Una Donna di Sibilla Aleramo. · 2015-11-05 · Il romanzo di Sibilla Aleramo è un documento...

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FACULTEIT LETTEREN EN WIJSBEGEERTE ACADEMIEJAAR 2014-2015 Una Donna di Sibilla Aleramo. La presenza di prototipi femminili nella prima letteratura femminista italiana. Masterproef voorgelegd tot het behalen van de graad Master in de taal- en letterkunde: Frans-Italiaans door Lara Dierickx Promoter: Prof. Dr. Mara Santi

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FACULTEIT LETTEREN EN WIJSBEGEERTE

ACADEMIEJAAR 2014-2015

Una Donna di Sibilla Aleramo.

La presenza di prototipi femminili nella prima

letteratura femminista italiana.

Masterproef voorgelegd tot het behalen van de graad Master in de taal- en

letterkunde: Frans-Italiaans

door Lara Dierickx Promoter: Prof. Dr. Mara Santi

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3

Ringraziamenti

I miei ringraziamenti vanno prima di tutto alla professoressa Dr. Mara Santi per la grande

disponibilità e cortesia dimostratami e per tutto il sostegno fornitomi durante la stesura della

tesi. I suoi consigli e i suoi suggerimenti sono stati un importantissimo aiuto per la buona

riuscita del presente lavoro.

Un sentito ringraziamento anche alla professoressa Sarah Bociarelli per il suo contributo in

particolare per quanto riguarda l'aspetto linguistico di questa relazione.

Lara Dierickx

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Indice

1. Introduzione......................................................................................................................... 6

1.1 Domanda di ricerca.................................................................................................. 6

1.2 Rina Faccio e l’autobiografia femminile................................................................. 8

2. Stato dell’arte..................................................................................................................... 12

2.1 Il femminismo in Italia........................................................................................... 12

2.1.1 Definizioni............................................................................................... 12

2.1.2 Nascere donna nel corso dei secoli......................................................... 16

2.1.3 La letteratura femminile in Italia............................................................ 18

2.2 Prototipi femminili................................................................................................. 20

2.2.1 Il prototipo della donna perduta............................................................. 23

3. Una donna, un libro di prototipi femminili..................................................................... 25

3.1 Sibilla Aleramo e i prototipi femminili.................................................................. 25

3.2 La casalinga............................................................................................................ 25

3.2.1 La sposa................................................................................................... 25

3.2.2 La donna madre, un rapporto problematico........................................... 28

3.2.3 La donna perduta.................................................................................... 30

3.3 L’oggetto sessuale.................................................................................................. 33

3.4 La professionista.................................................................................................... 35

3.5 L’impegno femminista come rivendicazione della propria identità...................... 36

3.6 Alterazione del sistema tradizionale legato alla femminilità................................. 38

4. Virginia Woolf’s A room of one’s own............................................................................ 43

4.1 Il femminismo in Inghilterra................................................................................. 43

4.1.1 Le tre correnti del femminismo............................................................... 43

4.1.2 Il femminismo relativo e individualista................................................... 44

4.2 Il femminismo liberale e radicale.......................................................................... 44

4.2.1 Il femminismo liberale............................................................................. 45

4.2.1.1 Il movemento suffragista........................................................... 47

4.2.2 Il femminismo radicale........................................................................... 49

5

4.2.3 La Woolf di fronte al femminismo liberale e radicale............................. 50

4.2.3.1 Il femminismo liberale.............................................................. 50

4.2.3.2 Il femminismo radicale............................................................. 51

4.3 A room of one’s own: il problema dei “gender roles”............................................ 55

4.4 I prototipi femminili in A room of one’s own......................................................... 56

5. Conclusione........................................................................................................................ 59

5.1 Il matrimonio come negazione della donna........................................................... 59

5.2 I prototipi in Sibilla Aleramo................................................................................. 61

5.3 Virginia Woolf....................................................................................................... 61

6. Bibliografia......................................................................................................................... 64

Numero di parole: 22605

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1. Introduzione

1.1 Domanda di ricerca

“Femminismo!” esclamava ella. “Organizzazione d'operaie, legislazione del lavoro,

emancipazione legale, divorzio, voto amministrativo e politico... Tutto questo, sì, è

un compito immenso, eppure non è che la superficie: bisogna riformare la coscienza

dell'uomo, creare quella della donna!1

Nel corso della storia la concezione della donna è stata profondamente dominata da

immagini prototipiche che risultano ancora fortemente presenti nella società odierna. Questi

prototipi femminili hanno contribuito in gran parte a determinare i ruoli di genere attribuiti

alle donne sviluppati nella società patriarcale. Per vedere in quale misura i ruoli di genere e i

prototipi femminili hanno condizionato la concezione della donna, questa tesi propone

un’analisi della loro presenza nel primo romanzo femminista edito in Italia: Una donna,2

scritto da Sibilla Aleramo nel 1901. A partire dall’analisi del romanzo femminista della

Aleramo, la tesi cerca di distinguere quali prototipi hanno giocato un ruolo

nell’emancipazione e nella liberazione della donna a cavallo tra il XIX e il XX secolo.

Nell’Ottocento nascono le idee sull’emancipazione femminile e sulla condizione della

donna che viene considerata fino a quel momento come un essere subordinato e viene esclusa

di ogni partecipazione alla vita socio-economica e politica. Inoltre, grazie

all’industrializzazione, le donne cominciano ad assumere un ruolo più attivo nella società e

questo cambiamento di atteggiamento porta allo sviluppo della questione femminile che si

diffonde durante il Novecento. Alla luce della questione femminile, la tesi espone

l’evoluzione della prospettiva di Sibilla Aleramo, una delle scrittrici femministe europee più

importanti, e ferma l’attenzione sul conflitto tra la donna tradizionale e la donna intellettuale,

concentrandosi soprattutto sulla lotta per l’affermazione del diritto ad avere una vita

intellettuale da parte di una donna sposata. Per questo motivo, la tesi si focalizza e

approfondisce il ruolo e il funzionamento del matrimonio per quanto riguarda la condizione

della donna a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo e lega i prototipi femminili

alla condizione della donna.

Il romanzo di Sibilla Aleramo è un documento importante anche per la descrizione che

offre delle sofferenze provate nel rapporto con il mondo maschile. Una donna è una delle

1 Sibilla Aleramo, Una donna, Milano, Universale Economica Feltrinelli, 2013, p. 116.

2 Sibilla Aleramo, Una donna, cit.

7

poche autobiografie che mettono la consapevolezza della donna al centro della loro narrativa

ed è una delle prime volte in cui ciò succede in Italia. Angelica Forti-Lewis conferma che:

In Italia in particolare, le autobiografie femminili sono quasi totalmente inesistenti

prima degli albori del ‘900. Coll’inizio del XXº secolo però, si è effettuato un grande

approfondimento di ogni fase dell’autocoscienza in tutto il mondo occidentale, [...]3

La Forti-Lewis considera il romanzo autobiografico di Sibilla Aleramo come il

“prototipo di tutte le autobiografie femministe italiane”4 e l’importanza del romanzo come

documento femminista e la sua popolarità vengono anche dimostrate dal fatto che è stato

tradotto in diverse lingue durante il Novecento.

Prima di tutto la tesi fornisce un breve profilo dell’autrice e della sua autobiografia. In

seguito vengono esposti i concetti essenziali per quanto riguarda il femminismo e la società

patriarcale da un lato e i prototipi e i ruoli di genere dall’altro. Quanto all’analisi di Una

donna, la tesi prenderà in considerazione i seguenti prototipi presenti nel romanzo: la

casalinga, l’oggetto sessuale, la professionista e la femminista. La figura della casalinga

comprende da un lato la sposa e dall’altro lato la donna madre, che verranno trattate

separatamente. Inoltre viene proposto un legame tra il matrimonio e la perdita dell’identità

femminile, considerando se è possibile per una donna sposata, nello specifico la Aleramo,

conservare la propria identità nel matrimonio. Infine, vediamo se e come, nel caso della

Aleramo, l’impegno femminista può costituire una rivendicazione dell’identità femminile.

La seconda parte della tesi si concentrerà su una comparazione tra l’autobiografia della

Aleramo e Virginia Woolf, scrittrice inglese nata nel 1882, e più in particolare in riferimento

al saggio A room of one’s own pubblicato nel 1929, nel quale vengono prese in

considerazione le ragioni per cui le scrittrici femminili sono in minoranza. In A room of one’s

own, la Woolf riflette sulla domanda relativa alla possibilità per una donna di produrre arte di

qualità comparabile a quella di Shakespeare, esaminando sia le esperienze femminili nel corso

dei secoli, che la lotta per la propria affermazione delle artiste . La Woolf discute i problemi

incontrati dalle scrittrici a causa della predominanza maschile per quanto riguarda

l’organizzazione sociale e economica e l’educazione. La Woolf insiste soprattutto sul legame

inseparabile fra l’indipendenza economica e l’autosufficienza artistica delle donne. La ragione

3 Angelica Forti-Lewis, Scrittura auto/bio/grafica: teoria e pratica. Una proposta di lettura androgina per “Una

donna” di Sibilla Aleramo, in “Italica”, vol. 71, n. 3, 1994, pp. 325-336, p. 326. 4 Ibidem., p. 329.

8

per la quale la tesi propone una comparazione tra le due scrittrici viene evidenziata da Barbara

Spackman:

As the first avowedly feminist novel in the Italian tradition, Sibilla Aleramo’s 1906

Una donna occupies the space that Virginia Woolf’s A Room of One’s Own occupies

for the Anglo-American tradition, and has been the object of similar veneration.5

Nonostante questa affermazione della Spackman e se si considerano le origini del

femminismo, la figura di Sibilla Aleramo è meno presente nei manuali rispetto alla più

famosa Virginia Woolf, che viene considerata come la più importante femminista dell’Europa

occidentale, pur portando avanti la sua attività letteraria circa venticinque anni più tardi

rispetto alla Aleramo. Contrariamente a quanto accade per la Woolf, la Aleramo non dispone

di una tradizione letteraria femminile che funga da punto di riferimento e si trova così a

basarsi sull’unica fonte per lei reperibile, ossia le proprie esperienze.

Nel capitolo sulla Woolf vengono in primo luogo definite le tre correnti principali del

femminismo in Europa occidentale. In secondo luogo vengono descritti il femminismo

liberale della prima corrente e il femminismo radicale della seconda corrente e alla luce di

questi due modelli vengono presentate le idee femministe della Woolf. In seguito, a partire da

un’analisi di A room of one’s own, viene chiarito il problema dei ruoli di genere all’inizio del

Novecento, questione che ha determinato notevolmente la scarsità di autrici femminili, e

infine vengono analizzati i prototipi femminili presenti nel saggio della Woolf.

In conclusione verranno messe in rapporto le posizioni della Aleramo e della Woolf

per valutare se e quali evoluzioni si sono verificate nel pensiero femminista.

1.2 Rina Faccio e l’autobiografia femminile

Ogni autobiografia – anche se si limita a una pura narrazione – è

un’autointerpretazione in cui lo stile è il segno della relazione tra chi scrive e il

proprio passato, nel momento stesso in cui manifesta il progetto, orientato verso il

futuro, di un modo specifico di rivelarsi all’altro.6

5 Barbara Spackman, Puntini, Puntini, Puntini: Motherliness as Masquerade in Sibilla Aleramo’s Una donna, in

“MLN”, vol. 124, n. 5, 2009, pp. 210-223, p. 210. 6 Elisabetta Rasy, Le donne e la letteratura, Roma, Editori Riuniti, 2000, p. 118.

9

Sibilla Aleramo7 è lo pseudonimo di Rina Faccio, nata in Piemonte nel 1876,

primogenita di quattro figli. Il padre è laureato in scienze e la madre è amante della poesia e

della musica. Rina frequenta la scuola elementare a Milano ma a causa del trasloco della

famiglia verso il Sud, è costretta ad abbandonare gli studi e a iniziare un percorso di

autoformazione, leggendo libri da autodidatta.

La lettura di L’Europa giovane. Studi e viaggi nei paesi del Nord di Guglielmo

Ferrero, scritto nel 1897, è di considerevole importanza per la nascita della sua riflessione

sull’ineguaglianza sociale, sull’oppressione e sulla subalternità in generale. Più tardi, queste

riflessioni contribuiscono allo sviluppo delle sue idee sull’ineguaglianza di genere e sulla

condizione della donna. Il romanzo di Ferrero racconta la storia di un viaggio della durata di

due anni che lo scrittore compie tra Germania, Scandinavia, Inghilterra e Russia, e attraverso

cui lo scrittore rivela i grandi problemi sociali e morali della fine del XIX secolo, come ad

esempio l’antisemitismo. Su questa base, Rina sviluppa le proprie idee sulla cosidetta

“questione muliebre” nella quale è attivamente coinvolta fino al 1910, e riflette soprattutto

sulle idee relative alla disuguaglianza tra i sessi e sull’oppressione della donna nella società in

cui vive, facendo nascere nella Faccio un’avversione per il sistema sociale tradizionale.

Animata da queste idee, Rina Faccio comincia a scrivere articoli sulla “questione

femminile” e si iscrive all’“Unione Femminile” nel 1897, nel momento in cui il dibattito

femminista in Italia sta entrando nel suo periodo più produttivo, benché la questione abbia

ricevuto attenzione già dalla metà del XIX secolo. L’“Unione Femminile” è un movimento

nato nella borghesia femminile con simpatie di sinistra che organizza corsi per lavoratrici e

centri di consiglio e di informazione. Nel 1899, la Faccio diventa direttrice del settimanale

“Italia Femminile” a Milano e ha così la possibilità di elaborare e diffondere ancora di più le

sue idee. L’edizione nel 1906 del romanzo Una donna rappresenta la nascita della sua vita

come scrittrice. Il suo matrimonio, contratto a sedici anni con l’uomo che l’ha stuprata e la

lotta intima che segue questo evento - e che si conclude con l’abbandono del marito e del

figlio - formano la base di questo libro considerato, come detto, uno dei primi romanzi

femministi in Italia. Il romanzo è un documento unico che rispecchia la condizione femminile

in Italia nel periodo a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento.

In Una donna, la scrittrice tenta di collegare le origini della propria sofferenza alla

posizione sociale delle donna. Con il racconto della propria vita, “Aleramo delivers her

7 Prefazione di Anna Folli, in Una donna di Sibilla Aleramo, Milano, Universale Economica Feltrinelli, 2013, p.

XII.

10

feminist message without open propaganda”8, e il suo rapporto problematico con la maternità

e con i ruoli sociali connessi ad essa. Dopo la pubblicazione del romanzo si sviluppa una

discussione tra i critici letterari sulla classificazione dell’opera. Le opinioni dei critici

oscillano tra la classificazione come autobiografia o come creazione romanzesca. Nella

prefazione a Una donna, Anna Folli descrive il lavoro come “un’autobiografia sottomessa alle

esigenze di un’idea precisa di romanzo”9. Inoltre, La Forti-Lewis

10 osserva che la struttura

dell’autobiografia spirituale è nettamente applicabile alla vita di Sibilla come viene descritta

nel romanzo, poiché si riconosce il traviamento, la rinascita e l’estasi mistica. Tuttavia la

Corti dimostra che il lavoro ha comunque anche alcuni tratti del romanzo come i flash-back

“con il rovesciamento della fabula o ordine referenziale”11

.

Quanto alle sue idee per quel che riguarda il rapporto tra la donna e l’arte, la Aleramo,

che si considera per lungo tempo principalmente come una poetessa, continua a credere che

una scrittrice non debba mai staccare la propria vita dall’arte, e che vi è la possibilità di essere

un’artista oltre che una donna. L’uso dell’esperienza personale è inerente alle politica e alla

teoria femminista e, nel caso della Aleramo, la rappresentazione di questa esperienza

personale in un romanzo è una fonte essenziale per lo sviluppo del suo femminismo.

Ann Caesar12

spiega che il romanzo Una donna contraddice alcune delle posizioni

espresse precedentemente da Sibilla Aleramo poiché la critica della maternità è contraria a

quanto affermato nei suoi scritti pubblicati tra il 1897 e il 1900. Nei primi testi che la Aleramo

ha scritto, essa sostiene che le donne sono destinate ad essere madri e difende

l’emancipazione delle donne perché grazie a questa nuova libertà che potrebbero acquistare,

assolverebbero meglio al loro dovere materno mentre in Una donna, la scrittrice si domanda

se la donna, slegata dal ruolo di madre e sposa, possa essere riconosciuta nella propria

identità. In Una donna esprime dunque il parere che le donne non siano destinate soltanto alla

maternità, e che questa non è lo scopo principale e unico nella vita di una donna, che è invece

degna di portare avanti più attività.

Secondo la Aleramo, lo scoglio più importante nella liberazione della donna è

l’interiorizzazione dell’oppressione che si verifica nella psiche della donna stessa,

un’oppressione che viene imposta dal modello sociale patriarcale. È anche essenziale tener

8 Giovanna Miceli Jeffries, A woman by Sibilla Aleramo; Rosalind Delmar, in “Tulsa Studies in Women’s

Literature”, vol. 1, n. 1, 1982, pp. 97-99, p. 98. 9 Prefazione di Anna Folli, in Una donna di Sibilla Aleramo, cit., p. XVI.

10 Angelica Forti-Lewis, Scrittura auto/bio/grafica: teoria e pratica. Una proposta di lettura androgina per Una

donna” di Sibilla Aleramo, cit., p. 326. 11

Maria Corti, Prefazione, in Sibilla Aleramo, Una donna, Milano, Feltrinelli, 1982, p. IX. 12

Ann Caesar, Italian Feminism and the Novel: Sibilla Aleramo’s “A Woman”, in “Feminist Review”, n. 5, pp.

79-82.

11

conto del fatto che Sibilla si trasferisce da Milano verso un piccolo villaggio meridionale

lunga la costa Adriatica, dove le donne soffrono un livello di oppressione sconosciuto per il

Nord e dove l’autorità patriarcale è profondamente radicata nella mente sia dell’oppressore

che della persona oppressa. Il romanzo Una donna è ambientato in una regione dove la

situazione e la condizione della donna è peggiore rispetto a quella del nord. Dopo la redazione

di Una donna, Sibilla continua a sostenere il punto di vista assunto nel romanzo e continua ad

affermare il concetto dello “spirito autonomo femminile”, che può essere raggiunto solo

quando e qualora le donne si liberino di ogni influsso maschile.

Sibilla in questo senso è in prima persona un esempio di donna che smette di subire

passivamente l’oppressione e che agisce con lo scopo di affermare uno spirito autonomo, al di

fuori del sistema patriarcale. Infatti, dopo l’abbandono del marito e della famiglia la Aleramo

va a coabitare con lo scrittore Giovanni Cena e inizia una vita piena di peregrinazioni,

passando per una decina di anni da un amante all’altro. Muore infine a Roma il 13 gennaio

1960.

12

2. Stato dell’arte

2.1 Il femminismo in Italia

2.1.1 Definizioni

Prima di procedere con l’analisi occorre precisare alcuni concetti e termini legati al

tema del femminismo che ritorneranno spesso ed è importante gettare uno sguardo sulle

origini del concetto di femminismo. Karen Offen13

spiega che il termine “femminismo” non

veniva usata prima del XX secolo. Una delle prime femministe francesi, Hubertine Auclert,

usava il termine come sinonimo di “emancipazione femminile” a partire dal 1882 nel suo

periodico “La Citoyenne”. Entro il 1894 il termine aveva attraversato il Canale verso

l’Inghilterra e dopo, la parola “femminismo” era stata introdotta in Italia.

