pre-sieduta la sera di venerdì 1° maggionel santuario di Santa Maria dellaFonte presso Caravaggio: un luogofortemente simbolico in una terrache forse più di ogni altra nel pae-se ha subito i devastatanti effettidel coronavirus

Trasmesso dall’emittente televisi-va Tv2000 e voluto dal presidentedella Conferenza episcopale italia-na (Cei), cardinale Gualtiero Bas-setti, che ha fatto proprie le solleci-tazioni giunte da tanti credenti,nell’atto di affidamento si è riper-corsa la passione di Cristo nellacontemplazione dei misteri dolorosidel rosario preceduta dalla simboli-ca accensione di una luce dinanziall’immagine di Maria venerata nelsantuario, perché — come ha sotto-lineato il vescovo, anche lui conta-giato dal covid-19 e poi guarito —«dove c’è incredulità fiorisca la fe-de, dove c’è disperazione fiorisca la

speranza, dove c’è egoismo fioriscala carità». Un’esortazione ad ab-bandonarsi alla rassicurante tene-rezza delle braccia che non hannomai mancato di stringere i fedelinei momenti di difficoltà. «SantaMaria, non c’è lacrima che tu nonasciughi, liberaci dal male che ciassedia», è stata la supplica delpresule nel corso della liturgia, ri-cordando quanti continuano a pro-digarsi in questo difficile periodosvolgendo infaticabilmente il lorolavoro: medici, infermieri, politici,forze dell’ordine, volontari e scien-ziati, e non dimenticando coloroche temono per l’incertezza delproprio impiego.

Un atto di fiducia alla Madre diCristo, «Colei che si fida e si affidaal Signore, crede nonostante tuttoall’amore di Dio» è la via per lasalvezza, ha ribadito il vescovo se-gretario generale dell’episcopato,Stefano Russo, in un’intervista aimedia della Cei. Per superare unitiquesto drammatico periodo occor-rono anche «prudenza e obbedien-za» ha rimarcato richiamando leparole del Papa, per non «essereciechi rispetto al vissuto di tristez-za e dolore con cui stiamo ancorafacendo i conti. Il futuro si fonderàsulla nostra capacità di “fare squa-dra”, partendo dagli ultimi, sullasolidarietà rispetto all’egoismo».

di GI O VA N N I ZAVAT TA

Tre n t ’anni fa, nel 1990, in unaBielorussia che si apprestavaall’indipendenza dall’Unione

Sovietica (raggiunta nell’agosto1991), c’erano soltanto una sessantinadi sacerdoti. Oggi quelli che presta-no servizio sono 481, settantacinquedei quali stranieri. Ma non bastano.Nel paese (a maggioranza cristianaortodossa) ci sono un milione emezzo di cattolici e ogni prete si de-ve occupare in media di oltre tremilafedeli. Ne servirebbero il triplo peruna pastorale realmente efficace. Aparlarne è l’arcivescovo di Minsk-Mohilev, Tadeusz Kondrusiewicz,presidente della Conferenza episco-pale bielorussa, che in una lunga let-tera scritta in occasione della IV diPasqua (3 maggio), Domenica delbuon pastore, sottolinea che «i biso-gni crescono» ma non altrettanto ilnumero dei presbiteri. Tre ricette permigliorare la situazione: preghieraper le vocazioni, educazione adegua-ta dei giovani, senso di responsabili-tà per i chiamati, perché, rileva,«senza sacerdoti ben addestrati è im-possibile organizzare una pastoralegenerale e specializzata».

Da quando, trent’anni fa, è inizia-to il processo di risveglio della Chie-sa cattolica in Bielorussia, dopo unlungo periodo di persecuzioni, mol-to è stato fatto nella formazione dinuovi sacerdoti e persone consacra-te. Del 1990 è la fondazione del se-minario teologico superiore di Grod-no, che a quel tempo preparò 212giovani preti. Nel 2001 ha invece ri-preso la sua attività, a Pinsk, il semi-nario teologico intitolato a san Tom-maso d’Aquino. Decine i preti cre-sciuti culturalmente e spiritualmentein diversi paesi esteri, a contatto conl’esperienza pastorale della Chiesauniversale; un beneficio a cui hannoattinto anche numerose comunitàmonastiche. In tutto, negli ultimit re n t ’anni, sono circa quattrocento isacerdoti formati per il servizio inB i e l o ru s s i a .

Il 3 maggio è anche la Giornatamondiale di preghiera per le voca-zioni. Monsignor Kondrusiewiczesorta a darsi da fare: «Sacerdoti, re-ligiosi, suore non provengono dallo

spazio ma dalle nostre famiglie.Quando guardò il suo popolo, Cri-sto disse che erano come pecore sen-za pastore e lo invitò a pregare, per-ché “la messe è abbondante ma sonopochi gli operai” (Luca, 10, 2)». Die-tro a questa scarsità si nasconde unpericolo: «Se non ci sono sacerdoti,il loro posto sarà occupato da vari“g u ru ” e pseudo-pastori che hannogià una forte influenza sull’educazio-ne delle persone, specialmente deigiovani». Il mondo attuale, così se-colarizzato, offre metodi che non so-lo non risolvono i problemi ma ag-gravano la situazione. Di conseguen-za, «il farmaco diventa peggiore del-la malattia». Gesù invece «insegnache il cammino verso la felicità nonsta nel compimento dei nostri desi-deri ma nel seguirlo», semplicemen-te. L’arcivescovo ricorda, a pochigiorni dal centesimo anniversariodella nascita (18 maggio), le celebriparole pronunciate da Giovanni Pao-lo II nell’omelia per l’inizio del suopontificato: «Non abbiate paura!Aprite, anzi, spalancate le porte aCristo!». Ciò è possibile — commen-ta — «solo attraverso il ministero deisacerdoti che agiscono non per pro-prio conto, ma per conto di Gesù edella sua potenza». Gesù, come ilbuon pastore, «è una porta per isuoi credenti, e chiunque la attraver-serà sarà salvato. La Chiesa imponeai pastori di tenere il gregge dei fe-deli lontano dai moderni lupi trave-stiti da pecora, che sono le manife-stazioni di varie ideologie anti-spiri-tuali e pratiche immorali, e di nutrir-

lo con sano cibo spirituale», ribadi-sce il presidente dell’episcopato bie-lorusso. Aiutare coloro — nuovi pre-sbiteri, persone consacrate — chehanno scelto di far parte degli “op e-rai” della Chiesa: «Questo è il no-stro compito comune», rammentaKondrusiewicz, e per la sua realizza-zione «dobbiamo rendere testimo-nianza del dono della chiamata diDio nelle diverse situazioni della no-stra vita, pregare per le vocazioni emigliorare la pastorale sul campo,prenderci cura di crescere i bambininelle famiglie con lo spirito di rico-noscere e obbedire alla volontà del

Signore». Ma quando si prega per levocazioni è necessario anche auspi-care che i giovani non abbiano pau-ra di rispondere “sì” alla chiamata diDio. Del resto «il mondo moderno,così materiale, con la sua promessadi felicità terrena istantanea, noncontribuisce allo spirito di vocazio-ne. Ecco perché molto spesso la pri-ma risposta a una vocazione è lapaura. Paralizza i giovani e quindirattrista Gesù, indebolendo la Chie-sa». Nel messaggio per la giornatadel 3 maggio Papa Francesco osservache «il Signore sa che una sceltafondamentale di vita — come quelladi sposarsi o consacrarsi in modospeciale al suo servizio — richiedecoraggio»; e «perciò ci rassicura:“Non avere paura, io sono con te!”».L’arcivescovo di Minsk-Mohilev —che al termine della sua lettera ricor-da gli oltre cento sacerdoti morti dicoronavirus in Italia mentre erano alservizio del prossimo — esorta i gio-vani a credere in questa presenza cheviene incontro e accompagna, chepermette di sentire la bellezza diquella chiamata: «Cristo ha predica-to il Vangelo, ha aiutato i bisognosi,ha guarito i mali del corpo edell’anima. I sacerdoti sono chiamatia continuare questa missione così,sempre, rilevante».

