Una filosofa tra Oxford e Cambridge · 2017-09-20 · proca compagnia, che costituisce un autentico...

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1 Come si può descrivere esattamente un altro essere umano? Iris Murdoch, The Black Prince 1 In una lettera del 1943 indirizzata ad un caro amico Iris Mur- doch scrive «I want to write» e nel suo diario, nell’agosto dello stes- so anno, annota «scrivere è l’unica cosa che mi fa sentire bene». Questo frammento autobiografico suggerisce immediatamente ciò che fu la sua vita: una lunga e prolifica vita all’insegna della scrittura. Iris Murdoch dopo aver studiato filosofia a Cambridge, incontrando Wittgenstein e occupandosi di Sartre, l’ha insegnata ad Oxford. Ha scritto molti saggi filosofici, ventisei romanzi, un unico racconto lungo, pieces teatrali. Della vita di Iris Murdoch si vogliono qui mettere in risalto la formazione, le relazioni intellettuali e le amicizie come pratiche creative 2 , dati significativi nell’avvicinarsi ad una vita e ad un pen- siero. 1. Iris Murdoch, The Black Prince, Chatto&Windus, London, 1973. «How can one describe another human being justly?» È ciò che chiede il narratore del romanzo. (La traduzione in italiano è mia.) 2. Prendo in prestito questa bella definizione di amicizia come pratica creativa da Donatella Franchi artista bolognese legata al movimento delle donne che, ispirata dalla Carte du Pays de Tendre, elabora e pratica in una sorta di work in progress all’in- terno delle relazioni questo sentimento di amicizia, inteso come potente mezzo per portare alla luce la creatività delle donne. Capitolo 1 Una filosofa tra Oxford e Cambridge

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Come si può descrivere esattamenteun altro essere umano?

Iris Murdoch, The Black Prince 1

In una lettera del 1943 indirizzata ad un caro amico Iris Mur-doch scrive «I want to write» e nel suo diario, nell’agosto dello stes-so anno, annota «scrivere è l’unica cosa che mi fa sentire bene». Questo frammento autobiografico suggerisce immediatamente ciò che fu la sua vita: una lunga e prolifica vita all’insegna della scrittura. Iris Murdoch dopo aver studiato filosofia a Cambridge, incontrando Wittgenstein e occupandosi di Sartre, l’ha insegnata ad Oxford. Ha scritto molti saggi filosofici, ventisei romanzi, un unico racconto lungo, pieces teatrali.

Della vita di Iris Murdoch si vogliono qui mettere in risalto la formazione, le relazioni intellettuali e le amicizie come pratiche creative2, dati significativi nell’avvicinarsi ad una vita e ad un pen-siero.

1. Iris Murdoch, The Black Prince, Chatto&Windus, London, 1973. «How can one describe another human being justly?» È ciò che chiede il narratore del romanzo. (La traduzione in italiano è mia.)

2. Prendo in prestito questa bella definizione di amicizia come pratica creativa da Donatella Franchi artista bolognese legata al movimento delle donne che, ispirata dalla Carte du Pays de Tendre, elabora e pratica in una sorta di work in progress all’in-terno delle relazioni questo sentimento di amicizia, inteso come potente mezzo per portare alla luce la creatività delle donne.

Capitolo 1

Una filosofa tra Oxford e Cambridge

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2 Labirinto d’amore

Vita e opera non sono disgiunte. Nella sua introduzione alla Storia delle donne filosofe Chiara Zamboni scrive: «il pensiero fem-minile è inseparabile dalla vita quotidiana. Non è un caso ad esempio che gli studi sulle grandi filosofe del Novecento seguano la stessa modalità. Penso a Simone Weil, Hannah Arendt, María Zambrano. Nonostante fossero donne che si erano formate nel-le università tanto quanto gli uomini, tuttavia anche gli uomini, quando scrivono su di loro, non tralasciano mai di fare riferimen-to alla loro vita».3

Concordiamo sul fatto che “vita e opera non sono disgiunte” certamente non per spiare dal buco della serratura una vita di filosofa, ma perché per loro stesse il pensiero era confrontato co-stantemente con la vita. Hannah Arendt lo scrive molto bene: «Io non credo che possa esistere qualche processo di pensiero senza esperienze personali. Tutto il pensiero è meditazione (Nachden-ken), pensare in seguito a una cosa. Non è così? Vivo nel mondo moderno ed evidentemente faccio le mie esperienze nel mondo moderno».4

Anche il “processo del pensiero” di Iris Murdoch, solo apparen-temente distante da quello di Hannah Arendt, María Zambrano e Simone Weil, si sviluppa dall’intricato intreccio con la vita, con lo sperimentare, come scrive nel 1952: «Perché ogni esperienza è in-finitamente ricca e profonda. La sentiamo intrinsecamente signi-ficativa perché possiamo rifletterci sopra, ma la stessa riflessione dimostra che essa possiede un’infinita varietà di significati».5

E anche la domanda che anni dopo, nel luglio del 1976, affida al suo diario «Come Socrate, forse, l’amore è l’unico soggetto su cui sono veramente esperta?»6, è sempre orientata nella direzione dello sperimentare. Vale a dire, attraversare la vita e le esperienze

3. Chiara Zamboni, Prefazione a Gilles Ménages, Mulierum philosopharum historia, (Storia delle donne filosofe, trad. di Alessia Parolotto, Ombre Corte, Verona, 2005, p 18.)

4. Hannah Arendt, Che cosa resta?Resta la lingua materna, in A.Dal Lago (a cura di), Il pensiero plurale di Hannah Arendt, «aut-aut», 239-240, 1980, p 28.

5. Iris Murdoch, Nostalgia for the Particular, Proceedings of the Aristotelian So-ciety Supplement, n.25 (Nostalgia del particolare in Esistenzialisti e mistici, trad. di Egle Costantino, Monica Fiorini, Fabrizio Elefante, Il Saggiatore, Milano, 2006, p. 75.)

6. Iris Murdoch, Journal, cit. in, Peter J.Conradi, Iris. The Life of Iris Murdoch, W.W.Norton&Company, New York-London, 2001, p XVIII. «Like Socrates, perhaps, love is the only subject on which I am really expert?». (Tutte le traduzioni in italiano sono mie. N.d.A.)

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che essa offre con il corpo. È la vita amorosa come approccio conoscitivo che la porterà ad indagare, a riflettere e sviluppare, sia teoricamente che narrativamente, ciò che più le sta a cuore: la natura delle relazioni umane, le passioni, le emozioni, i senti-menti, l’amore.

Credo perciò che non sia possibile disgiungere la pratica della vita dall’oggetto di ricerca, secondo Iris Murdoch che ebbe tanti amori perché era interessata all’amore di cui scrive: «L’amore è la percezione degli individui. L’amore è il rendersi conto, cosa estre-mamente difficile, che qualcuno che non è te, è reale. L’amore, come pure l’arte e la morale, è la scoperta della realtà».7

La filosofia morale che Iris Murdoch propone nel corso del tempo, sia nei suoi scritti teorici che nei suoi romanzi, va esatta-mente in questa direzione lasciandosi alle spalle discorsi teorici di norme e leggi etiche per riformulare un nuovo lessico della morale che ponga al suo centro la inner life, la vita interiore. Que-sta ricerca che le farà scrivere in uno dei suoi folgoranti incipit di un saggio del 1969: «Fare filosofia comporta un’esplorazione del proprio temperamento, e anche, al tempo stesso, un tentativo di scoprire la verità».8

Ne consegue che il gesto di interrompere il ragionamento che pretende di arrivare alla conclusione non è un segno di incomple-tezza, bensì è un tratto distintivo della sua filosofia e della sua let-teratura: non chiuse all’interno di una coerenza e di una forma, ma disposte a restare nell’incompiutezza.