In primo luogo va specificato che il movimento nasce come reazione al sessismo, il

quale ha la propria origine nei sistemi patriarcali e implica la convinzione che lo statuto della

donna sia inferiore rispetto a quello dell’uomo. Il patriarcato è una struttura sociale dominata

dagli uomini nella quale le norme maschili in vigore nelle istituzioni sociali diventano lo

standard di riferimento e nella quale le norme femminili non entrano nemmeno in scena.

In secondo luogo è importante distinguere i concetti di genere e di sesso: il sesso

riguarda le caratteristiche biologiche che distinguono le donne dagli uomini mentre il genere

fa riferimento ai tratti sociali, culturali e psicologici legati all’essere maschile e femminile. Si

nasce dotati di una natura sessuale, mentre il genere è un qualcosa che viene appreso.

Nel suo lavoro Literature and feminism: an introduction14

, Pam Morris evidenzia il

rapporto strettissimo che esiste tra il femminismo e il sistema patriarcale. Prima di tutto il

femminismo viene descritto come una concezione politica che è determinata dall’esistenza di

una disparità tra gli uomini e le donne basata sulla differenza di sesso, e che è soprattutto

legata a idee politiche socialiste e liberali. Poiché la differenza sessuale, legata a diversi ruoli

di genere, porta con sé una disuguaglianza e un’ingiustizia sociale per le donne, il

femminismo si propone di non rassegnarsi a questa ineguaglianza e si impegna per il

cambiamento dei meccanismi culturali e sociali che la impongono. Tali meccanismi culturali

sono strettamente legati al sistema patriarcale che instaura le leggi e che controlla

l’amministrazione del lavoro e dell’istruzione; in questo sistema gli uomini hanno un ruolo

dominante e gli interessi femminili vengono spesso ignorati. Nella società patriarcale c’è

13

Karen Offen, Defining feminism: a comparative historical approach, in “Journal of Women in Culture and

Society”, vol. 14, n. 1, 1988, pp. 119-157. 14

Pam Morris, Literature and feminism: an introduction, Oxford, Blackwell, 1993.

13

dunque sempre una gerarchia sessuale avversa alle donne, contro la quale il femminismo

comincia a lottare principalmente a partire dall’Ottocento.

Linda L. Lindsey15

chiarisce che il patriarcato, che prevede l’androcentrismo, è basato

sulla convinzione che i ruoli di genere sia degli uomini che delle donne siano determinati

biologicamente e siano perciò inalterabili. L’opinione secondo la quale le donne non sono

biologicamente adatte per attività diverse da quelle domestiche ha ristretto le loro opportunità

di educazione e di attività, tra l’altro, nel campo letterario. Queste restrizioni delle attività

femminili hanno portato al predominio degli uomini per quanto riguarda la letteratura in

riferimento al genere, consolidando in questo modo la posizione forte dell’uomo nella società.

Karen Offen16

osserva che il femminismo, e più in particolare quello europeo, si

focalizza più che altro sulle elaborazioni della femminilità poiché “they celebrated sexual

difference rather than similarity within a framework of male/female complementarity”17

.

Invece di cercare un accesso incondizionato alla società dominata dal sesso maschile, le

donne lanciavano una critica estesa della società e delle istituzioni sociali. Invece di

sottolineare l’uguaglianza tra i sessi, le donne mettono l’accento sulla differenza di genere tra

gli uomini e le donne, criticando persino il comportamento maschile.

La differenza di genere tra gli uomini e le donne, e di conseguenza anche il sessismo,

sono legati ad una visione del mondo tipica del funzionalismo strutturale, che la Lindsey

descrive come una prospettiva macrosociologica basata sulla premessa che la società è

formata da varie parti interdipendenti che contribuiscono ciascuna al funzionamento della

società. I funzionalisti sono dell’opinione che l’equilibrio sociale nelle società preindustriali

veniva conservato accordando compiti differenti agli uomini e alle donne. Gli uomini erano

“fuori casa” per lunghi periodi a causa della caccia, e avevano la responsabilità di portare il

cibo mentre le donne, limitate dalla gravidanza, dal parto e dall’alimentazione dei figli, erano

incaricate delle attività domestiche più vicine a casa. Una volta stabilita questa divisione

funzionale del lavoro, questa veniva riprodotta nelle società in tutti gli angoli del mondo. Ciò

significa che le donne sono ritenute dipendenti dagli uomini per il cibo e per la protezione e di

conseguenza le attività maschili vengono considerate più importanti delle occupazioni e dei

ruoli femminili. La prospettiva funzionalista si è rivelata molto conservatrice e viene spesso

usata per giustificare la supremazia maschile e la subordinazione della donna, il che ha dato

luogo allo sviluppo della società patriarcale tradizionale.

15

Linda L. Lindsey, The sociology of gender: Theoretical Perspectives and feminist frameworks, in Gender

roles: a sociological perspective, New York, Pearson, 2010, p. 3. 16

Karen Offen, Defining feminism: a comparative historical approach, cit., pp. 119-157. 17

Ibidem., p. 124.

14

Accanto al funzionalismo, anche la Bibbia ha giocato un ruolo importante nella

visione della donna, considerandola come “l’altra”, differente rispetto all’uomo. Simone de

Beauvoir18

sottolinea appunto che nella Bibbia Dio ha cominciato con la creazione dell’uomo,

e solo dopo ha pensato alla donna, che ha creata da una delle costole dell’uomo, come

qualcosa di secondario. La donna sembra dunque una entità accessoria e subordinata e viene

descritta in contrapposizione con l’uomo, che è l’entità più importante. La donna è tutto

quello che l’uomo non è, sia in senso positivo che in senso negativo. Alla donna vengono

dunque attribuite le qualità restanti che non possono essere attribuite all’uomo:

Il secondo capitolo del Genesi descrive l'attualizzazione nel tempo, la conformatio, e

qui Adamo ha la priorità, mentre Eva dipende da lui per la materia di cui è formato il

suo corpo. Questa differenza determina i rapporti tra Adamo ed Eva, rapporti che a

loro volta, in quanto appartenenti all'ordine della creazione, serviranno di regola per

stabilire i rapporti tra i sessi in generale. Eva è creata dall'uomo e per l'uomo.19

La creazione della specie umana, così come è stata descritta nella Bibbia, definisce

dunque i rapporti di genere tra l’uomo e la donna. Soprattutto durante la Riforma, come

spiega Angela Ales Bello, la parità tra uomini e donne quasi non esiste, poiché le donne non

sono “inserite a pieno titolo nella vita sociale e nelle professioni”20

. La situazione reale delle

donne è fortemente in contrasto con la vita dopo la morte in cui la parità tra i sessi è garantita.

Il ruolo della religione cattolica è però molto ambiguo poiché da un lato sembra aver portato

alla concezione della donna come “non umana”, come un essere inferiore e subordinato o

come un’entità soprannaturale, ma dall’altro lato garantisce anche la parità tra l’uomo e la

donna. Dio assicura che tutti gli uomini sono uguali di fronte a lui e dunque, già dall’inizio del

mondo, instaura la parità di genere. Le femministe si appellano all’argomento

dell’uguaglianza di genere degli uomini davanti a Dio per reclamare l’uguaglianza sociale e

politica:

18

Simone de Beauvoir, Le deuxième sexe, Paris, Gallimard, 1949. 19

Kari Elisabeth Borresen, Natura e ruolo della donna in Agostino e Tommaso, Assisi, La Cittadella, 1979. 20

Angela Ales Bello, La donna: storia e problemi. Le radici cristiane del femminismo, in “Sul femminile. Scritti

di antropologia e religione”, Troina, Città Aperta, 2004, pp. 1-21.

15

In primo luogo, Dio era dalla loro parte: poiché Dio era sempre “disposto a ricevere

le richieste di tutti, senza fare differenza tra le persone”, e dunque il Parlamento

doveva comportarsi allo stesso modo.21

Oltre a diverse concezioni del rapporto tra uomini e donne, la religione cattolica

fornisce anche due tipi, due modelli di donne, vale a dire Maria e Eva. La prima, la “Regina

del Cielo”, rappresenta la bontà, la protezione e l’amore, mentre Eva ha commesso il peccato

originale a causa della sua superbia. “Il peccato offusca l’armonia della vita comunitaria, anzi

inficia la parità, stabilisce il dominio dell’uno sull’altra”22

. Da questi due modelli sono

derivati due prototipi femminili differenti che la tesi discuterà più avanti. Eva, la donna

peccatrice, sembra essere la causa della disparità di genere e della subordinazione della donna,

il che implica che la donna stessa è causa della propria condizione. Anche il filosofo greco

antico Aristotele descrive la donna come un “uomo mancato”, che ha una potenza passiva

rispetto all’uomo, il che implica nuovamente che l’umanità è fatta soltanto da uomini.

Aristotele non è l’unico filosofo a mostrare un atteggiamento negativo verso la natura

femminile poiché, ad esempio, anche Schopenhauer riconosce l’inferiorità della donna ed è

del parere che la donna abbia contribuito alla decadenza della società.

Persino la lingua è androcentrica visto che, come Angela Ales Bello ha osservato, in

tantissime lingue la parola “uomo” viene usata per designare l’umanità, la quale riceve

dunque una connotazione assolutamente maschile, come se le donne non vi appartenessero.

L’italiano, accanto ad altre lingue, non possiede un termine che indica un’umanità fatta sia da

uomini che da donne il che conferma che il linguaggio stesso ha una tendenza patriarcale. La

Ales Bello mette anche in evidenza che, “per liberarsi dalla condizione d'inferiorità stabilita

dagli uomini, è necessario da parte delle donne rifiutare il proprio condizionamento corporeo,

prendere coscienza del proprio «per sé» e [...] l’idea di una natura umana”23

. Con il concetto

della natura, la Ales Bello intende la differenza tra l’indole maschile e quella femminile, per

cui, a causa dell’idea secondo la quale le donne hanno una natura diversa dagli uomini, le

donne si comportano conformemente alla propria natura, e di conseguenza si attaccano

all’immagine che la società ha prevista per loro. Per il femminismo è invece necessario per le

donne dimenticare il fatto di essere sia fisicamente che mentalmente “differenti” dagli uomini

e rifiutare di accettare soltanto le attività che gli sono imposte dal ruolo femminile.

21

Dominique Godineau, Sulle due sponde dell’Atlantico, in Storia delle donne – L’Ottocento, a cura di

Geneviève Fraisse e Michelle Perrot, Roma-Bari, Laterza, 1991, p. 24. 22

Angela Ales Bello, La donna: storia e problemi. Le radici cristiane del femminismo, cit., p. 11. 23

Ibidem., p. 5.

16

2.1.2 Nascere donna nel corso dei secoli

Per mettere in prospettiva storica la situazione sociale e politica in cui Sibilla Aleramo

scrive la propria autobiografia ‘al femminile’, Una donna, questo secondo capitolo fornisce

alcuni dati sull’evoluzione della condizione femminile. Renée Baernstein ci dà un’immagine

accurata sulla vita della donna nel XIX secolo, in cui la storia di Una donna è ambientata e

sottolinea che:

Una vergine sotto il tetto del padre, diventava poi una moglie quando era “menata”

dal marito. Poi, di solito, veniva la maternità e, se la donna sopravviveva ai rigori

delle gravidanze e dei parti, diventava una vedova dopo la morte del coniuge.24

Baernstein spiega che in quest’epoca il matrimonio è il culmine nella vita della donna

e che è l’unico momento importante da celebrare nella sua vita. Quando la famiglia apprende

la nascita di una figlia, le nozze diventano il momento anticipato e atteso da tutta la famiglia

poiché il matrimonio è concepito come il momento di transizione più importante nella sua

vita. Dopo il matrimonio l’unico scopo della donna è ridotto alla maternità e alla gestione

della casa. Il compito della donna è quello della procreazione e dell’educazione dei figli, con

la conseguenza che gli altri interessi e le altre occupazioni cadono, mentre la vita del marito

semplicemente continua, senza rinunce. Poiché questo modello, in cui la moglie è dipendente

e subordinata prima al padre e poi al marito si realizza nel patriarcato, Elisabetta Rasy

descrive questa società patriarcale come un “padre simbolico: la legge, e dunque la letteratura,

il linguaggio, l’istituzione, una lotta che non consentiva nozze rasserenanti, ma sfociava nel

parricidio o in un ambiguo compromesso”25

. Come le figlie obbediscono al padre, così le

mogli devono piegarsi all’autorità della società patriarcale. Nella letteratura classica, da un

lato le donne vengono spesso rappresentate come donne forti o eroine, come la Medea o

l’Antigone, ma dall’altro lato sono rappresentate come valori positivi i tratti della donna

tradizionale, come la subordinazione e il sacrificio della maternità. Solo a partire dal momento

in cui le donne ottengono la possibilità di riflettere sulla loro condizione e di esternare le

proprie idee in un’ottica di emancipazione, queste caratteristiche non vengono più dipinte solo

in termini positivi nella letteratura, il che succede soprattutto a partire dell’Ottocento.

24

Renée Baernstein, Sposa, figlia, sorella e vecchia matre. Invecchiare donna in età moderna, tra demografia e

cultura, in “Storia delle donne”, n. 2, Firenze, Firenze University Press, 2006, pp. 213-230, p. 213. 25

Elisabetta Rasy, Le donne e la letteratura, cit., p. 61.

17

Durante il Risorgimento, ossia prima del 1815, la situazione femminile in Italia è

disastrosa a causa dell’analfabetismo che colpisce più che altro le donne, ma in generale tutto

il secolo è segnato dalla discriminazione della donna e dall’ineguaglianza sessuale.

Nonostante questa discriminazione, già a partire dal Settecento le donne cominciano ad

interessarsi alla condizione femminile e a credere nella possibilità di cambiamento. È

soprattutto durante la rivoluzione inglese (1642-1660) e quella francese (1789), che la

questione femminile fa la sua comparsa. Si dovrà tuttavia aspettare ancora un secolo, con lo

sviluppo della società industriale, per incontrare i primi movimenti femministi che lottano per

l’emancipazione della donna. Durante l’Ottocento, cioè in epoca industriale, la posizione

sociale della donna comincia a fare progressi e le donne iniziano a giocare un ruolo più attivo

nella società. Grazie all’industrializzazione il tenore di vita dei borghesi migliora, ed è proprio

in questo ambiente che nascono i primi movimenti di emancipazione di tale classe sociale che

è più in contatto con la letteratura e la scrittura, e quindi con l’attualità dell’epoca. I paesi

anglosassoni sono i precursori sul piano dell’emancipazione femminile poiché in queste aeree

le donne dispongono di una maggiore autonomia nella vita domestica e hanno persino la

possibilità di dedicarsi alla scrittura e di esprimere “in modo esplicito la loro identità

femminile”26

. La situazione in Italia rimane dunque per un lungo tempo indietro rispetto a

quella dell’Inghilterra.

La Grande Guerra scatena un grande cambiamento rispetto alla coscienza femminile

poiché le donne che sostituiscono gli uomini – in quel momento al fronte – nei posti di lavoro

diventano coscienti della loro capacità e della possibilità di indipendenza economica. Dopo la

guerra la maggior parte delle donne non vuole abbandonare questa libertà appena conquistata:

La guerra per necessità infrange le barriere che dividevano rigidamente i lavori

maschili da quelli femminili, precludendo alle donne molte professioni di livello

superiore.27

Durante la seconda guerra mondiale la situazione si ripete. Le donne sono

importantissime per i movimenti della Resistenza e dopo la guerra, durante la quale hanno

scoperto la propria capacità e i propri valori, non vogliono più essere rinchiuse in casa. Questo

atteggiamento comporta la nascita di una moltitudine di movimenti femministi. Nel 1946 ha

inizio un nuovo periodo importante per le donne italiane, grazie al riconoscimento dei diritti

26

Giulio Ferroni, Letteratura italiana contemporanea: 1945-2007, Milano, Mondadori, 2007, p. 160. 27

Françoise Thébaud, La Grande Guerra, in “Storia delle donne”, vol. V.: Il Novecento, a cura di Françoise

Thébaud, Roma-Bari, Laterza, 2003, p. 45.

18

politici, ma l’Italia è comunque di nuovo in ritardo rispetto ad alcuni altri paesi come ad

esempio l’Inghilterra dove “la donna gode della piena capacità giuridica in materia di contratti

e di beni”28

già a partire dal 1870. È soprattutto negli anni Sessanta però, con il baby boom,

che i grandi movimenti di emancipazione femminile nascono e si estendono in Italia.

Nonostante il ritardo storico complessivo dell’Italia rispetto all’Inghilterra, la Aleramo è

comunque in anticipo poiché il romanzo Una donna risale al 1901. La maggior parte dei testi

femministi inglesi, come A room of one’s own e Three Guineas di Virginia Woolf risalgono

agli anni Venti e Trenta. Negli anni Settanta la concezione del matrimonio cambia,

modificando l’idea del marito come capofamiglia e cancellando la concezione di una

relazione impari tra i coniugi. La relazione paritaria guadagna terreno e l’uguaglianza della

donna si afferma, cosicché il ruolo della donna non è più soltanto ristretto alla maternità e al

governo di casa, ma si estende anche a ruoli nuovi. Nel 1970, Carla Lonzi scrive un manifesto

del movimento femminista pubblicato in “Rivolta Femminile”:

1. La donna non va definita in rapporto all’uomo. Su questa coscienza si fondano

tanto la nostra lotta quanto la nostra libertà. L’uomo non è il modello a cui adeguare

il processo di scoperta di sé da parte della donna. La donna è altro rispetto all’uomo.

L’uomo è altro rispetto alla donna.

2. Nel matrimonio la donna, privata del suo nome, perde la sua identità significando il

passaggio di proprietà che è avvenuto tra il padre di lei e il marito.

3. Riconosciamo nel matrimonio l’istituzione che ha subordinato la donna al destino

maschile. Siamo contro il matrimonio.29

Con questo manifesto viene messo in crisi l’equilibrio sociale e politico precedente e

dimostra come le donne stanno finalmente rivendicando la loro posizione nella società.

2.1.3 La letteratura femminile in Italia

Già a partire dall’Ottocento le donne assumono il ruolo di scrittrici e le prime opere

che scrivono, come nel caso della Aleramo, riguardano storie personali di vita. Le prime

scrittrici provengono soprattutto dall’Inghilterra, come Jane Austen, le sorelle Brontë e

28

Annie Goldmann, Le donne entrano in scena, Firenze, Giunti, 1996, p. 77. 29

Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale, Milano, Rivolta Femminile, 1974.

19

Virginia Woolf. In Italia invece la letteratura femminile comincia a svilupparsi più tardi a

causa di un’evoluzione ritardata della situazione economica e politica. Elisabetta Rasy spiega

che, quando le donne italiane cominciano finalmente la loro via verso l’emancipazione nella

prima metà del Novecento, “il fascismo reprimerà l’autonomia delle donne e imporrà la sua

mistica della femminilità, la sua idea della donna madre e moglie del soldato”30

. Il fascismo è

un regime fortemente maschilista che sviluppa un approccio repressivo basandosi sulla

differenza tra i sessi e inoltre, “l’emancipazione femminile veniva denunciata come un

prodotto dell’influenza ebrea”31

poiché le donne ebree sono molto impegnate e coinvolte in

questa lotta.