MADRID, 2. Anche quest’anno ilmondo cattolico spagnolo è chia-mato a pregare per le vocazioni na-tive, cioè quelle al sacerdozio e allavita consacrata nate in terre di mis-sione: è quanto accade il 3 maggio,quarta domenica di Pasqua e delBuon Pastore, in concomitanza conla Giornata mondiale di preghieraper le vocazioni. Si rinnova così lapreghiera per tanti giovani chevengono chiamati da Dio a seguir-lo affinché prendano il posto deimissionari e mantengano viva la

religiosi (Confer), la Conferenzadegli istituti secolari (Cedis) e lePontificie opere missionarie (Pom)— che rappresentano la diversità ela ricchezza delle vocazioni.

Anche se a causa dell’isolamentoforzato dovuto al coronavirus nonè possibile celebrare la manifesta-zione comunitariamente, i fedeli as-sistono tuttavia in questi giorni,spiega una nota della direzione na-zionale delle Pom, «al grande ruo-lo che preti, religiosi e consacratisvolgono in questa straordinaria si-tuazione di pandemia. L’imp ortan-za della loro presenza è stata sotto-lineata in tante testimonianze didedizione e accompagnamento nelnostro paese e in tutto il mondo.Per questo motivo, è necessariopregare affinché molti giovani pos-sano seguire il loro esempio eascoltare la voce di Dio» che liesorta ad accogliere il suo invito aportare la salvezza agli uomini.Una presenza sempre più necessa-ria dopo il dilagare del covid-19che fa sentire maggiormente i suoieffetti nefasti nelle aree più povere.Come quelle di Africa, Asia, Ocea-nia e America latina, spiega unanota delle Pom spagnole, «chehanno meno mezzi di noi e che inalcuni luoghi hanno serie difficoltàa gestire il virus e a vivere l’isola-mento». Diverse le iniziative lan-ciate per questa Giornata: sul cana-le di YouTube aperto per l’o ccasio-ne, è stata presentata la canzonedell’evento, il cui testo è un invitoa seguire Cristo «per dare luce aglialtri» e nove interviste che raccol-gono testimonianze di coloro chehanno sentito la vocazione, spie-gando il modo in cui il Signore hatrasformato i loro cuori. Il numerodelle vocazioni native ha registratoun sensibile aumento negli ultimi30 anni: da circa 45 mila a oltre 88mila, soprattutto in Asia e Africa.

di DAV I D E DIONISI

Le donne in carcere spesso vivono undoppio dramma: quello della detenzionee quello dell’essere mamme non in gra-

do di svolgere il proprio ruolo. Inoltre hannoper natura un modo differente di vivere la re-clusione; per questo le sbarre dovrebbero esse-re l’ultima risorsa prima di considerare formedi pena alternativa. Sono due i momenti piùduri della vita in carcere all’interno degli isti-tuti femminili: il periodo di agosto e quellonatalizio. Comprenderne le ragioni è fin trop-po facile. Ma se a questi due appuntamentisegnati in nero sul calendario della cella se neaggiungesse un terzo? Un tempo inatteso, ca-ratterizzato da ulteriore sofferenza e da nuoverestrizioni, scandito da azioni quotidiane maicompiute. Un tempo imposto da un nemicoinvisibile, chiamato covid-19, che aumenta ledistanze, di per sé già incolmabili, tra carceree società. Come reagire? «Lavoro e solidarietàsono state le due carte vincenti per affrontareal meglio questo periodo», spiega LucianaDelle Donne, fondatrice di «Made in carce-re», associazione che dal 2007 realizza corsi ditaglio e cucito nelle case circondariali di Leccee Trani. «Abbiamo subito cercato di coinvol-gere le ragazze in un progetto mirato dalladuplice finalità: mantenere l’occupazione edare una mano a chi ne aveva bisogno. Daqui è nata la riconversione delle nostre sartorieche, in questi giorni, stanno producendo ma-scherine. È un tassello importante che abbia-mo aggiunto alla nostra esperienza», continuaDelle Donne.

Dopo un primo momento di disorientamen-to, «abbiamo subito pensato alla sicurezza ealla dignità della comunità carceraria. Sonoemerse tutte le caratteristiche individuali. Ab-biamo capito che ci sono tante detenute chehanno voluto essere protagoniste in questomomento di difficoltà nazionale. Papa France-sco dice che non possiamo andare avanti cia-scuno per conto proprio, ma solo insieme. Nessuno si salva da solo. Questo le ragazze lohanno ben capito». E, al Papa, Luciana DelleDonne ha fatto indossare, in occasione dellavisita nel penitenziario di Poggioreale (21 mar-zo 2015), uno dei braccialetti realizzato dallesue ragazze riportante la frase Non fatevi ruba-re la speranza.

Stesse dinamiche, con risultati altrettantosorprendenti, si sono manifestate a Forlì. «Il24 febbraio sono state sospese tutte le attività.Interrompere la filiera e privare le ospitidell’abituale occupazione avrebbe aperto lastrada a una nuova sofferenza», racconta Ma-nuela Raganini, presidente di «Formula soli-dale», cooperativa sociale che si pone comeobiettivo l’inserimento lavorativo di personeparticolarmente svantaggiate e che opera conle ospiti del carcere della città romagnola. «Cisiamo date subito da fare per realizzare ma-scherine in cotone lavabile, per noi, per il per-sonale che si occupa delle pulizie, per chi la-vora nelle case di riposo e chi consegna i pac-chi a domicilio. Abbiamo consegnato le mac-chine da cucire alle ragazze che lavorano fuori

e tessuti ai laboratori interni. Una piccola ini-ziativa promossa senza tanti clamori, oggi si èestesa anche ad aziende e a privati che nehanno fatto richiesta. Alla fine, stipendio ga-rantito e impiego di pubblica utilità. Le nostreragazze hanno subito una trasformazione de-gna di nota: da assistite ad assistenti del terri-torio», conclude.

Fermare a Napoli la pizza e il caffè non ècerto impresa facile. Lo sanno bene le ragazzedelle «Lazzarelle», cooperativa di sole donnenata nel 2010 che produce caffè artigianale, se-condo l’antica tradizione napoletana, all’inter-no del più grande carcere femminile di Poz-zuoli. «Fortunatamente l’istituto ci ha consen-tito di entrare perché la torrefazione è al suointerno. Dato che gli esercizi che abitualmente

serviamo — bar e ristoranti su tutti — hannochiuso, ci siamo, per così dire, reinventate»,chiarisce Imma Carpiniello, presidente dellacooperativa. «Visto che possiamo contare suun laboratorio molto grande, siamo riuscite amantenere le distanze di sicurezza e a rispetta-re i dettami della prevenzione utilizzando ma-scherine e gel disinfettante. Abbiamo poi lan-ciato un post su Facebook e inviato una mailai nostri contatti dicendo: “Noi siamo torna-te”», spiega Carpiniello, che aggiunge: «Perabbattere i costi di spedizione abbiamo strettoun accordo con i corrieri e questo ci ha con-sentito di continuare a lavorare spedendoovunque il nostro caffè». C’è dunque chi si èrimboccato le maniche e chi, invece, ha gioca-to d’anticipo puntando sulla solidarietà.