L’esito del percorso scelto e praticato da Iris Murdoch è stig-matizzato nelle parole di María Zambrano contenute in Dello scri-vere che possono spiegarci ciò che è accaduto alla ricezione del pensiero di Iris Murdoch: «Il terrore nei confronti del pensiero si somma al pregiudizio contro la bellezza che il pensiero stesso talvolta nutre, e il risultato è che un testo contenente una scoper-ta filosofica espressa in forma non compiuta, come succede con ogni scoperta, sia considerato solo uno splendido scritto lettera-

7. Iris Murdoch Existentialists and Mystic:Writings on Philosophy and Lyterature, ed. Peter J.Conradi, Chatto&Windus, London; Penguin Press, New York, (Esistenzia-listi e mistici Scritti di filosofia e letteratura, trad. di Egle Costantino, Monica Fiorini e Fabrizio Elefante, Il Saggiatore, Milano, 2006, p.31.)

8. Iris Murdoch, On “God”and “Good”, in The Sovereignty of Good, Routledge&Kegan Paul, Londra, La sovranità del Bene, trad. e cura di Giuliana Di Biase, Casa Editrice Rocco Carabba, Lanciano, 2005, p.101.)

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rio.Si scatena allora il duplice maleficio che condanna sia il pen-siero sia la bellezza, perché così facendo si disprezza la scoperta compiuta a metà impedendole di crescere, mentre si confonde la bellezza letteraria con qualcosa che talora è solo angustia formale o anche l’ampollosità di una retorica trita».9

L’equazione tracciata da María Zambrano tra i tre termini, incompiutezza – bellezza – scoperta, va a pennello, come scri-ve Annarosa Buttarelli, per il lavoro di María Zambrano, ma an-che per quello di altre grandi pensatrici del Novecento tra cui Iris Murdoch, che vengono annoverate «solo come “splendide” letterate».10

1.1. Un’infanzia felice

Jean Iris Murdoch nasce a Dublino il 15 luglio 1919. Irene Ri-chardson e Hugues Murdoch, racconta Iris,11 si conobbero una domenica mattina del 1917 a Dublino, su un tram diretto alla Black Church dove Irene si stava recando per cantare nel coro.

La ragazza di Dublino e il giovane di Belfast si innamorarono e si sposarono nel dicembre dello stesso anno.

La madre di Iris, Rene, donna di una bellezza eccezionale e soprano dilettante con grandi prospettive di successo «continuò a cantare per tutta la vita in modo amatoriale, senza mai realiz-zare le potenzialità della sua voce».12 Iris, ricorda John Bayley, ha sempre rimpianto il fatto che la madre non avesse intrapreso una carriera musicale e da lei, oltre ad aver ereditato in parte la voce,

9. María Zambrano, Dello scrivere, in Id., Le parole del ritorno, a c. di Elena Lau-renzi, introduzione di Mercedes Gómez Blesa, Città Aperta, Troina, 2003, p. 138.

10. Annarosa Buttarelli, Una filosofa innamorata. María Zambrano e i suoi insegna-menti. Bruno Mondadori Editore, Milano, 2004, p.3. Le “splendide” letterate a cui si riferisce Annarosa Buttarelli sono Virginia Woolf, Etty Hillesum, Marguerite Yource-nar, Cristina Campo.

11. Gillian Dooley, From a Tiny Corner in the House of Fiction. Conversations with Iris Murdoch. University of South Caroline Press, 2003, p. 219. (Tutte le traduzioni in italiano sono mie. N.d.A.)

12. Bayley, John, Iris:A Memoir of Iris Murdoch (USA title Elegy for Iris), St.Martin’s Press, New York, 1999 (Elegia per Iris, trad. di Roberta Zuppet, Rizzoli, Milano, 2000 p. 99.)

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aveva ereditato l’amore per la musica, presenza importante sia nella sua vita che in quella dei personaggi dei suoi romanzi.

Per quanto riguarda il padre, figura centrale nella vita di Iris, Conradi nella sua biografia riporta ciò che lei scrive sul suo diario poco dopo la sua morte avvenuta nel 1958 «Mio padre: un uomo meraviglioso che pochissimi conoscevano. Un uomo buono». Un uomo buono».13Questo frammento autobiografico, elaborato narrativamente, lo ritroviamo all’interno di The Sea, The Sea (Il mare, Il mare) nella descrizione che il protagonista del romanzo fa del padre:

Mio padre era un uomo tranquillo amante dei libri e in un cer-to qual modo l’essere più mite e gentile che abbia mai conosciuto. Non voglio dire che fosse timido, anche se suppongo che lo fosse.La dolcezza, in lui, era una qualità morale, positiva. Anche adesso lo rivedo nitidamente, intento a chinarsi a raccogliere , con il suo eterno sorriso nervoso, un ragno su un pezzo di carta per andarlo a posare delicatamente sul davanzale esterno della finestra o in un angolo della casa dove non sarebbe stato disturbato. Ero il suo amico, il suo compagno di letture, probabilmente la sola persona con cui avesse mai avuto una conversazione seria. Avevo sempre la sensazione che fossimo nella stessa barca, uniti in un’avventura rischiosa. Leggevamo gli stessi libri e poi ne discutevamo: rac-conti per l’infanzia, storie avventurose, poi romanzi, saggi storici, biografie, poesie, Shakespeare. Gustavamo e bramavamo la reci-proca compagnia, che costituisce un autentico test: più della de-vozione, dell’ammirazione, della passione. Se si desidera ardente-mente la compagnia di qualcuno significa che lo si ama. Ricordo di aver avuto l’impressione, più avanti negli anni, che nessun altro avesse mai capito quanto fosse buono mio padre.14

Hugues Murdoch era un uomo quieto che amava i libri e lo studio, e dedicava il suo tempo libero a cercare libri di seconda mano frequentando Southampton Row durante le pause pran-zo dove sapeva di poter trovare le opere di Dickens e Thackeray.

13. Conradi, Iris, p 605. «My father: a marvellous man, known to very few people. A good man».

14. Iris Murdoch, The Sea, The Sea, Chatto&Windus, London, 1978,( Il mare, il mare, trad.di Fabrizio Ascari, Rizzoli, Milano, 2003, p.43).

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Lì comprò anche prime edizioni di Jane Austen, e alcuni testi di Ernst Jünger.

Dopo le agitazioni irlandesi, nel 1921, i Murdoch si trasferisco-no in Inghilterra dove il padre, dipendente del governo britan-nico, aveva ottenuto un modesto impiego nell’amministrazione statale. Iris trascorre l’infanzia in una casetta di Chiswick, nei più felici termini di parità con i genitori che la adorano. Entrambi i genitori amano leggere con Iris e parlare con lei delle storie che insieme leggono. Conradi racconta che le sue prime letture più amate furono Alice nel paese delle meraviglie, Dietro lo specchio, L’iso-la del tesoro e Kim.15

Dal 1925 Iris frequenta la Froebel Fay School che si trovava nel medesimo distretto. Poi, nel 1932, viene mandata a Badminton, un eccellente college femminile privato nei pressi di Bristol. La scelta del padre di garantirle un’istruzione, ricorrendo anche a prestiti di denaro, era contraria ai principi di frugalità e devozione dell’educazione irlandese, segno questo che ormai nessuno dei due genitori nutriva più alcun interesse per la religione o apparte-neva ad alcuna chiesa. Infatti sia Rene che Hugues, pur essendo ir-landesi, mancavano di un vero e proprio interesse per la religione e vivevano, in sostanza, slegati dai riti e dai complessi normativi delle singole confessioni cristiane. Iris è cresciuta, dunque, in un ambiente dove si respirava un indifferentismo religioso di fondo, e ha trascorso con la madre e il padre, che amava teneramente, un’infanzia e un’adolescenza «felicemente atea».16

1.2. Somerville College

A Londra il 9 giugno 1952 Iris Murdoch tiene la sua prima con-ferenza alla Aristotelian Society dal titolo, strano e suggestivo, No-stalgia for the Particolar (Nostalgia del particolare), che non manca di suscitare critiche e perplessità, così come era già successo con una precedente conferenza, di cui non abbiamo il testo, presso la Philosophical Society. Fu chiaro da subito che Iris Murdoch, da pochi anni insegnante al St Anne’s College di Oxford, non condi-videva né l’impostazione, né il metodo della filosofia analitica, e