Camilla Ravera32

spiega che le donne italiane sono troppo legate alla religione

cattolica che considera la donna come una tentatrice, come una nemica. Per evitare di essere

considerata come un essere ostile, l’unica possibilità per la donna è la sottomissione all’uomo.

Inoltre, sono soprattutto le donne del Sud che soffrono dell’oppressione del sistema

tradizionale a causa del carattere più religioso di queste regioni. Oltre a ciò, il Sud è più

conservatore per quel che riguarda l’organizzazione della società, e vede la presenza di un

rigido modello patriarcale.

Il genere letterario più sperimentato dalle scrittrici nell’Ottocento è l’autobiografia,

come nel caso di Una donna. Tuttavia le autrici subiscono il pregiudizio legato al fatto di

essere donne e sono spesso costrette ad usare pseudonimi. Da un lato gli pseudonimi sono

dunque necessari poiché i libri firmati da una donna hanno un successo diverso in termini di

mercato, poiché il pubblico maschile non acquista libri scritti da donne. Dall’altro lato, le

donne sono costrette ad utilizzare pseudonimi perché altrimenti sarebbero accusate di non

occuparsi dei propri doveri di madri a causa del tempo che dedicano alla scrittura. Le donne

vengono condannate moralmente quando scrivono, perché si ritiene che stiano abbandonando

la loro “professione” di madre:

Quando un uomo diventa scrittore, per lui con ogni probabilità si tratta solo di

cambiare mestiere. Occupa una parte di quel tempo che fino allora ha dedicato ad

altri studi o interessi [...] e un altro commerciante o avvocato o medico prende il suo

posto vuoto e probabilmente lo fa altrettanto bene. Ma nessun altro può assumersi i

tranquilli, metodici doveri della figlia, della moglie o della madre [...] a una donna

30

Elisabetta Rasy, Le donne e la letteratura, cit., p. 136. 31

Gisela Bock, Il nazionalsocialismo, in “Storia delle donne”, vol. 5.: Il Novecento, a cura di Françoise

Thébaud, Roma-Bari, Laterza, 2003, p. 177. 32

Camilla Ravera, Breve storia del movimento femminile, Roma, Editori Riuniti, 1978.

20

non è consentito di scegliere la sua attività principale nella vita; né ella può rifiutare i

compiti domestici che le toccano come individuo, per sviluppare ed esercitare i suoi

talenti, per quanto splendidi essi siano.33

Prima del Risorgimento le donne hanno scarsa occasione di affermarsi sul piano

sociale o di partecipare attivamente alla vita letteraria nazionale, ma durante il periodo del

Risorgimento escono della loro posizione passiva e cominciano a dedicarsi alla scrittura.

Cristina di Belgioioso (1808-1871) è una delle prime scrittrici che propaga le sue idee sulla

situazione delle donna, benché non venga ancora considerata come la prima femminista

italiana. Questo ruolo invece viene attribuito a Anna Maria Mozzoni (1837-1920) e alla

Aleramo.

È importante notare che esistono anche scrittrici antifemministe, come Neera, che è lo

pseudonimo di Anna Radius Zuccari (1846-1918). Neera sostiene l’idea dell’importanza dei

compiti materni nella vita di una donna, considerando questi doveri di madre come la

missione femminile più importante:

Una donna che accanto alla famiglia debba dedicarsi anche ad un “lavoro pubblico”,

finisce per essere vittima consenziente di una nuova forma di oppressione e non

migliora né la sua condizione né quella dei suoi familiari. [...] affrontando anche

compiti che “spettano all’uomo”, la donna si trova a dover affrontare nuovi e difficili

problemi, senza risolvere quelli che tradizionalmente e naturalmente le spettano.34

Con questa opinione, Neera contraddice l’argomento più importante

dell’emancipazione femminile ovvero il fatto che le donne debbano essere considerate al di

fuori dal loro ruolo di madri.

L’importanza dell’Ottocento per lo sviluppo delle idee femministe e della letteratura

femminile è anche dovuta alla nascita di grandi case editrici. L’Ottocento è stato quindi un

periodo importante per la diffusione e lo sviluppo della letteratura femminile.

2.2 Prototipi femminili

Poichè il nostro studio tratta dei prototipi femminili in Una donna, è necessario

definire in modo generale che cosa si intende con prototipo. Prima di tutto, i prototipi sono

33

Elizabeth Gaskell, An Accursed Race, in Elisabetta Rasy, Le donne e la letteratura, cit., p. 66. 34

AA.VV., Scrittrici italiane del primo Novecento, Bolzano, Servizio donna, 2000.

21

strettamente legati al concetto degli stereotipi. Secondo Cantor e Mischel35

, i prototipi

possono essere descritti come “ideal, well-structured, and stable abstract representations of

particular personality types.” McCauley, Stitt and Segal definiscono invece gli stereotipi come

generalizzazioni “about a class of people that distinguish that class from others”36

. Un

prototipo è dunque un modello stereotipato e generalizzato che illustra le qualità tipiche di

una classe. Poiché la nostra analisi si concentra sui modelli femminili, diamo un’occhiata ai

prototipi delle donne. Jessie Bernard37

ha notato che storicamente in letteratura, le donne

vengono rappresentate principalmente come donne malvagie, fatali o come madonne

asessuate. La nostra tesi si concentrerà invece su una suddivisione più attuale, cioè quella di

DeWall, Altermatt e Thompson38

, che si sono basate sullo studio di Deaux, Winton, Crowley

e Lewis39

. Questo studio ha dimostrato che nell’immaginario collettivo, in riferimento agli

stereotipi femminili, esistono tre grandi sottogruppi: “homemaker”, “professional” e “sex

object”, ossia la casalinga, la professionista e l’oggetto sessuale. Dopo l’analisi di questa

suddivisione, Altermatt, DeWall e Leskinen40

hanno trovato che i tre sottogruppi possono

essere distinti l’uno dall’altro basandosi su due funzioni, cioè l’agentività, ossia “agency”, e la

virtù. Con la prima funzione, Altermatt, DeWall e Leskinen intendono soprattutto la capacità

e la competenza e indicano la facoltà di adattarsi o di prosperare in situazioni difficili; la

seconda funzione riguarda sia la virtù morale che sessuale. Dalla professionista ci si aspetta

che abbia un atteggiamento intraprendente, ossia un grado alto di agentività, contrariamente

all’oggetto sessuale, mentre quanto alla virtù si suppone che la casalinga abbia un’indole

virtuosa, contrariamente all’oggetto sessuale e alla professionista, che sarebbero meno

virtuose.

La definizione degli stereotipi va vista in rapporto al patriarcato poiché gli stereotipi

femminili sono basati sul punto di vista maschile. Anche Glick e Fiske41

sottolineano, nella

loro teoria del “paternalistic prejudice”, che gli stereotipi femminili sono capaci di mantenere

35

Nancy Cantor & Walter Mischel, Traits as prototypes: Effects on recognition memory, in “Journal of

Personality and Social Psychology”, n. 35, 1977, pp. 38-48. 36

Clark McCauley, Christopher L. Stitt & Mary Segal, Stereotyping: From prejudice to prediction, in

“Psychological Bulletin”, n. 87, 1980, pp. 195-208, p. 197. 37

Jessie Bernard, The sex game, New York, Atheneum, 1972. 38

Nathan DeWall, William Altermatt & Heather Thompson, Understanding the Structure of Stereotypes of

Women: Virtue and Agency as Dimensions Distinguishing Female Subgroups, in “Psychology of Women

Quarterly”, vol. 29, n. 4, 2005, pp. 396-405. 39

Kay Deaux, Ward Winton, Maureen Crowley & Laurie L. Lewis, Level of categorization and content of

gender stereotypes, in “Social Cognition”, vol. 3, n.2, 1985, pp. 145-167. 40

William Altermatt, Nathan DeWall & Emily Leskinen, Agency and virtue: Dimensions of female stereotypes,

in “Sex Roles”, n. 49, 2003, pp. 631-641. 41

Peter Glick, & Susan Fiske, An ambivalent alliance: Hostile and benevolent sexism as complementary

justifications for gender inequality, in “American Psychologist”, n. 56, 2001, pp. 109-118.

22

differenze di stato tra gli uomini e le donne basate su pregiudizi legati al sesso. La donna

virtuosa, che viene giudicata in modo molto positivo nella società patriarcale, ha comunque

un grado più basso di agentività e possiede dunque meno forza effettiva in modo tale da non

compromettere l’autorità degli uomini. In questo modo le professioniste, che dispongono di

un alto grado di agentività, sono meno apprezzate in una società tradizionale e patriarcale

perché sono una minaccia per il potere degli uomini. Al contrario membri di un gruppo

stereotipato con basso grado di competenza e potere secondo il modello paternalista, come ad

esempio la casalinga, non hanno la possibilità di accedere a ruoli di alto prestigio,

restringendo dunque il loro accesso a risorse economiche o politiche. Nel caso della casalinga

la combinazione della virtù e dell’inerzia politica e economica è quindi apprezzata in una

società patriarcale. Le professioniste al contrario minacciano direttamente lo stato degli

uomini attraverso la loro competizione per risorse economiche e anche la seduttrice potrebbe

essere vista come un tipo di donna influente grazie alla capacità che possiede di manipolare

gli uomini, una caratteristica stereotipicamente assente ad esempio nella casalinga.

In questo contesto anche le femministe costituiscono una minaccia perché cercano

condizioni uguali per gli uomini e le donne. Per questa ragione, oltre alle categorie della

classificazione di Deaux, Winton, Crowley e Lewis, nella loro indagine DeWall, Altermatt e

Thompson42

comprendono un quarto sottogruppo, che è quello della femminista. L’analisi ha

rivelato che la professionista viene spesso associata ai tratti seguenti: ambiziosa, educata,

concentrata sul proprio scopo, indipendente, intelligente, sicura di sé e risoluta. La femminista

rivela delle caratteristiche simili alla professionista poiché ha un analogo grado di agentività

ma dispone di tratti ancora più precisi: crede nell’uguaglianza, è progressista, è impegnata

politicamente e viene spesso considerata come ribelle. Alla casalinga vengono attribuite le

caratteristiche seguenti: attenta, dipendente, affezionata alla famiglia, fedele, gentile, materna

e sensibile. È necessario notare che, in questo studio, il sottogruppo della casalinga illustra

chiaramente lo stereotipo paternalista, come Glick e Fiske hanno già dimostrato, vale a dire

che ha scarsi competenze e poteri, ma dispone di un alto grado di virtù. L’oggetto sessuale, al

contrario è ritenuta bella, civettuola, promiscua, intrigante e seducente. L’indagine ha

dimostrato che due aspetti del sottogruppo dell’oggetto sessuale, vale a dire la bellezza e la

seduzione, vengono valutati in maniera differente e potrebbero quindi costituire una nuova

suddivisione. La bellezza sarebbe infatti una caratteristica piuttosto passiva, mentre la

capacità di seduzione propria della “donna fatale” assumerebbe un valore più attivo e

42

Nathan DeWall, William Altermatt & Heather Thompson, Understanding the Structure of Stereotypes of

Women: Virtue and Agency as Dimensions Distinguishing Female Subgroups, cit., pp. 396-405.

23

influente nei confronti degli uomini. L’agentività della seduttrice è quindi più elevata rispetto

a quella della donna bella, ma la sua virtù sembra ridotta al minimo. Questa concezione

potrebbe portare a un’interpretazione diversa della differenza tra la bella e la seduttrice, vale a

dire che la bella è la donna che viene amata senza che lei si sforzi nell’azione, mentre la

“donna fatale” ama attivamente e prende l’iniziativa. Questi due aspetti possono comunque

coesistere nella stessa donna, benché l’una proprietà non implica necessariamente l’altra.

Inoltre, la passività dell’oggetto sessuale può facilmente condurre alla violenza e all’abuso

dalla parte degli uomini. DeWall, Altermatt e Thompson hanno comunque scelto di integrare i

due sottogruppi nello stesso unico gruppo dell’oggetto sessuale.

Nel capitolo 2.1.1 abbiamo spiegato che la Bibbia ha dato luogo a due modelli di

donne, basati su Maria da un lato e su Eva dall’altra. L’immagine della casalinga tradizionale

potrebbe provenire dal modello biblico di Maria, la quale viene descritta come l’incarnazione

della bontà e della protezione. Abbiamo visto che le caratteristiche principali della casalinga

sono infatti la cura e la protezione. Inoltre, Maria e la casalinga incarnano ambedue il

massimo della virtù. Eva al contrario è una peccatrice che si è lasciata sedurre e in questo

modo si avvicina al modello dell’oggetto sessuale di DeWall, Altermatt e Thompson.

2.2.1 Il prototipo della donna perduta

Dana Crowley Jack è una psicologa la cui aree di studio sono focalizzate sulla

depressione e sull’ira che si sviluppano nelle donne a causa del problema del genere. Nel suo

libro intitolato Silencing the self, la Crowley Jack43

discute le ragioni per cui le donne

sensibili rischiano di perdere se stesse nelle relazioni di coppia e soprattutto matrimoniali.

Prima di tutto Crowley Jack spiega che la depressione, spesso causata dalla perdita della

propria identità nel matrimonio, coincide con la perdita della propria voce nel rapporto

sentimentale, poiché l’espressione dei sentimenti e dei pensieri è una parte essenziale della

creazione di un “io” autentico. L’offuscamento dell’identità è dunque in maggior parte

generato dallo stacco tra la rappresentazione del sé verso l’esterno e l’esperienza interiore,

ossia i sentimenti profondi. Un’altra causa di questa privazione di identità viene determinata

dalla società patriarcale in cui l’uomo è economicamente obbligato a sostenere la famiglia

mentre la donna ha la funzione di fornire un “servizio”, sotto la forma del governo della casa.

43

Dana Crowley Jack, Silencing the Self, Cambridge, Harvard University Press, 1991.

24

Molte donne trovano l’esempio di tale relazione sbilanciata nel matrimonio dei propri

genitori, nei quali la madre si assume la cura dei bambini, senza lamentarsi, e il padre esercita

la propria autorità sociale e economica. In questo modello il marito ha il diritto di controllare

la famiglia e ha una posizione dominante nella relazione di coppia in contrasto con il ruolo

subordinato della donna che pone i bisogni altrui come propria occupazione principale. Ciò

causa la conseguente perdita dell’“io” della donna che deve rinnegare aspetti fondamentali

della propria personalità. Jack osserva nelle sue conversazioni con donne affette da

depressione che queste mettono la famiglia in primo piano, prima di se stesse, per non

ascoltare i propri bisogni o sentimenti. In altre parole, le donne perdono se stesse nel

matrimonio quando tentano di adattarsi ad un’immagine fornita dalla società maschile e

negano i loro sentimenti per paura di essere “sbagliate” rispetto al modello che pensano di

dover rispettare e perché dubitano della legittimità del proprio punto di vista. Il marito ha

dopo tutto la forza della società dietro di sé, mentre la donna si trova a confrontarsi con una

cultura dominante che è maschile.

Inoltre, in una relazione non paritaria, la persona dominante ha maggiore libertà di

esprimere i propri sentimenti negativi rispetto a quella subordinata. Jack spiega che per le

donne il dialogo è essenziale per l’esperienza di connessione con il marito, mentre i tentativi

delle donne di far sentire la propria voce spesso hanno come esito un isolamento ulteriore o la

violenza, visto che le donne sono a volte ridotte al silenzio da un compagno che abusa di loro.

Per di più, nelle conversazioni intime, l’uomo non espone i propri sentimenti o

pensieri mentre la donna, che si sente insicura, tenta di consolidare la relazione attraverso

delle domande. La mancata risposta del marito causa ansia nella moglie, che ha paura di

perderlo. In altre parole il silenzio del marito e il fatto che egli non esprima i propri pensieri

causa nella moglie l’impressione di non essere più amata e la paura dell’abbandono da parte

del marito. Secondo la Crowley Jack, la più importante conseguenza del silenzio forzato della

donna è la “covert rebellion”44

. A causa dell’impossibilità di esprimersi liberamente e

apertamente, la donna comincia a ribellarsi all’interno della propria psiche, anche se questa

ribellione non viene ancora percepita nel suo comportamento. La ribellione coperta implica

un’opposizione tra un’apparente armonia esterna e una vendetta covata nell’intimo, dove la

donna medita di abbandonare il marito, presupponendo che lui non la ami più. La distanza tra

l’intenzione e l’esecuzione della vendetta è purtroppo grandissima e spesso la donna non trova

la forza d’animo di lasciare il marito.

44

Dana Crowley Jack, Silencing the Self, cit., p. 49.

25

3. Una donna, un libro di prototipi femminili

3.1 Sibilla Aleramo e i prototipi femminili

Nella persona della Aleramo si riuniscono una serie di prototipi femminili che

determinano da un lato le esperienze e le emozioni di questa donna e dall’altro la sua

evoluzione come persona e come femminista. L’analisi del romanzo Una donna si basa sulla

classificazione dei prototipi femminili definiti da DeWall, Altermatt e Thompson, cioè la

casalinga, la professionista, la femminista e l’oggetto sessuale. Il sottogruppo della casalinga,

ossia la donna tradizionale, viene diviso da un lato nel prototipo della donna sposata e

dall’altro nel modello della donna madre. Il primo prototipo analizzato in relazione al libro è

quello della casalinga, in primo luogo come sposa e in seguito come madre. Come i soggetti

della Crowley Jack, Sibilla è infatti un chiaro esempio di donna che ha perso la propria voce e

la propria identità nel modello patriarcale del matrimonio, come sopra descritto, e che cerca di

reagire a una condizione di subalternità che, con il tempo, diventa sempre più intollerabile.

In secondo luogo, la tesi esaminerà il prototipo dell’oggetto sessuale, ossia come la

protagonista venga vista e trattata dal mondo maschile come oggetto del desiderio;

successivamente, e per concludere l’analisi dei prototipi, si rivolgerà l’attenzione ai modelli

della femminista e della professionista. Si segnala sin da subito che questi due ultimi modelli,

nel caso di Sibilla, quasi coincidono, poiché Sibilla lavora come scrittrice femminista. Gli

scopi professionali di Sibilla dipendono dunque interamente da quelli ideologici e sia la

professionista che la femminista hanno lo stesso atteggiamento attivo all’interno della società.

La sua professione di scrittrice femminista, così come l’atto dello scrivere in generale,

determina più di ogni altro l’intenzione di ritrovare una identità che sembra perduta e di

cambiare la condizione sia personale che delle donne in generale.