A Venezia, nella casa di reclusione femmini-le della Giudecca, «il virus ha colto un po’tutti di sorpresa», chiarisce suor Franca Bu-snelli, religiosa delle Suore di Maria Bambina,che presta servizio da sei anni nel carcere del-la laguna. «Questo è stato uno dei primi isti-tuti che si è distinto per gesti molto significa-tivi di solidarietà. Fra tutti, la raccolta fondi(110 euro) poi donati al reparto di terapia in-tensiva dell’Ospedale dell’Angelo di Mestre.Le ragazze hanno voluto così testimoniare laloro vicinanza agli ammalati, ai loro familiari,ai medici e agli infermieri. Nel contempo han-no inviato una lettera al presidente della Re-pubblica italiana alla quale lo stesso Mattarel-la ha risposto, elogiando l’iniziativa delle ospi-ti», racconta la religiosa.

L’investimento sulla formazione personale elavorativa è una componente fondamentale eirrinunciabile della proposta trattamentale di-retta alle donne detenute. Lo è ancora di piùin questo momento anche se le filiere di pro-duzione sono ferme. «Il lavoro si è bloccatoper due settimane», rivela suor Franca. Sarto-ria chiusa, così come la lavanderia, l’area dellacosmesi e perfino l’orto. Ma «da alcuni giornil’attività è ripresa e le ragazze stanno produ-cendo mascherine sia per l’interno sia perl’esterno». Per la religiosa, «manifestare soli-darietà in un momento così difficile le aiuta asentirsi parte attiva di una comunità, nellasperanza che quando giungerà il momento ditornare a casa troveranno una società dispostaad accoglierle e a farle sentire donne e cittadi-ne utili alla società come tutti gli altri».

fiamma del Vangelo nei loro paesie nelle loro culture. I due eventisono organizzati congiuntamenteda quattro istituzioni ecclesiali na-zionali — la Conferenza episcopalespagnola (Cee), la Conferenza dei

Dieci i mortitra gli operatori di Caritas italiana

ROMA, 2. Dieci morti tra volontari e opera-tori in nove Caritas italiane mentre in altri22 centri diocesani in ben quarantadue so-no risultati positivi al covid-19. È quantoemerge, riferisce un comunicato diffusoquesta mattina, da un monitoraggio com-piuto dall’organismo pastorale tramite unquestionario rivolto ai responsabili di 101Caritas locali. Un’emergenza con criticitàsempre più complesse quella rappresentatadalla pandemia di coronavirus con numero-se strategie di intervento da parte di Cari-tas italiana che fin dall’inizio del contagionon hanno mai fatto mancare il proprio so-stegno anche a rischio della vita.

Secondo quanto riportano i dati della ri-cerca è raddoppiato il numero delle perso-ne che si rivolgono per la prima volta aipunti di ascolto e ai servizi delle Caritas ri-spetto al periodo di pre-emergenza. Ma,nel 59,4 per cento degli organismi oggettodel sondaggio, sono anche aumentati i vo-lontari sotto i 34 anni che hanno consentitodi fronteggiare il calo di quelli over 65 ri-masti inattivi per motivi precauzionali.«Un dato confortante — si legge nel comu-

nicato di Caritas italiana — è il coinvolgi-mento della comunità e l’attivazione solida-le che nel 76,2 per cento delle Caritas mo-nitorate ha riguardato enti pubblici, entiprivati o terzo settore, parrocchie, gruppi divolontariato, singoli». Un contributo pre-zioso dinanzi al crescere della domanda dibeni di prima necessità e di quella di aiutieconomici per il pagamento di bollette, af-fitti e spese per la gestione della casa. Inquesto ambito si inseriscono iniziative diaiuto alle famiglie per smart working, di-dattica a distanza e interventi a sostegnodelle piccole imprese.

Significativi i numeri che parlano di 178strutture edilizie messe a disposizione dellaProtezione civile e del Sistema sanitario na-zionale da varie diocesi italiane per medici,persone in quarantena, senza fissa dimora odimesse dagli ospedali e per l’accoglienzaaggiuntiva di senzatetto, oltre che perl’ospitalità residenziale ordinaria. Di fronteal mutare dei bisogni e delle richieste, infi-ne, sono cambiati o si sono adattati anche iservizi di ascolto e accompagnamento tele-fonico, con 22.700 contatti registrati.

Page 9: Una giornata di preghiera Per una Chiesa di digiuno e di ... › media › osservatore... · Vangelo, e la misericordia è l’ambi-to per incontrarci con loro». Lo sa bene il vescovo

L’OSSERVATORE ROMANOsabato-domenica 2-3 maggio 2020 pagina 9

Messaggio per il Ramadan

Cristiani e musulmaniinsieme per proteggere i luoghi di culto

Rescriptumex audientia Sanctissimi

IL SOMMO PONTEFICE FRANCESCO

nell’Udienza concessa al sottoscritto Sostituto per gli Affari Generali il 14aprile 2020, ha deciso di cooptare nell’Ordine dei Vescovi, equiparandoloin tutto ai Cardinali insigniti del titolo di una Chiesa suburbicaria, in de-roga ai canoni 350 §§ 1-2 e 352 §§ 2-3 CIC, Sua Eminenza Reverendissi-ma il Signor Cardinale Luis Antonio G. Tagle, del Titolo di San Feliceda Cantalice a Centocelle, Prefetto della Congregazione per l’Evangeliz-zazione dei Popoli.

Il presente Rescritto sarà promulgato tramite pubblicazione su «L’O s-servatore Romano», entrando in vigore il 1° maggio 2020, e quindi pub-blicato sugli Acta Apostolicae Sedis.

Dal Vaticano, 1° Maggio 2020.

Edgar Peña ParraSostituto

Nominaepiscopale

Mitja Leskovarnunzio apostolico in Iraq

Nato a Kranj, in Slovenia, il 3 gennaio1970, è stato ordinato sacerdote il 29giugno 1995. Incardinato a Ljubljana, èlaureato in diritto canonico. Entrato nelservizio diplomatico della Santa Sede il1° luglio 2001, ha prestato la propriaopera nella rappresentanza pontificia inBangladesh, presso la sezione per gliAffari generali della Segreteria di Stato,e nelle rappresentanze pontificie nellaRepubblica Federale di Germania e inIndia.

NOSTREINFORMAZIONI

Il Santo Padre ha ricevuto que-sta mattina in udienza:

gli Eminentissimi Cardinali:— Marc Ouellet, Prefetto del-

la Congregazione per i Vescovi;— Gualtiero Bassetti, Arcive-

scovo di Perugia - Città dellaPieve (Italia), Presidente dellaConferenza Episcopale Italiana;

Sua Eccellenza MonsignorAmbrogio Spreafico, Vescovodi Frosinone-Veroli-Ferentino(Italia).

Il Santo Padre ha ricevuto inudienza l’Eminentissimo Cardi-nale Giovanni Angelo Becciu,Delegato Speciale presso ilSovrano Militare Ordine diMalta.

Il Santo Padre ha promossoall’Ordine dei Vescovi l’Emi-nentissimo Signor CardinaleBeniamino Stella, Prefetto dellaCongregazione per il Clero, as-

segnandogli il Titolo dellaChiesa Suburbicaria di Porto -Santa Rufina.

Il provvedimento è stato resonoto in data 1° maggio.

Il Santo Padre ha nominatoVice Camerlengo di Santa Ro-mana Chiesa Sua EccellenzaMonsignor Ilson de Jesus Mon-tanari, Arcivescovo titolare diCapocilla, Segretario dellaCongregazione per i Vescovi.

La nomina è stata resa notain data 1° maggio.

Il Santo Padre ha nominatoNunzio Apostolico in Iraq ilReverendo Monsignore MitjaLeskovar, Consigliere di Nun-ziatura, elevandolo in pari tem-po alla Sede titolare di Bene-vento, con dignità di Arcive-scovo.