15. Conradi, Iris. p. 34.16. Bayley, Elegia, p.99.

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che non era facile collocarla nel panorama delle filosofie correnti. Isaiah Berlin disse di lei, scherzando con una punta di malignità, che non era certo famosa per la chiarezza delle sue idee.17

Dopo Badminton, dunque, nel 1938 Iris Murdoch arriva a Ox-ford, e precisamente al Somerville College, dove la preside fa in-tendere alle nuove arrivate di non farsi illusioni circa la libertà di cui potevano godere: le donne a Oxford erano «ancora in prova».18 Gli studenti che hanno la fortuna di frequentare l’ambiente di Oxford in questi anni precedenti la Seconda guerra mondiale, si trovano in un luogo ricco di stimoli e di personalità. Sono ancora attivi gli ultimi eredi della tradizione “realista”, gli allievi di John Cook Wilson come H.A.Prichard, H.W.B.Joseph e D.W.Ross. Al loro aristotelismo critico si contrappone Gilbert Ryle, influen-zato dalla lettura di Bertrand Russell e di Friedrich Frege, e la nascente “filosofia di Oxford” animata da un gruppo di giovani come J.L.Austin, Isaiah Berlin, G.J.Warnock e H.L.A.Hart. «Sullo sfondo il “convitato assente” del cui lavoro in quel momento po-chi sanno, ma che tutti desiderano incontrare. Si tratta di Ludwig Wittgenstein».19

A Somerville Iris legge i “grandi” greci e latini, studia letteratu-ra, storia e filosofia e si dedica alla storia dell’arte rinascimentale. In questi anni è ancora indecisa, non sa se dedicarsi alla filosofia o alla storia dell’arte, come racconta in un’intervista: «All’inizio non avevo intenzione di diventare una filosofa.Volevo studiare ad Oxford per diventare una storica dell’arte o un’archeologa, queste erano le mie ambizioni».20

E coltiva amicizie che conservò per tutta la vita: Elisabeth An-scombe, Philippa Foot, Mary Warnock, Mary Midgley.21 Tra tutte

17. Conradi, Iris, p. 302.18. Ivi, p.82.19. Mario Ricciardi, Tre filosofe a Oxford, In «aut-aut»,342, Il Saggiatore, Milano,

2004, p.127.20. Dooley, From a Tiny Corner, p. 98.21. Tutte loro si sono occupate di filosofia. Elisabeth Anscombe, l’allieva pre-

diletta di Wittgenstein, curò gli ultimi scritti del filosofo ma non solo, fu una filosofa originale, autrice di contributi che hanno influenzato e che fanno discutere. Inoltre di lei possiamo dire che ha aperto la strada, in un mondo che era ancora degli “old boys”, a un gruppo di filosofe, oltre a Iris Murdoch e a Philippa Foot che ha scritto numerosi saggi sui temi della filosofia morale che possono considerarsi dei classici, a Mary Warnock e a Mary Midgley.

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quella più profonda fu con Philippa (Pip) Foot a cui, oltre a scrive-re molte lettere, Iris dedica grande spazio nel suo diario annotan-do con cura le loro conversazioni filosofiche e non.

Durante gli anni di Oxford, nel 1939, si iscrive al Partito Comu-nista come molti in quel periodo «in cui la guerra civile spagnola stava dividendo pericolosamente l’Europa in sinistra e destra, e noi preferimmo essere a sinistra».22 Iris Murdoch lasciò comun-que il partito prima della fine del Secondo conflitto mondiale.

Nel luglio del 1942, dopo aver conseguito il first-class degree, la-scia Oxford per Londra dove presta servizio civile presso il Te-soro. Questo periodo londinese è all’insegna di nuovi incontri e conoscenze: intellettuali, scrittori, artisti, in gran parte ebrei, so-prattutto rifugiati, che costituivano una cerchia poco compatta a causa di rivalità, gelosie e lotte di potere.

Tra il 1944 e il 1946, racconta Conradi, Iris Murdoch presta ser-vizio civile nel UNRRA23, un ente delle Nazioni Unite per l’assi-stenza ai profughi e alle vittime della guerra in Belgio e in Au-stria. In questo periodo trascorso sul continente, ed esattamente nell’autunno del 1945 a Bruxelles, scrive di aver scoperto una won-derful novelist francese: Simone de Beauvoir la cui prima opera ha successo a Parigi. Il 4 ottobre annota sul diario: «Sogno di incon-trarla».

Le lettere che scrive in questo periodo sono piene di entusia-smo per i francesi, per i loro film, per le loro canzoni, per Char-les Baudelaire e per Claude Mauriac, e l’esistenzialismo francese le provoca una vera e propria “esaltazione intellettuale” che le richiama alla mente un verso di Paul Valéry che ama particolar-mente “pluie/Où on se jette à genoux”. Descrive l’esistenzialismo, acclamato come la nuova filosofia francese del nostro tempo, come «un gruppo di teorie che derivano da Hegel e da Kierkega-ard, attraverso Jaspers e Heidegger, incarnate adesso da Jean-Paul Sartre (varietà non cattolica) e da Gabriel Marcel (varietà cattoli-ca) e da altri. È di sapore antimetafisico e fenomenologico – ed è interessato al concreto enigma dell’esistenza della persona, piut-tosto che a teorie generali circa l’universo…è una teoria del sé, e dell’attitudine del sé alla morte».24

22. Ivi, p.220.23. UNRRA: United Nations Relief and Rehabilitation Administration.24. Conradi, Iris, p.215.

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A novembre dello stesso anno conosce Jean-Paul Sartre. Il filo-sofo si trovava in quel periodo a Bruxelles per un ciclo di confe-renze sull’Esistenzialismo a cui Iris assiste; in seguito, presentata a Sartre da alcuni amici, prese parte ad una riunione più “ristretta” che ebbe luogo dopo una di queste conferenze. Iris Murdoch vide ancora Sartre il giorno seguente; questi furono gli unici incon-tri tra loro Iris così lo descrive: «…Piccolo. Di maniere semplici, strabico in modo allarmante. L’eccitazione –non ricordo nulla di simile dalla scoperta di Keats e Shelley e Coleridge fatta quando ero molto giovane[…] Sartre è accusato da molti di essere un cor-ruttore di giovani (philosophe pernicieux, mauvais maître così in un articolo che ho letto questa mattina) Sartre è sicuramente ecces-sivamente ossessionato, nei suoi romanzi, dagli aspetti più orridi del sesso. Ma i suoi scritti e i suoi discorsi sulla morale –volontà, libertà, scelta – sono forti e lucidi e rinvigoriscono».25

Dal dicembre 1945 inizierà a leggere L’essere e il nulla di cui Sar-tre le aveva firmato la copia. E poco dopo, secondo Bayley, é rapi-ta dall’incantesimo del suo romanzo La nausea.

Jean-Paul Sartre e Ludwig Wittgenstein sono i due pensatori ai quali Iris Murdoch all’inizio del suo percorso rivolge la sua domanda di filosofia. Ma, se si deve a lei l’introduzione dell’esi-stenzialismo francese in Inghilterra, grazie anche alla monogra-fia del 1953 Sartre, Romantic Rationalist, il suo rapporto con il pensiero del filosofo si trasforma nel tempo perché anche lui non è interessato alla inner life, alla vita interiore, dato centrale della riflessione filosofica murdochiana. Una volta messa a fuo-co questa “mancanza”, il pensiero di Sartre diventerà un termi-ne costante della sua critica. E l’uscita della seconda edizione del suo saggio su Sartre, nel 1987, sarà accompagnata da una Intro-duction nella quale Iris Murdoch preciserà puntualmente i punti di distacco del suo pensiero da quello del filosofo francese.