3.2 La casalinga

3.2.1 La sposa

Come già ricordato, in Silencing the self 45

la Crowley Jack spiega che le donne sono

spinte alla perdita di se stesse e della propria voce da alcuni fattori essenziali. Uno dei fattori

più importanti per l’annientamento dell’identità femminile è il modello patriarcale della

45

Dana Crowley Jack, Silencing the Self, cit.,

26

società in cui le donne vivono. La relazione dei genitori di Sibilla è costituita secondo il

modello tradizionale che attribuisce alla moglie un ruolo passivo e subordinato, mentre il

padre è la figura più forte che esercita il proprio controllo sulle sostanze della famiglia poiché

la madre non lavora. Sibilla afferma nel romanzo che “tutta l’idea d’autorità si concentrava

nella persona paterna”46

e sin da piccola sente il ruolo superiore e l’atteggiamento autorevole

del padre come naturale. A tal proposito è esemplare il fatto che la giovane Sibilla affermi

esplicitamente che “nessuno gli somigliava: egli sapeva tutto e aveva sempre ragione”47

, in

contrasto con la madre, la cui voce non veniva ascoltata da nessuno. Il matrimonio dei

genitori è un esempio chiaro di una relazione non paritaria nella quale, come afferma Crowley

Jack, la persona dominante, cioè il padre, gode di libertà di espressione poiché la sua autorità

viene sostenuta dalla società maschile. Il padre di Sibilla ha la possibilità di esprimere

apertamente la propria rabbia, non si preoccupa di comprendere sua moglie e la impone

perfino di cessare le sue pratiche religiose, costringendola a negare la propria identità. La

madre al contrario, quando il marito esprime la propria rabbia, non replica mai e si sente

umiliata. Questo fatto viene spiegato e attribuito da Sibilla all’indole della madre che non è

incline alla rabbia, ma piuttosto alla dolcezza. Questo comportamento dimostra chiaramente

che la madre è un esempio del prototipo della casalinga come viene descritta da DeWall,

Altermatt e Thompson48

. Ha dunque un alto grado di virtù, ma un basso grado di competenza

e potere e non intraprende mai un’azione. La madre non ha nessuna autorità e l’unica cosa che

può fare è dare ascolto al marito.

Il matrimonio cambia radicalmente l’immagine che Sibilla ha degli uomini. Durante la

fanciullezza, Sibilla sente una predilezione per l’autorità maschile del padre, però

quest’attrazione verso la figura maschile autorevole viene rovesciata quando si sposa. Prima

di tutto Sibilla scopre la debolezza del padre, che fino a questo momento le era parso perfetto.

Il padre, che è amareggiato e frustrato per l’ignoranza della popolazione locale, diviene

sempre più intollerante nei confronti degli altri, compresa la sua figlia preferita, e frequenta

l’amante per riceverne conforto.

Inoltre Sibilla viene oppressa dal giogo di un marito autoritario, che la priva della sua

precedente libertà e questo comportamento provoca in Sibilla un’avversione verso la figura

maschile dominante. Anche il loro matrimonio segue dunque il modello patriarcale, così come

quello dei genitori. La società si aspetta che Sibilla sia riconoscente verso il marito per il

46

Sibilla Aleramo, Una donna, cit., p. 3. 47

Ibidem., pp. 1-2. 48

Nathan DeWall, William Altermatt & Heather Thompson, Understanding the Structure of Stereotypes of

Women: Virtue and Agency as Dimensions Distinguishing Female Subgroups, cit., pp. 396-405.

27

sostegno economico e per l’abitazione mentre il matrimonio dà all’uomo più dignità poiché è

riuscito a “conquistare” la donna. Il fatto che Sibilla viva nella casa dei suoceri, e il fatto di

dipendere interamente dal marito, fa sì che essa perda già in gran parte la propria possibilità di

autodeterminazione. Inoltre, anche i suoceri sostengono il modello tradizionale e patriarcale

del matrimonio, ancora più arcaico di quello dei genitori di Sibilla. Nell’oppressione della

moglie, il marito dispone del sostegno della società maschile, il che rende Sibilla ancora più

fragile. Sibilla si trova dunque chiaramente in una relazione di forza, analoga a quella dei

genitori e dei suoceri, poiché si deve piegare quasi completamente al volere del marito.

Questo fatto genera in lei ripugnanza verso il marito. Sibilla vuole essere desiderata ma il

marito non corrisponde ai suoi desideri, non tiene conto dei suoi sentimenti e si comporta

perfino in modo irrispettoso verso di lei, ingiurandola e malmenandola. Egli ha maggiore

libertà di espressione nei confronti di Sibilla, la quale perde la propria libertà sia verbale che

fisica, visto che il marito le impedisce di uscire da casa, rinchiudendola perfino nella sua

stanza con il figlio. Sibilla è trasformata da una fanciulla libera e loquace in una giovane

sposa subordinata, completamente dipendente dal marito e dai suoceri.

È interessante notare che la relazione di forza comincia già prima del matrimonio, con

lo stupro subito da Sibilla da parte del futuro marito. Il fatto che la famiglia accetti di dare in

matrimonio la figlia a un uomo violento dimostra che la violenza contro le donne è

socialmente tollerata, il che rafforza ancora di più il dominio del marito. Questo principio non

è soltanto un fenomeno legato all’Italia dell’Ottocento ma è già presente in epoche antiche.

Nel suo libro Ars Amatoria in cui discute l’arte dell’amare, Ovidio descrive questo

atteggiamento come “vis grata puellae”49

, vale a dire “la violenza è gradita alla fanciulla”.

Questa espressione implica quindi che nella seduzione la fanciulla deve subire l’agressione

sessuale dell’uomo in un modo passivo, arrendendosi interamente. La relazione basata

sull’abuso sessuale tra Sibilla e il marito fa pensare anche alla fiaba della Bella e la Bestia,

scritta da Jeanne-Marie Leprince de Beaumont e pubblicata nel 1756, nella quale la Bestia si

impossessa della Bella. La grande differenza tra la situazione di Sibilla e quella di Bella è che,

nella fiaba, il padre rifiuta di dare la figlia alla Bestia mentre il padre di Sibilla consegna la

figlia al “cattivo”. Si può dunque concludere che nel caso di Sibilla, l’istituto del matrimonio

è più importante della difesa e del benessere della figlia. La Aleramo si deve quindi non solo

difendere dalla società che accetta la violenza maschile, ma anche contro la propria decisione

di sposare il “cattivo”.

49

Ovidio, Ars amatoria, Liber I, l., pp. 673-674.

28

Nel matrimonio è impossibile svilupparsi o conservare la propria volontà poiché

Sibilla è completamente sottomessa a quella del marito. Elisabetta Rasy afferma che il silenzo

femminile “ha origine nel momento stesso in cui nasce la società e, con la società, il

matrimonio”50

. Durante il matrimonio, Sibilla considera il mondo come un carcere in cui non

è capace di trovare uno scopo per la sua esistenza. In realtà non è il mondo che è un carcere,

ma è la relazione imposta dal modello maschile, ossia la relazione di forza con il suo

compagno, a tenerla in catene. E come la madre, che non riusciva a continuare a vivere in una

relazione basata sull’ineguaglianza e sulla perdita dell’identità femminile, Sibilla sceglie di

abbandonare completamente la propria individualità ricorrendo al suicidio.

Quanto al matrimonio come base della famiglia, è interessante notare che le due

famiglie, vale a dire quella di Sibilla e quella del marito, rappresentano ognuno un lato

dell’Italia alla fine dell’Ottocento, rispettivamente il Nord e il Sud. La famiglia di Sibilla

rappresenta le regioni settentrionali in piena espansione industriale in cui i giovani hanno la

possibilità di studiare, mentre la famiglia del marito rappresenta la classe più è conservatrice.

A causa dello spostamento della famiglia di Sibilla verso il Sud, la discrepanza tra le classe

sociali viene illustrata attraverso le differenze tra le due famiglie. “A questo punto la Aleramo

ha passato il confine fra romanzo autobiografico e romanzo sociale, ha condotto il lettore dal

microcosmo della protagonista al macrocosmo di un paese d’Europa così pieno di

contraddizioni”51

. A partire dalle strutture familiare, la Aleramo ha elaborato quindi le sue

teorie sulle classi sociali.

3.2.2 La donna madre, un rapporto problematico

La società patriarcale ha precise aspettative rispetto alla donna come madre, ma si

tratta di un ruolo che non si addice alla personalità di Sibilla che non vi si riconosce, così

come non riesce a rispettare il ruolo femminile tradizionale di moglie. Dopo la nascita del

figlio Sibilla sviluppa un rapporto problematico con il fatto di essere madre. Innanzi tutto

Sibilla è già stata incinta di un altro figlio però ha avuto un aborto naturale, fallendo così in un

certo modo come donna-madre poiché non è riuscita a mettere al mondo il bambino. Oltre a

ciò Sibilla è consapevole del fatto che “la madre non s’integrava nella donna”52

a causa di due

sentimenti profondi che entrano in contrasto: la felicità per il bambino da un lato, e lo

50

Elisabetta Rasy, Le donne e la letteratura, cit., p. 24. 51

Maria Corti, Prefazione, cit., p. XII. 52

Sibilla Aleramo, Una donna, cit., p. 51.

29

sconforto e il dolore per il sacrificio che la maternità porta con sé dall’altro lato. Il sentimento

materno viene profondamente messo alla prova quando non ha più latte per il bambino e deve

farsi sostituire nell’allattamento da una balia. Sembra che Sibilla non sia adeguata come

madre perché non riesce nel compito materno. Inoltre, quando il figlio è più grande e un po’

più autonomo, Sibilla lo lascia spesso da solo senza giochi o intrattenimenti, per occuparsi

delle proprie attività, il che mostra che non è disposta ad un sacrificio totale, ma è ancora

molto concentrata sui propri interessi. In alcuni momenti Sibilla riesce tuttavia a sentirsi

completamente presa dal ruolo di madre, ad esempio quando il piccolo è ammalato, e lei si

sente piena di istinto materno e si prende cura del figlio. In questo momento il desiderio di

rivendicare l’identità femminile, che per Sibilla è opposta al sentimento materno, sembra

interamente sparito:

Il mio ideale di perfezionamento interiore crollava dinanzi alla realtà di questo fatto:

una cosa sola, ora come tre anni prima, era realmente viva in me, viva e formidabile:

il legame della maternità.53

Malgrado queste sensazioni materne, Sibilla continua a considerare il suo compito di

madre come un giogo e intenzionalmente diserta questo ruolo per due volte. Prima di tutto il

tentato suicidio rivela che Sibilla sarebbe disposta all’abbandono totale del figlio, però questo

tentativo non le riesce. In secondo luogo, dopo una lunga lotta interna, la Aleramo decide di

lasciare il bambino, abbandonando così interamente il ruolo di madre e scegliendo per la sua

natura femminile e di donna. Sibilla ha provato a integrare la maternità nella propria

personalità ma non ci è riuscita perché la maternità significa per lei un sacrificio estremo:

Mancava a me la volontà continua della vera educatrice, [...] non potevo assorbirmi

intera nella considerazione dei suoi bisogni, prevenirli, soddisfarli. [...] che miserabile

ero dunque se non riuscivo, una volta accettato il sacrificio della mia individualità, a

dimenticare me stessa, a riportare integre le mie energie su quella individualità che

mi si formava a lato?54

Sibilla non è capace di dimenticare del tutto la propria identità e per questa ragione

non si considera degna di essere madre. Inoltre, secondo la Lajolo, il matrimonio è un

“legame deludente e costrittivo, da cui è derivata l’accettazione della maternità come

53

Sibilla Aleramo, Una donna, cit., p. 111. 54

Ibidem., p. 143.

30

compensazione di tutto ciò a cui lei, come donna, doveva rinunciare”55

. La maternità

corrisponde dunque per Sibilla ad una sostituzione delle cose che le mancano, verso la quale

può deviare la sua attenzione ma alla fine decide che questa sostituzione non la soddisfa, che

non è più disposta a rinunciare ai propri interessi. La sua vita consiste in un continuo conflitto

tra la propria individualità, che lei vuole rivendicare, e il sacrificio totale per l’amore per il

figlio.

I discorsi sulla mancanza del sentimento materno fanno presagire il finale in cui

Sibilla rifiuta l’ulteriore annientamento della propria personalità e sceglie risolutamente per

l’abbandono della famiglia e dunque del sacrificio. Alla fine sappiamo che il romanzo è

dedicato al figlio di Sibilla, che l’ha scritto “per lui”56

come per compensarlo per

l’abbandono. Barbara Spackman57

osserva che questa dedica è ancora una sorta di sacrificio,

poiché Sibilla non ha scritto per se stessa, ma per il figlio. Sibilla desidera di poter decidere

della propria sorte, però alla fine, non ci riesce e lascia ancora che il figlio influisca sulle sue

azioni, proseguendo così nel sacrificio.

3.2.3 La donna perduta

Nel capitolo introduttivo al volume Selvagge e Angeliche. Personaggi femminili della

tradizione letteraria italiana, Tatiana Crivelli58

individua nella letteratura italiana cinque tipi

di rappresentazioni di donne. Prima di tutto vengono distinte le figure femminili che sono

prive di voce e di identità, in secondo luogo le donne la cui alterità è misteriosa, poi sono

prese in considerazione le donne desiderate e sfuggenti, così come le figure femminili

metafisiche redentrici e infine, le donne i cui corpi sono oggetti, sacrifici, merci e modelli. In

Una donna, Sibilla Aleramo appartiene senza dubbio al primo gruppo, ossia le donne che

hanno perso la propria voce e identità. Questo tipo di donne corrisponde a quello descritto da

Dana Crowley Jack rispetto al quale, come detto, l’atteggiamento di Sibilla segue l’esempio

della propria madre che nella relazione con il padre non pensa a se stessa, né esprime la

propria voce. Come i soggetti analizzati dalla Crowley Jack, sia Sibilla che la madre si

sentano soffocate nel matrimonio e arrivano a negare la propria personalità per compiacere il

55

Laurana Lajolo, La maternità di Sibilla, in AA.VV., Sibilla Aleramo. Coscienza e scrittura, Milano,

Feltrinelli, 1986, pp. 60-67, p. 66. 56

Sibilla Aleramo, Una donna, cit., p. 164. 57

Barbara Spackman, Puntini, Puntini, Puntini: Motherliness as Masquerade in Sibilla Aleramo’s Una donna,

cit., pp. 210-223. 58

Tatiana Crivelli (a cura di), Selvagge e Angeliche. Personaggi femminili della tradizione letteraria italiana,

con la collaborazione di Alessandro Bosco e Mara Santi, Leonforte, Insula, 2007.

31

marito e i figli. Nel caso della madre che non viene ascoltata dal marito, né rispettata dai figli,

sia il marito che i bambini le impongono il silenzio fino a portarla al tentativo di suicidio che

costituisce l’atto finale di disperazione in cui cerca di abbandonare completamente l’identità

che aveva già ampiamente persa nel matrimonio. Sibilla si trova in una situazione analoga: a

partire dal giorno del matrimonio comincia a perdere se stessa, a perdere la propria

personalità, poiché il marito le impedisce di esprimere i suoi pensieri e tenta di impadronirsi

della sua identità, sottomettendola:

Io ero del resto ormai isolata dalla vita paesana: il giovine, geloso, pretendeva da me

mille rinunce assurde: non dovevo affacciarmi alla finestra, dovevo scappare in

camera mia se qualche uomo capitava in casa, compreso il dottore della mamma. La

mia personalità fin allora così libera, dinanzi alla memoria del fatto ch'io consideravo

irreparabile, insorgeva a tratti, ma soltanto per farmi più sentire la sconfitta patita.59

La libertà di cui disponeva durante la giovinezza sparisce quasi completamente dopo

che si è sposata e questa perdita di personalità si riflette anche sulla fisionomia di Sibilla: il

suo stato interiore lascia delle tracce sul suo aspetto esteriore, poiché il suo volto “impallidito,

incorniciato dai capelli che avevo lasciato di nuovo crescere, perdeva di espressione e di

singolarità”60

. Il fatto che Sibilla non ha la possibilità di esprimere i propri sentimenti e

emozioni davanti a nessuno provoca un conflitto tra l’apparenza esteriore e la sua anima, una

contraddizione che viene per la prima volta notata dal dottore dei suoceri. Dopo le nozze, il

dottore è il primo individuo verso il quale Sibilla si apre e a cui rivela la propria personalità ed

egli è l’unica persona disposta a dare ascolto alle sue opinioni. Ciò nonostante Sibilla non

vuole apparire di fronte a lui come una “donna da compiangersi”61

, cosicché dissimula ancora

in gran parte i propri sentimenti più profondi. Nonostante la tranquillità esteriore e

l’atteggiamento sempre più remissivo di fronte al marito, Sibilla prova un moto di

insubordinazione dentro di sé, ossia un desiderio di evadere dalla vita. Questo sentimento che

Sibilla non fa percepire al mondo è proprio quello che viene definito da Crowley Jack come

“covert rebellion”, e che viene percepito da Sibilla stessa come “un languore morale, che non

era più rassegnazione e non era ancora ribellione”62

. Sibilla sta considerando la possibilità di

59

Sibilla Aleramo, Una donna, cit., p. 31. 60

Ibidem., p. 32. 61

Ibidem., p. 54. 62

Ibidem., p. 57.

32

abbandonare il marito ma, come i soggetti della Crowley Jack, non arriva ancora alla

realizzazione di questo proposito per paura.

In una meditazione sul ruolo della donna, Sibilla fa capire che ora che è diventata lei

stessa una moglie e una madre, può comprendere la situazione della madre che non è mai stata

apprezzata dagli figli. Sibilla si rende conto del fatto che nemmeno la madre ha potuto

esprimersi e che, a questo riguardo, la loro situazione è uguale:

Come madre non aveva mai goduto della riconoscenza delle sue creature. Il suo cuore

non aveva mai trovato la via dell'effusione. Era passata nella vita incompresa da

tutti.63

Sibilla comincia a capire le ragioni per le quali sua madre è diventata così depressa, e

allora si chiede se “amare, sacrificarsi e soccombere”64

sia il destino di ogni donna. Con

questo discorso, Sibilla fornisce un esempio chiaro di ciò che Dana Crowley Jack spiega in

relazione al sacrificio della donna per la famiglia, ossia al fatto di mettersi sullo sfondo,

rovinando così l’identità della donna. Questo ragionamento porta dunque all’idea della donna

che è predestinata a soccombere perché vive secondo il modello imposto dalla società

patriarcale in cui è costretta a negare la propria identità sacrificandosi per la famiglia. Anche

Sibilla, come la madre, ama il proprio figlio di un amore incondizionato, si sacrifica per lui

non pensando ai propri desideri, e in questo modo, soccombe per stanchezza psicologica.

Sibilla spera di ricevere dal figlio la riconoscenza e il rispetto che la madre non ha mai avuto

dai suoi figli. Inoltre Sibilla è consapevole del fatto che non sta ascoltando i propri sentimenti

e che sta rinunciando alla propria personalità: “La mia individualità era da me stessa quasi

ignorata e perennemente tradita.”65

Però crede che questo atteggiamento di abnegazione

faccia parte del ruolo femminile previsto per lei e che questo sia il comportamento “naturale”

di una donna sposata:

Accettando l'unione con un essere che m'aveva oppressa e gettata a terra, piccola e

senza difesa, avevo creduto di ubbidire alla natura, al mio destino di donna che

m'imponesse di riconoscere la mia impotenza a camminar sola.66

63

Sibilla Aleramo, Una donna, cit., p. 41. 64

Ivi. 65

Ibidem., p. 60. 66

Ibidem., p. 61.