Il provvedimento è stato resonoto in data 1° maggio.

Un’altra positivitàal covid-19

tra i dipendentidella Santa Sede

«Nella mattina di oggi è giunta unaulteriore conferma di positività alcovid-19 tra i dipendenti della SantaSede». Lo ha dichiarato giovedì 30aprile il direttore della Sala stampadella Santa Sede, Matteo Bruni,spiegando che «si tratta di una per-sona che presentava sintomi dallaprima metà di marzo e per questo sitrovava in isolamento fiduciario acasa. Prima di fare rientro a lavoro,in via precauzionale, il dipendente èstato sottoposto a test ed è risultatopositivo alla malattia. Si trova ora,nuovamente, in quarantena presso ilproprio domicilio».

Lutti nell’episcopato

Il vescovo Mathew Anikuzhikattil, eme-rito di Idukki dei siro-malabaresi, in In-dia, è morto, alle prime ore di venerdì1° maggio, al Malankara orthodoxsyrian church (Mosc) medical college inKolenchery, Kerala.

Il compianto presule era nato il 23settembre 1942 a Kadlaplamattam,nell’eparchia siro-malabarese di Palai, eaveva ricevuto l’ordinazione sacerdotaleil 15 marzo 1971. All’erezione dell’epar-chia di Idukki il 19 dicembre 2002 neera stato eletto primo vescovo e avevaricevuto l’ordinazione episcopale il 2marzo 2003. Il 12 gennaio 2018 aveva ri-nunciato al governo pastorale della dio-cesi. I funerali saranno celebrati martedì5 maggio, alle 14.30, nella cattedrale diSaint Goerge.

Il vescovo Philippe Jean Louis Bre-ton, emerito d’Aire et Dax, in Francia, èmorto a Parigi mercoledì scorso, 29aprile all’età di 84 anni.

Il compianto presule era infatti natol’11 novembre 1936 a Rouen, ed era sta-to ordinato sacerdote il 22 dicembre1966. Eletto alla sede residenziale di Ai-re et Dax il 18 giugno 2002, aveva rice-vuto l’ordinazione episcopale il successi-vo 29 settembre. Aveva rinunciato algoverno pastorale della diocesi il 24gennaio 2012. Le esequie saranno cele-brate martedì 5 maggio, alle 10, nellachiesa parigina di Saint-Germain l’Au-x e r ro i s .

Intervista al vescovo argentino Eduardo García

Per una Chiesa Vangelo e SpiritoCO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 1

Anche quest’anno il Pontificio consiglio per il dialogointerreligioso (Pcdi) ha inviato alla comunità islami-ca il tradizionale messaggio augurale in occasione delmese di Ramadan — iniziato il 23 aprile scorso — edi ’Id al-Fitr (1441 H. / 2020 A.D.), la festa chelo conclude. Diffuso venerdì 1° maggio, il testo erastato preparato prima del dilagare della pandemiadel covid-19, e riflette sul tema del rispetto e dellaprotezione dei luoghi di culto. «Pertanto — ha spie-gato in una nota il cardinale comboniano MiguelÁngel Ayuso Guixot — desidero, in quanto presidentedel Pcdi, aggiungere l’augurio che cristiani e musul-mani, uniti in spirito di fraternità, dimostrino solida-

rietà con l’umanità così duramente colpita, e rivolga-no le loro preghiere a Dio Onnipotente e Misericor-dioso, affinché estenda la Sua protezione su ogni esse-re umano, perché possano essere superati questi mo-menti tanto difficili». Del resto, ha spiegato il porpo-rato in un’intervista rilasciata a Vatican News, sitratta di una festa «essenziale, importante e significa-tiva per i nostri amici musulmani, benché come è sta-ta anche per noi la Pasqua, anche per loro quest’an-no essa assuma un significato particolare a causadella pandemia». In pratica è un Ramadan vissutoin «una dimensione più interiore, perché l’aspetto co-munitario non può essere celebrato». E in proposito

ha rilanciato quanto «Papa Francesco in questa dif-ficile realtà ci ha chiamati a diffondere» ovvero «il“contagio della speranza”», esortando «i differentileader religiosi a promuovere l’unità, la solidarietà ela fratellanza, perché da questo momento possiamouscire tutti migliori di quello che eravamo prima eaiutare le nostre società a essere pronte a cambiaretutto ciò che è necessario, non seguendo solo le leggidell’economia e del profitto». Pubblichiamo qui di se-guito la traduzione dall’inglese del testo del messaggiodel Pcdi, firmato dal cardinale presidente e dal segre-tario del dicastero, monsignor Indunil KodithuwakkuJanakaratne Kankanamalage.

Risp ostadel direttore

della Sala stampaRispondendo ad alcune domandedei giornalisti, nella serata di giovedì30 aprile, il direttore della Sala stam-pa, Matteo Bruni, ha confermatoche sono stati disposti provvedimen-ti individuali per alcuni dipendentidella Santa Sede, alla scadenza diquelli adottati all’inizio dell’indaginesugli investimenti finanziari e nelsettore immobiliare della Segreteriadi Stato.

Cari fratelli e sorelle musulmani,Il mese di Ramadan è così centralenella vostra religione e perciò a voitanto caro a livello personale, fami-liare e sociale. È un tempo di guari-gione spirituale, di crescita e di con-divisione con i poveri e di rafforza-mento dei legami con parenti edamici.

Per noi, vostri amici cristiani, è untempo propizio per consolidare lenostre relazioni con voi, mediante isaluti, gli incontri e, dove è possibi-le, con la condivisione di un i f t a r. IlRamadan e ’Id al-Fitr sono, dunque,occasioni speciali per far crescere lafraternità tra cristiani e musulmani.È questo lo spirito con cui il Pontifi-cio Consiglio per il dialogo interreli-gioso porge a tutti voi i suoi miglioriauguri oranti e cordiali congratula-zioni.

Seguendo una tradizione a noi ca-ra, vogliamo condividere con voi al-cuni pensieri, che riguardano que-st’anno la protezione dei luoghi diculto.

Sappiamo che i luoghi di culto ri-vestono una grande importanza nelcristianesimo e nell’islam, come purenelle altre religioni. Sia per i cristia-ni, sia per i musulmani chiese e mo-schee sono spazi riservati alla pre-ghiera personale e comunitaria, edi-ficati ed arredati in modo da favorireil silenzio, la riflessione e la medita-zione. Esse sono spazi dove si puòarrivare nelle profondità del proprioanimo, facilitando così, con il silen-zio, l’esperienza di Dio. Pertanto, unluogo di culto di qualsiasi religioneè “casa di preghiera” (Isaia 56, 7).

I luoghi di culto sono pure spazidi ospitalità spirituale, nei quali i se-guaci di altre religioni si radunanoanche per cerimonie speciali comenozze, funerali, feste della comunitàecc. Partecipando a quegli eventi insilenzio e col rispetto dovuto alle os-servanze religiose dei seguaci diquella particolare religione, essi assa-porano l’ospitalità loro riservata.Questa pratica è una speciale testi-monianza di ciò che unisce i creden-ti, senza sminuire o negare ciò che lidistingue.

Sotto questo aspetto vale la penaricordare ciò che Papa Francesco hadetto in visita alla moschea HeydarAl i y e v, a Baku (Azerbaigian), dome-nica 2 ottobre 2016: «È un grandesegno incontrarci in amicizia fraternain questo luogo di preghiera, un se-gno che manifesta quell’armonia chele religioni insieme possono costrui-re, a partire dai rapporti personali e

dalla buona volontà dei responsabi-li».