Nel febbraio del 1946 conosce Raymond Queneau. Iris Mur-doch ricorda di averlo visto l’anno precedente fuori dall’ufficio dell’UNRRA a Innsbruck dove era arrivato da Vienna il giorno prima in compagnia dello scrittore surrealista Maxime Alexandre. Uno dei compiti di Murdoch a Innsbruck era quello di far da col-legamento e da interprete con i francesi. I due si incontrarono alle quattro del pomeriggio del 16 febbraio 1946, Queneau la defi-

25. Conradi, Iris, p.216.

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nì una fille épatante, e lei a charming ex-Surrealist. Qualche tempo dopo nel suo diario scriverà:«Una parte di me vuole essere Ray-mond Queneau, l’altra Thomas Mann».26 La loro amicizia durò per circa dieci anni.

Iris si dimette dall’UNRRA il 1 luglio 1946 e tornando a casa passa da Parigi, dove acquista una seconda copia de L’essere e il nulla e incontra nuovamente Queneau.

Conradi racconta che fra il 3 e il 9 ottobre 1946 Iris fece la sua prima visita alla Malling Abbey nel Kent dove allora era badessa Dame Magdalene Mary Euan-Smith. Questa alla Malling Abbey, fondata nel 1090 e rifondata nel 1916, sarà la prima di tre visite che Murdoch farà nel corso del tempo all’abbazia. Le esperien-ze di queste visite all’abbazia di Malling, l’organizzazione della vita degli ospiti e le sensazioni provate da Iris Murdoch durante questi soggiorni le ritroveremo, in parte, nel romanzo The Bell del 1958.

Anche in questo caso vita e opera si intrecciano, questa visita rappresenta, infatti, una tappa del percorso di ricerca spirituale che la filosofa ha intrapreso da qualche tempo. John Bayley scrive che l’«appetite for the spiritual» in Iris si era sviluppato durante gli anni trascorsi a Oxford, al Somerville College, alimentato dalla lettura di Platone e dallo studio dei classici, della storia antica e della filosofia, ma era rimasto «un’intima parte del suo mondo creativo che non affiorò mai in superficie».27

In un’intervista rilasciata a Christoper Bigsby nel 1979, a propo-sito della ricerca spirituale di cui parla Bayley, Iris Murdoch spiega che nel corso del tempo, lentamente, ha iniziato ad avvicinarsi alla religione, ma non in senso dogmatico o sovrannaturale: «Mi sento vicina a certe attitudini religiose che possono essere espres-se molto semplicemente in termini buddhisti, ma non sono bud-dhista. […] Penso che Platone in questo senso abbia significato molto per me, c’è qualcosa nella sua filosofia morale che aspira ad un atteggiamento religioso che mi è molto congeniale».28 Sempre a questo proposito, John Bayley ricorda che era arrivata a cono-scere il buddhismo soprattutto grazie ai suoi grandi amici Peter J. Conradi e James O’Neill, però a differenza di loro non le era mai

26. Ivi, p. 232.27. Bayley, Elegia, p.100.28. Dooley, From a Tiny Corner, p. 99.

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capitato di abbandonarsi alla meditazione. Il lato buddhistico del-la sua esistenza era limitato al grande amore o meglio, alla devo-zione da lei manifestata per le piccole cose e per gli aspetti minuti e in apparenza più insignificanti del mondo esterno o dell’am-biente domestico. Nutriva un sorprendente interesse per la vita degli esseri inanimati, come ad esempio le pietre che raccoglieva o che le regalavano gli amici; esse rappresentavano ai suoi occhi veri e propri oggetti platonici. Secondo John Bayley, «Iris era ed è un’anima naturaliter christiana: una religiosa senza religione. Non ha mai fatto dell’arte una religione, eppure senza dubbio i quadri hanno significato per lei più di qualsiasi altro prodotto dello spiri-to, letteratura e filosofia comprese».29

L’arte figurativa30 ha rivestito indubbiamente un ruolo cen-trale nello sviluppo del pensiero della filosofa. Bayley, ad esem-pio, descrive con grande vivacità l’impressione suscitata su di lei dalla forza fisica e spirituale che emana la Resurrezione di Piero della Francesca, vista durante un loro viaggio in Italia. Quello che l’aveva maggiormente impressionata era stata la potenza espressiva con cui Piero della Francesca aveva saputo rappresentare un uomo-dio, in luogo del Dio incarnato della cristianità medioevale e della tradizione pittorica precedente nonché successiva. Il Cristo della Resurrezione era l’emblema di un semidio greco, o pagano, e non il ritratto del Dio sofferente della religione cristiana. Bayley ricorda quanto quell’immagi-ne avesse inciso sulla sensibilità intellettuale e spirituale di Iris Murdoch, quanto l’avesse affascinata colpendo il senso religio-so che in lei si celava nel più profondo dell’animo, e scrive che ne parlarono a lungo, ma che «l’impressione autentica che ave-va esercitato su di lei restava celata sotto il livello delle parole, come un iceberg».31

Non a caso il dio di Piero della Francesca avrebbe ispirato, in seguito, molti dei suoi romanzi; mentre la pittura sarebbe diven-tata in linea generale il modello, magari anche sotteso per le sue narrazioni.

29. Bayley, Elegia, p.189.30. Sull’influenza dell’arte figurativa nell’opera di Iris Murdoch si ragionerà

puntualmente nel corso della riflessione sui suoi romanzi The Bell e The Unicorn.31. Ivi, p.134.

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12 Labirinto d’amore

Vi furono molti altri dipinti importanti per Iris Murdoch, ad esempio quello di Balthus32 con la ragazza che sorride, furba e indulgente, giocando a carte con un vistoso avversario che tiene una o due carte dietro la schiena. Oppure un tardo Tiziano33 in cui il fauno Marsia viene scorticato da Apollo, quest’opera divenne il suo dipinto più “pubblico”, quello il cui effetto su di lei fu più chiaramente riconosciuto; esso compare come un’icona, scura e sfocata ma inconfondibile, sullo sfondo del suo ritratto eseguito dall’artista londinese Tom Phillips ed esposto nella National Por-trait Gallery.

Un altro artista che Iris Murdoch apprezza e che nel tempo di-venterà per lei fonte di ispirazione è Alex Colville che conosce alla fine degli anni sessanta quando si reca in Canada per partecipare ad un convegno, in quell’occasione incontra lui e le sue opere. All’epoca, ricorda Bayley, questo artista taciturno e solitario, di-pingeva una o al massimo due tele l’anno. L’arte di Alex Colville è meticolosa nei dettagli e tale precisione contrasta con la solidità statuaria delle sue figure umane, imponenti e misteriose come quelle di Piero della Francesca, eppure completamente assorte nelle attività ordinarie di tutti i giorni. «Lei e Colville legarono subito – scrive Bayley – e lui le mostrò tutte le sue opere che ave-va portato con sé: l’avevano persuaso a partecipare a uno di quei simposi del tipo “Dove va l’arte?” che rappresentano una rassicu-rante routine per molti scrittori e docenti».34

Iris Murdoch rimaneva seduta per ore intere a studiare il catalo-go delle opere di Colville, opere pervase da una strana magia che contrasta con il realismo delle forme, e questo effetto straniante e misterioso che Colville riesce ad ottenere è ciò che lei sentì subito come familiare. Nel tempo, racconta Conradi, Iris Murdoch spen-derà parte del suo Booker Prize per acquistare alcune sue opere, e scriverà l’introduzione a due suoi cataloghi.

L’importanza che l’arte figurativa riveste nella riflessione di Iris Murdoch, non meno che nell’idea di romanzo e nelle tecniche di narrazione, spiega ciò che dice Bayley quando scrive che i dipinti avevano per lei un valore semi-sacrale: essi esprimevano sempre

32. L’opera di Balthus è La Partie de cartes, 1948-1950.33. L’opera di Tiziano a cui Iris Murdoch era particolarmente legata è Apollo e

Marsia.34. Bayle, Elegia, p.191.

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un significato più ampio e profondo, più intimo, di quello riscon-trato in un qualsiasi altro prodotto dello spirito umano.