33

In questo discorso, Sibilla esterna quello che la società maschile sembra aspettarsi

della donna, vale a dire il fatto di riconoscerle un ruolo di individuo dipendente e impotente.

Poco dopo questo passaggio Sibilla reagisce in modo analogo alla madre all’oppressione della

propria personalità da parte del marito, e tenta di suicidarsi. Sibilla ha perso se stessa fino al

punto che la sua vita non le importa più. Dopo il tentativo di suicidio Sibilla riflette sul fatto

che la propria situazione è identica a quella della madre, ed è infine questa presa di coscienza,

e la convinzione di non voler finire come la madre, che provoca una svolta nel suo

atteggiamento. Aumenta la volontà di riconquistare la sua autonomia e in questo modo di

contraddire il modello sociale costruito dagli uomini.

3.3 L’oggetto sessuale

Sibilla non ha soltanto un rapporto problematico con il modello della casalinga, ossia

la madre e la sposa, ma anche con quello di oggetto sessuale. Il prototipo del “sex object”,

come già sottolineato in base alle analisi di DeWall, Altermatt e Thompson67

e di Deaux,

Winton, Crowley e Lewis68

comporta una connotazione negativa nella società patriarcale,

come viene anche illustrato da Susanne Kleinert:

La trasgressione delle norme legata al tema della seduzione consiste, nel caso della

seduttrice femminile, nel fatto che essa ottiene sull’uomo un potere che costituisce

uno scandalo nella società patriarcale.69

Nella società patriarcale nella quale gli uomini sono al potere, la seduttrice femminile

costituisce dunque una minaccia a causa della sua indole intraprendente, seducendo

attivamente gli uomini. Con la forza della seduzione, le “femme fatale” possono avere

un’influenza considerevole sulle azioni degli uomini, compromettendo il loro controllo e

potere. La bellezza passiva al contrario viene accettato nella società poiché non mette in

pericolo l’autorità degli uomini.

Quanto alla relazione tra Sibilla e il modello dell’oggetto sessuale, è chiaro che questo

prototipo gioca un ruolo importantissimo nella sua vita, e in particolare quello della bellezza

67

Nathan DeWall, William Altermatt & Heather Thompson, Understanding the Structure of Stereotypes of

Women: Virtue and Agency as Dimensions Distinguishing Female Subgroups, cit., pp. 396-405. 68

Kay Deaux, Ward Winton, Maureen Crowley & Laurie L. Lewis, Level of categorization and content of

gender stereotypes, cit., pp. 145-167. 69

Susanne Kleinert, I miti della seduzione nei primi due romanzi di Carmen Covito, in “Cahiers d’études

italiennes”, n. 5, 2006, pp. 139-150, p. 139.

34

passiva. Le relazioni di Sibilla non si fondano sull’amore, ma partono dalla violenza e da un

rapporto sessuale fatto di abusi. Quando il marito stupra Sibilla, non la considera come una

ragazza con una propria volontà, ma la reputa un oggetto da prendere quando lui lo desidera.

Il matrimonio è dunque fondato sul “comportamento” di Sibilla come oggetto sessuale

passivo che si è lasciato conquistare. In una società tradizionale caratterizzata da relazioni di

forza, sembra infatti che il “compito” degli uomini sia quello di conquistare una donna.

Quest’ultima non ha quasi mai la possibilità di agire per sé stessa e in questo modo ogni

donna viene considerata come un oggetto sessuale. Neanche i genitori di Sibilla protestano

contro lo stupro, quindi anche loro accettano il ruolo di oggetto sessuale imposto alla figlia.

Nella relazione con il forestiero, Sibilla agisce in un modo più attivo, più dinamico

poiché prova per lui una nuova sensazione che sembra per la prima volta più forte dell’amore

materno:

Il pensiero di quell'uomo entrava ormai in tutte le occupazioni della mia giornata, le

metteva tutte in seconda linea; financo mio figlio non valeva a liberarmi

dall'ossessione;70

Anche il forestiero, come già aveva fatto il marito, tenta di farle violenza facendo sì

che la fiducia negli uomini da parte di Sibilla venga nuovamente infranta. Di nuovo Sibilla

viene considerata come un oggetto sessuale con la quale gli uomini possono dare libero sfogo

alla loro passione. Sibilla ritiene pertanto che l’unica forma di vero amore è quella che prova

per il suo bambino, ma ammette che, in verità, vuole essere desiderata. A causa degli incontri

sfortunati che ha avuto con gli uomini si chiede se veramente è fatta per essere amata e

domanda dunque al figlio l’amore che nella sua vita manca, un amore che diventa quasi

ossessivo. A Roma, Sibilla prova un nuovo tipo di affetto quando incontra un’amica con cui

ha avuto una relazione molto intima. Tuttavia questo amore non viene presentato come vera

passione ma come una certa intimità. È la prima relazione nella quale Sibilla non è concepita

come un oggetto sessuale perché l’amica la considera come una vera donna, con le proprie

qualità. Questa relazione potrebbe presagire le future inclinazioni lesbiche di Sibilla. E infine,

Sibilla incontra il “Profeta” e ammette che “per lui avrei forse potuto vivere senza mio

figlio”71

. Sembra aver trovato un uomo che la rispetta come donna, con cui condivide pensieri

e sentimenti.

70

Sibilla Aleramo, Una donna, cit., p. 57. 71

Ibidem., p. 132.

35

Eppure, non era amore quello che sentivo per quell'uomo; non poteva essere amore;

io non desideravo nulla per me da lui, [...] Non potevo sentirmi felice sotto il suo

bacio.72

Nonostante il fatto che il “Profeta” la ritenga come un soggetto e non un oggetto, la

loro relazione non evolve mai verso una relazione amorosa, ma rimane a un livello piuttosto

paterno, e ogni esperienza di Sibilla come donna che desidera di essere amata è dunque

fallimentare. L’unica creatura che la ama incondizionatamente è il figlio.

3.4 La professionista

Una delle prime svolte nella vita di Sibilla è il lavoro presso la rivista “Mulier” a

Roma, dove riceve l’opportunità di esprimere idee femministe e di concentrarsi sulla sua

carriera come scrittrice. Nel periodo a Roma, Sibilla integra sempre di più nella propria

persona il prototipo della professionista. Rivendica infatti una parte della propria autonomia

lavorando per la rivista e riprendendo inoltre il percorso da autodidatta. Sia le limitazioni

fisiche che intellettuali spariscono, in quanto può uscire di nuovo da casa e si può sviluppare

intellettualmente. Finalmente ha la possibilità di perseguire in parte i propri scopi e le proprie

ambizioni, vale a dire l’espressione delle proprie idee sulla condizione della donna, con

l’obiettivo di arrivare al risveglio della comunità femminile. Sin da piccola Sibilla ha sempre

desiderato questa sensazione di autonomia.

Come è stato già detto, la famiglia di Sibilla è costituita secondo il modello patriarcale,

ma invece di essere attratta dal ruolo femminile della madre, per cui non prova riconoscenza,

Sibilla ammira piuttosto la figura paterna che descrive come “luminoso esemplare”73

. Sibilla è

dunque affascinata dalla figura forte e libera che trova nella propria famiglia, quella che

manifesta la propria autorità e per il quale i bambini hanno rispetto. Questo atteggiamento

sembra un segno precursore della posizione successiva di Sibilla, di quando difenderà la

libertà di espressione delle donne, riconoscendo che anche loro hanno diritto ad esercitare la

propria autorità. Invece di assumere il ruolo subordinato imposto alle donne, Sibilla desidera

esprimersi liberamente e assumere un ruolo forte, come suo padre. Già durante la fanciullezza

considera quali sono le possibilità che ha di esprimere la propria autorità, ad esempio quando

72

Sibilla Aleramo, Una donna, cit., p. 132. 73

Ibidem., p. 1.

36

si trova davanti agli operai della fabbrica del padre e si chiede se avrebbe “mai osato essere

per loro una padrona, come è colla donna di servizio.”74

Sibilla prende in considerazione la

possibilità che lei possa essere, come donna, a capo della fabbrica, e che possa disporre di

un’autorità paragonabile a quella del padre. Sibilla non si sente quindi come la madre, come

una donna tradizionale e dunque subordinata, il che potrebbe essere in gran parte attribuito al

fatto che, nella sua giovinezza, nessuna le rifiutava nulla:

Ero la figliuola maggiore, esercitavo senza timori la mia prepotenza sulle due

sorelline e sul fratello: mio padre dimostrava di preferirmi, e capivo il suo proposito

di crescermi sempre migliore. Io avevo salute, grazia, intelligenza - mi si diceva - e

giocattoli, dolci, libri, e un pezzetto di giardino mio. La mamma non si opponeva mai

ai miei desideri. Perfino le amiche mi erano soggette spontaneamente.75

Sibilla in altre parole si abitua a una sorta di affermazione di autorità e non vuole

perdere questo sentimento di libertà e di autodeterminazione nel corso della sua vita. A Roma

Sibilla ha finalmente la possibilità di rivendicare questa libertà e autonomia come scrittrice

femminista e si propone di trasmettere questo messaggio attraverso la letteratura, di modo che

altre donne possano prendere esempio.

3.5 L’impegno femminista come rivendicazione della propria identità

Dopo aver capito che la propria natura non corrisponde all’immagine della donna del

modello patriarcale, Sibilla cerca di liberarsi dalle imposizioni di questa società maschile e sia

la letteratura che la scrittura giocano un ruolo importante in tale lotta per la liberazione. L’atto

di scrivere rappresenta un cambiamento importante e annuncia un nuovo periodo nella vita di

Sibilla. Innanzi tutto la lettura del libro del sociologo Guglielmo Ferrero aumenta la

consapevolezza come donna nella persona di Sibilla. Inizia ad interessarsi all’ineguaglianza

sociale, sia economica che di genere. Inoltre, in un periodo di pace, il marito le ha regalato un

quaderno sul quale può finalmente annotare i sentimenti e pensieri più profondi. Barbara

Spackman76

nota come per Sibilla la scrittura costituisca un fattore importantissimo nello

sviluppo della coscienza di sé, il che viene anche percepito dal bambino. Quando vede che la

74

Sibilla Aleramo, Una donna, cit., p. 10. 75

Ibidem., p. 1. 76

Barbara Spackman, Puntini, Puntini, Puntini: Motherliness as Masquerade in Sibilla Aleramo’s Una donna,

cit., pp. 210-223.

37

mamma piange, la implora di scrivere perché vede che l’atto di scrivere la fa sentire meglio.

Questa scena sembra riconciliare la scrittura con la maternità, due concetti altrimenti opposti,

poiché la prima, che coincide con la ricerca dell’indipendenza, non si accorda con il fatto di

essere una madre secondo il modello tradizionale.

Scrivendo, Sibilla sviluppa delle riflessioni sulla condizione della donna che la portano

a constatare come la donna stessa sia in parte responsabile della corruzione dei valori sociali

perché troppo passiva. L’unica possibilità per il capovolgimento del sistema tradizionale

risiede in un cambiamento del comportamento e della mentalità della donna stessa, che deve

uscire dal ruolo passivo e cominciare ad agire. Sibilla si rende conto che deve agire lei per

prima affinché la sua situazione cambi. Scrive un piccolo articolo che invia ad un giornale di

Roma e nel quale appare per la prima volta la parola “femminismo” e dopo la stesura di

questo articolo Sibilla si rende conto che ha ritrovato il proprio senso critico “dopo una lunga

paralisi”77

, rappresentata dall’oppressione del matrimonio. Vuole riprendere lo sviluppo

intellettuale che aveva avviato da giovane e per il quale prova una nostalgia profonda.

“Vivere! Ormai lo volevo, non più solo per il mio figlio, ma per me, per tutti”78

.

Il desiderio di morire scompare e finalmente trova uno scopo più grande, più elevato

nella vita, attraverso la scrittura. L’articolo ha anche come risultato l’impiego presso la rivista

“Mulier” e dunque il trasferimento a Roma, il che implica una maggiore indipendenza per

Sibilla e la possibilità di una vita più attiva. Quanto ai contenuti di “Mulier”, Sibilla non è

però soddisfatta, perché li ritiene troppo leggeri e desidera dunque aggiungere nuovi valori e

creare un’immagine della donna reale che ha una propria identità slegata dal ruolo

tradizionale di sposa e madre, slegata dalla passività e che prenda decisioni. A Roma,

recupera in parte la propria libertà poiché ha il permesso del marito di ricevere delle visite e di

uscire di casa per andare al lavoro e per intrattenere relazioni e contatti. Neanche a Roma però

l’autorità del marito diminuisce poiché “non riusciva a formarsi per suo conto un programma

quotidiano e si volgeva astiosamente ad osservarmi, promettendosi certo di farmi sentire la

propria autorità al primo accenno d'indipendenza.”79

A Roma quindi, l’impiego presso la

rivista “Mulier” consente a Sibilla la possibilità di esprimere i propri pensieri ma, dall’altro

lato, è ancora continuamente ridotta al silenzio dal marito.

Nondimeno, il cambiamento di scena genera una svolta, poiché la liberazione

dell’ambiente della campagna porta con sé la possibilità per Sibilla di scappare dal modello

77

Sibilla Aleramo, Una donna, cit., p. 87. 78

Ibidem., p. 86. 79

Ibidem., p. 101.

38

tradizionale della relazione uomo/donna. Inoltre, incontra una dottoressa veneziana

femminista con la quale avvia un’amicizia epistolare e che ha un’influenza considerevole su

di lei. L’amica veneziana rianima lo spirito di Sibilla con la sua vitalità femminile, la sua

conoscenza della propria persona e con la sua eleganza, fornendo un modello per Sibilla che è

ancora molto insicura e incerta rispetto ai propri scopi. All’esposizione in cui si celebra il

primo anniversario di “Mulier”, il marito di Sibilla è irritato perché vede affermarsi la

possibilità della indipendenza della moglie, che si trova a proprio agio tra i presenti.

Nonostante la possibilità di autonomia che emerge, i dubbi di Sibilla sulla possibilità

dell’indipendenza totale della donna non spariscono: “Signora di sé stessa la donna non era di

certo ancora: lo sarebbe mai?”80

. Malgrado i dubbi, la scrittura e l’impegno femminista presso

“Mulier” sono essenziali per il cambiamento di comportamento di Sibilla e le aprono la via

verso la liberazione.

3.6 Alterazione del sistema tradizionale legato alla femminilità

La madre di Sibilla è un esempio evidente della donna tipo della società patriarcale,

come abbiamo già ampiamente trattato ma, benché la situazione sia paragonabile, Sibilla è

diversa dalla madre sotto parecchi punti di vista. Sebbene ambedue abbiano un matrimonio

basato sul modello tradizionale che impone loro un ruolo subordinato e che prevede il

sacrificio totale della madre per i figli, tuttavia Sibilla si mostra più forte della madre. La

maggiore differenza tra la madre e la figlia emerge dopo il tentativo di suicidio. Prima di tutto

il dottore consiglia alla madre di cambiare vita e di lasciare tutto, ma lei non ha la forza di

farlo e si indebolisce sempre di più. La madre non tenta di riconquistare la propria personalità

e si rassegna al suo ruolo subordinato, perdendo completamente se stessa, fino alla follia.

Sibilla invece aspira ad una rottura del modello femminile tradizionale e fa comunque uno

sforzo per riconquistare la propria autonomia, la propria personalità e si oppone al modello

tradizionale della femminilità imposto dalla società. Mentre la madre rinuncia alla propria

vita, Sibilla, dopo il tentativo di suicidio, comincia di nuovo a lottare per la riconquista della

propria identità e della propria voce, e contro la perdita completa di se stessa.

In secondo luogo, a differenza della madre e della casalinga tradizionale, Sibilla ha un

lavoro fuori dalla famiglia e dunque la cura della famiglia non è più la sua unica occupazione.

Adottando quindi più tratti del modello della professionista, Sibilla contraddice chiaramente il

80

Sibilla Aleramo, Una donna, cit., p. 115.

39

prototipo della donna tradizionale, e visto il rapporto strettissimo tra la professione e il

femminismo, il suo atteggiamento femminista si trova completamente opposto alla sua vita

precedente. Un’altra rottura del sistema tradizionale consiste nella relazione extraconiugale

con il forestiero. Come lo studio di DeWall, Altermatt e Thompson81

ha già dimostrato, le

donne più attive nel campo delle relazioni sessuali vengono considerate come pericolose per il

dominio degli uomini. È il tipo di relazione che Sibilla instaura con il forestiero. Nonostante

la sua riservatezza rispetto agli uomini, Sibilla sceglie intenzionalmente di iniziare una

relazione con il forestiero e nel sistema sociale tradizionale, questo comportamento viene

condannato. Questo atto comporta inoltre un danneggiamento della virtù, una qualità che

viene ritenuta fondamentale per la casalinga tradizionale.

Sibilla segue il consiglio che il dottore ha dato alla madre, quello di lasciare tutto e di

ricominciare la propria vita. Accanto al consiglio del dottore, nel romanzo vengono presentati

due esempi simili alla situazione di Sibilla che potrebbero aprire i suoi occhi e sui quali

potrebbe basarsi per la sua decisione finale. Prima di tutto, a teatro, si sente commossa quando

vede un’opera nella quale una ‘bambola’ decide di abbandonare il marito e i figli:

Sulla scena una povera bambola di sangue e di nervi si rendeva ragione della propria

inconsistenza, e si proponeva di diventar una creatura umana, partendosene dal

marito e dai figli, per cui la sua presenza non era che un gioco e un diletto.82

Queste emozioni possono essere una indicazione del fatto che Sibilla capisce la

propria situazione e che ne riconosce la soluzione. Anche Sibilla desidera diventare una

persona completa e autonoma e si opporrà al ruolo di “marionetta” che agisce secondo la

volontà degli uomini. Successivamente Sibilla trova delle lettere scritte dalla madre nelle

quali scopre che la madre avrebbe voluto lasciare la famiglia, senza averne avuto tuttavia il

coraggio. Perché Sibilla ha visto le conseguenze della mancanza di coraggio della madre,

ammette che le avrebbe consigliato di andarsene e di rispettare la propria dignità, se avesse

saputo o compreso la sua situazione prima. Ciò dimostra che Sibilla alla fine comprende la

posizione della madre e che l’abbandono sarebbe stato secondo lei la migliore soluzione. Le

parole che avrebbe detto alla madre per incoraggiarla ad abbandonare il padre sembrano

quelle che vorrebbe sentire pronunciate da suo figlio, “Va’, mamma, va’!”83

però il bambino è

81

Nathan DeWall, William Altermatt & Heather Thompson, Understanding the Structure of Stereotypes of

Women: Virtue and Agency as Dimensions Distinguishing Female Subgroups, cit., pp. 396-405. 82

Sibilla Aleramo, Una donna, cit., p. 118. 83

Ibidem., p. 144.

40

ancora troppo piccolo per fare un tale discorso. È quindi grazie all’esempio della madre che

Sibilla comincia a capire la propria situazione e la necessità della rottura con il sistema

tradizionale.

