Un “tempo perduto” tra scienza e letteratura: il...

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10 Un “tempo perduto”tra scienza e letteratura: il temps perdu da H ermann v on H elm h oltz a M arcel P roust MARCO PICCOLINO E’ da più di un secolo che Sigmund Freud ci insegna che quello che noi facciamo, pensiamo, ciò di cui abbiamo paura e anche quello che ci accade nel corso della nostra vita quotidiana, a volte in un modo apparentemente casuale e inatteso, può essere connes- so a eventi distanti della nostra vita passata, eventi di cui apparentemente non serbiamo alcun ricordo, ma che hanno tuttavia lasciato tracce significative nei territori profondi della nostra personalità. La relazione che esiste tra gli avvenimenti passati e il presente della nostra vita non appare a volte in modo chiaro e ovvio, e sono spesso necessari, perché essa emerga, intensi sforzi da parte dell’ «archeologo» dell’ inconscio uma- no, lo psicanalista. A volte ciò vale per il dominio ristretto dell’ esperienza individuale, può essere anche vero per l’ ambito più vasto della storia. La relazione tra eventi apparentemente lontani può essere allora rivelata attraverso il lavoro dello storico, che scandaglia le tracce profonde delle epoche passate, consultando antichi libri, manoscritti, che in alcuni casi nessuno ha letto per secoli, spesso situati in luoghi distanti e di difficoltoso accesso. All’ inizio del ventesimo secolo, Marcel Proust ha espres- so con l’ incanto della sua prosa poetica, le difficoltà, e al tempo stesso il fascino, di questa ricerca di antichi documenti che potrebbe richiedere un lungo viaggio verso i Paesi Bassi, per i canali, su navigli trainati da cavalli, gettando, al passaggio, uno sguardo fuggitivo alla cattedrale di Dordrecht, fino alla destinazione finale, l’ antica città di Utrecht e i suoi archivi di Amer- sfoort (si veda Proust 1906). Come in ogni vera ricerca, i risultati potrebbero essere inattesi e rivelare connes- sioni tra eventi che non solo non appaiono correlati l’un l’ altro, ma sembrano anche appartenere a domini diversi dell’ attività umana. Come questo articolo si propone di mostrare, potrebbe esserci una sottile connessione tra avvenimenti verificatisi a Greenwich alla fine del ’ 700 e il titolo de La Recherche du temps perdu di Marcel Proust (1871-1922), una pietra miliare della letteratura del ’900. Un anello intermedio in questa connessione potrebbe avere a che fare con la fisiologia nervosa, e in particolare con la fisiologia senso- riale, e avere come suo attore principale uno dei più grandi scienziati dell’ 800, Hermann von Helmholtz (1821-1894), un personaggio straordinario, genio dalle molte facce. Oltre a dare contributi di grande importanza in vari campi della fisiologia e della fisica, Helmholtz giocò un ruolo fondamentale nell’ emergenza della scienza mo- derna fuori dalle nebbie di una pratica scientifica ancora basata su dottrine vitaliste e metafisiche, come era la filosofia romantica della natura (la Naturphilo- sophie) che dominava gli stati tedeschi al passaggio tra ’700 e ’800 (su Helmholtz si veda in particolare Cahan 1993; e Meulders, 2001). Un metodo visuo-acustico di osservazione astro nomica e gli errori a Greenwich nel 1796 L’osservazione del transito di una stella con un telesco- pio potente richiede una esatta e pronta determinazio- ne della posizione del corpo celeste in rapido movi- mento contro la volta del cielo, combinata con un’ ac- curata misurazione del momento del passaggio a un livello di precisione dell’ordine delle frazioni di secon- do. I cronometri disponibili fino alla fine del ’700 (e anche per alcuni decenni del secolo successivo) erano però in grado di misurare il tempo solo con la precisione dei secondi. Per superare queste difficoltà, James Bradley (1693-1762) il terzo “astronomo reale” a Greenwich, aveva sviluppato un metodo di interpo- lazione basato su una complessa coordinazione visuo- acustica. Il campo telescopico era suddiviso da un reticolo di filamenti paralleli, e l’osservatore doveva seguire la stella in rapido movimento rispetto a un filamento del reticolo, e contemporaneamente tener conto del tempo, contando i battiti dell’orologio. Per arrivare a una misura più precisa di quella resa possibile dal passo dell’orologio, egli doveva notare la posizione della stella all’ istante del battito dell’orologio immedia- tamente precedente l’ attraversamento del filamento, e poi al battito subito successivo al passaggio, interpo- lando mentalmente la frazione temporale corrispon- dente al momento in cui la stella veniva a trovarsi esattamente in corrispondenza del filo. A dispetto della complessità delle operazioni sensoriali e psichiche richieste, il metodo di Bradley venne usato fino alla metà dell’800. Un astronomo esperto poteva arrivare ad una precisione temporale stimata nell’ordi- ne dei decimi di secondo. A volte, però, le osservazioni relative al passaggio della stessa stella fatte da due astronomi differivano in notevole grado. Questo fu

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Un “tempo perduto” tra scienza eletteratura: il temps perdu da Hermannvon HHelmholtz a Marcel Proust

MARCO PICCOLINO

E’ da più di un secolo che Sigmund Freud ci insegnache quello che noi facciamo, pensiamo, ciò di cuiabbiamo paura e anche quello che ci accade nel corsodella nostra vita quotidiana, a volte in un modoapparentemente casuale e inatteso, può essere connes-so a eventi distanti della nostra vita passata, eventi di cuiapparentemente non serbiamo alcun ricordo, ma chehanno tuttavia lasciato tracce significative nei territoriprofondi della nostra personalità. La relazione cheesiste tra gli avvenimenti passati e il presente dellanostra vita non appare a volte in modo chiaro e ovvio,e sono spesso necessari, perché essa emerga, intensisforzi da parte dell’ «archeologo» dell’inconscio uma-no, lo psicanalista. A volte ciò vale per il dominioristretto dell’esperienza individuale, può essere anchevero per l’ambito più vasto della storia. La relazionetra eventi apparentemente lontani può essere allorarivelata attraverso il lavoro dello storico, che scandagliale tracce profonde delle epoche passate, consultandoantichi libri, manoscritti, che in alcuni casi nessuno haletto per secoli, spesso situati in luoghi distanti e didifficoltoso accesso.All’inizio del ventesimo secolo, Marcel Proust ha espres-so con l’incanto della sua prosa poetica, le difficoltà, eal tempo stesso il fascino, di questa ricerca di antichidocumenti che potrebbe richiedere un lungo viaggioverso i Paesi Bassi, per i canali, su navigli trainati dacavalli, gettando, al passaggio, uno sguardo fuggitivoalla cattedrale di Dordrecht, fino alla destinazionefinale, l’antica città di Utrecht e i suoi archivi di Amer-sfoort (si veda Proust 1906). Come in ogni vera ricerca,i risultati potrebbero essere inattesi e rivelare connes-sioni tra eventi che non solo non appaiono correlati l’unl’altro, ma sembrano anche appartenere a dominidiversi dell’attività umana.Come questo articolo si propone di mostrare, potrebbeesserci una sottile connessione tra avvenimenti verificatisia Greenwich alla fine del ’700 e il titolo de La Recherche dutemps perdu di Marcel Proust (1871-1922), una pietramiliare della letteratura del ’900. Un anello intermedio inquesta connessione potrebbe avere a che fare con lafisiologia nervosa, e in particolare con la fisiologia senso-riale, e avere come suo attore principale uno dei più grandiscienziati dell’800, Hermann von Helmholtz (1821-1894),un personaggio straordinario, genio dalle molte facce.