1.3. Cambridge

Iris arriva a Cambridge all’inizio dell’ottobre 194735. Le stan-ze che abita sono in The Pightle, una piccola casa su Newnham Walk vicino al Principal’s Lodge; si compra un bollitore per il tè e dalle finestre ammira le costruzioni rinascimentali che si rifletto-no nel Cam. Per darle il benvenuto la sua amica Philippa (Foot) le manda un abito lungo.

In questo periodo legge La peste di Camus giudica un gran-de romanzo ambiguo, misterioso, assurdo. Raymond Queneau, a cui Iris scrive le sue impressioni sull’opera, si mostra geloso di questa ammirazione.

Anche se il suo alloggio si trova in Newham Walk, Iris Mur-doch trascorre molto del suo tempo al Trinity – “quasi vivendo lì”– nelle spaziose stanze di Wasfi Hijab e di Kanti Shah, entrambi allievi di Wittgenstein. Nel frattempo cambia il suo supervisore passando da C.D.Broad a John Wisdom che descrive a Queneau come un “discepolo di Wittgenstein”. Lei, Shah e Hijab discutono di filosofia, parlando continuamente di Wittgenstein; il più gran-de rammarico di Iris in quel periodo è di essere arrivata troppo tardi per ascoltare le sue lezioni.

Il 23 ottobre 1947 incontra Wittgenstein nelle sue due anguste e spoglie stanze simili ad un alloggio militare in Whewell’s Court in cima alla torre gotica, senza libri né bagno, solo due sedie a sdraio e un letto da campo. Sei giorni prima di incontrarlo Iris Murdoch aveva annotato nel suo diario: «Per me i problemi filosofici sono i problemi della mia stessa vita»; sarà questa consapevolezza e questa necessità a orientare i suoi studi verso la filosofia. Studia al Newnham College con Sarah Smithson.

35. Nel 1947 Cambridge era pieno di donne, impazienti e insoddisfatte, a cui non era permesso laurearsi (fu possibile solo dal 1948) che la scrittrice Elisabeth Se-well tentò di emancipare dando vita alla Union of Women Graduates alla quale Iris Murdoch, che si sentiva completamente estranea, non aderì. Dal canto suo Elisabeth Sewell fu impressionata da alcuni racconti inediti che Iris le diede da leggere, compre-so uno su una statua greca che si anima.

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Iris Murdoch riuscì a frequentare saltuariamente le ultime lezioni di Wittgenstein, e trovò sia lui sia il suo modo d’essere molto “snervanti”: «Il modo estremamente diretto di rapportarsi e l’assenza di qualsiasi mediazione innervosivano la gente […]in genere gli altri li si incontra all’interno di una qualche cornice ed esistono certe convenzioni che si seguono nel parlarsi, ecc. Non avviene un confronto nudo e crudo tra personalità. Wittgenstein invece imponeva proprio questo tipo di confronto a tutti quel-li con cui entrava in rapporto. L’ho incontrato solo un paio di volte e non ho avuto modo di conoscerlo bene; forse per que-sto l’ho sempre pensato come una persona che mi agitava e mi intimoriva».36

Il suo rapporto con il pensiero di Wittgenstein è ambivalente. Leggendo The Blue and Brown Books (Libro blu e Libro marrone) Iris si chiede «Qual è il punto principale della rivoluzione di Wittgen-stein?» La riflessione di Iris sul pensiero del filosofo austriaco non è sulla discontinuità tra il “primo” e il “secondo” Wittgenstein, ma sull’effetto della sua filosofia sulla concezione di noi stessi. «Ha un eccessivo sospetto della vita interiore-inner life», annota. E il 4 novembre scrive:«Sono oscura a me stessa, non coincido con la mia vita – e nello stesso giorno annota – che Giuliana di Nor-wich is just as self-certifying di Wittgenstein».37

Il pensiero della mistica inglese del XIV secolo Giuliana di Norwich è estremamente importante per Iris Murdoch, e la frase della mistica «e tutto sarà bene, e ogni specie di cosa sarà bene»38 contenuta nel Libro delle Rivelazioni è citata, a volte anche ironica-mente, in molti suoi romanzi.

Ciò che Iris Murdoch critica del pensiero di Wittgenstein è di essere word without magic, discorso privo di magia, da quando ha operato la separazione tra fatti e valori, da quando cioè ha sepa-rato ciò che non è separabile, come descrivere e valutare i fatti; e il 17 novembre 1947 scrive: «La nostra immaginazione è immedia-

36. Ray Monk, Ludwig Wittgenstein. The Duty of Genius, Jonathan Cape, London,1990 (Wittgenstein.Il dovere del genio, trad. di Piero Arlorio, Bompiani, Milano, 1991, p.490.)

37. Conradi, Iris, p.267.38. Julian of Norwich, Revelations of Divine Love, (Libro delle rivelazioni, trad. di

Domenico Pezzini, Àncora Editrice, Milano, 1984, p.165.)

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tamente e continuamente al lavoro sulla nostra esperienza. Non ci sono brute data».39

Iris Murdoch ha intensamente lavorato affinché la parola «espe-rienza» non uscisse dal lessico della filosofia, la pensatrice conce-piva la filosofia «come essenzialmente impegnata a fare qualcosa che i comuni esseri umani fanno – spesso meglio dei filosofi – in altri modi, che è il tentativo di migliorare se stessi e il mondo».40

Conradi racconta che, in questo periodo, nel diario di Iris le osservazioni sulle riflessioni filosofiche e sulla vita sono stretta-mente connesse. Ad esempio, prendendo appunti durante una discussione filosofica che si svolge nei giardini del Trinity Colle-ge annota l’azzurro setoso risplendente immenso nella luce della sera; oppure «12 giugno 1948: Di ritorno da Oxford. Un mondo di donne. Ho riflettuto, parlando con Mary [Midgley], Pip [Philippa Foot] & Elizabeth [Ascombe], su quanto le ami. […] Oggi po-meriggio camminando verso i Kings – ho desiderato che i crochi (malva e bianchi) entrassero in me – non sarebbe successo – fino a che la campana della cappella non avesse iniziato a suonare – poi fui permeata dal colore».41

All’inizio del 1978, trent’anni dopo, ripensando al suo lavoro annota «Quanto sono lontane le circostanze che mi hanno fat-to conoscere very well alcune persone (Eliz [Anscombe], Yorick [Smythies], Kreisel, Hijab) che furono segnate da Wittgenstein e che hanno condizionato il mio lavoro di scrittrice».42

Infatti, i suoi primi due romanzi, Under the Net (Sotto la rete) e The Flight from the Enchanter, sono costruiti attorno ad un cari-smatico “maestro” che inconsapevolmente (Under the Net) o de-liberatamente (The Flight from the Enchanter) segna profondamen-te i suoi “discepoli”. Hugo in Under the Net è il ritratto di Yorick Smythies, allievo prediletto di Wittgenstein, l’unica persona a cui era permesso prendere appunti durante le lezioni. Ma anche in molti altri romanzi si percepisce l’influenza di Wittgenstein. Iris Murdoch definiva Wittgenstein sia numinoso che, più tardi, de-

39. Conradi, Iris, p. 267.40. Luisa Muraro Introduzione a Esistenzialisti e mistici. Scritti di filosofia e lettera-

tura, Il Saggiatore, Milano, 2006, p.10.41. Conradi, Iris, p. 268.42. Ivi, p. 263.

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moniaco. E, raccontando a Queneau l’atmosfera che si era creata attorno a lui, la descrive come «emozionale ed esoterica».43

Ma l’influenza del filosofo su di lei non si limita a questo, in una intervista rilasciata nel 1979 ricostruendo il suo percorso di studi racconta che probabilmente la maggior influenza su di lei «filosoficamente parlando, quando ero giovane, l’ebbe Wittgen-stein. Ero studente a Cambridge, sfortunatamente non ho potuto assistere alle sue lezioni, ma l’ho incontrato ed ho vissuto, in ter-mini filosofici, nell’aura del suo pensiero».44

E in Art is the Imitation of Nature, saggio del 1978, scrive: «Wit-tgenstein, sotto la cui ombra sono cresciuta nei miei anni di studio»,45 indicando così, sia che assimilò il suo pensiero a con-tatto dei suoi allievi, soprattutto da Elizabeth Anscombe, l’allieva prediletta di Wittgenstein, sia che il pensiero del filosofo austriaco rimase sempre un suo punto di riferimento.