Nel contesto dei recenti attacchicontro chiese, moschee e sinagoghe,perpetrati da persone malvage chesembrano percepire i luoghi di cultocome bersaglio preferito della lorocieca e insensata violenza, è degnodi nota quanto è riportato nel Docu-mento sulla Fratellanza umana per la

pace mondiale e la convivenza comune,firmato da Papa Francesco e dalGrande imam di Al-Azhar, il dottorAhmad Al-Tayyeb, ad Abu Dhabi, il4 febbraio 2019: «La protezione deiluoghi di culto — templi, chiese emoschee — è un dovere garantitodalle religioni, dai valori umani, dal-le leggi e dalle convenzioni interna-zionali. Ogni tentativo di attaccare iluoghi di culto o di minacciarli at-traverso attentati o esplosioni o de-molizioni è una deviazione dagli in-segnamenti delle religioni, nonchéuna chiara violazione del diritto in-ternazionale».

Apprezzando gli sforzi compiutidalla comunità internazionale a varilivelli per la protezione dei luoghi diculto in tutto il mondo, è nostrasperanza che la stima vicendevole, ilrispetto reciproco e la cooperazionepossano rafforzare i nostri legami disincera amicizia, e consentire allenostre comunità di salvaguardare iluoghi di culto per assicurare alle fu-ture generazioni la libertà fonda-mentale di professare le proprie cre-denze.

Con rinnovata stima e fraterni sa-luti, a nome del Pontificio Consiglioper il dialogo interreligioso, porgia-mo auguri amicali di un fruttuosomese di Ramadan e di un gioioso ’Ida l - F i t r.

Dal Vaticano, 17 aprile 2020

limitare libertà fondamentali dei cat-tolici e della Chiesa stessa?

Mi ha colpito, mi ha colpitomolto in questi giorni, che sia cir-colato un video rivolto a noi ve-scovi con la frase “ridateci la Mes-sa”. Da un giorno all’altro, sonosaltate fuori correnti politiche e re-ligiose che chiedono con insisten-za e con fragore di allentare le mi-sure di confinamento e che voglio-no inserirci in un quadro di con-flitto, come se fossimo una Chiesaperseguitata, situazione che si èverificata e continua a verificarsiin altri sistemi politici in varie par-ti del mondo. Ma non nel nostropaese. Credo che ci siano tantiprofeti di sventure, che ci sianotante persone che confondono laconversione pastorale e missiona-ria con il relativismo morale. Èmolto semplice: prevenire il conta-gio è una responsabilità civile ecristiana. E quello che noi vescovistiamo dicendo è proprio di adem-piere alla Legge di Dio, che nelsuo quinto comandamento ci ordi-na di custodire, promuovere e di-fendere la vita, di preservarla, lanostra e quella altrui: questo stia-mo facendo. Credo che servirà apoco la graduale riapertura dellechiese se non ci sarà una riapertu-ra radicale della Chiesa di frontealla realtà. Dobbiamo fare un sal-to di qualità, da una Chiesa fede esacramenti (detentrice della veritàe depositaria della salvezza) a unaChiesa Vangelo e Spirito (quelladi una comunità in camino). Sonoconsapevole che questo richiedeun cambio di marcia importanteper gran parte della Chiesa catto-lica. Ciò che definisce un cristianonon è l’essere virtuoso od obbe-diente, ma il vivere confidando inun Dio vicino, dal quale si senteamato incondizionatamente e chegli ha promesso la sua presenzasempre. Non dobbiamo dimenti-care mai il dovere di attenzionespirituale e materiale verso i mala-ti, gli anziani, i poveri, i bambinie le persone vulnerabili, che sonola preoccupazione più grande del-la Chiesa.

I fedeli si stanno adattando veloce-mente alla tecnologia applicata allaChiesa e a una partecipazione spiri-tuale virtuale in questi giorni di con-finamento dovuti al covid-19. Pos-siamo parlare di una nuova liturgiadomestica favorita da questa situa-zione?

Le diverse forme d’incontro reli-gioso nelle reti sociali e nei mediacome la televisione e la radio han-no operato come anti-paralizzantidi fronte alla pandemia e in quellagrande festa che la Settimana san-ta rappresenta per i fedeli. Chiaroche è mancata la comunità, lo sta-re insieme. Ma oggigiorno ci sonomilioni di case in cui le famiglieseguono le cerimonie del Papa intelevisione, alla radio o nelle retisociali, e questo è stata una conso-lazione per Francesco. Il risultatoè che abbiamo cominciato ad ave-re chiese domestiche ovunque! Pe-rò non vorrei che si pensasse cheuna liturgia virtuale possa esseresufficiente per favorire l’i n c o n t rocon le persone. Credo molto nelcostruire comunità. La rivoluzionedigitale, che è ormai chiaramente

una rivoluzione antropologica, ge-nera un legame molto superficiale,molto veloce. Noi Chiesa dobbia-mo costruire legami che siano piùpieni di vita — non in competizio-ne con la realtà virtuale — che sitrasformino in affetto e amore. Èquesta la sfida. Costruire comuni-tà, non gruppi su WhatsApp, dirapporto vero tra gli uomini.

Crede che occorra tornare subito allavita eucaristica?

Credo fermamente nel Signorepresente nell’Eucaristia, centro eculmine della vita cristiana, mal’Eucaristia nella vita di un cristia-no non deve mai diventare unaspecie di self service della grazia.Se è vero che non c’è Chiesa sen-za l’Eucaristia, è altrettanto veroche non c’è Eucaristia senza unaChiesa. È evidente che desideria-mo tornare in chiesa e pregare in-sieme, ascoltare insieme la Paroladi Dio e lodare insieme il Signore.Speriamo che accada presto! Mala riapertura delle chiese avverràquando le circostanze lo consenti-ranno.

Che cos’è cambiato per lei in questigiorni di epidemia?

La nostra presenza nella comu-nità è cresciuta molto. Le mensesociali che già erano in funzione sisono dovute reinventare, e tra lemolte attività che portano avantiin questi giorni ce n’è una nuova,quella di distribuire pasti alle per-sone senza fissa dimora nel territo-rio della mia diocesi. Stiamo di-stribuendo più di 9.000 pasti; an-che così, non abbiamo ingredientia sufficienza per cucinare ognigiorno. La risposta di molte per-sone che vengono a cercare un pa-sto non rispettando alla letteral’isolamento è: “Non so se prende-rò il coronavirus, ma sicuramentenon morirò di fame”. Affiora cosìl’altro grande problema dei nostriquartieri: non c’è spazio sufficien-te per rispettare l’isolamento ne-cessario ad evitare i contagi. Nonsempre le case sono il luogo mi-gliore, per l’affollamento, la man-canza d’igiene… Abbiamo apertocase di accoglienza provvisorie peri senzatetto, in modo che possanoisolarsi un minimo: sono passatida 1 a 100. Mi azzardo a dire chenon saranno temporanee perché,una volta superata la pandemia,non li ributteremo in strada. Ingenerale, cerco di dare speranza,di essere presente, di stare accantoai bisognosi. Tutti dovremmo far-lo.

Che cosa impareremo da questae m e rg e n z a ?

È molto difficile dirlo, perchénelle situazioni difficili a volte gliuomini diventano persone migliorie a volte non imparano nulla, ri-manendo nella loro torpore e stol-tezza. Ma può anche essere un’op-portunità per capire che non pos-siamo continuare così, con questoindividualismo, con questa situa-zione in cui a valere sono solo ipropri diritti alla libertà, senzapensare a quelli altrui. Riassumen-do, siamo una comunità e dobbia-mo fare le cose insieme, perché laqualità della vita dipende solo dalsapere come vivere insieme e nonisolati.