Oltre a dare contributi di grande importanza in varicampi della fisiologia e della fisica, Helmholtz giocò unruolo fondamentale nell’emergenza della scienza mo-derna fuori dalle nebbie di una pratica scientificaancora basata su dottrine vitaliste e metafisiche, comeera la filosofia romantica della natura (la Naturphilo-sophie) che dominava gli stati tedeschi al passaggio tra’700 e ’800 (su Helmholtz si veda in particolare Cahan1993; e Meulders, 2001).

Un metodo visuo-acustico di osservazione astro-nomica e gli errori a Greenwich nel 1796L’osservazione del transito di una stella con un telesco-pio potente richiede una esatta e pronta determinazio-ne della posizione del corpo celeste in rapido movi-mento contro la volta del cielo, combinata con un’ac-curata misurazione del momento del passaggio a unlivello di precisione dell’ordine delle frazioni di secon-do. I cronometri disponibili fino alla fine del ’700 (eanche per alcuni decenni del secolo successivo) eranoperò in grado di misurare il tempo solo con laprecisione dei secondi. Per superare queste difficoltà,James Bradley (1693-1762) il terzo “astronomo reale”a Greenwich, aveva sviluppato un metodo di interpo-lazione basato su una complessa coordinazione visuo-acustica. Il campo telescopico era suddiviso da unreticolo di filamenti paralleli, e l’osservatore dovevaseguire la stella in rapido movimento rispetto a unfilamento del reticolo, e contemporaneamente tenerconto del tempo, contando i battiti dell’orologio. Perarrivare a una misura più precisa di quella resa possibiledal passo dell’orologio, egli doveva notare la posizionedella stella all’istante del battito dell’orologio immedia-tamente precedente l’attraversamento del filamento, epoi al battito subito successivo al passaggio, interpo-lando mentalmente la frazione temporale corrispon-dente al momento in cui la stella veniva a trovarsiesattamente in corrispondenza del filo.A dispetto della complessità delle operazioni sensorialie psichiche richieste, il metodo di Bradley venne usatofino alla metà dell’800. Un astronomo esperto potevaarrivare ad una precisione temporale stimata nell’ordi-ne dei decimi di secondo. A volte, però, le osservazionirelative al passaggio della stessa stella fatte da dueastronomi differivano in notevole grado. Questo fu

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quanto accadde a Greenwich per David Kinnebrook(1772-1802), che nel periodo 1795-1796, determinòripetutamente il transito di una stella con un errore dicirca 800 millisecondi rispetto alle misure eseguite dalsuo capo Nevil Maskelyne (1732-1811) il quinto astro-nomo reale a Greenwich. Dopo essere stato invitato autilizzare un metodo di osservazione più corretto,Kinnebrook fu infine licenziato da Maskelyne, appa-rentemente con una certa “riluttanza”, alla fine del 1796(si veda Mollons e Perkins, 1996; e Finger e Wade 2002).Nel 1818 l’episodio giunse all’attenzione di FriedrichWilhelm von Bessel (1784-1846) direttore dell’osser-vatorio di Königsberg. Oltre a essere uno dei piùgrandi astronomi del suo tempo, Bessel era anche ungrande matematico (sue le “funzioni di Bessel” utili perla risoluzione di complesse equazioni differenziali), edera particolarmente interessato alla teoria degli erroristrumentali. Circa venti anni prima egli aveva iniziatola sua attività di astronomo come dilettante (mentrelavorava in qualità di contabile per una compagniamercantile di Brema) facendo un’accurata determina-zione dell’orbita della cometa di Halley.Dal confronto delle proprie osservazioni con quelle dialtri eminenti astronomi dell’epoca, Bessel giunse allaconclusione che una differenza sistematica e inelimina-bile persisteva a dispetto della più grande accuratezzache gli astronomi ponevano nella misura. Agli astrono-mi venne allora richiesto di calcolare la propria diffe-renza rispetto a un’osservazione standard (con unastella vera o “simulata”) e di esprimere questa differen-za come “equazione personale”, in modo tale darendere possibile il confronto tra le osservazioni fatteda astronomi differenti. Il problema venne infinesuperato con l’introduzione, attorno al 1850, di crono-grafi precisi e con l’uso di metodi automatici perregistrare il transito stellare. L’interesse per questo tipodi problema continuò però fino all’incirca al 1870.Bessel e altri ritenevano che le differenze tra astronomidiversi dipendessero da qualche caratteristica dei pro-cessi fisiologici implicati nella complessa procedurabasata sull’interazione tra sensazioni visive e acustiche.Questo portava a pensare che i meccanismi di tiponervoso e mentale potessero richiedere un tempo nontrascurabile per svolgersi, una possibilità che contrasta-va con le vedute, ancora dominanti nella scienza del-l’epoca, secondo cui processi appartenenti alla sferadella coscienza e della percezione non sarebbero ricon-ducibili ai territori fisici della misura e dell’esperimento(si veda Wolf, 1865; Donders, 1868, Canales, 2001).

Herman von Helmholtz e la misura del tempo diconduzione nervosaNel 1849, a seguito di una complessa serie di eventiaccademici che riguardavano Ernst Brücke, Karl Lud-wig, Emil du Bois-Reymond e Hermann Helmholtz

(uno straordinario quartetto di allievi del grande fisio-logo tedesco Johannes Müller, 1801-1858), Helmholtzfu nominato professore di fisiologia all’Università diKönigsberg, la famosa città delle mitiche passeggiatefilosofiche di Immanuel Kant (1724-1804). Sebbeneavesse all’epoca solo 28 anni, Helmholtz aveva già datocontributi fondamentali sia alla fisiologia che alla fisica,secondo un’attitudine che sarà dominante per tutta lasua vita scientifica. Dal punto di vista accademicoquesta attitudine culminerà nella sua chiamata (nel1870) alla cattedra di fisica all’Università di Berlino, lastessa Università nella quale egli si era laureato in medicinanel 1842. Nel 1847 Helmholtz aveva scritto la suaclassica memoria sulla Conservazione della forza (Über dieErhaltung der Kraft), che stabiliva quello che sarebbestato poi indicato come ‘primo principio della ter-modinamica’, soprattutto per fornire basi teoriche aisuoi esperimenti sulla fisiologia muscolare. In questiesperimenti egli aveva mostrato che una contrazionemuscolare prolungata era associata a modificazionichimiche rilevabili del tessuto muscolare, un risultatoche suggeriva la possibile dipendenza dello sviluppo diforza meccanica da trasformazioni fisico-chimiche nelmuscolo (Helmholtz, 1847).Prima di trasferirsi a Königsberg, Helmholtz era anco-ra impegnato in studi di fisiologia muscolare e, inparticolare, egli tentava di registrare graficamente lacontrazione muscolare adattando un sistema a tambu-ro ruotante, secondo un metodo sviluppato originaria-mente da Ludwig (Fig. 1).

Fig. 1 Il Kymographion di Ludwig.