Verso la fine degli anni quaranta non è solo la figura carisma-tica e il pensiero di Wittgenstein a interessarla; Iris Murdoch con-tinua a “frequentare” l’esistenzialismo francese alla ricerca di una strada per il proprio pensiero. La vicinanza a questa corrente di pensiero fa sì che in lei cresca la sensazione di essere una “profu-ga” rispetto all’ambiente intellettuale di Cambridge, e sarà questo profondo senso di estraneità ad avvicinarla al pensiero di Simone Weil46. Iris Murdoch inizia ad interessarsi agli scritti della pensatri-ce francese tra la fine degli anni quaranta e i primi anni cinquanta, la sua copia in francese de L’enracinement (La prima radice) reca la data di pubblicazione 1949. In L’enracinement e La pesanteur et la grâce (L’ombra e la grazia) di Simone Weil, Iris Murdoch trova ciò che cerca, vale a dire una via per il pensiero capace di spostarne il centro. Due sono i concetti weiliani che principalmente la interes-sano: l’enracinement, al centro di un rinnovamento dell’individuo, e la pesanteur da trasformare ad opera della “grazia”. Nel corso del tempo nello sviluppo del pensiero di Iris Murdoch Simone

43. Ibidem44. Dooley, From a Tiny Corner, p. 98.45. Iris Murdoch, Art is the Imitation of Nature, (L’arte è imitazione della natura

in Esistenzialisti e mistici. Scritti di filosofia e letteratura, Il Saggiatore, Milano, 2006, p.251.)

46. A proposito di Simone Weil e del segno profondo che il suo pensiero ha lasciato nell’intera opera di Iris Murdoch si rimanda ai capitoli successivi dove si rin-tracciano le influenze della filosofa francese nei due romanzi The Bell e The Unicorn.

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Weil prevarrà su altri, anche su Sartre, e di lei la filosofa scriverà che «leggerla significa rammentarsi un modello».

E tramite Simone Weil, la sua unica grande maestra, Iris Mur-doch incontra nuovamente Platone. In questo periodo scrive nel suo diario «Ho definito Sartre “romantico”, non voglio definire lei così», ed in margine alle Intuizioni precristiane annota:«Virtù è conoscenza/è attenzione».47

Simone Weil agì sul pensiero di Murdoch come un’illumina-zione che non la allontanò dal suo percorso ma, al contrario, agì su di lei come un orientamento profondo; e avremo modo di ve-dere quanto la metafora del ri-orientare lo sguardo sarà presen-te nella sua opera. E se nella recensione Conoscere il vuoto, scritta da Iris Murdoch nel 1956 per l’occasione della traduzione inglese dei Quaderni, non si coglie ancora il riconoscimento del segno profondo che il pensiero weiliano lascia in lei, inaspettatamente, però, tra le righe si incontra questa bella definizione: «I suoi pen-sieri sono pericolosi».48

Alcuni anni dopo, nel 1968, nel suo diario descriverà così il cammino della sua riflessione «cominciò molti anni fa, quando per la prima volta lessi Simone Weil e vidi in lontananza una luce nella foresta».49

Iris Murdoch che, dall’ottobre 1948, è docente al St.Anne Col-lege di Oxford, il 22 dello stesso mese scrive a Queneau di inse-gnare filosofia morale e politica e i grandi, cioè Platone, Aristote-le, Kant, Descartes, Berkeley, Hume.

In questi anni conosce e frequenta studiose e studiosi, scrittrici e scrittori, poete e poeti che gravitano tra Oxford e Cambridge. Pensandosi per metà artista e per metà intellettuale, Iris non si sente mai pienamente a proprio agio in nessun luogo e, dopo aver parlato con Dylan Thomas ad un party nel dicembre 1948, decide che per lei le migliori compagnie sono «gli artisti, i bohémien, ma non gli intellettuali».50

47. Conradi, Iris, p.260.48. Iris Murdoch, Knowing the Void (Conoscere il vuoto in Esistenzialisti e mistici.

Scritti di filosofia e letteratura, trad. di Egle Costantino, Monica Fiorini, Fabrizio Elefan-te, Il Saggiatore, Milano, 2006, p.175).

49. Conradi, Iris, p.501.50. Ivi, p.268.

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Tra le persone che frequenta c’è il professor Fraenkel, un ebreo tedesco di vasta cultura di cui aveva seguito il famoso corso sull’Agamennone, ed è una delle persone che stima; poi Arnoldo Momigliano con lui Iris Murdoch ricorda che leggeva in italiano la Divina Commedia, e parlandone lo definisce come uno dei suoi grandi maestri.

Quando W.H.Auden da lei conosciuto qualche tempo prima, nell’occasione in cui il poeta aveva tenuto un discorso a Badmin-ton, andò ad abitare per un periodo dell’anno a Oxford, i due «si incontrarono per caso diverse volte – scrive Bayley – “Gli piace parlare di preghiera” mi disse Iris con un sorriso. Le domandai se si fossero scambiati delle opinioni su come esercitarla. “Oh, no, nessuno dei due la esercita – disse – ma a lui piace scherzare su come la eserciterebbe se la esercitasse”».51

Tra i grandi incontri c’è anche Franz Baermann Steiner, an-tropologo e soprattutto poeta, che ha profondamente amato Iris Murdoch. Franz e Iris si erano conosciuti nel 1941, anche se il loro rapporto si intensificò solo dal 1951. Lei, conquistata dalla sua in-telligenza, gli affiderà il manoscritto del suo primo romanzo, Un-der The Net, e si può affermare con Elias Canetti, che fu Franz il vero scopritore di Iris Murdoch. Sempre tramite Franz Steiner Iris conobbe Canetti la sera di Natale del 1952.

John Bayley a proposito di Canetti scrive «Nel caso di un’altra figura fondamentale nella vita di Iris, un Dichter che godeva di una reputazione leggendaria le cose furono diverse. […]Il Dichter era un Dichter in senso tedesco, non un poeta, bensì uno spirito superiore della letteratura».52

Il travagliato e intenso rapporto tra Iris Murdoch e Canetti può essere colto in controluce, oltre che nelle sulfuree parole di John Bayley che lo definisce godmonster of Hampstead, incrociando quanto i due scrissero l’uno dell’altra molti anni dopo la fine della loro relazione. Nel capitolo che Canetti le dedica in Party sotto le bombe, ultimo volume delle sue memorie pubblicato nel 2003, de-scrive il suo viso paragonandolo a certi «tratti fiamminghi, faceva venire in mente certi dipinti giovanili di Memling»;53 mentre più

51. Bayley, Elegia, p.188.52. Ivi, p.81.53. Elias Canetti, party im Blitz. Die englischen Jahre, Carl Hanser Verlag,

München,2003 (Party sotto le bombe, trad. di Ada Vigliani, Adeplhi, Milano, 2005, p.173.)

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avanti commenta così la sua attività di scrittrice: «Considero Iris una scrittrice, per così dire “illegittima”. Non ha mai sofferto per il fatto di dover scrivere. Ha mantenuto qualcosa di scolaresco perfino dopo ventiquattro romanzi, e quando non è scolaresco, è quanto meno didascalico, cosa a mio giudizio ancor peggiore per chi scrive». E ancora: «Si potrebbe definire Iris Murdoch il ragù alla Oxford». Più avanti, però, il premio Nobel sottolinea che ap-prezza in lei la capacità di ascolto, peccato che ai suoi occhi que-sto ascolto non si trasformi in deferenza rispetto al Dichter come lui, forse, si aspettava. Mentre di Iris Murdoch filosofa dice: «non sarebbe così male se solo avesse qualcosa da dire».