Un’altra persona importantissima per Sibilla, e che ha un’influenza considerevole sulla

sua vita, è il “profeta”, un’apparizione misteriosa e ascetica per il quale prova un sentimento

del tutto nuovo, che la spinge all’autonomia. Inoltre, sia il “profeta” che l’amica veneziana

sostengono il proposito di Sibilla di abbandonare il marito, cosa che provocherà la vera

frattura con la vita di prima. Sibilla desidera una liberazione della sua situazione angosciosa, e

nonostante questi impulsi verso una nuova vita si sente comunque ancora molto timorosa. Per

lei anche la morte procurerebbe una liberazione, così che i desideri di Sibilla oscillano ancora

tra la morte e l’abbandono.

Nonostante il desiderio di morte, la coscienza che è lei stessa che deve intraprendere

qualcosa diventa predominante e la spinge a proporre una separazione amichevole al marito.

Questa proposta suscita una furiosa reazione e il marito le fa capire che Sibilla può restare a

Roma a patto che il figlio resti sotto il suo controllo. Questa minaccia fa capire a Sibilla che

correrebbe il rischio di perdere il figlio se abbandonasse il marito e per via di questa minaccia

il marito conserva di nuovo la propria autorità, poiché Sibilla non vuole lasciare il figlio.

All’inizio dunque Sibilla sembra disposta a tornare verso una vita subordinata e a rinunciare a

un futuro indipendente per non perdere il figlio, il che dimostra che l’istinto materno è ancora

più forte della volontà di autonomia e che la madre soffoca dunque ancora la donna. Il vero

momento chiave è però il ritorno in campagna, all’ambiente opprimente, dove il rimpianto

comincia a crescere quando Sibilla pensa a come il figlio crescerà tra lei e il marito.

Per la prima volta sentivo intera la mia indipendenza morale, mentre a Roma avevo

sempre conservato, in fondo, qualche scrupolo nell'affermarmi libera, sciolta d'ogni

obbligo verso colui al quale la legge mi legava.84

Sibilla desidera un futuro fuori dal sistema patriarcale per il figlio, con valori

differenti, perché teme che altrimenti diventi come il marito. Considerando dunque che la sua

educazione in questo ambiente ostile sarebbe negativa, decide che vuole un futuro migliore

anche per suo figlio. Per di più Sibilla si rende conto di vivere già come la madre e si ricorda

che, se l’occasione si fosse presentata, le avrebbe detto di lasciare il padre per rivendicare la

propria personalità. Sibilla spera che il figlio reagisca come lei avrebbe reagito ai progetti fatti

84

Sibilla Aleramo, Una donna, cit., p. 138.

41

dalla madre quanto all’abbandono del padre e tutto ciò la spinge ancora di più nella direzione

della decisione finale.

Se ora ritorniamo ai casi di depressione descritti da Dana Crowley Jack, vediamo che

la grande differenza tra Sibilla Aleramo e le donne descritte dalla Crowley Jack riguarda la

“covert rebellion” poiché la maggior parte delle donne depresse non arriva all’esecuzione

della propria ribellione, vale a dire all’abbandono del marito. Sibilla alla fine, sacrifica

l’amore per il figlio, abbandonando la propria famiglia per scappare dal giogo del marito.

Trasforma dunque questa ribellione nascosta in una ribellione aperta, ascoltando finalmente se

stessa e ponendo fine all’annientamento della propria femminilità. Sibilla sceglie di scappare

dall’autorità del marito per rivendicare la propria vita. Fino all’ultimo momento ha comunque

desiderato la morte e persino dopo la partenza, il desiderio di morire ritorna con veemenza.

Dopo l’abbandono del marito va a vivere dal padre e insieme tentano di ottenere

l’affidamento del figlio però, secondo la legge, Sibilla rimane “proprietà” del marito e non ha

diritti sul figlio. Soffre per il fatto di aver abbandonato il figlio e le sembra di non aver più

uno scopo nella vita, però tuttavia - dopo l’iscrizione come assistente in un dispensario per

piccoli malati poveri - rinasce in lei la volontà di vivere, non solo per se stessa, ma per tutti. Il

capitolo tragico della sua vita, insieme alla maternità, sembra finalmente chiuso dopo

un’enorme lotta interna e infine Sibilla sembra trovare un equilibrio nella vita. Il conflitto tra

la madre e la donna si è concluso con la rivendicazione della libertà femminile, con il rifiuto

del sacrificio in nome della maternità e l’abbandono della famiglia, in altri termini un rifiuto

totale del modello tradizionale.

Analizzando però più da vicino la situazione di Sibilla dopo l’abbandono del marito,

emerge che non è completamente uscita dal modello patriarcale visto che dopo la partenza va

a vivere presso il padre. Sibilla è dunque di nuovo dipendente da un uomo come era nel

matrimonio. Oltre a ciò, dopo il soggiorno presso il padre, Sibilla comincia una vita

vagabonda in cui va da un amante all’altro. In questo modo dipende ancora dagli uomini,

perdendo di nuovo l’autonomia:

La contraddizione della sua vita di donna pare evidente: madre senza vocazione per i

compiti educativi, donna sessualmente passionale, ha cercato nell’uomo, e non in se

stessa, le certezze e la gioia.85

85

Laurana Lajolo, La maternità di Sibilla, cit., p. 67.

42

Inoltre, è interessante notare che sia il Profeta che l’amica di Sibilla non vengono

indicati attraverso nomi propri nel romanzo e quindi non sono interpretati come persone, ma

incarnano soprattutto dei ruoli. È noto che il “Profeta” corrisponde alla persona di Dino

Campana86

, un poeta caratterizzato da una certa vulnerabilità psicologica, con cui è

impossibile stabilire una relazione paritaria a causa del suo carattere eccentrico. Si può quindi

osservare che la maggior parte delle relazioni che Sibilla instaura hanno come protagonisti

degli uomini dominanti.

L’appellativo “il Profeta” è una denominazione forte poiché i profeti possiedono una

verità superiore alla nostra, e così Sibilla mette anche questa figura maschile su un livello più

alto rispetto all’amica o a se stessa. A Roma la Aleramo sembra aver trovato una nuova

famiglia, costituita dall’amica che svolge il ruolo di madre e il Profeta che svolge quello di

padre. Entrambi cercano di darle dei consigli e la rispettano nella sua persona. A differenza

della madre naturale, l’amica è un modello positivo per Sibilla, una donna che Sibilla desidera

imitare. L’amica corrisponde dunque ad una madre forte che sostiene interamente la propria

femminilità, contrariamente alla madre debole. Con il Profeta, la Aleramo sembra aver trovato

un padre migliore, un uomo che la ascolta però egli ha uno statuto superiore a quello

dell’amica, e quindi il rapporto non paritario rimane. La nuova vita di Sibilla propone

comunque un nuovo modello familiare, con una madre più forte che condivide le stesse idee

di Sibilla sulla liberazione e l’emancipazione della donna e che non incarna il prototipo

patriarcale della donna madre. Anche il padre, ossia il Profeta, impersona un nuovo modello

di padre che ascolta la “figlia”. Inoltre, entrambi dissuadono Sibilla da seguire il modello

tradizionale della donna e la sollecitano ad abbandonare il marito per cercare la propria

identità. Questo nuovo modello familiare implica tuttavia il riproporsi del modello paterno in

cui il padre è superiore alla madre, visto lo statuto superiore del Profeta.

86

Giulio Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Milano, Einaudi Scuola, vol. 2, 2008, p. 976.

43

4. Virginia Woolf’s A room of one’s own

4.1 Il femminismo in Inghilterra

Passiamo ora ad analizzare la relazione tra il femminismo che si esprime nel grande

romanzo autobiografico di Sibilla Aleramo e il femminismo che si esprime negli scritti di

Virginia Woolf, più in particolare in uno dei testi di riferimento della riflessione teorica sul

tema, A room of one’s own, riconosciuto come punto di riferimento storico nello sviluppo del

pensiero delle donne sulle donne.

Anche in questo caso, prima di procedere all’analisi e al confronto, è necessario

premettere alcuni dati a carattere teorico che servono a contestualizzare il pensiero della

Woolf. Tra il testo della Aleramo e quello della Woolf si possono infatti osservare delle

analogie molto forti, che dimostrano come la Aleramo anticipi la Woolf, ma anche delle

differenze. Questa introduzione generale ci serve appunto perché, come vedremo, alcune delle

differenze che si riscontrano tra le due autrici sono strettamente legate al diverso contesto

storico culturale in cui le due si esprimono. Si noterà da subito, infatti, che la Woolf si muove

in un contesto teorico di maggiore complessità e sviluppo rispetto a quello della Aleramo, e

questo sicuramente determina la maggiore consapevolezza teorica della Woolf. Occorre

sottolineare ancora, però, che non tutto va ricondotto al contesto, infatti sarà interessante

osservare che le differenze sono determinate anche dalla personalità delle due autrici.

4.1.1 Le tre correnti del femminismo

Nel primo capitolo del libro Gender Communication Theories and Analyses. From

Silence to Performance, Charlotte Krolokke e Anne Scott Sorensen87

distingono tre correnti

principali del femminismo anglo-americano, le quali possono anche essere riconosciute nel

femminismo italiano. La prima corrente femminista si manifesta nel contesto della società

industriale e della politica liberale ed è impersonata dalle donne sposate della classe media. È

collegata anche al movimento liberale per i diritti delle donne e al femminismo socialista

ancora non pienamente maturo della seconda metà del XIX e dell’inizio del XX secolo. La

prima corrente femminista, che si occupava delle pari opportunità per le donne, ha il suo

termine negli anni Sessanta, quando emerge la seconda corrente che nasce tra il 1960 e il 1970

in mezzo al benessere delle società del dopoguerra. La seconda corrente è strettamente legata

87

Charlotte Krolokke, Anne Scott Sorensen, Three Waves of Feminism, pp. 1-24, in “Gender Communication

Theories and Analyses. From Silence to Performance”, Thousand Oaks, SAGE Publications, 2006.

44

alle voci radicali che lottano per la legittimazione del potere femminile e dei diritti

differenziali. L’ultima corrente femminista invece nasce negli anni Novanta nel contesto della

società dell’informazione e delle politiche neoliberali e continua fino ad oggi.

4.1.2 Il femminismo relativo e individualista

Durante la prima corrente del femminismo, Karen Offen88

distingue due tipi principali

di femminismo, vale a dire da un lato il femminismo relativo, dall’altro il femminismo

individualista.

La tradizione del femminismo relativo propone una visione egalitaria

dell’organizzazione sociale seppure basata sul genere. Il femminismo relativo si oppone alle

relazioni dominate dal sesso maschile, mettendo in evidenza la preminenza di un rapporto non

gerarchico tra una coppia di un uomo e una donna intesa come unità di base della società.

Questo tipo di femminismo considera i diritti della donna in relazione con gli uomini e insiste

sui contributi distintivi delle donne offerti alla società. Il femminismo individualista invece

propone l’individualità, indipendentemente dal sesso o dal genere, come unità di base della

società e celebra la ricerca dell’indipendenza personale e dell’autonomia in ogni aspetto della

vita, minimizzando le discussioni sulle qualità o i contributi legati al sesso. All’inizio però, la

distinzione tra il femminismo relativo e quello individualista non era così chiara poiché

potevano rintracciarsi prove di ambedue i modelli nei discorsi di una sola persona fra i

membri di un singolo gruppo. È soprattutto tra il 1890 e il 1920, ossia nel periodo in cui sono

attive la Aleramo e la Woolf, che gli scopi e gli obiettivi degli approcci relativisti e

individualisti appaiono sempre più irreconciliabili ed è la corrente del femminismo

individualista che è più legata al mondo angloamericano della Woolf.

4.2 Il femminismo liberale e radicale

Oltre alla distinzione tra il femminismo individualista e quello relativo nella prima

corrente, nel suo libro Feminist Thought, Rosemarie Tong89

distingue otto tipi di

femminismo, di cui i primi due, in ordine cronologico, vale a dire il “liberal feminism” e

“radical feminism” hanno importanza per l’analisi del saggio della Woolf. Rispetto a questi

88

Karen Offen, Defining feminism: a comparative historical approach, cit., pp. 119-157. 89

Rosemarie Tong, Feminist Thought. A More Comprehensive Introduction, Colorado, Westview Press, 2009.

45

due orientamenti, Krolokke e Sorensen90 argomentano che A room of one’s own è stato un

testo centrale nel canone del femminismo liberale, allo stesso tempo però lo stesso saggio ha

anche contribuito allo sviluppo dei fondamenti del femminismo radicale che si è sviluppato

negli anni Sessanta.

4.2.1 Il femminismo liberale

La Tong91

spiega che il femminismo liberale si è formato sviluppandosi a partire dalle

sulle idee politiche del liberalismo, secondo le quali una società giusta permette agli individui

di esercitare la propria autonomia e di massimizzare la propria libertà individuale. Oltre a ciò,

il liberalismo crede nell’uguaglianza di opportunità, sia quanto al sesso maschile che al sesso

femminile. È su questi argomenti che si è formato il femminismo liberale.

La corrente del femminismo liberale è nata nell’ambito della cultura del capitalismo

industriale del Settecento e della classe sociale che ne fu la guida, il che vuol dire che è

soprattutto nella cerchia delle donne borghesi sposate che si afferma questa impostazione. In

seguito allo sviluppo della società capitalistica, il lavoro non viene più svolto in casa o attorno

a casa sia dagli uomini che dalle donne, ma i mariti per lavorare si devono spostare in un

luogo di lavoro pubblico, lasciando le moglie sole a casa con poco lavoro produttivo da fare.

La Tong spiega la situazione di queste donne:

Because these women were not allowed to exercise outdoors lest they tan their lily-

white skin, they lacked healthy bodies. Because they were not permitted to make their

own decisions, they lacked liberty. And because they were discouraged from

developing their powers of reason—given that a great premium was placed on

indulging self and gratifying others, especially men and children—they lacked

virtue.92

Una delle prime femministe liberali è stata Mary Wollstonecraft che, nel suo libro A

Vindication of the Rights of Woman, pubblicato nel 1792, si batte per la parità educativa.

Secondo la Wollstonecraft, la società dovrebbe fornire alle donne un’educazione tale da dare

loro la possibilità di sviluppare le proprie capacità razionali e morali. Le donne educate

correttamente contribuirebbero in maniera considerevole al benessere della società. Se la

90

Charlotte Krolokke, Anne Scott Sorensen, Three Waves of Feminism, cit., pp. 1-24. 91

Rosemarie Tong, Feminist Thought. A More Comprehensive Introduction, cit. 92

Ibidem., p. 13.

46

razionalità è la capacità che distingue gli esseri umani dagli animali, e a meno che le donne

non siano semplici animali, la Wollstonecraft insiste sul fatto che anche le donne possiedano

questa capacità. La società deve dunque la medesima educazione alle ragazze, così come la

deve ai ragazzi perché ogni essere umano merita la stessa opportunità di raggiungere “full

personhood”93

.

Oltre al diritto alla stessa educazione, le femministe liberali sono dell’opinione che le

donne meritano la medesima libertà degli uomini. John Stuart Mill and Harriet Taylor

sostengono che ogni individuo dovrebbe avere il permesso di realizzare i propri desideri, a

condizione che gli individui non si ostacolino l’uno l’altro nel farlo. Se la società avesse lo

scopo di realizzare l’uguaglianza sessuale o l’equità di genere, allora dovrebbe fornire gli

stessi diritti politici e le stesse opportunità economiche alle donne. Anche John Stuart Mill è

dell’avviso, nel suo libro The Subjection of Women, che, se le forze razionali delle donne

fossero riconosciute come uguali a quelle degli uomini, la società ne raccoglierebbe i frutti.

Secondo Mill, le differenze intellettuali o morali tra il sesso maschile e quello femminile sono

inesistenti e gli uomini non sono superiori poiché le loro capacità intellettuali sono pari a

quelle delle donne.

Nell’ambito della lotta per le libertà civili delle donne, le femministe liberali militano

in favore del suffragio femminile perché il diritto di voto è essenziale per arrivare

all’uguaglianza tra i sessi. Asseriscono che il diritto di voto dà la possibilità alle donne, non

solo di esprimere le proprie visioni politiche, ma anche di cambiare questi sistemi, strutture e

attitudini che hanno contribuito all’oppressione del loro sesso.

Infine, per essere completamente liberata, la donna non ha soltanto bisogno della

libertà civile ma anche di opportunità economiche, perché una donna dovrebbe essere capace

di mantenersi e di guadagnarsi da vivere. La donna dovrebbe avere la possibilità di sostenersi

economicamente senza dover consegnare i soldi guadagnati al marito. Anche se la donna

acquisisse tutte le altre libertà, non potrebbe ancora arrivare alla liberazione e

all’emancipazione senza disporre di sufficienti risorse economiche.

Insomma, le femministe liberali propugnano i diritti delle donne e lottano contro la

discriminazione sessuale e di genere. Credono che si potrebbe raggiungere la parità di genere

riformando il sistema attraverso l’eliminazione di politiche economiche, legali e educative

discriminatorie.

93

Rosemarie Tong, Feminist Thought. A More Comprehensive Introduction, cit., p. 15.

47

4.2.1.1 Il movimento suffragista

Uno degli argomenti più importanti per il femminismo liberale è la lotta per i diritti

civili parimenti per le donne e per gli uomini, la quale implica quindi l’ammissione al diritto

di voto, ossia il suffragio femminile. In Inghilterra, durante la prima corrente femminista, si

forma il movimento del “National Union of Women's Suffrage Societies”, anche chiamato i

“Suffragists”. Il movimento suffragista è una corrente femminile che lotta per il suffragio per

le donne che nasce nel 1897 però, a causa del continuo rifiuto del suffragio femminile nel

Parlamento durante il XIX secolo, l’estensione del movimento rimane ancora limitata. È

soprattutto nel corso del XX secolo che il movimento suffragista si espande in Inghilterra e

nel 1903, Emmeline Pankhurst fonda la “Women's Social and Political Union”.

Krolokke e Sorensen94

spiegano che gli argomenti del movimento suffragista erano

basati sull’affermazione di una sostanziale diversità tra donne e uomini. Secondo questo punto

di vista le donne avrebbero una disposizione naturale verso la maternità e verso la vita

domestica e familiare e potrebbe rivelarsi vantaggioso per la società emancipare le donne e

concedere loro il diritto di voto, così da poter arricchire la politica con le loro preoccupazioni

di natura femminile. Inoltre, se le donne avessero il diritto di voto, svolgerebbero meglio i

loro ruoli di madri e di casalinghe. La lotta contro la discriminazione femminile quindi non è

basata sull’uguaglianza di genere ma principalmente sulle differenze tra i due sessi che

possono comportare rispettivamente delle diverse qualità .

Le prime tattiche del movimento suffragista sono non violente e vengono organizzate

dimostrazioni pacifiche però, poiché il Parlamento continua a rifiutare il suffragio femminile,

le suffragiste ricorrono alla violenza contro la proprietà altrui. È il lavoro delle donne durante

la prima guerra mondiale a favorire i primi passi in direzione dell’accettazione del diritto di

voto. Le donne eseguono compiti di cui non credevano di essere capaci, così che il

movimento suffragista approfitta della guerra per mostrare le loro capacità. Alla fine della

guerra, il 6 febbraio 1918, le donne che hanno più di trent’anni ricevono il diritto di voto e

nello stesso anno, un atto consente loro di poter essere elette nella Camera dei comuni.