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I primi risultati ottenuti da Helmholtz con questometodo sembravano andare contro l’ipotesi, sostenutain particolare da Edward Weber (1806-1871), secon-do cui la contrazione indotta da uno stimolo elettricoaveva un corso temporale istantaneo, iniziando senzaalcun ritardo temporale all’applicazione dello stimoloe cessando in modo improvviso alla sua terminazione(Olesko and Holmes, 1993).Giunto a Königsberg nel 1849, Helmholtz stabilìrapidamente amicizia con August Ludwig Busch(1804-1855), direttore del locale osservatorio astrono-mico, già assistente di Bessel (al quale era succeduto allasua morte nel 1846). Venne anche in contatto con FranzErnst Neumann (1798-1865), fisico e mineralogistacon mentalità matematica, anch’egli influenzato daBessel e fortemente interessato alla teoria degli errori.Molto probabilmente attraverso conversazioni conBusch (e con Neumann), Helmholtz si familiarizzò conil problema dell’equazione personale che aveva ancoraun forte impatto sulla comunità scientifica. Nell’autun-no di questo stesso anno, egli mise a punto un apparatosperimentale per la registrazione delle contrazionimuscolari e iniziò i suoi primi esperimenti su unapreparazione neuro-muscolare di rana. In questi espe-rimenti uno stimolo elettrico di breve durata (prodottocon una bobina a induzione appositamente costruita)veniva applicato al nervo motore e la contrazionemuscolare registrata graficamente.Fin dall’inizio apparve evidente che la contrazionedurava molto più a lungo dello stimolo, e, inoltre, cheil muscolo cominciava a contrarsi con un chiaro ritardodopo il termine del breve impulso elettrico usato perla stimolazione. Helmholtz notò poi che il ritardo tra lostimolo e l’inizio della contrazione variava in modonotevole, in rapporto con varie condizioni sperimen-tali, e, in particolare, diventava più lungo a misura chel’elettrodo di stimolazione veniva posto sul nervo adistanze progressivamente più grandi rispetto all’inser-zione nel muscolo. Nel modo elusivo che caratterizzale grandi scoperte, esperimenti che inizialmente eranostati concepiti per investigare il corso temporale dellacontrazione muscolare, mutarono il loro scopo inmodo abbastanza radicale: si trasformarono in untentativo di misurare il tempo richiesto per la propaga-zione del segnale nervoso.Per diversi motivi Helmholtz fu pronto a coglierel’importanza della sua osservazione sulla dipendenzadel ritardo nella contrazione muscolare dalla distanzadal muscolo del segmento nervoso stimolato. In pri-mo luogo, come abbiamo già detto, egli conosceva ilproblema dell’equazione personale che portava a sup-porre come un tempo apprezzabile fosse richiesto perla funzione nervosa in generale e per la conduzione inparticolare. Egli aveva inoltre familiarità con gli studi difisiologia neuromuscolare portati avanti in quella epo-

ca dal suo amico du Bois-Reymond. Secondo du Bois-Reymond la progressione del segnale lungo le fibrenervose era un evento elettrico, ma differiva dalla tipicaconduzione lungo cavi metallici (un fenomeno verosi-milmente molto rapido), perché implicava un riarran-giamento spaziale delle “molecole elettriche” che, asuo dire, componevano il nucleo delle fibre eccitabili(si veda du Bois-Reymond, 1848-1884). SecondoHelmholtz questo movimento avrebbe richiesto untempo finito, e la conduzione non poteva quindiavvenire alle velocità straordinariamente elevate sup-poste dagli adepti delle antiche dottrine fisiologiche.Di particolare rilievo in questo contesto era l’atteggia-mento del maestro di Helmholtz, Johannes Müller,perché probabilmente contribuì a stimolare nell’allievoil tentativo di misurare ciò che egli considerava immi-surabile. Müller riteneva infatti che il “principio nervo-so” fosse un “fluido imponderabile o un’ondulazionemeccanica”, analogo alla luce, e che dovesse quindipropagarsi lungo le fibre nervose a velocità estrema-mente grandi. Di conseguenza, era, per Müller, desti-nato al fallimento ogni tentativo di misurare il temponecessario alla propagazione del segnale lungo untronco nervoso (di dimensioni necessariamente picco-le rispetto a quelle, per esempio, che avevano permessodi misurare la velocità della luce, si veda Müller, 1844).Avendo colto l’importanza dei suoi risultati, Helmhol-tz cercò di confermare le sue osservazioni, utilizzandoun metodo più preciso e sensibile di quello fino adallora usato, e basato, come abbiamo detto, su registra-zioni di tipo grafico. Col metodo grafico le tracceerano così piccole da rendere necessario il ricorso almicroscopio per rilevare le deflessioni verticali corri-spondenti alle contrazioni muscolari; il tempo di con-duzione nervosa appariva inoltre essere una frazioneestremamente esigua del tempo totale in gioco tral’applicazione dello stimolo e il pieno sviluppo dellacontrazione muscolare. Si rivelava dunque difficilemisurare la differenza temporale tra i tracciati corri-spondenti a contrazioni indotte da stimoli applicati inluoghi diversi del tronco nervoso.Helmholtz decise allora di far ricorso al metodo piùpreciso sviluppato da Claude Pouillet (1790-1868), egià utilizzato in artiglieria per misurare la velocità dellepalle di cannone (si veda Pouillet, 1837). Un metodobasato sull’osservazione che l’ampiezza dell’escursionedell’ago di un galvanometro indotta da brevi impulsi dicorrente era proporzionale alla durata degli impulsi.Sincronizzando l’inizio dello stimolo elettrico (utilizza-to per eccitare il muscolo) con l’impulso di correnteinviato al galvanometro, era possibile misurare inmodo accurato intervalli temporali brevissimi. Unaltro accorgimento sperimentale che Helmholtz avevaderivato da Pouillet consisteva nel disporre la prepara-zione e il sistema di stimolazione elettrica in modo che

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la contrazione muscolare interrompesse automatica-mente il passaggio di corrente (e terminasse così lamisurazione del tempo).Con il nuovo metodo Helmholtz ottenne risultatisufficientemente accurati e affidabili in una serie diesperimenti iniziati alla fine del 1849. Con una distanzadi 50-60 mm dell’elettrodo di stimolazione del nervorispetto all’inserzione nel muscolo, si registrava unritardo, tra l’inizio dello stimolo e inizio della contra-zione, variabile tra 1.4 e 2 millisecondi. All’inizio del-l’anno successivo Helmholtz aveva abbastanza dati dapoter inviare una breve comunicazione a due societàscientifiche di Berlino (la Akademie der Wissenschaften,dove la nota fu letta da Johannes Müller il 21 gennaio1850 e la Physikalische Gesellschaft, alla quale i risultati diHelmholtz furono presentati da Emil du Bois-Reymondil primo Febbraio: si veda Helmholtz, 1850 a e b).La rapidità con cui Helmholtz pubblicò l’annunciopreliminare dell’esistenza di un “tempo misurabile”per la conduzione nervosa, attesta la sua convinzionesull’importanza epocale della sua scoperta. Era laprima volta infatti che veniva ottenuta una misuradiretta del tempo necessario alla propagazione deisegnali nervosi, messaggi elusivi che l’antica medicinariteneva fossero portati da entità misteriose indicatecome “spiriti animali”, mediatori immateriali tra l’ani-ma immortale e l’organismo corporeo, sia a livello deiprocessi sensoriali che dei meccanismi motori (si vedaPiccolino and Bresadola, 2003).Sebbene, con la rivoluzione scientifica del ‘600, i vecchiconcetti fisiologici fossero stati superati, rimanevanotuttavia difficoltà nell’assegnare una natura fisica defi-nita a questi agenti. Nella concezione cartesiana di unUniverso costituito da una varietà di fluidi in moto piùo meno vorticoso, agli agenti nervosi veniva attribuitala natura di “fluidi sottilissimi”, simili alla luce, al fluidoelettrico, al “fuoco elementare”, una materia fine eimponderabile capace di penetrare la materia ordinariae di propagarsi a velocità estremamente elevate lungole fibre nervose.Nella terza edizione della sua Opticks, Newton avevasuggerito un’ipotesi alternativa, di tipo “ondulatorio”,basata sulla sua concezione di un “mezzo Etereo” chepervadeva lo spazio dell’universo. Secondo questaipotesi la conduzione nelle fibre nervose e motoriedipendeva da una “vibrazione di questo mezzo [… ]propagata lungo i solidi Capillamenti pellucidi deiNervi [che sono] solidi e uniformi, in modo che ilMoto vibrante del mezzo Etereo può propagarsilungo di essi”.Il riferimento a un “fluido imponderabile” o a una“ondulazione meccanica”, fatto da Johannes Müllernella sua affermazione sulla impossibilità di misurare lavelocità dell’impulso nervoso, riecheggiava in effettiqueste antiche dottrine.