(2 ottobre 2016) La visita del Papa alla moschea “Heydar Aliyev” di Baku, in Azerbaigian

Page 10: Una giornata di preghiera Per una Chiesa di digiuno e di ... › media › osservatore... · Vangelo, e la misericordia è l’ambi-to per incontrarci con loro». Lo sa bene il vescovo

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 10 sabato-domenica 2-3 maggio 2020

Nella messa a Santa Marta il Papa invita alla responsabilità per superare la crisi causata dalla pandemia

Tutti i governanti siano unitiper il bene del popolo

Il 1° maggio Francesco denuncia le nuove forme di schiavitù e riafferma i diritti sociali

A nessuno manchino il lavoro e la dignità

La spiritualità delle “tre M”

Accanto all’altare la statua di san Giuseppe artigiano

Avendo sempre nel cuore «il benedel popolo» il vescovo di Roma starilanciando quotidianamente la suapreghiera perché in questo tempo di«crisi sociale» causata dalla pande-mia non prevalgano paure e divisio-ni. E così sabato mattina, 2 maggio,all’inizio della messa celebrata nellacappella di Santa Marta, ha esortatoa pregare «per i governanti che han-no la responsabilità di prendersi cu-ra dei loro popoli in questi momentidi crisi: capi di Stato, presidenti digoverno, legislatori, sindaci, presi-denti di regioni». Un invito alla pre-ghiera, ha detto, «perché il Signoreli aiuti e dia loro forza, perché il lo-ro lavoro non è facile. E che quandoci siano differenze tra loro, capisca-no che, nei momenti di crisi, devonoessere molto uniti per il bene delpopolo, perché l’unità è superiore alconflitto».

Per questa invocazione, ha confi-dato il Papa, «oggi, sabato 2 mag-gio, si uniscono a noi in preghiera300 gruppi di preghiera che si chia-mano i “m a d r u g a d o re s ”, in spagnolo,cioè i mattinieri: quelli che si alzanopresto per pregare, fanno una leva-taccia proprio, per la preghiera. Lo-ro si uniscono oggi, in questo mo-mento, a noi».

Facendo riferimento alla liturgiadel giorno, il Pontefice nell’omeliaha subito notato che «la prima lettu-ra inizia» con queste parole: «Inquei giorni la Chiesa era in pace pertutta la Giudea, la Galilea e la Sa-maria. Si consolidava e camminavanel timore del Signore e, con il con-forto dello Spirito Santo, cresceva innumero» (Atti degli apostoli 9, 31-42).

Un «tempo di pace», dunque, «ela Chiesa cresce. La Chiesa è tran-quilla, ha il conforto dello SpiritoSanto, è in consolazione». Insommasono «tempi belli. Poi segue la gua-rigione di Enea, poi Pietro risuscitaGazzella, Tabità» e, ha fatto presen-te il Papa, sono tutte «cose che sifanno in pace». Ma, ha ricordato,«ci sono dei tempi non di pace nellaChiesa primitiva: tempi di persecu-zioni, tempi difficili, tempi che met-tono in crisi i credenti». E «un tem-po di crisi è quello che ci raccontaoggi il Vangelo di Giovanni» ha no-tato il Pontefice facendo riferimentoal brano (6, 60-69) proposto dalla li-turgia. «Questo passo del Vangelo —ha spiegato — è la fine di tutta unasequela che incominciò con la molti-plicazione dei pani, quando voleva-no fare re Gesù: Gesù va a pregare,loro il giorno dopo non lo trovano,vanno a cercarlo e Gesù li rimprove-ra che lo cercano perché dia damangiare e non per le parole di vitaeterna». E, ha proseguito, «tuttaquella storia finisce qui. Loro dico-no: “Dacci di questo pane”, e Gesùspiega che il pane che darà è il pro-prio corpo e il proprio sangue».

Scrive Giovanni: «In quel tempo,molti dei discepoli di Gesù, dopoaver ascoltato, dissero: “Questa pa-rola è dura! Chi può ascoltarla?”»(cfr. versetto 60). Gesù, infatti, ha ri-cordato il Papa, «aveva detto che chinon avesse mangiato il suo corpo eil suo sangue non avrebbe avuto lavita eterna». E «Gesù diceva anche:“Se voi mangiate il mio corpo e ilmio sangue, risusciterete nell’ultimogiorno”» (cfr. versetto 54).

La reazione dei discepoli di fronteall’insegnamento di Gesù, ha dettoFrancesco, era: «“Questa parola èdura” (cfr. versetto 60), troppo dura.Qualcosa qui non funziona, que-st’uomo è andato oltre i limiti». E«questo è un momento di crisi».Perché «c’erano momenti di pace emomenti di crisi». E «Gesù — haspiegato il Pontefice — sapeva “che isuoi discepoli mormoravano”: quic’è una distinzione tra i discepoli egli apostoli: i discepoli erano quei 72o più, gli apostoli erano i Dodici».Si legge nella pagina evangelica:«Gesù infatti sapeva fin dal princi-pio chi erano quelli che non crede-vano e chi era colui che lo avrebbetradito» (cfr. versetto 64).

Il Signore, ha fatto presente Fran-cesco, «davanti a questa crisi, ricor-da loro: “Per questo vi ho detto chenessuno può venire a me, se non gliè concesso dal Padre”» (cfr. versetto65). E così «riprende a parlare diquell’essere attirati dal Padre: il Pa-dre ci attira a Gesù». E «questo ècome si risolve la crisi».

«Da quel momento molti dei suoidiscepoli tornarono indietro e nonandavano più con lui» fa notareGiovanni nel Vangelo (cfr. versetto66). In pratica, ha spiegato il vesco-vo di Roma, «presero le distanze:“Quest’uomo è un po’ p ericoloso,un po’... Ma queste dottrine... Sì, è

un uomo buono, predica e guarisce,ma quando arriva a queste cose stra-ne... Per favore, andiamocene”» (cfr.versetto 66). Del resto, ha fatto no-tare Francesco, «lo stesso hanno fat-to i discepoli di Emmaus, la mattinadella risurrezione: “Mah, sì, una co-sa strana: le donne che dicono che ilsepolcro... Ma questo puzza — dice-vano — andiamocene presto perché

verranno i soldati e ci crocifiggeran-no”» (cfr. Luca 24, 22-24). E, anco-ra, ha aggiunto il Pontefice, «lostesso hanno fatto i soldati che cu-stodivano il sepolcro: avevano vistola verità, ma poi hanno preferitovendere il loro segreto: “Stiamo si-curi: non ci mettiamo in queste sto-rie, che sono pericolose”» (cfr. Ma t -teo 28, 11-15).

«Un momento di crisi — ha affer-mato il Papa — è un momento discelta, è un momento che ci mettedavanti alle decisioni che dobbiamoprendere. Tutti, nella vita, abbiamoavuto e avremo momenti di crisi: cri-si familiari, crisi matrimoniali, crisisociali, crisi nel lavoro, tante cri-si...». E «anche questa pandemia èun momento di crisi sociale».

«Come reagire nel momento dicrisi?» ha rilanciato Francesco, ripe-tendo le parole del Vangelo di Gio-vanni: «Da quel momento molti deisuoi discepoli tornarono indietro enon andavano più con lui» (cfr. ver-setto 66). Ed ecco che «Gesù prendela decisione di interrogare gli apo-stoli: “Disse allora Gesù ai Dodici:’Volete andarvene anche voi?’” ( c f r.versetto 67». Come a dire «prendeteuna decisione». E, riferisce Giovan-ni, «Pietro fa la seconda confessione:“Gli rispose Simon Pietro: ‘S i g n o re ,da chi andremo? Tu hai parole di vi-ta eterna e abbiamo creduto e cono-sciuto che tu sei il Santo di Dio’”(cfr. versetti 68-69). Pietro confessa,a nome dei Dodici, che Gesù è ilSanto di Dio, il Figlio di Dio».