Finalmente, a partire dal 1928, ogni donna ha la possibilità di votare in Inghilterra.

Nel suo articolo Suffrage and Virginia Woolf, Sowon S. Park95

spiega il rapporto

problematico e ambiguo tra Virginia Woolf e il movimento suffragista. In generale, la Woolf

94

Charlotte Krolokke, Anne Scott Sorensen, Three Waves of Feminism, cit., pp. 1-24. 95

Sowon S. Park, Suffrage and Virginia Woolf: ‘The Mass behind the Single Voice’, in “The Review of English

Studies”, vol. 56, n. 233, 2005, pp. 119-134.

48

è a favore del movimento poiché lavora per un breve tempo in un ufficio di suffragio, però

nello stesso tempo esprime continuamente delle riserve private a proposito sia degli individui

coinvolti nel movimento suffragista che dell’ethos più grande. Nonostante il fatto che il suo

lavoro sia profondamente radicato nel centro intellettuale del movimento suffragista della

prima corrente femminista, nelle sue lettere e diarii la Woolf deride spesso le suffragiste e

dopo venti anni di coinvolgimento intermittente nel movimento femminile, ammette di

provare una divergenza insormontabile tra la propria persona e la massa di donne per cui

compie degli sforzi. Quanto all’importanza del suffragio femminile, la Woolf esprime la sua

opinione in A room of one’s own: “Of the two — the vote and the money — the money, I

own, seemed infinitely the more important.”96

A partire da questo discorso, diventa chiaro

che, a confronto della libertà economica, il diritto di voto per le donne non è di importanza

fondamentale per la Woolf.

Per fare chiarezza su questo rapporto controverso, occorre fare la distinzione tra il

movimento delle “suffragettes” e quello delle “suffragists”. La lealtà e le influenze della

Woolf sono principalmente dalla parte delle suffragists, piuttosto che dalla parte delle

suffragettes, visto che la campagna delle suffragettes è focalizzata su un singolo punto, vale a

dire la lotta per il suffragio femminile, cosa ritenuta troppo restrittiva dalla Woolf. Ma anche

all’interno della corrente delle suffragists occorre distinguere delle fazioni diverse, ciascuna

con le proprie identità politiche e strategiche, come ad esempio la fazione radicale, pacifista o

religiosa. Sowon S. Park chiarisce che le politiche della Woolf sono risolutamente dalla parte

pacifista e più conservativa, la quale enfatizza soprattutto l’educazione femminile e che si

oppone ai metodi militanti. Questa è anche la ragione per cui la Woolf non si sente collegata

al movimento delle “suffragettes”, perché le associa con la militanza, con il patriarcato e con

il militarismo. I suoi attacchi alle femministe riguardano dunque in larga parte una condanna

molto specifica delle suffragettes militanti.

Questa avversione verso il femminismo militante è anche la ragione per la quale la

Woolf rifiuta di utilizzare il termine “femminista”, come spiega in Three Guineas, perché

ottiene una connotazione negativa durante la storia, e perché la ritiene come maligna, obsoleta

e corrotta. Questo rifiuto della parola “femminista” non significa che la Woolf è anti-

femminista, però crede prima di tutto nella questione umanista del femminismo e di

conseguenza, la Woolf desidera sostituire la parola “femminista” con il termine “umanista”.

La Aleramo al contrario menziona esplicitamente la prima volta che ha utilizzato la parola

96

Virginia Woolf, A room of one’s own, Adelaide, eBooks@Adelaide, 2014, ultima verifica: 16/05/2015 via

https://ebooks.adelaide.edu.au/w/woolf/virginia/w91r/index.html.

49

“femminismo” in uno dei suoi primi articoli, attribuendogli un certo peso e portata. Possiamo

concludere che al tempo della Aleramo il termine “femminismo” o “femminista” viene ancora

considerato come innovativo e rivoluzionario e che non comporta ancora una connotazione

negativa nelle cerchie femministe, mentre alla fine degli anni Venti, passata la guerra, anche

agli occhi delle femministe la parola comporta dei messaggi e significati negativi.

Un’altra differenza sostanziale tra il periodo del lavoro della Woolf e il romanzo Una

donna riguarda quindi l’entrata in vigore del suffragio femminile. Nel periodo in cui Sibilla

Aleramo scrive la sua autobiografia, le donne non hanno ancora il diritto di voto, mentre

Virginia Woolf ha scritto A room of one’s own un anno dopo l’ammissione del suffragio

femminile. Mettendo a confronto il periodo della Aleramo con quello della Woolf, dal punto

di vista femminile è comunque chiaro che la posizione della donna ha fatto progressi

essenziali sul piano politico e sociale.

4.2.2 Il femminismo radicale

Accanto alla sua adesione al femminismo liberale, Virginia Woolf viene anche

considerata come una delle intellettuali che precorrono il femminismo radicale.

Uno tra gli argomenti più innovativi sviluppati all’interno del femminismo radicale è

quello relativo al riconoscimento dei diritti sessuali delle donne, e in particolare il diritto di

scelta tra l’eterosessualità, la bisessualità e il lesbismo. Le femministe radicali sono

dell’avviso che una donna non è obbligata ad impegnarsi in una relazione sessuale con un

uomo a meno che non lo voglia effettivamente, perché ritengono che l’eterosessualità sia

un’istituzione difettosa e viziata, imposta alle donne, che ha danneggiato una grande quantità

di loro. Secondo questa prospettiva, è stata ingiusta l’imposizione dell’eterosessualità alle

donne da parte del patriarcato e, in sintesi, secondo loro una donna deve essere libera di

scegliere le proprie relazioni e anche i rapporti lesbici dovrebbero essere accettati dalla

società.

In vista dell’analisi successiva del femminismo della Woolf, è interessante

approfondire le idee della corrente delle femministe radicali-liberali che sostengono che “an

exclusively feminine gender identity is likely to limit women’s development as full human

persons.”97

Di conseguenza incoraggiano le donne a sviluppare delle personalità androgine

che comprendano una combinazione di tratti e inclinazioni sia femminili che maschili. Queste

97

Rosemarie Tong, Feminist Thought. A More Comprehensive Introduction, cit., p. 50.

50

personalità androgine abbracciano, come parte integrante della propria identità di genere,

caratteristiche maschili che permettono loro di condurre la vita secondo le proprie condizioni.

Inoltre, le donne hanno la possibilità di scegliere i propri ruoli di genere e identità,

mescolandoli come vogliono. Secondo il femminismo radicale-liberale, è stata intenzione

esplicita della società patriarcale quella di affermare che esiste un collegamento necessario tra

il sesso (maschio o femmina) e il genere (maschile o femminile) e di usare ruoli di genere

rigidi con lo scopo di tenere le donne in condizione passiva e gli uomini attiva, mentre

secondo le femministe radicali-liberali, il genere è indubbiamente separabile dal sesso.

Infine, quanto al ruolo dei singoli uomini rispetto all’oppressione della donna,

“radical-libertarian feminists also stressed that individual men, as bad as they could be, were

not women’s primary oppressors.”98

Al contrario, il nemico principale delle donne è il sistema

patriarcale, risultato di secoli di privilegio, di priorità e di prerogativa maschile, motivo per

cui è inutile avere rancore contro gli uomini come individui.

4.2.3 La Woolf di fronte al femminismo liberale e radicale

4.2.3.1 Il femminismo liberale

Nel capitolo 4.2.1, abbiamo spiegato che il femminismo liberale milita in favore della

libertà individuale, quindi sia per gli uomini che per le donne, e contro la discriminazione

sessuale. In A room of one’s own, la Woolf mette in scena la discriminazione sessuale quando,

a Oxbridge College alle donne non è permesso ad esempio di camminare sull’erba o di entrare

nella cappella. Queste proibizioni la portano ad interrogarsi e ad arrivare a una contestazione

di questa discriminazione.

Un secondo obiettivo delle femministe liberali è quello di ottenere la medesima

educazione per le donne come per gli uomini. La Woolf, aderendo alle teorie pacifiste del

femminismo, sostiene risolutamente la proposta di un’educazione femminile basata sulla

ragione. Secondo la Woolf ogni essere umano ha lo stesso diritto ad un’educazione di alto

livello.

Infine, l’obiettivo del femminismo liberale più esplicitamente presente nel saggio della

Woolf è ovviamente la libertà economica delle donne. Secondo la Woolf, per essere

completamente libera, la donna non ha soltanto bisogno di libertà civili, ma anche di

opportunità economiche. Quanto alla sua teoria sul rapporto tra la donna e la finzione, la

98

Rosemarie Tong, Feminist Thought. A More Comprehensive Introduction, cit., p. 72.

51

Woolf è convinta del fatto che ogni donna che desidera scrivere meriti una stanza tutta per sé

per poter sviluppare le proprie capacità letterarie, cosa possibile soltanto se si hanno mezzi

economici sufficienti. La Aleramo ad esempio dispone di una stanza nella quale può scrivere,

però rimane sempre sotto il controllo del marito, che cerca di trattenere ogni possibilità di

sviluppo intellettuale della moglie. Una stanza per sé non è sufficiente per la Aleramo, perché

per arrivare alla libertà completa della mente, ogni fattore disturbante va annullato, e quindi

anche il controllo del marito e la distrazione del figlio. La Woolf al contrario non accusa il

marito, ma piuttosto la totalità delle figure maschili importanti che definiscono la società,

ossia il patriarcato, come ad esempio gli scrittori, i saggisti e gli storiografi, poiché questi

determinano un’immagine errata della società e della donna dominata dalla mascolinità.

Inoltre, quanto alla letteratura, queste figure fanno credere alla metà femminile del mondo che

la composizione di un romanzo da parte di una donna sia ridicola rendendo in questo modo le

donne meno propense alla scrittura. Questa concezione della Woolf per la quale non si

attribuisce la colpa ai singoli uomini ma all’intero patriarcato può anche essere ritrovata fra

gli argomenti delle femministe radicali-liberali, il che mostra il ruolo precursore di Virginia

Woolf per la corrente del femminismo radicale.

4.2.3.2 Il femminismo radicale

Uno degli obiettivi del femminismo radicale di cui la Woolf è precursore è la libertà

sessuale. Krolokke e Sorensen99

chiarificano che la Woolf ha introdotto la nozione della

bisessualità femminile e Ellen Bayuk Rosenman100

aggiunge che Virginia esprime la sua

identità lesbica da una posizione femminista progressista.

In A room of one’s own, il tema del lesbismo emerge quando la Woolf parla del

romanzo di Mary Carmichael intitolato Life’s Adventure. Nel romanzo la Carmichael scrive di

esperienze moderne, prive di inibizioni del passato: la woolf scrive due stesure del saggio A

room of one’s own e in contrasto con la prima stesura del saggio, il lesbismo è quasi

completamente cancellato nella versione pubblicata, nella quale il tema è confinato alla frase

innocua: “Chloe liked Olivia...”101

. Da un lato, la Woolf mette quindi in scena il lesbismo ma

dall’altro lato lo sopprime, eliminandolo dalla versione pubblicata, in questo modo la Woolf

mette in scena il lesbismo nella prima stesura ma, togliendo il tema nella sua formulazione

99

Charlotte Krolokke, Anne Scott Sorensen, Three Waves of Feminism, cit., pp. 1-24. 100

Ellen Bayuk Rosenman, Sexual Identity and "A Room of One's Own": "Secret Economies" in Virginia Woolf's

Feminist Discourse, in “Signs”, vol. 14, n. 3, 1989, pp. 634-650. 101

Virginia Woolf, A room of one’s own, cit., ch. 5.

52

esplicita, implicitamente critica l’occultamento del lesbismo da parte della società che opera

una censura sul tema. Secondo Ellen Bayuk Rosenman, l’omissione del lesbismo potrebbe

quindi far parte dell’intenzione del saggio pubblicato di rivelare la repressione del lesbismo

drammatizzando il suo occultamento.

L’omissione è comunque sorprendente visto che le esperienze della Woolf, sia

personali che in rapporto con la sua carriera come scrittrice, erano profondamente e

fruttuosamente influenzate dalle sue relazioni lesbiche, in particolare con Violet Dickinson e

Vita Sackville-West. Allora, perché la Woolf reprime le esperienze che l’hanno aiutata nella

sua carriera di scrittrice? La Rosenman spiega:

A generation after male homosexuality moved into the timelight of scandal,

lesbianism was making the same painful journey even as Woolf was writing her

essay.102

Anche nel periodo della Woolf il lesbismo rimane non esplicitabile e la Woolf aveva

pochi esempi a cui poteva ricorrere vista l’assenza della tematica nella letteratura precedente

agli anni Venti.

La Rosenman osserva comunque che per la Woolf il coinvolgimento nelle relazioni

lesbiche non corrisponde interamente all’assunzione di un’identità lesbica e che, nonostante i

suoi argomenti per la liberazione della sessualità, la Woolf considera la sessualità ancora

primariamente come eterosessualità.

Anche la Aleramo è stata coinvolta in alcune relazioni lesbiche, accanto alle sue

relazioni eterosessuali. Ha tra l’altro coabitato con Eleonora Duse e ha avuto una relazione

con Cordula (Lina) Poletti. La grande differenza tra la Aleramo e la Woolf è il fatto che la

Woolf, soprattutto nella prima stesura del saggio, è molto più esplicita rispetto al tema del

lesbismo mentre la Aleramo lo affronta con una certa prudenza, parlando soltanto di

un’amicizia intima con l’amica nel romanzo Una donna. Questa riservatezza rispetto al tema

va inquadrata nel periodo in cui la Aleramo ha scritto la sua autobiografia. Una donna va

situato nel periodo in cui la libertà sessuale della Aleramo non si è ancora affermata in modo

esplicito. Più tardi, la Aleramo vede la sua natura bisessuale affermata nelle relazioni con

qualche donna e esplicita anche il suo orientamento sessuale in alcune lettere.

102

Ellen Bayuk Rosenman, Sexual Identity and "A Room of One's Own": "Secret Economies" in Virginia Woolf's

Feminist Discourse, cit., p. 638.

53

Come ha spiegato la Tong, è la corrente delle femministe radicali-liberali che propone

un carattere androgino alle donne perché un’identità soltanto femminile limita lo sviluppo

delle donne come piene personalità umane. John Burt103

spiega la sensibilità androgina che la

Woolf descrive in un futuro ideale in cui fantasiosamente degli scrittori androgini “will

restore the romance of the past in a more perfect form.”104

La Woolf è dell’avviso che quando

l’emancipazione femminile sarà completa, emergeranno una sessualità e un’immaginazione

più adeguate, contrassegnate dall’androginia o da una franchezza sessuale.

Per simbolizzare questa personalità androgina delle scrittrici, in A room of one’s own

la Woolf ricorre all’immagine di una donna e un uomo che entrano insieme in un taxi:

Perhaps to think, as I had been thinking these two days, of one sex as distinct from

the other is an effort. It interferes with the unity of the mind. Now that effort had

ceased and that unity had been restored by seeing two people come together and get

into a taxicab.105

A partire da questa immagine, la Woolf disegna una pianta dell’anima in cui, in

ognuno di noi, agiscono due forze, l’una maschile e l’altra femminile. La Woolf spiega che

nel cervello dell’uomo, la forza maschile predomina sulla forza femminile mentre nel cervello

della donna, è la forza femminile che è più importante rispetto a quella maschile. La

condizione normale e confortevole dell’essere si ha quando le due forze vivono insieme in

armonia e quando cooperano spiritualmente. Nell’uomo, la parte femminile del cervello deve

avere possibilità di espressione, mentre una donna deve anche avere un rapporto non

problematico con la parte maschile della propria mente.

La Woolf è quindi dell’avviso che la mente non è legata ad un unico sesso ma che

altera continuamente il proprio fuoco, mostrando il mondo esteriore da diverse prospettive. La

mente non tiene separato il fuoco maschile dal fuoco femminile però congiunge i diversi

fuochi per allargare la visione. “For certainly when I saw the couple get into the taxicab the

mind felt as if, after being divided, it had come together again in a natural fusion.”106

L’ovvia

motivazione per questo sentimento sarebbe che la cooperazione tra i due sessi viene sentita

come naturale e che l’unione dei tratti maschili con i tratti femminili risulta in una

103

John Burt, Irreconcilable Habits of Thought in A Room of One’s Own and to The Lighthouse, in “EHL”, vol.

49, n. 4. 1982, pp. 889-907. 104

Ibidem., p. 890. 105

Virginia Woolf, A room of one’s own, cit., ch. 6. 106

Ivi.

54

soddisfazione maggiore e in una felicità più completa, anche se questa sensazione è piuttosto

irrazionale.

Insomma, La Woolf utilizza la metafora della donna e dell’uomo che entrano in un

taxi per indicare l’unione psichica delle qualità maschili e femminili. Attraverso la teoria

dell’androginia la Woolf tenta di respingere il determinismo biologico contro il privilegio e il

vantaggio del maschile rispetto al femminile e di conseguenza l’androginia offre alla Woolf la

migliore evasione disponibile dal patriarcato.

Nel suo articolo Scrittura auto/bio/grafica: teoria e pratica. Una proposta di lettura

androgina per “Una donna” di Sibilla Aleramo, Angelica Forti-Lewis afferma che

l’autobiografia di Sibilla Aleramo si è appropriata di “elementi appartenenti sia al

memorialismo maschile che a quello femminile”107

, il che sta a significare che anche in Una

donna vengono presentate delle caratteristiche androgine, come esposto nel saggio della

Woolf, e questo processo di associazione tra maschile e femminile si è sviluppato attraverso la

ripresa di modelli letterari. Inoltre, in Amo dunque sono, la Aleramo parla esplicitamente della

possibilità di unire il “principio virile” alla sensibilità femminile, dimostrando così di vedere

le cose in maniera simile alla Woolf:

Credo che la donna più "vera" sia quella... che accoglie con ardore il principio virile,

e lo elabora, e gli dà una trasparenza tutta femminea.108

Come farà poi Virginia Woolf, anche Sibilla Aleramo propone un’immagine della

donna basata sull’androginia, anche se la Aleramo non usa negli scritti che abbiamo studiato

questo termine. Attraverso questa impostazione, che la Woolf afferma in modo più netto e la

Aleramo in modo più implicito, entrambi offrono un’alternativa al femminismo mono-

sessuale in cui tutto si svolge attorno solo al principio femminile. La Forti-Lewis spiega che

“l'estasi dell'Aleramo e il matrimonio dei contrari della Woolf sperimentano la coidentità,

dove si perdono le contrapposizioni dualistiche.”109

Le teorie della Woolf e della Aleramo

costituiscono quindi a distanza di tempo tra loro due interpretazioni diverse dello stesso

concetto e della stessa idea in cui il maschile e il femminile non vanno separati ma coesistono.

107

Angelica Forti-Lewis, Scrittura auto/bio/grafica: teoria e pratica. Una proposta di lettura androgina per

“Una donna” di Sibilla Aleramo, cit., p. 325. 108

Sibilla Aleramo, Amo dunque sono, Milano, Mondadori, 1982, p. 130. 109

Angelica Forti-Lewis, Scrittura auto/bio/grafica: teoria e pratica. Una proposta di lettura androgina per

“Una donna” di Sibilla Aleramo, cit., p. 334.