Mostrando che la conduzione nervosa era basata sufenomeni fisici quantificabili, Helmholtz concludevaun cammino millenario della storia dell’umanità versouna comprensione scientifica degli eventi nervosi. Allostesso tempo egli apriva la strada ad un nuovo approc-cio scientifico allo studio delle funzioni nervose (ementali). Da un certo punto di vista, il risultato ottenutoda Helmholtz rappresentava solo uno dei contributi inquesta direzione, contributo che agiva insieme ad altreimportanti conquiste della scienza dell’epoca: la for-mulazione da parte di Johannes Müller della “leggedelle energie nervose specifiche”, la dimostrazionefornita da Carlo Matteucci (1811-1868) e da Emil duBois-Reymond del ruolo dell’elettricità nella funzionedei tessuti eccitabili e la prima misurazione quantitativadella intensità delle sensazioni ottenuta da GustavTheodor Fechner (1801-1887). D’altra parte, come èstato acutamente sottolineato, la misurazione da partedi Helmholtz della velocità della conduzione nervosafu un evento “così drammatico che essa operò piùefficacemente di ogni altro singolo contributo di ricer-ca nel proclamare il fatto che la mente non è ineffabile,ma è invece soggetto adatto per il controllo e perl’osservazione sperimentale” (Boring, 1957).

Una sconcertante scopertaSiamo ora ben abituati all’idea che l’attività mentalecoinvolge una serie di processi fisiologici, che hannoluogo in circuiti specifici del nostro cervello e siestrinsecano in varie manifestazioni funzionali a misurache i segnali nervosi si propagano verso la periferia delnostro corpo. Sappiamo anche che è richiesto untempo per la conduzione nervosa e per più elaborateoperazioni neurali, in particolare quando queste ope-razioni implicano una molteplicità di contatti sinaptici,con il complesso macchinario operativo che intervienenella comunicazione tra cellule nervose. Potremmodunque avere qualche difficoltà a renderci conto diquello che la dimostrazione di un tempo di conduzionenervosa finito (e relativamente lungo) potesse rappre-sentare per la mentalità dell’800, e di come fossedifficile accettare l’idea dell’esistenza di un lasso tem-porale tra un atto mentale e la sua espressione corpo-rea.Nel 1850, nel congratularsi col figlio per la sua brillantescoperta, il padre di Helmholtz, August Ferdinand,non poté esimersi dall’esprimere le sue perplessità daquesto punto di vista:Riguardo al tuo lavoro, i tuoi risultati mi sono apparsi all’iniziosorprendenti, poiché io considero l’idea e la sua espressionecorporea, come un singolo atto vivente, che diviene corporeo ementale solo sulla base di una riflessione (Königsberger,1902).Per vincere lo stupore del padre, Hermann osservòche l’esistenza di un ritardo nella conduzione nervosa

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non implicava di per sé nessuna asserzione specifica sulcarattere temporale del processo mentale. Per quel cheriguardava l’udito, egli notava, era semplicemente comeaggiungere, al tempo intercorrente tra stimolo e sensa-zione, un ulteriore “tempo nervoso”, che si sommavaa quello già necessario per la trasmissione delle ondesonore attraverso l’orecchio medio e interno. In unaltro scritto, Helmholtz sottolineava comunque che laconduzione nervosa, sebbene lenta in confronto adaltri processi di comunicazione, era tuttavia abbastanzarapida in rapporto alle necessità fisiologiche. Solo nelcaso di animali molto grandi essa avrebbe potutocomportare ritardi significativi: in una balena, peresempio, sarebbe stato richiesto circa un secondoperché un segnale nervoso originato nella coda potesseraggiungere il cervello (ammettendo che la velocità diconduzione nei nervi sensoriali della balena fosse ana-loga a quella dei nervi motori della rana).Per dare sostegno alla possibilità che le funzioni nervo-se richiedessero tempo, Helmholtz faceva riferimentoal problema della “equazione personale” che, a suodire, poneva l’accento sulla possibile differenza, inindividui diversi, delle velocità di conduzione nervosalungo la vie acustiche e ottiche. Menzionava anche ledifficoltà alle quali si poteva andare incontro nel tenta-tivo di stabilire la sincronia tra due battiti di orologiopercepiti dai due diversi orecchi, difficoltà che potevaessere spiegata almeno in parte sulla base di piccoledifferenze dei tempi di conduzione tra i due nervicocleari (Königsberger, 1902).Nei suoi successivi esperimenti sulla conduzione ner-vosa, Helmholtz decise di far ritorno al metodografico di registrazione del corso temporale dellacontrazione muscolare. Sebbene questo tipo di meto-do gli apparisse meno preciso, esso era nondimeno piùespressivo del metodo di Pouillet come procedura divisualizzazione immediata ed evidente dei risultati ot-tenuti. Migliorando le prestazioni del suo “Myographion”(l’antenato dei moderni miografi), Helmholtz riuscìinfine a ottenere tracciati affidabili e precisi che presen-tò poi nel suo articolo in extenso, pubblicato nel 1852.I

Il temps perduPer assicurarsi la priorità della sua scoperta a livellointernazionale Helmholtz inviò anche due comunica-zioni all’ Académie des Sciences di Parigi, una nel 1850(Helmholtz 1850 c) e una nel 1851. Nella secondacomunicazione (Deuxième note… ) egli presentò in pri-mo luogo i dati ottenuti col metodo di Pouillet,stimando la velocità di conduzione misurata con questatecnica a circa 26 metri al secondo. Passò poi a riferirei risultati ottenuti col metodo grafico, “un metodo piùspedito [… ] che richiedeva un minor numero diesperimenti”. Dopo aver descritto in qualche dettagliola tecnica di registrazione grafica, Helmholtz conclude-va dicendo che “le misure ottenute con il nuovometodo sono in perfetto accordo con quelle fornitedal metodo di Pouillet” (Helmholtz, 1851).In rapporto al tema di questo articolo, la secondacomunicazione è di particolare interesse perché per laprima volta vi appare l’espressione ‘temps perdu’, cheritroveremo circa sessant’anni più tardi nel titolo delcapolavoro di Proust (vedi Fig. 2). Nella Deuxième note,l’espressione viene usata inizialmente non tanto inriferimento al “tempo perduto” nel processo dellaconduzione nervosa, ma solo per dire che, nel caso diuna stimolazione elettrica istantanea applicata diretta-mente al muscolo, un certo tempo trascorre tra stimo-lo e risposta contrattile.Molto verosimilmente Helmholtz tracciava così inmodo fedele il cammino che lo aveva portato alla suascoperta. Come abbiamo già detto infatti, egli avevainiziato i suoi esperimenti per stabilire se la contrazionemuscolare indotta da un breve stimolo elettrico fosseun processo istantaneo, corrispondente, nel suo corsotemporale, alla durata dello stimolo, come avevasuggerito Weber (si veda Olesko and Holmes, 1994).I risultati ottenuti andavano contro questa ipotesi, e, inparticolare, i primi effetti meccanici della contrazionecomparivano con un certo ritardo rispetto allo stimo-lo, ritardo indicato appunto come temps perdu l’espres-sione è riportata in corsivo nel testo della comunica-zione). Helmholtz scrive che un tempo perduto è

Fig. 2. Il passo della brutta copia relativo alla comunicazione inviata da Helmholtz all’Académie des Sciences di Parigi nel 1851, incui per la prima volta compare l’espressione “temps perdu”, a indicare la latenza della risposta muscolare alla stimolazione elettricadiretta. La calligrafia non è di Helmholtz’s, ma di du Bois Reymond, l’amico che aiutò Hermann von Helmholtz a tradurre infrancese il testo della comunicazione (Dall’Archivio della Berlin Brandenburgische Akademie der Wissenschaften, NL Helmholtz 526).