«La prima confessione» di Pietroa Gesù è: «Tu sei il Cristo, il Figliodel Dio vivo». E, ha proseguito ilPapa, «subito dopo, quando Gesùincominciò a spiegare la passioneche sarebbe venuta, lui lo ferma:“No, no, Signore, questo no!”. Gesùlo rimprovera (cfr. Matteo 16, 16-23).Ma Pietro è maturato un po’ e quinon rimprovera. Non capisce quelloche Gesù dice, questo “mangiare lacarne, bere il sangue” (cfr. Giovanni6, 54-56), non capisce, ma si fida del

Maestro. Si fida. E fa questa secon-da confessione: “Ma da chi andre-mo, per favore, Tu hai parole di vitaeterna”» (cfr. versetto 68). E «questoaiuta, tutti noi, a vivere i momenti dicrisi» ha insistito il Pontefice. «Nel-la mia terra — ha confidato — c’è undetto che dice: “Quando tu vai a ca-vallo e devi attraversare un fiume,per favore, non cambiare cavallo inmezzo al fiume”». In sostanza, si-gnifica che «nei momenti di crisi» èopportuno «essere molto fermi nellaconvinzione della fede». In fin deiconti, ha spiegato, quei discepoli«che se ne sono andati “hanno cam-biato cavallo”, hanno cercato un al-tro maestro che non fosse così “du-ro ”, come dicevano a lui». Invece«nel momento di crisi — ha prose-guito Francesco — c’è la perseveran-za, il silenzio; rimanere dove siamo,fermi. Non è il momento di fare deicambiamenti. È il momento della fe-deltà, della fedeltà a Dio, della fe-deltà alle decisioni che noi abbiamopreso da prima. È anche il momentodella conversione perché questa fe-deltà sì, ci ispirerà qualche cambia-

mento per il bene, non per allonta-narci dal bene». Ci sono, perciò,sempre «momenti di pace e momen-ti di crisi» ha ripetuto il Pontefice.«Noi cristiani — ha suggerito — dob-biamo imparare a gestire ambedue.Ambedue. Qualche padre spiritualedice che il momento di crisi è comepassare per il fuoco per diventareforti». Ecco allora l’invocazione af-finché «il Signore ci invii lo SpiritoSanto per saper resistere alle tenta-zioni nei momenti di crisi, per sape-re essere fedeli alle prime parole, conla speranza di vivere dopo i momen-ti di pace». Da ultimo il Papa ha ri-volto il pensiero «alle nostre crisi: lecrisi di famiglia, le crisi del quartie-re, le crisi nel lavoro, le crisi socialidel mondo, del Paese... Tante crisi,tante crisi». E ha concluso auspican-do «che il Signore ci dia la forza —nei momenti di crisi — di non vende-re la fede». E recitando la preghieradi sant’Alfonso Maria de’ Liguori, ilvescovo di Roma ha infine invitato«le persone che non possono comu-nicarsi» a fare «adesso» la comunio-ne spirituale.

«Oggi è la festa di San Giuseppe lavoratore ela Giornata dei lavoratori. Preghiamo per tut-ti i lavoratori. Per tutti. Perché a nessuna per-sona manchi il lavoro e che tutti siano giusta-mente pagati e possano godere della dignitàdel lavoro e della bellezza del riposo». È conquesta preghiera che Papa Francesco ha ini-ziato — venerdì mattina, 1º maggio — la cele-brazione della messa trasmessa in streamingdalla cappella di Casa Santa Marta. Avendo aaccanto a sé, vicino all’altare, la statua di sanGiuseppe artigiano portata, per l’o ccasione,delle Acli (Associazioni cristiane dei lavoratoriitaliani).

Per l’omelia il Papa ha preso spunto dalbrano tratto dal libro della Genesi (1, 26-2,3)— proposto dalla liturgia del giorno — cheracconta la creazione dell’uomo a immagine esomiglianza di Dio. «“E Dio creò” (cfr. 1, 27).Un Creatore. Creò il mondo, creò l’uomo ediede una missione all’uomo: gestire, lavorare,portar avanti il creato» ha affermato. E pro-prio «la parola “l a v o ro ” è quella che usa laBibbia per descrivere questa attività di Dio:“Portò a compimento il lavoro che aveva fattoe cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro”

(cfr. 2, 2), e consegna questa attività all’uomo:“Tu devi fare questo, custodire quello,quell’altro, tu devi lavorare per creare con me— è come se dicesse così — questo mondo,perché vada avanti” (cfr. 2, 15.19-20)». È «atal punto — ha detto il Pontefice — che il la-voro non è che la continuazione del lavoro diDio: il lavoro umano è la vocazione dell’uo-mo ricevuta da Dio alla fine della creazionedell’universo».

«Il lavoro è quello che rende l’uomo similea Dio — ha spiegato il Papa — perché con illavoro l’uomo è creatore, è capace di creare,di creare tante cose; anche creare una famigliaper andare avanti». Dunque, ha insistitoFrancesco, «l’uomo è un creatore e crea con illavoro: questa è la vocazione». La Bibbia, hafatto notare il Pontefice, «dice che “Dio videquanto aveva fatto ed ecco, era cosa moltobuona” (cfr. 1, 31). Cioè, il lavoro ha dentro disé una bontà e crea l’armonia delle cose —bellezza, bontà — e coinvolge l’uomo in tutto:nel suo pensiero, nel suo agire, tutto». Dun-que «l’uomo è coinvolto nel lavorare. È laprima vocazione dell’uomo: lavorare. E que-

sto dà dignità all’uomo. La dignità che lo faassomigliare a Dio. La dignità del lavoro».

Una volta — ha raccontato il Papa — «inuna Caritas a un uomo che non aveva lavoroe andava per cercare qualcosa per la famiglia,un dipendente della Caritas ha dato qualcosada mangiare e ha detto: “Almeno lei può por-tare il pane a casa” — “Ma a me non bastaquesto, non è sufficiente”, è stata la risposta:“Io voglio guadagnare il pane per portarlo acasa”». A quell’uomo, ha rilanciato Francesco«mancava la dignità, la dignità di “f a re ” il pa-ne lui, con il suo lavoro, e portarlo a casa».Gli mancava, insomma, «la dignità del lavoro,che è tanto calpestata, purtroppo». E nellastoria, ha affermato il Pontefice, «abbiamoletto le brutalità che facevano con gli schiavi:li portavano dall’Africa in America — penso aquella storia che tocca la mia terra — e noi di-ciamo: “Quanta barbarie!”». In realtà, hacommentato il Papa, «anche oggi ci sono tan-ti schiavi, tanti uomini e donne che non sonoliberi di lavorare: sono costretti a lavorare, persopravvivere, niente di più». Essi «sono schia-vi» costretti a «lavori forzati, ingiusti, malpa-gati e che portano l’uomo a vivere con la di-

gnità calpestata». E oggi «sono tanti, tantinel mondo. Tanti. Nei giornali alcuni mesi fa— ha ricordato — abbiamo letto, in un Paesedell’Asia, come un signore aveva ucciso a ba-stonate un suo dipendente che guadagnavameno di mezzo dollaro al giorno, perché ave-va fatto male una cosa».

«La schiavitù di oggi — ha ripetuto il Pon-tefice — è la nostra “in-dignità”, perché togliela dignità all’uomo, alla donna, a tutti noi.“No, io lavoro, io ho la mia dignità”. Sì, ma ituoi fratelli, no. “Sì, Padre, è vero, ma questo,siccome è tanto lontano, a me fa fatica capir-lo». Ma questo, ha messo in guardia il Papa,è un atteggiamento sbagliato perché le ingiu-stizie accadono «anche qui da noi». E del re-sto, basta pensare «ai lavoratori, ai giornalieriche tu fai lavorare per una retribuzione mini-ma e non otto, ma dodici, quattordici ore algiorno: questo succede oggi, qui». Succede«in tutto il mondo, ma anche qui». E ancora:«Pensa — ha insistito il Papa — alla domesticache non ha retribuzione giusta, che non haassistenza sociale di sicurezza, che non ha ca-pacità di pensione: questo non succede inAsia soltanto». Accade «qui».