55

4.3 A room of one’s own: il problema dei “gender roles”

A woman must have money and a room of her own if she is to write fiction.110

Nel saggio A room of one’s own, Virginia Woolf parla della problematica dello spazio

ristretto, sia letteralmente che figuratamente, attribuito alle scrittrici femminili nella società

patriarcale. Oltre a ciò, il saggio chiarisce i problemi legati ai ruoli di genere che dominano la

concezione delle donne e il loro stesso comportamento. Nel saggio la Woolf distingue tre

fattori principali dell’impossibilità dell’emancipazione femminile, vale a dire la povertà della

donna, l’atteggiamento delle donne stesse di fronte alla critica e l’oppressione del patriarcato.

A room of one’s own descrive una donna che, andando alla biblioteca dell’Oxbridge

College, incontra alcune restrizioni legate al suo genere e che fanno pensare che, ancora

venticinque anni dopo la pubblicazione da parte di Sibilla Aleramo del romanzo Una donna,

la situazione femminile sembra poco cambiata poiché la donna si trova ancora in una

posizione inferiore a quella dell’uomo, che dispone di più diritti.

Nel suo saggio la Woolf mette più che altro l’accento sulla discrepanza tra la

prosperità e la sicurezza del sesso maschile e la povertà e l’insicurezza dell’altro sesso. La

ragione più importante di questa discrepanza va cercata nella povertà sia economica che

intellettuale della donna e questa povertà del sesso femminile viene intenzionalmente

conservata e mantenuta dal patriarcato. Oltre alla povertà letterale, le donne sono anche

simbolicamente povere visto che hanno realizzato poco in termini di contributo alla storia di

un paese. La maggior parte delle grandi scoperte sono dovute agli uomini:

One could not go to the map and say Columbus discovered America and Columbus

was a woman; or take an apple and remark, Newton discovered the laws of gravitation

and Newton was a woman; or look into the sky and say aeroplanes are flying overhead

and aeroplanes were invented by women.111

Secondo la Woolf la ragione dell’impossibilità dell’emancipazione femminile risiede

nel fattore economico, mentre la Aleramo si focalizza soprattutto sull’oppressione della

società e del marito che incarna questa società patriarcale. La libertà secondo la Woolf

potrebbe essere raggiunta attraverso i mezzi economici, che permetterebbero alla donna di

110

Virginia Woolf, A room of one’s own, cit., ch. 1. 111

Ibidem., ch. 5.

56

avere una stanza per se stessa in cui dedicarsi alla letteratura senza restrizioni. Secondo la

Aleramo invece la libertà potrebbe essere raggiunta in una relazione basata su un rapporto

paritario tra moglie e marito, in cui la donna godesse della medesima libertà dell’uomo, ma,

visto che questo rapporto intimo non è ancora stabilito nella società, la libertà intellettuale

della donna può soltanto essere realizzata attraverso una fuga dall’oppressione dell’uomo.

Tra la pubblicazione di Una donna e quella di A room of one’s own, è importante

tener conto dell’avvenimento più grande che ha avuto un impatto considerevole sui rapporti

sociali, vale a dire la prima guerra mondiale. Durante questa guerra le donne hanno sostituito

gli uomini nelle fabbriche, e di conseguenza, la coscienza femminile è aumentata ed i rapporti

tra uomini e donne si sono modificati. Nel periodo della Aleramo è impossibile assumere un

impiego maschile cosicché le occupazioni femminili e maschili restano strettamente separate.

Durante la guerra al contrario le donne si rendono conto del fatto che anche loro hanno la

capacità di fare i lavori altrimenti riservati agli uomini e che anche loro hanno diritto ai soldi

che hanno guadagnati. Dopo la Grande Guerra c’è dunque un primo mutamento dei ruoli di

genere e delle relazioni tra gli uomini e le donne.

4.4 I prototipi femminili in A room of one’s own

La struttura del saggio della Woolf è completamente differente del romanzo della

Aleramo poiché A room of one’s own non è il racconto della vita di una sola donna in cui

un’amalgama di prototipi è presente, ma la Woolf descrive una serie di scrittrici femminili. La

Woolf organizza la sua argomentazione intorno a due temi differenti: prima di tutto propone

alcuni esempi significativi di donne straordinarie del passato che hanno provato il loro valore

e la loro forza, pur nelle condizioni restrittive della società patriarcale. La Woolf fa

riferimento tra l’altro a Emily Brontë e Jane Austen. Queste scrittrici non vogliono accettare il

loro ruolo subordinato e rifiutano di essere considerate dalla società come delle creature

incompetenti. Tentano di scappare dal ruolo imposto dal patriarcato per fare e per scrivere

quello che desiderano, senza restrizioni. Come Sibilla, queste donne, che vogliono la libertà di

parola e che desiderano essere apprezzate dalla società, mirano ad una carriera come scrittrice

contrastando le convenzioni sociali. Queste scrittrici incarnano quindi due prototipi: prima di

tutto quello della donna in cerca di se stessa attraverso la scrittura, come la Aleramo, ma

anche quella della professionista che concentra le proprie occupazioni sulla letteratura.

57

Nel terzo capitolo di A room of one’s own invece, la Woolf descrive un certo numero

di donne che presentano in gran parte le stesse caratteristiche di Sibilla all’inizio di Una

donna, vale a dire che sono delle donne che non hanno la possibilità di esprimersi e che si

rassegnano. Si accordano così con il prototipo della donna perduta descritto da Dana Crowley

Jack. Queste donne vengono continuamente oppresse dall’immagine che la società impone

loro.

Come già detto prima, Virginia Woolf dà meno importanza al ruolo svolto dal marito e

dal matrimonio sull’impossibilità di una emancipazione delle donne, contrariamente alla

Aleramo, ma imputa l’incompatibilità della donna con una carriera come scrittrice di finzione

al ruolo prototipico di madre: “Making a fortune and bearing thirteen children – no human

being would stand it”112

. A causa del tempo consacrato all’allevamento dei figli, le possibilità

per una donna di portare avanti una professione come scrittrice sono quasi inesistenti. Come

la Aleramo, Virginia Woolf riconosce che il prototipo della madre così come viene concepita

dal patriarcato non si possa armonizzare con quello della professionista. Di conseguenza,

anche Virginia stessa rifiuta il prototipo della donna madre poiché dopo una serie di

discussioni con il marito la Woolf decide di non avere figli perché è convinta che la maternità

non sia conciliabile con una carriera letteraria. Inoltre, Virginia è malata ed è quindi convinta

di non avere sufficiente energia per entrambe le occupazioni. Dalla sua scelta di non avere

figli emerge la conclusione che per la Woolf la scrittura è più importante rispetto alla

maternità.

Quanto alla relazione con gli uomini, la protagonista di A room of one’s own

rappresenta il contrario della Aleramo, poiché non è sposata. La donna non incarna dunque il

prototipo della sposa tradizionale subordinata al marito ma deve invece prendersi cura di se

stessa, accettando impieghi che nessun’altro vorrebbe fare, fino al momento in cui riceve in

eredità da una zia cinquecento sterline all’anno. A partire da questo momento, l’atteggiamento

della protagonista rispetto al sesso maschile cambia radicalmente:

I need not hate any man; he cannot hurt me. I need not flatter any man; he has

nothing to give me. So imperceptibly I found myself adopting a new attitude towards

the other half of the human race. It was absurd to blame any class or any sex, as a

whole.113

112

Virginia Woolf, A room of one’s own, cit., ch. 1. 113

Ibidem., ch. 2.

58

La protagonista non è più il prototipo della donna subordinata senza voce che deve

lavorare tantissimo per significare qualcosa, ma incarna il prototipo della donna indipendente

e autonoma, un prototipo che Sibilla non ha mai potuto raggiungere visto che, anche dopo

l’abbandono del marito, continua a dipendere dagli uomini. Al contrario di Sibilla questa

donna non dipende da un marito e può fare quello che vuole, in quanto la società lo ammette.

Inoltre la protagonista è disposta a cambiare la sua attitudine verso il sesso maschile mentre

Sibilla non riesce a scappare dalla negatività legata agli uomini cosicché il suo atteggiamento

di fronte al genere maschile non è incline a modificarsi. Questo cambiamento d’attitudine

della donna grazie ad una somma di denaro dimostra l’importanza del sostegno economico

per la liberazione della donna.

Infine, dalla teoria della Woolf sull’identità androgina emerge un’avversione ai

prototipi che definiscono il sesso femminile nella società patriarcale poiché una scrittrice non

deve soltanto integrare nella propria persona dei tratti femminili, ma deve assumere delle

caratteristiche sia maschili che femminili per arrivare in questo modo ad una visione più

completa del mondo, che contribuisce alla qualità dei romanzi.

59

5. Conclusione

5.1 Il matrimonio come negazione della donna

Dall’analisi del romanzo Una donna, traiamo la conclusione che Sibilla Aleramo

rappresenta il prototipo della donna madre e moglie che ha smarrito la propria identità nella

relazione matrimoniale e che si è tenuta in disparte per la famiglia. Questa osservazione porta

a chiedersi se il matrimonio tradizionale implichi automaticamente la negazione della donna:

è possibile per una donna sposata, costretta nella società paternalista ad un ruolo di casalinga,

mantenere la propria personalità o il sacrificio è inevitabile alla fine del XIX secolo,

nell’epoca in cui il sistema patriarcale è ancora dominante? Nel matrimonio, è possibile per

una donna conservare la propria identità femminile senza dover sacrificarsi completamente

per altre persone? E inoltre, la donna tradizionale avrà mai la possibilità di dedicarsi ai suoi

interessi e attività oltre al governo della casa, o di sviluppare una propria vita intellettuale?

Quanto all’esperienza matrimoniale, Sibilla spiega che ”il matrimonio aveva prodotto una

specie di sosta nel suo sviluppo spirituale”114

. L’esempio di Sibilla ci dimostra come la donna

non abbia nel suo ruolo di casalinga tradizionale la possibilità di sviluppare il suo intelletto,

né di espandere le proprie conoscenze poiché è costretta alla passività. È chiaro che nel

matrimonio fondato sul sistema patriarcale ogni scopo che una donna tenta di raggiungere,

oltre alla cura della famiglia, viene soppresso e condannato. Nonostante alcune opportunità

che Sibilla incontra e che le permettono di concentrarsi sui suoi interessi, ossia la scrittura,

l’oppressione maschile persiste e la coincidenza del ruolo di casalinga con quello della donna

intellettuale è ancora impossibile. Anche la Caesar115 afferma:

The novel itself points to the inevitable conclusion that a woman hoping to find self-

fulfilment in marriage through her husband and children is deluding herself.116

Il profilo della donna che nega la propria personalità e che si sacrifica si oppone

ancora troppo alla donna che si sviluppa e si afferma in modo autonomo.

Dalle sue esperienze Sibilla capisce che è impossibile diventare “una donna”,

rivendicando la femminilità, in una relazione di forza basata sulla disuguaglianza, come

quella tra lei e il marito, e che l’unica soluzione è o di scappare dalla relazione, o di renderla

114

Sibilla Aleramo, Una donna, cit., p. 82. 115

Ann Caesar, Italian Feminism and the Novel: Sibilla Aleramo’s “A Woman”, cit., pp. 79-87. 116

Ibidem., p. 86.

60

paritaria. La seconda opzione però non è ancora possibile: l’intera coscienza della società

dovrebbe essere ristrutturata, a partire da quella della donna, per arrivare ad una relazione in

cui sia il marito che la moglie hanno altrettante possibilità e libertà. Nella situazione di Sibilla

l’unica soluzione è quindi di abbandonare la famiglia e ricominciare la propria vita altrove. La

Aleramo crede che lo scopo di una donna non sia quello di sacrificarsi interamente per la

famiglia, come lei e la madre hanno fatto. Anche la donna ha diritto a un’identità e questa è la

ragione per la quale Sibilla sente di non corrispondere al modello imposto dalla società,

perché riconosce importanza alla sua autonomia, al suo diritto di esprimersi e soprattutto alla

vita intellettuale. Pertanto, alla fine del romanzo, per diventare un individuo autonomo e

pienamente realizzato, Sibilla sceglie di lasciare la famiglia e ciò mostra che lo sviluppo

dell’identità femminile, così come una conoscenza intellettuale, è impossibile nella società

patriarcale. Per Sibilla la società ideale è dunque quella in cui l’identità femminile e il

matrimonio possono coincidere e nella quale la donna ha la possibilità di occuparsi sia dalla

vita di famiglia che dalla vita intellettuale.

La Caesar117

riconosce infatti che la condizione essenziale per l’emancipazione della

donna è il lavoro e ciò implica che è impossibile per la donna “tradizionale” emanciparsi

poiché non ha un lavoro retribuito. L’argomento della Caesar conferma dunque la conclusione

a cui arriva Sibilla, vale a dire che è impossibile sviluppare la propria identità femminile solo

come sposa e madre e che la donna come identità autonoma si può affermare solo se i valori

donna-uomo e moglie-marito cambiano radicalmente.

Benché capisca la necessità di questo cambiamento, la Aleramo nella pratica propone

un modello non interamente nuovo ma ‘di transizione’, il che è comprensibile poiché gli

eventi del romanzo si svolgono a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. In questo periodo,

non è pensabile che una rivoluzione culturale tanto profonda come quella immaginata dalla

Aleramo si compia in poco tempo. Nonostante le sue idee innovative la Aleramo può arrivare

soltanto alla proposta di un modello di famiglia alternativo in cui – benché le forze in campo

siano positive – i rapporti di forza non cambiano, ossia il padre è ancora la figura dominante e

la madre è ancora l’entità subordinata. Il cambiamento sostanziale nel modello riproposto

della Aleramo è che si passa dalla autorità, che è coercitiva, alla autorevolezza, che non è

coercitiva.

117

Ann Caesar, Italian Feminism and the Novel: Sibilla Aleramo’s “A Woman”, cit., pp. 79-87.

61

5.2 I prototipi in Sibilla Aleramo

La concezione della donna nella storia è fortemente dominata da immagini femminili

prototipiche. Anche durante il processo della liberazione e dell’emancipazione della donna, di

cui la vita di Sibilla rappresenta un esempio chiaro, i prototipi giocano un ruolo

importantissimo. Durante tutta la sua vita, Sibilla ha incarnato un prototipo dopo l’altro, e ha

in gran parte lasciato controllare la propria vita da queste immagini prototipiche.

Con il romanzo Una donna, Sibilla Aleramo “Credeva di vedere dei miti – lo spirito

femminile, la donna artista – e invece li incarnava.”118

Dentro la sua persona, Sibilla incarna

la maggior parte dei prototipi femminili e lei stessa diventa una sorta di compendio, di sintesi

della condizione femminile durante l’emancipazione della donna. La Aleramo ha incarnato i

miti su i diversi tipi di atteggiamento femminile, i quali si sono evoluti durante la sua ricerca

della propria libertà intellettuale, a partire dalla sposa subordinata fino alla professionista e

alla femminista.

Siamo arrivati alla conclusione che, per la Aleramo, il prototipo della casalinga non

può andare di pari passo con quello della professionista, a causa delle restrizioni riguardanti lo

sviluppo intellettuale e le relazioni sociali che sono legati al prototipo della sposa e della

madre. Per incarnare il prototipi della professionista e della femminista, la Aleramo si è

dovuta staccare letteralmente dall’immagine prototipica della sposa e della madre.

5.3 Virginia Woolf

L’analisi del saggio A room of one’s own dimostra che la Woolf imputa la difficoltà

delle donne come scrittrici, e dell’emancipazione femminile in generale, soprattutto alla

povertà economica della donna e alla insufficienza di spazi a disposizione per la scrittura.

Inoltre, la società patriarcale dipinge la donna come un essere inferiore all’uomo e indegna di

fare letteratura, ma è anche il comportamento delle donne stesse ad ostacolare la liberazione

femminile. Se volessero arrivare ad un’emancipazione le scrittrici dovrebbero smettere di

difendersi dalle critiche che ricevono ai loro romanzi, spesso dovute alla semplice ragione che

sono donne, e dovrebbero abbandonare il loro risentimento e rancore di fronte agli uomini.

Quanto al tema dei prototipi femminili, la Woolf lo contesta attraverso la sua teoria

dell’androginia in cui ogni donna dovrebbe assumere le qualità sia maschili che femminili

118

Prefazione di Anna Folli, in Una donna di Sibilla Aleramo, cit., p. XI.

62

nella propria identità. La Woolf è dell’avviso che le donne non siano legate a prototipi fissi

determinati dalla società paternalista, ma che siano anche capaci di diventare degli esseri

androgini. La Woolf è dell’opinione che “the fully developed mind that it does not think

specially or separately of sex.”119

La più importante innovazione del saggio della Woolf rispetto alle idee femministe

della Aleramo è appunto la teoria dell’androginia e il trattamento del lesbismo. Mentre Sibilla

Aleramo ha costruito la base del femminismo, e più in particolare della lotta contro la

discriminazione sessuale e contro il silenzio imposto alle donne, la Woolf ha piuttosto messo

l’accento sulla liberazione sessuale, di cui il testo della Aleramo è stato il precursore. Mentre

Sibilla non dà quasi mai segno delle proprie tendenze lesbiche, la Woolf milita apertamente in

favore del lesbismo, il che ha contribuito alla definizione del suo ruolo di precursore per il

femminismo radicale degli anni Sessanta e Settanta.

È chiaro che, dopo venticinque anni, a seguito di una guerra che ha messo in disordine

le strutture sociali, la posizione della donna ha subito numerosi cambiamenti positivi. La

Woolf è sicura del fatto che nel giro di cento anni, lo statuto della donna cambierà

radicalmente e che la femminilità non dovrà più essere protetta:

Moreover, in a hundred years, I thought, reaching my own doorstep, women will

have ceased to be the protected sex. Logically they will take part in all the activities

and exertions that were once denied them.120

La prospettiva della Woolf è molto più ottimista rispetto a quella della Aleramo,

essendo certa che lo statuto femminile si possa avvicinare a quello degli uomini. Sibilla

invece è ancora molto insicura sull’eventuale emancipazione della donna: “Signora di sé

stessa la donna non era di certo ancora: lo sarebbe mai?”121

. Questo atteggiamento prudente è

comprensibile a causa del fatto che il suffragio femminile non è ancora una realtà e che in

questo periodo è ancora inconcepibile un cambiamento radicale.

In conclusione crediamo si possa affermare che dal confronto tra la Aleramo e la

Woolf emerge un quadro molto rappresentativo dell’evoluzione del pensiero femminile

europeo, determinato, in parte dall’evoluzione storica verificatasi tra la prima e la seconda

autrice. Non si tratta però solo di una conseguenza delle circostanze storiche in cui le due

autrici operano, ma anche di una evoluzione del pensiero femminista. Mi pare particolarmente

119

Virginia Woolf, A room of one’s own, cit., ch. 6 120

Ibidem., ch. 2. 121

Sibilla Aleramo, Una donna, cit., p. 115.

63

interessante sottolineare che questo confronto non è stato ancora completamente affrontato

dalla critica letteraria, e per un eventuale studio successivo, sarebbe interessante paragonare

più approfondamente il femminismo dalla Aleramo con le idee femministe della Woolf,

partendo da altri romanzi scritti dall’autrice inglese, come Three Guineas.

64

6. Bibliografia

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