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presente nelle risposte dei muscoli della vita animale (imuscoli striati o volontari, il tipo di muscoli implicatinella contrazione delle zampe di rana); ad ogni modo,in questi muscoli il “tempo perduto” appariva esseremolto più breve che nei muscoli della vita organica(cioè nei muscoli lisci dei visceri), un tipo di muscoli dicui era già noto il lento corso temporale della contra-zione. Successivamente Helmholtz presenta la sua prin-cipale scoperta, la dimostrazione cioè che un tempofinito e misurabile è necessario per il processo dellaconduzione nervosa, semplicemente come un aumen-to del temps perdu tra l’applicazione dello stimolo elet-trico e l’inizio della contrazione, un aumento che siverificava quando lo stimolo era applicato a una certadistanza dall’inserzione del nervo nel muscolo. NellaDeuxième note l’espressione temps perdu ricorre in tutto trevolte (solo la prima volta appare in corsivo), e questoavviene nella stessa pagina (p. 263), dei rendicontidell’Académie.

Proust versus HelmholtzSarebbe ben difficile figurarsi due personalità piùdifferenti di Helmholtz e Proust. Sebbene non insen-sibile al fascino della letteratura e dell’arte, Helmholtzappare essere una espressione tipica (sebbene a unlivello decisamente molto elevato) dello scienziatotedesco dell’Ottocento, con la sua illimitata fiducianella scienza e nel progresso scientifico. Studioso spe-rimentale con una prodigiosa produttività in una gran-dissima varietà di campi, egli fu anche un grandeteorico, ed ebbe un ruolo molto importante nel pro-cesso che portò all’emergere dell’atteggiamento scien-tifico moderno a partire da una visione del mondoancora dominata dagli incantesimi dell’epoca roman-tica con le sue tendenze irrazionali e metafisiche. Comemolti degli esponenti della élite scientifica del suopaese, egli aveva una profonda conoscenza della filo-sofia. Adottava però un’attitudine negativa per lafilosofia del suo tempo, ed era particolarmente criticonei confronti di Hegel e dei suoi seguaci. Kant era il suoriferimento filosofico fondamentale, soprattutto per-ché il razionalismo illuminato del filosofo di König-sberg, e la sua fiducia nel principio di causalità, forni-vano solide basi per la conoscenza scientifica. Nelcampo dell’arte e della letteratura i gusti di Helmholtzerano nell’insieme piuttosto tradizionali e accademici.Era un grande esperto di musica e dedicò una partico-lare attenzione alla teoria musicale e alla storia dellamusica che culminò in Die Lehre von den tonempfindungen,un capolavoro che spaziava negli ambiti sia dellascienza che dell’estetica del suono e della musica. Anchein campo musicale, comunque, Helmholtz sembravaincapace di accettare la sfida della modernità, e nonriusciva ad apprezzare in modo pieno la musicatedesca (ed europea) dopo Mozart, Beethoven, una

musica che non si conformava alle nozioni classichedell’armonia (si veda Meulders, 2001).Dall’altra parte Marcel Proust, con la sua sensibilitàapparentemente esasperata e quasi morbosa, un sim-bolo del nuovo secolo, i cui riferimenti non sono piùscienza e razionalità ma letteratura, arte, storia, creatoredi un nuovo e unico modo di scrittura, nel quale leparole, le frasi, i periodi scorrono a volte per pagineintere, senza struttura apparente, ma con il fascinoincantato di frasi musicali dai ritmi misteriosi e accat-tivanti. Proust autore di un romanzo senza una storiaevidente, dove il sottile filo della memoria tiene insiemeeventi che sembrano non avere legami di luogo e dispazio, con rapidi movimenti simili a alterazioni delritmo cardiaco (intermittences du cœur), dove i personag-gi agiscono in un modo apparentemente libero, nonsottoposi alle rigide regole di un intreccio definito.Proust la cui vita è dominata dall’arte in modocompleto, fino al punto da fargli trascorrere lunghianni della sua esistenza confinato in una stanza a provadi rumori, dormendo di giorno e lavorando nellanotte, come se l’assenza di interferenze esterne rendessepiù acuti i suoi sensi interni e gli permettesse di richia-mare i momenti passati della sua vita, vivendoli dinuovo secondo le più profonde dimensioni dellaletteratura e dell’arte. Può così scoprirne il senso nasco-sto e recuperare il “tempo perduto” di una vitaapparentemente dissipata, di cui la sua opera letterariaè un ricerca (La recherche du temps perdu). Proust moder-no nei suoi gusti musicali (la “piccola frase di Vinteuil”che ricorre nella Recherche è una composizione ‘virtuale’che riecheggia la musica di esponenti dell’avanguardiamusicale dell’epoca come Camille Saint-Saëns, CesarFranck e Gabriel Fauré); e moderno anche per i suoiinteressi filosofici (tra i suoi riferimenti in questo campovi è per esempio Henri Bergson, un filosofo che haanticipato alcune delle tendenze intellettuali del ’900,spingendosi ben oltre i limiti del razionalismo kantia-no).

Una “lettera viaggiante” da Helmholtz a Proustvvia MareyyE’ mai possibile pensare a un contatto, a una intersezio-ne, tra personaggi così distanti come Helmholtz eProust?Il “contatto” potrebbe in effetti esserci ed essererappresentato dall’espressione temps perdu del titolodella Recherche di Proust, che sembra un’eco del tempodi latenza della risposta muscolare alla stimolazioneelettrica che, come abbiamo detto, Helmholtz indicacome temps perdu nella seconda comunicazione inviataalla Académie des sciences di Parigi. Potrebbe certo trattar-si di una pura coincidenza di termini; vi sono tuttaviadelle indicazioni in base alle quali il temps perdu (nell’ac-cezione di Helmholtz) potrebbe aver avuto un’eco

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nell’opera di Proust attraverso la mediazione dellacultura medico-fisiologica francese.La medicina dominava la dimensione scientifica diProust per varie ragioni. Tra queste l’influsso costanteche stati patologici, di origine sia fisica che psicologica(l’asma in particolare) esercitarono sulla sua vita. Spes-so egli consultava i medici ed ebbe a lungo tra i suoiprogetti l’idea di trascorrerete un lungo periodo di curain ospedali o cliniche, sia in Francia che all’estero. Infinetra il Dicembre 1905 e il Gennaio 1906, egli trascorsecirca sei settimane di isolamento presso la clinica deldottor Paul Sollier (1861-1933) un importante psi-chiatra dell’epoca. Questo episodio, grandementeespanso nei suoi limiti temporali, ritornerà poi nellaRecherche.Il padre di Proust, Achille Adrien Proust (1834-1903)era un medico eminente, professore alla Facoltà dimedicina di Parigi (a partire dal 1885), e membro dellaAcadémie de Médecine (a partire dal 1889), particolarmen-te esperto di malattie infettive, ma con interessi ancheper stati patologici di rilievo neurologico (come l’afasiae la neurastenia). Molti medici frequentavano la casa diProust quando il padre era vivo (e alcuni di essi sonoriflessi in personaggi della Recherche). Libri di caratteremedico erano certamente presenti nel mondo checircondava Marcel. Questo era vero sia al tempo dellasua infanzia, sia anche quando, nella sua età matura, eglisi sforzava di comprendere la natura della sua malattia,e prestava particolare attenzione alla complessa rela-zione tra psiche e corpo che emergeva nella medicinae nella filosofia della fine dell’800.La lista di medici (e di altri scienziati interessati da varipunti di vista allo studio di malattie di tipo sia fisico chepsichico) che Proust cita nelle sue opere pubblicate, neimanoscritti o nella sua corrispondenza, perché neaveva letto i libri, o per altre ragioni, è lunga. Oltre algià citato Sollier, include personaggi di rilievo scientifi-co e storico molto diversi come Jean Martin Charcot(1825-1893), Charles Bouchard (1837-1915), Théo-dule Armand Ribot, (1839-1916), Jules Dejerine, (1849-1917), Édouard Brissaud, (1852-1909), Paul CharlesDubois (1848-1918), Paul Richer (1849-1933), WilhelmBrügelmann, Fernand Widal (1862-1929), JosephFrançois Babinski (1857-1932), Henri Vaquez (1860-1936), Jean Camus (1872-1924), Gustave Roussy,(1874-1948), Philippe Pagniez e altri. La familiarità diMarcel Proust con la medicina e con le malattie èattestata tra l’altro dalla precisione con cui nella Recherche(e anche nella corrispondenza) egli descrive i sintomidi alcune malattie, e, inoltre, dalla fondamentale corret-tezza, nell’ambito delle dottrine mediche dell’epoca,delle sue discussioni su possibili diagnosi e terapie.Per cercare di seguire il cammino che potrebbe con-durre dal temps perdu di Helmholtz a quello di Proust,cerchiamo innanzitutto di stabilire come l’espressione