Iris Murdoch non parla mai di Elias Canetti nelle interviste, scrive una recensione a Massa e potere nel 1962, e lo ritrae con una notevole dose di umorismo nel romanzo The Flight from the En-chanter come un personaggio che è famoso senza che si sappia esattamente perché.

Nella sua postfazione a Party sotto le bombe Jeremy Adler cerca di trovare una possibile spiegazione all’accanimento di Canetti nei confronti di Iris Murdoch scrivendo che quando la definisce una “scrittrice”, anche se “illegittima” è evidente che la considera una «personalità importante, una degna avversaria».54

Iris Murdoch oltre ad essere legata a Canetti era anche molto amica di Veza, sua moglie, di cui apprezzava lo spirito che non si lasciava intimidire dal carattere di Canetti.

Nel 1956 conosce ad una cena Elizabeth Bowen e con la scrit-trice irlandese stringe subito una forte amicizia. Nel luglio dello stesso anno va a trovarla in Irlanda trascorrendo con lei un perio-do a Bowen’s Court durante il quale, racconta Bayley, parlarono e scrissero. Elizabeth, come Iris, desiderava sopra ogni cosa scri-vere. In quelle giornate irlandesi il loro tempo era scandito dal lavoro, stavano entrambe scrivendo un libro, dalle passeggiate e dalle confidenze. La loro amicizia andò avanti negli anni facilitata anche dal fatto che Elizabeth Bowen si trasferì dall’Irlanda per andare a vivere a Oxford.

Sempre nel 1956, a tre anni dal loro primo incontro, Iris Mur-doch sposa John Bayley professore di letteratura inglese a Oxford e critico letterario. Si erano conosciuti ad un party al St.Anne Col-lege, nel 1953, e vissero insieme fino alla morte di Iris, avvenuta

54. Jeremy Adler , Postfazione, in Elias Canetti, Party sotto le bombe, p 228.

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nel febbraio 1999. Della loro unione John Bayley ha detto: «Era come vivere in una fiaba, di quelle dai toni sinistri e non sempre a lieto fine, in cui un giovane ama una bella fanciulla che corrispon-de al suo amore, ma sparisce sempre in qualche modo misterioso di cui non rivela nulla».55

Iris Murdoch morirà l’8 febbraio 1999. La sua amica Phillippa Foot, durante l’elogio funebre tenutosi al Somerville College, ri-cordandola ha descritto la “magica bontà” di Iris insieme al modo in cui sapeva combinare «la passione e la spontaneità con la riser-vatezza. E, pur vivendo calata profondamente in se stessa, Iris fu anche sempre“totalmente presente”».56

1.4. Cedar Lodge57

Iris Murdoch insegna al St.Anne College di Oxford fino al 1962-1963, anno in cui si legge sul giornale del college che aveva dato le dimissioni per poter dedicare più tempo alla scrittura, e John Bayley ricorda che da allora «Iris scriveva tutte le mattine, dalle nove all’una».58

Quello che Iris Murdoch ha sempre saputo di voler fare nella vita è scrivere. La decisione maturò all’inizio degli anni quaranta, anche se nelle interviste racconta che fin da bambina scriveva rac-conti. Nel gennaio del 1943 scrive a Frank Thompson, un suo caro amico che si trovava sotto le armi e che morì nel 1944, «I want to write», e nel suo diario nell’agosto dello stesso anno annota «Scri-vere è l’unica cosa che mi fa sentire bene».59

Ed è quello che fece. Scrisse numerosi saggi filosofici, dal pri-mo nel 1953, Sartre:Romantic Rationalist fino all’ultimo, purtrop-po rimasto incompiuto, dedicato ad Heidegger; ventisei romanzi pubblicati tra il 1954 e il 1995, un unico racconto lungo, due rac-colte di poesie, un libretto d’opera e tre pièces teatrali; tenne con-ferenze alla radio, scrisse recensioni. Senza dimenticare la scrittu-

55. Irene Bignardi, Iris Murdoch-Quando l’amore va oltre la vita. Intervista a John Bayley, La Repubblica, 31.03.1999.

56. Conradi, Iris, p.597.57. È il nome di una delle case vicino ad Oxford in cui abitarono per molti anni

Iris Murdoch e John Bayley.58. Bayley, Elegia, p. 171.59. Conradi, Iris, p.171. «Writing is the only activity which make me feel».

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ra autobiografica, che la impegnò non meno delle altre, e quella delle lettere.

Nella sua lunga e fruttuosa vita fece molti viaggi e tenne numerose conferenze in varie università in Francia, Italia, Ca-nada, Israele; e molte altre per il British Council occasioni que-ste che le permettevano di viaggiare e visitare musei e gallerie d’arte.

Nel marzo del 1968 viene in Italia per un tour di conferenze organizzato dall’ACI (Associazione Italiana Culturale) a Mila-no, in questa occasione, coraggiosamente, legge i suoi testi in italiano.

Il 13 febbraio 1976 partecipa alle Romanes Lectures su Platone ed è di questo periodo The Fire and the Sun:Why Plato Banished the Artists. Nel 1982 tiene le Gifford Lectures, successivamente rac-colte e pubblicate in Metaphysics as a Guide to Morals, e insegna al Royal College of Art. L’ultimo convegno a cui partecipa è del 1994 all’università israeliana di Negev, occasione in cui conosce lo scrittore Amos Oz.

A maggio del 1994 presso l’università di Chicago si tenne un importante convegno dedicato al suo pensiero a cui partecipa-rono tra gli altri Charles Taylor, Martha Nussbaum e Cora Dia-mond60.

Ricevette numerosi riconoscimenti sia per la sua attività di fi-losofa sia per quella di narratrice. Fu insignita di honorary docto-rates da parte di varie università: Alcalá de Henares, da quella di Cambridge, dell’Ulster e dalla Kingston University. Nel 1974 vinse il Whitbread Prize per il romanzo The Sacred and Profane Love Ma-chine, e nel 1978 il prestigioso Booker Prize per il romanzo The Sea, The Sea (Il mare, il mare). E nel 1987 venne nominata Dame of the British Empire.

La Kingston University ospita dal 1994 il Centre for Iris Mur-doch Studies, che si propone di sviluppare gli studi sul pensiero e sull’opera narrativa di Iris Murdoch, organizzando simposi e pubblica una News Letter dedicata agli studi su di lei. Inoltre nel Centro sono conservati alcuni archivi molto importanti tra cui quello di Peter J.Conradi, il biografo ufficiale di Iris Murdoch, co-

60. Il libro Iris Murdoch and the Search for Human Goodness curato da Maria Anto-naccio e William Schweiker e pubblicato nel 1996 dalla University of Chicago Press è il frutto di questo convegno.

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stituito da lettere, manoscritti, interviste trascritte e cassette au-dio; ha inoltre la biblioteca completa di Iris Murdoch composta da 1081 volumi, inclusi, oltre a testi di studio e di lettura, alcuni suoi manoscritti e inediti.

1.5. Iris Murdoch e l’Italia61

A differenza di molti altri paesi in cui la riflessione filosofica e l’opera narrativa di Iris Murdoch sono state accolte con interesse, ha ispirato convegni e gli sono stati dedicati numerosi studi, in Italia il suo pensiero ha avuto un destino diverso. Solo recente-mente, ad esempio, si può accedere alla traduzione italiana di una raccolta dei suoi saggi filosofici, mentre la storia della traduzione della sua opera letteraria ha un andamento discontinuo per lo meno curioso.