«Ogni ingiustizia che si compie su una per-sona che lavora — ha proseguito Francesco —è calpestare la dignità umana, anche la digni-tà di quello che fa l’ingiustizia: si abbassa illivello e si finisce in quella tensione di dittato-re-schiavo». Invece, ha spiegato il Pontefice,«la vocazione che ci dà Dio è tanto bella:creare, ri-creare, lavorare. Ma questo — ha av-vertito — si può fare quando le condizioni so-no giuste e si rispetta la dignità della perso-na». Con questa consapevolezza il Ponteficeha rilanciato: «Oggi ci uniamo a tanti uominie donne, credenti e non credenti, che comme-morano la Giornata del lavoratore, la Giorna-ta del lavoro, per coloro che lottano per avereuna giustizia nel lavoro, per coloro — i m p re n -ditori bravi — che portano avanti il lavoro congiustizia, anche se loro ci perdono». A questoproposito ha voluto condividere una confi-denza: «Due mesi fa ho sentito al telefono unimprenditore, qui, in Italia, che mi chiedevadi pregare per lui perché non voleva licenzia-re nessuno e ha detto così: “Perché licenziareuno di loro è licenziare me”». E questa, haaggiunto Francesco, è la «coscienza di tantiimprenditori buoni, che custodiscono i lavora-tori come se fossero figli: preghiamo pure perl o ro » .

Concludendo l’omelia, il Pontefice, nell’in-dicare la statua, ha esortato a chiedere «a sanGiuseppe — con questa icona tanto bella, congli strumenti di lavoro in mano — che ci aiutia lottare per la dignità del lavoro, perché cisia il lavoro per tutti e che sia lavoro degno.Non lavoro di schiavo»: questa «sia oggi lapreghiera». E con le parole del cardinale Ra-fael Merry del Val il Papa ha quindi invitato«le persone che non possono fare la comunio-ne sacramentale» a fare «adesso» la comunio-ne spirituale.

C’è il profilo di ogni donna e diogni uomo che lavora, o che èalle prese con la mancanza dioccupazione, nei lineamentidella statua di san Giuseppecollocata accanto all’altare dellacappella di Casa Santa Martaper la messa celebrata la mattinadel 1° maggio. Per questaragione, forse, non c’è nulla dipiù retoricamente sbagliatonell’affermare che la festa del 1°maggio 2020 si è celebrata senzafolla. Quasi che la dignità dellavoro si misurasse a colpi difolla o fosse annullata dallechiusure e dagli isolamenti percontenere la diffusione dellapandemia da covid-19.Oltretutto quella statua di sanGiuseppe “artigiano”rappresenta, creativamente,proprio l’esperienza concreta deilavoratori; “racconta” la lorostoria: lo testimoniano quegliattrezzi “da fatica” che,guardando la statua, sicontemplano tra le mani diGiuseppe. Così la statua, oggipiù che mai, assume il valoremolto più che simbolico didignità, di speranza. Dirinascita.

Per questo 1° maggio cosìparticolare, Papa Francesco haaccolto la richiesta delle Acli(Associazioni cristiane lavoratoriitaliani) di portare in Vaticano la“storica” statua che si trovaall’ingresso della sede nazionaledi palazzo Achille Grandi, in viaMarcora a Roma, dopo esserestata anche nella parrocchiaromana intitolata a Gesù DivinoLavoratore, a piazzale dellaRadio.

Realizzata in bronzo dorato daEnrico Nell Breuning — è alta135 centimetri — venne benedettaa Milano, il 1° maggio 1956,dall’arcivescovo GiovanniBattista Montini. E venne subitoportata in elicottero in piazzaSan Pietro: un gesto che ispiròFederico Fellini per la famosascena del film La dolce vita. InVaticano, il 2 maggio, la statuavenne benedetta da Pio XII che,un anno prima, aveva istituito lafesta di san Giuseppe

dedicandola ai lavoratori. Intempi più recenti, il 1° maggio2005, la statua-simbolo delle Acliè stata portata in piazza SanPietro — per celebrare conBenedetto XVI il 60° anniversariodi fondazione dell’associazione —e il 23 maggio 2015 nell’AulaPaolo VI per l’udienza con PapaFr a n c e s c o .Roberto Rossini, presidente delleAcli, ha espresso gratitudine aFrancesco per aver accolto «lastatua in occasione del 65°dell’istituzione della festa di sanGiuseppe lavoratore, voluta» daPapa Pacelli. Assicurando che gliappartenenti Acli hannopartecipato alla messa mattutina«dalle nostre case, insieme alPapa e a tutta la Chiesa, uniti inpreghiera per il lavoro e per ilavoratori in un momento cosìdelicato per il nostro Paese».Insomma, i lavoratori cristianiripartono anche da qui, dallacelebrazione della messa del 1°maggio, con la consapevolezzache, afferma Rossini, il Papa «ciincoraggia a operare affinchénessun lavoratore sia senza dirittie il lavoro sia libero, creativo,partecipativo e solidale».

Come di consueto, il Papa haconcluso le celebrazioni aSanta Marta con l’a d o ra z i o n ee la benedizione eucaristica.Per poi affidare —accompagnato dal cantodell’antifona Regina Caeli —la sua preghiera alla Madredi Dio, sostando davantiall'immagine mariana dellacappella di Casa SantaMarta. Successivamente, amezzogiorno, le intenzioni delvescovo di Roma sono staterilanciate, nella basilicaVaticana, dal cardinalearciprete Angelo Comastri cheha guidato la recita delRegina Caeli e del rosario

Si alzano all’alba per pregare in un santuario mariano, in parrocchia oin una cappella. L’appuntamento è ogni due settimane, alle 7 delsabato. E questo 2 maggio, un sabato per l’appunto, lo hanno fatto incomunione con Papa Francesco, che in una lettera inviata loro il 29aprile aveva accolto la proposta di un “ponte spirituale” tra CasaSanta Marta e le oltre 300 comunità presenti in 16 Paesi: Portogallo,Spagna, Germania, Stati Uniti, Messico, Cuba, Costarica, Argentina,Portorico, Bolivia, Perú, Colombia, Ecuador, Nicaragua, El Salvador eCile. «Sono molto contento della vostra perseveranza nell’incontro enella preghiera» ha scritto di suo pugno Francesco, invitandoli adandare avanti con la spiritualità delle «tre M — Messa, Mensa,Mondo/Missione» scelta come stile di azione e di apostolato.Si chiamano m a d r u g a d o re s , dalla parola spagnola madrugada chesignifica alba. Sono uomini di buona volontà, legati al movimento diSchoenstatt. Le modalità di preghiera del mattino variano da gruppoa gruppo: alcuni partecipano alla messa, altri adorano il SantissimoSacramento, altri recitano il rosario, altri ancora leggono testi dipreghiera e formazione. La preghiera termina con la colazionefraterna, sull’esempio di Cristo che sedeva a tavola con i discepoli.I madrugadores sono nati in Cile, durante la benedizione del santuariodi Schoenstatt a Rancagua nel 1989, quando il movimento celebrava i40 anni di fondazione. Quindi si sono diffusi nei Paesi vicini e poihanno oltrepassato l’Oceano. La loro missione è alimentata dallaricerca della santità nella vita quotidiana e si realizza nell’ap ostolatoper trasformare cristianamente il mondo, come strumenti di Maria.