Egli aveva un talento speciale nel mettere a puntonuovi strumenti, e i suoi tentativi iniziali furono direttisoprattutto al perfezionamento di metodi graficiinventati da scienziati tedeschi, tra i quali Ludwig,Alfred Volkmann (1801-1877), Karl Vierordt (1818-1884) e Helmholtz. Più tardi si dedicò tra l’altro allosviluppo di metodi fotografici e, da questo punto divista, egli è considerato (e a ragione) uno dei pionieridella cinematografia (su Marey si veda in particolareBraun, 1992 Fig. 5).Di particolare rilievo furono gli studi di Marey sulcuore, studi che lo portarono a scoprire, in parallelo colfisiologo americano Henry Pickering Bowditch (1840-1911), che lavorava allora nel laboratorio di Ludwiga Lipsia, l’esistenza di un periodo di ineccitabilità delcuore nel corso del ciclo cardiaco, e a indicarlo come“fase refrattaria”. Nei suoi studi di fisiologia cardiaca(che portarono tra l’altro a stabilire l’esatta correlazionetemporale e causale tra i toni cardiaci ascoltati sullasuperficie del torace e gli eventi meccanici della contra-zione del cuore), Marey fu anche il primo, in collabo-razione con Jean-Baptiste Auguste Chauveau (1827-1917), a introdurre un catetere all’interno del cuore permisurarne la pressione (ed è quindi considerato uno deipionieri del cateterismo cardiaco).

Fig. 4 Strumento per la registrazione delle contrazioni muscolari

di Helmholtz sia entrata nella letteratura scientificafrancese.Essa è presente ne La machine animale, un libro pubbli-cato nel 1873 (più di vent’anni dopo gli esperimenti diHelmholtz) da Etienne Jules Marey (1830-1904), unimportante fisiologo francese, all’epoca professore alCollège de France e membro dell’Académie de Médicine (nel1878 egli sarà eletto anche all’Académie des Sciences, di cuidiventerà poi presidente).A partire dai suoi primi studi sperimentali (e fino allafine della sua carriera), Marey si era interessato in modoparticolare alla registrazione grafica di una varietà dieventi fisiologici (contrazione muscolare, movimenticardiaci e respiratori, pressione arteriosa e pulsazionivascolari, locomozione nell’uomo e nei quadrupedi,volo negli insetti e negli uccelli, Fig. 4).

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Nell’intento di studiare le pulsazioni dei vasi sanguigni(e delle arterie in particolare), Marey mise a punto unodei suoi numerosi strumenti, lo “sfigmografo” (unaversione molto perfezionata di un dispositivo inventa-to alcuni anni prima da Vierordt). Egli poté cosìstudiare varie turbe del ciclo cardiaco (si veda la Fig.6).Per l’importanza dei suoi risultati e delle sue scoperte,Marey divenne l’esponente di spicco della fisiologiafrancese nella seconda parte dell’800. Figure che illu-stravano gli strumenti da lui inventati, o i risultati deisuoi esperimenti (soprattutto nell’ambito della fisiolo-gia muscolare e cardiaca), apparivano quasi costante-mente in ogni manuale di fisiologia francese (e non solofrancese) fino ai primi decenni del ‘900.Nella Machine animale, Marey fa un riferimento detta-gliato al temps perdu di Helmholtz, riferimento che èinteressante e ricco di suggestioni, soprattutto per ilricorso ad un argomento metaforico che viene utiliz-zato per chiarire i problemi sorti negli esperimenti diHelmholtz sulla conduzione nervosa. Per Marey ilproblema che Helmholtz si era trovato ad affrontareera formalmente simile a quello che si potrebbe porreper stabilire la velocità media di un treno postale chetrasporta una lettera, conoscendo il tempo esatto dellasua partenza (da Parigi per esempio), e il tempo dellaconsegna della lettera nelle mani del destinatario (chevive a Marsiglia nel caso ipotetico considerato), maignorando il momento dell’arrivo del treno alla stazio-ne di destinazione (Marsiglia ovviamente). La difficoltàprincipale proviene allora dall’ignorare il tempo neces-sario alla lettera per arrivare dalla stazione di Marsigliafino alla destinazione finale (cioè nelle mani del desti-natario), un tempo che comprende una serie di opera-zioni postali e l’intervallo che trascorre per la consegnada parte del postino. Conoscendo questo tempo,sarebbe infatti semplice risalire (sottraendolo al tempototale) alla durata del viaggio da Parigi a Marsiglia, estabilire quindi la velocità media del treno. Avendointrodotto questo argomento metaforico, Marey può

poi agevolmente illustrare i ri-sultati degli esperimenti di Hel-mholtz sulla contrazione mu-scolare evocata dalla stimola-zione elettrica. Egli dice che Hel-mholtz ha scoperto che “nontutto il tempo trascorso dall’ec-citazione alla contrazione è do-vuto al trasporto dell’agentenervoso; ma che il muscolo, unavolta ricevuto l’ordine portatodal nervo, rimane per un istantea riposo prima di mettersi inazione”. Continua dicendo che“è questo ciò che Helmholtz haindicato come temps perdu”, e

nota che questo tempo corrisponderebbe, nell’esem-pio metaforico, alla “durata del lavoro preparatoriofatto tra l’arrivo delle lettere e la loro consegna” (si vedala Fig. 6).L’espressione viene ripetuta tre volte da Marey, semprein corsivo e sempre per indicare il tempo necessarioper i processi locali che intervengono nel muscolodopo l’arrivo dell’eccitazione e prima dello sviluppo diuna contrazione misurabile. Marey riferisce ovviamen-te come Helmholtz sia riuscito a misurare il tempo diconduzione ponendo l’elettrodo di stimolazione sultronco nervoso a distanze diverse rispetto all’inserzio-ne del nervo nel muscolo. In un altro capitolo dellaMachine animale (cap. 6), trattando della scossa dei pescielettrici, Marey torna ancora al temps perdu. Lo faparlando dei risultati di un suo esperimento (già pub-blicato in forma preliminare nel 1871) condotto alloscopo di misurare la velocità di conduzione dei nervidegli organi elettrici della torpedine.Una descrizione degli esperimenti di Helmholtz, moltosimile a quella del La machine animale (con il ricorsoall’argomento metaforico della lettera viaggiante) ap-pare in successive pubblicazioni di Marey, come, peresempio, nel volume La Méthode graphique (la cui primaedizione risale al 1878). Nell’opera di Marey, comun-que, la menzione del temps perdu di Helmholtz precedeLa machine animale. Appare per esempio in un libropubblicato nel 1868, una raccolta di lezioni tenute alCollège de France (Du Mouvement dans le fonctions de la vie).In questo caso non v’è però alcun riferimento all’argo-mento metaforico della lettera viaggiante. Come inmolte altre pubblicazioni di Marey, nel Du Mouvementviene discusso anche il problema della conduzione neinervi sensoriali (con riferimenti a esperimenti su questoargomento fatti sia da Helmholtz che da altri scienziatidell’epoca); si parla anche del problema del ritardonelle risposte riflesse motorie a stimoli sensoriali.Marey tratterà poi ancora del temps perdu di Helmholtzin altre pubblicazioni. Nel 1875, per esempio, in una