Tra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso Gabriella Fiori (che si è firmata per un periodo Fiori Andreini) ha curato sette traduzioni di altrettanti romanzi di Iris Murdoch e ricorda così questa esperienza «1962: leggo su un quotidiano, la recensione al suo romanzo Una testa tagliata (Feltrinelli, traduzione di Valerio Riva), di un noto critico, che ne era entusiasta: Iris vi appariva enigmatica e di grande intelligenza. Pensai: “Questa donna con-terà nella mia vita”».62

Quando nel 1963 venne tradotto Una testa tagliata i critici ita-liani accolsero il romanzo come la versione inglese dell’opera di Simone de Beauvoir. Giancarlo Vigorelli, che aveva seguito la car-riera di Iris Murdoch con grande interesse fin dagli esordi, scrive che Una testa tagliata è una fiaba, un’allegoria, un romanzo mora-le e un’opera buffa, ed afferma che è raro trovare tutto ciò in un autore moderno. Oreste del Buono commenta con ammirazione che Martin, il protagonista del romanzo, è un eccezionale perso-naggio maschile creato da una donna.

61. Queste notizie sono tratte dall’articolo di Madeline Merlini, The Response of Italian Critics to the Work of Iris Murdoch, «Iris Murdoch News Letter»,14 , 2000, pp.10-13. (Tutte le traduzioni in italiano sono mie. N.d.A.)

62. Gabriella Fiori, Lampi nel tempo:storia di un’intimità.Rievocando Iris Murdoch. in Concepire l’infinito, catalogo a cura di Maria Pia Mazziotti, Elisabetta Segna, Biblio-teche di Roma, 2004, p. 44.

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Mario Praz, dal canto suo, avvicina il lavoro di Iris Murdoch a quello di T.S.Eliot e ai drammaturghi del sedicesimo secolo, e apprezza e sottolinea la continuità di alcuni temi trattati nei ro-manzi, ad esempio, tra La ragazza Italiana e Una testa tagliata.

Michele Abbate mette invece in evidenza gli elementi freudia-ni presenti ne la ragazza italiana, scrivendo che Iris Murdoch ten-de a costruire i propri romanzi come esemplificazioni delle teorie freudiane.

The Unicorn, tradotto in italiano La sua parte di colpa esce a pun-tate sulla rivista Amica durante l’inverno del 1969; il romanzo ver-rà poi pubblicato nello stesso anno in volume da Feltrinelli, la casa editrice che in quegli anni si occupa della narrativa murdochiana. Iris Murdoch non approvò la scelta di un titolo così “vittoriano e moralistico” per il suo romanzo.

Su questo romanzo Giuseppe Prezzolini scrisse il 17 gennaio 1965 «Letto con grande interessamento un romanzo di una scrit-trice inglese che non conoscevo (Iris Murdoch), The Unicorn, op-pure direi io L’incanto [Più tardi lessi gran parte dei suoi libri e scrissi un articolo su di lei nel “Resto del Carlino”.Mi fece passare di meraviglia in meraviglia, d’invenzioni e di trovate e di sorprese con un senso di realtà: 1980]».63

Il sogno di Bruno viene tradotto in italiano nel 1971. In quest’oc-casione Carlo Pagetti avvicina la prosa della Murdoch a quella di Muriel Spark.

Quando fu tradotto Il tempo degli angeli, nel 1972, i critici italiani trovarono il romanzo ancora più crudele dei precedenti. A propo-sito di quest’opera Carlo Pagetti sottolinea l’interesse di Iris Mur-doch per la metafisica e la teologia, e identifica come tema centra-le del romanzo l’assenza di Dio intesa come assenza d’amore.

Nel 1974 Amica pubblicò a puntate anche An Unofficial Rose stra-volgendone il titolo che diventò Gli anni del whisky e delle rose, ma quando Feltrinelli, qualche mese dopo, lo pubblicò in volume, il romanzo, fortunatamente, riprese il titolo originale: Una rosa non ufficiale.

Nel novembre 1986 Iris Murdoch ritorna in Italia per presenta-re il nuovo romanzo L’apprendista e per tenere una serie di confe-renze nelle università italiane che intitolò Literature and Morality.

63. Giuseppe Prezzolini, Diario 1942-1968, Rusconi, Milano, 1980, p. 407.

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Durante questo soggiorno in Italia concesse un’intervista a Laura Lilli. Nell’ incontro conversarono sia della sua carriera di filosofa che di quella di romanziera, alla sua domanda sul suo in-teresse per Sartre dimostrato dal suo saggio. Murdoch le spiega che di Sartre non è la morale che le interessa e che non è mai stata un’esistenzialista. «Ritengo – disse – che la sua idea di libertà e di morale sia profondamente sbagliata, e la sua fede nella dialettica un’utopia, una soluzione astratta, un’esistenzializzazione del mar-xismo. Invece di Sartre si può dire che è un meraviglioso narrato-re. Mi ha interessata di più la scuola di Francoforte: Benjamin e Adorno. Sono diversissimi, ma come gruppo rappresentarono un tentativo di umanizzare il marxismo».64

Poi, Laura Lilli passando a parlare della sua carriera di scrittri-ce, le chiede in che misura fosse stata influenzata nel suo lavoro dalla corrente inglese degli angry young men. «Questa storia degli angry young men è una pura invenzione dei giornalisti – risponde Murdoch – Sì c’era una certo clima di sradicamento tra Kingsley Amis, John Osborne…era il dopoguerra dopotutto. Quanto a me, penso che i miei primi libri siano stati influenzati da Beckett e da Adorno. Ma io sono una scrittrice tradizionalista. Credo che si possano fare abbastanza esperimenti nella scrittura tradizionale senza dover ricorrere a troppi contorti espedienti di avanguardia. Certo che voglio fornire al lettore dei pensieri. Ma sono certa che il romanzo tradizionale è molto vivo: naturalmente cambia in re-lazione allo spirito dei tempi. Ogni romanzo è diverso dall’altro, ognuno ha una grande individualità».65 Continuando a parlare di letteratura Murdoch spiegò di non credere che gli scrittori, spe-cialmente i grandi scrittori, riscrivano lo stesso libro, salvo alcune rare eccezioni come ad esempio i romanzi di Jane Austen, una delle sue scrittrici più amate, pervasi tutti da una forte aria di fa-miglia. Concludendo l’intervista Laura Lilli suggerisce che L’ap-prendista sia una versione laica e moderna del Pilgrim’sProgress e domanda all’autrice se quest’opera possa essere definita un conte philosophique o un romanzo di formazione alla tedesca. «Perché definirlo? – risponde Iris Murdoch – ogni romanzo è una forma autonoma di espressione nella quale l’autore si muove molto li-beramente. Il pensiero corre avanti dovunque…fra problemi, av-

64. Laura Lilli, Iris Murdoch sapore di mare. La Repubblica, 13 novembre 1986.65. Ivi.

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venimenti e personaggi cangianti: si dibatte di una cosa e del suo contrario, le persone appaiono in un modo e poi si trasformano nell’opposto».66

Per quel che riguarda gli scritti filosofici in questo periodo di “maggior attenzione” nei suoi confronti fu unicamente tradotto, nel 1981, il testo delle Romanes Lecture del 1976 The Fire and the Sun: Why Plato Banished the Artists (Il fuoco e il sole. Perché Platone condan-nò gli artisti) dalla casa editrice SugarCo.

Dopo, sono trascorsi molti anni di silenzio italiano sia riguardo ai romanzi che agli scritti filosofici. Nel 2003 la casa editrice Riz-zoli ha ripreso l’opera di Iris Murdoch prima con Il mare, Il mare, romanzo del 1978 vincitore del Booker Prize, e poi con Sotto la rete e La campana. Mentre il suo unico racconto lungo Una cosa speciale è uscito per i tipi di Nottetempo nel 2006.

Per quel che riguarda gli scritti filosofici, nel 2005 è stata pub-blicata La sovranità del Bene dalla casa editrice Rocco Carabba; e la raccolta di saggi Esistenzialisti e mistici: scritti di filosofia e letteratu-ra presso il Saggiatore nel 200667.

66. Ivi.67 La situazione qui descritta degli studi su Iris Murdoch in Italia e di eventuali

altre traduzioni delle sue opere rispecchia il momento in cui si licenzia questo lavoro, e non è quindi da considerarsi esaustiva.