Fig. 5 Cardiometro di Marey

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memoria pubblicata nel primo volume dei Travaux delsuo laboratorio, egli nota l’esistenza di un ritardo nellacontrazione del muscolo cardiaco evocata dalla stimo-lazione elettrica (si veda Marey, 1875). Marey commen-ta dicendo che questo ritardo corrisponde, nella fisiolo-gia cardiaca, al temps perdu scoperto da Helmholtz nelmuscolo striato (sebbene, come egli osserva, il tempsperdu del cuore è molto più lungo che nel muscolo striato(1/3 di secondo invece che 1/100 di secondo circa).Per l’autorità sempre maggiore che Marey andavaacquistando nel mondo scientifico, e anche ad altrilivelli pubblici (tra l’altro egli fu invitato a dare unadimostrazione pubblica del suo sfigmografo dinanzi aNapoleone III), il temps perdu di Helmholtz si diffusedagli scritti dello scienziato francese alla letteraturascientifica dell’epoca. Riferimenti al temps perdu diven-nero quasi costanti nei manuali di fisiologia francesidella seconda metà dell’800, e anche nella prima metàdel secolo successivo (e sono addirittura presenti anchein opere relativamente recenti come per esempio laterza edizione del Precis de physiologie di Herman andCier pubblicato nel 1974). Molto probabilmente alladiffusione e consolidamento dell’espressione temps per-du nella letteratura scientifica francese contribuì l’usodell’argomento metaforico della lettera viaggiante, eforse anche altre sottili ragioni linguistiche (riferito atempo, ‘perdu’, oltre che ‘perduto’ in senso stretto,significa anche trascorso, passato, sprecato). A con-fronto di espressioni utilizzate per indicare lo stessofenomeno fisiologico come période latente, période de

l’excitation latente, (che più fedelmente traducono lalocuzione Zeitraum der latenten Reizung usata da Hel-mholtz nelle sue pubblicazioni in tedesco), temps perdufaceva certo più presa sul lettore (e si prestava meglio alricordo) anche per la ricchezza di suggestioni evocate.In uno spoglio condotto su manuali di fisiologiadell’epoca (e su altre pubblicazioni correlate) temps perdu(nell’accezione di Helmholtz) appare con significativafrequenza. Oltre che nei manuali, l’espressione si trovain vari periodici (come, per esempio, nei Comptes rendusdell’Accademia francese delle scienze) ed è particolar-mente frequente nei Travaux del laboratorio di Marey(con un record abbastanza impressionante di 56 ricor-renze in una lunga memoria pubblicata nel 1880 daMaurice Mendelsson). Tra i manuali esaminati, tempsperdu può apparire anche 9-10 volte nella stessa pagina(come per esempio in alcune edizioni degli Éléments dePhysiologie di Arthus’ e negli Éléments de Physiologie humainedi Beaunis). Nel manuale dell’Arthus l’espressione èriportata anche alla fine dell’opera, nell’indice analitico.Per quel che riguarda il Beaunis, temps perdu ‘rimbalza’dall’originale francese all’edizione italiana curata daVittorio Aducco (1870-1937), per molti anni profes-sore di fisiologia a Pisa, e vi appare anche dieci volte inuna singola pagina come ‘tempo perduto’. Nella ver-sione italiana l’espressione è inoltre presente nel trattatodi fisiologia di Luigi Luciani (1840-1919), un’operamonumentale che ha conosciuto numerose edizioni tra’800 e ’900 ed è stata tradotta in varie lingue (tra cui iltedesco, l’inglese e il francese).

Fig. 6 . A Misura del tempo di conduzione in un nervo motore dell’uomo eseguita da Marey con l’uso del suo miografo. I duetracciati illustrano la contrazione muscolare indotta da un breve stimolo elettrico applicato a due diversi punti del nervo separatida una distanza di 30 cm. Il tracciato indicato come 1 era ottenuto con lo stimolo applicato in stretta prossimità del muscolo,mentre il tracciato 2 corrisponde a una stimolazione lontana. La differenza dell’inizio della contrazione sull’asse delle ascissemisura il temps perdu della conduzione nervosa (la cui velocità in questo esperimento era di circa 30 m/sec). Il segnale oscillatorioal di sotto delle risposte muscolari è un marcatempo ottenuto con l’uso di un diapason. B: Registrazione miografica ottenutadal ventricolo di rana (traccia V) che illustra il ritardo, o temps perdu (circa 1/3 di secondo in questo caso) tra l’applicazione di unostimolo elettrico (traccia S) e la contrazione cardiaca (l’asse dei tempi è diverso tra A e B).

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Intermittences du cœur, tracciati sismografici escritturaAll’epoca di Marcel Proust, l’espressione temps perdu(usata per indicare il tempo della conduzione nervosae il tempo ‘perduto’ in processi fisiologici fondamen-tali implicati in una varietà di meccanismi sensoriali,motori e psichici) era dunque presente nella letteraturascientifica francese, grazie soprattutto alla mediazionedi Marey che, come abbiamo visto, aveva introdottogli esperimenti di Helmholtz al pubblico francese inuna forma espressiva e facilmente comprensibile. E’possibile che Proust conoscesse temps perdu nell’acce-zione di Helmholtz, e la possibilità è resa verosimile dalfatto che Achille Adrien Proust (il padre di Marcel)conosceva Marey. Erano entrambi membri dell’Acadé-mie de Medicine, e in alcune occasioni i due studiosiavevano anche collaborato. Adrien Proust era uno deimaggiori esperti francesi di colera, un argomento alquale Marey aveva dedicato uno studio nel 1865. Nel1885 Marey era stato rapporteur (relatore) di una Com-missione dell’Académie de Médicine incaricata di prepara-re un rapporto sull’epidemia di colera del 1884, eAdrien Proust era stato uno dei membri di questacommissione (si veda Schestag, 2003).In un’accurata indagine svolta sugli scritti proustiani,non sono riuscito a trovare nessuna evidenza direttache Proust facesse un qualche riferimento al temps perdudi Helmholtz quando, nel periodo 1911-1912, sceglie-va il titolo generale all’opera che stava scrivendo, e chesi apprestava a pubblicare. Ci sono comunque dellasuggestioni di una possibile ‘risonanza’ dell’espressio-ne di Helmholtz (attraverso la mediazione di Marey)nel titolo della Recherche du temps perdu.Prima di arrivare alla sua decisione finale, Proust avevagià in mente ‘temps perdu’ per il titolo della sua opera. Eraall’epoca in cui si sforzava di raccogliere in due solivolumi tutto il materiale di scrittura che andava accu-mulando nelle lunghe notti di reclusione creativa nellasua camera a prova di rumori. Inizialmente Temps perdudoveva essere il titolo del primo volume e Tempsretrouvé il titolo del secondo. A questo stadio, il titologenerale sarebbe dovuto essere Les intermittences du cœur,un titolo che poi, nell’edizione pubblicata, rimase adesignare solo un episodio di Sodome et Gomorrhe. Inquesto episodio, ‘intermittences du cœur’ indica il processopsicologico (e letterario) attraverso il quale il tempopassato (e perduto) può improvvisamente ritornarealla coscienza, rivelando così aspetti profondi dellarealtà, aspetti che non erano inizialmente apparsi evi-denti, o non erano stati compresi da chi li aveva vissuti.Come Proust riconosce in modo esplicito, intermittencesdu cœur è un’espressione derivata dal linguaggio medico.Nella terminologia fisiologica e clinica dell’epoca, inter-mittences du cœur indicava una serie di turbe del ritmocardiaco, e in particolare quelle caratterizzate da un una

improvvisa cessazione del battito e poi da una ripresa(altrettanto improvvisa) delle pulsazioni, di solito al-l’inizio di intensità particolarmente forte (cioè condi-zioni di extrasistolia secondo la terminologia moder-na). Insieme ad altre alterazioni del ritmo cardiaco, leintermittences erano state studiate a partire dalla secondametà dell’800, grazie soprattutto agli apparati di regi-strazione inventati da Marey (vedi Fig. 3). In particola-re, i tracciati sfigmografici erano diventati un metodopopolare per caratterizzare e documentare le malattiecardiache (si veda per esempio Ozanam, 1886).In questo contesto è interessante notare come nel 1905,un riferimento ai tracciati sfigmografici appare in unoscritto di Proust che marca una fase fondamentale delcammino che lo porterà poi a scrivere La recherche. Ilriferimento è presente in una lunga nota aggiunta daProust alla sua traduzione di una conferenza di JohnRuskin (1819-1900) sull’importanza della scrittura (Se-same and lilies). La nota appare in relazione a un passo incui Ruskin discute dell’importanza della scelta accuratadei termini nella traduzione di un testo.

Scrive Proust:Ruskin, che ha così bene e così spesso mostrato che l’artista, in ciòche scrive o in ciò che dipinge, infallibilmente rivela le sue debolezze,le sue affettazioni, i suoi difetti (e per i ritmi nascosti della nostraanima -molto più vitali di quanto li percepiamo noi stessi- non èforse l’opera d’arte simile a quei tracciati sfigmografici nei qualisi inscrivono in modo automatico le pulsazioni del cuore?), Ruskindovrebbe aver visto che, se lo scrittore obbedisce a una preoccupazionedi erudizione [… ], avverrà poi che sarà questa preoccupazione dierudizione -interessante per quel che può essere, ma nient’altro cheinteressante- a essere riflessa, a inscriversi nel suo libro.Nel seguito Proust discute brevemente sull’attenzioneche autori diversi pongono nella scelta delle parole, conrisultati che possono essere molto differenti. In alcunidi essi il ricorso a un termine particolarmente raffinato,o di sapore antico, sarà solo l’espressione di un “talentodi second’ordine”. In altri, come per esempio in VictorHugo (1802-1885), l’attenzione alle parole porterà aeffetti letterari di grande momento. Dice comunqueProust, facendo eco alla filosofia romantica dellacreazione artistica di Schelling (si veda Séailles 1883; eHenry 1981), prima di iniziare la sua opera, lo scrittoredi talento conosce bene il suo vocabolario e i testi deigrandi autori dai quali egli trae la sua ispirazionelinguistica, ma poi:Nell’atto dello scrivere egli non pensa più a essi, ma si preoccupasolo di quel che vuole esprimere, e sceglie le parole che lo esprimonoal meglio, con maggior forza, colore, armonia. Le sceglie da unvocabolario eccellente, perché è il vocabolario disponibile per lui ,perché i suoi studi hanno stabilito la proprietà di ogni parola. Manon pensa più a essi [cioè ai grandi scrittori] quando scrive.Vi potrebbero essere altri argomenti in grado disuggerire che, oltre a una semplice corrispondenza di

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termini, vi possa essere una più profonda analogia trail temps perdu di Helmholtz e quello di Proust. Ilprotagonista della Recherche riesce a dare il significatoreale agli eventi della sua vita, non nell’attualità dellaloro presenza, ma solo quando li ritrova e li riviveattraverso il filtro della memoria involontaria. Questieventi acquistano così una realtà profonda solo quandoessi sono fuggiti via, ‘perduti’ nel senso ordinario delflusso apparentemente irreversibile del tempo.La scoperta di Helmholtz, che un tempo elusivotrascorre nello svolgersi di processi neurofisiologicifondamentali (e particolarmente nella conduzione ner-vosa), e che le cose arrivano alla coscienza solo dopoun tempo definito (anche se breve), sottolinea l’esisten-za, anche negli aspetti fisico-fisiologici della nostraattività nervosa e mentale, di una realtà non percepibileal momento stesso della sua presenza. Apre una primafinestra verso l’esistenza, nella ‘fisicalità’ del nostrocorpo, di processi nascosti, una finestra attraverso laquale gli uomini giungeranno poi a gettare unosguardo sull’esistenza di una varietà di processi che sisvolgono al di sotto del livello della coscienza, processiche sono, nondimeno, in grado di influenzare la lorovita, il loro modo di pensare e di comportarsi, sia a unlivello privato che a un livello sociale e storico.Potremmo proporre questi e altri modi di risonanzatra il ‘tempo perduto’ di Helmholtz e quello di Proust,uno scrittore interessato alla medicina e alla psicologia,ai processi della memoria, e in modo particolare

all’esistenza di ricordi che non possono essere richia-mati alla coscienza con gli sforzi della memoria volon-taria.In assenza di una evidenza certa e documentata di unrapporto tra Proust e Helmholtz-Marey, preferiamoperò limitarci a dire che, nel porre temps perdu nel titolofinale della Recherche, Proust non pensava forse né aHelmholtz né a Marey, ma sceglieva l’espressione dalsuo vocabolario , un ‘vocabolario eccellente’ a cuiaveva certo contribuito anche la sua cultura medica,perché quando uno scrittore sceglie le sue parole:Le sceglie da un vocabolario eccellente, perché è ilvocabolario per lui disponibile, perché i suoi studihanno stabilito la proprietà di ogni parola.

Ma non pensa più agli scrittori che potrebbero aver contribuitoa questo vocabolario.

Marco Piccolino

RingraziamentiQuesto articolo è ispirato a un saggio di recente pubblicazionescritto da Thomas Schestag (si veda Schestag 2003), di cui peròsolo in parte condivido le opinioni. Per rendere il mio articolopiù leggibile, non ho indicato nel testo molta della bibliografiasu Proust che ho consultato. Oltre che della Correspondence(principalmente nella edizione curata da Kolb), di biografieclassiche (come quella di Painter e Tadié), e di saggi specifici, misono servito soprattutto degli scritti di Mariolina Bongiovan-ni Bertini, Anna Maria Contini, Anne Henry e GiovanniMacchia (alcuni dei quali indicati in bibliografia). Inoltre, per

Fig. 7. A: Sfigmografo portatile di Marey. B: Tracciato sfigmografico di Marey con la registrazione di una intermittence du cœur(o extrasistole).

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non allungare eccessivamente la lista dei riferimenti bibliogra-fici, ho preferito non elencare i manuali di fisiologia che hoconsultato per identificare le occorrenze dell’espressione ‘tempsperdu’. Vorrei ringraziare molti tra i colleghi e amici che hannoletto precedenti versioni di questo articolo e hanno incoraggia-to questo mio lavoro, un po’ ‘extravagante’ rispetto ai mieiinteressi specifici. Tra essi Giacomo Magrini, AlessandroMartini, Paolo Mazzarello, Jacques Neyton, Ottorino Belluz-zi, Germana Pareti, Dafydd Stephens e, in particolare, Dora,Ana, Abel e Hersch Gerschenfeld.

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